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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXIX SETTEMBRE 2018
N8
SOMMARIO 5
PANORAMA
ENERGIA
L’uso dell’energia geotermica APPROFINDIMENTI
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Sedimenti: dragaggio e scarico Cosa, come, dove e perchè circa il rilascio in mare dei materiali di scavo di fondali portuali o marino-costieri
MACCHINE & STRUMETAZIONE
DEPURAZIONE Il depuratore valorizzato
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Soluzioni innovative per trasformare gli impianti di trattamento dei reflui urbani in strutture che producono energia, nutrienti e acqua da riutilizzare
Stop alle polveri industriali con EcoFog
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EcoBlock soluzione vincente
La pressione ad alta precisione
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Ridurre i consumi delle pompe
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Per ottenere significativi risparmi energetici è utile installare motori sincroni a riluttanza e azionamenti a velocità variabile
LABORATORI
Aria pulita oggi
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RIFIUTI
SICUREZZA
La bioraffineria lignocellulosica
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La massima valorizzazione delle biomasse mediante un sistema a ultrasuoni che separa le tre componenti del legno in modo efficiente, ecologico e rapido
Il corretto smaltimento
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Il contenimento secondario
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RETI IDRICHE
BIOMASSE & BIOGAS
La misura della radioattività 32
Impiegate 100.000 ton/y di rifiuto organico e 35.000 ton/y di potature da differenziata, con una produzione di circa 7,5 mln di mc
BioBang: più resa in biogas
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Nuovi sistemi di purificazione e sanificazione tecnologicamente avanzati, altamente eco-sostenibili ed economici
Impianti di depurazione biologici, costruiti in un unico monoblocco cilindrico modulare a sviluppo orizzontale, sono compatti, funzionali e flessibili, in configurazione SBR, MBR e da oggi anche MBBR
Hera investe in biometano
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Questo tipo di sfruttamento energetico passa attraverso diverse fasi, ognuna delle quali richiede un accurato monitoraggio
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La cavitazione controllata converte tutto il potenziale metanigeno della biomassa
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Messo a punto uno strumento che segnala in tempo reale la contaminazione e identifica la tipologia di radioisotopi
TECNOLOGIA
I nuovi bruciatori Acciaierie: da gas di scarico a bioetanolo
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Le emissioni dell’industria siderurgica possono essere riciclate e fermentate per produrre ecocombustibili
SPECIALE “TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA”
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GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66
MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
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panorama 260 miliardi di euro di valore della produzione, pari al 8,3% del totale nazionale, e 576 start-up innovative operanti nel settore, pari a circa il 7% del totale in italia. Sono questi i principali numeri della bioeconomia, ovvero l’insieme dei settori che utilizzano materie prime rinnovabili di origine biologica, fotografati dal 4° rapporto sulla Bioeconomia in europa di intesa Sanpaolo e assobiotec. <<Fra le diverse fasi che compongono il ciclo idrico la più rilevante in un’ottica di bioeconomia - afferma laura Campanini, di intesa Sanpaolo - è quella della depurazione e della conseguente produzione dei fanghi. i fanghi possono costituire una fonte importante di biomassa, attualmente solo in parte sfruttata, visto l’ampio ricorso alla discarica. lo studio evidenzia la necessità di passare da una logica di smaltimento a una di valorizzazione delle risorse biocompatibili. dai fanghi si possono ricavare energia (biogas e biometano), singoli nutrienti (fosforo in primis) e biomateriali (bioplastiche). l’as-
Vale 260 miliardi di euro
La bioeconomia in Italia Buone prospettive per il recupero di reflui urbani e industriali e per lo sfruttamento degli scarti della pesca
setto normativo e regolamentare è cruciale perché in grado di indirizzare le scelte degli operatori. il re-
cente decreto sul biometano darà un impulso importante alla filiera>>.
<<i dati confermano l’importanza e le potenzialità della bioeconomia italiana, che negli anni è stata capace di dare vita a modelli fortemente innovativi e sistemici, sostenibili e competitivi allo stesso tempo – spiega Giulia Gregori, di assobiotec – basti pensare, infatti, che proprio in italia è stato ideato il concetto di bioraffineria integrata nel territorio, con filiere che partono dall’agricoltura e danno vita a prodotti innovativi capaci di trasformare i problemi ambientali in opportunità. Questo modello è oggi guardato con interessa anche a livello europeo>>. <<oggi, diverse regioni – aggiunge Gregori - stanno concretamente cercando di mettere in pratica un modello di bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale, ispirandosi al concetto di “regioni sostenibili” coniato a livello europeo dal Bioeconomy Panel. ecco che coordinare e moltiplicare le iniziative virtuose nate nei diversi territori diventa sempre più importante>>.
Troppa la plastica nell’organico raccolto
La rete mondiale delle eco-finanziarie
C’è troppa plastica all’interno dei rifiuti organici raccolti in italia con la differenziata: quasi il 5%. e’ quanto rivela un monitoraggio del Consorzio italiano Compostatori (CiC), ed il motivo principale risiede nel fatto che il 44% dei sacchetti usati per l'umido sono di plastica tradizionale, invece che compostabile. Questi risultati emergono dal progetto "di che plastica 6", svolto dal CiC in collaborazione con assobioplastiche, Conai e Corepla, nell'ambito del quale sono state effettuate 45 analisi su 27 impianti (15 di compostaggio, 12 di digestione anaerobica e compostaggio). Situazioni analoghe di contaminazione si registrano anche in altri paesi europei, quali Germania, Svizzera e austria. in quest'ultimo paese, il locale consorzio dei compostatori, il KBVo, ha lanciato una campagna per la promulgazione di una legge sul divieto di commercializzazione degli shopper monouso e dei sacchi per frutta e verdura di
Sotto l’egida del ministero dell’ambiente italiano e in partnership con il Programma ambientale delle Nazioni unite è
plastica non compostabile. Questo divieto è già stato introdotto in italia ed in Francia e dal 2020 lo sarà anche in Spagna.
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stata costituita una rete mondiale dei centri finanziari per lo sviluppo della sostenibilità. Gli obiettivi sono quelli di favorire lo scambio di conoscenze e di esperienze sulla finanza sostenibile e sulla finanza per il clima, di valorizzare le migliori pratiche di innovazione finanziaria e, in sintesi, di facilitare la mobilitazione dei capitali verso attività economiche sostenibili. il progetto è nato nell’ambito della presidenza italiana del G7 e sarà sostenuto nella fase di avvio dal Governo italiano. durante il battesimo di questa neo rete globale, è stato anche avviato il percorso per la creazione del Centro Finanziario italiano per la Sostenibilità (CFiS), con base a milano. il CFiS opererà come un laboratorio di innovazione finanziaria, che costruirà soluzioni originali per rispondere alla domanda di capitali necessari per la transizione verso un’economia sostenibile.
La differenziata a due velocità Rifiuti urbani in Italia
Secondo Green Book 2018 la gestione costa di più dove il servizio funziona di meno, anche a causa della minor dotazione di impianti un paese diviso in due, nella raccolta differenziata: il nord con una media del 64% e quasi tutte le province sopra il 50%, mentre il sud con situazioni fortemente arretrate non raggiunge la media del 38%, e il centro è quasi il 49%. Per i rifiuti rimane un forte squilibrio sugli impianti soprattutto in relazione ai target europei: un settore che avrebbe bisogno di investimenti per almeno 4 miliardi di euro. da una mappatura degli operatori, inoltre, emerge una larga prevalenza di aziende a partecipazione pubblica al centro-nord e una presenza residuale al sud (al 33%).
Nel mezzogiorno si ricorre in modo preponderante al trattamento in discarica (62%) mentre al Nord il 69% dei rifiuti è avviato a trattamento negli impianti di recupero energetico. ed è proprio dove il servizio è peggiore che la spesa media annuale per famiglia è più elevata. Questa la fotografia del settore rifiuti urbani scattata dal Green Book 2018 di utilitalia. <<e’ lampante l’eterogeneità che caratterizza la situazione nazionale - osserva Filippo Brandolini, vicepresidente di utilitalia – e ciò dipende anche dal livello di industrializzazione e dalla presenza o
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Rinnovabili e clima le informazioni di tipo meteoclimatologico sono di fondamentale importanza sia per la pianificazione e la costruzione di infrastrutture per le energie rinnovabili, che per la gestione quotidiana dell’energia nelle sue forme tradizionali. a questo scopo vengono analizzate le proiezioni climatiche attese nelle prossime decadi, distintamente per regioni
ensembles. Tutto ciò è consultabile dal sito climed.rse-web.it. utilizzando i dati di e-obs (valori osservati 1961-2010) sono stati dedotti gli scenari del passato, di riferimento. mediante i dati di ensembles (risultati modellistici estratti per il periodo 1961-2050) sono state invece elaborate proiezioni future a medio-lungo termine. Per ciascuna regione è possibile analizzare l‘evoluzione di diverse variabili meteorologiche, mediante diversi grafici: trend valori medi annuali, trend valori medi stagionali, evoluzione a scala giornaliera, anomalie (scenario - riferimento).
amministrative e per regioni climatiche, sulla base dei dati forniti dai data-base e-obs, erainterim ed
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http://climed.rse-web.it
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meno di imprese strutturate. il via libera del Parlamento europeo al pacchetto di misure sull’economia circolare, comporterà un’evoluzione nell’organizzazione dei servizi e delle imprese, ma c’è molta attesa anche dall’avvio concreto della regolazione sul settore rifiuti da parte dell’autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (arera)>>. IMPIANTI
dalla mappatura degli operatori, sia per il servizio di raccolta che per la gestione degli impianti, emerge una situazione molto frammentata, con una larga prevalenza di aziende a partecipazione pubblica al centro-nord e una presenza residuale al sud (dove il 33% degli abitanti è servito da aziende pubbliche o miste). Quanto agli impianti e alla loro localizzazione, quelli di trattamento integrato aerobico e anaerobico sono concentrati al nord, dove viene gestito il 98% della frazione organica da raccolta differenziata; gli impianti di compostaggio della stessa tipologia di rifiuti sono invece in prevalenza al sud (il 49% trattata in impianti a partecipazione pubblica e il 51% privati). Gli impianti di trattamento meccanico biologico (TmB) sono più diffusi al sud (con il 49% del trattamento). Per lo smaltimento in discarica il Sud supera il resto del Paese: con il 62% del rifiuto urbano residuo a livello nazionale smaltito in questo modo. la situazione si capovolge sugli impianti di recupero energetico: concentrati soprattutto al nord dove viene trattato il 69%, il 12% al centro e il 19% al sud.
TraSPareNza e TraCCiaBiliTa’ NuoVa “ViSioN 2050”
La piattaforma per auto a fine vita Nell’ambito del più ampio progetto easy Collect, Cobat e CarConfederazione autodemolitori riuniti hanno realizzato un’innovativa piattaforma che consente la tracciabilità totale e la massima trasparenza del fine vita delle automobili. rappresenta, infatti, una vera e propria rivoluzione perché trasforma il settore dell’autodemolizione in un marchio di garanzia green per le case automobilistiche: grazie al sistema di gestione, è possibile avere online e imme-
diatamente disponibili tutte le informazioni relative al fine vita dei componenti di ogni veicolo e seguire tutto il percorso dei rifiuti fino al riciclo, con report specifici per marchi e modelli. le case automobilistiche possono in questo modo monitorare in tempo reale il fine vita delle proprie auto. la piattaforma CobatCar, inoltre, rappresenta una svolta importante anche per la Polizia Stradale che potrà usufruire e accedere al servizio per combattere l’illegalità.
Il sistema energetico del futuro
la Piattaforma europea per la Tecnologia e l'innovazione dedicata alle reti intelligenti per la Transizione energetica (eTiP SNeT) ha di recente presentato la sua Vision 2050 per un sistema energetico pan-europeo integrato a basse emissioni di carbonio, sicuro, affidabile, flessibile, accessibile, economico e basato sui principi dell’economia di mercato che alimenta l'intera società e apre la strada a un'economia circolare totalmente a emissioni zero entro il 2050, confermando la leadership industriale globale nei sistemi energetici lungo il percorso di transizione energetica. l'eTiP SNeT Vision 2050 sottolinea l'importanza del coinvolgi-
a VeNezia
Cassonetti per i rifiuti della pesca i rifiuti derivanti dall’attività di pesca annoverano reti, trappole e gabbie, lenze, calze per mitili, cordame, esche artificiali e plastiche varie. Tali oggetti troppo spesso vengono abbandonati in mare anziché raccolti in modo opportuno. Ben il 10% dei rifiuti in mare, circa 640.000 tonnellate, è costituito proprio da reti da pesca dismesse. Per agevolare un corretto comportamento, inte-
ressante è il caso dell’isola di Pellestrina, a Venezia, dove gli scarti della pesca avranno degli appositi cassonetti per il loro smaltimento. Per ridurre questo tipo di rifiuti, come richiesto anche dalla strategia europea per la plastica nell'ambito dell’economia circolare, il Comune di Venezia ha di recente approvato con delibera l'assimilazione dei rifiuti delle attività di pesca/molluschicoltura ai rifiuti urbani.
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mento dei singoli utilizzatori nella transizione verso un'energia più pulita. Questo sistema aprirà la strada a un'economia circolare senza emissioni di Co2, confermando ed ampliando la leadership industriale europea globale nei sistemi energetici lungo il percorso di transizione energetica. la “Vision 2050” raccoglie il contributo degli esperti dell’eTiP in rappresentanza di ogni attore della filiera energetica rispetto al sistema energetico del 2050 e discute le sfide di ricerca, sviluppo e innovazione per il raggiungimento degli obiettivi ed indica il quadro in cui l’azione deve essere indirizzata nei prossimi decenni a venire.
IL MINIAMBIENTE HA NUOVE FUNZIONI il 13 luglio scorso sono entrate in vigore nuove funzioni del ministero dell'ambiente in materia di promozione dell'economia circolare e coordinamento delle azioni di lotta al danno ambientale e alle bonifiche. Con il dl n. 86/2018, infatti, il minambiente dovrà individuare un unico centro di coordinamento e di responsabilità politica per la bonifica dei siti inquinati, per le politiche di contrasto al rischio idrogeologico, per la difesa del suolo, per sviluppo sostenibile ed economia circolare. il minambiente coordinerà d’ora in poi anche le azioni di prevenzione del danno ambientale e degli illeciti ambientali in Campania, oltre che la gestione finanziaria degli interventi idraulici.
approfondimenti
Sedimenti: dragaggio e scarico Tre decreti ministeriali
Cosa, come, dove e perchè circa il rilascio in mare dei materiali di scavo di fondali portuali o marino-costieri risale al 2016 l’emanazione di tre decreti per regolamentare la complessa materia del dragaggio e dello smaltimento dei sedimenti.
chimico-fisiche dell’area proposta per l’immersione (regime delle correnti, torbidità, temperatura, pH, salinità, conducibilità) - informazioni su eventuali attività di dragaggio compiute negli ultimi 5 anni nella stessa area. deve essere inoltre presentata una documentazione tecnica a dimostrazione che sono state valutate le opzioni di riutilizzo dei materiali dragati (ad es. per ripascimento), indicando le motivazioni in base alle quali tali opzioni sono state scartate. È necessario poi ottenere un parere positivo da parte della Commissione Consultiva locale per la Pesca e l’acquacoltura (o, in mancanza di questa, del competente ufficio della regione). una volta ottenuta l’autorizzazione, questa è valida per l’intera durata dei lavori di escavo, con un massimo di 36 mesi, e può essere rinnovata per altri 36 mesi. l’autorizzazione può essere modificata o sospesa se il titolare non rispetta le prescrizioni in essa contenute, e comunque ogni volta che non risulti garantita la salvaguardia di ambiente marino, coste e qualsiasi altro uso legittimo del mare, nonché nel caso in cui si verifichino situazioni di emergenza o fenomeni di inquinamento. il titolare dell’autorizzazione deve provvedere al monitoraggio degli effetti sull’ecosistema marino, privilegiando l’uso di bioindicatori e rispettando il principio della gradualità. a partire dalla data di entrata in vigore del d.m. 173/16 (ossia il
IMMERSIONE IN MARE DEI MATERIALI DI SCAVO
il d.m. n.173 del 15/7/2016 stabilisce modalità e criteri tecnici per il rilascio dell’autorizzazione allo scarico in mare dei materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, comprese le aree portuali o marino-costiere, sia incluse nei siti contaminati di interesse nazionale, che fuori da detti siti. Sono escluse la movimentazione dei sedimenti all’interno dei porti per rimodellare il fondale, e le piccole operazioni di ripristino degli arenili (definiti come quelle che comportano movimentazioni inferiori a 20 mc per ogni metro lineare di spiaggia). l’autorizzazione allo scarico in mare è di competenza delle regioni (salvo che per interventi ricadenti in aree protette di interesse nazionale), ma il decreto si prefigge di uniformare le procedure, rendendole coerenti a livello nazionale attraverso indicazioni tecniche e linee guida uniformi. Per ottenere l’autorizzazione all’immersione dei materiali di escavo, il proponente deve anzitutto compilare una “scheda di inquadramento dell’area” contenente i seguenti elementi: - analisi e cartografia dei principali elementi di pregio naturalistico, delle aree di tutela e degli obiettivi sensibili, presenti nell’area di escavo e in quelle limitrofe - caratteristiche idrodinamiche e
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Sedimenti: dragaggio e scarico 21/9/16) sono abrogate le precedenti norme tecniche contenute nel d.m. 24/1/96, fatta eccezione per le attività di movimentazione di sedimenti marini connesse alla posa in opera di cavi e condotte sottomarine. DRAGAGGI NELLE AREE SIN
attualmente, esistono una quarantina di siti contaminati definiti “di interesse nazionale” (SiN). Più del 30% del SiN comprende al suo interno corsi o specchi d’acqua superficiali; si poneva quindi il problema di stabilire i criteri di valutazione chimica ed eco-tossicologica dei sedimenti contenuti in queste aree, in modo da poterle deperimetrare o comunque gestire in modo corretto. a questi problemi ha dato risposta il decreto direttoriale 8/6/16 (Gu n.145 del 23/6/16), dal titolo “Criteri per la definizione dei valori di riferimento specifici di concentrazione degli inquinanti, per i materiali risultanti dalle attività di dra-
gaggio” all’interno dei SiN. il decreto si compone di 2 articoli e un allegato (scaricabile da www.bonifiche.minambiente.it/dragaggi.it), in cui viene descritta la procedura per la valutazione della qualità dei sedimenti “in situ”. Questa procedura è composta da una prima parte, che tratta gli aspetti ambientali, e da una seconda che considera quelli sanitari. le aree SiN che risulteranno conformi a entrambe le parti potranno essere riclassificate come siti di interesse regionale, o addirittura restituite alla gestione ordinaria. la parte che riguarda gli aspetti ambientali adotta un approccio integrato chimico-ecotossicologicobiologico; per la valutazione degli effetti eco-tossicologici viene usata in una procedura di tipo statistico-probabilistico, mentre per la parte ambientale vengono ricavati valori soglia sito/specifici per i diversi contaminanti chimici, tenendo anche conto del contesto ambientale. Gli aspetti sanitari considerano la possibilità di bioaccumulo di sostanze tossiche persistenti nella fauna ittica, nei molluschi e nei crostacei, mediante analisi di metalli pesanti, benzopirene e diossi-
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Nel PorTo di TaraNTo
Il recupero dei fanghi di dragaggio il porto di Taranto è stato riconosciuto come SiN dal dm 10/1/2000. Nel 2005 l’allora concessionario del Terminal Container aveva svolto lavori di ripristino dei fondali, che avevano comportato l’escavazione di oltre 100.000 ton di fanghi, depositati in tre vasche impermeabilizzate, poste fuori terra. Questi fanghi sono stati classificati “rifiuto speciale non pericoloso (Cer 17.05.06). Nel 2016 la società SJS engineering ha sottoposto i fanghi ad un’operazione di “riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche” (r5), tramite vagliatura e separa-
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zione dei corpi estranei, al fine di ottenere una “materia prima seconda”, da utilizzare nell’ambito della realizzazione di una cassa di colmata. dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni, ha utilizzato un impianto mobile di trattamento meccanico, consistente in un vaglio a tamburo rotante, operante a secco e senza aggiunta di additivi. la durata della campagna è stata di poco più di 6 mesi; le analisi di laboratorio hanno confermato il rispetto dei requisiti per la destinazione urbanistica “commerciale e industriale” della cassa di colmata.
ne, compiute direttamente nei biota. i valori trovati devono essere confrontati con i valori soglia contenuti nel regolamento europeo n.1881/2006/Ce; dovrà essere svolta un’analisi del trend nell’arco di almeno 3 anni. le modalità e le norme tecniche per le operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino-costiere poste all’interno dei SiN sono trattate nel d.m. n.172 del 21/9/2016. Queste operazioni devono essere condotte secondo modalità tali da prevenire o ridurre al minimo eventuali dispersioni o rilasci accidentali: il progetto di dragaggio (da sottoporre al ministero dei Trasporti ed a quello dell’ambiente) dovrà essere redatto conformemente alle indicazioni contenute nell’all. a del decreto, e contenere le seguenti informazioni: metodologie di gestione del sedimento dragato, cronoprogramma dei lavori, misure di mitigazione previste (ad es. adozione di barriere, chiusura parziale o totale dell’area di escavo), modalità di verifica dei fondali, progetto e modalità di gestione delle strutture di contenimento, risultati della caratterizzazione dell’area da dragare e di quella di destinazione dei sedimenti. la novità più rilevante è la possibilità di reimpiego dei materiali dragati, non soltanto nel bacino idrico di provenienza, ma anche al difuori dell’area SiN. Qualora i sedimenti rientrino nei criteri di accettabilità già visti esaminando il decreto del 8/6/16, sono previste tra le modalità di reimpiego il rifacimento degli arenili, la formazione di terreni costieri e il miglioramento dei fondali attraverso attività di “capping” (cioè la protezione di un’area contaminata, in modo da isolarla dall’ambiente marino circostante). l’esecuzione del progetto di dragaggio dovrà essere seguita con un piano di monitoraggio, articolato in tre fasi: - “ante operam”, avente l’obiettivo di definire i valori di riferimento dell’area destinata ad accogliere i sedimenti e la loro variabilità spazio-temporale - “in corso d’opera”, finalizzata a verificare l’idoneità delle modalità operative adottate e l’efficacia delle misure di mitigazione - “Post operam”, finalizzata alla verifica del ripristino dei valori di riferimento rilevati nella prima fase). Hi-Tech Ambiente
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DEPURAZIONE A C Q U A
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A R I A
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S U O L O
Il depuratore valorizzato Il progetto R3Water
Soluzioni innovative per trasformare gli impianti di trattamento dei reflui urbani in strutture che producono energia, nutrienti e acqua da riutilizzare la rimozione degli inquinanti è certamente una priorità nel trattamento dei reflui, ma sta crescendo la consapevolezza che gli inquinanti possono costituire una fonte di risorse valorizzabili, come energia, nutrienti e altri materiali che possono essere recuperati e reimmessi nei cicli produttivi. ed è proprio questo l’obiettivo del progetto europeo r3Water (“dimostrazioni di soluzioni innovative per il riuso di acqua, recupero di materiali valorizzabili e impiego efficiente delle risorse nel trattamento dei reflui urbani”), diretto a sviluppare la transizione tra la semplice depurazione e il recupero di risorse. Per elevare il grado di efficienza degli impianti di trattamento è stata sviluppata o migliorata una dozzina di tecnologie diverse. la base del progetto consiste nel supportare gli impianti di tratta-
mento delle acque reflue perché tendano a diventare una struttura che produce energia, nutrienti e acqua da riutilizzare, invece che soltanto sistemi per abbattere gli inquinanti; a questo scopo sono state sviluppate e sperimentate una dozzina di tecnologie diverse, per la riqualificazione degli impianti di trattamento esistenti e per il miglioramento dell’impiego efficiente delle risorse, in combinazione con l’implementazione di nuove tecnologie e modelli commerciali. Per raggiungere tali obiettivi, il progetto r3Water ha sviluppato e dimostrato tecnologie innovative in 3 siti ubicati in Belgio, Spagna e Svezia, nell’ambito di tre aree strategiche: - impiego efficiente delle risorse, ad esempio migliorando l’efficienza dell’aerazione, perfezionando il processo anammox per la rimozio-
ne dei nutrienti, ottimizzando i sistemi di controllo e migliorando la resa in biogas - facilitare il recupero e riuso dell’acqua, ad esempio migliorando il monitoraggio della qualità dell’acqua, l’efficienza della disinfezione e la depurazione spinta dei residui di farmeceutici - riciclo di nutrienti e altre sostanze valorizzabili contenute nei i fanghi di depurazione.
il sistema optimedar utilizza misure automatiche di ossigeno disciolto e potenziale redox per calcolare il carico organico presente nel bireattore; in base al valore del carico viene immessa la quantità necessaria di ossigeno, ottimizzando il consumo di energia e abbreviando il ciclo di denitrificazione.
MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA DI AERAZIONE
il processo di ossidazione anossica dell’alluminio, denominato anammox, consente la rimozione delle sostanze azotate con risparmi fino al 60% dell’energia necessaria per l’aerazione, rispetto al classico processo di nitrificazione/denitrificazione; il processo risulta particolarmente applicabile agli effluenti ricchi in azoto ammoniacale e, pertanto, è ottimo per la depurazione dell’effluente liquido dai sistemi di digestione anaerobica. Nel quadro del progetto r3Water sono stati sviluppati e collaudati nuovi algoritmi per il controllo dinamico del processo anammox, che hanno dato buoni risultati in due impianti pilota, situati in Svezia e in Belgio.
la fase di aerazione rappresenta dal 45 al 75% dei consumi energetici di un tipico impianto di trattamento delle acque reflue; pertanto, l’ottimizzazione di questa fase è di vitale importanza per ridurre le spese di esercizio.
PERFEZIONAMENTO DEL PROCESSO ANAMMOX
AQUABIO: RILEVAMENTO AUTOMATICO DEI COLIBATTERI
il sistema aquaBio consente la verifica in tempo reale della presenza di e. Coli e dei coliformi totali. Questi batteri sono indicatori di contaminazione fecale e, quindi, Hi-Tech Ambiente
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Fanghi di depurazione
accertare la loro assenza è un punto essenziale per consentire il riutilizzo delle acque depurate. i normali metodi di laboratorio richiedono da 24 a 96 ore e, pertanto, non consentono di identificare tempestivamente situazioni anomale. il sistema aquaBio, invece, permette di ottenere risultati in tempi da 3 a 12 ore, trasmettendo immediatamente l’informazione alla sala controllo o al personale di turno. il sistema si basa sulla fluorometria per quanto riguarda e. Coli e sulla determinazione colorimetrica per quanto riguarda i coliformi totali. RILEVAMENTO DI PATOGENI E DISINFEZIONE CON OZONO
Carbone attivo
DosControl di AquaBio
Nell’ambito del progetto sono stati sviluppati due nuove tecnologie (entrambe già brevettate) per il riuso sicuro degli effluenti: - il sistema aquatrack, che effettua il monitoraggio della contaminazione in tempo reale mediante rilevazione ottica laser e il campionamento automatico degli effluenti in uscita da processi mBr, mBBr e SBr - un sistema modulare di pulizia con ozono per l’eliminazione di residui farmaceutici e patogeni presenti nei reflui trattati con processi mBr, mBBr e SBr aquatrack è un sistema di monitoraggio e campionamento on-line degli agenti patogeni presenti nei reflui, finalizzato al risanamento e riuso delle acque. il sistema è costituito da una serie di sensori convenzionali, tra cui un laser ottico che rileva tutte le possibili variazioni Continua a pag. 14 Hi-Tech Ambiente
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Il depuratore valorizzato nelle acque che possono essere causate da contaminazioni. il sistema è concepito per monitorare la qualità degli effluenti in uscita dai processi di depurazione convenzionali per prevenire la presenza di patogeni, e opera 24 ore su 24, 7 giorni su 7. esso può quindi essere impiegato per il tracciamento continuo dei contaminanti biologici nell’acqua potabile, nelle fonti e negli effluenti in uscita dai reattori a membrane. Può anche essere impiegato per tracciare altri contaminanti (microframmenti, contaminanti biologici, reflui non depurati). la seconda soluzione consiste in un sistema modulare di pulizia a ozono, che ha dimostrato un’elevata efficienza in quanto con ridotte quantità di ozono esso è in grado di rimuovere agenti patogeni e residui farmaceutici, portando la loro concentrazione al di sotto del limite minimo rilevabile. Si tratta di un sistema pienamente automatizzato, che richiede solo una presa elettrica da 230-240 V aC. la contaminazione delle acque da parte di residui farmaceutici rappresenta il problema ambientale maggiore per gli ambienti acquatici in molti Paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo. i residui farmaceutici, che dalle deiezioni umane e animali passano attraverso le fognature fino a raggiungere laghi e fiumi rappresentano ormai un problema ambientale globale, considerando che il consumo totale di farmaci è aumentato globalmente del 5060% negli ultimi anni. anche se la concentrazione dei farmaci è bassa (si parla di nanogrammi per litro), nessuno conosce al momento i possibili effetti dell’esposizione a lungo termine sulla salute umana e sugli ecosistemi; occorre quindi sviluppare tecnologie per eliminare questi residui potenzialmente pericolosi negli impianti di trattamento prima dello scarico degli effluenti in uscita nell’ambiente o del recupero di tali acque, oltre a stabilire stringenti limiti legislativi e sistemi di controllo efficienti. Per eliminare residui farmaceutici e agenti patogeni nei reflui in uscita dai reattori mBr si è scelto di utilizzare l’ozono, un gas ad elevato potere ossidante che reagisce spontaneamente con le sostanze organiche ed è in grado di eliminare i patogeni. mescolando il gas con gli effluenti si ottiene la totale rimozio-
ne dei residui farmaceutici e l’inattivazione dei batteri e degli altri patogeni presenti nei reflui; il trattamento con ozono riduce inoltre il ToC e chiarifica il colore dei reflui. una volta che la concentrazione di ozono disciolto ha raggiunto i valori prestabiliti, l’acqua può essere scaricata nell’ambiente. il sistema è completamente automatizzato ed è composto da un generatore di ossigeno, uno di ozono, una vasca di reazione, sistema di distruzione del gas in uscita e un miscelatore, con tutta la strumentazione necessaria per il monitoraggio in continuo dei parametri di processo. la pulizia con ozono ha dimostrato di essere un sistema efficace per l’eliminazione dei residui farmaceutici la decomposizione si sostanze organiche e patogeni nello
stesso trattamento, lasciando una concentrazione minima di ozono disciolto pari a 0,08 ppm e senza necessità di trattamenti secondari con carboni attivi, in quanto non vengono creati sottoprodotti; esso è inoltre pienamente ecocompatibile ed economicamente efficiente, in quanto consente di evitare i costi dovuti alle analisi farmaceutiche. in combinazione con aquatrack, la pulizia con ozono rappresenta quindi un potente strumento per la purificazione dei reflui e il controllo in tempo reale della qualità delle acque. RECUPERO DI SOSTANZE DAI FANGHI DI DEPURAZIONE
al momento non esiste alcun processo efficiente sul piano energeti-
Corradi & Ghisolfi: innovare è crescere agli inizi del 2010 la divisione ecologia della Corradi & Ghisolfi nasce come specializzazione di quelle attività aziendali che si concentravano prevalentemente nella pulizia e nella bonifica di: digestori, impianti biogas alimentati da sottoprodotti di natura agricola e impianti biogas alimentati a forsu. Nel tempo gli interventi si sono intensificati ed hanno dato origine ad unità di business ben strutturate ed organizzate con l'utilizzo di mezzi propri e innovative strumentazioni, che consentono un'operatività tempestiva e qualificata oggi anche in ambito industriale con la bonifica di centrali idroelettriche, aspirazione
di polveri e scarti da acciaierie, pulizia di impianti per il trattamento dei fanghi. i principali plus della Corradi & Ghisolfi possono essere così riassunti: - esperienza pluriennale nelle lavorazioni di pulizia e bonifica dei digestori di impianti biogas agricoli, forsu (oltre 1000 inter-
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co, ecocompatibile ed economicamente valido per lo smaltimento e il riutilizzo delle 9,637 mln di tonnellate di liquami di acque reflue municipali prodotte ogni anno nei paesi dell’ue. lo spargimento del liquame su terreno agricolo è il metodo di smaltimento più economico, ma di fronte alla variabilità delle regolamentazioni nei diversi Paesi, non sempre rappresenta una possibilità praticabile. il team del progetto ha quindi sviluppato una tecnologia di trattamento nota come carbonizzazione idrotermale (HTC), che determina migliori proprietà di drenaggio dei liquami in uscita dalla digestione anaerobica, e consente il recupero di elementi di valore come i fosfati, producendo al tempo stesso “biochar” di alta qualità o carbone attivato, in grado di migliorare la qualità del suolo. rispetto ad altri metodi di trattamento, la HTC comporta una minore evaporazione di acqua e, quindi, una minore energia utilizzata durante l’essiccamento termico. la macerazione disaggrega un terzo della materia organica nei liquami, riducendo ulteriormente i costi di trattamento. il fosforo, estratto sotto forma di acido fosforico da liquami carbonizzati trattati con HTC, può essere utilizzato come materia prima per l’industria dei fertilizzanti. venti in tutta italia) e impianti industriali; - presenza su tutto il territorio nazionale; - tempestività d'intervento per evitare e/o ridurre fermi impianto; - personale tecnico specializzato e continuamente formato sulle normative e metodologie d'intervento, nei lavori in spazi confinati; - attrezzatura tecnicamente adeguata per lavorare in ambiente atex; - automezzi e attrezzature di proprietà per garantire servizio completo (Corradi & Ghisolfi quale unico interlocutore); - analisi approfondita per l'individuazione delle migliori soluzioni d'intervento possibili; - mantenimento in produzione continua l’impianto durante l’intervento; - assistenza continua al cliente pre e post servizio.
HI -TE CH
AMBIENTE
SPECIALE
TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA
SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA AMA Il sistema per il trattamento delle acque di sentina proposto da Ama è progettato e costruito per consentire l'aspirazione, la sedimentazione e la purificazione di acqua di mare contaminata con idrocarburi. L'acqua viene stoccata in appositi serbatoi e successivamente trattata, consentendo la separazione del prodotto in due frazioni, ossia i residui contaminanti che verranno successivamente processati come rifiuto speciale, e la restante acqua purificata
B&P WATER TECHNOLOGIES che può invece essere direttamente rilasciata nei canali di scarico.
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COIND Coind ha progettato un sistema chimico-fisico in grado di depurare le acque di sentina delle navi producendo uno scarico compatibile con le attuali normative per lo scarico in mare. Le acque di sentina sono costituite da una miscela di idrocarburi con acqua salmastra in varie proporzioni, la cui quantità e qualità può variare da un minimo del 10% fino al 50% dei liquidi prelevati. Il trattamento di tali reflui consiste nel separare l’olio dall’acqua direttamente all’interno dei serbatoi di stoccaggio. In questo modo l’olio viene ceduto a un centro per la trasformazione in combustibile di recupero, e l’acqua con meno
B&P Water Technologies progetta e fornisce chiavi in mano impianti per il trattamento delle acque per i porti turistici e i cantieri navali, e quindi: impianti per il trattamento delle acque derivanti dalle operazioni di carenaggio, sistemi fissi e mobili per l'aspirazione e il trattamento delle acque di sentina, impianti centralizzati per l'aspirazione dei reflui (nere, sentine, oli esausti) per i porti. Ciascuna tipologia di impianto viene progettata e personalizzata sulla base delle specifiche esigenze di ciascun cliente. I reflui di carenaggio sono caratterizzati da elevate concentrazioni di metalli disciolti contenuti negli antivegetativi, COD e BOD. Il processo di depurazione messo a punto per queste acque si basa su un trattamento di tipo chimico-fisico espressamente studiato e che garantisce una qualità dell'effluente scaricabile a mare o utilizzabile per sub-irrigazione o per
successive operazioni di lavaggio. L’impianto di depurazione è di tipo monoblocco, costruito in lamiera verniciata con prodotti idonei per condizioni atmosferiche aggressive quali quelle marine. L'impianto è fornito completamente pre-assemblato in modo da necessitare solo l'allaccio elettrico e il collegamento del refluo di alimento e dell'acqua di scarico. In opzione, è possibile fornire l'impianto pre-assemblato e cablato all'interno di un container di tipo abitativo. Tale soluzione presenta i seguenti vantaggi: protezione totale dagli agenti atmosferici, con conseguente allungamento della vita delle apparecchiature e drastica riduzione dei costi di manutenzione; impatto visivo nullo poichè il container sembra un normale ufficio di cantiere; possibilità per l’operatore di lavorare in un ambiente chiuso e protetto anche in condizioni atmosferiche avverse.
www.bpwatertech.com
ECODEP dell’1% di olio viene depurata nell’impianto di Coind. Tutto, quindi, parte con la decantazione statica nel serbatoio di raccolta per almeno 7/10 giorni. L’acqua decantata con olio residuo sotto l’1% è però ancora ricca di solfuri, aldeidi, glicoli, quindi viene filtrata su carta e poi inviata a un reattore di ossidazione chimica o a un sistema elettrochimico. Il flusso ora entra in un reattore di contatto ove viene dosato il carbone in polvere per adsorbire aldeidi e glicoli. Nel reattore dopo viene dosato un flocculante inorganico che coagula la polvere di carbone satura di inquinanti e lo zolfo colloidale residuo dai solfuri. Nell’ultimo reattore viene dosato un bioflocculante che faciliterà la chiarificazione, prodotta poi nell’unità lamellare di decantazione. L’acqua depurata prima di essere scaricata in mare viene ancora filtrata su carta a 50 µm per eliminare la polvere di carbone residua dopo la decantazione.
Ecodep rappresenta, in Sicilia, la soluzione a molti problemi di smaltimento dei rifiuti liquidi per aziende portuali, capitanerie di porto, guardia costiera, produttori di rifiuti liquidi e miscele oleose in genere, con particolare riferimento allo smaltimento di oli esausti e reflui di sentine. L’impianto di depurazione chimico-fisico della Ecodep effettua un vero e proprio recupero della parte oleosa, nel rispetto di tutte le norme ambientali e di qualità. Il trattamento dei liquidi oleosi consiste nella separazione fisica dell’olio dall’acqua. In questo modo l’olio potrà essere avviato ad impianti specializzati alla trasformazione e riutilizzato per usi
www.smaltimentorifiuti-sicilia.it
www.coindengineering.it Hi-Tech Ambiente
industriali. L’impianto è costituito da uno stadio di chiariflocculazione, da uno di ossidazione ad umido, da uno biologico MBR, da uno di disidratazione fanghi e da uno stadio di filtrazione finale. Il funzionamento dell’impianto nelle sezioni Fenton, flottazione, biologica e filtropressa è regolato da un controllore logico programmabile (PLC). A valle del trattamento chimico-fisico e Fenton, le acque reflue trattate sono inviate al comparto biologico. Processo di trattamento per lo smaltimento di rifiuti liquidi Il processo di trattamento da applicare in impianto per lo smaltimento dei rifiuti liquidi viene stabilito in funzione delle caratteristiche dei reflui da smaltire, del loro carico inquinante e delle caratterizzazioni analitiche e sulle prove di trattamento effettuate su campioni rappresentativi della carica di alimentazione.
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SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA ECOTEC Nell’ambito della propria piattaforma per il trattamento dei rifiuti liquidi, Ecotec dispone di una linea di recupero di miscele oleose (separazione acqua/oli)
GEA che consente il recupero oli, mediante la separazione dei componenti principali olio, acqua, solidi, dalle emulsioni oleose, dalle acque di sentina e dai reflui contenenti oli. La linea di recupero miscele oleose è costituita dalla sezione di stoccaggio, disoleazione preliminare e centrifugazione: gli oli recuperati dalle acque di sentina vengono inviati alla sezione di stoccaggio per essere caratterizzati e venduti.
www.ecotecgroup.com/it
Tutte le navi, che siano portacontainer, petroliere o navi da carico, producono acqua di sentina, che pone un serio problema di smaltimento. L'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stabilisce che l'acqua di sentina possa essere scaricata in mare solo se ha un contenuto residuo di olio inferiore a 15 ppm. Il BilgeMaster di GEA rispetta questo limite con un margine considerevole e, allo stesso tempo, l'olio riciclato con il processo di separazione può essere destinato a una serie di altri scopi. ,I separatori di cui è composto il sistema BilgeMaster riescono a trattare dai 200 ai 7.000 l/h e, anche nella versione standard, a portare il contenuto residuo di olio al di sotto del limite minimo previsto per legge: in normali condizioni di alimentazione dell'acqua
di sentina, il contenuto residuo di olio nell'effluente di acqua pura è di 10-12 ppm; ma con l'aggiunta di ulteriori elementi si riesce a ridurre il contenuto oleoso a <5 ppm cosicché, di fatto, in mare si può scaricare acqua pura. Il vantaggio economico di questo sistema di separazione olio/acqua è dato dal carattere particolarmente durevole dell'investimento. L’olio lubrificante di recupero, ad esempio, può essere usato come combustibile per produrre calore. Oltretutto il sistema è autopulente ed è progettato per funzionare senza bisogno di supervisione, quindi non richiede personale aggiuntivo. Al contrario i metodi alternativi, quali per esempio la separazione statica mediante utilizzo di cisterne di sedimentazione o filtrazione, richiedono lavaggi manuali periodici molto dispendiosi o la sostituzione degli elementi filtranti. Inoltre, spesso si rende necessario l'utilizzo di sostanze chimiche che, oltre ad essere costose, possono a loro volta costituire un pericolo per l'ambiente.
www.gea.com/it
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SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA IDRATECH Per cercare di ridurre l’impatto ambientale prodotto da qualunque natante la Comunità Europea ha emesso la Dir. 2000/59/CE, recepita in Italia con il D.Lgs 182/2003, con cui si chiede alle navi lo scarico in apposite strutture portuali dei propri reflui (acqua di sentina, di lavaggio cisterne, di zavorra, acque nere, etc.) prima di utilizzare l’area portuale. Poche le strutture portuali ricettive adeguate, tra queste quella progettata e messo a punto nel Sud Italia dalla Idratech, capace di ricevere e trattare i seguenti reflui prodotti a bordo delle imbarcazioni: - acque di lavaggio o “slop”, che derivano dai lavaggi delle cisterne delle navi contenenti idrocarburi e sono considerati residui o-
I.S.P.A. leosi ,anche se la presenza di oli in tracce è inferiore allo 0,1 %; - acque di sentina o “bildge water”, che sono acque a contenuto oleoso provenienti dai vani motore, dove entrano in contatto con oli combustibili e carburanti. Essendo acque stoccate in apposite vasche, dette vasche di sentina, e contenendo particolato solido trasportato durante il tragitto di scolo che sedimenta nelle vasche, a seconda del tenore in acqua e della densità si parla di acque di sentina o fanghi (sludge). Le acque di sentina hanno un contenuto in olio compreso tra 1 e 10% - acque nere o “sewage”, ossia le acque di scarico, nere o grigie, provenienti dai servizi a bordo delle navi (cucine, bagni, etc) - acque di zavorra o “ballast”, che sono acque utilizzate dalle navi cisterna per bilanciare la distribuzione dei carichi a bordo e per raggiungere un livello di affondamento ottimale per la navigazione. Le acque di questo tipo sono assimilate alle acque oleose.
Nel 2012 nell’ambito del Porto di Civitavecchia, I.S.P.A. ha completato ed attivato un impianto di trattamento delle acque provenienti dalle sentine delle navi. L’acqua è accumulata in una prima vasca a volume variabile in cui è installato un disoleatore per asportare l’olio libero surnatante; l’acqua pretrattata raggiunge per gravità una seconda vasca da cui è prelevata con pompa per essere avviata al trattamento chimico di flottazione a cui è stato aggiunto un pressurizzatore per migliorarne il rendimento. Nel flottatore, per effetto della re-
pentina riduzione di pressione, l’aria disciolta si libera in una moltitudine di microbolle che migrando verso l’alto portano in superficie tutte le particelle contaminate. Il raschiatore di superficie provvede a convogliare il surnatante in una tramoggia dalla quale viene allontanato e raccolto per lo smaltimento. L’acqua raggiunge per gravità la sezione di disinfezione e successivamente è avviata in pressione alla filtrazione finale su carboni attivi prima di essere scaricata.
www.ispasrl.it
www.idratech.it
PIERALISI Il progressivo inquinamento da idrocarburi dei mari e delle coste hanno spinto gli organismi internazionali a porre rimedio a questo fenomeno dilagante; infatti, direttive internazionali di prevenzione e controllo sono in fase di implementazione. Sono presenti in numerosi
POZZOLI DEPURAZIONE porti centri destinati a raccogliere le acque e gli oli di scarto provenienti dalle navi. I sistemi di separazione Pieralisi sono una soluzione vantaggiosa al trattamento di liquidi contenenti idrocarburi provenienti dalle navi, dove la separazione in più e distinte frazioni facilita il reindirizzo per le fasi successive di recupero e smaltimento. La Pieralisi è in grado di offrire sistemi package di separazione centrifuga facilmente installabili e utilizzabili, che aumentano le capacità di raccolta e semplificano le successive operazioni di stoccaggio, dando un valore aggiunto al prodotto trattato.
www.pieralisi.com/it
Nei porti, sia commerciali che turistici, è per legge necessario un sistema di recupero delle acque di sentina e dei reflui prodotti dalle barche. Le installazioni che sfruttano la moderna tecnologia del sottovuoto sono state progettate e realizzate per questa specifica funzione, e risultano essere una soluzione moderna ed efficiente. Si tratta di impianti costituiti da una centrale del vuoto nella quale sono presenti un serbatoio di raccolta e una o più pompe del vuoto. Da qui poi si diramano le tubazioni che raggiungono le colonnine di aspirazione per le acque di scarico poste sulle banchine. Per l’aspirazione delle acque di sentina, a seconda delle applicazioni, si può optare per un sistema di raccolta completamente sottovuoto, il cui vuoto è creato da una stazione del vuoto, oppure da colonnine apposite munite di pompe peristaltiche che raccolgono il refluo in depressione e lo convogliano in pressione al recapito finale. Il meccanismo di funzionamento
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è molto semplice: le pompe del vuoto creano una depressione all’interno dei serbatoi, pressione che è mantenuta costante in tutto l’impianto. Sono numerosi i vantaggi della scelta di questi sistemi, come quelli proposti da Pozzoli Depurazione, partner di Roediger Vacuum: garanzia di prodotti di alta qualità, efficienza e funzionalità; presenza di piccoli tubi, per cui ridotti lavori di cantiere, e quindi alto risparmio di tempo ed economico; essendo i tubi sottovuoto, non ci sono pericoli di esfiltrazioni, e ciò permette di farli correre sotto o a fianco della banchina senza doverli interrare; l’impianto è un sistema chiuso, per cui nessun odore sgradevole o rischi di infezione per gli operatori; facile utilizzo; uso di attacchi standardizzati per cui nessuna modifica di adattamento per le navi; manutenzione limitata a controlli periodici sulle pompe del vuoto, riducendo i costi di gestione.
www.pozzolineutra.com
SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA SANITRADE Hyde Guardian di Sanitrade è un sistema di trattamento delle acque di zavorra basato sull’uso di processi di separazione meccanica e disinfezione a raggi UV. Il sistema, totalmente privo di processi chimici, è dotato di uno speciale filtro di riflusso brevettato; inoltre, ha superato con successo i test di prova in accordo con la direttiva IMO D2. L’impianto è stato progettato per soddisfare tutti i tipi e le dimensioni delle navi militari e commerciali. Hyde Marine ha già fornito il sistema Hyde Guardian a navi da crociera, navi commerciali e anche navi da guerra. Si tratta di un sistema pratico, sicuro e che rappresenta la soluzione giusta in accordo con le direttive internazionali sul trattamento delle acque di zavorra.
STELLA O.M Durante lo zavorramento, infatti, l’acqua passa attraverso il filtro dove viene rimossa ogni particella e/o organismi più grandi di 50 micron. Poi l’acqua passa attraverso l’unità di trattamento a raggi UV e viene quindi convogliata al sistema di zavorramento della nave. Nella fase di controlavaggio l’acqua di zavorra viene scaricata fuoribordo nello stesso sito in cui è stata prelevata. Infine, durante lo scarico della zavorra, l’acqua riattraversa l’unità UV ricevendo così una seconda dose di trattamento per poi essere scaricata fuori bordo; in questa fase la filtrazione meccanica è by-passata. I vantaggi di Hyde Guardian sono: sistema robusto, dimostrato da un continuo uso di bordo; facile utilizzo, funzionamento automatico; basso consumo energetico; minima manutenzione; sicuro, per assenza di prodotti chimici; struttura compatta; perdita di carico che permette l’uso delle pompe di zavorra già installate a bordo.
www.sanitrade.it
TECNICOMAR ECOmar è l’impianto automatico in grado di rendere i reflui di bordo conformi agli standard internazionali, con la conseguente possibilità di scaricarli direttamente in mare, senza accumulo di residui solidi. Progettato e costruito da Tecnicomar, è costituito da un corpo centrale in acciaio inox in aisi 316L e disponibile in robusto polipropilene (nei modelli 20, 32 e 45). Tutti i modelli sono progettati e costruiti per lavorare in condizioni estreme di temperatura e vibrazioni, e posseggono un elevato li-
Stella O.M propone le pompe di sentina della Partner su carrello per l’aspirazione e la raccolta di fluidi e liquami di varia origine, appositamente concepite per un utilizzo pratico e semplice all’interno di strutture portuali, darsene, porti turistici. Queste unità mobili possono aspirare rapidamente e trasferire o stoccare dentro il proprio serbatoio fluidi le acque di sentina più o meno dense e viscose, con o senza sospensioni. Insensibili alla marcia a secco, le pompe Partner sono autoadescanti fino a 9 metri e in grado di aspirare un liquido anche a decine di metri dal punto di captazione. La piena compatibilità con l’acqua di mare le rende adatte anche al drenaggio di fluidi di sentina contaminati da oli o carburanti, anche con rilevante presenza di sabbia. La possibilità di trattare fluidi viscosi permette loro di aspirare fanghi o reflui provenienti dal lavaggio di siti di carenaggio e riparazione,
rimessaggi, ecc. La loro semplicità di impiego ne facilita l’uso anche da parte di personale non esperto. Partner viene realizzato in due grandezze che rispecchiano doti di funzionalità e compattezza adatte alla gran parte delle necessità dei siti di impiego, sebbene versioni speciali, con pompe di tipo differente e serbatoi di capacità diverse, sono realizzate su richiesta. L’apparato più compatto e leggero con carrello più piccolo della famiglia di dispositivi per aspirazione acque di sentina è però l’unità portatile Partner Trolley. Le dimensioni ridotte e la praticità d’uso, sommate ad un serbatoio molto capiente, consentono di disporre di una macchina in grado di essere portata ed utilizzata ovunque, anche negli spazi più ristretti. Trolley è il sistema ideale per piccole marine.
www.peristalticpumps.it
WARTSILA vello di affidabilità e un bassissimo consumo energetico. Il quadro di comando e controllo a microprocessore con display LCD (elettromeccanico su ECOmar 145 e 340) gestisce la modalità di funzionamento totalmente automatica ed è predisposto per il funzionamento manuale in emergenza. Con capacità di trattamento da 2.000 a 54.500 litri/giorno, ECOmar annovera i seguenti vantaggi: non inquina, poichè il liquido disinfettante non rilascia sostanze tossiche; è senza residui, dato che il processo di trattamento purifica la totalità dei liquami senza lasciare residui a bordo, e non richiede l’installazione di una cassa per fanghi; semplice da usare in quanto tutto automatico, con possibilità di funzionamento in emergenza; compatto, poichè progettato per essere installato in sale macchine di ridotte dimensioni; versatile, essendo disponibile con alimentazione a 24V CC e 230/400V CA.
Per migliorare la propria stabilità, le navi possono imbarcare acque di zavorra che contengono microrganismi, piante e animali marini, che vengono poi trasportati verso altre zone del globo. Le acque di zavorra non trattate e scaricate nel porto di arrivo possono introdurre nuove specie invasive, con effetti devastanti sull’ecosistema locale. La Convenzione internazionale per il controllo e la gestione delle acque di zavorra e dei depositi delle navi (2004) è stata adottata per introdurre a livello globale delle misure rivolte al controllo del trasferimento di potenziali specie invasive, e prevede il trattamento delle acque di zavorra prima di essere scaricate nel luogo di arrivo. In ragione di ciò, Minerva Marine ha deciso di affidarsi a Wärtsilä
www.tecnicomar.it Hi-Tech Ambiente
per le proprie petroliere, dotandole dei sistemi Aquarius di gestione delle acque di zavorra (BWMSBallast Water Management System). L’impianto utilizza un processo bifasico consolidato che comprende il filtraggio e l’elettroclorazione. L’intero sistema è conforme alle direttive ex/atex, requisito fondamentale per le petroliere. <<Questa collaborazione dimostra che il nostro impegno in tema di sicurezza e salvaguardia dell'ambiente suscita molto interesse da parte degli operatori nel campo petrolifero - dichiara Giampiero de Cubellis, general manager di Wärtsilä Services - lavoriamo a stretto contatto con i nostri clienti e il nostro programma di collaborazione BWMS comprende tutti gli stadi, dalla valutazione della flotta alla gestione del suo intero ciclo di vita, cercando di fornire ad ogni cliente il servizio che meglio si addice alle proprie necessità>>.
www.wartsila.com
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SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA Le acque di sentina (ossia i reflui prodotti a bordo delle navi) sono contaminate da idrocarburi, e risultano particolarmente difficili da depurare; ciò in particolare a causa dei sedimenti, ossia le particelle metalliche, sabbia e altre impurità (sia liquide che solide) che si trovano al di sotto della parte oleosa. Grazie a un nuovo processo chiamato AVS (oppure Vortex Layer Device) e prodotto dalla Globe Core, questo problema può essere risolto direttamente a bordo delle navi, impiegando un dispositivo semplice e compatto che può essere facilmente integrato negli impianti esistenti della nave (pompe, serbatoi, tubazioni) senza necessità di apportare sostanziali modifiche. I TRATTAMENTI TRADIZIONALI
L’analisi dei processi di depurazione delle acque di sentina attualmente impiegati in vari Paesi mostra la tendenza verso processi di decantazione, che iniziano con la raccolta delle acque in una vasca di equalizzazione. L’acqua viene poi sottoposta a flocculazione mediante l’aggiunta di solfato o cloruro ferrico, e viene poi inviata in una vasca di flottazione; successivamente viene filtrata in un biofiltro a membrane. Il fango che risulta dal trattamento viene infine raccolto e smaltito mediante incenerimento; l’olio separato, invece, forma un’emulsione acquosa difficile da separare e che, quindi, richiede trattamenti ulteriori, i quali comportano numerosi inconvenienti, quali: processi multifase, costi elevati, notevole impatto ambientale, impiego di agenti chimici costosi, complessi sistemi di filtrazione, relativa lentezza del processo di depurazione.
Sos acque di sentina A bordo delle navi
Un innovativo sistema di depurazione dei reflui oleosi, semplice, compatto e facilmente integrabile
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MULINO ELETTROMAGNETICO A VORTICE STRATIFICATO
Il design di un sistema AVS è simile a quello di un motore a induzione, con una camera al posto del motore. Il componente principale è un induttore, che crea un campo elettromagnetico rotante, che include un nucleo e una bobina a tre fasi. Il campo elettromagnetico resta racchiuso nella camera attiva dell’unità, delimitata da un campo a-magnetico. L’acqua da depurare viene pompata nella camera, che contiene particelle ferromagnetiche, le quali interagiscono con il campo magnetico rotante mediante l’impatto meccanico e termico delle particelle, alterando le caratteristiche fisico-chimiche del materiale da trattare; queste reazioni sprigionano una forte energia e consentono di ottenere la rottura delle emulsioni acqua/olio. Il sistema AVS può essere facilmente integrato nei depuratori fissi già installati nelle aree portuali; esso è in grado di operare con continuità, rimuovendo tutti i residui, con impatti ambientali ridotti e costi contenuti. Inoltre, il fango ottenuto da questo processo può essere convertito in carburante, direttamente riutilizzabile a bordo delle navi: il fango con 80-90% di acqua può essere miscelato con una certa quantità di idrocarburi (petrolio grezzo, residui della produzione di diesel, oli contaminati, ecc.) ottenendo un carburante con il 15-25% di acqua; dopo di che la miscela passa attraverso l’AVS, dando luogo a un carburante liquido con qualità pari o superiori a quelle dell’olio combustibile denso. Se invece il contenuto oleoso nel refluo eccede
SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA i 900-950 mg/litro, un solo passaggio nell’unità non è sufficiente, ma è necessario un trattamento in due fasi. In alternativa, il sistema può essere installato su una bettolina, che raccoglie le acque di sentina da tutte le navi ormeggiate nel porto. I reflui raccolti nel serbatoio della bettolina vengono fatti decantare, poi lo strato superficiale di carburante viene rimosso e la parte acquosa viene trattata con il sistema AVS. E’ stato più volte confermato con prove sperimentali che questo trattamento è in grado di ridurre il contenuto oleoso dei reflui dagli iniziali 9001.000 mg/litro fino a 5-12 mg/litro; con l’aggiunta di un 20-25% di acqua, la concentrazione scende a 1-3 mg/litro. Uno dei quattro serbatoi installati sulla bettolina viene impiegato per la sedimentazione, mentre gli altri servono per la raccolta, nel caso in cui siano presenti nel porto più navi che richiedono la depurazione; effettuando la depurazione a bordo, si elimina la necessità di far fare la spola alla bettolina tra le navi e gli impianti di depurazione del porto, con un servizio più veloce e a costi ridotti. Queste sperimentazioni hanno portato allo sviluppo di processi di decontaminazione delle acque di lavaggio e di sentina delle petroliere e degli impianti per lo stoccaggio dei carburanti sulla terraferma. A tale scopo sono state costruite navi per la raccolta e il trattamento dei reflui, che impiegano diversi processi: si conosce ad esempio un metodo basato sulla sedimentazione delle acque di sentina, evaporazione e incenerimento di fanghi e oli rimanenti nei serbatoi della nave; questo sistema, però, è considerato complicato e pericoloso. Un altro metodo suggerito prevede il
lavaggio dei serbatoi con una miscela detergente contenente olio combustibile e tensioattivi: il lavaggio produce però grandi volumi di reflui, che devono essere depurati, cosa non facile in alto mare. E’ stato suggerito un altro processo per la decontaminazione, basato sull’impiego di due serbatoi vuoti nella nave; dopo il lavaggio delle tanche, l’acqua viene raccolta in uno dei due serbatoi e lì tenuta fino a 5 ore, abbastanza a lungo per separare gran parte dei residui oleosi. L’acqua viene poi decontaminata nell’unità AVS con l’aggiunta di ipoclorito di sodio (NaClO). LA DEPURAZIONE DEI REFLUI SULLE PETROLIERE
Le acque contaminate vengono
pompate all’interno dell’unità AVS, quindi la parte oleosa passa in un serbatoio di sedimentazione, dal quale essa, ormai decontaminata, scende gradualmente in una vasca ove forma uno strato sulla superficie dell’acqua, quasi senza mescolarsi con l’acqua stessa; l’acqua viene poi pompata fuori dalla vasca e inviata all’unità AVS, e lo strato oleoso viene a sua volta pompato nel serbatoio di sedimentazione. Dopo il trattamento AVS, l’acqua viene fatta sedimentare per 2-5 ore, dopo di che diventa sufficientemente pura per poter essere scaricata in mare. I fanghi presenti sul fondo vengono invece pompati nel serbatoio di sedimentazione, dove si mescolano con i residui oleosi. Anche
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questa miscela viene fatta passare nell’unità AVS producendo combustibile per riscaldamento. Prove sperimentali hanno mostrato che questo trattamento ha ridotto il contenuto di residui oleosi nelle acque contaminate da 8-10 mg/l a 0,8 mg/l, ossia al di sotto del limite massimo di concentrazione consentito per lo scarico in mare. Questo sistema non richiede equipaggiamenti aggiuntivi rispetto a quello presente su ogni petroliera, a parte l’unità AVS e le vasche di raccolta, che sono di dimensioni contenute e possono essere ubicate sul ponte della nave. Si tratta quindi di un sistema a ciclo chiuso, rispettoso dell’ambiente e che realizza il riciclaggio completo dei reflui e dei loro componenti.
SPECIALE TRATTAMENTO ACQUE DI SENTINA
Cespi di lattuga, fragole e melagrane stanno nascendo dai sedimenti dragati nel porto di Livorno opportunamente trattati. E’ questa la sperimentazione in atto del progetto Life Hortised, che nasce dall’osservazione di due dati di fatto: lo sfruttamento della torba a fini agricoli è in costante aumento e ciò ha portato alla perdita del 70% delle aree torbiere in Europa negli ultimi 25 anni; la quantità totale di sedimenti contaminati dragati in Europa è pari a circa 200 mln di mc/anno che potrebbero essere utilizzati in agricoltura cambiando le normative e le linee guida europee in campo vivaistico e agricolo. <<Nostro compito – spiega Grazia Masciandaro dell’ISE-CNR, capofila del progetto – è dimostrare che questi sedimenti trattati sono congeniali all’agricoltura dal punto di
PROGETTO HORTISED
Dai sedimenti di dragaggio nascono frutti vista della fertilità e della produttività agronomica oltre che della sicurezza alimentare, in quanto sarà verificata l’eventuale presenza di contaminanti nella pianta e nel frutto e saranno effettuate misure per la caratterizzazione morfologica, biochimica e sensoriale dei frutti>>. In concreto, dell’Ise-Cnr si è concentrata sui fanghi del porto di Livorno dragati e poi trattati per un tempo pari a 18 mesi mediante l’utilizzo di sostanza organica e piante (fitotrattamento). Il sedimento
fitotrattato ha caratteristiche simili ad un suolo ed è stato, pertanto, sperimentato in campo presso l’azienda agricole ed i risultati sono molto incoraggianti, con produzioni medie simili a quelle riscontrate nel terriccio commerciale puro se coltivate in una miscela con il 50 % di sedimento bonificato. Finora non erano state individuate metodologie valide per un uso applicativo dei sedimenti dragati in agricoltura, e quello raggiunto da Life Hortised è dunque un primo importante traguardo. Ora il lavoro
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continuerà, con i ricercatori chiamati ad elaborare linee guida per l’utilizzo sicuro e sostenibile dei sedimenti come componenti dei substrati delle coltivazioni orticole, ma insieme alla scienza è chiamata a intervenire anche la legislazione; la normativa comunitaria vigente non è chiara sulla possibilità di utilizzare i sedimenti dragati trattati come sottoprodotti in agricoltura e i paesi europei si affidano a loro legislazione nazionale quadro o alle disposizioni delle autorità locali.
Stop alle polveri industriali con EcoFog Barra Project International
Impianti di abbattimento dell’emissione polverosa mediante flussi di nebbia regolabili Sempre maggior attenzione viene oggi dedicata alla gestione delle polveri industriali e ad un controllo della loro diffusione in ambiente. Durante la movimentazione del materiale (ad es. carico/scarico camion, cadute in verticale, trasporto su nastri, macinazione, etc.) viene spesso generata polvere che può ridurre la visibilità di zona, rendere l’aria irrespirabile, sporcare ed in-
crostare macchine e utensili, disperdere materiale nell’ambiente, etc. Per risolvere questi problemi e consentire una movimentazione in sicurezza del materiale, Barra Project International ha sviluppato gli impianti EcoFog per la captazione delle polveri. Nella maggior parte dei cicli di lavorazione i materiali trattati sono aImpianto EcoFog zona carico sfuso
sciutti: l’aggiunta di acqua al fine di contenere l’emissione polverosa comporta un aggravio dei costi di produzione ed elevati consumi energetici che si traducono in un danno ambientale. La tecnologia EcoFog consente l’eliminazione sia della necessità di successivi trattamenti di essicazione del materiale sia dei disagi e delle problematiche dovuti alla necessità di smaltimento delle polveri raccolte dai sistemi di filtrazione tradizionali. EcoFog, infatti, genera nebbia mediante micronizzazione di acqua a basse pressioni con l’utilizzo di aria compressa alla pressione di 2-3 bar. La nebbia generata è composta da una miriade di goccioline micronizzate che entrano in contatto con le polveri in modo tale che queste ultime, bagnate ed appesantite, ricadano sul materiale che le ha prodotte legandosi ad esso in forma coesa, senza bagnarlo (l’apporto di H2O è infinitesimale). Un impianto di nebulizzazione EcoFog raggiunge l’obbiettivo di contenere le polveri utilizzando un quantitativo di acqua veramente trascurabile Hi-Tech Ambiente
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in rapporto al risultato raggiungibile: si parla di 20-30 l/h ad una pressione compresa tra 0,2-0,7 bar per un punto di emissione polveri significativo. Il flusso di nebbia prodotto è regolabile e orientabile, può essere fisso (con diffusione ad ombrello/conica/in profondità grazie ai nebulizzatori della variegata gamma AirOX) oppure mobile (sistema DancerFog). AirOX agisce a livello puntuale “aggredendo” i punti critici di formazione polveri. Progettati per l’applicazione in cantiere, gli ugelli AirOX si differenziano in due grandi famiglie AirOX Impact, a nebulizzazione esterna all’ugello, ed AirOX Grc, a nebulizzazione interna all’ugello. DancerFog, sistemi di nebulizzazione rotanti, è ideale per coprire con efficienza ed efficacia spazi aperti. Ideale per l’applicazione sulle linee di lavorazione e trattamento inerti, consente di contenere il numero complessivo di punti di nebulizzazione a copertura dell’area da depolverare. EcoFog può essere installato con facilità direttamente dall’utilizzatore: la componentistica di impianto è infatti estremamente semplice ed altamente adattabile, composta da moduli pre-assemblati componibili e completa di tutti gli accessori di connessine e montaggio. La versatilità di tale impiantistica, la rende idonea alla gestione di materiali altamente volatili: con un apporto dosato di acqua, EcoFog riesce a inumidire il materiale senza bagnarlo, riducendo così l’emissione polverosa durante la movimentazione.
cover story
EcoBlock soluzione vincente Depur Padana Acque
Impianti di depurazione biologici, costruiti in un unico monoblocco cilindrico modulare a sviluppo orizzontale, sono compatti, funzionali e flessibili, in configurazione SBR, MBR e da oggi anche MBBR Sono trascorsi oramai diversi anni da quando Depur Padana Acque ha realizzato il primo impianto di depurazione biologico in versione “monoblocco” mod. EcoBlock, e da allora sono state davvero molte le installazioni di questo genere. E com’era logico
che fosse, innumerevoli sono state anche le esperienze che i tecnici hanno vissuto sul campo e grazie alle quali sono riusciti a migliorare ulteriormente la qualità dei prodotti; ragion per cui l’azienda ritiene sia giunta finalmente l’occasione di presentare
la nuova e definitiva versione degli impianti EcoBlock. Da dove cominciare? Come prima cosa dovremmo forse elencare le principali peculiarità di questi nuovi impianti, ma limitarci a tesserne unicamente le lodi di compattezza, funzionalità e fles-
Impianto biologico a tecnologia MBR Serie EcoBlock, per trattamento reflui da produzioni alimentari installazione presso Rispo Surgelati – Maddaloni (CE) Hi-Tech Ambiente
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sibilità sarebbe riduttivo e, comunque, assolutamente inutile a far comprendere quali sono i veri motivi che ne hanno reso possibile il grande successo, nei più disparati settori industriali. Sapendo, infatti, di rivolgersi ad un pubblico competente e alla continua ricerca di vere novità sul mercato, è sicuramente più proficuo e interessante dettagliare meglio le soluzioni. Innanzi tutto è bene ricordare che gli impianti biologici EcoBlock sono sistemi modulari che possono essere realizzati in configurazione “SBR” (Sequencing Batch Reactor) e “MBR” (Membrane Bio Reactor) e da oggi anche “MBBR“ (Moving-Bed Biofilm Reactor), ed essenzialmente si contraddistinguono da qualsiasi altro impianto per il fatto di essere costruiti in un unico monoblocco cilindrico a sviluppo orizzontale, realizzato in carpenteria e all’occorrenza suddiviso in più comparti: vasca di ossidazione, vasca di denitrificazione e, se richiesto, anche il vano tecnico all’interno del quale potranno trovare alloggio il quadro elettrico generale di comando, le soffianti e/o i compressori di aerazione, i serbatoi dei vari reagenti chimici, ecc. Nel caso degli impianti EcoBlock in versione “MBR”, oltre alle sezioni sopraelencate è previsto an-
che un vano attrezzato con membrane d’ultrafiltrazione di tipo piano. La scelta di equipaggiare tali impianti con membrane di tipo piano, va interpretata come la logica conseguenza degli eccellenti risultati conseguiti sul campo e frutto di innumerevoli sperimentazioni e confronti con ogni altro genere di membrane presente sul mercato; il tutto volutamente condotto in condizioni operative che definire gravose sarebbe poco. Stiamo infatti parlando di impianti biologici (talvolta abbinati a sezioni di pre-trattamento chimico fisiche con flottatore, per rimozione dei grassi e solidi in sospensione), dedicati alla depurazione di reflui provenienti da realtà industriali più o meno complesse del comparto industriale in genere, delle lavanderie industriali e tutto il settore agroalimentare e vini/bevande. Una delle più importanti peculiarità che rende vincenti gli EcoBlock agli occhi di un pubblico attento alle novità, è rappresentata dal fatto di costituire una soluzione “pronta all’uso”, ovvero completa di tutti i necessari collegamenti elettrici, idraulici e pneumatici, tant’è che il collaudo funzionale viene effettuato direttamente presso le officine Depur Padana Acque, al termine delle attività di assemblaggio dei vari componenti.
Impianto biologico a tecnologia MBR Serie EcoBlock, per trattamento reflui da lavorazioni vitivinicole installazione presso Cantina Colline del Chianti – Poggibonsi (SI)
La successiva installazione sul campo risulta quindi estremamente semplice e veloce, riducendo al minimo il rischio di imprevisti e richiedendo per la messa in opera la sola predisposizione di un adeguato piano di appoggio. Tutto questo determina tempi di
realizzo, messa in marcia ed entrata a regime estremamente brevi. Infatti, dopo la posa del manufatto, l’impianto risulta già pronto per ricevere i primi reflui e cominciare a depurarli. Un altro grandissimo vantaggio degli impianti EcoBlock è costituita dal fatto di risultare modula-
Impianto biologico a tecnologia MBR Serie EcoBlock, per raddoppio potenzialità impianto biologico tradizionale esistente – installazione presso YMA Industrie Meridionali Alimentari – Pignataro Maggiore (CE) Hi-Tech Ambiente
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bili e, dunque, potenziabili mediante inserimento di ulteriori blocchi aggiuntivi, anche in fasi successive rispetto alla prima installazione. Sono infatti rappresentativi i casi in cui si è reso necessario, ad esempio, ampliare i volumi d’ossidazione, in seguito a progressivi incrementi produttivi dell’azienda utilizzatrice, con conseguenti maggiori quantitativi di reflui da trattare giornalmente o, piuttosto, la necessità di migliorare la qualità dell’effluente depurato, trasformando un EcoBlock inizialmente progettato in versione SBR, in un impianto MBR con membrane d’ultrafiltrazione, o in MBBR. Altra importante caratteristica dei sistemi EcoBlock è la possibilità di essere disinstallati e rimossi con estrema semplicità; vantaggio non da poco per tutte quelle attività che, ad esempio, utilizzano locali in affitto e perciò non vogliono o non possono realizzare importanti opere edili (leggasi realizzazione di vasche e/o locali tecnici in cemento armato) o per chi, più in generale, avvertendo la necessità di cambiare sede vorrebbe spostare, insieme all’attività, anche il proprio impianto di depurazione.
RIFIUTI T R A T T A M E N T O
E
S M A L T I M E N T O
La bioraffineria lignocellulosica Progetto BioSonic
La massima valorizzazione delle biomasse mediante un sistema a ultrasuoni che separa le tre componenti del legno in modo efficiente, ecologico e rapido
Oggi i prodotti ottenibili dai residui lignocellulosici hanno un valore intorno a 50 euro/ton e questo perché le tecnologie attuali sfruttano solo la componente cellulosica, in quanto le altre due componenti (emicellulosa e lignina) vengono degradate dalle condizioni di temperatura e pressione, oppure dalle sostanze chimiche utilizzate nella produzione di pasta cellulosica. Ebbene, lo sviluppo di processi che riescano a separare cellulosa, emicellulosa e ligni-
na senza significativi effetti di degradazione, in modo da ottenere la massima valorizzazione da ciascuna frazione, è proprio l’obiettivo del progetto BioSonic (Novel mobile sonification process for local valorisation of lignocellulosic materials to produce valuable chemicals). In prospettiva, questo dovrebbe condurre alla realizzazione di “bioraffinerie lignocellulosiche”, che porterebbero il valore dei prodotti ottenibili dal legno fino a 500 euro/ton. Il
mezzo per ottenere questi obiettivi è un sistema a ultrasuoni, capace di separare le 3 componenti in tempi inferiori a 30 minuti, operando a temperatura sotto i 100 °C e a pressione minori di 5 bar. RISULTATI DEL PROGETTO: L’IMPIANTO PILOTA
Nel quadro del progetto è stato realizzato un impianto pilota, con capacità 50 kg/ora. L’impianto viene
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alimentato con residui come legname di scarto, residui di attività forestali, tutoli di mais, residui della lavorazione della canna da zucchero o della palma da olio; questi materiali vengono miscelati e ridotti in particelle di circa 2 mm. In questa fase si aggiungono acqua, acidi organici e uno speciale solvente, ottenendo una sospensione, che viene alimentata al reattore di trattamento ultrasonico. Questo reattore, sviluppato dalla ditta inglese Bio-Sep, è il cuo-
re del processo: l’energia degli ultrasuoni distrugge la struttura delle fibre legnose, consentendo di separare successivamente i diversi componenti. Dopo il trattamento con ultrasuoni la sospensione viene centrifugata, ottenendo una frazione liquida e una parte solida; quest’ultima contiene la cellulosa, mentre la lignina e gli zuccheri a 5 e 6 atomi di carbonio derivanti dalla cellulosa si concentrano nella parte liquida. Questa viene trattata in diversi passaggi, in modo da recuperare il solvente e gli acidi organici, che vengono riciclati nella fase iniziale di miscelazione; dalla frazione liquida si ricava la lignina (in quantità corrispondente a circa il 24% del materiale in entrata) e gli zuccheri derivati dall’emicellulosa, in quantità corrispondente a circa il 22%. La frazione solida viene lavata con acqua e filtrata, ottenendo cellulosa, in quantità di circa il 66%. Il processo è semplice, non utilizza sostanze nocive e può essere realizzato in forma modulare o ampliata, fino a 50.000 ton/anno; nel corso del progetto sono stati eseguiti i calcoli per un impianto mobile da 500 kg/ora, con potenza sonica di 1.000 kW e costi intorno a 750.000 euro (considerando la produzione in serie). PROSPETTIVE DI MERCATO
L’impianto può essere realizzato in piccola scala e in forma modulare, ma anche come impianto mobile, così da sfruttare in modo ottimale le risposte locali, evitando i costi economici e ambientali connessi al trasporto su lunghe distanze. I prodotti ricavabili dal processo BioSonic trovano collocazione in mercati ad alto valore aggiunto, fino a 10 volte il costo della biomassa legnosa in entrata. La cellulosa ha un mercato mondiale di quasi 6 miliardi di euro; può essere utilizzata nella produzione di carta, di prodotti per l’igiene personale, di materiali isolanti e come materia prima per la produzione di intermedi chimici e biocarburanti (bioteanolo). La lignina ha un mercato mondiale di circa 1,4 miliardi di euro; viene usata come combustibile solido, come biopolimero con funzioni di legante e modificatore della cristallinità, come precursore di sostanze fenoliche e come possibile fonte di fibre di carbonio. L’emicellulosa ha un mercato mondiale di circa 1,4 miliardi di euro, soprattutto come materia prima per
la produzione di monosaccaridi a 5 o 6 atomi di carbonio per usi dietetici e farmaceutici. Gli oligosaccaridi della cellulosa sono usati nella produzione di rivestimenti e di sostanze stabilizzanti; una possibile fonte di profitto è costituita dalla produzione a basso costo di sostanze intermedie, come i lignosulfonati. Complessivamente si stima che l’impianto potrebbe fornire un profitto lordo di 200 euro/ton di materiale legnoso in entrata; un impianto
di maggior scala potrebbe dare un profitto di 430 euro/ton. Impianti realizzati secondo il progetto BioSonic consentirebbero la valorizzazione di residui che attualmente vengono bruciati o avviati in discarica, come cortecce, segatura e simili. La richiesta di manodopera va da 2 a 6 persone per ogni impianto, secondo le dimensioni, più la manodopera richiesta per la raccolta e il trasporto dei residui legnosi.
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Su scala europea, da 150.000 ton di residui legnosi disponibili ogni anno si potrebbero ricavare 85 milioni di euro. Anche tenendo conto delle prevedibili difficoltà iniziali di ogni nuova tecnologia e dalla necessità di ammortizzare gli investimenti, è prevedibile nei primi 5 anni un profitto di circa 30 milioni di euro, del quale potrebbero beneficiare una quantità di piccole e medie industrie, con la creazione di circa 500 nuovi posti di lavoro.
Per quei comuni che effettuano la raccolta porta a porta dei rifiuti, un esempio su tutti in vista dell'introduzione della tariffa puntuale sulla raccolta degli indifferenziati, è quello del Comune di Cascina, in provincia di Pisa, che applicherà tale tariffa a partire dal 2019. Ebbene, recentemente ai cittadini cascinesi è stato spedita una busta con l'etichetta elettronica (il cosiddetto “tag”) da applicare sul contenitore grigio dei rifiuti indifferenziati. Ogni tag adesivo ha un codice
INCENTIvARE LA RACCOLTA
Un tag all'indifferenziato stampato che identifica in maniera univoca ogni utenza e il rispettivo contenitore. Poiché la tariffa puntuale si basa sul numero di svuotamenti del mastello, ogni volta che una famiglia esporrà il contenitore fuori dalla porta l'addetto al ritiro registrerà il codice
univoco contenuto nel tag adesivo che identifica l'utenza. Dal momento che questa operazione comincerà ad essere effettuata, i rifiuti indifferenziati collocati fuori dal contenitore taggato non saranno più raccolti e i contenitori senza tag non saranno svuotati. Ogni utenza domestica avrà a disposizione 40 svuotamenti all'anno e ogni svuotamento in più sarà addebitato a conguaglio nella bolletta Tari. <<Con la tariffa puntuale sull'in-
differenziato otteniamo diversi benefici - spiega Luciano Del Seppia, assessore all'ambiente di Cascina – perché i cittadini saranno incentivati a non gettare nell'indifferenziato rifiuti che invece dovrebbero essere gettati nell'organico o nel multimateriale leggero e avranno interesse a svuotare il mastello dell'indifferenziato solo quando questo sarà pieno, per risparmiare sulla bolletta. Il ritiro del rifiuto organico, della carta e del multimateriale non sarà a tariffazione puntuale, per cui risulterà più conveniente accrescere queste frazioni di raccolta differenziata. Ciò farà aumentare la percentuale e la qualità dei rifiuti differenziati, agevolandone il riuso, il recupero o lo smaltimento>>.
TECNOLOGIA IONIQA
Il PET impuro trasformato Il PET (polietilentereftalato) è una plastica ampiamente utilizzata e che ha innumerevoli usi: dalle imbottiture dei vestiti ai più svariati imballaggi, ma solo una piccola percentuale di esso viene riciclata, il resto finisce negli inceneritori, in discarica o nell’ambiente. Il motivo principale per il quale il PET non viene riciclato è l’assenza di specifiche infrastrutture per raccogliere e smistare gli scarti plastici. Alcuni tipi di plastica PET possono essere raccolti, lavati, lavorati e trasformati in qualcos’altro (vedi le bottiglie di acqua che diventano caldi maglioni di pile). Ma ciò non vale per la plastica colorata o quella contaminata dagli alimenti, poiché, ad oggi, risulta molto difficile eliminare le tracce di colore o residui di cibo da essa. Tra le tante realtà che impiegano il PET vi è, ad esempio, Unilever, che utilizza il PET per realizzare contenitori per condimenti, bevande e prodotti per la cura della casa e della persona. Con lo scopo di incrementare il riciclo di questa plastica, Unilever sta collaborando l’azienda olandese Ioniqa, che ha sviluppato una tecnologia che impiega un Hi-Tech Ambiente
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catalizzatore magnetico brevettato per portare il PET al livello molecolare, ossia a livello originale. In questo modo è possibile rimuovere le tracce di colore e le impurità da qualsiasi tipo di rifiuto PET e, quindi, trasformarlo in plastica PET pura, pulita e trasparente, pronta per un nuovo utilizzo. È pertanto possibile, giusto per dare un’idea, ottenere una bottiglia di plastica trasparente da una giacca composta da fibre PET. E il grande vantaggio è che questo processo può essere ripetuto infinite volte.
BIOMASSE & BIOgAS B I O M A S S A
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B I O g A S
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B I O M E TA N O
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C O g E N E R A z I O N E
Hera investe in biometano Proseguono i lavori a Bologna
Impiegate 100.000 ton/y di rifiuto organico e 35.000 ton/y di potature da differenziata, con una produzione di circa 7,5 mln di mc In uno scenario di transizione verso fonti pulite di energia ed economia a basse emissioni, già nel 2017 la multiutility ha superato il 72% di energia elettrica e il 58% di energia termica prodotte da fonti rinnovabili e cogenerazione. In
questa direzione va anche il progetto Biometano, che prevede la produzione di gas metano da fonti rinnovabili grazie alla conversione dei rifiuti organici differenziati in biometano, attraverso la biodegradazione anaerobica presso l’im-
pianto di compostaggio di Sant’Agata Bolognese. Il processo è l’evoluzione dell’attività di produzione di biogas, che Hera conduce da anni gestendo discariche e biodigestori (stazioni di compostaggio anaerobico), finalizzata alla produ-
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zione di energia elettrica. L’impianto, infatti, prevede la raffinazione del biogas in biometano utilizzabile per il consumo domestico o come carburante per veicoli a metano privati o per il trasporto pubblico locale.
Il nuovo biodigestore sarà in grado di trattare annualmente 100.000 ton di rifiuto organico e 35.000 ton di potature da raccolta differenziata, con una produzione annuale stimata di circa 7,5 mln di mc di biometano e circa 20.000 ton di compost. I vantaggi ambientali sono notevoli: si eviterà l’utilizzo di 6.000 ton/anno di petrolio e di emettere in atmosfera 14.600 ton di CO2. Un ulteriore aspetto positivo dal punto di vista ambientale è collegato all’utilizzo del suolo, dato che si interviene riconvertendo e ammodernando un impianto già esistente e quindi senza consumo di terreno vergine. L’impatto acustico e odorigeno verso l’esterno sarà ridotto poiché le lavorazioni saranno all’interno dei fabbricati e verranno potenziati gli attuali sistemi di trattamento dell’aria; anche i rifiuti totali in ingresso sono minori rispetto all’attuale situazione, con una riduzione del traffico in ingresso. La realizzazione dell’impianto è iniziata a marzo 2017 e il primo biometano potrà essere distribuito in rete entro la fine del 2018. Oltre a questo nuovo impianto, Hera ha iniziato una ricerca mirata all’analisi delle tecnologie per pro-
durre biocombustibili avanzati, come bioetanolo e biometano, attraverso il trattamento di sfalci e potature, quindi senza sottrarre terreni utilizzabili per l’alimentazione umana o animale. I test svolti nel 2017 hanno prodotto risultati positivi per quanto riguarda la produzione di biometano da sfalci, mentre l’ipotesi legata alla produzione di etanolo è stata scartata a causa della bassa resa. Al momento sono in corso ulteriori test che dovranno fornire le necessarie conferme sulla producibilità di biometano e sulla fattibilità tecnico-economica di un impianto da realizzare in futuro. Questi interventi miglioreranno il profilo rinnovabile della produzione di Hera. Nel 2017 l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e cogenerazione è stata pari al 72,4%, con una quota del 35% da sole fonti rinnovabili. L’energia termica da fonti rinnovabili ha raggiunto il 21,3% (in aumento del 7,8% in seguito alla maggiore energia prodotta dai termovalorizzatori e all’aumento della produzione di energia termica da cogenerazione del biogas generata dai depuratori), mentre il 37% deriva dalla cogenerazione, un sistema a elevata efficienza energetica.
BioBang: più resa in biogas Three Es
La cavitazione controllata converte tutto il potenziale metanigeno della biomassa
Per aumentare la produzione di biogas e biometano e ridurre il carico giornaliero delle biomasse, la soluzione arriva da Three Es che propone BioBang, un innovativo cavitatore in fase di brevetto, efficace ed efficiente, che trasferisce il 100% di energia, cavita, disgrega e liquefà definitivamente tutte le biomasse, anche quelle a basso costo, per una digestione istantanea negli impianti anaerobici. Il cavitatore agisce aumentando il risparmio energetico della miscelazione perché riduce drasticamente la viscosità delle biomasse. Inoltre, aumenta la digeribilità delle fibre a basso costo e riduce la ritenzione delle biomasse. Grazie alla cavitazione controllata, quindi, non si avranno più criticità idrauliche o il rischio di sedimentazione che riducono nel tempo il volume della produzione nel digestore. Non sarà più nemmeno necessario fermare l’impianto perchè BioBang migliora la fluido-dinamica di Hi-Tech Ambiente
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tutto il sistema. E’ inoltre dotato del tecnologico sistema Automatic Autocleaning Restarting (AAR) che risolve automaticamente e in assoluta autonomia qualsiasi interruzione di flusso delle biomasse al suo interno. Tre le soluzioni possibili, con potenze a partire da 7,5 kW: BioBang al carico, da collegare alla tramoggia di carico e al digestore dell'impianto biogas o biometano; BioBang in ricircolo, da collegare in by-pass al digestore primario dell’impianto biogas o biometano; BioBang in trasferimento, da collegare tra una vasca/digestore e un digestore secondario dell'impianto biogas o biometano. BioBang in sintesi può essere così riassunto: consente risparmi di oltre il 20% di alimentazione; migliora più del 50% la miscelazione; utilizza il 100% di biomasse difficili a basso costo; i suoi consumi sono a partire da 2 kW/mc a seconda della cavitazione controllata che si vuole fare; si installa su impianti dove è possibile recuperare dal 15% in sù di efficienza.
DESOTEC
I filtri mobili a carboni attivi
Al fine di convertire biogas in elettricità, in un fonte di calore riutilizzabile o in biometano, il biogas deve prima essere purificato. In tal modo si evitano problemi con il motore del generatore ed è possibile raggiungere una qualità del gas superiore ai 99% CH 4, il che rende il gas idoneo per l’iniezione nella rete di meta-
no. Generalmente, i componenti tipici da eliminare sono H2S e silossani, normalmente presenti in gas di discarica, o H2S e terpeni da gas di fermentazione. Per soddisfare tutte queste sfide Desotec offre un pacchetto personalizzato con immediata disponibilità: filtri mobili a carbone attivo. Inoltre, ha sviluppato una raccolta di prodotti di assorbimento al top della gamma che massimizzano la performance e quindi tengono i costi al minimo. Due le tipologie di carbone attivo proposte per il trattamento del biogas: carbone attivo non impregnato di diverse qualità per la rimozione di silossani e COv (per esempio terpeni) e carbone attivo impregnato e catalitico per la rimozione di H2S o NH3. Si tratta di prodotti studiati per attività volumetrica elevata (kg zolfo/mc AC) e pertanto presen-
tano una bassa frequenza di sostituzione e minori costi per peso di H2S rimosso. Sono adatti per il trattamento di flussi di biogas da 50 mc/h a 4.000 mc/h per singolo filtro. La serie di filtri mobili a carbone attivo di Desotec rappresenta una soluzione facile da usare (plugand-play). Sono unità piccole e compatte studiate per trattare un’ampia gamma di flussi e concentrazioni.
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Offerti con contratti di noleggio giornaliero, questi filtri vengono consegnati in loco, non hanno alcun costo di manutenzione e sono soggetti a continui nuovi sviluppi e miglioramenti. Oltretutto, Desotec offre soluzioni di riciclaggio del carbone attivo esausto proveniente da impianti di trattamento del biogas nei propri forni e in altri impianti di recupero.
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energia
L’uso dell’energia geotermica Linee guida ministeriali
Questo tipo di sfruttamento energetico passa attraverso diverse fasi, ognuna delle quali richiede un accurato monitoraggio Le “Linee Guida per l’utilizzazione della geotermia a media e alta entalpia” pubblicate dalla Direzione Generale delle Attività Minerarie ed Energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico, hanno lo scopo di delineare gli indirizzi tecnici specifici per l’utilizzo in sicurezza dell’energia geotermica. Il documento si applica sia alle attività geotermiche ordinarie (di competenza regionale) sia agli impianti pilota sperimentali (di competenza statale). Lo sfruttamento dell’energia geotermica passa attraverso diverse fasi, che sono: ricognizione preliminare, esplorazione di superficie, perforazione, studio di fattibilità. In tutte queste fasi è necessario un accurato monitoraggio, allo scopo di garantire la tutela del suolo e delle risorse idriche, la qualità dell’aria, il controllo del campo geotermico, della microsismicità, della subsidenza e delle pressioni di poro. Infine, occorrono procedure specifiche per il riconoscimento di impianto pilota sperimentale per la produzione di energia elettrica. RICOGNIZIONE PRELIMINARE
Lo scopo di questa fase è accertare
se la zona di interesse possiede le condizioni e le caratteristiche geologiche idonee per un possibile rinvenimento di risorse geotermiche utilizzabili; in caso positivo, occorre verificare la possibilità di ottenere i necessari permessi e stabilire le modalità di sfruttamento dell’energia prodotta. ESPLORAZIONE DI SUPERFICIE
Si tratta di una fase propedeutica a quella di perforazione ed è quindi diretta a ottenere tutte i dati e le informazioni possibili circa il sistema geotermico (temperatura,
profondità, estensione, permeabilità), per mezzo dell’esplorazione del suolo e del sottosuolo, condotta mediante: - indagini geologiche, poiché in mancanza di dati sufficienti ricavabili da precedenti prospezioni o perforazioni, è opportuno che le società richiedenti predispongano studi geologici e idrogeologici, diretti a delineare un quadro geologico e sismotettonico dettagliato dell’area interessata - indagini geochimiche, che consistono nella raccolta e analisi chimico-fisica di campioni prelevati da sorgenti termali superficiali, comprendenti la determinazione di
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parametri fisici (conducibilità e temperatura) e chimici (pH e alcalinità) - indagini geofisiche, ossia indagini dirette ad individuare la struttura geologica del sottosuolo fino a chilometri di profondità, e la definizione dei volumi di roccia interessati dalla circolazione di fluidi meteorici, falde acquifere e fluidi geotermici. I risultati di tali indagini si raccolgono in uno studio di prefattibilità, che costituisce un modello previsionale di possibile sviluppo del progetto, ed è quindi lo strumento decisionale fondamentale: nel caso in cui le informazioni acquisite
non rivelino sufficienti elementi favorevoli, la conclusione dello studio potrà essere di sconsigliare la prosecuzione del progetto e i relativi investimenti.
ne viene eseguita con molta cautela, utilizzando come fluido un fango pienamente compatibile con l’ambiente, composto esclusivamente da bentonite, acqua di caratteristiche controllate ed eventualmente additivi comunque non inquinanti. Una volta effettuata la cementazione della tubazione, si realizza un isolamento idraulico tra il pozzo e il terreno circostante, in modo da
PERFORAZIONE
Sulla base dell’informazioni raccolte e riassunte nello studio di prefattibilità, viene stabilito il disegno, la posizione e la profondità dei pozzi; con la perforazione si ottengono le prime informazioni dirette sulle caratteristiche del serbatoio geotermico (temperatura, profondità, ecc.) e sulle formazioni geologiche interessate, in base alle quali effettuare una prima valutazione (sebbene provvisoria) sulla quantità di energia potenzialmente recuperabile. Talvolta non è possibile stabilire la posizione ottimale dei pozzi, a causa di fattori di incertezza circa le caratteristiche del sottosuolo. In questi casi è opportuno realizzare degli “slim holes”, ossia dei pozzi di diametro minore rispetto ai pozzi geotermici tradizionali, che presentano una serie di vantaggi (un costo inferiore di circa il 30%, minor impatto ambientale, costi operativi contenuti, facilità di gestione e controllo del pozzo) e che consentono di raccogliere informazioni sulla geologia del sottosuolo e sul serbatoio. Si arriva quindi alla perforazione dei pozzi geotermici veri e propri, effettuata attraverso una sequenza di fasi di perforazione articolate e coordinate, ciascuna delle quali è caratterizzata da un certo diametro dello scalpello (ossia l’utensile che, collegato alle aste di perforazione, sgretola la roccia ed esegue la perforazione). Durante la perforazione viene pompato verso il basso, all’interno cavo delle aste di perforazione, un fluido di perforazione, che fuoriesce dallo scalpello e risale lungo la superficie esterna di esse. In genere esso è costituito da una miscela additivata di acqua/bentonite. Ad intervalli di profondità prestabiliti, si procede al rivestimento del pozzo mediante l’inserimento di tubi in acciaio, e alla successiva cementazione dell’intercapedine tra essi e la parete del pozzo, mediante il pompaggio di malta cementizia. Durante la prima fase della perforazione è possibile che vengano intercettate falde acquifere superficiali: in questo tratto la perforazio-
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L’uso dell’energia geotermica impedire qualsiasi contaminazione del terreno e delle falde da parte dei fluidi di circolazione. STUDIO DI FATTIBILITA’
I risultati dei primi pozzi esplorativi, dei diversi studi e prospezioni di dettaglio, delle analisi di laboratorio e di eventuali “slim holes” consentono di valutare il potenziale energetico della zona di studio, fare il bilancio previsionale e delineare infine il Progetto di Sviluppo del campo, che indica la tipologia di impianti, le tecnologie necessarie per produrre energia elettrica e/o per possibili usi diretti del calore geotermico a valle, e il relativo piano di investimenti. Dal punto di vista autorizzativo, il Piano dovrà essere sottoposto alla procedura di valutazione di Impatto Ambientale (vIA), che prevede la produzione di uno Studio di Impatto Ambientale con le misure di prevenzione o mitigazione previste, uno studio di accettabilità so-
ciale e un’analisi volta alla quantificazione delle “esternalità” (costi e benefici esterni) del Progetto di sviluppo. MISURE DI TUTELA AMBIENTALE
Al fine di tutelare il suolo e le ri-
sorse idriche, è necessario procedere a un monitoraggio continuo del suolo, delle acque di falda e delle acque superficiali, per controllare l’eventuale insorgenza di anomalie, verificarne i potenziali effetti ambientali e il possibile nesso di causalità rispetto alle diverse fasi dell’attività di ricerca e sfruttamento della risorsa geotermica. Monitoraggio del suolo. Il controllo dei terreni è volto principalmente alla ricerca della presenza di arsenico (As), antimonio (Sb), mercurio (Hg), boro (B); tale lista può essere modificata o integrata in base alle caratteristiche dell’area. Il monitoraggio viene effettuato raccogliendo e analizzando campioni di terreno a diverse distanze dall’area dell’impianto (in genere 100, 250 e 500 m.). Controllo delle deposizioni atmosferiche. Sebbene la produzione di energia geotermica non causi emissioni dirette di NOx, SO 2 e particolato solido primario, alcuni elementi inquinanti possono essere presenti nel particolato secondario e nel drift (cioè l’aerosol emesso dalle torri di raffreddamento degli impianti a reimmissione parziale). Il controllo viene in genere effettuato installando almeno un deposimetro a distanza di 500 m dall’impianto; gli inquinanti monitorati devono essere definiti in base alle caratteristiche dell’area geotermica di riferimento, e di norma includono Hg, As, Sb, B e ammoniaca (NH3). Monitoraggio chimico-fisico dell’acquifero freatico e delle ac-
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que superficiali. Oltre al monitoraggio di livello, l’Autorità competente potrà anche richiedere, qualora ritenuto necessario, un monitoraggio chimico-fisico dell’acquifero freatico, le cui modalità saranno stabilite dai competenti organi di controllo. Emissioni inquinanti. Le emissioni inquinanti delle centrali geotermiche tradizionali (che non prevedono la reimmissione integrale dei gas nel serbatoio) sono costituite principalmente da acido solfidrico (idrogeno solforato), che è altamente tossico per l’uomo, oltre ad essere dannoso per le piante. Altri inquinanti monitorati nelle aree geotermiche sono Hg, As, B, Sb, NH3. Per gli impianti a totale reiniezione del fluido geotermico ed assenza di emissioni di processo in atmosfera, a regime non sono previsti effetti ambientali della coltivazione geotermica sulla componente atmosfera. Piano di monitoraggio e controllo (PMC). Per gli impianti che prevedono il rilascio anche minimo di fluidi geotermici in atmosfera, il piano di monitoraggio dovrà necessariamente prevedere stazioni di monitoraggio in continuo dell’idrogeno solforato (H 2S) e campagne di misura per i parametri caratteristici dell’area (almeno Hg, As, B, Sb, NH3). Può essere prevista anche la misurazione del radon (Rn). MONITORAGGIO DEL CAMPO GEOTERMICO
Sono applicabili, in via sperimentale, le conclusioni del documento del 24/11/2014, pubblicato sul sito della DGS-UNMIG del Ministero dell’Economia e intitolato “Indirizzi e linee guida per il monitoraggio della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro nell’ambito delle attività antropiche”. In particolare: il monitoraggio sismico è diretto a individuare e localizzare la sismicità nell’area interessata, e deve consentire di seguire l’evoluzione spazio-temporale-magnitudo della sismicità, al fine di rimodulare (o eventualmente sospendere) le attività; il monitoraggio della subsidenza intende identificare eventuali fenomeni di deformazioni del suolo legate alle attività, per misurarne e analizzarne le variazioni spaziotemporali.
macchine & strumentazione
La pressione ad alta precisione Trasmettitori Keller
I trasmettitori di pressione piezoresistivi di Keller sono omologati per l’impiego in aree con condizioni di rischio di gruppo I (industria mineraria) e II (applicazioni industriali), dove è presente un elevato rischio di esplosioni. Si tratta della serie 33 X Ei, 35 X Ei, 36 XW Ei e PD-33 X Ei. Questa serie è dotata di un sistema di valutazione elettronica basato su micro-controllori per garantire la massima precisione. Ogni trasmettitore è calibrato lungo l’intero campo di variazione della pressione e della temperatura. Questi dati di misurazione sono utilizzati per elaborare un modello matematico che permette di correggere tutti gli errori sistematici. In questo modo, Keller può garantire una precisione elevata su una fascia di errore compresa all’interno del campo di variazione della pressione e della temperatura, il quale è compensato complessivamente. Per i trasmettitori industriali sono disponibili due campi di temperatura compensati, in base all’opzione 10/80 °C oppure 10/40 °C. Le sonde di livello sono calibrate soltanto nel campo di temperatura 0/50 °C. Il valore della pressione calcolata si può leggere tramite l’interfaccia e allo stesso tempo è elaborato come
segnale analogico. L’interfaccia è costituita da un robusto semi-duplex RS485 per 9.600 e 115.200 baud. Può essere impiegata per implementare sistemi bus con 128 coutenti e linee di lunghezza fino a 1.400 m.
Tutti i prodotti, ad eccezione della versione con la presa DIN 43650, sono dotati di una piastra passante esterna per l’interfaccia. Protocollo di comunicazione: Bus Keller e Modbus RTU. Con il software CCS30 è possibile confi-
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gurare i trasmettitori e salvare i valori di misurazione: - lettura dei valori misurati correntemente per la pressione e la temperatura, con la massima risoluzione, e con velocità a 115.200 baud, fino a 330 valori misurati al secondo (compatibilmente con il convertitore) - richiamo delle informazioni e dello stato (campi di pressione e temperatura, codice seriale, versione del software, ecc.) - riprogrammazione dell’uscita analogica (ad es. differenti unità di misura o campi di pressione) - calibratura: con possibilità di regolare il punto zero e l’amplificazione - elaborazioni particolari, come ad esempio l’adattamento di una curva non lineare o il calcolo della radice per i flussi - possibilità di regolare il filtro passa-basso e i parametri di comunicazione.
Ridurre i consumi delle pompe Come fare?
Per ottenere significativi risparmi energetici è utile installare motori sincroni a riluttanza e azionamenti a velocità variabile Le pompe centrifughe per il sollevamento e il trasporto delle acque sono presenti in moltissime industrie, oltre che negli impianti di depurazione e nelle reti idriche di servizio pubblico. Si stima che l’energia consumata in Europa per azionare questo tipo di pompe ammoniti a oltre 120 TWh/anno (corrispondenti all’emissione in atmosfera di circa 55 M ton di CO2); pertanto, miglioramenti an-
che modesti nell’efficienza dei sistemi di pompaggio comportano notevoli benefici ambientali. Per questo motivo, fin dal 2012 l’Unione Europea ha stabilito specifiche minime di efficienza idraulica, emanando il Regolamento 547/2012/UE. La seconda fase di questo regolamento è entrata in vigore all’inizio del 2015; le nuove pompe, marcate CE e costruite secondo quanto prescrit-
to dal suddetto regolamento, costituiscono un notevole passo avanti nella riduzione dei consumi energetici. GLI AZIONAMENTI A VELOCITA’ VARIABILE
Un sistema di pompaggio ottimizzato può consentire risparmi energetici fino al 70%; di questi, più di metà sono ottenibili con l’uso
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di pompe di nuova generazione e con l’ottimizzazione dei sistemi meccanici, ma la rimanente parte si ottiene operando sul “versante elettrico”. Una prima misura è il ricorso a motori aventi un’elevata classe energetica (IE 4 secondo la norma IEC 60034-30-1); ma risparmi ancora più consistenti, dal 30 al 40% dell’energia complessivamente richiesta dal sistema moto-
re-pompa, possono essere ottenuti mediante gli azionamenti a velocità variabile. Tradizionalmente, le pompe sono azionate da motori elettrici a velocità fissa e l’adeguamento della portata al volume di mandata richiesto dalla rete viene ottenuto da dispositivi di controllo meccanici, come valvole di regolazione o valvole di strozzamento. Questo sistema è costruttivamente semplice e facile da controllare, ma è sostanzialmente inefficiente: è come se facessimo andare la nostra auto al massimo numero di giri, controllando la sua velocità solo con il pedale del freno. Gli azionamenti a velocità variabile adeguano automaticamente la frequenza e la tensione di alimentazione in funzione delle esigenze del processo, lavorando senza perdite significative e ottimizzando il prelievo di energia dalla rete. In un tipico controllo mediante valvole, il sistema richiede una potenza di ingresso uguale a 2,81 volte la potenza utile in uscita; mentre con l’azionamento a velocità variabile il fattore si riduce a 1,58. Oltre al risparmio energetico, si ottengono altri benefici collaterali, come riduzione nei costi di manutenzione ed eliminazione dei colpi d’ariete e dei fenomeni di cavitazione. Un altro vantaggio ancora è la possibilità di mantenere in esercizio i motori di classe IE 2, che a decorrere dal 1/1/2017 dovrebbero essere stati eliminati e sostituiti con motori di classe almeno IE 3. Tra gli esempi riporta-
ti nella pubblicazione Anie “Guida Tecnica-Sistemi di azionamento per l’efficienza energetica” si possono citare: - una stazione di pompaggio di liquido di raffreddamento, installata in uno stabilimento di produzione di autovetture. La stazione è provvista di 5 pompe centrifughe, azionate da altrettanti motori elettrici da 55 kW ciascuno. La sostituzione dei limitatori di efContinua a pag. 42
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ha consentito di ridurre i consumi energetici del 30%.
Ridurre i consumi delle pompe
MOTORI SINCRONI A RILUTTANZA
flusso e delle valvole di strozzamento con azionamenti a velocità variabile ha consentito risparmi di 96.000 euro/anno - una stazione elevatrice di un acquedotto, dotata di 2 pompe da 75 kW ha installato un sistema di controllo multipompa, una funzione di scambio di priorità delle pompe e un sistema di calcolo e controllo della portata. Il sistema è programmato in modo da far funzionare la pompa da 37 kW nelle ore notturne, quando il consumo di acqua è basso; mentre di giorno subentrano le due pompe da 75 kW. Il sistema
I motori sincroni a riluttanza, in particolare del tipo senza magneti permanenti, presentano interessanti caratteristiche sia dal punto di vista dei costi che del rendimento energetico. L‘assenza di magneti permanenti consente di ridurre i costi e l’impatto ambientale in fase di produzione, evitando la dipendenza dalla fornitura di elementi delle “terre rare”; la mancanza di avvolgimenti sul rotore ha come conseguenza un abbassamento delle perdite e una riduzione delle temperature di esercizio; la relativa
XyLEM
La Smart Pump di Lowara La traduzione italiana di smart è intelligente, ma la nuova gamma di pompe Lowara con il nome di Smart Pump è ben più che intelligente. In un momento in cui tutte le nuove normative incentivano i produttori a progettare e proporre sistemi ad elevata efficienza, Lowara ha definito la nuova gamma Smart Pump per rispondere a tale tendenza, ponendosi all'avanguardia con nuovi modelli di pompe che fanno di efficienza e versatilità la loro caratteristica peculiare.
La nuova gamma nasce dalla combinazione dei seguenti componenti: motori a magneti permanenti Ultra-premium IE5, la migliore classe di efficienza possibile; sistema di comando motore (inverter e motore integrato) con la più alta classe di efficienza IES2; disegno speciale dell’idraulica pompe, che permette di ottenere un elevato indice MEI (Minimum Efficiency Index). L’unione di questi tre elementi permette di offrire sistemi di pompaggio di elevata affidabilità, che
Pompa orizzontale multistadio eHM Smart
garantiscono un risparmio energetico ottimale e tempi di ritorno sull’investimento veramente brevi. Questa nuova gamma ha la caratteristica di essere formata da pompe con alimentazione monofase (tensione 208-230v) per potenze fino a 1,5 kW, ma il sistema sarà
SMB booster sets
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progressivamente esteso a potenze superiori e a diverse gamme di prodotto. I modelli oggi disponibili sono: pompe orizzontali multistadio eHM Smart, pompe verticali multistadio eSv Smart e vM Smart, gruppi di pompaggio fino a 3 pompe (con eHM, vM e eSv Smart) SMB booster sets. Tutti sistemi Smart sono già programmati in fabbrica ed equipaggiati con trasmettitore di pressione dotato di 2 m di cavo e collegato al drive inverter.
semplicità costruttiva si traduce in facile manutenzione ed elevata affidabilità. Un esempio applicativo tipico è la sostituzione di un motore asincrono da 7,5 kW (classe IE 3), installato su una pompa di ossigenazione per vasche di depurazione, con un motore sincrono di eguale potenza (classe IE 5), abbinato a un regolatore di velocità. Si sono ot-
tenute riduzioni del consumo energetico del 10%, insieme ad una netta diminuzione degli interventi di manutenzione. Le applicazioni dei motori sincroni a riluttanza non sono limitate ai motori di bassa potenza. Un impianto di distribuzione di acqua potabile situato in Olanda (Evides Waterbedrijf) ha installato 2 anni fa motori di questo tipo su 3 pom-
pe; i motori hanno una potenza di 250 kW ciascuno. L’esperienza di 2 anni di esercizio è stata pienamente soddisfacente: il risparmio energetico rispetto ai motori a induzione utilizzati in precedenza è intorno al 20%, e in più ci sono i risparmi sulle spese di manutenzione derivanti dall’eliminazione delle correnti indotte nel rotore e dalla minore generazione di calo-
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re. L’abbinamento tra motori sincroni a riluttanza e azionamenti a velocità variabile appositamente progettati garantisce una efficienza energetica superiore a quella dei motori IE 4, specialmente in condizioni di carico parziale; pertanto questa combinazione è particolarmente adatta per le pompe ed i ventilatori.
laboratori
Aria pulita oggi Dalla ricerca Bio Eco Active
Nuovi sistemi di purificazione e sanificazione tecnologicamente avanzati, altamente eco-sostenibili ed economici La qualità dell’aria oggi è fondamentale per qualsiasi tipo di ambiente, pubblico, privato, ad uso sanitario, ecc. Non basta un ricambio di aria aprendo banalmente la finestra. L’aria che entra non ha la garanzia di essere pulita, anzi! Gli studi condotti da Bio Eco Active nella ricerca di soluzioni economicamente ed ecologicamente a basso impatto ambientale nella purificazione e sanificazione dell’aria, hanno portato a sistemi tecnologicamente avanzati ed innovativi che consentono di migliorare la qualità dell’aria attraverso un mezzo estremamente semplice che abbatte per oltre il 90% gli inquinanti di origine biologica come batteri, muffe, virus, il particolato atmosferico, vOC, NOx, e che è in grado di eliminare anche gli odori sanificando l’ambiente. I sistemi attualmente presenti per sanificare e soprattutto purificare l’aria, presentano delle problematiche in termini di costi, manutenzione ma specialmente di efficienza nel metodo. Il ricambio dell’aria circola attraverso dei filtri convenzionali che la puliscono, passando dall’esterno verso l’interno, e veicolandola nell’ambiente, “più pulita”. Questi sistemi adoperano dei meccanismi di ventilazione forzata per permettere all’aria di passare in appositi filtri che generano in modo inevitabile perdite di carico, richiedendo di conseguenza al sistema motori molto potenti con consumi notevoli. Inoltre, questi sistemi non sono in grado di agire sui vOC e sui composti gassosi come gli NOx, ma riescono a filtrare solo determinati elementi del particolato atmosferico. Una volta saturati i filtri devono essere sostituiti, creando di conseguenza forti problematiche ambientali ed eccessivi costi. Il sistema di Bio Eco Active presenta invece un modello più semplice, a basso impatto ambientale,
PROVE DI MISURA
altamente sofisticato e tecnologicamente avanzato, senza l’uso di filtri, con perdite di carico molto basse e ridotti consumi. Ciò, inoltre, permette di abbattere particolato atmosferico, composti biologici, NOx, vOC ed eliminare gli odori. Ne risulta un ambiente ottimamente sanificato. Questo sistema è costituito da 2 moduli attivi: uno ionizzatore bipolare che costituisce il ricettacolo delle polveri, un precipitatore elettrostatico che è in grado di sottrarre tutto il particolato atmosferico presente nell’aria. Il secon-
do, un sanificatore fotocatalitico brevettato, ovvero un dispositivo che riproduce quanto avviene in natura, attraverso il sole, capace di eliminare gli inquinanti prevalentemente biologici, come i batteri, oltre all’eliminazione di vOC, NOx e odori. Quest’ultimo, inoltre, utilizza l’azione combinata di radiazione Uv e una miscela di semiconduttori fotocatalitici e inorganici per migliorare la qualità dell’aria. I risultati ottenuti presentano percentuali di abbattimento superiori al 90%.
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I test condotti per testare il sistema di purificazione dell’aria hanno riguardato numerosi ambienti interni (indoor). Il prototipo di Bio Eco Active è stato sistemato in un ambiente chiuso di 168 mq, sigillato e contaminato appositamente mediante una fonte di inquinamento continua per valutare la qualità dell’aria prima e dopo l’accensione del prototipo. L’aria alle condizioni iniziali presentava una concentrazione di base di sostanze volatili (non note, ma di probabile origine nei laboratori) di valore medio di 0.263148 ppm. Dopo aver ulteriormente contaminato l’ambiente, è stato monitorato per circa 2 ore, per avere la certezza relativa alla diffusione del contaminante e alla stabilizzazione del segnale da parte dello strumento (circa 7.2 ppm). Dall’accensione del prototipo si è registrato un netto calo di concentrazione del contaminante, che nell’arco di 168 minuti ha riportato la qualità dell’aria ai livelli iniziali, registrando un valore di concentrazione di vOC di 0,261 ppm. Dopo tale soglia il segnale di concentrazione di vOC continuava a calare nel tempo, indicando che nel locale di test si era raggiunta una qualità dell’aria decisamente migliore rispetto a quella di partenza. È fondamentale notare che a test concluso, quando la concentrazione di vOC rilevata si aggirava intorno a valori di 0.15 ppm, la contaminazione dell’ambiente era ancora presente ed attiva; ciò significa che l’abbattimento prodotto dal prototipo si è dimostrato capace di sovrastare addirittura la continua contaminazione volontaria degli inquinanti immessi nell’ambiente. E. D’Amen V. Tessore, N. Roveri
Hub&Lab delle rinnovabili Enel
Una struttura tecnologica che ha lo scopo di stimolare la ricerca e l’innovazione nel settore delle ecoenergie Ricerca e sviluppo di soluzioni innovative in campo energetico, con un focus particolare sulle energie rinnovabili. Con questo scopo nasce il nuovo Enel ‘Innovation Hub & Lab’ nel catanese, una struttura da 100.000 mq con laboratori di ultima generazione pronto ad ospitare start up, piccole e medie imprese e altre aziende nazionali ed estere, oltre a centri di ricerca di valenza internazionale. La struttura, inaugurata a luglio, è di assoluta avanguardia dal punto di vista tecnologico e lavorerà oltre che sullo sviluppo e sperimentazione avanzata di tecnologie di produzione di energia dal sole, sulla ricerca di soluzioni disruptive in campo energetico con particolare focus sull’utilizzo di nuove tecnologie, come IoT (internet of things), big data, automazione ed intelligenza artificiale, realtà aumentata. In linea con la filosofia Open Power del Gruppo Enel, lo farà aprendosi a collaborazioni continue con start up e PMI con l’obiettivo di creare partnership industriali. Le realtà più promettenti selezionate avranno la possibilità di testare le loro soluzioni con il supporto di personale Enel altamente specializzato e avvalendosi dei laboratori accreditati del Centro, sperimentando tecnologie innovative soprattutto nell’ambito delle fonti rinnovabili, come solare termico e fotovoltaico, microgrid,
storage e wind, con test indoor e outdoor. La ricerca di start up e PMI avverrà tramite apposite ‘call’ pubblicate nella piattaforma di crowdsourcing di Enel (https://openinnovability.enel.com) o mediante scouting diretto tramite il network di relazioni sviluppato in Italia e all’estero. Inoltre, il sito siciliano è sinergicamente integrato con la rete degli Innovation Hub creati da Enel nelle aree a più alto tasso di innovazione del mondo, e offre accesso a un patrimonio unico di know how, expertise, dati, mentorship e supporto nella ricerca di capitali, sia attraverso fondi di venture capital partner di Enel, sia tramite banche e finanziamenti pubblici. Hi-Tech Ambiente
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sicurezza
Il corretto smaltimento ISI Plast si è affermata in Italia nella produzione e personalizzazione di contenitori in plastica per il settore industriale, alimentare ed eco-sanitario. Proprio quest’anno l’azienda ha festeggiato insieme a dipendenti e collaboratori i 60 anni di attività del suo fondatore, il cavalier Riccardo Melli. Un traguardo davvero importante per ISI Plast che sulle basi solide del passato guarda al futuro con ambizione. Il processo di continua evoluzione tracciato dall’azienda pone il rispetto per l’ambiente come uno dei principi cardine sul quale si base la propria filosofia produttiva (prima azienda del proprio settore ad aver conseguito la certificazione ambientale ISO:14001). Ed è per questo motivo che l’azienda si fa portavoce della politica volta alla “green economy” proponendo un’ampia gamma di prodotti 100% riciclabili. Questi
ISI Plast
Una storia di successo tra innovazione ed ecologia con i contenitori 100% riciclabili per il settore dell’ambiente articoli, studiati nel pieno rispetto dei criteri di funzionalità e sicurezza, rappresentano soluzioni innovative e sostenibili in grado di rispondere alle esigenze dei consumatori. ISI Plast non poteva quindi mancare all’edizione del 2018 di Ecomondo, fiera di spicco nel settore
della green e circular economy nell’area euro-mediterranea. I visitatori potranno così toccare con mano la versatilità e l’affidabilità dei prodotti a marchio ISI Plast, a cominciare da MU22000 (capacità raso bordo pari a 22,5 litri) e MU5700 (capacità raso bordo pari a 5,8 litri), che rappresentano
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soluzioni ideali al problema del corretto smaltimento degli oli alimentari esausti. Realizzati in materiale plastico di prima scelta, questi contenitori si caratterizzano per la peculiare forma troncoconica, per la presenza del sigillo di inviolabilità al primo utilizzo e per il manico basculante in plastica che ne facilita la movimentazione. Il pratico svuotamento del contenuto è garantito dalla possibilità di abbinare ad entrambi i contenitori il coperchio con “bocchello”. Con una capacità raso bordo pari a 63 litri, invece CON60R è il contenitore in plastica robusto e resistente studiato per effettuare una corretta raccolta differenziata dei rifiuti. La particolare forma troncopiramidale ne consente, da un lato, l’impilamento a vuoto (per un’ottimizzazione degli spazi a magazzino) e dall’altro conferisce al packaging un design lineare ed accattivante.
Il contenimento secondario Sunbasket
Una vasta gamma di vasche, vassoi, fusti e armadi per evitare dispersioni accidentali di liquidi pericolosi Negli ultimi anni sta crescendo la consapevolezza che la tutela del lavoro e dell'ambiente sono valori fondamentali della nostra convivenza civile e che nel prossimo futuro inventeranno sempre di più un elemento centrale del fare azienda. Nella programmazione e nella gestione aziendale dei rischi ha ora un posto importante la gestione in sicurezza dei contenitori con liquidi pericolosi sia nel caso di prodotti nuovi che nel caso di residui, scarti di lavorazione, oli esausti. La sicurezza del personale e la tutela dell'ambiente sono diventate sempre di più una esigenza avvertita e parte di una nuova consapevolezza del fatto che produrre significa anche porsi il problema del rispetto dell'ambiente e del contesto sociale. Nei sistema di gestione della qualità nella valutazione dei rischi entra la gestione responsabile della movimentazione stoccaggio e uso dei prodotti chimici pericolosi. Così si è affermata una nuova sensibilità, che insieme ad una normativa sempre più stringente ed applicata dalle Autorità competenti, sta modificando i comportamenti. Il concetto è semplice e chiaro: ogni contenitore che può disperdere nell'ambiente in caso di incidente liquidi contaminanti o pericolosi deve essere gestito in sicurezza. Bisogna sempre prevedere la situazione meno favorevole e, quindi, per ogni contenitore va previsto un contenimento. In caso di incidente il liquido che
fuoriesce dal contenitore non deve disperdersi sia per salvaguardare la sicurezza dei dipendenti che per tutelare l'ambiente e, in particolare, la contaminazione del terreno e della falda acquifera. Come spesso accade la prevenzione ha un costo; necessita cioè di un investimento che in caso di incidente viene di gran lunga compensato dal risparmio degli oneri di pulizia e bonifica ed evita sanzioni. Tra l’altro, tra gli standard che si stanno affermando c'è la definizione di “aree di sicurezza” dove tenere una vasca libera sempre pronta per collocare il contenitore accidentato. Questo in prossimità delle zone di carico-scarico o dove vengono movimentati più spesso i contenitori. Piazzali di carico, zone di utilizzo, di stoccaggio. La Sunbasket nel corso degli ultimi anni ha realizzato un’ampia gamma di soluzioni per il contenimento secondario per potere gestire in sicurezza lo stoccaggio di liquidi pericolosi per l'uomo e per l'ambiente. Si tratta di prodotti oramai affermati il cui uso sta diventando sempre più diffuso e che rappresentano uno
standard nella gestione della sicurezza nell'utilizzo di prodotti chimici pericolosi. Essi sono: - vasche per una cisternetta cubo IBC da 1.000 litri, vasca per 2 IBC, vasche per fusti in varie versioni da 2 e 4 fusti con e senza pallet. Inoltre, grazie ad una vasca a pavimento, è possibile realizzare delle pavimentazioni o delle vere postazioni di stoccaggio di fusti e di altri contenitori di diverse dimensioni - Armadi sia nella versione per 1 cisterna da 1.000 litri IBC, che nella versione per 2 o 4 fusti. Gli armadi per prodotti pericolosi rappresentano la soluzione migliore per lo stoccaggio all'aperto e, in generale, rappresentano il livello più elevato di sicurezza in ogni situazione. Con il corpo stampato in rotazionale in un unico pezzo e con la vasca inclusa, sono realizzati anche in versione attrezzata con scaffalatura in grigliato zincato idonea allo stoccaggio di fitofarmaci secondo la recente normativa che ne regola lo stoccaggio per tutte le aziende agricole - vasche sottoscaffalature da collocare al di sotto delle scaffalature per raccogliere e contenere eventuali
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perdite di liquido da contenitori stoccati sopra. Sono presenti 3 versioni con capacità da 300 a 1.000 litri - vassoio e vasche da scaffalature come la 4 fusti compatta, che vanno collocati sopra la scaffalatura per ottenere una postazione di stoccaggio in sicurezza - Grandi vasche, ossia una serie di vasche da 1.700 litri a oltre 5.000 litri per il contenimento secondario idonee allo stoccaggio di cisterne o di altri contenitori o di impianti e macchinari - vasche a carico diretto, che rappresentano l’ultima novità proposta da Sunbasket, ossia vasche che non richiedono la presenza del pallet superiore. Tutti questi prodotti sono realizzati dall’azienda in stampaggio rotazionale in polietilene. Il polietilene a media densità è un materiale altamente resistente alla corrosione e idoneo allo stoccaggio della maggior parte degli acidi, delle basi e degli oli. Per verificare la compatibilità del polietilene con il prodotto da stoccare è sufficiente consultare una tabella di resistenza del polietilene.
reti idriche
La misura della radioattività Nell’acqua potabile
Messo a punto uno strumento che segnala in tempo reale la contaminazione e identifica la tipologia di radioisotopi I programmi attuali di controllo della qualità dell’acqua potabile comprendono un’ampia serie di parametri, e tra questi anche la misura della radioattività. Tuttavia lo scopo di questi controlli è il monitoraggio a lungo termine e non l’allarme in caso di contaminazioni; si tratta, infatti, di prove di laboratorio che possono durare anche più di 24 ore, durante le quali una eventuale contaminazione radioattiva avrebbe tempo di provocare enormi danni. Negli ultimi tempi è cresciuta la consapevolezza del rischio di contaminazione radioattiva delle acque potabili, a causa di danni a impianti nucleari per eventi naturali (terremoti, inondazioni, tsunami) oppure per attacchi terroristici; deve inoltre essere considerata la possibilità di rilasci di materiali radioattivi per errori umani, ad esempio presso laboratori di ricerca, oppure a seguito di contaminazioni deliberate delle opere di captazione e trasporto degli acquedotti. Il progetto europeo TAWARA (TAp WAter RAdioactivity monitor) si propone di affrontare i rischi di contaminazione radioattiva dell’acqua potabile mediante un sistema capace di segnalare in tempo reale la presenza di radioisotopi alfa, beta e gamma emittenti, inviando in automatico un messaggio di allarme all’Ente Gestore della rete nel caso vengano superati i valori limite (o comunque i valori di allerta predeterminati). L’apparecchiatura messa a punto nel corso del progetto, e attualmente installata presso l’acquedotto Nord di varsavia, comprende i-
noltre un sistema spettroscopico a raggi gamma, che consente di identificare i radioisotopi responsabili della contaminazione, in modo da poter risalire alle sue origini. La scelta dell’acquedotto di varsavia non è casuale: la società di gestione MPWiK è uno dei partners del progetto, ma soprattutto è stato considerato che uno dei fiumi dai quali viene prelevata l’acqua da potabilizzare è prossimo al sito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi della Polonia; per di più, un altro fiume (il Bug), anch’esso usato per alimentare l’impianto, ha le sue sorgenti nella zona di Chernobyl. LA STRUTTURA DEL SISTEMA
Il sistema messo a punto nel quadro del progetto Tawara si compone dei seguenti elementi: - rivelatore di allarme (EAD, Early Alarm Detector), ossia un rivelatore a raggi gamma, con detector NaI (Tl), che viene posizionato dopo il trattamento di sedimentazione primaria dell’impianto di potabilizzazione. Il rivelatore è strutturato per ricevere un flusso di 50 litri/ora di acqua e fornire risposte dopo 10 minuti; il suo scopo è la rilevazione rapida di contaminazioni di livello elevato da parte di isotopi gamma-emittenti. Si tratta di un elemento non previsto nelle prime fasi del progetto, che è stato aggiunto su richiesta dell’utilizzatore finale (acquedotto di varsavia) - rivelatore in tempo reale (RTM, Real Time Monitor), la cui funzione è la misura in continuo della raHi-Tech Ambiente
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dioattività dovuta a particelle alfa e beta, con sensibilità di 0,01 Cps/Bq per le particelle alfa, e 0,4 Cps/Bq per le particelle beta. È posto all’uscita dell’impianto di potabilizzazione, prima dell’ingresso alla rete di distribuzione, e è costituito da 3 camere schermate contenenti 48 elementi a scintillazione, in materiale plastico rivestito di solfuro di zinco e argento. Il sistema comprende un algoritmo per la discriminazione di segnali in base alla forma degli impulsi sviluppato dalla ditta italiana Caen, mentre un importante contributo alla realizzazione pratica del rivelatore è stato dato dai Dipartimenti di Fisica e di Scienze Chimiche dell’Università di Padova. In caso di superamento dei livelli di radioattività prefissati, il rivelatore RTM invia immediatamente un segnale di allarme e attiva il sistema Spec - sistema Spec, un rivelatore spettroscopico a scintillazione di tribromuro di cesio, progettato dalla società olandese Scionix. E’ dotato di un concentratore a osmosi inversa più scambio ionico per aumentare la sensibilità di misura, e è provvisto di soppressore dell’effetto Compton. In base al posizionamento delle emissioni lungo la circonferenza del rivelatore ed all’energia degli impulsi emessi, è possibile risalire al tipo di radioisotopo, avviando quindi le indagini sulla provenienza della contaminazione - sistema di controllo (ICT, Information and Communication TerLa dissalazione e il riciclo delle acque reflue sono destinate a crescere dell’11,4% a livello globale nel corso dei prossimi cinque anni per raggiungere un valore complessivo di mercato di quasi 12 miliardi di dollari entro il 2025 (Global Water Intelligence di Oxford) ma al momento in Italia solo lo 0,1% del prelievo idrico avviene attraverso la dissalazione. La stima del Global Water Intelligence di Oxford indica il forte potenziale di crescita di settori che sono ancora arretrati sul fronte della tecnologia, soprattutto quella della costruzione e installazione dei dissalatori. In Italia (secondo i dati Istat) il prelievo di acque marine o salmastre per uso potabile rappre-
minal), collega i diversi elementi con il server installato in sala controllo e provvede all’elaborazione dei dati; inoltre, consente il controllo sia da operatori locali che da remoto, utilizzando interfacce grafiche basate sul web. CALIBRAZIONE E INSTALLAZIONE DEL SISTEMA
Per valutare le prestazioni effettive dell’apparecchiatura sono state compiute molte prove di caratterizzazione e calibrazione, alle qua-
PRELIEvO IDRICO
La dissalazione latita
senta appena lo 0,1% del prelievo totale (13,619 mln di mc, su un totale di 9,108 mld di mc di
acqua totale prelevata dalle varie sorgenti) e avviene solo in due distretti idrografici: in Sicilia,
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li ha contribuito soprattutto l’Istituto di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti (INMRI) dell’Enea. Sono state preparate diverse soluzioni contenenti concentrazioni note di isotopi radioattivi, che sono state immesse nello strumento, registrando poi la risposta nel sistema. Successivamente, i diversi componenti sono stati spediti dai laboratori Enea all’acquedotto di varsavia, dove è avvenuto il montaggio, il collaudo dei vari componenti sul posto e l’addestramento del personale. dove viene dissalata acqua per 12,6 mln di mc (il 92,5% del totale nazionale) e nell’area dell’Appennino Settentrionale (il restante 7,5%, diviso tra Toscana con 768 mln di mc e Liguria con 251 mln di mc di acqua dissalata). Inoltre, la dissalazione riguarda anche l’industria: infatti, incrociando i dati della “produzione” di acqua con quelli della domanda, ci si accorge della forte richiesta di “oro blu” da impiegare nel settore industriale. E’ il caso di veneto, Emilia Romagna e Campania, territori in cui vi sono tutte le condizioni favorevoli per sviluppare la produzione di acqua dissalata, alleggerendo la pressione sulle fonti tradizionali.
PerForm Water 2030 gruppo CAP
La prima piattaforma di ricerca e sperimentazione in Italia nata per affrontare le sfide del sistema idrico integrato Otto aziende, due istituti universitari e uno di ricerca per un investimento di circa 9 milioni di euro. Si chiama PerForm Water 2030 ed è il nuovo progetto presentato da Gruppo CAP, il gestore del servizio idrico integrato di Milano. Unico nel suo genere in Italia, avrà una durata di 30 mesi e andrà a formare una piattaforma diffusa di ricerca, sviluppo e implementazione di tecnologie e strumenti decisionali volti a garantire una sempre più efficace gestione del servizio idrico integrato. <<Con PerForm Water 2030 spiega Alessandro Russo, presidente e AD di Gruppo CAP vogliamo trasformare i nostri impianti e le nostre strutture in veri e propri laboratori per l’innovazione. L’obiettivo è creare un network di realtà industriali e centri di ricerca che, con un approccio multidisciplinare, possano da-
no. Questi gli ambiti di ricerca specifici mirati per ogni macro area: - Linea Acqua, con controllo della qualità delle acque di approvvigionamento e ottimizzazione delle reti di distribuzione, ottimizzazione dei processi di trattamento delle acque reflue con tecnologie innovative per soddisfare i più stringenti limiti di qualità allo scarico, monitoraggio di inquinanti emergenti ed emissioni in atmosfera - Linea Fanghi con riduzione della produzione dei fanghi di depurazione, valorizzazione termica dei fanghi e recupero di energia e materie prime - Linea Recupero Energia e Materia all’interno degli impianti, upgrade del biogas a biometano, ottimizzazione delle operazioni di digestione anaerobica - Linea Analisi Economica dei costi e della tariffazione. re un contributo all’innovazione nei settori che caratterizzano la nostra attività ossia qualità dell’acqua, recupero di energia e risorse in ottica di economia circolare, analisi dei costi e tariffazione>>. Le attività di intervento del progetto sono di importanza strategica per tutto il settore della gestione delle acque pubbliche, spaziando dalla fornitura costante di acqua di alta qualità alla riduzione della produzione di fanghi, dal recupero di risorse al risparmio e produzione di energia, passando inoltre per la riduzione delle emissioni atmosferiche, dal monitoraggio degli inquinanti emergenti fino all’analisi dei costi e della tariffazione. Capofila del progetto è Gruppo CAP e insieme a tutte le realtà coinvolte metteranno a disposizio-
ne le proprie competenze tecniche in un contesto di contaminazione di idee, progetti e conoscenze specifiche. Tra le aziende partner: GeneGis GI (sistemi informativi per l’ambiente), Hydep (acquaponica e recupero di idrogeno), MMI (modellistica e monitoraggio idrologico), Passavant Impianti (impianti trattamento acque), Seam Engineering (realizzazione impianti in campo ambientale), Sisad (gruppo nel settore chimico), veolia (trattamento delle acque municipali e industriali), vomm (impianti per il trattamento e valorizzazione energetica dei fanghi). PerForm Water 2030 sarà coordinato scientificamente dal Politecnico di Milano, e prevede la partecipazione dell’Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del CNR e dell’Università Bicocca di Mila-
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Acqua: hi-tech e riciclo Soluzioni dell’Enea
Nuove tecnologie per il monitoraggio e la comunicazione e per tagliare fino al 60% i consum idrici per usi non potabili Molto interessanti i risultati ottenuti dal progetto “Green Smart Technology for Water” (GST4Water) per l'utilizzo sostenibile della risorsa idrica negli edifici e in ambito urbano. Nell’ambito del progetto, al quale partecipano Enea, Università di Ferrara e Bologna hanno monitorato oltre 300 utenze e installato 12 kit innovativi, in grado di raccogliere le misurazioni dei contatori, salvarle su piattaforme cloud, renderle disponibili sia agli utenti finali che ai gestori del servizio idrico integrato e in caso di malfunzionamenti, perdite o anomalie, di lanciare anche un “early warning” per permettere di individuare e risolvere il problema. È stata inoltre sviluppata un’interfaccia che permette a ogni utente di controllare da computer, tablet
o smartphone il proprio consumo d’acqua complessivo e delle ultime 24 ore, e rendersi conto di eventuali perdite attraverso una semplice icona. Inoltre, con questo sistema sarà possibile misurare direttamente il proprio consumo di acqua senza bisogno di personale in loco, e in base a indicatori di “performance ambientali ed economiche”, confrontarlo con quello della propria community di riferimento. All’interno del progetto è stato anche sviluppato uno strumento software per il dimensionamento dei serbatoi di accumulo negli impianti per il recupero e il riuso delle acque piovane e grigie che, tenendo conto della pluviometria delle principali città dell’EmiliaRomagna e delle differenti superfici di raccolta (coperture imper-
meabili, verdi, in ghiaia, ecc.), è in grado di stimare i consumi di acqua non potabile approvvigionabili mediante acque grigie e acque piovane, permettendo una migliore progettazione dei sistemi di recupero che consentono risparmi fino al 60% su questo tipo di consumi idrici. Grazie al progetto GST4Water è stato messo a punto anche un sistema di monitoraggio di un tetto verde sperimentale, situato presso l’Università di Bologna, che ha consentito di analizzarne il comportamento idrologico e di riprodurlo attraverso un modello numerico. Tale modello è stato utilizzato all'interno del software di dimensionamento dei serbatoi per tenere conto della diversa natura delle superfici di captazione.
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Per la tutela della risorsa acqua e contro il deficit idrico, è disponibile anche il modello pilota sviluppato dall’Enea (nell’ambito del progetto “WaterDROP” per la gestione integrata delle risorse idriche nel bacino del Mediterraneo) che punta a riutilizzare le acque reflue depurate e sfruttare le potenzialità autodepurative dei sistemi naturali per recuperare, riqualificare e ampliare le aree umide soggette a deficit idrici e a processi di inquinamento, coniugando economicità e basso impatto ambientale. L’estensione dell’area umida, ottenuta grazie alla riqualificazione e rinaturalizzazione, può inoltre costituire un argine naturale contro gli incendi e una preziosa riserva per fornire acqua durante i periodi di siccità.
L’idrico cresce e investe Ma serve una strategia nazionale
Dall’avvio della regolazione da parte dell’Authority, le utility dell’acqua hanno incrementato ricavi, investimenti e performance Crescono nel 2016 le maggiori imprese italiane del settore idrico integrato. Le 50 maggiori Top Utility del nostro Paese hanno aumentato ricavi e investimenti sulla scia di un trend che prosegue dal 2012, anno di avvio dell’attività di regolazione per i servizi idrici da parte dell’Autorità. Sono alcuni dei dati che emergono da recente analisi di Top Utility, il think tank di Althesys sul settore di pubblica utilità. <<Dall’analisi condotta sulle imprese idriche delle 100 top utility - rileva Alessandro Marangoni, economista di Althesys - appare evidente la crescita compiuta negli ultimi anni dalle aziende del comparto dell’acqua, anche in virtù del ruolo svolto dalla regolazione tariffaria dell’Authority. L’idrico è un settore strategico per lo sviluppo del Paese e per la qualità della vita e dell’ambiente. Tuttavia, come dimostrano anche le criticità emerse quest’estate con le crisi dovute al cambiamento climatico e alle perdite di rete ancora elevate, è necessaria una po-
litica nazionale che favorisca la crescita delle imprese, il consolidamento del settore e gli investimenti infrastrutturali di cui c’è ancora carenza>>. Nel 2012, anno di avvio della regolazione dell’Autorità nell’idrico, le 50 maggiori aziende (mono e multiutility) generavano ricavi per 5,14 miliardi di euro, con gli
investimenti che ammontavano a 1,17 miliardi di euro, per una popolazione servita di 37,9 milioni di abitanti. Cinque anni dopo le stesse imprese fatturano quasi 5,9 miliardi di euro, con ricavi in crescita del 14,7%. Gli investimenti ammontano a circa 1,4 miliardi e crescono ancora di più (+17,4%).
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Gli effetti positivi della svolta regolatoria sono ancora più evidenti sulle utility attive solo nell’idrico. Cresce notevolmente la capacità di generare risorse per investire: il rapporto EBITDA/ricavi delle maggiori monoutility idriche è passato dal 24,08% al 31,81%, salendo di quasi 7,8 punti percentuali tra il 2012 e il 2016. Parallelamente il rapporto di indebitamento si è quasi dimezzato, passando da 10,13 a 5,66. <<Le principali aziende si sono rafforzate – ricorda Marangoni – investono in infrastrutture e in innovazione. Imprese più robuste e con maggiori risorse assicurano servizi di maggior qualità e affidabilità ai cittadini consumatori. Ma c’è ancora molta strada da fare. Gli investimenti pro capite sono saliti da 30,7 euro/ab. a 33,6, tuttora ben lontani dagli standard europei. In analogia alla SEN per l’energia, serve una strategia di medio-lungo periodo per affrontare sia le carenze infrastrutturali tipicamente italiane, sia il cambiamento climatico globale>>.
DA ARERA
ICE PIGGING
L’anagrafica del servizio idrico
Pulire le tubazioni con il ghiaccio
E’ stato di recente implementata da Arera l'Anagrafica territoriale del servizio idrico integrato (Atid), contenente le informazioni sui Comuni in cui operano i gestori, con riferimento ai comparti di acquedotto-distribuzione, fognatura nera e mista, depurazione. Due le fasi di sviluppo dell’Atid: nella prima fase i gestori hanno dovuto verificare e integrare o aggiornare le informazioni precaricate; nella seconda fase, l'Atid è stata aperta contemporaneamente sia ai
gestori sia agli enti di gestione, i quali devono aggiornare le informazioni riportate ogni qualvolta si verifichi una modifica rispetto a quanto precedentemente comunicato ed entro 15 giorni dalla modifica. Le informazioni raccolte verranno successivamente trasmesse con cadenza regolare al Sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (SGAte) per consentire l'erogazione del bonus idrico, al fine di evitare duplicazioni di richieste agli operatori.
La manutenzione delle tubature dell’acqua è un’operazione fondamentale ma spesso anche causa di forti disagi, soprattutto quando si deve intervenire in zone residenziali o centri storici delle città. Un sistema innovativo ed a basso impatto per la riabilitazione delle reti idriche e fognaria è la tecnica dell’ “ice pigging”, che consiste nell’iniettare sotto pressione una soluzione di ghiaccio tritato al 5% di NaCl in un tratto ascendente della tubazione. Questa specie di “granita”, di cui ne viene preservata la consistenza grazie al sale, viene spinta in avanti dalla pressione dell’acqua ed adattandosi alla forma del tubo, ne raschia le pareti anche in presenza di ostacoli. Così facendo rimuovere i sedimenti ed i biofilm accumulati nelle condotte durante l’esercizio, ripristinandone così il diametro interno. All’uscita della tubazione, dopo ogni passaggio della massa di ghiaccio, vengono prelevati dei campioni di granita ed analizzati così da verificare il grado di pulizia della tubazione; quando il ghiaccio si presenta pulito all’estremità finale del condotto, ciò significa che l’operazione
GRUPPO CAP
La qualità dell’acqua 24/24 ore Monitorata in tempo reale, 24 ore su 24, per prendersi cura di parametri come la temperatura, la conducibilità, i nitrati, il cromo: è l’acqua dei 60 pozzi del milanese sui quali Gruppo CAP ha installato il nuovo e innovativo sistema di monitoraggio Early Warning, che prevede una rete di sonde/analizzatori in continuo per garantire il controllo da remoto della qualità dell’acqua. I vantaggi: prevenire e gestire al meglio le eventuali criticità, a tutto vantaggio della qua-
lità dell’acqua del rubinetto. Un intervento in cui l’azienda pubblica del servizio idrico milanese sta investendo e che rappresenta un supporto fondamentale per il Water Safety Plan, il rivoluzionario sistema di analisi dell’acqua che prevede più controlli, più prelievi, più parametri nell’intera filiera idro-potabile, da quando l’acqua entra nell’acquedotto fino al punto di erogazione finale. Introdotto recentemente dalla normativa europea, che presto lo renderà obbligato-
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di pulizia è terminata, e non sono necessari ulteriori passaggi. I principali vantaggi di questa tecnica sono: livelli di pulizia non raggiungibili con nessuna altra tecnologia; rapidità di intervento, circa 12h per pulire 1 km di condotta; nessun rischio per operatori o ambiente; adatta per tubazioni con differenti diametri e lunghezze, anche in presenza di curve, raccordi e valvole lungo il tratto da pulire; non necessita di punti di accesso lungo la tubatura, consentendo di risparmiare tempo e soldi, oltre a ridurre sensibilmente gli interventi sul manto stradale e quindi i disagi per la viabilità urbana; infine, il ghiaccio liquefacendosi naturalmente non lascia residui all’interno del tubo. rio in ogni Stato dell’UE, il WSP è stato adottato per la prima volta in Italia proprio da Gruppo CAP, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Nel concreto, l’applicazione dell’Early Warning System al piano di sicurezza per l’acqua permette di avere sempre sotto controllo la qualità dell’acqua nei vari pozzi. In caso di anomalie sulla concentrazione di un parametro, Gruppo CAP può intervenire e verificare il dato di allerta con un’analisi tempestiva di laboratorio. Laddove la criticità venisse confermata, l’azienda idrica ha quindi tempo di mettere in atto le azioni necessarie per risolvere il problema. La sfida futura sarà quella di avere sistemi di Early Warning che possano monitorare molti più parametri contemporaneamente.
tecnologia
I nuovi bruciatori Bassi consumi e ridotte emissioni
Si basano sul controllo dell’eccesso di aria e sulla riduzione della temperatura di fiamma Fino agli anni ’90 del secolo scorso, la progettazione dei bruciatori per i grandi impianti industriali era soprattutto orientata ad ottenere il massimo rendimento termico. Con l’adozione di regole sempre più severe relativamente alle emissioni dei gas di combustione, divenne inizialmente prioritaria l’esigenza di evitare l’emissione di fuliggine; questo si ottiene aumentando la temperatura della fiamma e garantendo un abbondante volume di aria. Tuttavia, queste condizioni favoriscono la formazione di ossidi di azoto (NOx), che hanno caratteristiche irritanti e sono uno dei principali fattori coinvolti nella formazione dello smog fotochimico. Gli ossidi di azoto si originano sia per reazione dell’ossigeno con i composti azotati eventualmente presenti nel combustibile (NOx chimici), che per ossidazione diretta dell’azoto atmosferico (NOx termici). La prima misura per ridurre la formazione di NOx è eliminare gli NOx chimici impiegando un combustibile privo di sostanze azotate; il gas naturale è sotto questo aspetto la scelta ideale. Tuttavia questo non elimina gli NOx termici, che costituiscono la frazione più rilevante, e possono essere ridotti solo in due modi: utilizzando bruciatori appositamente progettati (“low NOx burners”); eliminando gli NOx mediante ossidazione catalitica. La seconda via è indispensabile per gli impianti ad alto potenziale inquinante, come gli inceneritori per rifiuti urbani e industriali o le industrie chimiche che impiegano o producono acido nitrico; ma risulta notevolmente costosa, per cui gli impianti di combustione industriale preferiscono ricorrere ai bruciatori “low NOx”. Questi bruciatori si basano su due princi-
ne, integrazione, derivazione) o con un controllore logico programmabile (PLC). Il segnale in uscita comanda il ventilatore di immissione dell’aria comburente, in modo da ottimizzare in modo continuo le condizioni di combustione. Un metodo indiretto per ridurre la quantità di aria e di combustibile consiste nell’utilizzo di sistemi di recupero termico, che consentono di ridurre la quantità di combustibili da bruciare e anche di ottenere risparmi sui costi di investimento, utilizzando bruciatori più piccoli. RIDUZIONE DELLA TEMPERATURA DI FIAMMA
pi: controllo dell’eccesso di aria, che deve assicurare una combustione completa, ma non fornire troppo ossigeno, che favorirebbe la formazione degli NOx termici; riduzione della temperatura di fiamma, in quanto la formazione degli NOx termici, essendo una reazione endotermica, è favorita dalle alte temperature.
CONTROLLO DELL’ECCESSO DI ARIA
Il perfetto dosaggio dell’aria di combustione si ottiene installando analizzatori di ossigeno all’uscita del forno e combinando il segnale dell’analizzatore con i misuratori di portata del combustibile attraverso un sistema PID (proporzio-
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La riduzione della temperatura di fiamma si ottiene in due modi: combustione a stadi e ricircolo del gas di combustione. La combustione a stadi avviene con varie fasi di immissione dell’aria o (preferibilmente) del combustibile. La ripartizione del combustibile produce una fiamma primaria (che conferisce stabilità al sistema) e una fiamma secondaria, dove si completa la combustione senza aumento eccessivo delle temperature. Con il ricircolo del gas di combustione, invece, l’immissione nella zona di fiamma dei prodotti di combustione riduce la temperatura, abbassa la concentrazione relativa di ossigeno e aumenta la velocità di flusso, riducendo i tempi di permanenza dell’azoto ma consentendo al contempo di completare l’ossidazione di eventuali incombusti presenti nei fumi ricircolati. Il ricircolo può avvenire internamente al focolare, oppuContinua a pag. 56
I cambiamenti climatici e una popolazione in costante crescita richiedono l’uso di fonti energetiche più sostenibili. Anche se rappresenta una significativa domanda sociale, questo problema è solo una delle tante facce dell’industria petrolchimica. L’aumento della concorrenza e della dipendenza da fonti esterne, l’aumento dei costi e la pressione per ridurre l’impatto ambientale dei processi impiegati sono alcune delle altre sfide che questo settore deve attualmente superare. Per adempiere le sue responsabilità ambientali, economiche e sociali, l’industria petrolchimica deve sviluppare metodi di produzione di carburante sostenibili. Quindici partner in otto paesi hanno unito gli sforzi nel progetto europeo Biogo-For-Production per trasformare radicalmente i processi di produzione e realizzare questi miglioramenti essenziali.
Un carburante sintetico sostenibile Progetto Biogo-For-Production
Sviluppati nanocatalizzatori ad hoc per un processo integrato modulare e altamente efficiente per la produzione di idrocarburi da fonti rinnovabili
TRASFORMAZIONE DEL BIOGAS IN BENZINA
Il progetto si è concentrato sullo sviluppo di un approccio integrato, coerente e olistico per trasformare la produzione di biocarburante da fonti sostenibili. I partner del progetto hanno utilizzato una nuova tecnologia per preparare catalizzatori su scala nanometrica con ridotta dipendenza da metalli preziosi e materiali delle terre rare, nonché metodi industriali innovativi per ogni fase della produzione. <<In Biogo - afferma Gunther Kolb, coordinatore del progetto abbiamo messo a punto un processo per la conversione di bio-oli e biogas rinnovabili in gas di sintesi, che vengono poi trasformati catali-
ticamente in biocarburanti e sostanze chimiche piattaforma. Questo processo sostenibile è indipendente dai combustibili fossili>>. Parte fondamentale di Biogo è stata la progettazione e la costruzione dell’impianto di produzione di bio olio con processo Hydro Thermal Liquefaction (HTL). Il sistema di
liquefazione idrotermica è stato ideato per produrre bio olio da biomassa lignocellulosica e sarà testato anche per altre matrici organiche derivanti da sottoprodotti e rifiuti. L’impianto è alimentato in continuo con capacità pari a 15 kg/h di miscela acqua 85% e biomassa 15%. Sull’impianto è stata
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presentata domanda di brevetto. I ricercatori hanno poi utilizzato un biogas arricchito di idrogeno che è stato prontamente convertito in gas di sintesi per via autotermica o combinata esotermica ed endotermica. L’eccesso di idrogeno e di calore è stato utilizzato per trasformare l’olio di pirolisi in ulteriore gas di sintesi per ottenere, infine, una composizione adatta per la sintesi di metanolo. Attraverso opportuni catalizzatori, il metanolo è stato poi convertito in carburante liquido (benzina sintetica). La produzione di carburanti sintetici da fonti rinnovabili darà un contributo estremamente prezioso per soddisfare in modo sostenibile la domanda di energia. Continua a pag. 56
Continua da pag. 55
Un carburante sintetico sostenibile <<A differenza del tradizionale processo di Fischer-Tropsch attualmente in uso per la produzione di carburanti sintetici idrocarburici - aggiunge Gunther - la catena di processi di Biogo promette maggiore efficienza del carbonio, efficienza energetica, sicurezza dell’approvvigionamento e van-
Continua da pag. 54
I nuovi bruciatori re prelevando una parte dei fumi al camino e reimmettendoli nella camera di combustione; in quest’ultimo caso ci si deve assicurare che la temperatura nel condotto di ricircolo sia sufficientemente alta da mantenere in fase vapore l’umidità presente nei fumi. Alcuni bruciatori dell’ultima generazione impiegano entrambi i
taggi in termini di costi>>. I partner del progetto hanno lavorato al miglioramento dei catalizzatori disponibili per ciascuna delle quattro fasi chiave del processo di produzione. Sono state applicate tecniche innovative per migliorare le prestazioni generali, quali lo sputtering del fascio di cluster. Questa tecnica comporta l’espulsione di piccoli cluster di atomi sulla superficie di un materiale di supporto con una superficie eleva-
ta. I catalizzatori stabili di nuova concezione hanno limitato la formazione di idrocarburi leggeri, specialmente il metano. Il gruppo responsabile del progetto ha anche sviluppato un nuovo sistema che vanta un tasso di deposizione di nanocluster molto più elevato, circa due o tre ordini di grandezza superiore rispetto a un tipico sistema riscontrabile attualmente nei laboratori di ricerca, il che lo rende molto più adatto per l’uso nelle industrie.
Biogo ha dimostrato la sua catena di processo ancora su piccola scala. Il mini-impianto funziona in un ambiente contenitore adatto per la produzione di sostanze chimiche e può servire come futuro ospite per impianti di produzione di carburante modulari. I ricercatori hanno anche avviato una produzione di catalizzatori su scala pilota e dimostrato il suo potenziale di produzione per una rapida industrializzazione.
sistemi, come i bruciatori CoolStar della John Zink Hamworthy Combustion, che garantiscono emissioni di NOx inferiori a 15 ppm, assicurando contemporaneamente basse emissioni di CO anche in condizioni critiche, come l’avviamento e la fermata dell’impianto. Un’altra industria, la Zeeco, unisce il principio della combustione a stadi con un disegno di tipo asimmetrico, che accresce la ricircolazione interna dei gas di combustione.
DUE CASI ITALIANI
Ancora più rilevanti, in termini economici, sono stati i risultati ottenuti a Milano, in impianti di produzione di acqua calda situati nella galleria del Duomo e nel teatro alla Scala. Con l’installazione di 3 nuovi bruciatori da 4,5 MW e di un nuovo bruciatore da 1,5 MW (dotati di inverter e sonda per la misura dell’ossigeno al camino) si è ottenuta una riduzione dei consumi di metano e di elettricità del 25%, con tempo di rientro dell’investimento di meno di 1 anno.
In uno stabilimento di produzione di biscotti di una primaria industria italiana, sono state fatte modifiche alla struttura del forno e installati nuovi bruciatori. E’ stata così ottenuta una riduzione delle emissioni di NOx del 41% (da 122 a 73 mg/Nmc) e una riduzione nei consumi di metano del 7%. Grazie alla riduzione nei consumi, l’investimento si è completamente ripagato in 3 anni.
I bruciatori CoolStar della John Zink Hamworthy Combustion Hi-Tech Ambiente
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Le nanofibre per gli scarichi navali Progetto BLUESHIP
I nuovi materiali per strutture catalitiche consentono di ridurre dimensione, peso, costi di installazione, consumo reagenti, funzionamento e manutenzione Per molto tempo le emissioni in atmosfera dei motori marini hanno goduto di una particolare “tolleranza”: si pensava che in mare aperto gli inquinanti venissero dispersi in atmosfera, senza creare problemi. Successivamente si è iniziato a porre limitazioni alle emissioni durante lo stazionamento nei porti, e ora si è riconosciuta la necessità di intervenire in maniera più organica. Infatti il trasporto navale, che già movimenta il 50% delle merci in Europa, è in continua crescita; se non verranno prese adeguate contromisure si prevede che entro il 2020 le emissioni in atmosfera delle navi che si muovono intorno all’Europa raggiungeranno (e forse supereranno) il totale delle emissioni da fonti terrestri. I problemi principali sono le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) e ossidi di azoto (NOx). Mentre per gli SOx è possibile utilizzare combustibili a basso tenore di zolfo, oppure installare sistemi di abbattimento, il problema degli NOx è più complesso. I motori navali di nuova costruzione devono ridurre del 76% le emissioni di NOx rispetto a quelli costruiti prima del 2016, almeno quando la nave transita in aree urbanizzate o comunque definite “a emissioni sotto controllo”; e questo è possibile solo con i sistemi a riduzione catalitica selettiva (SCR). Questi sistemi prevedono l’aggiunta di ammoniaca o di urea ai gas di scarico, che poi vengono inviati attraverso catalizzatori composti
da materiali porosi, dove l’ammoniaca reagisce con gli NOx riducendoli ad azoto elementare. Gli attuali sistemi SCR derivano da quelli installati sulle grandi centrali termoelettriche e sugli inceneritori di rifiuti; sono costituiti da un letto catalitico formato in strutture ceramiche a nido d’ape, che risultano di notevole ingombro e pesantezza; inoltre, la manutenzione di questi sistemi è complessa e richiede maestranze specializzate. Il progetto europeo BLUESHIP si è posto come obiettivo la realizzazione di strutture catalitiche basate su nanofibre, che risultassero di dimensione e peso dimezzate rispetto alle attuali, con dimensioni ridotte del 50%, costi di installazione e consumo di reagenti ridotti del 20%, e costi di funzionamento e manutenzione ridotti del 15%. LA PRODUZIONE DELLE NANOFIBRE
Il nuovo catalizzatore è costituito da nanofibre ceramiche contenenti ossidi di vanadio, tungsteno e titanio. Il biossido di titanio costituisce il supporto e su di esso vengono depositati gli ossidi di vanadio e tungsteno. Nel corso del progetto sono stati prodotti su scala pilota vari tipi di nanofibre, utilizzando processi adatti ad essere facilmente trasferiti su scala industriale; il sistema più adatto si è rivelato essere la filatura eletContinua a pag. 58 Hi-Tech Ambiente
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Continua da pag. 57
Le nanofibre per gli scarichi navali trostatica (“electrospinning”), che porta all’assottigliamento della fibra mediante l’azione di un campo elettrico, che allarga una gocciolina in uscita da un piccolo ago, creando una maglia con superficie molto elevata, costituita da fibre sottilissime, con porosità interconnesse. Le fibre sono ottenute a partire da un gel di biossido di titanio e hanno un diametro medio intorno a 250 nm; la loro attività catalitica è stata valutata su scala di laboratorio ed è risultata superiore a quella dei catalizzatori SCR commerciali. Le fibre sono state successivamente depositate su lastre corrugate di acciaio inox; le lastre vengono poi sottoposte ad un processo di calcinazione a 500 °C, necessario per attivare il catalizzatore. Tuttavia, nel corso del progetto è stato osservato che il ciclo di riscaldamento e raffreddamento provocava il distacco di un notevole numero di fibre dal supporto in acciaio; per questo motivo, in una seconda fase del progetto si sono orientati verso un catalizzatore autosupportante. IL REATTORE PROTOTIPO
Il reattore prototipo ha dimensioni di circa 50x50x25 cm ed è costituito da 5 moduli cubici di 5 cm di lato contenenti strati di lastre in acciaio inox, disposti alternando uno strato piano non catali-
tico con uno strato corrugato contenente il catalizzatore. Il reattore è stato montato su un bypass installato allo scarico di un motore diesel Fiat Doblò Multijet 1.9 l., in un banco di prova situato presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università “La Sapienza” di Roma. Il bypass contiene il sistema di dosaggio dell’urea e i sensori di flusso e temperatura necessari per registrare i parametri di reazione. La temperatura viene mantenuta tra 350 e 400 °C mediante riscal-
datori elettrici da 500 W, a nastro e a cartuccia. I risultati sono stati inferiori alle previsioni, a causa del distacco delle fibre catalitiche dal supporto metallico. Le prove sono state pertanto ripetute utilizzando fibre catalitiche autosupportate, formate in pellets immediatamente dopo lo stadio di calcinazione. In questo modo si ottengono notevoli riduzioni nel peso del sistema e una riduzione del consumo di energia termica nella fase di calcinazione. E’ prevista in una seconda fase del progetto
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la valutazione del nuovo catalizzatore autosupportato. CONCLUSIONI FINALI
Anche se dovrà essere condotto un nuovo ciclo di prove utilizzando un catalizzatore autosupportato, il progetto ha raggiunto alcuni interessanti obiettivi: - è stato messo a punto un metodo per produrre nanofibre catalitiche, facilmente estendibile a scala industriale, con costi competitivi rispetto ai catalizzatori attuali - le fibre prodotte hanno mostrato un’elevata superficie per unità di peso (40 mq/g) e un’attività catalitica migliore di quella dei catalizzatori SCR commerciali in polvere - la configurazione a fibre autosupportate consente di conseguire gli obiettivi di riduzione di peso e di ingombro posti all’inizio del progetto - il reattore pilota e il relativo modello di calcolo si sono rivelati validi e potranno facilmente essere utilizzati per le future prove. La tecnologia SCR messa a punto nel corso del progetto BlueShip può essere facilmente integrata con unità di desolforazione corrispondenti al moderno stato dell’arte, ottenendo così un trattamento completo dei gas di scarico dei motori Diesel marini.
Acciaierie: da gas di scarico a bioetanolo Prospettive più ecologiche
Le emissioni dell’industria siderurgica possono essere riciclate e fermentate per produrre ecocombustibili Nell’industria siderurgica, le emissioni gassose sono un sottoprodotto inevitabile della produzione dell’acciaio. Circa il 40% del carbonio utilizzato in essa lascia il processo sotto forma di monossido di carbonio (CO). Generato in altiforni e forni a ossigeno basico, il gas di scarico passa attraverso un processo di combustione o viene utilizzato per produrre elettricità per le acciaierie. In entrambi i casi, il CO viene bruciato, con conseguente emissione di CO2. Un processo innovativo sviluppato grazie al progetto europeo STEELANOL (Production of sustainable, advanced bio-ethANOL through an innovative gasfermentation process using exhaust gases emitted in the STEEL industry) ha messo a punto un nuovo e più ecologico utilizzo per i gas di scarico dell’industria siderurgica, dimostrando che questi gas possono essere riciclati e fermentati per produrre bioetanolo, un carburante utilizzato come sostituto ecocompatibile della benzina nei veicoli. Coordinato dalla società siderurgica e mineraria ArcelorMittal, il progetto ha messo in luce i significativi benefici ambientali associati al riciclaggio dei flussi di rifiuti. Le emissioni ridotte alla fonte portano a un’impronta di carbonio diretta inferiore per le acciaierie. Inoltre, la produzione di combustibile non derivato dal petrolio mantiene i combustibili fossili nel terreno. L’etanolo risultante sarà utilizzato principalmente nella miscelazione di benzina, ma anche per la produzione
di altri prodotti, come il carburante per aerei. ArcelorMittal ha iniziato la costruzione di nuove strutture nella sua sede di Ghent, in Belgio. I gas prodotti dall’altoforno nello stabilimento saranno usati per produrre bioetanolo in quello che sarà il primo impianto di produzione su scala commerciale in Europa. In caso di successo, ciò potrebbe aprire la strada a significative riduzioni delle emissioni di
gas serra dell’industria siderurgica. Attualmente, circa un quarto delle emissioni di CO2 del settore manifatturiero globale sono generate dall’industria siderurgica. Si prevede che ogni tonnellata di bioetanolo prodotta nel nuovo impianto soppianterà circa 830 litri di benzina e ridurrà le emissioni di CO2 di ArcelorMittal di 2,3 tonnellate. La nuova tecnologia che rende possibile questa conversione del
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gas è stata sviluppata dalla società di riciclaggio del carbonio LanzaTech, partner del progetto. In un processo pionieristico di fermentazione del gas, i batteri anaerobici si nutrono del CO nei gas di scarico dell’acciaio per produrre bioetanolo. Questo processo non ha alcun impatto sull’acqua, sul cibo, sull’uso del suolo o sulla biodiversità. <<Il carbonio monouso deve diventare un ricordo del passato dichiara Jennifer Holmgren, AD di LanzaTech – e per riuscire a decarbonizzare la nostra economia, avremo bisogno dell’impegno di grandi aziende e governi di tutto il mondo per garantire che il riutilizzo del carbonio sia parte della soluzione>>. Questa struttura in Europa incarna i principi chiave dell’economia circolare e conduce verso un mondo in cui la fabbricazione dell’acciaio non produrrà rifiuti». Una volta completati, gli impianti di Ghent produrranno circa 80 milioni di litri di bioetanolo all’anno. Si ritiene che l’impatto dei gas serra di questa produzione sia inferiore di oltre il 65% rispetto a quello dei combustibili derivati dal petrolio e può essere equiparato a mettere sulla strada 100.000 auto elettriche ogni anno. La produzione di bioetanolo dovrebbe iniziare entro il 2020. Steelanol ha dimostrato la capacità di questa tecnologia di soddisfare i requisiti di alta qualità del tenore dei combustibili. Il processo sviluppato ha il potenziale per sostituire una quantità elevata di combustibili fossili nel settore dei trasporti e in altri settori.
gli ultrasuoni in conceria Applicazione industriale
L’irradiazione con US entro il bagno di concia non solo riduce l’uso di tensioattivi e solventi, ma abbassa anche il carico inquinante in uscita Tra le diverse fasi della lavorazione delle pelli è particolarmente importante l’ingrassaggio, che avviene applicando oli e grassi di diversa natura, allo scopo di migliorare la morbidezza della pelle finita. La fase successiva, detta sgrassaggio, ha lo scopo di distribuire uniformemente gli agenti ingrassanti, rimuovendone l’eccesso; a questo scopo si usano solventi clorurati o derivati dal petrolio (cherosene), uniti spesso a segatura per ottenere un moderato effetto abrasivo. Per quanto si cerchi di recuperare il solvente per riutilizzarlo in successivi cicli della stessa lavorazione, si hanno inevitabilmente emissioni di vapori nell’ambiente esterno e nell’area di lavoro; oltre alla necessità di dover smaltire
a rifiuto la segatura contenente gli oli da ingrasso e le tracce di solventi. ALLUME, INGRASSO E ULTRASUONI
Per risolvere i problemi creati dall’uso di solventi, è stato proposto di eseguire la concia in bagno acquoso con allume e, successivamente, utilizzare olio emulsionato in acqua per l’ingrasso; essendo le quantità di olio molto minori, la successiva fase di sgrassaggio può essere eseguita con tensioattivi, oppure impiegando quantità molto minori di solventi. Tuttavia questa soluzione non è risultata praticabile, perché la pelle assorbe solo piccole quantità di
conciante e ingrassante, e ne risulta un prodotto finito di qualità inadeguata, soprattutto per gli usi di pellicceria. La soluzione è stata trovata da un gruppo di ricercatori dell’Inail con la collaborazione dell’Università del Molise, e consiste nell’impiego di ultrasuoni entro il bagno di concia all’allume/ ingrasso. Questo bagno è costituito da una soluzione acquosa contenente 40 g/l di sale, 40 g/l di allume, 5 g/l di acetato di sodio e 20 g/l di grasso parzialmente solfonato; le pelli trattate erano di visone maschio. Il bagno è stato irradiato con ultrasuoni su pelli di visone a frequenza 24 kHz, per 10 minuti, a una potenza di 150 W. In queste condizioni si formano nella fase liquida numerose microbolle, che
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implodono continuamente generando calore e pressione in forma localizzata; questa azione rompe i globuli di grasso, riducendo di metà il loro volume e consentendo quindi un maggiore assorbimento da parte delle pelli. La riduzione nel volume delle bolle è stata verificata con osservazioni al microscopio ottico provvisto di videocamera, e la maggiorazione nell’assorbimento del grasso è stata misurata in laboratorio con prove gravimetriche, riscontrando un incremento del 25%. Successivamente al trattamento di concia all’allume/ingrasso, è stato eseguito con lavaggio in bagno salino di tensioattivo (20 g/l di sale e 2 g/l di nonilfenolo etossilato), senza impiego di solventi. La qualità delle pelli è risultata pienamente soddisfacente, e il carico inquinante in uscita dal bagno di lavaggio è risultato ridotto del 25%; sulla base dell’esperienza, tale riduzione corrisponde ad un abbattimento dei tensioattivi e solventi pari al 50% di quelli normalmente utilizzati, con riduzione dell’impatto ambientale e aumento della salubrità dei luoghi di lavoro. Il processo, pertanto, può essere considerato una Best Available Technology.
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ECOTECH
a cura di ASSITA
Fertilizzanti fosforici dai fanghi di depurazione
ammoniacali, che possono essere anch’essi usati come fertilizzanti.
Acqua dissalata senza boro
I processi per il recupero del fosforo dalle acque reflue sono conosciuti e ben collaudati, ma lo stesso non si può dire per il recupero del fosforo dai fanghi di depurazione. In questo campo, viene segnalata l’iniziativa della società americana Nutrient Recovery and Upcycling, che ha recentemente avviato un impianto pilota in collaborazione con un’azienda municipale di trattamento delle acque di scarico. I fanghi di depurazione entrano dapprima in un reattore anaerobico acidogeno, dove i batteri degradano i biopolimeri contenenti fosforo trasformandoli in acidi organici, e rilasciando così i composti di fosforo in soluzione. I fanghi privati del fosforo vengono separati per centrifugazione; la soluzione viene alcalinizzata con calce, in modo da ottenere la precipitazione del fosforo in forma di brushite (fosfato acido di calcio biidrato). La brushite può essere utilizzata come fertilizzante; inoltre, viene evitata la formazione di cristalli di struvite nelle tubazioni. I fanghi privi di fosforo possono essere sottoposti a digestione anaerobica metanigena, secondo il processo convenzionale, in modo da ricavare biogas. L’impianto pilota ha attualmente una capacità di 35 l/min, ma si prevede a breve il suo potenziamento a livello di 3.500 mc/giorno, insieme all’introduzione di uno stadio per la separazione su membrane (mediante campi elettrici) dei composti
La presenza di sali di boro nell’acqua dissalata ottenuta dagli impianti a osmosi inversa costituisce un problema in molte applicazioni industriali (ad esempio negli impianti di cogenerazione). La società israeliana IDE Technologies ha sviluppato un processo di rimozione del boro mediante resine a scambio ionico, che verrà applicato per la prima volta su scala industriale in un impianto attualmente in costruzione nella contea di Yunlin (Taiwan). L’obiettivo è di ottenere una concentrazione di boro in uscita inferiore a 0,01 ppm, che consentirebbe di condurre fino a 100 cicli di cogenerazione, rispettando poi i limiti per lo scarico dello spurgo delle torri di raffreddamento. Attualmente la tecnologia è stata sperimentata in impianti di piccole dimensioni e l’impianto di Yunlin rappresenta la prima realizzazione di grande portata (oltre 100.000 mc/giorno).
H2 da metanolo con un nuovo catalizzatore In considerazione dei problemi di sicurezza e di autonomia che presenta l’uso dell’idrogeno gassoso, si sta diffondendo l’uso del metanolo come “vettore di idrogeno”. Il metanolo è liquido e può essere trasportato e immagazzinato nei normali serbatoi delle auto senza alcun problema; la sua trasformazione in idrogeno avviene grazie ad una reazione di reforming con acqua
in fase vapore. Il metodo tradizionale di reforming in fase vapore richiede temperature da 200 a 350 °C, che nell’impiego sui veicoli possono creare problemi di sicurezza; pertanto, da tempo sono in corso ricerche per condurre la reazione di reforming in fase acquosa. Un’importante passo avanti in questa direzione è stato fatto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pechino, che ha messo a punto un nuovo catalizzatore, costituito da platino disperso in carburo di molibdeno, che consente di ridurre la temperatura a 150-190 °C, senza necessità di impiegare soda caustica. La produzione di idrogeno
è di oltre 18.000 moli per ogni mole di platino, che corrisponde ad una autonomia di circa 690 km in un’auto come la Toyota Mirai, con un serbatoio da 50 litri riempito di metanolo. Il consumo di platino è intorno a 8 gr (circa il doppio di quanto contenuto in una normale marmitta catalitica), per un costo di circa 320 dollari, ma il catalizzatore può essere rigenerato. Il nuovo catalizzatore può trovare applicazioni anche in altri processi di reforming in fase acquosa, come la trasformazione dei rifiuti biologici e la produzione di bioetanolo.
Acido nitrico con meno emissioni La produzione di acido nitrico per ossidazione catalitica dell’ammoniaca genera come sottoprodotto indesiderato diversi ossidi di azoto (NOx e N2O), che sono coinvolti nella formazione dello smog fotochimico ed hanno
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una capacità di riscaldamento globale 300 volte superiore rispetto a quella della CO2. La società danese Haldor Topsoe ha recentemente presentato un nuovo catalizzatore destinato all’abbattimento di queste emissioni inquinanti, denominato TertiNOx. La struttura monolitica di questo catalizzatore consente di impiegare un reattore unico, al posto della coppia di reattori necessaria con i catalizzatori convenzionali. Questo si traduce in una riduzione del 30% del costo di investimento, ed in una pressione di esercizio ridotta dell’80%; inoltre si ottiene una maggior produzione finale di acido nitrico. Il catalizzatore TertiNOx è attivo a partire da 350 °C; la percentuale di abbattimento è del 99%, contro il 90% scarso dei catalizzatori convenzionali. La tipologia del catalizzatore monolitico è già impiegata in oltre 1.100 impianti industriali, non solo per l’abbattimento degli NOx ma anche per la rimozione di diossine e furani negli inceneritori.
CO2 catturata dall’aria La società svizzera Climeworks ha recentemente inaugurato il primo impianto al mondo che produce CO2 catturandola dall’aria, con una produzione su scala commerciale (900 ton/anno). L’impianto è situato nei pressi di un inceneritore, del quale utilizza il calore residuo. La CO2 catturata viene venduta ad una società agricola che gestisce un complesso di serre e utilizza la CO2 per accrescere le re-
se di ortaggi, in quanto l’anidride carbonica viene impiegata dagli organismi vegetali per sintetizzare la cellulosa. Il processo è denominato Direct Air Capture (DAC) e si basa su una serie di collettori, in ciascuno dei quali è presente un ventilatore ed un filtro. Il ventilatore invia l’aria sul filtro, dove si trova un materiale granulare poroso, contenente ammine; queste assorbono la CO 2 e quando sono sature la rilasciano per riscaldamento a 100 °C. Il calore per lo stadio di rilascio e rigenerazione delle ammine è fornito dal vicino inceneritore. E’ previsto che l’impianto funzioni per un ciclo dimostrativo di 3 anni, durante il quale le spese operative verranno coperte da un contributo dell’Ufficio Federale Svizzero per l’Energia.
te un nuovo processo che non produce scarichi idrici; alla fine della sua vita utile il catalizzatore può essere impiegato per produrre fertilizzanti o altri derivati dal fosforo.
est di Calcutta. Scienziati del Dipartimento di Biotecnologia dell’Heritage Institute of Technology (India) hanno ottimizzato le condizioni di esercizio di un reattore biologico continuo in equicorrente, operante a 30 °C, con un flusso di 3,33 ml/min e un tempo di ritenzione idraulico di 300 minuti. In queste condizioni si sono ottenute velocità di degradazione del fenolo puro di 2 mg/litri al minuto, con una efficienza di rimozione dell’82%. Esperimenti condotti in scala industriale, usando un reattore continuo di tipo impaccato per il trattamento di effluenti fenolici di origine industriale, hanno confermato quasi completamente le prove di laboratorio.
Nuovo catalizzatore per benzine migliori
Biodegradazione in continuo di fenoli nei reflui I fenoli sono sostanze chimiche presenti nell’acqua di scarico di raffinerie di petrolio, impianti chimici e produzione di prodotti farmaceutici. Oltre ad essere nocivi, il loro odore caratteristico impedisce che una falda acquifera contaminata da fenoli possa essere utilizzata per la produzione di acqua potabile. I processi di trattamento finora disponibili presentano tutti degli inconvenienti: l’adsorbimento e il lavaggio sono costosi, l’ossidazione chimica porta alla formazione di intermedi tossici ed i processi di trattamento biologico fino ad oggi disponibili sono di tipo discontinuo (batch), a causa della difficoltà di “allevare” batteri resistenti all’azione tossica dei fenoli. La soluzione potrebbe venire da un consorzio di batteri provenienti dal terreno delle paludi ad
La società chimica svizzera Clariant ha recentemente presentato un nuovo catalizzatore, chiamato PolyMax 850, che dovrebbe consentire di produrre benzine di qualità migliore con ridotto impatto ambientale. Il nuovo catalizzatore converte gli idrocarburi olefinici (che vengono prodotti nel processo di cracking catalitico) in benzina ad alto numero di ottano e in solventi organici, operando a temperature più basse di quelle dei processi convenzionali; la riduzione di temperatura si traduce in minori emissioni di CO 2 e quindi in benefici per l’ambiente. Il catalizzatore PolyMax 850 viene prodotto a partire da farina fossile e acido fosforico, median-
Più biocarburanti grazie al ferro
La decomposizione delle biomasse lignocellulosiche per la produzione di biocarburanti viene oggi ottenuta mediante il processo di liquefazione idrotermica: l’acqua ad elevata temperatura (250-300 °C) decompone la biomassa producendo olio, composti ossigenati idrosolubili e residuo solido carbonioso. Quest’ultimo rappresenta circa il 40% del quantitativo di biomassa in entrata e non ha usi commerciali; inoltre, le altre 2 frazioni (ciascuna ottenuta con circa il 15% di resa) contengono molto ossigeno, per cui sono necessari trattamenti di de-ossigenazione per ottenere prodotti commerciabili. L’industria chimica giapponese Nippon Shokubai, insieme all’Università di Kobe, ha grandemente perfezionato il processo idrotermico mediante l’inserimento di ferro metallico, che agisce come “sequestratore di ossigeno”. Grazie al ferro, le rese di prodotti di decomposizioni idrosolubili passano dal 15 al 60%, e il contenuto in ossigeno viene ridotto a 1/5 di quanto presente nella biomassa di partenza. I prodotti ottenuti vengono facilmente convertiti in idrocarburi olefinici (etilene, propilene, butilene) e aromatici (benzene, toluene, xileni) mediante un catalizzatore acido, come la zeolite ZSM-5; impiegando catalizzatori di idrogenazione, come rame e palladio, si possono poi ottenere i corrispondenti idrocarburi saturi. Infine, il residuo carbonioso può essere utilizzato come agente riducente, per rigenerare il ferro metallico
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(cha al termine del processo viene trasformato in ossido). La Nippon Shokubai spera di utilizzare il nuovo processo per abbassare fino al 30% il costo dei monomeri utilizzati per i biopolimeri superassorbenti di sua produzione.
Neutralizzare le emissioni solforose delle navi I combustibili usati per la propulsione delle navi devono essere i più economici possibile, per cui finora sono stati impiegati residui pesanti del petrolio, con alto tenore di zolfo. Dal punto di vista ambientale questa situazione è stata fino a oggi tollerata, considerando che in mare aperto le emissioni solforose non creassero problemi; tuttavia, il rilevante contributo delle emissioni navali ha indotto a emanare forti restrizioni, che saranno in vigore a partire dal 2020.
Per evitare l’aggravio di costi che comporterebbe il passaggio a combustibili a basso contenuto di zolfo, due società giapponesi del gruppo Mitsubishi (Mitsubishi Heavy Industries e Mitsubuishi Hitachi Power Systems) hanno messo a punto un depuratore che assorbe i gas solforosi (SOx) mediante lavaggio dei gas di scarico dei motori con acqua marina, che poi viene ributtata in mare. Il sistema è volutamente semplice e con una configurazione rettangolare, che consente l’installazione sia sulle navi di nuova costruzione che su quelle già in esercizio.
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AMBIENTE LE AZIENDE CITATE
Assobiotec Tel 02.34565215 E-mail f.pedrali@federchimica.it
Enea-INMRI Tel 06.30483957 E-mail mariapia.toni@casaccia.enea.it
John Zink Hamworthy Combustion Srl Tel 039.6386010 E-mail info@hamworthy-combustion.eu
Althesys Srl Tel 02.58319401 E-mail press@althesys.com
Enel Spa Tel 06.83055699 E-mail ufficiostampa@enel.com
Keller Italy Srl Tel 800.781717 E-mail officeitaly@keller-druck.com
Barra Project International Srl Tel 035.270820 E-mail barra@barraproint.it
Globe Core Gmbh Tel +49.448.42023594 E-mail energie@globecore.de
Kobe University Tel +81.78.8035767 E-mail sci-kyomu@office.kobe-u. ac.jp
BIOGO project Tel +49.6131.9900 E-mail stefan.kiesewalter@imm.fraunhofer.de
Gruppo CAP Tel 02.82502357 E-mail ufficio.stampa@capholding.gruppocap.it
ProChemTech Corp Tel +1. 814.265.0959 E-mail prochem@prochemtech.com
BIOSONIC project Tel +44.1798.812269 E-mail info@bio-sepltd.com
GST4WATER project Tel 051.60983465 E-mail info@gst4water.it
R3WATER project Tel +46.8598.56304 E-mail uwe.fortkamp@ivl.se
BLUESHIP project Tel 06.40040354 E-mail info@blueship-fp7.eu
Haldor Topsoe Tel +45.4527.2000 E-mail topsoe@topsoe.com
Scionix Tel +31.30.6570312 E-mail sales@scionix.nl
Caen Spa Tel 0584.388398 E-mail info@caen.it
Heritage Institute of Technology Tel +91.33.66270600 E-mail srabanti.basu@heritageit.edu
STEELANOL project Tel +32.9.3473111 E-mail info@steelanol.eu
CIC-Consorzio Italiano Compostatori Tel 06.4740589 E- mail cic@compost.it
IDE Technologies Tel +972.9.8929777 E-mail contact@ide-tech.com
Sunbasket Srl Tel 0521.604360 E-mail sun@sunbasket.it
Clariant Prodotti Spa Tel 0321.696149 E-mail michael.tesch@clariant.com
Inail Tel 0817784111 E-mail g.bufalo@inail.it
TAWARA project Tel 049.8275643 E-mail marcello.lunardon@pd.infn.it
Climeworks Ag Tel +41.44.5332999 E-mail contact@climeworks.com
Intesa Sanpaolo Spa Tel 06.67125297 E-mail simone.blasi@intesasanpaolo.com
Three-es Srl Tel 02.96328225 E-mail info@biobang.com
Cobat Tel 06.48795217 E-mail comunicazione@cobat.it
ISI Plast Spa Tel 0522.733811 E-mail isiplast@isiplast.com
Xylem Water Solutions Italia Srl Tel 02.903581 E-mail watersolutions.italia@xyleminc.com
Corradi&Ghisolfi Srl Tel 0372.93187 E-mail info@corradighisolfi.it
ISPRA Tel 06.50071 E-mail infopubblicazioni@isprambiente.it
Zeeco Europe Ltd Tel +44.1780.765077 E-mail zeeco_italy@zeeco.com
Desotech Italia Tel 02.82952811 E-mail info@desotech.com
Ioniqa Tel +31.40.7517630 E-mail info@ioniqa.com
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