L'importanza di chiamarsi... formazione

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(A cura della Commissione diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro) L’importanza di chiamarsi … formazione L’uomo interiore Nel 2013 è ricorso il centenario della nascita di Giuseppe Dossetti (1913-1996), un uomo a cui le istituzioni, la società e la Chiesa, almeno in Italia, devono molto. Due aspetti sicuramente colpiscono della sua complessa personalità. In primo luogo la capacità di coniugare la vita contemplativa all’azione, l’eremo alla passione civile nella metropoli. Lo riconosceva un partecipe P. Ingrao a due giorni dalla sua morte: «Caro don Giuseppe …questo contemplare e fare in un tale tempo di fine della cristianità è il punto che per me è stato il Suo fascino e un enigma». Potremmo dire, utilizzando un’immagine di Giorgio Gonella, che più si scende nel fondo di sé stessi più si è capaci di portare acqua e tagliare legna! In secondo luogo la preminente importanza data alla formazione. Nel celebre discorso di Milano del 1994 (Sentinella, quanto resta della notte?), tenuto per l’anniversario della morte di G. Lazzati, Dossetti mette in luce che, da parte cattolica, la vigilanza che si deve esercitare per uscire dalla notte del presente, non consiste nella semplice riproposizione dell’impegno in politica. Gli abiti virtuosi dell’impegno sociale e politico dei cristiani non si assumono all’improvviso perché sono il frutto, semmai riuscisse, di un lungo lavoro formativo. Noi tutti, continua Dossetti, dobbiamo porci come obiettivo urgente e categorico di formare le coscienze dei cristiani, almeno di quelli consapevoli e coerenti, per edificare in loro un uomo interiore compiuto anche quanto all’etica pubblica, nelle dimensioni della veracità, della lealtà, della fortezza e della giustizia. Questa è la via, diurna e non notturna, conclude Dossetti, verso la città dell’uomo, nella prospettiva sempre intensamente mirata della città celeste, della nuova Gerusalemme. Quando si dice formazione In una bella intervista rilasciata nel 1986 ad esponenti del gruppo della Rosa Bianca, Dossetti osserva che nelle esperienze politiche degli ultimi cinquant’anni è saltato un passaggio cruciale, che non può essere colmato solo da dottrine tecnicamente affinate ed appropriate: «nell’attività politica, prima di sapere qual è la soluzione dei diversi problemi bisogna capire bene quali abiti virtuosi bisogna acquisire per esercitare tale attività e, prima di tutto, per conoscere i problemi che la politica pone ad ogni situazione storica». Riflettendo attorno a queste tematiche, i Vescovi italiani, sollecitati dal Sinodo sui laici del 1987 e dalla moltiplicazione sul territorio delle scuole di formazione sociale e politica, risposero, attraverso la Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro, con una nota pastorale approvata nel marzo 1989 (La formazione all’impegno sociale e politico). Nella nota, che si articola in due parti (Compito formativo della Chiesa e Scuole di formazione), si possono evidenziare alcuni importanti contenuti. Alla luce del fondamentale documento La Chiesa italiana e le prospettive del paese (1981), si precisa che non è compito della comunità cristiana formare dei professionisti della politica ma motivare il cristiano e cittadino all’impegno, fornendo linee spirituali per la maturazione dell’uomo interiore. Altro aspetto riguarda l’obiettivo dell’impegno sociale e politico. Lontano da tentazioni di proselitismo, l’impegno è finalizzato, da cristiani, a motivare il senso della partecipazione alla costruzione della comune città dell’uomo, attraverso il rinnovamento della partecipazione democratica e dell’esperienza istituzionale. Inoltre, i Vescovi non mancano di evidenziare come l’educazione all’impegno sociale e politico, in quanto parte costitutiva della formazione cristiana, non spetta ad una sola parte ma diventa precisa ed inderogabile responsabilità pastorale dell’intera comunità ecclesiale. L’azione formativa, dichiarano, riguarda l’intera pastorale diocesana, chiama in causa la responsabilità del vescovo e richiede la collaborazione dei diversi centri pastorali diocesani.


Riprendendo le felici intuizioni del citato documento del 1981, la nota riconosce, infine, che la testimonianza della carità del cristiano non si esaurisce nelle “solidarietà corte”, necessarie e validissime, ma si traduce nella pratica delle “solidarietà lunghe”, richiesta dalle complesse situazioni del nostro tempo. Il progetto formativo dentro la pastorale ordinaria Una verifica dell’efficacia della Nota pastorale del 1989 avvenne, all’indomani del III Convegno della chiesa italiana (Palermo, 1995), con un documento della Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro del 1998 (Le comunità cristiane educano al sociale e al politico). Questo, a giudizio degli esperti, rappresenta il documento più organico della Chiesa italiana sulla formazione all’impegno socio-politico (Cagol, 2013). Nella Nota pastorale, che aveva il fine di collegare il documento del 1989 nel più ampio progetto della formazione del laicato, i vescovi, prendendo atto di una certa marginalità e residualità dell’impegno nelle realtà terrene, vollero rimettere al centro delle preoccupazioni pastorali una formazione integrale ed armonica. Poiché giudicare marginale questa formazione rivela un grave ritardo di mentalità e di prospettive pastorali, i Vescovi sottolineano a più riprese la necessità della formazione all’impegno socio-politico, quale compito primario delle Chiese, pena una evangelizzazione monca. Nel citare la nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia del 1996, il documento del 1998 riconferma il compito delle solidarietà lunghe: di fronte ai gravi compiti che attendono i cattolici nella situazione di degrado del paese, «molti si tengono in disparte, preferendo sviluppare un prezioso e imponente volontariato in campo ecclesiale e sociale, che non può però esaurire la loro responsabilità». La Nota del 1998 individua molti ambiti ordinari di formazione, dalla pastorale ordinaria all’ambito familiare, dentro i quali inserire un’adeguata progettazione della formazione sociopolitica. Questo approccio rappresenta il “vantaggio competitivo” del documento e il suo guadagno culturale. Il compito formativo all’impegno socio-politico non è solo appannaggio di alcune funzioni espresse dalla comunità credente, ma va collocata e sviluppata anzitutto dentro le forme della pastorale ordinaria, di modo che non diventi una realtà a se stante, isolata dal contesto. «La sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con sensibilità particolari, ma è compito di tutta la chiesa e di tutte le chiese». Le scuole/iniziative della formazione Nel contesto ecclesiale nazionale della formazione socio-politica, le scuole/iniziative, diocesane e non, hanno avuto uno sviluppo diversificato ed una diversa efficacia, anche in termini di capacità di risposta al territorio. Il fenomeno delle scuole/iniziative si afferma alla fine degli anni ’80, come espressione di un rinnovato impegno civile dei cattolici e, dai due modelli iniziali di Milano e Palermo, le scuole si sono sviluppate con una pluralità di espressioni. Il periodo di maggiore diffusione coincide col quinquennio ’86-’91, con 200 corsi e circa 20.000 persone coinvolte (Massaro). È seguito un periodo di calo, con la chiusura di molte realtà, mentre attualmente si registra una leggera ripresa ed una stabilizzazione, con un centinaio di realtà attive, tra diocesane e non. La tematica è stata oggetto di attenzione e di analisi a livello nazionale. Risale al 2012 la presentazione del primo Rapporto sulla formazione all'impegno sociale e politico nelle diocesi italiane, curato dalla Fondazione Lanza di Padova. Dal rapporto emergono sinteticamente alcune osservazioni. 1) Le indicazioni dei vescovi per una ripresa dell’impegno alla formazione di una cittadinanza responsabile, colgono una necessità che emerge dai territori. 2) Al Nord Italia si sono contati 45 soggetti, dei quali 33 diocesani; al Centro operavano 19 realtà, delle quali 13 diocesane; al Sud e nelle Isole erano 32, delle quali 27 diocesane. Per quanto riguarda la regione ecclesiastica Marche, la scuola di Fermo, censita nel 2011, realizza incontri su temi etici,


antropologici, politici e socio-economici. La scuola di Macerata è stata avviata nel 2008 e si occupa di dottrina sociale della Chiesa e di argomenti di politica, economia e società. È stata censita anche una scuola di partecipazione non diocesana che, iniziata nel 2012, forma a temi della politica, economia, società e delle buone pratiche. Infine a Senigallia risulta una scuola diocesana avviata nel 2009 che si occupa di politica, economia, società e buone pratiche. 3) Le iniziative tendono a sviluppare un’ampia offerta formativa. Si tratta di Scuole, con percorso almeno annuale e con un minimo di 10 appuntamenti; di incontri, con meno di 10 appuntamenti; di ISSR, con iniziative curricolari degli Istituti di Scienze religiose; di singoli, con uno o due appuntamenti all’anno. 4) Per quanto riguarda i contenuti, fondamentale risulta l’approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa e del suo confronto con l’analisi socio-politica ed economica. Viene segnalata, inoltre, la nuova attenzione per l’area delle buone pratiche, della tutela dell’ambiente, inteso come salvaguardia del creato, in relazione agli stili di vita ed ai beni comuni. Educare alla cittadinanza responsabile. Conferme ed ulteriori sviluppi di queste tematiche sono contenuti anche negli Orientamenti pastorali dei vescovi italiani per il decennio 2010-2020, Educare alla vita buona del vangelo. Nell’ambito degli obiettivi e delle scelte prioritarie poste nel documento, un’esigenza fondamentale è stata quella di individuare i percorsi per coniugare l’appartenenza ecclesiale con l’adesione appassionata alla città degli uomini. Accogliendo le istanze maturate nel IV convegno ecclesiale di Verona del 2006, uno degli ambiti privilegiati è stato ravvisato nell’educazione alla cittadinanza responsabile. Nella visione cristiana, vi si legge, l’uomo non si realizza da solo ma grazie alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Appare necessaria, continua il documento, una seria educazione alla socialità e alla cittadinanza, sostenendo la crescita di una nuova generazione di laici cristiani, sulla base del pensiero sociale della chiesa, anche rilanciando le scuole di formazione all’impegno sociale e politico (Orientamenti, n. 54). La significativa indicazione non è stata dimenticata né sottovalutata, tanto che nel corso del triennio 2012-2014 si sono susseguiti altrettanti appuntamenti annuali su questo tema, promossi dal competente Ufficio della CEI. Con molta probabilità non è stata estranea l’esperienza pregressa del giugno 2003 di Milano da cui scaturì una «carta» della cittadinanza responsabile nei quattro ambiti privilegiati del lavoro, dell’impegno socio-politico, della famiglia e del disagio. Peraltro, si ritiene che alla concentrazione dell’attenzione intorno ai temi della cittadinanza responsabile abbia contribuito anche l’estensione della riflessione teorica, del dibattito politico e delle esperienze riguardanti la democrazia non solo rappresentativa ma anche partecipativa e deliberativa. Se è nell’agone quotidiano delle realtà secolari che si giocano e rischiano i percorsi di umanizzazione e di costruzione sociale ai quali siamo chiamati, la formazione all’esercizio della cittadinanza responsabile è fra i migliori servizi ecclesiali che una comunità possa rendere, perché forza orientata all’esterno, energia centrifuga non autoreferenziale né dedita al proselitismo. Il tema degli incontri dell'ultimo triennio racchiude le idee guida e lo stile che si è voluto imprimere alle esigenze formative del momento. Educazione. L'impegno formativo della chiesa è permanente e concreto, alimenta la competenza critica nella comunità con una qualificata interazione con il territorio. Le parrocchie, ancora una volta, rivestono un ruolo fondamentale perché lo sforzo educativo, espresso nella pastorale ordinaria, le fa diventare soggetti sociali ed ambiti dove si realizzano buone pratiche. Cittadinanza. Nel legame strutturale che lega la persona alla comunità si esprimono i diritti e i doveri di una convivenza organizzata. Il binomio «cristiani e cittadini» diventa inscindibile. Se il cristiano non si educa e non esprime una presenza di servizio alla polis nel sociale e nel politico, quali attività intese a promuovere il bene comune e il guadagno in umanità, più difficilmente può consentite al vangelo della carità di farsi storia, instancabilmente e con efficacia (Longoni, 2014).


Responsabilità. Esprime l’impegno a dare risposte, a trovare soluzioni: la comunità civile, la ricerca del bene comune e la custodia dei beni comuni lo esigono. La specifica vocazione cristiana all’impegno sociale e politico può trovare nelle scuole di formazione, nei percorsi, nei laboratori spazi di costruzione attiva e modalità di partecipazione condivisa con le attese, le speranze, i bisogni vitali espressi dalle comunità territoriali (Longoni, 2014). Dimensione del percorso formativo Attualmente le iniziative per la formazione all’impegno sociale e politico hanno una dimensione generalmente diocesana. Anche la nostra diocesi, all’incirca negli anni ottanta, ha fatto un’esperienza simile. Per quanto ci riguarda, si ha l’impressione che, seppur necessaria, una iniziativa con queste finalità, dalla forma più strutturata della scuola a quella più semplice di itinerari tematici, richieda collettivamente una convinzione, una adesione, una competenza progettuale, uno sforzo organizzativo ed un impegno economico che la nostra piccola realtà sembra non poter supportare e promuovere. Da molti punti di vista, da quello dell’elaborazione concettuale e tematica a quello organizzativo e logistico, assicurare il raggiungimento di una soglia dimensionale critica può essere garanzia di efficacia e di successo dell’iniziativa. Per questo, anche sulla base di un analogo suggerimento scaturito dall’ultimo convegno di Roma a cui si è fatto riferimento nel paragrafo precedente, potrebbe essere cosa buona e produttiva suggerire l’iniziativa come espressione progettuale della chiesa delle Marche, in concorso con le migliori e più rappresentative energie dell’associazionismo cattolico e del terzo settore. La proposta per il coinvolgimento della chiesa delle Marche potrebbe partire dalla diocesi di Jesi che, nella persona del suo vescovo, ha la responsabilità del servizio per l’attuazione del convegno ecclesiale regionale del 2013.


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