Appunti sul significato strategico della guerra aerea. Dalle origini al II conflitto mondiale
Di Patrizio GRAVANO
(incontro organizzato dalla Sezione UNUCI di Monterosi – Tuscia Sud, 26 settembre 2015, Biblioteca comunale di Monterosi)
“The bomber will always get throuth” Stanley Baldwin, Premier britannico ai Comuni, 1932
1. Introduzione. - Lo scopo di questo breve elaborato, richiestomi dalla Presidenza della Sezione UNUCI di Monterosi – Tuscia Sud e in particolare dal Gen. C.A. Luciano Canu, Presidente emerito, è sostanzialmente quello
di
inquadrare
nelle
linee
essenziali
le
problematiche relative alle concezioni teoriche e alle evidenti ricadute operative, più o meno ben riuscite, in ordine all’impiego del mezzo aereo nei conflitti armati. Questa ricerca copre il periodo storico compreso tra la fine del XIX secolo e la fine del II conflitto mondiale.
2. Aeronautica ante litteram. - Di “aeronautica” ma non di “guerra aerea” si può iniziare a parlare per l’Italia già dagli anni Ottanta del XIX secolo. L’istituzione di un “Servizio aeronautico” incardinato nell’Arma del Genio, al comando di Alessandro Pecori Gilardi deriva da una circolare interna del Ministero della Guerra del 1884. Si operava con palloni aerostatici con finalità osservative e di rilevamento del terreno, ma si comprendevano le potenzialità dei “nuovi mezzi aerei”.
Nel 1887 fu istituita la “Compagnia specialisti del Genio” che
partecipò
attivamente
alla
campagna
militare
d’Eritrea. Dotata di tre palloni, fece molte osservazioni. 3. Verso la I Guerra mondiale. - Di operazioni militari aeronautiche vere e proprie si può in iniziare a parlare, per quanto attiene al nostro Paese, a partire dal 1911, quando il Regio esercito acquistò alcuni velivoli francesi che, unitamente ad alcuni dirigibili, parteciparono alle manovre estive nel Monferrato. Il “battesimo del fuoco” si ebbe nel successivo autunno in Libia. Già prima dello scoppio della I Guerra mondiale gli strateghi
militari
avevano
compreso
l’importanza
“assunta dalla difesa e dall’offesa aerea”. Partita
con
un
certo
ritardo
man
mano
che
si
sviluppavano le operazioni militari nel corso degli anni la produzione nazionale di velivoli militari crebbe a ritmi sostenuti. Le
industrie
aeronautiche
italiane
produssero
complessivamente 11.866 velivoli. L’apporto del mezzo aereo fu rilevante nel corso della battaglia del Piave. In quei giorni forte della superiorità aerea rispetto agli Imperi centrali fu possibile, ai nostri aerei la celebre “incursione”
propagandistica
del
D’Annunzio
sulla
capitale austriaca. È bene ricordare che i primi bombardamenti aerei contro le città si ebbero già nel primo conflitto mondiale
e interessarono un po’tutti i paesi europei interessati dall’esperienza bellica. Le città più bersagliate furono quelle inglesi, colpite dai dirigibili e dagli aerei tedeschi. 4. Alcuni importanti scritti di Giulio Douhet. - Tra il gennaio e il febbraio del 1915, quindi in piena I guerra mondiale, il futuro Gen. Douhet elaborò ben 15 articoli nei quali sono condensate le sue idee di base per il futuro della guerra aerea. Queste sono veri e propri postulati: - valorizzazione del ruolo dell’aeromobile in antitesi al dirigibile; - aeromobile come strumento di bombardamento e non come mero ausilio delle operazioni (limitandone la funzione all’esplorazione tattica e al perfezionamento del tiro d’artiglieria); - superiorità aerea per competere vincendo le sfide con le altre aeronautiche (da tale postulato discendeva un importante
corollario,
quello
del
ruolo
della
tecnologia, di cui si avrà più oltre modo di parlare). Queste
sue
considerazioni
erano
riproposizioni,
aggiornate e integrate, delle sue prime idee, risalenti al periodo prebellico. Egli fu geniale nel comprendere che l’aereo avrebbe soppiantato il dirigibile! Egli comprese l’importanza della spedizione aerea del febbraio del 1915 quando una squadriglia britannica bombardò i sottomarini tedeschi in un porto belga.
Gli fu da subito ben chiaro che di azioni del genere, e su scala ben più vasta, nei decenni a venire se ne sarebbero viste molte, come in effetti accadde! Già dal luglio del 1915, ma ancor più nel gennaiofebbraio del ’16, fu attivo interprete di nuove esigenze di superamento delle logiche della guerra di trincea. In tali scritti delinea la sua teoria del bombardamento strategico. Nel febbraio del ’16 Egli inviò ai Generali Luigi Cadorna, Comandante in capo, e Ugo Brusati (generale d’Armata, distintosi ad Adua, fu per un lungo periodo (1902 – 1917) Primo aiutante di campo di S.M. il Re) le sue “Proposte
concrete
in
ordine
alla
organizzazione,
all’impiego ed allo sviluppo della nostra aviazione militare” in cui postulava l’istituzione di un Comando generale di aviazione presso il Comando supremo del Regio
Esercito
funzionalmente dell’esercito)
ma
(non
quindi
autonoma, comunque
ma
un’arma ancora
sganciata,
aerea ”ancilla”
quanto
a
dimensione operativa, e posta alle dipendenze dalla Direzione tecnica per l’aeronautica. Per l’idea che mi sono fatto questa ultima potrebbe essere considerata una Divisione di una Direzione generale per gli armamenti. Intanto le città italiane del Nord subivano qualche bombardamento austriaco… Egli, in una lettera al Corriere della sera, enfatizzava non tanto il ruolo delle difese antiaeree, quanto la necessità di andare a bombardare i campi di aviazione
dai quali partivano gli aerei che bombardavano Milano o Ravenna (controaeronautica). In questi termini sta l’essenza del concetto di strategia aerea (o “guerra aerea strategica”). Esso è ben sintetizzato dal Licheri che desidero citare letteralmente. Egli la definisce così: “offesa con bombardamenti contro il territorio
nemico
per
ridurre
la
capacità
bellica
dell’avversario ed ostacolare l’impiego delle sue forze aeree e di superficie, e difesa aerea del territorio italiano con la caccia.” Quantunque Regia Marina e Regio Esercito disponessero di
autonome
aviazioni
con
finalità
di
supporto
squisitamente tattico, non mancarono di esistere limiti severi in relazione all’organizzazione dell’Arma aerea. Essa infatti era costituita principalmente da bombardieri medi e da caccia intercettori. Questi ultimi erano più leggeri, sicuramente più veloci ma anche inadatti a scortare i bombardieri in quanto essi avevano scarsa autonomia. Questo stato di cose di per sé era tale da vulnerare insanabilmente il principio cardine della guerra aerea. Si dava grande rilevanza ai bombardieri leggeri anche come utile supporto, nonostante la presenza di aviazioni di forza armata, a Esercito e Marina e quindi in funzione squisitamente tattica. L’uso tattico del bombardieri leggeri era ipotizzato nella presunzione della non disponibilità da parte del nemico di rilevanti forze aeree.
Questo stato di cose contribuì a una confusione di ruoli che non giovò nel corso del II conflitto mondiale al contributo bellico italiano, salve comunque le successive considerazioni, in termini davvero positivi, relative al coordinamento
aeronavale
nello
scacchiere
Mediterraneo. 5. Il principio cardine dell’offesa aerea. - L’aeroplano, che nella visione del Douhet diveniva l’elemento decisivo della guerra, avrebbe dovuto portare innanzi l’offesa aerea che doveva risultare “improvvisa, violenta” ed essere condotta “in massa, e perciò mediante reparti di numerosi apparecchi potenti, agenti sopra un unico obiettivo, armati di bombe contenenti una enorme quantità di alto esplosivo”. Ma certo, mancando aerei da caccia adeguati ed essendo i
bombardieri
ipotizzati
poco
armati
(per
non
appesantirli) le considerazioni, astrattamente geniali del Douhet,
potevano
risultare
poco
concretamente
realizzabili. Dato il carattere strategico, non quindi meramente tattico, dello strumento aereo la competenza di utilizzo, massiccio ma anche risolutivo, era demandata alla competenza del Comando supremo e solo in casi eccezionali ai comandi d’armata. Le squadriglie di pochi aeromobili non rientravano nella strategicità del loro impiego, anche perché potevano nascere
evidenti
problematiche
organizzative
(diseconomie
di
gestione)
ma
anche
difficoltà
del
coordinamento delle azioni dei vari “reparti”. Nella sua evoluzione dottrinale il Douhet definisce meglio (lo qualifica, ma non lo modifica) un assioma già introdotto: primariamente lo scopo dell’arma aerea è eliminare a monte la possibilità che il nemico possa procedere ai bombardamenti. La più efficace “difesa aerea” consiste nel distruggere i velivoli, gli aeroporti e le strutture collaterali all’offesa aerea. Per questa via si sarebbe giunti al dominio dell’aria. In questi termini più che parlare di “indipendenza” della guerra aerea come Egli, ingegnosamente e in anticipo sui tempi faceva, si potrebbe parlare di superiorità della guerra aerea. Mi è risultato chiaro, leggendo un’opera citata in Bibliografia, che questa “superiorità” fu manifesta in occasione dell’imminente conquista anglo-americana della Sicilia e quindi pure in un contesto semitattico. Tale condizione è ben evidenziata e descritta dal Licheri che ricorda che: “La resa di Pantelleria senza combattere fu una chiara dimostrazione del potere aereo, in particolare del bombardamento aereo”. Ecco quindi il caso di un essenziale impiego tattico “specie come supporto diretto alle forze di superficie”. 6.
Squadriglia
tipo
e
relativa
dislocazione
sul
territorio. - Fedele alla sua impostazione assiomatica della guerra aerea d’offesa, prima che di difesa, egli
definì
la
struttura
standard
della
squadriglia
di
adeguato
di
potenti
da
combattimento aereo. Essa
era
aeromobili:
costituita
da
un
ventiquattro
numero
apparecchi
bombardamento erano “protetti” da sei velivoli da caccia, in grado di proteggere il resto della squadriglia dagli attacchi della caccia nemica. Da Brescia a Venezia si doveva stendere “una cintura parallela ed interna al fronte” di sette squadriglie, utili alle offensive aeree, come sopra delineate, ma anche utile salvaguardia per i maggiori “centri della valle del Po”. Nella sua visione l’elemento dell’offesa, sicuramente prioritario, conviveva con quello della difesa aerea attiva. 7. Lo sbarramento aereo e la “guerra come corsa contro il tempo”. - La “cintura parallela ed interna al fronte” costituisce il cosiddetto “sbarramento aereo” che si “configura dunque come un dispositivo strategico elastico
e
dinamico,
sia
perché
deve
assolvere
contemporaneamente sia alla difesa che all’offesa, sia perché doveva consentire di superare la stasi della guerra di logoramento terrestre: danneggiando il sistema produttivo, tagliando le comunicazioni tra il paese e l’esercito e devastando la zona retrostante le posizioni nemiche, si sarebbe potuto scardinare l’intero sistema avversario”. La distruzione delle postazioni aeronautiche nemiche con eventualmente, ma oserei dire, essenzialmente, la
distruzione dei velivoli atti all’offesa è, come già ricordato, chiamata “controaviaizone”. Tempestività
e
carattere
asimmetrico
dell’offesa
costituivano due ingredienti essenziali della “ricetta” che Douhet aveva confezionato. La guerra era, per lui, una corsa contro il tempo! Avrebbe vinto colui che per primo, “riuscendo a contenere l’avversario sul teatro terrestre dello scontro”, avesse “per primo, preso il sopravvento strategico scatenando una massiccia offensiva aerea”. La tesi del Douhet aveva un limite oggettivo e non controvertibile. Non era infatti possibile con le tecniche costruttive di allora fornire alla disponibilità del Comando supremo, in tempi ragionevolmente brevi, i velivoli necessari. Ma in astratto, secondo alcuni, i velivoli potevano portare le bombe in quantità tali per organizzare tali bombardamenti. Il Comando supremo sottovalutava l’importanza dei bombardieri! Le successive vicende personali del Douhet esulano dall’oggetto della presente ricerca. La vicenda giudiziaria, l’uscita di scena e la successiva sua riabilitazione, operata per decisione del deputato repubblicano Eugenio Chiesa, capo del Commissariato generale per l’aeronautica, sono ben note. È bene ricordare che solo nel 1923 gli aviatori poterono costituirsi in Forza armata autonoma. Il 28 marzo di
quell’anno fu istituita la Regia Aeronautica. Essa, come vedremo in seguito, fu impegnata nella guerra etiopica e in quella spagnola e quindi nel II conflitto mondiale. 8. Il bombardamento strategico. - Gli esperti di questioni militari, in ogni paese evoluto, avevano compreso “la centralità dell’arma aerea per ogni guerra futura”. Centralità, dunque! Il risultato dei loro sforzi teorici fu l’elaborazione del concetto di “bombardamento strategico”. Si tratta del fondamento teorico cui ascrivere la massima parte dei bombardamenti aerei contro le popolazioni civili. Tale concetto si sviluppa e si afferma a partire dalle prime riflessioni sui bombardamenti aerei della I Guerra mondiale,
molti
dei
quali
sono
“bombardamenti
strategici pioneristici”. Bombardamento strategico è ogni azione aerea offensiva, che si realizza indipendentemente da altre operazioni militari di terra e di mare, volta a colpire intensamente e ripetutamente i cosiddetti “centri vitali” con la precipua finalità di incidere negativamente sulla capacità bellica ma anche sul morale e la resistenza della popolazione civile. I centri vitali oggetto del bombardamento “strategico” sono costituiti dai centri di produzione bellica (le industrie di armamenti e quelle riconnesse a tale filiera), dalle reti di trasporto e dai relativi nodi, specie quelli intermodali, dalle centrali elettriche e relative reti, i
depositi e le reti di trasporto dei carburanti, le sedi governative e dell’amministrazione (specie i comandi militari, ma anche le sedi “civili”). Tra i centri vitali sono ricompresi, ovviamente, pure le strutture
aeroportuali
e
le
piste
di
decollo
degli
aeromobili. Bombardare una pista può voler dire impedire l’impiego dei velivoli avversari! Nel dare importanza alle azioni contro i centri vitali viene introdotto un corollario, costituito dal dover sacrificare, inevitabilmente, anche vite umane. La dottrina del bombardamento strategico ha subito di fatto una variante ben poco conciliabile con regole di umanità. In molte occasioni infatti i bombardamenti dei centri vitali sono divenuti bombardamenti terroristici contro la popolazione civile. Una “inevitabile” deprecabile conseguenza (un effetto collaterale particolarmente grave e raccapricciante!, lo potremmo definire) è divenuta una regola: colpire la popolazione con finalità prettamente terroristiche, a prescindere
dalla
vitalità di qualche centro vitale
coesistente. Non è mancato chi ha affermato che centro vitale per eccellenza è la stessa popolazione civile! Come ogni buona teoria la dottrina del bombardamento strategico scaturisce da dati sperimentali. Primariamente
tale
osservazionale
che
dottrina nella
scaturisce
guerra
dal
terrestre
dato
l’azione
difensiva e il contenimento prevalgono sulle strategie
d’offesa con la inevitabile e traumatica conseguenza del logoramento di trincea e la conseguente necessità di guerre relativamente lente. In tali contesti l’analisi costi-benefici è deprimente: risultati modesti con sacrifici umani inestimabili. Agli strateghi non manca di comprendere a fondo l’importanza che veniva assumendo il cosiddetto “fronte interno”. Il complesso mix di fattori antropologici, psicologici, sociali e culturali, economici e politici che lo definisce è ora
rilevante
perché
idoneo
a
influenzare
il
comportamento e le opinioni della popolazione civile. Tali opinioni sono rilevanti in quanto il consenso che si crea è idoneo a garantire la continuazione del conflitto. Il morale della popolazione e delle truppe diviene, nelle nuove forme di conflittualità armata, un elemento determinante per gli esiti del conflitto. La guerra ora non è più e solo e tanto questione di due schieramenti
di
miliari
che
si
affrontano
in
un
ottocentesco campo di battaglia ben definito e con regole consolidate, con i civili nella condizione di spettatori più o meno interessati, ma comunque mai coinvolti in prima persona, se non marginalmente. Il “bombardamento strategico” è una dimensione di uno spazio bellico ulteriore e amplificato. Ci avviamo, con il delinearsi dei nuovi scenari locali globali, verso la guerra totale, che mina una dicotomia fino ad allora canonica e fondamentale, quella tra combattenti (militari) e non combattenti (civili)!
Agli esperti militari non sfuggiva poi il ruolo che stava acquistando la tecnologia. Lo rapidità dello sviluppo della tecnologia nel settore aeronautico era dato per scontato da tutti gli esperti. Certi fecero meglio di altri, certi sostennero meglio lo sviluppo tecnologico, ma tutti, ai “nastri di partenza” ritenevano come elemento essenziale lo sviluppo della tecnologia aeronautica. Nasceva il problema della competitività delle varie forze aeree. Questa sfida diacronica fu vinta dagli anglosassoni che riuscirono a sfornare non solo una quantità maggiore di velivoli (dato questo da non trascurare) ma riuscirono ad amplificare il gap tecnologico con i rivali tedeschi e giapponesi. Dalla
definizione
funzionale
di
“bombardamento
strategico” discende l’esigenza di una indipendenza formale (e, ovviamente, sostanziale) dell’Arma aerea rispetto alle altre due forze armate, esercito e marina. Questa indipendenza fu ottenuta, seppure in tempi e secondo modalità diverse, da tutte le forze aeree dei paesi più progrediti militarmente. Si affermava il principio che le guerre si dovevano vincere rapidamente e riducendo il numero delle vittime ma, al contempo, si affermava anche un pericoloso corollario, come già ricordato, di questa dottrina: bombardare le città per demoralizzare la popolazione.
Specie i tedeschi fecero di questo corollario lo strumento principale per sfiancare il Regno Unito durante la II Guerra mondiale. Un corollario diveniva un postulato! Questo modo di intendere la guerra aerea fu fatale ai nazisti. Infatti, essi “attaccarono i centri demografici per piegare il morale degli inglesi” piuttosto che colpire duramente “aviazione e (…) sistemi di scoperta e di guida della difesa aerea”. Poco interesse, come pure in seguito vedremo, fu dato dalla Luftwaffe al “potenziale aeronautico e industriale “ britannico. Questo è considerato uno dei principali errori strategici della Luftwaffe nella II Guerra mondiale. 9. Il binomio arma chimica – aereo. - Sicuramente anche gli sviluppi della chimica applicata contribuirono a turbare le menti più serie ed equilibrate, già dalla metà degli Anni Venti. Il
binomio
bombardiere-gas
diveniva
sempre
più
incombente e in effetti lo stesso Douhet ne comprendeva bene le potenzialità in termini di integrabilità. Il francese René Fonck, valente aviatore nel I conflitto mondiale, era d’accordo e arrivò ad affermare che “un attacco aerochimico ben congeniato poteva mettere in ginocchio l’intero meccanismo della mobilitazione bellica fin dalle prime ore di ostilità”.
Ma detto ciò, sapendo che il nemico poteva fare lo stesso,
era
bene
quindi
pensare
alle
relative
contromisure. Nel Regno Unito il col. Fuller (il padre del carro armato) la pensava nello stesso modo. Chimica e pericolo per la civiltà erano ora ponibili come una pericolosa equazione. Gli strumenti pattizi erano (e costantemente) orientati al bando delle armi chimiche (dall’Aja, nel 1899, passando per Versailles, 1919, fino a Washingon (febbraio del ’22)). L’opinione pubblica internazionale andava messa in guardia. Tutti sanno che nel 1925 a Ginevra (“protocollo di Ginevra”) “gas asfissianti, tossici e militari” , ma anche “mezzi batteriologici” vennero vietati, quindi inutilizzabili secondo le regole pattizie dello jus in bello. Una curiosità: tra i più acerrimi nemici di queste nuove armi vi furono proprio i giapponesi! Anche le assisi internazionali della Croce rossa si muovevano sulla stessa “lunghezza d’onda”. Ma si sa, tra il dire pubblico e il fare privato in quegli anni il gap era diametrale. Non mancarono “esperti” dissenzienti. Tra essi coloro che ritenevano che tali armi fossero meno “dannose” delle convenzionali nel senso che esse avevano un significato tattico, limitato ad aree di piccole dimensioni.
10. Ginevra 1932: il fallimento. - Negli Anni Trenta si fece sicuramente molta demagogia. Si “predicava” in un modo ma poi si lavorava segretamente in un altro. Eccoci alla conferenza di Ginevra (febbraio 1932). Tutti, a parole, intendevano disciplinare la guerra aerea, abolendo l’uso dei bombardieri, per esempio. Ginevra fu un fallimento anche per quando riguarda l’uso del mezzo aereo. I francesi intendevano, per esempio, giungere ad una forza aerea internazionale sotto l’egida della Società delle Nazioni. Con il passare del tempo i francesi si convinsero della esigenza di proibire l’impiego dei bombardieri militari e di indirizzare gli sviluppi della industria aeronautica verso un poderoso impulso dell’aviazione civile. Quello che si farà nel II dopoguerra in relazione all’energia atomica, come dimostra l’esperienza dell’Euratom. Ma anche quando si parlava di aviazione civile nacquero dispute continue e la sterilità degli esiti delle trattative fu subito sotto gli occhi di tutti! Ci si allarmava anche della possibilità (non so quanto reale) della riconversione degli aerei civili in militari. Tutto si arenò anche di fronte alle preoccupazioni dei militari francesi. Anche a livello governativo le opinioni erano dissimili. Per esempio, il Cabinet britannico era diviso tra “falchi” e “colombe”: per i primi i bombardieri erano necessari all’indipendenza (“si vis pacem para bellum...”), mentre
per i secondi (i “disarmisti”) bisognava evitare ad ogni costo “gli orrori del conflitto aereo”. Bisognava cogliere opportunità data dalla Conferenza di Ginevra. Foreing Office versus RAF! Ma la colomba Baldwin dovette poi ricredersi. A Washington il Presidente Hoover intendeva portare avanti una linea antibombardiere. La situazione internazionale legata alle vicende della guerra aerea rimaneva molto fluida e Londra doveva continuare a difendere il police bombing, ampiamente utilizzato per le aree più inquiete del suo Impero, quali l’India. La Conferenza doveva inevitabilmente fallire. E così avvenne! Lo storico Giuliano Procacci ben ricordò che a tale punto la
minaccia
della
guerra
aerochimica
massiccia
diventava una “minaccia reale”. 11. Contromisure interne. - Per evidenti ragioni di simmetria chi postulava l’importanza dell’impiego del mezzo aereo nei conflitti armati del futuro non poteva non comprendere l’esigenza di impostare le linee della difesa civile antiaerea. Essa doveva limitare i danni in caso di bombardamenti aerei. Ma la sua impostazione, specie nella dimensione passiva, era finalizzata solo a ciò? Per alcuni non era così! Avevano torto? Sostanzialmente sì!
Per capire meglio vedremo l’evolversi delle discussioni interne a due paesi democratici: il Regno Unito e la Francia. Uno degli assunti di base di queste linee era che occorreva suscitare nell’opinione pubblica la necessaria tensione emotiva da implementare con una adeguata azione propagandistica. In Francia l’azione di coordinamento della difesa aerea fu affidata, nel 1931, al Maresciallo Petain, temendo i francesi che la nuova Verdun potesse arrivare dai cieli. Grande importanza veniva data alla distribuzione delle maschere antigas tra la popolazione. Ma esisteva anche un fronte interno ostile a queste iniziative. Esso era costituito da pacifisti più o meno credibili e dai comunisti. Queste ultimi si opponevano anche alle manovre di protezione che vedevano coinvolti anche i civili, che, per questa via, dovevano entrare nello spirito dei futuri eventi bellici. Con piglio ideologico i comunisti evidenziavano quelli che a loro parere erano i motivi veri di queste iniziative: la preparazione della guerra totale. Una certa ideologicizzazione degli eventi non fu estranea anche a quanti propugnavano l’esigenza di queste iniziative: la preparazione della guerra, per molti di loro, aveva un limite nella forma democratica dello stato francese
in
rapporto
alla
rigida
caratterizzava in allora altri ordinamenti.
disciplina
che
Le destre guardavano con benevolenza ai totalitarismi e molti borghesi vedevano nell’ordine di tali regimi un motivo di superiorità rispetto ai limiti della democrazia a loro parere non ordinata. Il “dossier” della “guerra aerea” era, quindi, da sinistra ma anche da destra, oggetto di dispute ideologiche accese. Non
dobbiamo
immediatamente
poi
dimenticare
successivi
la
che
negli
anni
Francia,
in
corrispondenza dell’acuirsi della minaccia tedesca, sia verbale che di riarmo sostanziale, si apprestava a conoscere il momento del Fronte popolare, di una coalizione di forze democratiche animate dall’avversione per i totalitarismo e l’autoritarismo, nuovi modelli di un ordine ferreo. Della difesa aerea si occupò il Maresciallo Pétain. Il suo successore, il Gen. Duchệne, ricordò che “la protezione dei civili è un’opera umanitaria e non certo un atto di guerra”. Il progetto di legge sulla difesa aerea passiva giunse all’esame del Parlamento. Esso prevedeva sanzioni contro i cittadini riottosi. Il progetto fu approvato (marzo 1935) seppur con qualche correzione. Da più parti si disse che era opportuno puntare di più sulle difese attive, evitando di “illudere” la popolazione. Intanto, come noto, Hitler aveva assunto fin dal 1933 il potere in Germania e in relazione alla guerra aerea, (con ogni probabilità fintamente), si era detto disposto a
sottoscrivere la proibizione dei bombardamenti aerei contro i civili. Incidentalmente ricordo che già da allora Werner von Braun lavorava prima per l’esercito poi per le SS ai suoi progetti missilistici. Hitler lavorava in gran segreto anche al riarmo aereo tedesco. La linea britannica, osteggiata dai Labour, era, con Baldwin e Londonderry, netta. Essi annunciarono il riarmo aereo britannico, chiudendo in
faccia
alla
Germania
le
porte
alla
folata
propagandistica di Hitler. Già nel ’32 Baldwin aveva sottolineato l’esigenza di una “preparazione della difesa civile antiaerea”. All’interno dell’Home Office sorse l’Air Raid Precautions Department con il compito di coordinare le autorità locali nella protezione delle popolazioni. Le esercitazioni per i civili non erano comunque obbligatorie!
Tra
le
prove
pratiche
era
previsto
l’oscuramento notturno. I laburisti britannici non si muovevano su registri troppo dissimili dai pacifisti francesi! L’impostazione concreta della difesa aerea passiva era ispirata, usando un linguaggio politologico corrente, a criteri di sussidiarietà, riservata quindi alle comunità locali. Essa, come risulta da atti governativi, “doveva essere allestita localmente, distretto per distretto”. L’autorità centrale poteva dare consigli mediante l’invio di
esperti
e
intervenire
con
opere
pubbliche,
migliorando, ad esempio, gli ospedali e con la fornitura “di equipaggiamenti speciali”. Si doveva giungere alla elaborazione di un piano locale per ogni County Council, coordinato con quello delle comunità più vicine. Non erano previste evacuazioni di massa o costruzioni antiaree di grandi dimensioni. Costi proibitivi non rendevano possibile la costruzione capillare di una “rete di rifugi”. Erano dettate le istruzioni per “rendere una stanza a prova di gas”. In effetti, il problema dei mezzi chimici era cruciale in quanto da più parti (anche medici) si avvertiva che lo sviluppo della chimica era talmente avanzato che i nuovi agenti chimici potevano provocare comunque danni gravi alle persone. 12. Guerra aerea, comunismo ed evoluzione interna. - Come sappiamo in Russia – meglio nell’Urss – al potere era già arrivato Stalin, che dopo la morte di Lenin si era “sbarazzato” di ogni altro antagonista credibile. I partiti comunisti dei vari paesi erano “coordinati” dal Komintern e in quel periodo uno dei principali leader del comunismo internazionale, Palmiro Togliatti, condannò la contrarietà dei comunisti francesi nei confronti della difesa aerea passiva. Le
maschere
antigas,
per
lui,
non
andavano
demonizzate, non quindi non tanto e non solo un’arma “che la borghesia adopera nella lotta contro la classe
operaia per disperdere le dimostrazioni durante gli scioperi”. Intanto anche i laburisti britannici – comprendendo la delicatezza del momento – si portarono sulla linea più equilibrata dell’adesione alla difesa civile. A
questa
linea
ufficiale
corrisposero
però
anche
“distinguo” e disaffezioni locali. Comunque a livello di direzione politica nazionale del partito nel Congresso di Brighton (1935) i Labour ammisero
che
le
autorità
locali
non
potevano
disinteressarsi della difesa aerea. Siamo ormai alla “vigilia” della vicenda etiopica! 13. Il bombardamento aereo massiccio: dalla fiction alla previsione teorica. - L’avvento al potere di Hitler in Germania
(1933)
e
il
successivo
fallimento
della
Conferenza di Ginevra sul disarmo (1934) allarmano gli osservatori più avveduti che prevedono il profilarsi di un conflitto armato di dimensioni mondiali. I bombardamenti massicci di cui si descrivevano gli effetti in certi libri di fantascienza o di fantapolitica divennero una realtà effettuale, peraltro poco percepita in
Europa,
già
dal
1931,
ovvero
dai
terribili
bombardamenti, costati migliaia di vittime civili, della città cinese di Shanghai operati dalle forze giapponesi nel corso della guerra sino-giapponese. Tali bombardamenti suscitarono un certo scalpore in Europa solo nel 1937 quando nel corso di uno di questi raid rimase ferito l’Ambasciatore britannico.
L’impiego dello strumento offensivo aereo fu impiegato, per quanto riguarda il nostro Paese con notevole vigore, nel corso della guerra d’Etiopia, che avviata nel 1935 si concluse nel 1936 con la proclamazione dell’Impero e durante la guerra civile di Spagna. In queste occasioni non mancarono i bombardamenti contro i civili e l’uso di armi chimiche proibite dalle convenzioni internazionali. La guerra di Spagna, iniziata nel 1936, fu il banco di prova, una sorta di test, per verificare le potenzialità e gli effetti, concreti e morali, dei bombardamenti sui civili con
finalità
di
disgregazione
della
saldezza
delle
popolazioni e del morale delle truppe. Questo modo di intendere le cose fu particolarmente tipico dell’aviazione militare tedesca, la Luftwaffe. 14.
I
limiti
per
un
bombardamento
strategico
italiano. - Per quanto attiene al nostro Paese il concetto di bombardamento strategico è, come già detto, legato al nome del Gen. Douhet, quantunque lo stesso Generale ebbe a dissociarsi, in più occasioni, dalla prassi fascista. L’unico bombardamento strategico operato dalla nostra Regia aeronautica fu quello contro militari e civili nella campagna d’Etiopia del 1935-1936, ovvero, come è stato ricordato, contro “un nemico militarmente debole e popolazioni inermi”. Risulta che questi “raid aerochimici” fossero iniziati nel dicembre 1935 per contrastare le truppe che provenendo da Gondar puntavano celermente sull’Eritrea. Furono
sganciate 42 bombe C.500.T. caricate con iprite. In altre incursioni fu usato il fosgene. Lo stesso Badoglio in un dispaccio inviato a Roma usava il termine “terroristico” riferendosi
“ai
bombardamenti
sui
centri
scioani,
capitale compresa”. I gas furono, in questo caso, decisivi! La questione non interessò però più di tanto neppure gli “addetti ai lavori”. Un silenzio “di studio”, accompagnato dall’indignazione di larghi strati dell’opinione pubblica. La questione etiopica – a prescindere dagli aspetti diplomatici - è inquadrabile anche sotto un diverso punto di vista. In questo caso entrano in campo anche riflessioni che risalgono primariamente all’ambito di applicazione dello jus in bello. Si è infatti (Fiocco) parlato di una “eccezione coloniale” nel senso che si affermava, anche nel Regno Unito, che, come
risulta
britannico,
“le
da
un
regole
manuale del
diritto
di
addestramento
internazionale
si
applicano solo alla guerra tra nazioni civilizzate, quando entrambi i contendenti le comprendono e sono disposti a rispettarle”. Anche per gli inglesi, in casi come quello coloniale, le regole dello jus in bello sono de facto sostituite “dalla discrezione del comandante” e le norme “di giustizia o di umanità” diventano una opzione utilizzabile “a seconda delle circostanze”. Avendo a che fare con dei primitivi ci si può pure imbarbarire.
In questo senso si avevano le prime avvisaglie del bombardamento con finalità terroristiche, indirizzate anche contro il bestiame, le abitazioni, etc. Lo fecero anche i francesi in Marocco contro Abd el Krim. Gli esperti si divisero anche sugli effetti psicologici sulla popolazione.
Servivano?
Non
erano
utili?
Non
si
addivenne a risposte chiare ed univoche. Per lo stesso comandante francese, il Gen. Niessel, il morale della popolazione marocchina non fu intaccato in modo determinante. Nel ’25 i francesi dovettero bombardare Damasco (500, forse 1000 furono i morti), mentre tutta la Siria era in rivolta. Anche la bella Damasco, ricca di cultura e tradizione fu colpita! Per i francesi si trattava di “polizia interna”, non di un conflitto regolato dal diritto internazionale. Si è giustamente parlato di “una logica dei due pesi e delle due misure”. È bene fare un passo in avanti. Le croniche carenze italiane, unite a un gap tecnologico incolmabile,
non
consentirono
un
apprezzabile
ed
autonomo utilizzo dello strumento del bombardamento strategico nel corso della II guerra mondiale. Quanto all’entrata in guerra dell’Italia nella fase europea del conflitto, avviatosi per gli altri contendenti nel 1939, è bene precisare che la strategia “difensiva” voluta da Mussolini, conscio della netta inferiorità militare italiana in termini di mezzi a disposizione e di qualità di essi,
consente di affermare che non si può parlare di alcun tipo di impiego strategico dell’Arma aerea, che peraltro aveva subito un evidente logoramento di materiale e di uomini a seguito delle già ricordate vicende belliche d’Etiopia e di Spagna. 15. La Spagna: nuovi esperimenti. - Forse, anche per capire meglio, è bene fare ora un passo indietro, inquadrando la questione spagnola. La Repubblica Spagnola diviene teatro di un conflitto regionale che era espressione della lotta tra due tipi di regime politico: totalitarismi e autoritarismi da una parte e democrazie (liberali e popolari) dall’altro. Il tutto avveniva sul territorio spagnolo. I raid sulle città spagnole attualizzavano il pericolo e le paure dell’opinione pubblica francese. Ci si chiedeva con insistenza cosa sarebbe capitato a Parigi. 15. 1. La politica di Pierre Cot. - La guerra di Spagna ebbe, tra gli altri, anche l’effetto di alzare i toni della discussione sulle problematiche della guerra aerea. Lo “spettacolo” tragico dei bombardamenti di Madrid e di Guernica spinse anche i francesi, e in particolare il Ministro responsabile per le questioni aeronautiche, Pierre Cot (siamo già nel periodo del Fronte popolare), a provvedere
con
nazionalizzazioni
le di
prime industrie
iniziative, che
quali
“le
lavoravano
per
l’aviazione militare francese”. Tale decisione fu avversata dall’opposizione di destra.
Fu comunque varato il piano di riarmo francese che portava a 1.500 il numero dei velivoli di prima linea. In pochi anni, e Cot lo sapeva benissimo, la velocità media dei velivoli si era molto accresciuta, praticamente raddoppiata
e
in
un’ora
dal
confine
si
poteva
raggiungere Parigi. Da Ministro era ben consapevole di ciò e riteneva giusto adottare le opportune contromisure. La maschera antigas, che pure evocava i ricordi tragici delle
trincee
della I
guerra mondiale
(e l’aspetto
“psicologico” non va mai dimenticato!), doveva divenire un accessorio “normale” al pari dell’ombrello. Non è la sede per i dettagli politici, ma certo anche all’interno del Fronte popolare vi furono frizioni e prese di posizione dissenzienti. Guernica dimostrerà che vi fu un “esperimento di guerra totale”, un “banco di prova” per esperienze successive, come ammise Herman Goering, alla guida della forza aerea germanica nel periodo nazista. Le reazioni internazionali furono vibrate. Londra e Parigi intendevano chiedere alle parti in conflitto dall’astenersi dal bombardare le “citta aperte”, peraltro “concetto ambiguo”. Gli intenti umanitari erano evidenti. Gli esperti più attenti capirono già da allora che il futuro doveva essere costituito dai bombardamenti ad alta quota, piuttosto che dai bombardamenti in picchiata. Vedremo poi cosa accadrà nel corso del II conflitto mondiale.
Si
comprese
però,
anche
per
effetto
di
molte
testimonianze dirette che essi non fiaccarono il morale dei combattenti, anzi… Si riuscì addirittura a far funzionare i tram fino a ridosso delle barricate. Da un punto di vista anche tattico i bombardieri non fecero
poi
molti
danni
(relativamente
parlando,
ovviamente…!). Si trassero anche utili “lezioni”, quali l’esigenza dello sfollamento delle città più popolate. Non mancò chi sottolineò l’importanza dei rifugi. 16. L’involuzione nipponica. - Ora dobbiamo fare un passo non solo indietro nel tempo ma “spostarci” in Asia. Cina e Giappone si affrontarono nel 1894-1895 e i vertici
giapponesi
si
prodigarono
perché
fossero
rispettate le norme dello jus in bello. Non così fu negli Anni Trenta. Il bombardamento di Chinchow fu un esempio di bombardamento terroristico che no risparmiò neppure il locale ospedale. Le operazioni – come tutti sanno – ripresero in grande stile nel 1937 e furono improntate ad una “chiara strategia terroristica” contro la quale protestò anche il Dipartimento di Stato degli USA. Non vennero risparmiati neppure cittadini di stati terzi, come risulta da atti ufficiali di lagnanza del Foreign Office britannico.
Anche la “moribonda” Società delle Nazioni condannò questi metodi che vedevano città intere, era il caso della popolosa Nanchino, come obiettivi dichiarati. La risposta giapponese fu rimessa ad alcuni notabili che ricordano i pregressi sforzi nipponici per impedire pattiziamente l’impiego dei bombardieri nei conflitti armati. 16. Guerra aerea strategica ma non solo. - Torniamo ora alla teoria. Credo di aver già ben delineato il concetto di guerra aerea strategica. Voglio condensare il significato di questo concetto all’uopo
utilizzando
una
bipartizione
molto
ben
sintetizzata dal Generale Licheri. Mentre Douhet parlava di una esigenza prioritaria del potere aereo e quindi della guerra aerea indipendente dal contesto della guerra terrestre e/o navale, altri autori, quali il Mecozzi (al quale peraltro il concetto di impiego strategico del potere aereo non era del tutto estraneo) e il Rougeron (molto più restio degli altri) propendevano per la guerra aerea tattica, ovvero per “operazioni aeree collegate alle operazioni terrestri e navali”. In termini “comparativi” è bene ricordare che la linea ufficiale dei vari stati maggiori era più a favore della guerra aerea tattica piuttosto che di quella strategica. L’unica eccezione era costituita dal Regno Unito.
Douhet, ritenuto da
tutti il massimo teorico del
bombardamento strategico”, a mio sommesso parere era solo in anticipo sui tempi! Gli
sviluppi
successivi
gli
dettero
sostanzialmente
ragione. Egli poi ebbe a operare in Italia, paese di “limitata capacità industriale e finanziaria”. In particolare il Rougeron riteneva “i velivoli da battaglia concepiti dal Douhet (…) troppo vulnerabili” arrivando “a preferire velivoli
dotati
di
elevate
velocità
orizzontali
e
ascensionali (cacciabombardieri)”. Vorrei
infine,
pur
dovendo
osservare
che
la
inadeguatezza dello strumento aereo italiano durante la II Guerra Mondiale non consente di definire una bombardamento strategico italiano, ricordare che nel corso del conflitto, nel teatro del Mediterraneo, non sono mancati significativi episodi di guerra aerea e di coordinamento tattico aeronavale e ciò nonostante gli orientamenti
particolarmente
prudenti
dello
Stato
Maggiore della Marina, basato sui “criteri della guerra di logoramento”, l’Arma aerea “si trovò sempre in prima linea sostenendo il massimo peso della guerra nel Mediterraneo.” Il Licheri ci ricorda che “Le forze aeree italiane con tutti i velivoli
disponibili
attaccarono
sempre,
ovunque
e
comunque le navi e gli aerei inglesi, prescindendo dal loro numero e dalla loro difesa”. Le battaglie aeronavali di Punta Stilo (8-9 luglio 1940) e quella
del
25-28
settembre
1941
(Mediterraneo
occidentale) dimostrarono il perfetto coordinamento aeronavale e dimostrano agli inglesi le difficoltà di far pervenire convogli nel Medio Oriente. Questo è ritenuto il miglior contributo dell’Arma aerea nel II conflitto mondiale. L’efficacia
dei
bombardamenti
aerei
della
Regia
aeronautica fu riconosciuto pure dall’Ammiraglio inglese Cunningham. 17. La declinazione britannica del bombardamento strategico. - Le operazioni del Bomber Command della Royal Air Force (RAF) britannica durante il secondo conflitto mondiale erano essenzialmente informate al principio del bombardamento strategico, introdotto nel modo di pensare la guerra aerea dal primo Comandante della RAF, Sir Hugh Trenchard, che, memore delle sue pur limitate esperienze nel I conflitto mondiale comprese le “enormi potenzialità della nuova arma”. Egli era anche un fine psicologo e comprese che gli effetti psicologici del bombardamento sarebbero stati di gran lunga superiori ai danni materiali. Viene sviluppata la teoria dell’area bombing che troverà concreta attuazione con il bombardamento sulle città tedesche di Amburgo e di Dresda. 18. Il concetto di area bombing. - Guerre più rapide che dovevano minimizzare il numero delle vittime creando le condizioni per una resa dovuta al cedimento del “fonte interno”.
Questo
era
l’assunto
strategico
alla
base
della
declinazione britannica del bombardamento strategico. Si era consci che il morale della popolazione era una variabile che incideva sulla tenuta del fronte interno. Il realizzatore di tecniche di area bombing sarà il nuovo capo del Bomber Command della RAF, Sir Arthur Harris, a partire dal 1942. Tale tecnica prevedeva il bombardamento notturno indiscriminato di intere aree urbane. Il principale obiettivo erano i civili, con diverso grado di durezza,
massimo
sulle
popolazioni
tedesche,
più
limitato quello contro le popolazioni italiane. Devo rilevare che anche all’interno della RAF era esistente una linea di pensiero più “umana” che si limitava
a
definire
le
vittime
civili
come
“danni
collaterali” e che quindi si muoveva in linea con i dettami dello jus in bello. Secondo questi schemi mentali l’aeronautica aveva una ragion d’essere in quanto operava il bombardamento strategico, che si realizzava indipendentemente da altre operazioni (di terra e/o di mare). 19. Un boomerang psicologico e una “risposta” geniale.- Man mano che Hitler rafforza le proprie forze armate, ivi compresa la Luftwaffe, nel Regno Unito il concetto di bombardamento strategico, entro il quale ci si era anche un po’trastullati, diventa una sorta di ossessione: ora si ha paura che i tedeschi possano usare la stessa strategia aerea (e in effetti lo faranno…).
La paura ha in sé i germi di una riflessione, forse semplice, ma come tutte le cose semplici, pure geniale. Vengono infatti tracciati i primi paletti della strategia aerea difensiva. Si ravvisa nell’Alto comando l’esigenza di dotarsi “di un’adeguata
forza
da
caccia
per
intercettare
gli
aggressori”. Questa idea, già sviluppata nel 1933, consentì negli anni della battaglia d’Inghilterra (a partire dal 1940) di avere in linea i caccia intercettori Hawker Hurricane e e i Supermarine Spitfire. Già dal ’37 il rapporto bombardieri/intercettori fu variato a favore di questi ultimi. Durante
la
cosiddetta
“battaglia
d’Inghilterra”
la
superiorità della caccia britannica su quella germanica fu netta e contribuì non poco a impedire che la Luftwaffe creasse le condizioni per l’espletamento della successiva fase
(Operazione
Leone
marino),
consistente
nell’invasione terrestre del Regno Unito. Già dal 1938 si potenziano le difese antiaeree. Ma le teorie del bombardamento strategico scontavano anche nel Regno Unito ritardi ed inefficienze e solo dal 1942 si potevano avere aviogetti in grado di realizzarle concretamente. Nel 1939 la teoria del bombardamento strategico era ancora solo un’ipotesi cartolare! Il
bombardamento
strategico
britannico
sarà
sostanzialmente un bombardamento notturno per due ordini di ragioni. La prima ragione era costituita dalla
problematicità di un bombardamento diurno in quanto insostenibili
erano
le
condizioni
per
garantire
la
protezione della caccia. Gli aerei della caccia avevano infatti scarsa autonomia. Il bombardamento notturno era poi preferibile perché nottetempo la caccia tedesca avrebbe avuto maggiori difficoltà di intercettazione dei bombardieri a medio e lungo raggio. 20. La posizione ufficiale di Chamberlain e un presunto “vuoto normativo”. - Nel contesto della montante tensione con Hitler il governo britannico, guidato da Sir Neville Chamberlain, rese pubblicamente noto che si sarebbe astenuto, in caso di conflitto, dal procedere al bombardamento di popolazioni civili inerti. Secondo questa “dottrina” gli unici obiettivi legittimi sarebbero stati quelli identificabili come militari. Nei primi anni di guerra l’istruzione data agli equipaggi della RAF era netta e consisteva nel “prestare la massima attenzione affinchè siano evitate vittime civili in prossimità di obiettivi militari”. In
allora
non
esisteva
una
convenzione
pattizia
specificatamente destinata a definire le regole, lo jus in bello, applicabili alla guerra aerea. Ci si deve quindi rapportare a quanto statuito dalle convenzioni dell’Aja del 1907. Questo vuoto normativo è stato fonte di equivoci e di riflessioni giuridiche e politiche varie.
È ben vero che non esisteva una convenzione che disciplinasse la guerra aerea e ho letto delle varie argomentazioni che si potevano addurre per affermare che il bombardamento aereo delle popolazioni civili fosse da ritenere pratica non conforme, se non alla lettera, quanto meno allo spirito dello jus in bello. Questo non è uno studio di diritto internazionale, ma con riserva di successivi approfondimenti, accertando, eventualmente
la
dottrina
e
la
giurisprudenza
internazionali, ove esistenti, vorrei ricordare che esiste un appiglio per dichiarare contraria alle norme dello jus in bello la pratica del bombardamento massiccio contro popolazioni civili. Infatti, l’articolo 25 della IV convenzione (relativa alle leggi e agli usi della guerra terrestre) ricorda che “è vietato di attaccare o di bombardare, con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o edifici che non siano difesi”. La successiva lettura della IX convenzione (che disciplina la guerra navale) impone lo stesso divieto, pure per i porti!, che non siano difesi. Ho molto riflettuto sull’inciso “con qualsiasi mezzo” di cui all’art. 25 della Convenzione sulla guerra terrestre. Quel “con qualsiasi mezzo” manca dalla lettera della convenzione sulla guerra navale, ma in esso sarebbe superfluo in quanto è l’ambito stesso dell’applicabilità dello
strumento
comprendere
convenzionale
che,
comunque vietate.
logicamente,
che tali
in
re
ipsa
azioni
fa
sono
Se il legislatore internazionale avesse voluto che certe azioni di guerra navale contro i civili fossero legittime e altre no lo avrebbe ben specificato, magari indicando la gradazione
di
esse
come
condizione
o
meno
di
accettabilità. Entrambi gli strumenti convenzionali sono animati dallo stesso principio: evitare che i civili siano oggetto di offese sproporzionate, per definizione, rispetto al loro essere soggetti sostanzialmente inerti o comunque non in grado di fronteggiare una minaccia in modo ragionevole. È però bene ricordare che gli “obiettivi” civili sono garantiti in quanto essi “non siano difesi”. La costruzione di difese militari rende inapplicabile la norma pattizia. Lo jus in bello ha un corollario interessante pure nell’articolo 27 della già citata IV Convenzione che disciplina “assedi e bombardamenti” dettando una norma per il contenimento dei danni umani (e non solo…) relativamente a luoghi particolare “a condizione che essi non siano adoperati in pari tempo a scopo militare”. Al valere di questa condizione la norma non è invocabile. È fondata la tesi di coloro che enfatizzano l’inciso della IV convenzione. Quel “con qualsiasi mezzo” non applicabile alla guerra aerea indurrebbe una illogicità manifesta. Un civile sarebbe offendibile da un bombardamento aereo ma non da uno terrestre, una conclusione assurda.
Ogni dubbio è poi fugato dalla precisazione – contenuta nel preambolo della IV convenzione – che popolazioni e belligeranti
soggiacciono
alle
norme
di
diritto
consuetudinario (letteralmente si parla di “impero dei principi del diritto delle genti”). In realtà molti esperti di quel tempo ragionavano in modo più blando. Si diceva che poiché non esisteva una apposita convenzione sulla guerra aerea allora tutto era lecito! Ci si trastullava su cosa dovesse intendersi per “città non difesa”, etc. Si dice che “citta non difese” è una espressione ambigua. Esso, francamente, non è modo ambiguo di esprimersi se lo si contestualizza nella dinamica evolutiva del concetto di “difesa di una città”. Con ogni evenienza è ragionevole ritenere che non si comprese
la
valenza
diacronica
dell’accezione
dell’espressione usata. Una città fortificata andava intesa difesa quando si usavano certe tecniche di difesa ma poteva divenire indifesa con l’evoluzione delle tecniche d’offesa. Il dire “non esiste una convenzione aerea quindi ogni tecnica di guerra aerea è legittima” è pericoloso in quanto potrebbe aprire la porta all’elaborazione di una consuetudine internazionale in tal senso. Se tutti gli attori della comunità internazionale reputano lecita una condotta (nel caso di specie “ogni tecnica di guerra aerea è ammessa”) si finisce con il considerarla conforme al diritto internazionale consuetudinario! Una aberrazione evidente! Risulterebbe lecito bombardare dei
civili inermi con un bombardiere, quando sarebbe illecito cannoneggiarli! È la genetica stessa del diritto internazionale che osta a interpretazioni,
peraltro
palesemente
assurde,
del
genere. Non
mi
ha
colpito
favorevolmente
il
tono
e
la
conclusione di un paragrafo di un testo, che pure è una fonte bibliografica particolarmente utile alla mia ricerca. Non mi pare accettabile scrivere: “Evidentemente, troppo poco” riferendosi “alle leggi di umanità e alle esigenze della coscienza pubblica”, come gli unici appigli giuridici cui appoggiarsi per censurare bombardamenti massicci contro i civili. A contrariis, si potrebbe obiettare che tali appigli sono di per
se
sufficienti
a
condannare
la
pratica
dei
bombardamenti indiscriminati e non mirati sui civili. Gli sforzi fatti, specie da un bravo giurista americano, per delimitare i bombardamenti non trovarono esito in una convenzione ad hoc sulla guerra aerea e tale empasse costituì l’alibi per fare come si credeva più utile alle sorti della guerra. Ad adiuvandum potrebbe inoltre rilevarsi che, specie agli esordi, il mezzo aereo era utilizzato dagli eserciti, essendo uno strumento collaterale alla guerra terrestre e quindi assoggettato alle regole di quella convenzione. 21. L’insufficienza italiana. - Nel quadro di globale arretratezza dello strumento militare italiano di quel periodo va rimarcata la assoluta inadeguatezza dei mezzi
a disposizione per garantire la protezione del territorio nazionale contro i prevedibili bombardamenti aerei. All’obsolescenza dei sistemi d’arma si associava il sostanziale scoordinamento dei soggetti preposti ai vari compiti.
Inesistente
era
pure
la
difesa
passiva
(protezione antiaerea mediante rifugi, muri rinforzati, sacchetti di sabbia) delle cittĂ . Anche
la
difesa
attiva
territoriale
languiva:
è
sufficiente ricordare che solo un terzo delle batterie contraeree necessarie alla difesa erano operative. Gli stabilimenti industriali risultavano sostanzialmente non protetti. Ma vi era un problema a monte ancora piĂš grave. Mi riferisco al fatto che non era stato approntato alcuno
strumento
concreto
di
osservazione
e
di
rilevazione degli aerei in avvicinamento. Non si era fatto nulla di utile pur sapendo che molti obiettivi sensibili (centri industriali e snodi intermodali) erano facilmente raggiungibili in quanto sulla costa e/o a ridosso del confine nazionale. Mancavano i radar ma esisteva un inadeguato sistema di avvistamento ottico (affidato ad operatori della milizia contraerea) costituito da punti di avvistamento (894) collegati a centri di raccolta notizie (147) che giravano le informazioni al Comando tattico della Dicat (Difesa aerea della MVSN, che sulla carta era costituita da 22 legioni). Mancava un raccordo operativo pure con la Regia aeronautica.
I pezzi d’artiglieria contraerea erano inadeguati, specie fino alla fine del 1942, e vennero usati pure pezzi destinati al tiro teso terrestre. Non mancarono “gelosie” che indebolirono vieppiù le già modeste potenzialità della difesa contraerea. Dati alla mano la difesa contraerea disponeva di 228 batterie obsolete con 2 proiettori e 131 fonolocalizzatori. Il grosso delle difese era questo! La difesa dei porti era riservata alla Regia Marina e anche in questo caso, per le solite gelosie, non si addivenne ad una soluzione razionale ed efficace in termini di razionalizzazione e di coordinamento. Le vicende d’Etiopia e di Spagna facevano ritenere, anche a qualificati osservatori stranieri, che la Regia aeronautica fosse competitiva. Ma così non era… In realtà i bombardieri italiani all’inizio delle operazioni belliche erano alla fine del loro ciclo di vita. Alla veemenza mussoliniana a favore dell’importanza dei bombardieri
non
corrispondeva
una
forza
aerea
adeguata. Forse lo stesso Mussolini fu vittima dell’“ipertrofia” degli organici della nostra Regia aeronautica, nel senso che sovrastimava
le
possibilità
dell’arma
aerea.
Obsolescenza tecnologica e mezzi limitati sono i tratti essenziali della situazione. Solo nel 1943 si realizzeranno velivoli comparabili con quelli degli altri Paesi per velocità, quota di tangenza, armamento e corazzatura. Mancava un caccia notturno
in grado di contrastare i bombardieri, almeno fino all’ottobre del ’41. Bisognava poi evitare problemi di “fuoco amico” e i caccia notturni vennero dotati di una lampada Donath che, almeno teoricamente, avrebbe consentito alla difesa contraerea di distinguerli da altri. Una tecnica praticata per difesa passiva è stata certamente quella dell’oscuramento, esteso pure ai mezzi di trasporto. Molte volte le ferree disposizioni di oscuramento rimasero lettera morta! Ulteriore
tecnica
utilizzata
fu
quella
della
mimetizzazione di tetti, pareti ed edifici con teli mimetici e strutture posticce. Nel porto di La Spezia venne costruito un impianto che produceva nebbia artificiale che, in un secondo tempo, fu applicato pure a Napoli. Il numero di sirene d’allarme era complessivamente insufficiente. Si mosse anche il Legislatore che statuì che gli edifici di nuova costruzione dovessero avere rifugi in cemento armato, idonei a resistere all’offesa aerea. Il pericolo era costituito, come gli esperti ben sapevano, dai bombardamenti chimici, da quelli incendiari e da quelli “distruttivi”, ovvero costituito da armi dirompenti. Poco si fece per i ricoveri unifamiliari, contrariamente al Regno Unito ove si affermò il “rifugio Anderson”, nel giardinetto sul retro del tipico villino unifamiliare. Tale soluzione era poco adatta al nostro Paese.
Gallerie stradali, ferroviarie, sottopassi, cave, vecchie cisterne, oltre a locali seminterrati, divennero rifugi di massa. Molti di essi si trasformeranno in trappole mortali. Avvistamento, caccia e batterie al suolo non divennero mai un sistema integrato ed efficace, contrariamente a quanto avveniva in Germania ove la difesa aerea e contraerea migliorava “notte dopo notte”. 22.
L’Italia
subisce
i
primi
bombardamenti.
Il
bombardamento notturno di precisione. - La prima fase della guerra non si caratterizza per bombardamenti particolarmente efferati. Nulla che ravvisi una volontà terroristica nei confronti della popolazione italiana. Essi erano diretti sui centri dell’Italia industriale al Nord. Genova, Savona, Vado Ligure, Torino, Milano, la Pianura Padana con la finalità di colpire i centri di produzione bellica, specie aeronautica. Pochi morti e qualche ferito tra i civili. Nulla di più! Salvo una eccezione si trattava di bombardamenti notturni. Con ogni probabilità la RAF era a conoscenza della “debolezza” notturna del nostro “sistema” (si fa per dire…) di difesa aerea. In ogni caso molte missioni della RAF fallirono per la difficoltà di individuare con precisione l’obiettivo. Ulteriore limite era costituito dal frequente maltempo invernale. Per i vertici aeronautici inglesi un dato è certo: ci si deve concentrare prioritariamente sulle
industrie aeronautiche, quindi sulle raffinerie e sui depositi di carburante. È pur vero che molte bombe furono sganciate su zone non target ma questo aveva la funzione di alleggerire l’aeromobile
per
garantire
il
rientro
nelle
basi
britanniche. Ma, è bene ribadirlo, d’elezione si trattava di “obiettivi industriali”. Nulla a che vedere con un bombardamento finalizzato a terrorizzare la popolazione, che pure era stato
postulato.
Questi
eventi
recano
comunque
scompiglio e disagio nella popolazione. Nel 1940-1941 il Bomber Command della RAF non ottiene risultati particolarmente eclatanti. Il paragrafo sui limiti della navigazione aerea farà capire il perché. Dal 1941 si passerà al bombardamento strategico vero e proprio e con la gestione Harris, il Bomber Command si orienterà operativamente sul concetto di area bomging. Limite grave della RAF era costituito dagli ordigni, molti dei quali risalenti alla I guerra mondiale. Essi esplodevano al contatto senza penetrare negli edifici ed
avevano
poco
esplosivo
(0,3
rispetto
al
peso
complessivo). Ciò giustifica i cattivi risultati della prima fase. Le bombe venivano ancora sganciare “a occhio”, senza adeguati sistemi di puntamento. Non bisogna poi dimenticare che la distanza tra Regno Unito e Italia è maggiore di quella tra Regno Unito e Germania per cui i bombardieri (prima bimotori poi quadrimotori) dovevano essere più leggeri, potendo
utilizzare bombe di minore peso. Ma col tempo l’“incubo Alpi” si affievolisce. È bene ricordare che neppure il Sud Italia fu risparmiato dai bombardamenti della RAF, tant’è che si è parlato di “stillicidio in Meridione” (giugno 1940 – 1942), con ovvie negative ricadute sul morale di quelle popolazioni. Relativamente a tali bombardamenti è stata rimarcata la differenza del “quadro strategico generale”. Infatti, risulta in modo inequivocabile che “le incursioni aeree sul Mezzogiorno sono sempre parte integrante e inseparabile delle operazioni aeronavali (…)” per ottenere il controllo di alcune rotte mediterranee. L’obiettivo era sostanzialmente costituito da nodi vitali di
comunicazione
(porti,
etc.)
e
da
infrastrutture
industriali di rilevanza militare (raffinerie e depositi). Va rimarcato il carattere non squisitamente strategico di tali bombardamenti in quanto “parte integrante della complessa partita aeronavale che si gioca per il controllo delle rotte mediterranee”. Una interessante variante operativa, più direttamente riconducibile
a
logiche
strategiche,
piuttosto
che
squisitamente tattiche, si ha a partire dal 1943 quando “le
linee
ferroviarie
e
gli
smistamenti
merci
(...)
diventeranno obiettivi primari”. L’eccezione fu Napoli colpita in tali obiettivi sin dai primi mesi di guerra. 23. Limiti della navigazione aerea. - I bombardieri sganciavano quasi alla cieca le loro bombe. Il metodo
standard di navigazione era basato sul concetto di dead reckoning, ovvero la determinazione del punto stimato. Il
secondo
pilota
(successivamente
un
distinto
navigatore) tracciava la rotta base-bersaglio. Data la velocità dell’aereo e noto l’effetto delle correnti veniva elaborato un piano di volo effettivo. Con il periodico rilevamento di punti al suolo noti ci si poteva rendere conto, almeno in teoria, della bontà del piano di volo elaborato. Tale
modus
operandi
incontrava
limiti
severi
e
insormontabili nottetempo. Per il volo notturno un certo aiuto poteva venire dall’astronavigazione,
inutilizzabile
quando
le
condizioni meteo non erano avverse. Essa poi non è precisa come per mare, ove i calcoli laboriosi si conciliano con una velocità della nave abbastanza modesta. Il bombardamento notturno fu presentato come un successo ma in realtà così non era come rileverà il rapporto Butt, presentato a Sir Winston Chruchill nel tardo 1941. Da
allora
si
procederà
con
il
bombardamento
indiscriminato che fino ad allora era “contrario alla politica del Governo di Sua Maestà”. Il bombardamento mirato dei primi anni di guerra sul Nord dell’Italia pare astrattamente poco utile se visto in termini di analisi costo-benefici, specie tenuto conto che le risorse (invero scarse) della RAF più utilmente
potevano essere riallocate verso teatri operativi più fruttuosi. Non mancavano neppure esigenze “propagandistiche e dimostrative” [riferire dell’episodio del bombardamento USA di Tokio affidato a Doolittle, come esempio di azioni aventi tali funzioni] I primi bombardamenti determinarono qualche evidente sintomo di fastidio nel fronte interno (paura tra la popolazione
di
spie
nemiche
che
favorirebbero
i
bombardamenti, etc.) ma non si innesca un meccanismo di tendenza al cedimento tanto ventilato. Scoramento si ebbe dopo le traversie della guerra parallela nell’episodio greco e dopo il bombardamento della flotta italiana in Taranto. 24.
Costante
inadeguatezza
della
difesa
aerea
italiana e ridefinizione dell’intercettazione secondo il modello tedesco. - Durante il corso del conflitto si palesarono tutti i limiti del “sistema” italiano di difesa area attiva e passiva. Durante il conflitto non si fecero veri e propri passi in avanti. Ciò era ben noto anche all’autorità politica del tempo. I limiti della “caccia notturna” erano il mal comune di tutte le aeronautiche, ma per l’Italia erano un limite ancor più marcato. Nonostante Marconi i nostri militari non compresero le potenzialità del radar. Un prototipo di “radiotelemetro” fu utilizzato per identificare il 22 giugno 1940 a 30 km di distanza i
bombardieri francesi che quella notte bombardarono Livorno. Ma solo nel 1941 entrano in produzione i primi modelli. Ma solo nel ’42 si avvia la produzione dei primi due “radar terrestri per la scoperta antiaerea”. Uno di essi, il “Lince grande” è un riadattamento di un modello sottratto agli inglesi a Tobruck. Ormai l’Italia era succube dell’alleato tedesco, mentre già si profilava la crisi del regime. Nel gennaio del ’42, constatate le pecche del nostro sistema di protezione antiaerea, le autorità politiche e militari decidono di “studiare” il modello tedesco, ben più integrato ed efficiente. Esso era posto sotto la guida unitaria della Luftwaffe e questo certo contribuiva a renderlo molto più efficiente del sistema italiano. Sono dell’aprile del ’42 le nuove linee della difesa aerea italiana. L’intercettazione viene qualificata nel modo seguente: a. intercettazione diurna; b. intercettazione
notturna
lontana
(sulle
basi
nemiche); c. intercettazione notturna lungo le rotte; d. intercettazione combinata. Questa ultima “agisce in prossimità dell’obiettivo e nel cielo
dell’obiettivo
stesso
in
collaborazione
con
l’artiglieria.” Viene concepita l’intercettazione lontana, riferita alle basi mediterranee della RAF.
Mancavano i radiolocalizzatori (che sarebbero dovuti arrivare dalla Germania). Perduravano le difficoltà di coordinamento, non si addivenne mai alla individuazione di un unico soggetto responsabile della difesa aerea. Le carenze erano appalesate dal fatto che il modello Fougier risultava “al di sopra delle reali possibilità della Regia Aeronautica, sul piano organizzativo come su quello delle risorse di bilancio”. Tale modello prevedeva che su alcune città (Milano, Torino e Roma) fossero tenuti in volo tre aerei, mentre per altre (Napoli e Taranto) ne fossero tenuti due e per altre ancora (Genova, La Spezie, Messina, Catania, Cagliari, Palermo, Tripoli, bendasi e Rodi) se ne utilizzasse uno costantemente in volo. 22 velivoli complessivi in ogni momento dovevano essere pronti in volo
per
essere
individuati
a
guidati
mezzo
contro
dei
(non
eventuali ancora
obiettivi,
pervenuti!)
radiolocalizzatori. Il
numero
arrivavano
dei
radiolocalizzatori
dalla
insufficiente,
così
Germania come
era
che
man
comunque
dimostrato
dagli
mano ancora eventi
dell’ottobre-novembre 1942. 25.
Riorientamento
delle
modalità
del
bombardamento strategico da parte dei britannici e nuove ipotesi di guerra contraerea. - Nel dicembre 1942 l’uscita di scena di Rommel dallo scacchiere nordafricano e gli sbarchi angloamericani in Marocco e
in Algeria impongono l’adozione di un “nuovo e più completo progetto di schieramento delle cellule per l’impiego della caccia” con la funzione precipua di “creare attorno ai principali obiettivi e fuori dalla cerchia delle artiglierie una fascia di impiego della caccia (...) quanto più possibile continua e completa attorno all’obiettivo da difendere”. Le
difficoltà
di
natura
“orografica”
sono
ritenute
sormontabili. Compatibilmente
con
le
problematiche
orografiche
vengono allocate le risorse di localizzazione rendendo possibile
la
utilizzazione
della
caccia
dopo
il
bombardamento, quando i bombardieri nemici sono in fase di allontanamento, con evidenti intenti protettivi delle popolazioni civili. Questa
riorganizzazione
e
la saldatura
delle
aree
milanese torinese avrebbe dovuto costringere gli inglesi a ridisegnare le rotte e per tale via si sarebbe costituita una indiretta protezione dell’area genovese, protetta, per la presenza immediata di rilievi orografici, dalla sola caccia libera. Tale modello formale aveva comunque un limite. Esso era rappresentato dal fatto che le cellule (con il numero di radiolocalizzatori previsto) non potevano funzionare con continuità [è necessario verificare la ragione di tale limitazione funzionale]. Esse sarebbero entrate in funzione a seguito di una comunicazione
di
allarme.
“efficiente rete di avvistamento”.
Veniva
postulata
una
Questo è lo stato tragicomico delle cose quando ornai gli inglesi avevano ultimato la loro offensiva contro le città italiane. Mentre si riflette sui limiti (davvero pesanti) della guerra aerea gli inglesi modificarono anche per il nostro Paese i lineamenti
della
loro
guerra
aerea,
passando
dal
bombardamento di precisione a quello indiscriminato, come già definito, seppure con una gradualità e una intensità non comparabile con le molto meglio protette città tedesche. Per molto tempo gli inglesi disdegnavano di rischiare i loro bombardieri per operazioni massicce in Italia, con bombe modeste sganciabili. È bene osservare che, come risulta da atti del War Cabinet, i bombardamenti sull’Italia erano subordinati alla
impossibilità,
meteorologiche,
di
per
avversità
analoghi
delle
condizioni
bombardamenti
sulla
Germania. Dal 22 ottobre 1942, data del bombardamento massiccio sulla città di Genova, si ha un mutamento di questo quadro di riferimento. D’ora innanzi ci si rifà anche per il nostro Paese al principio dell’area bombing, avviato, per la Germania, già dal 1941. La durezza del comportamento del Bomber Command, diretto da Sir Hartur Harris, suscitò stupore pure nel Capo della Raf, Sir Charles Portal. Il
24
ottobre
bombardamenti relativamente
1942 seriali
modesto,
vennero su e
effettuati
Milano, uno
uno
due
diurno,
successivo,
più
“canonico”, nottetempo che, però, fu un insuccesso per le avverse condizioni meteorologiche. 26. “Alti e bassi” per il Bomber Command. Certamente per i britannici area bombing fu una svolta. Per l’Italia bombardamenti meno intensi di quelli sopportatati dalle città tedesche ebbero esiti abbastanza soddisfacenti. Gli inglesi, poi, ritenevano che qualche bombardamento avrebbe potuto determinare la caduta del fascismo “innescando una catena di effetti sociali e politici
che
porterà
l’Italia
al
collasso
interno”.
Bisognava, in primis, colpire il morale degli italiani! D’altronde far uscire l’Italia, “ventre molle” dell’Asse, dal conflitto era uno degli obbiettivi della churchillina “strategia mediterranea”. Dal
’42
i
britannici
dispongono
di
bombardieri
quadrimotori. I tedeschi non stanno a guardare e rafforzano le difese. Contrariamente alla stasi italiana in materia di difesa aerea
i
tedeschi
approntano
contromisure
particolarmente efficaci tanto è che periodicamente crescono le perdite da parte del Bomber Command. Diviene rilevante l’innovazione tecnologica. Non solo velivoli più efficienti, ma anche un nuovo sistema di radionavigazione, chiamato in sigla Gee, che “consente di determinare la posizione del velivolo anche volando al buio o in condizioni di scarsa visibilità”. Le prestazioni migliorano sensibilmente ma in breve tempo i tedeschi adottano la loro contromisura. Riescono a inibire il
funzionamento
del
dispositivo.
[sarebbe
necessario
accertare come facevano a sapere…]. Il Gee non era utilizzabile per il bombardamento contro il nostro territorio nazionale in quanto la maggiore distanza curvatura
rendeva della
non
trascurabile
traiettoria
del
l’effetto
bombardiere
di che
vulnerava il funzionamento del dispositivo. Ma nel gioco dei pro e dei contro, giocavano a nostro sfavore le migliori condizioni meteorologiche e la inadeguatezza delle nostre difese. Ecco perché anche l’Italia sperimentò area bombing. Esisteva comunque un evidente trade-off tra i bombardamenti sull’Italia e quelli sulla Germania. Nella riorganizzazione operativa, che coinvolgeva ora anche gli americani, era demandato a “gruppi di bombardieri pesanti e medi americani”, provenienti dal Nord Africa, il compito di attaccare “obiettivi italiani di giorno”, peraltro con l’assistenza di velivoli della RAF. 27. Guerra aerea tedesca. - Quanto alla conduzione delle
operazioni
aeree
da
parte
della
Luftwaffe,
l’aviazione militare tedesca, sono ravvisabili due indirizzi operativi ben distinti. Infatti, nella sua dimensione offensiva,
la
conduzione
delle
operazioni
risulta
informata a distinti obiettivi. Quanto ai bombardamenti sul Regno Unito essa aveva i connotati del bombardamento strategico. I tedeschi, sotto questo profilo, declinarono la parte peggiore della teoria del bombardamento strategico, finalizzato ad una successiva invasione terrestre.
Essi infatti concentrarono la loro attenzione sugli obiettivi civili disdegnando di introdurre una modalità più concretamente rivolta a obiettivi bellici, quali sicuramente potevano essere i centri radar di cui gli inglesi si erano muniti. In
questa
logica
bombardamenti
rientravano
missilistici
pure
dell’ultimo
i
periodo
primi del
conflitto. Si è già avuto modo di ricordare la grave carenza di visione strategica di tale impostazione. Ciò premesso è bene riferire, seppure brevemente, della specificità della dimensione tattica della guerra aerea posta in essere dalla Luftwaffe a fattivo supporto delle operazioni di terra. Il Licheri ci ricorda che l’establishment aeronautico tedesco
si
“era
orientato
esclusivamente
alla
utilizzazione di aerei da caccia e di bombardieri medi idonei alla stretta cooperazione con le forze terrestri” e che “non era stata tenuta nella dovuta considerazione” l’ipotesi
di
un
adeguato
impiego
strategico
dei
bombardieri a più ampio raggio. Paradossalmente un regime aggressivo come quello hitleriano non disponeva di un’arma aerea votata al bombardamento strategico. La Luftwaffe non si attrezzò per tempo per poter distruggere l’apparato industriale bellico britannico. Giova osservare che i bombardieri tedeschi non avevano la necessaria autonomia.
Sconfitta la Francia i tedeschi riorganizzarono la loro aviazione utilizzando tre Luftflotten, una delle quali diretta
da
Albert
Kesselring
aveva
il
compito
di
bombardare l’Inghilterra sud-orientale e Londra in particolare. Tra le Luftflotten vi era una sorta di “specializzazione” e di divisione dei bombardamenti, notturni e diurni. Ci si proponeva di liquidare la caccia, il Fighter Command per l’Inghilterra meridionale, in quattro giorni. Non mancarono neppure i dissidi tra Kesserling e i suoi colleghi sulla strategia da seguire. Il suo collega Hugo Sperlle si voleva concentrare, usando massicciamente i bombardieri, sulle infrastrutture della difesa antiaerea. Nella parte “tecnica” entrerò in dettaglio anche con riferimento al cosiddetto “sistema Dodwing”, dal nome del Maresciallo inglese dell’aria, Sir Hugh Dowding. L’arma
aerea
germanica
fu
impareggiabile
nel
coordinamento tattico con l’esercito tedesco. Si è, al riguardo, parlato di un binomio aereo-carro armato. Esso fu determinante nel realizzare le varie operazioni militari di guerra lampo. Non va poi sottaciuta l’importanza difensiva della caccia tedesca che per un certo periodo riuscì a interdire i bombardamenti britannici sul suolo tedesco. Nel 1943 l’adozione di un nuovo proiettile sotto le ali dei velivoli consentiva ai caccia tedeschi di poter colpire i bombardieri inglesi quando questi non potevano colpire i caccia tedeschi.
In sintesi possiamo concludere che i gerarchi nazisti non avevano chiare le potenzialità dell’arma aerea impiegata in senso strategico e quindi non dettero il necessario impulso alla produzione di bombardieri a lungo raggio. Ma più in generale sottostimarono, almeno fino al 1943, le esigenze di aeromobili. Infatti, fino ad allora la capacità
produttiva
dell’industria
aeronautica
era
sottoutilizzata! Qualche passo indietro nel tempo. La II guerra mondiale scoppiò, come è ben noto, nel settembre 1939 quando i tedeschi attaccarono le deboli difese polacche, ben presto annientate. Il 17 settembre (la guerra era stata avviata il giorno 1 di quello stesso mese) la capitale polacca, Varsavia, fu interessata da un massiccio bombardamento terrestre ed aereo. Rotterdam era stata (ma siamo sul più “tranquillo”, per la
Francia,
fronte
occidentale)
bombardata
pesantemente dopo la resa olandese, quindi in spregio alle regole della condotta della guerra. Si ebbero i bombardamenti di risposta, invero poco “chirurgici”, da parte inglese specie nella Ruhr. Né la RAF né la Luftwaffe avevano i mezzi necessari per essere decisive. I piloti tedeschi potevano solo sperare di creare le condizioni per una successiva invasione terrestre. Già abbiamo detto cosa dovettero patire molte città inglesi.
28.
Il
bombardamento
strategico
nella
dottrina
americana. - C’è ora da chiedersi se e in quale misura il bombardamento americano che pure colpì il nostro territorio nazionale durante la fase mondiale del II conflitto
aveva
i
connotati
del
bombardamento
strategico. Sicuramente esso era peggio percepito rispetto a quello britannico quantunque gli aviatori americani avessero avuto modo di rimarcare che il loro bombardamento strategico era di “precisione” e non indiscriminato. I
bombardamenti
americani
erano
sostanzialmente
diurni, e non notturni come quelli britannici. Vorrei anche ricordare che i bombardieri americani erano difficili da individuare in quanto, molto spesso, si ponevano sulla scia di aerei italiani e tedeschi che rientrano nelle rispettive basi. Vi è però, al di là delle soggettive percezioni, una differenza di fondo, rispetto al passato. Essa era sostanzialmente quantitativa. È il numero stesso dei velivoli impiegati che è enormemente superiore a quello utilizzato dai britannici. Più bombardieri comporta inevitabilmente più bombe e quindi più danni. Ecco come nasce il falso modello del “cattivo americano” contrapposto, anche in campo aeronautico, al “gentlemen britannico”. Gli americani hanno quindi una visione ben precisa della dimensione strategica della loro guerra aerea: colpire di giorno, da alta quota, obiettivi, anche
fortemente difesi, risparmiando, per quanto possibile, gli obiettivi civili e le aree densamente popolate. I bombardamenti erano diurni in quanto i piloti americani non aerano adeguatamente addestrati al volo notturno. Per il bombardamento di precisione venivano utilizzati i bombardieri (quadrimotori) B 17. Il sistema di bombardamento H 2X consentiva di colpire grandi obiettivi (visibili in un monitor) anche
in
condizioni meteo avverse. Lo sviluppo tecnologico aveva permesso di realizzare caccia con grande autonomia di volo. Un limite severo al bombardamento di precisione, evidenziatosi soprattutto nella Francia occupata dai nazisti, era rappresentato dal fatto che i bombardieri USA volavano a quota elevata, poco compatibile con la precisione
postulata
dalla
loro
dottrina
del
bombardamento strategico. Taluno ha parlato, in relazione al bombardamento di precisione, di un mito. Esso non va sottovalutato in quanto è un metodo ante litteram di guerra intelligente. Gli americani quantificarono la precisione dei un bombardamento. Secondo
lo
standard
da
loro
introdotto,
un
bombardamento è stato preciso se la metà delle bombe cadono nel raggio di 305 metri dall’obiettivo (1000 piedi). Particolarmente ben riuscito fu il bombardamento del quartiere di San Lorenzo in Roma (19 luglio 1943) che aveva nello scalo ferroviario il punto di mira.
Fino all’agosto 1943 le città del Nord erano sottoposte ai soli bombardanti britannici e i primi bombardamenti americani si avranno a partire dal successivo autunno. È bene rimarcare che la teoria americana non intendeva deliberatamente e primariamente colpire il maggior numero di civili, ma intendeva colpire al cuore dello Stato avversario, rendendo impotenti i centri vitali di esso. Le aree industriali erano il bersaglio d’elezione, tanto è che la loro teoria fu detta “industrial web theory of bombing”. Secondo questo modo di intendere le cose non è tanto urgente distruggere le forze armate quanto piuttosto, prioritariamente, è necessario inibire la produzione bellica e quella collaterale ad essa. Le ricadute di questa interdizione produttiva sono ben evidenti e non meritano commenti. 29. Il formato bellico aereo americano. Le combat box. Ottimizzazione del bombing run. “Deve esserci un leader!”. - Gli americani, quindi, postulavano l’esigenza del bombardamento diurno di precisione. Tale opzione li favoriva quanto a maggiore capacità di individuare i bersagli ma li rendeva più vulnerabili rispetto alla contraerea e alla caccia del nemico. Un ostacolo alla precisione derivava poi dal fatto che si prevedeva il volo ad alta quota. Anche il formato delle squadriglie va valutato in relazione al trade-off che si determina: grandi squadriglie sono meno vulnerabili
rispetto
alla
caccia,
ma
diventano
più
facilmente
bersaglio della contraerea. Per le piccole squadriglie vale il ragionamento opposto. La Luftwaffe migliorò nel corso del tempo le tecniche di combattimento. La tattica dapprima utilizzata, consistente in attacchi alla coda delle squadriglie, viene sostituita da attacchi frontali che sfruttano gli angoli morti delle armi di bordo. I bombardieri vengono “corazzati” e si potenziano le mitragliatrici di prua. Si perfezionano tecniche sofisticate impostando attacchi da più direzioni. Viene costantemente migliorato il coordinamento tra la caccia e la contraerea. Questo complicato gioco di azioni e di reazioni giustifica la onerosità (in termini di aerei danneggiati o abbattuti) delle incursioni americane sul suolo tedesco, come, invero, per un certo periodo, era capitato pure al Bomber Command britannico. I comandi americano individuano, dati i vincoli che sono stati più sopra descritti, una formazione standard di combattimento, nomata combat box. Essa è tipicamente costituita da tre Squadron, ovvero da un numero variabile di bombardieri compreso tra 18 e 21. I bombardieri venivano disposti su tre livelli. L’altezza del fronte di schieramento d’attacco della combat box era di circa 200 metri. Tale distribuzione spaziale
consentiva
un
utilizzo
ottimale
delle
mitragliatrici e in pratica gli aeromobili si difendevano vicendevolmente.
Questa struttura di base (un vero e proprio sistema) poteva, in particolari casi, essere integrata da una struttura più complessa chiamata combat wing, in genere formato da due o tre combat box. L’impiego di questa struttura più complessa, ancora in grado di difendersi bene dai caccia, aveva il problema della difficoltà nel tenerla coesa. Non bisogna infatti dimenticare che il momento davvero cruciale della missione era costituito dall’avvicinamento finale all’obbiettivo, il cosiddetto bombing run. Questo vale a livello tendenziale risultando che nei vari reparti furono sperimentate anche soluzioni ad hoc. Condizione essenziale per un corretto bombing run è che “l’aereo mantenga una rotta, una quota e una velocità costanti nonostante il contrasto dei caccia nemici, della contraerea e delle turbolenze e lo stato di tensione di piloti e di equipaggi”. Il
perfezionamento
della
tecnologia
consentì
l’introduzione del pilota automatico e di un sistema di puntamento
detto
Norden,
che
consentiva
bombardamenti poco dispersi anche da alta quota. Ogni
formazione
di
combattimento
aveva
un
bombardiere leader. Il bombardiere leader della formazione era quello avente il migliore sistema di puntamento. La tecnica di bombardamento utilizzata era quella del bombing on the leader. Il leader e l’intera formazione sganciano nello stesso istante, realizzando il cosiddetto “effetto a tappeto”.
30. L’offensiva combinata di bombardamento. - La Conferenza di Casablanca (14- 24 gennaio 1943) portò con se l’esigenza di realizzare un’offensiva combinata di bombardamento sulla Germania e sui suoi alleati, così come Churchill aveva da tempo promesso a Stalin. È stato osservato che: “Ai bombardieri vennero assegnati compiti assai ambiziosi, anche se l’arma aerea veniva comunque vista non come strumento assoluto, bensì come battistrada di una successiva invasione terrestre dei paesi dell’Asse…”. Questo doveva avvenire con le cosiddette operazioni round
the
clock,
consistenti
in
bombardamenti
notturni inglesi e giornalieri americani. Esse risultarono particolarmente efficaci sul suolo tedesco. Inglesi e americani avrebbero bombardato secondo i loro metodi. Il Combined Bomber Offensive (in acronimo CBO) aveva
come
scopo
quello
di
distruggere
progressivamente il sistema militare, industriale ed economico della Germania, minando al contempo il morale dei civili. Gli obiettivi erano quelli soliti, industrie e infrastrutture. Tale linea non si muoveva strettamente nel solco della linea del Bomber Command della RAF che però mantenne molta autonomia operativa. 31. L’ultimo anno di guerra. - Dopo l’invasione della Sicilia e nonostante gli arretramenti inevitabili la difesa
tedesca dell’Italia fu, come tutti sanno, particolarmente tenace. In particolare, nel marzo del ‘44 i tedeschi erano attestati sulla linea Gustav e non vi erano segnali di un loro cedimento. Giocoforza fu elaborata una strategia finalizzata a rimuovere la condizione di stallo. Le aviazioni angloamericane (e quelle degli altri alleati) furono impegnate anche in contiguità con le operazioni di teatro, quindi in un contesto prettamente tattico. Bisognava bloccare le vie di comunicazione dei tedeschi, rendendo difficile la gestibilità e la operatività dello loro divisioni,
e
gli
l’aeronautica
strateghi
potesse
Alleati
essere
pensarono
utilizzata
in
che
questa
operazione. Venne
avviata
l’operazione
“Strangle”
(strangolamento). Era necessario bombardare costantemente l’intera rete ferroviaria, la rete stradale e i movimenti del naviglio sottocosta. Venne introdotto un “quadrilatero di interdizione” (Pisa, Rimini, Pescara, Roma) che doveva risultare impraticabile quanto a rifornimenti per le divisioni tedesche. L’azione doveva essere svolta da bombardieri medi (essendo quelli pesanti destinati ai Balcani e alla Germania). Ponti, viadotti e scali ferroviari sono i bersagli d’elezione. In caso di maltempo e per i bombardamenti stradali preferibile risultò l’uso dei cacciabombardieri.
L’obiettivo
era
costituito
dalla
“interdizione
simultanea” di tutte le modalità di comunicazione (ferroviaria, stradale, etc.). Per ingolfare bene i rifornimenti si postulava che il bombardamento
fosse
condotto
in
profondità,
avvenisse cioè per 100 miglia terrestri dietro la linea del fronte. Questa operazione è molto importante dal punto di vista teorico
in
quanto
fece
comprendere
agli
analisti
l’essenzialità “dei pur difficili attacchi ai ponti e ai viadotti”. È il caso di ricordare, incidentalmente, che in allora esistevano allora due distinte linee di pensiero: una privilegiava i bombardamenti degli scali mentre l’altra dava più rilevanza ai ponti e ai viadotti. Quanto ai ponti molte volte si ragionava cum grano salis, in quanto si riteneva che la carenza di ponti poteva compromettere
un’avanzata
post
sfondamento
del
fronte! Gli esiti non eccezionali dell’operazione sono in gran parte imputabili al maltempo che molto spesso impediva l’impiegabilità dei bombardieri medi. È stato riconosciuto dagli alti comandi alleati che i tedeschi
riuscirono
“a
mantenere
un
flusso
di
rifornimenti in condizioni apparentemente impossibili”. A latere di Stangle furono condotti, da americani e inglesi, rilevati bombardamenti sul Nord Italia aventi come obiettivo importanti scali ferroviari oltre ad alcuni impianti industriali bellici, specie aeronautici.
Non posso sottovalutare infine l’impiego sostanzialmente tattico dell’aviazione, a supporto delle operazioni di terra, sia dopo lo sfondamento della linea Gustav che in occasione dell’attestarsi da parte dei tedeschi sulla linea Gotica (o Verde, come la chiamavano loro), costruita in modo tale da consentire ripiegamenti ordinati. 32. Un carico “pesante”. - Vorrei ricordare che aereo fu il bombardamento che vide l’impiego delle prime due armi atomiche di fissione dell’atomo. Ci si chiese da parte di molti scienziati se si dovesse arrivare a tanto, specie dopo che si seppe che i tedeschi non possedevano la bomba A. Quando vennero lanciate le due bombe sul Giappone la Germania aveva già capitolato. Il suo impiego (in due occasioni) piegò anche il Giappone che forse avrebbe continuato la guerra fino alla fine. Certamente le bombe atomiche salvarono molte vite di giovani
militari,
ma
ebbero
sicuramente
costi
elevatissimi anche per le generazioni future. Si apriva una nuova tormentata fase delle relazioni internazionali in un mondo che diveniva bipolare e nel quale le tensioni tra le due superpotenze (gli Stati Uniti e l’Urss) avevano delle ricadute pratiche di ampiezza regionale (Corea, Cuba, Vietnam). Ormai
i
Paesi
europei
divennero
dei
comprimari
inconcludenti (vedi ad esempio la crisi di Suez del 1956) o addirittura dei soggetti a sovranità alquanto limitata (come accadde per i Paesi del c.d. “Patto di Varsavia”).
Bibliografia essenziale
Lehmann Eric, Le ali dell’aria. Giulio Douhet, stratega impolitico, Il Mulino Saggi, 2013. Gioannini Marco, Massobrio Giulio, Bombardare l’Italia. Storia della guerra di distruzione aerea 1040 – 1945, Rizzoli storica, 2007. Licheri Sebastiano, L’arma aerea italiana. 10 giugno 1940 – 8 maggio 1945, Mursia, 2000. Fiocco Gianluca, Dai fratelli Wright a Hiroscima. Breve storia della questione aerea (1903 – 1945), Carocci.
Allegato 1
CRONOLOGIA ESSENZIALE (relativa a eventi direttamente riferiti alla trattazione)
1884, 6 novembre. Costituzione di un Servizio Aeronautico, successivamente (1885) denominato Sezione Aerostatica. Essa venne successivamente ampliata (1886). 1887, 23 giugno. Viene promulgata la prima legge aeronautica, n. 4593 che disciplinava la Compagnia specialisti del Genio. 1887-1888. La funzione di ricognizione con palloni a sostegno del corpo di spedizione al comando del Tenente generale Alessandro Asinari di San Marzano. Non ci fu un impiego bellico dei palloni. 1894, 11 giugno in Roma. Moris e Del Fabbro fecero il primo volo con pallone sferico libero, ma furono sanzionati disciplinarmente perché non avevano il brevetto. 1911, 29 settembre. L’Italia dichiara guerra all’Impero Ottomano. 1911, 15 ottobre. Avvio delle ricognizioni aeree italiane con impiego di diversi aerei e 11 piloti. Li comandava Carlo Maria Piazza. 1911, 28 ottobre. Il cap. Piazza fece il primo rilevamento di tiro per la corazzata Sardegna contro l’Oasi di Zanzur. 1911, 1° novembre. Il sottotenente Gavotti lancia tre granate di 2 Kg su Ain Zara e sull’Oasi di Tripoli.
1912, 23 febbraio. Il cap. Piazza compì la prima fotoricognizione con macchina fotografica Zeiss. 1912, ottobre. Istituzione della sezione aeronautica della Regia marina, costituita da idrovolanti, con sede in Venezia. 1915, 7 gennaio. Un regio decreto istituisce il “Corpo aeronautico militare”. novembre 1915. Allestimento di quattro squadriglie operative con Caproni Ca 32, trimotori, utilizzati come artiglieria volante, con autonomia di circa 100 Km oltre le linee nemiche. 1917. Accorpamento delle Raggruppamento Bombardamento.
squadriglie
nel
1918, 9 agosto. Volo dimostrativo e di “fausto presagio per la Vittoria” su Vienna, condotto da 11 Ansaldo S.V.A. dell’87° Squadriglia, di cui 10 monoposto, oltre a quello sul quale si trovava il D’Annunzio. 1922 – 1932. Riconquista della Libia. Non fu impiegata la caccia in quanto non necessaria. 1923, 28 marzo. Con il Regio decreto n. 645 venne istituita la Regia aeronautica. 1931, 18 settembre. Incidente di Mukden. Iniziano i primi scontri sino-giapponesi a bassa intensità. 1932. Conferenza di Ginevra relativa alla riduzione degli armamenti. Venne affrontata anche la questione aerea. I colloqui si protrassero fino al 1934 e discretamente fino al 1937, senza esiti apprezzabili. 1933. Tentativo di Mussolini di realizzare in Europa un “direttorio” con Francia, Germania, e Regno Unito. 1935, 3 ottobre. Avvio della guerra dell’Italia fascista contro l’Impero d’Etiopia.
1935, 15 novembre. Pietro Badoglio sostituisce Emilio de Bono nella conduzione delle operazioni etiopiche. Il comando della Regia aeronautica dell’Africa orientale italiana era affidato al Gen. Mario Ajmone Cat. 1936. Continuano gli scontri e gli episodi di guerriglia repressi con l’impiego dell’aviazione e dei gas, nel contesto della “polizia coloniale”. La guerriglia non fu mai domata completamente. 1936, luglio. Inizia la guerra civile spagnola. Il giorno 17 si solleva l’esercito spagnolo stanziato in Marocco. Il giorno seguente la sollevazione si estende al territorio metropolitano. Il 28 luglio arrivano i primi velivoli italiani e tedeschi. Il 7 agosto i francesi inviano mezzi in aiuto dei repubblicani. L’8 novembre inizia la “battaglia di Madrid”. 1937, 26 aprile. Bombardamento aereo della città basca di Guernica ad opera dei franchisti e della Legione Condor, costituita da “volontari” tedeschi. Detta Legione era costituita da 100 aeromobili e 5.000 uomini. Furono sperimentati i primi (caccia) Heinkel He 51 adatti al volo in picchiata e il caccia Messerschmitt Bf 109. Era di questi tempi anche l’abbinamento con il Panzer e un utilissimo cannone contraereo da 88 mm. L’He 111 era invece un bombardiere. 1937, 7 luglio. Incidente del ponte di Marco Polo. Inizia la II guerra sino-giapponese. La dichiarazione di guerra cinese ci sarà solo nel 1941. 1939, 9 – 11 aprile. Massacro di Amezegna Uascia. 1939, 1° settembre. Attacco tedesco alla Polonia, con una campagna lampo (“Blitzkrieg”) resa possibile da carri armati, aerei e telecomunicazioni efficienti, usati in modo combinato. Utilizzo dei bombardieri in picchiata quali lo Junkers Ju 87 Stuka, molto precisi, fin dal
primo giorno di operazioni. Il controllo tedesco dell’aria fu immediato. I polacchi che tenevano il grosso delle truppe a ridosso del confine tedesco e con le retrovie sguarnite furono annientati! Scoppia la II guerra mondiale. 1940, 10 maggio. Attacco tedesco ai Paesi Bassi, violandone la neutralità, come per il Belgio. 1940, 14 maggio. Bombardamento di Rotterdam. 97 tonnellate di bombe, dopo la resa olandese. 1940, estate – autunno. I tedeschi desiderano acquisire la supremazia aerea contro l’Inghilterra, propedeutica per lo sbarco con mezzi anfibi e paracadutisti. È la “battaglia d’Inghilterra”. Dal 7 settembre gli attacchi diurni si concentrano su Londra. 1941, 7 dicembre. I giapponesi con due divisioni navali, agli ordini del Vice Ammiraglio Nagumo, attaccano la flotta americana del Pacifico a Pearl Harbor. I velivoli giapponesi destinati all’attacco erano 350, bombardieri (sia di alta quota che in picchiata) aerosiluranti, aerei da caccia e ricognitori. La risposta americana non fu apprezzabile e molti velivoli furono distrutti al suolo. Si distinse però la reazione della artiglieria contraerea. I giapponesi rinunziarono ad una terza ondata di bombardamenti, anche perché nasceva il problema del rientro dei velivoli sulle portaerei nottetempo. 1942, 18 aprile. Primo bombardamento aereo di Tokio, operato con 16 B-25 Mitchell decollati dalla USS Hornet. Il bombardamento ebbe una funzione eminentemente dimostrativa e propagandistica. 1942, 4 giugno. Battaglia aeronavale delle Midway. Errori tattici di Genda e Nagumo. Compromissione del quadro strategico del Pacifico.
1942, dicembre – 1943 estate. Area bombings sulle principali città italiane e in particolare nel Triangolo industriale. 1942, febbraio. Sir Arthur Harris diviene capo del Bomber Command. Iniziano i bombardamenti a tappeto sulla Germania. Successivamente ci sarà l’affiancamento americano. 1943, gennaio. Conferenza di Casablanca. Si ribadisce l’importanza di colpire la Germania dal cielo. 1943, 19 luglio. Bombardamento alleato di Roma. 1943, 19 agosto. Bombardamento di Foggia. 1943, 19 novembre inizia la battaglia aerea di Berlino, fino al marzo 1944. 1944, 15 giugno. Primi bombardamenti sostanziali sulle città giapponesi, tra cui Tokio (acciaierie Yawata). Vennero usati i Boing B-29 Superfortress. Basi di partenza erano in successione aeroporti della Cina, le Isole Marianne settentrionali e dalla primavera del ’45 l’isola di Guam. Il bombardamento strategico sul Giappone fu affidato al Gen. Curtis Emerson LeMay (XXI Bomber Command) detto “The Old Iron Botton”. 1945, 13 – 14 febbraio. Bombardamento di Dresda, eseguito congiuntamente da americani e inglesi. Fu un episodio di bombardamento a tappeto. 1945, 6 e 9 agosto. Bombardamento atomico di Hiroscima e di Nagasaki.
Allegato 2 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA GUERRA AEREA Di Patrizio GRAVANO Dagli
inizi
tecnologico
del XX
Secolo
impetuoso
e
ad
oggi
rapidissimo
uno
sviluppo
ha
ampliato
significativamente le potenzialità di impiego del mezzo aereo nei conflitti armati. Dopo una prima fase pionieristica caratterizzata dall’uso del
mezzo
aereo
con
finalità
di
acquisizione
di
informazioni circa la dislocazione delle truppe sul teatro di guerra, di impiego propagandistico (i volantini di D’Annunzio su Vienna nel corso della I guerra mondiale, per esempio), di bombardamenti “artigianali”, si è passati ad un impiego più razionale e potenzialmente più dannoso per le popolazioni civili, oggetto indifeso di bombardamenti terroristici, anche con l’uso di sostanze chimiche gassose. Il mezzo aereo ebbe, come visto, anche un impiego tattico, coordinato con le forze navali e di terra. Esso ebbe una certa importanza e a contraris quando meno si poteva contare dell’apporto tattico del mezzo aereo più ardua diveniva la situazione, fino alla insostenibilità. Ma lo scopo di queste note è soprattutto di valutare l’importanza dell’impiego strategico del mezzo aereo. Esso fu certamente utile, mai risolutivo e determinante.
Non consentì ai tedeschi di creare le condizioni per l’invasione terrestre della Gran Bretagna. Fu importante per
consentire
ai
Giapponesi
di
colpire
la
flotta
americana del Pacifico, ma non tale da modificare le sorti del conflitto. Per parte alleata fu importante per piegare la Germania nazista, anche se astrattamente non risolutivo. Fu, come noto, un attacco terrestre a piegare la Germania. Lo sbarco in Sicilia e il successivo sbarco in Normandia e la contemporanea avanzata sovietica sul fronte orientale si avvalsero comunque anche del supporto aereo. Per certi aspetti Douhet non aveva ragione. Non avevano ragione quei teorici che postulavano che il controllo
dell’aria
implicasse
necessariamente
la
capitolazione del nemico. Non va dimenticato quanto scrisse Sir Basil H. Lidell Hart, storico militare e giornalista inglese per il quale “verso la metà di febbraio ⦋1945⦌ la lontana città di Dresda fu sottoposta, con il deliberato intento di seminare strage tra la popolazione civile, ad un micidiale attacco sferrato contro i quartieri del centro, non contro gli stabilimenti o le linee ferroviarie”. Si trattava, in quell’occasione di “compiacere” i russi! Per Dresda non mancavano anche ragioni “operative” in quanto, come disse il Gen. Marshall bisognava impedire “i rinforzi nazisti”. Ma questi mal si conciliavano con bombardamenti nel centro cittadino.
Da un punto di vista più “strategico” sembra più condivisibile la tesi di coloro (quali Max Hastings, storico ma anche “corrispondente di guerra”) ritengono che tali bombardamenti fossero “scarsamente rilevanti ai fini degli esiti della guerra”. Si potrebbe obiettare che una supremazia netta dell’aria non la possedeva nessuno dei contendenti. Questo è vero e può essere una spiegazione dei limiti della teoria del controllo aereo. Si potrebbe obiettare che una vittoria di uno dei contendenti si possa avere in condizioni di perdurante gap, in un contesto in cui permane nel tempo un certo vantaggio competitivo. Con il “senno del poi” anche un accomodamento del genere potrebbe risultare non vero. Vorrei ricordare l’esperienza americana del Vietnam. Anche in questo caso il comando americano (Gen. William Westmoreland e suo vice Gen. Abrams) si prodigò per massicci bombardamenti sul Nord del Vietnam (e non solo….!) che però non dettero risultati né in termini di sfiancamento del nemico e di sua conseguente
demoralizzazione,
né
in
termini
di
successiva capitolazione comunista. Neppure nel contesto della guerra intelligente di oggi le vicende della guerra contro il Califfato dell’Isis sembrano essere a favore della risolubilità delle operazioni. 3 raid aerei su 4 si dimostrano inefficaci. Senza contare i costi finanziari di detti bombardamenti.
I bombardamenti intelligenti furono molto utili nella II Guerra del Golfo, ma certo, gli sviluppi successivi dimostrarono che si apriva uno scenario tattico alquanto complesso e di non immediata risolubilitĂ . Rimango convinto che la migliore forma di deterrenza sia legata ad una condizione di equilibrio tra i contendenti o comunque ad uno scenario asimmetrico che renda troppo alta la posta in gioco.
pubblicazione a cura di Pascal McLee
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