Cardioinfo Congresso ESC 2016

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cardioinfo Ist ant anee di cardiologia

Congresso ESC 2016 Fiera di Roma, 27-31 agosto

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cardioinfo

Le nuove linee guida Dislipidemie Le linee guida sulle dislipidemie, messe a punto da ESC ed European Atherosclerosis Society (EAS), individuano un target di colesterolo LDL individuale basato sul rischio (definito dalle comorbilità e dal rischio di morte per cause cardiovascolari a 10 anni). Per esempio nei pazienti ad elevato rischio il target LDL è 2,6 mmol/L (100 mg/dL), mentre in tutti i pazienti – indipendentemente dal rischio cardiovascolare – è indicata una riduzione di almeno il 50% dei livelli di colesterolo LDL. Un approccio pragmatico e personalizzato molto diverso da quello delle linee guida statunitensi, che raccomandano la terapia con statine nei pazienti a rischio elevato anche in presenza di livelli bassi di LDL. Spiega Ian M. Graham del Trinity College of Dublin: “L’approccio americano, se applicato anche in Europa, avrebbe come conseguenza un sensibile aumento dei pazienti trattati con statine. La Task Force ha deciso di non seguire questa impostazione: la nostra preoccupazione è che una vasta popolazione di pazienti ad alto rischio cardiovascolare sedentari e sovrappeso abbiano i livelli di colesterolo LDL abbassati dai farmaci e decidano di ignorare altri fattori di rischio”. Nelle nuove linee guida ESC invece è data enorme importanza agli stili di vita e a una corretta alimentazione, con target di BMI e peso corporeo. Se il trattamento di prima linea è costituito dalle statine, il trattamento con statine in com-

Linee guida ESC 2016 sulla gestione delle dislipidemie: il colesterolo LDL è il target primario Rischio molto elevato: C-LDL <1,8 mmol/L (70 mg/dL) o una riduzione di almeno il 50% in caso di valore basale compreso tra 1,8 e 3,5 mmol/L (70-135 mg/dL) Rischio elevato: C-LDL <2,6 mmol/L (100 mg/dL) o una riduzione di almeno il 50% in caso di valore basale compreso tra 2,6 e 5,25 mmol/L (100-200 mg/dL) Rischio lieve-moderato: C-LDL <3,0 mmol/L (115 mg/dL)

binazione con ezetimibe è indicato in seconda linea e quello con inibitori di PCSK9 (Proprotein Convertase Subtilisin/Kexin type 9) in terza linea.

Fibrillazione atriale Le nuove linee guida sulla fibrillazione atriale (FA) riflettono il bisogno crescente di integrare e coordinare la gestione dei pazienti affetti da tale patologia. Da questo bisogno deriva la forte caratterizzazione della Task Force che ha messo a punto le linee guida in senso multidisciplinare: tra i membri non solo cardiologi di fama (tra gli altri Paulus Kirchhof e Stefano Benussi), ma anche elettrofisiologi, neurologi, cardiochirurghi e personale infermieristico specializzato. Nelle nuove linee guida sempre maggiore enfasi è posta sulla diagnosi precoce della FA asintomatica mediante screening con ECG in tutti i pazienti over 65 o con storia di ictus o attacco ischemico transitorio. La stella polare del trattamento è rappresentata dai nuovi anticoagulanti orali (NAO, NOAC o DOAC): anche i pazienti con un solo fattore di rischio cardiovascolare (CHA2DS2-VASc score 2 nelle donne e 1 negli uomini) devono essere presi in considerazione per la terapia anticoagulante. I NAO sono raccomandati in prima linea nei pazienti eleggibili grazie al loro miglior profilo di sicurezza. La prevenzione del sanguinamento nei pazienti con FA riveste un’estrema importanza: i pazienti non candidabili al trattamento con NAO vanno avviati alla terapia con antagonisti della vitamina K; aspirina e altri antiaggreganti non hanno invece alcun ruolo nella prevenzione dell’ictus.

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cardioinfo Linee guida ESC 2016 sulla gestione della fibrillazione atriale

Scompenso cardiaco acuto e cronico Le principali novità contenute nelle linee guida sulla diagnosi e il trattamento dello scompenso cardiaco (HF) acuto e cronico riguardano: l’identificazione del gruppo di pazienti con HF e riduzione moderata della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF 40-49%), come pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione intermedia (HFmrEF) – per stimolare la ricerca sulla fisiopatologia e il trattamento di questa specifica popolazione – e al tempo stesso raccomandazioni più stringenti sui criteri diagnostici per scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (HfrEF), con frazione di eiezione intermedia (HfmrEF) e con frazione di eiezione preservata (HFpEF); un nuovo algoritmo per la diagnosi di HF nel setting non

acuto basato sulla probabilità di HF; raccomandazioni mirate alla prevenzione o al ritardo dello sviluppo di franco scompenso e alla prevenzione del decesso in una fase precedente alla manifestazione dei sintomi; indicazioni all’utilizzo del nuovo composto sacubitril/valsartan, il primo arrivato sul mercato della classe degli angiotensin receptor neprilysin inhibitors (ARNI); cambiamenti nelle indicazioni per la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT); un nuovo algoritmo per la diagnosi combinata e il trattamento dello HF acuto basata sulla presenza o l’assenza di congestione/ipoperfusione. Dimitri Richter dell’Euroclinic Hospital di Atene commenta: “Si nota chiaramente che le raccomandazioni sono più incentrate sulla prevenzione dello HF rispetto a quanto accadeva nelle linee guida del 2012”.

Linee guida ESC 2016 per la gestione dello scompenso cardiaco acuto e cronico Tipologia di HF

HFrEF

HFmrEF

HFpEF

Criteri

1

Sintomi ± segni a

Sintomi ± segni a

Sintomi ± segni a

2

LVEF <40%

LEVF 40-49%

3

-

1. Livelli di peptidi natriuretici elevati 2. Almeno un criterio aggiuntivo: a. cardiopatia strutturale correlata (LVH e/o LAE), b. disfunzione diastolica

LVEF ≥50% b

1. Livelli di peptidi natriuretici elevati b 2. Almeno un criterio aggiuntivo: a. cardiopatia strutturale correlata (LVH e/o LAE), b. disfunzione diastolica

BNP = peptide natriuretico di tipo B; HF = scompenso cardiaco; HFmrEF = scompenso cardiaco con frazione di eiezione intermedia; HFpEF = scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata; HFrEF = scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta; LAE = dilatazione dell’atrio sinistro; LVEF = frazione di eiezione ventricolare sinistra; LVH = ipertrofia ventricolare sinistra; NT-proBNP = frammento N-terminale del peptide natriuretico di tipo B a

I segni possono non essere presenti nella prima fase dello scompenso (in particolare nello HFpEF) e nei pazienti in trattamento con diuretici

b

BNP >35 pg/mL e/o NT-proBNP >125 pg/mL

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cardioinfo Definizione e classificazione dei livelli di pressione arteriosa in soggetti non trattati Categoria

Pressione arteriosa sistolica (mmHg)

Pressione arteriosa diastolica (mmHg)

Ottimale

<120

e

<80

Normale

120-129

e/o

80-84

Normale-alta

130-139

e/o

85-89

Ipertensione di grado 1

140-159

e/o

90-99

Ipertensione di grado 2

160-179

e/o

100-109

Ipertensione di grado 3

≥180

e/o

≥110

Ipertensione sistolica isolata

≥140

e

<90

Prevenzione cardiovascolare nella pratica clinica Le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare presentate all’ESC 2016 sono basate sul consensus evidencebased della 6th European Joint Task Force, formata da dieci Società scientifiche. Il documento è stato stilato per supportare gli operatori sanitari nella loro comunicazione con i pazienti riguardo al rischio cardiovascolare e alle azioni da intraprendere per impattare sul rischio grazie ai benefici di uno stile di vita corretto. Inoltre le linee guida forniscono strumenti ai clinici e promuovono strategie di popolazione da declinare su scala nazionale e regionale, adattandole ai diversi servizi sanitari mondiali in linea con le raccomandazioni del Report globale 2010 dell’OMS sulle patologie non trasmissibili.

Position paper su terapie oncologiche e tossicità cardiovascolare La cardio-oncologia è un’area di importanza crescente nella pratica clinica e quindi la European Society of Cardiology ha voluto sviluppare un Position Paper sotto gli auspici dell’ESC Committee for Practice Guidelines con una Task Force guidata da Jose Zamorano dell’Hospital Ramón Y Cajal di Madrid e da Patrizio Lancelotti dell’Université de Liège, e formata da membri della International CardioOncology Society (ICOS). Il documento tocca tutti gli aspetti della tossicità cardiovascolare nel

contesto dei trattamenti oncologici, fornendo indicazioni per la gestione dei pazienti malgrado la relativa scarsità di evidenza da studi randomizzati.

Focus su ipertensione Il dibattito sull’ipertensione lieve di grado 1 Come ogni clinico ben sa, le linee guida vanno poi riportate nella pratica quotidiana. Anche quest’anno l’ESC ha dedicato numerosi simposi e sessioni scientifiche a questo punto essenziale. Da segnalare tra gli altri il dibattito sul trattamento dell’ipertensione lieve di grado 1. Per Costas Tsioufis dell’Università di Atene lievi alterazioni dei valori pressori non implicano necessariamente un basso rischio cardiovascolare: “L’ipertensione lieve di grado 1 rimane in un’area nella quale la medicina personalizzata ha uno spazio indubbio”. Krzysztof Narkiewicz della Medical University of Gdansk, in Polonia, ha sottolineato: “Troppe risorse sono forse concentrate sui pazienti più anziani, che hanno una prospettiva di vita relativamente breve nonostante il nostro intervento. Poca attenzione invece è riservata ai pazienti giovani, ad elevato rischio relativo, malgrado l’assenza di intervento li esponga ad un rischio elevato e in parte irreversibile che abbrevia la loro aspettativa di vita altrimenti lunga. In realtà il trattamento farmacologico andrebbe sempre considerato anche negli ipertesi di grado 1 a rischio moderato o lieve”. Antonio Coca dell’Universitat de Barcelona ha avvertito: “L’aumento di misurazioni della pressione arteriosa in

Quando iniziare la terapia antipertensiva Evidenza Classe

Livello

II

B

a

La terapia farmacologica deve essere presa in considerazione nei pazienti con ipertensione di grado 1 a rischio lieve-moderato quando • la pressione arteriosa è compresa tra 140/90 e 159/99 mmHg in occasione di ripetute visite • la pressione arteriosa ambulatoria è elevata • la pressione arteriosa rimane compresa tra 140/90 e 159/99 mmHg nonostante l’adozione di misure atte a modificare lo stile di vita nel corso di un ragionevole arco temporale

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cardioinfo soggetti apparentemente sani ha portato a individuare sempre più forme precoci di ipertensione: l’ipertensione lieve di grado 1 sta diventando quindi molto comune in ambulatorio. Non esistono praticamente trial randomizzati sul trattamento di questi pazienti e le decisioni terapeutiche quindi non sono basate sulla migliore evidenza. Un’evidenza indiretta – per esempio i dati dello studio HOPE-3 – suggerisce che il trattamento farmacologico dei pazienti con ipertensione lieve di grado 1 porti buoni risultati, ma ad oggi l’individualizzazione del trattamento è secondo me l’unica raccomandazione da dare”.

Trattamento dell’ipertensione: una maratona o uno SPRINT? Nel 2015 i dati dello studio SPRINT (Systolic Blood Pressure intervention Trial) del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) hanno supportato un trattamento aggressivo della pressione arteriosa, suscitando una grande attenzione da parte della comunità medica. Una vasta meta-analisi (123 studi presi in esame, compreso il trial SPRINT, per un totale di 613.815 pazienti) condotta recentemente da un team di ricercatori coordinati da Dena Ettehad del George Institute for Global Health dell’University of Oxford ha poi concluso che la diminuzione dei valori pressori da >160 a <130 mmHg riduce significativamente il rischio cardiovascolare e le comorbilità (eccetto insufficienza renale e diabete). Risultati che sembrano supportare con forza l’approccio dello SPRINT. Giuseppe Mancia del Policlinico di Monza si domanda: “I target di pressione arteriosa sistolica (SBP) raccoman-

dati dovranno essere sostanzialmente abbassati per seguire le indicazioni del trial SPRINT? La questione non è così semplice come potrebbe apparire. I dati SPRINT presentano alcuni problemi di interpretazione: non si registra una riduzione di ictus e IM; la riduzione di scompenso cardiaco cronico (CHF) è forse amplificata in realtà dal maggiore utilizzo (o dall’effetto di mascheramento) dei diuretici e dal loro impatto sui sintomi di CHF; si registra anche una riduzione della mortalità non cardiovascolare tra i partecipanti; c’è un maggiore beneficio nella riduzione della SBP nei soggetti con SBP iniziale più bassa (<132 vs. >145mmHg); non è del tutto chiaro quale sia il target ottimale di SBP nello spazio tra 134 e 121mmHg. Inoltre, dato che lo SPRINT non è un trial in cieco, quanto del beneficio mostrato dal gruppo di pazienti trattati in modo intensivo può essere spiegato con una gestione migliore in generale del trattamento?”. Secondo Mancia comunque l’approccio «The lower (BP) the better» potrebbe essere utilizzato nella prevenzione primaria dell’ictus e adottato quando l’ictus è l’outcome predominante. William C. Cushman del Memphis VA Medical Center dell’University of Tennessee Health Science Center precisa: “Lo SPRINT ha esaminato gli effetti di un trattamento dell’ipertensione più aggressivo di quanto sia raccomandato nelle attuali linee guida: nel complesso i benefici hanno superato significativamente i possibili danni dovuti a un approccio terapeutico simile. Quali sono le implicazioni possibili dei dati SPRINT per le linee guida sull’ipertensione? Cambieranno gli obiettivi di SBP da raggiungere per tutti o solo per la popolazione di pazienti simile a quelli arruolati nel trial? Cosa succederà per le popolazioni a rischio elevato ma in situazioni diverse? E

The SPRINT Research Group, NEJM 2015;373:2103

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cardioinfo ai pazienti a basso rischio? Sono solo alcune delle domande alle quali occorre rispondere con la ricerca”. Decisamente più critico Sverre E. Kjeldsen dell’Oslo University Hospital Ullevaal di Oslo, Past-President della European Society of Hypertension: “Innanzitutto va osservato che nel trial SPRINT il target SBP di 120 mmHg corrisponde ai circa 140 mmHg degli altri trial. Sono anch’io del parere che i risultati riguardanti la differenza nello HF tra i gruppi di pazienti siano dovuti in realtà rispettivamente all’aumento o alla diminuzione della titolazione dei diuretici, con un effetto di mascheramento dell’endpoint. La differenza nei tassi di mortalità potrebbe essere non specifica e causata da un migliore follow-up nel braccio del trattamento intensivo. A mio parere il rischio di causare un danno al paziente con questo approccio terapeutico estremo è maggiore del potenziale beneficio del trattamento e lo SPRINT non dovrebbe avere implicazioni per le future linee guida e per la pratica clinica. Come hanno scritto in un recente editoriale sull’American Journal of Medicine Franz H. Messerli del­l’Icahn School of Medicine at Mount Sinai e Sripal Bangalore del NYU Langone Medical Center, al cardiologo spetta una scelta: dire al paziente che abbassare la pressione a 120 mmHg o meno prendendo 3 farmaci al giorno per più di 3 anni ridurrà il rischio di eventi cardiovascolari del 25% e aumenterà il rischio di eventi avversi solo dal 2,5% al 4,7% o viceversa dire al paziente che abbassare la pressione a 120 mmHg o meno prendendo 3 farmaci al giorno per più di 3 anni ridurrà i tassi di mortalità di meno dell’1% annuo però in compenso aumentando il rischio di ipotensione, sincope, danno renale grave o insufficienza renale dell’88%”.

L’importanza dell’aderenza alla terapia Di indubbia importanza l’appello lanciato da Michel Burnier del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV) di Lausanne al Congresso ESC: “Nella vita reale, il controllo della pressione arteriosa è spesso non ottimale. Globalmente la pressione è sotto controllo solo nel 32,5% dei pazienti. La gestione dell’aderenza alla terapia è sempre più parte integrante dei percorsi di cura. L’appello che rivolgo ai colleghi è il seguente: quando un trattamento non sta funzionando, pensate anche alla non aderenza! Su scala globale molti benefici in più deriverebbero dall’aumento dell’aderenza ai trattamenti già esistenti piuttosto che dallo sviluppo di nuovi trattamenti”.

Patologia coronarica Sigmund Silber dell’Herzdiagnostikzentrum di München ha riassunto alcuni importanti take home message: “Se dovessi segnalare lo studio forse più importante in questo ambito tra quelli presentati a Roma, indicherei senza dubbio prima di tutto il trial PEGASUS-TIMI 54 (Prevention of Stroke with Ticagrelor in Patients with Prior Myocardial Infarction), che ha dimostrato dati molto consistenti sull’utilità di una DAPT con ticagrelor a basso dosaggio, e poi gli studi CE-MARC 2, PACIFIC e CONSERVE che hanno dimostrato l’equivalenza del­l’utilizzo di riso-

Come misurare l’aderenza alla terapia

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cardioinfo nanza magnetica (MR) e angiografia coronarica con Nomogramma per il nuovo score di rischio basato su biomarcatore tomografica computerizzata (CCTA) rispetto all’uso di SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography, tomografia ad emissione di fotone singolo). Altro messaggio essenziale arrivato riguarda i servizi sanitari: si possono ottenere considerevoli risparmi senza aumentare i rischi per il paziente evitando del tutto o diminuendo l’utilizzo di defibrillatori nei pazienti con scompenso cardiaco non-ischemico e Per ogni predittore, leggere i punti assegnati sulla scala da 0 a 10 in alto e quindi sommare questi punti. frazione di eiezione ventriTrovare il numero nella scala “Punti totali” e poi, al di sotto, leggere le corrispondenti predizioni di rischio di ictus o di embolismo sistemico a 1 e a 3 anni. Le variabili continue sono rappresentate dal 1° al 99° percentile. colare sinistra gravemente Il modello predittivo è usato preferibilmente come app o calcolatore web-based. ridotta, evitando del tutto o diminuendo il telemonitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco, utilizzan- tasso di complicanze, tassi di fibrillazione atriale postodo gli stent a rilascio di farmaco (DES) meno costosi con peratoria (PAF) a 60 giorni analoghi alla dimissione, menscaffold polimerico più resistente e stent metallici non tre anche l’ablazione con cryoballoon ha dimostrato una assorbibili, diminuendo la durata della DAPT a 4 settimane non inferiorità rispetto a quella a radiofrequenza nella dopo l’impianto di DES nei pazienti avviati a terapia anti- fibrillazione atriale parossistica. Per quanto riguarda poi coagulante a lungo termine, evitando infine se possibile la tachicardia ventricolare, abbiamo imparato che l’ablale cauterizzazioni non necessarie”. zione è uno strumento importante ed efficace, che l’incidenza di tachicardia ventricolare non sostenuta post SCA innalza il rischio di mortalità cardiovascolare e che questo rischio è più elevato nelle 4 settimane seguenti la sindrome coronarica acuta. Non vi sono invece evidenDi trarre una sintesi delle novità in questo campo si è ze che una strategia diagnostica basata sui monitor caroccupato Gonzalo Barón Esquivias della Universidad diaci impiantabili (loop recorder) riduca la mortalità a de Sevilla: “La fibrillazione atriale è stata davvero al centro lungo termine rispetto a una strategia standard, è necesdei lavori quest’anno, con nuove linee guida e numerosi saria nuova ricerca sul tema”. studi importanti. Lo score ABC (Age, Biomarker, Clinical history) si è dimostrato uno strumento prezioso per definire il rischio di sanguinamento nei pazienti con FA, mentre lo studio PLATON ha dimostrato l’efficacia della terapia post-chirurgica con landiolol per la prevenzione di FA nei pazienti con disfunzione del ventricolo sinistro; uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ci ha mostrato come in realtà la strategia “rhythm@Cardioinfo_it control” e quella “rate-control” nella FA post-chirurgia Negative results are also useful. siano sovrapponibili dal punto di vista del vantaggio cli#ESCcongress @CMichaelGibson nico: stesso numero di giorni di ospedalizzazione, stesso 29 agosto 2016 1:28 pm

Aritmie e device

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Depositato in AIFA in data 19/10/2016 PP-LIP-ITA-0020

Realizzato con un contributo non condizionante di

26TO497

5 giorni di sessioni scientifiche su 150 topic cardiovascolari 500 expert session quasi 5.000 abstract piĂš di 33.000 operatori sanitari di 140 Paesi presenti

Registrazione al Tribunale di Roma n. 285/2015

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