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Rigenerazione urbana: tutti protagonisti Annarita D’Agostino

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Linda Russo

Linda Russo

RIGENERAZIONE URBANA: PROTAGONISTI A TUTTE LE ETÀ

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Il PNRR ha dato un colpo metropoli. Su cosa e come del Politecnico di Milano

APieve Torina, in provincia di Macerata, sarà realizzata una pista ciclabile Kneipp. Il comune di Lissone, nella provincia di Monza e Brianza, ri trasformarlo in un polo giovanile, con sale studio, spazi ricreativi e di lavoro. A Ponticelli, periferia est di Napoli, l’occasione è buona un “ecoquartiere”, con orti urbani e un sistema di riciclo delle acque. E ancora, si abbatteranno barriere architettoniche e si pianteranno alberi, fabbriche dismesse diventeranno musei della tradizione locale, aree abbandonate ospiteranno cittadelle e impianti sportivi all’avanguardia. Combattere il degrado urbano e l’emarginazione sociale accentuati dalla pandemia, rivitalizzare le economie e i servizi locali, migliorare l’accessibilità delle infrastrutture e la mobilità sostenibile, valorizzare ganizzata, promuovere i luoghi della cultura e il patrimonio paesaggistico. Sono solo alcuni degli obiettivi dei progetti di “rigenerazione urbana” su cui piccoli comuni, città e aree metropolitane stanno investendo con migliaia di progetti presentati per avere accesso alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e non solo. Di “rigenerazio-

ne urbana”, infatti, si parla da tempo, anche se sono i fondi del PNRR che danno una spinta decisiva per pi delle nostre città. Tanto che sia i tecnici della Commissione Europea ca dell’attuazione del Piano, hanno inserito gli investimenti in rigene da monitorare. In particolare, entro giugno 2026 si punta a “rigenerare” dal degrado e dall’emarginazione sociale almeno 1 milione di metri quadrati in 300 comuni con più di 15mila abitan ni di metri quadrati di periferie in 14 città metropolitane; a completare 10 progetti di rigenerazione per l’inclusione sociale con il sostegno di un Fondo dedicato, gestito dalla Banca Europea degli Investimenti; spazi di aggregazione e di abitazione. Obiettivi fattibili? Lo abbiamo chiesto a Elena Granata, professoressa associata di Urbanistica presso il Politecnico di Milano e membro del Consiglio dei Ministri per i G7/ G20 2020-2021. «La bella notizia - sottolinea - è che si parla di rigenerazione in termini più convinti che nel passato, ovvero il tema del prenderci cura del già costruito è entrato nell’agenda politica. Non costruire più, ma valorizzare quello che abbiamo: l’obiettivo del PNRR è sicuramente corretto. Vedo però almeno due punti di debolezza. Uno è il fattore tempo: ne abbiamo pochissimo a disposizione per implementare questi progetti. Il rischio, dunque, è che verranno portati avanti soltanto quei processi di rigenerazione che erano già maturi, cioè che non necessariamente andranno a valorizzare chi ha più bisogno, ma chi sarà più in grado di ottemperare alle richieste dei bandi. Ed ecco il secondo punto debole: vince non chi ha più bisogno, ma chi è più performante».

Allora cosa si rischia?

pardo”: gli esiti del Piano saranno molto disomogenei, a seconda della nanziamenti. Chi è già virtuoso sarà E qui veniamo alla maggiore contraddizione del PNRR. L’obiettivo ze e distanze, cioè promuovere una maggior parità territoriale, quindi economica, sociale, civile. Questo punto è però minato proprio dal fatto che le amministrazioni più attrezzate dal punto di vista culturale, economico, strategico sono quelle L’aver puntato tutto e solo sul livello del governo locale non fa i conti col fatto che più di 8mila comuni italiani non hanno parità di com-

«L’obiettivo del Piano è riequilibrare cioè promuovere

una maggiore parità

territoriale civile»

petenze e di risorse. Ci sono comuni dove il personale è scarso e si nel compilare un bando, perché non si hanno fondi per pagare esperti o consulenti in grado di consigliare e aiutare in procedimenti complessi.

Comuni e Regioni hanno reso noto, in ordine sparso e solo in alcuni casi, il contenuto dei progetti presentati e approvati. Non si rischia di ricadere sempre nel solito problema, ovvero una burocrazia che parla poco con i cittadini, investiti invece in pieno dal cambiamento?

Le amministrazioni hanno puntato a poter decidere in autonomia, senza farsi condizionare da movimenti locali, da richieste, ovviamente da critiche. Quindi il processo è stato molto opaco. Anche gli esperti non hanno avuto accesso alle informazioni per capire cosa c’era dentro tratta di un problema di democrazia, di accesso alle informazioni e quindi di partecipazione dei cittadini o dei corpi intermedi, dalle cooperative alle associazioni. La domanda da porsi è in che modo un processo così importante per il nostro Paese poteva essere più partecipato e più democratico, quindi anche più trasparente. Da esperta avrei preferito discutere dei progetti piuttosto che

Qual è dunque l’approccio necessario per rendere davvero

e di sostegno alla rigenerazione urbana sono molte di più di quelle del Piano. Dobbiamo uscire dalla logica che l’unica “lotteria” da vincere è il PNRR, ci sono tanti strumenti per innescare processi virtuosi nei territori; altri fondi europei, stanziamenti delle amministrazioni locali e del governo, ma anche gli investimenti di banche, fondazioni bancarie, imprese. Mi preme poi sottolineare che non è soltanto la quantità di soldi che arrivano, ma è la qualità dei progetti ad essere determinan la costruzione di cento scuole, ma occorre che queste scuole siano sostenibili dal punto di vista ambientale e innovative dal punto di vista educativo. Invece il Piano tende a premiare la quantità piuttosto che la qualità, perché altrimenti avremmo dovuto avere più tempo e più norme.

In che modo si devono ripensare i luoghi e più in generale il nostro “abitare” per creare spazi che siano davvero “rigenerativi” e “resilienti” a tutte le età?

Pensiamo soltanto al tema delle Residenze Sanitarie Assistenziali. Dopo più di due anni dall’inizio della pandemia, le RSA sono l’unico luogo che non è stato riaperto all’accesso dei parenti e alla possibilità degli ospiti anziani di avere una normalità pur nell’isolamento. Questo tipo di risposta sociale non è più adeguata a una domanda di maggiore apertura e integrazione fra le generazioni. Tutto quello che è stato pensato e costruito come un “contenitore chiuso” - la scuola, l’ospedale, la RSA, la comunità per minori, la comunità per stranieri - è evidente che non consente il benessere delle persone e una vita dignitosa, a tutte le età. Spero che il tema dell’impres se, e dunque del crescere e dell’in non solo quindi lavorando sul “con-

tenitore”, ma per città a misura di anziani e bambini. Questo implica la possibilità di vivere bene a casa propria grazie ai servizi e alle reti domiciliari; la domotica al servizio delle persone, la sanità pubblica accessibile nei quartieri.

Ce ne sono molti all’estero. Penso all’housing sociale, che mescola famiglie di immigrati con anziani facilitando l’integrazione, ma anche alle “case canguro” in cui l’anziano è accudito da una comunità di vicini e, in cambio, restituisce il favore occupandosi, ad esempio, di piccole faccende domestiche o della sorveglianza delle abitazioni.

La “terza età” oggi non è più so le case di cura, ma anche quella degli “splendidi over 60”, la generazione dei Baby Boomers, “abitanti” attivi e benestanti. In che modo questo si traduce sulla rigenerazione urbana?

Con la pandemia abbiamo assistito a un intenso fenomeno di abbandono dei centri urbani proprio da parte dei protagonisti della “silver age”, l’età d’argento nella quale si hanno ancora tante energie, salute e voglia di investimento positivo sui territori. Si tratta di over 50 e 60 che, in un tem sono in pensione o hanno un lavoro più agile, hanno deciso di lasciare le città e andare a vivere vicino al mare, nei borghi dell’entroterra, nella seconda casa in campagna, nelle città d’origine, soprattutto al Sud. Il 2,9% dei residenti di Milano ha lasciato la metropoli nel 2020. Chi sono? Ar energia e risorsa fondamentale per la rigenerazione dei luoghi, perché sono persone che aprono piccole imprese, fanno volontariato, si dedicano all’azienda agricola di famiglia, sione per gestire spazi pubblici, come biblioteche e piccoli musei, che altrimenti rimarrebbero chiusi al pubbli sono rientrati in Italia dall’estero. raccontano un ritorno a vivere in una dimensione più comunitaria: questa è l’energia fondamentale della rigenerazione. Perché non sono i soldi, ma le persone, con i loro comportamenti, le passioni, gli interessi, che trasformano i luoghi.

Le interviste

GLI SCRITTORI CI RACCONTANO LA TERZA ETÀ

Tre interviste a tre autori italiani e un unico punto in comune: la visione della vecchiaia. Ne esce un dipinto variegato, dove l’anzianità può essere una grande avventura o una tragica esperienza

di

Mettiamo a confronto tre narratori che recentemente si sono cimentati no la realtà degli over da prospetti Malvaldi, con la nuova avventura dei suoi vecchietti-detective del BarLume in Bolle di sapone; Andrea Gentile, che propone l’adolescenza e la vecchiaia di un personaggio femminile molto particolare, il cui nome dà il titolo a Tramontare; Fabio Stassi, che rilegge in chiave realistica la storia di Pinocchio descrivendo gli ultimi giorni di Mastro Geppetto

Iniziamo proprio dal personaggio più noto e più amato, il babbo del burattino Pinocchio, che lei, Stassi, descrive come un an

Oggi viviamo in un mondo sempre im delle serie tv, degli articoli che leggia do sento forte l’esigenza di tornare alla re che anche le storie che conosciamo di folgorazione, l’idea che Pinocchio fosse un pezzo di legno inanimato, e che noi per 140 anni abbiamo creduto alla favola che potesse parlare, ridere, no andate davvero le cose? È nato tutto da un brutto scherzo, cattivo, feroce, perpetrato da un intero villaggio contro l’ultimo degli ultimi, un vecchietto fragile, che ha perso il senno, che si alberi, le cose; l’unico che può crede Geppetto e della cattiveria del villaggio nei suoi confronti, del suo precipitare fasia, nella perdita del linguaggio, del al tempo stesso, opponendo a tutto il di Mastro Geppetto, sono le stesse ma

Se Mastro Geppetto precipita a poco a poco nelle sue difficol ti, Malvaldi, sono invece sempre più arzilli e vivaci, capaci di gestire una nuova indagine in tempi di pandemia, anche stando dietro lo schermo di un com

Ho voluto raccontare la storia che abbiamo vissuto tutti noi due anni fa cir

trovati morti i due gestori di una pizzeria: lei avvelenata da un barattolo di funghi, senza che sia chiaro se si tratti di un omicidio o di una disgrazia alimentare; lui, invece, colpito da i vecchietti sono tutti chiusi in casa, po’ depresso per aver rotto il femore tono in un vero e proprio smart work, con operazioni non troppo lecite, come arrivare all’happy end immancabile

Invece, Andrea Gentile, Tramontare, nomen omen, è un personaggio scomodo, spigoloso, che non ama mescolarsi con gli al

me diceva Leopardi, “l’apprezzamen conosciamo i contorni perché la stia mo dire noi tutti, perché abbiamo un pezzo di mente che ogni tanto ci porta cogliere in maniera esperienziale, possiamo provare a fare un parallelismo con la letteratura, che può essere uno gli antichi, la contemplazione era in ri, come scrittori - lettura e scrittura sono due atti molto simili, non vedo attraversare un’esperienza - riusciamo a contemplare ciò che accade di fronte ai nostri occhi, sopra di noi, nel cie-

«Oggi viviamo in un mondo sempre immerso . Un mondo in cui riuscire a osservare ad occhi aperti

Pinocchio

e più saggezza è possibile »

“Bolle di sapone”

lo oppure dentro un testo, è possibile vivere con maggiore consapevolezza. Forse la letteratura ha anche questa vibrazione dentro di sé.

Lei, Malvaldi, chiama i quattro che giocano a carte al BarLume e partecipano alle indagini di Massimo in una varietà di modi che va da “giovanottini” a “vecchiacci”. In realtà, come considera gli anziani?

Arrivare a una certa età è un privilegio. Quando mio nonno ha compiuto 90 anni, mio fratello, credendo di poterlo prendere in giro, gli chiese come si stava a quell’età. E lui, che si era lamen guardandolo male: «Parecchio meglio dell’alternativa, bimbo». È chiaro che invecchiando si perdono delle capacità, ma se ne acquisiscono altre. C’è una poesia di Jorge Luis Borges che dice che la vecchiaia può essere il più felice dei tempi, perché l’animale è morto o quasi, e resta solo il cervello che ragiona. Credo sia un modo di vivere diverso, molto più denso, e che al tem cose che prima scorrevano troppo veloci. Sono curioso, lo devo dire. Se mi date una trentina, quarantina d’anni per arrivarci, magari lo scopro anch’io. È invidia la mia per i vecchietti, perché so che a quell’età ci sono arrivati.

Eppure ancora oggi c’è molta disattenzione verso gli anziani da parte delle autorità. Siamo in una società che, come dice Papa Francesco, “porta con sé il virus della morte”... Lei, Stassi, cosa ne pensa?

Le parole del Papa mi fanno capire ancora di più l’esigenza che ho provato nel mettere Geppetto al centro, a ergerlo a protagonista e farlo in qualche modo parlare per tutti gli anziani. La luce nuova di questa storia mi ha fatto vedere che c’è una società che umilia gli anziani, che raramente sono stati così poco considerati. Specialmente nel nostro Paese, in cui le strutture non favoriscono la mobilità soprattutto alle persone della terza età. L’apatia, la solitudine sono l’arrivo per un anziano che non ha nessuno con cui poter parlare. Io sono cresciuto in un altro secolo, con le storie dei miei nonni e dei miei bisnonni. Erano tutte favolose, anche se loro non avevano studiato. Avevano vissuto, avevano soprattutto visto la guerra. Erano storie di sopravvivenza. Ogni racconto è una storia di dice la vita è questa cosa qui, è molto c’è la malattia, c’è l’odio, c’è la povertà. Però vale la pena vivere ogni istante: questa è la terapia del rac all’ultimo attimo si aggrappavano alla vita con il sentimento che la morte arriva come un’ingiustizia. Però con una dignità e un’accettazione piena sembra che si incappi nel non riuscire più ad accettare l’invecchiamento come qualcosa di naturale. E quin ci manca la comunità, lo stare insieme a una varietà umana. In fondo se io scrivo è perché da bambino sono stato in contatto con molti tipi umani, tra zii, zie, parenti che venivano, qualcuno di diverso che arrivava ogni tanto. È stata una grande scuola. Oggi è più facile purtroppo, ed è una trappola, essere concentrati soltanto su se stessi.

Ritenete ci sia un momento topico in cui la vita inizia a togliere più di quello che dà?

Andrea Gentile - Penso che possa farlo continuamente, ma possa anche darci continuamente, in momenti inattesi, qualcosa che non ci aspettavamo. Se siamo ben concentrati, anche il sorriso di un passante può essere qualcosa di bello da vivere.

Marco Malvaldi - Credo ci sia una terra di mezzo tra il lavoro, il pensionamento e il dimenticatoio totale. Stiamo fortunatamente andando tutti verso un’età più avanzata. Prima i vecchietti, gli ultraottantenni, erano fortunati e preziosi, oggi stanno diventando una parte non così trascurabile della società. Di una società che dà sempre dando valore alla capacità di gestire più situazioni contemporaneamente. Con che l’età attiva si sposti sempre più in là. In molti vivono il momento di passaggio facendo volontariato. Penso che potrebbe essere integrato in maniera sistematica nella società, perché avere persone che hanno vissuto certi problemi prima di noi e sono ancora abbastanza lucide da poterli gestire e or

Fabio Stassi - Il momento di passaggio per me è stato quando mi sono reso conto che, tra le persone che ho conosciuto, è maggiore il numero di coloro che non ci sono più. Mi è sembrato di gia per tutto ciò che mi manca, per le persone con cui non posso più comunicare, è triste e dolorosa. Ma c’è una catena di trasmissione che dobbiamo ripristinare. Ora tocca a me parlare anche per chi non c’è più e trasmettere agli altri quello che mi è stato trasmesso. La nostalgia deve essere un motore per muoverci e rimboccarci le maniche, non per ripiegarci su noi stessi o sul passato. Il passato ci serve per immaginare un futuro possibile.

“Tramontare”

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