Malattia minima residua: passato, presente e futuro Expert Paper
La negatività della MRD può essere considerata il nuovo standard per misurare la profondità della risposta?
e futuro
Introduzione
Expert Paper
La negatività della MRD può essere considerata il nuovo standard per misurare la profondità della risposta?
Simone Ferrero
Ematologia Universitaria
AOU “Città della Salute e della Scienza”, Torino
Gian Matteo Rigolin
Sezione di Ematologia e Reumatologia
Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara
Concetta Conticello
Divisione di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo
AOU Policlinico-San Marco, Catania
Vittorio Del Fabro
Divisione di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo
AOU Policlinico-San Marco, Catania
Francesco Buccisano
Cattedra di Ematologia
Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione
Università “Tor Vergata”, Roma
Mario Boccadoro
Università degli studi di Torino
Presidente European Myeloma Network Italy
Michele Cavo
Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli”
IRCCS AOU S.Orsola-Malpighi, Bologna
Università degli Studi di Bologna
Marco Ladetto
Dipartimento di Medicina Traslazionale
Università del Piemonte Orientale
AO Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria
Elena Zamagni
Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli”
IRCCS AOU S.Orsola-Malpighi, Bologna
Antonio Cuneo
Sezione di Ematologia e Reumatologia
Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara
Renato Zambello
UO Ematologia AO Ospedale di Padova
Cirino Botta
Dipartimento di Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza (ProMISE)
Università di Palermo
Sara Galimberti
Dipartimento di Medicina Clinica
e Sperimentale Università di Pisa
Paolo Prospero Ghia
Programma di Ricerca Strategico sulla LLC
Università Vita-Salute San Raffaele
IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano
Benedetto Bruno
Divisione Universitaria di Ematologia
AOU “Città della Salute e della Scienza“, Torino
Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute
Università di Torino
Il parametro della malattia minima residua (MRD, Minimal Residual Disease) o malattia residua misurabile definisce quante cellule neoplastiche rimangono dopo un trattamento antitumorale efficace. Le cellule neoplastiche vengono ricercate con metodi sofisticati, in grado di identificarle quando i metodi convenzionali – siano essi citofluorimetrici, molecolari o di imaging avanzato – non rilevano più presenza di malattia. Minore è il numero di cellule “residue”, più prolungata è la fase di remissione. Recentemente, si è sostituito il termine “Minimo” con “Misurabile” in quanto in effetti non è ancora chiaro quale sia la quantità minima di malattia che si debba raggiungere per eradicare realmente la malattia.
Nonostante la valutazione della MRD non sia universalmente impiegata nella pratica clinica, numerosi studi hanno dimostrato la sua notevole forza di predittore affidabile di sopravvivenza, inclusa la possibilità di sostituire il valore prognostico della remissione completa (CR) o della sopravvivenza libera da progressione (PFS).
Nel mieloma multiplo (MM), ad esempio, i dati suggeriscono che una MRD non più evidenziabile (undetectable MRD - MRD non rilevabile) sia in grado di superare la CR come marcatore prognostico sopravvivenza (OS) e PFS. I risultati che dimostrano la superiorità prognostica della MRD non rilevabile sono stati osservati in tutti i regimi di trattamento ed indipendentemente dalle caratteristiche del paziente, compreso il rischio citogenetico, sia nei pazienti in prima linea di trattamento che in quelli recidivati/refrattari.
Un panel di esperti si è riunito e ha valutato in che misura la MRD non rilevabile possa essere considerato un endpoint negli studi clinici ed uno strumento da utilizzare nella pratica clinica per personalizzare le decisioni terapeutiche in corso di trattamento delle malattie onco-ematologiche, in particolare
Malattia minima residua: passato, presente
nella leucemia linfatica cronica (CLL), nel mieloma multiplo (MM) e nei linfomi Non-Hodgkin (NHL).
Per ognuna di queste malattie, il panel ha fornito una risposta ai seguenti quesiti:
a) Possiamo considerare la MRD non rilevabile il migliore endpoint surrogato per i trial clinici, enti regolatori e la pratica clinica?
b) Qual è la tecnica preferibile per lo studio della MRD?
c) Qual è il time point più utile per la sua valutazione? È preferibile una valutazione a livello locale o centralizzata?
d) Qual è l’impatto della MRD sulle strategie terapeutiche oggi e nel prossimo futuro?
MRD nella leucemia linfatica cronica (LLC): evidenze dai trial clinici e utilizzo nella pratica clinica
La valutazione della MRD è riconosciuta come un importante endpoint nei trial clinici concernenti la leucemia linfatica cronica (LLC). Tuttavia, ai fini di una applicazione della valutazione della MRD dal laboratorio alla pratica clinica, vi sono alcuni aspetti che meritano particolare considerazione.
1. A seconda del tipo di terapia utilizzata, il mancato raggiungimento di una MRD non rilevabile non preclude l’ottenimento di una prolungata PFS. Que -
12 months (n=338)
24 months (n=321)
36 months (n=283)
3 months (n=160)
12 months (n=145)
24 months (n=125)
36 months (n=83)
Figura 1. La MRD non preclude una prolungata PFS nei pazienti con LLC trattati con ibrutinib. Percentuale di pazienti in ciascuna categoria MRD ai vari timepoint nei bracci di trattamento Ibrutinib-rituximab (IR) e fludarabina-ciclofosfamide-rituximab (FCR) Wang
10-3 – 10-2 (6 events/ 48 cases)
10-2 – 10-1 (8 events/ 86 cases)
≥10-1 (15 events/ 86 cases)
MRD undetectable (1 events/ 15 cases)
Detectable up to 10-3 (1 events/ 20 cases)
10-3 – 10-2 (5 events/ 63 cases)
10-2 – 10-1 (5 events/ 73 cases)
≥10-1 (5 events/ 49 cases)
Wang XV et al. Blood 2021;138(26):2809-2826.
MRD undetectable (0 events/ 13 cases)
Detectable up to 10-3 (0 events/ 18 cases)
10-3 – 10-2 (2 events/ 37 cases)
10-2 – 10-1 (3 events/ 51 cases)
≥10-1 (2 events/ 17 cases)
Figura 2. La MRD non preclude una prolungata PFS nei pazienti con LLC trattati con ibrutinib. Sopravvivenza libera da progressione (PFS) in base ai livelli di MRD ai vari timepoint per i pazienti assegnati al braccio IR
sto è vero quando si utilizzano in maniera continuativa gli inibitori della bruton tirosin kinasi (BTK). Ad esempio, nello studio E1912 randomizzato di fase 3 che ha confrontato l’associazione di ibrutinib continuativo più 6 cicli di rituximab contro sei cicli secondo schema FCR (Fludarabina-CiclofosfamideRituximab) in prima linea in pazienti giovani, i pazienti trattati con ibrutinib e rituximab con MRD rilevabile non hanno avuto una PFS peggiore rispetto a quelli con MRD non rilevabile. Pertanto, questi dati suggeriscono che PFS e OS prolungate possono essere ottenute anche senza eradicare la malattia (Wang XV et al), questo grazie all’efficiente meccanismo di azione specifico dei singoli farmaci (vedi Figure 1 e 2).
2. Un secondo aspetto è rappresentato dalla dinamica della perdita della MRD non rilevabile. Lo studio randomizzato di fase 3 CLL144, che ha confron -
tato in prima linea venetoclax-obinutuzumab versus chlorambucil-obinutuzumab (entrambi i trattamenti a durata fissa), ha dimostrato che non tutte le MRD non rilevabili sono uguali. Infatti, la combinazione venetoclax-obinutuzumab ha consentito di ottenere migliori risultati non solo in termini di percentuale di casi con MRD non rilevabile, ma anche di durata della MRD non rilevabile. Quindi ci possono essere MRD non rilevabili di diversa durata a seconda della terapia utilizzata (Al-Sawaf O et al). Questo può dipendere dalla profondità della MRD che si raggiunge con ogni trattamento (vedi Figure 3 e 4).
3. La perdita di MRD non rilevabile può essere associata al profilo genomico della LLC, ai fattori prognostici e al trattamento e non solo alla profondità della MRD, in particolare nel corso di trattamento dei pazienti ricaduti/refrattari. Nello studio Murano, nei
Al-Sawaf O et al. JCO 2021;39(36):4049-4060.
Figura 3. Dinamica della MRD dopo trattamento con Ven-Obi vs Chl-Obi nello studio CLL14: valutazione a 2 mesi dopo il completamento del trattamentoFigura 4. Dinamica della MRD dopo trattamento con Ven-Obi vs Chl-Obi nello studio CLL14: non tutte le MRD non rilevabili sono uguali. (D) Tempo di conversione della MRD secondo il braccio di trattamento, dalla fine del trattamento (EoT). (E) Tempo di conversione della MRD in base al braccio di trattamento e stato della MRD midollare, dalla EoT. (F) PFS in base allo stato della MRD midollare, dall’ultima esposizione al trattamento
Al-Sawaf O et al. JCO 2021;39(36):4049-4060.
and TP53 deletion and/or mutation Ven-Obi and no TP53 aberrations Ven-Obi and TP53 deletion and/or mutation
pazienti trattati con venetoclax-rituximab la probabilità di ottenere una MRD non rilevabile, la successiva perdita di MRD non rilevabile e la progressione di malattia correlavano con alcuni parametri del profilo genetico, quali lo stato mutazionale IGHV, la complessità genomica e la presenza di delezione 17p. Quindi il profilo genetico del paziente può influenzare la qualità della MRD (Seymour JF et al), in particolare tra i pazienti ricaduti e refrattari.
4. Sempre più studi stanno utilizzando la valutazione della MRD come possibile strumento per guidare le decisioni terapeutiche. Nei protocolli che tendono a massimizzare la risposta, la valutazione della MRD è un parametro che ci potrà consentire di definire non solo la miglior terapia in termini di ottenimento di MRD non rilevabile ma anche di modulare il trattamento in relazione al raggiungimento o me -
no di una eMRD. Un esempio in tal senso è rappresentato dallo studio CAPTIVATE, che ha combinato ibrutinib con venetoclax come terapia di prima linea e nel quale la decisione se proseguire o meno la terapia era basata sulla valutazione della MRD, effettuata dopo una fase iniziale di tre cicli con solo ibrutinib e dodici cicli di combinazione. Questa strategia (vedi Figura 5) ha consentito di incrementare nel tempo la proporzione di pazienti che ottenevano la MRD non rilevabile (Wierda WG et al).
5. Infine, è importante ricordare che le attuali linee guida non raccomandano, nella pratica clinica, la valutazione della MRD ed il suo utilizzo per decisioni terapeutiche (Hallek M et al). Non è chiaro se e quanto il mancato raggiungimento della MRD non rilevabile sia motivo per intensificare un trattamento. Manca inoltre una definizione condivisa di
di MRD non rilevabile e non ci sono studi clinici che abbiano valutato il beneficio di un trattamento precoce della perdita di MRD non rilevabile rispetto all’attesa della ricaduta clinica.
a) LLC: la MRD non rilevabile può essere considerata il migliore endpoint surrogato per trial clinici, enti regolatori e pratica clinica?
Le attuali linee guida dell’international workshop on CLL (iwCLL) consigliano la valutazione della MRD nell’ambito di studi clinici finalizzati a massimizzare la profondità della risposta. L’opinione emersa è che nei trial clinici della LLC la valutazione della MRD possa rappresentare un utile endpoint surrogato al fine di definire, sulla base della profondità della risposta, la superiorità di un determinato trattamento in tempi più rapidi rispetto ai classici endpoint di outcome (PFS e OS).
La valutazione della MRD dovrebbe essere presa in considerazione in base al tipo di trattamento proposto e alle sue finalità come, ad esempio, nei trial con terapie a durata fissa per eventuali decisioni di sospensione del trattamento. I pazienti, dopo aver ottenuta una MRD non rilevabile, dovrebbero essere poi monitorati fino alla perdita della MRD non rilevabile, alla progressione di malattia e al successivo ritrattamento.
Pur sottolineando come la PFS e l’OS rappresentino gli endpoint più significativi per le autorità regolatorie, va ricordato che l’European Medicines Agency (EMA) ha approvato la valutazione della MRD come endpoint intermedio nei trial clinici in pazienti affetti da LLC per le strettissime correlazioni che sono state dimostrate con gli endpoint di outcome già nell’era della chemio-immunoterapia. Questa decisione ha portato ad includere la valutazione della MRD come endpoint co-primario o secondario nella maggior parte degli attuali trial clinici.
Si ricorda, inoltre, che la valutazione seriale della MRD non è raccomandata dalle attuali linee guida per la
LLC nella pratica clinica al fine di eventuali decisioni terapeutiche in quanto non ne è stato ancora chiarito l’impatto clinico. Pur tuttavia molti centri si stanno attrezzando per introdurre la valutazione della MRD nella propria pratica clinica a scopo prognostico. Ulteriori studi sono però necessari arrivare ad una definizione condivisa di recidiva/perdita della MRD non rilevabile e per valutare le possibili correlazioni con il tempo alla recidiva clinica. Mancano inoltre trial clinici che abbiano valutato il possibile beneficio del trattamento di una recidiva della MRD in pazienti asintomatici, randomizzando il trattamento precoce verso l’osservazione fino alla recidiva clinica.
b) LLC: Qual è la tecnica preferibile per lo studio della MRD?
Nella LLC per l’analisi della MRD abbiamo a disposizione varie tecnologie: citometria a flusso, PCR quantitativa paziente-specifica (ASO-qPCR), digital PCR (dPCR) o le tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS) che possono raggiungere sensibilità anche fino ad una cellula leucemica tra 1 milione di leucociti (10 -6 O MRD6). Nella scelta della tecnica da utilizzare viene sottolineato come debbano essere utilizzati solo metodi validati eseguiti in laboratori certificati possibilmente nell’ambito di network internazionali indipendenti come, ad esempio, il gruppo ERIC (European Research Initiative on CLL) al quale si può liberamente aderire trasversalmente alle piattaforme tecnologiche utilizzate.
Nella scelta del metodo devono essere indicati i limiti di quantificazione e/o di rilevabilità e dovrebbero essere fornite informazioni sulla validazione e la standardizzazione della metodica. Dovrebbero inoltre essere forniti risultati di tipo quantitativo evitando risultati di positività non quantificati.
Nella scelta del metodo è anche fondamentale considerare la disponibilità delle diverse tecnologie di analisi e i costi, soprattutto ai fini di una applicabilità dell’analisi della MRD, in futuro, nella pratica clinica.
Nella LLC, la citometria a flusso multi-parametrica
potrebbe rappresentare un buon compromesso tra disponibilità locale e sostenibilità economica. Nella LLC, la sensibilità minima attualmente richiesta ai fini regolatori è MRD4 (10 -4) ma probabilmente, per la disponibilità di approcci curativi sempre più efficaci, sensibilità maggiori potrebbero incrementare la predittività dell’analisi. Per la valutazione della MRD nella LLC il campione da analizzare è il sangue periferico, riservando l’analisi del sangue midollare ai casi di negatività del sangue periferico. Per il futuro è possibile ipotizzare un ruolo anche della biopsia liquida, per la quale vi sono iniziali dati interessanti soprattutto nei casi di discrepanza tra la risposta clinica e la MRD. Ai fini della valutazione della MRD potrebbero essere rilevanti non solo la profondità della risposta ma anche il tipo di trattamento utilizzato e le variabili biologiche di malattia (stato mutazionale IGHV e anomalie del gene TP53). Ulteriori aspetti che dovranno essere considerati sono la rimborsabilità dell’analisi della MRD da parte del Sistema Sanitario Nazionale e una validazione clinica che assicuri che i risultati della MRD abbiano anche un chiaro impatto sull’outcome clinico.
c) LLC: Qual è il timepoint più utile per la sua valutazione?
La valutazione è da preferire a livello locale o centralizzato?
I trial clinici prospettici ci consentiranno di definire i timepoint più significativi per la valutazione della MRD in quanto su questo aspetto non vi sono regole definite. Nei trial la valutazione della MRD in modo seriale ci consentirà di definire la dinamica della MRD utilizzando come endpoint secondari il tempo alla MRD non rilevabile, il tempo alla perdita della MRD non rilevabile e la correlazione con gli endpoint di outcome (PFS e OS) per confermare il ruolo predittivo e prognostico della MRD anche nell’era delle nuove terapie.
Nella LLC, manca una definizione condivisa della recidiva di MRD non rilevabile anche se al momento, con-
siderando che la sensibilità minima attualmente richiesta ai fini regolatori è MRD4, una possibile ipotesi di lavoro considera come recidiva una MRD rilevabile (>10 -4) in almeno due campioni consecutivi di sangue periferico. L’intervallo di tempo ottimale tra i due campioni positivi necessita di una conferma nei trial clinici. Per le terapie a durata fissa, la valutazione della MRD dovrebbe essere allineata alla valutazione della risposta clinica almeno 2 mesi dopo il completamento dell’ultimo trattamento. Per i trattamenti continuativi, la valutazione della MRD potrebbe essere eseguita al raggiungimento della miglior risposta clinica. Al riguardo è importante considerare che nella LLC possono esserci discrepanze tra la risposta clinica secondo i criteri dell’iwCLL e la MRD non rilevabile come, ad esempio, nel caso di pazienti in risposta definita “parziale” con l’esame obiettivo o tecniche di imaging non sofisticate con MRD non rilevabile. Pertanto, la valutazione della MRD non dovrebbe limitarsi ai soli pazienti in risposta completa. In futuro è possibile che la cosiddetta biopsia liquida possa rappresentare un promettente ausilio per chiarire queste discrepanze. Una armonizzazione almeno nazionale ma meglio se internazionale dei metodi è ritenuta essenziale per una riproducibilità e confrontabilità dei risultati. Il test può essere eseguito anche in centri regionali o laboratori locali, a condizione che vengano soddisfatti determinati standard di qualità. In ogni centro certificato devono essere inoltre attivi programmi di assicurazione della qualità interna (IQA) e assicurazione della qualità esterna (EQA).
d) LLC: Qual è l’impatto della MRD sulle strategie terapeutiche?
Su questi aspetti non vi sono ancora risposte certe. Numerosi trial clinici stanno utilizzando la valutazione della MRD per definire la strategia terapeutica più efficace e la durata del trattamento. I risultati di questi trial potranno chiarirci se una terapia modulata in base alla risposta in termini di MRD potrà essere di beneficio per i pazienti con LLC.
MRD nel mieloma multiplo (MM): evidenze dai trial clinici e utilizzo nella pratica clinica
Per malattia minima residua (MRD) nel mieloma multiplo (MM) si intende la persistenza nel midollo osseo e/o nel sangue periferico e/o in sedi extra-midollari di plasmacellule clonali e con fenotipo aberrante in numero talmente ridotto da non potere essere dimostrabili con le normali tecniche di laboratorio o per immagini in pazienti che abbiano ottenuto una risposta di buona qualità (remissione parziale molto buona o remissione completa) dopo una qualsiasi linea di terapia.
Già vent’anni fa alcuni autori identificarono una correlazione tra la persistenza in citofluorimetria di plasmacellule neoplastiche nel midollo tre mesi dopo il trapianto autologo e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) che risultava significativamente meno lunga rispetto ai pazienti che non presentavano un residuo di malattia midollare. In particolare, in uno studio inglese del 2002 pubblicato su Blood gli autori osservarono una PFS mediana di 20 mesi nei pazienti MRD+ a tre mesi dal trapianto contro una PFS mediana di 35 mesi per i pazienti MRD-. In tale studio prendendo in esame il sottogruppo di pazienti in CR, nel 27% dei casi era ancora rilevabile la presenza di plasmacellule neoplastiche midollari.
Solo nel 2016 sono state formulate le prime linee guida dall’International Myeloma Working Group (IMWG), in cui (vedi Tabelle 1 e 2) è stata inclusa la revisione dei criteri di risposta alla terapia ed è stata introdotta per la prima volta la definizione di MRD, da ricercarsi in pazienti che hanno ottenuto una CR, con distinzione delle seguenti categorie:
MRD negatività sostenuta, per almeno 1 anno, e definita come MRD-negatività nel midollo osseo identificata con tecnica NGF (Next Generation Flow) e/o NGS (Next Generation Sequencing) e con l’uso dell’imaging;
MRD negatività in citofluorimetria, ricercata con tecnica NGF usando la procedura EuroFlow con una sensibilità di almeno 1 su 10 -5 cellule nucleate;
MRD negatività ricercata con tecniche di sequenziamento in NGS, utilizzando la piattaforma LymphoSIGHT, o altre metodiche equivalenti standardizzate, con una sensibilità minima di 1 su 10 -5 cellule nucleate;
MRD negatività in imaging, definita come MRD negatività in NGF o NGS e in più scomparsa o riduzione di ogni area di captazione di tracciante riscontrata in una precedente FDG-PET/TC.
La MRD nel mieloma multiplo va quindi ricercata secondo i criteri IMWG attraverso la valutazione di plasmacellule neoplastiche nel midollo osseo dopo un trattamento, con un cut-off ad oggi riconosciuto di 1:10 -5 cellule nucleate. Tale valutazione può essere eseguita con citofluorimetria secondo la metodica EuroFlow o altre metodiche equivalenti standardizzate, oppure con tecnica NGS secondo la metodica Adaptive Biotechnologies. In quest’ultimo caso tuttavia è necessaria la valutazione del clone neoplastico anche all’esordio di malattia. La valutazione midollare deve essere comunque integrata con uno studio radiologico funzionale come la PET in considerazione della dimostrata eterogeneità spaziale di piccoli cloni residuali alla terapia (paziente MRD- a livello midollare MRD-, ma MRD+ in sedi extra midollari). Attualmente le linee guida raccomandano solo la PET/TC con FDG, in quanto è la metodica di imaging per cui sono stati prodotti dei dati prospettici; negli ultimi anni il sempre crescente impiego in pratica clinica della DWIMRI e un suo iniziale inserimento nei trial clinici ha mostrato una maggior sen-
Tabella 1. Caratterizzazione delle tecniche per la valutazione della MRD nel MM
Abbreviations: NGF – Next Generation Flow; NGS – Next Generation Sequencing; PET/CT – Positron Emission Tomography/Computed Tomography; NA – Not Applicable; FDA – Food and Drug Administration.
Kumar SK et al. Lancet Oncology 2016;17(8):e328-e346.
Response SubCategory
Sustained MRD-negative
Flow MRD-negative
Sequencing MRD-negative
Imaging positive MRD-negative
Response Criteria
MRD negativity in the marrow (NGF or NGS, or both) and by imaging as defined below, confirmed minimum of 1 year apart. Subsequent evaluations can be used to further specify the duration of negativity (eg, MRD-negative at 5 years)
Absence of phenotypically aberrant clonal plasma cells by NGF on bone marrow aspirates using the EuroFlow standard operation procedure for MRD detection in multiplle myeloma (or validated equivalent method) with a minimum sensitivity of 1 in 105 nucleated cells or higher
Absence of clonal plasma cells by NGS on bone marrow aspirate in which presence of a clone is defined as less than two identical sequencing reads obtained after DNA sequencing of bone marrow aspirates using the LymphoSIGHT platform (or validated equivalent method) with a minimum sensitivity of 1 in 105 nucleated cells or higher
MRD negativity as defined by NGF or NGS plus disappearance of every area of increased tracer uptake found at baseline or a preceding PET/CT or decrease to less mediastinal blood pool SUV or decrease to less than that of surrounding normal tissue
Kumar SK et al. Lancet Oncology 2016;17(8):e328-e346.
sibilità di quest’ultima rispetto alla PET ed è verosimile che in un futuro prossimo venga inserita anch’essa nelle raccomandazioni come alternativa alla metodica nucleare. Sono inoltre in studio metodiche alternative di valutazione di MRD, basate sull’impiego del sangue periferico, quali la spettrometria di massa, le plasmacellule circolanti e il cfDNA (DNA libero circolante), anche note come biopsia liquida. Tali metodiche, che potrebbero offrire il chiaro vantaggio di essere meno invasive per il paziente e alcune di esse di non richiedere un importante expertise di esecuzione, sono al momento esclusivamente sperimentali e non compaiono nelle raccomandazioni/linee guida.
Alcuni recenti studi randomizzati di fase 3 hanno valutato la MRD secondo i criteri IMWG; tra questi ricordiamo gli studi di fase 3 POLLUX, CASTOR, ALCYONE e MAIA. In tali studi è stata valutata l’aggiunta di daratumumab, anticorpo monoclonale anti CD38, allo standard di terapia per pazienti in prima linea non elegibili a trapianto (TIE NDMM) e per pazienti recidivati o refrattari (RRMM) con l’endpoint primario di valutare il prolungamento della PFS nei gruppi in esame; la valutazione della MRD era presente come endpoint secondario. In tutti e quattro gli studi l’aggiunta di daratumumab ha incrementato il tasso di risposte cliniche facendo registrare anche una maggiore percentuale di CR. Nell’ambito di tali risposte complete la percentuale di MRD-negatività era significativamente maggiore nei gruppi di pazienti trattati con daratumumab rispetto al gruppo di controllo. Inoltre nei pazienti in CR che avevano ottenuto una MRD-negatività la PFS mediana era significativamente più lunga rispetto ai pazienti che erano rimasti MRD+.
Molti altri studi di fase II e III in diversi contesti di malattia (nuova diagnosi o malattia recidivata/refrattaria) e con diverse combinazioni di farmaci hanno fornito dati sulle percentuali e sul valore prognostico della MRD negatività, soprattutto a livello midollare.
a)
MM:
la MRD non rilevabile può
essere considerata il migliore endpoint surrogato per trial clinici, enti regolatori e pratica clinica?
Prendendo in esame i più recenti studi clinici randomizzati che hanno valutato come endpoint secondario la MRD nel trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo dimostrando un prolungamento sia della PFS che della OS in chi otteneva MRD negatività, la comunità scientifica ad oggi considera unanimemente la MRD un dato prognostico fondamentale in quanto ha un valore predittivo indipendente sia in termini di PFS che di OS. Diversamente da altre neoplasie ematologiche, nel mieloma multiplo il raggiungimento della MRD negatività dopo trattamento è associato ad un outcome favorevole per il paziente in qualunque fase di terapia venga raggiunta. Tuttavia ad oggi l’impiego della MRD nel mieloma multiplo come endpoint surrogato della PFS e della OS trova diversi ostacoli. L’endpoint ideale in uno studio clinico sarebbe l’OS, ma non è utilizzabile perché lo studio dovrebbe avere una durata troppo lunga; un’alternativa potrebbe essere la PFS, che tuttavia pur essendo un endpoint migliore della OS da questo punto di vista, richiede ancora diversi anni di osservazione. La MRD risulterebbe pertanto essere un endpoint surrogato solido e molto valido. Gli studi clinici hanno finora posto la ricerca della MRD solo come endpoint secondario o come co-primary endpoint; pochi e molto recenti – per lo più in corso – sono gli studi disegnati per valutare come endpoint specifico la negatività della MRD e quindi correlare questo dato agli outcome clinici a lungo termine. Inoltre, nei diversi studi analizzati, sono impiegate differenti metodiche (peraltro non sempre standardizzate), con differenti limiti di sensibilità, applicate in fasi diverse di malattia, a seguito di trattamenti molto eterogenei e in diversi timepoint. Per tutti questi motivi, nonostante le ottime prospettive di tale dato sulla prognosi del paziente,
le autorità regolatorie non hanno ancora validato la ricerca della MRD come endpoint surrogato di PFS e OS nel MM.
b) MM: Qual è la tecnica preferibile per lo studio della MRD?
Gli studi clinici eseguiti non hanno mostrato una significativa differenza nella sensibilità del dato tra NGF e NGS per la valutazione midollare della MRD. A favore dell’uso della citofluorimetria nella pratica clinica quotidiana ci sono sicuramente il costo più contenuto rispetto alla NGS, la presenza di un maggiore expertise a livello nazionale e l’indipendenza dal campione biologico alla diagnosi, che non è strettamente necessario. Viceversa la metodica richiede la disponibilità di un campione a fresco, con necessità quindi di analisi nelle 24-36 ore seguenti il prelievo. La criticità principale risiede però nelle indicazioni dell’IMWG sulla procedura da utilizzare in NGF, che pone serie problematiche attuative correlate all’utilizzo di combinazioni di anticorpi monoclonali appartenenti a ditte differenti e quindi non facilmente acquistabili. La maggior parte dei centri ematologici italiani esegue la ricerca della MRD nei propri laboratori prevalentemente con tecnica di citofluorimetria sebbene non con metodica standardizzata. Ciò dimostra quindi il grande interesse nei confronti di tale dato; è necessario però armonizzare le tecniche usate nella pratica clinica dai vari centri in modo da porre un’alternativa fattibile agli standard indicati dalle linee guida.
c) MM: Qual è il timepoint più utile per la valutazione dell’MRD (ad esempio alla fine della induzione o in corso di follow-up o del mantenimento).
È da preferire una valutazione locale o centralizzata?
Andrebbe standardizzata anche la tempistica di esecuzione della MRD, poiché se nel paziente giovane con mieloma c’è abbastanza accordo sulla sua ese -
cuzione dopo il trapianto di midollo autologo in caso di remissione completa biochimica, lo stesso non può dirsi nel paziente sottoposto a terapia cronica, sebbene anche in questo caso non sembra esserci una differenza significativa sul valore prognostico dell’esame in caso di ottenimento della MRDnegatività in qualunque fase di terapia il paziente si trovi. Sicuramente un dato che raccoglie il consenso generale è quello di una PFS significativamente più lunga nei pazienti che mantengono la MRD-negatività a un anno di distanza dal suo ottenimento. Questo sembra quindi essere un timepoint che un giorno dovrà essere considerato anche nella pratica clinica. Sarà comunque necessario attendere i futuri studi clinici, al fine di avere un orientamento più consolidato sulla tempistica. Le difficoltà nella pratica clinica a realizzare una valutazione della MRD attenendosi strettamente alle indicazioni delle linee guida orienterebbe per la centralizzazione dei campioni da analizzare. Questo consentirebbe a pochi centri di fornire un servizio utile dando così la possibilità a tutti di eseguire una valutazione uniforme e standardizzata della MRD. Per tale scopo è fondamentale la collaborazione e la creazione di una rete regionale e nazionale.
d) MM: Quale può essere l’impatto della MRD sulle strategie terapeutiche: terapia a durata prefissata o fino a progressione?
Quali modifiche della terapia di consolidamento/mantenimento?
Quali strategie possono revertire l’impatto prognostico sfavorevole di una MRD positività al termine di un trattamento?
Se a oggi la comunità scientifica è concorde nel ritenere la MRD un endpoint surrogato di PFS e OS non ancora standardizzato e con le difficoltà che ancora esistono nella sua esecuzione ed armonizzazione, siamo ancora lontani dal poter identificare
un sicuro approccio terapeutico da adottare in base allo stato di MRD. Non esistono infatti studi che possano chiarire con certezza quale debba essere l’atteggiamento terapeutico da parte del medico di fronte ad un paziente che abbia ottenuto una MRDnegatività in corso di terapia, piuttosto che ad esempio di fronte ad un paziente asintomatico ma che abbia perso la sua MRD-negatività o un paziente ad alto rischio che rimanga persistentemente positivo. Sebbene l’orientamento oggi sia quello di un più stretto follow-up del paziente MRD+ ma in
risposta clinica, non ci sono indicazioni per iniziare una nuova linea di terapia in questo subset di pazienti, per cui ad oggi la valutazione della MRD rimane un dato di importante valore prognostico, ma non ancora terapeutico. È fondamentale quindi sostenere gli studi che sono in corso e quelli futuri, che coprono alcuni dei suddetti quesiti, sperando che un giorno la MRD possa rappresentare un dato in grado anche di guidare nelle strategie terapeutiche successive.
MRD nei linfomi: evidenze dai trial clinici e utilizzo nella pratica clinica
Lo stato dell’arte sulla MRD nei linfomi è più complesso rispetto al quadro della LLC o del MM, perché i linfomi sono tanti e molto diversi l’uno dall’altro. Ci concentreremo in particolare sul linfoma mantellare e sul linfoma follicolare, per i quali i dati sulla MRD sono più numerosi, chiari e riproducibili. Nel linfoma mantellare i dati storici di MRD, ormai di più di dieci anni fa, vengono dal gruppo dello European MCL Network, in particolare dai due trial di Fase 3 Younger (Hermine O et al) ed Elderly (Kluin-Nelemans et al), che offrivano uno schema di chemio-immunoterapia e un consolidamento con trapianto autologo per i giovani e un mantenimento con rituximab (vs. interferone) per gli anziani. Già da questi trial si vedeva come la negativizzazione molecolare, valutata in maniera standardizzata tramite Real Time PCR con primers paziente-specifici (la cosiddetta ASO-qPCR) sia su sangue midollare sia periferico, fosse predittiva di una maggiore durata di risposta, anche in analisi multivariata (Pott C et al).
È importante altresì notare a quale timepoint venga studiata la MRD: infatti, sempre nello stesso studio, un aggiornamento del 2014 ci fa vedere che se valutiamo la MRD ad un anno dalla fine del trattamento, a due, tre o quattro anni (landmark analysis), i pazienti MRD positivi hanno una PFS sempre sfavorevole, con una pendenza della curva che aumenta man mano che la positività viene riscontrata in intervalli temporali successivi. Questi dati sono stati anche riprodotti nella serie italiana del protocollo MCL0208 della Fondazione Italiana Linfomi (FIL), con l’analisi a sei e dodici mesi dopo il trapianto autologo (Ferrero S et al). Pertanto, ci si continua a chiedere quale sia il timepoint migliore per valu -
tare la MRD, addirittura ipotizzando una valutazione a metà del trattamento (“early MRD”).
Dati analoghi sono stati presentati sul linfoma follicolare nel protocollo FIL-FOLL12 per pazienti trattati con R-bendamustina o con R-CHOP e valutati per MRD alla fine del trattamento e a vari timepoint. In questo caso, la presenza di una MRD positività nei timepoint successivi alla fine del trattamento (a sei, dodici, diciotto e ventiquattro mesi) si traduce in un HR di PFS sempre maggiore, sempre più significativo (Ladetto M et al). Questo concetto si può comprendere in maniera più semplice osservando le curve di sopravvivenza, stratificate per risultato MRD, valutata su sangue periferico. Effettivamente, subito dopo il trattamento non emerge un chiaro impatto prognostico della MRD, ma andando a rivalutare a sei mesi, a dodici, diciotto e ventiquattro, le curve MRD positivo vs. negativo si aprono in maniera significativa (vedi Figura 7).
Per cui la ricerca attuale in campo MRD si sta focalizzando sul concetto di andare a predire l’andamento clinico dei pazienti affetti da linfoma con una valutazione MRD di tipo longitudinale, di tipo cinetico, cioè non solamente andando a studiare un punto, ma tenendo conto contemporaneamente di più punti MRD nel corso del follow-up o della terapia di mantenimento. In questo contesto sono stati sviluppati tool bioinformatici che riescono a catalogare l’andamento MRD di ciascun paziente stratificandoli così in vari gruppi caratterizzati da una peculiare cinetica MRD: questo “clustering” bioinformatico esita in curve di sopravvivenza favorevoli oppure sfavorevoli per ciascun gruppo (Cordero F et al).
Poiché il riscontro di MRD-positività a fine terapia è costantemente associato a un aumentato rischio di recidiva, sono stati fatti numerosi tentativi tesi a ridurre tale rischio, quale, per esempio, la strategia di terapia “precoce”, la “pre-emptive therapy”, che prevede l’impiego di anticorpi monoclonali quali strumento di “purging in vivo”. Dati storici nel linfoma
mantellare avevano provato ad utilizzare il rituximab per reindurre risposte molecolari nei pazienti MRDpositivi dopo trapianto autologo - studio “MCL-2” del Nordic Lymphoma Group (Andersen NS et al). Più recentemente un approccio simile è stato pubblicato per il linfoma follicolare nello studio FIL-FOLL 12, dove però una strategia di omissione della terapia di mantenimento con rituximab per i pazienti MRD negativi a fine induzione e di ritrattamento con rituximab dei soli pazienti MRD positivi si è ri-
velata inferiore in termini di PFS rispetto al braccio di terapia standard che offriva a tutti i pazienti il mantenimento con rituximab (Luminari S et al). Dati simili in questo senso stanno emergendo anche dagli attuali studi europei sul linfoma mantellare: lo studio LyMa (Le Gouill S et al) del gruppo francese (trattamento di prima linea con quattro cicli di RDHAP, trapianto autologo e poi una randomizzazione sul mantenimento con rituximab vs osservazione) ci fa vedere che i pazienti MRD positivi dopo
Ferrero S et al. Blood 2022;140(12):1378-1389.
Potential future risk-adapted therapeutic options
Chemoimmunotherapy vs. upfront novel agents BTKi/BCL2i/PI
Contribution to predicting patient outcome
Blombery P, Cheah CY. Blood 2022;140(12):1332–1333.
AutoSCT vs. alloSCT vs. CART vs. no consolidation
Patient/disease factors (age, organ function, MPI, TP53 mut)
Anti-CD20 antibody vs. BTKi vs. lenalidomide vs. other vs. no maintenance
Dynamic longitudinal response assessment (MRD)
Ladetto M et al. Blood 2021;138(Supplement 1):41.
Figura 8. MRD come strumento di valutazione dell’outcome nel linfoma mantellare Figura 9. Valutazione cinetica della MRD nel trial FOLL12 della FIL: HR di PFS per un risultato MRD positivo su sangue periferico (PB) e midollare (BM)Kaplan-Meier based on Time-To-Progression date
trapianto autologo randomizzati al braccio di osservazione sono gli unici pazienti che hanno un PFS inferiore. Questo dato ci suggerisce che il mantenimento con rituximab sia di beneficio non solo per i pazienti MRD positivi, ma anche per i pazienti MRD negativi (Callanan MB et al).
La situazione si complica ulteriormente se andiamo a considerare i recenti dati presentati in forma di abstract sullo studio R2 Elderly dello European MCL Network, protocollo che randomizzava pazienti anziani affetti da linfoma mantellare dopo chemio immunoterapia a una terapia di mantenimento con rituximab versus rituximab + lenalidomide, secondo lo schema “R2” (Delfau MH et al). In questo studio l’unico gruppo che sembra beneficiarsi del mantenimento sperimentale con R2 è quello dei pazienti MRD negativi alla fine dell’induzione. Questi dati suggerirebbero quindi che R2 nei pazienti MRD positivi non dia i benefici attesi. E analogamente la valutazione MRD a dodici mesi dall’inizio del mantenimento ci mostra che i pazienti che rimangono MRD positivi sono a cattiva prognosi, nonostante il mantenimento con rituximab o con la combinazione di rituximab e lenalidomide. Pertanto, ad oggi nei linfomi non è ancora stata individuata una strategia terapeutica in grado di eliminare l’eccesso di rischio determinato dalla MRD positività a fine terapia.
Infine, merita spazio un commento tecnico sulla valutazione della MRD. Infatti, negli ultimi anni sono state pubblicate, utilizzate e confrontate diverse tecniche: dalla classica Real Time PCR, ormai standardizzata a livello internazionale (van der Velden VHJ et al), alla Droplet Digital PCR (Drandi D et al), agli approcci di Next Generation Sequencing, sviluppati in gruppi cooperativi internazionali come il gruppo EuroClonality NGS (Brüggemann M et al). In un recente abstract sono stati confrontati questi tre approcci valutati nei trial dello European MCL Network (Pott C et al). Effettivamente tutti e tre sono in grado di stratificare i pazienti in gruppi favorevoli e
in gruppi sfavorevoli, ma mentre la Real Time PCR divide i pazienti in tre gruppi prognostici (negativi, positivi e debolmente positivi, così detti “positivi non quantificabili”, con un outcome intermedio), la Digital PCR e la NGS li dividono solo in due gruppi: i “positivi non quantificabili” in Digital PCR hanno infatti lo stesso andamento clinico dei pazienti MRD negativi, mentre in NGS una prognosi sovrapponibile a quella degli MRD positivi. Questo significa che per produrre dati di MRD comparabili occorre utilizzare tecniche standardizzate, specie qualora vengano impiegate per comprendere l’efficacia delle nuove strategie terapeutiche o per disegnare studi clinici che prevedano una modulazione dei trattamenti proprio sulla base della MRD.
a) Linfomi: la MRD non rilevabile può essere considerata il migliore endpoint surrogato per trial clinici, enti regolatori e pratica clinica?
Attualmente la negatività della MRD si ritiene non possa essere considerata il migliore endpoint surrogato per gli enti regolatori nel campo del linfoma mantellare e follicolare. Il discorso potrebbe essere diverso per altri tipi di linfomi, quali quelli aggressivi, ma in questo caso i dati disponibili sono ancora veramente troppo limitati per potersi esprimere con certezza. Ritornando invece ai linfomi follicolari e mantellari, sono al momento in uso alcune terapie molto efficaci in grado di controllare la malattia per anni, pur senza determinare la MRD negatività quali, ad esempio, gli inibitori di BTK. In questa situazione è sicuramente necessario procedere con lo studio della MRD su ampie casistiche di pazienti trattati con nuove strategie terapeutiche per chiarire l’impatto di ciascuna (e delle loro combinazioni) sulla cinetica della MRD. In questo senso il disegno di trial clinici che prevedano come endpoint surrogato la negatività della MRD (alcuni dei quali sono già in corso) potrà aiutare la comunità scientifica a fare chiarezza su questo interrogativo. Infine, non si
crede si possa ancora considerare il raggiungimento della MRD negatività come migliore endpoint nella pratica clinica proprio in ragione delle perplessità espresse finora.
b) Linfomi: qual è la tecnica preferibile per lo studio della MRD?
Al momento la tecnica gold standard per lo studio della MRD dei linfomi è ancora la classica Real Time PCR con utilizzo di primers e probes paziente-specifici per la ricerca del riarrangiamento IGH o IGH::BCL-1 nel linfoma mantellare e del riarrangiamento IGH e del gene di fusione IGH::BCL-2 nel linfoma follicolare. Questa tecnica di PCR quantitativa è stata standardizzata a livello internazionale dal gruppo cooperatore EuroMRD e permette di ottenere risultati riproducibili e confrontabili tra i diversi laboratori. Negli ultimi anni però sta emergendo l’utilizzo di diversi approcci di tecnologia NGS che permetterebbero di ottenere perlomeno gli stessi risultati della Real Time PCR mediante l’utilizzo di un set di reagenti standard, quindi non più paziente-specifici. Questo rappresenta un grosso vantaggio, unito alla possibilità di studiare la MRD in un numero maggiore di pazienti rispetto alla tecnica classica, utilizzando un approccio “unsupervised”, ossia capace di riconoscere qualsiasi clone presente in qualunque momento e non solo quello presente alla diagnosi. Rimangono ancora dei dubbi invece sulla possibilità e la convenienza di impiegare l’NGS per raggiungere livelli di sensibilità più profondi (< 10^-5) rispetto alla Real Time PCR. Prima di dichiarare che gli approcci NGS siano la tecnica preferibile per lo studio della MRD nei linfomi occorrerà però aspettare la pubblicazione dei risultati degli studi di confronto su ampie serie di pazienti. La citofluorimetria invece, nonostante gli importanti sviluppi ottenuti in altri campi, al momento non ha ancora dimostrato di essere una tecnica adeguata, sensibile e riproducibile per la valutazione della MRD nei linfomi.
c) Linfomi: qual è il timepoint più utile per la sua valutazione e la valutazione è da preferire localizzata o centralizzata?
Nel campo dei linfomi non c’è accordo su quale sia il time point più utile per la valutazione della MRD, in quanto studi diversi su patologie diverse trattate con terapie differenti hanno ovviamente portato a risultati eterogenei anche nell’ambito della predizione dell’outcome. Si può dire che la risposta dipende dall’insieme dei fattori descritti. In generale, sia nel linfoma follicolare che nel linfoma mantellare il singolo time point di MRD di “fine terapia” (quindi posttrapianto o post-induzione) indagato su aspirato midollare rappresenta un time point con chiaro significato prognostico. Tuttavia, diverse evidenze suggeriscono come una misurazione ripetuta della MRD nei mesi e negli anni successivi al termine della terapia (oppure in corso di terapia di mantenimento) sia da preferire in termini predittivi rispetto ad una singola misurazione (“MRD cinetica”). Inoltre, la possibilità di ripetere queste misurazioni su sangue periferico (la cosiddetta “biopsia liquida” renderebbe possibile a livello pratico un monitoraggio non invasivo della MRD, maggiormente predittivo in termini di outcome e più conveniente per il paziente. Come già sottolineato nel punto precedente, per avere risultati affidabili la valutazione MRD deve essere centralizzata presso laboratori specializzati e standardizzati a livello internazionale.
d) Linfomi: qual è l’impatto della MRD sulle strategie terapeutiche?
Nel campo dei linfomi le evidenze di impatto del risultato MRD sulle strategie terapeutiche sono ancora purtroppo piuttosto limitate. Nel setting del linfoma mantellare, per esempio, sta emergendo il concetto che le attuali strategie di mantenimento (a base di rituximab e lenalidomide) sembrino beneficiare maggiormente i pazienti MRD negativi al termine delle terapie di induzione, per cui pare impru-
dente omettere il mantenimento in questi pazienti, pur a buona prognosi. Come eliminare invece l’impatto prognostico infausto di una persistente MRD positività è tuttora oggetto di dibattito, poiché non sono ancora emerse evidenze convincenti di beneficio di una specifica terapia in questo ambito. Alcuni studi sul linfoma mantellare stanno testando la possibilità di interrompere dopo alcuni anni la terapia di mantenimento nei pazienti persistentemente MRD negativi, ma i risultati di tale strategia non sono purtroppo ancora disponibili. Infine, iniziano ad emergere solo in questi ultimi mesi i primi risultati relativi alla MRD a seguito di terapie di mantenimento con inibitori del BTK, per cui il quadro descritto potrebbe mutare in seguito alla disponibilità di questi nuovissimi dati.
Conclusioni
Nonostante alcuni aspetti ancora da chiarire, alcune differenze tra le diverse patologie ed alcune criticità metodologiche ed interpretative, la valutazione della MRD sta assumendo un valore sempre più centrale nel management delle principali malattie onco-ematologiche, in quanto il suo ruolo predittivo sugli outcome a lungo termine è ormai universalmente accettato. Alcune metodiche di valutazione della MRD sono universalmente raccomandate e standardizzate, altre più nuove, quali per esempio quelle da sangue periferico o biopsia liquida, sono in fase di valutazione sperimentale. Le nuove combinazioni farmacologiche e la disponibilità di farmaci con nuovi meccanismi di azione garantiscono una percentuale sempre più elevata di MRD negatività nei diversi contesti; la prospettiva nel breve termine è pertanto quella di impiegarla come potenziale driver del tipo e della durata della terapia. Questo è, infatti, l’obiettivo di diversi studi in corso in svariate patologie, da quelle linfoproliferative al mieloma multiplo alle leucocitosi
acute. Tuttavia, nella pratica quotidiana, al di fuori degli studi clinici, l’impiego della MRD è molto più eterogeneo, legato alla disponibilità di risorse e di expertise nei diversi centri e per lo più riservato a finii prognostici, ma mai volto ad influenzare le scelte terapeutiche. Il panel di esperti ritiene pertanto che per poter traslare la MRD dal laboratorio alla clinica sia fondamentale la creazione e la implementazione di una rete di laboratori sul territorio italiano che innanzitutto armonizzino le tecniche molecolari e di imaging avanzato, in modo da poter produrre dati ineccepibili e riproducibili, frutto di elevata sensibilità ed accuratezza. Infatti, l’obiettivo è quello di utilizzare l’MRD come driver decisionale di terapia, nell’ottica di de-intensificare il trattamento per coloro che siano (persistentemente?) MRD-negativi e di intensificarlo per coloro che presentino una MRD citofluorimetrica/molecolare o all’imaging. Tutto ciò, infatti, dovrebbe ulteriormente contribuire alla “patient-tailored therapy” che significa maggiore probabilità di successo, minore incidenza di eventi avversi e pertanto risparmio di risorse umane ed economiche.
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