UN LESSICO PER LA CITTÀ COMUNE (a cura della Commissione diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro)
La Finanza etica, per migliorare l’impronta economica Risale agli inizi dello scorso luglio la presentazione di un documento dell’episcopato tedesco contenente le linee guida per investire in modo eticamente sostenibile, destinate ai responsabili finanziari delle istituzioni cattoliche in Germania. Alla stesura della guida ha provveduto una Commissione composta da vescovi e laici, con la partecipazione di esperti di diocesi, banche, organizzazioni caritative, congregazioni religiose, associazioni e movimenti ecclesiali. Certo, oltralpe il compito è facilitato dalle ragguardevoli risorse che le istituzioni ecclesiastiche cattoliche, e non solo, si trovano a gestire. Tuttavia è indubbio il vantaggio e il merito della guida per aver maturato decisamente e concretamente una questione non solo cruciale dal punto di vista culturale e pastorale ma importante anche per la credibilità dei «fedeli» e, soprattutto, delle istituzioni (parrocchie, diocesi, comunità religiose, associazioni, fondazioni). In questo campo è un dovere per la Chiesa interrogarsi sulle modalità di gestione delle sue risorse e dei suoi capitali. Non basta, sostengono i vescovi tedeschi per voce del loro Presidente, che capitali investiti e interessi maturati perseguano gli scopi degli organismi ecclesiali, che si presuppongono comunque orientati al bene comune; occorre anche verificare gli impatti diretti e indiretti sull’ambiente e sulla società, in particolare sulle sue componenti più deboli. Siamo in piena e positiva logica di responsabilità sociale e ambientale di impresa, dove i fini buoni non sono mai disgiunti dai buoni mezzi.
Il Manifesto per una Finanza etica Sulla base di un principio di sostenibilità, evidenzia il documento tedesco, c’è l’impellente esigenza di una integrazione dell’etica all’economia, a tutti i livelli e in tutti i settori, istituzioni ecclesiastiche comprese. In questo vengono esplicitamente seguiti gli orientamenti dell’Evangelii gaudium, poi ribaditi e rafforzati dall’enciclica Laudato si’: il denaro deve servire e non per governare! Urge un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano (EG, 58). In questa prospettiva, a fronte della finanziarizzazione dell’economia e delle sue derive, la Finanza etica ne vuole recuperare i valori di riferimento: le persone prima del capitale, l’equa remunerazione al posto della speculazione, l’uso del denaro finalizzato a scopi sociali e ambientali. La ricerca di una pratica economica e finanziaria eticamente orientate ha trovato nel Manifesto per una finanza etica del 1998 un momento fondamentale.
La finanza etica: -
Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano. Non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del patrimonio. Finanzia attività di promozione umana, sociale e ambientale, valutando i progetti con il duplice criterio della vitalità economica e della utilità sociale.
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Considera l’efficienza una componente della responsabilità etica. Non è una forma di beneficienza: è un’attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile.
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Non ritiene legittimo l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro. Il tasso di interesse è una misura dell’impegno a salvaguardare le risorse dei risparmiatori e a farle fruttare in progetti vitali.
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E’ trasparente. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento dell’istituzione finanziaria e le sue decisioni d’impiego e di investimento.
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Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell’impresa non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori. Una democrazia economica da realizzare sia con meccanismi diretti di indicazione della destinazione dei fondi sia meccanismi di partecipazione alle decisioni.
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Ha come criteri di riferimento per gli impieghi di denaro la responsabilità sociale e ambientale. Esclude rapporti finanziari con attività coinvolte con la produzione e commercio delle armi, con le produzioni lesive della salute e dell’ambiente, con le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili.
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Richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore. Il gestore orienta tutta l’attività e l’eventuale intermediario si rende disponibile al monitoraggio delle sue attività da parte di istituzioni di garanzia dei risparmiatori.
Differenze significative Economia e finanza di mercato
Economia e finanza etica
Remunerazione dei profitti
Massimizzazione del bene comune
Indifferenza per le conseguenze sull’ambiente
Responsabilità sull’ambiente
Concorrenza e competizione spinta
Collaborazione e competizione solidale
Mercato libero e assoluto
Mercato solidale
Modelli di sviluppo che creano esclusione
Modelli di sviluppo che creano inclusione
Creazione di multinazionali in concorrenza
Creazione di reti d’impresa e di alleanze
Sradicamento sul territorio
Radicamento nel territorio
Concentrazione della ricchezza
Distribuzione della ricchezza
per
le
conseguenze
Una utopia realizzata. Esempio di responsabilità sociale d’impresa Tutto questo non è rimasto buona idea o positiva intenzione. Grazie al lavoro di istituzioni, imprese e realtà pioniere è stato realizzato quel vantaggio competitivo etico che può far parlare di una utopia realizzata, soprattutto in campo creditizio. L’esperienza italiana della Finanza etica può già dimostrare e vantare molte concrete differenze con quella tradizionale, sotto l’aspetto valoriale, finanziario, partecipativo e gestionale: -
fa leva sul risparmio responsabile e sul «voto col portafoglio» per generare processi di imitazione dell’intero sistema;
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al contrario della finanza classica che prima fa operazioni autoreferenziali poi prova a sanare i danni con la filantropia, la finanza etica sostiene con il credito attività da subito orientate a creare valore economico in modo sostenibile sotto l’aspetto sociale ed ambientale;
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i finanziamenti, valutati dal punto di vista socio-ambientale, sono orientati verso settori ad alto valore eco-sociale ed applicano il concetto della reciprocità indiretta, per la quale la raccolta di denaro ottenuta a costi moderati può essere usata per il finanziamento di progetti ad alto valore sociale e ambientale applicando tassi di interesse inferiori;
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non effettua attività speculative di alcun genere ma svolge la sua attività interamente per fini sociali;
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è trasparente sull’impiego dei denaro dei risparmiatori;
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non è orientata al puro profitto, perché i soggetti coinvolti nel progetto non sono solo gli azionisti ma tutti i portatori di interesse;
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applica principi di partecipazione nelle scelte gestionali attraverso forme di collaborazione attiva tra soci e operatori;
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può vantare indipendenza e autonomia grazie assumendo forma cooperativa dove vige il meccanismo «una testa un voto» e non il peso finanziario dei soci.
Prospettive nazionali e locali Da quanto è dato conoscere il panorama pastorale italiano è ancora carente di uno strumento preciso, concreto e orientato come quello tedesco, citato all’avvio di questo contributo. Sono stati rinvenuti alcuni suggerimenti ed accorgimenti proposti ad economi ed amministratori delle diocesi italiane, che non sembrano sviluppare un fecondo rapporto tra etica e amministrazione dei beni temporali della chiesa. Per altri versi, a parte un documento del 1994 (Democrazia economica, sviluppo e bene comune) che richiamava i principi della dottrina sociale della Chiesa in campo economico, sono sostanzialmente tre i contributi che l’episcopato italiano, attraverso l’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro, ha sviluppato in questi anni, avvalendosi di un apposito gruppo di studio.
- Etica e finanza (CEI, 2000), pensato per il Giubileo del 2000 e nell’ambito della campagna della Chiesa italiana per la riconversione del debito estero. Di rilievo la presentazione della «Tobin tax». - Finanza internazionale e agire morale (CEI, 2004), si pone in continuità con il primo sussidio e, come questo, evidenzia che accanto all’azione personale è fondamentale quella collettiva per la crescita della coscienza comune ed un’azione efficace nel contesto sociale e politico. - Etica, sviluppo e finanza (CEI, 2006), dedicato al tema dello sviluppo con riferimenti diretti alla Populorum progressio e alla Sollicitudo rei socialis. Da evidenziare, nell’ambito della finanza per lo sviluppo, la sezione riguardante la responsabilità dei soggetti coinvolti, con riferimento alle concrete forme di cittadinanza attiva e responsabile. Tre sussidi indubbiamente importanti ma che in apparenza non avevano l’obiettivo di affrontare il delicato rapporto tra le istituzioni cattoliche (le parrocchie anzitutto) e la gestione eticamente sostenibile del capitale finanziario. In questi ambiti, infatti, accanto alla prevalente dimensione personale e comunitaria c’è anche un aspetto legato all’assetto “istituzionale” delle parrocchie stesse, che genera altrettanta responsabilità civile per il fatto di occupare un posto, produrre relazioni e svolgere un ruolo sul territorio. Questo tempo richiede per tutti e per tutte le istituzioni un elevato livello di etica e responsabilità civile, anche nelle forme della finanza etica. Pensiamo che, in questo contesto e accanto a queste prospettive, possa assumere importanza la sensibilizzazione all’esercizio di quella responsabilità eticamente rilevante di tipo economico che anche la parrocchia, in quanto istituzione, dovrebbe e potrebbe esprimere, sia nella semplice gestione dell’eventuale risparmio, che nell’accesso al credito per progetti parrocchiali. Su questo versante l’adesione delle nostre parrocchie ad uno stile più conforme ad un elevato tenore etico non sarebbe una opzione isolata o avventata, visto che già diocesi, parrocchie e Caritas hanno fatto precise scelte nel settore della finanza etica.
Giancarlo Uncini