Marco Moroni, "Buoni stili di vita per nutrire il pianeta"

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UN LESSICO PER LA CITTÀ COMUNE (a cura della Commissione diocesana per la

pastorale sociale e del lavoro) BUONI STILI DI VITA PER NUTRIRE IL PIANETA La giornata del ringraziamento. Lo scorso 9 novembre è stata celebrata, peraltro senza il necessario risalto, la 64ª giornata nazionale del ringraziamento ed il relativo messaggio, curato dai vescovi incaricati della pastorale sociale e del lavoro, contiene l’inevitabile riferimento ad Expo Milano 2015, a pochi mesi dalla sua apertura. L’attenzione speciale che il grande evento intende dedicare al tema del cibo rende evidente, per contrasto, la dimensione planetaria e inaccettabile del problema della fame. Alla sotto-nutrizione di alcuni, rilevano i vescovi, «si affianca un dannoso eccesso di consumo di cibo da parte di altri. È uno scandalo che contraddice drammaticamente quella destinazione universale dei beni della terra richiamata da Gaudium et spes 69. È una questione di giustizia, che pone gravi interrogativi in merito al nostro rapporto con la terra ed il cibo». Questo sembra un adeguato approccio alla questione, perché accanto all’attenzione al tema generale, va coltivata e praticata la dimensione ordinaria, più legata ai comportamenti di persone e comunità, nella consapevolezza che entrambe le dimensioni hanno una forte valenza sia politica che etica.

Il Piano nazionale di prevenzione degli sprechi alimentari. Al rapporto tra sotto-nutrizione e sovraalimentazione non sono estranei, almeno per quanto riguarda la realtà italiana, gli aspetti connessi agli sprechi alimentari, alla gestione delle eccedenze (si veda la cosiddetta legge “del buon samaritano”) e quindi alla qualità, troppo spesso scadente e inadeguata, dei relativi stili di vita personali e comunitari. Sul versante degli sprechi alimentari il Piano nazionale di prevenzione, avviato quest’anno dal Ministero dell’Ambiente, può rappresentare una buona risposta politica allo sfaccettato tema dell’alimentazione. Attraverso una vera e propria strategia di prevenzione degli sprechi, dove l’educazione e l’informazione giocano un ruolo di primo piano, il Piano nazionale persegue gli obiettivi di contribuire alla riduzione delle pressioni della filiera agroalimentare sull’ambiente, di favorire il recupero e la redistribuzione delle eccedenze alimentari per fini sociali, di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti. Sull'argomento e su alcune declinazioni locali, opportuno è stato anche un articolo apparso su Voce V. del 9 novembre scorso e puntuale l'incontro pubblico «Buone pratiche e solidarietà», svoltosi a Jesi lo scorso 16 novembre.

Il Rapporto 2014 dell’Osservatorio sugli sprechi. Il recente rapporto di Waste Watcher, l’Osservatorio permanente sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane, contiene molti dati interessanti che possono costituire un buon presupposto per buone pratiche antispreco, dall’elevata valenza etica, nell’ottica del miglioramento dei nostri stili di vita. Anzitutto uno sguardo al contesto mondiale. Si stima, per quanto riguarda l’impatto dello spreco alimentare, che l’acqua necessaria per produrre il cibo sprecato sarebbe pari al consumo di New York per i prossimi 120 anni; che per quantità di CO2 prodotta il cibo perduto rappresenterebbe il terzo inquinatore dopo Cina ed USA e che il costo del cibo che si spreca equivarrebbe a 750 miliardi di dollari, come il PIL della Svizzera! Riguardo alle abitudini alimentari delle famiglie italiane, al 55% del campione rilevato capita quasi ogni giorno di buttare avanzi o cibo considerato non buono; al 30% capita 3-4 volte alla settimana e solo all’1% non capita quasi mai. Sulla base di questi ed altri dati la misura del valore dello spreco alimentare domestico per il 2014 è stato stimato pari ad 8,1 miliardi di euro. Emblematica poi è la restituzione per gruppi del profilo dei nuclei familiari italiani, fra attenzione e disattenzione allo spreco. Il dato sintetico è che il 50% della popolazione, tra virtuosi ed attenti, risulta sensibile agli sprechi, il 10% è indifferente, mentre il restante 40% costituisce l’area degli incuranti, degli spreconi e degli incoerenti, indicando con questo quanto ci sia ancora da lavorare su questa tematica e quanto ancora da rimediare con stili di vita che privilegino logiche di mercato e forme di consumo di elevato valore aggiunto, sia etico che ambientale.


In questo contesto risulta allora più che opportuna la riflessione che il Prof. Marco Moroni, storico dell’economia dell’Università Politecnica delle Marche e responsabile del Centro studi di ACLI Marche, ha scritto per la nostra rubrica, nella prospettiva che la consapevolezza e l’attenzione a queste tematiche sono elementi fondamentali per la partecipazione alla costruzione della città comune e, quindi, anche della nostra città.

Giancarlo Uncini Mancano pochi mesi al primo maggio 2015, quando a Milano verrà inaugurata l’Expo Milano 2015 dedicata al tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Quello scelto per l’Expo di Milano è indubbiamente un tema centrale per il presente e per il futuro dell’umanità. La situazione attuale è ben nota, anche perché costantemente monitorata dalla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di Agricoltura e Alimentazione. Gli ultimi due rapporti della FAO sullo Stato del cibo e dell’agricoltura e sullo Stato dell’insicurezza alimentare nel mondo ricordano che vi sono nel mondo circa 840 milioni di persone che soffrono la fame; altri due miliardi di persone hanno una alimentazione inadeguata. A fronte di questi affamati, vi sono un miliardo e 400 milioni di persone in sovrappeso: di queste oltre 500 milioni sono gli obesi. Infine il dato più clamoroso, anche se ben noto: il cibo che oggi produciamo sarebbe sufficiente per sfamare l’intera umanità. Il problema, insomma, non è la quantità di cibo prodotto, ma la sua iniqua ripartizione. Al centro dell’Expo di Milano ci sarà proprio questa domanda: come si potrà fornire a tutti un’alimentazione sana, sufficiente, sostenibile e in grado di tutelare l’indispensabile biodiversità? L’Expo dovrà favorire il confronto sui modelli di sviluppo capaci di assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione di questo tipo. Si tratta di temi di grande rilievo, non solo a livello politico ed economico, ma anche a livello culturale ed etico. Quando ci si sforza di analizzare il problema della fame, il nostro rapporto con il cibo e le sfide che il mondo affronta in campo alimentare emergono tre grandi contraddizioni. 1) L’accesso al cibo e l’eccesso di cibo. Come si è visto, secondo il Rapporto della FAO sull’insicurezza alimentare, oggi nel mondo la denutrizione colpisce quasi un miliardo di persone, mentre ogni anno oltre due milioni di bambini muoiono per mancanza di cibo. A fronte di questa realtà, vi è più di un miliardo di persone in sovrappeso, con i problemi di salute che questo comporta. 2) Lo spreco del cibo. In un Rapporto sugli sprechi alimentari la FAO ha stimato che nel mondo lo spreco di cibo ha raggiunto 1,3 miliardi di tonnellate, pari a circa un terzo della produzione totale di cibo destinato all’alimentazione umana. Fra le cause non vi sono anche le cosiddette leggi di mercato e gli errati comportamenti dei consumatori. Insomma, fame e spreco sono due facce della stessa logica di mercato. 3) Il prezzo e il valore del cibo. Come ogni prodotto sul mercato, oggi il cibo è giudicato non per il suo valore, ma per il suo prezzo. Recuperare il valore del cibo innanzitutto significa considerarlo non solo dal punto di vista economico (ogni cibo è portatore anche di un grande valore culturale), ma soprattutto significa smettere di trattarlo come una fra le tanti materie prime, su cui lanciare speculazioni senza regole e senza preoccuparsi della fame che tali speculazioni possono provocare nelle regioni più povere del mondo. Di fronte a queste tre grandi contraddizioni, destinate a peggiorare per l’aumento ulteriore della popolazione, per le trasformazioni in atto nei consumi alimentari (più carne e meno cibi vegetali) e per i cambiamenti climatici previsti per il futuro, c’è da augurarsi che dall’Expo 2015 vengano contributi risolutivi in termini di idee e di proposte. E’ importante però che analoghi contributi vengano anche da parte dei cittadini. Dal punto di vista individuale, dobbiamo assumere nuovi stili di vita e di consumo: più sani e anche più rispettosi del valore del cibo e delle conseguenze sugli altri esseri umani. Ma non possiamo limitarci a questo: dobbiamo anche impegnarci dal punto di vista politico, perché scelte responsabili siano compiute a livello di politiche agricole, di politiche commerciali e di politiche ambientali. Oggi non basta più essere cittadini buoni, bisogna essere cittadini attivi, impegnati per il bene comune. Marco Moroni (Univ. Politecnica delle Marche – ACLI Marche)


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