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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/Milano In caso di mancato recapito inviare al CMP MILANO ROSERIO per la restituzione al mittente previo pagamanto resi
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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXX APRILE 2019
LINEE GUIDA DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE PER ABBASSARE I COSTI
Il PHA da batteri e alghe
Stop agli incendi nei depositi di rifiuti
pagina 34 34 aa pagina pagina 44 44 aa pagina
DEPOSITO TEMPORANEO, RECUPERO, SMALTIMENTO
LE B.A.T. PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI
a pagina 8
SPECIALE
a pag. 14
TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI
N4
SOMMARIO 4
PANORAMA
LABORATORI
I concimi biologici di nuova generazione
APPROFONDIMENTI
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Le B.A.T. per il trattamento dei rifiuti Le migliori tecniche disponibili sono basilari per stabilire le condizioni necessarie per ottenere l’autorizzazione all’esercizio degli impianti (AIA)
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Una nuova linea di prodotti brevettati, specificatamente progettati per la funzionale nutrizione delle piante
L’inter-confronto tra laboratori
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Uniformate le capacità analitiche dei 40 laboratori Arpa per garantire la qualità delle misure svolte
DEPURAZIONE Stop al bulking filamentoso
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SICUREZZA
La risoluzione di questa disfunzione evitando la formazione di composti organo-alogenati
Stop agli incendi nei depositi di rifiuti
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I punti principali della circolare in materia di prevenzione dei rischi e gestione operativa degli stoccaggi
SPECIALE “TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI”
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Videoispezione e pulizia di condotte interrate
RIFIUTI L’insetticoltura con i biorifiuti
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Interessante sinergia tra questo tipo di allevamento e gli impianti di digestione anaerobica in ambito agricolo o agroalimentare
L’energia da rifiuti in Italia
RETI IDRICHE
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142 i digestori anaerobici di forsu e fanghi di depurazione e 37 gli inceneritori, quasi tutti al Nord
Il drenaggio urbano 4.0
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Stop ai trialometani
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TECNOLOGIE
Il biobutanolo fa parlare di sé
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Il PHA da batteri e alghe
Per contrastare inquinamento e cambiamento climatico, il gas rinnovabile è strategico in ambito agricolo, industriale e nei trasporti
Biometano per le Seat Leon
Le innovazioni di Vogelsang ne hanno migliorato le prestazioni, consentendo intervalli di manutenzione più lunghi e interventi più semplici e veloci
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In sperimentazione materie prime per la produzione di bioplastica che non consumano suolo e al contempo aiutano nello smaltimento di rifiuti
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MACCHINE & STRUMETAZIONE
Le pompe a lobi rotativi
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Messo a punto su scala pilota un processo efficiente, economicamente competitivo ed ecocompatibile per la produzione di questo biocarburante dalle biomasse
BIOMASSE & BIOGAS Biometano: opinioni a confronto
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Scopo, vantaggi e limiti, soluzioni consolidate, progresso tecnico, progetti in corso e sperimentazioni
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MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
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ENTERPRISE EUROPE NETWORK
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GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 50 Hi-Tech Ambiente
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panorama
La differenziata cresce con la TARIP
Coradia iLint: il treno va a idrogeno E’ il primo del suo genere al mondo, si chiama Coradia iLint ed è un treno passeggeri alimentato da una cella a combustibile a idrogeno che genera energia elettrica per la trazione. Questo treno completamente privo di emissioni, è silenzioso ed emette solo vapore acqueo e condensa. Numerose le innovazioni che presenta: conversione dell’energia pulita, energia di accumulo flessibile nelle batterie e gestione intelli-
La tariffa puntuale nasce, ispirandosi al principio europeo “chi inquina paga”, con finalità di equità e controllo e si rivela anche uno strumento di spinta verso il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare. Tra gli obiettivi principali, infatti, vi è aumentare il recupero e dare nuovo valore ai rifiuti. Ma, in particolare, come incide sulla raccolta differenziata? Per rispondere a questa domanda, Comieco ha promosso uno studio dal quale emerge che nei Comuni che hanno adottato, insieme a sistemi di raccolta avanzati, la tariffazione puntuale come nuova modalità di rapporto con gli utenti si è registrato un aumento della quantità di carta e
gente dell’energia disponibile. Costruito appositamente per l’uso su linee non elettrificate, consente una trazione pulita e sostenibile pur mantenendo prestazioni elevate. Realizzato da Alstom, questa interessante alternativa ecologica di trasporto su rotaia è pronta all’uso in sei stati federali tedeschi, sebbene da settembre 2018 i primi due treni a idrogeno sono regolarmente in servizio in Germania su un tratto di rete.
cartone raccolta (da pochi punti percentuali fino al 100%), un incremento della raccolta differenziata complessiva e una riduzione significativa dei rifiuti a smaltimento. La tariffa puntuale si rivela, inoltre, un efficace strumento di comunicazione per le amministrazioni: raccogliere di più e meglio e allo stesso tempo ridurre la quantità di indifferenziato si può tradurre in benefici non solo ambientali ma anche economici, con riduzione della Tari per famiglie e utenze più virtuose. Una particolare attenzione deve però essere riservata alla qualità della raccolta differenziata con strumenti da attivare in fase di raccolta e controlli puntuali.
Rapporto SNPA: L’e-registro per la differenziata al 55,5% tracciabilità dei rifiuti E’ stato di recente approvato un emendamento al D.L. 135/2018 (Decreto Semplificazione) he prevede l'istituzione, a partire dal 1/1/2019, del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti. Dovranno obbligatoriamente iscriversi al registro, che sarà gestito dal Ministero dell'Ambiente, le Secondo il recente rapporto annuale del Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa), formato dalle Arpa regionali e dell'Ispra, in Italia nel 2017 la percentuale di raccolta differenziata è cresciuta, raggiungendo il 55,5% della produzione nazionale di rifiuti urbani.
Quest’ultima si è attestata a 29,6 milioni di tonnellate (-1,8% rispetto al 2016). In valore assoluto, quindi la differenziata ha raggiunto circa le 16,4 milioni di tonnellate (+36,6%). In calo, invece, il rifiuto urbano indifferenziato, diminuito di 1,1 milioni di tonnellate. Hi-Tech Ambiente
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seguenti strutture: enti e imprese di raccolta e trasporto rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi; consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti; realtà addette alla gestione dei rifiuti non pericolosi.
APPRovATA DAL CoNSIGLIo DEI MINISTRI
Al via la legge Salvamare La nuova norma consente ai pescatori di raccogliere la plastica in mare E’ stato approvato i primi di aprile dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge Salvamare, grazie al quale i pescatori potranno finalmente portare a terra la plasti-
ca accidentalmente finita nelle reti. Finora erano costretti a ributtarla in mare perché altrimenti avrebbero compiuto il reato di trasporto illecito di rifiuti, sarebbero
stati considerati produttori di rifiuti e avrebbero dovuto anche pagare per lo smaltimento. “È una grande vittoria per il nostro mare e per l’Italia, che è bagnata per due terzi dall’acqua salata - dichiara Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente - finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica e lo facciamo con degli alleati eccezionali, i pescatori,
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La logistica attenta all’ambiente Qualunque azienda può e deve dare il proprio contributo alla salvaguardia dell’ambiente e alla lotta al surriscaldamento globale, anche rendendo il proprio sistema logistico meno impattante. Allo scopo GS1 Italy (Nielsen) ha messo a punto EcologistiCo2, un tool web gratuito che consente a tutte le imprese di monitorare l’impatto ambientale ed economico della logistica, misurando le emissioni di Co2 prodotte dai trasporti e dalle attività di magazzino. E’ una sorta di “palestra” per prendere confidenza con le variabili che impattano sulle emissioni Co2
della logistica aziendale. Quello della gestione green della supply chain è un terreno di lavoro che ha già coinvolto numerose aziende attive in GS1 Italy con progetti e interventi rigorosamente misurabili, secondo una logica di collaborazione tra il settore
dell’industria e quello della distribuzione. «La responsabilità sociale d’impresa ha conquistato piena centralità nelle politiche aziendali - sottolinea Alberto Frausin, presidente GS1 Italy - e il successo delle politiche di sostenibilità e di economia circolare, che sempre di più consentono recuperi di costi con pratiche di riuso e possono diventare valore aggiunto e occasioni di business, influenza significativamente le scelte di acquisto dei consumatori finali».
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che conoscono il problema meglio di tutti>>. mare, vuole essere leader nella soluzione: appena la Direttiva europea sulla plastica monouso sarà pubblicata, approveremo anche noi la legge per dire stop al monouso”. Con la legge Salvamare i pescatori, che diventeranno spazzini del mare, potranno avere un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta. I rifiuti potranno essere portati nei porti dove saranno allestiti dei punti di raccolta e verranno introdotti dei meccanismi premiali per i pescatori. Il Mediterraneo è particolarmente esposto al problema della plastica, in quanto si tratta di un mare semichiuso: si pensa che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno. Nel Tirreno il 95% dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di 25 cm, sono di plastica, il 41% dei quali sono buste e frammenti. In Italia esistono già dei progetti sperimentali di coinvolgimento dei pescatori nella raccolta della plastica che stanno dando ottimi risultati: nell’Arcipelago Toscano da un anno (a Livorno) e anche in Puglia, dove la Regione avvia proprio in questi giorni la sperimentazione.
BIODIESEL SENZA OLIO DI PALMA ENTRO IL 2030 L’Europa ha deciso di ridurre le deroghe per l'uso dell'olio di palma nella miscela per biodiesel. L’olio di palma, infatti, dovrà essere ridotto gradualmente dal 2023 fino a essere eliminato nel 2030 a causa del suo impatto sulla deforestazione.
approfondimenti
Le B.A.T. per il trattamento dei rifiuti Deposito temporaneo, recupero, smaltimento
Le migliori tecniche disponibili sono basilari per stabilire le condizioni necessarie per ottenere l’autorizzazione all’esercizio degli impianti (AIA) In esecuzione delle disposizioni contenute nella Direttiva 2010/75/UE (cosiddetta Direttiva IPPC), relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento provocato dalle attività industriali, la Commissione Europea ha emanato il 10/8/2018 le nuove conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (B.A.T.) per il trattamento dei rifiuti in attività soggette alla cosiddetta A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale). In pratica, le nuove B.A.T., contenute nella Decisione di Esecuzione (UE)2018/1147 (pubblicata in G.U.U.E., n. L208 del 17/8/18) si applicano alle operazioni di deposito temporaneo, recupero e smaltimento di tutti i rifiuti, pericolosi o non pericolosi, con esclusione di incenerimento, coincenerimento, pirolisi, gassificazione e smaltimento in discarica. Le nuove B.A.T. si applicano inoltre alle acque reflue provenienti dagli impianti ove sono depositati temporaneamente, trattati o smaltiti i rifiuti. L’importanza delle B.A.T. deriva dal fatto che esse costituiscono le basi tecniche per stabilire le condizioni necessarie per ottenere l’autorizzazione all’esercizio degli impianti (la sopra citata A.I.A.). Gli impianti esistenti (che sono stati autorizzati prima del 17/8/18) hanno 4 anni di tempo per adeguarsi, mentre i nuovi impianti devono già dimostrare di essere in linea con i nuovi requisiti, al momento della domanda di autorizzazione. Il documento (UE)2018/1147 contiene 53 B.A.T., delle quali 24
di acque reflue e degli scarichi gassosi. Il rischio ambientale associato al deposito dei rifiuti viene tenuto sotto controllo studiando un’ubicazione ottimale del deposito, una capacità adeguata (che comprenda uno spazio separato per il deposito e la movimentazione dei rifiuti pericolosi imballati), e le misure atte ad assicurare un funzionamento sicuro, come protezione dalle condizioni ambientali, e misure di protezione contro atti vandalici, inconvenienti e incidenti. CONTROLLO DELLE EMISSIONI IN ACQUA E IN ARIA
(contenute nella Sezione 1) sono di applicabilità generale, mentre le rimanenti 29 si applicano a diversi tipi di trattamento.
nei cementifici; la rigenerazione di acidi e alcali esausti, connessa con la lavorazione dei metalli ferrosi. PRESTAZIONE AMBIENTALE
ESCLUSIONI
oltre a inceneritori e discariche, ci sono una serie di attività per le quali le nuove B.A.T. non sono applicabili, e precisamente: il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti; il deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi, con capacità totale superiore a 50 ton; i trattamenti di lagunaggio; lo smaltimento di carcasse e residui animali; il trattamento sul posto dei reflui di allevamento; il recupero diretto di metalli (piombo da batterie fuori uso, zinco o sali di alluminio, metalli provenienti da catalizzatori, fusione di rottami metallici); il recupero della carta; l’utilizzo di rifiuti come combustibile
Il miglioramento della prestazione ambientale complessiva si ottiene istituendo e applicando un sistema di gestione ambientale (SGA). Relativamente agli aspetti più propriamente attinenti ai rifiuti, questo sistema consiste in predisporre e attuare: procedure di preaccettazione, caratterizzazione e accettazione dei rifiuti; sistema di tracciabilità e inventario dei rifiuti; segregazione delle diverse tipologie di rifiuti; cernita dei rifiuti in ingresso; valutazione della compatibilità dei rifiuti prima della loro (eventuale) miscelazione; procedure per la movimentazione e il trasferimento; sistema di gestione della qualità dei prodotti in uscita; inventario dei flussi
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oltre ai principali parametri di processo (flusso in uscita, temperatura, conduttività, BoD) devono essere monitorati, almeno una volta al giorno, una serie di parametri, come: Aox, idrocarburi aromatici, metalli pesanti, ToC, fosforo, solidi sospesi. Analogamente, devono essere controllate periodicamente le emissioni in atmosfera di 13 sostanze, secondo il tipo di trattamento e la tipologia dei rifiuti. Le polveri devono essere controllate in ogni caso, mentre i metalli pesanti andranno controllati solo nel caso di trattamento meccanico di frantumazione di rifiuti metallici; ammoniaca e odori andranno controllati in caso di trattamenti biologici, e così via. Le emissioni diffuse di S.o.v. devono essere misurate almeno una volta l’anno, oppure calcolate in base al bilancio di massa e ai fattori di emissione, secondo un programma di rilevazione e riparazione delle
perdite. Le emissioni diffuse di polveri, altri composti organici e odori, devono essere il più possibile ridotte mediante la minimizzazione delle possibili fonti, l’impiego di apparecchiature a tenuta, il contenimento, la raccolta e il trattamento delle emissioni diffuse (in particolare, sistemando in ambienti chiusi in depressione le apparecchiature più critiche). Le emissioni di polveri possono essere efficacemente controllate con sistemi di bagnatura. Un ruolo importante deve essere riconosciuto alla regolare manutenzione e alla pulizia delle aree di deposito e trattamento dei rifiuti. Nel caso che la presenza di molestie olfattive sia probabile o comprovata, deve essere predisposto un piano di gestione degli odori, che comprenda un protocollo per il loro monitoraggio, un programma di prevenzione e riduzione, e un protocollo di risposta in presenza di rimostranze. Per prevenire o ridurre le emissioni di odori sono possibili diverse tecniche, come la riduzione al minimo dei tempi di permanenza, l’uso dei reattivi chimici e l’ottimizzazione del trattamento aerobico. Per quanto riguarda in particolare la
Dal punto di vista tecnico, le azioni possibili per prevenire e ridurre le emissioni di rumore e vibrazioni sono: rilocalizzazione delle apparecchiature e delle aperture degli edifici; corretta manutenzione delle apparecchiature; chiusura, per quanto possibile, di porte e finestre; rinuncia alle attività più rumorose nelle ore notturne; impiego di apparecchiature a bassa rumorosità; misure di attenuazione e controllo, come barriere, fonoriduttori, dispositivi di isolamento acustico e/o confinamento, insonorizzazione degli edifici. GESTIONE DI ACQUE E SCARICHI IDRICI
combustione in torcia, vi si deve ricorrere solo per ragioni di sicurezza o in condizioni operative straordinarie; deve essere istituito un monitoraggio continuo della quantità dei gas destinati a combustione in torcia. RUMORE E VIBRAZIONE
Nei casi in cui la presenza di vibra-
zioni o rumori molesti presso recettori sensibili sia probabile e/o comprovata, è necessario predisporre, attuare e riesaminare regolarmente (nell’ambito del SGA), un piano di gestione di rumore e vibrazioni, che comprenda: azioni di miglioramento e relative scadenze; protocollo di monitoraggio; protocollo di risposta in caso di rimostranze (o altri eventi anomali).
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Il consumo e la perdita di acqua devono essere monitorati e ottimizzati, mediante piani di risparmio idrico, riduzione dell’uso di acqua per i lavaggi, ricircolo e separazione dei diversi flussi. Le aree di trattamento dei rifiuti devono essere impermeabilizzate, dotate di adeguate infrastrutture di drenaggio e coperte, in modo da ridurre al minimo il volume di acque di dilavamento contaContinua a pag. 10
Continua da pag. 9
Le B.A.T. per il trattamento dei rifiuti minate. vasche e serbatoi devono essere dotati di sensori e condutture di troppo pieno, e provviste di idoneo sistema di contenimento secondario. L’uso di componenti interrati deve essere ridotta al minimo. Deve essere predisposta un’adeguata capacità di deposito temporaneo per le acque reflue generate in condizioni anomale. Le acque reflue devono essere trattate con una combinazione adeguata delle tecniche ben note di trattamento primario, trattamento fisicochimico, trattamento biologico (inclusa la nitrificazione) e rimozione finale dei solidi. Una apposita tabella (n. 6.1) elenca i livelli di emissioni associate alle B.A.T. (BAT-AEL) per gli scarichi diretti, secondo i diversi trattamenti adottati; un’altra tabella (n. 6.2) riporta i valori applicabili nel caso di scarichi indiretti. EFFICIENZA NELL’USO DI MATERIALI ED ENERGIA
L’uso efficiente dei materiali si ottiene riutilizzando il più possibile gli stessi rifiuti (compresi gli imballaggi), oppure i prodotti dei diversi stadi di trattamento. L’uso efficiente dell’energia si ottiene elaborando un piano di efficienza energetica e un registro del bilancio energetico, che riporti l’energia consumata o prodotta, suddivisa per tipo di fonte. TRATTAMENTO MECCANICO DEI RIFIUTI
Per la riduzione delle emissioni in atmosfera risultano applicabili cicloni, filtri a tessuto, apparecchiature di lavaggio a umido e iniezione di acqua nel frantumatore. La BATAEL è stabilita tra 2 e 5 mg/Nmc. Le balle di rifiuto devono essere ispezionate, al fine di rimuovere gli elementi pericolosi (bombole di gas, raee, oggetti contaminati con PCB o mercurio, materiali radioattivi, ecc.). Per ridurre i rischi di incendio e di esplosione, è utile l’uso di un frantumatore a bassa velocità installato a monte del frantumatore principale; i danni da esplosioni possono essere efficacemente limitati mediante serrande di decompressione. E’ comunque necessario un “piano
di gestione in caso di deflagrazione”, che stabilisca le misure preventive, le azioni correttive e i protocolli di intervento. RAEE CONTENENTI VFC, VHC, MERCURIO
oltre alle B.A.T. di applicabilità generale, deve essere previsto: eliminazione e cattura ottimizzata di refrigeranti e oli; condensazione criogenica e adsorbimento su carbone attivo degli scarichi gassosi. I relativi BAT-AEL sono: 3-15 mg/Nmc per i TvoC e 0,5-10 mg/Nmc per i CFC. Deve essere posta particolare attenzione alla prevenzione delle esplosioni, mediante iniezione di gas inerte o ventilazione forzata nelle apparecchiature chiuse. In caso di raee contenenti mercurio, le emissioni devono essere raccolte alla fonte e trattate con filtri e sistemi a carbone attivo, in modo da assicurare una BAT-AEL da 2 a 7 microgr/Nmc. TRATTAMENTO BIOLOGICO DEI RIFIUTI
I rifiuti in ingresso devono essere selezionati. Per ridurre le emissioni in atmosfera si possono usare sistemi di adsorbimento, biofiltri, filtri a tessuto, sistemi di ossidazione termica o di lavaggio a umido, oltre al monitoraggio dei principali parametri dei rifiuti e dei processi. Una apposita tabella (n. 6.7) elenca i BAT-AEL applicabili alle emissioni convogliate. La produzione di acque reflue e il consumo di acqua sono minimizzati mediante segregazione del percolato, ricircolo dell’acqua di processo e ottimizzazione del tenore di umidità dei rifiuti.
Le emissioni diffuse e gli odori nelle fasi di trattamento all’aperto possono essere ridotti mediante copertura dei cumuli in fase di bioossidazione e mediante adeguamento alle condizioni meteorologiche. Negli impianti di trattamento meccanicobiologico, a queste misure può essere aggiunta la segregazione dei flussi di scarichi gassosi e il loro ricircolo dopo condensazione del vapor acqueo. TRATTAMENTO CHIMICO-FISICO DEI RIFIUTI
Per i rifiuti solidi e/o pastosi sono previste condizioni particolari di monitoraggio e un BAT-AEL relativo alle polveri da trattamento chimico-fisico (da 2 a 5 mg/Nmc). Gli oli usati richiedono anch’essi speciali procedure di monitoraggio, per quanto riguarda l’eventuale presenza di solventi clorurati e/o PCB. Le tecniche di distillazione sotto vuoto, estrazione con solvente ed evaporazione a film sottile sono valide sia per il recupero di materiali che per quello di energia. I solventi esausti vengono in genere recuperati per distillazione; i residui di distillazione possono essere riutilizzati per produrre energia, e così pure i gas di processo provenienti dal condensatore. Per oli usati, solventi esausti e rifiuti con potere calorifico, è applicabile un BAT-AEL relativo ai TvoC da 5 a 30 mg/Nmc. Il trattamento termico del carbone attivo esaurito, di rifiuti di catalizzatori e di terreno escavato contaminato, può essere compiuto in forni a riscaldamento indiretto, recuperando il calore degli scarichi gassosi e utilizzando tecniche integrate nei processi per ridurre le emissioni in atmosfera.
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Particolari condizioni di processo sono previste per l’ossidazione termica di carboni attivi esauriti, e per la decontaminazione delle apparecchiature contenenti PCB; in quest’ultimo caso è necessario rivestire di resine il pavimento di cemento dell’intera zona di deposito e trattamento, prevedere norme restrittive di accesso, accurate tecniche di pulizia, di monitoraggio delle emissioni e di smaltimento dei residui di trattamento. I rifiuti liquidi a base acquosa devono essere monitorati in ingresso relativamente alla bioeliminabilità e alla fattibilità di rottura delle emulsioni; i BAT-AEL relativi alle emissioni in atmosfera prevedono valori per l’acido cloridrico (da 1 a 5 mg/Nmc) e per i TvoC (da 3 a 20 mg/Nmc). DESCRIZIONE DELLE TECNICHE
L’ultima parte del documento (UE)2018/1147 consiste in una descrizione delle diverse tecniche applicabili per il controllo delle emissioni in atmosfera e degli scarti idrici, con l’indicazione degli inquinanti tipicamente intercettati. Per quanto riguarda le emissioni diffuse di voC in atmosfera, viene descritto il metodo LDAR (Leak Detection And Repair) con i relativi sistemi di rilevazione (mediante “sniffing”, “optical gas imaging”, occultazione solare, LIDAR e assorbimento differenziale). I paragrafi finali sono dedicati alle tecniche di cernita (classificazione aeraulica, separazione manuale, separazione dei metalli, spettroscopia NIR, sedimentazione-flottazione, separazione dimensionale, tavola vibrante, sistemi a raggi X) e alle tecniche di gestione degli incidenti e dei residui.
DEPURAZIONE A C Q U A
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A R I A
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S U O L O
Stop al bulking filamentoso N.C.R. Biochemical
La risoluzione di questa disfunzione evitando la formazione di composti organo-alogenati Tra le disfunzioni più frequenti e deleterie riscontrabili nella conduzione di impianti biologici, occupa un ruolo di primaria importanza quello del bulking filamentoso. Tale problematica si manifesta con elevati volumi specifici occupati dal fango biologico, ricircolo scarsamente concentrato, difficoltà in fase di chiarificazione, sino alla possibile fuga di biomassa dal sedimentatore. In sintesi, le cause di tale anomalia, vanno ricercate nell’eccessivo sviluppo di batteri caratterizzati da morfologia filamentosa. Tali microrganismi, se da un lato sono necessari alla formazione di una matura e corretta morfologia del fango biologico, possono giungere ad un grado di abbondanza tale per cui, fuoriuscendo dal fiocco, formino ponti con altri fiocchi adiacenti, creando un’unica grande massa difficilmente sedimentabile. Le cause che portano a un ambiente vitale favorente lo sviluppo di tale morfologia batterica, a discapito dei fiocco formatori, sono conosciute. Questi microrganismi possiedono caratteristiche biologiche differenti nei confronti di quelle dei batteri di forma coccoide costituenti la maggior componente del fiocco biologico e prosperano in talune note condizioni ecologiche: basso ossigeno disciolto in vasca d’aerazione, basso F/M dovuto a insufficiente gradiente di BoD solubile, presenza di acque settiche con solfuri, carenza
Un caso tipico inerente l’utilizzo di tecnologia inibente lo sviluppo dei batteri filamentosi
e sproporzioni tra nutrienti, basso pH. METODI D’INTERVENTO NON SPECIFICI
Esistono diversi metodi per contenere tale irregolarità, quelli di tipo non specifico non rimuovono la causa o le molteplici ragioni generanti il bulking, ma riducono gli effetti provocati. Tali interventi sono solitamente a effetto rapido, di facile attuazione impiantistica ed economica, nella pratica corrente si concretizzano nelle possibilità di seguito indicate: svuotamento della vasca d’aerazione e successivo riavvio, ingenti spurghi di fango, impiego di flocculanti polimerici o
inorganici, utilizzo di ossidanti. Sono evidenti le implicazioni successive ai primi due interventi, con completa o parziale perdita della capacità depurativa dell’intera stazione biologica. Il dosaggio di flocculanti va testato attraverso prove di jar test sul campo e non risulta un intervento risolutorio le cause della problematica. Pur essendo in grado di aumentare la velocità di sedimentazione delle particelle di fango, risulta spesso scarsamente efficace nei confronti di tali tipologie di fango biologico. DOSAGGIO OSSIDANTI
L’ipotesi alla base dell’utilizzo di ossidanti direttamente sul fango at-
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tivo (solitamente nel fango di ricircolo con 2,5 g Cl2/kg SST) si fonda sulla evidenza che i filamenti fuoriuscenti dal fiocco biologico sono maggiormente esposti a una dose letale di disinfettante. Questo sistema non è specifico per singoli generi batterici, ma si basa su pure evidenze fisiche, in quanto l’ossidante viene progressivamente consumato durante il trasporto verso il fiocco, arrestando la sua efficacia in prossimità dello stesso (se l’intero delicato processo viene condotto seguendo modalità opportune). Nella maggior parte dei casi viene utilizzato cloro in soluzione (solitamente ipoclorito di sodio), o infrequentemente perossido di idrogeno e ozono. La pratica della clorazione è fortemente impiegata in Inghilterra e Stati Uniti, fortunatamente in maniera meno diffusa nel resto dell’Europa e, in particolare, in Italia. Il danneggiamento dei filamenti è accompagnato da alcuni gravi inconvenienti: riduzione parziale o completa dell’attività nitrificante, i ceppi batterici implicati in tale attività metabolica risultano maggiormente sensibili alla clorazione rispetto ai microrganismi filamentosi; scomparsa dei protozoi ciliati, aumento nell’effluente dell’azoto ammoniacale derivante da lisi cellulare; perdita dell’efficienza depurativa in merito all’abbattimento della frazione carboniosa e dei sali di fosforo; formazione di organoalogenati organici, sostanze cancero-
Prima del trattamento
gene e mutagene in particolar modo per l’ittiofauna, ma anche per i vegetali. La formazione di detti composti è strettamente dipendente dal carico di sostanze organiche presenti nell’acqua (ToC), materiali umici e fulvici, ma anche tannini, lignine, clorofilla, acidi organici, aminoacidi, chetoni, ecc. Nel nostro paese questa attività è ancora condotta, pur essendosi evoluta una più matura coscienza ecologica e legislativa. Risulta chiaro ed evidente il significativo e fortemente negativo impatto ecotossicologico che deriva dall’utilizzo di cloro per contrastare in maniera estemporanea il bulking filamentoso, confermato anche dai saggi di tossicità su Daphnia e batteri luminescenti. Il concetto stesso di utilizzare un “veleno” volontariamente, per risolvere temporaneamente la manifestazione di una problematica e non le origini, è contrario allo spirito di base della depurazione e della natura di un impianto di trattamento biologico. METODI D’INTERVENTO SPECIFICI
Si auspica una maggior attenzione e consapevolezza nei riguardi dell’utilizzo di ipoclorito su fanghi attivi e la successiva produzione di composti fortemente tossici. La problematica del bulking filamentoso, come ogni disfunzione biologica e impiantistica, va affrontata svolgendo un attento studio, identificando le cause e gli effetti. Si procederà successivamente a livello impiantistico, biologico e gestiona-
Dopo il trattamento
le, con interventi mirati, tra di essi connessi e complementari: migliorare il bilancio tra nutrienti, aumentare la concentrazione di ossigeno effettivamente disponibile per la biomassa nell’intero fiocco batterico, regolare al meglio tutti i parametri di conduzione e gestione della stazione depurativa, ottimizzare il rapporto F/M, eventualmente costituire un selettore e controllando tutti i principali parametri chimico/biologici, utilizzare tecnologie biotecnologiche di supporto. BIOTECNOLOGIE
NCR Biochemical per migliorare la composizione del fango in tutti quei casi in cui risulta alterata e diminuirne il volume occupato, abbassando gli SvI corrispondenti, ha
MPCD: UN NUOVO PRODOTTO PER LE PULIZIE INDUSTRIALI Immaginate un detergente esente da classificazione di pericolo, rapidamente biodegradabile, non infiammabile, inodoro, efficace nella pulizia di serbatoi contenenti derivati dal petrolio, sostanze grasse, terreni contaminati, acque superficiali, impianti industriali…Sembra impossibile, ma un prodotto con queste caratteristiche esiste: si chiama MPCD ed è commercializzato in Italia dalla MPCD Service. MPCD è composto da metasilicato di sodio (0.05%), carbonio
studiato e creato i Probios, prodotti basati su supporto di silicati stratificati con effettori di membrana inclusi. I Probios si presentano in forma di polvere e vengono prodotti seguendo una particolare e attenta lavorazione che mantenga e aumenti le singole proprietà dei composti in esso contenuti. L’impiego di tali attivatori biologici consentono la costituzione di una biomassa sufficiente in un minor tempo, apportando superfici di crescita per i batteri, sui quali gli stessi si sviluppano con grande rapidità. Tali superfici favoriscono il proliferare di procarioti fiocco formatori, a discapito dei filamentosi che per effetto della competizione crescono in misura minore. viene di seguito riportato un caso tipico inerente l’utilizzo di tale tecnologia inibente lo di sodio (0,15%), alcoli etossilati (0,05%) e acqua. I diversi componenti sono dispersi utilizzando biotecnologie e nanotecnologie, che assicurano rapidità ed efficacia nei risultati, con efficienza in termini di costo/prestazioni.
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sviluppo dei filamentosi. Come appare evidente gli SvI mostrano un graduale e costante abbassamento, confermato anche dall’osservazione microscopica testimoniante la minor abbondanza di batteri di morfologia filamentosa. I batteri, di morfologia coccoide, sono aiutati nella loro riproduzione grazie al centro di crescita fornito dal Probios e facilitati nella cattura dei nutrienti. In pratica, si assiste a un fenomeno detto di nucleazione, cioè la formazione di uno strato di ancoraggio per i nutrienti e quindi dei fiocco formatori a discapito dei microrganismi filamentosi, che dotati di maggiore superficie specifica sono normalmente avvantaggiati. Contemporaneamente si rende più efficiente il trasferimento di ossigeno e conseguentemente si accelera l’ossidazione diminuendo uno dei principali fattori che causano il bulking. I possibili effetti tossici accumulati nel fango dovuti ai metalli pesanti e ai tensioattivi vengono in parte contenuti poiché essi si legano sui gruppi carbossilici contenuti nel Probios. Il raggiungimento delle migliori capacità depurative, di una ottimale struttura morfologica del fango con conseguente sufficienti livelli di sedimentabilità e chiarificazione, è un obbiettivo senza dubbio raggiungibile. Per farlo è necessario una conoscenza delle cause scatenanti la disfunzione e una programmazione dei successivi interventi, tra i quali per compatibilità ambientale e per concreta miglioria si inserisce l’utilizzo di biostimolatori che possano modificare positivamente la morfologia del fango biologico.
SPECIALE TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI
La valorizzazione dei fanghi di depurazione Contaminanti e forme di recupero
Un’analisi delle diverse possibili modalità di gestione di questi scarti derivanti dal processo depurativo dei reflui e le problematiche connesse Dal luglio 2018 (sentenza Tar Lombardia n. 1782) al 28 settembre dello stesso anno (D.Lgs n. 109, cosiddetto “D.L. Morandi”) è esplosa la “questione fanghi”, che ha portato a sfiorare il blocco dei depuratori delle acque fognarie, ed è tuttora in discussione in quanto la legge di conversione (L. 130/2018, in vigore dal 20/11/2018) è piuttosto complessa e pone non pochi problemi interpretativi. Tutti riconoscono che la disciplina sullo smaltimento agricolo dei fanghi, contenuta nel D.Lgs 99/1992, è insufficiente e da tempo avrebbe dovuto essere aggiornata; in questi casi, accade spesso che i magistrati si sostituiscano ai tecnici, con risultati a volte controproducenti. E’ accaduta una cosa del genere con la sentenza n. 27958 del 6/6/2017, con la quale la Corte di Cassazione Penale sta-
biliva di applicare per le sostanze non espressamente disciplinate dal D.Lgs 99/1992 i limiti previsti per i siti bonificati da destinare a verde pubblico. Per valutare l’impatto di questa sentenza, è sufficiente considerare che il D.Lgs 99/1992
prevede 10 parametri, mentre la normativa sui siti bonificati (All. 5 alla Parte IV del D.Lgs 152/2006) ne prevede 97, tra i quali particolarmente rilevante è il limite sugli “idrocarburi pesanti C>12”, fissato in 50 mg/kg. Le prescrizioni
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della Corte di Cassazione sono apparse subito irrealistiche, e la Regione Lombardia ha pensato di correre ai ripari riaffermando la validità del D.Lgs 99/1992, con la sola aggiunta di due nuovi limiti: idrocarburi C10-C40 (10.000 mg/kg) e nonilfenoli (50 mg/kg). Senonchè, il limite di 10.000 mg/kg è apparso eccessivo a 60 Comuni delle Province di Lodi e Pavia, che hanno fatto ricorso al Tar Lombardia; e quest’ultimo ha annullato la disposizione della Regione, in quanto non è in potere delle Regioni abbassare i limiti di tutela ambientale previsti dalle norme statali. A questo punto il canale di smaltimento dei fanghi di depurazione sul terreno agricolo (che rappresenta la principale modalità, con circa il 38%) si è bloccato, in quanto i fanghi di depurazione non rispettano i limiti del D.Lgs
SPECIALE TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI 152/2006, che sono stati concepiti per tutt’altra finalità (la normativa sulle bonifiche). Ci sono stati interventi “in ordine sparso” di altre Regioni (Toscana, Lazio, Piemonte) e della stessa Lombardia, con una ordinanza “straordinaria, temporanea e derogatoria”; ma i fanghi non smaltiti si accumulavano nei depuratori, e l’alternativa sarebbe stata a breve quella di fermare gli impianti, con conseguenze catastrofiche per l’ambiente e la salute pubblica. Bene ha fatto dunque il Governo ad intervenire, anche se con un provvedimento di emergenza, che ha suscitato critiche da parte degli ambientalisti per il limite relativo agli idrocarburi (1.000 mg/kg), ritenuto eccessivamente alto e pericoloso per l’ambiente e la sicurezza della catena alimentare. Senza prendere alcuna posizione in questa complessa vicenda, esaminiamo le diverse possibili modalità di gestione dei fanghi di depurazione e le problematiche connesse. I CONTAMINANTI CHIMICI
E’ ormai noto che nelle acque reflue sono presenti residui di prodotti farmaceutici, cosmetici e per la cura della persona, oltre ad alchilfenoli e sostanze perfluoroalchiliche (PFOS e PFOA) di provenienza sia domestica che industriale. Durante il processo di depurazione molte di queste sostanze vengono adsorbite dai fanghi, e quindi l’utilizzo dei fanghi di depurazione come fertilizzanti in agricoltura potrebbe riportare i contaminanti nella catena alimentare. Per scongiurare questa eventualità, e mantenere aperta l’opzione dell’utilizzo agricolo, è necessario: - garantire che i fanghi siano prodotti dal trattamento di acque reflue domestiche, o da acque reflue con caratteristiche analoghe (ad es. da industrie agroalimentari) - trattare i fanghi in modo da ridurre il loro potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari connessi al loro utilizzo - sottoporre i fanghi a una caratterizzazione analitica dettagliata, che include (oltre ai metalli pesanti già previsti nel D.Lgs 1999/92) AOx, ftalati, IPA, PCB, diossine, toluene, idrocarburi, composti fluorurati, inquinanti organici per-
TESTATE NUOVE TECNOLOGIE
AQP dice stop ai fanghi Si è conclusa la fase di test sulle nuove tecnologie per la disidratazione dei fanghi. Dopo il via libera del CdA che, nel complesso, ha autorizzato l’avvio di gare per un importo totale di oltre 40 milioni di euro, Acquedotto Pugliese, per prima in Italia, ammodernerà l’intero parco macchine dotandosi di nuove tecnologie su larga scala. Si tratta di grandi centrifughe destinate alla disidratazione dei fanghi che, a regime, consentiranno di ridurre circa 35.000 ton/anno. <<E’ una vera sfida per Acquedotto Pugliese, che opera intensamente nel settore della depurazione, adottare tecnologie all’avanguardia volte alla riduzione dei fanghi. Questo progetto - afferma Simeone di Cagno Abbrescia, presidente di AQP – rientra in un percorso di innovazione volto al benessere delle comunità e alla tutela dell’ambiente. In quest’ottica, sempre a Lecce abbiamo di recente avviato un impianto di cogenerazione che consente di produrre energia elettrica dalla lavorazione dei
fanghi>>. Il sito scelto da AQP per i test è stato l'impianto di depurazione di Lecce, tra le eccellenze del panorama nazionale, dove fino a fine febbraio sono state eseguite le prove tecniche al fine di individuare le apparecchiature più adeguate. L’integrazione di nuove tecnologie nel processo di lavorazione dei fanghi consentirà ad Acquedotto Pugliese di cogliere le opportunità di innovazione tecnologica e acquisire un’alta specializzazione nel settore della depurazione. Il risparmio all’anno, calcolato in termini di minori spese per l’allontanamento dei fanghi dagli impianti di depurazione, sarà
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di circa 5 milioni di euro. Il costo relativo allo smaltimento dei fanghi della depurazione, il cui volume è pari a 244.000 ton/anno, è tra le voci più significative del bilancio di AQP e, di conseguenza, della bolletta idrica a carico dei cittadini: 29 milioni di euro. <<Una scelta per la sostenibilità e per la riduzione dei costi di esercizio a beneficio del territorio - commenta Nicola De Sanctis, AD di AQP – e l’adozione di nuove tecnologie nel settore della depurazione si inserisce in un ben più vasto piano di interventi e di sperimentazioni promosso da Regione Puglia e che vede coinvolti attivamente Autorità Idrica Pugliese e l’Agenzia Regionale per i Rifiuti>>. L’obiettivo è ridurre i fanghi e puntare sul loro miglior riutilizzo in agricoltura, grazie a tecnologie innovative e a cicli lavorativi rispettosi dell’ambiente. Un passo significativo sulla strada dell’ottimizzazione delle spese, nonché del beneficio per l’ambiente.
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La valorizzazione dei fanghi di depurazione sistenti. La fissazione di valori limite per i parametri suddetti può essere dipendente da condizioni sito-specifiche, cioè dalla natura del terreno ove è previsto lo sversamento. Qualora il fango non possa essere utilizzato in agricoltura, si dovrà ricorrere a soluzioni di recupero in coincenerimento (ad es. in cementifici o inceneritori per rsu). Il conferimento in discarica sarà sempre più problematico, in quanto secondo le direttive UE non potrà superare (nell’anno 2035) un quantitativo complessivo corrispondente al 10% della produzione di rsu; le opzioni di incenerimento in impianti autonomi, largamente praticate in molti altri Stati europei, appaiono non realistiche per l’Italia, che attualmente smaltisce per questa via meno del 5% dei fanghi prodotti. IL RECUPERO DEI MATERIALI
Alcune nuove tecnologie stanno trasformando i fanghi di depurazione da rifiuto a fonte di risorse e di energia. La produzione di biogas mediante la digestione anaerobica è ormai un processo consolidato, il cui rendimento può essere potenziato usando tecnologie avanzate di digestione a due stadi, o di idrolisi termica ed enzimatica, oppure pretrattamenti di disintegrazione (meccanica o mediante ultrasuoni). Grazie a tecnologie di questo tipo è possibile ottenere un bilancio energetico positivo (cioè produrre più energia di quella ri-
chiesta per il funzionamento del depuratore), specialmente se si pratica la codigestione di rifiuti organici e fanghi di depurazione. Altre risorse “nascoste” nei fanghi di depurazione sono fibre di cellulosa, biopolimeri, e fertilizzanti organici. Per quanto riguarda il recupero del fosforo, in forma di struvite o di fanghi fertilizzanti, si può considerare conclusa la fase sperimentale, ed è attualmente in fase di organizzazione e avviamento presso il Ministero dell’Ambiente la Piattaforma Italiana del Fosforo. Il progetto H2020 Smart-Plant punta a sviluppare tecnologie innovative di recupero; in Italia partecipa al progetto il depuratore di Carbonera (TV), che utilizza sette diverse tecniche di riciclo: oltre al biogas, si recupera cellulosa, fosforo, nutrienti biologici come PHA (utilizzabile anche per la produzione di bioplastiche), utilizzando processi come SCEPPHAR (della Università di Barcellona) e SCENA (recupero dei nutrienti
mediante idrolisi termica a flusso laterale). A Carbonera si ottengono 0,7-0,8 kg di PHA e 0,3 kg di sali di fosforo al giorno; il materiale cellulosico è attualmente in corso di valutazione per un futuro utilizzo nella produzione di materiali biocompositi. Nell’ambito del progetto SmartPlant è prevista entro il 2020 la realizzazione di un impianto dimostrativo, che dovrebbe lavorare 8.400 mc/giorno di fanghi, recuperando 360 kg/giorno di cellulosa; con il marchio Recell, questo materiale verrà utilizzato per produrre pannelli isolanti, bioplastica, biocompositi, prodotti chimici e come componente per pavimentazioni stradali. Un approccio alternativo alla valorizzazione della cellulosa presente nei fanghi di depurazione (in quanto proveniente dai 10 kg di carta igienica che in media ogni abitante consuma ogni anno) è la trasformazione del fango cellulosico primario, separato per filtrazio-
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ne del refluo a monte del trattamento biologico. Questo fango, composto per il 70-80% da cellulosa, può essere sottoposto a fermentazione acidogenica, ottenendo una frazione liquida (dalla quale si ricavano nutrimenti biologici, monomeri per bioplastiche e struvite) e una frazione solida, che può essere sottoposta a digestione anaerobica ricavando metano. La produzione di fertilizzanti a partire dai fanghi di depurazione è già una realtà industriale nei depuratori gestiti dal Gruppo CAP, che è riuscito così ad azzerare lo smaltimento in discarica. Uno dei fertilizzanti prodotti è il cosiddetto “gesso di defecazione”, che si ottiene trattando il fango con ossido di calcio e acido solforico, ed è attualmente prodotto anche nel depuratore di Milano S. Rocco. Quest’ultimo depuratore ha in corso di sperimentazione anche un sistema di valorizzazione energetica e recupero del fosforo, mediante un processo di combustione a 850 °C in letto fluido, con recupero del fosforo dalle ceneri; una ulteriore sperimentazione riguarda la trasformazione del fango in “Hydro Char” mediante un processo di carbonizzazione idrotermica (HTC) a 185 °C e 18 bar. LA TERMOVALORIZZAZIONE
Abbiamo detto all’inizio che l’incenerimento in impianti autonomi (cioè specificamente dedicati ai fanghi di depurazione) non è una opzione realistica per l’Italia. Questo non esclude che possano esserci esempi interessanti, come l’inceneritore di Bolzano (gestito dalla Eco Center) che smaltisce 24.000 ton/anno, corrispondenti al
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45% dei fanghi di depurazione prodotti in Alto Adige. Il costo di smaltimento è attualmente di 87 euro/ton, ma potrebbe risultare dimezzato recuperando il fosforo dalle ceneri. Appena oltre confine troviamo l’esempio del Cantone di Zurigo, che deve gestire 84.000 ton/anno di fanghi, con il divieto sia di smaltimento in discarica che di impiego in agricoltura; in più, l’Ordinanza di Prevenzione e lo Smaltimento dei Rifiuti (OPSR), in vigore da dicembre 2015, impone il recupero e il riciclo del fosforo contenuto nelle acque di scarico e nei fanghi di depurazione. Quest’ultimo vincolo impedisce soluzioni di recupero energetico come la co-combustione negli inceneritori per rsu e nei cementifici. Il Cantone di Zurigo ha affrontato il problema fin dal 2005, elaborando il progetto di un impianto centralizzato con capacità 10.000 ton/anno, da situare presso l’esistente impianto di depurazione di Werdholzli. Il progetto è stato sottoposto nel 2013 a referendum popolare, ottenendo il 93,9% di “si”; successivamente è iniziata la costruzione, e l’impianto è entrato in esercizio a luglio 2015. L’impianto riceve fanghi con il 30% in media di sostanza secca, li sottopone a pre-essiccamento in 2 unità a disco e, successivamente, a combustione in letto fluido bollente. I fumi sono trattati con elettrofiltro, aggiunta di reagenti, filtri a maniche e torre di lavaggio a 2 stadi. L’impianto è gestito da 10 persone, ma è stato concepito per poter funzionare in automatico fino a 72 ore. Il costo complessivo di costruzione è stato di 51,7 mln di euro; i costi annui di esercizio sono intorno a 6,8 mln di euro, quasi completamente coperti dal contributo di sversamento di 80 euro/ton di fango disidratato conferito all’impianto. Hi-Tech Ambiente
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Fanghi o digestato? …no problem! ZOOM
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Sviluppata un’apparecchiatura che non soffre variazioni di portata e di caratteristiche qualitative del materiale in ingresso RAFT realizza impianti per il trattamento degli effluenti liquidi ad alto carico, dai percolati ai rifiuti liquidi provenienti dai processi industriali, oltre che impianti per il recupero e la concentrazione di soluzioni di lavorazione. Propone, infatti, soluzioni specificatamente sviluppate per il trattamento di: reflui o fanghi di processo e di lavorazione contenenti sostanze inquinanti o pericolose; percolati di discarica o di impianti trattamento rifiuti; digestati e residui semisolidi da trattamento forsu; concentrati derivanti da trattamenti di concentrazione dei reflui; reflui contenenti sostanze da recuperare; reflui di risulta originati da sistemi di trattamento emissioni. Con la propria officina RAFT costruisce: impianti evaporativi sottovuoto, multiplo effetto e atmosferici, impianti chimico-fisici, di strippaggio, di essiccamento fanghi chimici o biologici, di filtrazione (ultrafiltrazione, nanofiltrazione, osmosi inversa) e MBR, filtri a sabbia e a carbone attivo, impianti di separazione solido-liquido sia dinamici che statici. ESSICCAMENTO DEL DIGESTATO E DEI FANGHI DI DEPURAZIONE
Negli ultimi anni l’aumento dei costi di smaltimento e le modifiche normative hanno comportato il restringimento degli spazi per lo smaltimento/recupero di due significativi flussi di rifiuti: i fanghi di depurazione e il residuo della biodigestione. Range parametri chiave - I para-
metri chiave oggetto di valutazione sono chiaramente l’umidità e/o la sostanza secca ma le varie valutazioni di recupero smaltimento sono state effettuate tenendo in considerazione la sostanza organica (SV) e il relativo carbonio organico (COT) e le eventuali specie volatili (NH3 e H2S). Le prove e la sperimentazione - Dal 2016 RAFT porta avanti una serie di prove, analisi e sperimentazioni finalizzate alla risoluzione del problema dello smaltimento dei due stream sopra citati. Attraverso il controllo della riduzione del contenuto di acqua, infatti, è possibile ottimizzare le fasi di smaltimento e/o di recupero a seconda del destino preferito al materiale.
Infatti, se la riduzione dell’umidità dei fanghi permette una riduzione dei costi di smaltimento, la riduzione dell’umidità dei digestato consente l’avvio a processi successivi di trattamento che massimizzano l’efficienza dei processi stessi; ad esempio, un digestato troppo liquido crea problemi di trattamento nel suo successivo avvio a compostaggio. LA PARTNERSHIP RAFT/CARRERA
La necessità di trattare materiali
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in ingresso con un range di umidità molto variabile, dal 95 all’80% e di materiali potenzialmente sporcanti e/o pastosi ha fatto si che si individuasse una tecnologia robusta in grado di adattarsi a variazioni di portata e di rimuovere l’acqua da matrici anche eterogenee. Per questo motivo RAFT ha sviluppato, insieme a CARRERA IMPIANTI, un’apparecchiatura che deriva dal settore del trattamento delle SOA (Sottoprodotti di Origine Animale) che non soffra variazioni di portata e di caratteristiche qualitative del materiale in ingresso e che permetta di controllare le caratteristiche del concentrato prodotte e delle condense. La macchina si adatta ad alimentazioni liquide e solide e, in funzione delle taglie, può arrivare a produrre materiali con ancora un certo tenore di umidità oppure solidi con umidità inferiore al 20%. Per operare il processo evaporativo il materiale è alimentato in un vessel cilindrico orizzontale che viene mantenuto in agitazione mediante dischi collegati ad
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Market un albero rotante che funge da alimentatore del calore al materiale che è all’esterno dei dischi. Il vettore termico (vapore od olio) viene fatto circolare nei dischi e fuoriesce da un altro albero concentrico. I dischi con la loro rotazione fanno avanzare il materiale che lungo l’asse della macchina riduce la sua umidità fino alla portella di scarico, che scarica al raggiungimento delle condizioni desiderate. La macchina viene controllata attraverso misure di temperatura e di umidità del materiale, lo sporcamento viene prevenuto attraverso degli opportuni raschiatori che mantengono elevati i coefficienti di scambio termico. Nel caso di funzionamento a vapore è possibile operare a circuito chiuso delle condense, permettendo una perdita di energia e un consumo di acqua praticamente nullo dal vaso di espansione. Dalla portella di scarico il materiale può fuoriuscire sia liquido che solido a seconda dei risultati attesi. La macchina viene realizzata su specifica, ma ha alcune taglie che sono determinate in base alla quantità di acqua che deve essere evaporata, pertanto le taglie sono variabili dai 2.000 ai 6.000 kg/h di acqua prodotta per ciascuna unità. L’aggressività dei materiali può essere superata attraverso la realizzazione della macchina in acciaio legati speciali. L’evaporazione avviene a pressione atmosferica e per le matrici usualmente trattate (fanghi o digestato) avviene a temperature leggermente superiori ai 100 °C, questo permette di condensare il vapore mediante un aero condensatore. Il condensato prodotto dall’evaporazione solitamente presenta caratteristiche tali da poter essere utilizzato per usi industriali o, se opportunamente trattato, scaricato in fognatura o in acque superficiali; eventuali specie volatili possono essere raccolte e abbattute in una sezione di trattamento sfiati estratti dal serbatoio di raccolta delle condense. I consumi energetici del trattamento sono di due tipi: elettrici, per la rotazione dell’albero a dischi e per l’aero condensatore, e termici, per l’alimentazione del fluido vettore che riscalda i dischi. L’indice di consumo termico a seconda del-
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la taglia della macchina e del materiale da trattare (con maggiore o minore Sostanza Secca) variano tra 1,1 e 1,3 kgvapore/kg acqua evaporata. La soluzione sviluppata si distingue per una disponibilità di macchina molto elevata >8.000 ore/anno e una necessità di manutenzione esigua che, considerando le alternative sul mercato, la collocano ai valori minimi co-
CHI E’ RAFT
Da sempre impegnata nella ricerca applicata e nello sviluppo industriale di soluzioni tecnologiche avanzate per i propri clienti, RAFT promuove la propria azione attraverso un approccio concreto e pragmatico mettendo a disposizione numerose tipologie di impianti in scala ridotta per prove pilota, a dimostrazione dell’efficacia dei processi proposti o per lo sviluppo di nuovi processi. RAFT dispone di una struttura giovane, versatile, motivata e molto attiva e porta avanti con “metodo” piani di formazione e di aggiornamento professionale del personale improntati alla condivisione e allo scambio tanto delle conoscenze interne che di quelle da acquisire dall’esterno. L’evoluzione tecnologica e la dinamicità del settore specifico richiedono infatti una spiccata capacità di adattamento ai cambiamenti e una altrettanto spiccata capacità di innovazione interna. L’organico RAFT è composto da 12 persone che operano negli uffici tecnici presso la sede Legale di Montelupo Fiorentino a cui si aggiunge il personale dell’officina, in provin-
cia di Lucca, che conta 30 persone full-time specializzate nella lavorazione di acciai legati e speciali operanti su una superficie di 7.000 mq. RAFT è pertanto anche molto attenta a monitorare l’evoluzione tecnologica degli strumenti di lavoro quali i software tecnici e gli hardware, provvedendo ad un aggiornamento continuo del loro parco. L’esperienza maturata nei vari settori di attività, la continua ricerca di soluzione tecniche innovative e la spiccata vocazione al problem solving la ha resa un’azienda molto ap-
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me costi di manutenzione. Perseguendo il proprio impegno nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni sempre più efficienti, RAFT sta procedendo a una fase di reingegnerizzazione della macchina per ottenere un evaporatore di seconda generazione che possa essere alimentato con acqua calda a 92 °C, permettendo il recupero termico anche da motori di cogenerazione lavorando sottovuoto e massimizzando le superfici esposte per aumentare i coefficienti di scambio riducendo i costi di investimento. Il dimensionamento della macchina si basa su alcuni elementi che, oltre alla portata media, devono tenere in considerazione il tenore di umidità in ingresso, quello desiderato in uscita, la continuità del processo produttivo a monte dell’essiccatore e la disponibilità termica. prezzata dal mercato. L’attività svolta completamente all’interno di RAFT consiste nella progettazione, assemblaggio e/o costruzione e installazione di impianti di depurazione aria (deodorizzazione, abbattimento/recupero solventi, trattamento fumane aggressive per acidità o basicità, depolverazione), di trattamento altri flussi gassosi (vapori di lavorazione, biogas di discarica, biogas da digestione anaerobica), di depurazione effluenti liquidi (percolato di discarica, soluzioni di lavorazione) e di produzione energetica da biomassa (impianti di cogenerazione alimentati a biogas di discarica, cippato di legna). L’organico e l’organizzazione aziendale consente di porre il cliente di fronte a un unico interlocutore, a partire dalla fase preventivazione fino ad arrivare alla fase di installazione e collaudo dell’impianto.
RAFT Srl
Via del Lavoro, 65 - 50056 Montelupo Fiorentino (FI) Tel 0571.1825444 - E-mail info@raftsrl.com
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SPECIALE TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI 3V GREEN EAGLE 3V Green Eagle è una società italiana che ha ricevuto numerosi riconoscimenti per le sue tecnologie di ossidazione a umido. Il processo applicabile ai fanghi di depurazione si chiama TOP Wet Oxidation, dove TOP è la sigla di Temperatura, Ossigeno, Pressione, cioè i 3 parametri chiave del processo; questa tecnologia ha ricevuto il riconoscimento di B.A.T. (Best Available Technique) da parte della Commissione IPPC dell’UE. Il processo TOP Wet Oxidation prevede: una vasca di raccolta e di equalizzazione; il trasferimento dei fanghi via tubazione ad un miscelatore/sfibratore; l’invio al serbatoio di alimentazione dell’impianto di ossidazione, dove i fanghi sono riscaldati a 300 °C e vengono a contatto con ossigeno a 100-150 bar; il raffreddamento e la decantazione, dalla quale si ottiene una fase solida (Top filler) e una liquida, che va a un impianto di digestione anaerobica; la separazione dell’effluente dall’impianto anaerobico in una fase acquosa (che viene
BIOFORCETECH rinviata all’impianto biologico) e una fase solida, che viene riciclata al digestore. Le emissioni gassose sono composte soprattutto da CO2 e sono estremamente ridotte; il residuo solido è composto prevalentemente da ossidi metallici e può essere usato come aggregato nella produzione di conglomerato bituminoso. L’abbattimento del COD in entrata è di oltre l’80% e la biodegradabilità dell’effluente in uscita supera il 95%; i metalli pesanti vengono ossidati e l’ammoniaca può essere recuperata. Il costo di gestione è notevolmente ridotto (0,20-0,25 euro/kg COD).
www.greeneagle.com
CURRENTA Presso il centro di smaltimento di Leverkusen-Bürrig, la Business Unit Ambiente di Currenta ha in esercizio, tra i vari impianti, quello di incenerimento dei fanghi di depurazione (circa 60.000 ton/anno). Tale impianto è composto delle seguenti unità principali: forno a piani multipli, camera di postcombustione, caldaia a vapore per il recupero termico, depurazione dei fumi. Il forno è un’unità cilindrica suddivisa in 8 ripiani, con albero centrale e bracci raschiatori. I fanghi sono immessi nel forno dall’estremità superiore e cadono così sul ripiano più alto. I raschiatoi di tale ripiano movimentano verso l’esterno i fanghi che, tramite aperture di scarico, raggiungono il livello inferiore. In questo modo i fanghi di depurazione vengono fatti passare con un percorso sinuoso attraverso ogni singolo piano. I tre piani più in alto corrispondono alla zona di essiccamento, dove si ha la vaporizzazione dell’acqua contenuta nei fanghi. Sui due piani successivi si ha la combustione
BioForceTech ha sviluppato un particolare metodo di trattamento dei fanghi di depurazione che consiste nei seguenti passaggi: bioessiccazione, pirolisi, uso del biochar. Con la bioessiccazione i fanghi subiscono un compostaggio aerobico a 70 °C, nel quale il calore sviluppato nei processi naturali di biodegradazione viene usato per rimuovere l’acqua, insieme a un sistema di aerazione forzata. In circa 48 ore il contenuto di umidità passa al 30%. L’aria in uscita dal bioessiccatore viene inviata a un biofiltro, che riduce del 90% le emissioni odorigene. I fanghi essiccati in uscita risultano praticamente sterilizzati ed esenti da microorganismi patogeni. Una tipica unità di bioessiccazione è costituita da un tamburo ottagonale rotante su un asse inclinato, in cui vengono caricate fino a 9 ton di fanghi per 40-60 ore. Il vapor acqueo che evapora viene condensato e l’acqua così ottenuta inviata al depuratore. L’impianto è semplice e compatto, e costituito dal reattore vero e proprio e da 2 ventilatori (uno per l’ingresso di aria, uno per l’uscita di gas e vapor acqueo).
I fanghi essiccati vengono poi riscaldati a 350-600 °C in uno speciale reattore chiuso in acciaio inox, detto P-Five. Il calore per la pirolisi è ottenuto dalla combustione senza fiamma dei gas prodotti dalla pirolisi stessa: grazie al sistema di recupero termico, una volta avviata la pirolisi si autosostiene, con un flusso di materiale in entrata da 200 a 400 kg/ora. L’elevata temperatura di combustione (circa 450 °C) assicura l’assenza di materiali condensabili nei fumi e garantisce il completo sfruttamento dell’energia termica disponibile. Un’unità di pirolisi può lavorare l’output di circa 6 unità di bioessiccazione. Il bilancio finale del processo prevede che da 1 ton di fanghi (al 20% di sostanza secca) si ottengano circa 90 kg di biochar.
www.bioforcetech.com
ECOMASTER ATZWANGER delle componenti organiche (con temperatura fino a 1.000 °C). Sugli ultimi tre piani, infine, le ceneri vengono raffreddate dall’aria di combustione inviata in controcorrente e quindi scaricate. Sul sesto livello è presente lateralmente una camera di combustione ausiliaria, che viene messa in funzione se i fanghi non riescono a bruciare spontaneamente. I fumi in uscita dal forno e i vapori di scarico vengono bruciati nella camera di postcombustione alimentata con rifiuti liquidi. I fumi che da qui escono giungono in caldaia dove si genera vapore poi immesso nella rete industriale del sito. Naturalmente i fumi in uscita dal forno vengono prima depurati mediante un trattamento a più stadi, che comprende: torre di quenching, scrubber rotativo acido ad atomizzazione del liquido, jet scrubber alcalino, reattore a letto trascinato, abbattitore SNCR per NOx.
www.currenta.de
Ecomaster ha realizzato in Sardegna per il Consorzio ASI un impianto per l’essiccamento termico di fanghi derivanti dalla depurazione dei reflui, con capacità di 35.000 t/anno. I fanghi sono conferiti dagli automezzi direttamente in una tramoggia di ricevimento e stoccaggio, da cui sono estratti e inviati al sistema di alimentazione della linea di essiccamento. L’essiccatore è costituito da un mantello cilindrico a doppia parete riscaldato con olio diatermico, all’interno del quale agisce un rotore che imprime al materiale trattato una spinta centrifuga radiale per assicurare il contatto con la superficie riscaldata. Il fango, una volta essiccato, assume una consistenza pulverulenta ed è trascinato dalla corrente gassosa che attraversa l’essiccatore e successivamente separato in un ciclone seguito da un filtro a maniche. A valle del filtro sono presenti un condensatore e uno scambiatore di calore. Il condensato prodotto è inviato all’impianto di depurazione acque,
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mentre il flusso aeriforme ritorna all’essiccatore. Una serie di trasportatori a coclea raccoglie il fango estratto dal ciclone e dal filtro e lo trasporta nei cassoni scarrabili di raccolta. Una delle coclee è raffreddata ad acqua per ridurre la temperatura del materiale. Il ventilatore di processo provvede a vincere le perdite di carico del circuito e a ricircolare il flusso gassoso nello stesso. È previsto uno spurgo che è inviato nella caldaia dove i composti organici sono eliminati. L’essiccamento del fango riduce drasticamente la sua massa e ciò consente dei notevoli risparmi nello smaltimento del materiale in discarica; tuttavia, il potere calorifico del fango essiccato è sufficientemente elevato per un suo eventuale utilizzo come combustibile solido alternativo. L’energia prodotta in questo modo, derivando esclusivamente da biomassa essiccata, è classificabile come energia rinnovabile.
www.ecomaster.it
SPECIALE TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI HUBER In un nuovo impianto per il trattamento dei fanghi a Bayreuth (Germania) viene disidratato ed essiccato il fango di 300.000 ab.eq. in modo completamente automatizzato, sfruttando il calore perduto e con trattamento dell’aria di scarico. I fanghi secondari con un contenuto di sostanza secca compreso tra 2,5 e 3,5 % vengono disidratati da due centrifughe e trasportati automaticamente nell'essiccatore solare mediante coclee di trasporto. Il residuo secco viene misurato automaticamente mediante una sonda, in modo da poter regolare in maniera ottimale il consumo di polimeri e la prestazione di disidratazione. In una serra in vetro tipo Venlo, il pannello di fango pressato viene distribuito in modo uniforme su cinque linee diverse. Dal punto di carico, il fango viene rivoltato dalla macchina rivoltatrice Solstice Huber a doppia paletta (fino a 1.000 mc/ora) e trasportato attraverso la serra e contemporaneamente cede umidità all’aria, fino a diventare (una volta raggiunto l’estremo opposto della corsia)
SLUDGE2ENERGY un granulato costituito da granuli secchi, compatti e rotondi. Il rivoltamento del fango è predisposto in modo da trattare il 99% della superficie coperta dal fango, compresi i muri di delimitazione, così da raccogliere praticamente ogni minima quantità di fango anche negli angoli. Inoltre, la tecnologia sviluppata da Huber è in grado di rivoltare il fango ancora molto umido ogni 15 minuti, diminuendo così il generarsi dell’indesiderato effetto compost. Sopra la corsia è installata una serie di batterie di riscaldamento che introducono nel processo di essiccazione il calore perduto proveniente da un impianto biogas vicino. La serra è dotata di un apposito sistema di scarico dell’acqua di condensa, in modo da ridurre la riumidificazione del fango, e di ventilatori con cui l’aria secca e calda viene soffiata sopra alla superficie dell’essiccatore e condotta attraverso la serra. Il granulato secco viene raccolto, stoccato e rapidamente asportato per il successivo trasporto.
www.huber.de/it
SULZLE KLEIN Sulzle Klein (rappresentata in Italia da NorthTec) vanta 50 anni di esperienza nel trattamento dei fanghi con moderne tecnologie, e propone un sistema integrato composto da: ispessitore a nastro a gravità SolidXdrain; filtropressa a nastro SolidXklein o, in alternativa, pressa a vite SolidXpress, in grado di ottenere un contenuto di sostanza secca dal 18 al 28%; essiccatori a nastro Pro-Dry, Compact-Dry o ContiDry (quest’ultimo specificamente progettato per i residui organici),
Il processo Sludge2Energy ha lo scopo di smaltire i fanghi di depurazione delle acque reflue in modo “energeticamente neutro”, cioè senza richiedere apporti energetici dall’esterno. I fanghi vengono riutilizzati nell’ambito dello stesso depuratore che li produce, mediante una sequenza di trattamenti che prevede: grigliatura; ispessimento; disidratazione; essiccamento a media temperatura su essiccatore a nastro, con introduzione dei vapori entro il forno a letto fluidizzato; combustione su letto fluidizzato, eventualmente in combinazione con altri rifiuti come sfalci, grigliato, residui di compostaggio ecc.; utilizzo del calore di combustione per il preriscaldamento dell’aria di combustione e dell’aria in entrata all’essiccatore a nastro; recupero delle acque ammoniacali risultanti dal lavaggio dei gas di combustione, come riduzione non catalitica selettiva (SNCR) degli ossidi di azoto; trattamento delle emissioni del forno a letto fluidizzato mediante neutralizzazione a secco con bicarbonato e passaggio finale su carbone attivo per rimuovere mercurio e diossine,
seguito da filtri a maniche per rimuovere polveri e materiali assorbenti. La quantità di fanghi da smaltire viene ridotta al 10%, mentre la cenere può essere ulteriormente trattata per consentire il recupero del fosforo e l’eventuale riutilizzo nella produzione di materiali da costruzione. Il progetto è stato sovvenzionato dall’Unione Europea nell’ambito del programma ambientale Life e messo in pratica nel depuratore di Staubing (Baviera), con un impianto in grado di trattare 3.000 ton/anno di sostanza secca. Nella realizzazione su scala industriale è prevista la costruzione di impianti con capacità da 4.000 a 7.000 ton/anno di sostanza secca, corrispondenti alla quantità di fanghi prodotti da depuratori al servizio di comunità da 200.000 a 300.000 ab.eq. I costi di investimento e di gestione risultano ridotti grazie alla realizzazione compatta e all’impiego di tecniche di ottimizzazione della fase di essiccamento termico.
www.sludge2energy.de
TBF + PARTNER che producono in uscita un granulato solido contenente fino al 90% di sostanza secca, e adatti per evaporare da 150 a 700 kg/ora di acqua il Compact-Dry e da 500 a 4.000 kg/ora il Pro-Dry; sistema di trattamento dell’aria esausta, composto da uno stadio di condensazione, seguito da trattamenti di lavaggio acido, lavaggio basico, ossidazione e biofiltro finale; sistema di recupero termico.
www.northtec.it
TBF + Partner realizza progetti per il trattamento termico dei fanghi di depurazione per una loro valorizzazione in termini di materia ed energia. I settori di attività, infatti, riguardano gli impianti di disidratazione, di essiccamento e di incenerimento dei fanghi, oltre che la realizzazione di piani regionali di gestione fanghi e l’analisi e la valutazione per l’identificazione del sito e dei processi tecnologici idonei. Quello del trattamento termico dei fanghi di depurazione è un settore che a livello europeo assumerà un ruolo sempre maggiore, anche perché i fanghi sono stati riconosciuti come una importante risorsa di fosforo per il futuro. In quest’ultimo ambito l’azienda partecipa, con diverse funzioni, allo sviluppo di nuove tecnologie per il recupero del fosforo dai fanghi disidratati o dalle loro ceneri. Com-
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pleta la gamma di servizi offerti, l’elaborazione di piani di smaltimento dei fanghi. Da evidenziare che in qualità di fornitori di servizi, TBF + Partner agisce sia da progettista e consulente che da esecutore. Alcuni esempi di interventi fatti: impianto di incenerimento dei fanghi a Werdhölzli, Zurigo, in Svizzera; rinnovo del trattamento fanghi a Ara Foce Ticino, Locarno (CH); rinnovo linea di combustione n.2 a KSV Karlsruhe, in Germania.
www.tbf.ch
SPECIALE TRATTAMENTO TERMICO DEI FANGHI THERMO-SYSTEM Thermo-System propone una tecnologia particolarmente interessante dal punto di vista ecologico: l’essiccamento solare dei fanghi. Gli impianti di essiccamento a energia solare hanno capacità fino a 600.000 ab.eq., con costi di circa metà rispetto a quelli di un impianto convenzionale. La superficie necessaria può essere notevolmente ridotta nel caso in cui, oltre all’energia solare, sia disponibile anche calore residuo da impianti di combustione o da incenerimento dei rifiuti. Il rivoltamento del fango viene ottenuto grazie ad attrezzature automatiche come il “maiale elettrico” o lo “Schlamm Manager”; quest’ultimo dispositivo consente un flusso continuo e interamente automatico del materiale. Il fango in uscita dall’essiccamento solare ha dal 50 al 90% di sostanza secca; ulteriori riduzioni nel contenuto di acqua si possono ottenere con gli essiccatori a nastro Smart Dry, che operano a temperature tra 90 e 150 °C, con un consumo energetico di soli 850 kWh per tonnellata di acqua
TORRICELLI evaporata. Infine, qualora non vi siano le condizioni per altre modalità di utilizzo, il fango essiccato può essere gassificato in un “reformer”, ottenendo un gas combustibile che può essere sfruttato per riscaldare gli impianti di essiccamento o per la produzione di energia termica. Alla fine resta un residuo di ceneri, corrispondente a mano del 10% della quantità iniziale di fango disidratato; questo residuo può essere utilizzato come materia prima per il recupero del fosforo, come fertilizzante o come aggregato per impiego in edilizia o nei manti stradali.
www.thermo-system.com
VEOLIA Risolvere il crescente volume dei fanghi prodotti dai processi di trattamento delle acque reflue provenienti dal settore industriale e da quello municipale è una delle più grandi sfide ambientali di oggi. A questo proposito Veolia Water Technologies offre una gamma completa e innovativa di tecnologie che riducono la quantità finale di fanghi prodotti, il recupero di energia e/o l'ottenimento di materiali vari. Tra queste: Bioco, essiccamento termico a nastro; Biothelys, idrolisi termica; Exelys, idrolisi termica in continuo; Pyrofluid, valorizzazione termica; Pyromix, valorizzazione termica dei fanghi di depurazione e dei rsu; Solia, essiccamento solare; Athos, mineralizzazione totale dei fanghi tramite ossidazione ad umido. La tecnologia Exelys, ad esempio, è basata sull'idrolisi termica continua per il pretrattamento dei fanghi come prima fase della digestione anaerobica. Questa combinazione migliora le
Torricelli ha realizzato la sezione di trattamento fanghi dell’impianto centralizzato di depurazione di Smat sito a Castiglione Torinese (TO). Tale sezione comprende: una sezione di filtrazione dei fanghi che hanno già subito il trattamento biologico di stabilizzazione anaerobica, in grado di trattare la totalità dei fanghi prodotti dall’impianto; una sezione di disidratazione meccanica per centrifugazione in grado di trattare la totalità dei fanghi prodotti dall’impianto; una prima sezione di essiccamento termico dimensionata su una parte della produzione di fanghi dell’impianto. ≤Il fango disidratato ad un tenore del 26% di secco è alimentato all’essiccatore “NARAh” a pale del tipo indiretto, con capacità di 5.000 kg/h. E’ prevista una doppia estrazione mediante una coclea reversibile in grado di convogliare i fanghi essiccati in alternativa sulle due coclee di raffreddamento: via di caricamento silos fango essiccato oppure via di scarico di emergenza su cassone scarrabile. Il fango essiccato in uscita dalla macchina (1.444 kg/h) viene raffreddato fino a 38 °C
prima del trasporto all’interno del silos di stoccaggio. L’impianto di essiccamento termico (mediante caldaia ad olio diatermico) è in grado di produrre un fango essiccato (10.500 t/anno) con tenore di secco impostabile dal 65% (ideale come compost) fino al 90% (ideale come combustibile). Naturalmente tutte le condense in uscita dall’impianto vengono trattate. Questa linea di depurazione è costituita da: ciclone depolveratore a secco con estrazione ad acqua senza ricircolo dei fini; colonna di condensazione a miscela; sistema di recupero termico con doppio scambiatore a piastre; colonna di condensazione a miscela con acqua di riutilizzo; doppio aspiratore di regolazione. Gli incondensabili vengono inviati al deodorizzatore centrale della linea fanghi.
www.torricellimpianti.it
VOMM IMPIANTI E PROCESSI prestazioni di digestione convenzionale, ottimizzando il trattamento di fanghi e permette di: ridurre i solidi totali ad un valore compreso tra il 25-35%, aumentare la produzione di biogas del 30-50%, eliminare le emissioni di odori durante il processo, ottenere fanghi di alta qualità (stabilizzati e igienizzati) che possono essere recuperati con le massime garanzie nel settore agricolo (biosolidi). A differenza dei sistemi tradizionali di funzionamento discontinuo o in batch, che hanno consumi energetici elevati e la cui attuazione necessita anche di elevati investimenti, questa nuova generazione di sistemi di idrolisi termica continua consente un notevole risparmio energetico, ottenendo lo stesso livello di prestazioni durante il processo di trattamento, e di ridurre in modo significativo la necessità di spazio; inoltre, il funzionamento è semplice e richiede poca manutenzione.
www.veoliawaterst.it
Geotheis Fanghi Biologici (GEO Thermal High Energy Integrated System) di Vomm è una famiglia di apparecchiature per il trattamento di fanghi biologici di qualunque origine. Tutte le apparecchiature sono costruite secondo la tecnologia brevettata basata sulla sospensione del materiale umido entro un flusso di aria calda, generato da una turbina che ruota in uno statore cilindrico orizzontale, creando un film sottile di materiale in elevata turbolenza. Il Vomm Turbo Dryer consente l’essiccamento in continuo dei fanghi, senza emissioni incontrollate in atmosfera; il biofango viene trasformato, in poche decine di secondi, in un pellets altamente sanitizzato, deodorizzato, facilmente stoccabile e movimentabile, da impiegare nella produzione di fertilizzanti o come combustibile in cementifici, centrali termoelettriche, ecc. Tale impianto ha un elevatissimo rendimento termico: per evaporare 1 kg di acqua si spendono 750-
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1.000 kcal, rendendo l’essiccazione molto economica. Quando l’obiettivo è invece la lisi termica per migliorare la digestione anerobica, viene impiegato il Vomm Turbo Cooker, un’apparecchiatura che lavora in continuo i fanghi proiettandoli, per azione della turbina, contro la parete interna di un corpo cilindrico orizzontale, scaldato esternamente. Oltre all’effetto di lisi termica, il fango viene riscaldato a temperatura idonea per la successiva digestione. La famiglia Geothesis Fanghi Biologici si completa con il Vomm Turbo Stripper, un reattore continuo che permette la separazione in corrente di vapore di composti recuperabili o inquinanti (ammoniaca, idrogeno solforato, sostanze organiche volatili). L’estrazione delle sostanze volatili migliora le caratteristiche della fase acquosa inviata alla depurazione.
www.vomm.it
RIFIUTI T R A T T A M E N T O
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S M A L T I M E N T O
L’insetticoltura con i biorifiuti Grazie al biogas
Interessante sinergia tra questo tipo di allevamento e gli impianti di digestione anaerobica in ambito agricolo o agroalimentare Il Pacchetto Economia Circolare dell’Unione Europea punta, tra le altre cose, a ridurre gli sprechi alimentari, in una scala del valore che pone il riuso e il riciclo in testa alle priorità, per scendere fino al recupero della componente energetica, favorendo ogni possibile valorizzazione dei rifiuti organici. Gli scarti e i residui organici delle filiere agroindustriali sono in gran parte uno spreco di cibo, oltre a rappresentare un costo di esercizio rilevante per le im prese che li producono e li devono smaltire. L’allevamento di insetti che possano consentire la trasformazione di scarti agroalimentari in nuove materie prime per l’alimentazione di animali è stato previsto dalle nuove normative europee sul Novel Food (Reg.2017/893/UE), che mirano a semplificare lo sviluppo e la vendita di nuovi prodotti. L’allevamento di insetti, come fonte di proteine sostenibili per acquacoltura e per l’alimentazione di animali, consente di ottenere una serie di prodotti quali: farine proteiche a base di larve essiccate, pellet energetici e biopolimeri. Interessante, in tale ambito, la particolare sinergia di questo tipo di allevamento con gli impianti di biogas agricoli, i quali dispongo-
no solitamente di eccedenze di calore cogenerativo, che possono essere utilizzate in modo ottimale dagli allevamenti di insetti. Una delle principali voci di costo degli allevamenti è infatti quella energetica, per la necessità di condizionare termicamente l’ambiente di crescita delle larve, nonché per le altre fasi di processo. A Casalnoceto, in provincia di A-
lessandria, integrato in un’azienda agricola, è stato realizzato il primo modulo definitivo di una Bugsfarm completa, ossia un sistema industriale per l’allevamento di insetti da destinare alla produzione di farina proteica. Il sistema, frutto della ricerca d’avanguardia condotta nell’insetticoltura dalla BEF Biosystems, consente l’allevamento in-
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tensivo della mosca Hermetia illucens. Obiettivo di BEF Biosystems è la realizzazione di una rete di piccoli moduli per la bioconversione, collegati ad impianti di biogas esistenti. A tal riguardo, BEF Biosystems sta raccogliendo manifestazioni di interesse da parte di impianti di biogas situati nel Nord Italia.
L’energia da rifiuti in Italia Rapporto Utilitalia
142 i digestori anaerobici di forsu e fanghi di depurazione e 37 gli inceneritori, quasi tutti al Nord Oltre 180 impianti tra inceneritori e digestori anaerobici della forsu e dei fanghi di depurazione presenti sul territorio italiano nel 2017, che hanno prodotto 7,6 milioni di MWh di energia, un quantitativo in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie. E’ la fotografia scattata dal “Rapporto sul Recupero Energetico da rifiuti in Italia” realizzato da Utilitalia e Ispra. Dallo studio emerge come il recupero di energia da rifiuti sia essenziale per il conseguimento degli obiettivi fissati dalle direttive europee sull’economia circolare. In Italia, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, si registra una carenza impiantistica e se non si inverte questa tendenza, il nostro Paese continuerà a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica: attualmente ci attestiamo al 23%, mentre le direttive Ue impongono di scendere sotto al 10% entro il 2035. Aumentare la capacità di trattamento degli impianti è quindi fondamentale per chiudere il ciclo dei rifiuti, perché la raccolta differenziata produce scarti che vanno smaltiti nella maniera ambientalmente più corretta e perché il recupero energetico, con conseguente produzione di energia rinnovabile, evita lo smaltimento in discarica. LA DIGESTIONE ANAEROBICA DI FORSU E FANGHI
Nel 2017 erano operativi nel nostro Paese 55 impianti di digestione anaerobica della frazione Hi-Tech Ambiente
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organica dei rsu (47 al Nord, 2 al Centro e 6 al Sud) che hanno trattato 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti. Nei prossimi anni saranno operativi altri 31 impianti. L’organico, con 6,6 mln di ton raccolte, rappresenta il 41,2% dei rsu che entrano nel circuito della raccolta differenziata, con una crescita media annua dell’8%. Per quanto riguarda invece la digestione anaerobica dei fanghi di depurazione, nel 2017 erano operativi 87 impianti (45 al Nord, 17 al Centro e 25 al Sud). GLI INCENERITORI
Nel 2017 erano invece operativi 39 impianti di incenerimento (attualmente ridotti a 37 per la chiusura di Colleferro e Ospedaletto), di cui 26 al Nord, 7 al Centro e 6 al Sud. Essi hanno trattato 6,1 mln di ton di rifiuti, 5,3 dei quali di rsu, e l’85% delle scorie prodotte sono state avviate a riciclaggio. Per quanto riguarda invece il controllo delle emissioni in atmosfera, per diversi inceneritori i limiti applicati risultano più stringenti rispetto a quelli determinati dalla normativa vigente, soprattutto per quanto riguarda polveri, NOx e CO. LA PRODUZIONE DI ENERGIA
Gli impianti di digestione anaerobica hanno prodotto 1,2 mln di MWh e gli inceneritori 6,4 mln di MWh, tra produzione elettrica e termica, in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 mln di famiglie.
E’ stata di recente inaugurata a Cavaglià, in provincia di Biella, la nuova struttura impiantistica di A2A Ambiente per il recupero di plastica ottenuta dalla raccolta differenziata. Si tratta di un impianto estremamente tecnologico, tant’è che consente di selezionare fino a 13 tipi di plastiche differenti grazie a un processo automatizzato che impiega vagli, scanner ottici e windshifter. La capacità di trattamento è di 45.000 tonnellate annue di materiale. Questo sito, peraltro, è particolarmente all’avanguardia anche per come è stato realizzato, ossia con materiali ad altissimo isolamento e con un impianto fotovoltaico sul tetto da 300 kW, che contribuisce all’alimentazione del polo con 330.000 kWh all’anno di energia 100% green. La nuova struttura, inoltre, è la sede del progetto “A2A in 3D”, ideato per porre l’attenzione sui benefici dell’economia circolare e su come la plastica, se correttamente gestita con strumenti adeguati, possa trasformarsi in una risorsa. All’interno del sito è possibile vivere un vero e proprio viaggio della materia, che parte dalla plastica come
NUOvO IMPIANtO tECNOLOGICO
Plastica: il recupero di A2A
rifiuto e, percorrendo tutte le tappe fino alla creazione di nuovi oggetti, comprendere meglio i concetti
di recupero, riciclo e riuso. I visitatori, infatti, possono macinare manualmente la plastica, ottenere un
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filamento per il processo di stampa 3D e vedere realizzati oggetti in PLA e in ABS.
BIOMASSE & BIOGAS B I O M A S S A
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B I O G A S
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B I O M E TA N O
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C O G E N E R A z I O N E
Biometano: opinioni a confronto Essenziale per un ecofuturo
Per contrastare inquinamento e cambiamento climatico, il gas rinnovabile è strategico in ambito agricolo, industriale e nei trasporti Fermare il riscaldamento globale a 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali non è impossibile ma richiederà trasformazioni senza precedenti in tutti i settori della nostra società. Al centro di queste necessarie
trasformazioni c’è anche l’agricoltura, comparto che oggi contribuisce alle emissioni globali di gas serra per il 10-14% e che contemporaneamente risente pesantemente degli effetti del cambiamento climatico. L’agricoltu-
ra, quindi, dev’essere al centro di un’evoluzione rapidissima che le consenta di migliorare la qualità e la quantità delle produzioni, abbattendo, nel contempo, le emissioni. <<La via da seguire – precisa
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Piero Gattoni, presidente del CIB - è unicamente quella verso l’agroecologia, che comprende anche l’impiego di soluzioni capaci di sottrarre CO2 dall’atmosfera, e la digestione anaerobica integrata nell’azienda agricola è una di queste perché produce, oltre all’energia, il digestato, un concentrato naturale di carbonio e nutrienti che, se stoccato nel suolo, può sostituire i fertilizzanti chimici. Il biogas è, dunque, uno strumento indispensabile per un profondo cambiamento dell’agricoltura verso la rivoluzione agroecologica e lo sviluppo di un’agricoltura “carbon negative”. Gli oltre 1200 impianti di biogas agricolo in Italia costituiscono un presidio ambientale irrinunciabile per il nostro Paese, perché laddove c’è un digestore c’è anche una gestione oculata e virtuosa dei sottoprodotti agroindustriali e dei reflui da allevamento. Il biogas è, inoltre, un supporto economico fondamentale per i nostri allevatori e agricoltori che faticano sempre più a rimanere sul mercato nonostante le loro produzioni di qualità eccezionale. Gli agricoltori del biogas sono riusciti negli ultimi anni a mitiga-
re gli effetti della crisi e hanno reinvestito nelle loro aziende, innovando. Le nostre imprese associate costituiscono un patrimonio per il sistema energetico e per il sistema agricolo del Paese>>. Non meno importante il ruolo del gas rinnovabile italiano per il settore dei trasporti e dei processi industriali. Biogas e biometano si candidano a traghettare l’economia verso un orizzonte di sostenibilità ambientale, agendo di concerto con le altre fonti energeti <<Il gas rinnovabile giocherà un ruolo fondamentale nel processo di transizione verso un’economia carbon neutral – ritiene Gattoni anche grazie al potenziamento della filiera agricola del biometano. La molecola del biometano è molto flessibile, può velocizzare la decarbonizzazione della rete del gas, rendere ecosostenibili i trasporti, in particolare quelli pesanti e navali e giocare un ruolo fondamentale nella futura produzione di biomateriali. Inoltre, a fronte della sicura crescita delle rinnovabili non programmabili, quali eolico e fotovoltaico, negli equilibri di approvvigionamento energetico, si renderà necessario equilibrare i picchi della rete elettrica. Il sistema biogas/biometano è l’unica fonte rinnovabile programmabile che consente l’integrazione tra diversi sistemi energetici a favore dello sviluppo e della sicurezza delle reti. Già oggi il biogas ha una capacità di bilanciamento di 1,3 tWh pari al 50% delle attuali necessità. tale potenzialità potrebbe quasi raddoppiare al 2030. Gli impianti di gas rinnovabile agricolo potranno essere una cerniera che connette la rete gas e la rete elettrica, riequilibrando il sistema secondo il bisogno>>. La produzione di gas rinnovabile contribuirà a una più rapida e meno costosa penetrazione delle fonti rinnovabili intermittenti. Secondo dati 2018 del centro studio Navigant, l’utilizzo del biometano potrebbe generare risparmi annui intorno ai 140 miliardi di euro entro il 2050 rispetto a un sistema energetico futuro a emissioni zero che non tenga conto del contributo del gas. L’altro grande bacino potenziale di utilizzo del biometano sono i trasporti, in particolare quelli di difficile elettrificazione come quelli Continua a pag. 29 Hi-Tech Ambiente
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Biometano per le Seat Leon Dal cestino al serbatoio
Con il progetto Metamorfosi il bioCH4 è prodotto a partire dalla forsu domestica e può essere utilizzato in qualsiasi veicolo alimentato a gas Sappiamo tutti che ci sono veicoli alimentati a benzina, elettricità o gas. Ora c'è un nuovo modo di alimentare i motori, che inizia dal nostro cestino dei rifiuti domestici. Questo è l'obiettivo del progetto “Metamorfosi della vita”, produrre biometano dai rifiuti organici, trasformandolo in un gas rinnovabile tramite le seguenti operazioni: riciclaggio, trasformazione, raffinazione e compressione, rifornimento, guida. Ogni abitante della città di Barcellona genera circa 1,5 kg di rifiuti al giorno, e quindi 2,5 milioni di kg di rifiuti al giorno da tutta la città, di cui solo il 40% viene riciclato. <<Con tutti i rifiuti organici che vengono generati - fa notare Andrew Shepherd, l'ingegnere Seat a capo del progetto – possiamo produrre abbastanza biometano
da alimentare 10.000 automobili perché circolino per circa 15.000 km/anno>>. Di tutti i rifiuti raccolti presso l'Ecoparc 2 di Barcellona, il biometano viene prodotto a partire
dai rifiuti organici raccolti in maniera differenziata nei contenitori marroni e quant'altro utile dai contenitori grigi (indifferenziato). Il processo di trasformazione inizia quando tutti i rifiuti organici
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vengono selezionati in loco presso l'Ecoparc e immessi nei digestori anaerobici alti 26 metri. Nel giro di circa 30 giorni viene prodotto biogas con un tenore di metano del 65%. A questo punto avviene l’upgrading del biogas a biometano. <<Uno dei maggiori sforzi che stiamo compiendo con il nostro progetto – afferma Shepherd - è proprio garantire che il gas sia della massima qualità>>. Dopo la fase di raffinazione il gas viene compresso e conservato. Il biometano è ora pronto per l'uso in qualsiasi veicolo a gas. Il rifornimento presso la stazione di servizio del progetto richiede meno di 3 minuti. <<Questo biometano può essere inserito nella rete di alimentazione del gas - dice Shepherd – perché ha la stessa composizione chimica, quindi può essere usato direttamente o miscelato con gas convenzionale>>. Se tutto il biogas dell'Ecoparc 2 fosse trasformato in biometano, 3.750 veicoli Seat Leon potrebbero fare ogni anno tutto il giro del mondo. <<Oggi stiamo affrontando problemi molto importanti con questo gas rinnovabile - conclude Shepherd - come il contributo all'economia circolare e la riduzione dei rifiuti e dei gas effetto serra, poiché la sua produzione e il suo utilizzo generano l'80% in meno di emissioni di anidride carbonica rispetto alla benzina>>. Attualmente ci sono tre Seat Leon e una Seat Arona che usano come carburante il biometano prodotto grazie al processo Metamorfosi, per provarne l'effetto sui motori dopo aver percorso almeno 30.000 km ciascuna.
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– spiega Marco Marchetti, direttore “industrial sustainability environment and energy” di Ferrero - sono alimentati da efficienti impianti di cogenerazione oggi funzionanti a gas fossile. Ad esempio, solo la centrale del nostro impianto di Alba, che alimenta anche il teleriscaldamento della vicina città, consuma circa 110 milioni di mc/anno di gas, producendo all’incirca 200.000 ton di CO2. E’ una situazione che richiede un intervento deciso per un’azienda come la nostra che intende ridurre la propria impronta di carbonio. Il Gruppo Ferrero si prefigge, infatti, di ridurre al minimo le emissioni nei prossimi anni, purtroppo non esiste un’offerta sufficiente di biometano sul mercato e il sistema attuale di incentivi per autotrazione rende economicamente insostenibile l’utilizzo di questa bionenergia nei processi produttivi. Auspichiamo dunque che si sviluppi al più presto un mercato economicamente conveniente per il gas rinnovabile, al pari di quello esistente per l’elettricità>>.
Biometano: opinioni a confronto pesanti (camion e mezzi industriali) e navali con la crocieristica e i traghetti in primo piano. <<Il GNL è il carburante più pulito attualmente disponibile - afferma tom Strang, senior vice president Carnival - e il nostro gruppo è stato tra i primi ad adottarlo nel settore marino. Già oggi è operativa la nave AIDAnova e altre 10 navi da crociera alimentate a GNL sono state ordinate, tra cui la Costa Smeralda che sarà varata tra due anni. Il bioGNL, addirittura, utilizzabile con l’attuale tecnologia, permetterebbe di ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra, aiutando il settore navale a raggiungere gli ambiziosi obiettivi discussi in seno all’Organizzazione Marittima Internazionale>>. D’altra parte, l’industria si sta rivelando molto ricettiva anche rispetto alla possibilità di impiegare il biometano rinnovabile nei processi produttivi. <<I nostri stabilimenti produttivi
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macchine & strumentazione
Le pompe a lobi rotativi Non sono tutte uguali
Le innovazioni di vogelsang ne hanno migliorato le prestazioni, consentendo intervalli di manutenzione più lunghi e interventi più semplici e veloci viste dall’esterno le pompe a lobi rotativi si somiglino un po’ tutte: funzionano in base allo stesso principio, gestiscono fluidi di ogni tipo, con differenti viscosità e non vengono bloccate da piccoli corpi estranei in sospensione nei fanghi e nelle acque di scarico. Ma ci sono alcuni importanti accorgimenti tecnologici che nel tempo hanno migliorato la funzionalità delle tradizionali pompe a lobi. Le innovazioni progettuali studiate da vogelsang hanno migliorato le prestazioni della pompa, consentendo intervalli di manutenzione più lunghi e rendendo gli interventi di assistenza più semplici e veloci. Per questo motivo le pompe vogelsang delle serie vX e IQ sono ideali per movimentare senza difficoltà liquidi viscosi e abrasivi nelle applicazioni più impegnative, anche con corpi solidi in sospensione.
dell'anello di bloccaggio è resistente all'usura, che quindi, si concentra solo sull'anello esterno e non va ad intaccare la tenuta. Questo design consente un’eccellente gestione del surriscaldamento, grazie all’anello di bloccaggio che funge da dissipatore di calore. Inoltre, grazie a questa dissipazione, la tenuta vogelsang diventa anche insensibile al funzionamento a secco.
Usura del lobo rotativo
TENUTE ALL’AVANGUARDIA
Le tenute, nelle pompe tradizionali, sono costituite da tre parti: un elemento fisso, uno rotante e un dispositivo di regolazione. Questi devono essere installati uno ad uno, manualmente, e mantenuti puliti. In caso contrario
possono causare perdite o guasti nel caso in cui, ad esempio, una guarnizione si stacca e finisce nella camera di pompaggio. vogelsang ha progettato la tenuta meccanica ad anello Quality Cartridge, che migliora notevolmente la sicurezza rispetto alle tenute tradizionali. La superficie rigida
LA VERITA’ SUI LOBI
Il primo di questi miglioramenti riguarda la progettazione dei lobi: vogelsang ha deciso di andare oltre il design tradizionale a due e tre ali, in favore una struttura elicoidale, che rende le sue pompe praticamente prive di pulsazioni. Questa configurazione è più efficiente e consente alla pompa una maggiore durata utile e intervalli di manutenzione più lunghi. Gli studi dimostrano che l'efficienza delle pompe peggiora progressivamente con l'usura in presenza di lobi a due e tre ali. Invece i modelli elicoidali sono più durevoli e mantengono l'efficienza di pompaggio inalterata nel tempo.
La pompe a lobi rotativi di Vogelsang Hi-Tech Ambiente
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SEMIGUSCI REGOLABILI
Le piastre di usura e i semigusci del corpo pompa regolabili sono un’altra caratteristica innovativa delle pompe vogelsang. Il design delle piastre di usura consente regolazioni assiali delle stesse. I-
noltre la struttura del corpo pompa è composta da tre elementi: i due segmenti, superiore e inferiore, dell'alloggiamento e l'anello esterno di fissaggio che è munito di una serie di fori di regolazione per consentire il posizionamento dei semigusci in tre diverse posizioni. A differenza del corpo pompa formato da un solo pezzo, la modularità in tre pezzi consente alla pompa di mantenere le sue caratteristiche di capacità e portata più a lungo, senza necessità di sostituire i componenti, risparmiando sui pezzi di ricambio. Consente inoltre l’intercambiabilità delle parti soggette a usura tra le diverse pompe e una maggiore resistenza del materiale.
Comparazione tra tenuta Quality Cartridge (dx) e tradizionale
ALBERI DI TRASMISSIONE: LE DIMENSIONI CONTANO! I semigusci regolabili
Ci sono diversi problemi associati al rischio di rottura degli alberi, che sono comuni nei design più diffusi di pompe a lobi. La continua deflessione dell'albero causa l'affaticamento del metallo e può portare a dei punti di rottura, dove maggiormente sollecitato. Il design delle pompe vogelsang è caratterizzato da un albero solido dal diametro maggiorato, disegnato apposta per resistere alle sollecitazioni della deflessione. vogelsang, utilizzando alberi di diametro molto maggiore rispetto ad altri modelli di pompe a lobi, riduce notevolmente la deflessione dell'albero, migliorando in maniera considerevole il ciclo di vita e le prestazioni delle pompe.
potrebbe essersi verificato un cedimento delle tenute, prima che esso provochi danni. La pressurizzazione della camera di tenuta prolunga la durata delle tenute meccaniche, compensando la pressione tra le due camere, quella degli ingranaggi e quella di pompaggio. Ciò mantiene la camera di tenuta vicina alla pressione del sistema, un vantaggio rispetto all’avere quindi una zona a più bassa pressione, come gli altri modelli di pompa. Quando si scelgono delle pompe a lobi rotativi è bene avere in mente queste caratteristiche per assicurarsi che la pompa che si sta considerando sia realizzata con tutti gli accorgimenti ingegneristici più avanzati, come la filosofia votata alla durevolezza del “Pumps for life” di vogelsang (video e caratteristiche delle pompe a lobi rotativi vogelsang visionabili su www.pumps-for-life.it).
Alberi di trasmissione dal diametro maggiorato
SCOPRIRE IN ANTICIPO SE LE TENUTE NECESSITANO UN INTERVENTO
L’azienda ha inoltre ha aggiunto alle sue pompe una camera tampone e un serbatoio tampone dell'olio, per proteggere la camera degli ingranaggi in caso di perdite o guasti della tenuta. Ciò fornisce agli utenti un avvertimento prima di subire un guasto alla tenuta. Finché l'olio nel bicchierino in cima alla pompa rimane pulito e la pressurizzazione rimane costante, la scatola degli ingranaggi e la camera tampone sono libere da liquidi estranei. Se l'olio risulta contaminato o nel bicchierino si abbassa il livello del liquido a causa di una perdita di pressione, la pompa va controllata, dato che Hi-Tech Ambiente
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laboratori
I concimi biologici di nuova generazione Tecnologia BioEcoActive
Una nuova linea di prodotti brevettati, specificatamente progettati per la funzionale nutrizione delle piante Bio Eco Active ha messo a punto e brevettato un’innovativa serie di concimi, consentiti in agricoltura biologica, utilizzando le particelle BioEcoActive, progettati in modo specifico per la nutrizione delle piante. tali particelle, costituite da fosfati di calcio biomimetici, possiedono un’alta area superficiale che permette loro di ottimizzare i quantitativi di molecole biologicamente attive e di distribuirle in maniera estremamente omogenea sulla vegetazione trattata. Grazie alla loro particolare struttura non necessitano di aggrappanti o adesivanti. Le loro dimensioni e la loro forte attività elettrostatica esterna determinano un’ottimale adesione alla superficie fogliare andandosi a posizionare nelle irregolarità naturalmente presenti su essa. Analisi in microscopia elettronica hanno mostrato come, a gior-
ni di distanza dall’applicazione e anche in seguito a pioggia, le particelle fossero ancora presenti sulle foglie trattate, risultando molto meno sensibili agli agenti atmosferici. I concimi BioEcoActive sono indicati particolarmente in situazioni di carenza di microelementi e in casi di attacco ed indebolimento della coltura da parte di micro-organismi fungini. FUNZIONALITA’ DELLE PARTICELLE
Le microparticelle BioEcoActive contengono un microelemento fondamentale, il calcio, e possono essere funzionalizzate con elementi quali: potassio, zinco, manganese, boro e ferro, che contribuiscono a migliorare la resistenza della pianta. Inizialmente rilasciano i
microelementi legati nella parte più esterna mentre, nel corso della loro permanenza sulla superficie fogliare, vanno incontro a lenta dissoluzione con progressivo rilascio dei nutrienti presenti nella parte interna della particella. La loro efficacia è quindi dovuta alla sinergia di questi due meccanismi di rilascio nonché alla sua peculiare struttura; questo si traduce in un rapido assorbimento del microelemento, che determina un’azione tempestiva ed efficiente nei confronti delle carenze della pianta; inoltre, il lento rilascio determina un trattamento prolungato portando un maggiore beneficio nel tempo. Questi speciali concimi sono particolarmente indicati in caso di carenze di microelementi e agiscono sulla pianta grazie alla loro doppia cinetica di rilascio.
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CORROBORANTI E PRODOTTI FITOSANITARI
Bio Eco Active propone anche una linea di corroboranti impiegabili in agricoltura biologica conformemente al DM 6793/2018. Si tratta di sostanze di origine naturale (ad esempio caolino, propoli, bicarbonato di sodio, etc.) in grado di migliorare la resistenza delle piante nei confronti degli organismi nocivi e proteggere le piante dai danni non parassitari. Differiscono sia dai prodotti fitosanitari, in quanto agiscono solo sul vigore della pianta senza esplicare effetti diretti contro patogeni e parassiti, sia dai fertilizzanti, perché non svolgono principalmente funzione nutrizionale. Queste sostanze sono particolarmente indicate in colture da agricoltura biologica, per il rispetto del territorio e della pianta.
L’inter-confronto tra laboratori Presso il Loop di RSE
Uniformate le capacità analitiche dei 40 laboratori Arpa per garantire la qualità delle misure svolte In questo settore, per realizzare dei proficiency test sulle emissioni è necessario utilizzare impianti speciali che producono “su richiesta” i gas da analizzare. Questi impianti sono molto complessi, tanto che ne esistono solo pochi in Europa: tra questi uno a Parigi, uno a Londra e uno a Kassel, in Germania. L’impianto Loop di RSE è tra i primi 4 in Europa, con caratteristiche
RSE, in accodo con Ispra, ha condotto una serie di verifiche inter-laboratorio ospitando 40 laboratori di misura pubblici delle Arpa, le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, che normalmente svolgono attività di monitoraggio dell’inquinamento industriale, al fine di poterne garantire la qualità delle misure svolte. Si tratta di una prassi comune nel mondo delle scienze sperimentali, che si basa su “osservazioni oggettive”, ossia sulla determinazione delle proprietà di un fenomeno e, quindi, sulle cosiddette misure o determinazioni analitiche. Le misure sono effettuate da tecnici che utilizzano strumentazioni e che devono sempre verificare di stare misurando correttamente, per non fare deduzioni sbagliate. Una delle tecniche più comuni per verificare la correttezza nelle misure è basata sull’utilizzo di “materiali di riferimento”, che hanno caratteristiche note del parametro da verificare. Ebbene, quando più labo-
ratori utilizzando uno stesso materiale di riferimento e verificano di ottenere la medesima misura, si realizza quello che si definisce un “confronto inter-laboratorio” o “proficiency test”. Spesso il materiale di riferimento viene preparato da un’organizzazione terza (il provider) che invia tale materiale ai laboratori senza comunicarne il valore. I laboratori effettuano così le misure necessarie a determinare la caratteristica cercata e la comunicano al provider. Ricevute tutte le misure, il provider le confronta con il valore “noto”. In questo modo è possibile verificare la correttezza delle procedure seguite dai singoli laboratori e garantire la cosiddetta riferibilità delle misure. Nel campo delle emissioni inquinanti, data la delicatezza dei valori determinati, c’è una grande attenzione per questi argomenti, anche perché le metodologie utilizzate per le misure sono molto complicate e il pericolo di errore è alto. Hi-Tech Ambiente
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particolarmente buone, tanto da aver portato RSE a guidare il gruppo di lavoro che, in ambito CEN (il comitato europeo di normazione) sta redigendo la prima norma tecnica di settore. Si comprende quindi l’importanza dell’attività di verifica che RSE ha condotto per le Arpa presso il Loop. Questo lavoro non solo consentirà di uniformare le capacità analitiche dei laboratori pubblici sul territorio nazionale, ma anche di assicurarne la qualità.
sicurezza
Stop agli incendi nei depositi di rifiuti Linee Guida del Ministero dell’Ambiente
I punti principali della circolare in materia di prevenzione dei rischi e gestione operativa degli stoccaggi di Gabriele Perrone
loro natura solida o liquida. Infatti, mentre i rifiuti solidi possono essere stoccati in cumuli di altezza variabile, i rifiuti liquidi devono essere stoccati in appositi serbatoi in possesso di adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico-fisiche e alla pericolosità dei rifiuti stessi, e i serbatoi (o contenitori) devono essere opportunamente etichettati e dotati dei necessari sistemi di sicurezza (sistemi di captazione di eventuali sfiati, che devono essere inviati ad apposito sistema di abbattimento, segnalatori di livello e dispostivi antitraboccamento); gli stessi serbatoi devono inoltre essere provvisti di un bacino di contenimento, con un volume almeno pari al 100% del volume del singolo serbatoio. In secondo luogo, al fine di evitare eventuali fenomeni di autocombustione, incendi o crolli, è opportuno garantire un’adeguata ventilazione degli ambienti, limitare le altezze dei cumuli e assicurare che i quantitativi dei rifiuti in ingresso corrispondano a quelli autorizzati ed effettivamente gestibili in base alle dimensioni e capacità dell’impianto. Inoltre, per evitare il rischio di abbandono dei cumuli nell’area di stoccaggio e di reazioni che possano modificare la natura del rifiuto, la sua pericolosità o l’integrità del contenitore, è necessario porre un limite temporale allo stoccaggio delle singole partite di rifiuto in ingresso all’impianto. Da notare che in nessun caso la mera operazione di stoccaggio può dare origine a rifiuti di natura
Dal maggio 2017 al gennaio 2018 si sono verificati in Italia circa 80 incendi in depositi di rifiuti, soprattutto materie plastiche e carta. Conseguentemente, il Ministero dell’Ambiente ha emanato la circolare Prot. 4064 del 15/3/18, con la quale si espongono le Linee Guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di deposito dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi. LA PREVENZIONE DEL RISCHIO
Innanzitutto, gli impianti che effettuano la gestione dei rifiuti devono rispettare le norme riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro, le norme generali di prevenzione incendi ed effettuare la valutazione dei rischi con l’adozione delle adeguate misure di prevenzione e protezione. Grande importanza riveste ovviamente la prevenzione del rischio, attraverso l’ottimizzazione delle misure tecniche e organizzative, l’adeguata formazione del personale, l’adozione di sistemi di monitoraggio e controllo e l’adeguata manutenzione di aree, mezzi e impianti (compresi gli impianti di protezione antincendi). A tal fine, la prima e fondamentale azione di prevenzione è la differenziazione delle aree destinate allo stoccaggio dei rifiuti per categorie omogenee, in funzione della diversa natura delle sostanze pericolose eventualmente presenti; segue la differenziazione delle modalità di stoccaggio dei rifiuti in base alla Hi-Tech Ambiente
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e/o CER diversi da quelli iniziali; pertanto i tempi di sosta sono facilmente verificabili attraverso i registri di carico e scarico. UBICAZIONE DEGLI IMPIANTI
Per quanto riguarda l’ubicazione degli impianti, quelli che effettuano la gestione dei rifiuti non devono essere situati in aree esondabili, instabili o alluvionabili; in genere è opportuno ubicarli in zone destinate ad insediamenti industriali o aree ospitanti insediamenti dismessi.
per categorie omogenee, dotata di superficie impermeabile o pavimentata con una pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta a tenuta; un’area per il deposito dei rifiuti fermentescibili, adeguatamente attrezzata al controllo della temperatura degli stessi; una o più aree (adeguatamente separate dalle altre) adibite allo stoccaggio delle diverse tipo-
logie di rifiuti infiammabili. In caso che il deposito sia destinato a ricevere rifiuti infiammabili, deve essere acquisito il certificato di prevenzione incendi (CPI); un locale chiuso, o un’area coperta, destinata alla raccolta e stoccaggio dei rifiuti pericolosi, dei rifiuti non pericolosi liquidi, e di tutti quei rifiuti il cui processo di recupero può essere influenzato dall’azione degli agenti atmosfe-
ORGANIZZAZIONE E REQUISITI GENERALI DEGLI IMPIANTI
Quanto, invece, all’organizzazione e ai requisiti generali degli impianti, in generale ogni impianto che effettua la gestione dei rifiuti deve prevedere alcune aree distinte e separate tra loro, adeguatamente contrassegnate in modo da rendere nota la natura ed eventuale pericolosità dei rifiuti in esse conferiti o trattati: un’area destinata ad uso ufficio; un’area di ricezione dei rifiuti; un’area destinata allo stoccaggio dei rifiuti
rici o che possono rilasciare sostanze pericolose per l’uomo o l’ambiente; un locale chiuso attrezzato o un’area coperta destinata al trattamento dei rifiuti (negli impianti che non effettuano solo raccolta e stoccaggio), con caratteristiche idonee rispetto all’attività svolta (superfici impermeabili, adeguata pendenza, rete di drenaggio e raccolta dei reflui, sistemi di aspirazione e trattamento dell’aria, ecc.); un’area per il deposito delle sostanze da utilizzare per l’assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti accidentali; un’adeguata viabilità interna; un’idonea recinzione lungo tutto il perimetro; un’area di emergenza destinata all’eventuale stoccaggio di rifiuti non conformi, conferiti accidentalmente e senza possibilità di verifica al momento del prelievo o dell’accettazione in impianto; un’area destinata alle operazioni di lavaggio di autocisterne e container (i reflui derivanti da tali operazioni devono essere smaltiti come rifiuti speciali). tutte le aree interessate dalla moContinua a pag. 36
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ve essere eseguita immediatamente. Quanto alle tempistiche di stoccaggio e destinazione dei rifiuti, le Linee Guida stabiliscono che: i rifiuti non pericolosi sui quali viene operata la messa in riserva (R13) devono essere destinati ad impianti di recupero di terzi entro un massimo di sei mesi dalla data di accettazione; i rifiuti sui quali viene operato il deposito preliminare (D15) devono essere avviati alle successive operazioni di smaltimento entro un massimo di dodici mesi dalla data di accettazione; i rifiuti in uscita dall’impianto devono essere conferiti a soggetti autorizzati per il recupero/smaltimento finale, escludendo ulteriori passaggi ad impianti di stoccaggio.
Stop incendi nei depositi di rifiuti vimentazione, stoccaggio e soste operative dei mezzi devono essere impermeabilizzate e realizzate in modo tale da garantire la salvaguardia delle acque di falda, oltre che facilitare la raccolta di possibili sversamenti; deve inoltre essere predisposto un apposito sistema di canalizzazione delle acque meteoriche esterne. TECNOLOGIA, PROTEZIONE E SICUREZZA
Le strutture che gestiscono i rifiuti devono essere provvisti di impianti tecnologici e sistemi di protezione e sicurezza ambientale. In particolare di: impianti o dispositivi antincendio; impianti di videosorveglianza; sistemi di rilevazione e allarme; impianti per la l’approvvigionamento e la distribuzione interna di acqua; impianto elettrico in esecuzione antideflagrante; sistemi di convogliamento delle acque meteoriche, dotati di pozzetti per il drenaggio, vasche di raccolta e decantazione, muniti di separatori per oli e per le acque di prima pioggia; sistemi di raccolta e trattamento dei reflui; impianto di illuminazione. MODALITA’ DI GESTIONE
La responsabilità della gestione operativa dell’impianto è affidata a un direttore tecnico, che deve essere sempre presente in impian-
(nota dell’autore: per quanto le prescrizioni relative alla durata dello stoccaggio siano giustamente motivate dai rischi che presenta il mantenimento di rifiuti in deposito per tempi prolungati, è discutibile – dal punto di vista legale – che una circolare possa imporre obblighi non supportati da testi di legge codificati). to in modo che nel corso della gestione operativa delle attività siano attuate tutte le disposizioni di sicurezza previste dalle normative di settore. In particolare, il direttore tecnico deve assicurare e verificare, prima della loro ricezione, la accettabilità dei rifiuti mediante corrette procedure di identificazione; deve assicurare che i registri di
carico e scarico siano tenuti in conformità rispetto a quanto stabilito dall’art.190 D.Lgs 152/06, e che la movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti siano effettuate in condizioni di sicurezza, nel rispetto delle prescrizioni di dettaglio relative alle diverse categorie di rifiuti. Inoltre, in caso di sversamenti accidentali la pulizia delle superfici interessate de-
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CONTROLLI
L’esecuzione dei controlli deve essere effettuata da personale adeguatamente formato; Ispra e le Agenzie ambientali regionali svolgono attività di controllo nell’ambito degli impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale nazionale e regionale.
reti idriche
Videoispezione e pulizia di condotte interrate Stato dell’arte della tecnologia
Scopo, vantaggi e limiti, soluzioni consolidate, progresso tecnico, progetti in corso e sperimentazioni La videoispezione delle tubazioni consiste in una verifica, eseguita mediante telecamera, dello stato di tubazioni di scarico e condotte fognarie, con produzione di registrazione digitale. I sistemi di viedoispezione sono di due tipi: telecamere a spinta e telecamere motorizzate. Le telecamere a spinta sono di piccole dimensioni e vengono utilizzate per ispezionare scarichi verticali e orizzontali in abitazioni e condomini. vengono inserite negli scarichi di wc, lavandini o pozzetti di ispezione e fatte avanzare per spinta manuale fino a incontrare i punti critici oggetto di perdite od ostruzioni. Le telecamere motorizzate sono utilizzate per la videoispezione di fognature e tubazioni, con diametro da 10 cm in su. Sono montate su carrelli motorizzati, muniti di ruote o cingoli, che vengono introdotti nelle condotte tramite i pozzetti e comandati a distanza da un operatore specializzato. La telecamera è montata su testa rotante inclinabile, in modo da esplorare l'intera circonferenza della condotta, ed è provvista di messa a fuoco automatica e zoom, in modo da poter esplorare i particolari più rilevanti lungo il percorso. L'operatore in superficie riceve su monitor, in tempo reale, le immagini dell'ispezione; inoltre, la videoispezione viene registrata e il filmato consegnato al committente. La telecamera è provvista di un sensore, che ne consente il rilevamento in superficie mediante localizzatore; pertanto l'operatore conosce sempre
spezionare. SCOPO, VANTAGGI E LIMITI DELLA VIDEOISPEZIONE
con precisione la posizione, la profondità e la direzione del movimento della telecamera. Per i collettori di grandissimo diametro
(oltre 2 m) è possibile utilizzare attrezzature comandate direttamente da operatori, che entrano fisicamente nella condotta da i-
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Lo scopo della videoispezione è il rilevamento delle condizioni di integrità delle pareti interne della condotta: si possono vedere crepe, fori, infiltrazioni di radici, allacci anomali, incrostazioni, guarnizioni fuori sede, cambi di diametro, ecc., individuandone l'esatta posizione. Questo consente di programmare l'eventuale riparazione limitando le rotture del manto stradale. Inoltre, grazie alla videoispezione si può verificare lo stato di pulizia della tubazione e la presenza di eventuali ostruzioni; alcuni sistemi di videoispezione sono dotati di ugelli con acqua sotto pressione, che consentono l'immediata rimozione di intasamenti e ostacoli. Nel caso, purtroppo frequente, che non si disponga di una mappa adeguata delle tubazioni, è possibile ricostruire una mappatura dettagliata individuando il percorso (compreso l'andamento della pendenza) e la posizione dei diversi pozzetti e allacciamenti. Grazie a un "optional" denominato "occhio satellitare", è possibile entrare e visionare l'interno di derivazioni laterali maggiori di DN50, e percorrere fino a una distanza di 30 m: si possono così rintracciare scarichi abusivi o immissioni non note, e risalire alla reale provenienza di acque bianContinua a pag. 38
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Videoispezione e pulizia di condotte interrate che infiltranti nelle fognature nere. Il vantaggio principale della videoispezione risiede nella sua natura non invasiva: l'intervento è rapido e non occorre rompere muri o pavimentazioni. Inoltre, il fatto che fornisca una documentazione video non modificabile, la rende preziosa in caso di controversie, per risolvere eventuali dispute relative a perdite, allacciamenti abusivi e simili, e per il collaudo dopo riparazioni o installazione di nuove tubazioni. Il principale limite della videoispezione risiede nella necessità di avere una visione dello stato interno delle condotte che non risulti impedita o alterata da acque torbide o ostacoli fisici. Pertanto, prima della videoispezione è necessario eseguire, per quanto possibile, una accurata pulizia del condotto da esaminare; in alcuni casi può essere necessario fissare la telecamera su una zattera di galleggiamento.
IL SISTEMA TPN DI NUOVA CONTEC Il sistema tPN (the Proving Nozzle) della Nuova Contec realizza, una volta eseguita la pulizia, una immediata videoispezione che si compie facendo avanzare un ugello in acciaio inox, contenente una telecamera autolivellante ad alta definizione, con router wi-fi integrato e sistema di illuminazione a 7 led, memoria interna di 32 Gb e autonomia fino a 8 ore. Il tPN realizza un file video durante l'avanzamento e il ritorno al pozzetto di partenza; una volta estratto il tPN dalla tubazione e ristabilita la connessione wireless, il tablet carica automaticamente dalla telecamera il file
video appena realizzato e georeferenziato, disponibile per essere subito visionato e condiviso. Si tratta, quindi, di un sistema che è molto più di un ugello e molto più di una telecamera. tPN è un accessorio che utilizzato subito dopo ogni intervento di pulizia, consente di ispezionare la fognatura per certificarne lo stato e le condizioni e dimostrare l’efficacia del lavoro eseguito. L’ugello da 90x295 mm dispone di 7 getti con inclinazione a 20°, inserti intercambiabili e diametro di lavoro superiore ai 150 mm con apposita guida di centraggio. Opera con un range di portata di 150-650 lt/min epressione di esercizio di 125175 bar.
LA VIDEOISPEZIONE IN 3D
Gli attuali sistemi di videoispezione registrano i dati come files RGB (2D digitali); pertanto immagini e video non corrispondono ai dati fisici, in quanto sono un’approssimazione planare di oggetti tridimensionali. Questo comporta una scarsa replicabilità delle valutazioni, che risultano molto dipendenti dall'interpretazione soggettiva data dagli operatori. E' oggi possibile passare dalle immagini bidimensionali a mappe di profondità, dalle quali si possono estrarre informazioni ripetibili su dimensioni metriche, distanza e forma; dalla combinazione di più mappe di profondità si arriva ad avere una visione tridimensionale complessiva, con un processo denominato Intelligent Pipe Inspection. L'ispezione sarà formata da milioni di dati, che potranno essere richiamati e analizzati in qualsiasi momento e luogo; inoltre i dati dell'ispezione, integrati con altri dati fisici e strumentali, si presentano già pronti per la connessione a piattaforme intelligenti come BIM (Building Information Modeling)
o GIS (Geographic Information System). La realizzazione dell'ispezione televisiva 3D e della relativa interfaccia con l'operatore, mediante processi di Deep Machine Learning, è oggetto di un progetto denominato Matrix, portato avanti congiuntamente dalle società Idroambiente, Liastech e ProKasro Mechatronik. Il progetto è in corso di sperimentazione su alcuni tratti della rete fognaria di Milano, e ha suscitato l'interesse di BrianzAcque, la società pubblica che gestisce il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) sul territorio della provincia di Monza e Brianza. DALL'ISPEZIONE ALLA PULIZIA
Dopo aver verificato con la videoispezione l'effettivo stato delle tubazioni, e localizzate ostruzioni e incrostazioni, si passa agli interventi di pulizia. Questi interventi sono in ogni caso una indispensabile premessa anche quando si preveda di sostituire le vecchie tubazioni inserendo nuovi elementi, mediante le cosiddette tecnologie di "relining". La pulizia viene preventivamente eseguita con acqua sotto pressione (fino a 175 bar), in erogazione continua o pulsante. In presenza di incrostazioni dure (di sale o calcare), l'azione dell'acqua sotto pressione può essere affiancata da interventi meccanici, come nei sistemi di fresatura utilizzati per eliminare ingressi di radici o per riaprire allacci laterali intasati. Scrostamento e pulizia a fondo di tubazioni possono essere ottenuti anche facendo circolare attivamente, per un certo tempo, una miscela di aria compressa e granuli abrasivi. Hi-Tech Ambiente
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Market
ZOOM
Il drenaggio urbano 4.0
Market
Dati, strumenti e procedure
La mancanza di informazioni in merito alla condizione dei manufatti che costituiscono i sistemi urbani di drenaggio è un problema di assoluta attualità per i gestori del Servizio Idrico Integrato (SII). Ciò che latita sono procedure (software) e strumenti (hardware) in grado di raccogliere informazioni necessarie a supportare le decisioni di chi deve pianificare gli interventi sulla rete. Questa situazione costringe a dover sostenere dei costi legati all’inefficienza della gestione dei sistemi di drenaggio e alla carenza di pianificazione degli interventi. Risulta così evidente l’esigenza di ottimizzare tutte le fasi di quello che si può chiamare Ciclo dei dati che si compone delle seguenti fasi: pianificazione, acquisizione, elaborazione, supporto decisionale L’ottimizzazione di tutte queste fasi come anche delle operazioni di manutenzione, prima tra tutte la pulizia idrodinamica, è di fondamentale importanza per rendere sostenibile la gestione. La soluzione che verrà presentata in seguito prevede la possibilità di eseguire le attività di monitoraggio e di pulizia praticamente in contemporanea; per fare questo è necessario prevedere l’interconnessione di dispositivi, operatori, pianificatori, supporti di archiviazione, applicazioni software per il data processing, che può arrivare a rendere possibile la manutenzione predittiva dei sistemi di drenaggio urbano (SDU). SDU E INDUSTRIA 4.0
L’industria 4.0 prevede che ogni decisione che interessa lo stato del sistema debba essere “data driven”: dati che sono sempre più disponibili, ma che richiedono competenze sempre più importanti per la loro gestione, analisi e interpretazione. Ecco che emerge l’esigenza di investire in modo lungimirante sulla formazione degli operatori, che devono essere sempre più qualificati. È labile il confine tra problema e opportunità e, probabilmente, il modo migliore per prevedere il fu-
qualità/prezzo: essa rappresenta un compromesso conveniente e sostenibile tra la totale assenza di dati e la videosorveglianza h24, che comporterebbe dei costi chiaramente improponibili. VANTAGGI DERIVANTI DALL’USO DEL TPN
turo è crearlo. Motivata da ciò, Nuova Contec ha realizzato una soluzione rivoluzionaria: il TPN, The Proving Nozzle. UGELLO TPN
Si tratta di un ugello con telecamera e router Wi-Fi integrato. Utilizzato subito dopo ogni intervento di pulizia, consente di ispezionare la fognatura per controllare le condizioni e dimostrare l’efficacia del lavoro eseguito. Viene controllato da remoto, con attivazione wireless attraverso il tablet. Una volta inserito in condotta viene realizzato un file
video durante l’avanzamento e il ritorno al pozzetto di partenza. Estratto dalla tubazione e ristabilita la connessione wireless con il tablet, questo carica automaticamente dalla telecamera il file video appena realizzato e georeferenziato, disponibile per essere subito visionato o condiviso. Non è una videoispezione classica, con video in diretta, ma a posteriori, immediatamente successiva all’ultima passata di pulizia. Secondo l’esperienza accumulata da Nuova Contec, questa videoispezione rimane il tipo di conoscenza più efficace dal punto di vista di
Tel 0427.799505 E.mail giovannigabelli@nuovacontec.com
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Per l’impresa esecutrice diventa possibile dimostrare in ogni momento come, quando e dove è stata eseguita la pulizia. Il TPN fornisce una ispezione della condotta senza richiedere la presenza in cantiere di una ulteriore squadra di operatori con attrezzatura dedicata. Risulta così possibile raccogliere a costi irrisori preziose informazioni sullo stato della condotta. L’utilizzo sistematico di TPN permette di integrare l’archivio digitale di pulizia eseguita dall’azienda, e può anche creare nuove opportunità di videoispezione, pulizia e risanamento. Per l’impresa appaltante il TPN mette a disposizione dati certi sugli interventi di pulizia realizzati, potendo ottenere maggiori informazioni a costi più bassi, per un migliore controllo delle condizioni strutturali e di prestazione idraulica delle condotte che consenta un intervento più immediato in caso di guasto. Si possono definire degli standard per gli interventi di pulizia e aumentare l’efficienza nella programmazione della manutenzione a breve, medio e lungo termine, consentendo di ottimizzare i prossimi interventi di pulizia, videoispezione e/o risanamento. Infine, anche la collettività può godere di benefici, dovuti ad esempio alla riduzione di emissioni di CO2, grazie alla limitazione delle interferenze sul traffico, e alla riduzione dei disagi creati da allagamenti o situazioni particolari, grazie all’efficienza della manutenzione. Un aspetto da non sottovalutare è la crescita della fiducia e del consenso nei confronti della società di gestione dei servizi e dell’amministrazione locale. In pratica lavorare con TPN conviene a tutti!
Stop ai trialometani Brevetto Enea
Sperimentato con successo un sistema che rileva in tempo reale la concentrazione nella rete idrica di questi sottoprodotti della disinfezione Acquedotto Santa Sofia
Il cloro è il disinfettante più comunemente usato per potabilizzare le acque destinate al consumo umano. In base alla composizione dell'acqua si possono formare numerose tipologie diverse di sottoprodotti di disinfezione. tra questi vi sono i trialometani, riconosciuti cancerogeni e tossici e per i quali le normative vigenti nazionali ed europee sulla qualità delle acque potabili hanno fissato valori soglia di concentrazione. Enea ha brevettato un sistema capace di valutare la concentrazione di questi inquinanti presenti nella rete idrica, consentendo di affrontare in modo tempestivo eventuali emergenze. Sviluppato dai ricercatori del Centro di Portici in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, tale sistema è già stato sperimentato nell’acquedotto “Santa Sofia” gestito da Acqua Campania. Il software consente di elaborare i dati di concentrazione dei trialometani tramite sensori fissi e mobili integrati con algoritmi di intelligenza computazionale e una piattaforma di simulazione del comportamento idraulico e della qualità delle acque.
Dati acquisiti dalle sonde fisse
<<Grazie a questa innovazione spiega Grazia Fattoruso, ricercatrice di Enea - gli enti gestori del servizio idrico possono stimare in tem-
po reale la concentrazione dei trialometani e identificare con esattezza i segmenti di rete interessati dalla variazione delle concentrazioni
Laboratorio accreditato dell’Università Federico II per l'analisi chimica dei campioni prelevati Hi-Tech Ambiente
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di questi inquinanti, i tempi nei quali il fenomeno può rientrare, inviare squadre di operatori per campagne di misure straordinarie solo lungo i tratti di rete contaminati, interrompere il servizio per un tempo definito e limitato esclusivamente alla popolazione servita da quei tratti, ottimizzando così risorse operative ed economiche>>. Ad oggi le procedure di controllo impiegate dai gestori delle reti idriche si basano su campagne di campionamento e analisi di laboratorio eseguite periodicamente in punti sparsi lungo l’acquedotto, con costi non trascurabili. Inoltre, la dinamicità del funzionamento di un acquedotto e l’impossibilità di accesso ad alcuni tratti non consentono un controllo continuo lungo tutta la rete. <<Date le caratteristiche del brevetto riteniamo che possa rappresentare una nuova opportunità per gli enti gestori per effettuare monitoraggi continui e diffusi delle infrastrutture idriche a costi ridotti - aggiunge Fattoruso - ottimizzando il controllo e la gestione della qualità delle acque>>.
ISOIL INDUStRIA
I misuratori Isoflux Oltre ai misuratori di portata ad ultrasuoni Isoflux, la Isoil Industria produce anche misuratori di portata elettromagnetici (Isomag), contatori di energia termica (IsoNRG), software di acquisizione e gestione dati (Isod@m), e commercializza vari tipi di misuratori di livello a
galleggiante, conduttivi, a vibrazione, capacitivi, a battente idrostatico, magnetostrittivi, ad ultrasuoni e a radar. La gamma di prodotti offerti comprende anche una "Linea Analisi", con sensori per analisi chimico-fisica dell'acqua, analizzatori di processo per un'ampia gamma di
Isoil Industria produce una gamma di misuratori di portata a ultrasuoni del tipo "Clamp-on", denominati "Isoflux", che possono essere fissati all'esterno delle tubazioni. Il principio di misura è basato sul tempo di transito: all'esterno della tubazione sono fissati due sensori, che lavorano in modo alternato. Le onde sonore che viaggiano in favore di flusso hanno una velocità maggiore di quelle che viaggiano in controcorrente, e la differenza di tempo che impiega il segnale nei due casi è in relazione con la velocità del flusso. Il campo di misura va da 0,01 a 25 m/sec, con una precisione (in termini di portata) di 1-3% del valore misurato; è possibile ottenere una precisione di +0,5% del valore misurato eseguendo una taratura in campo per confronto con uno strumento campione ("master meter"). La compensazione dello spessore della tubazione è ottenuta con uno spessimetro integrale, disponibile su richiesta; la presenza di particelle solide o di bolle di gas entro il fluido non crea problemi, finchè rimane al di sotto del 10% in volume. Sono disponibili sia strumenti portatili, come IFX-P200 e IFXP210 (quest'ultimo adatto per misure "a campagna" in quanto può funzionare ininterrottamente per 3 mesi), che strumenti per installazioni fisse, come IFX-F100. Grazie a diversi tipi di sensori, è possibile eseguire misure su tubazioni con diametro da 10 fino a 3.000 mm. Le applicazioni tipiche si hanno nelle reti di distribuzione dell'acqua potabile, per l'individuazione delle perdite e la distrettualizzazione; nell'industria questi misuratori sono preziosi per misure su fluidi corrosivi o particolarmente pericolosi, che creerebbero difficoltà di impiego nei misuratori a turbina. Hi-Tech Ambiente
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parametri, spettrofotometri online multiparametrici per la valutazione della qualità delle acque; una "Linea Automazione e Controlli", con strumentazione per la misura e controllo di processi industriali, del ciclo delle acque, dell'energia e del materiale rotabile; una "Linea Sistemi", comprendente sistemi hardware e software per l'automazione e la gestione di macchine, impianti e processi industriali, nei settori chimico, petrolchimico ed alimentare.
tecnologie
Il biobutanolo fa parlare di sè Il progetto ButaNexT
Messo a punto su scala pilota un processo efficiente, economicamente competitivo ed ecocompatibile per la produzione di questo biocarburante dalle biomasse Nelle discussioni sui biocarburanti, spesso ci si dimentica che questo argomento non è figlio del 21° secolo, ma è invece risalente a quasi due secoli fa. Infatti, già nel 1826 l’alcool etilico (il ben noto componente del vino) veniva usato per alimentare i primi motori a scoppio; e alla fine del 19° secolo Louis Pasteur studiò per primo la possibilità di ricavare butanolo (un altro alcool, con una molecola un po’ più pesante di quella dell’etanolo) dalla fermentazione di materiale biologico. Infine, nel 1916 venne ideato un processo di fermentazione chiamato ABE per produrre acetone, butanolo ed etanolo partendo da amidi e glucosio di origine vegetale: era in corso la I Guerra Mondiale, e l’acetone era essenziale per la produzione di cordite, un esplosivo di uso militare. Durante lo stesso periodo, il processo ABE venne usato anche per la produzione di biobutanolo da materie prime vegetali. Il biobutanolo è una alternativa interessante ai biocarburanti di prima generazione come biodiesel e bioetanolo, perché le sue caratteristiche (assai simili a quelle del petrolio) consentono il suo impiego diretto nei motori come additivo ai carburanti fossili tradizionali; un litro di biobutanolo può dare a un’auto almeno la stessa autonomia di un litro di benzina o diesel, tagliando le emissioni di gas serra dell’85%. Oltre che per i trasporti, il biobutanolo può essere impiegato nella produzione di prodotti come verni-
ci, rivestimenti, adesivi e inchiostri. Nonostante tutti questi vantaggi, a causa di alcune inefficienze nel processo produttivo, e per le economie di scala e la consolidata organizzazione che caratterizzano la produzione di carburanti fossili (oltre al loro relativamente basso costo dovuto alla crisi economica dell’ultimo decennio), il biobutanolo non ha ancora raggiunto una presenza significativa sul mercato. IL PROGETTO BUTANEXT
Progetto ButaNexT step-by-step
Reattore di idrolisi enzimatica e fermentazione Hi-Tech Ambiente
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Il progetto ButaNext tende a superare questi ostacoli tecnici ed economici, sviluppando e validando su scala pilota un processo efficiente, economicamente competitivo ed ecocompatibile per la produzione di biobutanolo da materie prime rinnovabili. Nel corso del progetto è stato innanzitutto sviluppato un nuovo processo di pre-trattamento in due fasi, che converte diverse biomasse lignocellulosiche e residui vegetali in modo da migliorare la resa nei passaggi successivi del processo. Il pretrattamento consiste in: - una prima fase meccanica, nella quale l’unità di triturazione riduce la dimensione delle particelle della biomassa a meno di mezzo millimetro, e ciò non solo consente di condurre il successivo trattamento termochimico in condizioni più blande, ma migliora anche l’efficienza di conversione durante la fase di idrolisi. Si prevede che ciò
porterà a una significativa riduzione dei costi operativi (in particolare una riduzione del 25% dei consumi energetici) - una seconda fase di idrolisi enzimatica, progettata e sviluppata “su misura” per le biomasse cellulosiche non alimentari, che incrementa la produzione di zuccheri dal 70 al 90% nella metà del tempo normalmente necessario per l’idrolisi. Il passaggio più importante per la produzione del biobutanolo è la fermentazione. Il lavoro svolto nel corso del progetto ButaNext ha consentito di mettere a punto un processo fermentativo che porta alla produzione del solo butanolo, senza sottoprodotti e con resa elevata. Allo scopo è stato sviluppato un ceppo batterico (Chlostridia) che conduce la fermentazione delle biomasse legnose affiancato a una tecnologia a membrana: una “fermentazione ibrida” che non solo riduce gli inibenti alla fermentazione, ma consente una parziale purificazione e arricchimento del prodotto, migliorando il bilancio idrico e riducendo i consumi energetici nelle fasi successive. Infine, il passaggio finale (separa-
zione del prodotto dal brodo acquoso di fermentazione) è stato ottimizzato mediante la tecnica ISPR (In Situ Product Recovery), che evita il ricorso alla distillazio-
ne, consentendo notevoli risparmi energetici). Queste tecniche innovative sono state integrate in un impianto pilota, installato presso il Centro per la produzione di biocarburanti di seconda generazione gestito dall’Ente nazionale spagnolo per le energie rinnovabili (Cener). Nel quadro del progetto sono state studiate diverse miscele tra biobutanolo, bioetanolo e carburanti derivati dal petrolio. Il biobutanolo può essere miscelato con gasolio (e anche con biodiesel) fino al 40% e con la benzina fino al 16%; pertanto, il biobutanolo potrebbe vantaggiosamente sostituire il bioetanolo nella formulazione del carburante E-85 o addirittura sostituire integralmente la benzina in
Unità di pervaporazione in scala di laboratorio
Reattore di pretrattamento Hi-Tech Ambiente
questo tipo di miscele. Rispetto al bioetanolo, il biobutanolo presenta il vantaggio di essere poco solubile in acqua, per cui può essere distribuito con le attrezzature già in uso per i carburanti derivati dal petrolio. Significativi, quindi, i risultati raggiunti ad oggi dal progetto nella produzione del biobutanolo, sebbene restino alcuni ostacoli, soprattutto per quanto riguarda i costi di produzione. Inoltre, devono essere approfonditamente valutate le prestazioni delle miscele a base di biobutanolo nella stagione invernale, in quanto la sua tensione di vapore piuttosto bassa potrebbe creare problemi nelle partenze a freddo. Nonostante queste incognite, la britannica Green Biologics (coordinatrice del progetto) possiede negli Usa un impianto per la produzione di biobutanolo su scala commerciale, e quindi esistono i presupposti concreti per avviare la produzione anche in Europa.
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Il PHA da batteri e alghe Per abbassare i costi
In sperimentazione materie prime per la produzione di bioplastica che non consumano suolo e al contempo aiutano nello smaltimento di rifiuti E' ormai evidente che la produzione su larga scala di materie plastiche derivanti dal petrolio e non biodegradabili crei gravi problemi ambientali, soprattutto per quanto riguarda l'inquinamento dei mari. tra le diverse plastiche biodegradabili che sono oggi disponibili sul mercato, appaiono particolarmente interessanti i polimeri naturali PHA (Poli Hydroxy Alcanoates): si tratta di macromolecole che vengono sintetizzate da più di 90 generi di batteri i quali, in condizioni di coltura appropriate, accumulano entro le loro cellule granuli di questi polimeri, come riserva di nutrimento. I PHA si possono lavorare con le stesse attrezzature usate per le plastiche di origine petrolchimica, ma sono completamente biodegradabili (sia nel terreno che in acqua), senza residui tossici. La loro esistenza è nota fin dal 1925 e il loro uso come materiali da imballaggio è stato proposto fin dagli anni '70 dello scorso secolo;
tuttavia, nonostante l'interesse mostrato da grandi multinazionali della chimica come Grace, Zeneca e Monsanto (oltre a produttori cinesi come Shenzhen Ecomann Biotechnology), i PHA non sono mai andati oltre applicazioni di nicchia, come i flaconi per cosmetici. Il motivo è il loro alto costo, dovuto al fatto che la materia prima di cui si nutrono i batteri produttori di PHA è soprattutto glucosio; inoltre, per ottenere il PHA è necessario uccidere i batteri ed estrarre il polimero dalle loro cellule, utilizzando grandi quantità di solventi. Recentemente si è assistito a un risveglio di interesse nei confronti dei PHA, tanto che nel giugno 2018 è stato inaugurato a Castel S.Pietro terme (BO) un impianto con capacità 1.000 ton/anno. Questo è dovuto a nuovi sviluppi nelle ricerche, tra i quali sembra molto promettente quanto scoperto dall'Università israeliana di tel Aviv.
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BATTERI MARINI E ALGHE
Le ricerche sui microorganismi "estremofili", capaci cioè di crescere e riprodursi in ambienti particolarmente ostili, hanno portato nel 1980 alla scoperta del batterio Haloferax mediterranei, che predilige ambienti ad alta salinità: è stato infatti trovato in Spagna, nei bacini di una salina dove viene fatta evaporare l'acqua di mare. Questo batterio produce un particolare tipo di PHA (il poli-idrossibutirrato-coidrossivalerato, abbreviato in PHBv), che ha ottime proprietà meccaniche; inoltre, siccome si sviluppa in ambienti altamente salini, non viene contaminato da altri batteri e può essere allevato senza ricorrere a costose procedure di sterilizzazione. Anche l'estrazione del polimero risulta più facile, perchè è sufficiente diluire l'acqua di mare per rompere le cellule batteriche. Per abbassare i costi di produzione del PHA è indispensabile fornire ai batteri un alimento a buon mercato. Sotto questo aspetto il batterio Haloferax mediterranei si può considerare "di bocca buona", in quanto accetta come nutrimento amido, lolla di riso, zuccheri a 5 atomi di carbonio (come xilosio e arabinosio) e glicerina ottenuta come sottoprodotto della produzione di biodiesel. Ma è soprattutto interessante il fatto (scoperto dai ricercatori israeliani) che l'alimento può essere fornito da alghe, come la comune Ulva sp. Questa alga cresce in abbondanza nelle acque marine dove si hanno fenomeni di eutrofizzazione, tanto da creare spesso problemi di smaltimento; il suo impiego come "materia prima" per la produzione di bioplastica avrebbe quindi il vantaggio di non richiedere terreno agricolo e al contempo di risolvere un problema di smaltimento di rifiuti. La produzione di biopolimeri PHA utilizzando batteri che vivono in acqua marina e si nutrono di alghe potrebbe quindi essere realizzata in Paesi dove acqua dolce e terreno fertile non sono facilmente accessibili, come Israele, India e Cina. Inoltre, la struttura del genoma dell'Haloferax mediterranei è stata completamente identificata grazie al lavoro di ricercatori cinesi, per cui sarà possibile modificare geneticamente questo batterio per migliorare le rese.
IN PROvINCIA DI BOLOGNA
L’impianto italiano di PHA
A metà 2018 è entrato in funzione a Castel S.Pietro terme (BO) il nuovo impianto (da 1.000 ton/anno, facilmente raddoppiabili) della società Bio-On per la produzione di microperle in
PHA destinate all'industria cosmetica, e precisamente a sostituire le microplastiche sintetiche, usate come addensanti, stabilizzanti ed esfolianti in rossetti, lucida labbra, mascara, eyeli-
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ner, smalti, shampoo, bagnischiuma, creme struccanti e detergenti, dentifrici e altro. Le microplastiche sintetiche sono particolarmente nocive per l'ambiente, perchè non vengono trattenute dagli impianti di depurazione e finiscono inevitabilmente nei fiumi e nel mare. La Bio-On ha recentemente annunciato la partnership con il Gruppo Hera nella nuova società Lux-On, costituita per produrre PHA con una nuova tecnologia, che utilizzerà la CO2 atmosferica come materia prima a costo zero, in aggiunta a scarti vegetali come melasse da barbabietole e canna da zucchero, bucce di frutta e di patate, glicerolo e olio di frittura esausto. Da segnalare che in Italia viene inoltre commercializzato ad opera della Daloga il PHA prodotto dalla cinese Shenzen Ecomann Biotechnology.
MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
a cura di ASSITA
Celle solari più stabilli con il grafene
Le celle solari a base di perovskite hanno suscitato molto interesse negli scorsi anni, perché promettevano maggior efficienza rispetto alle normali celle al silicio. Purtroppo i materiali perovskitici si sono rivelati molto sensibili all’umidità, per cui è necessario incapsularli, e anche in queste condizioni la loro stabilità lascia a desiderare. Secondo un gruppo di scienziati sudcoreani, attivi nelle Università di Ulsan e Iksan, il problema può essere superato utilizzando nanoscagliette di grafene funzionalizzato con fluoro in modo da riprodurre la struttura p-i-n della perovskite. Coprendo completamente lo strato attivo della perovskite lo si protegge dall’umidità in quanto si crea uno strato bidimensionale idrofobo, con struttura analoga a quella in cui il materiale perovskitico viene depositato su un film in plastica flessibile; in prospettiva, questo consentirebbe di realizzare dei “soprabiti solari”, con un processo molto più semplice e meno costoso rispetto a quello oggi utilizzato per realizzare i componenti elettrici a base di silicio inorganico.
Produrre acciaio senza utilizzare combustibili fossili Le vicende dell’Italsider di Taranto hanno richiamato l’attenzione sulle tecnologie normalmente utilizzate per la produzione di acciaio, che attualmente impiegano grandi quantità di
combustibili fossili per la riduzione del minerale di ferro. Le società svedesi SSAB, LK e Vattenfall si propongono di investire oltre 2 milioni di euro in un nuovo impianto siderurgico, da realizzare nel Nord della Svezia; questo impianto dovrebbe utilizzare come agente riducente per il minerale di ferro l’idrogeno, prodotto da fonti rinnovabili (energia idroelettrica). La prima fase del progetto, denominato Hybrit, dovrebbe essere realizzata entro il 2025, con la conversione dell’impianto di Oxelosund e la conseguente riduzione del 25% delle emissioni di CO2 della Svezia. Successivi passaggi tra il 2030 e il 2040 dovrebbero consentire la conversione delle acciaierie di Lulea (in Svezia) e Raahe (in Finlandia), azzerando sostanzialmente le importazioni di combustibili fossili in Svezia.
Un grafene ad alte prestazioni per batterie Nel settore delle batterie ricaricabili ad alta capacità, un progresso rispetto alle attuali batterie al litio-ione potrebbe essere costituito dalle batterie a ioni di alluminio (Al-Bs). L’alluminio è un metallo abbondante e poco costoso, non è infiammabile e ha buone caratteristiche elettriche per quanto riguarda la sezione anodica. Tuttavia, il limite è attualmente costituito dalla sezione catodica, che costituisce un “bottleneck” relativamente a importanti caratteristiche, come densità di energia, potenza ottenibile e numero di cicli di carica. Una soluzione a questi problemi potrebbe venire dalle ricerche in corso presso l’università cinese
Idrogeno da acqua e luce solare
di Zhejiang, che ha realizzato un grafene in forma di cristalli liquidi, in fase continua e altamente orientato nelle 3 dimensioni, che sembra soddisfare i 4 requisiti di base per i catodi delle Al-Bs, e cioè: elevata capacità di immagazzinare energia grazie alla presenza di siti attivi in grado di ospitare anioni, posti entro un reticolo ad alta cristallinità ed esente da difetti; elevata conducibilità nei confronti degli elettroni, senza effetti di polarizzazione interna; elevate caratteristiche meccaniche, in grado di mantenersi durante i cicli di ingresso e di uscita degli anioni; presenza di canalizzazioni interconnesse, che consentano elevata permeabilità dell’elettrolita, facile diffusione degli ioni e rapide reazioni di ossido-riduzione tra l’elettrolita e il materiale attivo. Inserendo il nuovo materiale nelle Al-Bs si sono ottenuti buoni risultati per quanto riguarda la vita utile prevista (91,7% di mantenimento della capacità dopo 250.000 cicli), la capacità di carica (111 mAh/g a 400 A/g al catodo), la resistenza agli estremi di temperatura (da -40 a 120 °C e la sicurezza (le batterie AlBs non sono infiammabili). Tuttavia, sono ancora necessari progressi nella formulazione dell’elettrolita, allo scopo di ottenere valori di densità energetica (cioè la quantità di energia che può essere immagazzinata per ogni kg di batteria) che siano paragonabili a quelli delle attuali batterie al litio.
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La scissione diretta dell’acqua in idrogeno e ossigeno mediante l’energia solare è un obiettivo che si insegue da vari anni. Già nel 2016 il progetto europeo 1DH20P aveva dimostrato la fattibilità di ottenere idrogeno mediante un sistema basato su due enzimi immobilizzati su biossido di titanio. Più recentemente, ricercatori dell’Istituto MESAt sulle nanotecnologie dell’università olandese di Twente hanno sviluppato un sistema basato su fotocatodi costituiti da microfilamenti siliconici, lunghi meno di 0,1 nm, aventi alle estremità un rivestimento catalitico a base di nichel-molibdeno. I fotoni della luce solare vengono catturati dai microfili, e trasferiscono la loro energia al catalizzatore, dove avviene lo sviluppo di idrogeno. Grazie alla separazione tra l’area di assorbimento della luce e l’area di reazione, e grazie all’accurata ottimizzazione della densità e della lunghezza dei microfilamenti, è stato possibile raggiungere un’efficienza di conversione della luce a idrogeno del 10,8%, che è la più alta finora ottenuta con sistemi basati sul silicio. Un’analoga realizzazione, recentemente annunciata dalla Stanford University, utilizza un anodo di vanadato di bismuto per produrre acqua ossigenata usando l’energia della luce solare. Il sistema è di piccole dimensioni e autosufficiente, per cui può essere usato per disinfettare l’acqua, rendendola potabile, in situazioni di emergenza.
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LE AZIENDE CITATE A2A Ambiente Spa Tel 030.35531 E-mail a2a.ambiente@pec.a2a.eu
Carnival Corp. Tel +1.305.4067862 E-mail rfrizzell@carnival.com
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Acqua Campania Spa Tel 081.2277111 E-mail sportello.clienti@acquacampania.it
CIB Tel 0371.4662633 E-mail p.gattoni@consorziobiogas.it
N.C.R. Biochemical Spa Tel 051.6869611 E-mail info@ncr-biochemical.it
Airbiom Inc. Tel +33.1.55432450 E-mail info@arbiom.com
Comieco Tel 02.550241 E-mail info@comieco.org
Nuova Contec Srl Tel 0427.799505 E-mail info@nuovacontec.com
Acquedotto Pugliese Spa Tel 080.5723498 E-mail comunicazione@aqp.it
Daloga Srl Tel 035.4124021 E-mail info@daloga.com
Raft Srl Tel 0571.1825444 E-mail info@raftsrl.com
Alstom Ferroviaria Spa Tel 02.243481 E-mail manuela.bozzolan@alstomgroup.com
Eco Center Spa Tel 0471.089500 E-mail m.palmitano@eco-center.it
RSE Spa Tel 02.39921 E-mail domenico.cipriano@rse-web.it
Aquafil Spa Tel 0464.581111 E-mail info@aquafil.com
Enea Portici Tel 081.7723207 E-mail grazia.fattoruso@enea.it
SMART-PLANT project Tel 071.2204530 E-mail smart-plant@univpm.it
BEF Biosystems Srl Tel 011.2733210 E-mail info@befbiosystems.eu
Genomatica Tel +1.858.8241771 E-mail info@genomatica.com
Utilitalia Tel 06.94528278 E-mail stampa@utilitalia.it
Bio-On Spa Tel 051.392336 E-mail info@bio-on.it
Isoil Industria Spa Tel 02.660271 E-mail vendite@isoil.it
Vertellus Llc Tel +1. 317.2478141 E-mail cwalling@vertellus.com
ButaNexT project Tel +44.1235.435710 E-mail ButaNexT@greenbiologics.com
Microvi Tel +1.510.3440668 E-mail info@microvi.com
Vogelsang Srl Tel 0373.970699 E-mail info@vogelsang-srl.it
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AMBIENTE
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