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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXIX GIUGNO 2018
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SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS
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PANORAMA
Il biodesolforatore a torre
APPROFINDIMENTI
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Meno emissioni dalla combustione
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Un biofiltro verticale automatizzato, dai bassi costi di gestione ma altamente efficiente
Nuove prescrizioni arrivano con il D.Lgs 183/2017 per gli stabilimenti industriali di potenza termica fino a 50 MW
La liquefazione del biogas
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Un sistema unico di valorizzazione mediante purificazione criogenica che porta a produrre bioGNL e CO2 liquida
DEPURAZIONE Stop al biofouling di membrana
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Disinfezione con biocidi o con CO2 sotto pressione disciolta in acqua, lotta biologica con batteriofagi o uso di superfici idrofile
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
I sistemi SAE e SME di Sick
La bonifica profonda
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L’impiego di apposite aste per portare in falda o nel sottosuolo materiali reagenti specifici in base al tipo di contaminante presente
Il fango granulare anammox
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Come aggiornare la strumentazione per il monitoraggio delle emissioni e accedere agli incentivi statali con PowerCems100
Le nuove pompe e-MP Lowara
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Elevate prestazioni idrauliche e notevole risparmio energetico
22 LABORATORI
GREEN FASHION
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La sostenibilità nella moda
RIFIUTI
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I servizi di testing ambientale
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SICUREZZA
La gassificazione ionica dei rifiuti
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Grazie ad un campo attivo al plasma e ad elevatissime temperature si genera un syngas ad alto contenuto energetico ed estremamente pulito
Il riciclo del cartongesso
La depurazione biotech dei reflui
La pulizia dei serbatoi TECNOLOGIE
Le B.A.T. per l’industria chimica organica
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GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66
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Pubblicato un nuovo provvedimento che mira a ridurre l’impatto ambientale dei 3.200 impianti che producono LVOC
Un nuovo programma di ritiro e riutilizzo sta partendo in Italia a tutela dell’ambiente
SPECIALE “LA GESTIONE SMART DEI RIFIUTI”
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Il bioidrogeno dai rifiuti
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MARKET DIRECTORY
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ENTERPRISE EUROPE NETWORK
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ECOTECH
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Hi-Tech Ambiente
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panorama L’Italia si conferma un’eccellenza nella raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio, con 361.403 tonnellate avviate al riciclo nel 2017. Il tasso di recupero, pari al 75,3% rispetto alle quantità immesse a consumo, ci posiziona tra i migliori in Europa. Rispetto all’anno precedente, si evince dai dati resi noti dal consorzio Ricrea, gli indicatori operativi segnalano un aumento della quantità di imballaggi immessi a consumo (+1,3%) e dei Comuni coinvolti in convenzioni (5.666), con una popolazione servita che ha raggiunto quota 82%. Nel 2017, grazie a un incremento significativo dei ricavi da cessione materiale, sono aumentati i ricavi del Consorzio e questo trend positivo ha consentito di ridurre ulteriormente il Contributo Am-
LA RICERCA SCIENTIFICA ITALIANA E’ 16° AL MONDO
La ricerca scientifica italiana in materia di rifiuti e ambiente si posiziona al 16° posto su 150 Paesi nel mondo presi in considerazione. Questo il risultato della 1° edizione del Green Technology Report di ANGAM - Associazione Nazionale Gestori Ambientali. Il dato è calcolato sulla base del numero di pubblicazioni fatte e citazioni ricevute dalla comunità scientifica nazionale nel corso del 2017. La classifica vede gli Stati Uniti al primo posto, seguono India, UK, Cina e Canada.
CoNSoRzIo RICREA
Acciaio: 75% riciclato bientale Conai (CAC), che dal 1 gennaio 2018 ha raggiunto quota 8 euro/ton. Grazie alla quantità di acciaio recuperato dagli imballaggi (considerando che è facile da differenziare e viene riciclato all’infinito senza perdere le proprie intrinseche qualità) è stato possibile ottenere un risparmio di 686.660 ton di minerali di ferro e di 216.842 ton di carbone.
ConfAssociazioni Ambiente al via
ConfAssociazioni ha dato vita alla nuova branch ConfAssociazioni Ambiente che si occuperà di tutte le tematiche relative all’ambiente: fonti rinnovabili, efficienza energetica, salute e alimentazione. Questa branch strategica nasce proprio dalla volontà di cogliere le opportunità che offre la green economy, avviare campagne informative per diffondere la cultura della sostenibilità, diffondere nelle imprese la consapevolezza del valore degli investimenti in
efficientamento energetico, promuovere iniziative di salvaguardia ambientale e portare all’attenzione della politica e delle istituzioni le problematiche sui temi dell’ambiente e i rischi conseguenti, discutendo possibili soluzioni. ConfAssociazioni Ambiente vuole ulteriormente sviluppare una piattaforma di professionisti, imprese e persone delle istituzioni eccellenti che, cooperando in modo efficace, possono lavorare insieme per sostenere questo progetto.
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IL CAR FLUFF E’ UN COMBUSTIBILE PER CEMENTIFICI Al fine di fornire chiarimenti interpretativi sul DM 22/2013 che stabilisce i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS) cessino di essere qualificate come rifiuto, è stata predisposta una apposita circolare ministeriale grazie alla quale si chiarisce una volta per tutte che il car fluff (CER 191004) cessa di essere considerato rifiuto per successivo utilizzo come combustibile nei cementifici italiani, uniformando così l’azione amministrativa, rafforzando la certezza del diritto e promuovendone il trattamento come CSS.
RACCoLTA 2018
ci-Conai, di cui il 53% nei confronti di Comuni e operatori di raccolta del Nord Italia, il 37% nei confronti di soggetti del Sud Italia e il 10% verso Comuni del Centro. Ad aggiudicarsi questo premio sono stati in tutto 64 soggetti e sono 2.182 i Comuni italiani che rien-
Al: un premio alla differenziata Alla luce dei dati analizzati e dei risultati di raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio in Italia relativi all’anno 2017, CiAl ha stilato una speciale classifica che individua i Comuni e le società delegate alla gestione dei rifiuti urbani, con le migliori performance quantitative e qualitative di raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio. Sulla base di tale classifica, il con-
sorzio ha assegnato il cosiddetto “Premio Resa”, un incentivo economico (per un totale di circa 372mila euro) per incoraggiare, su tutto il territorio nazionale, modelli di raccolta differenziata intensivi, in grado di valorizzare le piene potenzialità dei singoli ambiti territoriali. Si tratta, quindi, di un corrispettivo aggiuntivo rispetto a quello già previsto dall’Accordo Quadro An-
ECoSISTEMA URbANo 2017
Un voto alle città
C’è un’Italia delle città che ha già cambiato passo, che gestisce il ciclo dei rifiuti come e meglio di
@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@
La Urban Mine Platform
Il portale Urban Mine Platform, liberamente consultabile, è basato su un database centralizzato e aggiornato che fornisce tutti i dati e le informazioni disponibili su giacimenti, scorte, flussi e trattamento di rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso, batterie a fine vita e rifiuti minerari
per tutti gli Stati membri dell'UE. Si tratta di una piattaforma integrata, frutto del progetto ProSum all'interno del programma Horizon 2020, appositamente creata per rendere fruibili i dati aggiornati e completi sulla disponibilità delle principali materie prime critiche, provenienti
trano nella gestione di società o di ambiti territoriali premiati dal CiAl. Tanti, quindi, gli esempi virtuosi da nord a sud, a dimostrazione di quanto sia diffusa e ben organizzata la raccolta differenziata dell’alluminio in Italia.
sia dalle attività minerarie che dai processi di riciclo di raee, veicoli e batterie. Altro obiettivo della piattaforma è quello di monitorare quei rifiuti che contengono significative quantità di materie prime critiche, dai metalli preziosi alle terre rare, che possono essere recuperate. Ad esempio, il 99% del gallio mondiale è impiegato in circuiti integrati e dispositivi optoelettronici, il 74% di indio si trova negli schermi piatti e il 27% di cobalto è contenuto nelle batterie ricaricabili.
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www.urbanmineplatform.eu
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tante altre realtà europee, che ha cambiato stili di mobilità, trovato la formula giusta per depurare gli scarichi, contenere i consumi idrici e lo sperpero d’acqua potabile, che investe sulle rinnovabili, che ha significative esperienze di rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi pubblici. L’esempio arriva in primis da Mantova (1°), Trento, bolzano, Parma, Pordenone, belluno (6°), che guidano quest’anno la classifica di Ecosistema Urbano 2017 di Legambiente, dimostrando di essere città dinamiche e di credere fortemente nel cambiamento. In Ecosistema Urbano il punteggio viene assegnato sulla base dei risultati qualitativi nei 16 indicatori considerati dal rapporto che coprono sei principali tematiche: aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. La coda della graduatoria ambientale urbana quest’anno vede Enna (104°), brindisi (103°), Viterbo (102°), ma nelle ultime venti posizioni si trovano anche Napoli (86°) e Roma (88°) ciclicamente vittime dell’emergenza smog e rifiuti.
La city car di Enea Ibrida a idrogeno Si chiama Urb-e 4.0 l’ultimo prototipo di vettura ibrida messo a punto in casa Enea. La motorizzazione originale di Urb-e era stata inizialmente concepita come ibrido con trazione esclusivamente elettrica, generatore a bordo e sistema di accumulo elettrico, un modello semplice che potesse essere anche un banco di prova per lo sviluppo delle future strategie di gestione del motogeneratore (termico) e dell’accumulo elettrico. Il prototipo è infatti diventato il punto di partenza per ottimizzare altri tipi di motorizzazione. Urb-e 4.0 rappresenta l’ultima generazione (la quarta): da ibrido a benzina si è trasformata in elettrico puro con batterie al piombo e supercondensatori, poi ancora in elettrico puro con batterie litio-ione e, infine, la vettura si è evoluta in un ibrido a idrogeno con fuel cell. Urb-e 4.0 oggi può contare su una batteria che viene ricaricata, durante le soste, da una piccolissima cella a combustibile della potenza di 1 kW, in grado di produrre energia elettrica grazie all’idrogeno contenuto in due bombole da 10 litri. I tempi di ricarica non superano le 4 ore, a macchina in sosta. Quando l’idrogeno si esaurisce, le bombole possono essere sostituite con bombole cariche, acquistabili magari presso una stazione di servizio o una specifica area attrezzata. In questo modo diventa possibile
usare l’auto elettrica pur non avendo a disposizione un garage e tempi mediamente lunghi per la ricarica. È in corso di sviluppo una modifica al software di gestione che consentirà alla cella a combustibile, nella marcia a velocità costante, di alimentare direttamente il motore elettrico di trazione, evitando così perdite in batteria e consentendo
un recupero di efficienza dell’ordine del 20%. Questo veicolo ad alta prestazione risponde all’esigenza fortemente sentita di realizzare un powertrain elettrico che sia indipendente dalla disponibilità di un punto di ricarica in un garage o in un parcheggio custodito per la ricarica notturna o durante l’orario di lavoro, come avviene per le auto a ricarica plug-in. Non sempre in
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città queste condizioni possono essere facilmente garantite, e questo impedisce a molti l’accesso alla mobilità elettrica. In una versione in fase di sviluppo, Urb-e 4.0 testerà un sistema di ricarica wireless di tipo dinamico, appositamente sviluppato per aumentare non solo la facilità di ricarica ma anche la sicurezza delle operazioni, vista l’assenza di punti di contatto tra auto e rete elettrica. La Urban easy, che è un banco prova pensato per uso esclusivamente urbano e che può viaggiare a una velocità massima di 80 km/h, ha un’autonomia di circa 70 km, utilizzando tutto l’idrogeno (0,3 kg) delle 2 bombole (sul prototipo al momento è istallata una sola bombola). Se poi è possibile anche una ricarica dalla rete della batteria (che è provvista di caricabatteria), l’autonomia sale ad oltre 100 km. Ma quanto costa un pieno ibrido per Urb-e 4.0? Per avere una stima precisa dei costi e immaginando di poter effettuare anche una ricarica della batteria alla rete, si deve calcolare la spesa per i 4 kWh di elettricità necessari per la carica iniziale della batteria (circa 1 euro), aggiungere a questa cifra il costo di 0,3 kg di idrogeno che, considerando i prezzi attuali di € 9,50/kg, sarebbe di circa 3 euro. Quindi riassumendo, percorrere 130 Km con Urb-e 4.0 costerebbe circa 4 euro.
oggi gli Stati membri hanno approvato una serie di misure ambiziose per adeguare alle sfide future la legislazione dell'UE sui rifiuti, nell'ottica più ampia della politica unionale di economia circolare. La nuova legislazione imporrà agli Stati membri l'adozione di misure specifiche che diano priorità alla prevenzione, al riutilizzo e al riciclo rispetto allo smaltimento in discarica e all'incenerimento, anche promuovendo l'uso di strumenti economici, come i regimi di responsabilità estesa del produttore, e facendo così diventare realtà l'economia circolare. <<L'approvazione definitiva delle nuove norme dell'UE sui rifiuti dichiara Karmenu Vella, Commissario per l'Ambiente - segna un momento importante per l'economia circolare nel nostro continente. I nuovi obiettivi di riciclaggio e smaltimento in discarica devono ora essere concretizzati>>. Quanto adottato rappresenta la normativa in materia di rifiuti più moderna al mondo, un campo in cui l'UE sta dando l'esempio che altri dovrebbero imitare. Le nuove norme entreranno in vigore 20 giorni dopo la loro pubblicazione in GUUE.
ECoNoMIA CIRCoLARE
Le nuove norme UE sui rifiuti Aiuteranno a produrre meno rsu e, se ciò non è possibile, ad aumentare in modo sostanziale il loro riciclo ni: 55% entro il 2025, 60% entro il 2030, 65% entro il 2035. obiettivi di riciclo dei rifiuti d'imballaggio in generale sono 65% entro il 2025 e 70% entro il 2030; nello specifico, invece, sono: plastica 50% e 55%, legno 25% e 30%, metalli ferrosi 70% e 80%, alluminio 50% e 60%, vetro 70% e 75%, carta e cartone 75% e 85%. Raccolta differenziata: raccolta separata entro il 2022 dei rifiuti domestici pericolosi, entro il 2023 dei rifiuti organici ed entro il 2025 dei rifiuti tessili. Discarica: entro il 2035 gli rsu smaltiti in discarica dovranno costituire al massimo il 10% del totale di quelli prodotti. Responsabilità: entro il 2024 i produttori di qualunque tipologia di imballaggio saranno i responsabili dei loro prodotti quando diventano rifiuti.
LE NUOVE NORME NEL DETTAGLIO
obiettivi di riciclo di rifiuti urba-
QUALITA’ DELL’ARIA IN CITTA’
Occhio allo smog con MonIQA Per consultare on line i dati giornalieri sulla qualità dell'aria nelle città italiane è stato creato il sistema interattivo MonIQA. Cinque i colori con cui vengono classificate le città, corrispondenti a cinque diverse valori di qualità dell'aria a seconda della concentrazione di particolato atmosferico, biossido di azoto, monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene. Cliccando su una singola città appare una finestra in cui sono indicati i risultati della misurazione delle sostanze inquinanti con il relativo limite di riferi-
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mento, quindi l'indice percentuale e il giudizio globale. Questo sistema è stato realizzato dal dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa e dal Laboratorio Nazionale Smart Cities del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica (Cini). MonIQA, che è scaricabile come app per Android, cattura i dati emessi separatamente dalle Arpa e li unisce nella mappa globale d’Italia. <<Grazie a MonIQA - spiega Giuseppe Anastasi, direttore del Cini - sarà possibile avere una visione generale sulla qualità dell'aria nel nostro paese, con la conseguenza positiva di incentivare le aree a maggior concentrazione di sostanze inquinanti ad avviare pratiche più ecologicamente sostenibili>>.
approfondimenti
Meno emissioni dalla combustione Limitazioni ai medi impianti
Nuove prescrizioni arrivano con il D.Lgs 183/2017 per gli stabilimenti industriali di potenza termica fino a 50 MW Ad eccezione delle installazioni soggette a autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), gli impianti e le attività che producono emissioni atmosferiche non sono stati, fino ad oggi, oggetto di disciplina a livello europeo. Al momento, quindi, la materia risulta disciplinata in modo eterogeneo dai diversi Stati UE. In Italia una completa disciplina delle emissioni per gli impianti di combustione ad uso industriale è stata introdotta dal Decreto 203/88, con la previsione di un puntuale sistema di autorizzazioni e valori limite di emissioni per i medi impianti di combustione. Questa disciplina è stata poi rivista e incorporata nel D.Lgs 152/06 (cosiddetto “Testi Unico Ambientale”) e precisamente nella Parte V. Dovendosi procedere al recepimento della Direttiva 2015/2193/UE, relativa alle emissioni inquinanti dei medi impianti di combustione, sulla materia è stato recentemente emanato il D.Lgs n.183 del 15/11/2017; questo decreto introduce nuove prescrizioni, relative agli impianti di combustione di potenza termica inferiore a 50 MW, ossia i medi impianti di combustione. Le norme del suddetto Decreto si applicano, in primo luogo, agli impianti e attività non soggetti a A.I.A., ambito fino ad oggi non coperto dalla legislazione europea (ad eccezioni degli stabilimenti che producono emissioni di CoV).
del c.d. “Testo Unico Ambientale”, modificando e integrando le disposizioni riguardanti l’installazione e l’esercizio, le procedure autorizzative, la determinazione dei valori limite di emissione, i controlli e le azioni conseguenti. Il provvedimento riguarda in particolare gli impianti con potenza fino a 50 MW, oltre a dettare norme unificate per il controllo delle emissioni di particolari tipi di inquinanti (biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri), attraverso l’aggiornamento di valori limite di emissioni; detContinua a pag. 10
ANALISI DETTAGLIATA DEL DECRETO 183/17
Il nuovo D.Lgs aggiorna la disciplina generale di cui alla Parte V Hi-Tech Ambiente
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Continua da pag. 9
torità competente”. Modifica inoltre l’art.284 in materia di autorizzazioni e registrazioni degli impianti, l’art.286 relativo ai valori limite di emissione, l’art.288 relativo a sanzioni e controlli, e gli art.290 e 294 in materia di prescrizioni per il rendimento di combustione. L’art.3 del D.Lgs 183/2017 modifica in più punti l’All. I, Parte V del Codice, che fissa i valori di emissione per le sostanze inquinanti, introducendo nuovi valori sulla base della disciplina europea e dettando norme per l’applicazione dei nuovi valori limite di emissione e per l’adeguamento a tali valori da parte degli impianti esistenti. Ulteriori modifiche all’All. I sono volte ad adeguare le disposizioni della nuova disciplina, nonché elencare gli elementi minimi dell’autorizzazione e della registrazione dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili, in conformità con la direttiva.
Meno emissioni dalla combustione ta, inoltre, disposizioni per la razionalizzazione delle procedure amministrative e aggiorna il sistema delle sanzioni penali e amministrative. In particolare, l’art.1 del D.Lgs 183/2017 modifica il Tit. I, Parte V del Testo Unico Ambientale (procedure autorizzative e limiti di emissione in atmosfera), al fine di recepire le disposizioni della Direttiva 2015/2193/UE, introducendo il nuovo art.273-bis, che disciplina i medi impianti di combustione (cioè gli impianti con potenza termica nominale tra 1 MW e 50 MW). Lo stesso articolo recepisce le nuove definizioni introdotte dalla Direttiva 2015/2193/UE, oltre a modificare l’art.272 del Cod. Ambiente e introdurre il nuovo art.272-bis sulle emissioni odorigene degli stabilimenti. L’art.2 del D.Lgs 183/2017 modifica i Tit. II e III della Parte V del Codice, in materia, rispettivamente, di impianti di impianti termici civili e di combustibili, modificando inoltre l’art.282 e l’art.283 introducendo nuove definizioni di “medio impianto termico civile” (impianto termico con potenza fino a 1 MW, esclusi gli impianti di riscaldamento a gas diretto) e di “au-
LA DISCIPLINA DEI MEDI IMPIANTI DI COMBUSTIONE
Il nuovo art.273-bis detta prescrizioni dettagliate relative alla autorizzazione dei medi impianti di combustione, precisando i valori limite per le emissioni da applicare nei diversi casi, le modalità di presentazione della domanda di autorizzazione, i casi di esclusione, che sono: - impianti in cui i gas della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l’essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali; impianti di post combustione, ossia qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell’effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione; qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave e un aeromobile; turbine a gas e motori a gas e diesel usati su piattaforme offshore; impianti di combustione utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni di uno stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro; dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico; dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo; reattori utilizzati nell’industria chimica; batterie di forni per il coke; cowpers degli altiforni; impianti di cremazione; medi impianti di combustione aliHi-Tech Ambiente
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mentati da combustibili di raffineria, anche unitamente ad altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas; caldaie di recupero nelle installazioni di produzione della pasta di legno; impianti di combustione disciplinati dalle norme europee in materia di motori o combustione interna destinati all’installazione su macchine mobili non stradali; impianti di incenerimento o coincenerimento previsti dal titolo III-bis alla parte IV. Vi sono poi alcuni casi particolari, per i quali sono previste disposizioni meno restrittive: impianti con potenza sotto 1 MW alimentati a biomasse e biogas; impianti che non sono in funzione per più di 500 ore/anno; impianti che forniscono calore a reti pubbliche di teleriscaldamento; compressori di sicurezza delle reti di trasporto del gas.
All.IX, parte III, sui limiti di emissione degli impianti termici civili. Tra le molte modifiche introdotte dal D.Lgs 183/17, particolarmente meritevoli di attenzione quelle relative ai valori limite di emissione (parte III dell’All.IV alla Parte V del D.Lgs 152/06). Senza entrare nei dettagli dei diversi casi e valori limite, è interessante rilevare la differenziazione tra impianti che utilizzano biomasse e biogas e quelli che utilizzano combustibili fossili.
LE EMISSIONI ODORIGENE
Il nuovo art.272 bis prevede che la normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene; tali misure possono anche includere la previsione di valori limite di emissioni espressi in concentrazione (mg/Nmc) per le sostanze odorigene, prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi (incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento), criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/mc o ouE/s). Possono inoltre essere previsti valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti. I NUOVI LIMITI DI EMISSIONE
L’art.4 del D.Lgs 183/2017 reca inoltre modifiche ad alcuni Allegati alla Parte V del Codice dell’ambiente: All.IV, parte I, relativo agli impianti non assoggettati ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera; All.V, in materia di emissioni di polveri e sostanze organiche liquide; All.VI, recante i criteri per la valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite; Hi-Tech Ambiente
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DEPURAZIONE A C Q U A
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Stop al biofouling di membrana Nuove tecniche
Disinfezione con biocidi o con Co2 sotto pressione disciolta in acqua, lotta biologica con batteriofagi o uso di superfici idrofile Gli impianti di depurazione o potabilizzazione delle acque funzionanti con processi a membrana sono largamente diffusi e hanno dimostrato “sul campo” la loro validità, sia dal punto di vista tecnico che da quello economico. In particolare, nel settore della produzione di acqua potabile a partire dall’acqua di mare, i recenti impianti a membrane di osmosi inversa producono acqua potabile al costo di 0,53 dollari/ mc, dimostrando quindi la loro superiorità rispetto alle tecnologie termiche; tanto che oggi la maggior parte dell’acqua dissalata viene prodotta in impianti a membrana. Tuttavia, gli impianti a membrana hanno un temibile nemico nell’intasamento delle membrane stesse; anche eseguendo regolarmente cicli di pulizia con mezzi meccanici e chimici, prima o poi i pori delle membrane vengono irreversibilmente occlusi da contaminanti di diversi tipi, per cui le membrane devono essere sostituite. Le cause dell’intasamento sono, in ordine di importanza: sviluppo di microorganismi (biofouling), adsorbimento di sostanze organiche, deposizione di silice, deposizione di altri composti inorganici (soprattutto sali di calcio e di ferro). La deposizione dei sali di calcio e di ferro è un problema comune
a tutti i sistemi dove è presente acqua in circolazione, per cui l’aggiunta di sostanze anti-incrostanti è una pratica efficace e ben consolidata. Il controllo della deposizione di silice e di sostanze organiche è più complesso e viene di solito affidato all’aggiunta di polimeri acrilico/ maleici, oppure a cicli periodici di pulizia con soda e acido citrico. L’ANALISI DEL BIOFOULING
Biofouling su membrana a fibre cave di impianto MBR Biofouling su membrana per microfiltrazione
Il biofouling è attualmente il problema principale. Il primo stadio del biofouling è la formazione di un biofilm (cioè di uno strato di cellule batteriche e di varie sostanze organiche prodotte da queste) che, entro certi limiti, è un fenomeno normale; tuttavia, finchè il numero di colonie batteriche rimane contenuto (meno di 100 ufc/ml) non ci sono effetti negativi sul funzionamento delle membrane. Inoltre, più che dal numero di batteri presenti, l’intasamento delle membrane è causato dai polimeri extra-cellulari (EPS) che gli stessi batteri producono. Un metodo efficace per contenere la crescita del biofilm consiste nel limitare l’afflusso di sostanze nutrienti, cioè di molecole organiche di dimensioni da piccole Continua a pag. 14
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ZOOM
Market
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La griglia a tamburo Noggerath RBS Design e ingegneria tedesca unita all’alta qualità della produzione italiana per il trattamento dei bottini e dei reflui con elevata concentrazione di solido
Aqseptence Group azienda tedesca leader mondiale nella fornitura di soluzioni per il trattamento acque, presente sul mercato da più di 100 anni con i suoi marchi Noggerath e Passavant, continua la sua fase di espansione presentando un’innovativa griglia a tamburo rotante. Noggerath RbS è stata studiata pensando in particolar modo alle esigenze di una clientela operante nel campo del trattamento bottini e nelle installazioni in impianti Municipali e Industriali dove la concentrazione di solido nel refluo da trattare impedisce di utilizzare le tradizionali tecnologie di grigliatura già presenti sul mercato. La griglia consiste in un tamburo filtrante con un profilo a goccia Papro dal basso coefficiente idrodinamico. Questa innovativa caratteristica garantisce, oltre ad un sensibile incremento nella portata, anche una più efficiente capacita di ritenzione dei solidi.
Il profilo Papro è inoltre caratterizzato da un’elevata efficienza di pulizia con limitate perdite di carico in qualsiasi condizione. La pulizia del tamburo avviene attraverso un pettine rotante e appositi ugelli di lavaggio, che permettono ai solidi filtrati di essere raccolti in un’apposita tramoggia dove una spira a coclea si occupa successivamente di trasportarli fino alla zona di compattazione. Al fine di ridurre i costi di gestione, i solidi vengono compattati e disidratati nella fase finale
di trattamento fino a raggiungere una significativa riduzione di peso e di volume. Il modello Noggerath RbS, realizzato interamente in Italia da una delle filiali di Aqseptence Group, viene prodotto in due modelli di dimensioni differenti, entrambi con filtrazione Papro da 6 mm, progettati per trattare portate da 150 mc/h a 600 mc/h. Per far fronte a tutti i possibili impieghi operativi, a seconda delle esigenze del cliente, la macchina può essere prodotta in acciaio AISI 304L, AISI 316L
Via Pitagora 30 - 41010 Limidi Di Soliera (MO) Tel 059.525720 - Fax 059.525443 E-mail info.watertreatment.it@aqseptence.com www.aqseptence.com
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oppure DUPLEX. Le prime unità prodotte hanno già dimostrato l’alto valore innovativo del progetto sviluppato da Aqseptence Group, raccogliendo un notevole gradimento da parte degli addetti ai lavori sia in ambito Municipale che Industriale.
Sezione dell’esclusivo profilo a goccia brevettato Papro
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Stop al biofouling di membrana (come gli zuccheri) a medie (come le proteine e gli acidi umici). Le molecole organiche di grosse dimensioni non sono di solito “digeribili” dai batteri; comunque, uno stadio di pretrattamento è in genere la migliore soluzione per eliminarle. Per quanto riguarda le molecole di dimensioni medio–piccole, si deve tenere presente che alcuni additivi anti-incrostanti contengono molecole organiche che stimolano la crescita batterica, oppure composti di fosforo che fanno da nutrienti per i batteri stessi; per cui è opportuna una valutazione approfondita degli additivi anti-incrostanti utilizzati (e anche degli altri additivi), scegliendo quelli che non forniscono sostanze utili alla crescita dei batteri. I trattamenti di rimozione delle sostanze nutrienti possono essere di tipo generico, come la filtrazione su carbone attivo granulare o su sabbia, oppure di tipo specifico, come la limitazione del contenuto in fosforo. È noto che i sali di fosforo stimolano la crescita dei batteri, per cui trattamenti di defosfatazione chimica o elettrochimica sono spesso un ottimo
Lewabrane RO-ULP di Lanxess
metodo di limitazione del biofilm. EFFETTO DEI TRATTAMENTI
Nell’intento di limitare la proliferazione dei batteri, si ricorre in genere a cicli periodici di disinfezione con biocidi, come cloro, glutaraldeide o isotiazolinone. Il cloro è l’agente disinfettante più utilizzato, anche se può creare alterazioni chimiche sulle membrane; ad esempio, le membrane in poliammidi devono essere protette con un neutralizzante del cloro, come il bisolfito sodico. La disinfezione con cloro uccide effettivamente i batteri, ma provoca la rottura delle cellule batte-
riche, rilasciando il loro contenuto (costituito da carboidrati e proteine) nell’acqua; inoltre, l’azione ossidante del cloro rompe le grosse molecole organiche in frammenti più piccoli, facilmente assimilabili dai batteri. In pratica la maggior parte dei batteri viene uccisa, ma quei pochi che sopravvivono trovano un ambiente estremamente favorevole per la loro ricrescita una volta terminata la fase di clorazione. A differenza del cloro, i biocidi non ossidanti (come glutaraldeide e isotiazolinone) vengono spesso dosati in continuo: tuttavia, dopo un iniziale miglioramento, spesso si osserva un ritorno del biofouling, perché i batteri reagiscono
Biofouling su membrana per osmosi inversa Hi-Tech Ambiente
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all’azione dei biocidi producendo polimeri extracellulari (EPS), che rendono il biofilm più spesso e dotato di maggiori proprietà occlusive. Un metodo di trattamento proposto recentemente dalle società olandesi Vitens e WE Consult promette di superare questi problemi utilizzando Co 2 sotto pressione disciolta in acqua. Le bollicine che si sviluppano sulla superficie delle membrane provocano il distacco del biofilm, senza alterazioni chimico-fisiche della superficie. Un altro metodo innovativo, attualmente in fase sperimentale presso l’Università di Houston, consiste nella lotta biologica: contro i batteri del biofilm si usano i batteriofagi (tipi particolari di virus, che si nutrono appunto di batteri), immobilizzandoli su nanoparticelle magnetiche. Le particelle possono essere guidate verso i punti critici applicando campi magnetici. SUPERFICI IDROFILE
Un mezzo molto efficace per contestare la formazione del biofilm ed il conseguente biofouling consiste nell’utilizzare membrane con superfici idrofile: in questo modo si forma un sottile film di acqua sulla superficie della membrana, che ostacola l’adesione dei batteri. Il problema è che i polimeri idrofili tendono ad assorbire acqua tra le loro molecole, causando effetti di rigonfiamento che ne alterano la permeabilità e la resistenza meccanica; si tratta, quindi, di realizzare strutture complesse con differenze di composizione chimica tra la superficie e il corpo della membrana. Una realizzazione di questo tipo è stata recentemente immessa sul mercato dalla società tedesca Lanxess, sotto il nome di Lewabrane Ro-ULP: dove la sigla ULP significa Ultra Low Pressure, cioè la capacità di funzionare a bassa pressione, pur assicurando flussi elevati. oltre alla superficie idrofila, un altro accorgimento adottato nelle membrane Lewabrane Ro-ULP è una particolare struttura degli elementi distanziatori, che sono composti da filamenti di diverso spessore alternati tra loro. Questa struttura, chiamata ASD (Alternating Strand Design) crea un regime di turbolenza, che ostacola la formazione del biofilm.
La società americana PeroxyChem offre da oltre 20 anni tecnologie di ossidazione chimica “in situ” (ISCo), riduzione chimica in situ (ISCR), trattamento di metalli e biorisanamento potenziato, che consentono una rimozione rapida, efficace ed economicamente conveniente di una vasta gamma di composti organici e di metalli pesanti. I prodotti per ossidazione chimica (serie Klozur) sono basati su persolfato di sodio (Klozur SP) o di potassio (Klozur KP); quando si vuole abbinare l’ossidazione chimica al biorisanamento è disponibile il Klozur CR, che contiene persolfato di sodio e perossido di calcio a lento rilascio. Quest’ultima sostanza è disponibile con il nome di PermeoX Ultra, in una formulazione che contiene anche nutrienti essenziali nei processi di biorisanamento aerobico potenziato. I prodotti per riduzione chimica, da usare nelle acque di falda, sono basati su ferro zerovalente (EHC) o bivalente (EHC Liquid); il trattamento per i terreni (Daramend) combina la riduzione con ferro zerovalente insieme a sostanze organiche che promuovono la naturale biodegradazione anaerobica. La ra-
PERoXyCHEM
Il trattamento rapido
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pida creazione di un ambiente riducente potenziato è alla base della Microemulsione ELS, substrato a base di lecitina di soia (disponibile in concentrazioni del 100% e del 25%) utilizzato per il trattamento in falda di una vasta gamma di contaminanti. Per il biorisanamento aerobico dei terreni è disponibile una speciale formulazione (Terramend) basata su nutrienti e ammendanti solidi, in grado di stimolare i batteri consentendo di trattare composti difficili come gli IPA, gli ftalati e i clorofenoli, oltre al petrolio grezzo e ai suoi derivati. Il trattamento della contaminazione da metalli in terreni o falde acquifere si esegue con i reagenti MetaFix, miscele a base di ferro zerovalente, agenti riducenti, minerali reattivi, agenti assorbenti e modificatori di pH. A seguito del trattamento con questi particolati reagenti i metalli vengono fissati in forma di precipitati ferrosi pesanti e altamente insolubili. Infine, per la stabilizzazione geochimica di liquidi densi in fase non acquosa (DNAPL) entro le falde acquifere è stata messa a punto la tecnologia ISGS, che utilizza una soluzione a base di permanganato.
cover story
Emergenza sversamenti: l’importanza della corretta bonifica BELFOR: il partner nelle emergenze ambientali Un evento improvviso di contaminazione o il rilevamento di una contaminazione storica devono essere affrontati in maniera rapida, con il minimo impatto sull’ambiente coinvolto e a costi sopportabili. La normativa impone dei passi da seguire per arrivare alla completa risoluzione della problematica, ma la capacità operativa e progettuale nell’affrontare fin dalle prime fasi un evento inquinante è alla base della buona riuscita della bonifica e del ripristino delle condizioni ambientali ante evento. La scelta di un partner strutturato, dotato di mezzi e personale specializzato che accompagna il responsabile dell’inquinamento durante tutte le fasi amministrative e operative, permette di contenere i tempi ed i costi degli interventi di Messa In Sicurezza d’Emergenza (MISE), di caratterizzazione e di bonifica di un sito contaminato. Di qui l’importanza già in fase preventiva di prepararsi a gestire il rischio inquinamento attraverso una serie di azioni che possono limitare l’impatto sull’ambiente ed aiutare chi si trova a gestire l’emergenza a prendere decisioni immediate e corrette. Per gestire l’emergenza legata a potenziali criticità ambientali, bELFoR affianca i propri Clienti con servizi di pronto intervento con cui li supporta già nelle prime fasi dell’evento, individuando le prime misure d’emergenza più idonee e coordinando le parti coinvolte. Attività legate al ciclo produttivo specifico di ogni azienda richiedono infatti l’adozione di protocolli d’intervento diversificati in funzione delle sostanze coinvolte e dei potenziali ricettori della contaminazione. Per affrontare con idonee procedure e metodiche i diversi scenari, è necessario quindi attivare un sistema
Fase di bonifica acque
di pronto intervento che assicuri una soluzione immediata e veloce al rilascio, o alla minaccia di rilascio, di sostanze tossiche nell’ambiente. operazioni di carico/scarico, attività presso terzi, realtà produttive o di stoccaggio e deposito, trasporto di sostanze pericolose, possono rappresentare un rischio inquinamento che è necessario gestire attraverso una serie di azioni preventive, di valutazione e controllo della possibilità che esso si verifichi, di formazione delle squadre interne di primo intervento, e operative nel momento del sinistro con l’adozione immediata di tutte le misure di messa in sicurezza d’emergenza e bonifica necessarie. Per questo il programma di pronto intervento bELFoR è stato studiato per rispondere in fase preventiva ed operativa agli scenari di sinistro legati alle diverse realtà produttive, nel rispetto della normativa vigente. Il D.Lgs 152/06 delinea l’iter amministrativo indicando i passi da seguire sino al completamento della bonifica, di concerto con gli Enti di controllo. Fondamentali per la riuscita del rispristino ambientale sono: - gli interventi di messa in sicurezza
di emergenza MISE - la definizione del Modello Concettuale sito specifico - la scelta della migliore tecnologia di bonifica a costi sostenibili La MISE deve essere messa in atto al verificarsi dell’evento e deve essere affrontata correttamente al fine di limitare l’espandersi della potenziale contaminazione. Gli interventi di MISE devono essere gestiti con esperienza e professionalità: un errore di valutazione della tipologia di sostanza, delle matrici coinvolte, della situazione ambientale in senso lato (geologia, idrogeologia, ecc.) potrebbe generare un aggravio del danno all’ambiente e/o un progressivo aumento della contaminazione e dei relativi costi di bonifica. L’attivazione di procedure consolidate e l’esperienza, nonché la professionalità del team che si occupa della MISE, garantisce un approccio mirato al contenimento della contaminazione. Non occorre a volte un dispiegamento di mezzi e uomini spropositato ma occorre la capacità di intervento e operatività mirata all’evento. Una buona MISE è preludio per la definizione del modello concettuale
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preliminare del sito e permette la progettazione del piano di caratterizzazione, ossia la pianificazione di indagini finalizzate alla definizione di “una fotografia” del sito in termini di contaminazione areale e spaziale, quantità e tipologia dei contaminanti, caratteristiche geologiche del sito. La fotografia che viene scattata è il modello concettuale sito specifico. Tanto più la caratterizzazione è focalizzata tanto più dettagliato sarà il modello concettuale. Una spesa maggiore in termini di analisi e indagini potrebbe significare un minor costo degli interventi di bonifica. La normativa attuale prevede la definizione delle Concentrazioni Soglia di Rischio sito specifiche, attraverso l’elaborazione dell’analisi del rischio sanitario-ambientale, che costituiscono gli obiettivi degli interventi di bonifica. La selezione delle tecnologie applicabili e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (b.A.T.N.E.E.C. best Available Technology Not Entailing Execessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie, sono riportati nell’Allegato 3 alla Parte IV del D.Lgs 152/2006, che enuncia: “una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull'ambiente circostante degli interventi; questa analisi deve essere corredata da un'analisi dei costi delle diverse tecnologie”. La scelta della migliore tra le possibili tipologie di intervento applica-
bile in caso di inquinamento di un sito comporta il bilanciamento di vari interessi in presenza di numerose variabili di ordine generale e soprattutto sito-specifiche, quali il livello di protezione dell’ambiente da conseguire, l’esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e mantenere nel tempo detti livelli di protezione, l’entità dei costi di progettazione, realizzazione, gestione monitoraggio, ecc. da sostenere nelle varie fasi dell’intervento. Il bilanciamento di questi interessi è data dalla definizione di “migliori tecniche disponibili”, contenuta nella Direttiva 96/61/CE (sostituita dalla direttiva 2008/1/CE, a sua volta abrogata dalla direttiva 2010/75/CE) recepita nel nostro ordinamento, che per la prevenzione ed il controllo integrati dell’inquinamento di talune categorie di impianti considera tale “la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso”. La Direttiva in esame definisce «tecniche», sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto, per «disponibili», le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli, e per «migliori», le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Gli strumenti di supporto nel processo decisionale (DSS) portano alla scelta sito-specifica della “migliore tecnica disponibile” da adottare e sono costituiti dalle metodiche di analisi dei costi - efficacia e/o costi – benefici. Il confronto e la scelta delle tecnologie di bonifica possono effettuarsi in base ai seguenti criteri: tipologie dei contaminanti presenti, distribuzione nelle diverse matrici ambientali; limitazioni intrinseche delle tecniche;
valutazione delle caratteristiche ambientali; capacità della tecnologia di interagire con i contaminanti presenti; stato dello sviluppo della tecnologia; impiego congiunto con altre tecnologie di bonifica; affidabilità e mantenimento; tempo disponibile per il completamento della bonifica; spazi disponibili all’interno del comprensorio e accessibilità ai volumi su cui intervenire; valutazione costi/benefici; ricadute sull’ambiente interno ed esterno al sito. Partendo dalle tecnologie disponibili e dai dati bibliografici, si individuano le bATNEEC. Lo studio prevede di inserire in una matrice le tecnologie potenzialmente applicabili al sito. Per ognuno dei trattamenti individuati viene condotta una sperimentazione o uno studio di fattibilità per valutarne l’effettiva
- efficacia dell’intervento nel breve e nel lungo termine - rapporto costi/benefici - contesto normativo - accettabilità da parte delle Autorità e della Comunità coinvolte - uso e vincoli delle aree da bonificare (es. per le aree produttive sono state considerate tecnologie in situ non intrusive) - caratteristiche della contaminazione - riduzione dell’uso di risorse naturali - riduzione della produzione di rifiuti. Le modalità di valutazione possono basarsi su uno screening preliminare come quello della “Remediation Technologies Screening Matrix”, che riporta un elenco di tecnologie per cui viene valutata la relativa applicabilità per otto principali classi di contaminanti, prodotta ed aggiornata dalla Federal Remediation Technologies Roundtable (FRTR) e
Fase di bonifica terreno
applicabilità alle caratteristiche specifiche della matrice ambientale interessata (falda e/o suolo) e alla natura dei contaminanti presenti nell’area, considerando tra l’altro fattori quali la protezione e l’impatto sull’ambiente, gli obiettivi del risanamento, i costi ed i tempi di attuazione. I Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS), permettono, attraverso una analisi delle informazioni e il confronto delle diverse metodologie di bonifica rispetto alle caratteristiche peculiari delle stesse (impatti, costi, efficienze) delineati sulla base delle conoscenze ed esperienze pregresse (know-how), di guidare il processo decisionale in un percorso riproducibile e documentato. L’identificazione della migliore tecnica di bonifica si basa su un’analisi di tipo multicriteriale, considerando i seguenti aspetti: - protezione della salute umana e dell’ambiente
sulla quale si basa la Matrice di screening elaborata da ISPRA (http://www.isprambiente.gov.it/files/temi/matrice-tecnologie-isprarev050908.pdf). La matrice multicriteriale identifica le diverse tecnologie di bonifica, i criteri di valutazione della tecnologia ai quali vengono attribuiti dei pesi a seconda della importanza e per ciascuna tecnologia un punteggio relativo alla valutazione. La valutazione per la scelta della migliore tecnologia si basa sulla: fattibilità tecnica, stato della tecnologia, disponibilità di fornitori, applicabilità agli orizzonti saturi, applicabilità ai VoC, applicabilità ai contaminanti inorganici, accettabilità da parte delle pp.aa., tempi di bonifica, costi di gestione e manutenzione (o&M costs), costi di investimento (capital investment), rapporto costi/benefici, sostenibilità. A ciascuna di queste variabili si attribuisce un peso a seconda della ri-
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levanza della voce. Ad ogni tecnologia si affida un punteggio per valutazione. La somma dei prodotti (peso x punteggio) maggiore determina la scelta della tecnologia. In base al risultato ottenuto si sviluppa il progetto operativo di bonifica applicando la migliore tecnologia di bonifica disponibile identificata. CONTAMINAZIONE ACCIDENTALE IN FASE DI TRASPORTO: UN CASO REALE
Il 25/08/2017 a seguito di un incidente stradale, avvenuto nel territorio di San bonifacio (VR), che ha coinvolto un autoarticolato sono stati dispersi nei terreni limoso-argillosi limitrofi alla sede stradale e in una vasca di laminazione circa 36.000 litri di gasolio e benzina. La contaminazione ha raggiunto anche le acque sotterranee che si attestano ad una quota di circa 3 m dal p.c.. Le dimensioni delle aree coinvolte dalla contaminazione ha permesso di applicare la procedura prevista dal D.M. 152/06 art. 249 per le aree di ridotte dimensioni. La MISE è consistita nella asportazione dei terreni maggiormente impattati, nella rimozione e rifacimento del manto stradale, nel lavaggio di una condotta interrata e nella posa di barriere oleoassorbenti nello scolo adiacente l’area di intervento. In fase di MISE è stata realizzata una indagine preliminare per la definizione del modello concettuale sitospecifico. Sono stati realizzati n. 7 sondaggi allestiti a piezometro e n. 13 microcarotaggi, sono stati prelevati n. 76 campioni di terreni sottoposti ad analisi chimica di laboratorio e n. 8 campioni di acque sotterranee e superficiali per n.4 campagne di monitoraggio. Dalla definizione del modello concettuale sitospecifico si è proceduto alla definizione delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) per il sito e, mediante l’utilizzo di una analisi multicriteriale, alla definizione delle migliori tecnologie di bonifica applicabili: Capping, In Sito Chemical oxidation (ISCo) e Enhanced Aerobic biodegradation (EAb). LA durata stimata degli interventi è di circa 18 mesi a cui si aggiungono 5 anni di monitoraggio della falda richiesti dagli Enti di controllo.
BELFOR Italia Srl Tel +39 0331 730787 www.belfor.it
La bonifica profonda Iniezioni selettive
L’impiego di apposite aste per portare in falda o nel sottosuolo materiali reagenti specifici in base al tipo di contaminante presente Carsico, dotata di strumentazione all'avanguardia, è specializzata nella caratterizzazione di siti contaminati, nell'esecuzione di indagini ambientali, geotecniche e geofisiche, oltre che in bonifiche mediante l'iniezione di appositi reagenti e generazione di zone reattive (in situ reactive zone). Quest’ultima attività viene eseguita mediante aste Geoprobe, piezometri tradizionali o le innovative PIM Carsico, coadiuvate dall'uso di opportuni sistemi di pompaggio (es. pistone, vite, ecc) che permettono range molto ampi di portate e di pressioni. PIM (Postazione di Iniezione Multipla) è un innovativo sistema di iniezione brevettato, che offre i seguenti vantaggi: iniezione singole o ripetute, e anche a profondità elevate; pressioni e portate da medie ad alte; elevati raggi di influenza; adatto a sistemi acquiferi a elevata e bassa conducibilità; distanza variabile tra le porte di iniezione; evita il reflusso al termine dell’iniezione del prodotto; adatto a qualsiasi tipo di fluido o miscela; minimizza la cortocircuitazione del flusso; resistente ai contaminanti o ai reagenti aggressivi. Tra i reagenti iniettati con successo dalla Carsico da citare quelli della Regenesis (primi sei) e della Adventus (ultimi sei): - HRC (Hydrogen Release Compound) per il rilascio lento e controllato di idrogeno in fase disciolta per il sostentamento dei microrganismi anaerobici, che in tal modo metabolizzano e degradano i contaminanti, principalmente i solventi clorurati. - oRC (oxygen Release Compound), per introdurre ossigeno in
un acquifero contaminato principalmente da idrocarburi totali, idrocarburi aromatici e MTbE. Tale prodotto è una particolare formulazione di perossido di magnesio che, a contatto con l'acqua di falda, si trasforma lentamente in idrossido di magnesio con rilascio di ossigeno disciolto. Può anche essere impiegato dopo un trattamento più “aggressivo” come l’ossidazione chimica o il desorbimento chimico, per abbattere ulteriormente le concentrazioni. - Regenox (a base di percarbonato di sodio catalizzato) e Persulfox (a base di persolfato di sodio catalizzato) per ossidazione chimica (diretta e mediante la formazione di radicali) dei contaminanti presenti in falda, quali idrocarburi totali, bTEX, MTbE, solventi clorurati, IPA, pesticidi, etc. - PetroCleanze, un reagente chimico inorganico per il desorbimento dei contaminanti dalla matrice solida (dove si trovano in forma adsorbita) alla matrice liquida, per renderli facilmente recuperabili mediante un successivo emungimento. I contaminanti trattabili sono idrocarburi totali, idrocarburi aromatici e solventi clorurati. - MRC per la riduzione e complessazione di alcuni metalli pesanti (prevalentemente il cromo esavalente), che passano quindi in maniera permanente dalla fase disciolta alla fase solida (alcuni vengono anche metabolizzati dai microrganismi). - PlumeStop Colloidal biomatrix (biomatrice colloidale per bonifiche in situ di acquiferi contaminati), costituito da un carbone atContinua a pag. 18 Hi-Tech Ambiente
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Market
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Depurare a regola d’arte Reflui di produzione della birra
RCbRTM è un sistema compatto, economico ed eco-friendly per un’efficace depurazione biologica delle acque di scarico dell’industria del beverage L’industria delle bevande utilizza grandi quantità d’acqua per la pulizia e la sanificazione degli impianti. basti pensare che per produrre un bicchiere di vino o di birra si utilizzano circa 70-100 litri di acqua potabile. Le operazioni di lavaggio dei serbatoi di cottura, fermentazione e stoccaggio inquinano queste acque con elevate concentrazioni di carbonio biodegradabile (boD5 2.000-5.000 mg/l). Questo inquinamento è facilmente removibile dai batteri della depurazione; l’ impiego di sistemi convenzionali a fanghi biologici (es. CAS, SbR, MbR) risulta troppo oneroso in termini di spazi occupati, di realizzazione di opere civili, di consumi energetici e soprattutto per la necessità di un’attenta manutenzione specializzata (oPEX molto elevate). ECO-SISTEMI ha studiato un layout di trattamento biologico specifico per l’industria del beverage che riduce al minimo gli oneri di manutenzione, i costi energetici di funzionamento e gli spazi necessari all’installazione. Il cuore del trattamento è costituito dalla tecnologia brevettata RCBR TM – Rotating Cell Biolfim Reactor - che realizza un’efficacissima rimozione degli inquinanti disciolti in acqua grazie alla grande quantità di batteri che si sviluppa spontaneamente in forma di biomassa adesa su tappi di plastica ad uso alimentare. Tali tappi, opportunamente selezionati e impaccati in una cella di reazione (Smart Caps), derivano dal post-consumo e sarebbero altrimenti desti-
I dati di funzionamento di una linea di trattamento applicata alle acque reflue di un birrificio, cliente di EcoSistemi, in relazione ad uno dei parametri chiave di scarico in fognatura secondo il Dlgs 152/2006
nati allo smaltimento come rifiuti. L’efficacia di questa soluzione deriva da una combinazione ottimale del nuovo sistema di reazione biologica con un layout semplice e specifico per l’industria della birra, così come per altri settori del beverage. La linea di trattamento tipo è costituita da: - un adeguato serbatoio di accumulo ed equalizzazione dei reflui. L’industria delle bevande
utilizza sostanze chimiche detergenti e sanificanti acide e basiche. Un corretto dimensionamento dei volumi di stoccaggio ed equalizzazione delle acque luride di lavaggio permette di ottenere acque con pH neutro, trattabili biologicamente - un sistema di sollevamento delle acque al trattamento regolabile. Pompe specifiche, dotate di una logica di regolazione, possono dosare volumi di refluo precisi in relazione alla variabilità settimanale e stagionale di
ECO-SISTEMI Srl Tel 348.2637051 - E-mail info@eco-sistemi.org www.eco-sistemi.org
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queste lavorazioni - un sistema di separazione e allontanamento degli inquinanti non disciolti in acqua. Filtri o griglie, specificatamente progettati per l’abbinamento a RCbR TM, rimuovono a monte dell’ossidazione biologica tutte le sostanze inquinanti non disciolte, sospese o sedimentabili (es. farine e crusche, fecce, micro macinato di luppoli, glutine coagulato). - un sistema di ossidazione a biomassa adesa compatto e regolabile senza uso di aeratori. RCbR (si veda Hi-Tech Ambiente Aprile 2018) rimuove grazie al metabolismo batterico, in modo molto efficace, tutti gli inquinanti disciolti. - un sistema specifico per la chiarificazione e lo scarico delle acque depurate. Separazione dei fanghi di processo dalle acque depurate con una logica idraulica che permette di riutilizzare/minimizzare la produzione di fanghi di processo.
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chimica in situ (ISCR). Quindi, EHC promuove la sinergia dei processi di degradazione abiotici e mediati da microorganismi. - DARAMEND reagente avanzato per il trattamento biologico di suolo, sedimenti e rifiuti solidi contaminati da composti recalcitranti - EHC-M formulazione specifica per la rimozione in situ di metalli pesanti basata sui meccanismi della precipitazione e dell'adsorbimento irreversibile. - EHC-o, ideale per il trattamento aerobico di idrocarburi, è un composto a rilascio controllato di ossigeno migliorato grazie alla presenza di una sorgente di azoto per la crescita batterica, di zeoliti per lo scambio ionico e di un tampone per il mantenimento delle condizioni di ideali di pH. - Aquablok+ per la realizzazione di barriere impermeabili orizzontali, per l'inertizzazione di matrici contaminate e per l'isolamento in situ di alvei fluviali - ISGS (In Situ Geochmical Stabilization), è un prodotto contenente permanganato per la stabilizzazione geochimica in-situ di DNAPL.
La bonifica profonda tivo microscopico colloidale specificatamente ingegnerizzato per essere facilmente ed efficacemente iniettato all’interno degli acquiferi. Esso consente l’adsorbimento dei contaminanti sul carbone colloidale iniettato, che viene colonizzato dai microrganismi in grado di degradare quei contaminanti specifici agendo quindi come un catalizzatore per i processi di biodegradazione. Quest’ultimi, peraltro, determinano una rigenerazione del carbone stesso, rendendone la vita virtualmente. - Nanoscale Iron (ferro nanoscopico) per la realizzazione di barriere reattive permeabili (PRb) con una reattività fino a 1000 volte superiore al ferro comunemente utilizzato. - EzVI (Emulsified zero-Valent Iron) per trattare la contaminazione da NAPL in falda. - EHC, è un prodotto a rilascio controllato composto da un substrato carbonioso additivato di ferro zero valente (zVI) che garantisce i benefici della riduzione
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Raft…l’ambiente ringrazia Consulenza tecnica, progettazione e costruzione di impianti per il settore ambientale ed energetico La storia di Raft comincia nel 2010, quando un gruppo di tecnici con oltre 20 anni di esperienza nel settore della progettazione di impianti per il comparto ambientale ed energetico decide di unire tutto il proprio know-how. La società, infatti, opera nel campo della depurazione e trattamento degli effluenti gassosi e liquidi, nel settore della reattoristica di processo, nel trattamento e recupero di rifiuti e nell’efficientamento energetico, svolgendo attività di progettazione, costruzione e consulenza tecnica. Inoltre, l’azienda realizza numerose tipologie di impianti in scala ridotta per prove pilota, a dimostrazione dell’efficacia dei processi e delle tecnologie proposte. Tutti gli impianti e le apparecchiature fornite, personalizzate o su disegno proprietario, vengono peraltro certificate CE. TRATTAMENTO EFFLUENTI GASSOSI Raft realizza impianti di trattamento effluenti gassosi per la rimozione inquinanti trascinati, deodorizzazione, abbattimento e recupero solventi, trattamento fumane aggressive per acidità o basicità, depolverazione, vapori di lavorazione, biogas di discarica, biogas da digestione anaerobica. La funzione svolta dagli impianti di abbattimento e tratta¬mento è di fondamentale importanza in termini di preven¬zione inquinamento o di recupero risorse. Raft crea impianti su misura, individuando le tecnologie più performanti, tra cui: scrubber a riempimento per assorbimento e lavaggio ad umido; scrubber venturi per assorbimento e depolverazione; separatori inerziali e cicloni; postcombustori termici, catalitici e rigenerativi; filtri e impianti per la purificazione e l’upgrading del biogas; filtri e impianti di concentrazione a
carbone attivo; impianti di recupero solvente per assorbimento o distillazione; biofiltri per la rimozione biologica di sostanze odorigene. TRATTAMENTO EFFLUENTI LIQUIDI Raft realizza impianti per il trattamento degli effluenti liquidi ad alto carico, dai perco-lati ai rifiuti liqui-
di provenienti dai processi industriali, oltre che impianti per il recupero e la concentrazione di soluzioni di lavorazione. Propone, infatti, soluzioni specificatamente sviluppate per il trattamento di: reflui o fanghi di processo e di lavorazione contenenti sostanze inquinanti o pericolose; percolati di discarica o di impianti trattamento rifiuti; digestati e residui semisolidi
EFFICIENTAMENTO ENERGETICO Col fine di recuperare energia per ridurre i costi, Raft propone: impianti di cogenerazione a biomasse solide o liquide, a gas/biogas; impianti di recupero calore da fumi ad alta temperatura, di recupero calore a bassa entalpia; impianti di trigenerazione.
IL PROGETTO MITICO Raft è coordinatore del progetto MITICo (Modellizzazione e sviluppo di Impianti Tecnologici Intelligenti per la sintesi di nuovi Concianti), finanziato nel quadro del PoR FESR Toscana 2014-2020. Si tratta di un progetto estremamente innovativo perché intende sviluppare il processo produttivo di un nuovo conciante da specifiche biomasse, ecologico e altamente biodegradabile per realizzare pellami
da trattamento forsu; concentrati derivanti da trattamenti di concentrazione dei reflui; reflui contenenti sostanze da recuperare; reflui di risulta originati da sistemi di trattamento emissioni. Con la propria officina Raft costruisce: impianti evaporativi sottovuoto, multiplo effetto e atmosferici, impianti chimico-fisici, di strippaggio, di essiccamento fanghi chimici o biologici, di filtrazione (ultrafiltrazione, nanofiltrazione, osmosi inversa) e MbR, filtri a sabbia e a carbone attivo, impianti di separazione solido-liquido sia dinamici che statici.
APPARECCHIATURE DI PROCESSO
metal free. MITICo si propone di sviluppare tale processo con un elevato grado di automazione, al fine di autoregolarsi in relazione alla natura del materiale in entrata.
Raft Srl Via del Lavoro, 65 - 50056 Montelupo Fiorentino (FI) Tel 0571.1825444 - E-mail info@raftsrl.com
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Costruzione di nuove linee produttive, apparecchiature e soluzioni integrate con l’esistente, personalizzate e non di serie, destinate a molteplici settori e processi industriali, in carpenteria metallica o materiali plastici: dai reattori ai miscelatori, dai sistemi di dosaggio chemicals, reattivi e prodotti ai serbatoi fino a 500 mc, dagli scambiatori a fascio tubiero ai dissipatori termici e recupero calore.
Il fango granulare anammox Comprensione del meccanismo
La stabilità meccanica dei batteri ammonio-ossidanti anaerobici potenzia le strategie di trattamento delle acque reflue Le strategie per il trattamento biologico delle acque reflue impiegano microrganismi, che usano agenti inquinanti come substrato e ricavano energia per la crescita dalla loro trasformazione in prodotti innocui. In particolare, i batteri ammonio-ossidanti anaerobici (anammox) possiedono l’abilità unica di combinare ammonio e nitrito per formare azoto. Questa proprietà è stata sfruttata per la rimozione di azoto dai reflui caratterizzati da elevate concentrazioni di ammonio. A causa del tasso di crescita lento dei batteri anammox, la ritenzione efficiente della biomassa è essenziale per il funzionamento del reattore. La formazione di grandi aggregati microbici granulari caratterizzati da eccellenti proprietà di sedimentazione migliora le prestazioni del reattore e contribuisce alla stabilità delle tecnologie anammox. Gli scienziati del progetto europeo PoLIS hanno voluto studiare il processo di granulazione e identificare i parametri che influenzano la formazione del fango granulare anammox. <<Il nostro obiettivo era decifrare il meccanismo necessario per la stabilità meccanica dei batteri anammox - spiega Francesca Malpei, coordinatrice del progetto - un prerequisito per il trattamento delle acque reflue municipali>>. PROCESSI BATTERICI ANAMMOX
La stabilità granulare è strettamente correlata alle proprietà delle sostanze polimeriche extracellulari (EPS) secrete dai batteri anammox. I ricercatori di Polis hanno utilizzato
buirà all'attuazione innovativa di processi basati su anammox negli impianti di trattamento municipale e al riutilizzo dei fanghi granulari generati. PROMUOVERE UN'ECONOMIA CIRCOLARE
vari metodi, tra cui spettrometria di massa e cromatografia liquida, per identificare le strutture EPS e svelare i meccanismi centrali per la stabilità dei granuli. Per studiare l'interazione dei componenti principali di EPS, proteine, polisaccaridi e cationi, le tecniche reologiche moderne sono state combinate con la diffusione della luce e la microscopia. A seguito dell'estrazione, l'analisi delle EPS ha rivelato la presenza di proteine, polisaccaridi e lipidi nonché di acidi nucleici. Complessivamente sono state identificate 251 proteine, la maggior parte delle quali formano parte integrante della membrana cellulare batterica. <<Da un punto di vista strutturale –
continua Malpei - l'identificazione di EPS come fibrille simili ad amiloidi contribuirà a migliorare la formazione e la stabilità dei fanghi granulari anammox, fattori chiave nelle attuali applicazioni>>. È interessante notare che le EPS estratte dal fango granulare anammox sono state utilizzate per formare un biomateriale viscoelastico che potrebbe essere applicato in altri settori industriali. La caratterizzazione fisico-chimica del biomateriale recuperato ha determinato le sue proprietà reologiche in funzione della concentrazione di EPS. Nel complesso, l'intuizione della composizione e della funzione delle EPS in granuli anammox contri-
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Nelle applicazioni annamox, la biomassa prodotta comprende una miscela di batteri ed EPS secreta dai batteri stessi. Attualmente, questo fango è considerato un prodotto di scarto e i relativi costi di smaltimento rappresentano fino al 50 % dei costi operativi per il trattamento delle acque reflue. I risultati del progetto Polis suggeriscono che il recupero del biomateriale basato su EPS può essere applicato in altri settori industriali, aumentando sostanzialmente la sostenibilità e l'economia del trattamento delle acque reflue. <<Questo approccio promuoverebbe lo sviluppo di un'economia circolare – afferma Malpei - contribuendo alla trasformazione del tradizionale impianto di trattamento delle acque reflue in un'efficiente bioraffineria>>. I risultati di Polis su anammox EPS si estendono alla formazione di biofilm batterici e ne aumentano la valenza scientifica in quanto potrebbero essere utili in altri campi, come il biofouling e la biocorrosione. Il prof. prevede che i <<Mi auspico – conclude Malpei che i risultati di Polis siano utilizzati da aziende e amministrazioni idriche esistenti per indirizzare in modo più efficiente la ricerca e lo sviluppo di futuri processi basati su biofilm e anammox>>.
ZOOM
Market
Market
Disinquinare per riutilizzare La I.T.T. propone impianti di desorbimento termico, di inertizzazione di materiale pericoloso e di soil washing I.T.T. è una società italiana attiva nella progettazione e realizzazione di impianti per il disinquinamento di materiali di varia natura e per il loro riutilizzo. Propone tre principali linee di prodotto atte a: desorbimento di inquinanti (solitamente idrocarburi, olii, PCb) da matrici solide quali terreni, sedimenti o semi solide come fanghi per il possibile riutilizzo successivo; inertizzazione degli inquinanti al fine di un loro riutilizzo e/o riciclo; lavaggio e selezione di terreni, concentrando gli inquinanti nella sola frazione fine (filler). In base alle esigenze sono disponibili impianti fissi, mobili o trasportabili, personalizzabili come necessario e configurabili per futuri sviluppi delle attività dei clienti. I macchinari forniti sono progettati internamente per garantire la massima efficienza e durata nel tempo con minimi costi di manutenzione. DESORBIMENTO TERMICO Per il trattamento di desorbimento termico si intende il processo che consente di bonificare suoli in matrici solide (terreni, sedimenti) o semi-solide (fanghi) contaminati da sostanze vaporizzabili, solitamente di natura organica. Si sottopone il materiale contaminato in ingresso ad un riscaldamento che produca la migrazione in fase gassosa dell’inquinante, successivamente sottoposto a idonei trattamenti di recupero o smaltimento. Gli impianti di desorbimento termico hanno portate da 3 a 50 t/h variabili secondo la tipologia di tecnologia necessaria, l’inqui-
Impianto di inertizzazione fanghi
Particolare impianto di desorbimento termico
nante da trattare, con percentuali fino al 30% in concentrazione, e l’umidità del materiale in ingresso. Il desorbimento termico rispetto ad altre tecnologie, quali il biorisanamento e il lavaggio, consente di: trattare una vasta gamma di contaminanti organici anche con alte concentrazioni in ingresso (fino al 30%); garantire un’elevata efficienza di rimozione, con basse concentrazioni residue nel materiale in uscita. I.T.T. fornisce unità di desorbimento a tamburo rotante, con riscaldamento sia diretto sia indiretto in funzione delle condizioni del materiale da trattare e dell’inquinante. Il riscaldamento diretto riscalda la matrice contaminata per contatto con il vettore di calore, garantendo un sistema più efficiente dal punto di vista energetico ed economico, ed è in grado di trattare portate maggiori di terreno a costi operativi inferiori ri-
spetto a una modalità indiretta o ad altre tecnologie. Il sistema ha un’elevata efficienza di rimozione dell’inquinante ed è disponibile con e senza post-combustore, sia rigenerativo sia a recupero di calore, con riduzione dei consumi fino al 30% rispetto ad altri dispositivi simili. optional per gli impianti di desorbimento, oltre al postcombustore, sono: nastro estrattore magnetico per trattenere i materiali metallici; wind selector per estrazione di pezzi estranei (carta, stoffa, plastica, legno, ecc.); estrattore ed elevatore a tazze, convogliatore raschiante; vaglio rotativo per generare 3 selezioni di materiale trattato; mixer per la bagnatura del materiale trattato. Tutti gli impianti sono progettati secondo le specifiche esigenze sulla base dei seguenti parametri: capacità desiderata, contenuto di umidità in ingresso, inquinante massimo, granulometria massima inerti e concentrazione fini. NEUTRALIZZAZIONE L’inertizzazione o stabilizzazio-
I.T.T. Srl Via Brenta, 18 - 06135 Ponte Valleceppi (PG) Tel 075.592101 - E-mail info@itt-srl.com
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ne di materiale pericoloso consiste nell’inglobamento delle sostanze inquinanti in una matrice inerte, organica (polimeri, composti incapsulanti) o inorganica (cemento, calce, argilla), tramite un processo chimico e/o fisico, con l’obiettivo di diminuire il potenziale inquinante e la sua pericolosità nel tempo, rendendolo idoneo a trattamenti di recupero o di smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi. ITT ha ad esempio realizzato impianti di inertizzazione continui e a impasti singoli di fanghi organici e industriali. SOIL WASHING Il soil washing è una nota tecnica di bonifica di terreni contaminati, che può avvenire sia ex situ sia in situ, consistente nell’effettuare un vero e proprio lavaggio del terreno con acqua, soluzioni acquose di tensioattivi, biosurfattanti o con solventi organici. Il trattamento può essere fisico, con condensazione del contaminante in una frazione (solitamente quella fine) del volume originario mediante tecniche di separazione granulometriche successive; oppure chimico, allorchè si trasferiscono i contaminanti nel fluido liquido. ITT offre una vasta gamma di soluzioni in funzione dell’inquinante e del livello di pulizia che si vuole ottenere in base alle diverse destinazioni d’uso. Tali impianti possono inoltre essere provvisti delle sezioni, anche mobili, per il trattamento delle acque e per la selezione degli inerti.
GREEN FASHION L A
P R O D U Z I O N E
" M O D A "
T U T E L A
L’ A M B I E N T E
La sostenibilità nella moda I processi produttivi
Dall’uso di materie prime ecologiche sia naturali che artificiali, a nuove tecnologie che aiutano a ridurre consumi idrici e uso di sostanze chimiche 3^ parte
Anche nel settore della moda è sempre maggiore la sensibilità verso l’impatto ambientale dei prodotti, e sta crescendo l’impegno delle case di abbigliamento per la creazione di capi di vestiario ecosostenibili. Ma quali sono i principali fattori di sostenibilità (e le relative criticità) riguardanti la filiera produttiva del settore tessile e dell’abbigliamento in particolare? occorre innanzitutto dire che una produzione completamente a impatto zero non è possibile: per que-
NoStone - Tonello
Impianto pilota di ultrafiltrazione dei reflui di tintoria meno concentrati (progetto Battle)
sto motivo, ogni produttore decide di privilegiare gli aspetti della sostenibilità che ritiene più importanti (l’impiego di materie prime “a km zero” o ottenute da materiali riciclati, oppure garantire salari equi ai lavoratori, o ancora adottare un approccio “animalista” impiegando materiali alternativi alla pelle, ecc.). In generale, possono essere definiti “eco-compatibili” i filati e i tessuti realizzati con fibre ottenute da coltivazioni biologiche, prodotti da filiere equo-solidali, trattati con sostanze naturali. Diventa quindi essenziale considerare innanzitutto l’origine delle ma-
terie prime provenienti sia da attività agricole che dalla produzione industriale. MATERIE PRIME NATURALI
Cotone, lana, lino, ortica, bambù, e diverse altre sono indiscutibilmente materie prime naturali ma non per questo sono sicuramente anche biologiche. Il cotone è la fibra naturale più diffusa al mondo: ogni anno se ne producono oltre 24 milioni di tonnellate. Si tratta però di una coltura ad elevato impatto ambientale, in quanto richiede vastissime aree di terreno e un largo uso di pesticidi
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e fertilizzanti, ed inoltre la sua lavorazione comporta elevati consumi di acqua. Per questo motivo, molti marchi hanno iniziato (anche per motivi di immagine) a utilizzare “cotone biologico”; un esempio positivo è il Sustainable Cotton Programme della società inglese Primark, iniziato nel 2013, che ha lo scopo di formare le coltivatrici di cotone dell’India a tecniche di coltivazione più efficienti ed ecosostenibili. Al programma hanno partecipato oltre 1.200 coltivatrici, è stato drasticamente ridotto (-44%) l’impiego di fertilizzanti chimici e del 10% il consumo di acqua. Ad oggi, però, il contributo del cotone organico è ancora assai marginale (1% circa sul totale delle fibre naturali prodotte). Anche la produzione della lana presenta un notevole impatto ambientale: innanzitutto, gli allevamenti intensivi causano l’impoverimento dei terreni e il processo di lavaggio implica la produzione di reflui contenenti sostanze inquinanti, cui si aggiungono altri prodotti chimici impiegati nelle fasi successive di lavorazione. Nel caso della lana esiste poi il problema delle emissioni di Co2 connesse al trasporto della materia prima dal luogo di produzione a quello in cui viene lavorata: oltre la metà della lana viene prodotta in Australia, Nuova zelanda e Cina, Continua a pag. 26
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un “revival” delle fibre cellulose. In Italia sono impegnati in ricerche nel campo dei biopolimeri diversi Enti, tra cui la Stazione Sperimentale per la Seta e l’ IMAC-CNR di biella.
La sostenibilità nella moda mentre in Europa gran parte della lana prodotta (pari a quasi il 20% della produzione mondiale) finisce in discarica o negli inceneritori, perché la sua qualità non è considerata adeguata agli standard richiesti dal mercato dell’abbigliamento. In Italia, ad esempio, circa il 95% della lana prodotta viene smaltita come rifiuto speciale, mentre il restante 5% viene usato in edilizia o nell’artigianato. Si sono però registrate alcune iniziative volte a valorizzare la lana italiana, come il progetto CCIA di biella e “Tessile e Sostenibilità” (al quale collaborano anche Regione Toscana e Cassa di Risparmio di Firenze), basati sulla realizzazione di micro-filiere che coprono l’intero ciclo, dalla produzione della lana alla confezione di capi di abbigliamento e altri prodotti tessili. Altre fibre naturali ecosostenibili sono la canapa, la ginestra, l’ortica, il bambù, il cocco, il mais e la soia. Alcune di esse vengono impiegate nell’edilizia, mentre altre (soprattutto ortica e bambù) stanno facendo il loro ingresso anche nell’abbigliamento, grazie alle loro caratteristiche di morbidezza e comfort. MATERIE PRIME ARTIFICIALI
I biopolimeri rappresentano l’alternativa ecosostenibile ai filati tessili artificiali ottenuti dal petrolio: essi sono ottenuti da fonti rinnovabili come amidi, cellulosa e altre fonti biodegradabili. Un esempio significativo dell’impiego dei biopolimeri nel settore dell’abbigliamento è il polimero Ingeo, prodotto da Cargill a partire da fibre di mais fermentate e trasformate in polilattide, che viene utilizzato, tra gli altri, da Versace. Un biopolimero particolarmente abbondante è la cellulosa, che è la materia prima per la produzione del raion e di altre fibre artificiali; queste però sono state soppiantate dalle fibre totalmente sintetiche, ottenute con processi petrolchimici. oltre alle motivazioni economiche, l’abbandono delle fibre cellulosiche è stato causato dai problemi ambientali connessi con i reagenti chimici utilizzati per sciogliere la cellulosa. In tempi recenti è stata sviluppata una nuova generazione di solventi, i “liquidi ionici”, il cui impiego potrebbe aprire la strada ad
LE NUOVE TECNOLOGIE
Worn Again
TRASH To TREND
La moda dai rifiuti La filiera della moda produce ogni anno tonnellate di scarti, che in gran parte finiscono in discarica ma che potrebbero essere nuovamente inseriti nel ciclo produttivo; per questo, molti importanti designer si stanno impegnando sul fronte del recupero e riutilizzo. Ad esempio, la designer estone Reet Aus ha creato la piattaforma on line “Trash to Trend”, che localizza e classifica i rifiuti tessili europei per tipo, qualità e quantità, consentendo ai produttori (ma anche ai clienti che intendono commissionare capi ad hoc) di trovare i materiali adatti alle loro esigenze. Questa stilista ha inoltre creato una sua etichetta ecologica, e ha disegnato collezioni patchwork impiegando scarti di jeans e scampoli di cotone per
creare anche costumi di scena per cinema e teatro. In Italia, interessanti i progetti di Gentucca bini, che ha adottato il “layering design” per personalizzare e modernizzare abiti usati, e di Pietra Pistoletto, che realizza abiti riciclando diversi tipi di scarti tessili. Sul fronte del riciclo, infine, da citare il processo sviluppato dall’industria americana bCD Group, grazie al quale è possibile separare le fibre di cotone da quelle di poliestere nei tessuti misti; un processo analogo è alla base del progetto Worn Again, iniziato nel 2015 da H&M e Puma. La H&M da tempo raccoglie i suoi capi usati, producendo da questi nuovi filati per abbigliamento.
Le nuove tecnologie impiegate nei processi di trasformazione possono dare un contributo importante alla sostenibilità della filiera, in particolare per quanto riguarda la riduzione dei consumi idrici e l’impiego di sostanze chimiche. Le tecniche più promettenti sono sicuramente i trattamenti al plasma ed i trattamenti enzimatici. Per quanto riguarda i trattamenti al plasma, si tratta di tecnologie che trasformano a livello nanometrico le caratteristiche di superficie dei tessuti e la cui sperimentazione è attualmente condotta presso la Stazione Sperimentale per la Seta, l’IMAC-CNR di biella, il Politecnico di Torino e la Next Technology Tecnotessile. Relativamente ai trattamenti enzimatici, invece, questi si basano sull’impiego di proteine enzimatiche biodegradabili, che possono sostituire i tradizionali agenti chimici per la lavorazione della superficie dei tessuti, riducendo i costi anche per quanto riguarda i consumi energetici, idrici e di trattamento dei reflui. Altre tecniche innovative che possono migliorare la sostenibilità dei processi di trasformazione dei tessuti riguardano il riutilizzo dei reflui, i sistemi di tintura privi di acqua, l’impiego di fonti energetiche rinnovabili. Ad esempio, il progetto bATTLE (best Available Tecniques in TextiLE industry) ha finanziato la costruzione di un impianto pilota di ultrafiltrazione dei reflui di tintoria meno concentrati, in modo da rimuovere particolato e colloidi, al fine di riutilizzare le acque di scarico nel ciclo produttivo. Un altro processo fortemente innovativo è il Color Dry, sviluppato dall’industria olandese DyeCoo in collaborazione con Nike. Questo processo elimina completamente l’uso dell’acqua nei processi di tintura, riducendo contemporaneamente del 60% i consumi energetici. LE TINTE NATURALI
La stragrande maggioranza dei tessuti deve il suo aspetto ai coloranti sintetici, la cui produzione comporHi-Tech Ambiente
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ta spesso l’uso di sostanze nocive per l’uomo e per l’ambiente. Un’alternativa a questi coloranti è rappresentata dai coloranti di origine naturale, ottenibili da piante appositamente coltivate (come è il caso dell’indaco), oppure mediante la trasformazione di scarti e residui dell’industria alimentare. Le tinture naturali sono percepite come materiali più salubri e più rispondenti alle esigenze dei consumatori sempre più sensibili alle tematiche ambientali. occorre tuttavia valutare una serie di fattori, come: la coltivazione delle piante da tintura in Italia è assai scarsa, ma l’intensificazione della loro coltivazione consentirebbe di valorizzare aree agricole attualmente sottoutilizzate; i programmi di ricerca promossi negli scorsi anni indicano che il principale ostacolo è ottenere colori riproducibili e stabili ai lavaggi ed agli agenti atmosferici. La produzione di tinture naturali richiede la creazione di una filiera produttiva ad oggi non adeguatamente attrezzata, il cui impatto ambientale deve essere valutato. Attualmente, infatti, i pochi produttori che impiegano tinture naturali si avvalgono di forniture di importazione per le quali è difficile effettuare la tracciabilità. È quindi necessario investire magISI Plast si è affermata come realtà di prestigio in Italia nella produzione e nella personalizzazione di contenitori in plastica per molteplici settori: dall’industriale all’alimentare, dall’eco-sanitario fino al settore moda. I contenitori proposti sono quindi adatti a molteplici esigenze di contenimento, ma sempre nel rispetto dei criteri di funzionalità, sicurezza e tutela ambientale. E il rispetto per l’ambiente rappresenta uno dei principi cardini sul quale si basa l’intera filosofia produttiva dell’azienda, che vede la tutela ambientale parte integrante ed essenziale del processo di continua evoluzione tracciato dall’azienda stessa. Ed è proprio in quest’ottica che la società ha deciso, nel corso degli anni, di effettuare importanti investimenti per intraprendere un percorso volto all’innovazione tecnologia e all’ecosostenibilità. L’introduzione delle navette AGV – Automatic Guided Vehicles (primi nel proprio settore), il program-
Trash to Trand
giormente nella ricerca e accrescere le conoscenze sulle potenzialità delle specie vegetali e delle sostanze da esse estraibili. Si tratta in sostanza di una filiera ancora giovane e discretamente complessa, che in ogni sua fase presenta implicazioni di carattere tecnico, economico e ambientale. ELIMINARE LE SOSTANZE TOSSICHE
Una questione di primaria importanza riguarda l’impiego di prodotti e processi pericolosi per la salute:
recentemente la campagna “Abiti Puliti” ha sollevato l’attenzione sul “sandblasting”, ossia la tecnica di sabbiatura impiegata per schiarire i tessuti e ritenuta ormai universalmente dannosa per la salute dei lavoratori, in quanto può causare l’insorgere di silicosi. Dopo la condanna ufficiale di questa tecnica, la campagna ha condotto una serie di interviste in diverse fabbriche bengalesi, riscontrando che in nessuna di esse il sandblasting è stato effettivamente abolito; questo nonostante esistano già valide tecnologie alternative, come la NoStone, sviluppata dall’industria italiana Tonello in collaborazione con LeviStrauss. Un’altra iniziativa diretta a rendere consapevoli i consumatori circa gli aspetti sociali e ambientali legati all’abbigliamento è la campagna di Altroconsumo “Dirittiallamoda”, che persegue l’obiettivo di eliminare entro il 2020 undici classi di sostanze tossiche dai processi produttivi, tra cui ftalati, alchifenoli, etossilati, PFC, ammine associate a coloranti azoici, metalli pesanti. Questa iniziativa segue la campagna “Detox” lanciata da Greenpeace nel
2011, mirante ad eliminare otto gruppi di sostanze considerate particolarmente nocive. Altrettanto importante è il fatto ormai noto che la produzione di abbigliamento è concentrata in Paesi economicamente arretrati o in via di sviluppo: il 60% della produzione mondiale avviene in Asia, impiegando circa 100 milioni di lavoratori (per la maggior parte donne, ma anche bambini). Queste persone lavorano in condizioni tutt’altro che dignitose: percepiscono un salario inferiore al 3% del prezzo finale del prodotto, lavorano in condizioni insalubri e sono privi di ogni tutela sindacale. Negli ultimi anni l’industria del tessile-abbigliamento è stata il punto di partenza di una campagna volta a riconoscere piena dignità a questi lavoratori, e che si pone come primo obiettivo la formulazione di uno standard comune per calcolare un’equa retribuzione. La campagna Asia Floor Wage Alliance, che conta oggi 70 membri tra organizzazioni sindacali e non governative, associazioni, studiosi e ricercatori di 17 Paesi di Asia, Europa e Nord America, ha formulato il concetto di “floor wage”: una soglia salariale omogenea tra Paesi, più elevata dei minimi legali in vigore, identificabile come “salario minimo dignitoso”.
INNoVAzIoNE TECNoLoGICA
ISI Plast sempre più green
ma di rinnovamento del parco macchine (introdotte presse elettriche di nuova generazione) e il nuovo impianto di illuminazione a LED esteso a tutti i reparti dell’azienda sono segni tangibili della volontà di ISI Plast di ridurre il proprio impatto ambientale. Ma
l’impegno aziendale si è fatto di recente ancora più concreto. Grazie al supporto dell’impresa installatrice bacilieri, ISI Plast nel 2017 ha deciso di installare sul tetto dei propri fabbricati un impianto fotovoltaico da 348 kWp. Con una superficie di circa 3.000 mq il nuo-
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vo impianto permetterà di andare verso la completa autonomia elettrica. I moduli fotovoltaici di ultima generazione e gli inverter SolarEdge, che consentono il monitoraggio delle prestazioni del singolo modulo, permetteranno all’azienda di produrre circa 450.000 kWh annui, equivalenti al consumo di circa 150 abitazioni. Questo importante investimento si tradurrà, quindi, in un’ulteriore riduzione di 238.950 kg di emissioni di Co₂ (equivalenti a 800 alberi piantati) che andranno ad aggiungersi ai 738.704 kg di Co₂ risparmiati annualmente (equivalenti a 2.470 alberi piantati) grazie alle implementazioni introdotte negli anni precedenti (per una riduzione totale annua pari a 977.654 kg di Co₂).
DNA ITALIANo E ANIMA GREEN
La T-shirt che purifica l’aria Si chiama RepAir ed è una maglia ad alto contenuto di design che lavora a impatto zero per migliorare l’ambiente shion” dove la sfida più grande è quella di integrare eleganza, comfort e tecnologia. RepAir è quindi un progetto rivoluzionario che oltrepassa il concetto di moda green e lo stravolge. Non è solo una maglia prodotta rispettando l’ambiente, ma è anche in grado di agire in modo virtuoso e attivo su di esso. Approfonditi studi scientifici, mol-
ogni anno nel mondo si vendono miliardi di t-shirt. Cosa succederebbe se tra queste ne esistesse una in grado di pulire l’aria? Se lo è chiesto Kloters, start up di moda maschile, 100% made in Italy. La risposta è RepAir, una maglia genderless in cotone, che pulisce l’aria utilizzando un inserto di “the breath” posizionato all’interno di una tasca. Si tratta di un materiale brevettato da Anemotech e certificato, in grado di trattenere al suo interno sostanze inquinanti, batteri e cattivi odori.
Grazie alla speciale tecnologia, la tshirt “lavora” a impatto zero e non necessita di essere attivata o alimentata da fonti energetiche esterne. Il sistema the breath, infatti, è composto da due strati esterni stampabili, in tessuto idrorepellente con proprietà battericide, antimuffa e anti-odore e uno intermedio in fibra adsorbente carbonica additivata da nano molecole, capace di assorbire, separare, trattenere e disgregare le micro particelle inquinanti presenti nell’atmosfera. È la nuova frontiera del “green fa-
L’ABBIGLIAMENTO ECO-SPORTIVO DI H&M H&M ha dato vita a una linea di abbigliamento sportivo ispirata al tema della natura e della sostenibilità. Non solo le stampe e i colori richiamano l’ambiente, ma i tessuti con cui sono
IL GIUBBOTTO ANTI-ELETTROSMOG IN PET RICICLATO Della nuova linea di giacche Stretch X di Würth Modyf fa parte il giubbino pilot, con tasca portacellulare e-care in grado di proteggere dal 99% delle radiazioni elettromagnetiche. Questo capo, inoltre, ha l’imbottitura Thermore Ecodown che è realizzata al 100% con fibre riciclate da bottiglie PET. In media, una giacca imbottita con Ecodown permette il riutilizzo di circa 10 bottiglie e comporta un minor impatto ambientale.
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teplici test di laboratorio e analisi chimiche sull’aria, hanno dimostrato l’efficienza e l’efficacia dello speciale materiale utilizzato da Kloters. Dati certi, che garantiscono una soluzione concreta al problema dell’inquinamento atmosferico con una proiezione di abbattimento pari a due auto all’anno per ogni persona che indossa RepAir. Chiunque può contribuire a pulire l’ambiente in modo attivo, senza sforzo, solamente indossando una tshirt. Un’azione quotidiana, semplice e necessaria diventa un vero e proprio atto ecologico. Più persone indossano RepAir più l’ambiente ne beneficia. È sharing ecology. RepAir è comunque un capo dal design classico, proposto in bianco e nero, realizzato per durare a lungo e non soggetto alle stagionalità delle collezioni.
realizzati i capi di questa collezione sono rappresentanti principalmente da poliestere riciclato; inoltre, per il processo produttivo è stata utilizzata una nuova tecnica di lavorazione a maglia che crea capi senza cuciture, con meno filo e quindi meno scarti di tessuto.
RIFIUTI T R A T T A M E N T O
E
S M A L T I M E N T O
La gassificazione ionica dei rifiuti Processo HelioStorm
Grazie ad un campo attivo al plasma e ad elevatissime temperature si genera un syngas ad alto contenuto energetico ed estremamente pulito
IL PROCESSO HELIOSTORM
Da tempo esistono grandi impianti per la produzione di energia da rifiuti, ma ancora non sono state messe a punto tecnologie per il recupero energetico su piccola scala (ossia meno di 5 ton/giorno). Per questo, la statunitense Cogent Energy Systems ha lavorato negli ultimi 5 anni alla realizzazione di un gassificatore ionico per la produzione energetica da rifiuti in impianti di piccole dimensioni, basato sull’innovativo processo HelioStorm.
Il processo di gassificazione ionica HelioStorm è stato così chiamato perché le temperature utilizzate sono simili a quelle della superficie del Sole. Infatti, i rifiuti vengono posti a contatto diretto con un campo attivo al plasma a una temperatura da 3.000 a 10.000 °C; a questa temperatura le molecole di compoContinua a pag. 30 Hi-Tech Ambiente
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La gassificazione ionica dei rifiuti sti del carbonio a catena lunga vengono vaporizzate e l’acqua separata in radicali idrogeno e ossigeno ad elevato tenore energetico. La reazione tra i composti di carbonio vaporizzati e i radicali è molto veloce e porta alla formazione di molecole semplici di acqua, ossido di carbonio e anidride carbonica; si ottiene così un gas di sintesi ad alto contenuto energetico ed estremamente pulito, in quanto presenta bassissime concentrazioni di metano (talmente basse da essere non misurabili), zero idrocarburi a catena lunga e zero idrocarburi ciclici; questo gas può essere impiegato per produrre elettricità, idrogeno, carburanti liquidi e precursori chimici. Questo processo è fondamentalmente diverso dagli altri processi di gassificazione e al plasma, che impiegano temperature inferiori e quindi danno luogo a conversioni incomplete, con relativi problemi connessi alle impurità: infatti, il processo HelioStorm consente di ottenere un gas di sintesi privo di furani, diossine o altri inquinanti, ed essendo condotto con limitato apporto di ossigeno previene la formazione di azoto e ossidi di zolfo, che potrebbero causare problemi agli impianti. ENERGIA PER LA U.S. NAVY
Un partner della Cogent, la Creare, ha recentemente vinto un ap-
GIA’ OPERATIVO UN GASSIFICATORE DA 900 KG/GIORNO Nell’ottobre 2016 è stata completata la costruzione di un impianto di gassificazione presso la città di Lebanon (Tennessee, Usa). Fino ad allora, oltre 16 milioni di ton di rifiuti prodotti dalla città finivano in discarica, ma grazie al nuovo impianto essi vengono utilizzati per creare energia sufficiente a coprire 1/3 della domanda energetica dell’impianto cittadino di trattamento dei reflui. L’impianto, costruito dall’americana Aries Clean Energy con un investimento di 3,5 milioni di dollari, è attualmente il più grande gassificatore a corrente discendente esistente al mondo. Dirigendo il flusso d’aria verso il basso, anziché verso l’alto, si riduce notevolmente la produzione di sottoprodotti come il catrame. Inoltre, l’impianto impiega un filtro a ciclone per limitare le emissioni di particolato generato dai processi di essicamento delpalto dalla Marina militare statunitense per realizzare un impianto su piccola scala per la valorizzazione energetica dei rifiuti basato sulla tecnologia HelioStorm; questo impianto sarà in grado di convertire fino a 3,5 ton/giorno di ri-
le biomasse legnose e dalla combustione del gas di sintesi. Infine, le elevate temperature distruggono praticamente tutte le tossine presenti nei rifiuti, lasciando come unico sottoprofiuti misti in gas di sintesi ad alto valore energetico, che verrà bruciato in generatori per produrre almeno 800 kWh di elettricità per ogni tonnellata di rifiuti in ingresso. Il sistema sarà operativo entro 18 mesi.
dotto il biochar, un materiale carbonioso che può essere impiegato come fertilizzante in agricoltura, ma anche come sostituto del carbone nelle centrali elettriche. AMPIA FLESSIBILITA’ IN ENTRATA E IN USCITA
Il processo HelioStorm ha grandi potenzialità non solo per la produzione di energia elettrica, ma anche per la produzione di carburanti e intermedi chimici; inoltre, mostra elevata flessibilità anche per quanto riguarda il materiale in entrata: sono stati sperimentati diversi tipi di materiali, dalle biomasse alla paglia, dall’olio di pirolisi ai rifiuti solidi urbani. Le prove sperimentali hanno mostrato che con tutti questi materiali può essere ottenuto un gas di sintesi ad elevata purezza (99,6%), che può essere direttamente utilizzato senza passaggi intermedi. ENERGIA PER LE RETI LOCALI E SVILUPPI FUTURI
Nel maggio 2017 la Cogent ha vinto una selezione per lavorare con i ricercatori del Dipartimento Integrazione Servizi Energetici (ESIF) presso il Laboratorio Nazionale per le Energie Rinnovabili (NREL) del Dipartimento Hi-Tech Ambiente
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dell’Energia Usa. Questa collaborazione consente di testare il sistema HelioStorm nella microrete simulata di ESIF, come parte del programma di ricerca del NREL su progetti diretti alla modernizzazione della rete elettrica degli Stati Uniti. Il progetto della Cogent mostrerà il modo migliore di integrare le
tecnologie su piccola scala per la produzione di energia dai rifiuti (WTE) con altre tecnologie “pulite”, come l’energia solare, eolica e lo stoccaggio energetico nelle microreti: in presenza di sole e
DIVERSI PROCESSI PER RECUPERARE IL PE Il polietilene (PE) costituisce il 60% dei rifiuti plastici urbani; per il suo recupero ci sono due diversi metodi: recupero meccanico, cioè separazione dei tipi di polietilene contenuti nei rifiuti, in modo da ricavare materiali adatti per produrre film o contenitori stampati; recupero energetico, mediante combustione diretta o, preferibilmente, trasformazione in carburanti ed eventualmente in prodotti con utilizzi industriali, come la paraffina. Il recupero meccanico è oggetto di una iniziativa della società belga Total Refining & Chemicals, che lo ha designato “Circular HDPE” (polietilene circolare ad alta densità), con riferimento ai principi della “economia circolare”. Si tratta infatti di formulazioni di PE adatte per la produzione di contenitori stampati o soffiati, sia per uso domestico che industriale, contenenti dal 25 al 50% di PE riciclato post-consumo. Il riciclo viene eseguito da partners selezionati in diversi Stati europei, che poi inviano il materiale recuperato nello stabilimento di Anversa, dove si attua uno speciale processo che elimina gli odori residui. Il materiale da riciclo viene poi miscelato con speciali lotti di HDPE “vergine”, scelti in modo da compensare eventuali
deficienze nelle proprietà del riciclato. Quanto al recupero energetico, fino ad oggi non ha prodotto risultati soddisfacenti, perché i processi utilizzati richiedono temperature superiori a 400 °C, che inevitabilmente portano alla formazione di sottoprodotti indesiderati. L’Istituto di Chimica Organica dell’Università di Shangai, in collaborazione con l’Università della California, ha messo a punto un nuovo processo che, anzichè sulla pirolisi, si basa su reazioni catalitiche di metatesi e deidrogenazione delle olefine. Inizialmente, un catalizzatore a base di iridio promuove la deidrogenazione sia del polietilene che di idrocarburi paraffinici selezionati, formando idrogeno e idrocarburi olefinici; successivamente, un diverso catalizzatore a base di renio rompe le catene di atomi di carbonio che costituiscono il polietilene, riducendone il peso molecolare e trasformandolo in idrocarburi liquidi.
vento essi saranno sfruttati per produrre energia, ma in loro assenza si può fare ricorso all’energia presente nelle microreti, riducendo così la quantità di energia che è necessario conservare in rete e incrementare così la stabilità della rete stessa. Un obiettivo importante per il NREL è di trovare tecnologie che possano essere adattate su impianti di diverse dimensioni e che diano spunto per l’implementazione su scala nazionale. La flessibilità e la natura modulare della
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tecnologia di gassificazione della Cogent consente di raggiungere questo obiettivo e la rende ideale per applicazioni WTE, in quanto consente di far fronte con continuità (24H/24, 7gg/7) alla domanda di energia delle microreti, aiutando al contempo a risolvere i problemi di smaltimento dei rifiuti. In futuro, comunque, l’azienda prevede che la tecnologia HelioStorm possa essere anche impiegata per la lavorazione di rifiuti delle aziende farmaceutiche ad elevato valore aggiunto.
Il riciclo del cartongesso Stop alla discarica
Un nuovo programma di ritiro e riutilizzo sta partendo in Italia a tutela dell’ambiente Pareti e controsoffitti in cartongesso una volta smantellati finiscono principalmente in discarica. Sebbene la legislazione europea intenda promuovere il riciclaggio dei rifiuti a base di gesso, attualmente solo una minimima quantità di questi rifiuti viene riciclata. Impegnato su questo fronte è ad esempio il gruppo francese Gyproc Saint-Gobain con il suo sistema Gy.Eco, attivo su tre impianti in Italia per recuperare il gesso da reimpiegare come additivo nella produzione di cemento. Un'altra iniziativa è quella che vede coinvolta l’azienda Armstrong Building Products, con il suo programma di riclaggio “ceiling-to-ceiling”. Tale programma è già attivo nel Regno Unito, in Francia e in Benelux, è ora anche in Italia grazie all’accordo di collaborazione siglato con Zampetti Distribuzione che è diventato “centro di stoccaggio” dei controsoffitti raccolti nel centro-sud Italia, in attesa di trasferirli presso lo stabilimento Armstrong di Pontarlier, in Francia. Nello specifico, il programma “ceiling-to-ceiling” ovvero “dal controsoffitto al controsoffitto” prevede il ritiro dei pannelli giunti a fine vita ed il loro riutilizzo all’interno del processo produttivo per la realizzazione di nuovi soffitti. In tal senso, Armstrong Building Products è in grado di recuperare tutti i pannelli in minerale, in lana di roccia e vetro, anche dei propri competitor, purchè prodotti dopo il 2000, anno in cui è entrata in vigore la normativa che impone l’utilizzo di materiali biosolubili. In tal senso, Zampetti funge da centro raccolta per ottimizzare e rendere sostenibile anche il servizio di trasporto, Hi-Tech Ambiente
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che vedrà i camion viaggiare sempre a pieno carico da e per Pontarlier. La validità del programma negli altri Paesi è testimoniata dai numeri: l’azienda, infatti, ha riciclato circa 15 milioni di mq di vecchi pannelli, pari a oltre 80.000 tonnellate di scarti edili non convogliati nelle discariche pubbliche. I vantaggi offerti dal tale iniziativa sono molteplici. Ambientali prima di tutto, economici poi: il programma, infatti, oltre ad offrire un’alternativa intelligente per non saturare la capacità ricettiva delle discariche, è in grado di assicurare alle imprese che ne prendono parte, un risparmio quantificabile in circa l’8% in meno dei costi operativi, derivante dal mancato sostenimento di spese per lo smaltimento dei vecchi soffitti.
HI -TE CH
AMBIENTE
SPECIALE
LA GESTIONE SMART DEI RIFIUTI
SPECIALE LA GESTIONE SMART DEI RIFIUTI ADGENERA La gestione dei rifiuti urbani è un’attività critica che porta con sè risvolti economici, ambientali e sociali. Oggi la sfida è gestirne la differenziazione, la raccolta, il trattamento e lo smaltimento in modo sempre più efficiente. Il primo fondamentale passo è rendere il processo di conferimento e raccolta “smart” attraverso: l’identificazione degli utenti del servizio; il controllo, il monitoraggio e la misura dei rifiuti generati da ciascun utente; la connettività bidirezionale dei cassonetti ad un cloud server; l’analisi e l’elaborazione dei dati aggregati sul server; l’ottimizzazione del processo di raccolta. In questo contesto Adgenera impiega le più recenti tecnologie per sostenere i clienti nel raggiungimento dei propri obiettivi, con la soluzione giusta per ogni contesto. Questa soluzione crea va-
ALTARES lore eliminando o riducendo le inefficienze che il processo di gestione tradizionale comporta, in particolare i maggiori benefici si hanno grazie: alla sensibilizzazione degli utenti, indotti a ridurre la quantità di rifiuti generati e/o a incrementarne la differenziazione; all’aumento della qualità percepita del servizio, evitando situazioni di abbandono dei rifiuti, giacenza o eccessivo riempimento dei cassonetti; alla riduzione dei costi associati alla raccolta attraverso una pianificazione dinamica legata alle reali necessità. Adgenera ha sviluppato una tecnologia innovativa che permette di ottenere tutti i benefici di una gestione “smart” dei rifiuti urbani in modo semplice e concreto. Le soluzioni proposte possono essere impiegate per sviluppare un modello di tariffazione puntuale (PAYT – Pay As You Throw) dal principio, per migliorare ulteriormente il processo di raccolta o integrandosi ad ogni livello con l’infrastruttura del cliente, grazie alla grande flessibilità e potenzialità di personalizzazione.
www.adgenera.com
CONTENUR Il cassonetto C2200 F a caricamento laterale da 2.200 litri di Contenur viene fabbricato mediante stampaggio a iniezione con polietilene, utilizzando macchinari e stampi di ultima generazione e materiali ecocompatibili. Può essere attrezzato con accessori diversi per soddisfare ogni singola esigenza, primo tra tutti il chip elettronico per apertura mediante tessera personalizzata per la raccolta rifiuti urbana, oppure con sistema di controllo accesso, di controllo riempimento e di controllo temperatura, che rendono il cassonetto veramente “smart”. Lo stampaggio a iniezione consente di sfruttare gli enormi vantaggi del-
La soluzione di Altares (Gruppo Sartori Ambiente), sfruttando le potenzialità della tecnologia RFID combinata alla localizzazione GPS, permette attraverso l’utilizzo sui contenitori per la raccolta differenziata di tag UHF, l’istantanea rilevazione degli svuotamenti effettuati, le coordinate geografiche del punto di svuotamento e la posizione istantanea dei mezzi di raccolta o di spazzamento. Ciò consente di impostare una tariffa puntuale legata all’effettiva produzione di rifiuti. l servizio di distribuzione dei tag è offerto sia in caso di introduzione di nuovi modelli di raccolta o di nuovi contratti, che in caso di servizi di raccolta già esistenti che optano per un miglioramento tecnologico. Ogni tag è programmato con un codice personalizzato che può contenere informazioni relative a gestore, comune, frazione di rifiuto raccolta, volume dei contenitori, ecc. Grazie alla soluzione integrata tra sistema di navigazione GPS e rilevazione automatica dei conteni-
tori con tecnologia RFID UHF è possibile monitorare tutte le operazioni svolte e localizzare gli automezzi di raccolta. Altares, tra le prime aziende ad introdurre la tecnologia di rilevazione ad Alta Frequenza (UHF), ne ha sfruttato a pieno la flessibilità ed adattabilità a svariate soluzioni di raccolta, dai contenitori e sacchi fino alle campane di grosse dimensioni. Il sistema è composto dal controller Arco40, dispositivo compatto e di facile installazione sul retro del veicolo, che include in un solo strumento l’elettronica di controllo, il posizionamento GPS e la trasmissione GPRS, oltre all’interfaccia utente completa di display. Il controller è abbinato a una o più antenne RFID per la lettura automatica dei tag applicati alle attrezzature per la raccolta. Sono disponibili anche lettori UHF manuali, in grado di comunicare con il sistema Arco40 via Bluethoot con scambio di dati su protocollo proprietario.
www.altares.it
CSI la plastica: colori stabili, perfetta resistenza alla corrosione, superfici lisce, attutimento degli urti, ecc. E’ perfettamente accessibile grazie alle aperture di conferimento poste a un’altezza ridotta di 1.180 mm da terra, con dimensioni e caratteristiche appositamente studiate per ogni applicazione per consentirne un utilizzo agevole. Apertura massima del coperchio di 80º (1.524 mm.) per l’operazione di vuotatura. Il modello C2200 F è stato appositamente progettato per relativo uso con qualsiasi apparecchiatura standard di raccolta. Disponibile in una gran varietà di colori, il PEHD usato nello stampaggio a iniezione è colorato in massa, è stabilizzato contro l’azione combinata dell’acqua e delle radiazioni UV e rende il prodotto particolarmente resistente agli agenti atmosferici e agli sbalzi termici. Viene fabbricato con materiali riciclabili eco-compatibili nonché con pigmenti non contenenti materiali pesanti, il che contribuisce alla sua stabilità cromatica.
www.contenur.com
Per una gestione intelligente dei rifiuti solidi urbani, il CSI-Consorzio per il Sistema Informativo del Piemonte impiega un sistema i cui obiettivi sono: efficienza e ottimizzazione della raccolta dei rifiuti; segnalazione automatica della presenza di cassonetti pieni o sovraccarichi; automazione del calcolo della tassa dei rifiuti in base all’effettiva quantità di scorie prodotte dal cittadino; “capacity planning” basato sui dati storici di produzione e smaltimento dei rifiuti, suddiviso per zone; sensibilizzazione dei cittadini sullo smaltimento differenziato con relativi bonus caricati direttamente su una “green credit”. Per consentire ciò, il sistema prevede opportuno sensori per la rilevazione: del peso dei rifiuti; della presenza di rifiuti non idonei; del cittadino che li ha depositati nel cassonetto (mediante tecnologia NFC o RFID); della presenza di rifiuti al di fuori dei cassonetti (mediante telecamere). Utilizzo della Smart Data Platform per l’implementazione
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dello scenario. I dati relativi ai rifiuti depositati nei cassonetti vengono poi inviati alla Smart Data Platform, con una frequenza di invio dei che è programmabile tramite le feature di gestione dei sensori fornite dalla platform (dopo ogni deposito, giornalmente, ecc.). Lo User Portal e le applicazioni realizzate dai fruitori utilizzano la Smart Data Platform per: sapere lo stato di pulizia della città con informazioni georeferenziate; generare notifiche ed eventi di alert nel caso in cui si verifichino sovraccarichi di rifiuti nei cassonetti o malfunzionamenti e/o manomissioni degli stessi; visualizzare report e dashbord sull’andamento dei rilevamenti; utilizzare i servizi e le analytics sui dati per attività di capacity planing (es. necessità di espandere la discarica); fornire app ai cittadini che possono verificare, sul loro smartphone, la loro produzione di rifiuti e i relativi costi di smaltimento.
www.csi.it
SPECIALE LA GESTIONE SMART DEI RIFIUTI ECO-CHIP Eco-Chip è un progetto, italiano al 100%, che nasce dalla partnership di tre aziende specializzate che hanno unito le proprie competenze per creare un sistema intelligente di tracciabilità dei rifiuti. Esso migliora la performance di gestione dei rifiuti: dalla raccolta differenziata alla tariffazione. Grazie a una tecnologia innovativa, il sistema consente di misurare automaticamente i rifiuti che ogni utenza getta nel cassonetto, di contabilizzarli in modo rapido e preciso e di tenerne traccia per tutta la filiera, senza possibilità di errore. Con questo sistema, è possibile applicare in modo puntuale la tariffa rifiuti e raggiungere elevati standard di raccolta differenziata, con molti vantaggi economici e ambientali. Eco-Chip si basa sulla tecnologia di identificazione a RadioFrequenza (RFID). A ogni sacco o contenitore è assegnato un codice a cui è abbinato un singolo utente: in questo modo i rifiuti gettati nei cassonetti sono sotto controllo e possono essere gestiti in modo efficiente. I sacchi e i contenitori sono dotati di tag RFID che assicurano la tracciabilità dei conferimenti. A ogni utente è
ECOLIGHT associato un codice identificativo, registrato anche sul server centrale. Ogni utente differenzia e ogni conferimento è registrato tramite i tag RFID che sono letti dalle antenne posizionate sugli automezzi. Le antenne possono leggere da pochi centimetri a 10 metri e registrare più conferimenti in modo automatico. I dati dei conferimenti sono memorizzati nel computer di bordo e al rientro in sede sono inviati al server centrale tramite wi-fi. Il server associa i dati della fase di raccolta con i codici identificativi degli utenti e li verifica, e poi li invia agli uffici tributi per applicare un’equa tariffazione. Il sistema eco-chip può essere integrato a tutti i sistemi di raccolta (raccolta domiciliare o stradale) e a tutti i contenitori (sacchetti, bidoncini, cassonetti).
www.eco-chip.it
GLOBAL TAG L’azienda offre servizi a valore aggiunto sulla scelta della corretta frequenza e del corretto tag. E’ in grado di progettare, customizzare e realizzare tag transponder sulla base delle specifiche esigenze dei clienti. E può realizzare tag con differenti materiali, differenti frequenze e la maggior parte dei chip RFID e NFC. Il chip è un componente elettronico che integra al suo interno un circuito elettrico e dove risiedono le informazioni utili. Nella tecnologia RFID (e NFC) il chip è il componente “intelligente” del tag. I tag (o transponder) RFID passivi sono una componente fondamentale di un sistema RFID (Radio Frequency Identification, ovvero identificazione automatica in radio frequenza). Generalmente sono posti sugli oggetti da identificare e grazie al campo elettromagnetico generato da un controller, vengono “attivati” e inviano le informazioni presenti nella memoria del loro chip. La tecnologia RFID trova nella raccolta differenziata dei rifiuti
EcoIsola è un cassonetto intelligente di prossimità che permette ai cittadini di buttare gratuitamente cellulari, piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo e lampadine a risparmio energetico non più funzionanti, utilizzando la tessera sanitaria e senza la necessità di recarsi alla piattaforma ecologica. Questo particolare contenitore non solo risponde al principio dell’ “Uno contro Zero”, ma garantisce anche la tracciabilità dei rifiuti raccolti. Inoltre, ha dimensioni contenute (1,5x1,2x1,5 metri) e non necessita della presenza di alcun operatore. L’accesso per il consumatore è estremamente semplice: basta l’identificazione con la tessera sanitaria e, indicando il tipo di prodotto da smaltire, il cassonetto apre lo sportello giusto, nel quale gettare il rifiuto. Quando i contenitori interni sono pieni, la macchina avvisa i tecnici via sms. I rifiuti conferiti vengono tracciati dal momento del conferimento fino al trattamento e recupero, nell’intento di preveni-
re il traffico illegale dei raee. Al consumatore viene poi rilasciato uno scontrino a conferma dell’avvenuto conferimento. Con sistema identico agiscono i cassonetti smart RAEEshop Evolution (3x1x1,57 m), studiati appositamente per i negozi che hanno una superficie di vendita dedicata alle apparecchiature elettroniche superiore ai 400 mq, e i RAEEparking, cassonetti di grandi dimensioni (7x2,5 m). Ai cittadini che smaltiranno più rifiuti vengono riconosciuti benefit in buoni d’acquisto da spendere nei principali supermercati e ipermercati.
www.ecolight.it
IDEST uno dei principali settori di applicazione. Il suo successo nel waste management è dettato principalmente dalla necessità di velocizzare le operazioni di raccolta dei rifiuti nonché permettere una rilevazione puntuale e univoca dell’utenza, così da avere una tariffazione puntuale. La scelta della tecnologia RFID è oggi basata sulle frequenze UHF, in grado di garantire adeguate distanze di lettura; la modalità di raccolta dipende invece dalla committenza: sono nati così progetti che prevedono l’utilizzo di dispositivi palmari e altri che prevedono una totale automatizzazione del compattatore. Anche per il tag RFID ci sono differenti scelte possibili: posizionare il transponder RFID UHF direttamente sul mastello (transponder rugged duraturo nel tempo) oppure direttamente sul sacchetto di plastica (usa e getta) oppure ancora sul contenitore carrellabile.
www.global-tag.com
L’uso dei tag RFID e dai lettori portatili, tecnologie nelle quali la Idest è specializzata, Grazie ad una particolare tipologia di tag RFID, resistente alle intemperie e direttamente installabili sul metallo, nonché dotati della possibilità di essere nascosti anche all’interno del cassonetto, è possibile gestire in modo semplice e accurato le operazioni di tracciamento dell’ubicazione dei cassonetti e, al momento del loro svuotamento, identificazione, registrazione delle operazioni e memorizzazione del quantitativo di rifiuti contenuto. Il tag RFID è simile nell'aspetto ad una batteria al litio rotonda e piatta, ma in realtà si tratta di una memoria allo stato solido con un codice univoco, che può venire letta dagli specifici lettori (portatili e non). I tag vengono fissati nei punti dove solo l’operatore ne conosce l’ubicazione. L'univocità del codice contenuto nella memoria garantisce da errori o sostituzioni. Inoltre, il rivestimento in resine speciali del chip, rappresenta una sicura barriera contro le intemperie, mentre la passività
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del tag (ovvero l’assenza di batterie) ne assicura una durata illimitata nel tempo. Infine, le sue piccole dimensioni non rappresentano un problema per l’alloggiamento e l’installazione. L'acquisizione del codice avviene mediante un lettore che avvicinato al tag per una frazione di secondo cattura l'informazione e la registra in memoria. In seguito, possibile registrare a bordo del tag, le informazioni necessarie, quali ad esempio la data e l’ora dello svuotamento, il contenuto di rifiuti in quintali, il codice dell’operatore che ha effettuato l’operazione, etc. Un sistema RFID si compone solitamente di almeno di due componenti: il transponder, che è situato sull'oggetto da identificare e il lettore che, in funzione del progetto e della tecnologia usati, può essere un dispositivo di lettura o di lettura/scrittura. Il lettore contiene tipicamente un chip e un elemento d’accoppiamento elettromagnetico con il transponder, tipicamente una piccola antenna.
www.id-est.it
SPECIALE LA GESTIONE SMART DEI RIFIUTI ID&A Horus è un dispositivo di rilevamento volumetrico del livello di riempimento dei contenitori stradali con trasmissione dati. HorusCalotta è invece il dispositivo per l’identificazione dell'utente con calotta o con sblocco del coperchio; mentre Horus-ID è il sistema per l’identificazione dell'utente con controllo accessi. ID-Reporter è invece un acquisitore documentale di dati e immagini georeferenziati per il censimento, la distribuzione e la gestione dei cespiti operativi sul territorio. E’ costituito da un insieme di attrezzature e di applicativi software atti a consentire l’immatricolazione e la gestione di cespiti a territorio, nonché la loro manutenzione e gestione nel tempo. Consente, inoltre, di gestire la distribuzione di contenitori per l'attivazione e la gestione della raccolta domiciliare evoluta di rifiuti. ID-Reporter rileva informazioni ed immagini grazie a uno scatto fotografico che aggrega ad ogni immagine una serie di informazioni fra cui ora, data e coordinate geografiche.
INTERNAVIGARE ID&A realizza anche etichette adesive personalizzate resistenti agli agenti atmosferici ed antivandalismo. Allo scopo ha realizzato il sistema Iside, che comprende i dispositivi informatici per la raccolta domiciliare evoluta: un palmare legge i codici d’identificazione dei singoli contenitori esposti dagli utenti nei giorni prefissati. I dati acquisiti (codice contenitore e quindi utente, volume contenitore e materiale conferito, data, ora e livello di riempimento del contenitore) vengono scaricati nella base station peri definire le quantità di rifiuti raccolti. Da evidenziare che il palmare non è connesso all'automezzo di raccolta, e ciò consente d’implementare con estrema facilità il sistema Iside in ogni struttura di raccolta rifiuti già in essere. Altresì, Idea realizza le etichette autoadesive resistenti agli agenti atmosferici sia precodificate che codificabili direttamente dal Gestore del servizio mediante un'apposita stampante connessa alla base station.
no il montaggio dei tag in un’area specifica del bidone. Le caratteristiche tecniche di questi tag possono essere così riassunte: 30 mm di diametro, 15 mm di spessore, 9 g di peso e di colore nero. I tag proposti da Internavigare, inoltre, possono essere utilizzati con temperatura che vanno dai -25 °C ai +60 °C, ma sopportano temperatura di conservazione più spinte ossia tra -40 °C e +70 °C.
www.internavigare.com
www.ideabs.com
JCOPLASTIC JcoTracer di Jcoplastic è un contenitore ad accesso controllato (genius-bin), ossia dotato di un sistema di controllo dei conferimenti. Le sue caratteristiche principali sono: apertura elettronica controllata, riconoscimento utente con badge, registrazione e invio dati conferimento (utenza, data e ora), elettronica e batterie all'interno di gusci in plastica di protezione, impilabilità dei contenitori, controllo da remoto dello stato del sistema e della lista degli utenti autorizzati. Ogni utente abilitato al conferimento viene fornito di un personale badge dotato di un tag RFID (univoco). L'utente "risveglia" il sistema premendo un opportuno pulsante, attivando la lettura del tag RFID. L'apertura dell'elettroserratura viene azionata solo se il badge è riconosciuto. L'avvenuto conferimento è registrato attraverso la memorizzazione di data e ora. I dati raccolti sono giornalmente inviati ad un server e resi disponibili accedendo ad un sito web, dove un'utente
Internavigare è una società attiva nel settore dei servizi e delle soluzioni IT. Dispone di numerose soluzioni software legate al mondo delle card a contatto e di carte contactless RFID e NFC, oltre che di Waste Bin Tag per il settore della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. I tag per i cassonetti dei rsu sono stati studiati per essere applicati sui contenitori e per resistere ottimamente alle condizioni ambientali difficili. I quattro fori facilita-
RFID GLOBAL autorizzato (e con password) può ottenere dati di dettaglio o consuntivi. Le operazioni di svuotamento del contenitore seguono la stessa metodologia. L'aggiornamento della lista degli utenti abilitati al conferimento è gestito in modo automatico da remoto. Durante la fase di collegamento al server per la comunicazione dei dati di conferimento viene effettuato anche l'aggiornamento degli utenti abilitati. Il software dedicato alla raccolta di tutti i dati provenienti dai contenitori è posto su un server ed è offerto come servizio associato ai sistemi installati sui contenitori.
www.jcoplastic.com
La tracciabilità dei rifiuti trova nell’RFID lo strumento tecnologico ideale: identificazione fissa e mobile, dati esatti per il calcolo della tariffa precisa, stimolo a comportamenti virtuosi degli utenti e rapidità nelle operazioni di prelievo sono alcuni dei plus che rendono la gestione dei rifiuti smart. In base al tipo di organizzazione e di rifiuti, esistono differenti contenitori: sacchetti, mastelli, bidoncini, bidoni e carrellabili in generale, con capacità variabile; adattandosi ai diversi possibili scenari applicativi, anche il sistema RFID può prevedere l’apposizione dei tag/transponder, il cui microchip è associato al codice utente di ogni cittadino, sui sacchetti (tag a perdere), oppure sui bidoncini/mastelli di plastica (tag a recupero). La rilevazione e l’identificazione dei sacchi e/o dei contenitori avviene al momento del prelievo in diverse modalità (identificazione volontaria, ossia tramite un operatore, oppure automatica; identificazione fissa oppure mobile ed identificazione massiva degli item,
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quando più sacchetti sono tracciati), i dati raccolti sono poi trasmessi al sistema informatico del Comune preposto all’emissione delle bollette, che registra codice utente, data e ora del ritiro, veicolo e operatore. Molteplici sono i mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti, a cui corrispondono diverse architetture di dispositivi RFID. Un esempio è l’Antenna Rugged RFID Oberon 350 che integra all’interno un reader RFID UHF EPC e la scheda elettronica Smart FlyBoard, dotata di intelligenza (CPU) e I/O per interagire con l’ambiente esterno attraverso funzioni multiple e senza l’ausilio di veicolari. Tra le doti tecniche dell’antenna RFID a polarizzazione circolare spiccano l’intelligenza a bordo, l’essere un Web Cloud Device, funzione di anti-collisione, per rilevare simultaneamente una moltitudine di tag RFID, Real Time Clock/Calendar con batteria, firmware upgradabile, led di segnalazione.
www.rfidglobal.it
ESEMPI DI SUCCESSO A MONTERIGGIONI - SIENA
SUCCESSO IRLANDESE
La raccolta tecnologica Il cassonetto solare di piccoli raee compatta rifiuti
Prosegue la riorganizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti nel comune di Monteriggioni, in provincia di Siena. Da poco sono a disposizione dei cittadini due nuovi contenitori intelligenti per la raccolta dei piccoli raee (asciugacapelli, frullatori, ferri da stiro, cellulari, tablet, tastiere, mouse, pc portatili, piccole stampanti, fotocamere). La loro ubicazione è strategica: uno a fianco della Casina Olly per la raccolta dell’olio alimentare esausto, e l’altro di fronte alla casina dell’acqua. I nuovi cassonetti smart possono essere utilizzati tramite la 6Card, la tessera magnetica che permette di identificare ogni conferimento dei rifiuti con lo specifico intestatario di utenza Tari residente nel Comune. Un nuovo metodo di conferimento dei rifiuti, quello adottato dal Comune di Monteriggioni, che consentirà di introdurre progressivamente una tariffazione puntuale legata all’effettiva produzione dei rifiuti e al reale impegno dei cittadini nella differenziazione dei materiali. <<La collocazione dei due contenitori per la raccolta di piccoli elettrodomestici - afferma Fabio Lattanzio, assessore all’ambiente del Comune di Monteriggioni segna un altro passo in avanti nella riorganizzazione della gestione dei rifiuti a sistema controllato e verso una tariffa pun-
tuale che premi i cittadini più virtuosi. Questa iniziativa va ad affiancare le altre già avviate sul territorio di Monteriggioni con buoni riscontri da parte dei cittadini e fa parte del Piano economico e tariffario di ambito messo a punto grazie alla nuova progettazione con Sei Toscana dopo la revisione del contratto avvenuta lo scorso dicembre e approvata in tutta l’Ato Toscana Sud, a partire da Monteriggioni>>. L’utilizzo dei contenitori è molto semplice: basta premere il pulsante posizionato sul cassonetto intelligente, avvicinare la propria 6Card al display per il riconoscimento dell’utenza, aprire lo sportello, conferire i propri rifiuti e richiudere.
PROGETTI PER SMARTCITY Il cittadino utilizza sempre più spesso strumenti tecnologici per la gestione dei propri rifiuti, alle volte in modo inconsapevole oppure palesemente viene guidato interattivamente al conferimento dei sacchi dell’immondizia differenziata. Numerosi i progetti per migliorare questo compito.
Un’idea interessante e da ripetere è quella adottata dalla contea di Dun Laoghaire Rathdown, a sudest di Dublino, in Irlanda, che per i propri 200.000 abitanti sta sperimentando dal 2014 l’impiego di cassonetti tematiche di gestione della raccolta e smaltimento del rifiuto nella logica di servizi innovativi per la smartcity. Mira, infatti, a realizzare uno strumento che permetta la tracciabilità delle azioni del cittadino, durante le operazioni di smaltimento nelle oasi ecologiche e nel porta a porta “spinto”, al fine di definire politiche di tariffazione a consumo e di avere strumenti in grado di premiare i comportamenti virtuosi.
IL PROGETTO I-ECOS IL PROGETTO EMARES
Il progetto I-ECOS (Intelligent ECOlogical iSles) presenta una nuova generazione di hardware e software in grado di affrontare le
Il progetto EMaRES (Enhanced Material Recovery and Environmental Sustainability) ha introdot-
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smart per i rifiuti, che sono autocompattanti, alimentati a energia solare e connessi in rete. Inizialmente la sperimentazione è partita con soli 20 cassonetti intelligenti, ma visto il successo dell’iniziativa è stata poi estesa a tutto il territorio, sostituendo così i 500 cassonetti tradizionali con 421 di tipo nuovo. Peraltro, non solo la capacità di raccolta del sistema è aumentata nel tempo, passando da circa 45.000 litri a oltre 250.000 litri, ma è stata anche registrata una riduzione di ben il 75% dei costi di flotta e del 60% del personale. Un ulteriore vantaggio di questi nuovi cestini compattatori è che, visto che la loro apertura si sigilla quando il contenitore è pieno, non ci sono più bidoni traboccanti. to un sistema di tracciabilità in una pratica ormai consolidata quale la raccolta differenziata dei rifiuti. Tale sistema ha permesso di identificare con maggiore precisione sia chi conferisce sia cosa conferisce, rappresentando anche un importante strumento per poter applicare una tariffa puntuale più precisa. I risultati nell’area di raccolta pilota del Comune di Panicale (PG) sono stati eccellenti: la raccolta differenziata ha raggiunto il 68%, mentre i rifiuti effettivamente inviati a riciclo/recupero sono stati più del 61%. Ma EMaRES ha anche messo in campo iniziative importanti per sensibilizzare la popolazione rispetto al problema strategico dei piccoli raee e per incrementarne la raccolta. La Ricimobile, ad esempio, oltre ad avere un importante effetto comunicativo, ha anche rappresentato un importante strumento per andare incontro alle esigenze dei cittadini. La Ricimobile è di fatto una sorta di stazione ecologica mobile che raggiunge i cittadini in determinati momenti ed occasioni della vita quotidiana agevolando la raccolta dei piccoli raee. Questo particolare veicolo viene anche utilizzato per la raccolta dell’olio di cucina usato e delle pile esauste.
BIomaSSE & BIogaS B I o m a S S a
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B I o g a S
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B I o m E ta n o
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C o g E n E r a z I o n E
Il biodesolforatore a torre Ecochimica System
Un biofiltro verticale automatizzato, dai bassi costi di gestione ma altamente efficiente Il biogas è prodotto dalla digestione anaerobica dei solidi organici ed è una miscela di vari tipi di gas, alcuni dei quali incombustibili o con proprietà ossidanti. Uno dei più importanti ostacoli alla diffusione dell’uso del biogas come combustibile è legato alla sua alta qualità richiesta dagli impianti di cogenerazione e dai motori per autotrazione. Negli impianti di fermentazione anaerobica, il biogas prodotto contiene quantità notevoli di idrogeno solforato altamente corrosivo per l’impianto di produzione energia. Questo H2S deve essere rimosso dal gas, sia per ragioni di protezione ambientale sia per pericoli di corrosione. Allo scopo Ecochimica System propone il desolforatore biologico Bio-Desolf, una torre biofiltro verticale che abbatte il contenuto di idrogeno solforato con rese di rimozione superiori al 95% mediante un trattamento biologico senza consumo di reattivi chimici. Il processo di desolforazione biologica messo a punto da Ecochimica offre una soluzione altamente efficiente a bassi costi di esercizio. Oltre a non richiede reagenti chimici, il processo non ha praticamente consumi rilevanti nè scarico di esausti. La torre Bio-Desolf, in pratica,
sfrutta l’abilità dei microorganismi della specie Acidothiobacillus Thiooxidans di ossidare l’acido solfidrico. Questa ossidazione richiede una modesta quantità di ossigeno. Quando viene aggiunta una limitata quantità d’aria i microrganismi convertono l’idrogeno solforato in zolfo elementare e in acidi elementari. I prodotti dell’ossidazione risultati da questa trasformazione sono a livello ambientale irrilevanti. I batteri coinvolti necessitano solo di ossigeno, nutrienti e superficie di crescita:
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l’ossigeno viene aggiunto sotto forma di aria pressurizzata in base alle necessità; il fertilizzante, reperibile in ogni paese nel mondo, è usato per fornire i nutrienti necessari ai batteri; la superficie di crescita è formata da uno strato di corpi di riempimento ad elevata superficie specifica, in modo che i microrganismi possano attaccarsi e crescere.
All’interno della torre, infatti, il flusso di biogas passa attraverso lo strato di corpi di riempimento in essa inseriti, dove l’idrogeno solforato viene degradato dai batteri. La formazione del biofilm batterico viene incentivata anche dal continuo ricircolo di acqua e alle ottimali condizioni di processo mantenute nella torre, ossia bassi
valori di pH (1,5 -2) e una temperatura di circa 35 °C. Oltre alla torre dove avvengono le reazioni di degradazione, l’impianto BioDesolf è però costituito anche da una “stazione di controllo” contenente tutte le apparecchiature per la gestione della torre: pompa per il circolo dell’acqua tra i corpi di riempimento e soffiante che fornisce l’ossigeno secondo quantità stabilite in maniera completamente automatica dalla logica di controllo del sistema in funzione della portata di biogas da trattare. Quanto al liquido di lavaggio, esso viene inviato, tramite opportuna pompa, alla vasca di recupero dove, mediante insufflazione d’aria, avviene la trasformazione dei sali presenti in solidi insolubili. Nella sezione di vasca dedita alla sedimentazione, lo zolfo elementare e i solfati si depositano e vengono facilmente allontanati. Infine, dalla vasca il liquido pulito viene rimandato, tramite pompa di ricircolo, alla torre per poter essere riutilizzato. Il biogas, prima di essere emesso dalla torre, attraversa opportuni demister, ossia pacchi alveolari separatori di gocce, che eliminano il
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trascinamento della soluzione di lavaggio. Le torri Bio-Desolf di abbattimento biologico trovano facile applicazione in ogni ambito in cui vi sia la necessità di rimuovere l’H2S dal biogas e in particolare in: trattamenti fanghi civili e industriali, trattamento forsu, industria chimica, cartaria e alimentare, discariche, agricoltura. Paraltro, sono anche facili da usare e manutenere, hanno alta efficienza con bassi costi operativi e permettono un recupero dei costi di investimento iniziali in tempi brevi.
La liquefazione del biogas Cryo Pur
Un sistema unico di valorizzazione mediante purificazione criogenica che porta a produrre bioGNL e CO2 liquida Cryo Pur è specializzata nella purificazione criogenica del biogas e nella liquefazione del biometano. L’innovazione tecnologica è al centro del progetto aziendale, protetto da 7 brevetti mondiali, per offrire soluzioni concrete alle sfide del settore biogas e respingere i limiti dell’efficienza energetica attraverso un processo di ultima generazione. Risale al 2001 il primo brevetto sulla cattura criogenica della CO2, mentre nel 2003 viene realizzato l’impianto pilota di laboratorio di cattura criogenica della CO2 (5 kg
di CO2/ora). Nel 2006, invece, avviene la prima dimostrazione su scala industriale di cattura criogenica di CO2 (1 ton/giorno) e nel 2013 si ha il lancio del progetto BioGNVal in partenariato con Suez. Il 2015 vede l’avvio della fase pilota di tale progetto, mentre nel 2016 si ha sia la fase dimostrativa del progetto che la vendita da parte di Cryo Pur della sua prima unità commerciale. Ma che cos’ è il sistema Cryo Pur? A partire da biogas il sistema Cryo Pur genera biometano liquido (bioGNL) e CO 2 liquida. Si tratta,
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quindi, di un sistema di purificazione e liquefazione del biometano nello stesso processo, che raggiunge una migliore efficienza energetica e limita i rischi di interfaccia tra diverse tecnologie. Il sistema, infatti, senza investimento nè consumi aggiuntivi, include la liquefazione della CO 2 proveniente del biogas, ottenuta con un livello di purezza tale da permetterne la valorizzazione nell’industria. L’altro prodotto di risulta, invece, è un carburante rinnovabile che permette di alimentare di maniera durabile i mezzi pesanti: autonomia fino a 1.500 km, riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra in confronto al diesel, nessuna emissione di polveri sottili, riduzione drastica delle emissioni di NOx e dell’inquinamento acustico. Il bio-GNL, inoltre, consente di trasportare il biometano di maniera efficiente: quando la rete di gas naturale è assente o di capacità insufficiente, il trasporto di biometano sotto forma liquida è 600 volte meno voluminoso del metano gassoso. Grazie alla tecnologia Cryo Pur i componenti indesiderati contenuti
nel biogas (acqua, H2S, COV, silossani, CO2) sono catturati attraverso la criocondensazione, che così assicura una purificazione ottimale del biogas. Otto le possibili versioni impiantistiche, a partire dal modello CP 70 da 70 Nmc/ora di biogas fino al CP 2000 da 2000 Nmc/ora di biogas. L’intera gamma di impianti è però accumunata dai seguenti vantaggi tecnici e operativi: consumo minimo di energia elettrica, intorno a 0,6 kWh/Nmc di biogas grezzo; nessuna perdita di biometano; separazione fisica dei gas senza consumabili; adattamento alle variazioni di portate da –50% a +20% della portata nominale del biogas; possibilità di recupero di calore dai gruppi frigorifici per assicurare i fabbisogni del digestore; semplice messa in funzione; funzionamento continuo e automatico; alcuna necessità di mano d’opera fissa sull’impianto; monitoraggio da remoto dell’impianto da parte dei tecnici Cryo Pur tramite telegestione; semplice manutenzione dell’impianto per l’operatore, con monitoraggio completo delle attività preventive e curative da parte di Cryo Pur.
Lo skid plant gaster Biobooster
Più batteri autoctoni, aumento del biogas, risparmio di biomassa e stabilizzazione del digestante Biobooster nasce con l’obiettivo di produrre e vendere soluzioni tecnologiche innovative e sostenibili per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Parte dallo sfruttamento di un brevetto per l’incremento della produzione di biogas da impianti anaerobici, favorendo la crescita esponenziale della popolazione batterica autoctona attraverso lo skid plant Gaster, rilasciato con certificazione CE come da normativa vigente. In termini quantitativi, l’installazione di Gaster in una centrale da 1MW alimentata a insilato di mais, consenteun aumento del 5% della percentuale di metano, un aumento dell’energia prodotta di circa 350 kW/giorno e una riduzione di circa 3,5 tonnellate di silomais caricate giornalmente. Gaster, in pratica, è una macchina in grado di arricchire il microbioma degli impianti a biogas consentendo un notevole risparmio in termini di costi di alimentazione o riduzione della superficie agricola utilizzata. Rappresenta, quindi, un vero e proprio strumento base di una nuova strategia
di approccio ai problemi di gestione di molti impianti biogas. Va da sè che la macchina favorisca l’inserimento nella filiera del biogas tutti quegli scarti che oggi sono poco utilizzati a causa della loro difficile digestione da parte dei batteri anaerobici (sfalci, stoppie, pula, pulizia dei boschi, paglia, scarti mercati ortofrutticoli, sottoprodotti vinificazione e distillazione, sottoprodotti agricoli). Ciò comporta come conseguenza l’aumento dell’efficienza biologica degli impianti a biogas. Gaster ha le dimensioni di un
container standard ed è collegato all’impianto biogas tramite tubazioni in acciaio o polietilene. E’ inoltre controllato da remoto tramite un software dedicato che, oltre ad automatizzare tutti i cicli di prelievo e dosaggio, permette a Bioboster un controllo in tempo reale dei principali parametri chimico-fisici (pH, redox, ossigeno disciolto, conducibilità, temperatura e pressione) in modo da modulare lo skid plant in base alla biologia dell’impianto, e quindi consentendo il raggiungimento di prestazioni ottimali.
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Nel dettaglio, Gaster preleva un’aliquota di 1-2 mc di digestato del fermentatore principalke e, grazie all’aggiunta di sostanze nutritive, trasforma il tutto in una massa altamente arricchita di batteri metanigeni autoctoni, ossia specializzati per il substrato in uso in quel momento nell’impianto. L’alta concentrazione e specializzazione ei suddetti batteri aumenta la qualità del biogas e incrementa l’efficienza di degradazione. Inoltre, Gaster esercita un effetto stabilizzante sul digestato che consente cambiamenti repentini di alimentazione e/o l’uso di sostanze di scarto economicamente vantaggiose, senza che l’impianto incorra nelle classiche crisi batteriche. L’effetto sinergico dell’aumento della quantità di biogas e dell’efficienza di degradazione e l’effetto stabilizzante che consente di introdurre substrati più economici, garantisce al proprietario dell’impianto un abbattimento dei costi di gestione, oltre che a contribuire alla tutela ambientale abbassando le emissioni di CO2.
La produzione di biogas dai rifiuti da utilizzare come combustibili per i veicoli o come fonte di energia e riscaldamento non è nulla di nuovo. Tuttavia, una serie di sperimentazioni in cui Scania è coinvolta, potrebbero portare ad un ulteriore sviluppo della tecnologia nel campo della produzione di energia. In collaborazione con Tekniska Verken, più grande produttore svedese di biogas, il comparto motori di Scania sta attualmente testando uno dei suoi motori alimentandolo a biogas grezzo, quindi non trattato con processi di raffinazione e purificazione. Ciò significa che non viene filtrato e depurato da residui di acque reflue, anidride carbonica e altre particelle, come accade invece per la produzione di gas naturale compresso per carburanti per autoveicoli. ,Il biogas viene prelevato direttamente dalle camere anaerobiche di fermentazione, e ad oggi la sperimentazione si basa su test di funzionamento arrivati ad oltre 600 ore. La speranza di Scania è che se il motore fosse in grado di funzionare ed essere affidabile con questo biogas grezzo, il processo di produzione di biogas per la produzione di energia risulterebbe ancora più ra-
TEST SCANIA
I motori a biogas grezzo
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pido ed economico, diventando una ulteriore e preziosa fonte di energia alternativa da materiale riciclato. Tuttavia, come già detto, l'idea è ancora largamente in fase sperimentale. Ma sotto la spinta di Scania, anche un’altra azienda svedese attiva nel riciclo dei rifiuti, la Telge Atervinning, è attualmente in fase di esecuzione di test su come i motori possano funzionare con gas grezzo, estratto direttamente dalle discariche. Ciò significa prendere il gas direttamente dalla fonte, senza raffinarlo e depurarlo, perforando quindi direttamente le discariche per l’approvvigionamento del biogas. E anche se le discariche sono chiuse, il biogas proveniente dal processo di digestione dei rifiuti organici continua la sua formazione fino a 30 anni dopo il loro interramento. <<Ci sono discariche in tutto il mondo – afferma Holger Mattsson, project coordinator di Scania Engines - e se possiamo usare efficacemente metano di bassa qualità proveniente direttamente da queste fonti, esiste un enorme potenziale per il mercato e per i consumatori>>.
macchine & strumentazione
I sistemi SaE e SmE di Sick Per la cogenerazione a biomassa e biogas
Come aggiornare la strumentazione per il monitoraggio delle emissioni e accedere agli incentivi statali con PowerCems100 dizioni di accesso all’incremento dell’incentivazione prevista dal decreto 6/7/2012 per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati a biomasse e biogas. I sistemi di monitoraggio in continuo e i sistemi di analisi delle emissioni hanno diritto a un premio tariffario di 30 euro per ogni MW prodotto (per impianti con potenza nominale >15MW), previa positiva verifica iniziale di idoneità e garantito il rispetto dei requisiti EN14181 (per SME) e UNI EN 15267/2009 (per SAE). Oggi più che mai è il momento di investire e di far avanzare i propri impianti a un nuovo livello di automazione e di intelligenza affidandosi alle soluzioni Sick, che dal 1956 realizza sistemi per il controllo delle emissioni e per la misura dei parametri di processo che consentono di ottimizzare gli impianti industriali. Nella sua vasta gamma di analizzatori gas, polverimetri e misuratori di portata sono presenti numerose tecnologie di misura (polveri con light scatter e gas con IR, UV, laser, ZrO2, FTIR, fotometri a caldo, ecc.) sia con versioni in situ che estrattive.
Spesso si è erroneamente portati a credere che solamente i più avanzati e digitalizzati sistemi per l’automazione di fabbrica possano accedere a super e iper-ammortamento, ma l’allegato A della Legge di Bilancio 2017 include, tra i dispositivi per l’Impresa 4.0, anche i sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità. Tra questi compaiono: - i sistemi di monitoraggio in-process per assicurare e tracciare la qualità del processo produttivo e che consentono di qualificare i processi di produzione in maniera documentabile e connessa al sistema informativo di fabbrica - componenti, sistemi e soluzioni intelligenti per la gestione, l’utilizzo efficiente e il monitoraggio dei consumi energetici e idrici e per la riduzione delle emissioni - filtri e sistemi di trattamento e recupero di acqua, aria, olio, sostanze chimiche, polveri con sistemi di segnalazione dell’efficienza. I sistemi di analisi per il monitoraggio emissioni SME (monitoraggio in continuo) e SAE (analisi delle emissioni), oltre a quelli per il controllo di processo, possono usufruire dell’iper-ammortamento del 250%, in quanto garantiscono la qualità e il controllo dei processi produttivi aumentando, al contempo, l’efficienza e la sostenibilità dell’impianto. Ma le agevolazioni non finiscono qui. Il DM del 14/4/2017, infatti, disciplina le con-
SISTEMA DI ANALISI MODULARE
Accanto alle tradizionali soluzioni di analisi estrattive con fotometri a caldo richieste per processi con esigenza di misura di componenti, quali acidi e ammoniaca, e alle versioni più avanzate richieste per applicazioni più complesse, PowerCems100 di Sick è un sistema per la misura in continuo delle emissioHi-Tech Ambiente
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DA SySTEA
gli analizzatori micromac Systea costruisce una serie di analizzatori online per l’analisi delle acque potabili, superficiali e di scarico. Sono disponibili 4 diversi modelli, che differiscono per il tipo di rivelatori installati:
- Micromac C, impiega un rivelatore colorimetrico a doppio raggio ed è quindi particolarmente adatto per l’analisi in linea del COD e di altre sostanze che vengono misurate grazie a reazioni
chimiche con sviluppo di colore (cianuri, fenoli, cadmio, piombo, azoto ammoniacale) - Micromac E, impiega elettrodi selettivi per diversi ioni e viene utilizzato per il dosaggio di metalli e di anioni - Micromac TOC, impiega un rivelatore infrarosso non dispersivo (NDIR) ed è specializzato per la determinazione del TOC - Micromac UV, impiega un rivelatore spettrofotometrico UV e viene utilizzato per la determina-
ni di impianti di combustione alimentati con combustibili fossili. Il sistema è conforme alle norme europee EN 15267 e EN 1481, ed è costituito da un analizzatore di gas GMS800 che lavora ad infrarossi per misurare CO, NO e O2. Completato con l’analizzatore UV Defor, il sistema può rilevare anche SO2, NO e NO2 senza necessità di un convertitore. Grazie alle certificazioni raggiunte, tale sistema prevede un intervallo di manutenzione di 6 mesi, dando la possibilità di sfruttare l’impianto per lunghi periodi prima di un breve stop per il check del dispositivo. PowerCems100 viene gestito da una semplice unità di controllo BCU posta all’esterno del cabinet, la cui interfaccia è stata sviluppata anche in lingua italiana per facilitare il lavoro dell’operatore. Le dimensioni contenute del cabinet IP54 rendono l’installazione possibile anche in qualsiasi contesto indoor, e può essere dotato di un sistema di condizionamento per operare in ambienti con temperatura superiore ai 40 °C. Hi-Tech Ambiente
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zione dei nitrati, dell’azoto totale e del COD (per lettura diretta dell’assorbimento a 254 nm). Tutti gli analizzatori Micromac sono provvisti di unità per il pretrattamento (rimozione dei solidi sospesi) e per l’omogeinizzazione con ultrasuoni. L’analizzatore esegue da solo i cicli di calibrazione automatica e di diluizione nel caso di valori fuori scala, è pienamente adatto al funzionamento in ambienti industriali e viene fornito pronto per l’installazione.
Le nuove pompe e-mP Lowara ottimizzate per risparmiare e durare
Elevate prestazioni idrauliche e notevole risparmio energetico Lowara ha recentemente presentato le nuove pompe della serie eMP, un deciso passo in avanti per quanto riguarda le prestazioni idrauliche ed il risparmio energetico. Si tratta di pompe multistadio completamente riprogettate per rispondere alle esigenze di risparmio energetico della clientela, con un range di prestazioni estremamente ampio e notevoli miglioramenti di assemblaggio e manutenzione. La portata della serie e-MP raggiunge gli 800 mc/ora e le prevalenze possono arrivare sino a 950 metri, mentre il liquido pompabile ha addirittura un range di temperatura tra i -25 °C e +180 °C. La configurazione della serie eMP prevede modelli orizzontali e verticali, in grado di soddisfare ogni esigenza in termini installativi. La progettazione è stata fatta con i più avanzati strumenti di calcolo per ottimizzare il rendimento idraulico delle giranti e dei diffusori in modo da esaltare la capacità di aspirazione, permettere l'impiego con acqua ad alta temperatura e soddisfare le più esigenti richieste impiantistiche sia nel pompaggio di acqua calda sia nel pompaggio della condensa. Grande attenzione è stata posta nelle misure di salvaguardia per il corpo pompante adottando, ad esempio una grande camera di tenuta autopulente per aumentare la protezione da eventuali particelle solide contenute nel fluido. Inoltre, è particolarmente ridotto il rischio di fermi macchina a tutto beneficio della riduzione dei
La pompa e-MPD di Lowara
La pompa e-MPV CUT di Lowara
costi operativi e di gestione, grazie anche al design modulare che semplifica il montaggio e la manutenzione.
La nuova serie e-MP Lowara è compatibile con dispositivi intelligenti: può essere infatti associata al dispositivo di controllo Hy-
La pompa e-MPA di Lowara
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drovar di quinta generazione, rendendo ancor più efficiente il sistema. La perfetta regolazione associata a un funzionamento ottimale aumenta non solo l’efficienza ma anche la durata utile dei componenti del sistema e riduce i costi di manutenzione. Inoltre, è possibile collegare a Hydrovar due sensori opzionali in grado di valutare quantitativamente le vibrazioni e la temperatura dei cuscinetti, così da monitorare costantemente le prestazioni della pompa e pianificare preventivamente azioni di manutenzione sulla stessa. Sono numerosi i modelli e le dimensioni delle pompe e-MP in modo da permettere la selezione di una configurazione che sia perfettamente calibrata per il servizio a cui deve essere destinata. Xylem offre una serie di strumenti per effettuare la personalizzazione della configurazione, compreso lo strumento di selezione on-line Xylect, che permette agli utenti di creare scenari di idraulica per identificare la soluzione ottimale in base alle diverse condizioni di pompaggio.
Il Gruppo Pieralisi è specializzato in tecnologie di separazione per forza centrifuga. L’ampia e qualificata competenza degli specialisti dell’area recycling permette di offrire soluzioni di processo che stabiliscono gli standard elevati di economicità, efficienza, sostenibilità e tutela ambientale nei processi di riciclo. Tra le diverse soluzioni vi sono gli estrattori centrifughi, dotati del servizio TcP - Telecontrollo Pieralisi, grazie alla quale la funzionalità meccanica ed elettrica della macchina viene monitorata 24/24 h, 7/7 giorni.
GRUPPO PIERALISI
Il telecontrollo per l’estrattore Il cliente può verificare ovunque, e in qualsiasi momento, il corretto funzionamento dell’estrattore centrifugo, ricevere in tempo reale le notifiche di manutenzione e di eventuali anomalie. Inoltre, grazie al Telecontrollo, il Service Pieralisi può effettuare diagnosi
preventive in remoto, fornire assistenza telefonica in maniera rapida ed efficace, oltre che proporre ottimizzazioni di processo e, naturalmente, archiviare tutti i dati di funzionamento e configurazione. In abbinamento al piano di Ma-
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nutenzione Programmata Pieralisi, il Telecontrollo: aumenta la durata di vita del decanter, ottimizza i costi di manutenzione e diminuisce i fermi macchina. Il TcP può essere insatallato sia su quadri elettrici o con PLC preesistente sia integrarsi perfettamente con i più recenti quadri Pieralisi FMC. Da evidenziare, infine, che il Telecontrollo Pieralisi soddisfa i requisiti dell’ammortamento Industria 4.0, consentendo di portare in detrazione, nella dichiarazione dei redditi, gli acquisti di beni strumentali.
Il monitoraggio “tascabile” dell’aria Innovativo e compatto
Una centralina grande come una scatola di biscotti e dotata di un sensore grande quanto una moneta
Uno strumento per rilevare la presenza di benzene nell’aria anche a bassissime concentrazioni, con un sensore grande quanto una moneta da due euro, che funziona con pochissima energia e occupa complessivamente lo spazio di una scatola di biscotti. È il frutto di 15 anni di ricerche dell’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi (IMM) del CNR di Bologna svolte in collaborazione con il consorzio Proambiente, che fa parte della Rete Alta Tecnologia gestita da Aster, società della Regione Emilia-Romagna per l’innovazione e la ricerca industriale.
Il progetto di realizzazione di questo strumento è iniziato presso IMM CNR nel 2001 e nel 2016 Proambiente ha realizzato e testato sul campo un prototipo industriale (TRL8). L’innovazione del prodotto e le sue dimensioni, molto contenute, hanno attirato l’interesse della Pollution Analytical Equipment, specializzata in sistemi di analisi della qualità dell’aria, che ha lavorato da subito a un’evoluzione di questo strumento (il TRL9), da immettere sul mercato. Ad oggi l’azienda ha già iniziato a vendere la prima versione all’interno delle centraline di controllo della
qualità dell’aria ambiente (outdoor). Il dispositivo così inserito ha due elementi di forte innovazione: l’utilizzo di tecnologie di fabbricazione a semiconduttore (quelle utilizzate per costruire i microchip) per realizzare componenti miniaturizzati in silicio da introdurre nello strumento di analisi gas-cromatografico; l'operabilità autonoma, cioè non è richiesto l’uso di bombole esterne, molto costose e ingombranti, per fornire il gas di trasporto per effettuare le analisi, e questo è possibile perché il gas in questione è ottenuto campionando l’aria ambien-
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te, che viene successivamente filtrata. Il dispositivo può essere utilizzato anche all'interno di un piccolo alloggiamento a temperatura controllata, con un alimentatore da 12V. Il picco massimo della potenza utilizzata è di 24W. La centralina è dotata di un allarme integrato e di un sistema per trasmissione dei dati, che può essere integrato nelle reti di rilevamento wireless. Rispetto ai sistemi tradizionali di rilevamento della qualità dell’aria, quindi, si riduce al minimo l'esigenza di manutenzione programmata.
ION SCIENCE
Le SoV in tempo reale
I rivelatori a fotoionizzazione hanno rivoluzionato la misura delle sostanze organiche volatili (S.O.V.) e in particolare quella degli idrocarburi aromatici (benzene e altri idrocarburi aromatici più pesanti). Il principio di funzionamento di questi strumenti prevede che l’aria ambiente (o il gas sul quale si vuole fare la misura) venga aspirata da una piccola pompa, e lambisca una membrana porosa, dietro alla quale si trovano la lampada UV e gli elettrodi di rivela-
zione. La luce UV ionizza le molecole delle SOV, creando una corrente elettrica che viene amplificata ed elaborata dall’elettronica interna allo strumento. E’ possibile, oltre ai valori di concentrazione istantanea, ottenere valori medi su intervalli di tempo prefissati e verificare la conformità ai valori limite (TWA o STEL) per diverse sostanze. La società Ion Science produce una vasta gamma di strumenti basati sui rivelatori a fotoionizzazione. Particolarmente interessanti sono gli strumenti della gamma “Tiger”. Si tratta di misuratori portatili, di semplice uso e di costo contenuto, capaci tuttavia di rivelare più di 480 diverse sostanze, con sensibilità fino a 1 ppb. La tecnologia brevettata “Fence Electrode” assicura performance ottimali anche in ambienti umidi e fortemente contaminati, con tempi di risposta di 190 secondi. Si tratta di strumenti progettati per essere usati
anche con una sola mano o indossando guanti protettivi. La gamma Tiger comprende 3 strumenti: il modello base, adatto
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per concentrazioni da 1 ppb fino a 20.000 ppm; il modello economico Tiger LT, adatto per misure da 100 ppb fino a 500 ppm; il modello Tiger Select, specialmente concepito per gli idrocarburi aromatici e, in particolare, per il benzene. Questi strumenti sono ideali per monitoraggi ambientali in raffinerie, impianti petrolchimici, depositi di carburanti, discariche, siti contaminati, aree di deposito o smaltimento di rifiuti pericolosi e simili.
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laboratori BIO ECO ACTIVE
La depurazione biotech dei reflui Particelle inorganiche fotocatalitiche, brevettate, particolarmente efficienti grazie ad un’elevata reattività Bio Eco Active sviluppa una serie di trattamenti atti a depurare qualsiasi tipo di acqua reflua, creando soluzioni efficaci e risolutive mediante specifici processi finalizzati alla rimozione dei più importanti inquinanti. L’approccio scientifico e di ricerca di anni in questo settore, ha permesso a Bio Eco Active di sviluppare metodologie per la depurazione ed il trattamento di acque reflue derivanti da processi produttivi diversificati, impiegando solo sostanze inorganiche e non tossiche, in grado di aumentare anche l’efficienza dell’impianto stesso. L’innovazione consiste nell’utilizzo di particelle inorganiche brevettate, altamente fotocatalitiche, che presentano un’elevata area, reattività e nano-strutturazione su-
Tipologia di impianto di trattamento chimico-fisico per reflui
perficiale, sintetizzate presso i laboratori dell’azienda. Queste, inserite in un apposito foto-catalizzatore, sono in grado di agire opportunamente sul refluo grazie all’utilizzo di una lampada UVC. La ricerca, già da lungo tempo, ha dimostrato l'efficacia antibatterica della luce del sole, in particolare di quella emessa ad onde corte, la cosiddetta gamma UVC, constatando che per ogni tipo di applicazione esistono delle lunghezze d'onda più efficaci di altre; ad esempio, per la disinfezione antibatterica la lunghezza d'onda più efficace è quella di 254 nm, mentre per applicazioni di tipo fotocatalitico (rottura di legami chimici) i risultati migliori si ottengono con una gamma di raggi UVC molto più ampia e diversificata. Il processo fotocatalitico permette che l’acqua in uscita dall’impianto chimico-fisico, fluisca in condotti illuminati da UVC in un sistema contente particelle inorganiche fotocatalitiche supportate da alcuni materiali idonei e brevettati per questa tipologia di applicazione. I foto-catalizzatori inorganici lavorano basandosi sulla tecnologia del biossido di titanio, noto Hi-Tech Ambiente
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Particelle fotocatalitiche di BioEcoActive
per essere in grado di degradare per ossidazione numerosi composti organici. Sfruttando questa proprietà si possono ottenere materiali che, per mezzo dell'attivazione dalla luce Ultravioletta, (in questo caso data dalla luce trasmessa direttamente dalla lampada UVC all’interno dell’impianto) siano in grado di distruggere i composti organici contenuti nell’acqua da trattare. Questa proprietà porta allo sviluppo di una nuova classe di materiali dotati di proprietà autopulenti e disinquinanti. Alcuni esempi di trattamenti applicativi prevedono la decolorazione, l’abbattimento dei COD e della carica batterica e la distruzione dei fitofarmaci come inquinanti target. Le particelle di biossido di titanio in sinergia con la luce ultravioletta, mimano la reazione di Fenton, in quanto sono processi di ossidazione che si basano sulla generazione di radicali ossidrilici. Le reazioni correlate a questa tecnica sono diventate di grande interesse per la loro rilevanza nella chimica biologica, nella sintesi, nella chimica delle acque e nel trattamento di rifiuti pericolosi. Infatti, quando esposte alla luce, le particelle del biossido di titanio catalizzano l'ossidazione di residui organici (sporcizia, depositi dell'inquinamento e microorganismi di vario genere) in acqua, senza però l’utilizzo di sostanze chimiche. Le fasi di trattamento BioEcoActive del digestato e dei liquami, attraverso metodi chimico-fisici, permettono quindi il recupero dei nutrienti allo stato solido, sotto forma di fosfati e solfati, che possono essere raccolti in prodotti venduti come granulati e usati come fertilizzanti NPK. Da evidenziare, infine, che le acque trattate mediante BioEcoActive possono essere utilizzate per il lavaggio in impianti industriali, irrigazione in ambito agricolo ed immesse in rete fognaria o acque superficiali secondo D.Lgs 152/06.
ALS ITALIA - LEOCHIMICA
I servizi di testing ambientale ALS GLOBAL è uno dei principali gruppi di laboratori per le analisi di campioni ambientali, farmaceutici e alimentari. Il gruppo propone un portafoglio completo di test mantenendo una forte attenzione al servizio e alle attività online. In Europa è presente in oltre 15 paesi, costituendo quindi uno dei maggiori fornitori di testing. La rete è costituita da laboratori analitici moderni e certificati ISO 17025 per offrire qualità, precisione, convenienza e puntualità dei risultati. UN’OFFERTA COMPLETA
ALS offre servizi di campionamento e ritiro, prove di laboratorio, consulenza e formazione. La squadra che si occupa dei campionamenti viene aggiornata costantemente nel rispetto delle ultime normative in materia di campionamento, garantendo con l’esperienza acquisita, un elevato standard di qualità conforme alla UNI EN ISO IEC 17025. Quanto ai servizi analitici, il laboratorio esegue analisi sulle seguenti matrici: acque (superficiali, sotterranee, reflue, di piscina, di processo e destinate al consumo umano), suoli e sedimenti (terre e rocce da scavo, sedimenti marini, suoli agricoli), rifiuti e ammendanti, emissioni, aria e ambiente esterno. Nell’ambito delle analisi microbiologiche, si segnala tra l’altro: determinazione dei parametri di routine; verifica dei pa-
rametri tossicologici; controllo dell’efficienza degli impianti di depurazione biologici; controllo degli impianti di condizionamento e condotte d’acqua per la ricerca della Legionella; valutazione della qualità ecologica sui corsi d’acqua (IBE, STAR_ICMi, ICMi, IBMR). Per quanto riguarda le analisi chimico/fisiche, vengono eseguite: determinazioni di analisi chimiche di base, dei componenti organici e inorganici; determinazioni gas–cromatografiche (COV, IPA, PCB e PCT, idrocarburi); determinazione di fenoli, aldeidi, isocianati, pesticidi; determinazione di amianto, silice, fibre di vetro e ceramica; PCDD/PCDF, PCB in HR; POPs; PFAS e PFOAS. Ma non è tutto, il laboratorio affianca le imprese con pacchetti e soluzioni per l’assistenza in area
ambientale (consulenza e formazione). I PUNTI DI FORZA
Innanzitutto, i laboratori Leochimica sono accreditati ACCREDIA per centinaia di prove in
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campo ambientale. Per quanto gli strumenti e le strutture, è in grado di fornire servizi di alta qualità, grazie al personale dedicato e altamente specializzato che compone i team di lavoro. Dispone, infatti, di attrezzature all'avanguardia e di un team esperto in diversi campi relativi ai servizi ambientali. Tutto il personale è regolarmente formato, sia per quanto riguarda i servizi tecnici che per il servizio al cliente, e viene costantemente aggiornato. La mission aziendale è fornire test e servizi tecnici di qualità per aiutare i clienti a prendere decisioni informate. Questo è possibile grazie alla fornitura di dati analitici affidabili, riproducibili e della massima intergità da parte di qualsiasi laboratorio ALS. In ALS, difatti, si ricerca una dedizione alla qualità, al servizio e all'innovazione. Per di più, avendo partecipato ad alcuni dei più grandi progetti ambientali in Europa e testando oltre 35.000 campioni a settimana, i laboratori ALS hanno costruito un'esperienza importante a beneficio di tutti i clienti.
sicurezza Filtro
Interno del COW
La pulizia dei serbatoi Ecologica
Il sistema automatico COW-Crude Oil Washing permette la bonifica in totale sicurezza e con percentuali di recupero fino al 98% Per eseguire le attività di bonifica su serbatoi, Ecologica si è dotata dell'innovativo sistema COW (Crude Oil Washing) che permette di agire su qualsiasi tipo di serbatoio, sia a tetto galleggiante che a tetto fisso, garantendo una percentuale di recupero degli idrocarburi presenti nei fondami fino al 98%, con una conseguente
sensibile diminuzione dei rifiuti da smaltire in discarica, nonché un utile derivante dalla maggiore quantità di idrocarburi recuperati. Il sistema permette di effettuare la bonifica in totale sicurezza, non necessitando dell’ingresso di personale all’interno del serbatoio sino al raggiungimento della condizione di gas-free.
Tale sistema ha enormi potenzialità grazie alle sue caratteristiche intrinseche. COW, innanzitutto è suddiviso in quattro moduli contenuti in idonei container da oltre 7 m: modulo di aspirazione, modulo di ricircolo, modulo di separazione, modulo di skimming. Preventivamente è opportuno in-
Pompe di aspirazione
stallare sul tetto del serbatoio un adeguato numero di ugelli per consentire l’immissione nel serbatoio del prodotto fluidificante necessario per far sciogliere il materiale presente al suo interno. Questi sono inseriti attraverso aperture già esistenti sul tetto del serbatoio oppure attraverso nuove aperture create mediante appo-
Preparazione del tetto del serbatoio Hi-Tech Ambiente
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Sistema di controllo di depurazione
sito sistema di “safe tap”, e sono posizionati in maniera tale che il loro raggio d’azione copra l’intera superficie del serbatoio. Prima d'iniziare le attività viene iniettata all’interno del serbatoio, mediante gli stessi ugelli, un gas inerte (azoto) necessario per ridurre il livello di ossigeno sotto l'8% e quindi eliminare il pericolo di esplosione. Tale livello di ossigeno sarà mantenuto per l’in-
Recupero del residuo
tero processo di bonifica. Segue la fluidificazione dei depositi presenti, successivamente aspirati mediante il "modulo di aspirazione" costituito da prefiltri, pompa di vuoto e pompa centrifuga. Il prodotto aspirato viene inviato al "modulo di ricircolo" che ha la funzione di eseguire una pre-separazione della parte solida mediante idrocicloni, quindi ripompato all’interno del serbatoio. Se
necessario il prodotto potrà essere riscaldato mediante scambiatore di calore presente all’interno del modulo, al fine di facilitarne la fluidificazione. Durante questa fase il prodotto precipitato negli idrocicloni viene inviato al "modulo di separazione" costituito da: un decanter per la separazione solido/liquido e una centrifuga per la separazione liquido/liquido (idrocarburi/acqua) necessaria al
recupero degli idrocarburi. Tale processo di ricircolo viene effettuato più volte. Le acque provenienti dalla centrifuga sono quindi inviate al “modulo skimming” per essere separate dalle tracce di olio presenti e utilizzate per il lavaggio finale delle superfici del serbatoio. Il sistema COW è munito di rilevatori di ossigeno, monossido di carbonio, idrogeno solforato e esplosimetro.
tecnologia
Le B.a.t. per l’industria chimica organica migliori tecniche disponibili
Pubblicato un nuovo provvedimento che mira a ridurre l’impatto ambientale dei 3.200 impianti che producono LVOC 1a parte
LVOC più comuni, tra cui olefine inferiori, aromatici, etilbenzene, stirene, formaldeide e altri. Possiamo quindi a grandi linee suddividere le B.A.T. di carattere generale e quelle specifiche dei diversi sistemi di produzione (che saranno presentate sul numero di settembre di Hi-Tech Ambiente). Le B.A.T. di carattere generale, quindi, altro non sono che tecniche applicabili a tutti i processi e possono essere suddivise in base ai diversi elementi ambientali
Nella GU dell’UE L323/1 del 7/12/2017 è stata pubblicata la Decisione di esecuzione (UE) 2117/2017 della Commissione del 21/11/2017, che indica le migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione industriale di prodotti chimici organici. Il provvedimento ha lo scopo di diminuire l’impatto ambientale dei 3.200 impianti che producono prodotti chimici organici di grande volume (LVOC), che rappresentano il 63% dell’intera industria chimica europea. Gli impianti LVOC convertono i prodotti petrolchimici di base e le altre materie prime in intermedi chimici impiegati per la fabbricazione di molti prodotti di uso quotidiano, quali: polimeri come la gomma, il PVC e il polietilene, che si trova negli imballaggi per alimenti e bevande; sostanze chimiche organiche come pesticidi, prodotti farmaceutici e coloranti organici, utilizzati in articoli come vestiti, vernici e materiali stampati. Le BAT approvate forniscono alle autorità nazionali le basi tecniche per stabilire le condizioni di autorizzazione per gli impianti. Oltre alla riduzione delle emissioni, l’adozione delle BAT-LVOC potrà avere influenze positive anche su altri aspetti di rilevanza ambientale, come l’efficienza energetica, l’uso efficiente delle risorse, la produzione di rifiuti e residui. Il documento contiene 90 singole conclusioni sulle BAT; di queste, 19 si applicano all’intero settore, e 71 si applicano ai processi di produzione
EMISSIONI IN ATMOSFERA
Le BAT consistono in: - monitorare le emissioni convogliate, non provenienti da forni o riscaldatori di processo, con le frequenze raccomandate in apposite tabelle, che coprono 21 diversi parametri - ottimizzare la combustione mediante diverse tecniche: per CO e incombusti (sostituzione dei combustibili liquidi con combustibili gassosi, adozione di sistemi di combustione a stadi, ricircolo esterno e interno degli effluenti gassosi, adozione di bruciatori a basse emissioni di NOx, uso di diluenti inerti, riduzione catalitica selettiva (SCR) e riduzione non catalitica selettiva (SNCR)), per le polveri (sostituzione del combustibile, atomizzazione dei combustibili liquidi, adozione di filtri in tessuto, ceramica o metallo), per SO2 (sostituzione del combustibile, lavaggio caustico dei gas di combustione) - utilizzare tecniche di recupero per trattare i flussi di gas di processo: recupero e uso dell’idrogeHi-Tech Ambiente
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no in eccesso o prodotto da reazioni chimiche (ad es. mediante adsorbimento per inversione di pressione o separazione su membrana), recupero e uso di solventi organici e materie prime organiche non reagite, recupero di HCl con lavaggio a umido e successivo riutilizzo, recupero di H2S con lavaggio (scrubbing) con ammine con rigenerazione dei solventi per ulteriore riuso, tecniche per ridurre il trascinamento di solidi e/o liquidi - utilizzare tecniche di combustione e recupero energetico sui gas in uscita, inviando i flussi di gas di processo con potere calorifico sufficiente ad una unità di combustione - utilizzare tecniche di abbattimento: per ridurre le emissioni di composti organici in atmosfera (condensazione, adsorbimento, lavaggio a umido (wet scrubbing), ossidazione catalitica e ossidazione termica), per ridurre le emissioni di polveri in atmosfera (ciclone, precipitatore elettrostatico, filtro a tessuto, filtro per polveri a due stadi, filtro metallico/ceramico, abbattimento a umido delle polveri), per ridurre le emissioni di biossido di zolfo e altri gas acidi tipo l’HCl (lavaggio a umido). Per quanto riguarda in particolare le emissioni provenienti da processi di ossidazione termica, le BAT consistono in: scelta del
combustibile ausiliario, bruciatori a basse emissioni di NOx, ossidazione termica rigenerativa (RTO), ottimizzazione della combustione mediante tecniche di progettazione e operative che riducano il più possibile le emissioni di CO e NOx (ad es. regolando i parametri di combustione, quali temperatura e tempi di permanenza), riduzione catalitica selettiva (SCR), riduzione non catalitica selettiva (SNCR). EMISSIONI IN ACQUA
La BAT consiste nell’applicare una strategia integrata di gestione e trattamento delle acque reflue che comprenda un’adeguata combinazione di tecniche integrate nei processi, tecniche di recupero degli inquinanti alla fonte e tecniche di pretrattamento, sulla base delle informazioni fornite dall’inventario dei flussi di acque reflue (come previsto nelle conclusioni sulle BAT sui sistemi comuni di trattamento/gestione delle acque reflue e dei gas di scarico nell’industria chimica). EFFICIENZA DELLE RISORSE NEI PROCESSI CATALITICI
Al fine di aumentare l’efficienza delle risorse quando si utilizzano catalizzatori, la BAT consiste nella combinazione delle seguenti azioni: - scelta del catalizzatore, in modo da conseguire un equilibrio ottimale tra attività catalitica, selettività catalitica, vita utile del catalizzatore (ad es. vulnerabilità ai veleni), uso minimo di metalli tossici - protezione del catalizzatore dai veleni mediante trattamenti a Continua a pag. 56 Hi-Tech Ambiente
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Le B.A.T. per l’industria chimica organica monte (ad es. pretrattamento delle materie prime) - ottimizzazione del processo mediante regolazione delle condizioni del reattore (ad es. temperatura e pressione), in modo da ottenere l’equilibrio ottimale tra efficienza di conversione e vita utile del catalizzatore - monitoraggio delle prestazioni del catalizzatore in termini di efficienza di conversione, per rilevare l’inizio dell’esaurimento del catalizzatore utilizzando parametri adeguati (ad es. il calore di reazione e la formazione di CO2 nel caso di reazioni di ossidazione parziale). RIDUZIONE DI RESIDUI E RIFIUTI
Al fine di prevenire la produzione di rifiuti da smaltire (o almeno ridurne le quantità), nonchè recuperare materie ai fini di riutilizzo o riciclaggio e recuperare energia, la BAT consiste nell’utilizzare un’adeguata combinazione delle seguenti tecniche: - aggiunta di inibitori della polimerizzazione nei sistemi di distillazione, in modo da prevenire o almeno ridurre la produzione di residui; tenendo tuttavia conto del possibile aumento del tenore di azoto e/zolfo nei residui, che può interferire con il loro uso come combustibili - riduzione al minimo della formazione di residui altobollenti nei sistemi di distillazione, adottando tecniche che riducono la
temperatura e i tempi di permanenza (ad es. colonne a corpi di riempimento anziché a piatti o utilizzo del vuoto per ridurre la temperatura) - recupero di materie prime, prodotti e sottoprodotti, ad es. tramite distillazione o conversione (cracking termico/catalitico, gassificazione, idrogenazione) - rigenerazione dei catalizzatori e degli adsorbenti (ad es. mediante
trattamento termico o chimico) - uso dei residui (ad es. catrame) come combustibili. CONDIZIONI DI ESERCIZIO PARTICOLARI
Al fine di prevenire o ridurre le emissioni dovute al cattivo funzionamento delle apparecchiature, la BAT consiste nell’impiego delle seguenti tecniche:
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- individuazione delle apparecchiature critiche - aumento della loro affidabilità mediante redazione di procedure operative standard, manutenzione preventiva (ad es. contro la corrosione), monitoraggio, registrazione degli incidenti - predisposizione di sistemi di riserva per le apparecchiature essenziali (ad es. sistemi di sfiato, unità di abbattimento).
Una nuova tecnologia per idrogeno pulito Progetto rgH2 oSoD
Sviluppato un generatore di H2 compatto per la produzione in loco e su richiesta basato su un processo all’avanguardia in un’unica fase L’idrogeno ha il potenziale per essere un vettore energetico pulito e sostenibile per la nostra società, in quanto le celle a combustibile che lo utilizzano forniscono un meccanismo efficiente ed ecologico per la conversione dell’energia. Tuttavia, l’idrogeno viene attualmente prodotto all’interno di grandi impianti centralizzati che impiegano combustibili fossili, per cui non può essere considerato una fonte di energia pulita. Gli impianti su larga scala presentano, inoltre, una scarsa scalabilità verso il basso per sistemi decentralizzati, con una conseguente necessità di trasportare l’idrogeno con camion o mediante condutture per lunghe distanze. Questi approcci richiedono grandi quantità di energia o ingenti investimenti finanziari, il che comporta costi elevati di produzione dell’idrogeno e compromette il suo uso diffuso quale
fonte di energia pulita. Per affrontare questo problema, il progetto europeo RGH2 OSOD, coordinato dall’austriaca Rouge H2 Engineering, sta sviluppando un generatore di idrogeno compatto in loco e su richiesta (on-site on-demand, OSOD) basato su una tecnologia di processo all’avanguardia in un’unica fase. <<Il nostro obiettivo è rendere l’idrogeno una delle principali fonti di energia pulita all’interno dell’Europa - spiega Uwe Strohmeyer, coordinatore del progetto - attraverso l’introduzione di una nuova tecnologia di produzione e stoccaggio dell’idrogeno>>. LA PRODUZIONE DI IDROGENO PULITO
RGH2 OSOD system combina in una sola unità un generatore di idrogeno e un dispositivo di stoc-
caggio, consentendo la fornitura locale dell’H2. Il dispositivo utilizza idrocarburi quali il biogas, la biomassa o il gas naturale, che vengono riscaldati e miscelati con vapore al fine di generare idrogeno di purezza estremamente elevata, senza la necessità di ulteriori processi di purificazione. L’idrogeno viene stoccato in modo sicuro sotto forma di materiale non gassoso e, su richiesta, viene impiegato come combustibile nelle stazioni di rifornimento di idrogeno o utilizzato per produrre calore ed energia. Caratteristiche importanti del sistema RGH2 OSOD sono la sua scalabilità e configurabilità, che gli permettono di soddisfare qualsiasi requisito (da bassi volumi a unità di grandi dimensioni) per adattarsi a esigenze specifiche e lo rendono idoneo per processi industriali e per l’alimentazione dei veicoli e-
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lettrici a celle a combustibile. Un’ulteriore importante funzionalità è rappresentata dal fatto che il sistema entra in modalità stand-by quando la domanda è bassa, con la possibilità di riprendere la produzione quando richiesto. Inoltre, RGH2OSOD elimina la costosa e rischiosa necessità di trasportare l’idrogeno dagli impianti di produzione centralizzata ai consumatori. IL FUTURO DELLA TECNOLOGIA
Successivamente al piano commerciale e al consolidamento nel mercato, i ricercatori del progetto sono pronti a costruire l’impianto prototipo. Parallelamente, continueranno a ottimizzare i parametri operativi e ad incrementare l’utilizzo di materie prime rinnovabili, valutando al contempo le prestazioni e l’efficienza del sistema. Un’infrastruttura energetica sostenibile basata sull’idrogeno rinnovabile è pienamente supportata da una rete di comunicazione con potenziali clienti, fornitori e partner per la ricerca. Si prevede che il successo dell’introduzione delle celle a combustibile in applicazioni fisse e mobili stimolerà il mercato delle fonti di energia pulita, quale l’idrogeno. <<Siamo certi che sia già presente una concreta opportunità commerciale per RGH2 OSOD in diversi settori industriali - riconosce Strohmeyer - e, cosa più importante, contribuirà alla diminuzione dell’influenza di origine antropica sui cambiamenti climatici e alla neutralizzazione degli effetti del riscaldamento globale causato dall’uomo>>.
Il bioidrogeno dai rifiuti Un’alternativa ecologica
Ottenibile mediante una serie di processi: gassificazione per produrre biosyngas, reazione con vapore acqueo, rimozione di CO2, purificazione finale Per azzerare le emissioni di CO2 è necessario trovare delle alternative “ecologiche” non solo ai carburanti derivati dal petrolio, ma anche al metano usato per il riscaldamento. Una di queste è rappresentata dall’idrogeno ottenibile mediante gassificazione dei rifiuti, cioè il cosiddetto “bioidrogeno”. Si deve subito precisare che il costo di produzione del bioidrogeno, allo stato attuale della tecnologia, risulterà superiore a quello del metano. Occorreranno quindi, almeno nelle fasi iniziali, degli incentivi di Stato e anche la possibilità di ricorrere allo stoccaggio sotterraneo o sottomarino della CO2 prodotta, insieme all’idrogeno, dal processo di gassificazione dei rifiuti. L’idrogeno potrebbe anche essere
prodotto (come avviene attualmente) per “steam reforming” del metano; rispetto al bioidrogeno questa modalità presenta minori vantaggi per l’ambiente, perché non vengono evitate le emissioni di CO2. Infine, la produzione di idrogeno per elettrolisi dell’acqua è attualmente molto costosa e potrebbe essere proponibile solo per applicazioni “decentrate”, dove non arriva la rete di distribuzione via tubo. ANALISI DEL MERCATO
Nonostante le molte iniziative sperimentali che si sono avute negli ultimi 10 anni, non si prevede per il 2020 una significativa domanda di idrogeno nel settore trasporti. Pertanto il mercato del bioidrogeno dovrà essere indirizzato al settore del riscaldamento domestico e della produzione di calore per usi industriali; la miscelazione del bioidrogeno con il metano può consentire di fronteggiare le fluttuazioni della domanda, assicurando una produzione stabile di bioidrogeno per un impianto-tipo della dimensione di 100.000 ton/anno di rifiuti in entrata. Queste dimensioni rappresentano un buon compromesso tra le economie di scala e la necessità di evitare la movimentazione dei rifiuti su lunghi percorsi.
Impianto offline
COME PRODURRE IL BIOIDROGENO?
Le fasi del processo produttivo possono essere così riassunte: - produzione di biosyngas, composto all’incirca in egual misura da monossido di carbonio e idro-
Molecole di metano Hi-Tech Ambiente
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geno, ottenuto attraverso la gassificazione di rifiuti o biomasse - aumento del contenuto di idrogeno mediante reazione del biosyngas con vapore per produrre ulteriore idrogeno e CO2 - depurazione dell’idrogeno mediante rimozione della CO2 - rimozione delle tracce residue di monossido di carbonio mediante conversione in metano. Nel corso del progetto portato avanti nel Regno Unito da diversi partner tra cui Progressive Energy è stato realizzato prima un impianto da laboratorio, e successivamente un impianto pilota da 50 kW, che si è rivelato particolarmente utile per lo sviluppo di catalizzatori per la fase finale della purificazione (conversione dell’ossido di carbonio a metano). Produzione di biosyngas Per la produzione di gas di sintesi mediante gassificazione dei rifiuti (preventivamente selezionati in modo da escludere le frazioni inerti) è stato utilizzato un impianto pilota che utilizza la tecnologia “Gasplasma”, che è una combinazione di due distinti processi termici. Il primo di essi è un processo di gassificazione condotto su letto bollente fluidizzato, in cui vapore e ossigeno sono impiegati per l’ossidazione parziale del gas ottenuto dai rifiuti. Nella seconda fase, il gas di sintesi grezzo prodotto dal gassificatore viene esposto ad elevate temperature (circa 1.200 °C) e luce UV
Componenti principali dell'impianto pilota: letto fluidodinamico a due stadi e convertitore di plasma per generazione di syngas (a sx), serbatoi di stoccaggio di syngas e impianto BioSNG (a dx)
ad alta intensità in un convertitore separato ad arco al plasma. Lo scopo di questo trattamento è la completa trasformazione dei residui pesanti in idrogeno, ossido di carbonio e acqua. A valle del convertitore, il gas di sintesi viene raffreddato al di sotto di 200 °C in uno scambiatore di calore, prima di essere sottoposto al trattamento per rimuovere i particolati residui e i contaminanti acidi gassosi (per lo più composti a base di cloro e zolfo). Questo trattamento include un filtro a secco (in ceramica, contenente bicarbonato di sodio e carboni attivi), un reattore per l’idrolisi con ossido di alluminio, per la conversione dei residui di solfuro di carbonile in acido solfidrico e, infine, un sistema di lavaggio ossidativo alcalino che provvede alla rimozione di composti azotati, acido clo-
ridrico e fluoridrico e anidride solforosa prima dell’eliminazione delle gocce d’acqua. Il gas di sintesi così ottenuto, composto da circa 50% di idrogeno e 50% di ossido di carbonio, viene compresso a 50 bar e immagazzinato in 4 serbatoi-polmone, prima di passare alla sezione di “watershift”. Reazione con vapor acqueo Dopo alcuni passaggi di purificazione, il gas di sintesi viene riscaldato a 200 °C e inviato al reattore LTS (Low Temperature isothermal water-gas Shift reaction), che opera in condizioni isotermiche, facendo reagire il gas con un quantitativo di vapor acqueo corrispondente a quanto necessario per trasformare l’ossido di carbonio in idrogeno, con produzione di CO2. La reazione avviene su catalizzatore a base di
ossidi di zinco e di rame (Katalco 83-3M). In uscita dal reattore, il contenuto di ossido di carbonio è dal 2 al 5%; il gas viene raffreddato, con recupero del calore per produrre vapore, e inviato alla sezione decarbonatazione. Rimozione della CO2 Il gas raffreddato in uscita dal reattore LTS passa in un sistema di adsorbimento chimico, che impiega una soluzione di potassio carbonato attivato. La CO 2 presente nel gas ad alto contenuto di idrogeno reagisce con il carbonato di potassio in una colonna di adsorbimento per formare bicarbonato di potassio. La soluzione di bicarbonato di potassio entra quindi in una colonna di strippaggio dove il calore del vapore viene usato per rilasciare la CO2, rigenerando il solvente. Questa tecnologia consente un’elevata efficienza di rimozione di CO2 ad elevata purezza, che può essere usata in impieghi industriali al posto della CO2 di origine fossile, o sequestrata a lungo termine in un sistema di stoccaggio; in ogni caso, ciò significa che il processo presenta emissioni di CO2 estremamente ridotte. Il sistema produce due tipi di idrogeno. In seguito alla rimozione della CO2, il gas passa attraverso un separatore a condensazione e una porzione viene inviata a una unità di adsorbimento a variazione di pressione (PSA) per produrre idrogeno di alta qualità, mentre la parte restante viene inviata in un metanatore per convertire l’ossido di carbonio residuo. La quantità di gas inviata all’unità PSA dipende dalla richiesta di idrogeno di elevata purezza, ma è comunque meno del 10% del totale. Continua a pag. 60
Schema dimostrativo Gasplasma e BioH2 Hi-Tech Ambiente
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dell’energia recuperata negli inceneritori (5,62 euro/MW) e inferiore anche a quello del gas ottenuto con processi biologici (2,81 euro/MW).
Il bioidrogeno dai rifiuti Purificazione finale La massa del gas di processo passa dal separatore a condensazione a un metanatore, che contiene un catalizzatore ad alta attività, che richiede una temperatura del gas a 160-180 °C; il gas viene riscaldato tramite uno scambiatore che impiega il calore del gas in uscita dal metanatore. Lo scopo del metanatore è far reagire l’ossido di carbonio residuo con l’idrogeno per produrre metano; il catalizzatore assicura una riduzione dei livelli di CO al di sotto di 100 ppm. Il contenuto di metano nel flusso dell’idrogeno può raggiungere il 7%, una percentuale adeguata per la miscelazione con il metano di origine fossile o per usi industriali. Il gas in uscita dal reattore viene raffreddato dal flusso in ingresso; è quindi necessario essiccare il gas in uscita dal metanatore mediante il passaggio in una unità di disidratazione a setaccio molecolare. L’unità è composta da due letti, dei quali uno viene rigenerato mentre l’altro assorbe l’acqua, consentendo l’operatività in continuo. Il gas disidratato viene fatto passare attraverso un filtro per rimuovere residui polverulenti che possono eventualmente essere presenti nel letto di disidratazione. Il gas esce dall’unità di disidratazione a una temperatura di 35 °C e può, quindi, essere miscelato col metano
DAL METANO ALL’IDROGENO
L’analisi ambientale mostra chiaramente i vantaggi della produzione di bioidrogeno rispetto ad altri modi di produrre idrogeno. Se paragonato allo steam reforming con cattura della CO2(CCS), un impianto che produce bioidrogeno senza cattura della CO2 ha emissioni significativamente inferiori (da 75 kgCO2/MWh); se si aggiunge la separazione della CO 2, si hanno emissioni sostanzialmente negative pari a 322 kgCO2/MWh, che è inferiore di 442
kgCO 2/MWh rispetto allo steam reforming con CCS, e di 566 kgCO2/MWh rispetto alla produzione di gas naturale. E’ chiaro quindi come la produzione di bioidrogeno può giocare un ruolo importante nella riduzione delle emissioni a livello globale. E’ anche chiaro che per gli impianti CCS già operativi, l’impiego del bioidrogeno comporterebbe significativi vantaggi (101 kgCO 2 / MWh) rispetto al biosyngas. Una dettagliata analisi dei costi di investimento e delle spese per la gestione indica che un impianto tipico da 52 MW di idrogeno può produrre a costi intorno a 2,14 euro/MW. Questo costo è sensibilmente inferiore a quello
me Sandoz) ha superato questi problemi grazie ad un nuovo processo, denominato “Vesta” e sviluppato dalla sua divisione di Shangai (Clariant-Wison Engineering) in collaborazione con la società inglese Amec Foster Wheleer. Il processo Vesta non richiede compressione spinta del gas di sintesi e neppure controlli preci-
si del rapporto idrogeno/carbonio; soprattutto, il contenuto di sottoprodotti residui (CO2 e acqua) può essere controllato a livelli minimi, per cui non sono necessari stadi di disidratazione su glicol. Questo consente una riduzione del 20% nei costi di investimento; inoltre, il processo Vesta utilizza uno speciale catalizzatore ad alta attività (sviluppato da Clariant), con elevato rapporto di conversione e capace di funzionare in un ampio intervallo di temperatura (da 230 a 700 °C). È stato completato lo scorso anno un impianto pilota, situato a Shangai, che ha già eseguito le prime prove industriali.
nelle reti di riscaldamento o impiegato per usi industriali. ANALISI AMBIENTALE ED ECONOMICA
NUOVO PROCESSO PER TRASFORMARE IL SYNGAS IN METANO La trasformazione di combustibili solidi (notoriamente inquinanti) come il carbone e il coke di petrolio nel cosiddetto “SNG” (Gas Naturale di Sintesi, in pratica un combustibile gassoso composto prevalentemente da metano), è un processo allo studio da tempo. Fino ad oggi la diffusione di questa tecnologia è stata limitata soprattutto a causa della necessità di elevate pressioni e di un passaggio di disidratazione mediante glicol trietilenico del gas prodotto, prima del suo utilizzo. La multinazionale svizzera Clariant (in passato conosciuta co-
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Anziché utilizzare i rifiuti per produrre idrogeno, è possibile utilizzarli per produrre metano. Sotto questo aspetto i processi di digestione anaerobica sono ben collaudati, ma sono in grado di lavorare solo i rifiuti biologici e quelli derivati dalla cellulosa (residui vegetali, carta e cartone). I processi pirolitici possono invece lavorare anche le materie plastiche, lasciando fuori solo gli inerti (vetro, ceramica, metalli). Il processo è inizialmente analogo a quello già visto per il bioidrogeno: gassificazione di rifiuti e reazione con vapor acqueo; differisce perché la CO2, anziché essere separata, viene trasformata in metano per reazione con l’idrogeno. Il processo è noto da tempo, ed è in costruzione un impianto pilota in Inghilterra; rispetto alla produzione di idrogeno, la produzione di metano dai rifiuti è un po’ meno efficiente e, soprattutto, non consente il recupero della CO2 in forma valorizzabile o “sequestrabile”. Tuttavia, non vi sarebbero problemi di impiego perché il metano prodotto dai rifiuti potrebbe essere immediatamente immesso nella rete di distribuzione. La proposta finale del progetto è quindi la realizzazione di un impianto “ibrido”, in grado di produrre sia idrogeno che metano, secondo la domanda del mercato; in un primo tempo la produzione sarebbe orientata su un rapporto metano/idrogeno di 90:10, con l’obiettivo di dimostrare la validità della tecnologia e promuovere impieghi sempre crescenti per l’idrogeno.
MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
a cura di ASSITA
Catalizzatori economici per celle a combustibile
Le celle a combustibile con membrana a scambio protonico (PEMFC) alimentate a idrogeno, un combustibile a zero emissioni, rappresentano una scelta molto attraente da usare nei veicoli a fuel cell. Innanzitutto, le PEMFC scindono l’idrogeno gassoso nei suoi protoni ed elettroni costituenti vicino a un elettrodo. Poi il flusso di elettroni genera energia elettrica, prima che gli elettroni e i protoni si ricombinino con l’ossigeno ridotto vicino al secondo elettrodo, formando acqua come unico sottoprodotto. Nonostante questa tecnologia possa vantare un’elevata efficienza di conversione dell’energia, la reazione che genera l’ossigeno ridotto richiede un costoso elettrodo in platino. Questo prezioso catalizzatore metallico influisce molto sul costo e, quindi, rappresenta la principale barriera all’introduzione delle fuel cell nel mercato di massa. Per soddisfare i requisiti di efficienza, durata e costo per le celle a combustibile, gli scienziati hanno sviluppato nuovi catalizzatori con leghe basate sul platino o il palladio come primo costituente e sulle terre rare come secondo costituente. Riuniti nel progetto europeo CATHCAT (Novel catalyst materials for the cathode side of MEAs suitable for transportation applications), i ricercatori hanno fatto simulazioni al computer delle reazioni catalitiche, rivelando che l’attività catalitica aumenta quando gli atomi di platino sono estesi, ma l’estensione massima possibile è tuttavia limitata. Il team ha
usato diversi metodi elettrochimici per produrre nanoparticelle di leghe di platino e palladio, tra cui metodi basati sul vuoto. A seconda del metodo, gli atomi distribuiti a caso nelle leghe formano strutture cristalline o policristalline ordinate. I risultati hanno dimostrato che gli atomi di platino o palladio stratificati su elementi di terre rare si aggregano più facilmente rispetto agli atomi di platino puri, e che questa aggregazione aumenta notevolmente l’efficienza catalitica. In particolare, le nuove nanoparticelle sviluppate hanno un’attività catalitica cinque volte più alta ed in modo molto stabile. L’impiego di questi nuovi materiali consentirebbe quindi di ridurre la quantità di platino nelle celle a combustibile, rendendole così più economiche e quindi maggiormente utilizzabili nei veicoli elettrici.
Produrre elettricità dall’anidride carbonica
tricloruro di alluminio e come catodo un setto poroso in carbone forato, attraverso il quale viene convogliato il gas contenente CO 2 insieme a un flusso d’aria. La cella produce corrente (1,3 A.ora per grammo di carbone, a 1,4 V di tensione) grazie al flusso di elettroni prodotto dall’ossidazione dell’alluminio e dalla riduzione della CO2 a ioni ossalato; il prodotto della reazione è l’ossalato di alluminio, dal quale si può ottenere acido ossalico, che trova usi in tintoria, per la produzione di prodotti farmaceutici, nella pulizia dei tessuti e come precipitante nella fusione dei metalli. Attualmente è stato realizzato un prototipo di laboratorio, che ha evidenziato la sensibilità all’acqua dell’elettrolita; si cerca pertanto di perfezionare questo aspetto. Un altro motivo di perplessità è il fatto che la produzione dell’alluminio richiede molta energia, per cui il bilancio complessivo del processo andrebbe attentamente valutato.
zione, dal quale si ottengono separatamente una fase oleosa e una acquosa. L’energia per la vaporizzazione dell’emulsione viene ottenuta dalla combustione di una frazione della fase oleosa in un sistema catalitico a letto fluido; i gas di combustione vengono raffreddati in modo da ottenere una fase a Sono state condotte prove su scala pilota su emulsioni ricavate dalla perforazione di pozzi petroliferi, ottenendo un recupero del 70% della frazione oleosa; il rimanente 30% viene utilizzato nel combustore a letto fluido.
Il calore di scarto convertito in elettricità
Sistema mobile per trattare emulsioni oleose
Gli attuali metodi di cattura della CO2 dai fumi dei grandi impianti di combustione richiedono molta energia: fino al 25% dell’energia prodotta dagli impianti stessi. Inoltre, la CO2 deve poi essere iniettata sotto terra. Al contrario, il processo sviluppato dai ricercatori americani della Cornell University produce elettricità e trasforma la CO2 in un prodotto chimico avente valore di mercato. Il sistema è sostanzialmente una cella elettrolitica avente come anodo uno strato di alluminio metallico, come elettrolita un liquido ionico (1etil-3metil-immidazolio cloruro) in miscela con
In molti processi industriali si producono emulsioni oleose stabili e difficili da trattare con i mezzi convenzionali. La società americana Drake Water Technologies ha messo a punto un sistema integrato, montato su un rimorchio mobile, adatto al trattamento sul posto di questo tipo di rifiuti liquidi. Lo schema di trattamento prevede inizialmente un riscaldamento a bassa pressione (da 1 a 2 atm), con espansione del vapore entro un serbatoio di decanta-
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I dispositivi termoelettrici (TE) possono essere usati per raccogliere il calore di scarto per fornire energia, aiutando in questo modo a ottenere una fornitura di energia sicura e sostenibile, e a mitigare il cambiamento climatico. Il progetto europeo H2ESOT (Waste heat to electrical energy via sustainable organic thermoelectric devices) è stato pertanto avviato per sviluppare i necessari materiali organici TE avanzati ed economici. I partner del progetto hanno sviluppato materiali funzionali a base di tetracene, in particolare tetratiotetracene (TTT). Le molecole TTT formano cristalli organici a bassa dimensionalità che hanno eccezionali proprietà elettroniche. Altri ricercatori si sono concentrati su aspetti quali la purificazione e il deposito. Il consorzio ha prodotto cristalli singo-
li di materiali a base di TTT, che hanno una maggiore conducibilità rispetto alle pellicole sottili, per permettere la verifica termoelettrica di piccole molecole per uno screening rapido. Le previsioni teoriche derivate dai calcoli hanno indicato che l’aumento delle conducibilità elettriche corrisponde a più di 10 volte man mano che diminuiscono i difetti nel cristallo. Ciò ha suggerito che anche un materiale con scarsa efficienza conduttiva potrebbe diventare eccezionale se le proprietà dei cristalli possono essere controllate attentamente. Sono stati costruiti vari generatori TE pilota utilizzando i cristalli, ed è stata la prima volta che ciò è stato raggiunto usando TTT. H2ESOT ha compiuto i primi passi nel dimostrare la capacità dei materiali a cristalli singoli di trasformare direttamente il calore di scarto in energia elettrica. Questo potrebbe essere un punto chiave nella storia dell’energia e del cambiamento climatico globale. Il successo cambierà le carte in tavola per l’energia, creando un nuovo settore industriale basato sulla generazione di energia locale dal calore in eccesso con inestimabili vantaggi ambientali e finanziari.
Nuovissimi compositi a matrice ceramica
I composti a matrice ceramica sono stati già utilizzati in difficili applicazioni spaziali ad alta temperatura e i settori della manifattura, dei trasporti e dell’energia sono dei logici potenziali beneficiari. Tuttavia, questi materiali avanzati sono attualmente difficili e costosi da produrre, poiché richiedono lunghi tempi di lavorazione e un elevato consumo energetico. Il superamento di queste
sfide allo scopo di aprire la porta a nuove tecnologie dei materiali è stato il motivo alla base del progetto europeo HELM (Highfrequency electro-magnetic technologies for advanced processing of ceramic matrix composites and graphite expansion). Gli scienziati hanno studiato innovative tecnologie di riscaldamento MW integrate con metodi standard di lavorazione termica. Questi ultimi includono infiltrazione chimica in fase di vapore (CVI), infiltrazione di silicio liquido (LSI), espansione della grafite (GE), impregnazione e pirolisi di polimeri (PIP). Per la prima volta è stata prodotta una fornace MW-CVI fatta interamente di grafite al fine di evitare la contaminazione del materiale prodotto. I test di infiltrazione effettuati su tre differenti materiali hanno mostrato che il tempo di fabbricazione dei CMC è stato ridotto a un terzo in confronto a quello dei convenzionali CVI isotermici. I test su una esistente piccola fornace MW-LSI su scala di laboratorio hanno dato risultati molto promettenti. La liquefazione del silicio si è verificata in solo pochi minuti, rispetto alle diverse ore per una fornace industriale tradizionale. I partner del progetto hanno inoltre prodotto fornaci LSI e GE su scala pilota per produrre sistemi frenanti e piastre antibalistiche, riducendo del 50% il tempo di lavorazione dei CMC e quindi riducendo il consumo energetico. Basandosi sul successo con la camera della fornace MW-CVI che non utilizzava quarzo, il riscaldamento a microonde del processo PIP è stato eseguito senza una cavità al quarzo. I test su un sistema su piccola scala hanno mostrato delle notevoli riduzioni nel tempo di lavorazione e nel consumo di energia, oltre a miglioramenti in proprietà meccaniche dei CMC come ad esempio la resistenza alla frattura o quella alla trazione. Il lavoro sulla produzione di una fornace PIP su scala più grande, che dovrebbe essere in grado di trattare un preformato per un disco freno, sta continuando anche dopo la conclusione del progetto, visto che c’è ancora spazio per notevoli miglioramenti. Gli scienziati di Helm hanno pro-
dotto una nuova tecnologia di riscaldamento MW che riduce notevolmente il tempo di lavorazione e il consumo di energia in confronto ai processi termici standard da soli. Il trattamento permette di ottenere CMC e grafite espansa più convenienti e di alta qualità, consentendo la realizzazione di nuove microstrutture al momento non accessibili con la tecnologia tradizionale.
Nuovi catalizzatori per una chimica più verde
tossicità e persino non metalli. Prima della conclusione del progetto, ICSMAGC aveva sviluppato diversi nuovi tipi di catalizzatore in grado di creare e rompere legami molto impegnativi. Usando queste reazioni innovative, i ricercatori hanno creato dei composti chimici chiamati alcheni e indoli, che costituiscono la base di molti prodotti importanti dal punto di vista industriale. La chimica straordinariamente verde sviluppata dal progetto dovrebbe portare vantaggi alle industrie chimiche e alla società in generale, facendo risparmiare risorse e riducendo i rifiuti.
Assorbenti da bruciare in centrali elettriche
I catalizzatori accelerano le reazioni chimiche abbassando l’energia necessaria per attivare o rompere i legami chimici. Essi hanno un ruolo fondamentale nella chimica verde, che si propone di prevenire l’inquinamento e ridurre il consumo di risorse non rinnovabili durante la sintesi chimica. Per creare nuovi materiali e molecole complesse biologicamente attive usando la chimica verde, l’iniziativa europea ICSMAGC (Innovative catalysis and small molecule activation: Toward “green” chemistry) ha sviluppato nuovi catalizzatori ad alte prestazioni con proprietà uniche. I ricercatori hanno inventato dei nuovi modi in cui questi catalizzatori possono rompere selettivamente forti legami in piccole molecole. Essi hanno inoltre sviluppato dei catalizzatori doppi che lavorano assieme per accelerare significativamente le reazioni. Per sviluppare ulteriormente la visione verde, gli scienziati hanno testato le loro reazioni nell’acqua o in altri solventi non tossici e non inquinanti. Dato che molti catalizzatori contengono uno ione metallico tossico che è fondamentale per la reazione, il team ha anche sviluppato dei catalizzatori contenenti metalli a bassa
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Nella tipologia di rifiuti problematici da smaltire ci sono sicuramente i pannolini e gli assorbenti igienici. Si tratta di prodotti costosi da incenerire a causa della loro umidità, ma lo smaltimento in discarica richiede tempi assai lunghi per una totale degradazione. Un’interessante idea è quella sviluppata dal gruppo britannico Phs, che ha brevettato un procedimento per trattare e trarre profitto da questa tipologia di rifiuto, che trova nuova vita come balle da usare come combustibile. Grazie a questo nuovo sistema gli assorbenti, una volta separati dagli altri materiali, vengono triturati e spremuti. Mentre la frazione liquida viene smaltita come liquame, la componente secca viene invece confezionata in balle, asciutte e infiammabili, adatte ad essere bruciate nelle centrali elettriche. La ditta, che ha appena dato il via a questa operazione su scala commerciale, punta entro la fine del 2017 a trasformare in balle tutte le 45.000 tonnellate di pannolini, pannoloni e assorbenti che ogni anno raccoglie da scuole, uffici e case di cura nel Regno Unito e in Irlanda.
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AMBIENTE LE AZIENDE CITATE
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Prochema Srl Tel 039.281561 E-mail erema@prochema.it
ANGAM Tel 0823.1890544 E-mail info@angam.it
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BB Italia Srl Tel 02.39469588 E-mail info@bbrecycling.it
Enea Tel 06.36272609 E-mail ufficiostampa@enea.it
Ricrea Tel 02.39800826 E-mail iascone@consorzioricrea.org
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