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BOLLETTINO DEL COLLEGIO DEI PROFESSORI DI PSICHIATRIA DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE MED25
Psichiatria. Il problema dei crediti formativi
incontrerà nella sua professione di medico di base o di specialista. Occorrerà guidare lo studente verso la comprensione non solo delle patologie psichiche, ma anche degli aspetti emozionali della malattia fisica, fino alla valutazione delle condizioni psicosociali legate alla presa in carico del paziente. In particolar modo va ricordato come le conoscenze psicopatologiche e psichiatriche generali siano fondamentali per poter stabilire un’appropriata relazione medico-paziente. Considerazioni analoghe andrebbero fatte per il ruolo della psichiatria nei Regolamenti didattici di Ateneo delle Professioni Sanitarie. Anche nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie la psichiatria è scarsamente rappresentata.
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e il mondo medico internazionale concorda sul ruolo sempre più rilevante della Psichiatria: “No health without mental health” e sottolinea l’importanza della diagnosi di comorbilità tra malattie fisiche e psichiche dando, congruamente, maggiore rilevanza alla formazione psichiatrica in medicina, in Italia l’insegnamento della psichiatria è ancora “mortificato” da uno scarso peso formativo. Nel contesto anglosassone l’insegnamento ed il training nei reparti psichiatrici hanno da sempre un ruolo di primo piano, con programmi che prevedono molti crediti e moduli da destinarsi alla nostra disciplina clinica. La formazione stessa dei Family Medicine Residents contempla un ampio percorso formativo di diagnosi psichiatrica, psicoterapia e farmacoterapia. Cosa avviene nel contesto italiano? È noto purtroppo a tutti che la nostra disciplina non ha mai raggiunto quella rilevanza, espressa in termini di crediti formativi (CFU), che le doveva essere riconosciuta e che le è attribuita ovunque. Questo vale ancora di più oggi, nel momento in cui i CFU avranno un peso specifico all’interno degli istituendi Dipartimenti universitari. L’applicazione del D.M. 270/04 obbliga gli psichiatri universitari italiani ad una riflessione, e potrebbe essere l’ultima occasione per “combattere” al fine di un maggiore riconoscimento, sia nella didattica frontale che nel tirocinio. Dobbiamo porci la seguente domanda: la nostra disciplina è rappresentata in modo adeguato negli attuali regolamenti didattici dei nostri Atenei? La risposta è purtroppo negativa. Il quadro sinottico nazionale elaborato nel 2008 (ex D.M. 509/99) attribuiva alla Clinica psichiatrica e discipline del comportamento una mediana di 4 CFU, con sedi che riportavano solo 2 CFU fino ad Università in cui la psichiatria vantava ben 8 crediti (Lenzi A et al., in Med Chir 43, 1816-
1819, 2008). Occorre pertanto interagire con i nostri Colleghi Presidenti dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, sottolineando l’importanza della psichiatria nel contesto europeo ed internazionale, e fare tutto il possibile per fare attribuire alla nostra disciplina quel riconoscimento in termini formativi che le è dato in altri Atenei italiani e al di fuori dell’Italia. Vediamo anche altri modi di incrementare il numero di CFU per la psichiatria. La psichiatria (ex MED/25) dovrebbe comparire, seguendo la Proposta per il RaD1 – D.M. 270/04 elaborata dalla Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, non solo nell’ambito disciplinare “Clinica psichiatrica e discipline del comportamento” (CFU 4-8), ma anche in “Farmacologia, tossicologia e principi di terapia medica” (CFU 6-12) ed infine in “Emergenze medico-chirurgiche” (CFU 5-8). La necessità della presenza della Psichiatria nella “Farmacologia, tossicologia e principi di terapia medica” è quanto mai evidente, ricordando che farmaci quali antipsicotici, antidepressivi e benzodiazepine sono fra i più prescritti in assoluto. Parimenti la psichiatria d’urgenza/emergenza deve comparire a pieno titolo nel corso “Emergenze medicochirurgiche”, nel momento in cui circa il 25% delle visite nei reparti di urgenza ha alla base una sofferenza psichica. Da sottolineare inoltre l’importanza e il ruolo della psichiatria nel tirocinio dello studente di medicina. In questo ambito devono essere esplicitati e valutati in modo appropriato gli atti/le capacità/le conoscenze psichiatriche che lo studente deve saper svolgere nell’ambito della psichiatria. Molta attenzione deve essere rivolta all’accoglimento dello studente e al suo training in reparto e/o ambulatorio. Lo studente dovrebbe fare proprie quelle conoscenze psichiatriche di base e quelle abilità così da rispondere in modo appropriato alle necessità dei pazienti che
In molte sedi italiane la psichiatria ha un basso numero di CFU nei Corsi di Laurea di maggior rilievo (Infermieristica) o un numero insufficiente laddove dovrebbe essere maggiormente presente (Educazione Professionale, Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica). È spesso persino assente in diverse sedi italiane in molti Corsi di Laurea in cui il ruolo della psichiatria è ben evidente (Ostetricia, Fisioterapia, Igiene Dentale, Logopedia, Dietistica, Tecniche di Neurofisiopatologia, Assistenza Sanitaria). Un’analisi organica della situazione attuale della psichiatria nelle Professioni Sanitarie è ad oggi mancante, sarebbe importante che ogni sede universitaria facesse un censimento dei propri CFU, fino a costituire un “database centralizzato” nel Collegio di Psichiatria, per poter avere uno strumento capace di colmare tali lacune e contemporaneamente utile per poter esercitare le opportune azioni a livello locale e nazionale per il raggiungimento di un maggior numero di crediti formativi. Alberto Siracusano*, Diana De Ronchi ° *Presidente del Collegio dei Professori di Psichiatria Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Cattedra di Psichiatria, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma °Ordinario di Psichiatria, Istituto “Paolo Ottonello”, Università degli Studi di Bologna 1. Regolamenti didattici d'Ateneo. IN QUESTO NUMERO
1 Psichiatria. Il problema
6 Valutazione della qualità
dei crediti formativi Alberto Siracusano, Diana De Ronchi 2 Distress e problemi psicologici dei futuri medici: nuove istanze formative in medicina biopsicosociale Secondo Fassino, Matteo Panero 4 Il difficile ruolo della psichiatra nella medicina dei disastri: il caso di L’Aquila Alessandro Rossi, Paolo Stratta
della didattica: un questionario autovalutativo e site visit Massimo Casacchia 7 Incremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo il terremoto di L’Aquila Massimo Casacchia, Rita Roncone, Valeria Bianchini, Rocco Pollice 8 Carta o digitale? A colloquio con Carlo Altamura
Realizzato con il contributo di
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Distress e problemi psicologici
dei futuri medici: nuove istanze formative in medicina biopsicosociale Numerosi studi evidenziano tra i medici e gli studenti di medicina un’elevata prevalenza di sintomi ansiosi (dal 12 al 24%) e depressione (dal 14% al 31%) se comparati alla popolazione generale o a studenti di pari età. Essi mostrano un disagio psicologico maggiore rispetto alla popolazione generale. Secondo Fassino, Matteo Panero Sezione di Psichiatria Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino NON VI È SALUTE SENZA SALUTE MENTALE : UN MONITO PER I MEDICI ED I LORO PAZIENTI LANCET, 2007
Medice, cura te ipsum: vale ancora per il nuovo medico La Facoltà di Medicina forma i futuri medici attraverso conoscenze (sapere), competenze (fare) e capacità (essere). I tre aspetti devono essere inseparabili nel processo di apprendimento: davanti al paziente il medico compie un ragionamento che porta ad una decisione clinica (diagnosi, terapia, prevenzione) e costruisce una relazione con il paziente attraverso la comprensione empatica. La competenza del medico sugli aspetti psicologici e psicopatologici – causativi e conseguenti – delle malattie è indispensabile per un approccio complessivo al malato che sia appropriato sul piano clinico ed etico. Il crescente numero di ricerche che si sono occupate del disagio (distress) provato dai medici nel corso della pratica clinica, spesso già presente durante l’università, eviden2
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zia le criticità dell’attuale formazione dei futuri medici. Come è stato sottolineato nel precedente articolo pubblicato su questo bollettino, recenti studi clinici ripropongono il modello biopsicosociale (BPS) di Engel come base per la medicina contemporanea. Il modello BPS supera i modelli patogenetici unidirezionali lineari e adotta il modello della complessità, non solo per la psichiatria, ma per la medicina in toto. Propone per il clinico una triade metodologica: “osservazione”, ossia vedere fuori; “introspezione”, vedere dentro e “dialogo”, ossia vedere tra. Il modello BPS rappresenta lo status quo concettuale della medicina e della psichiatria contemporanea. Le ultime acquisizioni neurobiologiche sulla psicoterapia – memoria procedurale, inconscio non rimosso, conoscenza relazionale implicita, embodied simulation, moment of meeting, mindfulness, ecc. –, e sui fondamenti biopsicologici della personalità hanno evidenziato gli effetti biologici degli scambi interpersonali in psichiatria, nella relazione medico-paziente, nella primary care e nella medicina specialistica. Tale relazione è fondamentale nella cura di patologie legate allo stile di vita quali depressione, malattie cardiovascolari, neurodegenerative, abuso di alcol e diabete, che secondo l’OMS saranno nel 2030 le prime 5 cause di disabilità. Si rende necessaria un’approfondita riflessione sulle difficoltà psicologiche del nuovo medico. Le cause (stressors) di tali difficoltà sono comunemente suddivise in “esogene” (che derivano dalla facoltà o dalla pratica clinica) ed “endogene” (dovute ai tratti di personalità).
Il disagio in medici e studenti di medicina: fattori esogeni Numerosi studi evidenziano tra i medici e gli studenti di medicina un’elevata prevalenza di sintomi ansiosi (dal 12 al 24%) e depressione (dal 14% al 31%) se comparati alla popolazione generale o a studenti di pari età. Essi mostrano un disagio psicologico maggiore rispetto alla popolazione generale. Inoltre il burnout del medico sembra esordire già al tempo dell’università. La competitività, il perfezionismo, la troppa autonomia associata con la responsabilità e la paura di mostrarsi vulnerabili, l’osservazione o la partecipazione a pratiche non etiche sono indicati come le più probabili cause, insieme a carico di lavoro, problemi finanziari, pressione psicologica, deprivazione di sonno, partecipazione alle sofferenze e alla fine della vita dei pazienti. Studi longitudinali hanno osservato un aumento dei sintomi psicopatologici lungo il corso della facoltà di medicina suggerendo che il disagio degli studenti sia cronico e persistente, venga mantenuto o favorito dal curriculum universitario e prosegua durante la pratica: infatti i medici sono meno soddisfatti della loro vita rispetto alla popolazione generale. Secondo una metanalisi del 2004, il tasso di suicidi nei medici maschi è fino a 4 volte più alto rispetto alla popolazione generale e 2-3 volte nelle femmine. Le conseguenze professionali del disagio psichico Il disagio derivante da stressors esogeni si riflette sulla qualità delle cure e spinge a comportamenti non professionali o all’abbandono della professione, con un effetto negativo sulla qualità delle cure e sulla compliance. È noto, inoltre, che l’insoddisfazione professionale favorisce la medicina difensiva e la malpractice e quindi l’aumento dei costi sanitari. In presenza di tali disagi molti autori segnalano la difficoltà per gli studenti di medicina di cercare aiuto per sé, affidandosi alle cure di uno specialista. La personalità: risorsa e fragilità Per quanto riguarda i fattori di stress endogeni, essi vanno ricercati nella personalità preesistente dello studente. La personalità interagisce con gli stressors esogeni determinando la resilienza e le abilità di coping. Glenn O. Gabbard affermava, già nel 1985, che il medico “normale” (nel senso statistico) presenta una “triade compulsiva” di dubbio, senso di colpa ed esagerato senso di responsabilità. Queste caratteristiche sono alla base di una corretta professionalità, ma espongono il medico ad una fragilità e ad aspetti maladattivi come difficoltà a rilassarsi, a trovare tempo per la famiglia, sensazione cronica di “non fare abbastanza”, confusione tra egoismo e normale cura di sé. Prescindendo dagli aspetti disfunzionali, è possibile ipotizzare che una certa personalità indirizzi verso la facoltà di medicina, tuttavia Gabbard non esclude che il curriculum formativo del medico favorisca e rinforzi tratti maladattivi preesistenti. Tra le motivazioni ad intraprendere la professione medica sono state descritte: indispensability (desiderio di controllo e autorità), helping people (offrire cura, aiuto, compassione), respect (essere degni di fiducia e prestigio) e science (essere capaci di rimanere sempre aggiornati e valutare la ricerca scientifica). Il filosofo Romano Guardini nel 1962 sosteneva che i tratti essenziali della personalità del medico sono “la serietà della coscienza di responsabilità, l’acutezza vigile dell’attenzione, la trasparenza della dedizione personale, la forza di concentrazione, l’impegno dell’autoformazione”. L’importanza della personalità nelle reazioni indivi-
duali allo stress e nel successo in una facoltà medica è indicata da numerosi studi. Estroversione, coscienziosità e stabilità emotiva sono tratti protettivi nei confronti dei disturbi d’ansia; l’entusiasmo, le risorse personali e la creatività sono stati messi in relazione con il successo scolastico. Coscienziosità, amicalità ed estroversione sono associate con una maggiore soddisfazione dello studente e, rispetto a studenti di altre facoltà, quelli di medicina hanno valori più alti di amicalità ed estroversione. La personalità influenza l’adattamento sociale, la fatigue e l’intolleranza all’incertezza. Quest’ultima è una caratteristica frequente negli studenti di medicina: gli studenti si sentono inadeguati; temono di non imparare quanto dovrebbero; sono messi in difficoltà dai limiti della medicina e dall’esistenza di malattie incurabili. Una formazione dall’orientamento prevalentemente biomedico, che tende a escludere il dubbio in favore di chiari algoritmi diagnostici, non prepara i neolaureati alle situazioni di incertezza presenti nella pratica clinica e all’alta prevalenza di problematiche psicosociali dei pazienti. Tale mancanza indica un vero e proprio deficit formativo che si riflette in un disagio psicologico espresso in particolare nei primi anni dopo la laurea. Inoltre il perfezionismo, la tendenza all’autocritica e tratti di personalità dipendenti promuovono la depressione tra gli studenti di medicina. È importante notare
vità. La personalità (TCI) degli studenti di medicina rispetto a quelli di altre facoltà evidenzia una maggiore dipendenza dalle gratificazioni e una minore capacità empatica e di identificazione transpersonale, sintomatici di minori risorse emotive e di una conseguente difficoltà nell’affrontare le problematiche psicologiche dei pazienti: questi risultati indicherebbero la necessità di specifici interventi di counseling per orientare e accompagnare gli studenti nel percorso formativo.
Prospettive: il medico futuro prossimo Come può la facoltà di medicina preparare – sapere, fare, essere – un futuro dottore e renderlo adatto ad integrare formazione e personalità per offrire ai pazienti interventi appropriati scientificamente, eticamente, ed economicamente adeguati? Un medico equilibrato, in salute, con buona capacità di resilienza può offrire ai pazienti cure e conforto e riuscendo a tollerare lo stress emotivo (burnout e fatigue) che tale pratica richiede. Una recente revisione della letteratura ha sottolineato la mancanza di un’adeguata attenzione alla struttura complessiva della formazione: attualmente tekné e humanitas sono divise da una eccessiva dicotomia, la seconda è vista come un’appendice del percorso formativo. I corsi che insegnano le scienze umane, la relazione medico-paziente, la psicologia clinica sono spesso presentati come un “di più”,
Una formazione dall’orientamento prevalentemente biomedico, che tende a escludere il dubbio in favore di chiari algoritmi diagnostici, non prepara i neolaureati alle situazioni di incertezza presenti nella pratica clinica e all’alta prevalenza di problematiche psicosociali dei pazienti. Tale mancanza indica un vero e proprio deficit formativo che si riflette in un disagio psicologico espresso in particolare nei primi anni dopo la laurea.
medico, invece, la capacità di modulare le emozioni proprie ed altrui è un elemento necessario, essendo comunicazione interpersonale efficace e trasformante quando il medico è in grado di sentire, accogliere e comprendere le proprie emozioni e quelle dell’altro. Dalle ricerche sulla neurobiologia dell’empatia è stato osservato che una imitazione implicita inconscia reciproca (embodied simulation) tra medico e paziente è responsabile del processo di cambiamento. In conclusione, numerose ricerche in ambito clinico, etico ed economico sollecitano con urgenza le Istituzioni sanitarie ed universitarie ad affrontare il problema di una più approfondita preparazione psicologica del medico. Le evidenze di cui sopra sull’insoddisfazione e sui problemi di salute psichica degli studenti di medicina e dei medici accrescono ulteriormente la necessità di rivalutare i percorsi formativi ed il core curriculum nel suo complesso. Tra la medicina come viene insegnata nelle aule universitarie e la realtà della pratica clinica esiste attualmente uno iato; il curriculum universitario espone i futuri medici ad un vuoto formativo. Gli studenti si trovano impreparati ad affrontare il carico emotivo del rapporto con i pazienti e a confrontarsi con procedure cliniche dense di incertezza, stress e disagio. È necessario pertanto informare gli studenti sulla natura e la pervasività degli stressors professionali offrendo gli strumenti per controllarli attraverso un percorso formativo ad hoc, in cui siano affrontate le dinamiche emotive e le fragilità individuali. La consapevolezza dei rischi e della complessità della professione può aiutare gli studenti nella scelta della specialità o nell’indirizzare i propri interessi verso una specifica area professionale (ricerca, clinica, educazione amministrazione), aumentando la qualità della vita e riducendo il rischio che gli stressors professionali portino allo sviluppo di sintomi ansiosi, depressivi o burnout. La medicina BPS è una scienza costitutivamente integrativa. Il fondamento scientifico che il modello BPS può dare alla medicina nel suo complesso è la visione globale delle interazioni di tutte le discipline. È dunque necessaria una specifica formazione in medicina BPS per cui il focus sui problemi del paziente promuova un’analisi multilivello, attraverso la comprensione non solo degli agenti patogeni genetici e biologici, ma anche delle esperienze della prima infanzia, dello status socioeconomico, della personalità, gli agenti stressanti acuti e cronici e lo stile di vita. Attualmente il numero di crediti che l’Università italiana assegna all’insegnamento della psichiatria e della psicologia clinica è inadeguato per il ruolo che tali corsi rappresentano nel curriculum del medico: la psichiatria, specie nei suoi aspetti riguardanti la psicoterapia e la relazione terapeutica, è spesso per lo studente la più favorevole occasione di apprendere e fare esperienza sui modi di per sé psicoterapeutici di fare e essere un medico, di considerare e accogliere il paziente nella sua complessità BPS. Inoltre solo la psichiatria può incoraggiare lo studente a considerare le proprie motivazioni a comprendere le proprie emozioni e quelle del paziente ed il proprio disagio in relazione alla professione, stimolando maggiore autoconsapevolezza, capacità empatica ed in definitiva una maggiore professionalità. •
Bibliografia essenziale come il perfezionismo sia considerato dagli studenti e dai loro professori una caratteristica adattiva se non necessaria, evidenziandone la doppia natura di forza e fragilità. Fattori come il neuroticismo e la coscienziosità sono secondo Tyssen et al. stressors endogeni indipendenti, se associati possono rappresentare una tipologia di personalità, gli “incubatori” (brooders), fortemente esposta al disagio. Ad oggi le ricerche sui tratti temperamentali dei medici sono scarse. La personalità di studenti giapponesi del secondo anno, valutata attraverso il Temperament and Charactrer Inventory (TCI), mostra che persistenza, autodirettività e autotrascendenza avevano una correlazione significativa con un’alta motivazione accademica intrinseca. Un altro studio coreano ha rilevato che negli studenti di medicina maschi il successo scolastico era correlato positivamente con l’autodirettività, con la persistenza (TCI) ed il polimorfismo del recettore D4 della dopamina e negativamente con la ricerca della no-
un’aggiunta opzionale che affianca l’insegnamento scientifico. Non è affatto dimostrata la correlazione tra i risultati di uno studente agli esami e la capacità di svolgere una buona intervista clinica nella pratica. Lo studente si trova quindi impreparato quando deve affrontare eventi inevitabili come la comunicazione di diagnosi infauste o l’interiorizzazione della perdita di un paziente. Non esiste infine un corso di insegnamento sulle dinamiche psico-somatiche e psico-sociali connesse alle patologie organiche. Shapiro si domanda addirittura se la facoltà di medicina promuova l’alessitimia, sia attraverso il carico allostatico, gli stressors, le richieste fisiche e psicologiche a cui è sottoposto lo studente, sia attraverso un’implicita tendenza a sopprimere piuttosto che ad elaborare le emozioni all’interno della relazione con il paziente. Gli attuali corsi di studio (anche implicitamente, attraverso l’influenza del cosiddetto hidden curriculum) non danno importanza alla comprensione empatica del paziente. Per un
Benbassat J, Baumal R, Chan S, Nirel N. Sources of distress during medical training and clinical practice: Suggestions for reducing their impact. Med Teach 2011; 33: 486-90. Dyrbye LN, Massie FS, Jr, Eacker A, et al. Relationship between burnout and professional conduct and attitudes among US medical students. JAMA 2010; 304: 1173-80. Fassino S. Psychosomatic approach is the new medicine tailored for patient personality with a focus on ethics, economy, and quality. Panminerva Med 2010; 52: 249-64. Fassino S, Abbate Daga G. Più psichiatria per la formazione del futuro medico. Didatticamente 2011; 2: 3-5. Gabbard GO. The role of compulsiveness in the normal physician. JAMA 1985; 254: 2926-9. Shapiro J. Perspective: Does medical education promote professional alexithymia? A call for attending to the emotions of patients and self in medical training. Acad Med 2011; 86: 326-32. L’articolo corredato da bibliografia integrale può essere richiesto in pdf alla Redazione. Didatticamente
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Alessandro Rossi, Paolo Stratta* Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Psichiatria, Università dell’Aquila *ASL 1 L’Aquila - Dipartimento di Salute Mentale
Introduzione Il 6 aprile 2009, alle 3:32, un terremoto di magnitudo 6,3 Richter ha colpito L’Aquila, una città con una popolazione di 72.000 abitanti. Il terremoto ha causato la morte di 309 persone, il ferimento di più di 1600, duecento delle quali gravemente e ricoverate in ospedale, e lo spostamento forzato di altre 66.000. Il 5% è rimasto intrappolato sotto le macerie con lievi conseguenze fisiche, il 15% ha perso almeno una persona conosciuta. Tutti i residenti hanno subito direttamente il disastro, anche se con differenze individuali in base al coinvolgimento nell’evento o alle caratteristiche personali. Gli sfollati hanno trovato alloggio negli alberghi entro 150 chilometri dalla città oppure in campi di tende situate in prossimità dell’area urbana. Un anno dopo il terremoto, solo il 25% degli abitanti ha avuto la possibilità di tornare nelle proprie case. Nel post-terremoto l’assistenza psicologica è stata importante fin dai primi momenti per il supporto ed assistenza ai familiari delle vittime. Questa assistenza psicologica e psicosociale è stata poi esercitata soprattutto nei campi di tende, affiancando e supportando i servizi territoriali dell’ASL e del Comune. Queste attività sono state orientate a rispondere ai bisogni della popolazione con particolare attenzione ad anziani, minori ed adulti che manifestavano un disagio significativo relativamente alla condizione che stavano vivendo. I ‘casi’ rilevati venivano inviati ai servizi territoriali, il Centro di Salute Mentale (CSM) per le problematiche di interesse psichiatrico, i Consultori per quelle sociali, per la presa ‘in carico’. Segue una revisione narrativa focalizzata sugli studi condotti dagli autori1,2 che va integrata con altri studi3.
L’attività del servizio psichiatrico territoriale Il CSM è la struttura alla quale fanno riferimento i residenti de L’Aquila. A causa dei gravi danni subiti dall’edificio che lo ospitava, il lavoro territoriale dopo il terremoto è continuato sotto le tende in un campo vicino alla zona urbana. In questo campo sono state anche allestite tende per accogliere pazienti, in gran parte con problematiche psichiatriche, in parte anche con disabilità fisica e mentale, al fine di supplire all’inagibilità del centro di riabilitazione psichiatrica, del centro diurno, delle case famiglia. Il Sistema Informativo (SI) della struttura territoriale (GESMA, Gestione della Salute Mentale della Regione Abruzzo), che registra i dati relativi alle attività svolte dalla struttura, è stato ripristinato dal 1° luglio, con la perdita quindi dei dati relativi al primo trimestre dopo il terremoto. I dati raccolti hanno fatto rilevare una riduzione (circa il 50%), in numeri assoluti, della popolazione afferente alla struttura con un aumento però degli interventi domiciliari. Tuttavia, se si considera il numero di sfollati dal territorio della ASL, la percentuale delle persone afferenti al centro territoriale nei mesi successivi, così come nell’anno successivo, il 2010, non è stata così lontana da quella prima del terremoto, comunque non aumentata. Diversi fattori possono essere intervenuti su queste osservazioni: verosimilmente le precarie condizioni lavorative degli operatori del CSM possono non aver garantito una registrazione dei dati di alta qualità, inoltre l’accessibilità alla struttura è stata ridotta anche a causa dello spostamento della popolazione in un’area molto vasta. Nelle comunità di nuova costituzione, soprattutto nei campi, che avevano una popolazione variabile da poche centinaia ad un migliaio di persone, presidi medici avanzati (PMA) sono stati mantenuti per un lungo periodo. I PMA hanno offerto assistenza sanitaria, anche per la salute mentale, rappresentando di fatto un filtro per ulteriori interventi specialistici. È inoltre probabile che le persone con problemi psicologici legati al disagio del terremoto abbiano pur esperito dei sintomi riconducibili al disturbo post-traumatico da stress (PTSD) ma li abbiano ritenuti normali, comunque ‘comprensibili’ e comuni, tali quindi da non richiedere l’intervento di uno specialista. La considerazione del contesto può aver quindi modificato la percezione di un disturbo mentale o la paura di rivivere ri4
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Il difficile ruolo della psichiatria nella medicina dei disastri: il caso di L’Aquila Le traiettorie che segnano la comparsa di sintomi psicopatologici nel breve e nel lungo termine dopo un disastro naturale che colpisce una comunità sono estremamente difficili da individuare e necessitano di monitoraggio continuo e di interventi specifici. cordi dolorosi può aver indotto a evitare di ricorrere a cure specialistiche. Alcune persone evitano poi il trattamento a causa della percezione dell’alto livello di stigma associato ai disturbi mentali4.
L’utilizzazione di psicofarmaci È stato effettuato uno studio per valutare la farmacoepidemiologia delle prescrizioni di farmaci antidepressivi e antipsicotici dopo il terremoto attraverso l’esame del database amministrativo elettronico del servizio sanitario nazionale5-7. Le informazioni sulle prescrizioni di questi farmaci dopo i disastri naturali sono in genere limitate. La valutazione del numero di prescrizioni può contribuire a stimare il livello di disturbi emotivi nel contesto generale delle difficoltà post-evento. Facendo un confronto tra il semestre precedente e quello successivo al terremoto è stato rilevato un aumento del 37% nelle prescrizioni degli antidepressivi e un aumento del 129% in quelle degli antipsicotici, soprattutto nelle persone anziane e nelle donne. È probabile che basse dosi di antipsicotici siano state prescritte per il trattamento di agitazione, ansia, disturbi del comportamento legati allo stress, o insonnia. Nelle situazioni d’emergenza, i problemi comportamentali possono superare i problemi dell’umore, con incremento di comportamenti ‘agiti’, cui può corrispondere l’aumento delle prescrizioni di antipsicotici rispetto agli antidepressivi. Questa osservazione pone però un problema di appropriatezza della prescrizione dei farmaci ad un gruppo potenzialmente vulnerabile come quello degli anziani. Occorre, infine, considerare l’aumento complessivo del-
l’osservazione medica, sia nelle tendopoli che nelle nuove comunità di sfollati. Ciò depone per l’opportunità di promuovere una pratica prescrittiva più appropriata, che eviti eventuali problemi iatrogeni. È probabile che queste prescrizioni, delle quali non si conosce attualmente la durata, siano da inserire in una prospettiva a breve termine che dovrà essere monitorata nel tempo. Dati in corso di elaborazione dello stesso database dopo due anni riportano una stabilizzazione delle prescrizioni verso valori analoghi a quelli pre-terremoto (Trifirò et al. comunicazione personale, in preparazione). Un’analisi farmacoepidemiologica potrebbe fornire una guida per i medici di medicina generale ed altre agenzie sanitarie, utile per la gestione dei disturbi emotivi in periodi post-emergenziali.
L’impatto del terremoto su persone con disturbi psichiatrici La letteratura sulla risposta a disastri naturali da parte di persone che presentano disturbi psichiatrici è limitata8. All’indomani della catastrofe è stato chiesto alle persone che facevano riferimento alle strutture territoriali di esprimere il loro grado soggettivo di ‘adattamento’ all’evento9. In questa prospettiva a breve termine, è stato osservato che le persone con schizofrenia e disturbi dell’umore hanno mostrato un adattamento soggettivo migliore, mentre i soggetti che presentano disturbi d’ansia affermavano di sentirsi peggio. In una ulteriore valutazione in una prospettiva a medio termine (13-14 mesi dopo il terremoto), oltre il 60% dei soggetti ha riferito di sentirsi “uguale” o addirittura “meglio“rispetto a prima del terremoto, indipendentemente dalla loro diagnosi, dalla gravità della malattia, dall’età e dal sesso. È probabile che la resilienza abbia avuto un ruolo nell’affrontare le avversità. La resilienza riflette il versante positivo dello spettro adattamento/disadattamento in risposta all’esposizione ad un fattore di rischio10,11. Quanto osservato può dimostrare che la capacità di resilienza nei soggetti con disabilità psichiatrica non scompaia, bensì persista anche quando viene diagnosticato un disturbo mentale grave.
L’impatto del terremoto su persone con autismo La letteratura in merito è ben scarsa. È stato eseguito uno studio che ha valutato abilità di ‘comportamento adattativo’
di adolescenti con disturbo dello spettro autistico (ASD), monitorati per un anno dopo la loro esposizione al terremoto e messi a confronto con un gruppo di coetanei anch’essi con diagnosi di ASD ma non esposti all’evento12. Le abilità di ‘comportamento adattativo’ dei soggetti esposti risultavano drasticamente ridotte nei primi mesi dopo il terremoto. Un intervento intensivo e tempestivo nel post-terremoto ha permesso però una graduale ripresa, benché incompleta dopo un anno di osservazione. Un parziale ritorno a delle condizioni di vita relativamente stabili, solleciti ed intensivi interventi dopo il disastro, hanno fatto sì che i bambini e gli adolescenti con autismo potessero mostrare la tendenza a recuperare il loro funzionamento adattativo, anche se un recupero completo richiederà un tempo più lungo. Questo risultato è incoraggiante ed indica che non tutto è perduto dopo un disastro, anche in condizioni oggettivamente difficili. Nei ragazzi con autismo, la capacità di resilienza dipende in gran parte dal loro immediato reinserimento nella routine della vita quotidiana e da programmi di riabilitazione per quanto possibile intensivi e stabilizzanti.
L’impatto del terremoto nella popolazione generale La presenza di conseguenze psicologiche associate all’esposizione al terremoto è stata indagata in campioni di popolazione generale attraverso questionari di valutazione dello stress post traumatico. Sono stati indagati, 10 mesi dopo il terremoto, i tassi di prevalenza di PTSD totale e parziale in una popolazione di giovani che frequentavano l’ultimo anno delle scuole superiori13. I risultati hanno mostrato una diagnosi di PTSD nel 37,5% degli adolescenti reclutati. Inoltre, per un altro 29,9% dei soggetti è stato riscontrato un PTSD parziale. Il genere femminile è stato associato ad una percentuale più alta di diagnosi conclamata di PTSD. Osservando le strategie di coping disadattive messe in atto in seguito all’esposizione al terremoto, si nota che un numero significativamente maggiore di donne, quasi il doppio rispetto agli uomini, ha riferito di aver smesso di prendersi cura di sé, mentre il contrario è stato segnalato per l’uso di alcool o di farmaci utilizzati per calmarsi o per evitare di incappare in comportamenti a rischio se non suicidari. Un altro studio eseguito in un differente campione di adolescenti ha indagato, 21 mesi dopo il terremoto, l’associazione tra eventi di lutto e PTSD14. I risultati hanno mostrato una diagnosi di PTSD nel 30,7% degli adolescenti e di PTSD parziale in un ulteriore 31,4% dei soggetti. Anche in questo studio per il genere femminile vengono riportate più elevate percentuali di PTSD, sia totale che parziale. I risultati confermano gli effetti pervasivi di un disastro per la salute mentale negli adolescenti specie se questo ha comportatola perdita di un parente o un amico. Va però rilevato che l’aumento di sintomi di tipo posttraumatico non ha comportato un incremento della vulnerabilità per la psicosi15 suggerendo che conseguenze posttraumatiche che coinvolgono un’intera comunità possono avere conseguenze diverse da quelle che coinvolgono l’individuo ed addirittura possano svolgere un ruolo di protezione. L’impatto del terremoto sulla popolazione adulta è stato studiato attraverso il Temperament and Character Inventory-Revised (TCI-R) sulla base dell’ipotesi che l’esposizione a questo trauma avrebbe influenzato in modo differenziato i domini del temperamento e del carattere16. Un anno dopo il terremoto è stato somministrato il questionario sia ad un campione di soggetti adulti esposti all’evento che in un gruppo di controllo non esposto. Questo è il primo studio che ha messo a confronto le dimensioni del TCI-R in una popolazione esposta ad un grave disastro naturale. Adulti in un’età compresa tra i 31 ed i 50 anni hanno mostrato un indice di ‘persistenza’ (Persistence – P) più elevato ed un ridotto indice di tendenza a ‘evitamento del danno’ (Harm Avoidance – HA) rispetto ai non esposti. Le persone con maggiore ‘persistenza’ tendono a percepire la frustrazione e la stanchezza come una sfida personale, non si arrendono facilmente, tendendo persino a lavorare più duramente se criticate o messe di fronte a errori nel loro lavoro. La persistenza è stato messa in relazione con la tolleranza al disagio ed è considerata un costrutto adattivo, un aspetto potenzialmente protettivo all’interno del concetto di una per-
sonalità resiliente. In questo campione di adulti l’elevata P e la bassa HA potrebbero costituire un ‘modello adattivo’ di risposta al trauma. Al contrario persone anziane esposte al terremoto hanno mostrato un diverso modello di risposta temperamentale e di carattere, con una bassa ‘autodirezionalità’ (Self-Directedness – SD) e tendenza verso più elevati valori di HA rispetto al gruppo di controllo. Alti punteggi di SD possono essere visti come indicativi di una personalità matura e ben integrata; la SD è negativamente correlata con ansia. HA riflette invece una dimensione della personalità associata con inibizione del comportamento, correlata con ansia. Le persone anziane risultano quindi più sensibili all’evento stressante e la loro risposta sembra più disadattiva. È interessante notare come questa osservazione sia in accordo con quanto rilevato dalla valutazione farmacoepidemiologica nella popolazione più anziana5-7.
Il suicidio Poiché un importante disagio psicologico dopo un evento traumatico può portare a problematiche psicopatologiche, e data la maggiore probabilità di suicidio in persone con disturbi psichici, ci si può attendere un incremento di suicidi nel post-terremoto. Per valutare il tasso di suicidi si è fatto riferimento al database dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) che riporta l’evenienza di morti per suicidio nell’ambito delle statistiche giudiziarie. Sono stati esaminati i tassi degli anni 2004-2009: il numero e la percentuale di suicidi registrati nel 2009 si sono rivelati i più bassi, con una significativa riduzione rispetto agli anni precedenti, a fronte di dati stabili nel resto dell’Abruzzo e in Italia17. Non è certo la prima volta che in letteratura si osserva un dato del genere: riduzione dei suicidi è stata osservata durante eventi bellici ma anche dopo catastrofi. Fattori di resilienza possono certamente aver avuto un ruolo: durante disastri naturali un incremento della coesione nella comunità può infatti limitare fattori di rischio suicidario. Questa però è un’osservazione nel breve termine che dovrà essere monitorata. Peggioramento delle condizioni di vita quotidiana, disgregazione delle reti sociali che persistono nel lungo-termine, possono ben essere associati a problemi di salute mentale e rischio suicidario.
nel campione esposto, confermando il comune riscontro di un indebolimento della fede religiosa in persone che hanno problemi nell’affrontare traumi. È stato inoltre osservato che coloro che si definiscono maggiormente ‘religiosi’, rispetto a persone più ‘spirituali’, hanno meglio fatto fronte al disagio psicologico del terremoto. La religiosità, con credenze e rituali condivisi con la comunità più che fattori spirituali, è risultata più efficace nello stimolare fattori di resilienza a seguito del terremoto, verosimilmente grazie ad un’amplificazione del ‘capitale sociale’. In un altro studio è stato osservato, un anno dopo il terremoto, un aumento dell’ideazione suicidaria nella popolazione adulta, soprattutto tra le donne19, in associazione ad un aumentato ‘coping religioso negativo’ e a sintomi di PTSD. Il ‘coping religioso negativo’ è espressione di conflitto, dubbio riguardo materie di fede, sentimento di essere punito, abbandonato da Dio e dalla comunità religiosa, condizione che può prevalere in persone esposte a stress prolungati.
ll ruolo delle agenzie formative Se gli interventi sanitari devono essere erogati e valutati nel breve termine vi è una parte di interventi legati alle agenzie formative, ad esempio scuola ed università, che dovrà essere riformulata in base ai dati della ricerca che stanno emergendo da quando si sono cominciate a studiare le conseguenze dei disastri naturali nel breve e nel lungo termine. In una società globale gli aspetti della comunicazione e della formazione sono imprescindibili da quelli degli interventi socio sanitari. È auspicabile che le agenzie formative diano un contributo a collegare in rete esperienze di discipline distanti (es. psicologia e farmacologia, ma anche urbanistica ed economia) con corsi universitari e post universitari occupandosi di fornire metodi, strumenti e modelli applicativi di intervento in aree come la valutazione dello stress post-traumatico, la resilienza individuale e di comunità, l’individuazione delle popolazioni a rischio, la connessione sociale, la valu-
La spiritualità come fattore di resilienza Il ruolo della religiosità/spiritualità come fattore di coping è attualmente oggetto di studio sia nell’ambito della salute mentale che della psicologia positiva. La letteratura non fornisce evidenze conclusive: infatti solo alcuni aspetti della religiosità/spiritualità sembrano rappresentare un fattore di protezione (come ad esempio partecipare alle attività sociali o la meditazione), mentre le convinzioni religiose di per sé non sembrano avere impatto sul benessere e la salute mentale. È stata eseguita una valutazione dell’influenza della spiritualità e della religiosità, come costrutti della fede religiosa, sugli effetti psicologici traumatici del terremoto utilizzando la Fetzer Multidimensional Spirituality Measure (Brief Multidimensional Measure of Religiousness/Spirituality – BMMRS – Fetzer Institute 1999), uno strumento di misura sviluppato per la valutazione delle dimensioni religiosità/spiritualità18. Nessuna differenza è stata vista per la BMMRS tra i soggetti esposti al terremoto e soggetti non esposti per la dimensione religiosa, ma dimensioni spirituali invece sono risultate significativamente differenti con punteggi più bassi
Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie. Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto, e cioè la ricostruzione edilizia per opera dello Stato, a causa del modo come fu effettuata, dei numerosi brogli frodi furti camorre truffe malversazioni d'ogni specie cui diede luogo, apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risale l'origine della convinzione popolare che, se l'umanità una buona volta dovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in un dopo-terremoto o in un dopo-guerra. Il dopo-terremoto del 1915 Da: Uscita di sicurezza, di Ignazio Silone Didatticamente
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tazione e la modificazione degli stili di vita, ecc. Tutto ciò dovrà far parte di un bagaglio di conoscenze condivise per esperti di discipline che conoscono benissimo il loro lavoro ma spesso possono non conoscere quanto accade nella porta accanto. La psichiatria, disciplina all’incrocio tra scienze mediche e psicosociali, deve svolgere un ruolo centrale sviluppando modelli di collegamento e di intervento nell’area della medicina dei disastri in particolare negli interventi a lungo termine20. In assenza di questo lavoro di rete non possiamo stupirci che la comunicazione venga occupata dagli esperti del nulla, che solitamente rivestono ruoli di responsabilità politico-amministrativa che Ignazio Silone quasi un secolo fa aveva già ben descritto.
Conclusioni Le traiettorie che segnano la comparsa di sintomi psicopatologici nel breve e nel lungo termine dopo un disastro naturale che colpisce una comunità sono estremamente difficili da individuare e necessitano di monitoraggio continuo e di interventi specifici. Questo problema rappresenta una sfida enorme per la psichiatria in particolare, ma anche per le altre discipline mediche, che non può essere elusa. Numerose evidenze sottolineano che le alterazioni psicopatologiche sono strettamente associate a morbilità medica come sindromi dolorose, ipertensione, uso ed abuso di sostanze, dislipidemia, obesità e malattie cardiovascolari21,22. Sulla base di quanto qui riportato è possibile rilevare, nonostante l’importante disagio psicologico della popolazione, una significativa, talora anche inaspettata, capacità di resilienza soprattutto in alcuni gruppi di popolazione23,24. Questa prospettiva mette in evidenza le capacità personali che portano a mantenere o recuperare la salute mentale a dispetto di drammatiche avversità12. A ciò hanno contribuito verosimilmente anche le caratteristiche del trauma che la popolazione ha subito. Un terremoto, come quello
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che ha colpito L’Aquila, è una catastrofe che viene nel suo complesso condivisa dalla popolazione. Il significato sociale dell’assistenza e dei soccorsi offerti ai sopravvissuti può anche avere avuto un ruolo nel migliorare la resilienza personale e della comunità. I meccanismi di resilienza non devono essere infatti ristretti ad un livello individuale ma essere considerati anche come il risultato di una varietà di fattori a livello di gruppo. È però da rilevare che questi ‘meccanismi’ di resilienza sono intervenuti nel periodo immediatamente successivo al terremoto. La valutazione nel medio-lungo termine potrebbe essere meno ottimistica. Le molteplici difficoltà della vita di tutti i giorni e della disgregazione delle reti sociali potrebbero essere fattori associati a problemi di salute mentale. La percezione delle ineguaglianze sociali e delle ‘malversazioni di ogni tipo’ rischiano di essere fenomeni destinati ad aumentare dopo la ‘luna di miele’ dell’immediato post-terremoto. Negozi, bar, circoli, chiese, piazze e altri luoghi di aggregazione, dove le persone potevano trovare un sostegno sociale, sono andati perduti. Gli studi riportati rilevano le necessità di diverse fasce della popolazione caratterizzate da specifiche modalità di risposta al trauma e differenti combinazioni di fattori rischio e protettivi. Queste osservazioni mettono in evidenza la necessità di favorire la resilienza e ridurre la vulnerabilità, sia nelle popolazioni a rischio, come gli adolescenti e gli anziani, sia nella popolazione generale. Gli effetti di un disastro sono ampi e diversificati e richiedono risposte diverse a seconda delle diverse reazioni al trauma, come i disturbi psichiatrici, il disagio generalizzato ed i problemi interpersonali. Interventi per la salute mentale dopo disastri di massa dovrebbero cercare di mobilizzare le risorse interne delle persone, rafforzare le capacità di auto-controllo ed auto efficacia, migliorare la cura del sé, rafforzare e mobilizzare le risorse della comunità, de-stigmatizzare i servizi uscendo dai tradizionali ambiti clinici per essere in grado di intercettare i bisogni di salute della popolazione colpita. •
9. Stratta P, Rossi A. Subjective adjustment of individuals with psychiatric disorders in the aftermath of the L’Aquila earthquake. Am J Psychiatry 2010; 167: 352-3. 10.Stratta P, Rossi A. Resilience in psychopathology agenda. Italian Journal of Psychopathology 2010; 16: 305-8. 11. Stratta P, Riccardi I, Di Cosimo A, Cavicchio, et al. Validation Study of the Italian version of the Resilience Scale for Adolescents (READ). J Commun Psychology (in stampa). 12.Valenti M, Ciprietti T, Di Egidio C, et al. Adaptive response of children and adolescents with autism to the 2009 earthquake in L’Aquila, Italy. J Autism Dev Disord 2011; DOI 10.1007/s10803-011-1323-9. 13. Dell’osso L, Carmassi C, Massimetti G, Daneluzzo E, Di Tommaso S, Rossi A. Full and partial PTSD among young adult survivors 10 months after the L’Aquila. J Affect Disord 2011; 131: 79-83. 14. Dell’osso L, Carmassi C, Massimetti G, et al. Impact of traumatic loss on post-traumatic spectrum symptoms in high school students after the L’Aquila 2009 earthquake in Italy. J Affect Disord 2011a; 134: 59-64. 15. Rossi A, Di Tommaso S, Stratta P, Riccardi I, Daneluzzo E. How much stress is needed to increase vulnerability to psychosis? A community assessment of psychic experiences (CAPE) evaluation 10 months after an earthquake in L’Aquila (Italy). Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci 2011; DOI 10.1007/s00406-011-0258-7. 16. Rossi A, Capanna C, Struglia F, Riccardi I, Stratta P. Temperament and Character Inventory- Revised (TCI–R) 1 year after the earthquake of L’Aquila (Italy). Pers Individ Diff 2011; 51: 545-8.
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17. Stratta P, Rossi A. Suicide in the aftermath of L’Aquila (Italy) earthquake. Crisis: The Journal of Crisis Intervention and Suicide Prevention (in stampa). 18. Stratta P, Capanna C, Riccardi I, et al. Spirituality and religiosity in the aftermath of a natural catastrophe in Italy. J Relig Health (inviato, prima revisione). 19. Stratta P, Capanna C, Riccardi I, et al. Suicidal intention and negative spiritual coping one year after the earthquake of L'Aquila (Italy). J Affect Disord doi:10.1016/j.jad.2011.10.006 (in stampa). 20.American Psychiatric Association. Committee on Psychiatric Dimensions of Disaster. Disaster Psychiatry Handbook Supported by a generous grant from the. American Psychiatric Foundation 2004. 21. Zen AL, Whooley MA, Zhao S, Cohen BE. Post-Traumatic Stress Disorder is associated with poor health behaviors: findings from the heart and soul study. Health Psychology. Advance online publication (2011, October 24) doi: 10.1037/a0025989. 22. McFarlane AC. The long-term costs of traumatic stress: intertwined physical and psychological consequences. World Psychiatry 2010; 9: 3-10. 23. Bonanno GA. Loss, trauma, and human resilience: have we underestimated the human capacity to thrive after extremely aversive events? Am Psychol 2004; 59: 20-8. 24. Davydov DM, Stewart R, Ritchie K, Chaudieu I. Resilience and mental health. Clin Psychol Rev 2010; 30: 479-95.
Valutazione della qualità della didattica: un questionario autovalutativo e site visit ome è noto anche quest’anno il MIUR ha coinvolto gli specializzandi a esercitare il loro diritto-dovere di valutare la qualità didattica erogata dalla Scuola con un apposito questionario.
C
I Direttori delle Scuole di Psichiatria hanno sollecitato gli specializzandi a svolgere entro il termine del 22 gennaio tale valutazione. La compilazione del questionario di autovalutazione era riservata ai medici in formazione specialistica iscritti ai primi tre anni di corso (ammessi nell’a.a. 2008/2009; 2009/2010 e 2010/2011). I Direttori ritengono che il monitoraggio della qualità della didattica rappresenti un momento imprescindibile nel processo di miglioramento del sistema formativo specialistico. Nell’intento del MIUR, la pubblicazione dei dati sarà utile all’Osservatorio Nazionale per mettere in campo strategie di miglioramento della qualità della formazione anche attraverso la comparazione delle scuole della stessa tipologia. Come dichiarato dal MIUR e dall’Osservatorio, dopo la fase valutativa, seguiranno le site visit condotte da un numero ristretto di osservatori che visiteranno e valuteranno non solo le Scuole risultate carenti in qualche parametro ma anche alcune scuole a campione. I Direttori delle scuole in sintonia anche con l’Associazione FederSpecializzandi sono pronti ad operare, sulla base anche dei risultati, correzioni per migliorare la formazione specialistica. Sul piano pratico sarebbe opportuno che ciascuna scuola attraverso una scheda di autovalutazione si preparasse a ricevere eventuali site visit verificando, con una locale autovalutazione, il pieno raggiungimento dei requisiti e degli standard previsti. In secondo luogo sarebbe auspicabile che ciascuna tipologia di scuola chiedesse, attraverso l’impegno di alcuni Direttori volontari e di specializzandi, di collaborare alla stesura del questionario su cui dovrà articolarsi la valutazione delle site visit. Infine l’utilizzo in aperto del questionario ministeriale soprattutto nella parte relativa all’organizzazione del tronco comune e alla progressione step by step verso l’autonomia dello specializzando potrebbe costituire una base concreta per uniformare obiettivi formativi e procedure all’interno delle nostre scuole. Si può pertanto concludere che i Direttori della scuola di specializzazione in Psichiatria sono coinvolti attivamente nel processo continuo del miglioramento della qualità nella formazione degli specializzandi sia per quanto attiene i saperi teorici e sia per quanto attiene le competenze pratiche e relazionali necessarie per svolgere nel modo migliore la professione di psichiatra. A cura del Prof. Massimo Casacchia
Incremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo il terremoto di L’Aquila* Massimo Casacchia1, Rita Roncone1, Valeria Bianchini1,2, Rocco Pollice1 1. Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di L’Aquila, SPUDC, Ospedale San Salvatore, L’Aquila 2. Scuola di specializzazione in Psichiatria, Università degli Studi di L’Aquila
iciotto mesi dopo il terremoto che ha colpito il cuore dell'Abruzzo, il suo capoluogo di regione, L'Aquila (città con una popolazione di 72.000 abitanti e con un distretto sanitario di 103.788 assistiti), è ancora una città fantasma. Gli edifici e i monumenti sono stati posti in sicurezza e tutte le macerie rimosse, ma la cosiddetta zona rossa, nel centro storico della città, è ancora una zona impraticabile e i residenti, trasferiti altrove, iniziano a disperare rispetto alla possibilità di poter mai tornare nelle proprie abitazioni'' (tratto dal “Financial Times” del 3 dicembre 2010). Il terremoto avvenuto a L’Aquila il 6 aprile 2009 (magnitudo della scala Richter 6,3) ha ucciso 309 persone, ne ha ferite oltre 2500 e ha lasciato senza tetto 28.000 aquilani: il bilancio totale è stato di 66.000 sfollati con distruzione e gravi danni a circa 11.000 edifici (il 65% delle abitazioni private). È stato ampiamente dimostrato in letteratura che l'esposizione a distruzione e morte causate dai disastri naturali possa determinare lo sviluppo di disturbi psicologici ed un aumento dell’uso di sostanze come conseguenza delle perdite sia materiali che spirituali1,2. Il presente studio fornisce una “fotografia” del cambiamento nell’abitudine al consumo di sostanze tra i giovani sopravvissuti al terremoto che ha colpito L'Aquila il 6 aprile 2009. 1078 giovani (età media 21,4 ± 5,6 anni) hanno partecipato ad un sondaggio sulla salute mentale condotto tra marzo e dicembre 2010, rappresentando l'8% della popolazione nella fascia d'età di 16-30 anni e l’1,5% della popolazione generale. Sono state tre le sedi di reclutamento del campione di studio: 323 giovani afferiti presso lo “Smile” (un servizio psichiatrico per i giovani); 123 presso il SACS (un servizio dell'Università degli Studi di L’Aquila di orientamento e tutorato per gli studenti) e i restanti 632 giovani erano studenti universitari e delle scuole superiori che hanno aderito volontariamente all’indagine. Tutti i soggetti risultati positivi al Personal Health Questionnaire-9 items (PHQ-9) e alla Self Assessment of Anxiety State (SAS) sono stati ulteriormente sottoposti ad un’intervista clinica semi-strutturata secondo i criteri del DSM-IV (SCID-I) per verificare la presenza di un disturbo psichiatrico. Per 314 giovani (29,1%) è stata formulata una diagnosi psichiatrica secondo i criteri del DSM-IV: nello specifico, il 43% aveva un Disturbo d’Ansia, il 34% un Disturbo dell'Umore, il 16% un Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) e il 7% una Psicosi. Trentuno giovani partecipanti al sondaggio hanno riferito una storia personale o familiare di conseguenze fisiche dovute all’esposizione al sisma. L’uso di sostanze è stata valutato con una singola domanda per ciascuna sostanza indagata (alcool, tabacco, cannabis) chiedendo agli utenti se avevano o meno aumentato l’uso di tali sostanze nella fase post-sisma rispetto al periodo precedente. A tale scopo, è stata impiegata una scala a 4 punti (nessuno uso, meno di prima, uguale a prima, più di prima). Il General Health Questionnaire 12-item (GHQ-12) è stato utilizzato per valutare il grado di distress percepito.
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Tutti i partecipanti hanno fornito il loro consenso scritto e il locale comitato etico aveva approvato il protocollo di studio. Per i giovani con accertata diagnosi psichiatrica (n = 314), è stato riferito un incremento dell'uso di alcool, tabacco e cannabis nella fase post-sisma rispettivamente per 179 (57%), 128 (41%) e 69 (22%) soggetti. È interessante notare che nessuno di loro ne ha ridotto l’uso dopo il disastro. Per coloro che non avevano una diagnosi di disturbi psichiatrici (n = 764), invece, è stato riportato un incremento dell’uso di alcool, tabacco e cannabis da 374 (49%), 289 (38%) e 138 (18%) soggetti, rispettivamente. Nessuno dei giovani intervistati ha riferito una riduzione dell'uso di alcol e nicotina, mentre 119 (15,5%) hanno riportato una riduzione dell’uso di cannabis dopo il terremoto: per questi ultimi è stato riscontrato un minor livello di distress percepito valutato con il GHQ-12 rispetto a coloro che invece hanno riferito un incremento dell’assunzione (p < 0,001). Anche se il nostro campione di studio non è stato sottoposto ad una indagine specifica e standardizzata rispetto al concetto di Crescita Post Traumatica (PTSD growth), nella nostra esperienza clinica abbiamo potuto osservare che coloro i quali a seguito del disastro hanno ridotto l'uso di cannabis, hanno poi avuto un maggior numero di relazioni interpersonali, un cambiamento delle proprie priorità, un maggiore apprezzamento della vita e un aumento della self-efficacy. Su tutto il campione, è stata inoltre rilevata una correlazione tra l’aumentato uso di alcol e tabacco e il sesso femminile (r = 0,207), mentre il sesso maschile è risultato correlato significativamente all’incremento dell’uso di tabacco (r = 0,340) e cannabis (r = 0,240). Infine i giovani con una diagnosi psichiatrica hanno riportato un più elevato livello di distress percepito valutato con il GHQ-12 rispetto a coloro senza diagnosi (p < 0,001). Tra questi ultimi, abbiamo riscontrato un'associazione statisticamente significativa tra i punteggi del GHQ-12 e l’incremento dell’uso di nicotina (p <0,04). I risultati del nostro studio indicano chiaramente un marcato incremento dell’uso di sostanze tra i giovani sopravvissuti ad un evento catastrofico come il terremoto di
L’Aquila. Ipotizziamo quindi che i giovani partecipanti alla nostra indagine hanno reagito ad un elevato stress emotivo impiegando come strategia di coping l’uso di sostanze rispetto a stili di fronteggiamento dei problemi più adattativi. Anche se non abbiamo ulteriormente esplorato il background di ciò che abbiamo osservato, i nostri risultati sono in linea con la letteratura internazionale2-7 dimostrando un incremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo gravi esperienze traumatiche individuali e collettive. Poiché questi dati possono avere importanti e gravi implicazioni nell’ambito della salute pubblica, è consigliabile considerare la possibilità di effettuare una valutazione di routine rispetto all’incremento dell’uso di sostanze dopo disastri naturali come un terremoto. • * Il contributo è la versione tradotta di: Pollice R, Bianchini V, Roncone R, Casacchia M. Marked increase in substance use among young people after L’Aquila earthquake. Eur Child Adolesc Psychiatry 2011; 20: 429-30.
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Didatticamente
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Carta o digitale? Il ruolo dei Manuali nella formazione medica A colloquio con Carlo Altamura Direttore Clinica Psichiatrica, Università degli Studi di Milano Dipartimento di Salute Mentale, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
“In the evolving worlds of education and technology, printed textbook remain the norm, although there is plenty of experimentation going on with cutting edge items such as electronic readers and tablet computers”. Ha ancora senso e perché pubblicare un Manuale? Sebbene l’informazione accessibile online sia in continua crescita anche nel campo della medicina e, di conseguenza, della psichiatria, non possiamo dimenticare come questa non sia ancora accessibile a tutti. Al di là di una serie di motivazioni che stanno indubbiamente privilegiando negli ultimi tempi le pubblicazioni online, tra le quali rientrano i costi sicuramente inferiori per queste ultime oltre che la diffusione più ampia, occorre fare alcune riflessioni. Una pubblicazione cartacea, nella fattispecie un manuale, ha sicuramente il vantaggio di rivolgersi ad un pubblico più selezionato veicolando una serie di contenuti che per quantità e specificità potrebbe essere non così semplice proporre online. Peraltro, un manuale* che nasce sotto l’egida di un’importante associazione scientifica come la SOPSI dovrebbe essere in grado di garantire al lettore una qualità ed un livello più difficili da reperire attraverso i vari siti. Vale la pena infine sottolineare come una modalità non escluda necessariamente l’altra, potendo la stessa opera essere proposta in entrambi i formati come è già stato fatto per il Trattato Italiano di Psichiatria. Negli Stati Uniti è nata addirittura una “textbook rebellion coalition”: nei suoi studenti e più giovani collaboratori nota un’analoga insofferenza nei confronti della carta stampata? Onestamente no. Anzi, diversi studenti tanto del corso di Laurea che di Specialità esprimono l’esigenza di avere a disposizione un formato cartaceo dove poter sottolineare, evidenziare, ecc.: se anche optassero inizialmente per un formato digitale, immagino che procederebbero comunque con la stampa dei capitoli di maggiore interesse per studiarli a fondo. Non dimentichiamoci, infatti, che una cosa è il semplice aggiornamento – anche scientifico – che può essere attuato benissimo online, e un’altra questione è lo studio sistematico di un’intera disciplina finalizzato ad un esame di verifica. In quest’ultimo caso lo studente legge anche più volte un determinato volume, selezionando i contenuti più importanti anche tramite una serie di annotazioni visive che rinforzano la sua memoria. Molte università anglosassoni sono accusate di proporre una formazione molto omologata tra un centro ed un altro, dal momento che sono utilizzati come materiali didattici dei “pacchetti” che oltre al manuale prevedono la “test bank”, la “image bank”, le presentazioni in powerpoint e così via. Lei pensa che sia un bene standardizzare l’insegnamento o piuttosto si augura un’università che preservi l’originalità dell’insegnamento di ciascun docente?
NEWSLETTER del COLLEGIO DEI PROFESSORI DI PSICHIATRIA
Presidente: Alberto Siracusano, Roma Segretario: Secondo Fassino, Torino Tesoriere: Diana De Ronchi, Bologna
Anno III, gennaio-giugno 2012 Registrazione del Tribunale di Roma ISSN 2038-4645 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. (+39) 06 862821 Fax: (+39) 06 86282250 E-mail: pensiero@pensiero.it Internet: http://www.pensiero.it
Anche in questo ambito il dualismo mi sembra più presunto che reale. È naturale che nel corso di una formazione specialistica come un corso di laurea universitario si proceda con l’insegnamento di una serie di contenuti standard con le modalità che attualmente vanno per la maggiore e che lei ricordava. Tuttavia, nell’ambito dell’insegnamento medico, e in particolare di quello delle diverse specialità, la parte pratica (le esercitazioni, la discussione dei casi clinici, la frequenza del reparto e l’esperienza di pronto soccorso) riconduce lo studente a verificare quanto appreso nella realtà clinica. Molti testi stanno peraltro proponendo questo tipo di approccio già nella fase didattica, incorporando Direttore Responsabile: Giovanni Luca De Fiore Redazione: Manuela Baroncini Progetto grafico: Antonella Mion Stampa: Arti Grafiche Tris srl, Roma nel mese di febbraio 2012
Didatticamente è distribuita in abbonamento (comprensivo di accesso alla rivista on line). Abbonamento 2012 Individuale 30 euro Istituti, enti, biblioteche 50 euro Estero 100 euro Volume singolo 15 euro Articolo singolo in PDF 20 euro
sezioni estratte da casi clinici reali. Direi che nel complesso tale criticità riguarda comunque molto poco l’ambito medico-specialistico nel quale la variabilità, la quantità e la diversità delle discipline e dei relativi docenti offrono al limite modalità d’insegnamento fin troppo differenti che non viceversa. • *
Si tratta di un Manuale in 2 volumi. 1. Altamura AC, Bogetto F, Casacchia M, Muscettola G, Maj M (eds). Manuale di terapia psichiatrica integrata. Terapie somatiche e psicoterapie. Roma: Il Pensiero Sicentifico Editore, 2011. 2. Altamura AC, Bogetto F, Casacchia M, Muscettola G, Maj M (eds). Manuale di terapia psichiatrica integrata. Riabilitazione. Trattamento dei quadri sindromici. Roma: Il Pensiero Sicentifico Editore, 2012.
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LE IMMAGINI IN QUESTO NUMERO RIPRODUCONO OPERE DI GEORGE SEGAL (1924-2000): Three people on four benches, 1979 (p. 1); Rush hour, disegno preparatorio 1980 (p. 2); Rush hour, 1983 (p. 3); Depression bread line, 1999 (p. 4); Chance
meeting, 1989 (p. 5); Girl on chair, 1968 (p. 7).
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Didatticamente
Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012