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costi dell’assistenza e risorse economiche

2|2025

Quale

INCONTRI

strategia per avere finanziamenti per la ricerca?

A colloquio con Chiara Gabbi

Medico specialista in Medicina interna e dottore di ricerca in Scienze mediche

Quanto è importante il finanziamento da parte di agenzie come l’Nih nello sviluppo delle carriere dei ricercatori alle prime armi in Italia?

È importantissimo anche in Italia per un giovane ricercatore ottenere finanziamenti indipendenti. Essi sono fondamentali per assicurare il progresso scientifico e al contempo rappresentano uno strumento chiave di crescita, sia per i singoli ricercatori che per le istituzioni di ricerca e, nel lungo termine, anche per il sistema paese nel

CARE offre dal 1999 a medici, amministratori e operatori sanitari un’opportunità in più di riflessione sulle prospettive dell’assistenza al cittadino, nel tentativo di coniugare – entro severi limiti economici ed etici – autonomia decisionale di chi opera in Sanità, responsabilità collettiva e dignità della persona.

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suo complesso. Supportare la crescita dei giovani ricercatori è stata una delle principali ragioni per cui ho deciso di scrivere con il Pensiero Scientifico Editore il libro Fondamenti di grantsmanship. Questo testo fornisce tutte le nozioni base per il disegno e la scrittura delle richieste di sovvenzione economica per la ricerca biomedico-sanitaria. La grantsmanship è l’arte di scrivere richieste di finanziamento. Come ogni arte, si basa su pilastri tecnici che devono essere applicati. In particolare, principi di metodologia della ricerca, di scrittura scientifica/ comunicazione e di marketing costituiscono la base di tale disciplina.

Quali sono le strutture di finanziamento che possono supportare la crescita professionale dei ricercatori italiani?

Ci sono diversi meccanismi di finanziamento che possono supportare la crescita professionale dei giovani ricercatori italiani. È cruciale avere chiarezza su ciò che si desidera per la propria carriera e su

DALLA LETTERATURA

Approfondimenti su: screening polmonare, aderenza, tossicità finanziaria, follow-up post-dimissioni, articoli rejected e fine di USAID

10 DOSSIER I dati aggiornati dell’Osservatorio

PDTA Net: uno strumento per favorire l’assistenza integrata delle patologie croniche

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CONFRONTI

Al centro del dibattito: se PuBMed scomparisse?, migranti e demenza: l'esperienza di Modena, il valore del patient engagement

01 Incontri QUALE STRATEGIA PER AVERE FINANZIAMENTI PER LA RICERCA? A colloquio con Chiara Gabbi

13 Dalla letteratura internazionale

10 Dossier I DATI AGGIORNATI DELL’OSSERVATORIO PDTA NET DI FONDAZIONE RES PER INDIRIZZARE E FAVORIRE L’ASSISTENZA INTEGRATA DELLE PATOLOGIE CRONICHE

13 Confronti SE PUBMED SCOMPARISSE?

MIGRANTI E DEMENZA: A MODENA UN MODELLO DI INCLUSIONE

IL VALORE ECONOMICO DEL PATIENT ENGAGEMENT

Tutti gli articoli e le interviste sono disponibili su www.careonline.it

CARE Costi dell’assistenza e risorse economiche

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Arriva anche in Europa l’eco dei tagli al finanziamento dei National institutes of health (Nih) statunitensi da parte della nuova amministrazione presidenziale. Ne abbiamo parlato con Chiara Gabbi, medico specialista in Medicina interna e dottore di ricerca in Scienze mediche. Gabbi ha trascorso buona parte della propria carriera all’estero, prima in Svezia presso il Karolinska Institutet, dove ha conseguito un master e il PhD in Scienze mediche, poi negli Stati Uniti dove è stata Research assistant professor presso l’Università di Houston in Texas e scholar alla Harvard Medical School. Oltre all’attività clinica e di ricerca, negli anni Gabbi ha ricevuto numerosi incarichi di docenza presso scuole di dottorato in Italia e negli Stati Uniti riguardo le discipline di grantsmanship, scrittura scientifica e comunicazione. Dal 2020 è docente nei programmi Effective writing for health care e Global clinical scholars research training della Harvard Medical School di Boston.

cosa necessita il progetto scientifico per procedere al meglio.

Se ci si trova in una fase della carriera in cui si desidera per esempio fare un’esperienza all’estero per apprendere tecniche specifiche attraverso un progetto di ricerca, i fellowship grant (borse di studio) possono essere particolarmente utili. A livello internazionale, uno dei più prestigiosi è il programma Marie Skłodowska-Curie Postodoctoral Fellowships finanziato dalla Commissione Europea1. In aggiunta, fondazioni private non-profit, aziende farmaceutiche e società scientifiche possono rappresentare buone fonti di borse di studio.

Quando invece si è pronti a implementare un progetto di ricerca, è fondamentale procedere per gradi. Inizialmente, è strategico ottenere fondi per esperimenti pilota. Questi esperimenti permettono di creare un corpus di dati preliminari che supportano la nuova ipotesi, la fattibilità del progetto e la sua componente innovativa. Anche in questo caso, fondazioni, associazioni, società scientifiche o gli enti di ricerca stessi possono fornire il supporto necessario.

Una volta ottenuti dati preliminari solidi, si possono richiedere finanziamenti per progetti più strutturati di durata anche di cinque anni. In Italia ci sono diverse opportunità di finanziamento che vanno da fondi ministeriali a quelli offerti da fondazioni. Un esempio è l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), che ha meccanismi di finanziamento dedicati ai giovani ricercatori per aiutarli a costituire il proprio gruppo di ricerca e laboratorio indipendente2. Inoltre, è importante considerare i finanziamenti europei, per esempio dello European Research Council3, che supportano i giovani ricercatori: gli starting grant per ricercatori dai 2 ai 7 anni dopo il conseguimento del dottorato; i consolidator grant per professionisti dai 7 ai 12 anni post dottorato.

Nella prima parte del libro Fondamenti di grantsmanship vengono fornite indicazioni pratiche su come identificare le migliori fonti di finanziamento per i propri progetti. Questo percorso può sembrare complesso, ma con le giuste risorse e un piano ben

strutturato, è possibile ottenere il supporto necessario per far progredire la propria carriera nel campo della ricerca.

Tornando all’attualità statunitense, permane l’incertezza riguardo al finanziamento della ricerca. Ritiene che sia un fenomeno globale o più specifico degli Stati Uniti?

Penso sia un fenomeno globale, che colpisce in particolare i paesi con limitati finanziamenti alla ricerca. Ho trascorso molti anni della mia carriera in Svezia e negli Stati Uniti e posso confermare che l’ambiente accademico in questi paesi può comportare precarietà e incertezza, anche quando si ricoprono faculty positions

Come influisce questa condizione di precarietà sui ricercatori in Italia?

Ritengo che la precarietà non permetta di pensare “a lungo termine”. Se si è vincolati totalmente da finanziamenti esterni per portare avanti la propria ricerca, si rischia di lavorare a progetti brevi che non hanno il potenziale impatto di cambiare davvero la storia naturale di una patologia. Inoltre, la precarietà può avere conseguenze significative sulla carriera dei ricercatori. Molti potrebbero essere tentati di abbandonare la ricerca scientifica per cercare opportunità più stabili e meglio remunerate in altri settori.

Quale consiglio darebbe ai giovani ricercatori in Italia che cercano di navigare in questo ambiente incerto e continuare il loro lavoro nei campi legati alla salute?

Navigare nell’ambiente della ricerca scientifica in Italia può essere complesso, ma ci sono diversi approcci che possono aiutare. In primo luogo, investire nella formazione è essenziale. Comprendere le tecniche di grantsmanship è di vitale importanza per un giovane ricercatore. Acquisire queste competenze, insieme a solide conoscenze di metodolo-

“Comprendere le tecniche di grantsmanship è di vitale importanza per un giovane ricercatore. Acquisire queste competenze... può fare una grande differenza nel lungo termine, permettendo di ottenere le risorse necessarie per portare avanti i propri progetti.”

gia della ricerca, può fare una grande differenza nel lungo termine, permettendo di ottenere le risorse necessarie per portare avanti i propri progetti. È anche utile pensarsi non solo come ricercatori italiani, ma anche europei. Partecipare ai programmi di finanziamento della Commissione europea può aprire molte opportunità e stabilizzare la carriera. Inoltre, le collaborazioni internazionali e con l’industria sono strumenti utili. Allearsi con istituzioni di ricerca all’estero e con l’industria può offrire nuove prospettive e supporto indipendente. Infine, penso che sia fondamentale ricordarsi sempre che come ricercatori siamo artefici di un futuro migliore per chi oggi soffre. Questa motivazione è ciò che ci sostiene e ci aiuta ad andare avanti nonostante le difficoltà e il percorso impervio.

150.000 dollari, “perdendo” ben 130.000 dollari, una cifra significativa. In Italia per molti finanziamenti pubblici e di fondazioni private c’è un tetto del 10% di costi indiretti. Tale limite sale fino al 25% per molti finanziamenti europei di Horizon Europe. Pertanto, i finanziamenti dell'Unione europea sono e diventeranno sempre più interessanti e strategici.

Venendo ai temi da lei considerati nel libro Fondamenti di grantsmanship, quali sono nella sua esperienza le principali trappole che si nascondono nella preparazione di una richiesta di finanziamento?

BIBLIOGRAFIA

1. https://marie-sklodowska-curieactions.ec.europa.eu/actions/ postdoctoral-fellowships

2. https://www.direzionescientifica.airc. it/funding-for-research/individualgrants/

3. https://erc.europa.eu/homepage

4. https://www.mur.gov.it/it/areetematiche/universita/carrieraaccademica/chiamate-dirette

5. SJR. Scimago Journal & Country Rank (https://www.scimagojr.com [Data ultimo accesso 5 marzo 2025]).

6. Jaffee EM, Van Dang C, Agus DB, et al. Future cancer research priorities in the USA: a Lancet Oncology Commission. Lancet Oncol 2017; 18(11):e653-e706.

In Italia, ci sono strutture di finanziamento alternative ai programmi istituzionali che garantiscono maggiore stabilità per i ricercatori alle prime armi, soprattutto per quelli nel campo sanitario? Ci sono opportunità interessanti proprio legate ai finanziamenti cosiddetti “programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’Unione europea o dal Miur”, i cui vincitori possono essere oggetto di chiamata diretta da parte delle università italiane, avendo così la possibilità di stabilizzare la propria carriera4. Per esempio, un vincitore di un grant dello European research council, in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, può accedere alla posizione di professore presso un’università italiana. Questo tipo di finanziamento non solo supporta la ricerca innovativa, ma offrirebbe anche ai ricercatori una prospettiva di carriera più solida e sicura.

È indubbio che le decisioni politiche, come sta avvenendo negli Stati Uniti in questa apertura dell’anno 2025, influenzano i progressi scientifici in Italia: l’Italia affronta sfide simili con i propri finanziamenti governativi per la ricerca sanitaria?

Lo scenario dei finanziamenti pubblici dell’Nih sta davvero cambiando. Per esempio, a partire da febbraio 2025 è stato fissato al 15% il tetto massimo dei costi indiretti per tutti i grant, sia futuri che esistenti. Tali costi indiretti (overhead) sono i costi che gli enti di ricerca devono coprire per la propria sussistenza (per esempio, i costi dell’elettricità o delle pulizie) e sono calcolati in base a una percentuale del finanziamento totale che un gruppo di ricerca richiede. Finora tali costi in Usa raggiungevano il 27-28%. Per esempio, se un progetto aveva ottenuto un finanziamento di un milione di dollari con un overhead del 28% (ossia 280.000 dollari), ora, con un tetto del 15%, avrà i suoi overhead ricalcolati a

Ci sono tre criticità importanti. La prima è la mancanza di dati preliminari solidi che supportino ipotesi, fattibilità e innovazione di quanto viene proposto. Non servono ‘tanti’ dati ma dati chiave per convincere i revisori della validità e del possibile impatto positivo di quanto proposto.

La seconda riguarda la fattibilità. Talvolta ci sono progetti molto ambiziosi, difficili da portare avanti in un periodo, per esempio, di soli tre anni. È importante supportare la fattibilità di quanto si propone, mostrando con dati preliminari o citando i propri lavori che si è in grado di fare quanto proposto; bisogna mostrare il meglio e le competenze del proprio team; descrivere con accuratezza le infrastrutture a disposizione per la ricerca; e mostrare un’organizzazione credibile degli esperimenti nel tempo.

La terza ragione è la mancata applicazione dei criteri di grantsmanship. Mi permetta di raccontarle come è nato questo libro. Nella mia esperienza di revisore, componente e presidente di commissioni di valutazione delle richieste di finanziamento, ho sempre apprezzato l’alto livello della ricerca italiana. Questa evidenza è supportata da dati che mostrano che in ambito biomedico-sanitario i lavori pubblicati dai gruppi italiani sono tra i più citati a livello mondiale5,6. Tuttavia, se si considerano i finanziamenti ricevuti, l’Italia non è tra i primi in Europa nel settore delle life sciences. Perché? Ritengo che una delle ragioni sia la mancanza di criteri e regole adeguate per redigere una richiesta di finanziamento. È per questo motivo che ho deciso di affiancare alla mia attività di medico e ricercatrice quella di docente, insegnando ai giovani le tecniche di grantsmanship. Questo libro nasce da anni di insegnamento a ormai migliaia di giovani ricercatori, i cui successi mi hanno ispirata e supportata nella stesura di questo libro. n

Intervista a cura della Redazione

Screening polmonare: quando il paziente reale cambia le regole del gioco

Braithwaite D, Karanth S, Slatore CG, et al.

Burden of comorbid conditions among individuals screened for lung cancer

JAMA Health Forum 2025;6(2):e245581

Lo screening con tomografia computerizzata a basso dosaggio (Ldct) per il cancro del polmone è stato salutato come una grande conquista. I risultati del National lung screening trial (Nlst), pubblicati nel 2011 sul New England Journal of Medicine, avevano infatti dimostrato che, nei fumatori attuali ed ex-fumatori, tre cicli annuali di screening con Ldct riducevano la mortalità per tumore polmonare del 20% rispetto allo screening condotto con tre cicli di radiografia del torace. Quel risultato si basava però su una popolazione selezionata: soggetti tendenzialmente giovani, in buona salute generale, assistiti in centri di eccellenza.

Cosa succede, invece, quando questo screening viene introdotto nella pratica clinica quotidiana? È questa la domanda a cui cerca di rispondere uno studio multicentrico di coorte pubblicato su JAMA Health Forum e condotto utilizzando i dati sanitari di oltre 31.000 pazienti afferenti a tre diversi servizi sanitari statunitensi, l’University of Florida Health, il Medical University of South Carolina e il Kaiser Permanente Southern California.

UN PAZIENTE MOLTO DIVERSO DA QUELLO ATTESO

I dati dei pazienti inseriti nella coorte del programma PLuS (Personalized lung cancer screening) parlano chiaro: quasi la metà dei soggetti sottoposti a screening aveva più di 65 anni, e circa il 10% superava i 75. Non solo: condizioni croniche importanti come Bpco (32,7%), dia-

bete (24,6%) e cardiopatie (15,9%) erano molto più frequenti rispetto ai partecipanti all’Nlst. Circa un quinto dei pazienti aveva un indice di comorbilità di Charlson pari o superiore a 4, mentre il 18% presentava una condizione di fragilità clinica avanzata (vedi tabella).

È evidente quindi come lo scenario reale presenti caratteristiche ben diverse rispetto a quello dei pazienti arruolati nell’Nlst. E questo ha conseguenze cruciali: molti di questi pazienti, proprio per l’età avanzata e le loro comorbilità, potrebbero non sopravvivere abbastanza a lungo da trarre un vantaggio concreto dalla diagnosi precoce garantita dall’impiego di un utilizzo così estensivo dello screening polmonare. Al contrario, potrebbero andare incontro a effetti collaterali evitabili, come complicazioni da biopsie o interventi chirurgici per noduli benigni.

VERSO UNO SCREENING PERSONALIZZATO

I dati dello studio pongono con forza una questione: lo screening per il tumore del polmone, così come concepito, è davvero applicabile a tutti? Oppure è giunto il momento di pensare a un approccio più selettivo e personalizzato, che tenga conto del profilo individuale di rischio di ogni singolo paziente?

Un criterio basato solo sull’età o sulla storia tabagica del paziente non è più sufficiente. Serve integrare nuovi parametri come l’indice di fragilità, la funzione respiratoria, le comorbilità note, e – perché no – anche gli indicatori sociali e di accesso alle cure. Altrimenti il rischio è quello di generare un eccesso di diagnosi, aggravare le disuguaglianze e compromettere inutilmente la qualità della vita dei pazienti.

Non si tratta di abbandonare lo screening, ma di evolverlo passando da un modello “uno per tutti” a uno “su misura”, utilizzando algoritmi di selezione dei pazienti più raffinati, capaci di valutare chi davvero può trarre beneficio da questo strumento. n

CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI ARRUOLATI NELL’NLST RISPETTO A QUELLI ARRUOLATI NEL PROGRAMMA PLuS

Età ≥ 75 anni

Diabete Bpco/enfisema/bronchite cronica

Cardiopatie

Indice di Charlson

Indice di fragilità ≥0,20

Diversità etnica (non bianchi)

Fumatori attuali

Aderenza

alle terapie

cardiovascolari e tecnologie digitali: limiti ed evidenze

Ho PM, Glorioso TJ, Allen LA et al.

Personalized patient data and behavioral nudges to improve adherence to chronic cardiovascular medications: a randomized pragmatic trial

JAMA 2025; 333: 49-59

L’aderenza terapeutica ai farmaci cardiovascolari rappresenta da tempo una criticità nella gestione delle malattie croniche. Le ricadute cliniche, sociali ed economiche della non aderenza sono ampiamente documentate: aumentano i tassi di ospedalizzazione, peggiora la prognosi e crescono i costi per i sistemi sanitari. In questo contesto si colloca lo studio di un gruppo di ricercatori, afferenti a diversi istituti americani e guidati da Michael Ho della Divisione di cardiologia della University of Colorado Medical school di Aurora (CO), pubblicato su JAMA nel gennaio 2025, che ha analizzato l’efficacia di diversi approcci digitali, in particolare messaggi testuali personalizzati e chatbot automatizzati, nell’incrementare l’aderenza alla prescrizione di farmaci cardiovascolari.

DISEGNO DELLO STUDIO E METODOLOGIA

I ricercatori si sono chiesti se l’invio un promemoria di testo ai pazienti che hanno mostrato una scarsa aderenza alle terapie cardiovascolari fosse in grado di migliorarne l’aderenza. Per rispondere a questo quesito hanno condotto un trial pragmatico randomizzato che ha coinvolto 9.501 pazienti adulti tra il 2019 e il 2023, provenienti da tre diversi sistemi sanitari statunitensi: il Denver Health and Hospital Authority, un sistema ospedaliero di sicurezza sociale nella contea di Denver; il Veterans Administration Eastern Colorado Health Care System, che fornisce assistenza ai veterani nella regione delle Montagne Rocciose; e lo UCHealth’s University of Colorado Hospital, un centro medico accademico.

Tutti i partecipanti presentavano almeno una condizione cardiovascolare cronica – tra cui ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, fibrillazione atriale o coronaropatia – ed erano stati identificati come non aderenti, sulla base di un ritardo di almeno 7 giorni nel rinnovo di una prescrizione medica.

I pazienti sono stati suddivisi in quattro gruppi: il primo ha ricevuto messaggi generici di promemoria per il rinnovo della prescrizione; il secondo messaggi contenenti anche spinte comportamentali (behavioral nudges) volte a sensibilizzare il paziente sull’importanza di essere aderente alla terapia; il terzo messaggi di testo contenenti spinte comportamentali che prevedevano anche l’impiego di una chatbot in grado di interrogare il paziente e, sulla base delle sue risposte, elaborare un programma di promemoria più personalizzato; il quarto non ha invece ricevuto alcun intervento (assistenza usuale). L’outcome primario era rappresentato dal miglioramento della proporzione di giorni in cui il paziente disponeva del farmaco prescritto nell’arco di 12 mesi. Outcome secondari includevano la valutazione del tempo intercorso tra l’arruolamento del paziente nel trial e il possibile manifestarsi di eventi che potevano indurlo al ricorso a un dipartimento di emergenza, all’ospedalizzazione o addirittura al decesso.

RISULTATI PRINCIPALI

Dopo 12 mesi, i dati hanno mostrato un miglioramento modesto ma statisticamente non significativo nella proporzione di giorni coperti dal trattamento nei gruppi di intervento rispetto al gruppo di controllo: questa proporzione si attestava infatti al 62% per i pazienti che avevano ricevuto messaggi generici, al 62,3% per chi aveva ricevuto promemoria con spinte comportamentali, e al 63% per i pazienti che hanno utilizzato anche la chatbot, contro il 60,6% del gruppo senza interventi. Anche le analisi secondarie sugli eventi clinici – accessi al pronto soccorso, ospedalizzazioni e mortalità – non hanno evidenziato differenze significative tra i quattro gruppi. Tuttavia, un’analisi post hoc ha rivelato un miglioramento più marcato nei primi tre mesi: tutti i gruppi di intervento mostravano un incremento di circa 5 punti percentuali nella proporzione di giorni coperti dalla prescrizione e una riduzione media di 5 giorni nel periodo di tempo che intercorreva tra una prescrizione e il suo rinnovo. Questo suggerisce un impatto iniziale positivo di questo tipo di interventi, destinato però a diminuire nel tempo.

IMPLICAZIONI CLINICHE

L’intervento testato si è rivelato sicuro, economicamente sostenibile e logisticamente semplice da implementare, ma ha avuto un impatto limitato sul lungo periodo. Il messaggio chiave che emerge è che l’aderenza ai farmaci cardiovascolari è influenzata da molteplici fattori, per cui non basta un semplice promemoria per innescare un cambiamento duraturo nei comportamenti dei pazienti. Nonostante l’assenza di un risultato clinicamente rilevante a 12 mesi, lo studio fornisce spunti utili per la progettazione di strategie più efficaci e integrate. Il breve effetto positivo iniziale potrebbe essere potenziato attraverso messaggi più frequenti, maggiormente personalizzati, bidirezionali e supportati da un contesto relazionale e motivazionale forte, che può prevedere l’inserimento di farmacisti o infermieri nella catena comunicativa.

PROSPETTIVE FUTURE

Lo studio di Ho e colleghi conferma che i messaggi di testo, da soli, non bastano per migliorare significativamente l’aderenza dei pazienti all’assunzione dei farmaci cardiovascolari. Per tradursi in un reale miglioramento della qualità dell’assistenza, queste soluzioni devono essere combinate con approcci multifattoriali che includano l’educazione del paziente e una gestione integrazione dei suoi dati clinici. Il coinvolgimento del paziente rimane quindi cruciale: solo una comunicazione che rispetti i suoi bisogni, tempi e abitudini può trasformarsi in un’aderenza consapevole e stabile alle prescrizioni farmaceutiche. Questo implica un ripensamento delle modalità di contatto con i pazienti e delle tempistiche degli interventi che si vogliono mettere a punto così da ottenere una loro maggiore collaborazione. n

La chiusura di USAID e le incognite per la salute globale

The Lancet

The demise of USAID: time to rethink foreign aid?

Lancet 2025; 405: 951

La decisione dell’amministrazione Trump di smantellare l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) solleva forti preoccupazioni e interrogativi nel panorama sanitario globale. Ne discute un editoriale di venerdì 21 marzo sul Lancet. Secondo quanto annunciato dal Segretario di Stato Marco Rubio, l’83% dei programmi finanziati da USAID verrà interrotto, mentre i restanti saranno assorbiti dal Dipartimento di Stato. Questa scelta segna la fine di un’organizzazione che, fondata dal Presidente Kennedy nel 1961, ha fornito aiuti vitali a milioni di persone nel mondo.

Alcune cifre per evidenziare l’impatto che avrà la decisione: solo nell’anno fiscale 2024, USAID ha distribuito 32,5 miliardi di dollari, di cui 8,9 miliardi destinati ai programmi sanitari e 8,6 miliardi all’assistenza umanitaria. L’agenzia aveva inoltre investito 2,3 miliardi nella lotta contro Hiv/Aids, tubercolosi e malaria, e 290 milioni nello sviluppo di vaccini e programmi di immunizzazione.

La chiusura di USAID mette a rischio la continuità di molti progetti fondamentali per la salute globale, minacciando non solo i progressi nella lotta alle malattie infettive, ma anche gli sforzi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite. Organizzazioni come il World food programme e il Global fund to fight Aids, tuberculosis, and malaria, che dipendevano fortemente dai fondi USAID, si trovano ora in una situazione di estrema incertezza.

Il Lancet mette in chiaro un altro aspetto non irrilevante: USAID non è

un’organizzazione soltanto caritatevole, in quanto svolge una precisa funzione diplomatica, controbilanciando la presenza strategica e militare globale degli Stati Uniti. Al di là dell’aspetto umanitario, la chiusura di USAID rappresenta quindi un colpo alla diplomazia statunitense. L’agenzia aveva infatti svolto un ruolo cruciale come strumento di soft power, promuovendo l’immagine degli Stati Uniti attraverso investimenti in salute, istruzione e democrazia, contribuendo così alla stabilità globale e alla sicurezza americana. Oggi l’amministrazione Trump non si fa scrupolo di gettare la maschera, affacciandosi sullo scacchiere internazionale soltanto facendo il viso dell’arme.

CHI POTRÀ COLMARE IL VUOTO LASCIATO DA USAID?

In un panorama in cui anche paesi come Regno Unito, Francia e Germania stanno riducendo le proprie spese per gli aiuti internazionali, si pone ora una domanda cruciale: chi potrà colmare il vuoto lasciato da USAID?

Naturalmente l’amministrazione americana giustifica la decisione sostenendo di dover far fronte alle inefficienze dell’attuale sistema degli aiuti. Sta di fatto che la crisi aperta dalla chiusura di USAID evidenzia l’urgenza di ripensare l’intero modello di cooperazione internazionale. La fine di USAID impone non solo un ripensamento strategico degli aiuti globali, ma anche un cambio di paradigma che dia maggiore centralità alle competenze e alle risorse locali. L’editoriale del Lancet punta su iniziative come l’Agenda di Lusaka 2023, ricordando i recenti impegni dell’Unione Africana che sembrano spingere verso una maggiore autonomia finanziaria dei paesi in via di sviluppo, con investimenti nei sistemi sanitari locali e meccanismi di trasparenza per garantire una gestione efficace delle risorse interne.

La verità è che, in nome della lotta al ‘wokismo’, la nuova presidenza statunitense non fa passar giorno senza segnare un attacco al sistema civile che aveva contribuito, nel secondo dopoguerra, all’estensione del welfare su scala globale. È recentissima la notizia della pressocché totale chiusura del Dipartimento dell’educazione, motivando la decisione con la volontà di combattere quella che Trump definisce un’agenda educativa “radicale e woke”. Il Dipartimento, che nel febbraio 2025 contava oltre 4.000 dipendenti e gestiva un budget annuale di 268 miliardi di dollari, svolge un ruolo cruciale nella gestione dei prestiti studenteschi federali (per un totale di 1,6 trilioni di dollari) e nei finanziamenti alle scuole K-12 (dall’asilo alle superiori). La mossa di Trump è parte della sua battaglia ideologica contro le iniziative di diversità, equità e inclusione, nonché contro la teoria critica della razza e le politiche di genere. Le politiche riguardanti i diritti delle persone transgender, come la possibilità di partecipare a squadre sportive scolastiche in base all’identità di genere o di utilizzare bagni coerenti con essa, sono state definite da Trump e dai suoi alleati come una minaccia ai diritti dei genitori e in contrasto con i valori biblici. Peraltro, queste posizioni sono ben chiare nel Project 2025 e nella piattaforma politica del Partito Repubblicano del 2024, la famosa e famigerata MAGA, Make America Great Again!

Trump persegue dunque in mille modi il suo impegno a eliminare politiche inclusive e internazionaliste, coerentemente con la sua decisione di “tenere la teoria critica della razza e la follia transgender fuori dalle scuole”. Anche se, per restare soltanto alle ultime mosse, a farne le spese saranno le scuole e la salute pubblica su scala globale. n

Farmaci dal costo tossico: una sfida per la sanità pubblica

Ubel PA, Grouls A, Kesselheim AS Out of pocket getting out of hand. Reducing the financial toxicity of rapidly approved drugs

N Engl J Med 2025; 392: 729-731

Nel 2023, Teresa, una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), ha dovuto avviare una campagna GoFundMe per acquistare una sedia a rotelle adatta ai sentieri montani vicino casa. Contestualmente, la sua famiglia si trovava ad affrontare un esborso mensile di 4.000 dollari per coprire i copayment del farmaco Relyvrio (sodio fenilbutirrato–taurursodiolo), approvato dalla Fda sulla base di un singolo studio di fase 2. Un anno dopo, la terapia è stata ritirata dal mercato perché i dati successivi non ne hanno confermato l’efficacia clinica. Questo non è un caso isolato. La ‘tossicità finanziaria’ — ovvero l’impatto economico devastante che terapie innovative, spesso non risolutive, possono avere sui pazienti — è un concetto sempre più discusso nella letteratura scientifica, specie negli Stati Uniti. Eppure, il tema riguarda da vicino anche i sistemi sanitari europei, dove la progressiva privatizzazione dei servizi e l’adozione di farmaci costosi con beneficio incerto stanno trasformando il paradigma dell’accesso equo alle cure. Un recente articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, a firma di Peter Ubel, Astrid Grouls e Aaron Kesselheim, approfondisce queste dinamiche, proponendo strategie per ridurre l’impatto della tossicità finanziaria dei farmaci approvati rapidamente, spesso in assenza di solide evidenze cliniche.

ACCESSO ACCELERATO, PROVE DEBOLI

Molti dei nuovi farmaci — in particolare quelli oncologici o neurologici — accedono al mercato tramite vie preferenziali come la fasttrack o l’accelerated approval. Queste procedure permettono l’autorizzazione basata su studi di fase iniziale o su endpoint surrogati (per esempio, la risposta tumorale) anziché su outcome primari (sopravvivenza globale, qualità di vita). Il razionale è chiaro: garantire cure a pazienti in condizioni gravi o per patologie senza opzioni terapeutiche. Ma il compromesso riguarda la solidità delle evidenze: la probabilità che il beneficio clinico reale sia inferiore a quello atteso è elevata. Il caso Relyvrio è paradigmatico: prezzo fissato a 150.000 dollari l’anno, benefici incerti, rischio finanziario elevato per i pazienti. Eppure, la Fda non considera la tossicità economica come criterio valutativo. La sua competenza si limita alla sicurezza ed efficacia clinica, non agli impatti sul sistema sanitario o individuali di natura finanziaria.

LE DISUGUAGLIANZE

La tossicità finanziaria negli Stati Uniti ha già impresso conseguenze gravi: ritardi nel pagamento di mutui o affitti, rinuncia ad altre cure mediche, fallimento economico individuale, dipendenza da reti informali di solidarietà. Le disuguaglianze sono amplificate dalle differenze nei sistemi assicurativi. Negli Stati Uniti, per esempio, chi ha un’assicurazione tradizionale Medicare paga fino al 20% del costo del farmaco, mentre chi non ha alcuna copertura assicurativa paga il 100%. In Italia, il Servizio sanitario nazionale garantisce una maggiore pro-

tezione, ma i segnali di erosione sono evidenti: liste d’attesa crescenti, accesso facilitato solo per chi può permettersi canali privati, e differenze a livello regionale nell’accesso alle terapie innovative con conseguenze di equità e sostenibilità.

PROPOSTE PER IL CAMBIAMENTO

Gli autori dell’articolo propongono un insieme di riforme che potrebbe essere preso in considerazione anche nel contesto europeo.

1. Etichettatura trasparente: obbligo per la Fda (o gli equivalenti europei) di indicare chiaramente quando un farmaco è approvato sulla base di studi non controllati o endpoint surrogati. Questo rafforzerebbe l’autonomia decisionale di pazienti e clinici.

2. Informazione al paziente: campagne mirate per comunicare la natura provvisoria delle evidenze dei farmaci approvati in modo accelerato, contrastando eventuali messaggi promozionali fuorvianti.

3. Comitati di revisione del prezzo: creazione di board indipendenti che raccomandino prezzi basati sul valore clinico, specialmente per i farmaci approvati con evidenze preliminari. In Italia questa funzione spetta all’Aifa, che ha il compito di adottare trasparenti criteri di valutazione della costo-efficacia dei farmaci.

4. Tetti ai costi out-of-pocket: limiti normativi alla quota di spesa che può ricadere sul paziente, almeno fino a quando non siano disponibili dati post-marketing robusti.

CONCLUSIONI

Il finanziamento di farmaci dal valore incerto rischia di erodere budget sanitari già vincolati, riducendo la capacità di ogni sistema di garantire cure efficaci ad ogni livello.

Se da una parte è necessaria un’evoluzione dell’Health technology assessment (Hta) perché riesca a integrare meglio nelle valutazioni delle nuove terapie la dimensione economica con quella sociale ed etica, allo stesso modo serve una maggiore interoperabilità tra le agenzie regolatorie europee per evitare decisioni frammentate e disomogenee che possono compromettere l’equità di ogni sistema sanitario. Infine, è cruciale promuovere una cultura dell’evidenza e della trasparenza su questi temi, altrimenti, si chiedono gli autori di questa Perspective, come potrebbero i decisori politici “considerare e affrontare la potenziale tossicità finanziaria dei nuovi farmaci nei casi in cui l'equilibrio tra benefici e costi per la salute non è chiaro?”. n

Articoli ritirati: un pericolo invisibile per le decisioni sanitarie

Gu T, Feng H, Li M, Gu W

Alarm: retracted articles on cancer imaging are not only continuously cited by publications but also used by ChatGPT to answer questions

Journal of Advanced Research 2025

doi: 10.1016/j.jare.2025.03.020

Graña Possamai C, Cabanac G, Perrodeau E et al.

Inclusion of retracted studies in systematic reviews and meta-analyses of interventions: a systematic review and meta-analysis

JAMA Intern Med 2025

doi: 10.1001/jamainternmed.2025.0256.

Nel contesto dell’evidence-based medicine, l’affidabilità delle fonti è un presupposto cruciale per garantire decisioni cliniche e amministrative corrette. Tuttavia, recenti evidenze scientifiche dimostrano che molti articoli ritirati continuano a circolare, influenzando sia gli algoritmi di intelligenza artificiale che le metanalisi. Due studi pubblicati rispettivamente sul Journal of Advanced Research

e sul JAMA Internal Medicine offrono un approfondimento su questa problematica.

Il primo evidenzia come ChatGPT, in circa il 10% dei casi, abbia fornito risposte basate su articoli ritirati, talvolta senza segnalarne la ritrattazione. Il secondo studio rivela che su 173 metanalisi analizzate, ben 18 hanno modificato la significatività statistica dopo l’esclusione degli articoli ritirati, con variazioni superiori al 10% in più di un terzo dei casi.

I RISCHI E LE DOMANDE

Il rischio, dunque, è duplice: da un lato gli strumenti di intelligenza artificiale (IA) attingono a contenuti potenzialmente non validi, dall’altro le metanalisi – che svolgono un ruolo centrale nella sintesi delle evidenze – possono risultare distorte. Non si tratta solo di un problema tecnico, ma di una vulnerabilità di tutto l’ecosistema scientifico, che coinvolge editori, banche dati, strumenti di revisione e IA.

Diverse domande emergono da questi dati.

• È accettabile un margine d’errore del 10% per strumenti che influenzano diagnosi e terapie?

• I sistemi di controllo attualmente disponibili, come il Feet of Clay Detector o il database di Retraction Watch, sono sufficientemente integrati nei processi editoriali e di aggiornamento delle revisioni?

• E infine: le agenzie sanitarie hanno sviluppato protocolli efficaci per reagire tempestivamente a queste situazioni?

Contatti post-dimissione: strumento utile o da ripensare?

Boggan JC, Sankineni S, Dennis PA et al. Effectiveness of synchronous postdischarge contacts on health care use and patient satisfaction. A systematic review and meta-analysis Ann Intern Med 2025; 178: 229-240

Nel contesto delle cure post-ospedaliere, i contatti di follow-up post-dimissione (Post-discharge contacts – Pdc), in particolare quelli telefonici, sono considerati un elemento chiave per garantire la continuità assistenziale e prevenire eventi avversi. Raccomandati dagli enti regolatori e ampiamente adottati in ambito ospedaliero e territoriale, i Pdc vengono generalmente effettuati entro 3-7 giorni dalla dimissione tramite una telefonata da parte di un infermiere o di un operatore sanitario.

Ma questa pratica produce davvero i risultati attesi?

Una recente revisione sistematica con metanalisi, pubblicata su Annals of Internal Medicine e finanziata dal Department of Veterans Affairs statunitense, ha esaminato 13 studi (di cui 11 randomizzati) condotti tra il 2012 e il 2023, coinvolgendo oltre 7.000 pazienti. Il 92% degli interventi analizzati prevedeva contatti tele-

CONCLUSIONI

I dati riportati dai due studi suggeriscono che in molti casi le revisioni sistematiche includono articoli ritirati persino quando la loro retraction era nota al momento della pubblicazione. In alcuni casi gli articoli ritirati hanno contribuito all’elaborazione dei risultati delle metanalisi, mentre la loro esclusione ne avrebbe modificato le conclusioni anche se in modo moderato. Questo aspetto potrebbe però essere particolarmente preoccupante per gli amministratori della sanità che basano le loro decisioni su linee guida fondate proprio sulla sintesi di queste evidenze.

Tra le supposizioni nascoste da parte di chi utilizza questi strumenti e che gli autori mettono in luce, c’è l’idea implicita che tutto ciò che è accessibile online sia affidabile, o che l’IA possa discriminare automaticamente tra fonti valide e no. Ma non è così. Anche strumenti avanzati possono citare articoli ritirati, attribuire titoli sbagliati, o costruire risposte da fonti inaffidabili. È quindi necessaria una maggiore vigilanza e un’infrastruttura informativa più solida da parte di tutti gli attori coinvolti nel mondo della conoscenza scientifica e delle politiche sanitarie, perché le soluzioni ci sono e sono rappresentate dall’integrazione obbligatoria di strumenti di verifica automatica nei workflow editoriali, da un controllo post-pubblicazione continuo, e da una revisione attiva delle linee guida e delle metanalisi in caso di retraction n

fonici, prevalentemente una singola chiamata entro tre giorni dalla dimissione. L’obiettivo dei ricercatori era valutare l’efficacia dei Pdc sincroni – ovvero telefonate, videochiamate o visite domiciliari – nel ridurre le riammissioni ospedaliere e gli accessi in pronto soccorso entro 30 giorni, oltre a misurarne l’impatto sulla soddisfazione dei pazienti. La revisione, di elevata qualità metodologica, ha utilizzato il sistema GRADE per classificare le evidenze, includendo un’analisi accurata del rischio di bias e dell’eterogeneità statistica.

I RISULTATI

I dati emersi sono chiari: i Pdc, erogati indistintamente a tutti i pazienti dimessi senza considerare il loro profilo clinico o sociale, non riducono né le riammissioni ospedaliere (differenza di rischio 0.00; IC 95%: –0.02-0.02) né gli accessi in pronto soccorso (0.00; IC 95%: –0.02-0.03). Anche dal punto di vista dei pazienti, l’effetto di questi interventi è risultato trascurabile, con un solo studio che ha evidenziato un aumento della soddisfazione.

Oltre il 90% degli interventi valutati prevedeva una singola telefonata, spesso non strutturata e raramente integrata in percorsi assistenziali complessi. Inoltre, nessuno degli studi inclusi ha testato modalità digitali alternative, come l’uso di app dedicate, strumenti di messaggistica o chatbot.

IMPLICAZIONI PER LA GOVERNANCE SANITARIA

I Pdc sono spesso considerati interventi a basso costo e ad alta accettabilità, ma questa revisione solleva dubbi sulla loro reale efficacia se applicati in modo universale e non personalizzato. La loro limitata capacità di gestire la complessità della transizione di cura dall’ospedale al territorio suggerisce la necessità di un ripensamento del modello.

Interventi multifattoriali, come follow-up ambulatoriali precoci, un maggiore coordinamento tra i medici prescrittori e il coinvolgimento attivo dei caregiver, potrebbero essere più efficaci, sebbene più onerosi e complessi da implementare.

Investire nei Pdc può quindi ancora avere senso, ma solo se questi strumenti sono inseriti in un contesto più ampio e strutturato, con un’attenta selezione dei pazienti che ne possono realmente beneficiare. Per garantire una presa in carico efficace non basta una semplice telefonata: è necessaria la creazione di percorsi integrati ospedale-territorio in cui il medico di base, le case della comunità e gli infermieri di famiglia svolgano un ruolo attivo e concreto. È qui che si gioca la vera sfida per ridurre le riammissioni e migliorare gli esiti clinici. n

Federica Ciavoni

“I Pdta nascono per definire un percorso ottimale di cura e assistenza per una specifica patologia, adattandosi da un lato ai bisogni del paziente, dall’altro alle effettive risorse disponibili sul territorio.”

I dati aggiornati dell’Osservatorio PDTA Net di Fondazione ReS per indirizzare e favorire l’assistenza integrata delle patologie croniche

Irene Dell’Anno1, Silvia Calabria1, Letizia Dondi1, Giulia Ronconi1, Leonardo Dondi1, Aldo P. Maggioni1,2, Nello Martini1 e Carlo Piccinni1

1. Fondazione ReS (Ricerca e Salute) – Research and Health Foundation, Roma

2. ANMCO Research Center Heart Care Foundation, Firenze

I PERCORSI DIAGNOSTICI TERAPEUTICI

ASSISTENZIALI E L’ASSISTENZA

DI PROSSIMITÀ

In un momento storico in cui la sanità italiana è chiamata a un profondo cambiamento per rispondere alle sfide poste dall’invecchiamento della popolazione e dal conseguente aumento del carico dovuto alle patologie croniche, è sempre più importante monitorare i Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta).

Tali strumenti, infatti, sono fondamentali per attuare l’integrazione tra i diversi setting assistenziali e per realizzare la multidisciplinarietà alla base della reale presa in carico della persona, come previsto dal Piano nazionale della cronicità (Pnc)1 e come monitorato da specifici indicatori del Nuovo sistema di garanzia dei Livelli essenziali di assistenza2 Questo è ancor più necessario in un momento in cui la riforma dell’assistenza di prossimità prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza3, e declinata nel Decreto ministeriale (Dm) n. 774, stenta a essere completamente attuata, anche a causa delle resistenze al cambiamento di alcuni comparti di professionisti sanitari.

I Pdta nascono per definire un percorso ottimale di cura e assistenza per una specifica patologia, adattandosi da un lato ai bisogni del paziente, dall’altro alle effettive risorse disponibili sul territorio. Integrando prevenzione, diagnosi e trattamento, e mediante un approccio multidisciplinare, i Pdta assicurano una presa in carico globale della persona-paziente e rappresentano, dunque, una risposta concreta alle esigenze complesse e in continua evoluzione dei pazienti, specialmente quelli cronici. Fondazione ReS (Ricerca e Salute) ha da sempre rivolto grande interesse e attenzione a questi strumenti; un impegno che nel tempo ha portato alla creazione di PDTA Net, la cui mole di informazioni ha permesso di sviluppare la conoscenza necessaria alla redazione di guide pratiche per la progettazione e l'applicazione dei Pdta stessi5-8

Questa evoluzione si è concretizzata nell’Osservatorio sulla cronicità denominato Macroscopio (www. macroscopio.it).

L’OSSERVATORIO PDTA NET

In tale scenario continua, dal 2018, il lavoro di monitoraggio annuale condotto da Fondazione ReS nell’ambito dell'Osservatorio PDTA Net. Questo strumento offre una panoramica sempre aggiornata dei Pdta attivi (approvati e pubblicati) in Italia, costituendo pertanto una risorsa di riferimento per tutti gli stakeholder coinvolti, tra cui enti sanitari locali, regionali e ministeriali, professionisti della salute, ricercatori, pazienti e aziende del settore.

PDTA Net è stato aggiornato di recente con i documenti approvati e pubblicati dalle Regioni e dalle Province autonome fino al 31 dicembre 2024, selezionati attraverso un’attenta ricerca sui siti istituzionali.

L’accesso all’Osservatorio PDTA Net è gratuito previa registrazione per i membri di istituzioni sanitarie, università, società scientifiche e associazioni di pazienti. Mediante una piattaforma web (https:// fondazioneres.it/pdta/) è possibile consultare i Pdta regionali approvati ed effettuare interrogazioni personalizzate all’interno del database. Da questa raccolta sono esclusi i documenti non formalizzati a livello regionale, per esempio prodotti da associazioni di pazienti, società scientifiche o aziende private che, sebbene possano essere ben strutturati sotto il profilo clinico, non considerano gli aspetti organizzativi e gestionali specifici di ciascun modello regionale.

I PDTA IN ITALIA: LA SITUAZIONE

AL 31 DICEMBRE 2024

Attualmente, la piattaforma include 910 Pdta regionali, di cui 510 (56%) per patologie croniche ad alta prevalenza e 400 (44%) per malattie rare. L’analisi dei Pdta delle patologie croniche a elevata prevalenza ha evidenziato che le Regioni che ne hanno pubblicato il maggior numero sono: Piemonte-Valle d’Aosta (53 Pdta), Campania e Toscana (50 ciascuna), Sicilia (32), Veneto (31), e Umbria (30) (Figura 1). Le aree cliniche con più documenti sono: oncologia (119 Pdta; 23,3%), neurologia (70; 13,7%) e cardiologia (50; 9,8%). In particolare, le patolo-

lattia di Parkinson (adottati da Emilia-Romagna e Veneto) e 1 per asma (Molise).

Per le patologie rare, Lombardia, Lazio e Toscana hanno pubblicato il maggior numero di Pdta: 140, 80 e 53 rispettivamente (Figura 1). Le aree cliniche con il maggior numero di documenti sono: neurologia (67 Pdta; 16,7%) e oncologia (63; 15,7%). In particolare, 5 o più Pdta sono stati pubblicati per:

• sclerosi laterale amiotrofica: 13;

• sarcomi e disturbi ereditari della coagulazione del sangue: 7;

• distrofie retiniche: 6;

• malattia da accumulo di glicogeno e pemfigoide bolloso: 5.

Figura 1. Distribuzione regionale dei Pdta delle malattie croniche a elevata prevalenza e di quelli delle malattie rare approvati dalle Regioni e dalle Province autonome fino al 31 dicembre 2024.

gie più rappresentate, in termini di numero di Pdta pubblicati, sono:

• diabete: 16;

• broncopneumopatia cronica ostruttiva e neoplasie della mammella: 15;

• ictus e neoplasie del colon-retto: 14;

• demenza, sclerosi multipla e scompenso cardiaco: 13;

• insufficienza renale cronica, morbo celiaco e neoplasie del polmone: 11;

• malattia di Parkinson: 10.

La ricognizione dei Pdta prevede l’individuazione sia dei Pdta di nuova approvazione che degli aggiornamenti di precedenti documenti: ad esempio, per il diabete mellito sono stati individuati tre aggiornamenti nel 2024 di documenti precedentemente pubblicati da Umbria, Campania, e Sardegna.

Nel 2024 sono emerse anche novità riguardanti i Pdta delle 10 malattie croniche per le quali il Pnc1 raccomanda la definizione di specifici percorsi: sono stati introdotti 3 nuovi Pdta, di cui 2 per la ma-

Neoplasie ad alta prevalenza Neoplasie rare

Anno di approvazione

Figura 2. Andamento temporale di approvazione dei Pdta delle neoplasie ad elevata prevalenza e rare, approvati dalle Regioni e dalle Province autonome fino al 31 dicembre 2024

Complessivamente, questa ricognizione ha portato all’individuazione di 57 nuovi documenti (37 per le malattie ad alta prevalenza e 20 per le malattie rare), un numero decisamente inferiore rispetto agli incrementi osservati nel precedente anno (2023)9, che erano ascrivibili all’approvazione del Dm 774 per le malattie ad alta prevalenza, e al Testo unico10 e al Piano nazionale delle malattie rare11 per quanto riguarda le malattie rare. Il recente Piano oncologico nazionale12, adottato nel gennaio 2023, può spiegare invece l’alto numero di Pdta di neoplasie di nuova approvazione o di recente aggiornamento (76 su 182, pari al 41,7%); un dato senz’altro destinato a crescere ulteriormente (Figura 2).

Questi risultati sottolineano l’importanza di definire un unico centro di raccolta e di osservazione dei Pdta attivi sul territorio italiano. PDTA Net, a oggi, rappresenta l’unica mappatura completa e aggiornata dei Pdta attivi a livello nazionale, affermandosi come una risorsa strategica per l’intera comunità scientifico-sanitaria; un valore attestato anche dal suo inserimento come fonte da consultare quando si intende progettare nuovi Pdta13

SCENARI E PROSPETTIVE FUTURE

DI PDTA NET

Al fine di mantenere alto il livello dell’Osservatorio PDTA Net, è importante che le future analisi tengano conto di tutte le novità in merito ai Pdta delle patologie croniche. Prima fra tutte, l’integrazione della sanità digitale, in particolare della telemedicina, come promossa dal Pnc1 e come già sperimentato in diverse realtà14. A tal proposito, si potrebbe prevedere l’analisi dell’eventuale presenza di sezioni dedicate alla telemedicina, alle terapie digitali e ai supporti digitali. L’applicazione del cosiddetto ‘PDTA digitale’15,16 ha già dimostrato, infatti, di determinare modifiche, anche sostanziali, della gestione di diverse condizioni croniche17

Inoltre, PDTA Net potrebbe rivelarsi utile per valutare l’avvenuto aggiornamento dei Pdta oncologici

a seguito di una maggiore territorializzazione delle cure dei tumori, al fine di verificare l’attuazione da parte delle diverse Regioni delle ‘Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia’ realizzate da Agenas18,19. Infine, PDTA Net potrebbe beneficiare di strumenti di intelligenza artificiale ispirandosi al modello di IA ‘Savia’ realizzato dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e dal Cineca per interrogare le banche dati delle leggi e degli atti amministrativi regionali e aiutare a mettere a punto leggi di qualità20. Questi strumenti di IA potranno velocizzare ed efficientare la ricerca, la catalogazione e l’analisi dei documenti, ma anche supportare la realizzazione degli stessi Pdta tramite sistemi di IA generativa addestrata con tutti gli attuali contenuti di PDTA Net.

Ringraziamenti

Si ringraziano Elisa Rossi, Salvatore Cataudella e Luca Dematté (Cineca) per il supporto informatico all’aggiornamento della piattaforma PDTA Net.

BIBLIOGRAFIA

1. Ministero della Salute, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria. Piano Nazionale Cronicità. 2016.

2. Ministero della Salute. Il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG). Sperimentazione indicatori Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali - Pdta 2020. Disponibile online a questo indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/lea/dettaglioContenutiLea. jsp?lingua=italiano&id=5238&area=lea&menu=monitoraggio Lea&tab=6.

3. Governo Italiano, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) 2021. Disponibile online a questo indirizzo: https://www.italiadomani.gov.it/ content/sogei-ng/it/it/home.html.

4. Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, Decreto ministeriale 23 maggio 2022, n. 77.

5. MaCroScopio (Osservatorio sulla Cronicità). Costruisci PDTA2020.

6. MaCroScopio (Osservatorio sulla Cronicità). Organizza PDTA2021.

7. MaCroScopio (Osservatorio sulla Cronicità). Valuta PDTA2021.

8. MaCroScopio (Osservatorio sulla Cronicità). Stratifica PDTA2021.

9. Dell’Anno I, Calabria S, Martini N, Piccinni C. Aggiornato l’Osservatorio Pdta Net di Fondazione ReS con tutti i Pdta regionali approvati fino al 2023. Recenti Prog Med 2024; 115: 267-270.

10. Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani, Legge 10 novembre 2021 , n. 175.

11. Ministero della Salute. Malattie rare: il nuovo Piano nazionale 2023. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1. jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=6305.

12. Piano oncologico nazionale 2023-2027, (2023).

13. Regione Lombardia. Lombardia, approvato modello percorsi diagnostico terapeutici assistenziali 2022. Disponibile online al seguente indirizzo: https://pre-lnews.regione.lombardia.it/ lombardia-percorsi-diagnostico-terapeutici-assistenziali/.

14. Società Italiana di Telemedicina (SIT). Rilevazione nazionale delle esperienze di telemedicina 2023. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.sitelemed.it/censimentoesperienze-telemedicina/.

15. Vigevani S, Spadari M, Di Costanzo M, Grosso E, Paparella M. Pdta digitali: la chiave per un sistema sanitario integrato e innovativo, HealtTech360°, 13 gennaio 2025.

16. Gatti L. L’Italia prova a inserire i Pdta digitali per governare l’innovazione. Aboutpharma, 2024. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.aboutpharma.com/digitalhealth/litalia-prova-a-inserire-i-pdta-digitali-per-governarelinnovazione/.

17. Nguyen Q, Wybrow M, Burstein F, Taylor D, Enticott J. Understanding the impacts of health information systems on patient flow management: a systematic review across several decades of research. PloS one 2022; 17(9): e0274493.

18. Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia, Protocollo n. 2024/0007245 del 19/06/2024.

19. Perrone M. Cambiare le regole dell’oncologia per portarla sul territorio. Quotidiano Sanità, 17 gennaio 2022.

20. Regione Emilia Romagna. Savia - Intelligenza artificiale per la qualità delle leggi 2024. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.assemblea.emr.it/savia.

Fondamenti di grantsmanship

Guida pratica alle richieste di finanziamento per la ricerca

Chiara Gabbi

Prefazione di Giovanni Apolone

Pensato e disegnato per ricercatori di lingua italiana nelle prime fasi di carriera (dottorandi, specializzandi, post-doctoral fellows, assegnisti di ricerca) in ambito biomedico-sanitario e arricchito da numerosi e preziosi esempi pratici, il manuale affronta gli aspetti strutturali del processo di finanziamento, dalla ricerca dei bandi e degli enti finanziatori, al percorso di scrittura, fino alla revisione del progetto; fornisce indicazioni sulla stesura del piano sperimentale e dei documenti di supporto; descrive il processo di inoltro della grant application, i principi generali di gestione del finanziamento e come recepire i commenti dei revisori.

Se PubMed scomparisse?

L’improvvisa e fortunatamente temporanea interruzione di PubMed avvenuta all’inizio di marzo ha scosso la comunità scientifica, sollevando timori di un possibile intervento politico. In un momento storico caratterizzato da crescenti tensioni ideologiche, la gestione delle fonti scientifiche può infatti assumere un valore strategico.

Per capire cosa può essere accaduto, presentiamo in questo articolo le reazioni di alcuni ricercatori internazionali e le risposte dell’epidemiologa Katie Suleta alle nostre domande.

L’ACCADUTO

Tra l’1 e il 2 marzo in molti ci siamo chiesti cosa stesse accadendo: l’interfaccia web del database Medline era inaccessibile. Secondo i dati forniti dalla National library of medicine (Nlm) statunitense e riferiti al 2023, tre milioni e mezzo di persone utilizzano il sito ogni giorno effettuando circa 5 milioni e mezzo di ricerche. La risonanza di quello che infine sembra essersi rivelato un incidente è stata forte negli ambienti della ricerca e della sanità statunitense ed europea: gran parte dei commenti – su X e Bluesky soprattutto – sposava senza timore di azzardo la tesi di una sospensione premeditata del servizio. Alcuni sono arrivati a sostenere che il personale della NLM era stato incaricato di cancellare i record bibliografici interessati dalle direttive trumpiane su uguaglianza, equità e inclusione, causando una paralisi del sistema. A supporto di questa convinzione, veniva presentato il confronto tra due search con identico interrogativo effettuato su PubMed e Europe PMC, erroneamente citato come “l’edizione europea di Medline” e – secondo i commenti – non interessato dalla censura governativa americana. La ricerca di informazioni su PubMed in merito a <transgender women rights> portava a 347 risultati mentre sulla banca dati europea i record restituiti erano quasi 7 mila.

La NLM ha negato che all’origine del malfunzionamento ci sia stata volontà politica. Lo ha garantito a Smriti Mallapaty che ne ha scritto su Nature1. “Alcuni servizi web pubblici dei National institutes of health (Nih) hanno subito interruzioni”, ma tutte le funzionalità sono state ripristinate il 2 marzo. “Il Nih è impegnato a garantire un accesso aperto e stabile a PubMed e agli altri servizi web del Nih.” Comunque sia, il problema esiste ed è rilevante. Un post a metà febbraio di Hilda Bastian – ricercatrice australiana legata all’ambiente della Cochrane – aveva fatto riflettere: che succederebbe – si domandava – se l’amministrazione statunitense iniziasse a chiedere ai comitati di valutazione della Nlm di indicizzare riviste d’impronta negazionista, no-vax o d’ispirazione razzista? Già all’indomani dell’insediamento di Trump e Vance, si è aperta una discussione sull’attendibilità delle fonti a supporto delle improbabili affermazioni di Robert Kennedy Jr e di altri consulenti della presidenza. Il lavoro di selezione dei gestori dei database bibliografici è tra i pochi (e comunque non infallibili) argini all’eccesso di letteratura scientifica perlopiù superflua (se non dannosa), hanno giustamente ricordato Adam Marcus e Ivan Oransky su The Atlantic2

I POSSIBILI ATTACCHI A PUBMED

Un post su MedPage di Katie Suleta è molto chiaro, preciso e allarmante3. L’autrice è epidemiologa, esperta in malattie infettive e in informatica e segnala cinque possibili eventualità: la prima è che il governo americano decida di chiudere il sito. La seconda è che voglia smettere di aggiornarlo, cosa che potrebbe accadere qualora proseguissero i tagli al personale dei Nih. Terzo, che vengano penalizzate alcune riviste, quelle che ospitano contenuti sgraditi alla Segreteria sulla salute e diritti umani degli Stati Uniti. Quarto, che sia riconsiderato il sistema di inclusione delle fonti nella banca dati, riducendone l’autorevolezza. Quinto e ultimo rischio è quello che siano cancellati gli articoli poco funzionali alle politiche sanitarie governative: sarebbe sembrata una vera stranezza fino a poche settimane fa, prima di sapere del possibile ordine ai ricercatori delle agenzie istituzionali statunitensi di ritirare la propria firma o gli articoli pubblicati in collaborazione con colleghi dell’Oms.

Le conclusioni del post di Katie Suleta sono molto pessimiste e abbiamo voluto approfondire con lei la difficile situazione che vivono i ricercatori statunitensi, tra i quali quelli impegnati nel governo del database bibliografico più autorevole del mondo.

Intervista a Katie Suleta

Davvero le scelte dell’amministrazione statunitense mettono a rischio l’assistenza sanitaria basata sulle prove?

Dato che molti siti web dedicati alla salute, come quelli dei Cdc e dei Nih, sono stati censurati per informazioni che l’amministrazione Trump ritiene ‘inaccurate’ e/o ‘ideologiche’ è solo questione di tempo prima che PubMed subisca lo stesso destino o un destino simile. Le sovvenzioni, i documenti e i siti web vengono segnalati per l’uso di determinate parole che l’amministrazione Trump ha ritenuto inappropriate. Guardiamo, per esempio, lo screenshot tratto dal sito web dei Centers for disease control and prevention, sulla prevenzione del contagio da Hiv che – dopo essere stato oscurato – è stato ripristinato solo di recente grazie a un’ordinanza del Tribunale (vedi la figura a pagina 14). Questa vicenda sta ancora attraversando il nostro sistema giudiziario e invece di essere il consenso scientifico a guidare le nostre informazioni sulla salute, sarà il sistema giudiziario a decidere.

Come sta reagendo la comunità scientifica americana alle decisioni presidenziali?

Lavorare nel settore della salute pubblica e delle scienze della salute in questo momento mette i professionisti in una condizione estremamente precaria. I licenziamenti del governo e il congelamento delle sovvenzioni ai Nih hanno un impatto di vasta portata. Molte persone che lavorano nel governo federale e con fondi federali hanno perso il lavoro. Il congelamento delle sovvenzioni ai Nih ha avuto un impatto sulle nostre università. Per esempio, molte sono costrette a revocare

L’intervento dell’amministrazione Trump è ben evidente nel disclaimer che introduce i contenuti curati dai ricercatori del Cdc nella pagina Let's stop Hiv togheter (vedi il riquadro in colore beige in alto).

le offerte ai dottorandi in arrivo perché non ci sono fondi per formare nuovi ricercatori. In breve, tutti sono estremamente preoccupati per l’impatto diretto che l’attuale situazione avrà su di loro, ma anche sulla scienza e sulla ricerca per gli anni a venire.

Quale sostegno sarebbe necessario dalla comunità scientifica internazionale?

Attualmente si sta cercando di salvare particolari set di dati e informazioni dal governo federale prima che vengano eliminati definitivamente. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile. Coloro che possono offrirsi come volontari dovrebbero farlo. Alcuni esempi? Health Journalism4 ha un progetto di conservazione dei dati sanitari, come anche Data Rescue Project5. Inoltre potrebbe arrivare presto il momento in cui i ricercatori americani potrebbero aver bisogno di aiuto per accedere alle informazioni censurate negli Stati Uniti.

ESISTONO CRITICITÀ NON SOLO TECNOLOGICHE

Le difficoltà sperimentate dal sito PubMed hanno evidenziato criticità che vanno ben oltre le vulnerabilità tecnologiche intrinseche al sistema. Un’eventuale nuova interruzione non solo espone medici, infermieri e dirigenti sanitari al rischio di dover ricorrere a fonti alternative, potenzialmente meno rigorose, selezionate e verificate, ma apre anche la porta a possibili condizionamenti politici. Le scelte della nuova amministrazione presidenziale statunitense, infatti, sollevano pre-

occupazioni circa l’indipendenza e la trasparenza nel governo e nell’utilizzo delle evidenze scientifiche. Se da un lato il malfunzionamento tecnologico evidenzia la necessità di rafforzare i sistemi di backup e la sicurezza informatica, dall’altro lato il timore che decisioni politiche possano influenzare il processo di selezione delle migliori evidenze rischia di compromettere l’obiettività e l’affidabilità dell’intero sistema. In un’epoca in cui l’accesso tempestivo e imparziale alla letteratura scientifica è fondamentale per garantire decisioni cliniche efficaci e sicure, è imperativo mettere in atto strategie che proteggano gli strumenti essenziali della medicina basata sulle prove, preservando così la qualità dell’assistenza sanitaria e il progresso della ricerca scientifica e clinica a livello globale. n

A cura di Luca De Fiore

BIBLIOGRAFIA

1. Mallapaty S. Omg, did PubMed go dark?’ Blackout stokes fears about database’s future. Nature 2025; 639: 288.

2. Marcus A, Oransky I. The scientific literature can’t save you now. The Atlantic, 13 febbraio 2025. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.theatlantic.com/ science/archive/2025/02/rfk-kennedy-vaccines-scientific-literature/681681/

3. Suleta K . Will they come for pubmed next? Medpage today, 26 febbraio 2025. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www.medpagetoday.com/opinion/ second-opinions/114383

4. Health Data Preservation Project. Disponibile online al seguente indirizzo: https:// healthjournalism.org/resources/health-data-preservation-project/

5. About Data Rescue Project. Disponibile online al seguente indirizzo: https://www. datarescueproject.org/about-data-rescue-project/

Migranti e demenza: a Modena un modello di inclusione tra formazione, comunità e territorio

Il 15 e 16 febbraio 2025, il Centro disturbi cognitivi e demenze (Cdcd) della Ausl di Modena ha incontrato le comunità migranti del territorio – filippina, araba e sikh –in due giornate di sensibilizzazione dedicate al tema della salute cognitiva e dell’invecchiamento. Un’iniziativa che rappresenta l’evoluzione concreta del percorso avviato con Immidem, progetto nazionale coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero della salute, nato per indagare e affrontare il fenomeno della demenza nelle persone con background migratorio.

UN FORMAT INTERATTIVO PER INFORMARE E COINVOLGERE

“Non volevamo una lezione frontale”, spiega la geriatra Valentina Guerzoni, che ha guidato l’incontro con la comunità filippina. “Abbiamo costruito corner tematici per parlare di prevenzione attraverso l’alimentazione, l’attività fisica, la stimolazione cognitiva, offrendo anche la possibilità di effettuare uno screening cognitivo gratuito”. Un approccio partecipativo che ha permesso a persone di tutte le età di interagire, confrontarsi, fare domande. Alla stimolazione cognitiva ha lavorato Chiara Galli, neuropsicologa del Cdcd: “Abbiamo utilizzato giochi di memoria, materiali digitali, strumenti accessibili anche ai bambini, perché la prevenzione parte dalla consapevolezza di tutti”. Presenti anche Vincenzo Acchiappati, chinesiologo, che ha sottolineato il valore dell’allenamento muscolare nella prevenzione del declino cognitivo, e la dietista Paola Morana, che ha curato il corner nutrizionale, adattando i consigli alimentari alle specificità culturali della comunità filippina.

UN PONTE TRA CULTURA E SALUTE: IL RUOLO DEI MEDIATORI

Le giornate hanno rappresentato anche un momento di restituzione e crescita nei rapporti con le comunità migranti, nati in contesti diversi ma accomunati da un forte bisogno di informazione. Con la comunità araba dell’area montana di Pavullo e Serramazzoni, gli operatori sanitari sono entrati in contatto grazie all’iniziativa ‘Moschee Aperte’. Da lì, come ci spiega la geriatra Rossella Tozzi, attraverso un questionario, è emersa una scarsa consapevolezza sulla demenza e sui percorsi disponibili. “Oggi abbiamo un dialogo diretto, immediato”, racconta Claudia Iacconi, referente per la promozione della salute a Pavullo. “La comunità ci contatta via WhatsApp, ci fanno domande. È un rapporto di fiducia, non filtrato dalla burocrazia”.

Nella comunità sikh di Castelfranco Emilia, invece, è stata fondamentale la presenza della mediatrice culturale Narinder Kaur, che ha costruito un canale di comunicazione autentico tra operatori sanitari e cittadini. “Molti non conoscevano l’esistenza del Cdcd”, racconta. “Ora sanno a chi rivolgersi, sentono che li stiamo ascoltando”. Durante l’incontro, il geriatra Andrea Salerno ha spiegato l’importan-

za di creare un punto di riferimento stabile per la comunità: “Il nostro obiettivo è rendere più chiaro il percorso di accesso ai servizi sanitari, coinvolgendo anche i medici di base e i caregiver. La comunità sikh di Castelfranco ha già mostrato grande interesse e continueremo a collaborare con loro per offrire strumenti concreti di supporto”. Anche la geriatra Antonella Vaccina ha sottolineato il valore del lavoro fatto fino a oggi: “Quando siamo venuti la prima volta, la nostra mediatrice aveva già informato la comunità del nostro arrivo. Oggi è stato bello vedere che molte persone erano già consapevoli di cosa avremmo parlato. Hanno iniziato loro a porci domande più specifiche. Questo ci fa capire che il messaggio sta passando, che stiamo costruendo un ponte reale tra loro e i nostri servizi”.

DA IMMIDEM ALL’INIZIATIVA LOCALE:

LA FORMAZIONE COME PUNTO DI PARTENZA

Modena non solo ha accolto le sfide lanciate dal progetto Immidem, ma è stata tra le realtà che hanno costruito il proprio percorso territoriale a partire dalla formazione offerta dal progetto stesso. La partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità – rivolti al personale sanitario e dedicati agli strumenti di valutazione cross-culturale, alla diagnosi e alla presa in carico delle persone migranti con demenza – ha rappresentato il punto di partenza per un cambiamento di prospettiva.

“Ci siamo rese conto che c’era un’intera fascia di popolazione che non stavamo raggiungendo”, osserva Guerzoni. “Da lì abbiamo deciso di attivarci”. Grazie a un approccio a cascata, la formazione ricevuta è stata estesa a tutto il personale del Cdcd.

Accanto a queste azioni, il Cdcd di Modena porta avanti progetti consolidati di inclusione e prevenzione come le Comunità Amiche della Demenza, che formano cittadini e operatori – dalle forze dell’ordine ai farmacisti – per rendere il contesto urbano più accogliente per le persone con disturbi cognitivi. Un altro esempio virtuoso è quello delle palestre della memoria, gruppi settimanali di esercizi cognitivi rivolti agli over 70, attivi sia nei centri urbani che in contesti rurali, e gestiti da volontari appositamente formati.

UNA RETE IN COSTRUZIONE: SFIDE E PROSPETTIVE

L’esperienza modenese dimostra che l’inclusione nella sanità territoriale è possibile, ma richiede investimento, tempo e capacità di adattamento. Tra le priorità individuate: la traduzione dei materiali informativi in più lingue e la continuità della figura del mediatore culturale, non solo nelle visite ma anche nella formazione degli operatori. Un percorso che da Modena guarda lontano, portando l’eredità del progetto Immidem nella pratica quotidiana della sanità territoriale. Un modello replicabile, fondato su formazione, ascolto e collaborazione, per una sanità più equa, sensibile e accessibile. n

A cura di Benedetta Ferrucci e Norina Di Blasio

Il valore economico del patient engagement

A colloquio con Matteo Scortichini

Ricercatore, Facoltà di Economia, valutazione economica e Hta (EEHTA), Ceis – Università di Roma “Tor Vergata”

Il coinvolgimento del paziente, o patient engagement per usare il termine inglese che forse è più esaustivo, non ha valenza solo sulla dimensione etica. Ha un impatto economico significativo sui sistemi sanitari. Come ci spiega Matteo Scortichini, ricercatore presso il Ceis-Università di Roma ‘Tor Vergata’, che ha fatto di questo tema uno dei fulcri della sua attività di ricerca, “il patient engagement è un aspetto importante, che agisce attraverso diverse dimensioni della salute che portano a una migliore allocazione delle risorse sanitarie. Parliamo di aderenza al trattamento, campagne di prevenzione, screening, vaccinazioni, e più in generale di educazione alla patologia. È importante sottolineare che questo richiede investimenti iniziali in termini di formazione del personale e risorse dedicate, ma i ritorni sono evidenti”.

Può fornirci qualche esempio concreto di come il patient engagement influenzi i costi sanitari?

Un esempio significativo viene da uno studio che abbiamo condotto sull’osteoporosi1. Abbiamo seguito e analizzato i dati su pazienti con fratture osteoporotiche per un anno, monitorando le spese sanitarie. Si tratta di una frattura del femore che avviene non per un trauma ma per il suo cedimento. È emerso che un paziente aderente alla terapia costa al Servizio sanitario nazionale circa 4.000 euro, contro gli 8.000 di un paziente non aderente. Quindi la metà. Questo nonostante il paziente aderente consumi più farmaci e faccia più riabilitazione. La differenza sta nel minor rischio di riospedalizzazione, soprattutto in acuto, nuove fratture e complicanze. È anche davvero significativo notare che solo 1 paziente su 10 inizia il trattamento per l’osteoporosi a seguito della frattura. Ed è interessante che la storia di questi pazienti inizi dentro l’ospedale, luogo dove la conoscenza medica è messa a disposizione in modo diretto e completo.

Anche altre patologie comuni a tutta la popolazione portano evidenze e riscontri?

L’emicrania offre un esempio illuminante2. Molti credono che si tratti solo di assumere un farmaco durante la fase acuta, ma esiste un trattamento preventivo fondamentale. Senza prevenzione, si rischia la cronicizzazione della patologia. In Italia, la perdita di produttività lavorativa legata all’emicrania cronica costa circa 20 miliardi di euro all’anno. Questo dato evidenzia l’importanza di un approccio preventivo e di un maggiore coinvolgimento del paziente.

Quali sono le sfide nell’implementazione del patient engagement?

La sfida principale è quella del personale. Servono figure professionali specifiche. Non possiamo attribuire questo compito solo ai medici, che hanno già numerose responsabilità. Servono investimenti

in formazione, spazi dedicati all’ascolto e figure come assistenti sociali e psicologi. I tentativi fatti finora in questa direzione non dovrebbero essere più considerati esperimenti, ma prassi consolidata, vista l’evidenza dei benefici economici. Ci sono ancora resistenze organizzative e culturali. Da un lato, c’è la difficoltà di riorganizzare i processi assistenziali includendo competenze multidisciplinari. Dall’altro, persiste una visione ancora troppo paternalistica della medicina. Per superare queste barriere, è fondamentale formare il personale sanitario e amministrativo, dimostrare ai decisori il ritorno dell’investimento attraverso dati concreti e, soprattutto, coinvolgere attivamente le associazioni dei pazienti nella progettazione dei percorsi di cura. L’esperienza ci dimostra che, quando il paziente diventa protagonista consapevole del proprio percorso di cura, i benefici sono evidenti per tutti gli attori del sistema sanitario.

Quali sono le prospettive future in questo campo?

La comunità scientifica e gli enti regolatori come Fda, Ema e Aifa supportano sempre più l’utilizzo degli “esiti riferiti dal paziente” (PROs – Patient-reported outcomes) nelle valutazioni economiche e nei trial clinici. Abbiamo dati sufficienti per dimostrare il valore del patient engagement. Un altro esempio viene dalla vaccinazione Hpv: sulla coorte dei nati nel 2008, abbiamo stimato un risparmio di 200 milioni di euro in termini di prevenzione delle neoplasie correlate. Un dato che sottolinea l’importanza di coinvolgere dei pazienti che diventano eleggibili a 12 anni, quindi una sfida non indifferente per il sistema chiamato a fare informazione e azioni attive per arrivare alle famiglie. Una sfida però importantissima sul piano della salute pubblica con un notevole impatto sulle sue risorse3. In conclusione, mi sento di dire che il futuro deve vedere un maggiore investimento in queste strategie, supportato anche dalle evidenze economiche che stiamo raccogliendo. Fondamentale è anche il confronto e l’ascolto frequente con le associazioni dei pazienti e dei caregiver che possono guidare e indirizzare meglio le nostre analisi statistiche.

Intervista a cura di Cesare Buquicchio

BIBLIOGRAFIA

1. Scortichini M, Sciattella P, Dilecce M, Arcangeli E, Spelta M, Mennini FS. Gap terapeutico e costi delle fratture da fragilità in Italia. Un’analisi su database amministrativi. https://www.sihta.it/site/wp-content/uploads/2023/10/ABSTRACTSihta-2023-low.pdf.

2. Istituto Superiore di Sanità (a cura di). Impatto socio-economico dell’emicrania in Italia. https://cergas.unibocconi.eu/sites/default/files/files/Emicrania.pdf.

3. Mennini FS, Marcellusi A, Sciattella P (a cura di). La vaccinazione anti-Hpv dell’adolescente in Italia: impatto economico e opportunità mancate. EEHTA_Score_ Cards_HPV_24_novembre_2022_Finale.pdf.

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