Le alterazioni del gene RET come bersaglio terapeutico nei tumori solidi

Page 1


Le alterazioni del gene RET come bersaglio terapeutico nei tumori solidi

A cura di Nicola Normanno e Carmine Pinto

TesT e Terapie TargeT in OncOlOgia

Le alterazioni del gene RET come bersaglio terapeutico nei tumori solidi

A

Prima edizione Settembre 2023 © 2023 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8, 00138 Roma Tel. (+39) 06 862821 - Fax (+39) 06 86282250 pensiero@pensiero.it www.pensiero.it - www.vapensiero.info www.facebook.com/PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero www.pinterest.com/ilpensiero

Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi

Stampato in Italia da Ti printing S.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma

Impaginazione e copertina Doppiosegno S.n.c.

Immagine in copertina © iStock by Getty Images Coordinamento editoriale Martina Teodoli ISBN 978-88-490-0763-3

Autori

CURATORI

Nicola Normanno

SC Biologia Cellulare e Bioterapie

Istituto Nazionale Tumori

IRCCS Fondazione G. Pascale Napoli

AUTORI

Chiara Barletta

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università di Pavia

Oncologia Medica, IRCCS ICS Maugeri, Pavia

Fabrizio Citarella

Oncologia Medica

Fondazione Policlinico Universitario

Campus Bio-Medico

Roma

Romano Danesi

Dipartimento di Medicina di Laboratorio

UO di Farmacologia Clinica e Farmacogenetica

AOU Pisana

Sara Demurtas

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università di Pavia

Oncologia Medica, IRCCS ICS Maugeri, Pavia

Benedetta Ferro

Centro di Diagnostica Molecolare

Oncologica, Università degli Studi di Chieti-Pescara

Carmine Pinto

UO di Oncologia Medica

Comprehensive Cancer Centre

AUSL-IRCCS di Reggio Emilia

Stefano Fogli

Unità di Farmacologia clinica e Farmacogenetica

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Università di Pisa

Francesco Grossi

Oncologia Medica

Università degli Studi dell’Insubria

ASST dei Sette Laghi

Varese

Laura D. Locati

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università di Pavia

Oncologia Medica, IRCCS ICS Maugeri, Pavia

Antonio Marchetti

Anatomia Patologica

Ospedale SS Annunziata

Università degli Studi, Chieti

Maria Paola Pasciuto

Centro di Diagnostica Molecolare

Oncologica, Università degli Studi di Chieti-Pescara

Giancarlo Pruneri

Anatomia Patologica

Istituto Nazionale Tumori, Milano

Federica Puce

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università di Pavia

Oncologia Medica, IRCCS ICS Maugeri, Pavia

Daniele Santini

Oncologia Medica A Policlinico Umberto 1 La Sapienza Università di Roma

Federico Sottotetti

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università di Pavia

Oncologia Medica, IRCCS ICS

Maugeri, Pavia

Claudia Zampacorta

Centro di Diagnostica Molecolare Oncologica, Università degli Studi di Chieti-Pescara

Introduzione IX

Nicola Normanno, Carmine Pinto

1. Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide: ruolo patogenetico e algoritmo diagnostico 1

Giancarlo Pruneri

2. I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi

Antonio Marchetti, Benedetta Ferro, Maria Paola Pasciuto, Claudia Zampacorta

3.

4.

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 37

Francesco Grossi

Introduzione 37

Selpercatinib nel NSCLC in stadio avanzato 37

Pralsetinib nel NSCLC in stadio avanzato 41

Gli inibitori multitarget non selettivi 42

Ruolo della chemioterapia e dell’immunoterapia nei NSCLC in stadio avanzato RET positivi 45

Meccanismi di resistenza agli inibitori di RET 45 RET come meccanismo di resistenza ad altri driver oncogenici 46

5.

Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide 51

Laura D. Locati, Federica Puce, Chiara Barletta, Sara Demurtas, Federico Sottotetti

Introduzione 51

Gli inibitori di RET di prima generazione 52

Gli inibitori superselettivi di RET: ruolo nella malattia avanzata 55

Gli inibitori superselettivi di RET: terapia neoadiuvante e redifferenziazione in presenza di radio-iodioresistenza 60 I fenomeni di resistenza 61

Conclusioni 61

6.

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico agnostico nei tumori solidi 65

Daniele Santini, Fabrizio Citarella

Prevalenza delle fusioni RET nei tumori solidi 65

Inibitori non-RET specifici per il trattamento di neoplasie solide con fusione di RET 66

Evidenze cliniche a supporto di inibitori RET specifici per il trattamento di neoplasie solide con fusione di RET 67

Introduzione

Questo quarto volume “Le alterazioni del gene RET come bersaglio terapeutico nei tumori solidi” della collana Test e terapie target in Oncologia viene pubblicato in una fase di profonda innovazione per la profilazione genica e le terapie a target molecolare nella diagnostica, caratterizzazione e trattamento dei tumori solidi. Alterazioni molecolari di un gene possono avere nelle patologie oncologiche un valore diagnostico e prognostico, ma anche un significato predittivo per terapie target nel contesto della cosiddetta oncologia di precisione. La maggior parte dei biomarcatori e delle terapie target approvate sono tumore-specifiche, ma a queste si stanno aggiungendo terapie target “agnostiche”, ovvero attive indipendente dalla sede e dall’istotipo della neoplasia. L’individuazione inoltre di alterazioni molecolari germinali ha un ruolo rilevante nell’identificazione del rischio per neoplasie eredo-familiari, con tutte le ricadute in termini di gestione dei percorsi e di strategie di prevenzione. Tutte queste tematiche devono essere affrontate per le alterazioni molecolari del gene RET, acronimo di Rearranged During Transfection, gene localizzato sul cromosoma 10, originariamente identificato come riarrangiato nella linea cellulare fibroblastica 3T3 a seguito della trasfezione con DNA ottenuto da cellule umane di linfoma.

La disponibilità di terapie target per pazienti con alterazioni molecolari del gene RET apre quindi uno scenario che richiede insieme:

1. l’approfondimento e lo sviluppo delle conoscenze e delle evidenze biologiche e cliniche; 2. la definizione dei criteri e delle modalità di selezione dei pazienti oncologici da testare per questo target molecola-

re e quindi per l’indicazione al trattamento con i farmaci già disponibili e rimborsabili dal nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN);

3. l’identificazione delle più adeguate tecnologie e test da utilizzare nell’ambito dei percorsi diagnostico-terapeutici.

In questo volume verranno passati in rassegna le mutazioni e i riarrangiamenti del gene RET e il loro significato biologico, descrivendo nel dettaglio la struttura del gene RET e gli effetti di queste alterazioni genomiche sui meccanismi di trasduzione del segnale. Si affronterà poi la tematica del significato delle alterazioni molecolari di RET sia nel carcinoma della tiroide e del polmone, che come biomarcatore “agnostico”. Verrà quindi descritta la prevalenza delle fusioni di RET nei diversi tumori solidi e le implicazioni che ne derivano sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Le mutazioni di RET verranno poi considerate anche nella definizione dell’algoritmo diagnostico del carcinoma midollare della tiroide e nella diagnosi delle rare sindromi ereditarie rappresentate dalle Neoplasie Endocrine Multiple (MEN).

Le metodiche di analisi verranno descritte in maniera analitica, riportando i vantaggi e gli eventuali svantaggi delle diverse tecnologie diagnostiche impiegate per l’individuazione delle mutazioni e fusioni di questo gene. Questi elementi sono anche alla base delle linee-guida e delle raccomandazioni internazionali in pratica clinica.

I farmaci inibitori di RET saranno descritti nelle caratteristiche farmacologiche, evidenziandone le specificità, e quindi verranno analizzate le attuali conoscenze sui principali meccanismi di resistenza primaria e secondaria individuati. Verranno poi illustrati i risultati dei principali studi clinici attualmente disponibili che hanno valutato l’efficacia dei farmaci inibitori di RET nel carcinoma della tiroide e nell’adenocarcinoma del polmone in fase avanzata. Studi che hanno portato alla registrazione da parte della Food Drug Administration (FDA) e dell’European Medicines Agency (EMA), e nel nostro Paese alla rimborsabilità da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) di questi farmaci nel carcinoma della tiroide e nell’adenocarcinoma del polmone. Si valuteranno inoltre le prospettive che potrà avere un approccio “agnostico” nei tumori solidi dell’adulto e dell’età pediatrica, analizzando in maniera sistematica i dati di efficacia e di tollerabilità considerati sia globalmente che per le singole neoplasie. Questi

nuovi orizzonti aprono anche rilevanti problematiche, a cominciare dai percorsi per garantire l’accesso dei pazienti al test e quindi ai farmaci già disponibili. Le mutazioni di RET devono essere infatti considerate nella valutazione dell’algoritmo diagnostico dei tumori midollari della tiroide. Nelle fasi avanzate di malattia, le mutazioni di questo gene nel carcinoma midollare della tiroide come i riarrangiamenti nell’adenocarcinoma del polmone e nei carcinomi differenziati della tiroide, devono essere testati di default al fine di individuare i pazienti da sottoporre alle efficaci terapie con farmaci RET inibitori.

Le mutazioni e le fusioni di RET sono già incluse nella maggioranza dei pannelli di Next Generation Sequencing (NGS) impiegati in quelle neoplasie, quali l’adenocarcinoma del polmone e i carcinomi delle vie biliari, per le quali, come riportato nelle raccomandazioni internazionali, è richiesta una profilazione molecolare estesa per la scelta del trattamento dei pazienti con malattia avanzata, così come vanno ricercate nei tumori della tiroide. Per le altre neoplasie, è indispensabile un’attenta e appropriata valutazione nell’ambito dei gruppi multidisciplinari per valutare quali pazienti sottoporre a un test NGS, e in quest’ambito un ruolo rilevante avrà sempre di più la strutturazione istituzionale dei Molecular Tumor Board (MTB) nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali, come previsto dall’approvazione e pubblicazione nel 2023 del decreto ministeriale “Istituzione dei Molecular Tumor Board e individuazione dei centri specialistici per l’esecuzione dei test di profilazione genomica estesa Next Generation Sequencing (NGS)”

Tutti questi argomenti e criticità verranno sviluppati in questo quarto volume della collana “Test e terapie target in Oncologia”, che nella nostra intenzione potrà contribuire a implementare una cultura e un percorso comune in questa fase di innovazione scientifica e organizzativa dell’Oncologia di precisione.

1.

Le mutazioni di RET nel carcinoma

midollare della tiroide: ruolo patogenetico e algoritmo diagnostico

GIANCARLO PRUNERI

Introduzione

ll gene RET, localizzato sul cromosoma 10, è composto da 21 esoni e codifica per un recettore transmembrana con attività tirosin-chinasica a livello citoplasmatico. Le mutazioni germinali del gene RET provocano anomalie nello sviluppo del sistema nervoso enterico. Le alterazioni del protooncogene RET rappresentano un evento cruciale nello sviluppo dei tumori della tiroide. L’attivazione dei pathway biologici regolati dal gene RET può infatti avvenire come conseguenza di mutazioni puntiformi nel carcinoma midollare della tiroide (di tipo familiare e sporadico e nelle sindromi da neoplasia endocrina multipla di tipo 2A e di tipo 2B) e di riarrangiamenti nel carcinoma papillare della tiroide. Il gene RET rappresenta pertanto un biomarcatore di fondamentale importanza nella gestione del carcinoma midollare tiroideo. L’identificazione di una alterazione del gene RET è di fondamentale importanza per la conferma diagnostica, l’identificazione di un sottogruppo a peggior prognosi cui proporre un’intensificazione del trattamento e, soprattutto, per la predittività alla risposta con farmaci specifici. In questo capitolo sono descritti la struttura del gene RET, le mutazioni germinali e somatiche nel carcinoma midollare, il ruolo prognostico e predittivo e l’algoritmo diagnostico.

Struttura del gene RET

Il gene RET, acronimo di Rearranged During Transfection, poiché originariamente identificato come riarrangiato nella linea cellulare fibroblastica 3T3 a seguito della trasfezione con DNA ottenuto da cellule umane di linfoma, è localizzato sul cromosoma 10, banda 10q11.2, è composto da 21 esoni e codifica per un recettore transmembrana con attività tirosin-chinasica a livello citoplasmatico.1 Lo splicing alternativo del gene RET produce tre differenti isoforme, che contengono rispettivamente 51 (RET51), 43 (RET43) e 9 (RET9) aminoacidi nella porzione C-terminale. Ciascuna isoforma è divisa

Le

mutazioni

di RET nel carcinoma

midollare della tiroide

in tre domini: il dominio extracellulare N-terminale, che contiene nove siti di N-glicosilazione, ed è composto da quattro regioni cadherin-like e una regione cisteinica; un dominio idrofobico transmembrana; e un dominio citoplasmatico tirosin-chinasico, composto da 16 residui tirosinici in RET9 e 18 residui tirosinici in RET51.2

La tasca catalitica contiene il sito di legame per ATP ed è localizzata tra le porzioni N-terminale e C-terminale della proteina. RET è il recettore per i ligandi (GFL) della famiglia dei fattori neurotrofici derivati dalla glia (GDNF) i quali, per attivare RET, formano un complesso con un co-recettore, a sua volta membro della famiglia GDNFreceptor a (GFRa). La formazione del complesso GFL-GFRa genera un omodimero di RET e la conseguente trans-autofosforilazione dei residui tirosinici citoplasmatici. I pathway cellulari attivati da RET sono rappresentati da RAS/MAP chinasi, PI3K/AKT e fosfolipasi C-g (PLCg). L’autofosforilazione del residuo Tyr1062, ad esempio, è richiesta per l’attivazione dei pathway RAS/MAP chinasi e PI3K/AKT. Le mutazioni germinali del gene RET provocano anomalie nello sviluppo del sistema nervoso enterico, causando la malattia di Hirschsprung, un’anomalia genetica dello sviluppo della cresta neurale caratterizzata dalla mancata formazione del sistema parasimpatico nel tratto intestinale distale.3 Inoltre, studi basati su modelli knock-out per RET hanno evidenziato agenesia o severa ipodisplasia renale. RET è inoltre espresso nei motoneuroni del midollo spinale durante tutte le fasi dello sviluppo embrionale e nei neuroni dopaminergici mesencefalici della sostanza nera.3 RET è anche coinvolto nello sviluppo delle ghiandole paratiroidi e delle cellule C tiroidee. Le mutazioni del gene RET sono riscontrabili in differenti patologie, inclusi differenti istotipi di carcinomi neuroendocrini e la malattia di Hirschsprung.4

In particolare, il gene RET è mutato nel carcinoma midollare della tiroide (MTC, di tipo familiare e sporadico e nelle sindromi da neoplasia endocrina multipla (MEN) di tipo 2A 5 e di tipo 2B.6 Le mutazioni del gene RET nei carcinomi neuroendocrini sono di tipo attivante, mentre nella malattia di Hirschsprung determinano una perdita di funzione, coinvolgendo ad esempio i domini ad attività chinasica o i siti di legame per gli effettori dei segnali intracellulari.4 Le alterazioni del protooncogene RET rappresentano un evento cruciale nello sviluppo dei tumori della tiroide. L’attivazione dei pathway biologici regolati dal gene RET può infatti avvenire come conseguenza di mutazioni puntiformi nel carcinoma midollare e di riarrangiamenti nel carcinoma papillare.

Le mutazioni germinali e somatiche del carcinoma midollare della tiroide

MTC origina dalle cellule C parafollicolari tiroidee e rappresenta il 5-7% dei carcinomi tiroidei: il 75% dei casi è di tipo sporadico, mentre il restante 25% è ereditario. Il MTC ereditario può verificarsi in forma isolata, familiare (in cui sono presenti multipli tumori limitati alla tiroide), o in associazione con tumori di altri organi endocrini (ad esempio delle ghiandole paratiroidi e surrenaliche) nelle sindromi MEN2.7 Esistono tre differenti

Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide 3

sottotipi di MEN2: MEN2A, MEN2B (denominata anche MEN3) e MTC di tipo familiare (FMTC). In particolare, MEN2A rappresenta la sindrome più frequente (circa 95% dei casi di MEN), ed è caratterizzata da MTC (nel 100% dei casi), feocromocitoma (circa 50%), iperparatiroidismo primario (20-30%) e, più raramente malattia di Hirschsprung, lichen e amiloidosi. MEN2B corrisponde a circa il 5% dei casi e rappresenta la variante più aggressiva con esordio precoce, caratterizzata da MTC (100% dei casi), feocromocitoma (50%), neuromi delle mucose, habitus marphanoide e anomalie funzionali gangliari intestinali potenzialmente associate a megacolon. L’età di insorgenza del MTC sporadico è tra la IV e la VI decade, mentre nelle MEN il MTC si manifesta in età precoce (nel caso di MEN2B), nei giovani adulti (MEN2B) o nell’età media (FMTC).8 Sebbene lo spettro genetico del MTC non sia stato ancora completamente chiarito, con 40% delle forme sporadiche e 2% dei casi ereditari ancora orfani di una mutazione driver,9 è stato accertato che le mutazioni del gene RET, di tipo germinale o somatico, rappresentano l’evento oncogenico più frequente nella cellula C parafollicolare da cui origina il MTC.10 Mutazioni e fusioni del gene RET determinano un’attivazione dei meccanismi biologici governati dalla proteina in numerosi tipi di tumore, come esemplificato nella figura 1.1 (pannello A, mutazioni; pannello B, fusioni).11

Nel MTC di tipo sporadico sono state inoltre descritte, con una frequenza inferiore rispetto alle mutazioni del gene RET, mutazioni dei geni RAS e riarrangiamenti dei geni ALK e RET.12 Tipicamente, mutazioni puntiformi attivanti e, raramente, delezioni e inserzioni sono presenti nel MTC,13 mentre il PTC è caratterizzato dalla presenza di riarrangiamenti cromosomici. I meccanismi fisiologici e patologici di attivazione del gene RET sono esemplificati nella figura 1.2.14

In condizioni fisiologiche (pannello A della figura 1.2), il legame tra il recettore RET e uno dei suoi ligandi, mediato da un co-recettore, induce la dimerizzazione di due molecole di RET, cui consegue la fosforilazione del dominio tirosin-chinasico. Nel caso di una mutazione del dominio cisteinico (come nella MEN2A), si verifica una dimerizzazione costitutiva, che attiva il recettore in assenza del ligando (pannello B della figura 1.2). Infine, nel caso di una mutazione del dominio tirosin-chinasico (come nella MEN2B), si verifica una fosforilazione costitutiva del recettore in assenza del ligando (pannello C della figura 1.2).15

Le sindromi MEN2A e MEN2B sono caratterizzate da specifiche mutazioni germinali di RET: la maggior parte (circa il 95% dei casi) delle mutazioni della sindrome MEN2A coinvolge i residui cisteinici localizzati nel dominio extracellulare ricco in cisteina (corrispondente all’esone esoni 10 – codoni 609, 611, 618 e 620 – ed esone 11). Queste mutazioni determinano l’attivazione del gene RET attraverso una dimerizzazione costitutiva in assenza di ligando. In particolare, la mutazione Cys634Arg nel codone 634 dell’esone 11 nel dominio extracellulare ricco in cisteina è la variante più frequente della sindrome MEN2A. Per contro, il 95% delle sindromi MEN2B è caratterizzato dalla mutazione Met918Thyr nell’esone 16, che causa una modificazione conformazionale della tasca intracellulare associata a un’attivazione costitutiva dell’attività chinasica in assenza di dimerizzazione. Nei casi di MTC di tipo familiare, le mutazioni di RET sono

A B

Mutazioni del gene RET

MEN2 98-100% sMTC 40-60%

Mutazioni CRD Mutazioni TKD

Dimerizzazione indipendente dal ligando

Figura 1.1

Attivazione indipendente dal ligando

Mutazioni e fusioni del gene RET.

Pf Pf

CCDC6 NCOA4 AKAP13 ERC1 GOLGA5 HOOK3 KTN1 PCM1 PPKR1A TRIM24 TRIM27 TRIM33 FKBP15 SQSTM1 SPECC1L TB1LXR1 RFG9 PDCD10 PDTC CCDC6 NCOA4 SCLC K1F58

TFG

TIMM23B RUFY3 BMS1

MRLN

NCOA4

DLG5 MPRIP

FRMPD2

ACBD5

AFAP1L2

ANKRD26 KIAA1468

MYH13

PCM1

PPFIBP2 UEVLD

PDCD10 TGF

Fusioni del gene RET

Espressione aberrante di RET

Attivazione costitutiva di RET PTC 10-20%

Partner di fusione (Pf)

NSCLC CCDC6 KIF5B TRIM33 NCOA4 RASSF4 CUBN TMEM65 DOCK1 RBPMS FBXL7 EML4 TIMM23B SLCO1A2 KIAA1468 PICALM GRIPAP1

KIF13A ERCC6 MBIP ERC1 PRPF18 TBC1D32 DYDC1 EML6 KIAA1468 PARD3 EPHA5 MYO5C CLIP1 FRMD4A RUFY3

Leucemia FKBP15 Tumore di Spitz GOLGA5 KIF5B Carcinoma del pancreas NCOA4

Carcinoma della mammella KIF5B PCGF5 SPECC1L LINCO15818 ERC1 Carcinoma della prostata NCOA4 ATXN2 LIN52 Melanoma

RA5GEF1A NCOA4

CSGALNACT2 Carcinoma colorettale CCDN6 NCOA4 GEMIN5

ATP2B3 TRIM24 Carcinoma delle ghiandole salivari NCOA4

NSCLC 1-2% Altri <1%

Carcinoma esofago/gastrico CCDN6

KCNMA1 SHROOM3 TIMM23B USP25 KIAA1217

Colangiocarcinoma intra-epatico NCOA4

Carcinoma epato-biliare LOC100129055 UXS1

Carcinoma epiteliale ovarico CCDC6 KIF5B

Carcinoma epatocellulare ACBD5

Legenda: CRD: dominio ricco in cisteina; TKD: dominio tirosin-chinasico; sMTC: carcinoma midollare di tipo sporadico della tiroide; PTC: carcinoma papillare della tiroide; NSCLC: carcinoma polmonare non a piccole cellule; PDTC: carcinoma poco differenziato della tiroide; SCLC: carcinoma polmonare a piccole cellule.

Modificata da Verrienti et al. Precision oncology for RET related tumors. Front Oncol 2022; 12: 992636.

più distribuite lungo i codoni/esoni del gene, sebbene con una maggior concentrazione nei codoni non-cisteinici, quali il codone 804 nell’esone 14 e i codoni 883 e 891 nell’esone 15.16 Secondo i dati prodotti in numerosi studi e raccolti nel database COSMIC (https://cancer.sanger.ac.uk/cosmic), mutazioni somatiche del gene RET sono riscontrabili in circa il 40% dei casi di MTC sporadico. Questa prevalenza, originariamente riportata con tecnologie di sequenziamento diretto, è stata confermata più recentemente da studi che hanno utilizzato tecnologia Next-Generation Sequencing (NGS).

Nella figura 1.3 è riportata la correlazione genotipo-fenotipo tra il protoncogene RET e le sindromi MEN2. Mentre le sindromi MEN2A e MEN2B sono strettamente correlate alle varianti Cys634 and Met918, rispettivamente, FMTC è associato con differenti mutazioni del gene RET, presenti sia nei residui cisteinici che non cisteinici.16

Le varianti più frequenti del MTC sporadico sono rappresentate da mutazioni puntiformi, ma sono state riportate anche inserzioni e delezioni. La mutazione del gene RET rappresenta l’alterazione più frequente del MTC di tipo sporadico, seguita dalla

Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide 5

A B C

Fattore neurotropico gliale

Neurturina

Persepina

Artemina

GFRalpha1

GFRalpha2

Figura 1.2

Fosforilazione del dominio tirosin-chinasico

Mutazioni del dominio ricco in cisteina

Mutazioni del dominio tirosin-chinasico

Dimerizzazione costitutiva

MEN2A

Meccanismi fisiologici e patologici di attivazione del gene RET

Fosforilazione costitutiva

MEN2B

Romei C, Elisei R. A narrative review of genetic alterations in primary thyroid epithelial cancer. Int J Mol Sci 2021; 22(4),1726.

Figura 1.3

Correlazione genotipo-fenotipo tra il protoncogene RET e le sindromi MEN2

Legenda: FMTC: carcinoma midollare della tiroide familiare

Modificata da Romei C, Ciampi R, Elisei R. A comprehensive overview of the role of the RET protooncogene in thyroid carcinoma. Nature Rev Endocrinol 2016; 12: 192-202.

mutazione nei geni KRAS 17 e HRAS in regioni hot-spot degli esoni 2, 3 e 4, mutualmente esclusive con le mutazioni del gene RET e, con frequenze minori, dalla mutazione dei geni MET, TP53, recettore di TSH, EIF1AX, CHK2 e PPM1D.

Uno studio condotto in Taiwan con tecnologia whole exome sequencing ha riportato ulteriori mutazioni nei geni BICD2, DLG1,  FSD2,  IL17RD,  KLHL25, PAPPA2,  PRDM2, PSEN1, SCRN1 e TTC1. Uno studio di una piccola coorte di 18 pazienti con MTC in Cina ha evidenziato che FAT1 e FAT4, localizzati sul cromosoma 4q, erano i due geni più frequentemente mutati dopo RET. Le delezioni del cromosoma 4q es 1p rappresentano un’alterazione molecolare somatica frequente nel MTC di tipo sporadico. Uno studio condotto all’MD Anderson Cancer Center ha riportato che il 19% dei pazienti con MTC sporadico è caratterizzato da una delezione del gene CDKN2C localizzato sul cromosoma 1p32. Sono stati inoltre riportati due casi di MTC sporadico con riarrangiamento del gene ALK (EML4-ALK e GFPT1-ALK). La prevalenza delle mutazioni somatiche del gene RET nel MTC di tipo sporadico varia dal 19,4%, in uno studio cinese, al 88,9% in uno studio nordamericano. Analogamente a quanto riportato nella MEN2A, la variante più frequente nel MTC sporadico è rappresentata dalla mutazione puntiforme Met918Thyr nel residuo metonimico dell’esone 16, che corrisponde al dominio tirosin-chinasico intracellulare. Un’ulteriore mutazione del gene RET presente ad elevata frequenza è rappresentata dalla variante Ala883Phe. Con minor frequenza sono state riportate mutazioni nel gene RET nei codoni 609, 611, 618, 620, 630, 631, 632, 634, 636, 639, 641, 748, 766, 768, 876, 883, 884, 901, 908, 919, 922, e 930 negli esoni 10, 11, 13, 14, 15 e 16. Nella figura 1.4 è riportata la prevalenza delle mutazioni somatiche del gene RET nel MTC di tipo sporadico.16 Come già menzionato, la mutazione più frequente è la Met918Thr, seguita da mutazioni puntiformi del codone Cys634.

Figura 1.4

Prevalenza delle mutazioni somatiche del gene RET nel MTC di tipo sporadico. Modificata da Romei C, Ciampi R, Elisei R. A comprehensive overview of the role of the RET protooncogene in thyroid carcinoma. Nature Rev Endocrinol 2016; 12: 192-202.

Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide 7

Il ruolo prognostico delle mutazioni del gene RET

Le linee-guida originali ATA identificano la designazione A, B, C, D per definire il significato prognostico delle mutazioni di RET nel carcinoma midollare.18 Successivamente, è stato proposto di unificare le categorie A e B in un’unica classe “a rischio moderato” (MOD), e di rinominare la categoria D come “ad altissimo rischio” (HST) e la categoria C come “ad alto rischio” (H). La categoria ATA HST comprende i pazienti con MEN2B e la mutazione RET M918T; la categoria ATA H comprende pazienti con le mutazioni RET C634 e A883F; mentre la categoria ATA MOD comprende i pazienti con mutazioni diverse da M918T, C634 e A883F. Numerosi dati di letteratura suggeriscono che i pazienti con MTC di tipo sporadico e mutazioni del gene RET siano caratterizzati da un comportamento biologico più aggressivo e una prognosi sfavorevole. Una recente metanalisi19 ha evidenziato come la mutazione del gene RET nei pazienti con MTC di tipo sporadico sia associata significativamente all’insorgenza precoce e ai criteri clinico-patologici di stadio avanzato (pT3/T4, OR 3,61; 95% CI 2,335,60), metastasi linfonodali (OR 3,61; 95% CI 2,33-5,60) e metastasi a distanza (OR 2,85; 95% CI 1,64-4,94). Inoltre, le mutazioni di RET nel MTC di tipo sporadico sono associate a una ridotta sopravvivenza libera da malattia (OR 3,01; 95% CI 1,65-5,48), e ad una ridotta sopravvivenza globale (OR 2,43; 95% CI 1,06-5,57).

Uno studio20 ha riportato che i tumori positivi per la variante somatica M918T sono caratterizzati da un profilo biologico più aggressivo rispetto ai tumori con altri tipi di mutazione del gene RET: in particolare, uno studio italiano ha dimostrato la presenza di metastasi linfonodali nel 77% dei pazienti con la variante M918T, nel 43% dei pazienti con mutazioni nel codone 634 e 27% dei pazienti con gene RET wild-type. È importante notare che i rari casi di MTC caratterizzati da una doppia mutazione del gene RET mostrano una prognosi sfavorevole. Oltre alle mutazioni puntiformi descritte, una perturbazione dei pathway regolati dal gene RET può essere prodotta, seppur molto raramente, da ulteriori alterazioni molecolari, quali aumento o diminuzione delle copie del gene e riarrangiamento genico. Ad esempio, una rara fusione di RET, MYH13-RET, è stata riportata in un paziente affetto da MTC di tipo sporadico, morto di malattia in meno di 10 mesi dalla diagnosi.

L’algoritmo diagnostico

Il gene RET rappresenta pertanto un biomarcatore di fondamentale importanza nella gestione del carcinoma tiroideo.11 In seguito a un adeguato counseling genetico, i soggetti considerati a rischio dovrebbero eseguire uno screening per l’identificazione di mutazioni germinali e, nel caso risultassero positivi, trattati con tiroidectomia profilattica. Allo stesso modo, i pazienti con MTC insorto in età precoce dovrebbero essere valutati per la presenza di mutazioni del gene RET, allo scopo di diagnosticare una possibile sindrome MEN. Nel caso di un MTC di tipo sporadico, la

presenza di una mutazione del gene RET è di fondamentale importanza per la conferma diagnostica, l’identificazione di un sottogruppo a peggior prognosi cui proporre un’intensificazione del trattamento e, soprattutto, per la predittività alla risposta con farmaci specifici.

Negli ultimi anni, la disponibilità di farmaci personalizzati per molti setting tumorali diversi così come di tipo agnostico (quali i farmaci anti-NTRK e l’immunoterapia per i tumori con instabilità microsatellitare), unitamente all’implementazione tecnologica del sequenziamento genico, hanno rivoluzionato l’oncologia di precisione. In particolare, le metodiche di NGS e l’incremento del numero di terapie personalizzate hanno contribuito a creare il nuovo modello mutazionale, basato sulla possibilità di testare centinaia di geni simultaneamente, che sta progressivamente sostituendo l’approccio mirato su singolo gene, basato sull’ibridazione in situ a fluorescenza o sulle tecnologie PCR e Sanger.21 Questa rivoluzione tecnologica ha reso necessario lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi per la governance del modello mutazionale, quale ad esempio il Molecular Tumor Board (MTB), un organo multidisciplinare costituito da diverse figure professionali. Presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) opera un MTB istituzionale, composto da patologi, biologi molecolari, bioinformatici, genetisti, oncologi e un farmacista ospedaliero. Oltre ad essere determinante nella definizione dell’iter terapeutico, il MTB è in grado di fornire preziose informazioni circa lo stato di geni coinvolti in sindromi eredo-familiari, con importanti ricadute in ambito di counseling genetico ed eventuale attuazione di strategie preventive e/o profilattiche.

Infatti, la disponibilità di farmaci attivi nelle pazienti con carcinoma ovarico BRCA mutato, attraverso il meccanismo della letalità sintetica, ha modificato profondamente la gestione dei test molecolari: se infatti in passato si preferiva identificare in via pressoché esclusiva la presenza di mutazioni germinali tramite prelievo ematico di soggetti ritenuti ad alto rischio dopo counseling genetico, ora si ammette, e in alcuni casi si preferisce, l’approccio somatico → germinale. Nel MTB di INT, ad esempio, tutte le pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato/metastatico sono analizzate per la presenza di mutazioni somatiche dei geni BRCA1/2; nel caso di positività, è possibile avviare una terapia oncologica con farmaci PARP inibitori e viene ricercata la possibile mutazione germinale;22 naturalmente, nel caso in cui l’analisi somatica non abbia evidenziato alcuna mutazione nei geni BRCA1/2, ma i genetisti del MTB lo ritengano comunque opportuno sulla base della storia familiare, il test germinale può essere comunque attivato su prelievo ematico. Analogamente a quanto discusso per BRCA nel carcinoma ovarico, il gene RET nel carcinoma midollare fornisce fondamentali implicazioni relative al rischio di sviluppo di forme ereditarie e familiari, così come di tipo prognostico e predittivo nei confronti di farmaci specifici. Pertanto, anche in questo caso è ragionevole ipotizzare un approccio somatico → germinale, nel quale tutti i tumori tiroidei sono analizzati per valutare la possibile presenza di mutazioni dei geni RET (oltre a KRAS e HRAS): se identificata una mutazione puntiforme a livello somatico, si procederà al counseling generico e alla sua validazione

Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide 9

come variante germinale. Nella figura 1.5 è dettagliato l’algoritmo di analisi genomica del carcinoma tiroideo utilizzato dal MTB di INT.

La figura bene illustra la necessità, in un sistema sanitario universalistico come quello vigente in Italia e, pur con alcune differenze, in Europa, di applicare un approccio pragmatico e progressivo basato sull’analisi costo-efficacia della valutazione dei biomarcatori. In particolare, è evidente che l’algoritmo presentato applica in prima istanza la metodica di identificazione a singolo gene meno onerosa (ad esempio, PCR, Sanger, FISH), a parità di sensibilità, riservando l’utilizzo di NGS con pannello ampio (Comprehensive Genomic Profiling, CGP) a un secondo livello di analisi.

È infatti importante sottolineare che, anche secondo le linee-guida della European School of Medical Oncology (ESMO),23 non è consigliabile l’utilizzo immediato di NGS nel caso di carcinoma tiroideo, al di fuori di centri specialistici come, ad esempio, quelli operanti nella rete degli IRCCS nazionali. A questo proposito, è opportuno ricordare che secondo dati recenti provenienti da diversi laboratori, incluso il nostro, le metodiche NGS mantengono un eccellente rapporto costo-efficacia rispetto all’analisi a singolo gene, in presenza di un sufficiente volume di casi.21 Ad esempio, nel setting del carcinoma metastatico colorettale, il delta a favore della metodica NGS rispetto alle analisi a singolo gene, per ciascun caso, è stato stimato pari a euro 63 nel caso di utilizzo di un pannello minimo di geni, 193 nel caso di un pannello di medie dimensioni (circa 50 geni) e 633 nel caso di utilizzo di pannelli ampi (comprehensive

• ECOG PS 0-2 (prognosi >3)

• Malattia localmente avanzata non operabile o M+

• Pro lazione alla diagnosi per terapia target

Anaplastico (ATC)

BRAF (50%)

Sequenziamento diretto BRAF V600E (Idylla/PCR)

Positivo Negativo

Dabrafenib + trametinib Managed Access Program

Progressive disease

RAS mut PIK3CA mut

RET fus BRAF fusion NTRK fusions

Consigliata rebiopsia su PD

= alterazioni molecolari attese

Figura 1.5

• ECOG PS 0-2 (prognosi >3)

• Malattia localmente avanzata non operabile o M+

• Assenti opzioni terapeutiche standard o paziente non candidabile a prima linea con lenvatinib per comorbilità cardiovascolari

Scarsamente di erenziato (PDTC)

BRAF mut (5-30%)

IHC pan-NTRK

BRAF mut (60%)

Di erenziato (DTC)

Papillare (PTC)

Follicolare (FTC)

• ECOG PS 0-2 (prognosi >3)

• Malattia localmente avanzata non operabile o M+

• Pro lazione molecolare indicata alla diagnosi per disponibilità di RTE-inibitoriselettivi (selpercatinib) ->se RET mutato, richiedere consulto genetico

Midollare (MTC)

Hurthle cell (HCC)

IHC pan-NTRK

HRAS (8-20%)

KRAS (6%)

NRAS (19-43%)

OCA DNA (con TMB)

Se negativo

OCA plus RNA

IHC pan-NTRK

HRAS (2%)

KRAS (4-11%)

PIK3CA (2%)

PTEN (4-17%)

RET mut (4%)

Algoritmo di analisi genomica del carcinoma tiroideo utilizzato dal MTB di INT

RET mut (65%)

HRAS mut (20 %)

KRAS mut (8%)

genomic profiling), che includano in valore del mutational tumor load come biomarcatore predittivo per l’immunoterapia. Queste metriche determinano un valore significativo a favore delle metodiche NGS solo in presenza di un volume uguale o superiore a 200 casi/anno. In particolare, l’algoritmo diagnostico sviluppato in INT prevede l’analisi a singolo gene delle mutazioni somatiche di BRAF nel carcinoma anaplastico e nel carcinoma scarsamente differenziato localmente avanzato o metastatico.

Nel carcinoma ben differenziato, non operabile, localmente avanzato o metastatico, viene valutata l’immunoreattività per NTRK mediante immunoistochimica che, nel caso di positività, deve essere validata mediante metodica NGS. Inoltre, vengono analizzate le mutazioni del gene BRAF nel carcinoma papillare (presente in circa il 60% dei casi), dei geni HRAS, NRAS e KRAS nel carcinoma follicolare (presenti, rispettivamente, nel 8-20%, 6% e 19-43%) e HRAS, KRAS, PIK3CA, PTEN e RET (presenti, rispettivamente, nel 2%, 4-11%, 2%, 4-17% e 4%) nel carcinoma a cellule di Hurtle.

I pazienti con MTC, valutabili con metodiche molecolari, dovrebbero avere un ECOG performance status da 0 a 2, con una prognosi maggiore di tre mesi. Tutti i casi dovrebbero essere analizzati per le alterazioni dei geni RET, HRAS e KRAS. Queste alterazioni possono essere valutate con metodiche a singolo gene, quali PCR o Sanger, che sono relativamente poco costose e distribuite nei laboratori di patologia. Per contro, PCR può identificare solo mutazioni note, mentre la tecnologia Sanger, che ha un’elevata sensibilità, richiede una quantità di DNA significativamente superiore rispetto a NGS. Infine, l’utilizzo delle metodiche a singolo gene prolunga i tempi dell’analisi, con un potenziale differimento dell’inizio della terapia. NGS è una metodica ad alta sensibilità e specificità che permette un’analisi simultanea di multipli target in tempi rapidi e con costi relativamente contenuti. Il flusso di lavoro per i pazienti con MTC in INT prevede l’esecuzione in prima istanza di un test NGS a DNA, con un ampio pannello, per l’identificazione delle mutazioni dei geni RET, HRAS e KRAS, la cui prevalenza attesa è pari a circa 65%, 20% e 8%, rispettivamente. La scelta di un pannello esteso è legata, oltre che alle specificità descritte sopra, alla possibilità di garantire farmaci innovativi in studi clinici sperimentali ai pazienti non eleggibili per una terapia on label standard. L’analisi molecolare, con qualunque metodo validato, dovrebbe essere garantita a tutti i pazienti con MTC in fase avanzata o metastatica, per la disponibilità di farmaci inibitori selettivi di RET (ad esempio, selpercatinib). In assenza di alterazioni molecolari azionabili con farmaci on label, off-label o disponibili in studi clinici con il test DNA, il flusso di lavoro utilizzato in INT prevede, in casi selezionati, un ulteriore sequenziamento con un pannello NGS RNA, allo scopo di identificare eventuali riarrangiamenti genici. L’utilizzo del sequenziamento molecolare è utile anche per identificare varianti che conferiscono resistenza al trattamento personalizzato.

I pazienti affetti da MTC con mutazione del gene RET in stadio avanzato sono stati tradizionalmente trattati con inibitori delle chinasi relativamente aspecifici (Multichinase Inhibitors, MKI), che interferiscono con l’attivazione di multipli ulteriori recettori tirosin-chinasici, quali RET e i recettori coinvolti nel processo angiogenico,

Le mutazioni di RET nel carcinoma midollare della tiroide 11

come VEGFR e PDGFR. Cabozantinib e vandetanib sono farmaci approvati per il trattamento di prima linea dei pazienti con MTC, indipendentemente dallo stato del gene RET. Occorre notare a questo proposito che la presenza di mutazioni del gene RET, e in particolare della variante p.M918T, è stata associata a una miglior risposta clinica a cabozantinib in termini di risposta alla malattia e progression free survival (PFS). Gli inibitori selettivi pralsetinib (LOXO-292) e selpercatinib (BLU-667) si sono dimostrati tollerabili ed efficaci nei pazienti con MTC, con una risposta clinica fino al 73% (nel caso di trattamento di prima linea) e del 69% (trattamento di II linea). Entrambi i farmaci sono stati approvati da AIFA per il trattamento dei pazienti di età superiore ai 12 anni affetti da MTC in fase avanzata o metastatica con mutazione del gene RET, o da carcinoma tiroideo con riarrangiamento del gene RET refrattario a terapia con iodio radioattivo che richiedano terapia sistemica. La disponibilità di questi farmaci conferma il ruolo fondamentale dello screening delle alterazioni del gene RET nella pratica clinica. Alcune specifiche mutazioni, quali la variante V804L, sono associate all’acquisizione di resistenza al trattamento con MKI. Ad esempio, in un paziente con MTC sporadico RET-mutato trattato precedentemente con MKI è stata riportata l’insorgenza della variante V804M. Analogamente, in due pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule RET-riarrangiato durante il trattamento con vandetanib sono state riportate le varianti V804L e S904F. Selpercatinib inibisce l’attività delle varianti RETV804L e RETV804M, con un’efficacia 60-1300 maggiore rispetto agli inibitori multitarget in linee cellulari KIF5B-RETV804L/M. Per contro, le mutazioni delle porzioni C-terminali (RET p.G810C/S/R), cerniera (RETY p.806C/N), e β2 strand (RET p.V738A, identificata solo in linee cellulari), determinano l’acquisizione di resistenza al trattamento con selpercatinib.

BIBLIOGRAFIA

1. Takahashi M, Ritz J, Cooper GM. Activation of a novel human transforming gene, RET, by DNA rearrangement. Cell 1985; 42: 581-8.

2. Anders J, Kjær S, Ibanez CF. Molecular modeling of the extracellular domain of the RET receptor tyrosine kinase reveals multiple cadherin-like domains and a calcium-binding site. J Biol Chem 2001; 276: 38: 35808-17.

3. Mahato AK, Sidorova YA. RET Receptor Tyrosine Kinase: role in neurodegeneration,

obesity, and cancer. Int J Mol Sci 2020; 21: 7108.

4. Xiao J, Hao LW, Wang J, et al. Comprehensive characterization of the genetic landscape of familial Hirschsprung’s disease. World J Pediatr 2023; doi: 10.1007/s12519-023-00686-x.

5. Donis-Keller H, Dou S, Chi D, et al. Mutations in the RET proto-oncogene are associated with MEN 2A and FMTC. Hum Mol Genetc 2003; 2(7): 851-6.

6. Hofstra RM, Landsvater RM, Ceccherini I, et al.

A mutation in the RET proto-oncogene associated

with multiple endocrine neoplasia type 2B and sporadic medullary thyroid carcinoma. Nature 1994; 367(6461): 375-6.

7. Rindi G, Mete O, Uccella S, et al. Overview of the 2022 who classification of neuroendocrine neoplasms. Endocr Pathol 2022; 33: 115-54.

8. Kloos RT, Eng DB, Evans GL, et al. Medullary thyroid cancer: management guidelines of the American Thyroid Association. Thyroid 2009; 19: 565-612.

9. Chernock RD, Hagemann IS. Molecular pathology of

hereditary and sporadic medullary thyroid carcinomas. Am J Clin Pathol 2015; 143: 768-77.

10. Accardo G, Conzo G, Esposito D, et al. Genetics of medullary thyroid cancer: an overview. Int J Surg 2017; 41: 52-6.

11. Verrienti A, Grani G, Sponziello M, et al. Precision oncology for RETrelated tumors. Front Oncol 2022; 12: 992636.

12. Agrawal Y, Jiao M, Sausen,et al. Exomic sequencing of medullary thyroid cancer reveals dominant and mutually exclusive oncogenic mutations in RET and RAS. J Clin Endocrinol Metab 2013; 98: 364-9.

13. Dvorakova SE, Vaclavikova SE, Sykorova V, et al. Somatic mutations in the RET proto-oncogene in sporadic medullary thyroid carcinomas. Mol Cell Endocrinol 2008; 284: 21-7.

14. Romei C, Elisei R. A narrative review of genetic alterations in primary thyroid epithelial cancer. Int J Mol Sci 2021; 22(4), 1726.

15. Santoro F, Carlomagno A, Romano DP, et al. Activation of RET as a

dominant transforming gene by germline mutations of MEN2A and MEN2B Science 1995; 267: 381-3.

16. Romei C, Ciampi R, Elisei R. A comprehensive overview of the role of the RET proto-oncogene in thyroid carcinoma. Nature Rev Endocrinol 2016; 12: 192-202.

17. Moura MM, Cavaco BM, Pinto AE, Leite V. High prevalence of RAS mutations in RET-negative sporadic medullary thyroid carcinomas. J Clin Endocrinol Metab 2011; 96: 863-8.

18. Haugen BR, Alexander EK, Bible KC, et al. 2015 American thyroid association management guidelines for adult patients with thyroid nodules and differentiated thyroid cancer. The American Thyroid Association Guidelines Task Force on Thyroid Nodules and Differentiated Thyroid Cancer. Thyroid 2016; 26: 1-133.

19. Vuong HG, Odate T, Ngo HTT, et al. Clinical significance of RET and RAS mutations in sporadic medullary thyroid carcinoma: a meta-analysis.

Endocrine-Related Cancer 2018; 25: 633-41.

20. Elisei R, Cosci B, Romei C, et al. Prognostic significance of somatic ret oncogene mutations in sporadic medullary thyroid cancer: a 10-year follow-up study. Clin Endocrinol Metab 2008; 93(3): 682-7.

21. Pruneri G, De Braud F, Sapino A, et al. Next generation sequencing in clinical practice: is it a cost saving alternative to a single gene testing approach? PharmacoEconomics –Open 2021; 5: 285-98.

22. Azzollini J, Vingiani A, Agnelli L, et al. Management of BRCA Tumour Testing in an Integrated Molecular Tumour Board Multidisciplinary Model. Front Oncol 2022; doi: 10.3389/fonc.2022.857515. eCollection.

23. Mosele F, Remon J, Mateo J, et al. Recommendations for the use of next-generation sequencing (NGS) for patients with metastatic cancers: a report from the ESMO Precision Medicine Working Group. Ann Oncol 2020; 31(11): 1491505.

2. I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi

Introduzione

Il proto-oncogene RET codifica per un recettore transmembrana tirosin-chinasico che ha un ruolo fisiologico nello sviluppo embrionale del sistema nervoso, genitourinario, gastrointestinale ed ematopoietico; è inoltre implicato nei processi di migrazione, proliferazione e differenziazione cellulare.1 2

Le fusioni di RET sono alla base di un’attivazione aberrante del recettore contribuendo all’insorgenza di diverse neoplasie, tra le quali il carcinoma papillare della tiroide (Papillary Thyroid Carcinoma, PTC), il carcinoma polmonare non a piccole cellule (Non-Small Cell Lung Carcinoma, NSCLC) e raramente (<1%) altri tumori solidi, tra cui il carcinoma ovarico, pancreatico, mammario, colorettale e delle ghiandole salivari.3

Negli ultimi anni la ricerca di nuovi driver genetici e delle relative terapie target ha portato allo sviluppo di inibitori multichinasici efficaci nel trattamento di neoplasie RET-correlate, in particolare cabozantinib e vandetanib, tra i primi approvati dall’FDA nei pazienti con carcinoma midollare della tiroide o NSCLC localmente avanzati o metastatici. Nel 2020 sono stati aggiunti due ulteriori farmaci quali selpercatinib e pralsetinib aventi le stesse indicazioni.2

Per quanto riguarda le altre forme di tumori solidi, nonostante la bassa prevalenza dei riarrangiamenti di RET in queste neoplasie, è possibile prendere in considerazione un approccio agnostico ovvero valutare l’eventuale presenza di una fusione del gene e, conseguentemente, somministrare una terapia a bersaglio molecolare indipendentemente dalla sede tumorale.4 5

Distribuzione delle fusioni di RET

NSCLC e PTC sono le principali neoplasie che presentano le fusioni del gene RET. Nel polmone gli istotipi più frequentemente coinvolti sono gli adenocarcinomi, se-

guiti dai carcinomi adeno-squamosi, squamosi e neuroendocrini. Circa il 2% dei pazienti con tumore polmonare è associato alla presenza di fusioni RET e spesso sono coinvolti pazienti giovani (al di sotto dei 60 anni), di sesso femminile, senza abitudine tabagica così come accade per le neoplasie con riarrangiamento di ALK o ROS1. Inoltre queste fusioni sono mutualmente esclusive, con la sola eccezione di pochi casi di fusione RET in alcuni NSCLC con mutazione di EGFR che hanno sviluppato successivamente resistenza alla terapia a bersaglio molecolare.5

Per quanto concerne i PTC, la prevalenza delle fusioni di RET è circa il 5-10% e i pazienti più frequentemente interessati sono quelli con pregressa esposizione a radiazioni ionizzanti, senza differenze sostanziali tra genere ed età.6

Infine, per quanto riguarda i restanti tumori solidi, la prevalenza delle fusioni di RET è inferiore all’1%: nello specifico <0,81% nei carcinomi gastrici, <0,26% nei CRC, <0,21% nei carcinomi mammari, <0,17% in quelli esofagei e ovarici, e <0,08% nei carcinomi prostatici (figura 2.1).1

PTC 5-10%

NSCLC 1-2%

Carcinoma gastrico 0,81%

CRC 0,26%

Carcinoma mammario 0,21%

Carcinoma esofageo 0,17%

Carcinoma ovarico 0,17%

Carcinoma prostatico 0,08%

Figura 2.1

Frequenza delle fusioni di RET nei tumori solidi. Modificata da Shi et al. 20221

Principali tipologie di riarrangiamento genico

Sono stati riportati in letteratura più di 35 differenti partner di fusione del gene RET: questi inducono l’espressione anomala del recettore tirosin-chinasico, determinandone un’aberrante attivazione in cellule in cui tale proteina non è normalmente espressa.

In uno studio del 2021 sono stati riportati i prevalenti partner di fusione nei diversi istotipi, in particolare KIF5B è risultato maggiormente coinvolto nel NSCLC, CCDC6 nel tumore tiroideo e NCOA4 in quello colon-rettale. Altre fusioni meno comuni, quali NCOA4-RET, TRIM33-RET, ZNF477P-RET, ERCC1-RET, HTR4-RET, CLIP1-RET,

I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi 15

FRMD4-RET e WAC-RET, sono state riscontrate nei tumori polmonari; nella tiroide, invece, altri riarrangiamenti meno frequenti sono risultati PTC2-RET, PTC4-RET, ELKS-RET, PCM1-RET, RFP-RET e HOOK3-RET (tabella 2.1).

Tabella 2.1

Principali partner di fusione di RET nei tumori polmonari e tiroidei

Tumori polmonari

KIF5B

NCOA4

TRIM33

ZNF477P

ERCC1

HTR4

CLIP1

FRMD4

WAC

Tumori tiroidei

CCDC6

PTC2

PTC4

ELKS

PCM1

RFP

HOOK3

Rilevamento dei riarrangiamenti di RET

Attualmente il patologo può avvalersi dell’integrazione di diverse tecniche per rilevare la presenza di alterazioni di RET in campioni clinici (tabella 2.2).

La scelta viene guidata dalla valutazione di differenti parametri come il contesto clinico, la quantità e qualità del tessuto disponibile e il numero di alterazioni geniche da sottoporre a screening. In oncologia, le decisioni terapeutiche si basano su un numero sempre crescente di biomarcatori, pertanto, in linea generale, è preferibile una metodica che permetta di rilevare contemporaneamente multiple alterazioni genomiche, anche su materiale esiguo.

Immunoistochimica

L’immunoistochimica è una metodica rapida, conveniente e ampiamente utilizzata per valutare l’espressione di biomarcatori nelle cellule tumorali. Tuttavia, a causa della sua bassa sensibilità (dal 55% al 65%) e della specificità altamente variabile (dal 40% all’85%) l’uso dell’immunoistochimica (IHC) non è attualmente raccomandato come strumento di screening delle fusioni di RET.7 8

Inizialmente è stata valutata la possibilità di utilizzo dell’IHC per la diagnosi differenziale nell’ambito delle lesioni tiroidee, tuttavia è stato osservato che l’espressione del gene poteva essere presente nelle lesioni benigne. Anche nell’ambito della patologia polmonare l’IHC non è raccomandata come strumento di screening delle fusioni di RET, poiché i livelli di espressione genica potrebbero essere elevati anche in assenza di fusione.

Inoltre, l’IHC è stata nettamente superata in termini di affidabilità e accuratezza sia dalla Fluorescence in Situ Hybridization (FISH) che dal sequenziamento massivo parallelo o di nuova generazione (Next Generation Sequencing, NGS), com’è emerso in differenti studi.7 9

Ibridazione fluorescente in situ

La Fluorescence in Situ Hybridization (FISH) si è affermata come strumento diagnostico standard per la rilevazione di alterazioni cromosomiche di importanza terapeutica ed è attualmente uno dei metodi più utilizzati per il rilevamento delle fusioni di RET, con livelli di sensibilità e specificità ritenuti idonei per una sua applicazione nella pratica clinica.

Nel rilevamento dei riarrangiamenti cromosomici si utilizzano sonde FISH a doppio colore, come le sonde break-apart o dual fusion. Le sonde break-apart risultano più appropriate nei casi in cui i partner di fusione genica siano variabili e non noti, come spesso accade nel caso dei riarrangiamenti del gene RET. Infatti, in particolare nell’ambito dei tumori polmonari e tiroidei, i riarrangiamenti di RET consistono in fusioni che coinvolgono un gran numero di geni partner.10

Diversi fattori possono influenzare la sensibilità e specificità della metodica FISH, uno di questi è la soglia scelta per determinare la positività. Le linee-guida per il test e il punteggio FISH sono sovrapponibili a quelle per qualsiasi altro rilevamento di fusioni geniche. Attualmente la soglia per la positività è >15% di cellule con segnali break-apart.11 Tale valore soglia rappresenta comunque un compromesso, come dimostrato da recenti studi. Infatti, nello studio condotto da Baker et al. è stato osservato che un cut-off di positività al 19% dei nuclei neoplastici permette di ottimizzare la specificità del risultato FISH al 99% e la sensibilità all’86%; abbassando, invece, la soglia di positività al 13% della popolazione tumorale nei casi equivoci e/o positivi, la specificità subisce una lieve riduzione (96%) a dispetto di un considerevole incremento della sensibilità (100%).9

Tra gli altri fattori che influiscono su sensibilità e specificità vi è la distanza genomica presente tra le sonde sui cromosomi bersaglio e se i partner di fusione sono intracromosomici. L’uso della FISH per rilevare le fusioni di RET è, quindi, complicato dal fatto che i partner di fusione più comuni sono localizzati proprio sul cromosoma 10, in prossimità del gene RET stesso (ad esempio alcune fusioni KIF5B-RET), e più comunemente insorgono tramite inversione paracentrica (non incidente il centromero). Inoltre, la FISH potrebbe identificare un punto di rottura della sequenza di DNA

I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi 17

che, tuttavia, non compromette il gene RET; ciò suggerisce che la FISH potrebbe rappresentare un test di screening rapido e relativamente economico, da affiancare a un sequenziamento di conferma in caso di risultato equivoco o positivo.9

Tuttavia, la metodica FISH non è ottimale quando è richiesta una valutazione di alterazioni genetiche multiple contemporaneamente, come si verifica ad esempio nel caso dei pazienti con NSCLC, o quando il riconoscimento del partner di fusione ha un impatto sulla gestione clinica. La metodica è diffusa nei centri di Anatomia Patologica e l’esecuzione del test è relativamente semplice. Tuttavia, la lettura dei preparati richiede accuratezza e tempi di analisi non trascurabili. Inoltre, è richiesta un’ottimizzazione della fase preanalitica ed è necessario ricorrere a stringenti controlli interni per la valutazione delle condizioni di conservazione del materiale biologico.

RT-PCR

La tecnica di amplificazione PCR (Polymerase Chain Reaction) basata su DNA è una metodica che non può essere presa in considerazione per la rilevazione di fusioni a causa della variabilità dei possibili punti di rottura della sequenza genica. Tuttavia, la Reverse Trascription-PCR (RT-PCR), basata sull’amplificazione mediante PCR del DNA complementare (cDNA) ottenuto per trascrizione inversa, è in grado di rilevare i trascritti di fusione del gene bersaglio e identificare il gene del partner di fusione, a condizione che sia possibile disporre di un primer di fusione per il partner specifico che deve essere noto a priori. Nel caso di un partner di fusione sconosciuto, la metodica di base non è utilizzabile. Tuttavia, particolari applicazioni del metodo RT-PCR permettono di evidenziare sbilanciamenti di espressione fra la porzione 5’ e la porzione 3’ del gene RET che possono indicare la presenza di un’avvenuta fusione. Quest’ultimo metodo è oggi utilizzato in alcuni prodotti commerciali, anche in associazione alla classica RT-PCR basata su primer di fusione.

NGS

I saggi NGS possono essere basati sull’analisi di DNA o RNA e possono riguardare l’intero genoma, esoma o trascrittoma, oppure possono concentrarsi sullo studio di gruppi genici di interesse tramite pannelli specifici, con una maggiore accuratezza e sensibilità del sequenziamento.

La capacità di sequenziamento massivo parallelo della metodica NGS, grazie alla sua elevata processività, è particolarmente utile in contesti in cui è necessario testare più geni che rappresentano potenziali bersagli terapeutici, anche in presenza di quantità di tessuto limitato, come accade spesso nell’NSCLC. L’alta sensibilità nel rilevamento delle mutazioni consente l’identificazione di alterazioni somatiche sia con frequenze alleliche a bassa frazione di variante (>3%-5% a seconda del sistema) sia in campioni di tessuto con una bassa percentuale di cellule tumorali.11 Tuttavia, alcune considerazioni sull’applicazione dei saggi NGS in diagnostica sono d’obbligo, in parti-

colare la necessità di un’adeguata purezza del campione, e quindi di un’ottimale preparazione tecnica della sezione di tessuto sul vetrino da parte del patologo, inclusa la necessità di accurate dissezioni del tessuto, se necessarie. Si deve infine ricordare che i tempi richiesti per la diagnosi sono mediamente più lunghi, con tempi di consegna dei referti generalmente di circa due settimane.

NGS condotto su DNA genomico

Esistono due principali vantaggi della metodica NGS basata sull’analisi del DNA genomico:

• la possibilità di essere applicata con successo su materiale biologico di routine fissato in formalina e incluso in paraffina, laddove l’analisi dell’RNA può risultare più frequentemente impedita da fenomeni di degradazione molecolare;

• la possibilità di essere applicata con successo sul DNA tumorale circolante che è molto più stabile dell’RNA messaggero, rapidamente degradato nel circolo ematico.

Si è diffuso l’utilizzo di piccoli pannelli genici commerciali, limitati all’analisi di alcune decine di marcatori, utili nella pratica clinica per l’inquadramento delle principali patologie oncologiche. Questi test diagnostici sono generalmente dedicati al rilevamento di mutazioni hotspot (single nucleotide variants, indels, copy number variations), ma possono essere utilizzati per identificare fusioni geniche se progettati per studiare anche regioni introniche, in genere analizzate mediante la tecnica dell’“ibridazione e cattura” (vedi oltre). Questo tipo di analisi può essere ancor più facilmente condotto attraverso pannelli più ampi o il sequenziamento dell’intero esoma, con il supporto di un adeguato flusso di lavoro bioinformatico. Tuttavia, a livello di specificità, la metodica NGS basata sull’analisi del DNA identifica riarrangiamenti genomici che possono o meno risultare in una proteina di fusione effettivamente funzionale. Infatti, alcune delle fusioni osservate possono essere sostenute da riarrangiamenti incidentali non seguiti da trascrizione. Di conseguenza, potrebbero essere necessarie ulteriori verifiche utilizzando test basati sull’RNA, per confermare un risultato positivo.

Infine, la sensibilità per il rilevamento delle fusioni geniche potrebbe essere limitata, a meno che il pannello non sia stato ottimizzato per includere le regioni introniche in modo adeguato, con un flusso di lavoro che consenta di rilevare la presenza delle fusioni e i relativi partner.

NGS condotto su RNA

Un differente approccio per il rilevamento delle fusioni geniche consiste nella metodica NGS basata su RNA. Il principale vantaggio consiste nel fatto che nell’RNA messaggero le regioni introniche sono state già rimosse mediante il processo di splicing. La rimozione delle sequenze introniche permette ai pannelli di sequenziamen-

I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi 19

to di coprire una maggiore porzione di sequenze codificanti del DNA, superando le limitazioni di dimensioni che si presentano quando si utilizzano pannelli basati sul sequenziamento del DNA. L’analisi dell’RNA consente anche il rilevamento di partner di fusione sconosciuti o imprevisti e in punti di rottura variabili. Un altro vantaggio rispetto alle tecniche basate su DNA è la capacità di determinare se la fusione è in frame.

Attualmente, un approccio NGS molto diffuso per l’analisi delle fusioni geniche è quello basato su ampliconi, cioè sull’amplificazione mediante PCR del cDNA ottenuto da RNA target. Questo approccio prevede che entrambi i partner di fusione siano noti; tuttavia, alcuni protocolli hanno proposto algoritmi specifici basati su uno squilibrio cromosomico per supportare lo screening di fusioni geniche rilevanti, anche con un gene partner sconosciuto.

Uno dei principali svantaggi degli approcci basati sull’RNA è l’elevata instabilità dell’RNA, data dalla sua natura fragile, e la scarsa qualità dell’RNA estratto dal tessuto fissato in formalina e incluso in paraffina, soprattutto nel caso di processi di lavorazione preanalitici non adeguati. Ciò rischia di compromettere il sequenziamento a causa di una preparazione inadeguata della libreria. Pertanto, sono richiesti severi controlli interni per comprendere quando i risultati di un campione siano da considerare non informativi, piuttosto che negativi. Fortunatamente sono stati sviluppati diversi approcci tecnologici per l’identificazione di fusioni geniche anche in campioni contenenti scarsa quantità di RNA (<3,0 ng/ml) degradato ed estremamente frammentato.

Oltre agli approcci basati sull’amplificazione, sono disponibili anche metodi basati sulla ibridazione molecolare con probe specifici e cattura degli ibridi (ibridazione e cattura). Il principale vantaggio di questi test è che non sono basati su specifiche sequenze primer per l’innesco della PCR, consentendo il rilevamento di riarrangiamenti genici più complessi nei quali potrebbe essersi perso il sito specifico di legame per il primer.11

Il Memorial Sloan Kettering Cancer Center ha riportato un ampio studio retrospettivo dal quale è emersa una precisa corrispondenza nella rilevazione di fusioni di RET identificate tramite metodiche NGS basate su DNA ed RNA, suggerendo un’elevata sensibilità di entrambe le metodiche.

Questo studio ha dimostrato, inoltre, un valore predittivo positivo del 93,2% per la metodica NGS basata sul DNA nel rilevamento di fusioni RET. Di conseguenza, alla luce di una concordanza del 96,9% tra metodica NGS basata su DNA ed RNA nell’identificazione di fusioni di tipo in frame, l’NGS basato su DNA potrebbe fornire informazioni utili sui riarrangiamenti di RET in quei pazienti in cui il tessuto a disposizione non è sufficiente per uno studio condotto sia su DNA che su RNA. Al contrario, la corrispondenza dei risultati ottenuti con entrambe le metodiche è risultata del 72,7% per le fusioni di RET out of frame. Pertanto, in questi pazienti, potrebbe essere opportuna l’esecuzione di ulteriori test di conferma mediante NGS su RNA.7

I punti di forza e debolezza delle metodiche NSG basate su DNA ed RNA rendono ottimale un approccio di tipo combinato, quando possibile, al fine di ottenere un qua-

dro più chiaro riguardo la patogenesi molecolare delle fusioni di RET più complesse, anche se ciò implica un aumento dei costi e dei tempi di refertazione. Pertanto, ogni laboratorio dovrebbe definire le proprie prestazioni tecniche e il proprio flusso di lavoro, anche sulla base della valutazione di differenti parametri, tra cui la qualità e quantità degli acidi nucleici disponibili e i test a disposizione.

Rilevamento delle fusioni di RET tramite acidi nucleici circolanti

Una fondamentale opportunità per i pazienti in cui non sia disponibile un’adeguata quantità di tessuto e non sia possibile effettuare un’ulteriore procedura bioptica è rappresentata dalla genotipizzazione tumorale su plasma, tramite analisi NGS del DNA tumorale libero da cellule circolanti.

Ciò costituisce certamente un approccio non invasivo, tuttavia è necessario considerare che la quantità di acidi nucleici circolanti è esigua, sia in virtù della frammentarietà che dell’instabilità e della breve emivita del materiale in esame. Inoltre, i livelli di acidi nucleici circolanti sono altamente variabili, sulla base di differenti parametri come il carico tumorale e alla localizzazione di malattia.

Attualmente, i pannelli disponibili per il sequenziamento delle fusioni di RET a partire dal DNA circolante si basano principalmente sull’arricchimento del bersaglio mediante “ibridazione e cattura” il cui principale vantaggio è quello di ottenere una buona copertura genica, anche se sono ancora presenti problematiche relative alla copertura di ampie sequenze introniche ed esoniche. In questo ambito, l’approccio basato su ampliconi, precedentemente descritto per l’RNA estratto da tessuti o cellule, non è in grado di rilevare fusioni geniche a livello del DNA circolante proprio per la presenza di sequenze introniche.

Sono in commercio anche pannelli basati sull’RNA circolante che può essere isolato anche dalle vescicicole extracellulari derivanti dal tumore. Tuttavia, in caso di esito negativo per fusione di RET, esiste sempre la possibilità di un falso negativo, sulla base della scarsa quantità di RNA nel sangue e della sua fragilità.

Attualmente, grazie all’utilizzo di piattaforme NGS validate su biopsia liquida, è stato possibile ottenere una sensibilità tale da poter rilevare fusioni di RET anche con frequenze alleliche molto basse con un trascurabile numero di falsi positivi, rendendo un risultato positivo indicativo di mutazione.11

Un’ulteriore fondamentale possibilità, pur in considerazione dei limiti tecnici e biologici della metodica, soprattutto in caso di riarrangiamenti genici complessi, è che l’analisi su acidi nucleici circolanti permette di monitorare la biologia del tumore nei pazienti con fusioni di RET sottoposti a terapia consentendo un’attenta analisi della risposta al trattamento e una precoce rilevazione di eventuali mutazioni inducenti resistenza alla terapia.12

I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi 21

Tabella 2.2

Principali vantaggi e svantaggi delle differenti metodiche nel rilevamento dei riarrangiamenti di RET

Vantaggi

IHC - Basso costo, diffusione della metodica

- Breve TurnAround Time (TAT)

- Rilevamento dell’espressione genica

FISH - Elevate sensibilità (86%-100%) e specificità (96%-99%)

- Metodica diffusa e riconosciuta

RT-PCR - Elevata specificità

- Rilevamento dell’espressione genica

NGS - Elevate sensibilità e specificità

- Rilevamento del partner di fusione genica

- Rilevamento dell’espressione genica (RNA-NGS)

- Elevata concordanza tra DNA NGS ed RNA NGS

- Necessità di ridotta quantità di materiale da analizzare

- Analisi simultanea di altri marcatori clinicamente rilevanti

Svantaggi

- Media sensibilità (55%-65%) e variabile specificità (40%-85%)

- Impossibilità di rilevamento del partner di fusione

- Valutazione di un singolo analita

- Interpretazione complessa dei risultati

- TAT relativamente lungo

- Assenza di rilevamento dell’espressione genica

- Rilevamento del partner di fusione solo con specifiche sonde

- Valutazione di un singolo gene

- Variabile sensibilità

- Rilevamento limitato del partner di fusione genica

- Elevato costo

- TAT relativamente lungo

- Flusso di lavoro complesso

- Scarsa diffusione territoriale dei dispositivi necessari

Algoritmo diagnostico secondo linee-guida ESMO

La determinazione dei riarrangiamenti del gene RET prevede l’utilizzo delle metodiche illustrate in precedenza (IHC, FISH, RT-PCR, NGS basato su RNA o DNA), ognuna con vantaggi e limiti differenti, applicabili diversamente sulla base anche della quantità e qualità del campione a disposizione. Tra tutte queste l’IHC, essendo caratterizzata da una bassa sensibilità e specificità, è una metodica dai risultati inaffidabili e per questo attualmente non utilizzata.

La scelta della metodica più corretta si basa strettamente sul tipo di campione da analizzare e sulla sua quantità e qualità: si comprende bene come sia preferibile avere a disposizione un ricco prelievo di tessuto neoplastico piuttosto che una biopsia liquida con scarse cellule tumorali. Alla luce di tutto ciò è possibile adottare diverse strategie diagnostiche, con l’uso di differenti metodiche, anche sulla base dell’istotipo tumorale.

A seguito di una revisione della letteratura, ESMO ha proposto delle linee-guida e un algoritmo per la valutazione di RET, ipotizzando tre plausibili scenari:11

• Scenario 1: i pazienti affetti da NSCLC, non-MTC, o da altri tumori solidi, con disponibilità di campioni tissutali neoplastici, devono essere sottoposti a NGS o, se questa non disponibile, a FISH o RT-PCR, a seconda della disponibilità del laboratorio, dei costi e/o della quantità di cellule tumorali. In caso di risultato negativo del test FISH o RT-PCR, si consiglia comunque di utilizzare un pannello NGS al fine di rilevare eventuali falsi negativi (figura 2.2).

• Nell’NSCLC è raccomandato l’utilizzo di un pannello NGS multigenico comprendente anche le fusioni di RET per valutare le alterazioni geniche di primo livello.

• Scenario 2: i pazienti affetti da NSCLC, non-MTC, o da altri tumori solidi, i cui campioni tissutali non sono disponibili o sufficienti, possono essere testati con un pannello NGS su biopsia liquida. Tuttavia, in caso di esito negativo, sarebbe comunque auspicabile ottenere del tessuto tumorale su cui poter escludere definitivamente la possibilità di una fusione (figura 2.2).

• Scenario 3: i pazienti affetti da MTC necessitano di uno screening per la rilevazione di mutazioni di RET e andrebbero indirizzati verso un counseling genetico e/o familiare per identificare una patologia sindromica o familiare attraverso l’uso di PCR o NGS sull’espettorato o sul sangue. In caso di mutazione di RET familiare nota è sufficiente effettuare un semplice test di Sanger sul DNA leucocitario.

Biopsia liquida

NSCLC, non-MTC e altri tumori solidi

Figura 2.2

Campione tissutale

RT-PCR

NGS FISH o RT-PCR (se NGS non disponibile)

Assenza fusione di RET

Presenza fusione di RET

Presenza fusione di RET

Assenza fusione di RET

Presenza fusione di RET

Ottenere campione tissutale

Terapia target

Assenza fusione di RET NGS

Algoritmo per la rilevazione delle fusioni RET nel NSCLC, non-MTC e altri tumori solidi. Modificata da Belli et al. 202111

I riarrangiamenti di RET: tipologia, frequenza e metodiche di analisi 23

Per quanto riguarda il paziente con MTC metastatico, in assenza di mutazioni germinali di RET, dev’essere eseguito un test PCR o NGS su tessuto del sito di metastasi per confermare o escludere la presenza di questa mutazione.

Clinicamente si può ricorrere ad algoritmi comprendenti multiple metodiche, differenti per sensibilità, specificità, costi, tempistiche dei risultati, campioni tissutali necessari e facilità di interpretazione dei risultati. Sulla base di questi vantaggi e svantaggi, i laboratori possono scegliere tra le diverse metodiche disponibili: ad esempio, nonostante un test NGS ben progettato possa rilevare simultaneamente tutte le alterazioni clinicamente significative, alcuni laboratori potrebbero preferire la metodica FISH per la maggiore rapidità e i costi inferiori.

Una particolare sfida nella scelta dei test da utilizzare si realizza ad esempio nell’NSCLC nel quale l’elenco crescente di target genetici da valutare rende spesso necessaria una combinazione tra differenti metodiche: IHC per la valutazione di PDL-1 e ALK, NGS o PCR per EGFR e BRAF, FISH per RET e ROS1. L’utilizzo di tutte queste metodiche determina il rischio di esaurire il tessuto e quindi di una genotipizzazione incompleta.9

BIBLIOGRAFIA

1. Shi M, Wang W, Zhang J, et al. Identification of RET fusions in a Chinese multicancer retrospective analysis by next-generation sequencing. Cancer Sci 2022; 113(1): 308-18.

2. Gou Q, Gan X, Li L, Gou Q, Zhang T. Precious gene: the application of RET-altered inhibitors. Molecules 2022; 27(24): 8839.

3. Subbiah V, Cassier PA, Siena S, et al. Pan-cancer efficacy of pralsetinib in patients with RET fusion-positive solid tumors from the phase 1/2 ARROW trial. Nat Med 2022; 28(8): 1640-5.

4. Schram AM, Chang MT, Jonsson P, Drilon A. Fusions in solid tumours: diagnostic strategies, targeted therapy, and acquired resistance. Nat Rev Clin Oncol 2017; 14(12): 735-48.

5. Parimi V, Tolba K, Danziger N, et al. Genomic landscape of 891 RET fusions detected

across diverse solid tumor types. NPJ Precis Oncol 2023; 7(1): 10.

6. Thein KZ, Velcheti V, Mooers BHM, Wu J, Subbiah V. Precision therapy for RETaltered cancers with RET inhibitors. Trends Cancer 2021; 7(12): 1074-88.

7. Xiang C, Guo L, Zhao R, et al. Identification and validation of noncanonical RET fusions in non-smallcell lung cancer through DNA and RNA sequencing. J Mol Diagn 2022; 24(4): 374-85.

8. Feng J, Li Y, Wei B, et al. Clinicopathologic characteristics and diagnostic methods of RET rearrangement in Chinese non-small cell lung cancer patients. Transl Lung Cancer Res 2022; 11(4): 617-31.

9. Baker JA, Sireci AN, Marella N, et al. Analytical accuracy of RET fusion detection by

break-apart fluorescence in situ hybridization. Arch Pathol Lab Med 2022; 146(3): 351-9.

10. Liu Y, Wu S, Zhou L, Guo Y, Zeng X. Pitfalls in RET fusion detection using break-apart FISH probes in papillary thyroid carcinoma. J Clin Endocrinol Metab 2021; 106(4): 1129-38.

11. Belli C, Penault-Llorca F, Ladanyi M, et al. ESMO recommendations on the standard methods to detect RET fusions and mutations in daily practice and clinical research. Ann Oncol 2021; 32(3): 337-50.

12. Zugazagoitia J, Ramos I, Trigo JM, et al. Clinical utility of plasma-based digital next-generation sequencing in patients with advance-stage lung adenocarcinomas with insufficient tumor samples for tissue genotyping. Ann Oncol 2019; 30(2): 290-6.

3. I farmaci RET inibitori

Introduzione

Il protoncogene RET (Rearranged During Transfection) è stato clonato nel 1985 da un linfoma a cellule T.1 Il gene RET codifica per un Recettore Tirosin-Chinasico (RTK) e l’attivazione del meccanismo di trasduzione del segnale prevede che due molecole di RET si leghino a fattori neurotrofici derivati da cellule gliali (Glial cell-Derived Neurotrophic Factor, GDNF), tra cui il GDNF, la neurturina (NRTN), l’artemina (ARTN) e la persefina (PSPN), e al co-recettore GFRα. La formazione del complesso all’interno di raft lipidici innesca l’autofosforilazione dei residui di tirosina nel dominio tirosinchinasico di ciascuna molecola RET. Proteine coinvolte nella trasduzione del segnale si legano ai siti fosforilati, principalmente le fosfotirosine 1062 (pY1062) e pY1096, portando all’attivazione di diverse vie biochimiche tra cui RAS/MAPK/ERK, PI3K/ AKT, e JNK.2-4

La proteina RET ha un importante ruolo fisiologico nell’ontogenesi, sia per lo sviluppo del sistema nervoso ed ematopoietico, che dell’apparato gastrointestinale e genito-urinario. Le alterazioni del gene RET coinvolte nella fisiopatologia molecolare dei tumori comprendono riarrangiamenti cromosomici, fusione del recettore con diverse proteine (ad esempio, CCDC6/PTC1, KIF5B, NCOA4/PTC3) e mutazioni puntiformi attivanti il dominio tirosin-chinasico. I riarrangiamenti RET si trovano principalmente nel tumore polmonare non a piccole cellule (Non-Small Cell Lung Cancer, NSCLC), oltre che nei tumori del colon, della mammella, e nelle neoplasie ematologiche. Le mutazioni attivanti (gain-of-function) di RET sono frequentemente riscontrate nel carcinoma midollare della tiroide (Medullary Thyroid Cancer, MTC), che rientra nella neoplasia endocrina multipla di tipo 2A (MEN2A), mentre quelle con perdita di funzione della proteina (loss-of-function) sono associate alla malattia di Hirschsprung.4-6

Lo sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare capaci di bloccare il segnale proliferativo mediato dall’attivazione del gene RET (figura 3.1) e la disponibilità di nuove tec-

Resistenza

Altri target

Reazioni

avverse E cacia

tessuti Tumore

Interazioni (?)

(pH)

(P-gp)

Interazioni

Figura 3.1

Co-presenza di altri driver

On-target

Target principale

Metaboliti

Interazioni (P-gp)

RET inibitore

(Renale/biliare)

Schema delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dei RET inibitori

niche di biologia molecolare (ad esempio, Next Generation Sequencing, NGS), hanno permesso una sempre più rapida e accurata identificazione delle alterazioni del gene RET offrendo un’importante opportunità terapeutica a pazienti con tumori nei quali l’alterazione RET rappresenta il principale driver di malattia.3 5 7

L’eterogeneità dei tumori RET e lo sviluppo di resistenze secondarie in corso di trattamento sottolinea l’importanza della conoscenza dei cambiamenti dinamici nel genotipo e nel fenotipo dei tumori RET positivi quale base razionale per l’ideazione di strategie terapeutiche sempre più efficaci. La risposta clinica nei pazienti NSCLC con doppia mutazione di EGFR/RET alla combinazione osimertinib/pralsetinib rappresenta un esempio della validità di tale approccio.8

Proprietà farmacodinamiche

Inibitori RET non selettivi

Cabozantinib (XL184, BMS-907351) è un inibitore multi-target (figura 3.1) che si lega ad alta affinità al VEGFR2 e a diversi altri bersagli, tra cui RET (tabella 3.1).7 9 In vitro, cabozantinib ha anche una debole attività inibitoria su RON e PDGFRβ con valori di IC50 circa 100 volte maggiori rispetto ai bersagli principali. Cabozantinib inibi-

(CYP3A4)
Altri

sce diversi meccanismi di attivazione dell’oncogene RET, tra cui le mutazioni M918T e Y791F. Inoltre, il farmaco inibisce la proliferazione delle cellule tumorali portatrici della mutazione attivante RET C634W, più spesso associata a MEN2A e MTC familiare. Cabozantinib riduce la capacità di formazione di colonie delle linee cellulari di fusione NCOA4- RET, causando una rapida regressione del tumore in modelli murini di xenotrapianto.2 Inoltre, l’analisi immunoistochimica dei tessuti tumorali dimostra che cabozantinib riduce i livelli di MET e RET fosforilati e, di conseguenza, la proliferazione e la vascolarizzazione del tumore.10

Vandetanib (ZD6474) è un potente inibitore di RET, VEGFR2/3, ed EGFR, con scarsa attività su PDGFRβ, Flt1, Tie-2 e FGFR1 (IC50 di 1,1-3,6 μM) e nessun effetto su MEK, CDK2, c-Kit, erbB2, FAK, PDK1, Akt e IGF-1R (IC50 >10 μM). Vandetanib induce apoptosi e autofagia aumentando i livelli intracellulari di specie reattive dell’ossigeno.

11 In vitro, vandetanib inibisce l’attività di RET sia in cellule con genotipo wild-type che in quelle con diverse forme mutate del recettore, ad eccezione delle mutazioni V804L e V804M (IC50 >50 volte rispetto a quelle sensibili). Mutazioni V804 che conferiscono resistenza a vandetanib si trovano nei portatori MEN2 (≈2-4% dei casi) e negli MTC sporadici. Vandetanib inibisce AKT e la fosforilazione di ERK in cellule di carcinoma del colon metastatico che esprimono la fusione NCOA4-RET.2 Negli studi preclinici, vandetanib mostra un’attività antitumorale ad ampio spettro inibendo il segnale mediato da VEGF, EGF e RET. L’effetto antitumorale di vandetanib, in vivo, è ascrivibile a un’azione antiangiogenica per inibizione del VEGFR e per effetti antiproliferativi causati dal blocco dell’attività di EGFR e RET.12 Nelle linee-guida NCCN (2022) vandetanib non viene considerato un’opzione terapeutica praticabile nei pazienti NSCLC con riarrangiamenti RET per la disponibilità di migliori alternative; 13 il farmaco rimane invece valido nella gestione farmacologica dei pazienti MTC.14

Tabella 3.1

Selettività dei RET inibitori e attività sulle forme mutate del recettore

Molecola

Selettività

Cabozantinib No

Vandetanib No

Lenvatinib No

Alterazioni RET sensibili Attività in vitro (IC50)

Fusioni (NCOA4), wild-type, M918T, Y791F, C634W

Fusioni (NCOA4), mutazioni varie (no V804L e V804M)

Altri bersagli

4 nM VEGFR2, c-Met, ROS1, Kit, Flt-1/3/4, Tie2, AXL

100 nM VEGFR2, EGFR

Fusioni (KIF5B, CCDC6, NCOA4) 6,4 nM VEGFR2/3, FGFR1-4, PDGFR, Kit

Selpercatinib Sì Fusioni, wild-type, V804M, V804L, A883F, M918T, S891A

Pralsetinib Sì Fusioni (CCDC6), wild-type, V804M, V804L, M918T

1-4 nM Nessuno

0,4 nM Nessuno

Lenvatinib (E7080) è un inibitore multi-target che agisce principalmente su VEGFR2/3 con IC50 di 4-5 nM, e su altri bersagli, tra cui RET.15 Lenvatinib inibisce l’autofosforilazione di KIF5B-RET, CCDC6-RET e NCOA4-RET in linee cellulari umane di carcinoma polmonare e tiroideo.2 L’effetto pleiotropico del farmaco è stato evidenziato in modelli preclinici in vivo di carcinoma della tiroide dove lenvatinib esercitava un’attività antitumorale attraverso l’inibizione dell’angiogenesi e delle vie di trasduzione del segnale FGFR e RET.16 Inoltre, l’inibizione della crescita tumorale indotta da lenvatinib in modelli in vivo di NSCLC è stata associata ad apoptosi e a soppressione del segnale mediato da AKT/NF-κB.17

Inibitori RET selettivi

Selpercatinib (LOXO-292, ARRY-192) è un potente inibitore con alta selettività per RET, approvato dall’FDA e dall’EMA per il trattamento del NSCLC e del carcinoma non midollare della tiroide con fusione RET e del carcinoma midollare della tiroide con mutazione RET. Studi di cristallografia a raggi X hanno dimostrato che l’elevata selettività di selpercatinib è dovuta alla capacità del farmaco di formare diversi legami con la proteina RET (figura 3.1). In vitro, selpercatinib inibisce la proliferazione in linee cellulari positive alla fusione RET o mutanti, con effetti scarsi (da 20 a 1.700 volte inferiori) su linee tumorali che non contengono alterazioni RET.7 9 Il meccanismo di inibizione consiste nel blocco dell’attività tirosin-chinasica di RET per competizione con l’ATP (tabella 3.1). Selpercatinib è attivo contro le mutazioni “gatekeeper” associate alla resistenza acquisita a vandetanib.18

Pralsetinib (BLU-667, CS 3009) è attivo sulle alterazioni più comuni (ad esempio, fusioni KIF5B-RET e CCDC6-RET) e sulle mutazioni “gatekeeper” associate alla resistenza al trattamento con inibitori multi-target non selettivi (tabella 3.1). La potente attività antitumorale in vitro è stata ampiamente dimostrata anche in vivo in modelli animali di xenotrapianto realizzati con cellule umane di NSCLC portatrici di mutazioni o fusioni RET. Studi effettuati su un ampio pannello di diversi target dimostrano che pralsetinib è almeno 100 volte più selettivo per RET rispetto al 96% delle chinasi saggiate. L’elevata selettività su RET rispetto a VEGFR2 riduce la probabilità di eventi avversi off-target riscontrati per inibitori RET non selettivi.9 18 19

Proprietà farmacocinetiche

Cabozantinib può essere somministrato per via orale in compresse da 60 mg, una volta al giorno. La concentrazione plasmatica di picco (Cmax) e l’area sotto la curva concentrazione plasmatica-tempo (AUC) di cabozantinib aumentano in proporzione alla dose somministrata. Dopo somministrazione ripetuta, l’emivita media di eliminazione (t1/2) è circa 91 ore e la clearance di 4 L/h. Lo stato stazionario (steady state) viene raggiunto dopo circa due settimane con accumulo del farmaco evidenziato da

un’esposizione (Cmax e AUC) 4-5 volte superiore rispetto al giorno 1.20 21 Cabozantinib subisce un esteso metabolismo epatico attraverso il sistema del citocromo P450 (principalmente CYP3A4) (figura 3.1) con un legame proteico >99%.22 Le evidenze di distribuzione del farmaco nel SNC correlano con il fatto che cabozantinib non è un substrato della P-gp, una caratteristica farmacologica che consente al farmaco di penetrare la barriera ematoencefalica ed agire anche sulle lesioni centrali.22 Vandetanib ha una farmacocinetica lineare nell’intervallo di dosi 50-1.200 mg. L’assorbimento per via orale (non influenzato dal cibo) avviene lentamente con picco plasmatico (Cmax) che si manifesta dopo circa 6 ore dalla somministrazione. Il farmaco si accumula (circa 8 volte) con somministrazioni ripetute e raggiunge lo stato stazionario dopo circa 2-3 mesi. Vandetanib si lega fortemente (92-94%) alle proteine plasmatiche, è convertito in vari metaboliti dal CYP3A4 (N-desmetil vandetanib), dalla monoossigenasi flavina-adenina-dinucleotide dipendente (vandetanib N-ossido), e dall’UGT (coniugato glucuronide), e viene escreto per via biliare e renale con un t1/2 di circa 10 giorni dopo la somministrazione di singole dosi per via orale.12 23 24 L’esposizione a vandetanib aumenta rispettivamente di circa il 46%, 62%, e 79% nei soggetti con compromissione della funzionalità renale di grado lieve, moderato e grave, mentre non viene alterata nei soggetti con compromissione della funzionalità epatica.23

Lenvatinib viene somministrato una volta al giorno per via orale a dosi variabili a seconda del tipo di tumore e del piano di trattamento. Ha una farmacocinetica lineare e, dopo assorbimento, si lega ampiamente alle proteine plasmatiche (98-99%), principalmente all’albumina. Il decadimento delle concentrazioni plasmatiche di lenvatinib è bi-esponenziale con una t1/2 di 28 ore. Lenvatinib è convertito in vari metaboliti nel fegato dal CYP3A4 (> 80%) ed è substrato dei trasportatori della membrana plasmatica ABC, quali la glicoproteina P (P-gp) e la proteina di resistenza del cancro alla mammella (BCRP). Lenvatinib viene escreto per via biliare e non è stato osservato accumulo con dosi ripetute.25

Selpercatinib, alla dose di 160 mg due volte al giorno, raggiunge lo stato stazionario dopo circa 7 giorni con un accumulo del farmaco di circa 3-4 volte, una Cmax e un AUC rispettivamente di 2.980 ng/ml e 51.600 ng·h/ml, e una Tmax di 2 ore. Dopo somministrazione bigiornaliera nell’intervallo di dosi 20-240 mg, l’AUC e la Cmax di selpercatinib aumentano in modo pressoché proporzionale. La biodisponibilità assoluta delle capsule di selpercatinib è del 73% nei volontari sani, senza alcuna influenza del cibo. Il farmaco ha una clearance apparente di 6 L/h nei pazienti e un t1/2 di 32 ore. Selpercatinib è principalmente metabolizzato dal CYP3A4 e si trova nel compartimento centrale prevalentemente nella forma immodificata. L’eliminazione avviene per via epatobiliare e renale (rapporto 3:1). L’aumento del peso corporeo può determinare un aumento del volume apparente di distribuzione e della clearance di selpercatinib, mentre non sono state osservate differenze clinicamente significative nella farmacocinetica di selpercatinib in base all’età, al sesso, o all’insufficienza renale lieve o moderata (non sono disponibili dati in pazienti con insufficienza renale grave). La presenza di compromissione epatica lieve, moderata e grave aumenta l’AUC di selper-

catinib rispettivamente del 7%, 32% e 77%, rispetto ai soggetti con funzionalità epatica normale.26

La dose raccomandata di pralsetinib negli adulti è 400 mg una volta al giorno; la T max oscilla tra 2 e 4 ore a digiuno, mentre la presenza di cibo (soprattutto una dieta ricca di grassi e ipercalorica) aumenta la Cmax e l’AUC rispettivamente del 104% e del 122% e ritarda la comparsa del picco plasmatico (Tmax di 4- 8,5 ore). Pralsetinib ha un ampio volume apparente di distribuzione (Vd di 228 L) ed è legato alle proteine plasmatiche per il 97%. L’emivita di eliminazione (t1/2) è circa 15 ore dopo una singola dose, e 20 ore dopo somministrazioni ripetute del farmaco. Pralsetinib è metabolizzato dal CYP3A4 e, in misura minore, dal CYP2D6, e dal CYP1A2, ed escreto prevalentemente per via epatobiliare (73%).27

Reazioni avverse

Gli eventi avversi di grado 3-4 più frequentemente riscontrati nei pazienti trattati con cabozantinib sono affaticamento, diarrea, diminuzione dell’appetito, ipertensione, eritrodisestesia palmo-plantare, e ipocalcemia con riduzioni di dose necessarie in più della metà dei pazienti trattati.28-30 Rischio di perforazione, fistola, ed emorragia sono eventi avversi potenzialmente fatali che hanno comportato una segnalazione “Black Box Warning” da parte di FDA.31

Gli eventi avversi riportati nei pazienti trattati con vandetanib (incidenza ≥20%) sono diarrea, rash cutaneo, nausea, ipertensione, affaticamento, cefalea, diminuzione dell’appetito, e acne. Quelli di grado ≥3 più comuni (incidenza >5%) comprendono diarrea, affaticamento, e ipertensione. La maggior parte della tossicità da vandetanib è gestibile secondo la normale pratica clinica o con riduzione della dose di farmaco. Vandetanib ha un rischio riconosciuto di prolungamento dell’intervallo QTc per inibizione del canale del potassio hERG (IC50 pari a 0,4 nM) con un “Black Box Warning” emesso da FDA per rischio di aritmie cardiache potenzialmente fatali e morte improvvisa.31 Altri eventi avversi significativi non comuni (incidenza <1%) includono polmonite interstiziale di grado 3-4, eventi cerebrovascolari ischemici, insufficienza cardiaca/cardiomiopatia e sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile.12

La maggior parte degli eventi avversi osservati con lenvatinib, tra cui ipertensione e proteinuria, sono effetti di classe noti anche per altri farmaci anti-VEGF. Anche diarrea e nausea, affaticamento o astenia, diminuzione dell’appetito e perdita di peso, ed eritrodisestesia palmo-plantare sono state osservate nei pazienti trattati con lenvatinib. Il prolungamento dell’intervallo QT causato da lenvatinib è stato riscontrato in pazienti con carcinoma della tiroide (qualsiasi grado: 8%; grado ≥3: 1,5%). La gestione clinica delle reazioni avverse comprende, a seconda della gravità, l’impiego di terapie di supporto, aggiustamenti di dose o sospensione della terapia.25 32

Le reazioni avverse più comuni nei pazienti trattati con selpercatinib includono secchezza delle fauci, diarrea, costipazione, ipertensione, affaticamento, edema, e

rash cutaneo. Quelle di grado 3 comprendono ipertensione, aumento delle transaminasi (AST/ALT), diarrea, astenia, prolungamento dell’intervallo QT e dispnea.26

Anemia, affaticamento, costipazione, dolore muscoloscheletrico, ipertensione, e aumento delle transaminasi (AST/ALT) sono eventi avversi comunemente riscontrati nei pazienti trattati con pralsetinib.33 In pazienti con NSCLC positivo alla fusione RET, sono stati osservate reazioni avverse di grado ≥3 tra cui neutropenia, ipertensione, e anemia.34

Interazione tra farmaci

Cabozantinib è metabolizzato dal CYP3A4 e la somministrazione concomitante di rifampicina si stima possa portare a una riduzione dell’AUC dell’antitumorale del 77%35 (figura 3.1). Cabozantinib è anche un potente inibitore di vari isoenzimi appartenenti alla famiglia UGT. Il farmaco esercita un blocco enzimatico non competitivo su UGT1A1 e 1A3 e competitivo su UGT1A7 e 1A9 con valori di Ki nell’intervallo micro-nanomolare. La co-somministrazione di cabozantinib alla dose di 60 o 140 mg/die può comportare un aumento di circa il 26-60% dell’esposizione sistemica di farmaci prevalentemente eliminati dall’UGT1A9, con un alto rischio di interazione clinicamente rilevante.36

Vandetanib è un substrato del CYP3A4 e il suo profilo farmacocinetico può essere influenzato da farmaci co-somministrati induttori o inibitori enzimatici (figura 3.1). Vandetanib è anche un moderato induttore del CYP3A4 (in vitro) e potrebbe influenzare, a sua volta, farmaci substrati dell’enzima con basso indice terapeutico, ad esempio immunosoppressori (ciclosporina e tacrolimus) e antitumorali (docetaxel e bortezomib). Da considerare con attenzione anche l’uso concomitante di farmaci substrati della P-gp e del trasportatore di cationi organici OCT2, che potrebbero subire modificazioni della loro farmacocinetica come conseguenza dall’effetto inibitorio (debole) esercitato da vandetanib.19 L’uso di vandetanib in combinazione con farmaci noti per prolungare l’intervallo QT (ad esempio ondansetron) non è raccomandato per l’aumentato rischio di aritmie potenzialmente fatali, soprattutto nei pazienti con squilibri elettrolitici.12

La co-somministrazione di induttori e inibitori enzimatici può influenzare l’attività del CYP3A4 e dei trasportatori ABC causando alterazioni nella farmacocinetica di lenvatinib (figura 3.1). La rifampicina, ad esempio, farmaco cardine nel trattamento della tubercolosi e delle infezioni da micobatteri atipici, nella chemioprofilassi della malattia meningococcica, e nella meningite da Haemophilus Influenzae, è un noto induttore del CYP3A4. L’inibizione della P-gp da parte di rifampicina in dose singola aumenta l’AUC e la C max di lenvatinib di circa il 30%, effetto che viene ridimensionato per somministrazioni ripetute rendendo, di fatto, l’interazione non clinicamente rilevante. L’antimicotico ketoconazolo è un potente inibitore del CYP3A4 e della P-gp. In uno studio di Fase 1 su volontari sani, la somministrazione di ketoconazolo per via

orale alla dose di 400 mg una volta al giorno per 18 giorni consecutivi causava solo un modesto aumento (15-19%) dell’esposizione sistemica a lenvatinib. Nel gruppo che riceveva sia lenvatinib che ketoconazolo, l’intervallo di confidenza al 90% dell’AUC era compreso nell’intervallo di bioequivalenza 80-125%, suggerendo che l’inibizione del CYP3A4 e/o della P-gp produce cambiamenti solo marginali e molto probabilmente non clinicamente rilevanti sulla farmacocinetica di lenvatinib. Cautela va posta nella co-somministrazione di farmaci con rischio riconosciuto di prolungamento dell’intervallo QT e nei pazienti in trattamento con diuretici tiazidici o dell’ansa per eventuali squilibri elettrolitici correlati.25

La co-somministrazione a digiuno di selpercatinib in pazienti trattati con omeprazolo comporta una diminuzione dell’AUC e della Cmax del farmaco antitumorale (effetto mitigato dalla presenza di cibo) (figura 3.1). A differenza degli inibitori di pompa protonica, la ranitidina non ha effetti clinicamente rilevanti sul profilo farmacocinetico di selpercatinib. AUC e Cmax di selpercatinib aumentano, rispettivamente, del 133% e del 30% con potenti inibitori del CYP3A4 (ad esempio itraconazolo) e del 6099% e 46-76% con inibitori moderati (ad esempio diltiazem, fluconazolo, verapamil).

Al contrario, la co-somministrazione di potenti induttori dello stesso isoenzima (ad esempio rifampicina) riduce l’AUC e la Cmax di selpercatinib, rispettivamente dell’87% e del 70%, aumento stimato essere del 40-70% e del 34-57% in presenza di induttori moderati (ad esempio bosentan, efavirenz) e del 33% e 26% con induttori deboli (ad esempio modafinil).26 Selpercatinib aumenta l’AUC e la Cmax di repaglinide del 188% e del 91% per inibizione del CYP2C8, e del midazolam, del 54 e del 39%. Il profilo farmacocinetico di selpercatinib non è influenzato in modo significativo quando il farmaco viene somministrato in concomitanza di una singola dose di rifampicina (inibitore della P-gp), e non sono state osservate alterazioni rilevanti nella glicemia in pazienti trattati con selpercatinib e metformina (substrato del trasportatore MATE1).26

Pralsetinib viene principalmente metabolizzato dal CYP3A4 e trasportato dalla P-gp e alcune evidenze dimostrano che induttori e inibitori del CYP3A4 e della P-gp possono alterarne il profilo farmacocinetico (figura 3.1). Itraconazolo aumenta la Cmax di pralsetinib dell’84% e l’AUC del 251%, perciò l’uso concomitante di potenti inibitori non è raccomandato o dovrebbe comportare un aggiustamento di dose di pralsetinib. Rifampicina (induttore di CYP3A4 e P-gp) riduce la Cmax di pralsetinib del 30% e l’AUC di circa il 70%, potendo compromettere (almeno teoricamente) l’efficacia dell’antitumorale.27 I risultati di un recente studio realizzato in vivo su topi geneticamente modificati indicano, però, che il CYP3A4 non sembra svolgere un ruolo sostanziale nella clearance metabolica del pralsetinib, per la presenza di uno o più sistemi di detossificazione alternativi al CYP3A4. Rimane, invece, preminente il ruolo della P-gp nell’assorbimento del farmaco.37La somministrazione di pralsetinib potrebbe alterare l’esposizione a farmaci substrati del CYP450 e/o dei vari trasportatori, con possibili conseguenze cliniche (ad esempio paclitaxel e warfarin).27 33

Meccanismi di resistenza

In clinica sono state riscontrate sia la resistenza de novo che la resistenza acquisita agli inibitori RET. La risposta agli inibitori RET non selettivi, come cabozantinib e vandetanib è generalmente bassa, sia per l’incompleta inibizione della chinasi che per la riduzione di dose necessaria per contenere reazioni avverse off-target.21 Nonostante la disponibilità di inibitori RET più potenti e selettivi, quali pralsetinib e selpercatinib, alcuni pazienti continuano a non rispondere adeguatamente al trattamento farmacologico. La copresenza di oncogeni driver nei tumori RET (mutazioni nei geni RAS, EGFR, e amplificazione del gene MET) permette di scavalcare il ruolo patogenetico dominante di RET rendendo gli inibitori selettivi inefficaci. A riprova di ciò, l’uso di un inibitore multichinasico, come crizotinib, in associazione a selpercatinib ha dimostrato, nei pazienti NSCLC con fusione RET e amplificazione MET, di essere un’utile strategia farmacologica per aggirare la resistenza acquisita alla sola terapia con selpercatinib.5

Mutazioni RET secondarie acquisite in corso di terapia con farmaci RET inibitori sono state evidenziate nei pazienti oncologici. I mutanti gatekeeper RET V804M/L rendono il tumore resistente a vandetanib, cabozantinib, e lenvatinib. Altre mutazioni resistenti agli inibitori RET non selettivi includono Y806, G810 e L730. Esperimenti preclinici hanno dimostrato che cellule tumorali con mutazioni RETL730V/I sono resistenti al pralsetinib ma rimangono sensibili al selpercatinib, suggerendo una possibile sequenza di trattamento nel paziente oncologico finalizzata al mantenimento dell’effetto terapeutico.

Anche mutazioni situate al di fuori della tasca di legame del farmaco nel dominio chinasico della proteina RET possono conferire resistenza agli inibitori RET [78]. Ad esempio, RETS904F è una mutazione secondaria riscontrata in un paziente con NSCLC RET-positivo resistente a vandetanib.5

Selpercatinib e pralsetinib eludono il meccanismo di resistenza associato a mutazioni gatekeeper nel gene RET, ma non quello associato ad altre mutazioni (in particolare G810). Studi di cristallografia hanno, ad esempio, dimostrato che le mutazioni Y806 e V738 sono coinvolte nel legame di questi farmaci con la proteina RET. La sostituzione della glicina con un amminoacido a catena laterale più voluminosa causa un impedimento sterico, compromettendo la capacità dell’inibitore selettivo di interagire con il suo bersaglio. Biopsie tissutali e plasmatiche da pazienti con NSCLC positivo alla fusione RET hanno dimostrato che alcuni di loro avevano acquisito mutazioni G810C/S durante il trattamento con selpercatinib, mentre altri sviluppavano l’amplificazione dei geni MET o KRAS in assenza di mutazioni di resistenza nel gene RET.5

BIBLIOGRAFIA

1. Takahashi M, Ritz J, Cooper GM. Activation of a novel human transforming gene, ret, by DNA rearrangement. Cell 1985; 42(2): 581-8.

2. Li AY, McCusker MG, Russo A, et al. RET fusions in solid tumors. Cancer Treat Rev 2019; 81: 101911.

3. Roskoski R Jr, SadeghiNejad A. Role of RET protein-tyrosine kinase inhibitors in the treatment RET-driven thyroid and lung cancers. Pharmacol Res 2018; 128: 1-17.

4. Salvatore D, Santoro M, Schlumberger M. The importance of the RET gene in thyroid cancer and therapeutic implications. Nat Rev Endocrinol 2021; 17(5): 296-306.

5. Thein KZ, Velcheti V, Mooers BHM, Wu J, Subbiah V. Precision therapy for RET-altered cancers with RET inhibitors. Trends Cancer 2021; 7(12): 1074-88.

6. Nacchio M, Pisapia P, Pepe F, et al. Predictive molecular pathology in metastatic thyroid cancer: the role of RET fusions. Expert Rev Endocrinol Metab 2022; 17(2): 167-78.

7. Subbiah V, Velcheti V, Tuch BB, et al. Selective RET kinase inhibition for patients with RET-altered cancers. Ann Oncol 2018; 29(8): 1869-76.

8. Zhao Z, Su C, Xiu W, et al. Response to pralsetinib observed in meningealmetastatic EGFR-mutant NSCLC with acquired RET fusion: a brief report. JTO Clin Res Rep 2022; 3(6): 100343.

9. Andrini E, Mosca M, Galvani L, et al. Non-smallcell lung cancer: how

to manage RET-positive disease. Drugs Context 2022; 11.

10. Bentzien F, Zuzow M, Heald N, et al. In vitro and in vivo activity of cabozantinib (XL184), an inhibitor of RET, MET, and VEGFR2, in a model of medullary thyroid cancer. Thyroid 2013; 23(12): 1569-77.

11. Morabito A, Piccirillo MC, Falasconi F, et al. Vandetanib (ZD6474), a dual inhibitor of vascular endothelial growth factor receptor (VEGFR) and epidermal growth factor receptor (EGFR) tyrosine kinases: current status and future directions. Oncologist 2009; 14(4): 378-90.

12. Frampton JE. Vandetanib: in medullary thyroid cancer. Drugs 2012; 72(10): 142336.

13. Ettinger DS, Wood DE, Aisner DL, et al. Non-Small Cell Lung Cancer, Version 3.2022, NCCN Clinical Practice Guidelines in Oncology. J Natl Compr Canc Netw 2022; 20(5): 497-530.

14. Kim M, Kim BH. Current guidelines for management of medullary thyroid carcinoma. Endocrinol Metab (Seoul) 2021; 36(3): 514-24.

15. Padda IS, Parmar M. Lenvatinib. StatPearls. Treasure Island (FL)2023.

16. Tohyama O, Matsui J, Kodama K, et al. Antitumor activity of lenvatinib (e7080): an angiogenesis inhibitor that targets multiple receptor tyrosine kinases in preclinical human thyroid cancer models. J Thyroid Res 2014; 2014: 638747.

17. Liu YC, Hsu FT, Chung JG, et al. Lenvatinib induces AKT/NF-kappaB inactivation, apoptosis signal transduction and growth inhibition of Nonsmall Cell Lung Cancer in vivo. Anticancer Res 2021; 41(6): 2867-74.

18. Roskoski R, Jr. Properties of FDA-approved small molecule protein kinase inhibitors: a 2021 update. Pharmacol Res 2021; 165: 105463.

19. Subbiah V, Gainor JF, Rahal R, et al. Precision targeted therapy with BLU-667 for RET-driven cancers. Cancer Discov 2018; 8(7): 836-49.

20. Kurzrock R, Sherman SI, Ball DW, et al. Activity of XL184 (cabozantinib), an oral tyrosine kinase inhibitor, in patients with medullary thyroid cancer. J Clin Oncol 2011; 29(19): 2660-6.

21. Fogli S, Tabbo F, Capuano A, et al. The expanding family of c-Met inhibitors in solid tumors: a comparative analysis of their pharmacologic and clinical differences. Crit Rev Oncol Hematol 2022; 172: 103602.

22. Schmidinger M, Danesi R. Management of adverse events associated with cabozantinib therapy in renal cell carcinoma. Oncologist 2018; 23(3): 306-15.

23. Weil A, Martin P, Smith R, et al. Pharmacokinetics of vandetanib in subjects with renal or hepatic impairment. Clin Pharmacokinet 2010; 49(9): 607-18.

24. Martin P, Oliver S, Kennedy SJ, et al. Pharmacokinetics of vandetanib: three phase I studies in healthy subjects. Clin Ther 2012; 34(1): 221-37.

25. Fogli S, Gianfilippo G, Cucchiara F, et al. Clinical pharmacology and drugdrug interactions of lenvatinib in thyroid cancer. Crit Rev Oncol Hematol 2021; 163: 103366.

26. Markham A. Selpercatinib: first approval. Drugs 2020; 80(11): 1119-24.

27. Ali F, Neha K, Chauhan G. Pralsetinib: chemical and therapeutic development with FDA authorization for the management of RET fusion-positive non-smallcell lung cancers. Arch Pharm Res 2022; 45(5): 309-27.

28. Schoffski P, Gordon M, Smith DC, et al. Phase II randomised discontinuation trial of cabozantinib in patients with advanced solid tumours. Eur J Cancer 2017; 86: 296-304.

29. Hellerstedt BA, Vogelzang NJ, Kluger HM, et al. Results of a phase ii placebocontrolled randomized discontinuation trial of

cabozantinib in patients with Non-small-cell Lung Carcinoma. Clin Lung Cancer 2019; 20(2): 74-81 e1.

30. Schlumberger M, Elisei R, Muller S, et al. Overall survival analysis of EXAM, a phase III trial of cabozantinib in patients with radiographically progressive medullary thyroid carcinoma. Ann Oncol 2017; 28(11): 2813-9.

31. Jeong W, Doroshow JH, Kummar S. United States Food and Drug Administration approved oral kinase inhibitors for the treatment of malignancies. Curr Probl Cancer 2013; 37(3): 110-44.

32. Cabanillas ME, Takahashi S. Managing the adverse events associated with lenvatinib therapy in radioiodine-refractory differentiated thyroid cancer. Semin Oncol 2019; 46(1): 57-64.

33. Markham A. Pralsetinib: first approval. Drugs 2020; 80(17): 1865-70.

34. Gainor JF, Curigliano G, Kim DW, et al. Pralsetinib for RET fusion-positive non-small-cell lung cancer (ARROW): a multi-cohort, open-label, phase 1/2 study. Lancet Oncol 2021; 22(7): 959-69.

35. Gerner B, Scherf-Clavel O. Physiologically based pharmacokinetic modelling of cabozantinib to simulate enterohepatic recirculation, drug-drug interaction with rifampin and liver impairment. Pharmaceutics 2021; 13(6).

36. Wang Z, Jiang L, Wang X, et al. Cabozantinib carries the risk of drug-drug interactions via inhibition of UDPglucuronosyltransferase (UGT) 1A9. Curr Drug Metab 2022; 23(11): 912-9.

37. Wang Y, Sparidans RW, Potters S, Lebre MC, Beijnen JH, Schinkel AH. ABCB1 and ABCG2, but not CYP3A4 limit oral availability and brain accumulation of the RET inhibitor pralsetinib. Pharmacol Res 2021; 172: 105850.

4. Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone

Introduzione

Il gene di fusione RET è presente nell’1-2% dei casi di tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC)1 e sembra essere mutualmente esclusivo con altre alterazioni geniche. Nei pazienti positivi per la fusione di RET con NSCLC in stadio avanzato si ha un’alta incidenza di metastasi cerebrali (46%).2 In passato diversi farmaci non selettivi per RET sono stati studiati come inibitori di RET, compresi gli inibitori multichinasici, con tassi di risposta modesti.3

La svolta nel trattamento dell’NSCLC RET positivo si è avuta grazie alla nuova generazione di inibitori di RET selettivi somministrati per via orale, e in particolare con il selpercatinib e il pralsetinib, grazie a studi di fase 1/2 non di confronto con altre strategie terapeutiche che sono stati approvati dalla FDA negli USA4 5con indicazione per i pazienti adulti con NSCLC avanzato RET positivo e dall’EMA in Europa.6 7 Selpercatinib è stato approvato anche per i pazienti con malattia localmente avanzata NSCLC RET positiva.

Selpercatinib nel NSCLC in stadio avanzato

L’efficacia di selpercatinib nei NSCLC RET positivi è stata dimostrata nello studio multicoorte, in aperto, di fase 1/2 LIBRETTO-0018 9 e supportata da ulteriori dati clinici prospettici di uno studio di fase 2 più piccolo in pazienti cinesi (LIBRETTO-321)10 e da dati retrospettivi di pratica clinica (SIREN).11

Nello studio LIBRETTO-001 sono stati reclutati 702 pazienti RET positivi in diverse coorti. Nella fase 1 dello studio si è incrementata la dose del farmaco e sono stati arruolati pazienti con tumori solidi avanzati che erano progrediti o erano intolleranti al precedente trattamento o non avevano alcuna opzione standard di terapia. Nella fase 2, i pazienti nella coorte del NSCLC potevano aver ricevuto chemioterapia a

base di platino (o altra chemioterapia anche non a base di platino), immunoterapia anti-PD-1/anti-PD-L1 o entrambi. Tutti i pazienti hanno ricevuto selpercatinib alla dose raccomandata di 160 mg due volte al giorno, fino alla progressione della malattia, al decesso o sino a tossicità inaccettabile. L’endpoint primario era il tasso di risposta obiettiva (ORR), determinato da un comitato di revisione indipendente in cieco (IRC). L’analisi di efficacia primaria comprendeva i primi 105 pazienti sia della fase 1 che della fase 2 che avevano ricevuto almeno una linea di chemioterapia e una dose di selpercatinib. I primi 39 pazienti che non avevano precedentemente ricevuto terapia sistemica sono stati inclusi in un’analisi supplementare.8

Nei pazienti precedentemente trattati, selpercatinib ha avuto un ORR valutato dall’IRC del 64% con un 2% di risposte complete (RC) e un 62% di risposte parziali (RP), la malattia stabile (MS) è stata osservata nel 29% dei pazienti, mentre solo il 4% era in progressione di malattia (PM) alla prima rivalutazione. Le risposte a selpercatinib erano durevoli nel tempo con un 63% di risposte che erano ancora in corso a un follow-up mediano di 12,1 mesi. Il tempo mediano alla risposta è stato di 1,8 mesi. L’importante risultato della risposta è supportato dalla sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 16,5 mesi con un tasso di pazienti non progrediti a 1 anno del 66%.8 La durata della risposta (DR) mediana era di 17,5 mesi. In 40 pazienti asiatici l’ORR (60%) era coerente con quello della popolazione complessiva.12

Nei pazienti mai trattati, selpercatinib ha ottenuto un ORR valutato dall’IRC dell’85% ed erano tutte RP. Nella prima analisi né la DR mediana né la PFS mediana erano state raggiunte, con il 90% di risposte in corso a sei mesi8 (tabella 4.1).

In una successiva analisi dello stesso studio9 un numero più ampio di pazienti è stato valutato in particolare: 69 che non avevano ricevuto un precedente trattamento e 247 pretrattati con chemioterapia a base di platino. Nei pazienti senza precedenti trattamenti, l’ORR è stato dell’84%, il 6% ha ottenuto una RC. La DR mediana era di 20,2 mesi con il 40% delle risposte ancora in corso. La PFS mediana era di 22 mesi, il 35% dei pazienti erano vivi e liberi da progressione. La stima dei pazienti vivi e liberi da progressione a 1 e 2 anni era rispettivamente del 70,6% e 41,6%. Al follow-up mediano

Tabella 4.1

Efficacia di selpercatinib nei pazienti con NSCLC in stadio avanzato RET positivi nello studio di fase 1/2 LIBRETTO-001

Endpoint

Prima analisi

Pretrattati (n=105)

Mai trattati (n=39)

Seconda analisi

Pretrattati (n=247)

Mai trattati (n=69)

Legenda: ORR: tasso di risposta; mDoR: durata della risposta mediana; mPFS: sopravvivenza libera da progressione mediana

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 39

di 25,2 mesi, la sopravvivenza (OS) mediana non era ancora raggiunta. Al momento dell’analisi dei dati, il 46% dei pazienti era in trattamento con selpercatinib, incluso il 7% che ha ricevuto il trattamento oltre la progressione. Complessivamente, il 32% dei pazienti ha ricevuto selpercatinib oltre la progressione della malattia sulla base del beneficio clinico valutato dallo sperimentatore con approvazione dello sponsor.

Nei pazienti pretrattati con chemioterapia a base di platino, l’ORR è stato del 61%, il 7% ha ottenuto RC. La DR mediana era di 28,6 mesi con il 49% delle risposte in corso. La PFS mediana era di 24,9 mesi, il 38% dei pazienti era vivo e senza progressione. La stima dei pazienti che erano vivi e liberi da progressione a 1 e 2 anni era rispettivamente del 70,5% e del 51,4%. A una mediana follow-up di 26,4 mesi, la OS mediana non era ancora raggiunta. I pazienti vivi a 2 anni erano il 69%. La durata mediana del trattamento è stata di 24,9 mesi. Al momento dell’analisi dei dati il 47% dei pazienti è rimasto in trattamento con selpercatinib compreso l’11% che è rimasto in trattamento oltre la progressione. Complessivamente, il 35% dei pazienti ha ricevuto selpercatinib oltre la progressione con l’approvazione dello sponsor (tabella 4.1).

Rilevanti sono anche i risultati di efficacia sulle metastasi encefaliche ottenuti con selpercatinib nello studio clinico LIBRETTO-001.13 Ottanta pazienti presentavano metastasi cerebrali, di cui 22 con almeno una lesione intracranica misurabile e 58 presentavano esclusivamente lesioni intracraniche non misurabili alla valutazione basale. L’ORR intracranico è stato dell’82% con un 23% di RC, il 59% con una RP e il 18% con MS come migliore risposta. Tenuto conto della risposta o della stabilizzazione della malattia, il tasso di controllo della malattia intracranica è stato del 100%. Nell’ultima analisi pubblicata, in 26 pazienti con metastasi del sistema nervoso centrale (SNC) al basale misurabili, l’ORR intracranico era dell’85% con il 27% di RC.

Gli eventi avversi correlati a selpercatinib sono simili nelle varie analisi. Nell’ultima analisi in una popolazione globale di 796 pazienti con diverse neoplasie, il follow-up era maggiore rispetto all’analisi precedente con un raddoppio del tempo totale di esposizione dal cut-off dei dati utilizzato nel report precedente (16.098 mesi contro 8.692 mesi). Gli eventi avversi di grado 3 o superiori più frequenti sono stati: ipertensione (19,7%), aumento dell’ALT (11,4%), aumento dell’AST (8,8%), diarrea (5,0%) e allungamento del tratto QT all’elettrocardiogramma (4,8%). Gli eventi avversi gravi insorti durante il trattamento si sono verificati nel 44% dei pazienti, di cui l’11% dovuto a selpercatinib. La polmonite (4%) era l’evento avverso serio (SAE) più comune e l’ipersensibilità al farmaco (1%) è stato il più comune SAE correlato al trattamento. C’è stato anche un evento avverso fatale considerato dallo sperimentatore dovuto a selpercatinib in un paziente con neoplasia midollare della tiroide che è deceduto a causa di un’insufficienza respiratoria acuta. Le riduzioni della dose si sono verificate nel 41% dei pazienti. In totale, 64 pazienti su 796 (8%) hanno interrotto il trattamento a causa di eventi avversi, con 25 casi (3%) considerati dallo sperimentatore correlati a selpercatinib.

In un’analisi preliminare dello studio LIBRETTO-001 è stata valutata la qualità di vita dei pazienti mediante un questionario dell’EORTC (QLQ-C30) versione 3.0 al basale (ciclo 1, giorno 1) e ogni due cicli di 28 giorni fino al 13° ciclo e successivamente

ogni 12 settimane.14 Tra i 253 pazienti con NSCLC trattati con selpercatinib, 239 sono stati classificati in sottogruppi in base alla terapia precedente: mai trattati (n=39), una linea di terapia precedente (n=64) o due o più linee di terapia precedenti (n=136). Il questionario QLQ-C30 è stato completato da più dell’85% dei pazienti. La maggior parte dei pazienti, in generale e in ciascun sottogruppo, ha mantenuto o migliorato in tutti i domini la qualità della vita durante il trattamento. La percentuale di pazienti che hanno ottenuto miglioramenti clinicamente significativi variava dal 61,1% al 66,7% per lo stato di salute globale, dal 33,3% al 61,1% per la dispnea e dal 46,2% al 63,0% per il dolore. Il 61,1% dei pazienti con miglioramento della dispnea aveva ricevuto due o più linee di terapia precedenti; il tempo mediano al primo miglioramento è stato di 3,4 mesi. Alla prima valutazione post basale (ciclo 3), il 45,9% di tutti i pazienti ha riportato una riduzione del dolore ≥10 punti. Da questa analisi ad interim si è quindi dimostrato un miglioramento della qualità di vita durante il trattamento con selpercatinib nella maggior parte dei pazienti.

Altre evidenze sull’efficacia di selpercatinib nel trattamento dei NSCLC in stadio avanzato RET positivi giungono da uno studio cinese (LIBRETTO-321)10 e da uno studio di pratica clinica (SIREN).11

Nello studio cinese LIBRETTO-32110 l’endpoint primario era l’ORR e secondariamente la DR, la risposta a livello del SNC e la sicurezza. Dei 77 pazienti arruolati, 47 avevano NSCLC RET positivo. Dopo 9,7 mesi di follow-up mediano, l’ORR è stato del 69,2% con il 94,4% delle risposte ancora in corso al momento dell’analisi. L’ORR è stato dell’87,5% in pazienti mai trattati e del 61,1% in pazienti pre-trattati. Tra i 5 pazienti con metastasi al SNC misurabili, 4 (80%) hanno ottenuto una risposta intracranica. La maggior parte degli eventi avversi dal trattamento era di grado 1 o 2. L’evento avverso di grado ≥3 più comune era l’ipertensione arteriosa (19,5%).10

Nello studio SIREN,11 che ha arruolato pazienti della pratica clinica progrediti alla terapia standard e non candidabili ad altri trattamenti, sono stati trattati 50 pazienti con età mediana di 65 anni, il 28% aveva un performance status ECOG ≥2. Il 76% dei pazienti aveva ricevuto una mediana di tre terapie precedenti tra cui: chemioterapia a base di platino (81%), immunoterapia anti-PD-1 o anti-PD-L1 (68%) e il 32% aveva ricevuto inibitori chinasici, solo 13 pazienti (26%) non erano mai stati trattati. Complessivamente si è ottenuto un ORR del 68% (8% di RC, 60% di RP, 24% di MS e solo il 4% di PM) con un tasso di controllo della malattia del 92%. L’ORR in pazienti pretrattati era del 68%, simile a quello dei pazienti mai trattati con un tempo mediano alla risposta di 2,6 mesi complessivi. La DR mediana non è stata raggiunta mentre la PFS mediana era di 15,6 mesi (12,2 mesi nei pazienti pre-trattati). L’ORR seppur in soli 8 pazienti valutabili era del 100%.11

Selpercatinib ha dimostrato una notevole efficacia e un ottimo profilo di sicurezza che si è mantenuto nell’ultima analisi con un follow-up più lungo e con ulteriori pazienti arruolati. I risultati dello studio LIBRETTO-001 continueranno a maturare e saranno integrati dai risultati dello studio di fase III LIBRETTO-431 attualmente in corso, che valuterà la PFS di selpercatinib rispetto a chemioterapia a base di platino, pemetrexed

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 41

e pembrolizumab nei pazienti mai trattati con fusione RET positiva (ClinicalTrials.gov: NCT04194944).15 LIBRETTO-431 è disegnato per esplorare la capacità di selpercatinib di trattare non solo le metastasi esistenti al SNC ma anche per prevenirne o ritardarne l’insorgenza di nuove. Al momento della pubblicazione di questo volume una press release ha annunciato il raggiungimento dell’endponit primario dello studio in PFS.

Pralsetinib nel NSCLC in stadio avanzato

Pralsetinib è uno dei due inibitori di RET selettivi di prima generazione, che è stato sviluppato nello studio di fase 1/2 ARROW. Lo studio ha incluso una parte di incremento della dose nella fase 1 per determinare la dose massima tollerata (MTD) e la dose raccomandata per la fase 2, che è risultata di 400 mg/die per os, seguito da una parte di espansione di fase 2 per valutare l’efficacia clinica del pralsetinib in specifici tipi di tumore. Nella fase 1 sono stati arruolati pazienti RET positivi, inclusi NSCLC ma anche i carcinomi midollari della tiroide e altre neoplasie. I pazienti con NSCLC in stadio avanzato RET positivi valutabili nella prima analisi erano 114. In 27 pazienti mai trattati in precedenza l’ORR con pralsetinib era del 70% con 11% di RC e una DR mediana di 9 mesi. Il tempo mediano alla risposta è stato di 1,8 mesi. La PFS mediana era di 9,1 mesi. La mediana di sopravvivenza non era stata raggiunta (tabella 4.2).

Tra gli 87 pazienti precedentemente trattati con chemioterapia a base di platino, l’ORR è stato del 61% con il 6% di RC, la DR mediana non era stata raggiunta al momento dell’analisi. La PFS mediana era di 17,1 mesi. Una riduzione delle dimensioni delle metastasi cerebrali è stata osservata in tutti i nove pazienti con lesioni intracraniche misurabili con un RP del 56% comprese tre RC. La durata mediana della risposta intracranica non è stata raggiunta. In un’analisi post hoc su 37 pazienti con metastasi al SNC e precedentemente trattati con chemioterapia a base di platino, l’ORR era del 51%.

Reazioni avverse gravi si sono verificate nel 45% dei pazienti. Gli eventi avversi di grado 3-4 verificatisi in almeno il 2% includevano ipertensione (14%), polmonite (8%), diarrea (3%) e astenia (2%). Eventi avversi fatali si sono verificati nel 5% dei pa-

Tabella 4.2

Efficacia di pralsetinib nei pazienti con NSCLC in stadio avanzato RET positivi nello studio di fase 1/2 ARROW

Endpoint

Prima analisi

Pretrattati (n=87) Mai trattati (n=27)

Seconda analisi

Pretrattati (n=158) Mai trattati (n=75)

(mesi)

(mesi)

Legenda: ORR: tasso di risposta; mDoR: durata della risposta mediana; mPFS: sopravvivenza libera da progressione mediana

zienti dovuti a polmonite e sepsi. Pralsetinib ha mostrato attività anche tra i pazienti con metastasi cerebrali.16

In un successivo aggiornamento dello studio, che include un maggior numero di pazienti, 281 erano i casi di NSCLC RET positivi, l’ORR era del 72% per i pazienti che non avevano ricevuto un precedente trattamento e il 59% per i pazienti trattati con precedente chemioterapia a base di platino; la durata mediana della risposta non è stata raggiunta per i pazienti precedentemente trattati ed è di 22,3 mesi per i pazienti con precedente chemioterapia a base di platino. La riduzione del tumore è stata osservata sia in tutti i pazienti precedentemente trattati, sia nel 97% dei pazienti con precedente chemioterapia a base di platino; la PFS mediana era rispettivamente di 13 e 16,5 mesi. Nei pazienti con metastasi encefaliche misurabili che avevano ricevuto un precedente trattamento sistemico, l’ORR intracranico era del 70%. Gli eventi avversi correlati al trattamento di grado 3-4 sono stati: neutropenia (18%), ipertensione (10%), aumento della creatina fosfochinasi (9%) e linfopenia (9%). Complessivamente, il 7% ha interrotto a causa di eventi avversi.17

In uno studio nella pratica clinica condotto in Italia, 62 pazienti con NSCLC RET positivi hanno ricevuto pralsetinib in 20 centri italiani. Il sequenziamento di nuova generazione (NGS) è stato utilizzato per rilevare alterazioni RET in 44 pazienti (73%) e il partner di fusione genica individuato più di frequente era KIF5B (75%). Il 29,5% dei pazienti aveva metastasi cerebrali al momento del trattamento con pralsetinib, 13 pazienti erano mai trattati (non idonei alla chemioterapia), 48 erano pre-trattati. L’ORR è stato del 66% nei pazienti valutabili per la risposta (n=59). Dopo un follow-up mediano di 10,1 mesi, la PFS mediana era 8,9 mesi. Nei pazienti con metastasi cerebrali misurabili (n=6) l’ORR intracranico era l’83%. Complessivamente, l’83,6% dei pazienti ha manifestato eventi avversi di qualsiasi grado correlati al trattamento, il 39% di grado 3 o superiore. I più comuni eventi avversi di grado 3 sono stati: neutropenia (9,8%), secchezza delle fauci/mucosite orale (8,2%) e trombocitopenia (6,6%). Sette pazienti (12%) hanno interrotto pralsetinib a causa della tossicità, 26 hanno avuto almeno una modifica del livello di dose a causa di eventi avversi. Sono stati osservati due decessi correlati al trattamento (1 sepsi, 1 tiflite).18

Gli inibitori multitarget non selettivi

Prima degli inibitori di RET selettivi erano stati studiati inibitori RET multitarget quali: cabozantinib, vandetanib, alectinib e sunitinib. Questi farmaci sono approvati da FDA ed EMA per altre indicazioni, ma sono in generale significativamente meno potenti degli inibitori di RET selpercatinib e pralsetinib. Ad esempio, in uno studio di fase 2 con cabozantinib che includeva 25 pazienti valutabili, tutti affetti da NSCLC in stadio avanzato RET-positivi, il trattamento con cabozantinib 60 mg/die ha portato a risposte parziali in sette (28%) e a MS in 9 (36%) pazienti. Con un follow-up mediano di 8,9 mesi, la PFS mediana era di 5,5 mesi e la OS mediana era di 9,9 mesi.19

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 43

Vandetanib è un inibitore di VEGFR-2, RET ed EGFR. In 19 pazienti con NSCLC RET positivi che sono stati trattati con vandetanib nello studio di fase 2 LURET,20 l’ORR è stato del 47%, la PFS mediana è stata di 6,5 mesi, la OS mediana era di 13,5 mesi e a 12 mesi era vivo il 52,6% dei pazienti. Un’analisi post hoc ha dimostrato che i pazienti trattati con vandetanib con la fusione CCDC6-RET avevano PFS e OS più lunghe rispetto a quelli con la fusione KIF5B di RET. Risultati sostanzialmente simili a quelli del LURET sono stati riportati in altri studi di fase 1 o 2 con vandetanib (con o senza everolimus).21 22 Gli eventi avversi più comuni correlati al trattamento con vandetanib di grado ≥3 nello studio LURET erano ipertensione (68,4%), rash acneiforme (15,8%), diarrea (10,5%) e allungamento dell’intervallo QT (10,5%); 4 pazienti su 19 (21%) hanno interrotto la terapia a causa di eventi avversi.20

In uno studio di registro retrospettivo su 165 pazienti NSCLC RET positivi (GLORY), la maggior parte dei pazienti era composta da non fumatori (63%) e KIF5B era il partner di fusione di RET più comune, i tassi di risposta a cabozantinib, vandetanib e sunitinib sono stati rispettivamente del 37%, 18% e 22%.23 La PFS mediana era di 3,6, 2,9 e 2,2 mesi e la OS mediana era rispettivamente di 4,9, 10,2 e 6,8 mesi. Nello stesso registro, tra i 108 pazienti trattati con chemioterapia, l’ORR era del 52%, e la PFS e OS mediane erano 6,6 e 23,6 mesi, rispettivamente.

Lenvatinib ha attività contro VEGFR1-3, FGFR 1-4, RET e altri bersagli. In 25 pazienti trattati con lenvatinib, in uno studio multicentrico di fase 2 in aperto in Giappone, l’ORR è stato del 16% e la PFS mediana di 7,3 mesi. La OS a 12 mesi era 40% e 67% per i pazienti rispettivamente con le fusioni di RET KIF5B o CCDC6 e la PFS mediana era 3,6 e 9,1 mesi, rispettivamente. Sono stati segnalati tre eventi avversi fatali, incluso uno considerato correlato al trattamento. L’interruzione di lenvatinib è stata riportata in 6 pazienti su 25 (24%) a causa di eventi avversi del trattamento.24

L’alectinib ha mostrato un’attività limitata in uno studio di fase 1/2 giapponese che è stato interrotto anticipatamente a causa del basso reclutamento. Tra i 25 pazienti mai trattati con inibitori di RET, l’ORR è stato del 4%, con una PFS e una OS mediane rispettivamente di 3,4 e 19,0 mesi.25

Uno studio esplorativo di fase 1/1b ha esaminato l’efficacia del farmaco RXDX-105, che è noto avere un’attività inibitoria contro RET wild-type, nonché contro proteine mutanti selezionate (ad esempio RETM918T) e oncoproteine chimeriche generate dalle fusioni di RET (KIF5B-RET, CCDC6-RET, NCOA4-RET e PRKAR1A-RET). Sebbene una risposta obiettiva sia stata riportata in sei dei 31 pazienti (ORR 19%) con NSCLC RET positivo, l’ORR variava significativamente a seconda del partner di fusione genica (0% con il partner KIF5B contro il 67% con partner non KIF5B). Gli eventi avversi di grado ≥3 più frequentemente riportati sono stati affaticamento, diarrea e ipofosfatemia. Lo sviluppo di RXDX-105 è stato interrotto26(tabella 4.3).

È stato ipotizzato che la ridotta efficacia degli inibitori multichinasici sia dovuta alla dose somministrabile a causa degli eventi avversi che potrebbe limitarne l’efficacia. Inoltre, l’efficacia degli inibitori della multichinasi può essere ridotta da mutazioni “gatekeeper” di RET, che portano alla resistenza al farmaco.

Tabella 4.3

Efficacia e tossicità degli inibitori di RET multitarget non selettivi

Farmaco e Studio Numero pazienti Efficacia Tossicità (CTCAE grado≥3)

Cabozantinib

NCT01639508 26

ORR=28%

mPFS=5,5 mesi

mOS=9,9 mesi

Vandetanib

LURET 19 ORR=47,4%

mPFS=6,5 mesi

mOS=13,5 mesi

NCT01823068 18 ORR=18%

mPFS=4,5 mesi

mOS=11,6 mesi

NCT015821191

mPFS=4,4 mesi

Lenvatinib

NCT018770083 25 ORR=16%(25mai trattati)

mPFS=7,3 mesi

mOS=NR

Alectinib

ALL-RET 34

RXDX-105

NCT01877811 31 mai trattati 9 pre-trattati

ORR=4%

mPFS=3,4 mesi

mOS=19 mesi

ORR (mai trattati)=19%

ORR (pre-trattati)=0%

Aumento lipasi=15%

Aumento ALT=8%

Aumento AST=8%

Trombocitopenia=8%

Ipofosfatemia=8%

Ipertensione=68,4%

Rash acneiforme=15,8%

Diarrea=10,5%

Allungamento QT=10,5%

Ipertensione=16,6%

Allungamento QT=11,1%

Aumento transaminasi=5,5%

Diarrea=21%

Trombocitopenia=16%

Rash acneiforme=5%

Allungamento QT=5%

Ipertensione=68%

Nausea=60%

Iporessia=52%

Diarrea=52%

Proteinuria=48%

Polmonite=4%

Iponatremia=4%

Neutropenia=4%

Aumento bilirubina=4%

Aumento CPK=4%

Astenia=25%

Diarrea=24%

Ipofosfatemia=18%

Rashacneiforme=18%

Rash non-acneiforme=17%

Nausea=15%

Aumento ALT=14%

Aumento AST=13%

Iporessia=11%

Vomito=10%

Legenda: ORR: tasso di risposta; mPFS: sopravvivenza libera da progressione mediana; mOS: sopravvivenza mediana

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 45

Ruolo della chemioterapia e dell’immunoterapia

nei NSCLC in stadio avanzato RET positivi

Chemioterapia a base di pemetrexed

I risultati di diversi studi di pratica clinica indicano che i pazienti con NSCLC RET positivi sono sensibili al pemetrexed, che sembra quindi essere la scelta ottimale come chemioterapia citotossica. In un’analisi retrospettiva di 104 pazienti, la PFS mediana con terapia a base di pemetrexed è stata significativamente migliore nei pazienti RET positivi con un ORR del 45% rispetto a quelli con la mutazione di KRAS.27 Uno studio cinese ha invece evidenziato come la PFS era significativamente migliorata con regimi a base di pemetrexed rispetto a quelli senza, come terapia di prima o seconda linea.28 I risultati ottenuti con la chemioterapia a base di pemetrexed sembrano migliori rispetto ai risultati ottenuti con cabozantinib, vandetanib o immunoterapia.29

Inibitori del check-point

immunitario

Diversi studi hanno evidenziato che i NSCLC RET positivi hanno una bassa espressione di PD-L1 e un basso carico mutazionale. Ciò suggerisce che questi tumori potrebbero essere poco responsivi all’immunoterapia e potrebbe parzialmente spiegare gli scarsi risultati osservati nei pazienti RET positivi trattati con gli anti-PD-1/PD-L1.30 31 Nei pazienti con NSCLC avanzato RET positivo, in cui quelli con espressione di PD-L1 >50% hanno ricevuto pembrolizumab in prima linea e quelli con PD-L1 <50% hanno ricevuto chemioterapia, la PFS è stata significativamente più breve con il trattamento immunoterapico (2,9 vs. 18,5 mesi).32 Nello studio IMMUNOTARGET nella pratica clinica, la PFS mediana era simile per i pazienti con NSCLC RET positivi trattati con anti-PD1/PD-L1 rispetto all’intera popolazione (2,1 mesi vs 2,8 mesi) la differenza nell’OS non era statisticamente significativa.33 Altre analisi retrospettive in pazienti con tumori NSCLC RET positivi hanno dimostrato modesti valori di PFS mediana con immunoterapia anche nei pazienti con neoplasie che esprimevano un’elevata espressione di PD-L1, con OS simile ai pazienti non trattati.28 34

Meccanismi di resistenza agli inibitori di RET

Resistenza primaria

In uno studio retrospettivo l’attivazione del gene MET è risultata essere un bersaglio che media la resistenza alla terapia con selpercatinib. Sono stati studiati quattro pazienti che hanno avuto un breve beneficio dalla terapia con selpercatinib che è quindi proseguita aggiungendo crizotinib, inibitore di MET/ALK/ROS1. La terapia di combinazione ha consentito di avere una risposta più prolungata. In particolare, in tre dei quattro casi, l’amplificazione di MET era presente prima della terapia con selper-

catinib indicando una resistenza tumorale intrinseca.35 L’amplificazione MET è stata osservata nel 15% di 23 tumori e biopsie liquide da pazienti con NSCLC RET positivo trattati con pralsetinib o selpercatinib.36

La PFS mediana e la durata della terapia erano 6,3 e 7,2 mesi, rispettivamente, più brevi di quanto riportato dagli studi di fase 1/2 di selpercatinib e pralsetinib. In un’analisi retrospettiva dei dati NGS di 95 pazienti con NSCLC RET positivo trattati con un inibitore di RET, la resistenza primaria (progressione della malattia entro 6 mesi) si è verificata nel 23% dei pazienti, le mutazioni di KRAS e SMARCA4 sono state identificate nei pazienti con scarsa risposta, suggerendo un ruolo di queste co-mutazioni nella resistenza primaria.37

Resistenza secondaria

Nella resistenza secondaria compaiono in un certo numero di casi mutazioni che causano resistenza ai farmaci tirosinchinasici e possono essere attribuite a cambiamenti che si verificano nel residuo “gatekeeper” situato nella regione di cerniera della chinasi. Questi cambiamenti impediscono direttamente o riducono l’interazione con la molecola inibitrice.38

Al contrario, per i farmaci inibitori selettivi di RET, studi cristallografici sulla struttura dei complessi RET-chinasi-selpercatinib e RET-chinasi-pralsetinib hanno mostrato che entrambi i farmaci legano una parte terminale nella porzione anteriore della tasca che ospita il farmaco; questa nuova modalità è responsabile del loro legame ad alta affinità e della loro capacità di evitare l’interruzione dovuta alle mutazioni dei geni oncosoppressori. Tuttavia, restano vulnerabili a mutazioni di geni non oncosoppressori, come quelle che risiedono nella tasca legante l’adenosina trifosfato nella regione catalitica del dominio della chinasi.36

L’amplificazione di MET può anche essere un meccanismo di resistenza secondario agli inibitori di RET. L’amplificazione di MET è stata identificata nelle biopsie di tessuto o nel plasma di pazienti resistenti al trattamento con selpercatinib o pralsetinib. Per prevenire l’insorgenza di cloni cellulari resistenti agli inibitori di RET potrebbero essere utili combinazioni di più farmaci cercando di individuare i pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente di alcune di queste combinazioni.

RET come meccanismo di resistenza ad altri driver oncogenici

I farmaci inibitori selettivi di RET possono avere un ruolo nei pazienti con altre alterazioni geniche e i cui tumori diventano resistenti ai farmaci a bersaglio molecolare specifici; ne è un esempio la resistenza agli inibitori di EGFR. In uno studio, 14 pazienti EGFR mutati a progressione dopo osimertinib risultati RET positivi alla biopsia tissutale o liquida hanno ricevuto terapia con selpercatinib in combinazione con osimertinib.39 Le alterazioni geniche predominanti erano le delezioni dell’esone 19 di

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico nell’adenocarcinoma del polmone 47

EGFR (± T790M, 86%) e le fusioni non KIF5B (CCDC6-RET 50%, NCOA4-RET 36%). Il tasso di risposta, il tasso di controllo della malattia e la durata mediana del trattamento sono stati rispettivamente del 50%, 83% e 7,9 mesi. La resistenza era complessa, coinvolgendo meccanismi EGFR on-target (EGFR C797S), RET on-target (RET G810S) e off-target (EML4-ALK/STRN-ALK, KRAS G12S, BRAF V600E), perdita di fusione RET o meccanismi policlonali. L’aggiunta di selpercatinib a osimertinib è quindi fattibile e potenzialmente efficace ma rimane sperimentale ed è in corso di valutazione in altri studi clinici prospettici.

BIBLIOGRAFIA

1. Wang R, Hu H, Pan Y, et al. RET fusions define a unique molecular and clinicopathologic subtype of non-small-cell lung cancer. J Clin Oncol 2012; 30(35): 4352-9.

2. Drilon A, Lin JJ, Filleron T, et al. Frequency of brain metastases and multikinase inhibitor outcomes in patients with RETrearranged lung cancers. J Thorac Oncol 2018; 13(10): 1595-601.

3. Gautschi O, Milia J, Filleron T, et al. Targeting RET in patients with RETrearranged lung cancers: results from the global, multicenter RET registry. J Clin Oncol 2017; 35(13): 1403-10.

4. Selpercatinib capsules. United States Prescribing Information. US National Library of Medicine. https://www.fda.gov/drugs/ resources-informationapproved-drugs/fdaapproves-selpercatiniblung-and-thyroid-cancersret-gene-mutations-orfusions

5. Pralsetinib capsules. United States Prescribing Information. US National Library of Medicine. https:// www.fda.gov/drugs/ resources-informationapproved-drugs/fdaapproves-pralsetinib-lungcancer-ret-gene-fusions

6. Retsevmo-Selpercatinib. EU authorisation and summary of product characteristics. https://www.ema.europa. eu/en/medicines/human/ EPAR/retsevmo

7. Gavreto-Pralsetinib. EU authorisation and summary of product characteristics. https://www.ema.europa. eu/en/medicines/human/ EPAR/gavreto

8. Drilon A, Oxnard GR, Tan DSW, et al. Efficacy of selpercatinib in RET fusion-positive nonsmall-cell lung cancer. N Engl J Med 2020; 383(9): 813824.

9. Drilon A, Subbiah V, Gautschi O, et al. Selpercatinib in patients with ret fusion-positive non-small-cell lung cancer: updated safety and efficacy from the registrational LIBRETTO-001 Phase I/ II Trial. J Clin Oncol 2023; 41(2): 385-94.

10. Lu S, Cheng Y, Huang D, et al. Efficacy and safety of selpercatinib in Chinese patients with advanced RET fusion-positive non-smallcell lung cancer: a phase II clinical trial (LIBRETTO-321). Ther Adv Med Oncol 2022; 14: 17588359221105020.

11. Illini O, Hochmair MJ, Fabikan H, et al. Selpercatinib in RET fusion-positive non-small-

cell lung cancer (SIREN): a retrospective analysis of patients treated through an access program. Ther Adv Med Oncol 2021; 13: 17588359211019676.

12. Loong H, Goto K, Park K, et al. Efficacy and safety of selpercatinib (LOXO-292) in East Asian patients with RET fusion positive NSCLC [abstract no. FP14.10]. J Thorac Oncol 2021; 16(Suppl 3): S231-2.

13. Subbiah V, Gainor JF, Oxnard GR, et al. Intracranial efficacy of selpercatinib in RET fusion-positive non-small cell lung cancers on the LIBRETTO-001 trial. Clin Cancer Res 2021; 27(15): 4160-7.

14. Minchom A, Tan AC, Massarelli E, et al. Patientreported outcomes with selpercatinib among patients with RET fusionpositive non-small cell lung cancer in the phase I/II LIBRETTO-001 Trial. Oncologist 2022; 27(1): 22-9.

15. Solomon BJ, Zhou CC, Drilon A, et al. Phase III study of selpercatinib versus chemotherapy 1/- pembrolizumab in untreated RET positive non-small-cell lung cancer. Future Oncol 2021; 17: 763-73.

16. Gainor JF, Curigliano G, Kim DW, et al. Pralsetinib for RET fusion-positive non-small-cell lung cancer (ARROW): a multi-cohort, open-label, phase 1/2 study. Lancet Oncol 2021; 22: 959.

17. Griesinger F, Curigliano G, Thomas M, et al. Safety and efficacy of pralsetinib in RET fusion-positive non-small-cell lung cancer including as first-line therapy: update from the ARROW trial. Ann Oncol 2022; 33(11): 1168-78.

18. Passaro A, Russo GL, Passiglia F, et al. Pralsetinib in RET fusion-positive non-small-cell lung cancer: a real-world data (RWD) analysis from the Italian expanded access program (EAP). Lung Cancer 2022; 174: 118-24.

19. Drilon A, Rekhtman N, Arcila M, et al. Cabozantinib in patients with advanced RETrearranged non-small-cell lung cancer: an open-label, single-centre, phase 2, single-arm trial. Lancet Oncol 2016; 17(12): 165360.

20. Yoh K, Seto T, Satouchi M, et al. Final survival results for the LURET phase II study of vandetanib in previously treated patients with RET-rearranged advanced non-small cell lung cancer. Lung Cancer 2021; 155: 40-5.

21. Lee SH, Lee JK, Ahn MJ, et al. Vandetanib in pretreated patients with advanced non-small cell lung cancer-harboring RET rearrangement: a phase II clinical trial. Ann Oncol 2017; 28(2): 292-7.

22. Cascone T, Sacks RL, Subbiah IM, et al. Safety and activity of vandetanib in combination with everolimus in patients with advanced solid tumors: a

phase I study. ESMO Open 2021; 6(2): 100079.

23. Gautschi O, Milia J, Filleron T, et al. Targeting RET in patients with RETrearranged lung cancers: results from the global, multicenter RET registry. J Clin Oncol 2017; 35: 1403.

24. Hida T, Velcheti V, Reckamp KL, et al. A phase 2 study of lenvatinib in patients with RET fusion-positive lung adenocarcinoma. Lung Cancer 2019; 138: 124-30.

25. Takeuchi S, Yanagitani N, Seto T, et al. Phase 1/2 study of alectinib in RET-rearranged previouslytreated non-small cell lung cancer (ALL-RET). Transl Lung Cancer Res 2021; 10(1): 314-25.

26. Drilon A, Fu S, Patel MR, et al. A Phase I/Ib trial of the VEGFR-sparing multikinase RET inhibitor RXDX-105. Cancer Discov 2019; 9(3): 384-95.

27. Drilon A, Bergagnini I, Delasos L, et al. Clinical outcomes with pemetrexed-based systemic therapies in RET-rearranged lung cancers. Ann Oncol 2016; 27(7): 1286-91.

28. Shen T, Pu X, Wang L, et al. Association between RET fusions and efficacy of pemetrexed-based chemotherapy for patients with advanced NSCLC in China: a multicenter retrospective study. Clin Lung Cancer 2020; 21(5): e349-e354.

29. Lee J, Ku BM, Shim JH, et al. Characteristics and outcomes of RETrearranged Korean non-small cell lung cancer patients in real-world practice. Jpn J Clin Oncol 2020; 50(5): 594-601.

30. Offin M, Guo R, Wu SL, et al. Immunophenotype and response to immunotherapy of RET-

rearranged lung cancers. JCO Precis Oncol 2019; 3: PO.18.00386.

31. Hegde A, AndreevDrakhlin AY, Roszik J, al. Responsiveness to immune checkpoint inhibitors versus other systemic therapies in RET-aberrant malignancies. ESMO Open 2020; 5(5): e000799.

32. Marra A, Belli C, Passaro A, et al. Clinical implications of RET rearrangements in non-squamous NSCLC patients: an Italian singleinstitution study. 21st National Congress of Italian Association of Medical Oncology 2019.

33. Mazieres J, Drilon A, Lusque A, et al. Immune checkpoint inhibitors for patients with advanced lung cancer and oncogenic driver alterations: results from the IMMUNOTARGET registry. Ann Oncol 2019; 30(8): 1321-8.

34. Bhandari NR, Hess LM, Han Y, Zhu YE, Sireci AN. Efficacy of immune checkpoint inhibitor therapy in patients with RET fusion-positive nonsmall-cell lung cancer. Immunotherapy 2021; 13(11): 893-904.

35. Rosen EY, Johnson ML, Clifford SE, et al. Overcoming MET dependent resistance to selective RET inhibition in patients with RET fusionpositive lung cancer by combining selpercatinib with crizotinib. Clin Cancer Res 2021; 27(1): 34-42.

36. Lin JJ, Liu SV, McCoach CE, et al. Mechanisms of resistance to selective RET tyrosine kinase inhibitors in RET fusion-positive non-small cell lung cancer. Ann Oncol 2020; 31(12): 1725-33.

37. Marinello A, Vasseur D, Conci N, et al. Mechanism

of primary and secondary resistance to RET inhibitors in patients with RETpositive advanced NSCLC [abstract no. 1007P]. Ann Oncol 2022; 33(suppl 7): S1013S448-S101S1014.

38. Subbiah V, Shen T, Terzyan SS, et al. Structural basis

of acquired resistance to selpercatinib and pralsetinib mediated by non gatekeeper RET mutations. Ann Oncol 2021; 32(2): 261-8.

39. Rotow J, Patel JD, Hanley MP, et al. Osimertinib and selpercatinib efficacy,

safety, and resistance in a multicenter, prospectively treated cohort of EGFRmutant and RET fusionpositive lung cancers. Clin Cancer Res 2023: CCR-222189.

5. Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide

Introduzione

Negli ultimi anni, sempre più studi hanno dimostrato che le alterazioni molecolari del gene RET (mutazioni attivanti e riarrangiamenti) rappresentano un driver genetico per la crescita e la proliferazione dei tumori tiroidei. Tali alterazioni sono state identificate sia nel carcinoma midollare della tiroide (MTC), in cui si osservano tipicamente mutazioni attivanti del gene RET, sia nei carcinomi differenziati della tiroide (DTC). Fra questi ultimi, il carcinoma papillare (PTC) presenta la frequenza maggiore di riarrangiamenti del gene RET (10-20% dei casi), in particolare nelle forme pediatriche di PTC e nei soggetti esposti a radiazioni ionizzanti sia a scopo terapeutico (ad esempio, in caso di pregressa radioterapia a fasci esterni sul collo per tumori maligni) che accidentale (ad esempio, in occasione degli incidenti atomici di Chernobyl e di Fukushima). Tali riarrangiamenti si possono trovare anche nei carcinomi scarsamente differenziati e nei carcinomi anaplastici, anche se estremamente rari. I farmaci inibitori di RET si sono evoluti nel tempo, a partire da inibitori di prima generazione, i cosiddetti inibitori multichinasici (MTKI) come ad esempio vandetanib, cabozantinib, sorafenib e lenvatinib, caratterizzati da un ampio spettro di target, fra cui RET, e una tossicità farmaco-relata molto rilevante che determinava frequenti interruzioni e riduzioni di dosaggio, nonché sospensioni definitive dei trattamenti. I farmaci inibitori selettivi di RET (selpercatinib e pralsetinib) sono invece caratterizzati dall’avere RET come bersaglio terapeutico, da un ottimo profilo di tossicità e dalla penetranza della barriera emato-encefalica.

Gli inibitori di RET di prima generazione

Carcinoma midollare (MTC)

Come anticipato nel paragrafo precedente, i MTKI sono stati i primi farmaci utilizzati per inibire RET. Questi composti sono caratterizzati da un’inibizione di RET non selettiva poiché, oltre a RET, bloccano, spesso con maggiore potenza, un ampio spettro di chinasi (inclusa la famiglia dei recettori per il Vascular Endothelial Growth Factor, VEGF) (tabella 5.1). Infatti, l’attività terapeutica dei MTKI sembra essere maggiormente correlata all’effetto antiangiogenico piuttosto che all’inibizione di RET.1 L’ampio spettro di inibizione di questi farmaci condiziona un vasto corredo di effetti collaterali sia on- che off-target, che ne limitano le potenzialità d’uso per le frequenti interruzioni della terapia, riduzioni di dosi e scarsa compliance dei pazienti. Vandetanib e cabozantinib, disponibili in Italia dal 2013 e dal 2019, rispettivamente, sono MTKI approvati da FDA, EMA e AIFA per l’MTC aggressivo, sintomatico, non asportabile chirurgicamente, localmente avanzato o metastatico. Vandetanib (inibitore di RET, EGFR e VEGFR) al dosaggio di 300 mg/die ha dimostrato la sua efficacia terapeutica in uno studio di fase III randomizzato (studio ZETA), dove sono stati arruolati 331 pazienti.2 In questo studio era consentito l’arruolamento di pazienti in progressione radiologica e/o sintomatici (ad esempio con diarrea), ciò significa che al momento del trattamento la malattia oncologica poteva essere anche stabile. Il trattamento con vandetanib aveva un raggiunto l’obiettivo primario dello

Tabella 5.1

Profili dei comuni MTKI

IC50nmol/L

Altri BCR/ABL FGFR EGFR c-MET

Legenda: VEGFR2: vascular endothelial growth factor receptor2; PDGFR: platelet derived growth factor receptor; RET: rearranged during transfection; BCR/ABL: Philadelfia translocation; FGFR: fibroblast growth factor receptor; EGFR: epidermal growth factor receptor; c-MET: tyrosine-protein kinase Met

Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide 53

studio, ottenendo un incremento significativo di PFS rispetto al braccio con il placebo: la PFS mediana stimata alla data della pubblicazione era 30,5 mesi nel gruppo dei pazienti trattati con vandetanib verso 19,3 mesi (mediana osservata) nel gruppo placebo (HR 0,46 95% CI 0,31-0,69 p<0,001). Le analisi per sottogruppi di PFS e di risposta oggettiva globale (ORR), in base allo stato della mutazione di RET, non furono conclusive poiché un numero elevato di pazienti aveva uno stato di RET sconosciuto (41,1%), mentre solo il 2,4% dei pazienti era RET wild type. Nel dicembre 2022, EMA si è espressa sulla base di dati derivati dallo studio ZETA2 e dallo studio osservazionale OBS14778, limitando l’uso di vandetanib ai soggetti con mutazione germinale e/o somatica di RET,3 restringendo significativamente le opzioni terapeutiche disponibili per i soggetti affetti da MTC RET wild type e suggerendo, di fatto, il test somatico per la ricerca delle mutazioni di RET.

Cabozantinib (inibitore di RET, VEGFR2, MET) è stato testato nell’ambito dello studio EXAM che ha arruolato 330 pazienti con MTC in progressione negli ultimi 14 mesi (non era consentito l’arruolamento solo in presenza di sintomi), randomizzandoli a ricevere cabozantinib capsule (140 mg/die) verso placebo senza cross-over. Endpoint primario era la PFS che è stata di 11,2 mesi per i pazienti trattati con cabozantinib verso 4,0 mesi per i pazienti che avevano ricevuto il placebo (HR 0,28; 95% CI 0,19-0,40; p<0,001). Nel braccio dei pazienti trattati con cabozantinib si è osservato un ORR del 28% rispetto allo 0% nel braccio placebo.4 Anche se è stato osservato un incremento di OS mediano di 5,5 mesi in chi aveva ricevuto cabozantinib, il dato non è risultato statisticamente significativo. Un’analisi per sottogruppi ha dimostrato che i pazienti con mutazione RET M918T avevano una PFS più prolungata e un ORR maggiore rispetto ai pazienti RET M918T-negativi, 34% vs 20%.5

I due studi presentavano criteri di inclusione diversi per cui i risultati non sono confrontabili. Pertanto, nella pratica clinica la scelta fra vandetanib e cabozantinb è condizionata da criteri clinici e radiologici, e si basa sulle caratteristiche del paziente (età, performance status), sullo stato mutazionale di RET e sul profilo di tossicità atteso dei due farmaci (ad esempio, in presenza di prolungamento di QTc congenito o secondario a farmaci salvavita, sarebbe da suggerire cabozantinib visto che il prolungamento di QTc è uno degli effetti collaterali associati a vandetanib). Le tossicità severe sono state frequenti in entrambi gli studi (tabella 5.2) tanto che negli anni più recenti sono statti condotti studi clinici6 7 per valutare se dosi inferiori di farmaco fossero altrettanto efficaci da un punto di vista oncologico, tuttavia gli studi sono risultati negativi.

Carcinoma differenziato della tiroide (DTC)

Sorafenib e lenvatinib sono MTKI approvati da FDA, EMA e AIFA. Entrambi i farmaci sono approvati per il DTC resistente alla terapia con iodio131, localmente avanzato e/o metastatico in progressione. I due farmaci sono stati valutati in due studi randomizzati di fase III. Nello studio DECISION, 417 pazienti sono stati randomizzati a ricevere sorafenib (400 mg due volte al giorno) o placebo.

Tabella 5.2

Risultati dello studio ZETA e dello studio EXAM

2012)2

2013)4

Durata media della risposta, mesi Non raggiunta a 24 mesi Non riportato 14,6 Non riportato

mediana Dato non maturo al data cut-off

non maturo al data cut-off

Legenda: ORR: overall response rate; CEA: antigene carcinoembrionario; PFS: progression-free survival; OS: overall survival; NA: non applicabile

Sorafenib (inibitore orale di VEGFR1-3, RET, RAF e PDGFR) ha prolungato significativamente la PFS dei pazienti arrivando a una PFS mediana di 10,8 mesi rispetto a 5,8 mesi con placebo (HR 0,59, 95% CI 0,45-0,76), con un ORR del 12,2%, di cui tutte risposte parziali.8 Nello studio SELECT, 392 pazienti sono stati randomizzati a ricevere lenvatinib (inibitore orale di VEGFR2, PDGFR, RET e FGFR) alla dose di 24 mg una volta al giorno o placebo. La PFS mediana è stata risultata significativamente migliore per lenvatinib con 18,3 mesi (95% CI da 15,1 a non stimabile) verso i 3,6 mesi (95% CI da 2,2 a 3,7) del placebo, con una risposta globale del 64,8% (di cui 1,5% risposte complete e 63,2% risposte parziali).9

Anche per questi farmaci, la poca selettività verso RET e l’ampio spettro di target molecolari da inibire hanno generato una percentuale significativa di tossicità farmaco-relate (tabella 5.3). È stato condotto successivamente uno studio per valutare l’impatto in termini di attività di un dosaggio inferiore di lenvatinib (18 mg vs 24 mg) ma lo studio è risultato negativo10 per cui la dose di riferimento è rimasta 24 mg. Dal 2021 è disponibile negli USA e dal 2022 in Europa, cabozantinib 60 mg compresse come trattamento di II/III linea dopo progressione a un antiangiogenico (sorafenib e/o lenvatinib). Il farmaco è stato testato in uno studio randomizzato di fase III verso placebo che aveva due co-primary endpoint: ORR e PFS. L’ORR non ha raggiunto l’obiettivo; è stato l’11% (95% CI 6-9-16,9) nel braccio sperimentale e lo 0% nel braccio placebo. La PFS mediana è stata 11 mesi nel braccio sperimentale e 1,9 mesi nel braccio placebo

Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide 55

Tabella 5.3

Effetti collaterali e impatto sul dosaggio di sorafenib e lenvatinib

DECISION8 (Brose 2014)

(Schlumberger 2015)

[HR 0,22 (96% CI 0,15-0,32) p<0,0001], raggiungendo l’endpoint di studio.11 Gli eventi avversi sono stati frequenti, con il 67% dei pazienti che ha ridotto la dose per effetti collaterali farmaco-relati, e il 9% che ha discontinuato definitivamente. In Italia cabozantinib è disponibile dal 2021 come trattamento di II/III linea con la legge 648/96.

Gli inibitori superselettivi di RET: ruolo nella malattia avanzata

Per superare i limiti dell’uso dei MTKI nella pratica clinica, sono stati sviluppati due inibitori chinasici di nuova generazione, selpercatinib e pralsetinib, con un’attività inibitoria altamente selettiva nei confronti di RET e con un miglior profilo di tossicità.

Selpercatinib, negli studi preclinici ha dimostrato di avere, rispetto ai precedenti MTKI, una potente e selettiva attività inibitoria sia contro RET wild type che contro le comuni alterazioni di RET, tra cui le mutazioni M918T, la V804 e la fusione CCDC6RET (tabella 5.4).

La sicurezza e l’efficacia di selpercatinib sono state valutate in uno studio internazionale, multicentrico, in aperto, di fase I/II (Libretto-001).14 Lo studio prevedeva l’arruolamento di 531 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con riarrangiamento di RET, carcinoma della tiroide sia midollare che differenziato con qualsiasi alterazione di RET (mutazione o riarrangiamento) e una popolazione miscellanea includente qualsiasi tipo di tumore solido localmente avanzato o metastatico, con un’alterazione di RET.

Tabella 5.4

Inibizione di RET: confronto fra inibitori selettivi (selpercatinib; pralsetinib) e MTKI

IC50, nM RET

Legenda: IC50: concentrazione inibente necessaria per inibire il 50% del bersaglio; WT: wild type.

Modificata da Subbiah 2018,12 Stjepanovic e Capdevila 201413

Nella fase II dello studio Libretto-001, selpercatinib è stato somministrato alla dose di 160 mg due volte al giorno, in cicli di 28 giorni, con endpoint primario la risposta obiettiva (completa o parziale), secondo i criteri RECIST v1.1. Gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione, la durata della risposta e la tossicità. La mutazione RET M918T è risultata presente in circa il 60% dei casi; seguita dalle mutazioni dei residui cisteinici della porzione extracellulare di RET (range, 13%-23%) e dalle mutazioni più rare di RET come la V804M/L (range, 7%-9%) che sappiamo conferire resistenza al trattamento con MTKI. Il tasso di risposte obiettive complessive per i pazienti affetti da MTC è stato molto elevato, in particolare nella popolazione non pretrattata, includendo anche risposte complete mentre le progressioni sono risultate molto rare (tabella 5.5).

Questo dato è particolarmente significativo se si pensa che la situazione in termini di risposta era all’opposto con i MTKI, in cui la risposta migliore era la stabilità di malattia, seguita dalla progressione, mentre le risposte parziali erano la minoranza a prescindere dal farmaco usato, vandetanib o cabozantinib.14 L’attività del farmaco si è tradotta anche in un incremento di efficacia, con l’82% dei pazienti (IC 95%, 69%-90%) con MTC pretrattato e il 92% con MTC naïve (IC 95% 82%-97%), libero da progressione ad 1 anno. L’aggiornamento dei dati nella popolazione MTC, condotto dopo un ulteriore follow-up di 15 mesi, ha confermato l’attività a lungo termine di selpercatinib con risposte obiettive prolungate sia nei pazienti naïve che nei pazienti pretrattati, senza nuovi eventi sul profilo di tossicità.15 16 Inoltre, l’efficacia di selpercatinib è risultata indipendente dal numero dei precedenti MTKI ricevuti, dai precedenti trattamenti con radio-iodio o dal tipo di mutazione/fusione di RET, incluse le

Tabella 5.5

Dati di efficacia aggiornati dei pazienti con MTC, trattati con selpercatinib e pralsetinib nello studio Libretto-001 e Arrow, rispettivamente

Pralsetinib Selpercatinib Pralsetinib Selpercatinib

Prior C/V 12 aprile 21

Prior C/V 15 giugno 2021 C/V Naïve 12 aprile 21 C/V Naïve 15 giugno 21

N° 61 151 72 115

ORR (95% CI) 54% (41, 67) 73.5% (66, 80) 76% (65, 86)

(75, 90)

mDOR, mos (95% CI) 21,7 (18, NE) NE (27 2 NE) 34 (24, 34) NE [31.3-NE]

Median follow-up, mos 24 27,6 12,7 23,9

mPFS, mos (95% CI) 24,9 (18,31) 34 (25,7, NE) 35,4 (27,5, NE) NE

12-mo PFS (95% CI) 74% (64, 84) - 83% (74, 91) -

Legenda: Prior C/V: precedente cabozantinib/vandetanib; C/V naïve: cabozantinib/vandetanib naïve; ORR= overall response rate; CR: remissione completa; mDOR= median duration of response; mPFS: median progression-free survival.

Modificata da Kroiss M, ESMO 2022;15 Mansfield ASCO 202216

mutazioni gatekeeper RET V804. Questi dati sottolineano ancora di più il ruolo di RET come alterazione driver nei tumori della tiroide.

Questa spiccata selettività di bersaglio terapeutico si è tradotta in un migliore profilo di tossicità. Infatti, a differenza del profilo di tossicità dei MTKI, la maggior parte degli eventi avversi di selpercatinib correlati al trattamento (TRAE) sono di grado 1 o 2; gli eventi di grado maggiore o uguale a 3 sono invece piuttosto rari. I più comuni TRAE ≥ grado 3 sono stati l’ipertensione seguita da tossicità epatica, diarrea e allungamento dell’intervallo QTc. Non sono stati riportati eventi avversi di grado 5 correlati al farmaco. I più comuni eventi avversi riportati sono stati secchezza delle fauci, ipertensione, tossicità epatica, fatigue, edema periferico, diarrea. Gli effetti collaterali che interessano l’apparato cardiovascolare sono secondari all’inibizione di VEGFR2. Globalmente, il 30% dei pazienti ha avuto una riduzione della dose e solo il 2% ha interrotto selpercatinib a causa di eventi avversi correlati al trattamento.15 Il favorevole profilo tossicità si è tradotto anche in un miglioramento della qualità di vita. Un’analisi esplorativa dello studio Libretto-001, ha valutato i sintomi correlati alla malattia e la qualità della vita correlata alla salute (HRQoL) in questa popolazione di pazienti affetti da MTC, durante il trattamento con selpercatinib. L’analisi del questionario QLQ-C30 somministrato all’inizio della cura e poi ogni otto settimane ha dimostrato che la maggior parte dei pazienti ha avuto un miglioramento o almeno una stabilità della qualità di vita, ad ogni time point rispetto ai valori basali.17 Nel 2023 è stato completato l’arruolamento dello studio randomizzato Libretto-531 (NCT04211337), che ha confrontato

l’impiego in prima linea dei MTKI (cabozantinib; vandetanib) verso selpercatinib in una popolazione di pazienti con MTC, RET mutato, con possibilità di cross-over alla progressione, obiettivo primario PFS. Questo studio, se positivo, cambierà la pratica clinica del trattamento di prima linea per i pazienti con MTC recidivato e/o metastatico, RET mutato; inoltre, risponderà al quesito di quale sequenza terapeutica è migliore in questa popolazione se RET inibitore prima, seguito da anti-angiogenico, o viceversa.

Selpercatinib si è dimostrato particolarmente attivo anche nei pazienti affetti da DTC con riarrangiamento di RET, sia pretrattati con iodio 131 che naïve. Questi ultimi, peraltro, non erano stati inclusi nella pubblicazione dello studio Libretto-001,14 ma presentati solo successivamente. Selpercatinib nei pazienti naïve ha evidenziato un ORR del 92% con una probabilità di risposta completa del 33%, rispetto all’ORR del 77% con 9% di risposte complete nei pazienti pretrattati, sottolineando la migliore efficacia nei pazienti naïve. (tabella 5.6).18

Guardando le caratteristiche cliniche dei pazienti con riarrangiamento di RET arruolati nello studio Libretto-00114 si può osservare come il riarrangiamento di RET prevalente sia il CCDC6-RET nel 47% dei casi seguito da NCOA4-RET nel 32% dei pazienti. Il riarrangiamento di RET è più frequente nell’istotipo papillare (68%), seguito dal carcinoma scarsamente differenziato (16%), dal carcinoma oncocitico (ex carcinoma a cellule di Hurtle) (5%) e dal carcinoma anaplastico (11%). Questa varietà di tipi istologici sottolinea l’importanza di eseguire un test molecolare a tutti i nostri pazienti con malattia avanzata, iodio 131 refrattaria. Un’altra caratteristica che colpisce

Tabella 5.6

Dati di attività di selpercatinib e praseltinib nel DTC Sherman ASCO 2021

Pralsetinib Selpercatinib Selpercatinib

Precedente RAI/Sor/ Lenv 12 Apr 21

Precedente RAI/Sor/ Lenv Giugno 2021

(62,100)

mesi (95% CI) 17.5 (11.2, NE) 18.0 (10, NE) NE (15, NE)

Follow-up mediano, mesi 13 20.3 9.1

mesi (95% CI) 19.4 (13, NE)

Interruzioni del farmaco per effetti collaterali 5% 2%

(100,100)

Legenda: RAI: radio-iodio refrattario; Sor: sorafenib; Lenv: lenvatinib; ORR: overall response rate; CR: remissione completa; mDOR: median duration of response; mPFS: median progression-free survival.

Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide 59

è la percentuale di metastasi cerebrali in questo gruppo di pazienti (32%) rispetto ai pazienti con MTC (range, 2%-7%). Fortunatamente, selpercatinib penetra con facilità la barriera ematoencefalica, esercitando la sua attività anche a livello centrale. Le metastasi da carcinoma tiroideo spesso hanno un aspetto miliariforme e si presentano diffuse ad entrambi gli emisferi. La possibilità di avere a disposizione un farmaco così attivo a livello cerebrale, può farci procrastinare nella pratica clinica l’avvio della radioterapia encefalica.

Grazie allo studio Libretto-00114 selpercatinib è stato approvato da FDA, EMA e AIFA. In Italia il farmaco è rimborsato dall’agosto 2022 per il carcinoma differenziato della tiroide con riarrangiamento di RET che richiede terapia sistemica dopo precedente trattamento con sorafenib e/o lenvatinib. Inoltre, è indicato in caso di MTC, avanzato, con mutazione di RET che richiede terapia sistemica dopo precedente trattamento con cabozantinib e/o vandetanib per adulti o adolescenti di età ≥ a 12 anni. Nel settembre 2022, EMA si è espressa con un’indicazione di prima linea solo per i pazienti affetti da MTC con mutazione di RET, inclusa la popolazione di adolescenti > 12 anni.

Il secondo inibitore selettivo di RET testato nei pazienti con carcinoma della tiroide è pralsetinib. Il farmaco è diretto anche verso altri target oltre a RET e VEFGR2, come JAK, che spiegano il differente profilo di tossicità rispetto a selpercatinib. Pralsetinib (400 mg/die) è stato valutato in uno studio di fase I/II (ARROW) simile come disegno al Libretto-001. Anche la popolazione arruolata era simile a quella dello studio Libretto-001: tumori solidi con alterazione del gene RET (mutazioni o riarrangiamenti), inclusi i NSCLC, MTC e DTC. Gli endpoint dello studio erano ORR secondo criteri RECIST v1.1, e il profilo di tossicità.

L’ORR nei tre gruppi di pazienti valutati, MTC pretrattati con cabozantinib e/o vandetanib, MTC naïve e DTC pretrattati è stato del 52%, 72% e 84%, rispettivamente. La durata mediana della risposta e la PFS mediana non sono state raggiunte nel gruppo MTC naïve, mentre erano 26 e 26 mesi, rispettivamente, nei soggetti MTC pretrattati; 24 e 25 mesi nel gruppo DTC pretrattato.19 Gli eventi avversi hanno interessato il 98% della popolazione MTC e il 93% dei pazienti non-MTC. Per quanto riguarda i dati di tossicità, pralsetinib si caratterizza rispetto a selpercatinib per una maggiore tossicità ematopoietica. Gli eventi avversi più comuni di pralsetinib sono stati costipazione, ipertensione, affaticamento, dolore muscoloscheletrico, diarrea, edema. Le più comuni anomalie di laboratorio di grado >3 sono state linfopenia, neutropenia, anemia, ipofosfatemia, ipocalcemia, iposodiemia, aumento di AST e ALT. Gli eventi avversi seri sono stati il 17%, il più frequente la polmonite (3%). Un paziente è deceduto per polmonite da pneumocystis jirovecii, considerata un evento avverso correlato al trattamento. Il 5% dei pazienti ha discontinuato il trattamento e il 53% ha ridotto la dose per effetti collaterali farmaco-relati.19

L’update dei dati su queste coorti di pazienti, presentato all’ASCO 2022, ha confermato ulteriormente l’efficacia e il profilo di sicurezza del farmaco nei pazienti con carcinoma della tiroide e alterazione di RET.16 Attualmente pralsetinib è approvato solo

negli Stati Uniti per pazienti adulti e adolescenti >12 anni affetti da MTC con mutazione di RET per cui è necessario un trattamento sistemico e pazienti adulti e adolescenti >12 anni affetti da DTC con riarrangiamento di RET, radio-iodioresistente.

Nel 2022 l’azienda farmaceutica che produce pralsetinib ha ritirato da EMA la domanda per l’approvazione del farmaco nei carcinomi della tiroide con alterazioni del gene RET, per cui è probabile che in Europa sarà disponibile per i carcinomi della tiroide solo selpercatinib come RET inibitore di prima generazione.

Lo studio AcceleRET-MTC, analogamente a Libretto 531, era stato disegnato per confrontare il trattamento standard (cabozantinib, vandetanib) con pralsetinib in prima linea in pazienti con MTC recidivato e/o avanzato con mutazione di RET, obiettivo primario PFS, tuttavia il programma è stato sospeso nel 2022 anche in seguito alle decisioni strategiche dell’azienda farmaceutica rispetto allo sviluppo della molecola.

Gli inibitori superselettivi di RET: terapia neoadiuvante e redifferenziazione in presenza di radio-iodioresistenza

Terapia neoadiuvante

Attualmente è in corso uno studio di fase II che prevede la somministrazione di selpercatinib come terapia neoadiuvante nei carcinomi tiroidei (tutte le istologie) con alterazione del gene RET, localmente avanzati (NCT04759911). È recente la pubblicazione di una serie retrospettiva di quattro pazienti affetti da MTC localmente avanzato, con mutazione di RET, sottoposti a trattamento neoadiuvante con selpercatinib. Grazie allo shrinkage del tumore, è stata ridotta la morbilità attesa dagli interventi chirurgici, preservando le strutture vascolo-nervose del collo e i nervi ricorrenti in particolare (solo 1 su 5 è stato sacrificato), garantendo un controllo loco-regionale a tutti i pazienti. La durata media del trattamento con selpercatinib nella fase neoadiuvante è stata di 168 giorni (range, 120-178 giorni), in tre pazienti su quattro è stata osservata una remissione parziale di malattia secondo criteri RECIST v1.1 (riduzione mediana 32%, range 24-55%).20 Questi risultati sono molto promettenti e potrebbero rappresentare un cambio di paradigma in futuro per il trattamento dei tumori tiroidei con alterazione di RET.

Redifferenziazione in presenza di radio-iodioresistenza

Il trattamento con iodio 131 rappresenta la prima linea di cura per i carcinomi di derivazione dall’epitelio follicolare, ad alto rischio di recidiva e/o metastatici. Non vi è indicazione all’uso di radio 131 negli MTC e nei carcinomi anaplastici. La presenza di alterazioni molecolari (ad esempio mutazioni o fusioni) aumenta la probabilità di una resistenza al radio-iodio perché queste alterazioni attraverso la via della MAPK oppure attraverso PI3K/AKT/mTOR inibiscono l’espressione del gene SLC5A5,

Le alterazioni di RET come bersaglio terapeutico nel carcinoma della tiroide 61

deputato al controllo dell’espressione del co-trasportatore di membrana sodio-iodio (NIS).21 L’impiego di farmaci selettivi per le alterazioni molecolari che usano quelle vie di signaling (ad esempio BRAFV600E; RET) è in grado di ripristinare la captazione del radio-iodio. È stato dimostrato in alcuni case report come l’uso di selpercatinib in pazienti con carcinoma tiroideo, radio-iodio resistente, RET riarrangiato, sia in grado di ripristinare la captazione del radio-iodio sia in soggetti adulti22 23 che pediatrici,24 in associazione a una riduzione dimensionale del burden tumorale. Questo approccio apre nuove prospettive terapeutiche. Dobbiamo immaginare che la terapia sistemica e lo iodio 131 potrebbero non essere più due momenti separati ma piuttosto un continuum di cura, dove il radio-iodio potrà essere somministrato in associazione a selpercatinib nella malattia avanzata.

I fenomeni di resistenza

Come per tutte le terapie target, anche per gli inibitori di RET esiste il fenomeno della resistenza. Fortunatamente, le resistenze primarie sono molto rare rispetto alle resistenze secondarie.25 I meccanismi di resistenza possono essere on-target oppure off-target (più frequenti), attraverso l’attivazione di nuove vie di signaling. La comparsa della mutazione G810S è uno dei meccanismi responsabile delle resistenze ontarget. Questa mutazione conferisce resistenza sia a selpercatinib che a pralsetinib, per cui non possiamo pensare a un trattamento sequenziale con questi farmaci a causa della cross-resistenza. Le alterazioni molecolari più frequentemente coinvolte nei meccanismi di resistenza off-target sono RAS, MET, FGFR.25 Spesso i meccanismi di resistenza sono policlonali, e coinvolgono più alterazioni molecolari contemporaneamente. Da un punto di vista terapeutico, sono in corso studi di fase I/II per valutare l’attività e la sicurezza di nuovi inibitori di RET di seconda generazione, attivi anche in presenza della mutazione G810S (ad esempio, TPX-0046; LOXO-260; BOS172738). È verosimile che il futuro sarà rappresentato dalla combinazione di più farmaci in grado di superare il fenomeno della resistenza.26

Conclusioni

Lo sviluppo di farmaci inibitori selettivi di RET ha aperto una nuova era per il trattamento dei tumori con alterazioni di RET (mutazioni e/o riarrangiamenti). Per la prima volta si possono ottenere risposte significative e durature nel tempo, laddove fino a un decennio fa non vi erano neanche farmaci attivi. Tuttavia, sono ancora molte le problematiche da affrontare per ottimizzare l’attività terapeutica di questi farmaci, ad esempio, superare i nuovi meccanismi di resistenza; comprendere meglio gli effetti a lungo termine dell’inibizione di RET e valutare possibili combinazioni farmacologiche.

BIBLIOGRAFIA

1. Borrello MG, Ardini E, Locati LD, et al. RET inhibition: implications in cancer therapy. Expert Opin Ther Targets 2013; 17(4): 403-19.

2. Wells SA Jr, Robinson BG, Gagel RF, et al. Vandetanib in patients with locally advanced or metastatic medullary thyroid cancer: a randomized, double-blind phase III trial. J Clin Oncol 2012; 30(2): 134-41.

3. Caprelsa. Restriction of indication. https://www. aifa.gov.it

4. Elisei R, Schlumberger MJ, Müller SP, et al. Cabozantinib in progressive medullary thyroid cancer. J Clin Oncol 2013; 31(29): 3639-46. Erratum in: J Clin Oncol 2014; 32(17): 1864.

5. Schlumberger M, Elisei R, Müller S, et al. Overall survival analysis of EXAM, a phase III trial of cabozantinib in patients with radiographically progressive medullary thyroid carcinoma. Ann Oncol 2017; 28(11): 2813-9.

6. Capdevila J, Klochikhin A, Leboulleux S, et al. A randomized, double-blind noninferiority study to evaluate the efficacy of the cabozantinib tablet at 60 mg per day compared with the cabozantinib capsule at 140 mg per day in patients with progressive, metastatic medullary thyroid cancer. Thyroid 2022; 32(5): 515-24.

7. Hu MI, Elisei R, Dedecjus M, et al. Safety and efficacy of two starting doses of vandetanib in advanced medullary thyroid cancer. Endocrine-related Cancer 2019; 26(2): 241-50.

8. Brose MS, Nutting CM, Jarzab B, et al. Sorafenib in radioactive iodine-

refractory, locally advanced or metastatic differentiated thyroid cancer: a randomised, double-blind, phase 3 trial. The Lancet 2014; 384(9940): 319-28.

9. Schlumberger M, Tahara M, Wirth LJ. Lenvatinib in radioiodine-refractory thyroid cancer. N Engl J Med 2015; 372(19): 1868.

10. Brose MS, Panaseykin Y, Konda B, et al. A randomized study of lenvatinib 18 mg vs 24 mg in patients with radioiodine-refractory differentiated thyroid cancer. J Clin Endocrinol Metab 2022; 107(3): 776-87.

11. Capdevila J, Robinson B, Sherman SI, et al. LBA67 Cabozantinib versus placebo in patients with radioiodine-refractory differentiated thyroid cancer who have progressed after prior VEGFR-targeted therapy: updated results from the phase III COSMIC-311 trial and prespecified subgroup analyses by prior therapy. Ann Oncol 2021; 32(suppl 5): S1343.

12. Subbiah V, Gainor JF, Rahal R, et al. Precision targeted therapy with BLU-667 for RET-driven cancers. Cancer Discov 2018; 8(7): 836-49.

13. Stjepanovic N, Capdevila J. Multikinase inhibitors in the treatment of thyroid cancer: specific role of lenvatinib. Biologics 2014; 8: 129-39.

14. Wirth LJ, Sherman E, Robinson B, et al. Efficacy of selpercatinib in RETaltered thyroid cancers. N Engl J Med 2020; 383(9): 825-835.

15. Kroiss M, Sherman EJ, Wirth LJ, et al. 1656P Durable efficacy of selpercatinib

in patients (pts) with medullary thyroid cancer (MTC): update of the LIBRETTO-001 trial. Ann Oncol 2022; 33(suppl_7): S1299-S1300.

16. Mansfield AS, Subbiah V, Schuler MH et al. Pralsetinib in patients (pts) with advanced or metastatic RET-altered thyroid cancer (TC): updated data from the ARROW trial. J Clin Oncol 2022; 40: 16_suppl, 60806080.

17. Wirth LJ, Robinson B, Boni V, et al. Patientreported outcomes with selpercatinib treatment among patients with RET-mutant medullary thyroid cancer in the phase I/II LIBRETTO-001 trial. Oncologist 2022; 27(1): 1321. Erratum in: Oncologist 2022; 27(12): e982.

18. Sherman EJ, Wirth LJ, Shah MH, et al. Selpercatinib efficacy and safety in patients with RET-altered thyroid cancer: a clinical trial update. J Clin Oncol 2021; 39; 15_suppl, 60736073.

19. Hu MI, Subbiah V, Mansfield AS, et al. Updated ARROW data: pralsetinib in patients (pts) with advanced or metastatic RET-altered thyroid cancer (TC). Ann Oncol 2022; 33 (suppl_7): S750-S757.

20. Contrera KJ, GuleMonroe MK, Hu MI, et al. Neoadjuvant selective ret inhibitor for medullary thyroid cancer: a case series. Thyroid 2023; 33(1): 129-32.

21. Buffet C, Wassermann J, Hecht F, et al. Redifferentiation of radioiodine-refractory thyroid cancers. Endocr

Relat Cancer 2020; 27(5): R113-R132.

22. Groussin L, Theodon H, Bessiene L, et al. Redifferentiating effect of larotrectinib in NTRKrearranged advanced radioactive-iodine refractory thyroid cancer. Thyroid 2022; 32(5): 594-8.

23. Werner RA, Sayehli C, Hänscheid H, et al. Successful combination of selpercatinib and radioiodine after

pretherapeutic dose estimation in RET-altered thyroid carcinoma. Eur J Nucl Med Mol Imaging 2023; 50: 1833-4.

24. Lee YA, Lee H, Im SW, et al. NTRK and RET fusion–directed therapy in pediatric thyroid cancer yields a tumor response and radioiodine uptake. J Clin Invest 2021, 131(18): e144847.

25. Rosen EY, Won HH, Zheng Y, et al. The evolution of

RET inhibitor resistance in RET-driven lung and thyroid cancers. Nat Commun 2022; 13(1): 1450. Erratum in: Nat Commun 2022; 13(1): 1936.

26. Elisei R, Grande E, Kreissl MC, et al. Current perspectives on the management of patients with advanced RET-driven thyroid cancer in Europe. Front Oncol 2023; 13: 1141314.

6. Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico agnostico nei tumori solidi

Prevalenza delle fusioni RET nei tumori solidi

L’avvento delle metodiche di Next Generation Sequencing (NGS) ha esteso la sensibilità diagnostica e la possibilità di riscontrare fusioni di RET sia con partner classici sia con altri meno frequenti non solo nelle istologie “classiche”.

L’alta prevalenza delle fusioni di RET nel contesto delle neoplasie polmonari e tiroidee e la relativa ricorrenza in altri istotipi, seppur meno frequente, getta le basi per la valutazione delle fusioni RET come bersaglio terapeutico agnostico.

In una coorte di 32.989 pazienti affetti da neoplasia solida in stadio III o IV, testati con biopsia liquida (cfDNA), sono state rinvenute 176 mutazioni attivanti del gene RET, rispettivamente 143 fusioni e 33 mutazioni missense. Le neoplasie più frequentemente mutate erano il NSCLC (116 casi), le neoplasie colorettali (14 casi), mammarie (2 casi) e di origine occulta (2 casi). Il partner di fusione più frequente era KIF5B, presente solo in pazienti affetti da NSCLC e da neoplasia di origine sconosciuta. Gli altri sei partner erano CCDC6, NCOA4, TRIM24, TRIM33, ERC1 e APAF1. Gli autori hanno descritto 25 diversi breakpoint del gene RET.1

In un altro studio retrospettivo, 4871 pazienti affetti da neoplasia solida sono stati testati con NGS DNA-based rinvenendo 27 fusioni di RET in pazienti affetti da vari istotipi tumorali, tra cui un caso di carcinosarcoma polmonare, un carcinoma epiteliale ovarico, un adenocarcinoma delle ghiandole salivari e due carcinomi di origine occulta. Le fusioni non ricorrevano congiuntamente a mutazioni di altre tirosin-chinasi o alterazioni delle Mitogen-Activated Protein Kinase (MAPK).2

Le fusioni di RET sono state appropriatamente investigate nel contesto delle neoplasie colorettali data la loro elevata incidenza. In una popolazione di 3117 pazienti affetti da neoplasia colica metastatica, la prevalenza di fusioni è risultata pari al 0,2% (6 casi). Le fusioni sono risultate mutualmente esclusive con altre mutazioni driver ricorrenti a carico di KRAS, BRAF, EGFR, PI3KCA, ALK, ROS1 e NTRK.3

Confrontando in uno studio retrospettivo le caratteristiche clinico-patologiche di 24 neoplasie colorettali RET positive con quelle di 294 neoplasie RET negative in setting avanzato, le fusioni RET ricorrevano in pazienti con fenotipo caratteristico: ECOG Performance Status più alto, lateralità destra di malattia, assenza di pregressa resezione della malattia primitiva, stato wild type degli oncogeni RAS e BRAF e condizione di Instabilità Microsatellitare. Nella casistica riportata 11 di 43 pazienti con malattia colica destra, RAS e BRAF wild type erano portatori di riarrangiamento RET. A fronte di una maggior aggressività di malattia, in quanto la malattia colorettale RET positiva prediceva una peggior overall survival all’analisi multivariata, le suddette caratteristiche identificano pazienti con aumentata probabilità di positività per fusioni di RET: la compresenza di instabilità microsatellitare, di assenza di mutazioni BRAF/RAS e della lateralità destra di malattia risultava fortemente predittiva (Odds Ratio, OR: 23.18) di riarrangiamento RET.4

Nel contesto delle neoplasie mammarie, l’iper-espressione di RET si associa a ridotto beneficio a terapia ormonale e base di tamoxifene o di inibitori dell’aromatasi.5 In una coorte di 9693 neoplasie mammarie, la prevalenza di alterazioni a carico di RET è risultata pari all’1,2% (121 casi) includente un totale di 16 riarrangiamenti, prevalenti nelle neoplasie non ormono-sensibili.6

Seppur in casistiche molto poco numerose, è descritta una prevalenza del 50% di fusioni di RET in carcinomi intraduttali delle ghiandole salivari.7 Altri istotipi in cui sono descritte fusioni di RET sono le neoplasie spitzoidi (3%),8 le neoplasie mesenchimali a cellule fusate pediatriche.9 Sporadiche segnalazioni si rivengono anche nelle istiocitosi.10

Inibitori non-RET specifici per il trattamento di neoplasie solide con fusione di RET

RXDX-105 è un inibitore tirosinchinasico multiplo con azione nei confronti di linee cellulari wild type, RET mutate o RET riarrangiate, eccezion fatta per il VEGFR2 e il VEGFR1.11 La mancata azione sui pathway di angiogenesi limita i potenziali effetti avversi ricorrenti in pazienti trattati con TKI attivi sui pathway VEGFR-relati, prevenendo eventuali riduzioni di dosaggio.

In uno studio di fase I/Ib, nella fase dose-escalation i pazienti han ricevuto in 7 coorti di dose una dose tra 20 mg/die fino a 275 mg/die. Nelle ultime due coorti il dosaggio è stato 275 mg/die e 350 mg/die. È stata riportata una risposta completa in un paziente affetto da neoplasia colorettale metastatica con fusione CCDC6–RET.12

Cabozantinib ha mostrato una rapida efficacia, seppur dati di follow-up non sono forniti, in una paziente naïve a qualsiasi trattamento affetta da neoplasia colorettale metastatica con fusione CCDC6-RET.3 Un beneficio precoce dal farmaco è descritto anche in una paziente affetta da neoplasia mammaria con recidiva metastatica ormono-sensibile e Her2 amplificata, positiva alla fusione NCO4-RET. Dopo prima

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico agnostico nei tumori solidi 67

linea a base di terapia biologica anti-Her2, la paziente ha ricevuto una combinazione di trastuzumab-exemestane e cabozantinib alla dose di 140 mg/die, ridotto poi a 100 mg/die prima della sospensione definitiva per effetti avversi intollerabili dopo 67 giorni di assunzione.6

Dovitinib è un inibitore tirosinochinasico multiplo (FGFR, VEGFR, PDGFR, cKit, RET, CSF-1R, TrkA) ed è stato testato in uno studio di fase II basket in pazienti affetti da neoplasia solida o ematologica con mutazioni, traslocazioni o attivazioni nel pathway RTK refrattari a terapia standard. Il dosaggio è stato 500 mg/die in schedula giornaliera 5 on/2 off. Sono stati inclusi 12 pazienti (15%) positivi a fusione di RET. Il clinical benefit rate (stabilità, risposta parziale o completa di malattia per almeno 16 settimane) era endopoint primario: un paziente positivo a fusione di RET ha riportato clinical benefit.13

Evidenze cliniche a supporto di inibitori RET specifici per il trattamento di neoplasie solide con fusione di RET

I due farmaci RET specifici testati indipendentemente dall’istologia sono selpercatinib e pralsetinib. L’efficacia clinica di selpercatinib è sostenuta dall’estrema selettività del farmaco nei confronti di RET. Il farmaco esercita una forte attività inibitoria su linee cellulari con fusioni o mutazioni attivanti di RET, mentre l’effetto è tra 20 e 1700 volte minore su linee cellulari prive di alterazioni geniche. All’opposto, inibitori aspecifici multi-target, quali cabozantinib e vandetanib mostrano una attività inibente sovrapponibile indipendentemente dalla presenza di alterazioni RET.14

Lo studio basket di fase 1/2 Libretto-001 testa l’efficacia di selpercatinib in pazienti perlopiù pretrattati affetti da neoplasie solide positive alla fusione di RET. I criteri di inclusioni sono un Ecog PS 0-2, età minima di 18 o 12 anni se permesso dagli enti regolatori locali. Sono arruolabili pazienti che abbiamo sviluppato progressione a terapia sistemica o per i quali non sussista alternativa terapeutica adeguata. Lo studio prevede una fase di dose-escalation con somministrazione da 20 mg/die a 20-240 mg bis in die. La dose raccomandata nella fase 2 è di 160 mg bis in die. L’analisi ad interim pre-pianificata è stata condotta al raggiungimento di 40 pazienti arruolati in studio. Gli istotipi in trattamento sono: 12 pancreatici, 10 colorettali, 4 di origine salivare, 3 sarcomi, 3 neoplasie di origine sconosciuta, 2 neoplasie mammarie, 2 carcinomi cutanei, 2 colangiocarcinomi, 2 xantogranulomi, 1 carcinoide, 1 neoplasia varica, 1 carcino-sarcoma polmonare, 1 neoplasia neuroendocrina rettale, 1 neoplasia del piccolo intestino. Pertanto, più del 50% dei pazienti in trattamento è affetto da neoplasia di origine gastro-intestinale.

Il partner di fusione più frequente è NCO4 (17/45), seguito da CCDC6 (7/45) e KIF5B (4/45). Il numero medio di trattamenti pregressi è 2; un terzo circa dei pazienti (14/45) ha ricevuto almeno tre linee di trattamento e 37 pazienti (81%) almeno una linea chemioterapica. 5 pazienti (11%) erano stati già trattati con un inibitore tirosin-

chinasico orale. L’analisi di efficacia verte sugli outcome di 41 pazienti che hanno ricevuto almeno sei mesi di terapia con selpercatinib. L’endopoint primario dello studio è il tasso di risposte obiettive secondo revisione indipendente. L’Objective Response Rate è stato pari al 43,9% tra cui due risposte complete.

Il beneficio è evidente in ogni istologia: risposte sono registrate in ogni istologia rappresentata da almeno due pazienti arruolati e da 4 su 7 istologie con un solo paziente in trattamento.

La tabella 6.1 descrive gli outcome secondari dello studio.

Il tempo mediano di trattamento è pari a 11 mesi. 11 pazienti hanno proseguito trattamento beyond progression per beneficio clinico persistente. La valutazione dell’efficacia del trattamento è gravata dall’eterogeneità della popolazione testata, ragion per cui essa è stata comparata con il beneficio registrato in corso di precedente trattamento. Risposta di malattia è stata oggettivata in 17 pazienti pretrattati, 3 dei quali avevano beneficiato di pregresse terapie. Il tasso di risposte obiettive con selpercatinib è stato maggiore rispetto a quanto ottenuto grazie a precedenti trattamenti, qualunque essi siano stati.

I due istotipi maggiormente rappresentati nello studio, ossia i tumori pancreatici e quelli colorettali, han mostrato rispettivamente un tasso di risposte obiettive del 54,5% e 20% secondo revisione indipendente e 55,5% e 30% secondo gli investigatori. La durata mediana della risposta è risultata non raggiunta e 9,4 mesi secondo revisione indipendente e non raggiunta e 9,2 mesi secondo gli investigatori. Il beneficio proporzionalmente inferiore per pazienti affetti da neoplasia colorettale è giustificabile dall’elevata ricorrenza di Instabilità Microsatellitare nelle malattie coliche RET positive, condizione associata a una prognosi sfavorevole. Inoltre, una resistenza primaria RAS-mediata e una resistenza secondaria dipendente dal pathway MAPK possono insorgere in pazienti trattati con selpercatinib.

Tabella 6.1

Outcome secondari - studio Libretto-001

Outcome

Clinical

Durata media della risposta

Tempo mediano alla risposta

mesi

mesi

mesi

mesi

Tempo mediano alla miglior risposta 1,9 mesi 1,9 mesi

Sopravvivenza mediana libera da progressione 13,2 mesi 11,1 mesi

Sopravvivenza globale mediana - 18 mesi

*Tasso di pazienti con risposta completa o parziale o stabilità di malattia documentate per almeno 16 settimane.

Le fusioni di RET come bersaglio terapeutico agnostico nei tumori solidi 69

La terapia sperimentale ha mostrato un buon profilo di tolleranza: riduzioni di dose sono state necessarie in 14 (31%) pazienti. Un solo paziente ha dovuto discontinuare definitivamente il trattamento per danno epatico acuto con rialzo delle transaminasi e iperbilirubinemia. Gli effetti avversi di grado almeno 3 sono ipertensione (10, 22%), aumento della alanina (7, 16%) e della aspartato aminostransferasi (6, 13%). Eventi avversi di grado 5 sono stati riscontrati in 3 pazienti (7%), nessuno dei quali ascrivibile al trattamento secondo gli investigatori.15

Lo studio di fase 1/2 ARROW indaga l’efficacia di pralsetinib per neoplasie solide positive alla fusione di RET. Pralsetinib mostra un’affinità nei confronti di RET 88 volte maggiore rispetto ad altri target, nello specifico il Vascular Endothelial Growth Factor 2 (VEGF2), verso cui agiscono inibitori tirosinchinasici orali quali cabozantinib e vandetanib.16

I pazienti in studio sono affetti da neoplasia solida localmente avanzata o metastatica, positiva per fusione RET, già trattati o naïve ma non candidabili a terapia standard of care. L’update di agosto ‘22 descrive l’efficacia di pralsetinib su 28 pazienti affetti da neoplasie solide RET positive, già trattati o non elegibili a terapia standard. 28 pazienti hanno assunto dose iniziale pari a 400 mg/die, un solo paziente di 200/100 mg bis in die per poi ricevere anch’esso la dose di 400 mg/die. I dati di efficacia sono ottenuti su un totale di 26 pazienti trattati, ma 3 di essi sono stati esclusi in quanto portatori di ulteriori mutazioni driver concomitanti. Gli istotipi in analisi sono: 4 casi di neoplasia pancreatica, 3 colangiocarcinomi, 3 carcinomi neuroendocrini, 3 sarcomi, 1 tumore mesenchimale maligno, 1 fibroma solitario maligno, 1 fenotipo misto (adenocarcinoma e sarcoma), 2 neoplasie del distretto testa-collo (entrambe non pretrattate), 1 carcinoma delle ghiandole salivari, 2 neoplasie colorettali e 2 tumori del polmone a piccole cellule.

I partner di fusione più frequenti sono: CCDC6 (26%), KIF5B (26%), NCOA4 (13%). Gli endpoint primari dello studio sono il tasso di risposte obiettive e di tossicità. Il tasso di risposta obiettiva è risultato del 57%: 3 pazienti (13%) han riportato risposta completa e 10 (43%) una risposta parziale. Il farmaco ha indotto riduzione di malattia in tutti i pazienti affetti da neoplasia del pancreas (incluso un caso di risposta completa), in 2 su 3 pazienti affetti da colangiocarcinoma, una risposta parziale e una risposta completa nei pazienti con sarcoma.

La tabella 6.2 riporta gli outcome secondari dello studio ARROW.

La dose intensità mediana è risultata pari all’86 e il tempo mediano di trattamento di 7 mesi. Eventi avversi sono accorsi in 25 pazienti (86%), di cui 20 (69%) di grado >3. Gli effetti collaterali più comuni sono stati: incremento dell’aspartato aminotransferasi (11 pazienti, 38%), dell’alanina aminotransferasi (10 pazienti, 34%) e neutropenia (10 pazienti, 34%). Due pazienti (7%) han riportato effetti di grado 4: un caso di trombocitopenia e un caso di trombocitopenia, pancitopenia e danno renale acuto. È stata registrato un decesso per causa non definibile.

Per 17 pazienti (59%) si è resa necessaria interruzione del trattamento e 13 pazienti (45%) hanno necessitato di riduzione di dose per effetti avversi. L’effetto collaterale

Tabella 6.2

Outcome secondari - studio ARROW

Outcome

Clinical Benefit Rate*

Disease Control Rate

70% (16/23)

83% (19/23)

Durata mediana della risposta 11,7 mesi

Tempo mediano alla risposta 1,9 mesi

Sopravvivenza mediana libera da progressione 7,4 mesi

Sopravvivenza globale mediana 13,6 mesi

più frequentemente responsabile di interruzione è stato la neutropenia (8 pazienti, 28%), seguito da anemia e aumento dell’aspartato aminotransferasi (3 pazienti, 10%), trombocitopenia e aumento dell’alanina aminotransferasi (2 pazienti, 7%).

Le cause più frequenti di sospensione definitiva del trattamento sono state: neutropenia (8 pazienti, 28%), anemia, aumento dell’aspartato e dell’alanina aminotransferasi (2 pazienti, 7%).17

BIBLIOGRAFIA

1. Rich TA, Reckamp KL, Chae YK, et al. Analysis of cell-free DNA from 32,989 advanced cancers reveals novel co-occurring activating RET alterations and oncogenic signaling pathway aberrations. Clin Cancer Res 2019; 25(19): 5832-42.

2. Kato S, Subbiah V, Marchlik E, Elkin SK, Carter JL, Kurzrock R. RET Aberrations in diverse cancers: next-generation sequencing of 4,871 patients. Clin Cancer Res 2017; 23(8): 1988-97.

3. Le Rolle AF, Klempner SJ, Garrett CR, et al. Identification and characterization of RET fusions in advanced colorectal cancer. Oncotarget 2015; 6(30): 28929-37.

4. Pietrantonio F, Di Nicolantonio F, Schrock AB, et al. RET fusions in a small subset of advanced colorectal cancers at risk of being neglected. Ann Oncol 2018; 29(6): 1394401.

5. Spanheimer PM, Park JM, Askeland RW, et al. Inhibition of RET increases the efficacy of antiestrogen and is a novel treatment strategy for luminal breast cancer. Clin Cancer Res 2014; 20(8): 2115-25.

6. Paratala BS, Chung JH, Williams CB, et al. RET rearrangements are actionable alterations in breast cancer. Nat Commun 2018; 9(1): 4821.

7. Skálová A, Vanecek T, UroCoste E, et al. Molecular profiling of salivary gland intraductal carcinoma

revealed a subset of tumors harboring NCOA4-RET and novel TRIM27-RET fusions: a report of 17 cases. Am J Surg Pathol 2018; 42(11): 1445.

8. Wiesner T, He J, Yelensky R, et al. Kinase fusions are frequent in Spitz tumours and spitzoid melanomas. Nat Commun 2014 [cited 2023 Mar 28]; 5: 3116.8/

9. Davis JL, Vargas SO, Rudzinski ER, et al. Recurrent RET gene fusions in paediatric spindle mesenchymal neoplasms. Histopathology 2020; 76(7) :1032-41.

10. Durham BH, Lopez Rodrigo E, Picarsic J, et al. Activating mutations in CSF1R and additional receptor tyrosine kinases in histiocytic neoplasms. Nat Med 2019; 25(12): 1839-42.

11. Li GG, Somwar R, Joseph J, et al. Antitumor activity of RXDX-105 in multiple cancer types with RET rearrangements or mutations. Clin Cancer Res 2017; 23(12): 2981-90.

12. Drilon A, Fu S, Patel MR, et al. A Phase I/Ib trial of the VEGFR-sparing multikinase RET inhibitor RXDX-105. Cancer Discov; 9(3): 384-95.

13. Taylor MH, Alva AS, Larson T, et al. A mutationspecific, single-arm, phase 2 study of dovitinib in patients with advanced

malignancies. Oncotarget 2020; 11(14): 1235-43.

14. Subbiah V, Velcheti V, Tuch BB, et al. Selective RET kinase inhibition for patients with RET-altered cancers. Annal Oncol 2018; 29(8): 1869-76.

15. Subbiah V, Wolf J, Konda B, et al. Tumour-agnostic efficacy and safety of selpercatinib in patients with RET fusion-positive solid tumours other than lung or thyroid tumours (LIBRETTO-001): a phase 1/2, open-label, basket

trial. Lancet Oncol 2022; 23(10): 1261-73.

16. Subbiah V, Gainor JF, Rahal R, et al. Precision targeted therapy with BLU-667 for RET-driven cancers. Cancer Discov 2018; 8(7): 836-49.

17. 1Subbiah V, Cassier PA, Siena S, et al. Pan-cancer efficacy of pralsetinib in patients with RET fusionpositive solid tumors from the phase 1/2 ARROW trial. Nat Med 2022; 28(8): 1640-5.

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.