Appunti Matematici 06

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Patrizio Gravano

APPUNTI MATEMATICI

numero 6 - giugno 2015


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INDICE

IN QUESTO NUMERO

RUBRICHE

PILLOLE MATEMATICHE

Il calcolo integrale I GRANDI MATEMATICI DEL PASSATO

Augustin-Louis Cauchy

L’ANGOLO DEL FISICO MOTO ROTATORIO E GRAVITAZIONE

DIAMO I NUMERI I SISTEMI DI NUMERAZIONE

APPROFONDIMENTI 1. GLI INSIEMI E LA TOPOLOGIA 2. LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

LE MIE RICERCHE L’AUTOMATICA (PARTE PRIMA)

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4


IN QUESTO NUMERO

Anche

questo

numero

MATEMATICHE,

dedicate

si al

apre

con

calcolo

le

PILLOLE

integrale,

che

storicamente si affermò, grazie a Newton, prima del calcolo differenziale. Anche in questo caso ho dovuto fare una

panoramica

ampia

ma

sintetica.

Molti

punti

andrebbero approfonditi e sviluppati. Il matematico del mese è il francese A-L. Cauchy. L’occasione sarĂ utile per rivedere i criteri di convergenza a Lui dovuti, relativamente alle successioni e alle serie. Ma il punto centrale sarĂ l’introduzione del cosiddetto problema di Cauchy che tanto utile è nei piĂš disparati settori, dalla matematica, alla fisica, all’economia. L’ANGOLO DEL FISICO di questo mese è dedicato al moto rotatorio, previa introduzione delle grandezze utili a descriverlo. La parte finale è dedicata alla gravitazione e alle forze centrali che decrescono in ragione di 1/đ?‘&#x; 2 . La consueta rubrica DIAMO I NUMERI introduce il lettore ai sistemi di numerazione in base diversa da 10, solitamente utilizzata, indicando le modalitĂ relative ai passaggi di base. Con questo numero prende avvio la nuova rubrica APPROFONDIMENTI. In questa prima scheda di approfondimento saranno contenute le nozioni introduttive della topologia. Per far ciò ho dovuto ricordare anche le nozioni fondamentali della teoria elementare degli insiemi. Anche in questo caso ho cercato un iter sintetico e al contempo (almeno spero) adeguato e non viziato, oltrechĂŠ originale. La seconda scheda di APPRFONDIMENTI contiene una introduzione alle equazioni differenziali ordinarie. Fa la sua ricomparsa la rubrica LE MIE RICERCHE. In questo numero ho inserito gli appunti sui fondamenti della regolazione automatica, che costituisce uno degli ultimi esami che dovrò sostenere dopo questa sospensione sabbatica.

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Questo numero non contiene la rubrica SUL PIANO STATISTICO che farà la sua riapparizione nel numero di luglio - agosto - settembre, con una seconda parte introduttiva che concluderà le riflessioni sulla statistica descrittiva, avviandosi dal numero di ottobre il calcolo delle probabilità. (Patrizio Gravano)

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PILLOLE MATEMATICHE IL CALCOLO INTEGRALE

1. Somma di Riemann Ăˆ assegnata una funzione reale di variabile reale f definita in ⌋a, bâŚŒ ⊂ R. Ove si consideri una suddivisione di ⌋a, bâŚŒ ⊂ R che individua (n+1) punti tali che đ?‘Ľ0 = a, ‌‌, đ?‘Ľđ?‘› = b. Viene chiamata somma integrale di Riemann la quantitĂ S = ∑đ?‘›đ?‘˜=0 đ?‘“(đ?œ‰đ?‘˜ )(đ?‘Ľđ?‘˜ - đ?‘Ľđ?‘˜âˆ’1 ), con đ?‘Ľđ?‘˜âˆ’1 ≤ đ?œ‰đ?‘˜ ≤ đ?‘Ľđ?‘˜ . In realtĂ le cose sono un poco piĂš complesse in quanto esistono somme integrali per eccesso e per difetto. Comunque è possibile porre đ?‘Ľđ?‘˜ - đ?‘Ľđ?‘˜âˆ’1 = δ <

1 đ?‘›

∀n.

Una funzione A⊆ R â&#x;ś R è integrabile in A se esiste finito il limite delle somme integrali per δ â&#x;ś 0. đ?‘ đ?‘˘đ?‘?đ??´

lim đ?‘†(δ) = âˆŤđ?‘–đ?‘›đ?‘“đ??´ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?›żâ&#x;ś0

Se A = R e la funzione definita in R è pure ivi continua (polinomi) allora si ha lim đ?‘†(δ) đ?›żâ&#x;ś0

=

+∞ âˆŤâˆ’ ∞ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ.

In questo caso si parla di integrale improprio. đ?‘?

Se A = ⌋a, bâŚŒ ⊂ R allora si ha lim đ?‘†(δ) = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ đ?›żâ&#x;ś0

In astratto per una funzione continua e limitata in (a,b) l’integrabilitĂ andrebbe đ?‘?− đ?œ?

formalizzata come lim đ?‘†(δ) = âˆŤđ?‘Ž+ đ?œ? đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ, con Ď„ infinitesimo. đ?›żâ&#x;ś0

Non è integrabile secondo Riemann una funzione discontinua in đ?‘Ľ0 ∈ ⌋a, bâŚŒ quando y = đ?‘Ľ0 è un asintoto verticale per f. Vorrei fare alcune osservazioni. Data una funzione f(x) tale che essa sia limitata e continua in dom f = [đ?‘Ž , đ?‘?]. Considero ora la funzione g(x) tale che sia g(x) ≥ f(x) ∀x : x ∈ dom f salvo un đ?‘Ľ0 ∈

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(a,b), allora g è tale che dom g = [đ?‘Ž , đ?‘?]/âŚƒđ?‘Ľ0 ⌄ . La funzione g(x) è continua per prolungamento in đ?‘Ľ0 . Ammetto sia f(x) ⊞ 0 in [a, b]. đ?‘Ľ −

đ?‘?

đ?‘?

Posso scrivere âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤđ?‘Ž 0 đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ľ

0

+

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

I due integrali al II membro, usando il corollario di Torricelli, possono essere scritti đ?‘Ľ −

nel modo seguente âˆŤđ?‘Ž 0 đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =

đ?‘?

lim− đ??ş(đ?‘Ľ) - G(a) ed anche âˆŤđ?‘Ľ

� →�0

0

+

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = G(b) -

lim đ??ş(đ?‘Ľ). In questo caso si ha pure lim− đ??ş(đ?‘Ľ) = lim+ đ??ş(đ?‘Ľ). G(x) è una primitiva di

� →�0 +

� →�0

� →�0

g(x). đ?‘?

đ?‘?

Ho deciso di ammettere âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤđ?‘Ž đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ Vorrei osservare che esistono ipotesi ulteriori comunque gestibili. Ad esempio sia đ?œ†(đ?‘Ľ) una funzione definita a tratti in [a, b] nel modo seguente: sia dato un đ?‘Ľ0 ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?) : đ?‘Ľ0 ∉ dom Îť. Îť( x) = f(x) per x ∈ [a, đ?‘Ľ0 ) e Îť( x) = g(x) per x ∈ (đ?‘Ľ0 , b]. Si ammette esista finito lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) e pure finito lim+ đ?‘”(đ?‘Ľ). Sia lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) ≠lim+ đ?‘”(đ?‘Ľ). đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľ0

�→�0

�→�0

�→�0

đ?‘Ľ −

đ?‘?

đ?‘?

Sotto queste condizioni ammetto sia âˆŤđ?‘Ž đ?œ† (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤđ?‘Ž 0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ľ

0

+

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘?

In questo caso ho reputato dover considerare âˆŤđ?‘Ž đ?œ† (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ come una sorta di somma đ?‘Ľ −

đ?‘?

non commutativa di aree date dai due integrali âˆŤđ?‘Ž 0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e âˆŤđ?‘Ľ

0

+

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ, rispetto ai

quali è applicabile il corollario del Teorema del Calcolo. đ?‘Ľ −

đ?‘?

đ?‘?

0 âˆŤđ?‘Ž đ?œ† (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ľ

0

+

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = lim− đ??š(đ?‘Ľ) - F(a) + F(b) - lim+ đ??ş(đ?‘Ľ). F e G indicano, đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľ0

�→�0

rispettivamente, una primitiva di f e di g. Si deve poter pervenire allo stesso risultato anche se fosse f(đ?‘Ľ0 ) esiste finito ed anche g(đ?‘Ľ0 ) esiste finito con f(đ?‘Ľ0 ) ≠g(đ?‘Ľ0 ). Ma una Îť non può avere due valori in đ?‘Ľ0 . Pertanto se esiste ed è finito đ?‘“(đ?‘Ľ0 ) allora ai fini della integrabilitĂ deve risultare finito lim+ đ?‘”(đ?‘Ľ). Ma non si ha đ?‘”(đ?‘Ľ0 ) . đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľ0

Ho quindi definito un caso ulteriore. Data una f(x) continua e limitata in [a, b]. Si consideri una φ(x) tale che sia dom φ = (a, b) e φ sia tale che φ(x) ≥ f(x) per ogni x đ?‘?

đ?‘?−đ?›ż

in (a, b) allora ammetto che âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤđ?‘Ž+đ?›ż đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ.

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Nota. Gli esempi numerici intercalati nei vari paragrafi sono tratti dagli esercizi supplementari proposti da Demidovic, Esercizi e problemi di analisi matematica, Editori riuniti .

2. Funzioni integrabili Sono integrabili secondo Riemann due classi di funzioni in A⊆ R: le funzioni continue e le funzioni con discontinuitĂ di misura nulla. Ăˆ immediatamente integrabile secondo Riemann una funzione discontinua in c ∈ (a, b) con a < c < b quando f(c) = lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ). In questo caso di prolungamento per continuitĂ non si đ?‘Ľ â&#x;śđ?‘?

hanno problemi. đ?‘?

Se è data una funzione f limitata in ⌋a, bâŚŒ l’integrale âŽœâˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ ⎜< +∞ quando per gli x per i quali la f è discontinua definiscono un insieme avente misura nulla. Un insieme di punti đ?‘Ľđ?‘– ha misura nulla se la somma delle lunghezze degli intervalli che ricoprono tutti gli đ?‘Ľđ?‘– può essere resa piccola a piacere, ovvero infinitesima. Ad esempio l’insieme Q dei razionali ha misura nulla.

3. LinearitĂ e additivitĂ dell’integrale L’integrale definito è un operatore lineare. Si ha che b

b

b

âˆŤa ⌋Νf(x) + Îźg(x)âŚŒdx = âˆŤa ⌋Νf(x)âŚŒdx + âˆŤa ⌋Οg(x)âŚŒdx Vale anche la proprietĂ di additivitĂ per la quale b

c

b

âˆŤa ⌋Νf(x)âŚŒdx = âˆŤa ⌋f(x)âŚŒdx + âˆŤc ⌋f(x)âŚŒdx

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4. Teorema della media Sia data una funzione integrabile secondo Riemann in ⌋a, bâŚŒ e sia w una distinta đ?‘?

funzione pure integrabile in detto intervallo con la condizione w(x) ⪖ 0. Si ha che âˆŤđ?‘Ž đ?‘¤(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ > đ?‘?

đ?‘?

0. Esiste almeno un Ξ âˆˆ ⌋a, bâŚŒ tale che âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘¤(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = f(Ξ)âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ. Quando si pone w(x) ≥ 1 (ovvero quando la w è identicamente eguale a 1 al variare di x in dom đ?‘?

w) si ha âˆŤđ?‘Ž (đ?‘? − đ?‘Ž)f(Ξ). La quantitĂ f(Ξ) è detto valore medio ponderato di f in ⌋a, bâŚŒ con peso w(x).

5. Notazione dell’integrale quando un estremo di integrazione è variabile

Non infrequentemente l’estremo inferiore di integrazione si ammette noto e costante, per esempio a = 0, e si fa variare l’estremo superiore di integrazione. Si ottiene una funzione detta integrale. La variabile muta per evitare confusione è indicata con t ma potrebbe usarsi qualsiasi lettera.

6. Teorema fondamentale del calcolo integrale đ?‘Ľ

Sia I(x) = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą Si ha

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘Ľ

âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą = f(x)

7. Integrazione dei polinomi đ?‘?

Esiste una relazione fondamentale per la quale si ha âˆŤ0 đ?‘Ľ đ?‘? dx = đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?‘Ľ đ?‘? dx =

đ?‘? đ?‘?+1 − đ?‘Žđ?‘?+1 đ?‘?+1

đ?‘? đ?‘?+1 đ?‘?+1

e piĂš in generale

.

Per una dimostrazione semplice si può vedere Apostol, Calcolo, vol. 1, pagg.99 e seguenti.

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Esempi âˆŤ 5đ?‘Ž2 đ?‘Ľ 6 dx = 5đ?‘Ž2 âˆŤ đ?‘Ľ 6 = 5đ?‘Ž2

đ?‘Ľ 6+1 6+1

+ cost. = 5đ?‘Ž2

đ?‘Ľ7 7

+ cost. đ?‘Ľ3

đ?‘Ľ2

âˆŤ(6đ?‘Ľ 2 + 8x + 3)dx = âˆŤ 6đ?‘Ľ 2 + âˆŤ 8đ?‘Ľ1 + âˆŤ 3đ?‘‘đ?‘Ľ = 6âˆŤ đ?‘Ľ 2 + 8 âˆŤ đ?‘Ľ1 + 3 âˆŤ đ?‘‘đ?‘Ľ = ( 6 3 + 8 2 + 3x) + cost. = 3đ?‘Ľ 3 + 4đ?‘Ľ 2 + 3x 1

âˆŤ √2đ?‘?đ?‘Ľ dx = âˆŤ(√2đ?‘?)đ?‘Ľ

1/2

dx = (√2đ?‘?) âˆŤ đ?‘Ľ

1/2

= (√2đ?‘?)

( +1) đ?‘Ľ2 1 +1 2

3

= (√2đ?‘?)

( ) đ?‘Ľ2 3 2

+ cost. =

2 3

(√2đ?‘?)

3

√đ?‘Ľ 2 + cost.

8. Cambio di variabile di integrazione Sia Q(x) = P(g(x)) con x ∈ I ⊆ R sia P’(x) = f(x) ma si ha anche che Q’(x)= f(g(x))g’(x). Ma si ha pure âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = P(x) + C, ma anche âˆŤ đ?‘“(đ?‘”(đ?‘Ľ))đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = P(g(x)) + C Molte volte nelle applicazioni la sostituzione viene indicata. Ad esempio sia da calcolare âˆŤ đ?‘Ľ(5đ?‘Ľ 2 − 3)7dx ponendo 5đ?‘Ľ 2 − 3 = t. Da 5đ?‘Ľ 2 − 3 = t si ha, derivando rispetto ad x, che 10x – 0 = dt/dx ovvero dt/dx = 10 x da cui dt = 10x dx â&#x;š dx = dt/10x. đ?‘‘đ?‘Ą

A questo punto si ha âˆŤ đ?‘Ľ(5đ?‘Ľ 2 − 3)7dx = âˆŤ đ?‘Ľ(5đ?‘Ľ 2 − 3)7 10đ?‘Ľ = 1 80

đ?‘Ą 8 + cost. =

1 80

1 10

âˆŤ đ?‘Ą 7 dt =

1 đ?‘Ą8 10 8

+ cost. =

8

(5đ?‘Ľ 2 − 3)7 + cost.

Quando si cambia la variabile di integrazione di un integrale definito variano anche gli estremi di integrazione. Considero un esempio. Trasformare gli integrali definiti con le sostituzioni assegnate.

3

âˆŤ1 √đ?‘Ľ + 1 dx , x = 2t – 1.

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đ?›˝

L’integrale deve avere la forma âˆŤđ?›ź đ?‘”(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą Procedo per step. Trasformo la funzione integranda come segue √đ?‘Ľ + 1 = √(2đ?‘Ą − 1) + 1 = √2đ?‘Ą − 1 + 1 = √2đ?‘Ą . Ho ottenuto g(t) = √2đ?‘Ą . Applico la derivata a x = 2t – 1 avendo

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

x=

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

(2đ?‘Ą − 1) â&#x;š dx/dt = 2 ovvero dx = 2dt.

La ricerca degli estremi di integrazione è puramente algebrica. Per x = 1 di ha 1 = 2t – 1 â&#x;š 2 = 2t â&#x;š t = 1. Per x = 3 (estremo superiore di integrazione) si ha 3 = 2t – 1 da cui 4 = 2t ovvero t =2 đ?›˝

2

Pertanto la situazione equivalente è âˆŤđ?›ź đ?‘”(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą = 2 âˆŤ1 √2đ?‘Ą dt đ?‘Ľâ&#x;ś 2đ?‘Ąâˆ’1

3

âˆŤ1 √đ?‘Ľ + 1 dx →

2

2 âˆŤ1 √2đ?‘Ą dt

đ?‘?

Ho considerato questo secondo esercizio per il quale dato âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ con b > a si chiede di determinare una trasformazione lineare intera x = Îąt + β in modo tale che i limiti di integrazione siano 0 e +1. 1

Deve essere a ≠0 e b ≠1 con a < b. Devo trovare il corrispondente âˆŤ0 đ?‘”(đ?‘Ą)dt Studio la relazione di dipendenza tra gli estremi inferiori avendo a = Îą*0 + β â&#x;š a = β ≠0. Per gli estremi superiori si ha b = Îą*1 + β = Îą + β ≠1. β = a da cui x = Îąt + a che può essere vista come x= x(t) = Îąt + a (essendo essa una funzione affine). Ma in senso logico si può dire che x(t)≥ g(t). 1

1

1

Pertanto si ha âˆŤ0 đ?‘”(đ?‘Ą)dt = âˆŤ0 đ?‘”(đ?‘Ą)dt = âˆŤ0 (đ?›źđ?‘Ą + đ?‘Ž)dt Ma Îą = b-a, quindi la funzione integranda può essere espressa da g(t) = (b-a)t + a, con le limitazioni a ≠0 e b ≠1 con a < b.

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9. Integrazione di funzioni goniometriche Esse si ricavano immediatamente ricordando che âˆŤ sin(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = - cos(x) + C e che âˆŤ cos(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = sin(x) + C.

10. Integrazione per parti Date due funzioni f e g la derivata della funzione f*g è la funzione h’(x) = f(x)g’(x) + f’(x)g(x). Applicando l’integrale si ha âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤ ℎ′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ ovvero âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = f(x)g(x) + C. Ove si considerino intergali definiti, applicando il teorema di valutazione di Torricelli, si ha: đ?‘?

đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = f(b)g(b) – f(a)g(a).

Vorrei fare ora qualche esempio. đ?œ‹

âˆŤ02 đ?‘Ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ) dx. Non avendo in questo caso suggerimenti ho deciso di considerare come funzioni le seguenti f(x) = x e g(x) = - sin(x) đ?œ‹ 2

đ?œ‹ 2

đ?œ‹

đ?œ‹

âˆŤ0 đ?‘Ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ) dx + âˆŤ0 (1)(−sin(đ?‘Ľ) ) dx. = 2 (-sin(2 ) - 0(-sin(0) đ?œ‹

đ?œ‹

đ?œ‹

đ?œ‹

âˆŤ02 đ?‘Ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ) dx = 2 (-sin( 2 ) - 0(-sin(0) – (-1) âˆŤ02 sin(đ?‘Ľ) ) = -

đ?œ‹ 2

đ?œ‹

+ sin(2 ) = 1 +

đ?œ‹ 2

11. Metodo dei fratti semplici Questo metodo di integrazione riguarda integrali contenenti una funzione integranda f(x) = P(x)/Q(x) nei casi in cui đ?‘”đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘đ?‘œđ?‘ƒ(đ?‘Ľ) < đ?‘”đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘đ?‘œđ?‘„(đ?‘Ľ) . In questi casi, come si vedrĂ dagli esempi, la f(x) può esprimersi come somma di funzioni della forma

đ??´ (đ?‘Žđ?‘Ľ+đ?‘?)đ?‘&#x;

e/o

đ??´đ?‘Ľ+đ??ľ (đ?‘Žđ?‘Ľ 2 +đ?‘?đ?‘Ľ+đ?‘?)đ?‘&#x;

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12. Alcuni importanti corollari đ?‘?

A) f(x) ≼ 0 limitata in ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ con a ⊽ b â&#x;š âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ ≼ 0. Se a < b ed esiste un đ?‘Ľ0 âˆˆâŚ‹ a, đ?‘?

bâŚŒ tale che f(đ?‘Ľ0 ) > 0 allora âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ > 0. đ?‘?

đ?‘?

B) se f e g sono limitate in ⌋a, bâŚŒ e se f(x) ≼ g(x) ∀x : x âˆˆâŚ‹a, bâŚŒ si ha âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ ≼ âˆŤđ?‘Ž đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘?

C) âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = F(b) – F(a) (corollario di Torricelli al teorema fondamentale del calcolo).

13. Integrali impropri Data una f(x) l’integrale di essa è detto improprio quando: a) l’intervallo di integrazione ⌋a, bâŚŒ non è finito, potendo, ad esempio, essere del tipo ⌋a, +∞) con a reale; b) quando f non è definita o non è limitata in uno o piĂš punti di ⌋a, bâŚŒ.

Ecco un esempio di integrale improprio rappresentato nel piano.

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Se gli integrali impropri hanno un limite finito si dice che essi convergono, altrimenti che sono divergenti o oscillanti a seconda che tale limite sia infinito oppure non esista. Vorrei fare qualche esempio. 1

âˆŤ0 (1/√đ?‘Ľ)dx La funzione 1/√đ?‘Ľ non è definita in x = 0. Per x ∈ (0, 1âŚŒ essa è continua e limitata. 1

1

Ciò premesso si ha âˆŤ0 (1/√đ?‘Ľ)dx = lim âˆŤ0+(1/√đ?‘Ľ)dx. Ma 1/√đ?‘Ľ = đ?‘Ľ −1/2 e una primitiva 1

di essa è P(x) =

− +1 đ?‘Ľ 2 1 2

− +1

=

đ?‘Ľ 1/2 1 2

= 2 √đ?‘Ľ

Ora posso applicare il corollario di Torricelli all’estremo di integrazione superiore, ovvero per x = 1, avendo P(1) = 2 √1 = 2. Determino lim+ 2 √đ?‘Ľ = 2√ lim+ đ?‘Ľ = 0. đ?‘Ľâ&#x;ś0

đ?‘Ľâ&#x;śđ?&#x;Ž

Pertanto detto integrale vale P(1) – P(0+ ) = 2 – 0 = 2. Considero anche questi due ulteriori esempi tratti dal testo di Richard Bronson “Moderna introduzione alle equazioni differenziali�, Etas Libri. +∞ −1

âˆŤ1

đ?‘Ą

2

dt

t⊞0

La funzione f(x) è continua in [0, +∞). L’integrale indefinito è âˆŤ đ?‘Ą +∞ −1

In termini di integrale definito possiamo scrivere che âˆŤ1

đ?‘Ą

2

−

1 2

1

dt =

− +1 đ?‘Ľ 2 1 2

− +1

+ đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.

dt = 2(√ lim đ?‘Ľ - √lim đ?‘Ľ) đ?‘Ľâ†’+∞

�→0

2(∞ - 0) = 2(∞) = ∞ Pertanto l’integrale improprio considerato è divergente, ovvero non ammette limite finito. Il secondo esempio è il seguente: per quale valore di s il seguente integrale converge. +∞

âˆŤ1

đ?‘’ đ?‘ đ?‘Ľ dx

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14. Esercizi sul valore medio Determinare il valore medio delle funzioni sui segmenti indicati.

f(x) = đ?‘Ľ 2

1)

0⊽x⊽1

Il valore medio Îź =

2)

đ?‘?

1 đ?‘?−đ?‘Ž

âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =

a-

đ?‘? 2đ?œ‹

sin(đ?œ‹) +

đ?‘? 2đ?œ‹

1 đ?œ‹ –(− đ?œ‹)

1−0

1

âˆŤ0 đ?‘Ľ 2 đ?‘‘đ?‘Ľ =

13 3

- 0 = 1/3

-Ď€⊽x⊽Ď€

f(x) = a + bcos(x)

Il valore medio Îź =

1

đ?œ‹

âˆŤâˆ’đ?œ‹ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =

1 2đ?œ‹

đ?œ‹

âˆŤâˆ’đ?œ‹ đ?‘Ž + đ?‘?đ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =

đ?‘Žđ?œ‹ 2đ?œ‹

–

đ?‘Ž(−đ?œ‹) 2đ?œ‹

+

đ?‘? 2đ?œ‹

đ?œ‹

âˆŤâˆ’đ?œ‹ cos(đ?‘Ľ) =

sin(−đ?œ‹)= a

15. Definizione analitica del logaritmo Oltre alla definizione elementare di logaritmo ne esiste una analitica per la quale đ?‘Ľ1

dato un x > 0 viene definito logaritmo naturale di x, L(x), l’integrale L(x) = âˆŤ1

đ?‘Ą

dt.

Per x > 1 L(x) ha una interpretazione geometrica, costituendo l’area sottesa dalla curva 1/t nel piano t (in ascissa) e y in ordinata. La funzione logaritmo gode di tre fondamentali proprietĂ : L(1) = 0 L’(x) = 1/x L(ab) = L(a) + L(b) Ăˆ ben evidente che tutte le proprietĂ ordinarie dei logaritmi (teoremi dei logaritmi) valgono anche in questo contesto.

16


In termini di integrali indefiniti possiamo quindi ricordare la ben nota formula đ?‘?1

1

âˆŤ đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ = ln|đ?‘Ľ|+ c e in termini di integrali definiti âˆŤđ?‘Ž

đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ľ = ln|b|- ln|a|

16. Il criterio di convergenza delle serie per confronto con l’integrale Questo criterio di definizione della convergenza di una serie è dovuto a Cauchy che lo enunciò nel 1837. đ?‘›

đ?‘›

Se âˆŤ1 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge e se ∑đ?‘›đ?‘˜=2 đ?‘“(đ?‘˜) ≤ âˆŤ1 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ allora ∑đ?‘›đ?‘˜=2 đ?‘“(đ?‘˜) esiste ed è finita, ovvero si ha la convergenza.

17. Nozione di equazione differenziale Una equazione differenziale è una equazione che contiene una funzione incognita e le sue derivate. Essa è detta ordinaria se contiene funzioni di una sola variabile indipendente. L’ordine di una e.d.o. è l’ordine della derivata di grado piĂš elevato. La forma generale dell’ đ?‘‘đ?‘–

e.d.o. di ordine n nella incognita y è scritta come ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘?đ?‘– (đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘– đ?‘Ś(đ?‘Ľ ) = g(x), essendo le đ?‘?đ?‘– (đ?‘Ľ) đ?‘’ g(x) note e dipendenti solo da x. Come questione preliminare può porsi di dover verificare se una funzione è soluzione di una equazione differenziale assegnata. Un esempio chiarirĂ i termini della questione.

17


Anche questi esempi sono mie elaborazioni dalle proposte contenute nel Demidovic, (op. cit.).

Esempio. Dire se y = 5đ?‘Ľ 2 è o meno soluzione di xy’ = 2y. y’ designa la derivata prima di y. Calcolo y’ e ho y’ = 10x. Ho x*10x = 2*5 đ?‘Ľ 2 da cui 10đ?‘Ľ 2 = 10đ?‘Ľ 2 . y = 5đ?‘Ľ 2 è soluzione dell’equazione differenziale. Altra questione. Dire se una data funzione è l’integrale (primitiva) per una assegnata equazione differenziale. Sia, ad esempio, data l’equazione differenziale (x-y +1)y’ = 1 ha come soluzione y = x + Cđ?‘’ đ?‘Ś . Da y = x + Cđ?‘’ đ?‘Ś si ha

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

=

đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘

+ Cđ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś â&#x;š

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ś

= 1 + Cđ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś â&#x;š

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

(1 - Cđ?‘’ đ?‘Ś ) = 1.

Per la proprietà transitiva della eguaglianza posso scrivere (x-y +1)y’ = Ma poichÊ y’ =

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

(1 - Cđ?‘’ đ?‘Ś ).

≠0 allora è x-y +1 = 1 - Cđ?‘’ đ?‘Ś â&#x;š x – (x + Cđ?‘’ đ?‘Ś ) = - Cđ?‘’ đ?‘Ś â&#x;š x – x - Cđ?‘’ đ?‘Ś )

= - Cđ?‘’ đ?‘Ś â&#x;š - Cđ?‘’ đ?‘Ś = - Cđ?‘’ đ?‘Ś . L’eguaglianza è verificata quindi la risposta è affermativa. Una ulteriore questione preliminare è costituita dalla verifica che una e.d. soddisfi o meno una data condizione iniziale. Esempio. Verificare che đ?‘Ľ 2 - đ?‘Ś 2 = C y(0) = 5. Immediatamente si ha 0 + 5 = C. In questo caso la condizione iniziale è soddisfatta per C = 5. Si consideri poi y = (đ??ś1 + đ??ś2 x)đ?‘’ 2đ?‘Ľ y(0) = 0 y’(0) = 1 Verifico la prima condizione dovendo essere 0 = (đ??ś1 + đ??ś2 ∗ 0)đ?‘’ 2∗0 â&#x;š 0 = đ??ś1 đ?‘’ 0 = đ??ś1 Ovvero đ??ś1 = 0 Da y = (đ??ś1 + đ??ś2 x)đ?‘’ 2đ?‘Ľ = (đ??ś1)đ?‘’ 2đ?‘Ľ + (đ??ś2 x)đ?‘’ 2đ?‘Ľ ricavo y’ = 2(đ??ś1)đ?‘’ 2đ?‘Ľ + đ??ś2 (đ?‘’ 2đ?‘Ľ + 2xđ?‘’ 2đ?‘Ľ ) Ma da đ??ś1 = 0 si ha y’ = đ??ś2 (đ?‘’ 2đ?‘Ľ + 2xđ?‘’ 2đ?‘Ľ ). Deve essere y’(0) = 1 ovvero đ??ś2 (đ?‘’ 2∗0 + 2*0*đ?‘’ 2∗0 ) = 1 â&#x;š đ??ś2 = 1 La y che verifica le condizioni è y = x(đ?‘’ 2đ?‘Ľ )

Ancora un conclusivo esempio. y = đ??ś1 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ??ś2 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ??ś3 đ?‘’ 2đ?‘Ľ y(0) = 0 y’(0) = 1 e y’’(0)= -2.

18


Studio la prima condizione. Deve essere đ??ś1 đ?‘’ −0 + đ??ś2 đ?‘’ 0 + đ??ś3 đ?‘’ 2∗0 = 0 ovvero, immediatamente, đ??ś1 + đ??ś2 + đ??ś3 = 0. Occorre poi procedere a derivare y, avendo y’ = -(1) đ??ś1 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ??ś2 đ?‘’ đ?‘Ľ + 2đ??ś3 đ?‘’ 2đ?‘Ľ = - đ??ś1 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ??ś2 đ?‘’ đ?‘Ľ + 2đ??ś3 đ?‘’ 2đ?‘Ľ . Imponendo la condizione y’(0) = 1 si ha - đ??ś1 đ?‘’ −0 + đ??ś2 đ?‘’ 0 + 2đ??ś3 đ?‘’ 2∗0 = 1 â&#x;š −đ??ś1+ đ??ś2 + 2đ??ś3 = 1 Determino ora la derivata seconda y’’ di y. y’’ = (-1)(- đ??ś1 đ?‘’ −đ?‘Ľ ) + (1) đ??ś2 đ?‘’ đ?‘Ľ +4đ??ś3 đ?‘’ 2đ?‘Ľ = đ??ś1 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ??ś2 đ?‘’ đ?‘Ľ +4đ?‘’ 2đ?‘Ľ . Dovendo essere y’’(0) = - 2. y’’(0) = đ??ś1 đ?‘’ −0 + đ??ś2 đ?‘’ 0 +4đ??ś3 đ?‘’ 2∗0 = -2 o meglio đ??ś1 + đ??ś2 +4đ??ś3 = - 2. Occorre quindi determinare le soluzioni đ??ś1 , đ??ś2 e đ??ś3 soluzioni del sistema di tre equazioni in tre incognite. đ??ś1 + đ??ś2 + đ??ś3 = 0 −đ??ś1+ đ??ś2 + 2đ??ś3 = 1 đ??ś1 + đ??ś2 +4đ??ś3 = - 2 Esistono molti metodi per risolvere questo sistema. Tutti quelli noti nell’algebra lineare. Vorrei però osservare che si arriva speditamente alla soluzione. Per esempio si può scrivere (đ??ś1+ đ??ś2 +4đ??ś3 ) − (đ??ś1+ đ??ś2 + đ??ś3 ) = - 2 – 0 â&#x;š 3đ??ś3 = 2 â&#x;š đ??ś3 =

2 3 2

Sommando (đ??ś1+ đ??ś2 + đ??ś3 ) + (−đ??ś1 + đ??ś2 + 2đ??ś3) = 1 + 0 â&#x;š 2đ??ś2 + 3đ??ś3 = 2đ??ś2 + 33 = 1 â&#x;š2đ??ś2 = −2 â&#x;š đ??ś2 = - 1. 2

đ??ś1 + đ??ś2 + đ??ś3 = 0 â&#x;š đ??ś1 = -(đ??ś2 + đ??ś3 ) = - (-1 + 3) = 1 -

2 3

=

3−2 3

=

1 3

Eccoci quindi alla soluzione. y=

1 3

2

đ?‘’ −đ?‘Ľ - đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘’ 2đ?‘Ľ 3

19


18. Esercizi ricapitolativi sul calcolo integrale Dal mio viaggio americano ho riportato il testo “An Introduction to Mathematics for Economics�, di Akihito Asano. Riporto alcuni esercizi proposti con le mie soluzioni.

18.1. Area sotto una curva. Per i casi indicati determinare l’area della superficie. 1.1

y=

đ?&#x;? đ?’™

x = 1, x = 2 21

L’area della superficie è âˆŤ1 đ?‘Ľdx = ln(2) – ln(1) = ln(2) – 0 = ln(2)

1.2

y = √đ?’™ - 1

x = 4,

x=9 9

9

9

In questo caso si ha che detta area vale âˆŤ4 (√đ?‘Ľ − 1)dx = âˆŤ4 (√đ?‘Ľ )dx + âˆŤ4 ( − 1)dx ,ovvero 9 âˆŤ4 (√đ?‘Ľ 2 3

)dx -

9 âˆŤ4 đ?‘‘đ?‘Ľ

(27 – 8) – 5 =

1.3

=

38 3

9 âˆŤ4 (đ?‘Ľ1/2

-5=

)dx -

38−15 3

=

9 âˆŤ4 đ?‘‘đ?‘Ľ

1

=(

92

+1

1 +1 2

1

-

42

+1

1 +1 2

) – (9 -4) =

2

√93 3 2

-

2

√43 3 2

-5=

23 3

y = - (đ?’™ − đ?&#x;?)đ?&#x;? + 4

In questo caso è possibile la sostituzione x -2 = u, e, contemporaneamente ragionare sulla linearitĂ dell’operatore integrale, ma è anche possibile sviluppare il binomio avendosi y = - (đ?‘Ľ − 2)2 + 4 = - (đ?‘Ľ 2 - 4x + 4) + 4 = - đ?‘Ľ 2 + 4x - 4 + 4 = - đ?‘Ľ 2 + 4x. PoichĂŠ non sono dati nell’esercizio gli estremi di integrazione ho deciso di porli come x = a e x = b con a < b. đ?‘?

đ?‘?

đ?‘?

Si ha âˆŤđ?‘Ž − (đ?‘Ľ 2 − 4x) dx = - âˆŤđ?‘Ž đ?‘Ľ 2 dx + 4âˆŤđ?‘Ž x dx = - ( 2(đ?‘Ž2 − đ?‘? 2 )

20

đ?‘?3 3

-

đ?‘Ž3

đ?‘?2

) + 4( 2 3

đ?‘Ž2 2

)=

1 3

(đ?‘Ž3 − đ?‘? 3 ) +


Detto integrale misura un numero intero per a e b interi quando đ?‘Ž3 − đ?‘? 3 è multiplo di 3. Ciò è vero quando a è multiplo di 3b.

y = ½ đ?’†đ?’™

1.4

x=0ex=3 3

3

Il passaggio all’integrale è immediato âˆŤ0 ½ đ?‘’ đ?‘Ľ dx = ½ âˆŤ0 đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ = ½ (đ?‘’ 3 - đ?‘’ 0 ) = ½ (đ?‘’ 3 – 1)

18.2. Integrazione per parti đ?’† đ??Ľđ??§(đ?’™)

đ?&#x;?. đ?&#x;? âˆŤđ?&#x;?

đ?‘’ ln(đ?‘Ľ)

âˆŤ1

√đ?‘Ľ

đ?‘’ ln(đ?‘Ľ)

âˆŤ1

√đ?‘Ľ

đ?‘’ ln(đ?‘Ľ)

âˆŤ1

√đ?‘Ľ

đ?‘’ ln(đ?‘Ľ)

âˆŤ1

√đ?‘Ľ

√đ?’™

đ?’…đ?’™ . Il consiglio è porre f(x) = 2√đ?‘Ľ e g(x) = ln(x) đ?‘’

1

đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ1 2√đ?‘Ľ (đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = 2√đ?‘’ ln(e) - 2√1 ln(1) = 2√đ?‘’ đ?‘’

đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ľ = 2√đ?‘’ - âˆŤ1 2√đ?‘Ľ 2 đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’

1

đ?‘‘đ?‘Ľ = 2√đ?‘’ - 2 âˆŤ1 √đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’

đ?‘‘đ?‘Ľ = 2√đ?‘’ - 2 âˆŤ1 đ?‘Ľ −0,5 đ?‘‘đ?‘Ľ

Sviluppo quindi l’integrale del secondo membro avendo �

âˆŤ1 đ?‘Ľ −0,5 đ?‘‘đ?‘Ľ =

đ?‘’ −0,5+1

1−0,5+1

−0,5+1

- −0,5+1 = ½ (√đ?‘’ -1)

đ?‘’ ln(đ?‘Ľ)

Pertanto si ha âˆŤ1

√đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ľ = 2√đ?‘’ – 2( ½ (√đ?‘’ -1)) = 2√đ?‘’ - √đ?‘’ + 2 = √đ?‘’ + 2.

đ?’†

đ?&#x;?. đ?&#x;? âˆŤđ?&#x;? đ??Ľđ??§(đ?’™) đ?’…đ?’™ . Il consiglio è porre f(x) = x e g(x) = ln(x) đ?‘’

đ?‘’

âˆŤ1 ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ1 đ?‘Ľ

1 đ?‘Ľ

�� = eln(e) – 1ln(0)

đ?‘’

âˆŤ1 ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = (eln(e) – 1ln(0)) – (e -1) = e – 0 – e + 1 = + 1

21


đ?’†

đ?&#x;?. đ?&#x;‘ âˆŤđ?&#x;? đ??ą đ??Ľđ??§(đ?’™) đ?’…đ?’™ . Il consiglio è porre f(x) = ½(đ?‘Ľ 2 ) e g(x) = ln(x) đ?‘’

đ?‘’

1

âˆŤ1 x ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ1 ½(đ?‘Ľ 2 ) (đ?‘‹) đ?‘‘đ?‘Ľ = (½(đ?‘’ 2 )ln(e) - ½(đ?‘’ 2 )ln(e)) đ?‘’

đ?‘’

1

âˆŤ1 x ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = (½(đ?‘’ 2 )ln(e) - ½(đ?‘’ 2 )ln(e)) - âˆŤ1 ½(đ?‘Ľ 2 ) (đ?‘‹) đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’

đ?‘’

1

âˆŤ1 x ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = ½(đ?‘’ 2 ) – 2 âˆŤ1 đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’2

đ?‘’

âˆŤ1 x ln(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = ½(đ?‘’ 2 ) – ½ ( 2 -

12

) = ½(đ?‘’ 2 ) – 2

đ?‘’2 4

+Âź

18.3. Integrazione per sostituzione đ?’‚

đ?&#x;?

âˆŤđ?’? (đ?’†âˆ’đ?’„đ?’™ )dx. Ăˆ consigliata la sostituzione s = −đ?‘?đ?‘Ľ 2

A)

đ?‘‘đ?‘

Bisogna quindi trovare ds.đ?‘‘đ?‘Ľ = -2c ovvero ds = -2c dx ovvero dx = ds/-2c In termini di integrali indefiniti sarebbe âˆŤ đ?‘’ đ?‘

đ?‘‘đ?‘ −2đ?‘?

1

= - 2đ?‘? âˆŤ đ?‘’ đ?‘ ds . Occorre, per passare

all’integrale definito, ridefinire gli estremi di integrazione. Quello inferiore si conserva per l’annullamento del prodotto. Per il secondo si ha che esso vale - cđ?‘Ž2 con a > 0. Deve essere c < 0. −đ?‘?đ?‘Ž2

Ho ottenuto l’integrale definito âˆŤ0

đ?‘’ đ?‘ ds . Su detto integrale è immediatamente −đ?‘?đ?‘Ž2

applicabile il corollario di Torricelli, avendosi âˆŤ0

2

đ?‘’ đ?‘ ds = đ?‘’ −đ?‘?đ?‘Ž - 1.

Nel caso sia c > 0 allora - −đ?‘?đ?‘Ž2 < 0 quindi bisogna tenere conto che in generale è đ?‘Ł

�

âˆŤđ?‘˘ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = − âˆŤđ?‘Ł đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ.

đ?’† đ?&#x;?+đ??Ľđ??§(đ?’™)

B)

âˆŤđ?&#x;?

Determino dx = x ds.

22

đ?’™ đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

dx. Ăˆ consigliata la sostituzione s = 1+ ln(x)

=

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

1+

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

ln(đ?‘Ľ) ovvero

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

= 0 + 1/x = 1/x, ovvero ds = (1/x)dx ovvero


Modifico gli estremi di integrazione. Quello inferiore è đ?‘ 0 = 1 + ln(1) = 1 + 0 = 1. Quello superiore è đ?‘ 1 = 1 + ln(e) = 1 + 1 = 2. 2đ?‘

Pertanto il nuovo integrale definitivo diviene âˆŤ1

C)

đ?‘Ľ

2

xds = âˆŤ1 đ?‘ ds =

22 2

-

12 2

=2–½=

3 2

đ?&#x;?

âˆŤđ?’? (đ?&#x;‘đ?’™ − đ?&#x;?)đ?&#x;“ dx. Ăˆ consigliata la sostituzione 3x -1 = s

Giusta la sostituzione consigliata si ha

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

= 3 da cui ds = 3 dx ovvero dx = ds/3.

Assegnata la sostituzione si devono determinare i nuovi estremi di integrazione đ?‘ 0 = 3*0 – 1 = - 1. L’estremo superiore di integrazione è đ?‘ 1 = 3*1 – 1 = 2. 2

Si ha quindi il nuovo integrale del tipo âˆŤ0 đ?‘ 5

đ?‘‘đ?‘ 3

2

1 26

= 1/3 âˆŤâˆ’1 đ?‘ 5 đ?‘‘đ?‘ = 3( 6 –

(−1)6 6

1 63

) = 3(6 ) =

21 6

D)

đ?&#x;?

âˆŤđ?’? đ?’™(đ?&#x;‘đ?’™đ?&#x;? − đ?&#x;?)đ?&#x;“ dx. Ăˆ consigliato porre 3đ?‘Ľ 2 − 1 = đ?‘

Calcolo

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

= 6x ovvero ds = 6xdx quindi dx =

đ?‘‘đ?‘ 6đ?‘Ľ

. Ridefinizione degli estremi di

integrazione đ?‘ 0 = 3*02 - 1 = - 1. Determino quindi đ?‘ 1 = 3*12 - 1 = 2 2

đ?‘‘đ?‘

2

Pertanto si ha âˆŤ0 đ?‘Ľđ?‘ 5 6đ?‘Ľ = âˆŤ0 đ?‘ 5

đ?‘‘đ?‘ 6

2

= 1/6 âˆŤ0 đ?‘ 5 đ?‘‘đ?‘ . Esso è immediato.

23


I GRANDI MATEMATICI DEL PASSATO AUGUSTIN-LOUIS CAUCHY

Per la sistematicità dei suoi elaborati è considerato tra i “padri” dell’Analisi matematica. Non è possibile in poche pagine enunciare tutti i suoi contributi. Rispetto alla più parte di essi non sono neppure qualificato a trattarli. Mi limiterò quindi alla enunciazione dei più elementari. 1. Il criterio di convergenza delle successioni numeriche 2. Il criterio generale di convergenza delle serie

Questi due importanti criteri sono stati presi in considerazione nelle PILLOLE MATEMATICHE dei mesi scorsi.

3. La meccanica del continuo La meccanica del continuo di Cauchy è utile nello studio dei modelli strutturali semplificati (piastre, lastre, travi, ecc.) ma anche nello studio della meccanica dei fluidi e dell’idraulica. La meccanica del continuo analizza le condizioni di moto e di equilibrio dei corpi continui. Corpo continuo è un concetto primitivo non definito formalmente. Gli elementi (detti particelle o punti materiali) che lo costituiscono sono associati a punti geometrici di una regione regolare B dello spazio a tre dimensioni. È possibile scegliere una particolare configurazione K(B) e identificare ogni punto con la sua posizione X in tale configurazione. X è detta configurazione di riferimento.

24


In una diversa configurazione un dato punto corrisponde ad un punto della nuova configurazione secondo una funzione vettoriale x = χ(X). Essa è detta trasporto. χ deve essere biunivoca. đ?œ’ e đ?œ’ −1 devono essere continue. Sono necessarie poi ulteriori proprietĂ , che al momento ometto. BisognerĂ ritornare sull’argomento. Dovrò necessariamente schematizzare. Spostamento del corpo → cambiamento di configurazione ↤ deformazione Descrizione del moto x = χ(X, t) K(B) è la configurazione iniziale, quella del corpo per t = 0. Configurazione al tempo t ≠0: đ?œ’đ?‘Ą (X, t). Nel contesto del modello vengono definite la velocitĂ e l’accelerazione. Esse sono formalizzate come segue v(X, t) = a(X, t) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

x≥ v≥

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ą

χ(X, t)

đ?œ•2 đ?œ•đ?‘Ą 2

χ(X, t)

Molto opportunamente la voce di Wikipedia che ho utilizzato come “tracciaâ€? definisce la rappresentazione mette in relazione le coordinate đ?‘‹đ?‘– dette materiali o referenziali con le coordinate đ?‘Ľđ?‘– (dette spaziali), definendo delle funzioni scalari đ?œ’đ?‘– , avendosi che đ?‘Ľđ?‘– = đ?œ’đ?‘– ( đ?‘‹1 , đ?‘‹2 , đ?‘‹3 ). Dovrò ritornare sull’argomento quando avrò introdotto i campi vettoriali. Vorrei concludere con l’enunciazione della definizione di deformazione. Essa è formalizzata come u(x) = χ(X) - X

4. Il problema di Cauchy Data una equazione differenziale una soluzione di essa nella funzione y(x) definita in un intervallo I è una funzione y(x) che soddisfa l’equazione per ogni x : x ∈ I. Relativamente alle equazioni differenziali si distingue una soluzione particolare dalla soluzione generale di una e.d.o. che è l’insieme di tutte le soluzioni dell’equazione differenziale.

25


Nelle applicazioni è di particolare importanza il problema ai valori iniziali e il problema al contorno. Per esempio y’’ + 2y = đ?‘’ đ?‘Ľ y(0) = 1 y’(0) = 2 è un problema di valore iniziale perchĂŠ le condizioni sono riferite allo stesso x = Ď€. Se il problema fosse y’’ + 2y = đ?‘’ đ?‘Ľ y(Ď€) = 1 y’(Ď€) = 2 esso sarebbe detto al contorno. In questo caso si considerano le condizioni al tempo Ď€ ≠0. Una soluzione di un problema ai valori iniziali o al contorno è una funzione y(x) che verifica l’equazione differenziale e le condizioni imposte. Ho tratto l’esempio dal testo “Moderna introduzione alle equazioni differenzialiâ€? di Richard Bronson, Etas Libri, acquistato come usato nel recente passato.

Le PILLOLE MATEMATICHE del numero di luglio-agosto-settembre conterranno una ampia panoramica, utilizzando come riferimento il testo citato, dal titolo EQUAZIONI DIFFERENZIALI.

26


L’ANGOLO DEL FISICO MOTO ROTATORIO E GRAVITAZIONE

1. Dalla traslazione alla rotazione: le “variabili rotazionali� Le variabili rotazionali possono essere considerate sia in relazione al moto circolare di un corpo puntiforme, sia in relazione al moto di un corpo rigido attorno ad un asse fisso, detto di rotazione.

La prima grandezza che si considera è la posizione angolare θ. Essa si misura rispetto all’asse delle x ed è misurata in radianti. In formula si ha θ = s/r. Viene definito spostamento angolare il valore Δθ = đ?œƒ2 − đ?œƒ1 . La velocitĂ angolare media è ω =

Δθ Δt

. Essa viene misurata in rad/sec.

Con il passaggio al limite per Δt â&#x;ś 0 si ottiene la velocitĂ angolare istantanea scalare đ?œ”đ?‘–đ?‘ đ?‘Ą = lim

Δθ

Δt â&#x;ś 0 Δt

Anche per il moto rotatorio viene definita l’accelerazione media intesa come rapporto tra la variazione di velocitĂ e il Δt di riferimento. Essa è espressa dalla formula Îą =

đ?œ”2 − đ?œ”1 đ?‘Ą2 − đ?‘Ą1

.

Ăˆ definita l’accelerazione istantanea scalare come segue: đ?‘Žđ?‘–đ?‘ đ?‘Ą = lim

Δω

Δt â&#x;ś 0 Δt

.

Le accelerazioni istantanee vengono misurate in rad/đ?‘ đ?‘’đ?‘? 2 .

27


La sottostante figura individua le grandezze rotazionali anche dal punto di vista vettoriale.

Ăˆ di particolare rilievo il caso della rotazione con accelerazione angolare costante, ovvero il caso in cui si ha Îą =

đ?œ”2 − đ?œ”1 đ?‘Ą2 − đ?‘Ą1

= đ?‘Žđ?‘–đ?‘ đ?‘Ą = lim

Δω

Δt â&#x;ś 0 Δt

.

2. Relazioni tra le variabili lineari e quelle angolari Si parte dalla relazione che collega la distanza dall’asse di rotazione, r, alla posizione s. Tale relazione è immediata. Da θ = s/r si ha s = rθ. Questa relazione è derivabile rispetto al tempo avendosi

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?œƒ

= r đ?‘‘đ?‘Ą . r deve considerarsi costante. Ma

v = velocitĂ scalare (misurata in m/sec) e

đ?‘‘đ?œƒ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ą

=

= ω= velocità angolare (misurata in

rad/sec). Pertanto si ottiene v = rω. ω costante â&#x;š v costante. Il periodo di rivoluzione è T =

2đ?œ‹đ?‘&#x; đ?‘Ł

.

La relazione v = rω è derivabile rispetto al tempo avendosi

đ?‘‘đ?‘Ł đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?œ”

= r đ?‘‘đ?‘Ą . r deve considerarsi

costante. Quindi si ha �� = �� r. Il pedice i denota valori istantanei. Detta accelerazione definisce il modulo di un vettore sempre tangente la traiettoria, in ogni punto di essa.

28


Vi è poi l’accelerazione centripeta đ?‘Žđ?‘Ą =

đ?‘Ł2 đ?‘&#x;

= � 2 r.

In termini vettoriali a = đ?’‚đ?’Š + đ?’‚đ?’• .

3. Momento di inerzia Sia dato un corpo rigido costituito da un numero arbitrariamente grande di particelle (punti materiali). Viene definita una particolare grandezza fisica detta momento di inerzia, I. Si ha I = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘šđ?‘– đ?‘&#x;đ?‘– 2 . Esso è misurato in kg*đ?‘š2 . Quando si ha una distribuzione uniforme di massa il momento di inerzia è dato in 2

forma integrale risultando I = âˆŤ đ?‘&#x; dm I dipende dalla forma geometrica del corpo che si considera. I è sempre riferito ad un assegnato asse di rotazione. Solitamente si considera l’asse di rotazione passante per il centro di massa.

4.Energia cinetica rotazionale Occorre definire l’energia cinetica rotazionale di un corpo rigido costituito da n 1

particelle. Essa è la somma delle energie cinetiche delle n particelle. K = ∑đ?‘›đ?‘–=1 2 đ?‘šđ?‘– đ?‘Łđ?‘– 2 . Ogni particella è animata da una velocitĂ angolare costante ω. Si ha che đ?‘Łđ?‘– = ωđ?‘&#x;đ?‘– . Da 1

1

1

cui ∑đ?‘›đ?‘–=1 2 đ?‘šđ?‘– (ωđ?‘&#x;đ?‘– )2 = 2 ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘šđ?‘– (đ?‘&#x;đ?‘– )2 đ?œ”2 = 2 đ??ź đ?œ”2 La determinazione di I è un problema di analisi e dovrĂ essere oggetto di approfondimento.

5. Teorema degli assi paralleli 2

Il momento di inerzia è astrattamente sempre determinabile usando I = âˆŤ đ?‘&#x; dm. A volte è noto il momento di inerzia riferito ad un asse parallelo che passi per il centro di massa. Il momento rispetto all’asse dato è I = đ??źđ?‘?đ?‘‘đ?‘š + đ?‘€â„Ž2 . Questa relazione è nota come teorema degli assi paralleli, o teorema di Huygens-Steinner.

29


6. Momento di una forza Il momento Ď„ di una forza è una grandezza vettoriale, precisamente un prodotto vettoriale. Ď„ = r X F. Il momento di una forza è misurato in m*newton.

7. II principio di Newton per il caso angolare La seconda legge della dinamica ha una semplice forma per il caso angolare del moto rotatorio. Essa è Ď„ = IÎą.

8. Energia cinetica, lavoro e potenza per il caso rotazionale Nel caso rotazionale si ha ΔK = ½ I(đ?œ”đ?‘“ 2 - đ?œ”đ?‘– 2 ). đ?œƒ

Il lavoro riferito ad una rotazione attorno ad un asse fisso è L = âˆŤđ?œƒ 2 đ?œ?đ?‘‘đ?œƒ 1

Come caso particolare si ha Ď„ = cost, per cui L = Ď„(đ?œƒ2 − đ?œƒ1 ). La potenza, al solito, è P = dL/dt.

9. Momento angolare Viene introdotta un ulteriore grandezza fisica vettoriale detta momento angolare. Esso per definizione è â„“ = m(r X F). Il momento angolare è misurato in kg*m*newton đ?‘š2

= kg*m*kg*(m/đ?‘ đ?‘’đ?‘? 2 ) = đ??žđ?‘”2 *(đ?‘ đ?‘’đ?‘? ), ove con Kg si intende chilogrammi-massa. La seconda legge di Newton può essere scritta nella forma Ď„ = dâ„“/dt. Questo vale per il caso di un corpo puntiforme. Ove si avvia il caso di un corpo costituito da n punti materiali si ha che il momento angolare di esso L è la somma vettoriale dei momenti đ?“ľđ?’Š delle singole particelle. Formalmente si scrive L = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?“ľđ?’Š ed anche đ?œ?đ?‘›đ?‘’đ?‘Ą = dL/dt. đ?œ?đ?‘›đ?‘’đ?‘Ą è la somma vettoriale dei momenti delle forze esterne che agiscono su un sistema di particelle.

30


Nel caso di un corpo rigido in rotazione rispetto ad un asse fisso si ha: L = Iω.

10. Conservazione del momento angolare Per un sistema fisico isolato si può parlare di conservazione del momento angolare. Quindi, con riferimento ad un istante iniziale i e ad un istante finale f, si può quindi scrivere đ??‹đ??˘ = đ??‹đ??&#x; .

11. Gravitazione

La legge di gravitazione universale, nella formulazione classica, dovuta a Sir Isaac Newton, afferma che due corpi M ed m si attraggono con una forza F che risulta proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Nella formula fa la comparsa una costante universale detta costante di gravitazione G. Essa è misurata in N*đ?‘š2 đ??žđ?‘”−2.

31


La legge di gravitazione viene spesso introdotta in forma vettoriale e si scrive come segue: �� �

F = G đ?‘&#x;2

đ?‘&#x;

Il corpo M attira m con una forza eguale e contraria a quella che viene esercita da m su M. La distanza r può essere intesa come la distanza tra i centri dei corpi M ed m. L’accelerazione di gravitĂ g viene ottenuta in modulo eguagliando la equazione di đ?‘€đ?‘š

Newton con la formula del II principio della dinamica. Si ha G đ?‘&#x; 2 = đ?‘šđ?‘” da cui si ottiene immediatamente che g =

đ??şđ?‘€ đ?‘&#x;2

.

In realtĂ le cose sono piĂš complesse in quanto la terra non è un corpo omogeneo, nĂŠ sferico e soggetto alla rotazione per cui al valore g occorre sottrarre la quantità ωđ?‘… 2 , ove R = raggio terrestre.

Vorrei sintetizzare l’ottima spiegazione del moto data da Courant-John in “Introduction to calculus adn Analysis Iâ€?, Springer. La rappresentazione del moto è nel piano usando il formalismo parametrico. Si considera il moto circolare di raggio r = a. La rappresentazione parametrica è x = acos(wt) y = asin(wt)

32


Il periodo del moto è T =

2đ?œ‹ đ?‘¤

le velocità riferite ai due assi sono x’ = -awsin(wt) e y’ =

asin(wt). Ad esse si giunge tramite la derivazione di funzione composta. Ăˆ poi ben noto che v = √(đ?‘Ľ ′ )2 + (đ?‘Ś ′ )2 =aw =

2đ?œ‹ đ?‘‡

.

Derivando ulteriormente si ottiene l’accelerazione nelle componenti x’’ e y’’ rispettivamente. Si ha x’’ = - ađ?‘¤ 2 cos(wt) e y’’ = - ađ?‘¤ 2 sin(wt) Ma x = acos(wt) y = asin(wt) quindi x’’ = - ađ?‘¤ 2 cos(wt) e y’’ = - ađ?‘¤ 2 sin(wt), pertanto si ha x’’ = - đ?‘¤ 2 đ?‘Ľ e y’’ = - - đ?‘¤ 2 đ?‘Ś La distanza tra due particelle è (rispetto al sistema di riferimento cartesiano) r = √(đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )2 + (đ?‘Ś − đ?‘Ś0 )2 Rispetto alla impostazione di Courant-John il moto di m rispetto ad đ?‘š0 >> m può đ?‘Śđ?‘š0

essere considerato monodimensionale, avendosi y’’ = -

đ?‘&#x;3

(caduta del grave).

Nel moto rotatorio di un corpo di massa m attorno ad un corpo di massa �0 >> m si hanno le due equazioni del moto y’’ = -

đ?‘Śđ?‘š0 đ?‘&#x;3

e x’’ = -

đ?‘Ľđ?‘š0 đ?‘&#x;3

.

Con meri passaggi algebrici si perviene alla III legge di Keplero che, grazie a Sir Isaac Newton, è spiegata formalmente. Essa è đ?‘&#x; 3 =

đ?‘”đ?‘… 2 4đ?œ‹ 2

�2

12. Energia potenziale gravitazionale La forza gravitazionale è dipendente da r, secondo l’inverso del quadrato, quindi è ∞

una forza variabile. Il lavoro L è dato in forma integrale da L = - âˆŤđ?‘… đ?‘­(đ?‘&#x;)đ?‘‘đ?’“. Ăˆ però nota la formula del lavoro come prodotto scalare. Essa è đ?‘­(đ?‘&#x;)đ?‘‘đ?’“ = đ??š(đ?‘&#x;)đ?‘‘đ?‘&#x;cos(φ), đ?‘€đ?‘š

∞

posto φ = Ď€ si ha đ?‘­(đ?‘&#x;)đ?‘‘đ?’“ = - G đ?‘&#x; 2 quindi L = - GMmâˆŤđ?‘… đ?‘&#x; −2dr = -

đ??şđ?‘€đ?‘š đ?‘…

. Il lavoro può

essere inteso come la l’opposto della differenza tra l’energia potenziale all’infinito, denotata con đ?‘ˆâˆž , e l’energia potenziale U in un punto. In altre parole L è la quantitĂ di energia che bisogna usare per portare una particella in un campo gravitazionale

33


da un punto dato, cui corrisponde U, all’infinito. Ma đ?‘ˆâˆž = 0. Quindi si ha U = L = G

đ?‘€đ?‘š đ?‘&#x;

.

L’energia potenziale di un sistema di n corpi puntiformi vale U = - ∑đ?‘–≠đ?‘—

đ??şđ?‘šđ?‘– đ?‘šđ?‘— đ?‘&#x;đ?‘–,đ?‘—

. Detta

sommatoria è estesa alle coppie (i, j) con i ≠j con i ⊞ n e j ⊞ n.

13. Relazione energia potenziale – forza. ��

Inversamente dato U si ricava immediatamente F essendo F = dU/dr = - G đ?‘&#x; 2 .

14. VelocitĂ di fuga Ăˆ noto che oggetti lanciati in aria, come i proietti, raggiungono una altezza massima e poi cadono. In genere le traiettorie sono paraboliche. Un corpo che si muove contro le forze del campo gravitazionale ha una energia cinetica K = ½ mđ?‘Ł 2 . La corrispondente energia potenziale gravitazionale e U = -

đ??şđ?‘€đ?‘š đ?‘…

,

essendo M la massa del corpo centrale ed R il raggio. Potrebbe trattarsi della Terra. Vale la conservazione dell’energia. Essa è zero per d = ∞. Si ammette quindi che l’energia totale al suolo sia nulla. Pertanto deve essere ½mđ?‘Ł 2 + ( 2đ??şđ?‘€

quindi una đ?‘Łđ?‘šđ?‘–đ?‘› = √

đ?‘…

2đ??şđ?‘€

velocitĂ v ⊞ đ?‘Łđ?‘šđ?‘–đ?‘› = √

đ?‘…

đ??şđ?‘€đ?‘š đ?‘…

) = 0. Esiste

detta velocitĂ di fuga. Quindi sparando un proietto con

il corpo si allontana dal corpo M indefinitamente.

15. Orbite di satelliti Già è stata introdotta la legge di Keplero per la quale il quadrato del periodo di rivoluzione è proporzionale al cubo del raggio. PiĂš rigorosamente le orbite non sono circolari bensĂŹ ellittiche, quindi la relazione di proporzionalità è riferita al cubo del semiasse maggiore dell’ellisse.

34


Sperimentalmente Keplero, che non le poteva spiegare, introdusse una prima legge per la quale i pianeti descrivono attorno al Sole orbite ellittiche risultando il Sole occupare uno dei due fuochi del luogo. In effetti esiste una ulteriore legge, la legge delle aree, per la quale il raggio vettore congiungente il Sole ad un pianeta descrive aree eguali in tempi eguali. Una bella rappresentazione grafica, cui si rimanda, è data in Halliday, Resnick, Walker, Fondamenti di Fisica, VI edizione, Ambrosiana, pag. 297. Nel moto satellitare (satellite attorno alla Terra, oggetti attorno ad una stella) si conserva l’energia totale E. Se un oggetto orbita a distanza r dal corpo centrale la corrispondente energia potenziale è U = -

đ??şđ?‘€đ?‘š đ?‘&#x;

, m è la massa del corpo che orbita

circolarmente, ammesso che sia r = cost. Coordinando la legge di Newton con il II principio della dinamica si ha: F = dU/dr ��

= - G đ?‘&#x; 2 = ma, ove a è l’accelerazione centripeta a = l’energia cinetica K = ½mđ?‘Ł 2 = đ?‘ˆ 2

đ??şđ?‘€đ?‘š 2đ?‘&#x;

đ?‘Ł2 đ?‘&#x;

. Da queste informazioni

. Nel caso dell’orbita circolare si ha K = -

đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ??¸ = −đ??ž.

16. Il principio di minima azione Ho utilizzato, per elaborare questo paragrafo, la Lecture 6 del The Theoretical Minimum di Susskind – Hrabovsky. Assegnate n coordinate allora le condizioni iniziali consistono nel definire 2n posizioni e velocitĂ . Nel caso di moto di una particella su una linea, la posizione al tempo t è data da x(t) e la velocitĂ da x’(t). L’energia cinetica è quella classica e l’energia potenziale V è funzione della

35


coordinata, quindi V = V(t). Si definisce azione A il seguente integrale A = đ?‘Ą

1 âˆŤđ?‘Ą (đ?‘‡ − đ?‘‰)đ?‘‘đ?‘Ą. La quantitĂ T – V = L è detta lagrangiana del sistema. Si può quindi 0

affermare che la lagrangiana è una funzione della posizione e della velocitĂ . đ?‘Ą

Pertanto si ha A = âˆŤđ?‘Ą 1 đ??ż(đ?‘Ľ, đ?‘Ł)đ?‘‘đ?‘Ą. 0

La minimizzazione è oggetto del calcolo delle variazioni. đ?‘Ą

L’integrale âˆŤđ?‘Ą 1 đ??ż(đ?‘Ľ, đ?‘Ł)đ?‘‘đ?‘Ą è approssimabile con la somma ∑ đ??żđ?›Ľ đ?‘Ą. 0

đ?‘Ľđ?‘›+1 − đ?‘Ľđ?‘›

Si definisce la velocitĂ v =

��

Viene definita la posizione media come x(t) =

đ?‘Ľđ?‘›+1 + đ?‘Ľđ?‘›

Con queste assunzioni si può scrivere A = ∑đ?‘› đ??ż(

2

.

đ?‘Ľđ?‘›+1 − đ?‘Ľđ?‘› đ?›Ľđ?‘Ą

,

đ?‘Ľđ?‘›+1 + đ?‘Ľđ?‘› 2

) ��

Si suppone di minimizzare l’azione facendo variare solo una delle đ?‘Ľđ?‘– ponendo il risultato eguale a zero. Vanno considerati i termini che contengono la i che varia. Per esempio se n = 8 si ha A = đ??ż (

đ?‘Ľ9 − đ?‘Ľ8 đ?›Ľđ?‘Ą

,

đ?‘Ľ9 + đ?‘Ľ8 2

) đ?›Ľđ?‘Ą + đ??ż (

đ?‘Ľ8 − đ?‘Ľ7 đ?›Ľđ?‘Ą

,

đ?‘Ľ8 + đ?‘Ľ7 2

) ��.

I pedici della x denotano tempi discreti, 1, 2, ‌. , k. La minimizzazione

đ?œ•đ??´ đ?œ•đ?‘Ľ8

=

1 ��

(-

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘Ľâ€˛âŽ¸đ?‘Ľ=9

+

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘Ľâ€˛âŽ¸đ?‘Ľ=8

) + ½(

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘ĽâŽ¸đ?‘Ľ=9

+

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘ĽâŽ¸đ?‘Ľ=8

)

Con x’ = v (sempre riferita a un t discreto, 1, 2, ,,,, n). Per Δt → 0 si ha (Ed anche ½(

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘ĽâŽ¸đ?‘Ľ=9

La condizione

đ?œ•đ??´ đ?œ•đ?‘Ľ8

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘Ľâ€˛âŽ¸đ?‘Ľ=9

+

=

+

đ?œ•đ??ż

đ?‘‘ đ?œ•đ??ż

)→-

đ?‘‘ đ?œ•đ??ż đ?‘‘đ?‘Ą đ?œ•đ?‘Ľâ€˛

đ?‘‘đ??ż

đ?œ•đ?‘ĽâŽ¸đ?‘Ľ=8

đ?‘‘đ?‘Ą đ?œ•đ?‘Ľâ€˛

đ?œ•đ??ż đ?œ•đ?‘Ľâ€˛âŽ¸đ?‘Ľ=8

) → ½ (đ?‘‘đ?‘Ľ).

-

đ?‘‘đ??ż đ?‘‘đ?‘Ľ

è detta equazione di Eulero-Lagrange ed è un modo

alternativo di descrivere l’equazione F = ma.

36


Se si considerano piĂš gradi di libertĂ e si considerano piĂš coordinate (dimensioni) allora per ognuna di esse si ha

đ?‘‘

đ?œ•đ??ż

đ?‘‘đ?‘Ą đ?œ•đ?‘Ľđ?‘–

-

đ?‘‘đ??ż đ?‘‘đ?‘Ľđ?‘–

. In questo caso il pedice i denota la

coordinata e non, ovviamente, il tempo (istanti 1, 2, ‌.k).

37


DIAMO I NUMERI I SISTEMI DI NUMERAZIONE

1. Distinzione numero – cifre Le cifre sono simboli formali che consentono di esprimere quantitĂ . Il numero è sempre costituito da una sequenza di cifre prestabilite ed è la quantificazione di una grandezza. Il numero di cifre utilizzabili è ogni intero. Il numero delle cifre scelte per numerare, i loro simboli, e il criterio scelto per definire le quantitĂ numeriche, a partire dalle cifre, definisce il sistema di numerazione. Solitamente si usano sistemi di numerazione posizionali, nei quali la posizione delle cifre nella stringa costitutiva del numero esprime il peso. Se, ad esempio, decidessi di avere un sistema in base 3 di tipo posizionale avrei a disposizione le cifre 0, 1, 2.

2. Sistema di numerazione in base 10 Il sistema solitamente usato è quello decimale, nel quale ogni numero è costituito da una sequenza di 10 distinte cifre. Dette cifre, sono, come è ben noto, 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. Il sistema decimale solitamente usato è di tipo posizionale. Quando si vuole essere formali il numero 100 dovrebbe essere scritto come (100)10 . Questa stenografia ammette una ben nota rappresentazione, detta polinomiale, che da ampiamente conto della posizionalitĂ . Essa è la seguente (100)10 = 1*102 + 0*101 + 0*100 . Occorre ricordare che đ?‘&#x; 0 = 1 ∀ r : r ∈ R.

3. Sistemi posizionali di numerazione Nei sistemi posizionali è sempre ammissibile una rappresentazione di tipo polinomiale come quella data per il caso dei numeri espressi in base 10. In generale se r è la base di un sistema posizionale, quel sistema di numerazione possiede r simboli atti ad identificare le cifre. Per i sistemi di numerazione per i

38


quali è n < 10 si considerano le cifre 0, 1, ‌.. (n-1). Per n > 10 si considerano le cifre 0, ‌‌. , 9 poi si aggiungono altri simboli, in genere lettere, per giungere ad un totale di n simboli. Una esemplificazione del primo caso sarĂ data per il caso del sistema in base otto (ottale) e un esempio del secondo caso sarĂ dato quando si prenderĂ in esame il caso esadecimale (in base 16). Per esempio si ha (100)đ?‘&#x; = 1*đ?‘&#x; 2 + 0*đ?‘&#x; 1 + 0*đ?‘&#x; 0 ≠(100)2 ∀ r ≠2 r > 1, r ∈N 4. Il sistema binario

Come ben si comprende dalla figura anche il sistema di numerazione binario è posizionale. In termini di rappresentazione polinomiale si ha (110)2 = 1*22 + 1*21 + 0*20

4.1 Le operazioni nel sistema binario La logica delle operazioni binarie è identica a quelle delle operazioni in base dieci. Addizione : 0 + 0 = 0; 1 + 0 = 0 + 1 = 1 (commutativitĂ ); 1 + 1 = 0 riporto 1 Sottrazione: 0 – 0 = 0; 1 – 0 = 1; 1 – 1 = 0, 0 -1 = 0 prestito 1 Moltiplicazione: 0*1 = 1*0 =0*0 = 0 (annullamento del prodotto); 1*1 = 1 Divisione: 0/1 = 0; 1/1 = 1 mentre 0/0 e 1/0 non sono ammissibili.

39


4.2 Complementazione a 1 Dato un numero in base due la complementazione ad 1 di esso consiste nel sostituire gli 1 con 0 e viceversa gli 0 con 1. Ad esempio il complemento ad 1 del numero (11100001)2 è il numero (00011110)2 đ?‘?đ?‘œđ?‘šđ?‘?đ?‘™ đ?‘Ž 1 .

4.3 Complementazione a 2 L’operazione di complementazione a 2 è molto importante perchĂŠ consente di trasformare una sottrazione binaria in una somma, mantenendo invariato il risultato dell’operazione. Ad essa si può pervenire per step. Dato un numero in binario, prima lo si complementa ad uno poi si somma il numero binario 1. Con riferimento all’esempio precedente la complementazione a due del numero (11100001)2 si ottiene sommando alla sua complementazione ad 1 ovvero a (00011110)2 đ?‘?đ?‘œđ?‘šđ?‘?đ?‘™ đ?‘Ž 1 il numero (1)2 . Per la posizionalitĂ del sistema di numerazione questo numero (o meglio la sua unica

cifra,

1)

si

somma

alla

cifra

meno

significativa

del

numero

(00011110)2 đ?‘?đ?‘œđ?‘šđ?‘?đ?‘™ đ?‘Ž 1 . Detta cifra è l’ultimo zero – che pesa, per la sua posizione, 0 – avendosi che il risultato è (00011111)2 đ?‘?đ?‘œđ?‘šđ?‘?đ?‘™ đ?‘Ž 2 . essendo 0+1= 1 riporto 0. Siano Îą e β le stringhe rappresentative di due numeri in base due. Si ha che (đ?›ź)2 – (đ?›˝)2 = (đ?›ź)2 + (đ?›˝)2 đ?‘?đ?‘œđ?‘šđ?‘?đ?‘™.2 .

5. Sistema ottale Il sistema di numerazione in base otto è costituito dalle cifre 0, 1, 2, 3, .., 7. Pure detto sistema è posizionale ed ammette una formalizzazione polinomiale. Per esempio (1555050)8 = 1*86 + 5*85 + 5 ∗ 84 + 5∗ 83 + 0*82 + 5*81 + 0*80

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Vale, anche nella rappresentazione polinomiale, la legge di annullamento del prodotto. Detto sviluppo è utile per i passaggi di base.

6. Sistema in base 16 Il sistema posizionale di numerazione in base 16 contiene un alfabeto di 16 cifre le prime dieci corrispondono alle cifre del sistema decimale, cui si aggiungono le lettere A, B, C, D, E, F. Si hanno le ovvie corrispondenze (đ??´)16 = (10)10 , (đ??ľ)16 = (11)10 , ‌‌‌, (đ??š)16 = (16)10 Pertanto la stringa (145đ??´đ??ˇ)16 ha la seguente rappresentazione 1*đ??š 4 + 4*đ??š 3 + 5*đ??š 2 + A*đ??š1 + D*đ??š 0 .

7. Passaggi di base Molte volte è necessario passare da un sistema di numerazione di base đ?‘&#x;1ad un sistema di numerazione di base đ?‘&#x;2 ≠đ?‘&#x;1.

7.1 Passaggio da base diversa da 10 alla base 10 đ?‘– Assegnata una stringa di lunghezza n che designa un numero in base đ?‘&#x;1 allora ∑đ?‘›âˆ’1 đ?‘–=0 đ?›˝đ?‘– (đ?‘&#x;1 ) = đ?›˝0 đ?‘– + ∑đ?‘›âˆ’1 đ?‘–=1 đ?›˝đ?‘– (đ?‘&#x;1 ) la sua quantificazione definisce la stringa (đ?œ?đ?‘› đ?œ?đ?‘›âˆ’1 ‌ ‌ đ?œ?đ?‘– ‌ ‌ đ?œ?0 )10

rappresentativa del passaggio di base dalla base đ?‘&#x;1. alla base 10. đ?œ?đ?‘› , đ?œ?0 costituiscono, rispettivamente, la cifra piĂš significativa e quella meno significativa.

7.1.2 Passaggio dalla base due alla base 10 đ?‘– Si applica ∑đ?‘›âˆ’1 đ?‘–=0 đ?›˝đ?‘– (đ?‘&#x;1 ) con đ?‘&#x;1 = 2.

41


Come esempio basta sviluppare (concludere‌. ) un caso giĂ impostato. (110)2 = 1*102 + 1*101 + 0*100 . Sviluppando i calcoli si ha 1*22 + 1*21 + 0*20 = 4+ 2+0 = 6 PiĂš formalmente si ha (110)2 â&#x;ˇ (6)10 In modo del tutto analogo si gestisce il passaggio dalla base 8 alla base 10 e il passaggio alla base 16 alla base 10. Ăˆ data una tabella di corrispondenza tra decimale, ottale e binario.

7.2. Passaggio da base 10 a base diversa da 10 Ci si limita, almeno per ora al caso piĂš semplice, di numeri interi assoluti. (đ?›ź)10 â&#x;ś (? )đ?‘&#x;2 La stringa Îą rappresentativa del numero (đ?›ź)10 viene divisa per đ?‘&#x;2 ripetutamente e si considerano i resti. La sequenza ordinata di detti resti (dall’ultimo ottenuto al primo) definisce la stringa che individua il numero nella nuova base.

7.2.1 Esempio. Conversione binaria del numero (đ?&#x;?đ?&#x;–)đ?&#x;?đ?&#x;Ž Îą

ratio

resto

18

9

0

4

1

2

0

2 9 2 4 2

42

â&#x;ľ bit piĂš significativo


2 2 1 2

1

0

0

1

â&#x;ľ bit meno significativo

Pertanto si ha (18)10 â&#x;ˇ (10010)2

Quando debba effettuarsi la conversione in base diversa si procederĂ comunque con dividere ripetutamente Îą per đ?‘&#x;2 e si considererĂ la sequenza dei resti ottenuti, secondo il criterio sopradetto, ottenendo la rappresentazione in base đ?‘&#x;2 ≠10.

7.2.2 Rappresentazione per difetto di un numero razionale (đ?&#x;Ž)đ?&#x;?đ?&#x;Ž < (đ??‹)đ?&#x;?đ?&#x;Ž < (đ?&#x;?)đ?&#x;?đ?&#x;Ž Un esempio chiarisce l’algoritmo che definisce detta conversione. Si voglia convertire (0.45)10 nel corrispondente numero in base 2. φ

risultato

parte intera

0.45*2

0,90

0

0,90*2

1,80

1

0,80*2

1,60

1

0,60*2

1,2

1

0,20*2

0,40

0

‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌ Giova osservare che in astratto il procedimento non ha termine. Viene quindi solitamente data una approssimazione per difetto del numero. Nel caso considerato essa è (0.45)10 â&#x;ˇ (01110)2

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8. Ulteriori osservazioni sui passaggi di base Esiste una regola pratica molto utile che consente di convertire un numero nella basi 8 e 16 rispettivamente. Se un numero è noto in base r ≠ 2, r ≠ 8, r ≠ 16 allora è sempre possibile procedere alla conversione da r alla base 2. A questo punto si ha una sequenza di zeri e di uni. Essi a partire dalla virgola, o, dal punto (che solitamente si utilizza nei paesi anglosassoni) vengono raggruppati in gruppi di 3 o di 4 cifre, a seconda che si proceda alla conversione dalla base 2 alla base 8 oppure dalla base 2 alla base 16. Ognuna di queste sottostringhe si 3 e di 4 elementi rispettivamente verrà trattata in termini di rappresentazione polinomiale e ad essa sarà associata una cifra, avendosi quindi la stringa numerica nella nuova base 8 o 16 rispettivamente.

9. Rappresentazione binaria dei numeri interi relativi Esistono due distinte modalità di rappresentazione dei numeri relativi. La prima è detta rappresentazione in modulo e segno. In pratica si distingue tra cifre di segno e cifre di valore. La prima cifra, quella più a sinistra, è detta bit di segno. Per convenzione essa vale 0 se il numero intero è negativo, e vale 1 quando il numero è negativo. I rimanenti bit (cifre) definiscono il modulo del numero. La seconda modalità è quella della complementazione a due di un numero intero. In pratica dato un numero positivo α il numero –α ha una rappresentazione binaria che corrisponde alla complementazione a 2 del numero α.

10. Rappresentazione dei numeri reali La rappresentazione dei numeri reali può avviene su 32 bit. Il più significativo designa il segno ±. Convenzionalmente i numeri negativi hanno il bit di segno eguale a 1. I numeri positivi hanno invece bit si segno eguale a 0. I successivi otto bit definiscono l’esponente e i rimanenti 23 bit definiscono la mantissa. Questa è solo una delle modalità codificate dallo Standard IEEE-754. Esiste una precisa procedura che definisce le conversioni decimale ⟶ virgola mobile e viceversa. Essa consta di 6 passaggi facilmente implementabili.

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Questa parte è necessariamente sintetica e dovrebbe essere integrata anche dalle considerazioni relative alla codifica, possibile oggetto di un prossimo APPRFONDIMENTO.

APPROFONDIMENTI 1 GLI INSIEMI E LA TOPOLOGIA

1) Gli insiemi e le operazioni su di essi Il concetto di insieme è primitivo quindi definito solo intuitivamente come una collezione di oggetti, detti elementi, che appartengono ad esso. Ăˆ comunque assegnato un criterio oggettivo che consente di affermare che l’elemento x appartiene all’insieme X (x∈X), oppure no (x∉X). Due insiemi si dicono eguali se hanno gli stessi elementi, ovvero se sono lo stesso insieme. Ai fini della eguaglianza insiemistica non rileva l’ordine degli elementi. Ad esempio A = {a, b, c} e B = {b, c, a} sono lo stesso insieme e si scrive A = B. Per ragioni logiche viene definito un particolare insieme, detto insieme vuoto, Ă˜, definito come quell’insieme che non contiene alcun elemento. Per gli insiemi numerici solitamente è data la cosiddetta proprietĂ caratteristica. Per esempio l’insieme E dei punti della retta y = 3x + 4 è formalizzato come E = {(x, y) : x ∈ R e y = 3x + 4}. Sugli insiemi sono definite particolari operazioni. La prima di esse è l’unione. L’unione di un numero discreto n di insiemi è l’insieme avente come elementi gli elementi dei dati insiemi. Se un elemento appartiene a almeno due insiemi esso si considera una sola volta. L’unione è cosĂŹ formalizzata: đ?‘ˆđ??´đ?‘– = ⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– . Dall’unione insiemistica si potrebbe pervenire all’insieme universo. Se è dato un n tale che ∄x : x∉ ⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– allora ⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– è l’insieme universo, ovvero l’insieme che contiene tutti gli elementi. Per contro se ∃! x : x ∉ ⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– allora (⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– ) ⋃ {đ?‘Ľ} è l’insieme universo. La seconda operazione insiemistica fondamentale è l’intersezione insiemistica da intendere come generante l’insieme i cui elementi sono tutti e solo gli elementi comuni agli n insiemi considerati.

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Essa è formalizzabile come segue. đ??źđ??´đ?‘– = â‹‚đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– . Si ha đ??źđ??´đ?‘– = Ă˜ se e solo se ∀x ∈ đ??´đ?‘– allora x ∉ đ??´đ?‘— ∀ j ≠i con j ≤ n. Due insiemi A e B tali che Aâ‹‚B = Ă˜ si dicono disgiunti. Dalla sintesi logica di queste due operazioni si può giungere al concetto di partizione di un insieme, e quindi anche dell’insieme universo. Per avere una partizione è necessario che đ??źđ??´đ?‘– = Ă˜ (ovvero che per ogni coppia (i, j) con i ≠j e i ≤n e j ≤n si abbia đ??´đ?‘– â‹‚ đ??´đ?‘— = Ă˜). Viene definita una ulteriore operazione insiemistica detta differenza A – B per la quale l’insieme D = A – B è costituito da tutti gli elementi di A “togliendoâ€? tutti gli elementi di A che sono anche elementi di B. Per esempio D = R - {‌‌- n, -(n-1), ‌‌. , 0, ‌‌.. (n-1), n‌..} è costituito da tutti i numeri reali non considerando gli interi relativi. PiĂš sotto sono date le operazioni insiemistiche riferite a due insiemi, utilizzando i diagrammi di Eulero-Venn. Queste rappresentazioni riguardano le operazioni tra insiemi.

Prima di concludere bisogna comunque ricordare il concetto di sottoinsieme proprio di un insieme. Un insieme non vuoto X è detto sottoinsieme proprio di Y (non vuoto) se e solo se ogni elemento di x è anche elemento di y ma esiste almeno un y di Y che non è elemento di

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X. In simboli si scrive X ⊂ Y con il significato che ∀ x : x ∈ X si ha x ∈ Y ma ∃ y : y ∈ Y : y ∉ X. Per ragioni logiche si ammette che Ă˜ ⊂ E, essendo E un qualunque insieme non vuoto. Esiste un importante teorema per il quale (A ⊂ B e B ⊂ A) â&#x;ž A = B. Dato un insieme X esiste un insieme, detto complementare, denotato con đ?‘‹ đ?‘? . Esso è costituito da tutti gli elementi dell’insieme universo che non appartengono a X. đ?‘‹ đ?‘? = {x : x ∈ U e x ∉ X}. Per definizione formale un elemento χ appartiene a X oppure a đ?‘‹ đ?‘? .

2) Distanza A piÚ riprese, nei numeri precedenti, ho considerato le distanze tra punti di R e di � 3 . La funzione metrica, si vide, gode delle seguenti proprietà : se P e Q sono punti distinti di � � si ha: 1) d(P,Q) > 0 (sarebbe d(P,Q) = 0 se P≥Q) 2) d(P, Q) = d(Q, P) 3) d(P, Q) ≤ d(P, R) + d(R, Q)

3) Intorno sferico

Un intorno sferico (circolare se in đ?‘… 2 ) centrato nel punto đ?’™đ?’? e di raggio r > 0 è formalizzato come l’insieme i cui elementi sono tutti e soli i punti dell’insieme đ?‘… đ?‘› che distano da đ?’™đ?’? meno di r unitĂ lineari. In simboli si ha đ?”?(đ?’™đ?’? , r) = {∀Q : d(đ?’™đ?&#x;Ž , đ?‘„) < đ?‘&#x;}.

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Vorrei osservare che se si opera in R si ha un caso molto particolare ben formalizzabile come ∀x : x soddisfa la condizione đ?‘Ľ0 - r < x < đ?‘Ľ0 + r â&#x;ž - r < x - đ?‘Ľ0 < + r â&#x;ž âˆŁ x - đ?‘Ľ0 âˆŁ < r. Quando si opera in đ?‘… đ?‘› con n > 1 bisogna utilizzare il teorema di Pitagora per il caso n = 2 e la forma generalizzata per il caso n > 2. In questo caso i punti x e đ?’™đ?&#x;Ž non sono scalari reali, bensĂŹ vettori. Se si opera in uno spazio ad n dimensioni si ha che x = (đ?‘Ľ1 , ‌ . . , đ?‘Ľđ?‘– , đ?‘Ľđ?‘–+1 , ‌ . . , đ?‘Ľđ?‘› ). Solitamente operiamo in uno spazio a tre dimensioni avendo đ?’™đ?&#x;Ž = (đ?‘Ľ0 , đ?‘Ś0 , đ?‘§0 ) mentre x = (x, y, z). In definitiva deve essere d(đ?’™đ?&#x;Ž , x) = √(âˆŁ đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 âˆŁ2 ) + (âˆŁ đ?‘Ś − đ?‘Ś0 âˆŁ2 ) + (âˆŁ đ?‘§ − đ?‘§0 âˆŁ2 ) < r

4) Proprietà di separazione Essa è ben evidenziata dalla figura sottostante e dalla seguente spiegazione.

Dati due punti distinti đ?‘ƒ1 đ?‘’ đ?‘ƒ2 si dimostra che esistono due intorni dei punti dati đ?”?1 (đ?‘ƒ1 , đ?‘&#x;1) e đ?”?2 (đ?‘ƒ2 , đ?‘&#x;2 ) tali che đ?”?1 (đ?‘ƒ1 , đ?‘&#x;1) â‹‚ đ?”?2 (đ?‘ƒ2 , đ?‘&#x;2 ) = Ă˜. La dimostrazione è immediata. Basta che sia đ?‘&#x;1 + đ?‘&#x;2 < đ?“ľ = d(đ?‘ƒ1 , đ?‘ƒ2 ).

5) Invarianza per traslazione e per omotetia L’invarianza per traslazione è immediata in quanto “un intorno di una qualsiasi punto đ?‘Ľ0 si ottiene (Citrini, op. cit.) semplicemente traslando l’intorno di egual raggio avente centro nell’origineâ€? đ?”?1 (đ?’™đ?&#x;Ž , đ?‘&#x;1)= đ?’™đ?&#x;Ž + đ?”?đ?‘œ (0, đ?‘&#x;1). Vale anche la seguente relazione Ď„đ?”?1 (đ?’™đ?&#x;Ž , đ?‘&#x;1)= đ?”?1 (đ?œ?đ?’™đ?&#x;Ž , đ?œ?đ?‘&#x;1) con Ď„ ∈ đ?‘… + .

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Sono ammessi intervalli asimmetrici.

6) Insieme limitato Dato un intorno dell’origine. Nel caso della retta esso è dato dalla condizione âˆŁx âˆŁ < r, ovvero – r < x < + r. Esso definisce un insieme I per il quale si ha inf I = - r e sup I = r. I non ha minimo e massimo in quanto non è costituito da punti per i quali – r ≤ x ≤ r. Un insieme E è detto limitato se E ⊆ I, ovvero se E = I oppure se E ⊂ I. La stessa riflessione può essere fatta in đ?‘… 3 dovendo risultare âˆŁâˆŁx âˆŁâˆŁ < r.

7) Punti interni di E Dato E è definito đ??¸ đ?‘? . Sia P un punto (elemento). Ammettiamo esista un intorno đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1) di raggio đ?‘&#x;1 tale che đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1) ⊆ E allora il punto P ∈ E. Esso è detto punto interno.

8) Punti esterni di E Sia P un punto (elemento). Ammettiamo esista almeno un intorno đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1) di raggio đ?‘&#x;1 tale che đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1) ⊆ đ??¸ đ?‘? allora il punto P ∈ đ??¸ đ?‘? . Pertanto P ∉ E. In questo caso P è detto punto esterno.

9) Punti di frontiera Oltre a questi due casi ne possiamo individuare uno ulteriore, ovvero il caso di un punto P tale che ogni đ?”?đ?‘˜ (P, đ?‘&#x;đ?‘˜ ) al variare di k detti intervalli contengano punti di E ed anche punti di đ??¸ đ?‘? . I punti P per i quali è verificata questa condizione sono detti punti di frontiera. Questa semplice figura ben evidenzia questi casi.

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10) Punto isolato Ăˆ dato un punto di E. P ∈ E. Ăˆ possibile considerare un intorno đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1). Ovviamente P ∈ E â‹‚ đ?”?1 (P, đ?‘&#x;1). Però è possibile considerare un đ?‘&#x;đ?‘šđ?‘–đ?‘› : E â‹‚ đ?”?đ?‘šđ?‘–đ?‘› (P, đ?‘&#x;đ?‘šđ?‘–đ?‘› ) = {P}. pertanto ogni punto P’ ≢ P : d (P, P’ ) ≤ đ?‘&#x;đ?‘šđ?‘–đ?‘› allora ogni P’∈đ??¸ đ?‘? . Il punto P è detto isolato.

11) Punto di accumulazione per E Dato un punto P per il quale in ogni intorno di esso cadono necessariamente punti di E, distinti da P, esso è detto di accumulazione.

12) Punto aderente Un punto è detto aderente ad E se in ogni intorno di P cadono elementi di E. Sono aderenti ad E i punti interni e i punti di accumulazione.

13) Definizioni insiemistiche a partire da E Dato un E non vuoto, vengono definiti i seguenti insiemi: đ??¸ đ?‘– = insieme, detto interno di E, costituito dai punti interni di E; đ??¸ đ?‘’ = insieme, detto esterno di E, costituito dai punti esterni di E; â„ąE = insieme, detto frontiera, i cui elementi sono i punti di frontiera di E; â……E = insieme derivato i cui elementi sono i punti di accumulazione per E;

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đ?›¤E = insieme i cui elementi sono quelli appartenenti a E âˆŞ â……E. Questo ultimo insieme è detto chiusura di E. Esso contiene tutti i punti aderenti. Se E = đ??¸ đ?‘– allora E è detto aperto. Se E = đ?›¤E allora E è detto chiuso. E è detto discreto se ogni e ∈ E è un punto isolato. Se E = â……E allora E è detto perfetto.

14. Qualche esercizio sulle nozioni topologiche I seguenti esercizi sono tratti tra quelli proposti da Citrini, Analisi matematica, BB. Determinare interno, frontiera, derivato e chiusura dei seguenti insiemi in R

đ?&#x;?

E = {x = 1 + đ?’? , đ?’? ∈ đ?‘ľ } Vorrei osservare che per n ⊞ 1 si ha che E = (1 , 2âŚŒ. A questo risultato si è giunti 1

osservando che lim 1 + đ?‘› = 1. Pertanto si ha che: đ?‘›â&#x;ś+∞

đ??¸ đ?‘– = (1, 2). 2 ∉ đ??¸ đ?‘– perchĂŠ è un punto di frontiera. Anche il punto 1 è di frontiera perchĂŠ 1+ ∈ E mentre 1− ∈ đ??¸ đ?‘? . La frontiera è l’insieme dei punti di frontiera. Pertanto essa è â„ąE = {1, 2}. Il punto cui corrisponde il numero 1 è di accumulazione per E in quanto ogni numero che lo approssima per eccesso, detto 1+ è elemento di E. L’insieme derivato, che contiene tutti i punti di accumulazione, è â……E = E âˆŞ {1 } = ⌋ 1, 2âŚŒ Per la chiusura đ?›¤E = E âˆŞ â……E = â……E = ( 1, 2âŚŒ âˆŞ ⌋ 1, 2âŚŒ = ⌋1, 2âŚŒ.

đ?&#x;?

đ?&#x;?

E = {x = 1 + đ?’? + đ?’Žđ?’? , đ?’Ž, đ?’? ∈ đ?‘ľ }

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Devo ritenere m ≠n. Per esempio per n = 1 deve essere n = 2. In questo caso si avrebbe x = 1 +

1 1

+ ½ = 1 + 1 + ½ = 2 + ½ = 3/2 ∈ E. Con l’operazione di passaggio

al limite si evidenzia che inf E = 1. Pertanto l’insieme dato è del tipo E = (1, 3/2âŚŒ. Pertanto E è costituito da tutti gli x reali tali che 1 < x ≤ 3/2, ovvero E = {x : 1 < x ≤ 3/2 }. Il punto 1 è di frontiera in quanto 1+ definisce un intorno destro (aperto a sinistra) di 1, che è incluso in E, mentre i punti a sinistra di 1 e lo stesso 1 non sono appartenenti ad E. Pure di frontiera è il punto x = 3/2 =max E. Quindi la frontiera di E è l’insieme â„ąE = {1, 3/2}. Il punto cui corrisponde il numero 1 è di accumulazione per E in quanto ogni numero che lo approssima per eccesso, detto 1+ è elemento di E. L’insieme derivato, che contiene tutti 3

i punti di accumulazione, è â……E = E âˆŞ {1} = ⌋1 , 2âŚŒ 3

Per la chiusura si ha đ?›¤E = E âˆŞ â……E = ( 1, 3/2âŚŒ âˆŞ ⌋1 , âŚŒ = ⌋1, 3/2âŚŒ. 2

E = (0, 3) âˆŞ (3 , 6) âˆŞ ⌋ 7, 8) Da un punto di vista insiemistico deve essere (0, 3) âˆŞ (3 , 6) = (0 , 6) pertanto posso riscrivere E nel modo seguente E = (0 , 6) âˆŞ ⌋7 , 8). La formalizzazione di E è la seguente E = {x : 0 < x < 6 or 7 ≤ x < 8}. In questo caso la ricerca dei punti di frontiera è immediata essi sono i punti cui corrispondono i numeri 0, 6, 7 e 8. Pertanto â„ąE = {0, 6, 7, 8 }. I punti 0 e 6 sono di accumulazione. Infatti esiste sicuramente un intorno destro di zero costituito da elementi di E e parimenti esiste un intorno sinistro di 6 costituito da elementi di E. Detti intorni asimmetrici sono infiniti. I punti 0 e 6 non sono elementi di E. Il punto 7 è elemento di E ed esiste un intorno asimmetrico destro che contiene elementi di E, quindi esso pure è un punto di accumulazione. Riflessione analoga può essere fatta per il punto cui corrisponde il numero 8 (che non appartiene a E). Esso è di accumulazione per E perchĂŠ esiste un intorno sinistro di 8 costituito da punti di E, distinti dal punto cui corrisponde 8. L’insieme derivato, che contiene tutti i punti di accumulazione, è â……E = E âˆŞ {0, 6, 7, 8}. Per la chiusura si ha đ?›¤E = E âˆŞ â……E = ((0 , 6) âˆŞ ⌋7 , 8))âˆŞ {0, 6, 7, 8} = ⌋0 , 6âŚŒ âˆŞ ⌋7, 8âŚŒ

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E = {x : sin(x) ≼ 0 } Detto insieme è definibile in termini di variabile x tenendo conto dell’andamento della funzione sin(.). Con riferimento alla circonferenza goniometrica la condizione sinx ≼ 0 ⇔ 0 ≤ x ≤ Ď€ . Tenendo conto della periodicitĂ (2Ď€) della funzione sin(.) si può scrivere che sinx ≼ 0 ⇔ 2kĎ€ ≤ x ≤ Ď€ + 2kĎ€ â&#x;ś 2kĎ€ ≤ x ≤ Ď€(2k + 1). Collocato in questi termini il problema conduce alla riformalizzazione di E come la unione di un numero infinito di insiemi (intervalli) chiusi ⋃đ?‘›đ?‘˜= −đ?‘› đ??´đ?‘˜ , ove đ??´đ?‘˜ = ⌋2kĎ€ , Ď€(2k + 1)âŚŒ. Ho deciso di modificare l’esercizio introducendo un insieme đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ = {x : sin(x) > 0 }, riformalizzando đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ come la unione di un numero infinito di insiemi (intervalli) aperti ⋃đ?‘›đ?‘˜= −đ?‘› đ??´đ?‘˜ , ove đ??´đ?‘˜ = (2kĎ€ , Ď€(2k + 1) ) . Al variare di k in Z si ottengono – per ogni valore di k – due punti di frontiera. La frontiera è quindi costituita da un numero infinito di punti e viene cosĂŹ formalizzata â„ąđ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ = {x : x =2kĎ€ or Ď€(2k + 1), ∀k : k ∈ Z} = ⋃đ?‘›đ?‘˜=−đ?‘›{2kĎ€, Ď€(2k + 1)}. Ma detti punti sono pure di accumulazione per đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ . Il punto x =2kĎ€ ∉ đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ ed è di accumulazione per detto insieme in quanto esistono infiniti semi intervalli destri contenti tutti e soli elementi di đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ . Riflessioni simmetriche possono essere fatte per il punto Ď€(2k + 1) per k assegnato. Esistendo infiniti semi intervalli sinistri contenenti punti di đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ . Ăˆ evidente che â……đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ = đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ âˆŞ â„ąđ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ La chiusura è đ?›¤Emod = đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ âˆŞ â……đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ = (⋃đ?‘›đ?‘˜= −đ?‘› đ??´đ?‘˜ ) âˆŞ ( đ??¸đ?‘šđ?‘œđ?‘‘ âˆŞ ( ⋃đ?‘›đ?‘˜=−đ?‘›{2kĎ€, Ď€(2k + 1)})).

Determinare interno, frontiera, derivato e chiusura dei seguenti insiemi in đ?‘šđ?&#x;? E = { (x, y) : 1 < đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? ≤ đ?&#x;’ con y > 0}. PoichĂŠ y > 0 il luogo giace nei quadranti I e II. I punti dell’asse delle x non possono essere del luogo perchĂŠ sarebbero del tipo (x, 0) ∀x. Le coppie (x,y) che verificano le condizioni si ottengono con la risoluzione del seguente sistema algebrico: 1 < đ?‘Ľ2 + đ?‘Ś2 â&#x;ś 1 - đ?‘Ś2 < đ?‘Ľ2 4 ≼ đ?‘Ľ2 + đ?‘Ś2

â&#x;ś 4 - đ?‘Ś2 ≤ đ?‘Ľ2

y>0

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L’insieme dei punti interni đ??¸ đ?‘– è costituito dai punti definiti dal seguente insieme đ??¸ đ?‘– = { (x, y) : 1 < đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 < 4 con y > 0}. I punti della frontiera â„ąE sono i punti per i quali valgono le relazioni 1 = đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 e i punti per i quali vale la relazione đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 4, ovvero l’insieme â„ąE = {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 } âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 4, đ?‘Ś > 0 } Occorre ora considerare l’insieme derivato â……E = E âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 } = { (x, y) : 1

≤ đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? ≤ đ?&#x;’ con y > 0}. Occorre ricordare che i punti (x , y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 non sono del luogo ma sono di accumulazione per esso. Per la chiusura si ha đ?›¤E = E âˆŞ â……E = E âˆŞ (E âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 } = { (x, y) : 1 ≤ đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? ≤ đ?&#x;’ con y > 0}. Infatti sarebbe, per la proprietĂ associativa, E âˆŞ (E âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 } = (E âˆŞ E) âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 } = E âˆŞ {(x,y) : đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 1, đ?‘Ś > 0 }.

đ?’š

E = { (x, y) : đ?’™ ≤ đ?&#x;? con y > 0}. đ?‘Ś

Da đ?‘Ľ ≤ 1 si ottiene y ≤ x ovvero 0 < y ≤ x . Da questo sistema stretto di diseguaglianze deve essere x > 0. Il punto (0, 0) non è del luogo. In pratica si disegna la retta y = x (bisettrice del I e del III quadrante). Quindi con considera la semiretta bisettrice del I quadrante salvo il punto (0, 0). I punti che giacciono sotto di essa sono punti di E. Anche i punti della retta (salvo (0, 0) ) sono di E. I punti della retta (salvo (0, 0) per la limitazione data) costituiscono la frontiera ma non la definiscono interamente, in quanto la semiretta x ≼ 0 ne è parte. Pertanto formalmente la frontiera di E è: â„ąE = {(x, y) : y = x , đ?‘Ś > 0, đ?‘Ľ > 0 } âˆŞ {(x, y) : y = 0, ∀đ?‘Ľ ≼ 0 }. Occorre ora definire l’insieme i cui elementi sono i punti di accumulazione: â……E = E âˆŞ {(x,y) : y = x , (y > 0) ⇒(x > 0) } âˆŞ {(0, 0)}. Occorre ora considerare la chiusura. đ?›¤E = E âˆŞ â……E = E âˆŞ (E âˆŞ {(x,y) : y = x , (y > 0) ⇒(x > 0) } âˆŞ {(0, 0)}) = (E âˆŞ E) âˆŞ {(x,y) : y = x , (y ≼ 0) ⇒(x ≼ 0) }- In pratica la chiusura è costituita dai punti di E cui viene aggiunto il semiasse positivo delle x (comprendendo lo zero).

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Nel prossimo approfondimento prenderò in considerazione i teoremi di Bolzano-Weierstrass e di Heine-Borel.

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APPROFONDIMENTI 2 EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

Nell’elaborare questa scheda ho utilizzato il testo “Moderna introduzione alle equazioni differenziali� di R. Bronson, Etas Libri. Anche gli esercizi sono tratti da quel testo, all’uopo utilizzando quelli supplementari non contenenti, quindi, la traccia risolutiva.

0. Elementi introduttivi Per equazione differenziale si intende una equazione che contiene una funzione ingonita, solitamente indicata con y, e le sue derivate. Generalmente essa dipende da una sola variabile indipendente. Il grado di un e.d.o. è il grado della derivata di ordine massimo della funzione incognita. L’ordine di una e.d.o. è il grado della derivata di ordine massimo che compare nell’equazione.

1. Forma dell’equazione differenziale ordinaria lineare ��

Una e.d.o. è detta lineare se del tipo ∑đ?‘›đ?‘–=0 đ?‘?đ?‘– (x) đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘– y(x) = g(x). Solitamente per le derivate si usano notazioni del tipo y’ , y’’ , y’’’ per indicare le derivate prima, seconda e terza, rispetto alla x.

1.2 Esempi (đ?‘Śâ€˛â€˛)2 - 3yy’ + xy = 0 In essa ordine e grado coincidono, poichĂŠ in essa è contenuta y’’ (derivata seconda della funzione incongita). Essa non è lineare. La funzione incognita è la y. l’unica variabile indipendente è la x.

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đ?‘Ľ 4 (đ?‘Ś (4) ) + xy’’’ = đ?‘’ đ?‘Ľ Rispetto alla definizione di e.d.o. lineare possiamo dire che g(x) = đ?‘’ đ?‘Ľ mentre si ha pure đ?‘?4 (đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 4 ed anche đ?‘?3 (đ?‘Ľ) = x , mentre le altre đ?‘?đ?‘– (đ?‘Ľ) ≥ 0 per i ≠3 ≠4. La data e.d.o. è lineare. Al solito l’incognita è y (e le sue derivate) mentre l’unica variabile indipendente è x.

2. Soluzioni delle e.d.o. y: dom I ⊆ R, y continua in I, è una soluzione dell’equazione differenziale data se essa soddisfa l’equazione identicamente ∀x : x ∈ dom I. Per soluzione generale si intende l’insieme di tutte le funzioni.

2.1. Esempio Verificare se đ?‘’ đ?‘Ľ è soluzione di y’’ – y = 0 PoichĂŠ đ??ˇđ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ľ = đ?‘’ đ?‘Ľ allora si ha đ?‘’ đ?‘Ľ - đ?‘’ đ?‘Ľ = 0. Quindi y = đ?‘’ đ?‘Ľ è una soluzione di y’’ – y = 0. Verifico se y = sin(x) è pure una soluzione. đ??ˇđ?‘Ľ sin(x) = cos(x) đ??ˇđ?‘Ľ cos(x) = - sin(x) Ma –sin(x) – sin(x) = 0 ovvero -2sin(x) = 0. Tale è una equazione, non una identitĂ , quindi y = sin(x) non è una soluzione per y’’ – y = 0. Verifico ora se è soluzione φ(x)≥ 0. Immediatamente perchĂŠ 0 – 0 = 0. Sia Îź(x) = ½ đ?‘Ľ 2 + 1 Ho đ??ˇđ?‘Ľ ½ đ?‘Ľ 2 + 1 = 2(1/2) x + 0 = x

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Quindi đ??ˇđ?‘Ľ x = 1 Pertanto 1 - ½ đ?‘Ľ 2 + 1 ≢ ω(x)≥ 0 L’eguaglianza a zero di 1 - ½ đ?‘Ľ 2 + 1 si avrebbe solo ed immediatamente per x = 0. Non per ogni x ∈ dom y = R

3. Condizioni iniziali e condizioni al contorno Data una equazione differenziale ordinaria spesso sono assegnate le condizioni iniziali, ovvero è noto y(o) =‌.. , ‌‌, đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’1)(o) =‌‌. . Giova osservare che se l’equazione differenziale è di grado n, ovvero contiene la derivata n-esima della y incognita, le condizioni iniziali sono riferite alla funzione e alle derivate fino a quelle di ordine (n-1). Quando dette condizioni non sono riferite a istanti diversi da đ?‘Ą0 si parla di condizioni al contorno.

3.1. Esempio Trovare đ?‘?1 e đ?‘?2 in modo che y = đ?‘?1 sin(x) + đ?‘?2 đ?‘?đ?‘œđ?‘ (x), y(0) = 1 e y’(o) = 2. PoichĂŠ sono date y(0) = 1 e y’(o) = 2 il problema è alle condizioni iniziali. Dalla prima condizione iniziale si ottiene y(0) = đ?‘?1 sin(0) + đ?‘?2 đ?‘?đ?‘œđ?‘ (0) = 1 ovvero immediatamente đ?‘?2 = 1. Data y ottendo y’(0) = đ?‘?1 đ?‘?đ?‘œđ?‘ (0) - đ?‘?2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›(0) = 2 ovvero immediatamente đ?‘?1 = 2 Quindi per le date condizioni iniziali si ha y(x) = 2sin(x) + 1đ?‘?đ?‘œđ?‘ (x) = 2sin(x) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ (x).

4. Equazioni differenziali del primo ordine separabili Essa assume la sembianza A(x)dx + B(y)dy = 0

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Integrando indefinitamente si ha âˆŤ A(x)dx + âˆŤ B(y)dy = C, essendo C una costante arbitraria, ovvero c ∈ R. La risoluzione di esse è immediata.

1° metodo. Si risolve âˆŤ A(x)dx + âˆŤ B(y)dy = C, ottenendo y(x). Quindi si impone la condizione iniziale y(đ?‘Ľ0 ) = đ?‘Ś0

đ?‘Ľ

đ?‘Ś

đ?‘œ

đ?‘œ

Si integra definitamente e si risolve âˆŤđ?‘Ľ A(x)dx + âˆŤđ?‘Ś B(y)dy = 0.

2° metodo.

4.1. Esercizi sulle e.d.o. di ordine 1 separabili xdx + ydy = 0 Usiamo âˆŤ A(x)dx + âˆŤ B(y)dy = C avendosi A(x) = x e B(y) = y. Quindi si ha âˆŤ xdx + âˆŤ y dy = C da cui si ha

đ?‘Ľ2 2

+

đ?‘Ś2 2

= C. Con passaggio algebrico si ha đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 = 2C ovvero đ?‘Ś 2 = 2C - đ?‘Ľ 2 da cui, infine, y =

Âąâˆš2C − đ?‘Ľ 2 Si pone 2C= k

1 dx đ?‘Ľ

1

- đ?‘Ś dy = 0

Usiamo âˆŤ A(x)dx + âˆŤ B(y)dy = C avendosi A(x) = 1/x e B(y) = 1/y. Ln(|x|) - Ln(|y|) = C đ?‘Ľ

Ln(| đ?‘Ś|) = C

59


|đ?‘Ľ|

đ?‘’ đ??ś = |đ?‘Ś| â&#x;š|y| đ?‘’ đ??ś = |x| Ma đ?‘’ đ??ś > 0 per ogni C reale. Questo consente di eliminare il simbolo di valore assoluto avendo che y = x/ đ?‘’ đ??ś k = đ?‘’ −đ??ś

1 đ?‘Ľ

dx + dy = 0

Usiamo âˆŤ A(x)dx + âˆŤ B(y)dy = C avendosi A(x) = 1/x e B(y) = 1. Quindi si ha âˆŤ(1/x)dx + âˆŤ 1 dy = C da cui si ha ln|x| + y = c ovvero y = c - ln|x|

1

xdx + đ?‘Ś dy = 0 Da xdx +

1 đ?‘Ś

dy = 0 ottengo xdx = -

1 đ?‘Ś

đ?‘Ľ

Applicando il corollario di Torricelli si ha

đ?‘Ľ2 2

= - Ln(y) â&#x;š đ?‘Ľ 2 = - 2 ln(y) â&#x;š ln(y) = -

5. Equazioni differenziali di primo ordine omogeneo đ?‘‘đ?‘Ś

La formula generale di esse è đ?‘‘đ?‘Ľ = f(x, y) Si ha f(x,y) = f(tx, ty) Si pone y = xv quindi si deriva rispetto alla x avendo

60

đ?‘Ś1 đ?œ‘

dy. Integrando definitivamente si ha âˆŤ0 đ?œ?dĎ„ = - âˆŤđ?‘œ

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ł đ?‘‘đ?‘Ľ

=v+x

đ?‘Ľ2 2

dφ. �2

da cui y = đ?‘’ − 2 .


5.1 Esempi di equazioni omogenee y’ =

đ?‘Śâˆ’đ?‘Ľ đ?‘Ľ

Detta stenografia rappresenta una equazione omogenea. Infatti al I membro si ha una derivata prima y’ = dy/dx, mentre al secondo membro si ha una f(x,y) tale che f(x, y) = f(tx, ty). Ciò lo si prova agevolmente per sostituzione y →ty e x → tx. Infatti cosĂŹ facendo si ha f(tx, ty) =

đ?‘Śâˆ’đ?‘Ľ đ?‘Ľ

=

đ?‘Ąđ?‘Śâˆ’đ?‘Ąđ?‘Ľ đ?‘Ąđ?‘Ľ

=

đ?‘Ą(đ?‘Śâˆ’đ?‘Ľ) đ?‘Ąđ?‘Ľ

=

đ?‘Śâˆ’đ?‘Ľ đ?‘Ľ

= f(x,y).

Occorre ora risolverla. Conviene partire dallo sviluppo dell’equazione differenziale dopo aver usato il t. di Leibnitz. �� ��

đ?‘‘đ?‘Ł đ?‘‘đ?‘Ľ

=v+x

ovvero

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

= +x

đ?‘‘đ?‘Ł

đ?‘Śâˆ’

Occorre sviluppare đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘Ś

đ?‘‘đ?‘Ł

đ?‘Ś

đ?‘Ś

= đ?‘Ľ + xđ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘Ľ + x(đ?‘Ľ 2 −

đ?‘Ś đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ł đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2 đ?‘Ľ

1 đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ

=

đ?‘Ś đ?‘Ľ2

−

đ?‘‘đ?‘Ś

1 đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘Ś

ma sostituendo nella precedente ottengo

đ?‘Ś

) â&#x;š đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘Ľ + đ?‘Ľ −

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘‘đ?‘Ś

đ?‘Ś

1

1

â&#x;š đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘Ľ â&#x;š âˆŤ đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ś = âˆŤ đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ.

Si è ottenuta una equazione nella quale sono state sparate le variabili.

Tra gli esercizi proposti vi era questo y’ =

2đ?‘Ľ+ đ?‘Ś 2 . đ?‘Ľđ?‘Ś

La stringata soluzione dice che essa non è omogenea, vediamo perchÊ.

Deve essere f(x,y) = f(tx, ty) ∀t ≠0. Effettuo le sostituzioni x → tx e y → ty.

Ho che f(tx, ty) =

2(đ?‘Ľđ?‘Ą)+ (đ?‘Ąđ?‘Ś)2 (đ?‘Ąđ?‘Ľ)(đ?‘Ąđ?‘Ś)

=

2đ?‘Ľ+đ?‘Ąđ?‘Ś 2 đ?‘Ąđ?‘Ľđ?‘Ś

â‰

2đ?‘Ľ+đ?‘Ś 2 đ?‘Ľđ?‘Ś

= đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś). Non si ha una condizione identicamente

eguale, ma eguale solo per t = 1. Non si tratta, quindi, di una equazione omogenea.

61


6. Equazioni differenziali di primo ordine esatte Assegnata M(x,y)dx + N(x,y)dy = 0 si dice che essa è esatta se e solo se esiste una funzione g(x, y) = M(x,y)dx + N(x,y)dy. đ?œ•

đ?œ•

Deve risultare đ?œ•đ?‘Ś M(x,y) = đ?œ•đ?‘Ľ N(x). Se tale eguaglianza è verificata allora l’equazione differenziale è esatta. Nel procedimento risolutivo si suppone che l’equazione data sia esatta. đ?œ•

đ?œ•

Deve risultare đ?œ•đ?‘Ś g(x,y) = M(x, y) e pure đ?œ•đ?‘Ľ g(x,y) = N(x, y) La soluzione si ottiene implicitamente g(x,y) = c. In generale l’equazione differenziale M(x,y)dx + N(x,y)dy = 0 Un fattore integrante è una funzione I(x, y) se (I(x,y))(M(x,y)dx + N(x,y)dy) = 0 risulta esatta.

7. Equazione differenziale di primo ordine lineare Essa è della forma y’ +p(x)y = q(x) Un fattore integrante per essa è I = đ?‘’ âˆŤ đ?‘?(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ Il fattore integrante non dipende da y. La risoluzione prevede di moltiplicare l’equazione per il fattore integrante.

7.1 Esempio di risoluzione di un problema di Cauchy con una e.d.o. di primo ordine y’ + 6xy = 0

y(Ď€) = 5

Essa è della forma y’ +p(x)y = q(x) con p(x) = 6x e q(x) ≥ 0.

62


Un fattore integrante per essa è I = đ?’†âˆŤ đ?&#x;”đ?’™ đ?’…đ?’™ đ?’™đ?&#x;? đ?&#x;?

Occorre risolvere âˆŤ đ?&#x;”đ?’™ đ?’…đ?’™ = 6

+ k = 3đ?’™đ?&#x;? + k đ?&#x;?

Pertanto il fattore integrale è: I = đ?’†âˆŤ đ?’‘(đ?’™)đ?’…đ?’™ = đ?’†đ?&#x;‘đ?’™ đ?&#x;?

đ?’†đ?&#x;‘đ?’™ (y’ + 6xy) = 0 Ad un certo punto della risoluzione si addiviene ad una stenografia che riproduce il risultato del teorema di von Liebnitz della derivata del prodotto di due funzioni. Le funzioni in argomento sono y đ?&#x;?

e đ?’†đ?&#x;‘đ?’™ . Pertanto il membro è riscrivibile con l’operatore derivata come ha âˆŤ

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

2

2

(yđ?‘’ 3đ?‘Ľ ) = 0 â&#x;š yđ?‘’ 3đ?‘Ľ = k â&#x;š y =

2

(yđ?‘’ 3đ?‘Ľ ) = 0. Integrando si

đ?‘˜ 2

đ?‘’ 3đ?‘Ľ

2

2

Determino y’ = k (-6x)đ?‘’ −3đ?‘Ľ dovendo risultare k (-6x)đ?‘’ −3đ?‘Ľ + 6x

đ?‘˜ 2

đ?‘’ 3đ?‘Ľ

k= 5 đ?‘’ 3đ?œ‹

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

=0

2

2

2

2

Ponendo k = 5 đ?‘’ 3đ?œ‹ posso scrivere che y = 5 đ?‘’ 3đ?œ‹ / đ?‘’ 3đ?‘Ľ = 5(

2

đ?‘’ 3đ?œ‹

2 đ?‘’ 3đ?‘Ľ

) =5đ?‘’ 3(đ?œ‹

2 − đ?‘Ľ 2)

8. Applicazioni di equazioni differenziali di primo ordine

8.1

Raffreddamento dei corpi

Sia T la temperatura del corpo e đ?‘‡đ?‘š la temperatura del mezzo circostante. La modellizzazione è data dall’equazione differenziale

�� ��

+ kT = k�� con T > �� .

63


8.2

Crescita e decrescita

Sia N = N(t) si ammette che

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ą

= kN, ovvero che il tasso di variazione di N(t), in aumento o in

diminuzione, sia proporzionale a N, o meglio a đ?‘ 0 . N(t) deve essere derivabile e quindi continua nel tempo.

8.3 Caduta dei gravi con resistenza dell’aria Si ammette che la resistenza dell’aria alla caduta di un grave sia proporzionale a v (velocitĂ ). Pertanto la forza di gravitĂ che agisce dall’alto verso il basso è diminuita di una quantitĂ kv che agisce dal basso verso l’alto. Le due forze agiscono nella stessa direzione ma con versi opposti. I due vettori formano un angolo di Ď€ rad. La costante k è di proporzionalitĂ e obbedisce alle condizioni di coerenza dimensionale. Pertanto k è misurata in đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž /đ?‘ đ?‘’đ?‘?. PoichĂŠ si agisce lungo una direzione è possibile considerare la questione in termini puramente scalari đ?‘‘đ?‘Ł

ponendo mg – kv = m��

8.3.1 Esempio di moto con resistenza Un corpo di massa 1 Kg cade con velocitĂ iniziale 1 m/sec e incontra una forza dovuta alla resistenza dell’aria di – 8đ?‘Ł 2 . Si trovi la velocitĂ in qualsiasi istante. In questo caso la resistenza dell’aria è proporzionale non a v ma al suo quadrato. Pertanto il modello đ?‘‘đ?‘Ł

đ?‘‘đ?‘Ł

đ?‘˜

đ?‘˜

di base diviene mg – kđ?‘Ł 2 = m đ?‘‘đ?‘Ą ovvero đ?‘‘đ?‘Ą = g – đ?‘š đ?‘Ł 2 ovvero v’ + đ?‘š đ?‘Ł 2 = g đ?‘˜

Si rientra nel caso di una e.d.o. del primo ordine lineare, nella quale p(x)=đ?‘š e q(x) = g. Esse quindi sono due costanti.

64


đ?‘˜

đ??ž

đ?‘˜đ?‘Ľ

Il fattore integrante è I(x, y) = đ?‘’ âˆŤ đ?‘?(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘’ âˆŤđ?‘šđ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘’ đ?‘š âˆŤ đ?‘‘đ?‘Ľ = (đ?‘’) đ?‘š

Moltiplicando l’equazione assegnata per il fattore integrante si ha: đ?‘˜đ?‘Ľ

đ?‘˜

đ?‘˜đ?‘Ľ

(�) � (v’ + � � 2) = g(�) �

9. Teorema di unicitĂ La forma generale dell’e.d.o. è del tipo ∑đ?‘›đ?‘–=0 đ?‘?đ?‘– (x)đ?‘Ś (đ?‘–) = g(x), ove g(x) e đ?‘?đ?‘– (x) dipendono soltanto dalla x e non da y o da sue derivate. Siano date le n condizioni iniziali. Se g(x) e đ?‘?đ?‘– (x) sono continue in un intervallo I con đ?‘?đ?‘› (x) ≠0 in I allora il problema di Cauchy ha una sola soluzione. Occorre ora introdurre l’operatore differenziale lineare definito come segue: L(y) ≥ đ?‘Ś (đ?‘›) + đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 (đ?‘Ľ)đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’1) + đ?‘Žđ?‘›âˆ’2 (đ?‘Ľ)đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’2) + ‌‌. + đ?‘Žđ?‘›âˆ’2 (đ?‘Ľ)y =Ďˆ(x)

L è un operatore lineare. Vale il principio di sovrapposizione degli effetti.

10. Funzioni linearmente dipendenti e funzioni linearmente indipendenti Un insieme di n funzioni, đ?‘“đ?‘– (x) è linearmente dipendenti se esistono degli scalari non tutti nulli, đ?‘?đ?‘– , tali che ∑ đ?‘“đ?‘– (x) = 0.

L’indipendenza lineare presuppone sia đ?‘?đ?‘– = 0 per ogni i.

65


11. Spazio delle soluzioni L’equazione differenenziale L(y) = 0 ha sempre n soluzioni linearmente indipendenti. La verifica della i.l. delle funzioni è data dal determinante di Wronsky diverso da zero nel dato intervallo.

11.1 Dipendenza lineare di funzioni Si chiede di verificare se le seguenti funzioni sono linearmente indipendenti in (-∞, +∞)

a)

âŚƒđ?’†đ?&#x;?đ?’™ , đ?’†âˆ’đ?&#x;?đ?’™ ⌄ Verifico se esistono due scalari đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘?2 tali che đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ + đ?‘’ −2đ?‘Ľ đ?‘?2 = 0 â&#x;š đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ = − đ?‘’ −2đ?‘Ľ đ?‘?2 Posso đ?‘?

dividere tutto per đ?‘’ −2đ?‘Ľ đ?‘?2 avendo che đ?‘?1 đ?‘’ 4đ?‘Ľ = - 1 . Questa relazione non può essere vera per ∀x : x ∈ 2

(-∞, +∞). Gli unici valori che verificano la condizione ∀x sono đ?‘?1 = đ?‘?2 = 0. đ?‘?

Messa nella forma đ?‘?1 đ?‘’ 4đ?‘Ľ = - 1 deve essere đ?‘?2 ≠0. Anche nel caso fosse đ?‘?2 = 0 allora sarebbe đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ = 2

0 mai verificata al variare di x, quando đ?‘?1 = 0. Quindi âŚƒđ?‘’ 2đ?‘Ľ , đ?‘’ −2đ?‘Ľ ⌄ è un insieme di funzioni linearmente indipendenti.

âŚƒđ?’†đ??‹đ?&#x;?đ?’™ , đ?’†đ??‹đ?&#x;?đ?’™ ⌄ con đ??‹đ?&#x;? ≠đ??‹đ?&#x;? Occorre verificare se esistono due scalari h e k tali che sia hđ?‘’ đ?œ‘1 đ?‘Ľ + đ?‘˜ đ?‘’ đ?œ‘2 đ?‘Ľ = 0 per ogni x reale. hđ?‘’ đ?œ‘1 đ?‘Ľ + đ?‘˜ đ?‘’ đ?œ‘2 đ?‘Ľ = 0 â&#x;š hđ?‘’ đ?œ‘1 đ?‘Ľ = − đ?‘˜ đ?‘’ đ?œ‘2 đ?‘Ľ . Dividendo ambo i membri per đ?‘˜ đ?‘’ đ?œ‘2 đ?‘Ľ si ha

â„Ž đ?‘˜

đ?‘’ đ?‘Ľ(đ?œ‘1−đ?œ‘2 ) = - 1. La

variabile al primo membro non è identicamente eguale a – 1 al variare di x nei reali. Per come ho impostato devo porre k ≠0. Nel caso fosse k = 0 si ragiona similmente al caso precedente. In ogni

66


caso l’eguaglianza – valida per ogni x – si ha per h = k = 0 e solo in questo caso, quindi âŚƒđ?’†đ??‹đ?&#x;?đ?’™ , đ?’†đ??‹đ?&#x;?đ?’™ ⌄ con đ??‹đ?&#x;? ≠đ??‹đ?&#x;? definisce un insieme di funzioni linearmente indipendenti.

âŚƒđ?’™, đ?&#x;?, đ?&#x;?đ?’™ − đ?&#x;•âŚ„ Occorre verificare se esistono tre scalari a, b e c tali che ax + b*1 + c(2x-7) = 0. Ovvero se ax + b + 2cx – 7c = 0 â&#x;š x(a+2c) = 7c – b â&#x;š x =

7đ?‘?−đ?‘? đ?‘Ž+2đ?‘?

Quella considerata è una equazione

di primo grado in x. Essa ha soluzione quando a + 2c ≠0. Essa non è una identitĂ , quindi non è 7đ?‘?−đ?‘?

verificata per ogni x ≠đ?‘Ž+2đ?‘?. Da queste osservazioni sfugge il caso a = - 2c. In questo caso posso scrivere – 2cx + b + 2cx – 7 = 0 â&#x;š b = 7. Ma occorre verificare se (-2Îą, 7, Îą), al variare di Îą in R/âŚƒ0⌄ definiscono il problema. Il caso Îą = 0 non è ammissibile, in quanto 7≠0. In generale si ha -2xÎą + 7 + Îą(2x-7) = 0 â&#x;š 2xÎą + 7 + Îą2x-Îą7 = 0 â&#x;š 7 = Îą7. Essa è vera per Îą = 1 = c. Quindi a = - 2c = -2. âŚƒđ?’™ + đ?&#x;?, đ?’™ − đ?&#x;?⌄ Occorre verificare se esistono due reali a e b tali che, al variare di x in R, sia a(x+1) + b(x-1) = 0 ax + a + bx – b = 0 x(a + b) = b – a đ?‘?−đ?‘Ž

x = đ?‘Ž+đ?‘? a≠- b Sia il caso a = - b da cui a(x+1) – a(x – 1) = 0 â&#x;š ax + a – ax + a = 0 â&#x;š 2a = 0 (inammissibile quando a ≠0).

67


Quando a = b = 0 l’identità è verificata per la legge di annullamento del prodotto.

2)

Determinazione del determinante di Wronsky

Date le funzioni đ?‘’ đ?‘Ľ , đ?‘’ −đ?‘Ľ , đ?‘’ 2đ?‘Ľ

đ?‘’đ?‘Ľ

W=

đ?‘‘ đ?‘Ľ đ?‘’ â‹Ž đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘‘2 đ?‘Ľ ( đ?‘‘đ?‘Ľ 2 đ?‘’

đ?‘’ −đ?‘Ľ

đ?‘‘ −đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘‘ 2 −đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

đ?‘’ 2đ?‘Ľ

đ?‘‘ 2đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘‘ 2 2đ?‘Ľ đ?‘’ ) đ?‘‘đ?‘Ľ 2

đ?‘’đ?‘Ľ = (đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘Ľ

đ?‘’ −đ?‘Ľ đ?‘’ 2đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘Ľ −đ?‘Ľ 2đ?‘Ľ ) = ( đ?‘Ľ −đ?‘’ 2đ?‘’ đ?‘’ −(−đ?‘’ −đ?‘Ľ ) 4đ?‘’ 2đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘Ľ

đ?‘’ −đ?‘Ľ −đ?‘’ −đ?‘Ľ đ?‘’ −đ?‘Ľ

đ?‘’ 2đ?‘Ľ 2đ?‘’ 2đ?‘Ľ ) = đ?‘Ľ 2 in generale 4đ?‘’ 2đ?‘Ľ

diverso da zero. Quindi esse sono linearmente indipendenti.

Al risultato si perviene considerando, ad esempio, la prima riga i cui elementi vengono moltiplicati per i rispettivi cofattori, secondo la relazione det(W) = ∑ đ?‘Ž1đ?‘— đ??´1,đ?‘— = ∑ đ?‘Ž1đ?‘— (−1)1+đ?‘— đ?‘€1,đ?‘— con j = 1, 2, 3.

11.2 Soluzioni delle e.d.o. In generale data una e.d.o. del tipo đ?‘Ś (đ?‘›) + đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’1) + ‌.. y = Ďˆ(x) se sono note le soluzioni di đ?‘Ś (đ?‘›) + đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’1) + ‌.. y = 0 si verifica se quelle date sono linearmente indipendenti, tramite il determinante W, quindi la combinazione lineare di esse si somma alla soluzione di đ?‘Ś (đ?‘›) + đ?‘Ś (đ?‘›âˆ’1) + ‌.. y = Ďˆ(x).

Due esempi chiariranno la questione.

68


Trovare la soluzione generale di y’’ + y = đ?‘Ľ 2 se una soluzione di essa è y= đ?‘Ľ 2 – 2, sapendo che due soluzioni della e.d.o. omogenea associata y’’ + y = 0 sono y = sin(x) e y = cos(x).

Occorre preliminarmente verificare se le due soluzioni della e.d.o. omogenea sono linearmente indipendenti.

sin(đ?‘Ľ) cos(đ?‘Ľ) đ?‘Š=( ) = [sin(đ?‘Ľ)]2 - [cos(đ?‘Ľ)]2 = đ?‘ đ?‘–đ?‘›2(x) - đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2 (x) cos(đ?‘Ľ) −sin(đ?‘Ľ)

Le due funzioni sono linearmente indipendenti quindi la soluzione generale della e.d.o. è la somma della combinazione lineare delle soluzioni linearmente indipendenti dell’e.d.o. omogenea e una soluzione dell’e.d.o.

Quindi y(x) = ksin(x) + hcos(x) + (� 2 – 2)

Nel caso dell’e.d.o. y’’ - y = đ?‘Ľ 2 se una soluzione di essa è y= - đ?‘Ľ 2 – 2, sapendo che due soluzioni della e.d.o. omogenea associata y’’ - y = 0 sono y = đ?‘’ đ?‘Ľ e y =3đ?‘’ đ?‘Ľ .

Occorre preliminarmente verificare se le due soluzioni della e.d.o. omogenea sono linearmente indipendenti. đ?‘’đ?‘Ľ đ?‘Š=( đ?‘Ľ đ?‘’

3đ?‘’ đ?‘Ľ ) = 3đ?‘’ 2đ?‘Ľ - 3đ?‘’ 2đ?‘Ľ = 0 3đ?‘’ đ?‘Ľ

69


Le soluzioni sono linearmente dipendenti, quindi non si può procedere per questa via.

12. E.d.o. omogenee lineari del II ordine con coefficienti costanti All’equazione differenziale ordinaria y’’ + đ?‘Ž1 y’ + đ?‘Ž2 đ?‘Ś = 0 corrisponde l’equazione algebrica đ?œ†2 + đ?‘Ž1 đ?œ† + đ?‘Ž2 = (Îť - đ?œ†1 )(Îť - đ?œ†2 ) = 0.

In buona sostanza si tratta di risolvere l’equazione di secondo grado in Ν.

Dalla teoria delle equazioni di II grado è noto che possono aversi tre casi.

Δ = (đ?‘Ž1 )2 - 4đ?‘Ž2 > 0 â&#x;š đ?œ†1 đ?‘’ đ?œ† 2 sono due numeri reali e distinti;

Δ = (đ?‘Ž1 )2 - 4đ?‘Ž2 = 0 â&#x;š đ?œ†1 = đ?œ† 2 reali;

Δ = (đ?‘Ž1 )2 - 4đ?‘Ž2 < 0 â&#x;š đ?œ†1 đ?‘’ đ?œ† 2 sono due numeri complessi e coniugati. Nel caso đ?œ†1 đ?‘’ đ?œ† 2 siano due numeri reali e distinti la soluzione generale è y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2 đ?‘Ľ . Nel caso đ?œ†1 = đ?œ† 2 reali la soluzione generale è y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘Ľđ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ . Nel caso sia đ?œ†1 đ?‘’ đ?œ† 2 siano due numeri complessi e coniugati si ha y(t) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ cos(đ?‘?đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ sin(bx). Allo stesso modo si procede per le equazioni di grado superiore al II. Gli esempi chiariranno.

70


12.1. Esempi di equazioni differenziali omogenee di ordine n a coefficienti costanti a)

y’’ – y = 0

La corrispondente equazione caratteristica è đ?œ†2 – 1 = 0, ovvero Îť = Âą 1, quindi la soluzione è del tipo y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2 đ?‘Ľ = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ . b)

y’’ – y’ – 30y = 0

La corrispondente equazione caratteristica è đ?œ†2 – Îť - 30 = 0 da cui đ?œ†1,2 = =

1Âą √121 2

=

1Âą11 2

da cui đ?œ†1 =

12 2

= 6 ed anche đ?œ†2 = -

10 2

−(−1)Âąâˆš(−1)2 −4(1)(−30) 2(1)

= - 5.

Pertanto la soluzione è del tipo y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2 đ?‘Ľ = đ?‘?1 đ?‘’ 6đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −5đ?‘Ľ .

c)

y’’ – 2y’ + y = 0

La corrispondente equazione caratteristica è đ?œ†2 – 2Îť + 1 = 0 da cui đ?œ†1,2 = =

2Âą √4−4 2

=

2Âą √0 2

−(−2)Âąâˆš(−2)2 −4(1)(1) 2(1)

= 1.

Si ha una soluzione di molteplicitĂ algebrica 2. La soluzione generale è y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘Ľđ?‘’ đ?‘Ľ .

d)

y’’ + y = 0

La corrispondente equazione caratteristica è đ?œ†2 + 1 = 0 da cui đ?œ†2 = - 1 da cui Îť = Âąâˆšâˆ’1 = Âą đ?‘– = Âą(0 + đ?‘–)

71


In questo caso la formula risolutiva, come è noto, è y(t) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ cos(đ?‘?đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ sin(bx) = đ?‘?1 đ?‘’ 0đ?‘Ľ cos((1)(đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘’ 0đ?‘Ľ sin((1)x) = đ?‘?1 đ?‘’ 0 cos(đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘Ľđ?‘’ 0 sin(x) = đ?‘?1 cos(đ?‘Ľ) + đ?‘?2 sin(x)

Per le equazioni di ordine n > 2 è possibile scomporre il polinomio in Îť. Quando non possibile si devono usare metodi numerici. Mi limito al primo caso, con un esempio. đ?’š(đ?&#x;’) - y = 0

e)

4

L’equazione caratteristica è đ?œ†4 - 1 = 0 ovvero đ?œ†4 = 1 â&#x;š Îť = Âą √1. φ

đ?‘›

Occorre quindi determinare le radici quarte dell’unitĂ . La formula generale √đ?‘§ = âˆšĎ (cos( đ?‘› +

2đ?‘˜đ?œ‹ đ?‘›

φ

) + i sin( đ?‘› + 0

= √1 (cos(4 +

2đ?‘˜đ?œ‹ 4

2đ?‘˜đ?œ‹ ) đ?‘›

4

è adattabile al caso concreto n = 4 con φ = 0 e Ď = 0 avendosi che √1 0

) + i sin(4 +

2đ?‘˜đ?œ‹ ). 4

4

0

2∗0đ?œ‹ 4

) + i sin(4 +

4

0

2∗1đ?œ‹ 4

) + i sin(4 +

Per k = 0 si ha √1 = √1 (cos(4 + Per k = 1 si ha √1 = √1 (cos(4 +

0

0

2∗0đ?œ‹ )= 4

1(cos(0) + isin(0) = 1(1+0) )= 1.

2∗1đ?œ‹ )= 4

đ?œ‹

đ?œ‹

1(cos( 2 ) + đ?‘– sin( 2 ))= 1(0 + i(1)) = 1(0 +

i) = i. 0

4

Per il caso k = 2 si ha √1 = √1 (cos(4 +

2∗2đ?œ‹ 4

0

) + i sin(4 +

2∗2đ?œ‹ ) 4

) = 1(cos(Ď€) + isin(Ď€)) = 1((-1)

+i*0) = - 1. 0

4

Infine si considera il caso k = 3 avendo √1 = √1 (cos(4 + 2∗3đ?œ‹ 4

0 4

) + i sin( +

2∗3đ?œ‹ ) 4

)= 1((cos(

3đ?œ‹ 2

) + i sin(

3đ?œ‹ ) 2

2∗3đ?œ‹ 4

0

) + i sin(4 +

2∗3đ?œ‹ ) 4

0

)= 1((cos(4 +

)=-i

Pertanto la soluzione è del tipo y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2 đ?‘Ľ + đ?‘?3 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ cos(đ?‘?đ?‘Ľ) + đ?‘?4 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ sin(bx) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ?‘?1 đ?‘’ 0∗đ?‘Ľ cos((1)đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘’ 0∗đ?‘Ľ sin((1)x)= đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ?‘?3 đ?‘’ 0 cos(đ?‘Ľ) + đ?‘?4 đ?‘’ 0 sin(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ + đ?‘?3 cos(đ?‘Ľ) + đ?‘?4 sin(x)

72


13. Metodo dei coefficienti indeterminati Si tratta di risolvere l’equazione differenziale L(y) = φ(x). Si considerano quattro distinti casi. Partiamo dal primo, per il quale φ(x) = đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ), ovvero un polinomio di grado n nell’indeterminata x.

La soluzione di detta equazione è una funzione polinomiale đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ??´đ?‘› đ?‘Ľ đ?‘› + đ??´đ?‘›âˆ’1 đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 + ‌‌. + đ??´0 . Le varie đ??´đ?‘– sono da determinare. Nel secondo caso si ha φ(x) =đ?‘’ đ?›źđ?‘Ľ đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ). In questo caso la soluzione la soluzione è đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ (đ??´đ?‘› đ?‘Ľ đ?‘› + đ??´đ?‘›âˆ’1 đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 + ‌‌. + đ??´0 ). Le varie đ??´đ?‘– sono da determinare. Nel terzo caso si ha φ(x) =đ?‘’ đ?›źđ?‘Ľ đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ) sin(đ?›˝đ?‘Ľ). La soluzione è đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ (đ??´đ?‘› đ?‘Ľ đ?‘› + đ??´đ?‘›âˆ’1 đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 + ‌‌. + đ??´0 ) sin(đ?›˝đ?‘Ľ) + đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ (đ??ľđ?‘› đ?‘Ľ đ?‘› + đ??ľđ?‘›âˆ’1 đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 + ‌‌. + đ??ľ0 ) đ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?›˝đ?‘Ľ).

Analogamente al caso appena indicato si gestisce il caso in cui sia φ(x) =đ?‘’ đ?›źđ?‘Ľ đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ) cos(đ?›˝đ?‘Ľ).

Se uno dei termini della soluzione ipotizzata è anche termine della omogenea (a meno di un fattore moltiplicativo) allora la soluzione ipotizzata va moltiplicata per đ?‘Ľ đ?‘š essendo m il piĂš piccolo intero positivo non abbia alcun termine in comune con đ?‘Śâ„Ž , ove tale formalismo indica la soluzione dell’omogenea associata.

73


Questo metodo a volte può risultare difficile e si preferisce utilizzare il metodo di variazione dei parametri.

13.1 Esempio di applicazione del metodo dei coefficienti determinati Sia da risolvere y’’ – 2y’ + y = đ?‘Ľ 2 -1 In questo caso rientriamo nel caso 1), ove φ(x) = đ?‘Ľ 2 -1. Alla e.d.o. considerata è associata una e.d.o. omogenea. Essa è la seguente: y’’ – 2y’ + y = 0 Considero il corrispondente polinomio in Îť detto caratteristico eguagliato a zero (equazione caratteristica). Essa è đ?œ†2 -2Îť + 1 = 0

Gli zeri di essa sono đ?œ†1,2 =

−(−2)Âąâˆš(−2)2 −4(1)(1) 2∗1

=

2Âąâˆš4−4 2

=

2 2

=1

A tale conclusione di poteva arrivare piĂš celermente ricordando che (đ?œ† − 1)2 = đ?œ†2 -2Îť + 1. Ăˆ opportuno ora determinare la soluzione generale dell’omogenea che è đ?‘Śâ„Ž (đ?‘Ľ) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘Ľđ?‘’ đ?‘Ľ Occorre ora passare all’e.d.o. non omogenea. Siamo nel caso che sia φ(x) = đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ), ovvero un polinomio di grado n nell’indeterminata x. La soluzione di detta equazione è una funzione polinomiale đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ??´đ?‘› đ?‘Ľ đ?‘› + đ??´đ?‘›âˆ’1 đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 + ‌‌. + đ??´0 . Le varie đ??´đ?‘– sono da determinare. đ?‘Śâ„Ž (đ?‘Ľ) non ha termini in comune con φ(x). PoichĂŠ φ(x) = đ?‘?đ?‘› (đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 2 -1 allora la soluzione di detta equazione è una funzione polinomiale đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ 1 + đ??´0 .

74


Detta funzione può essere sostituita nell’e.d.o. data avendosi y’’ – 2y’ + y = đ?‘Ľ 2 -1 In pratica si ha (đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ1 + đ??´0 )’’ - 2(đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ1 + đ??´0 )′ + (đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ 1 + đ??´0 ) = đ?‘Ľ 2 -1 2đ??´2 - 4đ??´2 đ?‘Ľ + đ??´1 + đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ 1 + đ??´0 = đ?‘Ľ 2 -1 Si evince immediatamente che deve essere (principio di identitĂ dei polinomi) che đ??´2 = 1 đ??´1 + đ??´0 = - 1 -4đ??´2 + đ??´1 = 0 â&#x;š -4(1) = - đ??´1 â&#x;š đ??´1 = 4 Ma đ??´1 + đ??´0 = - 1 â&#x;š đ??´0 = - 5 Quindi si ha đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ??´2 đ?‘Ľ 2 + đ??´1 đ?‘Ľ 1 + đ??´0 = đ?‘Ľ 2 + 4đ?‘Ľ 1 − 5 A questo punto bisogna unificare la soluzione avendosi che y(x) = đ?‘Śâ„Ž (đ?‘Ľ) + đ?‘Śđ?‘? (đ?‘Ľ) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘Ľđ?‘’ đ?‘Ľ + đ?‘Ľ 2 + 4đ?‘Ľ 1 − 5.

14. Esempio di risoluzione di un problema ai valori iniziali Si può considerare questo semplice problema di Cauchy alle condizioni iniziali y’’ – y’ – 2y = 0 y(0) = 2 y’(0) = 1

I passaggi sono i seguenti. 1) risoluzione dell’e.d.o. omogenea.

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đ?œ†2 – Îť – 2 = 0

đ?œ†1,2 =

−(−1)Âąâˆš(−1)2 −4(1)(−2) 2(1)

=

+1 Âąâˆš1+8 2

=

1Âą3 2

ovvero đ?œ†1 = 4/2 = 2 e đ?œ†2 = -2/2 = - 1

La soluzione dell’omogenea è y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2 đ?‘Ľ = đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ . 2) gestione delle condizioni iniziali y(0) = 2 â&#x;š y(0) = đ?‘?1 đ?‘’ 2∗0 + đ?‘?2 đ?‘’ −0 = đ?‘?1 + đ?‘?2 = 2 Per la seconda condizione iniziale è bene ricavare la derivata prima della soluzione, avendosi y’(x) = 2 đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ +(-1) đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ = 2 đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ - đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ Da ciò si ricava y’(0) = 2 đ?‘?1 đ?‘’ 2∗0 - đ?‘?2 đ?‘’ −0 = 2 đ?‘?1 - đ?‘?2 = 1. I valori delle costanti si ottengono con la risoluzione del seguente sistema đ?‘?1 + đ?‘?2 = 2 2 đ?‘?1 - đ?‘?2 = 1 Sommando membro a membro ottengo 3đ?‘?1 = 3 â&#x;š đ?‘?1 = 1 Immediatamente si ottiene đ?‘?2 = 2 - đ?‘?1 = 2 – 1 = 1 3) definizione della soluzione Da quanto ricavato si ha che y(x) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?œ†1 đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ đ?œ†2đ?‘Ľ = đ?‘?1 đ?‘’ 2đ?‘Ľ + đ?‘?2 đ?‘’ −đ?‘Ľ . Tento conto che đ?‘?1 = đ?‘?2 = 1 la soluzione è riscrivibile come y(x) = đ?‘’ 2đ?‘Ľ + đ?‘’ −đ?‘Ľ .

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15. Piccole oscillazioni e legge di Hooke Vi sono due interessanti applicazioni fisiche da considerare. La prima di esse è costituita dalle piccole oscillazioni. Tali fenomeni sono studiati nel dominio del tempo. L’equazione che li descrive è x’’(t) +đ?‘Ž1 x’(t) + đ?‘Ž0 x(t) = f(t). f(t) e i coefficienti đ?‘Ž1 đ?‘’ đ?‘Ž2 sono valori noti.

Si avrĂ modo di vedere che tali e.d.o. son riferibili anche ai circuiti elettrici.

Una seconda applicazione è costituita dalla legge di Hooke che si scrive F = - kl, ove k è una costante e l è detta elongazione, in pratica esprimente l’allungamento della molla per effetto della applicazione di una forza F alla molla medesima. Concludo qui questa prima nota sulle equazioni differenziali, cui dovrĂ seguire una scheda su ulteriori metodi quali la variazione dei parametri e le e.d.o. con coefficienti variabili.

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LE MIE RICERCHE L’AUTOMATICA (parte prima)

Premessa Ho preso la decisione di inserire i miei appunti di Automatica, una materia che sarà oggetto di uno dei miei rimanenti esami. Nella elaborazione di questa scheda non ho utilizzato le pregevoli dispense del prof. De Carli bensì un testo più matematico, ovvero Di Stefano, Stubberud, Williams, Regolazione automatica, McGraw Hill. Ogni manchevolezza nella sintesi è solamente mia.

1. Sistemi di controllo Occorre partire dalla nozione di sistema inteso come gruppo di enti (o parti fisiche) connessi ed interagenti e pensabili come una totalità. Nel novero dei sistemi sono ricompresi i sistemi di controllo (costituiti da componenti) che comanda, regola o dirige se stesso o un altro sistema. Rispetto ad un assegnato sistema ogni stimolo o sollecitazione esogena finalizzata ad ottenere un determinato comportamento del sistema è detta ingresso (input). L’uscita è la risposta del sistema alla sollecitazione. Un banale esempio di sistema di controllo è l’interruttore elettrico. L’interruttore (non l’uomo che lo aziona) è un sistema di controllo a due ingressi (apertura e chiusura dell’interruttore). Fondamentalmente, i sistemi di controllo vengono distinti in sistemi di controllo ad anello aperto e in sistemi di controllo ad anello chiuso. Nei sistemi ad anello aperto l’azione di controllo è indipendente dall’uscita. L’esempio tipico è il tostapane. La calibratura garantisce il legame input-output.

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Nell’anello chiuso il meccanismo della retroazione (feedback) garantisce che l’uscita o qualche altra variabile venga confrontata costantemente con l’ingresso. È il caso del pilota automatico in cui l’input, la rotta prestabilita, viene confrontata con l’output, ovvero con la rotta effettiva. Un gap rotta effettiva – rotta prestabilita conduce ad un segnale che ristabilisce la condizione rotta effettiva = rotta prestabilita. Il feedback ha il vantaggio di una migliore precisione. Per analisi si intende lo studio delle proprietà del sistema. Per sintesi si intende lo studio della struttura del sistema. La modellizzazione di un sistema può essere fatta attraverso lo strumento delle equazioni differenziali, gli schemi a blocchi e gli schemi di flusso.

2. Gli schemi a blocchi Gli schemi a blocchi sono una rappresentazione grafica del rapporto causa-effetto tra ingresso ed uscita di un sistema fisico.

Schema a blocchi semplificato con retroazione. Va fatta la utile distinzione tra nodo e punto di diramazione. Per nodo si intende il punto di convergenza di più segnali la cui uscita è la somma algebrica dei segnali in ingresso.

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Per punto di diramazione si intende un punto di convergenza di piĂš segnali con una unica uscita di segnale eguale ai segnali in ingresso (o viceversa, un punto nel quale convergono piĂš segnali eguali e con una uscita caratterizzata da un segnale eguale agli ingressi (non alla somma di essi).

Rappresentazione di un semplice sistema di controllo retroazionato.

r = r(t) viene studiata nel dominio del tempo Il controllore o regolatore fornisce un segnale di controllo all’impianto. Un sistema è detto di regolazione se r = r(t) = cost per â§?t molto grande al limite illimitatamente nel tempo.

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3. Modellizzazione lineare con equazioni differenziali Un’equazione è detta differenziale se essa contiene differenziali e/o derivate. Non si considerano quelle alle derivate parziali. Una prima distinzione è quella tra equazioni differenziali tempo invarianti, a coefficienti costanti, e eq. differenziali tempo varianti. Sovrapposizione degli effetti ingresso

uscita

đ?‘Ľ1 (t)

đ?‘Ś1 (t)

đ?‘Ľ2 (t)

đ?‘Ś2 (t)

Îąđ?‘Ľ1 (t) + βđ?‘Ľ2 (t)

Îąđ?‘Ś1 (t) + βđ?‘Ś2 (t)

Un sistema descritto da una equazione differenziale lineare è detto lineare. +∞

In un sistema lineare si ha che y(t) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘¤(đ?‘Ą,Ď„) x(Ď„)dĎ„ La funzione w(t, Ď„) caratterizza le proprietĂ fisiche del sistema ed è detta funzione peso dei sistema. Per la sovrapposizione degli effetti si ha y(t) = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘Śđ?‘– (t) Alcuni sistemi sono detti causali. y(t) dipende da x(Ď„) per Ď„ ≤ t. đ?‘‘đ?‘›

Operativamente si utilizza l’operatore derivata đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘› o, usando la notazione di Cauchy, đ??ˇđ?‘Ą . đ??ˇđ?‘Ą đ?‘› y + đ??ˇđ?‘Ą đ?‘›âˆ’1 y + ‌.. + đ??ˇđ?‘Ą 1 y + y = x (đ??ˇđ?‘Ą đ?‘› + đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ??ˇđ?‘Ą đ?‘›âˆ’1 + ‌.. +đ?‘Ž1 đ??ˇđ?‘Ą 1 + đ?‘Ž0 )y = x La quantitĂ đ??ˇđ?‘Ą đ?‘› + đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ??ˇđ?‘Ą đ?‘›âˆ’1 + ‌.. +đ?‘Ž1 đ??ˇđ?‘Ą 1 + đ?‘Ž0 è detta polinomio caratteristico. Eguagliandolo a zero si ha l’equazione caratteristica. đ??ˇđ?‘Ą đ?‘› + đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ??ˇđ?‘Ą đ?‘›âˆ’1 + ‌.. +đ?‘Ž1 đ??ˇđ?‘Ą 1 + đ?‘Ž0 = 0

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Funzioni linearmente indipendenti Siano assegnate n funzioni đ?‘“đ?‘– (t) nel dominio del tempo e n scalari reali đ?‘?đ?‘– . Se ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘?đ?‘– đ?‘“đ?‘– (t) â&#x;š đ?‘?đ?‘– = 0 ∀t allora le đ?‘“đ?‘– (t) nel dominio del tempo sono l.ii. Per stabilire la i.l. delle funzioni đ?‘“đ?‘– (t) si utilizza il determinante di Wronsky.

Det (

đ?‘“1 â‹Ž

đ?‘‘đ?‘›âˆ’1

đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘›âˆ’1

â‹Ż â‹ą đ?‘“1

â‹Ż

đ?‘“đ?‘› â‹Ž

đ?‘‘đ?‘›âˆ’1

đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘›âˆ’1

đ?‘“đ?‘›

) ≠0 â&#x;š đ?‘“đ?‘– (t) sono l. ii.

Data l’equazione differenziale ordinaria di ordine n omogenea si può dimostrare che essa ha almeno n soluzioni linearmente indipendenti.

∑đ?‘›đ?‘–=1

đ?‘‘đ?‘– đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘–

đ?‘Ś(đ?‘Ą) = 0

Nel caso di esistenza di n radici distinte esse sono le seguenti đ?‘Śđ?‘– = đ?‘’ đ??ˇđ?‘– đ?‘Ą Esse sono l. ii. e sono dette sistema fondamentale di soluzioni. Nel caso di soluzioni con molteplicitĂ algebrica > 1 su ha đ?‘Śđ?‘– =đ?‘Ą đ?œ‘−1 đ?‘’ đ??ˇđ?‘– đ?‘Ą ove φ è l’ordine della molteplicitĂ algebrica degli zeri. Per ulteriori considerazioni sulle e.d.o. rimando al prossimo numero. Ai fini della determinazione della risposta libera si pone x(t) ≥ 0 (ingresso identicamente nullo per t ∈ (0 , + ∞)) . In questo caso si ammette che y(t) dipende solo dalle n condizioni iniziali.

Caso generale di descrizione matematica di un sistema ∑đ?‘›đ?‘–=1

đ?‘‘đ?‘– đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘–

Deve essere m ≤ n

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đ?‘‘đ?‘–

đ?‘Ś(t) = ∑đ?‘š đ?‘–=1 đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘– đ?‘Ľ(đ?‘Ą)


x = x(t) = ingresso, noto. y(t) è l’uscita incognita. Deve essere garantita l’unicitĂ della soluzione. Le n condizioni iniziali sono date da y(0), đ?‘Ś 1 (0), ‌‌‌. , đ?‘Ś đ?‘›âˆ’1 (0) Gli esponenti indicano l’ordine di derivazione (đ?‘Ś đ?‘– è la derivata i-esima di y) Per ottenere la risposta forzata si deve imporre che le (n-1) condizioni iniziali siano tutte nulle, ovvero sia y(0) = 0 , đ?‘Ś 1 (0) = 0, ‌‌‌. , đ?‘Ś đ?‘›âˆ’1 (0) = 0. La risposta forzata dipende solo da x = x(t). La risposta totale è la somma della risposta libera e della risposta forzata. Ricavata la risposta totale è possibile considerare la risposta a regime e la risposta in transitorio. La risposta a regime è la componente della risposta totale che non tende a zero per t â&#x;ś +∞. Il regime transitorio è la componente della risposta totale che tende a zero per t â&#x;ś +∞

Funzione scalino unitario

u(t - đ?‘Ą0 ) = 1 per t > đ?‘Ą0 u(t- đ?‘Ą0 ) = 0 per t < đ?‘Ą0

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Funzione rampa đ?‘Ą

âˆŤâˆ’âˆž đ?‘˘(đ?œ? − đ?‘Ą0 )dĎ„ Detto integrale misura t - đ?‘Ąđ?‘œ per t > đ?‘Ą0 e 0 per t < đ?‘Ą0 .

Nella figura è rappresentata la rampa sotto indicata

Funzione impulso unitario

δ(t) = lim + â§?đ?‘Ą â&#x;ś 0

đ?‘˘(đ?‘Ą)− đ?‘˘(đ?‘Ąâˆ’ â§?đ?‘Ą) â§?đ?‘Ą +∞

Essa gode della seguente proprietĂ âˆŤâˆ’âˆž đ?›ż(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą = 1

4. Trasformata di Laplace Ăˆ data una funzione f(t) definita per t > 0.

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Essa è utilizzata per una gestione algebrica della materia da trattare.

đ??żâˆ’1 designa la anti trasformata di Laplace, che consente il passaggio dal dominio di s al dominio del tempo.

L⌋f(t)âŚŒ = F(s) =

đ?‘‡ lim âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ą) đ?‘’ −đ?‘ đ?‘Ą đ?‘‡â&#x;ś+∞,đ?œ€â&#x;ś0+ đ?œ€

∞

dt = âˆŤ0+ đ?‘“(đ?‘Ą) đ?‘’ −đ?‘ đ?‘Ą dt ∞

Una funzione f(t) è trasformabile secondo Laplace quando âˆŤ0+ đ?‘“(đ?‘Ą) đ?‘’ −đ?‘ đ?‘Ą dt < +∞. L è un operatore lineare. Esiste una tabella che ricapitola molti teoremi per l’utilizzo concreto della trasformata di Laplace.

5. Funzione di trasferimento Formalmente è la trasformata di Laplace della sua risposta impulsiva. đ?‘Œ(đ?‘ )

P(s) = đ?‘‹(đ?‘Ľ)

Quando essa è data, ovvero noto P(s), l’equazione differenziale che descrive il sistema può essere ottenuta scambiando alla s l’operatore D (derivata).

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X(s) = 0 è detta equazione caratteristica. Gli s : X(s)= 0 sono detti poli del sistema. Gli s che annullano Y(s) sono detti zeri del sistema.

6. StabilitĂ La stabilitĂ del sistema è la risposta del sistema stesso agli ingressi e ai disturbi. Un sistema è stabile quando ad un ingesso imitato corrisponde una uscita limitata. La stabilitĂ del sistema si ha se tutte le radici di X(s) hanno parte reale negativa. In un sistema stabile la risposta impulsiva tende a zero per t â&#x;ś +∞.

7. Aspetti matematici collegati con la trasformata di Laplace 7.1 La continuitĂ a tratti Data un funzione nel dominio del tempo f: đ?‘… + a valori di R. Essa viene definita continua a tratti se essa è continua in (a, b), ovvero se essa non è definita in un numero di punti assegnato per i quali comunque esistano finiti i limiti sinistro e destro. Ad esempio dal testo del Bronson (op. cit.) è chiesto di discutere la continuitĂ della seguente funzione definita a tratti. per x ⊞2 f(x) = đ?‘Ľ 2 per 0 < x < 2 f(x) = 4 per x ≤ 0 f(x) = x. Sulla base di queste informazioni si osserva che un primo tratto si identifica con la bisettrice del III quadrante cartesiano (per x ≤ 0 f(x) = x). Il punto di coordinate (0, 0) è di questo tratto. In relazione al punto x = 0 si evidenzia una discontinuitĂ a salto che definisce un estremo del secondo tratto (quello per il quale per 0 < x < 2 si ha f(x) = 4, ovvero un segmento di retta di per il quale il punto (2, 4) è estremo superiore). Quindi dal punto (2,4), ivi compreso esso, si ha

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un segmento parabolico. Nel punto (2, 4) la funzione è prolungabile per continuitĂ . Basta evidenziare che f(2) = lim− 4. đ?‘Ľâ†’2

Si osservano immediatamente finiti i limiti sinistro e destro in corrispondenza del punto di ascissa 0. Ăˆ poi immediato constatare che la funzione può essere definita continua a tratti quando si considerino due reali finiti, detti Îą e β tali che đ?›ź < 0 e β > 2. Come esempio di funzione definita a tratti non continua a tratti. Sempre dal Bronson ho discusso questo caso. 1

f(x) = (đ?‘Ľâˆ’2)2 per x > 2 e f(x) = 5đ?‘Ľ 2 - 1 per x ≤ 2. Mentre è finito il limite per x → 2− (esso vale 1

19) non è finito il limite per x → 2+ . Infatti si ha che lim+ (đ?‘Ľâˆ’2)2 = +∞. Dal non essere finito di đ?‘Ľâ†’2

questo limite discende la non continuitĂ a tratti della f(x).

7.2 Ordine esponenziale di f(t) Data una funzione f(t) si dice che essa è di ordine esponenziale Îą se esistono tre costanti Îą, M e đ?‘Ľ0 tali che đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ą ≤ ⎸f(t)⎸ ≤ M ∀x ⊞ đ?‘Ľ0 Ad esempio si può provare che la funzione f(t) = đ?‘’ −4đ?‘Ą è di ordine esponenziale Îą per Îą ⊞ 4. Da definizione dovrebbe essere đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ą ≤ ⎸đ?‘’ −4đ?‘Ą ⎸ ≤ M ∀x ⊞ đ?‘Ľ0 . Calcolo lim đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ą đ?‘’ 4đ?‘Ľ = lim đ?‘’ 4đ?‘Ąâˆ’đ?›źđ?‘Ą = = lim đ?‘’ đ?‘Ą(4−đ?›ź) . đ?‘Ąâ†’+∞

đ?‘Ąâ†’+∞

đ?‘Ąâ†’+∞

Osservo che questo limite va all’infinito per Îą < 4. Esso è finito per Îą ⊞ 4. Per Îą = 4 si ha đ?‘’ 0 = 1

1. Per Îą > 4 si ha che detto limite è riscrivibile come lim đ?‘’ đ?‘Ą(4−đ?›ź) = lim ( đ?‘’)đ?‘ĄâŽ¸(4−đ?›ź)⎸ < +∞. đ?‘Ąâ†’+∞

đ?‘Ąâ†’+∞

7.3 Criterio di trasformabilità nel dominio di s Una f(t) continua a tratti in (a, b) di ordine esponenziale ι è trasformabile secondo Laplace per s > ι.

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7.4 Funzioni complesse di una variabile complessa Ăˆ bene partire dalla definizione di funzione complessa di una variabile complessa, intesa come una legge di corrispondenza che associa ad un s ∈ C uno ed un solo P(s), quando essa è monodroma. Ăˆ ben noto che s è del tipo s = a +jb, ove a e b sono numeri reali, mentre j = √−1. Sono definiti due piani. Nel primo viene evidenziato il punto s. Ăˆ il classico piano complesso, giĂ introdotto. Il secondo piano individua il punto P(s). L’asse delle ascisse definisce Re(P), mentre l’asse delle ordinate definisce Im(P). Ăˆ immediato determinare il punto P(s). La corrispondenza esistente tra i punti dei due piani è detta trasformazione.

7.5 Risposta impulsiva – stabilitĂ Data la risposta impulsiva nel dominio del tempo se essa tende a zero al tendere del tempo all’infinito allora il sistema è stabile. 1

h(t) = đ?‘’ −đ?‘Ą . Sistema stabile perchĂŠ (đ?‘’)đ?‘Ą → 0 per t → +∞. Se si opera nel dominio di s e si ha un sistema per il quale (đ?‘ 2 +1)Y(s) = X(s) si considera l’equazione caratteristica đ?‘ 2 +1 = 0. Si determinano le radici. Esse sono Âą đ?‘—. Ovvero (0, 1) e (0, - 1). Esse hanno parte reale non negativa. Quindi il sistema è instabile. Un sistema è stabile quando gli zeri dell’equazione caratteristica sono tutti tali che hanno parte reale strettamente minore dello zero reale. Per la determinazione degli zeri può essere utilizzato il criterio di stabilitĂ di Routh.

7.6 Criterio di stabilitĂ di Routh Assegnata una equazione caratteristica di ordine (grado) n. Viene costruita una tabella nel modo seguente. đ?‘ đ?‘›

đ?‘Žđ?‘›

88

đ?‘Žđ?‘›âˆ’2 đ?‘Žđ?‘›âˆ’4 ‌‌‌‌‌


đ?‘ đ?‘›âˆ’1

đ?‘Žđ?‘›âˆ’1

đ?‘Žđ?‘›âˆ’3 đ?‘Žđ?‘›âˆ’5 ‌‌‌‌‌

‌‌..

đ?‘?1 đ?‘?2

đ?‘?3 ‌‌‌‌‌

đ?‘ 0

‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌‌..

I coefficienti b e i coefficienti delle righe successive sono definiti con un criterio oggettivo, avendosi piĂš sinteticamente di quanto fa il testo (Di Stefano, Strubberud, Williams, Regolazione automatica, McGraw-Hill) del tipo đ?‘?đ?‘– = đ?‘?đ?‘– =

đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ?‘Žđ?‘›âˆ’2đ?‘– − đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ž

đ?‘›âˆ’2đ?‘–−1

đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ?‘?1 đ?‘Žđ?‘›âˆ’(2đ?‘–+1)− đ?‘Žđ?‘›âˆ’1 đ?‘?2đ?‘›+1 đ?‘?1

ecc. Se tutti gli elementi della prima colonna sono positivi o sono tutti negativi (quindi non ci sono cambiamenti di segno) il sistema è stabile.

7.7 Funzione di trasferimento a partite dall’e.d.o. Il passaggio dalla descrizione del sistema dall’equazione differenziale avviene con sostituzioni. ��

In particolare l’operatore derivata đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘› viene sostituito con đ?‘ đ?‘› e la funzione y(t) con la funzione Y(s). x viene sostituito con X(s). Nota P(s) è possibile trovare P(D) = y/x con la sostituzione s = D. D è l’operatore derivata.

7.8 Risposta impulsiva Si applica un impulso all’ingresso si un sistema, avendo x(t) = δ(t) risultando quindi X(s) = 1. L’uscita nel dominio del tempo è y = y(t). Essa deve essere trasformata nel dominio di s avendo đ?‘Œ(đ?‘ )

che essa è Y(s). Pertanto si ha che P(s) = đ?‘‹(đ?‘ ) =

đ?‘Œ(đ?‘ ) 1

= Y(s) � risposta impulsiva.

89


7.9 Esercizi applicativi sulle trasformate di Laplace Ho tratto questi esercizi tra quelli supplementari, tratti dal Bronson (op. cit.). f(x) = đ?‘Ľ 3 + 3cos(2x)

1)

In questo caso occorre coordinare il teorema di linearitĂ con i teoremi per i quali si ha (đ?‘›âˆ’1)

L[đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 ]=

đ?‘ đ?‘›

đ?‘

e L[cos(Îąx)] = đ?‘ 2 +đ?‘Ž2

Nel caso concreto si ha n-1 = 3 ovvero n = 4 e Îą= 2 Pertanto si può usare il t. di linearitĂ con le sostituzioni L[đ?‘Ľ 3 + 3cos(2x) ] = L[đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 ] + 3 3

đ?‘

L[cos(Îąx)] = đ?‘ 4 + 3 đ?‘ 2 +22

f(x) = 5đ?‘’ 2đ?‘Ľ + 7đ?‘’ −đ?‘Ľ

2)

In questo caso occorre coordinare il teorema di linearitĂ con il teorema per il quale si ha 1

L[đ?‘’ đ?›źđ?‘Ľ ]= đ?‘ −đ?‘Ž con s > a. 1

1

1

1

L[5đ?‘’ 2đ?‘Ľ + 7đ?‘’ −đ?‘Ľ ]= 5 L[5đ?‘’ 2đ?‘Ľ ] + 7[đ?‘’ −đ?‘Ľ ] =5 đ?‘ −2 +7 đ?‘ −(−1) = 5 đ?‘ −2 +7 đ?‘ +1

3)

g(x) = 2x cosh(x)

In questo caso le cose sono piĂš complesse intervenendo un teorema per il quale si ha L[đ?‘Ľ đ?‘› f(x)] đ?‘‘đ?‘›

= (−1)đ?‘› đ?‘‘đ?‘ đ?‘›(F(s)). Nel caso di specie n = 2 e f(x) = cosh(x). Data f(x) è possibile determinare L[f(x)]. Si deve đ?‘

ricordare che L[cosh(ax)] = đ?‘ 2 −đ?‘Ž2 con s > ⎸a⎸. Nel caso di specie a = 1, quindi si ha L[cosh(x)] =

đ?‘ đ?‘ 2 −12

=

đ?‘ đ?‘ 2 − 1

. Poichè n = 1 occorre ottenere la derivata prima della funzione P(s) = đ?‘‘

Procedo con la derivata prima đ?‘‘đ?‘ P(s) = denota la derivata prima.

90

(đ?‘ ′ )(đ?‘ 2 − 1)− đ?‘ (đ?‘ 2 −1)′ (đ?‘ 2 −1)2

=

(1)(đ?‘ 2 −1)− đ?‘ (đ?‘ 2 −1)′ (đ?‘ 2 −1)2

đ?‘ 2 + 1

đ?‘ đ?‘ 2 − 1

.

= - (đ?‘ 2 −1)2 ove (‌.)’


đ?‘‘1

đ?‘ 2 + 1

đ?‘ 2 + 1

Pertanto si ha che L [2đ?‘Ľ1 f(x)] = 2(−1)1 đ?‘‘đ?‘ 1 (F(s)) = - 2 (- (đ?‘ 2 −1)2 ) = 2(đ?‘ 2 −1)2 4)

đ?‘”(đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 2 sin(4x) đ?‘‘đ?‘›

Anche in questo caso si applica il precedente teorema per il quale L[đ?‘Ľ đ?‘› f(x)] = (−1)đ?‘› đ?‘‘đ?‘ đ?‘›(F(s)). 4

Occorre considerare L[sin(4x)] = đ?‘ 2 +16 = đ??š(đ?‘ ), con s > 0. Occorre calcolare

đ?‘‘2 đ?‘‘đ?‘ 2

(F(s)). Parto dalla derivata prima

funzione deve essere nuovamente derivata avendosi (8đ?‘ )′ ( đ?‘ 2 +16)2 −8đ?‘ (đ?‘ 2 +16)2 )′ (đ?‘ 2 +16)4

=-

(4)′ (đ?‘ 2 +16)− 4(đ?‘ 2 +16)′ (đ?‘ 2 +16)2 đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘

−8đ?‘

((đ?‘ 2 +16)2 ) = -

= đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘

−8đ?‘

. Detta

(đ?‘ 2 +16)2 8đ?‘

((đ?‘ 2 +16)2 ) = -

8( đ?‘ 2 +16)2 −8đ?‘ (đ?œ‘(đ?‘ )′ ) (đ?‘ 2 +16)4

Occorre determinare φ’(s). φ(s) è una funzione composta, quindi è noto che φ’(s) = (2s)(2(đ?‘ 2 +16) = 4s(đ?‘ 2 +16). Riordinando gli esiti si ha che

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘

−8đ?‘

((đ?‘ 2 +16)2 ) = -

8( đ?‘ 2 +16)2 −8đ?‘ (4s(đ?‘ 2 +16) (đ?‘ 2 +16)4

=-

8( đ?‘ 2 +16)2 −32đ?‘ 2 (đ?‘ 2 +16)

.

(đ?‘ 2 +16)4

Pertanto si ha L[đ?‘Ľ 2 sin(4x)] = (−1)2

đ?‘‘đ?‘› đ?‘‘đ?‘ đ?‘›

(F(s)) = (−1)2 (−

8( đ?‘ 2 +16)2 −32đ?‘ 2 (đ?‘ 2 +16) (đ?‘ 2 +16)4

) = -

8( đ?‘ 2 +16)2 −32đ?‘ 2 (đ?‘ 2 +16)

.

(đ?‘ 2 +16)4

Il testo fornisce un altro risultato. Ad esso si perviene raccogliendo a fattor comune la quantitĂ (đ?‘ 2 +16) del numeratore.

5)

g(x) = √đ?’™đ?’†đ?&#x;?đ?’™

In casi del genere sovviene L = [đ?‘’ 2đ?‘Ľ √đ?‘Ľ] = F(s-a) . In concreto si ha f(x) = √đ?‘Ľ e a = 2. Determino 3

3

L[√đ?‘Ľ] = ½ √đ?œ‹ đ?‘ −2 = F(s). Pertanto da F(s) si ha che L = [đ?‘’ 2đ?‘Ľ √đ?‘Ľ] = F(s-a) = ½ √đ?œ‹ (đ?‘ − 2)−2

6)

đ?‘Ľ

φ(t) = âˆŤ0 đ?‘’ 3đ?‘Ą cos(t)dt

Trova applicazione il seguente teorema

91


đ?‘Ľ

L[âˆŤ0 đ?‘’ 3đ?‘Ą cos(t)dt ] = (1/s)F(s) In contesti del genere si considera la funzione Ď„(t) = đ?‘’ 3đ?‘Ą cos(t). Determino quindi L[đ?‘’ 3đ?‘Ą cos(t)] đ?‘ −3

đ?‘Ľ

1

đ?‘ −3

= (đ?‘ −3)3 +1. Pertanto L[âˆŤ0 đ?‘’ 3đ?‘Ą cos(t)dt ] = (1/s)F(s) = đ?‘ (đ?‘ −3)3 +1.

8. L’antitrasformata di Laplace Data una funzione F(s) si tratta di trovare una funzione f(t), nel dominio del tempo, tale che essa sia tale che L[f(t)] = F(s). Quindi si ha đ??żâˆ’1 âŚƒF(s)⌄ = f(t). I problemi nascono dalla non univocitĂ , nel senso che una F(s) può avere una, piĂš di una, oppure nessuna trasformata. L’empasse si supera nel modo seguente: se f(t) è continua allora essa è la sola antitraformata di Laplace. đ??żâˆ’1âŚƒF(s)⌄ designa l’unica trasformata di Laplace quando f(t) è continua. đ??żâˆ’1 è un operatore lineare.

8.1 Metodo di completamento del quadrato Ăˆ dato il trinomio di secondo grado in s. Esso, che generalmente non è un quadrato perfetto, è della forma p(s) = ađ?‘ 2 + bs + c viene posto in una forma piĂš gestibile ai fini del calcolo. Essa è đ?‘?

p(s) = a(đ?‘ + đ?‘˜)2 + â„Ž2 con k = 2đ?‘Ž e h = √đ?‘? −

đ?‘?2 4đ?‘Ž

. A tali esiti si perviene algebricamente.

8.2 Metodo delle frazioni parziali đ?‘Ž(đ?‘ )

Tale metodo si applica quando si hanno trasformate del tipo đ?‘?(đ?‘ ) con il grado del polinomio b(s) maggiore del polinomio del numeratore. đ??´

đ?‘– A ciascun fattore di b(s) della forma (đ?‘ − đ?‘Ž)đ?‘š si assegna ∑đ?‘š đ?‘–=1 (đ?‘ −đ?‘Ž)đ?‘–

đ??ľ đ?‘ + đ??ś

đ?‘– đ?‘– A ciascun fattore di b(s) della forma ( đ?‘ 2 + đ?‘?đ?‘ + đ?‘?)đ?‘? si assegna ∑đ?‘š đ?‘–=1 ( đ?‘ 2 + đ?‘?đ?‘ +đ?‘?)đ?‘š

In entrambi i casi đ??´đ?‘– đ??ľđ?‘– đ??śđ?‘– sono parametri da determinare.

92


8.3 Esercizi sulle antitrasformate di Laplace Ho tratto questi esercizi tra quelli supplementari proposti dal Bronson (op. cit.). 1

1)

F(s) = đ?‘ +2 1

1

Possiamo scrivere che đ??żâˆ’ 1[F(s)] = đ??żâˆ’ 1[đ?‘ +2]. Noto che đ??żâˆ’ 1 [đ?‘ −đ?‘Ž] = đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ si ha immediatamente che 1

đ??żâˆ’ 1 [đ?‘ +2] = đ?‘’ −2đ?‘Ľ . Detta funzione è continua in (- ∞, + ∞) e quindi pure in (0, +∞).

2)

đ?&#x;?

L(x) = (đ?’”−đ?&#x;?)đ?&#x;? +đ?&#x;’ đ?&#x;?

đ?’‚

In questo caso posso scrivere che đ??żâˆ’ 1[F(s)] = đ??żâˆ’ 1[(đ?’”−đ?&#x;?)đ?&#x;? +đ?&#x;’ ]. Ăˆ però noto che đ??żâˆ’ 1[(đ?’”−đ?’ƒ)đ?&#x;? +đ?&#x;’ ] = đ?&#x;?

đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ sin(ax) allora si ha đ??żâˆ’ 1[F(s)] = đ??żâˆ’ 1[(đ?’”−đ?&#x;?)đ?&#x;? +đ?&#x;’ ] = đ?‘’ 2đ?‘Ľ sin(2x).

3) caso in cui è necessario completare il quadrato đ?&#x;?

P(s) = đ?’”đ?&#x;? −đ?&#x;?đ?’”+đ?&#x;? Si consideri il polinomio p(s) = s 2 − 2s + 2. In questo caso si ha a = 1, b = - 2 e c = +2. Si đ?‘?

−2

determina il parametro k = 2đ?‘Ž = 2(1) = - 1 e h = √đ?‘? −

đ?‘?2

= √2 − 4đ?‘Ž

(−2)2 4(1)

= √2 − 1 = √1 = 1.

Il dato polinomio p(s) viene riscritto nella forma p(s) = a(đ?‘ + đ?‘˜)2 + â„Ž2 = (1)(đ?‘ − 1)2 + 1 = (đ?‘ − 1)2 + 1. đ?&#x;?

đ?&#x;?

đ?&#x;?

A questo punto posso dire che P(s) = đ?’”đ?&#x;? −đ?&#x;?đ?’”+đ?&#x;? = (đ?‘ −1)2 + 1 = (đ?‘ −1)2 + 12 . Questa ottenuta è una đ?‘Ž

đ?‘Ž

forma del tipo (đ?‘ −đ?‘?)2 + a2 quando a = b = 1 avendosi il risultato ottenuto. Pertanto đ??żâˆ’1 [(đ?‘ −đ?‘?)2 + a2] 1

= đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ sin(ax) quindi đ??żâˆ’1 [(đ?‘ −1)2 + 12] = đ?‘’ đ?‘Ľ sin(x).

93


4) caso in cui è necessario utilizzare il metodo delle frazioni parziali 2

P(s) = (đ?‘ 2 +1)(đ?‘ −1)2 Impostazione del problema. Osservo che il polinomio in s a denominatore è di grado maggiore del polinomio costante a numeratore che, quindi, è di grado zero in s. Osservo che il polinomio in s a denominatore contiene binomi di secondo grado. Il primo di essi è giĂ esplicitato, mentre il secondo deve essere sviluppato avendosi (đ?‘ − 1)2 = đ?‘ 2 -2s + 1 đ??ľ đ?‘ + đ??ś

đ?‘– đ?‘– A ciascun fattore di b(s) della forma ( đ?‘ 2 + đ?‘?đ?‘ + đ?‘?)đ?‘š si assegna ∑đ?‘š đ?‘–=1 ( đ?‘ 2 + đ?‘?đ?‘ +đ?‘?)đ?‘š . In questo caso

đ??ľđ?‘ +đ??ś

m = 1. Si ha un solo fattore đ?‘ 2 −2s + 1 . Analogamente per đ?‘ 2 + 1. Si ha il fattore 2

đ??ľđ?‘ +đ??ś

definitiva che P(s) = (đ?‘ 2 +1)(đ?‘ −1)2 = đ?‘ 2 −2s + 1 +

đ??ˇđ?‘ +đ??¸ đ?‘ 2 + 1

đ??ˇđ?‘ +đ??¸ đ?‘ 2 + 1

avendosi in

.

Si ha pertanto che 2 = (đ??ľđ?‘ + đ??ś)(đ?‘ 2 + 1) + (Ds+E)( đ?‘ 2 − 2s + 1). Occorre ora sviluppare i calcoli.

Ulteriori considerazioni sulla modellizzazione saranno contenute in uno dei prossimi numeri.

94


Proprietà letteraria e intellettuale Nell’elaborare il presente documento ho inevitabilmente attinto a fonti. Esse sono indicate nel testo, di volta in volta. Per quanto attiene alle “figure” – utilissimo supporto – queste sono state estratte da Internet nella presunzione che quanti le hanno collocate ne avessero titolo. In questo caso non mi è stato possibile citare la fonte. Preciso che questo elaborato non ha fini di lucro.

95


pubblicazione a cura di Pascal McLee

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