Appunti Matematici 13

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Patrizio Gravano

APPUNTI MATEMATICI

LA TEORIA MATEMATICA DEGLI INSIEMI

numero 13 – gennaio 2016



Patrizio GRAVANO

APPUNTI MATEMATICI

LA TEORIA MATEMATICA DEGLI INSIEMI

n. 13, gennaio 2016


Introduzione

Gentile lettore, Questo numero monografico di Appunti matematici del mese di gennaio 2016, ha ad oggetto la teoria elementare degli insiemi e i suoi sviluppi, punto di partenza in molti settori delle matematiche. Il numero 13 di Appunti matematici è quindi articolato in due parti: la prima tratta la teoria da un punto di vista elementare, come solitamente viene studiata nei primi corsi, mentre la seconda riferisce degli sviluppi di essa. Della teoria degli insiemi si è fatto ampiamente ricorso, seppur sempre quasi ed esclusivamente in modo implicito, dando quindi per scontato, che essa fosse nota. In buona sostanza quella ingenua lo è largamente. Mi pare opportuno sintetizzare la teoria degli insiemi in un unico elaborato, che può essere sicuramente utile per un ripasso veloce.

(Patrizio Gravano)


Prima parte La teoria ingenua degli insiemi

Il punto di partenza della teoria degli insiemi è costituita dal concetto di insieme. Si tratta di un concetto primitivo (quindi non definito da concetti matematici formalizzati) intuitivamente definibile come una collezione di oggetti, detti elementi dell’insieme. In luogo del termine “collezione” è possibile usare altri termini similari, quali “classe” “famiglia”, etc. La scrittura x ∈ X significa che l’elemento x appartiene all’insieme X. Se è vero il contrario si usa il simbolo “non appartiene” e si scrive x ∉ X. Un elemento qualunque può appartenere oppure no ad un dato insieme. Non è data una terza condizione. Il criterio che consente di affermare che x ∈ X (oppure x ∉ X) è oggettivo e dato a priori. Non

sono

ammissibili

soggettivamente

proprietà

interpretabili,

del

caratteristiche tipo

confutabili

l’insieme

dei

o

libri

interessanti”. Tale relazione, che consente di dire senza ombra di dubbio, se un elemento è parte o meno di un dato insieme, è chiamata proprietà caratteristica. Viene definito, per dare completezza logica alla teoria, un particolare insieme, detto insieme vuoto. Per insieme vuoto si intende l’insieme privo di elementi. Esso è denotato dal simbolo ∅.


Gli insiemi possono avere un numero finito oppure un numero infinito di elementi. Il numero degli elementi di un insieme finito costituisce la cardinalitĂ dell’insieme. Per esempio l’insieme A = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?, đ?‘‘}

è un insieme costituito da 4

elementi, a, b, c, d e quindi la sua cardinalitĂ vale 4. Formalmente si scrive card(A) = 4, oppure |A| = 4. Tutti e soli gli insiemi aventi quattro elementi hanno cardinalitĂ 4. Essa conduce al concetto di numero cardinale. Alcuni matematici in luogo di cardinalitĂ utilizzano il termine potenza. Gli insiemi aventi la stessa cardinalitĂ si dicono equipotenti. Due insiemi equipotenti A e B sono indicati con il formalismo A âˆź B. E’ intuitivo comprendere che se due insiemi hanno lo stesso numero di elementi (e sono quindi equipotenti) può essere associato ad ogni elemento del primo un elemento del secondo e viceversa. Si dice che gli insiemi A e B sono posti in corrispondenza biunivoca. Nella rappresentazione degli insiemi non conta l’ordine di successione degli elementi. Per esempio gli insiemi A = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?, đ?‘‘} e A’ = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘‘, đ?‘?} sono lo stesso insieme. Formalmente si scrive A = A’. Questa modalitĂ di rappresentazione è detta tabulare. Detto insieme è anche rappresentabile utilizzando la rappresentazione caratteristica nel modo seguente A = { x : x è una delle prime quattro lettere dell’alfabeto }.


Per la rappresentazione degli insiemi esiste una ulteriore forma di rappresentazione costituita dai cosiddetti diagrammi di Eulero-Venn. Inserire una figura esemplificativa Due insiemi sono eguali se sono lo stesso insieme. Quando due insiemi non sono eguali si scrive A ≠B. Uno stesso insieme può essere rappresentato in ⌋card(A)âŚŒ ! modi differenti (ove ! è il simbolo di fattoriale). Dato un insieme è possibile definire un suo sottoinsieme. Un insieme B è un sottoinsieme di A se ogni elemento di B e anche elemento di A ma esiste almeno un elemento di A che non appartiene a B. Detto sottoinsieme è detto sottoinsieme proprio. In termini formali si ha A ⊂ B ⇔ A ⊆ B e A ≠B. In termini alternativi possiamo anche scrivere A⊂B⇔Aâ‹‚B=A. Un insieme può essere considerato sottoinsieme di se stesso. In questo caso si parla di sottoinsieme improprio. Nel caso generale della definizione si parla di sottoinsieme proprio e si scrive che B ⊂ A quando ogni b ∈ B è anche elemento di A ma esiste almeno un elemento di A che non appartiene a B. Dato A = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?, đ?‘‘} possiamo dire che B = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?} è un sottoinsieme proprio di A e scrivere B ⊂ A da cui consegue A ⊄ B. Dato un insieme A si ammette che esso abbia tra i suoi sottoinsiemi pure l’insieme vuoto, potendo scrivere che ∅ ⊂ A, ∀ A : A ≠∅. E’ immediato dimostrare che A = B â&#x;ş (A ⊂ B and B ⊂ A).


Un insieme avente un numero infinito di elementi è detto infinito. Nel novero degli insiemi sono ricompresi pure gli insiemi numerici. Tali sono l’insieme dei numeri naturali, quello dei razionali, quello dei reali e quello dei numeri complessi. E’ bene ricordare che detti insiemi hanno un numero infinito di elementi. Ciò vale anche per l’insieme â„• dei numeri naturali. La potenza (o cardinalitĂ ) dell’insieme infinito dei numeri naturali si indica con đ?›Ż0 . Essa è detta potenza del numerabile. Un

insieme

ha

la

potenza

del

numerabile

se

è

ponibile

in

corrispondenza biunivoca con â„•, insieme dei naturali. Due insiemi sono detti essere in corrispondenza biunivoca se ad un elemento di uno corrisponde uno ed uno solo elemento del secondo e viceversa se ad ogni elemento del secondo corrisponde uno ed uno solo elemento del primo. Per gli insiemi sono definite due fondamentali operazioni, l’unione e la intersezione insiemistica. Dati due insiemi A e B si definisce unione insiemistica, definita dal simbolo âˆŞ, quella operazione che consente di ottenere un terzo insieme C, avente per elementi tutti e soli gli elementi appartenenti ai due insiemi, considerato una sola volta e a prescindere dall’ordine. Formalmente si ha C = A âˆŞ B ove C = {a ∈ A, b ∈ b}. PoichĂŠ è possibile che un medesimo elemento (o piĂš di uno) appartenga ad entrambi gli insiemi non è detto che sia card(C) = card(A) + card(B). In generale card(C) â‹œ card(A) + card(B).


Nel caso degenere A = B allora da

C = A âˆŞ B si ottiene che card(C) =

card(A) = card(B). Il caso

card(C) = card(A) + card(B) si ha quando non esiste alcun

elemento comune agli insiemi A e B. Queste considerazioni sono valide quando i due insiemi hanno un numero finito di elementi e ad essi è associato un numero cardinale nel senso di Russell. L’unione insiemistica è definibile per un numero finito qualunque di insiemi. C = ⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– La

seconda

fondamentale

operazione

è

detta

intersezione

insiemistica. Essa consente di ottenere un nuovo insieme C avente per elementi tutti e soli gli elementi comuni ai due insiemi presi una sola volta. Il simbolo insiemistico dell’intersezione è il seguente: â‹‚. Formalmente si scrive C = A â‹‚ B, essendo C = {a ∈ A : a ∈ b et b ∈ B : b ∈ A }. Si prescinde dall’ordine e gli elementi comuni (e solo essi) sono considerati una sola volta. Ad esempio dato A = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?, đ?‘‘} e B = {đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘&#x;, đ?‘ } si ha che C = A â‹‚ B = {đ?‘Ž, đ?‘?}. E’ immediato studiare come si comporta la cardinalitĂ rispetto all’operazione di intersezione. L’operazione di intersezione conduce, a prescindere dalle cardinalitĂ degli insiemi, al risultato dell’insieme vuoto ∅ quando i due insiemi considerati non hanno elementi in comune. Due insiemi privi di elementi comuni sono detti disgiunti.


In questo caso si ha A â‹‚ B = ∅. Anche la intersezione è estensibile a un numero maggiore di due di insiemi formalizzando come segue C = â‹‚đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– Affinchè card(C) = 0 è sufficiente che esista almeno un đ??´đ?‘˜ tale che đ??´đ?‘˜ â‹‚ đ??´â„Ž con h ≠k e k â‹œ n. Nella teoria degli insiemi viene solitamente definito anche un insieme detto insieme universo. Intuitivamente lo si può definire come l’insieme avente per elementi tutti (e soli) i possibili elementi. In un alfabeto l’insieme universo è costituito da tutte le lettere. In un sistema di numerazione esso è l’insieme avente come elementi tutte le cifre. Un elemento dell’insieme universo, U, è anche elemento di un possibile sottoinsieme proprio di esso. Un x ∉ U non può essere elemento di alcun sottoinsieme proprio di U. Dal concetto di insieme universo U è possibile definire assegnato un insieme A ⊂ U un nuovo insieme, detto complemento di A rispetto ad U, definito formalmente come segue: đ??´đ?‘? = {x ∈ U tale che x ∉ A}. đ??żđ?‘Ž scrittura “tale cheâ€? è usualmente formalizzata dai due simboli : oppure |, entrambi letti “tale cheâ€?. đ??´đ?‘? è pertanto quell’insieme avente come elementi tutti gli elementi di U che non appartengono ad A, ove A è un sottoinsieme proprio di U. đ?‘†đ?‘’ A = U allora đ??´đ?‘? = ∅. đ?‘‰đ?‘–đ?‘’đ?‘›đ?‘’

definita

una

ulteriore

complementazione relativa.

operazione

sugli

insiemi

detta


Dati due insiemi A e B la scrittura

B ∖ A viene chiamata insieme

differenza di B ed A. Per definizione si ha B ∖ A = { x ∈ B : x ∉ A} Solitamente è A ⊂ B. Non è ammesso B ⊂ A in quanto A è costituito da x : x ∈ A essendo ogni b ∈ B anche elemento di A. Evidentemente in generale B ∖ A ≠ A ∖ B. Se A = B si ha B ∖ A = { x ∈ A : x ∉ A} = ∅. Viene definita quindi una ulteriore operazione sugli insiemi A e B, detta prodotto cartesiano e indicata con il formalismo A ⨯ B. Il prodotto cartesiano conduce ad un insieme i cui elementi sono coppie ordinate (a, b) ove la prima componente è un a ∈ A e la seconda un b ∈ B. Formalmente si scrive C = A ⨯ B = { (a, b) : a ∈ A, b ∈ B }. Per come è definito il prodotto cartesiano non è commutativo, pertanto, in generale A ⨯ B ≠ B ⨯ A. E’ ammesso ed ampiamente utilizzato un prodotto cartesiano del tipo A ⨯ A. Ci si chiede quando dati due insiemi A e B risulti A ⨯ B = ∅. Si dimostra che A ⨯ B = ∅ ⇔ ( A = ∅ or B = ∅) Dal concetto definitorio di prodotto cartesiano scaturisce un concetto importante, quello di coppia ordinata. Una coppia ordinata è costituita da due elementi risultando rilevante l’ordine di elencazione degli elementi.


La coppia ordinata (a , b) e la coppia ordinata (b , a) sono diverse quando a ≠b. Due coppie ordinate (a , b) e (x , y) sono eguali se e solo se a = x e b = y. Il prodotto cartesiano è estensibile ad un numero finito di insiemi. In questo caso gli elementi di esso sono n-ple ordinate di elementi. Ad esempio A ⤍ B ⤍ ‌. ⤍ Z = {(a, b, ‌., z) con a ∈ A, b ∈ B, ‌‌, z ∈ Z} In modo analogo vengono definite le n-ple ordinate eguali. Date le n-ple (a, b, c, ‌. , z) e (a’ , b’, c’, ‌.., z’) si ha la loro eguaglianza se e solo se a = a’, b = b’, c = c’, ‌.., z = z’. Assegnato un insieme A viene definito un insieme detto insieme delle parti. L’insieme delle parti di un insieme A è l’insieme avente come elementi tutti e soli i sottoinsiemi dell’insieme A. L’insieme delle parti di A si indica con il formalismo đ?’Ť(A) avendo che đ?’Ť(A) = {B : B ⊆ A}. Giova osservare che gli elementi che compongono l’insieme delle parti sono insiemi e non elementi ! Tra essi è ovviamente ricompreso anche l’insieme vuoto, ∅. Appartiene all’insieme delle parti pure l’insieme dato. Dato ad esempio l’insieme A = { x, y } l’insieme delle parti di esso è rappresentato come segue đ?’Ť(A) = {∅ , {x}, {y}, {x, y} } La scrittura {x} ∈ đ?’Ť(A) si intende come l’insieme avente come elemento x.


PoichĂŠ esso è costituito da un unico elemento esso è detto singleton (singoletto). Assegnato un insieme A di n elementi allora l’insieme delle parti đ?’Ť(A) è costituito da 2đ?‘› insiemi. Una interessante e semplice dimostrazione per induzione è contenuta in Introduzione alla geometria e all’algebra elementare, di Paolo Maroscia, Editore Zanichelli, cui si rimanda ampiamente. Giova osservare che le forme ∅ e {∅} hanno significato diverso. La prima si intende come l’insieme vuoto, mentre la seconda è intesa come l’insieme avente come elemento l’insieme vuoto. Viene definito un ulteriore concetto insiemistico, quello di partizione specie se riferita all’insieme universo. Un insieme generico non vuoto può essere considerato come l’unione insiemistica di un numero finito di sottoinsiemi propri tali che essi siano a due a due disgiunti e che la loro unione insiemistica riproduca l’insieme assegnato. Gli insiemi đ??´đ?‘– costituiscono una partizione di A se: 1)

đ??´â„Ž â‹‚đ??´đ?‘˜ = ∅ ∀ (h,k) : h ≠k con 1 ≤ h ≤ n, 1 ≤ k ≤ n;

2)

⋃đ?‘›đ?‘–=1 đ??´đ?‘– = A

3)

đ??´đ?‘– ≠∅

Possono essere costituite distinte partizioni al variare di n. In informatica è stato istituito un criterio di rappresentazione dei sottoinsiemi di un insieme universo U nel modo seguente. Abbia U cardinalitĂ k finita. Esso è costituito da k elementi e rappresentabile come segue U = { đ?‘Ž1 , đ?‘Ž2, đ?‘Ž3 , đ?‘Ž4 , ‌ . , đ?‘Žđ?‘˜ }


La scrittura A {1, 1, 0, 0,‌.. , 0} è modalitĂ operativa per definire l’insieme A = {đ?‘Ž1, đ?‘Ž2 } quindi A ⊂ U.

Le operazioni insiemistiche godono di particolari proprietĂ . Esse sono le seguenti. ∀ A, B, C : A ⊆ U, B ⊆ U, C ⊆ U si ha:

1)

AâˆŞA=A

2)

Aâ‹‚A=A

Esse sono dette relazioni (o leggi) di idempotenza e discendono immediatamente

dalla

definizione

di

unione

e

di

intersezione

insiemistica. Le proprietĂ di idempotenza si giustificano molto semplicemente partendo dalla osservazione che A âˆŞ A contiene tutti e soli gli elementi di A (per la definizione di unione insiemistica); pertanto è immediato scrivere A âˆŞ A = A. In modo analogo si evidenzia che A â‹‚ A contiene solo gli elementi a : a ∈ A (per la definizione di intersezione insiemistica), quindi A â‹‚ A = A.

3)

AâˆŞB=BâˆŞA

4)

Aâ‹‚B=Bâ‹‚A

Esse

esprimono

dell’intersezione.

la

proprietĂ

commutativa

dell’unione

e


La commutativitĂ dell’unione e dell’intersezione di insiemi discende dalla circostanza che A âˆŞ B contiene gli elementi dei due insiemi e che prescindendo dall’ordine di elencazione degli elementi scrivere A âˆŞ B è la stessa cosa che scrivere B âˆŞ A. Il caso dei singleton chiarisce bene cosa si intende al riguardo. Da A = {a} e B = {b} si ha A âˆŞ đ??ľ = {a, b } ma anche B âˆŞ A = {b, a}. Ma {a, b} e {b, a} sono il medesimo insieme in quanto non conta l’ordine di elencazione degli elementi. Pertanto A âˆŞ đ??ľ = B âˆŞ A. Queste considerazioni sono estensibili a

un numero di insiemi

qualunque, a prescindere dalla loro cardinalitĂ . Le operazioni di unione e di intersezione insiemistica sono definite anche su insiemi infiniti, e astrattamente anche il relazione a un numero infinito di insiemi. Riflessioni analoghe possono essere fatte relativamente all’intersezione. Nel caso siano A e B due insiemi disgiunti si ha A â‹‚ B = B â‹‚ A = ∅ ed anche in questo caso la proprietĂ vale conducendo al caso particolare dell’insieme vuoto. Valgono pure le seguenti

proprietĂ

associative

(dell’unione e

dell’intersezione):

5)

A âˆŞ (B âˆŞ C) = (A âˆŞ B) âˆŞ C

6)

A â‹‚ (B â‹‚ C) = (A â‹‚ B) â‹‚ C

In relazione alla proprietĂ 5) osservo che se x è elemento di A âˆŞ (B âˆŞ C) deve essere pure elemento di (A âˆŞ B) âˆŞ C.


Infatti dall’essere x elemento di A ∪ (B ∪ C) discende che x è elemento di almeno uno degli insiemi A, B, C. Questa osservazione conduce a ritenere che x sia elemento del secondo membro. Se invece y ∉ A ∪ (B ∪ C) allora y ∉ A, y ∉ B, y ∉ C. Da ciò discende che y ∉ (A ∪ B) ∪ C, non essendo elemento di C ma neppure di A ∪ B, non essendo y elemento né di A né di B. Si può anche scrivere A ∪ (B ∪ C) = (A ∪ B) ∪ C = A ∪ B ∪ C. Argomentazioni analoghe possono essere fatte per dimostrare la relazione 6) ovvero che A ⋂ (B ⋂ C) = (A ⋂ B) ⋂ C Infatti se x ∈ A ⋂ (B ⋂ C) allora deve essere x ∈ A, x ∈ B ed anche x ∈ C. Dall’aver posto ciò consegue che x ∈ (A ⋂ B) ⋂ C. Se x ∉ A ⋂ (B ⋂ C) vuol dire che x non è elemento di almeno uno degli insiemi considerati. x ∉ (A ⋂ B) ⋂ C perché non può appartenere a tutti e tre gli insiemi. Ammesso che x ∈ C allora x ∉ A oppure x ∉ B oppure x ∉ A ∪ B. Quindi x ∉ (A ⋂ B) ⋂ C. Se x ∉ C immediatamente si ha x ∉ (A ⋂ B) ⋂ C anche quando fosse x ∈ A et x ∈ B,ovvero risultasse x ∈ A ⋂ B.

Valgono le seguenti proprietà distributive 7)

A ∪ (B ⋂ C) = (A ∪ B) ⋂ (A ∪ C)

8)

A ⋂ (B ∪ C) = (A ⋂ B) ∪ (A ⋂ C)


Si consideri la 7. E’ possibile dire che x ∈ A ∪ (B ⋂ C) ⟹ x ∈ A oppure x ∈ (B⋂C) oppure x appartiene ad entrambi gli insiemi A e B ⋂ C, ovvero x ∈ A ⋂ (B ⋂C). Se x ∈ A allora è immediato osservare che A ∪ (B ⋂ C) = (A ∪ B) ⋂ (A ∪ C). Se x ∈ B ⋂ C allora discende che x ∈ B e x ∈ C . Ma se è così allora x ∈ (A ∪ B) ed anche x ∈ (A ∪ C), ovvero x ∈ (A ∪ B) ⋂ (A ∪ C). Se x ∈ A ⋂ (B ⋂C) allora x ∈ A, x ∈ B, x ∈ C. Da ciò discende che x ∈ (A ∪ B) ed anche x ∈ (A ∪ C), ovvero x ∈ (A ∪ B) ⋂ (A ∪ C). Questa relazione di appartenenza è vera anche quando x ∈ B oppure x ∈ C essendo comunque x ∈ A. Considero ora la proprietà 8. Se x ∈ A ⋂ (B ∪ C) vuol dire che x ∈ A ed anche x ∈ (B ∪ C). Primo sottocaso x ∈ B et x ∈ C. Considero il secondo membro (A ⋂ B) ∪ (A ⋂ C) ed ho x ∈ (A ⋂ B) e x ∈ (A ⋂ C) quindi x ∈ (A ⋂ B) ∪ (A ⋂ C).

Si hanno pure le seguenti proprietà: 9)

A⊆B⇔ A⋂B=A

Trattandosi di una implicazione logica (o condizione necessaria e sufficiente, c.n.e.s.) occorre considerare i due casi, ovvero 9’) 9’’)

A⊆B⟹ A⋂B=A A⋂B=A⟹A⊆B


Considero la relazione di inclusione A ⊆ B. Per essa va considerato il caso A = B. Per esso si ha immediatamente che A ⋂ A = A (per la proprietà di idempotenza). Sia A ⊂ B. Allora ogni a ∈ A è anche elemento di B. Ma esiste almeno un x ∈ B tale che x ∉ A. Sotto questa condizione è evidente che A ⋂ B contiene tutti e soli gli elementi comuni ad A e a B. Ma detti elementi comuni sono tutti e soli gli a ∈ A. Con ciò è provata la 9’). Considero ora la 9’’). A ⋂ B = A vuol dire che l’insieme A è eguale all’insieme avente come elementi tutti e solo gli elementi comuni ad A e a B. Quindi che B è costituito da tutti gli elementi di A. In questo caso sarebbe A ⋂ A = A. Ma è possibile anche un secondo caso, ovvero che esista almeno un x ∈ B tale x ∉ A. In questo caso sarebbe A ⊂ B.

10)

A⊆B⇔ A∪B=B

E’ possibile distinguere due casi A = B e A ⊂ B. A = B conduce a A = B ⇔ A ∪ B = B da cui A = A ⇔ A ∪ A = A ovvero A = A ⇔ A = A. Considero il caso A ⊂ B. La 10) diviene la seguente A⊂B⇔ A∪B=B


avendosi Îą)

A⊂B â&#x;šAâˆŞB=B

β)

AâˆŞB=B â&#x;šA⊂B

La Îą) si giustifica facilmente considerando che B contiene tutti gli elementi di A esistendo elementi di B non appartenenti ad A. Pertanto l’unione di A e B contiene tutti gli elementi di A pure elementi di B ma anche gli elementi di B non appartenenti ad A. Tale insieme è l’insieme B. Da A ⊂ B discende A âˆŞ B = B. Viceversa si dimostra la β). A âˆŞ B = B

significa che ogni a ∈ A è pure elemento di B dovendo

esistere almeno un b ∈ B tale che b ∉ A. B ⊈ A ovvero A ⊂ B.

Vorrei ricordare che vige la proprietĂ transitiva dell’inclusione. 11.0) A⊆ B, B ⊆ C â&#x;š A ⊆ C Vi è un caso banale per il quale A = B e B = C conduce a A = C. Considero un secondo caso per il quale A ⊂ B e B ⊂ C conduce a A ⊂ C. Ciò perchĂŠ ogni a ∈ A è tale che a ∈ B esistendo comunque elementi di B per i quali b ∈ B : b ∉ A. Ma poichĂŠ B ⊂ C per ipotesi allora ogni b : b ∈ b ( e quindi anche gli a : a ∈ A) è elemento di C. Quindi C contiene anche tutti gli a ∈ đ??´. In modo analogo è possibile studiare i sottocasi Îą)

A = B , B ⊂ C;

β)

A ⊂ B , B = C.


In definitiva si addiviene a A⊆ B, B ⊆ C â&#x;š A ⊆ C

Valgono pure le seguenti proprietĂ 11)

(A⊆ C, B ⊆ C) ⇔ A âˆŞ B ⊆ C

12)

(A⊇ C, B ⊇ C) ⇔ A ⋂ B ⊇ C

Queste sono le proprietĂ elencate nella preposition 3-1.3. del testo Fundamentals of Abstract Analysis del Gleason, Addison-Wesley unitamente al seguente teorema

13) ∀ A, B, C : A ⊆ B si ha AâˆŞ B ⊆ B âˆŞ C ed anche A â‹‚ B ⊆ B â‹‚ C

Per gli insiemi valgono due ulteriori proprietĂ dette leggi di DeMorgan come segue:

14)

(đ?‘¨â‹‚đ?‘Š)đ?‘Ş = đ?‘¨đ?’„ âˆŞ đ?‘Šđ?’„

Sia x ∈ (đ??´â‹‚đ??ľ)đ??ś allora x ∉ đ??´â‹‚đ??ľ quindi x ∉ A oppure x ∉ B, oppure non appartiene ad entrambi. Ma se x ∉ đ??´ (o se x ∉ B) allora x ∈ đ??´đ?‘? (x ∈đ??ľ đ?‘? ) quindi x ∈ đ??´đ?‘? âˆŞ đ??ľ đ?‘? . Se x ∉ A e x ∉ B allora x ∉ đ??´ â‹‚ đ??ľ . Ma x ∈ đ??´đ?‘? âˆŞ đ??ľ đ?‘? e pure x ∈ (đ??´â‹‚đ??ľ)đ??ś . Nel caso x ∈ A, x ∈ B allora x ∈ A â‹‚ B, da cui x ∉ (đ??´ â‹‚đ??ľ)đ??ś e x ∉ đ??´đ?‘? âˆŞ đ??ľ đ?‘? .

15)

(đ?‘¨ âˆŞ đ?‘Š)đ?‘Ş = đ?‘¨đ?’„ â‹‚đ?‘Šđ?’„


Se x ∈ (đ??´ âˆŞ đ??ľ)đ??ś allora x ∉ A âˆŞ B . Da ciò discende che x ∉ A et x ∉ B. Da ciò si evidenzia che x ∈ đ??´đ?‘? e x ∈ đ??ľ đ?‘? ovvero x ∈ đ??´đ?‘? â‹‚đ??ľ đ?‘? .

Vale anche la seguente relazione 16)

B ∖ A = B â‹‚ đ?‘¨đ?’„

Il primo membro definisce un insieme i cui elementi b sono tali che contiene tutti e soli gli elementi di B che non sono elementi di A. B ∖ A = {b : b ∈ B, b ∉ A} Per il secondo membro la scrittura B â‹‚ đ??´đ?‘? definisce l’insieme {b : b ∈ B, b ∈đ??´đ?‘? } . Ma se b ∈đ??´đ?‘? allora b ∉ A. Ciò una diretta conseguenza del principio di non contraddizione. Esso è solitamente messo nella forma đ??´ â‹‚đ??´đ?‘? = ∅ đ?‘†đ?‘’ a ∈ A allora a ∉ đ??´đ?‘? (per la definizione di insieme complementare) quindi a ∉ đ??´ â‹‚đ??´đ?‘? . đ??śđ?‘–ò è đ?‘Łđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ ∀a : a ∈ A. đ?‘ƒđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘Ąđ?‘œ đ??´ â‹‚đ??´đ?‘? = ∅. Quindi è verificato il teorema. Occorre poi ricordare anche la seguente

17)

∀A si ha che (đ?‘¨đ?‘Ş )đ?’„ = A

Tale proprietĂ insiemistica è detta involuzione. Sia x ∈ A. Allora x ∉ đ??´đ?‘? .


Sia đ??´đ?‘? = B allora x ∉ B. Ma sicuramente x ∈ đ??ľ đ?‘? ovvero x ∈ (đ??ľ)đ?‘?

ovvero

x ∈ (đ??´đ?‘? )đ?‘? . In definitiva ogni x ∈ A appartiene pure a (đ??´đ??ś )đ?‘? . In alcuni testi l’insieme complementare đ??´đ?‘? di un insieme A è scritto con il formalismo đ??´Ě…. Tra insieme vuoto ∅ e insieme universo U valgono le seguenti relazioni ∅đ??ś = U đ?‘ˆđ?‘? = ∅ đ?‘ƒđ?‘’đ?‘&#x; l’insieme vuoto esistono infinite proprietĂ caratteristiche che lo rappresentano. đ?‘ƒđ?‘’đ?‘&#x; gli insiemi vale la ulteriore proprietĂ di assorbimento per la quale si ha đ?‘¨â‹‚(BâˆŞC)=A đ?‘’ dualmente đ?‘¨âˆŞ(Bâ‹‚C)=A

Nell’algebra degli insiemi viene definita una ulteriore proprietĂ detta differenza simmetrica cosĂŹ definita A ⊕ B = (A ∖ B) âˆŞ (B∖A)

Per essa valgono le seguenti proprietĂ 18)

A⊕A=∅

19)

A⊕∅=A

20)

A⊕B=B⊕A

21)

A ⊕ B ⊕ C = (A ⊕ B)⊕ C


22)

A ⋂ (B ⊕ C) = (A ⋂ B) ⊕ (A ⋂ C)


Inserisco ora questa pregressa osservazione sull’insieme vuoto.

Vanno quindi considerate le proprietà del prodotto cartesiano. La prima di esse è la distributività del prodotto rispetto all’unione.


(A ∪ B) ⤫ C = (A ⤫ C) ∪ (B ⤫ C) Il

prodotto

cartesiano

gode

di

una

ulteriore

proprietà

detta

distributiva del prodotto cartesiano rispetto all’intersezione. Essa è così formalizzata (A ⋂ B) ⤫ C = (A ⤫ C) ⋂ (B ⤫ C) Ulteriore proprietà di cui gode il prodotto cartesiano è la distributività rispetto alla differenza. Essa è così formalizzata (A - B) ⤫ C = (A ⤫ C) - (B ⤫ C) Infine è possibile dimostrare che (X ⊆ A , Y ⊆ B) ⟹ X ⤫ Y ⊆ A ⤫ B Nella teoria degli insiemi trova applicazione un principio detto di dualità. Per esso data una espressione insiemistica è possibile ottenere una nuova espressione insiemistica, sostituendo i simboli di unione e di intersezione e gli insiemi universo e vuoto. La nuova espressione ottenuta è detta duale. Se l’espressione insiemistica data è un teorema dell’algebra degli insiemi allora anche il duale di essa è un teorema dell’algebra degli insiemi. Queste considerazioni esauriscono le argomentazioni sugli insiemi e sulle loro proprietà. Va ora considerato il concetto di relazione binaria tra elementi di insiemi. Essa è immediatamente ponibile come sottoinsieme proprio di un prodotto cartesiano.


Siano dati due insiemi A e B tali che A ≠∅, B ≠∅ e in generale A ≠B. Come è noto, il prodotto cartesiano è un insieme costituito da coppie ordinate (a, b), con a ∈ A e b ∈ B. Va definito il concetto di relazione. Esso è dato intuitivamente come una legge di corrispondenza tra un elemento a ∈ A ed uno o piĂš elementi b : b ∈ B. Una generica relazione si indica con la lettera â„›. Essa va riempita di contenuti caso per caso. Se gli elementi a e b dei dati insiemi A e B sono in relazione tra loro si scrive aâ„›đ?‘?, altrimenti si scrive aℛ̅ b. Se ad esempio â„› ha il significato concreto di “è padre diâ€? la scrittura aâ„›đ?‘? ha il significato che a è padre di b. Giova osservare che con riferimento a questo esempio a può essere in relazione con piĂš elementi b : b ∈ B. Data â„› è possibile definire una â„› −1 . Nel caso di specie essa è intesa “è figlio diâ€?. E’ ovvio che per b assegnato allora è unico l’elemento a : a ∈ A che può essere posto in relazione del tipo bâ„› −1 a. In effetti un figlio ha un solo padre. Data (a, b) ∈ A ⤍ B è possibile solo una delle due ipotesi aâ„›đ?‘?, aℛ̅ b. L’insieme delle coppie (a, b) : aâ„›đ?‘? è l’insieme C : C ⊆ A ⤍ B. Come caso particolare ma importante di relazioni binarie tra insiemi e ammesso il caso sia A = B. In questo caso si parla di relazione binaria tra gli elementi di un insieme. Sono di particolare interesse le relazioni che godono di alcune proprietĂ . Sia dato un insieme non vuoto A e sia a un suo generico elemento.


La prima proprietà rilevante e la riflessiva. Una relazione binaria ℛ gode della proprietà riflessiva se ∀ a : a ∈ A si ha aℛa. Ulteriore proprietà è quella simmetrica per la quale aℛb ⟹ bℛa. Una proprietà è detta antisimmetrica se (aℛb e bℛa) ⟹ a = b. Infine, viene definita una ulteriore proprietà, detta transitiva per la quale (aℛb e bℛc) ⟹ aℛc La e in questo caso ha il significato dell’operatore and (se sono verificate

entrambe

le

due

condizioni

costitutive

dell’ipotesi,

allora…….). Ogni

relazione

che

gode

contemporaneamente

delle

proprietà

riflessiva, transitiva e simmetrica è detta di equivalenza. Ogni relazione che gode della proprietà riflessiva, antisimmetrica e transitiva è detta d’ordine. Va ora definito il concetto di classe di equivalenza. E’ dato un insieme non vuoto A e una relazione ℛ. Si ammetta che detta relazione sia una relazione di equivalenza. Vale quindi che essa gode delle proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva. La classe di equivalenza, in pratica, è un insieme avente come elementi tutti e soli gli elementi di A che sono in relazione con

un dato

elemento di A. In termini formali se sono x i generici elementi di A tali che dato un a ∈ A è possibile dire che xℛa la classe di equivalenza C(a) è l’insieme seguente C(a) = {x ∈ A : xℛa, a∈A } Un formalismo ulteriore per definire la classe di equivalenza di a è il seguente


C(a) = ⌋aâŚŒ ≠∅ In Anichini, Conti, Analisi matematica 1, Pearson si evidenzia nettamente l’alternativitĂ delle possibilitĂ seguenti: C(a) = C(b) C(a) â‹‚ C(b) = ∅. Ho trovato questa esplicitazione particolarmente istruttiva in quanto nel primo caso ( C(a) = C(b) ) si ha il caso che sia aâ„›b (ma anche con le ulteriori vigenze legate al fatto che trattasi di una relazione di equivalenza). Ritornando alla notazione di base in senso piĂš estensivo è possibile dire che C(a) = C(x) ⇔ aâ„›x ∀x : aâ„›x è vera. La seconda relazione introdotta, ovvero

C(a) ⋂ C(b) = ∅, ha l’immediato

significato che aâ„›b è falsa, ovvero che è aℛ̅ b. Ciò è implementabile in senso piĂš generale scrivendo C(a) â‹‚ C(x) = ∅ da cui si desume aℛ̅ đ?‘Ľ vera per ogni x tale che aâ„›x è falsa. L’iter logico è sostanzialmente il seguente. E’ dato un insieme A non vuoto. Gli elementi di esso vengono raggruppati in sottoinsiemi di A tali che -

tra due elementi qualunque x ed y di un sottoinsieme si ha xâ„›y;

-

tra due elementi qualunque r ed s di due sottoinsiemi distinti si ha rℛ̅ đ?‘ .

Anichini e Conti (op. cit.) ricordano che una classe di equivalenza non può essere l’insieme vuoto. Questo dato di fatto è abbastanza intuitivo. Può nel peggiore dei casi esistere un Îą ∈ A : ∀ x ≠ι : x ∈ A allora Îąâ„›x è identicamente falsa, ovvero si ha ιℛ̅ đ?‘Ľ.


In definitiva, l’insieme i cui elementi sono le classi di equivalenza di un insieme non vuoto A costituiscono una partizione di A, una partizione qualificata. Data una classe di equivalenza di A essa è costituita da tutti gli elementi di A che sono in relazione con un elemento di A. Anzi, geneticamente la collocazione degli elementi un una classe avviene sulla base del test “i due elementi sono in relazione ?”. Ognuno degli elementi di una data classe può essere elevato al rango di rappresentante della classe. Data C(a) = {a, a’, a’’} significa che per una assegnata relazione ℛ sono verificate le seguenti aℛa’; aℛa’’, a’ℛa’’. Ognuno degli elementi a, a’ e a’’ può essere definito, fungibilmente, come rappresentante della classe di equivalenza. Detti elementi sono detti equivalenti. Ciò posto si può anche scrivere C(a) = C(a’) = C(a’’). Dato un insieme e data una relazione è determinato univocamente l’insieme i cui elementi sono le classi di equivalenza di esso. Detto insieme è nomato insieme quoziente. Esso è formalizzato A ∖ℛ. Non c’è univocità nel formalismo definitorio del concetto di relazione. ℛ

La scrittura aℛb convive con (a, b)∈ ℛ ma anche con a → b ovvero ancora b=ℛ(a). Sinteticamente avendosi ℛ

aℛb ⇔(a, b)∈ ℛ ⇔ a → b ⇔b=ℛ(a).


Quando sono dati due insiemi A e B la rappresentazione grafica di una relazione â„› avviene con una tabella a doppia entrata. Nel senso orizzontale si collocano gli elementi di A e in senso verticale si collocano gli elementi di B. Se đ?‘Žđ?‘– â„›đ?‘?đ?‘—

allora all’incrocio tra la i-esima riga e la j-esima colonna si

pone il valore 1, altrimenti si pone il valore 0. Data una â„› tra due distinti insiemi essa è formalizzata come segue â„› = {(đ?‘Žđ?‘– , đ?‘?đ?‘— ) : đ?‘Žđ?‘– ∈ A , đ?‘?đ?‘— ∈ B, đ?‘Žđ?‘– â„›đ?‘?đ?‘— } Si segnalano le utili osservazioni ed esempi contenuti in G.M. Piacentini Cattaneo, Algebra, un approccio algoritmico, Zanichelli, Decibel (pagg. 12 e seguenti).


Seconda parte Gli sviluppi della teoria elementare: le teorie non ingenue


Una forza attrattiva molto astratta (e assolutamente irreale ? vista sui generis)

Si ipotizzi una forza f attrattiva che si esercita tra corpi. Si ammetta che la distanza tra i corpi A e B si mantenga costante nel tempo. Ammettiamo che all’inizio dell’esperimento la distanza di detti punti dal corpo C sia eguale, ovvero sia d(A, C) = d(B, C). Per la simmetria del problema non è essenziale definire il valore di β tale che f âˆ? đ?&#x;? đ?’“(đ?’•)đ?œˇ

.

Detta forza è proporzionale al prodotto delle misure della grandezza rilevante. Detta proprietĂ , nel caso della gravitazione è la massa dei corpi. Sia Ď„ detta grandezza rilevante. Si ammetta sia đ?œ?đ??´ = đ?œ?đ??ľ

con đ?‘‘đ?‘Ą (A, B) = cost.

Per la simmetria del problema è possibile scrivere la risultante R(t) = y(t)f + y(t)f = 2y(t)f. y(t) è una funzione continua tale che y(0) = 1 ma esiste un đ?‘Ąđ?‘“đ?‘–đ?‘› per il quale y(đ?‘Ąđ?‘“đ?‘–đ?‘› ) = 0. y(t) è una funzione scalare che definisce un parametro variabile nel tempo adimensionato. PiĂš correttamente viene definita da y(t) una classe di funzioni per le quali tutte hanno y(0) = 1 ma distinti đ?‘Ąđ?‘“đ?‘–đ?‘› al variare di đ?œ?đ??´ = đ?œ?đ??ľ e di đ?œ?đ??ś . Questo è il caso di due corpi A e B aventi carica elettrica positiva con un corpo C avente carica negativa. Quando il corpo C giunge sulla retta congiungente le cariche A e B al tempo đ?‘Ąđ?‘“đ?‘–đ?‘› la risultante delle forze applicate è nulla quindi il corpo non soggetto ad altre forze è in condizioni inerziali. Nel caso del campo elettrico statico la grandezza Ď„ corrisponde alla carica elettrica. In questo caso per la atrattivitĂ di f si ammette che il corpo C abbia carica di segno opposto rispetto a quella dei corpi A e B.


Nel caso la proprietĂ rilevante sia la massa – caso quindi della gravitazione đ?œ?đ??´ = đ?œ?đ??ľ definisce due corpi di eguale massa. Il caso gravitazionale è assai meno realistico, ma non utopico. Potrebbero essere A e B due grossi oggetti nello spazio in moto relativo rispetto ad un terzo oggetto C in avvicinamento, secondo la simmetria data. La rimozione dell’ipotesi che valga f âˆ?

đ?&#x;? đ?’“(đ?’•)đ?œˇ

, con β = 2 nei casi gravitazionale ed

elettromagnetico è fittizia non formale (risultando essa sottesa). In astratto tale riflessione vale anche per β ≠2. Per la simmetria del problema non è rilevante quanto valga β. L’introdotta simmetria mi dice che la forza è la medesima ovvero si ha đ?‘­đ?‘¨đ?‘Ş = đ?‘­đ?‘Šđ?‘Ş . Queste riflessioni non sono in generale vere quando đ?œ?đ??´ ≠đ?œ?đ??ľ , per le altre condizioni ancora verificate. Si ammetta rimossa l’ipotesi della concentrazione puntuale della proprietĂ Ď„ e la si ammetta uniformemente distribuita sulla la superficie interna di un cilindro infinito. Il corpo C cade nel cilindro muovendosi su una retta centrale rispetto al cilindro. In questo caso se Ď„ designa la massa è da ritenere che esso conservi il suo moto rettilineo uniforme se entra in esso con moto uniforme oppure accelerato se esso era accelerato. In questo caso con jark nullo. Analoga riflessione vale per il caso elettromagnetico. In questo caso si ammette che la carica (concorde o discorde) sia uniformemente distribuita sulla superficie interna del cilindro. Le condizioni di moto non sono alterate neppure quando si consideri un corpo massivo e carico che si muove sulla retta assiale di un cilindro infinito di massa uniforme e di carica uniforme. Queste sono ipotesi astratte e una prima complicazione nasce quando đ?œ?đ??´ ≠đ?œ?đ??ľ đ?œ? essendo đ?œ?đ??´ = k ≠1 ≠0. đ??ľ

(Agg. 18 – 11 – 2015, h. 21.50) Si consideri il caso elettrostatico in condizioni non simmetriche di due cariche positive a distanza costante nel tempo che interagiscono con una carica in moto dotata di carica negativa. Le due cariche positive sono � + e k� + ove � + = n|�|.


La carica negativa đ?‘ž − = me < 0. Le tre cariche per semplicitĂ sono denotate colle lettere A, B e C. Per ipotesi si ammette che đ?‘‘đ?‘Ą (A,B) = L per ogni t ≼ 0; đ?‘‘0 (A,C) = đ??ż1 ; đ?‘‘0 (B,C) = đ??ż2 . Geometricamente è definito il punto H tale che đ??ś0 H ⊼ AB, essendo đ??ś0 il punto corrispondente alla posizione della particella C al tempo t = 0. Dato il valore delle cariche A e B, nota la loro distanza reciproca e costante L quanto deve valore il valore della carica C (negativa) per le assegnate distanze đ?‘‘0 (A,C) = đ??ż1 ; đ?‘‘0 (B,C) = đ??ż2 di guisa la traiettoria di C sia un segmento di retta di estremi đ??ś0 đ?‘’đ?‘‘ H, o comunque đ??ś0 đ?‘’đ?‘‘ H’ ≠H con H’ ⊂ AB ? La condizione finale (cond.fin), quanto la R(đ?‘Ąđ?‘“đ?‘–đ?‘› ) = 0, impone di poter trovare per via algebrica i valori di distanza AH’ e H’B come banale applicazione della legge di Coulomb. Nel caso particolare β = 2. Ulteriore condizione necessaria a garantire la condizione di moto rettilineo (non uniforme) è che al tempo t = 0 la risultante delle forze centrali tra le particelle A – C e B – C sia quella della retta passante per i punti đ??ś0 đ?‘’đ?‘‘ H’ (cond.iniz). Ho formulato la seguente congettura ( cond.iniz vera and cond.fin vera) â&#x;š traiettoria rettilinea.

(aggiornamento al 20 novembre 2015 ,ore 20,16).


Proprietà letteraria e intellettuale Nell’elaborare il presente documento ho inevitabilmente attinto a fonti, indicate nel testo. Per quanto attiene alle “figure” – utilissimo supporto – queste sono state estratte da Internet nella presunzione che quanti le hanno collocate ne avessero titolo. In questo caso non mi è stato possibile citare la fonte. Questo elaborato non ha fini di lucro. Ne è consentita la diffusione, anche totale, purché, senza finalità lucrative e commerciali, venga citata la fonte, con l’indicazione dell’autore e del soggetto diffusore dell’opera.



pubblicazione a cura di Pascal McLee

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