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Linda Russo

IL PICCOLO MUSEO DEL DIARIO: LE STORIE CHE RACCONTANO LA STORIA

Pieve Santo Stefano, posta su quella lingua di Toscana

Libero Saverio aveva poco più di 20 anni quando è stato costretto a interrompere gli studi in Legge a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per sfuggire alla chiamata alle armi, si è rifugiato in Svizzera do ne in Valle D’Aosta e nel Canavese. È un’esperienza che lascia il segno e detta la linea di ciò che sarà la sua carriera. Saverio Tutino, infatti, diventa giornalista e successivamente uno dei maggiori esperti occidentali in materia di Rivoluzione cubana e fermenti rivoluzionari dell’America Latina. La voglia e la capacità di raccontare le storie del mondo e delle persone che lo vivono diventano da subito centrali e, otto anni più tardi, contribuiscono alla creazione di uno

spazio culturale in cui accogliere le che degli italiani e non solo. Fonda così l’Archivio Diaristico Nazionale a Pieve Santo Stefano, comune italiano di circa 3.000 abitanti, che nel 2013, due anni dopo la sua morte, vede la nascita del Piccolo museo del diario.

La Città del diario

Oggi all’ingresso del Paese svetta un cartello giallo con su scritto “Città del diario”, un invito a tutti quei visitatori che incuriositi entrano a Palazzo Pretorio. Chi crede di trovare un museo o un’esposizione cambia idea in fretta. Saliti i sedici gradini numerati, infatti, si sentono le voci, quelle che rappresentano il “fruscio degli altri” di cui amava parlare Saverio Tutino, e sulle pareti si possono leggere memorie ed estratti. È qui che il percorso si fa avvolgente e conduce alle stanze della memoria, trasformando la visita in un’esperienza unica fatta di suoni, luci e parole che dialogano con il visitatore. Negli anni, a fare quest’esperienza, sono stati anche personaggi famosi come Ettore Scola, Carlo Lucarelli, Neri Marcorè, Simone Cristicchi, Vinicio Capossela, Walter Veltroni, Bianca Berlinguer, Pupi Avati, Paolo Borrometi, Dario Franceschini e tanti altri. Spettatori di oltre 9.000 memorie di persone comuni che hanno raccontato la storia d’Italia da un punto di vista assolutamente inedito. Le voci dei singoli si fondono così in un racconto collettivo e universale che narra i cambiamenti culturali, sociali e politici del nostro Paese.

Giovani e senior: scrittori di diari

Scrivere un diario, però, è un’attività sempre più rara. Secondo una ricerca britannica condotta nel 2017 da Pen Heaven, brand di strumenti per la scrittura, solo il 23% della popolazione tiene regolarmente un diario. Un’attività praticata da 1 donna su 4 e da 1 uomo su 5. Il dato interessante, però, è quello legato all’età degli “scrittori”. Secondo lo studio, infatti, i ragazzi tra i 18 e i 34 anni sono quelli più propensi a tenere un diario, nonostante siano anche i più avvezzi all’uso della tecnologia. Il trend subisce poi un calo nelle fasce che vanno dai 25 ai 64 anni, per aumentare di nuovo nei senior over 65. Le motivazioni di questo andamento potrebbero essere legate alle abitudini di vita che tra i 35 e i 64 anni spesso coincidono con quelle fasi di massimo impegno professionale e di gestione familiare. Ma, secondo Pen Heaven, gli over 65 tornerebbero a riscoprire il piacere della scrittura anche volgendo uno sguardo al futuro e pensando all’eredità culturale e familiare che vorrebbero lasciare ai posteri.

Clelia Marchi, la vita in un lenzuolo

È ciò che, in un certo senso, è accaduto anche a Clelia Marchi, contadina di Poggio Rusco, in provincia di Mantova, che nata nel 1912 e rimasta vedova a 72 anni, inizia a scrivere per continuare a condividere i suoi pensieri con il marito scomparso. Lo fa, però, utilizzando il lenzuolo più bello che ha, memore di ciò che le aveva raccontato la maestra a suo tempo sugli Etruschi, che avvolgevano i morti in lenzuoli scritti. La sua opera diventa, così, un sudario di 184 righe che si apre con un invito ai lettori: “Care persone fate tesoro di questo lenzuolo che c’è un po’ della vita mia; è mio marito; Clelia Marchi 72 anni ha scritto la storia della gente della sua terra, riempendo un lenzuolo di Un’opera unica, diventata l’emblema dell’archivio di Pieve Santo Stefano, a cui oggi è dedicata l’ultima sala del Piccolo museo del diario.

Il vivaio della memoria

Il percorso museale è la raccolta di un presente scritto che oggi è passato, di storie comuni ancora capaci di emozionare. Con il progetto sviluppato da Dotdotdot, studio multidisciplinare di Milano che ha curato la digitalizzazione dell’Archivio, è stato possibile costruire un museo ispirato al libro Il paese dei diari di Mario Perrotta (Terre di mezzo Editore, 2009). Un vero e proprio “vivaio della memo un luogo in cui la memoria parla ed è disposta a vivere e rivivere.

INFO E PRENOTAZIONI

Per saperne di più o prenotare la propria visita al Piccolo museo del diario, consultare il sito: www.piccolomuseodeldiario.it

ROBY FACCHINETTI

Racket: oltre la paura, il coraggio di denunciare

Nel corso del 2021 è stato registrato un calo delle denunce di usura pari al 40,2%, evidente questo odioso fenomeno

Il triste fenomeno del racket e dell’usura è una piaga antica e, purtroppo, non ancora estirpata dalla vita della nostra società, una piaga che colpisce l’economia sana, lo sviluppo e la vita di tante famiglie. Ne abbiamo parlato con Gianni Gravante, presidente regionale di Federmoda Trentino, già componente del Comitato antiracket e antiusura del Ministero dell’Interno, impegnato da anni nel contrasto e nella denuncia del fenomeno.

Come commenta i dati dell’ultimo Rapporto del Commissario governativo antiracket e usura?

Non posso che confermare il dato più macroscopico emerso dal Rapporto. Ossia che nel nostro Paese si fa ancora fatica a denunciare questi odiosi reati. Direi di più, e cioè che la stragrande maggioranza dei reati di questo tipo restano ancora nel sommerso. C’è anche un report di Confcommercio che fotografa la situazione mettendo in rilievo che addirittura solo il 4-5% delle vittime di racket o estorsioni attualmente denuncia. Insomma, c’è ancora troppa resistenza a rivolgersi alle autorità competenti. Questo, a mio avviso e secondo la mia esperienza, resta il punto cruciale nella lotta antiracket.

Come giudica l’impegno delle istituzioni nelle loro varie articolazioni, anche sul territorio?

Personalmente sono al terzo mandato nel Comitato antiracket istituito al Viminale e posso testimoniare che l’impegno da parte delle istituzioni e del mondo associativo c’è stato e resta assolutamente di alto livello. Posso dire che su questo dif molto. Colgo l’occasione anche per ricordare una delle ultime iniziative istituzionali, che spiega il modo di procedere e ciò che di buono si tenta di fare. Con l’Università di Trento abbiamo messo a punto un percorso informativo con annesse proposte di attività pratiche sull’antiracket, che vorremmo portare in tutta Italia. Il primo step avanzato è stato già sottoposto al Comitato istituito presso il Ministero dell’Interno con l’obiettivo di divulgare, attraverso iniziative di alto livello come questa, sempre più la cultura della legalità in tutti gli ambiti e le fasce di età.

Come ha inciso la crisi pandemi anche nel mondo dell’economia, su fenomeni così odiosi come quello di cui stiamo parlando?

Certamente un impatto c’è stato, e questo emerge anche dai dati che ini-

ziano a circolare. Ma il lavoro che vogliamo portare avanti, anche at quelle con l’Università di Trento, mirano a studiare i problemi legati alla cultura antiracket in un tempo che, speriamo, possa segnare la post-pandemia. Se è vero che ci avviamo verso un lento ma stabile superamento dell’emergenza Covid-19, è da sottolineare anche il rischio legato, ad esempio, alla scarsità di risorse economiche e ti esercizi commerciali. Insomma, dovremo certamente stare attenti a quelle che si possono a buon diritto in grado di aggredire aziende ed esercizi commerciali. Ecco, allora, che una valutazione tecnico-scienti mentale ed è bene che a supportarla sia una istituzione accademica. Con l’ateneo di Trento stiamo studiando un progetto itinerante, al quale vogliamo far partecipare non solo commercialisti, forze di polizia o magistratura -, ma che abbia come destinatari anche imprenditori e imprese. Vogliamo creare poi una rivolti proprio a coloro che spesso pagano per primi i disagi sia econo racket, con la privazione di introiti, l’isolamento nelle società e negli ambiti territoriali, o la paura per chi decide di ribellarsi agli usurai.

La paura resta ovviamente il denunciare…

Certamente. In certi ambiti e conte deve essere isolato dalla comunità quando - peggio - non viene aggre questo la credibilità dell’Istituzione resta decisiva, così come divulgare informazioni sugli aiuti e i sostegni quando si subiscono danneggiamenti o violenze è parte integrante di quella protezione che resta molto importante, soprattutto nei piccoli paesi e in realtà legate all’omertà collettiva. Sono convinto che occorra divulgare sempre di più queste iniziative in favore delle vittime. Il abbiate timore, denunciate, lo Stato

riale” nella denuncia del fenomeno? C’è una certa letteratura che dipinge, ad esempio, un Mezzogiorno meno disposto a denunciare...

Legalità, ci piace!

«Non abbiate timore, denunciate. Lo Stato c’è ed è in grado di agire»

una sub-cultura malavitosa maggiormente legata a usurai ed estorsori, mentre al Nord prevale un fenomeno estorsivo legato di più ai cosiddetti “colletti bianchi”. Comunque, nella fase post pandemica occorrerà fare torie, cioè al cadere nella trappola di cedere le aziende per pochi spiccioli, a causa delle necessità economiche, dopo aver resistito tanto. Una tendenza che purtroppo con la crisi bellica in corso in Europa non può che farsi più pericolosa e insidiosa. Fenomeni di questo tipo già si cominciano ad intravedere e ad allargarsi soprat pano le situazioni che stanno vivendo realtà come quelle degli alberghi o dei ristoranti, attività anche di un certo obiettivo della criminalità che aspetta solo il momento di metterci le mani sopra per pochi soldi.

In ultimo, con il PNRR pensa si sia di fronte al rischio di un “salto di qualità”, vista anche l’ingente somma di investimenti che si aiutare la ripresa economica?

trà essere condizionata anche dalle congiunture internazionali ormai così vicine a noi e all’Unione europea, con ricadute che sono ancora tutte da valutare. Insomma, ora c’è da capire e valutare come si metterà la situazione con i nuovi bilanci europei. Fatto sta che, a mio avviso, una parte dei fondi che verranno stanziati dovranno andare alla ricerca e alla lotta alla criminalità internazionale che tenterà di operare speculazioni. Queste realtà criminali sono ormai spartiscono il territorio. La domanda che mi faccio è: “arriveranno con si?”. Bisogna capire in che termini si muoverà la criminalità organizzata nei prossimi anni. Vediamo già qualcosa che non funziona in ambito immobiliare, ad esempio, con compravendite sospette o rifacimenti di vecchi palazzi.

UNITI, CONTRO OGNI FORMA DI USURA

La Relazione annuale antiracket e antiusura, pubblicata di recente dal Viminale, fornisce un quadro poco incoraggiante rispetto ai numeri di chi sceglie di denunciare. Malgrado le iniziative di sostegno messe in campo dallo Stato

sa sociale”, grazie al

“Fondo per il contrasto della Povertà Educativa Minorile” e alla partecipazione della Fondazione “Con il Sud”.

AFFIDO CULTURALE, UNA RETE PER FAMIGLIE CHE AIUTA A COMBATTERE LA POVERTÀ EDUCATIVA

di

Ci sono bambini che non sono mai entrati in una biblioteca. Bambini che non sanno cosa sia un centro estivo, un teatro, un laboratorio creativo. Perché non tutti hanno le stesse opportunità. È per colmare questo gap che è nato il le ampliare le opportunità di accesso ad eventi culturali, artistici e sportivi per i minori in condizione di povertà educativa e relative famiglie. L’idea alla base è semplice: una famiglia frequentatrice dei luoghi della cultura viene “unita” ad un nucleo familiare non abituato a usufruirne. Il progetto nasce a Napoli, il soggetto attuatore è “Con i Bambini Impre-

L’INTUIZIONE

Tutto nasce da un’intuizione di Ivan Esposito, che da anni lavora dietro le quinte di teatri per bambini. Nel corso della sua esperienza Ivan si è trovato davanti sempre lo stesso problema: era minate famiglie al mondo della cultura. Si tratta di un segnale penalizza molti bambini. Un segnale che, inoltre, chiama in causa tutta la comunità: le scuole, le amministrazioni comunali, gli enti culturali, ma anche i singoli cittadini. Ha pensato a lungo, Ivan, a delle strategie da mettere in pratica per colmare questo gap e, come spesso succede, la soluzione è arrivata poi con l’esperienza diretta. Una volta, decide di portare re gli scavi, ed estende l’invito anche ad un suo amichetto. Ne viene fuori una bellissima giornata spesa insieme, ed Ivan capisce che il metodo della condivisione è il più adatto. E

AFFIDO CULTURALE

Il progetto nasce a Napoli ma si sviluppa contemporaneamente anche a Roma, Bari e Modena grazie al partenariato di varie associazioni. Partito agli inizi del 2020, ha una validità centrato l’obiettivo iniziale, come ci spiega Anna Carla Tredici, responsabile della comunicazione: «Poteva per anno e, nonostante siamo partiti in piena pandemia, siamo riusciti a

coinvolgere 100 famiglie per città». Le restrizioni legate all’emergenza del Covid non hanno di certo aiutato, ma non hanno neppure interrotto la grande voglia di scendere in campo: «Abbiamo fatto tutte le prime visite in luoghi all’aperto - ci racconta Anna Carla -, che garantissero il massimo del distanziamento sociale. Successivamente ci sono stati dei momenti di chiusura, poi è iniziato il discorso dei vari Green Pass vincolanti ma, nonostante tutte le limitazioni, siamo riusciti ad andare avanti».

IL PATTO EDUCATIVO

Il progetto punta sul ruolo delle “famiglie risorsa”, valorizzando l’espe clinandola nella fruizione di prodotti e servizi culturali. «Sul territorio abbiamo delle scuole di riferimento - spiega la referente - che si fanno garanti del progetto. E poi c’è il comparto dei nostri operatori, professionisti del terzo settore che prendono contatto con le famiglie segnalate dalle scuole, fanno dei colloqui conoscitivi e danno vita all’abbinamento, prendendo in considerazione vari parametri come, ad esempio la vicinanza geogra che i bambini siano già amici». Viene così stilato un Patto Educativo, ovvero un sostegno complessivo multidimensionale promosso, garantito e monitorato dalla scuola.

UNA GESTIONE SMART

Tutto funziona tramite App. Le famiglie possono scaricare l’ap re e prenotare le attività disponibili nella propria città. Ogni utente (può coppia o un single) ha a disposizione un portafoglio virtuale di “e-ducati”, una moneta virtuale solidale, con cui pagare i biglietti di accesso ai luoghi della cultura convenzionati. «I bambini hanno sempre l’omaggio, per gli adulti può esserci l’omaggio o la riduzione, in base agli eventi. Inoltre i bambini di entrambi le famiglie hanno anche la merenda - precisa Anna Carla Tredici -, che può essere un ticket da spendere in un bar convenzionato oppure una box biologica. E c’è il diritto al rimborso del carburante, o dei biglietti dei mezzi pubblici utilizzati per raggiungere il luogo desiderato». Per quanto riguarda gli eventi, c’è solo l’imbarazzo della scelta: c’è la visita al Palazzo Reale a Napoli, al Museo della Bilancia a Modena; e poi la Città della Scienza, laboratori creativi, musica in gioco, attività sull’eco-sostenibilità… Insomma, un programma vasto e variegato. espandendo sempre di più: «Abbiamo ricevuto richieste da tutta Italia e abbiamo organizzato anche un webinar per dare informazioni più precise. Da inizio anno è disponibile anche su Milano, sta per partire in Abruzzo e, nei prossimi mesi, approderà in Sardegna. Condividere la cultura e na Carla Tredici - consente di abbattere barriere linguistiche, culturali e percorrere».

Per saperne di più visita il sito:

Negli ultimi decenni il trattamento dei tumori ha sperimentato diversi cambiamenti epocali. Fra questi, lo sviluppo dell’immunoterapia oncologica, che ha permesso di trasformare in malattie croniche alcuni tumori prima senza possibilità concrete di cura. È il caso, ad esempio, del melanoma metastatico, del tumore del polmone o del rene in fase avanzata. Sono risultati che hanno dato speranza in ambiti in cui nulla di nuovo accadeva da tempo, ma che hanno richiesto decenni di lavoro in laboratorio e, successivamente, di ricerca clinica sui pazienti. Da questo lungo percorso derivano farmaci e tecniche di cura che hanno rivoluzionato la vita di molti pazienti.

I TUMORI E IL SISTEMA IMMUNITARIO

Siamo abituati a immaginare il nostro

TUMORI E IMMUNOTERAPIA: STORIA DI UNA RIVOLUZIONE ANNUNCIATA

a cura di Fondazione Umberto Veronesi

UNA STORIA DA NOBEL

Nel 2018 il premio Nobel per la Medicina andò allo scienziato statunitense James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo, per aver decifrato i meccanismi molecolari che il tumore la risposta immunitaria. Fu studi secolare, ma grazie a ci immunoterapici oggi disponibili. sistema immunitario in azione quando si tratta di malattie infettive. In realtà, le difese immunitarie sono chiamate in causa anche per riconoscere e distruggere le cellule di un tumore. Anzi, le cellule-guardiane del sistema immunitario hanno la funzione di intervenire ancora più precocemente, contro le cellule mutate e quindi potenzialmente cancerose.

COSÌ IL TUMORE ELUDE LA SORVEGLIANZA IMMUNITARIA

Accade che il sistema immunitario non riesca ad evitare lo sviluppo di un tumore. Come mai? Una risposta è che le cellule tumorali possono attivare meccanismi di vario tipo per eludere la sorveglianza delle cellule-guardiane, così da moltiplicarsi. Ad esempio, possono produrre dei fattori che sopprimono la risposta immunitaria, oppure possono

presenza di molecole che funzionerebbero da “segnale” per il sistema immunitario.

L’IMMUNOTERAPIA ONCOLOGICA

Come possiamo quindi dare al nostro sistema immunitario le risorse per contrastare la malattia oncologica? È la domanda alla base dell’immunoterapia, una strategia di cura del cancro che punta ad aiutare il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Si aggiunge alla chemioterapia, alla radioterapia, all’ormonoterapia e alla chirurgia; a seconda del tipo di diagnosi, può essere utilizzata da sola o in combinazione con altri trattamenti, può essere già un trattamento standard oppure ancora in fase di sperimentazione; per alcune forme di tumore e per alcuni pazienti ha mostrato buoni risultati, per altri no: è su mente i ricercatori, perché anche negli insuccessi ci possono essere le basi per future cure che funzionano.

STRATEGIE DIVERSE, TERAPIE DIVERSE

Ci sono diversi tipi di immunoterapia: gli anticorpi monoclonali, gli inibitori di checkpoint, i vaccini, le terapie biologiche mirate, le CAR-T, cellule trattate con editing genetico che ne forme di leucemia e di linfoma. Il primo farmaco ad essere approvato nel 2011 è stato “ipilimumab”, un anticorpo che ha cambiato radicalmente il trattamento del melanoma metastatico. Come altri farmaci sviluppati negli anni successivi, agisce contro alcune proteine che inibiscono l’azione del sistema immunitario e proteggono le cellule tumorali. I farmaci immunoterapici tolgono questo freno e permettono ai linfociti di contrastare la malattia.

A CHI PUÒ ESSERE UTILE

In questo modo è diventata reale la possibilità di gestire nel tempo alcune forme di tumore in fase avanzata, che prima lasciavano poche speranze ai malati. Per il melanoma metastatico non erano arrivati nuovi farmaci per oltre trent’anni, ad esempio, e la sopravvivenza media si riduceva pochi mesi; oggi, gli studi in corso mostrano la metà dei pazienti vivi a 5 o 6 anni, altri anche a 10 anni. Vale la pena sottolinearlo: non tutti i pazienti sono candidabili, ma risultati importanti si stanno ottenendo anche nel carcinoma renale e nella forma più comune di tumore del polmone, quello non a piccole cellule; da pochi mesi è disponibile una terapia per i tumori gastroesofagei.

AZIONE TRASVERSALE E DURATURA

Non solo quindi l’immunoterapia può agire in maniera trasversale, su bersagli molecolari presenti in forme di tumore diverse, ma alcune recenti ricerche mostrano che, anche dopo la sospensione del trattamento, nella gran parte dei casi il sistema immunitario continua a tenere sotto controllo la malattia. Insomma, c’è ancora tanto da capire e da migliorare, ma il sogno di tanti scienziati oggi è realtà: quando eliminare del tutto il tumore non è possibile, si può pensare di tenere a bada la malattia tutelando la qualità di vita dei pazienti.

CONTRO I TUMORI

LE TANTE STRATEGIE DELL’IMMUNOTERAPIA

• Inibitori dei checkpoint immunitari: tolgono il freno al sistema immunitario, silenziando i tumorali. tumorali. • Citochine: sono proteine-mes lule immunitarie. • Immunomodulatori: farmaci che potenziano la risposta immunitaria. munitaria, non per prevenire stente. tumorali. cellule del tumore.

Scienze

LA MALATTIA DI CROHN, QUANDO A FARNE LE SPESE SONO I GIOVANI

di Romina Vinci intestinale perlopiù scono perché a farne le spese sono soprat sono le sue ripercussioni? Ne abbia cronica dell’apparato digerente; inte confondersi con quelli del colon irri

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