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Libri
from Maggio 2021
by pay50epiu
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“ALCUNE PAROLE BISOGNA NON DIRLE MAI, PERCHÉ FANNO ACCADERE LE COSE”. Ma lo psichiatra ormai l’ha detta: «Potrebbe essere Alzheimer». Zia Camilla, che è stata trovata in piazza spaesata e svestita, si è ammalata di Alzheimer: il “tedesco”, con i progressivi deficit di memoria e il deterioramento delle funzioni esecutive, sgretola a colpi di falce la sua autonomia. Accanto a lei, attenta, vigile, partecipe, la nipote Andreina, mossa dalla riconoscenza che è anche amore di figlia, pure se la sua non è una madre biologica. Osserva prima con stupore, poi intuisce la difficile e sofferta realtà, infine comprende l’irreparabile e predispone la “cura” per la forza soverchiante della malattia. E la “cura” vuol dire qualcosa di tanto complesso e insieme tanto naturale, un modo di stare con la zia, “non c’era un piano, s’è costruito giorno per giorno”. In Adesso che sei qui Maria Pia Veladiano racconta questa vicenda molto personale nei momenti significativi che si intrecciano con una genealogia
cultura
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familiare fatta di vincoli, affetti, ferite, partendo dal trauma: «La malattia mentale è un L’AMORE DI UNA NIPOTE, + ADESSO CHE SEI QUI GUANDA 266 PAGINE 18,00 EURO Giudizio di 50&Più: tradimento della vita amica» per- OLTRE ché «riguarda noi, proprio noi e la vi- OGNI COSA ta di chi amiamo». Come in altri suoi romanzi alle prese Un romanzo intenso con la fede, il dolore, la diversità, un pensiero forte che tratta un tema complesso con grazia. La vita accanto muove le sue pa- a un malato di Alzheimer, gine che riesce tra paure e scelte con molta credibilità narrativa a da affrontare sciogliersi nella di Renato Minore misura e nei gesti di Andreina, alle prese con “la piccola perfezione di un mondo che viene riparato”, e comunque “c’è una vita possibile per chi è malato, bella e HO SOGNATO DI VIVERE! POESIE GIOVANILI Carmelo Bene Bompiani - 104 pagine: piena, anche se diversa”. E prezzo: 15 euro nel piccolo brusio comuni- Giudizio di 50&Più: tario di parenti, amiche, altre Ho sognato di vivere!è una raccolta di poesie zie: intorno alla prediletta dal scritte dal ’50 al ’58 nella casa d’infanzia dei
“signor Alzheimer”, ren- nonni materni in Puglia e poi a Roma, dove Carmelo Bene si era de piena di sor- trasferito per studiare Legge. Un prezioso recupero, uno zoom prese e di ver- nella preistoria letteraria di un artista che si sta costruendo nelle ve narrativa la tenera, dolorosa, anche sue posture e nei suoi incantamenti. Nel Bene ventenne possono affiorare gli incanti e le ossessioni autobiografiche con cui cresce e si radica una certa mitologia della propria identità “otrantina”. Quella di «un piccolo paese nel cuore del Salento, con una natura potente e prepotente, un mare blu scuro e denso come lo spazio, lancinan- rocce e scogli ora a picco ora distesi e pietre protese verso il te storia di cielo, che dalla primavera all’estate profumavano l’aria di essenze Adesso che preziose»: così scrive il nipote Stefano De Mattia, che ha curato sei qui. la raccolta inseguendo l’immagine “del giovane Carmelo”.
Attraverso narrazioni sospese tra presenza e assenza, la designer e scrittrice tedesca, Judith Schalansky, affronta un percorso che cerca di descrivere come ci relazioniamo alla fine delle cose
SI PARLA DI OGGETTI SMARRITI E OGGETTI DIMENTICATI, PROVVISORIAMENTE O PER SEMPRE, e oggi, con l’emergenza che stiamo vivendo da più un anno, siamo sottoposti a un senso continuo di perdita, un logorio incessante che sgretola il paesaggio di fronte ai nostri occhi, fino a farne una rovina o ad annientarlo, a vederlo evaporato, estinto. Come ci troveremo alla fine di questa drammatica, epocale esperienza? Che cosa dimenticheremo e che cosa salveremo? Viene naturale chiederlo a Judith Schalansky che ha scritto, in tempi pre-Covid, lo splendido
L’ESPERIENZA DELLA PERDITA, TRA MEMORIE E INVENTARI di Renato Minore
Inventario di alcune cose perdute, dodici racconti tradotti per Nottetempo da Flavia Pantanella, ciascuno dedicato a una cosa smarrita, distrutta o semplicemente dimenticata dalla storia del mondo, restituita nel primo piano del piccolo dettaglio storico o visionario. La quarantenne scrittrice tedesca è perentoria: «Abbiamo perso la nostra spensieratezza, siamo consapevoli della nostra mortalità. Scopriamo che cosa ci manca: il viaggio, il teatro, la piscina, ma forse solo la possibilità di visitare un bar affollato dietro l’angolo. Crollano abitudini, sistemi economici, modalità di consumo». Ma non dimentichiamo una cosa essenziale: «La loro assenza costruisce la nostra identità, l’assenza è una più acuta presenza; i tempi di crisi sono anche momenti di concentrazione, di un riordinamento. Nulla può essere riportato indietro, ma la distinzione tra presenza e assenza può essere marginale finché esiste la memoria. Nessun profitto senza perdite, nessuna perdita senza profitto, come ci ha insegnato Agnes Heller». Judith Schalansky, che di recente ha ricevuto il Premio Internazionale di Saggistica “Città delle Rose”, ha impiegato parecchi anni tra ricerche e sopralluoghi fisici e bibliografici per scrivere il suo saggiomemoir-catalogo ingolfato nella perdita del ricordo, ma
«CON LA SCRITTURA TUTTO SI PUÒ RENDERE ESPERIBILE, RICERCHE E RITROVAMENTI, PERDITE E CONQUISTE. NULLA PUÒ ESSERE RIPORTATO INDIETRO, MA LA DISTINZIONE TRA PRESENZA E ASSENZA PUÒ ESSERE MARGINALE FINCHÈ ESISTE LA MEMORIA»
immerso nella forza ipnotica del racconto. Chiedo alla scrittrice, che è anche una designer (l’esperienza del libro ne porta il segno), il criterio con cui ha inseguito questi “oggetti smarriti”. «La ricerca mi ha dato l’opportunità di raccontare l’esperienza della perdita in modo più complesso. Ad esempio, il saggio su Saffo non riguarda solo la poesia, ma anche le fantasie con cui gli spazi vuoti sono stati occupati in diverse circostanze, non ultimo lo spazio vuoto della sessualità femminile che per lungo tempo è stato considerato qualcosa di innaturale, di non esistente. In una mia storia, una tigre del Caspio e un leone berbero si incontrano in un’arena romana per una lotta di vita e di morte. Entrambe le specie oggi sono estinte». Come si riesce a tenere insieme dati storiografici, narrativa e saggistica? La risposta è semplice e insieme assai difficile. La lingua, quella giusta, quella che serve. È ciò che conta in letteratura. La verità è probabilmente una delle più grandi finzioni esistenti. Non che io non ci creda. Ma possiamo sperimentare in una seduta di psicoanalisi quanto siano complessi gli eventi. Ciò che unico in queste storie è che il fatto e la finzione non possono più essere separati: il fatto è romanzato e la finzione si trasforma in realtà. Il libro potrebbe anche essere letto come un’autobiografia nascosta. C’è un racconto in cui ricordo l’alienazione di una giovane coppia sposata nella Repubblica Democratica Tedesca. È la storia dei miei genitori, separati quando avevo sei anni. Nella mia vita molte cose sono state perdute. Prima il padre, poi il Paese della mia infanzia. La realtà è sopravalutata, lei scrive. Meglio sognare sulle carte. La realtà conta, soprattutto quando si tratta di come vogliamo vivere. Ma più invecchio, più diventa chiaro che non tutto ciò che avrei voluto fare può essere realizzato in vita. Ma ciò non significa che non possa essere presente. Ci sono molte possibilità di dedicarsi anche alle passioni non vive. Sognare e scrivere sono certamente buone strategie. Qual è il rapporto tra il design del libro e le storie che racconta? Il design crea il quadro per le mie storie, tutte della stessa lunghezza, 16 pagine, un foglio stampato. Fogli neri inquadrano i testi, un’intelaiatura in cui è facile spostarsi. La cosa bella del design dei libri è che tutto sembra così pulito, le linee, la scrittura. Ma allo stesso tempo possono raccontare il caos. Torniamo al Covid. Come giudica la nostra reazione a questo imprevisto in rapporto a tutte le altre catastrofi che abbiamo affrontato in passato? Non avevamo immaginato che fosse così. Le catastrofi che conosciamo dai film, dai libri e anche dalla storia sono più catastrofiche. Rispetto alla peste o all’Ebola, i tassi di mortalità di Covid sono assai inferiori. Nel cosiddetto mondo occidentale siamo abituati al fatto che la storia sia una storia di progresso, in ogni caso al sicuro da ogni emergenza. Queste certezze sono ora spezzate, ma non è solo un’esperienza negativa. La nostra vulnerabilità potrebbe insegnarci l’umiltà, specialmente nell’affrontare le risorse naturali. Secondo lei, come reagirà la letteratura a questa catastrofe collettiva del Coronavirus? Può alimentare il desiderio di scrivere in un modo più complesso, diciamo “esistenziale”. Io avevo intenzione di scrivere, iniziare una storia d’amore, ma ora penso che il mio prossimo libro riguarderà la nostra responsabilità per il mondo in cui viviamo. Con la scrittura tutto si può rendere esperibile, ricerche e ritrovamenti, perdite e conquiste. Nulla può essere riportato indietro, ma la distinzione tra presenza e assenza può essere marginale finché esiste la memoria.