Nuove evidenze nel trattamento del mieloma multiplo

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Istantanee di Ematologia

Nuove evidenze nel trattamento del mieloma multiplo

American Society of Hematology Meeting 2024

Nuove evidenze nel trattamento del mieloma multiplo

American Society of Hematology Meeting 2024

Genomic determinants of resistance to anti-BCMA Chimeric Antigen Receptor

T-Cell (CART )

therapies in patients with relapsed/refractory multiple

myeloma

Abstract 247

L’introduzione di CART e di T-cell engagers (TCE) bispecifici ha rivoluzionato il panorama di trattamento dei pazienti (pts) con Mieloma Multiplo ricaduto/ refrattario (RRMM). Tuttavia, nonostante le risposte impressionanti riportate dai dati, il meccanismo responsabile della resistenza o del fallimento della terapia rimane poco determinato.

Per valutare i meccanismi genomici coinvolti nella refrattarietà primaria e nella resistenza alle immunoterapie anti-BCMA, abbiamo interrogato 122 genomi completi (WGS; 80X di copertura mediana) e 10 esomi completi (WES) generati da un totale di 96 pts trattati con CART (n=74) o T-cell engagers (TCE, n=22).

74 e 13 pts avevano dei campioni raccolti prima del trattamento con CART (idecel n=58; ciltacel n=16) e TCE, rispettivamente.

I pts trattati con CART hanno avuto una mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS) di 394 giorni, con 19 (25%) pts che hanno mostrato una progressione entro i primi 100 giorni (per definizione, refrattari). La presenza di malattia extramidollare (EMD) presente prima del trattamento (12%) e una precedente esposizione ad anti-BCMA (20%) sono risultati associati ad un inferiore PFS (per entrambi p<0.0001). I pts ad alto rischio secondo lo score MyCARe (n=3.4%) hanno mostrato una sopravviven-

za inferiore; tuttavia, non è stato possibile di discriminare tra pazienti con rischio basso (n=21, 37.5%) e intermedio (n=32, 57%) (p=0.10).

In 5/96 (5%) è stata osservata la perdita di TNFRSF17, 4 dei quali trattati con CART. Di questi, 3 erano stati precedentemente esposti a terapie anti-BCMA, tra cui belantamab mafodotin (n=2), e queste anomalie genomiche erano presenti prima della terapia con CART, determinando quindi una completa refrattarietà a tale trattamento. Risulta interessante notare che tutti i pazienti con una perdita biallelica del BCMA avevano anche una perdita biallelica di CYLD o TRAF3, regolatori chiave della via di segnale di NFkB. Abbiamo ipotizzato che, essendo BCMA un attivatore della via di NFkb nelle cellule di MM, in caso di alterazioni genomiche che coinvolgono NFkB, questa assenza di BCMA possa essere tollerata dalle cellule tumorali, favorendo la resistenza a CART.

Successivamente, abbiamo esplorato la presenza di altre alterazioni nei campioni pre-CART che potessero essere associate ad una PFS inferiore e a refrattarietà al trattamento. Tra i fattori di rischio noti, l’acquisizione di 1q è risultata significativamente associata ad una minor PFS. Valutando un largo catalogo di geni driver, abbiamo identificato multipli drivers

genomici coinvolti nella resistenza e refrattarietà primaria ai CART anti-BCMA. Questi drivers possono essere riuniti in 5 categorie: una associata a PFS favorevole e 4 associate a PFS sfavorevole. Il gruppo favorevole includeva pazienti con mutazioni di RPL10 (84% dei pazienti in remissione a 1 anno). Il secondo gruppo includeva la perdita di geni coinvolti nell’instabilità e complessità genomica come as RPL5, TP53, CDKN2C e la presenza di iper-APOBEC. Il terzo gruppo includeva geni coinvolti nella via di segnale di NFkB (CYLD, TRAF3, NFKB2, MAP3K14). Il quarto gruppo includeva mutazioni di perdita di funzione (loss of function) su fattori di trascrizione e regolatori (come SP140, KMT2C, DIS3). L’ultimo gruppo comprendeva alterazioni su geni noti per essere coinvolti nella differenziazione delle plasmacellule (come IKFZ3, CD38, XBP1, TNFRSF17 ).

Globalmente, i pazienti con anomalie genomiche in uno dei gruppi sfavorevoli (n=32) avevano dei risultati statisticamente inferiori rispetto agli altri pazienti (PFS mediana 75 vs 763 giorni, p<0.0001), includendo l’84% di tutti i pazienti refrattari. Utilizzano un modello proporzionale di rischio di Cox, abbiamo dimostrato che queste caratteristiche genomiche possono predire la refrattarietà a CART anti-BCMA

Figura 1. Modello di rischio proporzionale di Cox per valutare l’impatto delle caratteristiche di rischio standard (EMD e MyCAR), del prodotto utilizzato (ciltacel vs idecel) e del rischio genomico sulla PFS.

in modo indipendente e più accurato [p<0.0001; Hazard ratio (HR): 5.5497] rispetto ai fattori di rischio standard come EMD (p=0.59, HR: 0.5945) e MyCARe (p=0.03, HR: 0.1694).

Comparando dati da WGS raccolti al momento della progressione dopo CART (n=12) e dopo TCE (n=9), è stata osservata solo una mutazione di BCMA (P33S) dopo CART, e il suo impatto sul legame con il CART non è stato confermato da studi funzionali. Questo dato differisce da quanto riscontrato per i TCE, dove queste mutazioni e meccanismi di escape dell’antigene si verificano in 50% dei pazienti alla ricaduta (5/9; Lee et al. Nat Med 2023). Inoltre, questo supporta l’ipotesi che l’elevata prevalenza di mutazioni di BCMA post-TCE possa essere una conseguenza della continua pressione selettiva esercitata dalla terapia. Globalmente, questi dati suggeriscono che una profilazione genomica completa possa predire accuratamente l’outcome dei pazienti con MM trattati con anit-BCMA, superando gli attuali predittori di rischio, e potenzialmente potrebbe essere utilizzata come strumento per scegliere tra diverse strategie di trattamento.

Quadro d’insieme

Con l’introduzione di numerose terapie anti BCMA in diverse fasi del panorama terapeutico del MM, si è resa sempre più necessaria la conoscenza dei meccanismi alla base della resistenza a questi trattamenti. Questo studio propone lo studio del genoma per identificare delle caratteristiche di rischio intrinseche.

Analisi dei risultati

Sono stati analizzati in particolar modo i pazienti trattati con CAR-T. In questi è stata ricercata la perdita del BCMA, poichè concettualmente questo potrebbe rappresentare un meccanismo di resistenza alle terapie anti-BCMA, ma risultata essere un’evenienza molto rara, seppur altamente predittiva di un outcome inferiore. Importante notare che, durante l’utilizzo di CAR-T, la struttura clonale tende a rimanere stabile, favorendo l’ipotesi che la resistenza a tale terapia sia verosimilmente intrinseca, o comunque precedente al trattamento con CAR-T. Sicuramente la presenza di un profilo genomico complesso con multiple alterazioni si rispecchia in un outcome inferiore. Gli autori hanno voluto confrontare le valutazioni classiche di rischio, come la presenza di EMD o lo score MyCAR, con il rischio genomico ottenuto mediante sequenziamento, e si è evinto che quest’ultimo è stato in grado di discriminare sull’efficacia in modo più accurato.

Concetti chiave

L’analisi del genoma è una metodica complessa e probabilmente non applicabile su larga scala. Tuttavia, sulla base di questi dati, appare in grado di superare tutti gli altri strumenti a disposizione nel predire una potenziale resistenza a immunoterapia anti-BCMA. Nonostante il suo evidente potenziale, questa metodica è ancora lontana dal poter essere applicata in pratica clinica.

Phase 2 study of Teclistamab-based induction regimens in patients with Transplant-Eligible ( TE ) Newly Diagnosed Multiple Myeloma ( NDMM ): results from the GMMG -HD10/ DSMM-XX

(MajesTEC - 5) trial

Raab MS, Weinhold N, Kortüm KM, et al.

Abstract 493

Introduzione. Teclistamab (Tec), primo della classe degli anticorpi bispecifici B-cell maturation antigen × CD3, ha dimostrato risposte profonde e durature quando utilizzato come monoterapia e in regimi di combinazione per il trattamento del MM, portando alla sua approvazione per pazienti (pts) con MM ricaduto/refrattario triplo-esposti. Daratumumab (Dara), un anticorpo monoclonale anti-CD38, ha mostrato risposte profonde e durature e un miglioramento degli indici di sopravvivenza in combinazione con lenalidomide e desametasone (DRd) e in combinazione con bortezomib, lenalidomide e desametasone (DVRd) nei pts con NDMM. L’aggiunta di Tec a questi regimi ha lo scopo di eradicare le cellule di MM precocemente per ottenere una sopravvivenza libera da malattia a lungo termine. MajesTEC-5 è uno studio di fase 2 a multiple coorti volto a valutare regimi basati su Tec in pts con TE NDMM. Di seguito riporteremo gli outcomes dei pts TE NDMM trattati in fase di induzione in 3 coorti con Tec-DRd o Tec-DVRd. Metodi. I pts TE NDMM con età 18-70 anni hanno ricevuto terapia di induzione con Tec-DRd (bracci A, A1) o Tec-DVRd (braccio B). Tec è stato somministrato

per via sottocutanea (SC) nei cicli 1-6; nel ciclo 1 sono state somministrate dosi crescenti pari a 0.06 e 0.3 mg/Kg nei giorni 2 e 4, seguite dalla dose target di 1.5 mg/kg nei giorni 8 e 15. Dal ciclo 2, Tec è stato somministrato alla dose di 1.5 mg/kg QW nel braccio A e 3.0 mg/kg Q4W nei bracci A1 e B. Dara è stato somministrato SC (1800 mg) QW nei cicli 1-2 e Q2W nei cicli 3-6. Lenalidomide (25 mg) è stata somministrata per via orale nei giorni 1-21 dal ciclo 2+ e desametasone (20 mg) è stato somministrato per via orale o endovenosa (EV) nei giorni 1-2, 8-9, 15-16, e 22-23 dei cicli 1-2. I pts nella coorte Tec-DVRd hanno anche ricevuto bortezomib SC (1.3 mg/m2) QW nei cicli 1-6. Da protocollo, veniva suggerito il supporto di immunoglobuline EV per mantenere livelli sierici di IgG ≥4 g/L. L’obiettivo primario erano gli eventi avversi (AEs) e i tassi di AEs severi in ogni coorte; gli obiettivi secondari includevano il tasso di risposte e la percentuale di negatività della malattia minima residua (MRD) (soglia di sensibilità 10 –5; next generation flow cytometry). La prima valutazione dell’MRD era pianificata dopo il ciclo 3.

Risultati. Sono stati arruolati in totale 49 pts nel braccio A (Tec-DRd, n=10; prima dose in dicembre 2022), A1 (Tec-DRd, n=20; prima dose in ottobre 2023), e B (Tec-DVRd, n=19; prima dose in ottobre 2023). Otto (16.3%) pts avevano ≥65 anni, 31 (63.3%) erano di sesso maschile, 49 (100%) erano caucasici, e 47 (95.9%) avevano un ECOG PS score di 0-1. Due (4.1%) pts hanno sospeso tutti i trattamenti per rifiuto a proseguire la terapia. Tre (4.1%) pts hanno sospeso lenalidomide e nessun paziente ha sospeso Tec o dara. Al momento dell’analisi, la durata mediana (range) della terapia di induzione è stata di 2.6 (0.03-7.66) mesi; l’intensità di dose relativa mediana è stata pari a 99.3% per Tec, 92.4% per dara, 87.2% per lenalidomide, e 83.1% per bortezomib. Tra i 36 pts che hanno completato il ciclo 3, 35 hanno valutato l’MRD, e tutti sono risultati MRD negativi (10 –5). Tra i 10 pts che hanno completato anche il ciclo 6 (solo per il braccio A), tutti hanno mantenuto l’MRD negatività. Tra i 23 pts che hanno eseguito mobilizzazione delle cellule staminali, la mediana di cellule raccolte è stata pari a 8.7 × 106/kg; 10 (43.5%) pts hanno ricevuto plerixafor. Gli AEs emersi in corso

di terapia (TEAEs) riscontrati in ≥10% dei pts sono stati linfopenia (38.8%), neutropenia (28.6%), leucopenia (12.2%), aumento della lipasi (10.2%), e aumento della gamma-GT (10.2%). In 13 (26.5%) pts si sono verificate infezioni di grado 3/4; TEAEs severi sono stati riscontrati in 23 (46.9%), prevalentemente (≥10%) iperpiressia (10.3%). Un paziente (2.0%) ha riportato una pancreatite di grado 3. Nessun TEAEs ha determinato la sospensione del trattamento o il decesso. Un totale di 32 (65.3%) pts ha sviluppato una sindrome da rilascio citochinico (CRS), sempre di grado 1/2 (grado 1, n=26; grado 2, n=6). Nessun paziente ha sviluppato una sindrome da neurotossicità associata a cellule effettrici immunitarie (ICANS). Verranno presentati i dati aggiornati con un più prolungato follow-up per le 3 coorti.

Conclusioni. Per riassumere, Tec combinato a DRd e DVRs come terapia di induzione per pts TE NDMM ha dimostrato di avere un profilo di sicurezza maneggevole e un’efficacia clinica senza precedenti.

Tra i pts per cui è stato possibile valutare l’MRD al momento dell’analisi, tutti sono risultati negativi (10 –5) fin dalla prima valutazione. Inoltre, la mobilizzazione delle cellule staminali è risultata fattibile sia con Tec-DRd che con Tec-DVRd.

Quadro d’insieme

Nonostante la terapia per i pts TE NDMM con regimi di triplette e quadruplette comprensive di dara abbia portato a risultati sempre più profondi e duraturi, molti pts tendono ancora a ricadere. Lo studio

MajesTEC-5 di fase 2 vuole analizzare la possibilità di eradicare la malattia fin dalle prime fasi di trattamento utilizzando Tec, la cui azione è già nota nelle fasi avanzate di malattia.

Analisi dei risultati

Sono stati riportati i dati relativi ai pts arruolati nelle 3 coorti, di cui solo per la coorte A sono stati completati da tutti i pts i 6 cicli di terapia di induzione. Il

Figura 1. Valutazione della malattia minima residua (MRD) dopo il ciclo 3 e il ciclo 6 nelle 3 coorti di trattamento.

Arm

timore maggiore nell’utilizzo di questo anticorpo bispecifico in induzione era legato soprattutto alle potenziali tossicità, ma gli AEs riportati sono stati quasi sempre di basso grado e maneggevoli, la CRS è stata sempre di grado 1/2 e non è stata documentata ICANS. Per quanto riguarda le infezioni, notoriamente elevate con l’utilizzo di questo farmaco in fasi avanzate, si sono verificate nel 79.6% dei pts, di cui 34.7% di grado 3/4; in 91.8%dei pts si è riscontrata ipogammaglobulinemia e 89.8% hanno eseguito supporto con immunoglobuline EV. L’aggiunta di bortezomib non ha influito sul profilo di tossicità. Per quanto si tratti di un gruppo ristretto di pts, l’efficacia delle combinazioni con l’aggiunta di Tec è stata sorprendere, con un 100% di MRD negatività per i pts valutabili, fin dalla prima determinazione. Apparentemente l’aggiunta di TEC non ha inficiato la raccolta delle cellule staminali, permettendo a tutti i pts di raccogliere un quantitativo adeguato per poter eseguire successivo trapianto autologo (ASCT).

Concetti chiave

L’aggiunta di Tec a terapie di induzione standard nei pts con TE NDMM ha dimostrato di essere altamente efficace, con un altissimo tasso di MRD negatività fin dalle fasi più precoci e con un profilo di sicurezza non diverso da quello atteso con i singoli farmaci. Questi risultati aprono la strada a un potenziale utilizzo di Tec in questo contesto per valutare l’ipotesi di poter effettivamente eradicare il clone di MM e ottenere una remissione profonda a lunghissimo termine nella maggior parte dei pts.

Phase 3 Study of Teclistamab (Tec) in combination with Lenalidomide (Len) and Tec alone versus Len alone in Newly Diagnosed Multiple Myeloma ( NDMM ) as maintenance therapy following Autologous Stem Cell Transplantation (ASCT ): Safety Runin (SRI ) results from the Majestec-4/ EMN30 Trial

Zamagni E, Silzle T, Ivan Špička, et al.

Abstract 494

Introduzione. la terapia di mantenimento con Len dopo ASCT determina un significativo vantaggio in termini di sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza globale, ed è considerato lo stanrdard-ofcare nei pazienti (pts)con NDMM eleggibili a trapianto. Nonostante questo, i pts tendenzialmente vanno incontro a ricaduta, sottolineando la necessità di nuove strategie di mantenimento per migliorare i risultati. Tec, il primo nella classe degli anticorpi monoclonali contro l’antigene di maturazione B-cellulare x CD3, ha dimostrato di ottenere risposte profonde e durature nei pts con MM. Sulla base di risultati preclinici, Tec e Len potrebbero avere un effetto anti-mieloma sinergico. MajesTEC-4/EMN30 è uno studio multicentrico, randomizzato, in aperto, di fase 3 volto a valutare la terapia di mantenimento con Tec-Len, Tec e Len in NDMM dopo terapia di indu-

zione e ASCT ± consolidamento. Di seguito riportiamo i dati iniziali della safety run-in. Metodi. I pts eleggibili avevano ≥18 anni, NDMM (secondo i criteri dell’International Myeloma Working Group [IMWG]), avevano ricevuto 4-6 cicli di terapia di induzione con 3 o 4 farmaci comprensivi di un PI e/o un IMiDs ± un anticorpo anti-CD38 e un ASCT singolo o doppio seguito o meno da terapia di consolidamento, e avevano ottenuto una risposta almeno parziale secondo i criteri di risposta IMWG 2016. Sono state valutate 3 coorti con differenti frequenze di somministrazione di Tec: Coorte 1 (TecLen) con Tec a 1.5 mg/kg ogni settimana (QW) per 2 cicli (C), seguiti da 3 mg/kg Q2W nei C3-6, e 3 mg/ kg Q4W dal C7; Coorte 2 (Tec-Len) con Tec a 1.5 mg/ kg nei giorni 8 e 15 del C1, seguiti da 3 mg/kg Q4W dal C2; e Coorte 3 (Tec) a 1.5 mg/kg nei giorni 8 e 15 al C1, seguito da 3 mg/kg Q4W dal C2. Tutti i pts che hanno ricevuto Tec al C1 hanno eseguito la stessa schedula di dosi crescenti in regime di ricovero (0.06 mg/kg; 0.3 mg/kg). Len è stata somministrata nelle coorti Tec-Len alla dose di 10 mg QD nei C2-C4 (se tollerata, successivamente aumentata a 15 mg). La durata di trattamento è stata di 2 anni per tutti i pts; nelle coorti Tec-Len, Tec veniva sospeso dopo 13 cicli in caso di raggiungimento di risposta superiore o uguale alla risposta completa (≥CR). Gli eventi avversi (AEs) sono stati gradati secondo Common Terminology Criteria for Adverse Events v5.0. La sindrome da rilascio citochinico (CRS) e la sindrome da neurotossicità associata a cellule effettrici immunitarie (ICANS) sono state gradate secondo le linee guida della Società Americana di Trapianto e Terapie Cellulari (ASTCT). La risposta assegnata dagli investigatori si è basata sui criteri IMWG 2016.

Risultati. Nelle 3 coorti sono stati arruolati 94 pts (Coorte 1, n=32; Coorte 2, n=32; Coorte 3, n=30). Al follow-up mediano di 14.4, 5.0 e 4.9 mesi, 97% dei pts in ogni coorte risultava ancora in corso di trattamento (n=31, 31, 29, rispettivamente). Le caratteristiche basali erano bilanciate fra le coorti, con un’età mediana di 58-59 anni. I pts nelle coorti 1, 2 e 3 avevano ricevuto una mediana di 15, 6 e 6 cicli di mantenimento, rispettivamente.

I principali AEs emersi in corso di trattamento (TEAEs) di grado 3/4 sono stati neutropenia ed infezioni. Rispetto alla Coorte 1, le Coorti 2 e 3 con somministrazione di Tec meno frequente hanno mostrato una tendenza decrescente di incidenza cumulativa a 4 mesi di neutropenia di qualsiasi grado e di grado 3/4 (Coorte 1: qualsiasi grado/grado 3/4, 69%/66%; Coorte 2: 44%/41%; Coorte 3: 37%/28%). Un andamento simile per le coorti con frequenza minore di somministrazione di Tec è stato osservato per le infezioni di tutti i gradi (Coorte 1: 78%; Coorte 2: 63%; Coorte 3: 61%). Su 68/94 pts (72.3%) che hanno mostrato ipogammaglobulinemia di qualsiasi grado, 63/68 (92.6%) hanno ricevuto almeno una dose di immunoglobuline ev (IVIg). La CRS si è presentata globalmente in 43.6% dei pts, con 6.4% grado 2 e nessun evento di grado elevato. Il tasso di CRS dopo la prima dose piena di Tec (1.5 mg/Hg) è stato basso, pari a 7.4%. Non è stato riportato nessun ICANS. L’insorgenza di TEAEs ha determinato la sospensione del trattamento in 2 pts (1 nella Coorte 2 e uno nella Coorte 3) e il decesso in 1 pts (nella Coorte 2, dovuto a infezione da COVID-19 in corso di C1, prima di iniziare Len).

Nella Coorte 1, tutti i 28 pts con valutazione della MRD a 12 mesi hanno mostrato una CR con MRD negativa. Tra i pts con MRD positiva al momento dell’arruolamento nello studio, 10 (100%) hanno avuto una conversione in una CR MRD negativa in corso di trattamento. Tra i 16 pts che avevano una risposta inferiore alla CR al momento dell’ingresso nello studio, 100% hanno ottenuto una risposta ≥CR in corso di terapia. Al momento dell’analisi, nessun pts era andato incontro a progressione di malattia in corso di trattamento. I dati di efficacia delle Coorti 2 e 3 e i risultati più a lungo termine della Coorte 1 verranno mostrati durante il meeting.

Conclusioni. Tec-Len e Tec possono essere somministrati in modo sicuro come terapia di mantenimento dopo ASCT in pts con NDMM. Le Coorti 2 e 3 hanno mostrato un profilo di sicurezza precoce tendenzialmente migliore con una minor frequenza di somministrazione di Tec, rispetto alla Coorte 1. Tec-Len ha dimostrato di approfondire le risposte ed è stato riscontrato un tasso di CR con MRD ne -

gativa a 12 mesi pari al 100% nei pts valutabili della Coorte 1. Questi risultati hanno fornito informazioni per la parte successiva randomizzata dello studio MajesTEC-4/EMN30, che è attualmente in fase di arruolamento.

Quadro d’insieme

Questo studio è volto ad esplorare una nuova strategia di mantenimento post-ASCT, ovvero l’utilizzo dell’anticorpo bispecifico Tec, che ha già dimostrato la sua potenza in fasi più avanzate di malattia. La presente analisi ha riportato i dati delle 3 coorti valutate nella fase di safety run-in.

Analisi dei risultati

Lo studio EMN30 nasce con lo scopo di esplorare l’efficacia di Tec nel mantenimento post ASCT e l’utilizzo di una schedula a durata fissa di 2 anni. Ana-

lizzando i dati di sicurezza, va sottolineato che l’incidenza cumulativa di neutropenia è stata maggiore nella Coorte 1 (81.3%), dove Tec veniva somministrato con schedula più intensa, rispetto alle Coorti 2 e 3 (56.3% e 40.0%, rispettivamente), dove Tec veniva somministrato ogni 4 settimane dal ciclo 2. L’incidenza di CRS è strata tra il 40.6% e il 50% sempre di grado 1/2, quindi ben gestibile, e non si è mai verificata ICANS. Anche le infezioni, che rappresentano l’evento avverso più rilevante nelle fasi avanzate, sono state circa il 30% e sempre di basso grado. Questo grazie al fatto che fosse fortemente raccomandato l’utilizzo di profilassi primaria con IVIg. Il tasso di discontinuazione per AEs è stato molto basso, circa 5%. Questi dati confermano l’ottima maneggevolezza di questo trattamento in tale contesto. Inoltre, si è dimostrato estremamente efficace nel migliorare la profondità di risposta, convertendo

Figura 1. Valutazione della MRD negatività al momento dell’arruolamento nel protocollo (post-ASCT) e in corso di terapia di mantenimento (a 12 mesi nella Coorte 1 e a 6 mesi nelle Coorti 2 e 3).

Cohort
Cohort 2:
Cohort

tutte le PR in ≥VGPR, e portando ad un 100% di MRD negatività nei pts valutabili. Grazie a questi risultati, questo studio ha potuto procedere con la parte randomizzata, attualmente in corso, che mette a confronto Tec vs Tec-Len vs Len, dove Tec verrà somministrato ogni 4 settimane.

Concetti chiave

La terapia di mantenimento dopo ASCT attualmente prevede l’utilizzo di Len fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile. I risultati di questo studio dimostrano che l’utilizzo di un anticorpo bispecifico, come agente singolo o in combinazione a Len, in questa fase potrebbe rendere la terapia a durata fissa, grazie alla sua incredibile capacità di approfondire la risposta e portare tutti i pts verso una MRD negatività, con un profilo di sicurezza maneggevole. Ovviamente sarà fondamentale valutare i dati della seconda parte randomizzata dello studio, dove sarà incluso un maggior numero di pts, e avere un maggior follow-up per verificare gli effetti a lungo termine di questo approccio.

Isatuximab, Lenalidomide,

Bortezomib

and Dexamethasone induction therapy for transplant-eligible patients with newly diagnosed multiple myeloma: final progression-free survival analysis of part 1 of an openlabel, multicenter, randomized, phase 3 trial (GMMG -HD7)

Goldschmidt H, Bertsch U, Pozek E, et al.

Abstract 769

Background. Nei pazienti (pts) con Mieloma Multiplo di nuova diagnosi (NDMM), gli anticorpi monoclonali anti-CD38 (CD38-mAb) aumentano l’efficacia dei regimi standard. L’aggiunta del CD38-mAb isatuximab (Isa) a lenalidomide, bortezomib e desametasone (RVd) nei pts con NDMM eleggibili a trapianto ha raggiunto l’endpoint primario di negatività della malattia minima residua (MRD) dopo terapia di induzione (Isa-RVd 50% vs. RVd 36%, OR 1.82, 95% CI 1.33-2.48, p<0.001; Goldschmidt H et al., 2022, Lancet Haematol.; NCT03617731). La presente analisi ha messo a confronto gli effetti della terapia di induzione con Isa-RVd vs RVd relativamente all’endpoint secondario della progression-free survival (PFS).

Metodi. Sono stati arruolati pts con NDMM eleggibili a trapianto in 67 centri in Germania, stratificati secondo il Revised International Staging System (RISS; Palumbo A et al., 2015, J Clin Oncol ) e randomiz-

zati equamente a ricevere 3 cicli di 42 giorni di RVd (lenalidomide 25 mg/d po, d1-14 e d22-35; bortezomib 1.3 mg/m2 SC d1, 4, 8, 11, 22, 25, 29, 32; desametasone 20 mg/d po, d1-2, 4-5, 8-9, 11-12, 15, 22-23, 25-26, 29-30, 32-33). Nel braccio Isa-RVd, Isa era aggiunto allo schema con le seguenti modalità: 10 mg/ kg IV, ciclo 1: d 1, 8, 15, 22, 29; cicli 2-3: d 1, 15, 29. In seguito alla terapia di induzione, i pazienti andavano incontro a mobilizzazione con ciclofosfamide, raccolta delle cellule staminali, e successivo trapianto autologo (ASCT). Nei pts che ottenevano una risposta inferiore alla risposta completa (CR) dopo il primo ASCT, o in caso di alto rischio citogenetico, era raccomandato un secondo ASCT. I pts venivano quindi randomizzati a ricevere terapia di mantenimento con lenalidomide da sola (10 mg/d po in maniera continuativa), o in combinazione con Isa (10 mg/kg IV, ciclo 1: d 1, 8, 15, 22; cicli 2-3: d 1, 15; cicli 4-39: d 1) fino a 36 mesi. Il rischio citogenetico veniva stabilito sulla base della presenza (alto rischio) o assenza (rischio standard) di delezione17p, t(4;14), e/o t(14;16).

La PFS è stata definita come il tempo dalla prima randomizzazione alla progressione o morte per qualsiasi causa, in base a quale evento si verificasse prima. Per analizzare la PFS mettendo a confronto Isa-RVd con RVd come terapia di induzione seguita da lenalidomide di mantenimento è stato applicato un’analisi ponderata del rischio considerando la seconda randomizzazione (terapia di mantenimento). La data limite per la presente analisi è stata il 31 gennaio 2024.

Risultati. Tra ottobre 2018 e settembre 2020 sono stati inclusi nello studio 662 pts. L’analisi per intention-to-treat (ITT) ha compreso 660 pts (Isa-RVd: 331 and RVd: 329). Le caratteristiche basali erano ben bilanciate. 225 (68%)/79 (24%) pts nel braccio Isa-RVd e 179 (54%)/99 (30%) pts nel braccio RVd hanno ricevuto singolo o doppio ASCT, rispettivamente. Dopo un follow-up mediano di 47 mesi (95% CI 4648), sono stati registrati 179 eventi di PFS. La terapia di induzione con Isa-RVd ha prolungato in modo statisticamente significativo la PFS rispetto a RVd (HR 0.70, 95% CI 0.52-0.94; stratified log-rank p=0.0184). Il tasso di PFS a 3 anni con Isa-VRd e RVd è stato pari a 83% (95% CI 79-87) e 75% (95% CI 70-80), rispetti-

vamente. Il beneficio con Isa-RVd vs RVd è stato confermato in analisi multivariata, comprensiva di R-ISS, età, sesso, performance status e insufficienza renale (HR 0.64, 95% CI 0.47-0.86; p=0.004). L’analisi per sottogruppi ha dimostrato un beneficio in termini di PFS con Isa-RVd vs. VRd in sottogruppi valutati per la presenza di caratteristiche basali clinicamente rilevanti (sesso femminile e maschile, buon performance status, ISS stadio I, II e III, LDH normale o elevato, rischio citogenetico standard). I pazienti con uno scarso performance status (grado WHO >1, HR 1.09, 95% CI 0.47-2.52), e con alto rischio citogenetico (HR 1.09, 95% CI 0.63-1.91) non hanno mostrato un beneficio.

L’analisi ponderata del rischio per la PFS considerando la seconda randomizzazione ha confermato un beneficio significativo con la terapia di induzione con Isa-RVd vs RVd seguita da mantenimiento con lenalidomide (HR 0.63, 95% CI 0.38-1.07; stratified weighted log-rank p=0.016). Il tasso pesato di PFS stimato a 3 anni per la terapia di induzione con IsaRVd e RVd seguita da lenalidomide di mantenimento è stato pari a 84% (95% CI 79-89) e 73% (95% CI 67-79).

L’OS non era ancora matura, con una mediana non raggiunta per entrambi i bracci di trattamento, e un tasso a 3 anni pari a 88% (95% CI 85-92) e 89% (95% CI 86-93) nei bracci Isa-RVd vs RVd.

Conclusioni. L’aggiunta di Isa ad una terapia di induzione di 18 settimane con RVd, seguita da ASCT, ha mostrato un beneficio significativo e clinicamente rilevante in termini di PFS, indipendentemente dalla strategia di mantenimento. La presente analisi dello studio GMMG-HD7 conferma il beneficio in termini di MRD negatività già precedentemente riportato. Lo studio è ancora in corso e verrà valutata l’aggiunta di Isa a lenalidomide in corso di mantenimento dopo una seconda randomizzazione (parte 2).

Quadro d’insieme

L’obiettivo della terapia di prima linea per i pazienti con NDMM eleggibili a trapianto è quello di indurre risposte più profonde e durature possibile per ottenere una progressione libera da malattia (PFS) pro -

lungata. In questa analisi dello studio accademico randomizzato di fase 3 GMMG-HD7 è stato valutato l’impatto sulla PFS dell’aggiunta di Isa alla terapia di induzione con RVd.

Analisi dei risultati

Il vantaggio derivante dall’aggiunta di Isa a VRd in terapia di induzione per questa categoria di pazienti era già stato precedentemente riportato (Goldschmidt H et al., 2022, Lancet Haematol ). Con questa nuova analisi viene sottolineata la maggior quota di pazienti MRD-neg dopo trapianto, sia globale (OR 2.13, 95% CI 1.56-2.92, p<0.0001), sia come CR MRDneg (OR 1.76, 95% CI 1.25-2.5, p=0.001),e ≥VGPR MRD-neg (OR 2.22, 95% CI 1.63-3.03, p<0.0001). Valutando l’aspetto chiave di quest’analisi, ovvero la PFS, con un follow-up mediano di 48 mesi Isa ha dimostrato di ridurre il rischio di progressione o morte del 30%, indipendentemente dal tipo di terapia di mantenimento. Andando infatti a stratificare la PFS anche con la seconda randomizzazione, si evi-

denzia che la PFS tende ad essere comunque superiore in presenza di terapia di induzione di Isa-RVd vs RVd, indipendentemente dal tipo di terapia di mantenimento (figura 1). In tutti i sottogruppi analizzati si è evidenziato un beneficio in termini di PFS con l’aggiunta di Isa alla terapia di induzione con RVd, ma non per l’alto rischio citogenetico, lo stadio R-ISS 3 e il performance status secondo WHO >1. Un ultimo elemento da sottolineare è che l’aggiunta di Isa non ha inficiato la prosecuzione dell’iter con singolo o doppio ASCT, che infatti è stato eseguito da una quota sovrapponibile di pazienti.

Concetti chiave

La terapia di induzione prima di ASCT con una quadrupletta comprensiva di Isa in aggiunta a RVd si è dimostrata più efficace in termini di MRD e di PFS rispetto alla tripletta corrispondente. I dati sottolineano l’importanza dell’utilizzo di un CD38-mAb in questo contesto, per ottenere risultati più profondi e duraturi.

Number at risk (censored) *Strati ed weighted log-rank test P value=0.016

Figura 1. Valutazione del rischio ponderato della PFS tenendo conto della seconda randomizzazione per il mantenimento con Lenalidomide.

Isatuximab, Bortezomib, Lenalidomide, and Dexamethasone ( I sa-VRd) in patients with Newly Diagnosed Multiple Myeloma ( NDMM ): analyses of Minimal Residual Disease ( MRD) negativity dynamics in the Phase 3 Imroz Study

Orlowski RZ, Dimopoulos M-A, Leleu X, et al.

Abstract 770

Introduzione. Nello studio globale di fase 3 IMROZ (NCT03319667), i pazienti (pts) con NDMM non eleggibili a trapianto hanno mostrato un significativo incremento della sopravvivenza libera da malattia (PFS) con Isa-VRD seguito da Isa-Rd rispetto a VRd seguito da Rd, con anche risposte profonde e sostenute. I Pts nel braccio Isa-VRd hanno dimostrato un tasso significativamente superiore di risposte complete (CR) MRD-negative (MRD-neg) con soglia di sensibilità di 10 -5 rispetto al braccio VRd (56% vs 41%; p =0.003), così come un elevato tasso di MRD-neg (58% vs 44%) e un tasso quasi doppio di MRD-neg sostenuta (sustMRD-neg) per ≥12 mesi (47% vs 24%) in un qualsiasi momento dello studio nella popolazione ITT. Il tempo mediano per il raggiungimento di MRD-neg è stato dimezzato con il braccio Isa-VRD (14.7 mesi) rispetto a VRd (32.8 mesi). Di seguito riportiamo un’ulteriore analisi dallo studio IMROZ sulle dinamiche della MRD-neg.

Metodi. Nello studio in aperto IMROZ sono stati randomizzati 446 pts 3:2 a ricevere Isa-VRD (n=265)

seguito da mantenimento con Isa-Rd vs VRd (n=181) seguito da Rd in pts con età ≤80 anni. I pts hanno ricevuto Isa (10 mg/kg IV) nel braccio Isa-VRd e bortezomib (1.3 mg/m2 SC), lenalidomide (25 mg PO), e desametasone (20 mg IV/PO) in entrambi i bracci. L›obiettivo principale era la PFS. Gli obiettivi chiave secondari includevano il tasso di CR MRD-neg identificate mediante next-generation sequencing (NGS) clonoSEQ® con una soglia si sensibilità di 10 -5 nell’aspirato midollare eseguito al basale, durante la fase iniziale (mese 6) e di mantenimento (mesi 12, 18, 24 e 36) nei pazienti con almeno una risposta parziale di ottima qualità. L’analisi esplorativa includeva anche la valutazione con una soglia di sensibilità di 10 -6 e l’utilizzo di next-generation flow (NGF).

Risultati. le dinamiche evolutive dell’MRD sono state valutate con NGS utilizzando 1610 misurazioni di MRD eseguite nell’arco di 5 anni. Dei 306 pazienti che hanno eseguito una valutazione iniziale di MRD durante la prima fase, 50.0% vs 41.1% erano MRD-neg in Isa-VRD vs VRD, rispettivamente. I tassi di MRD-neg si sono approfonditi nel corso del tempo, con una quota di MRD-neg al mese 36 pari a 68.6% e 50.8% per Isa-VRd vs VRd, rispettivamente.

In accordo con quanto precedentemente riportato sulla sustMRD-neg per ≥12 mesi, i tassi di sustMRDneg per ≥24 and ≥36 mesi sono stati superiori con Isa-VRD rispetto a VRd (36.0% vs 13.3% e 25.7% vs 7.2%, rispettivamente); I tassi di sustMRD-neg con soglia di sensibilità a 10 -6 hanno mostrato un andamento simile. Per quanto riguarda lo stato di MRD in corso di mantenimento ai mesi 12, 18, 24 e 36, è stata riscontrata una maggior conversione con Isa-VRd rispetto a VRd da MRD positiva in corso di fase iniziale a MRD-neg in corso di mantenimento, e questa conversione da positivo-negativo aumenta nel corso del mantenimento (mese 12: 20.8% vs 16.3%; mese 18: 22.7% vs 18.8%; mese 24: 35.0% vs 18.0%; mese 36: 47.2% vs 32.3%, rispettivamente). Verranno presentati i benefici in termini di PFS relati al cambio di stato dell’MRD e al tempo per l’ottenimento della prima MRD-neg.

In aggiunta, l’analisi per sottogruppi sulla base dello stato di MRD-neg a 10 -5 e 10 -6 ha dimostrato un beneficio e un più breve tempo mediano per l’otteni-

mento di MRD-neg con Isa-VRD vs VRd. È stata, inoltre, dimostrata una buona concordanza tra NGS e NGF per i pts con MRD-neg (10 -5) (70.4%) e i pts con CR MRD-neg (75.9%).

Conclusioni. Isa-VRD seguito da Isa-Rd ha portato ad una maggiore profondità di risposta MRD-neg nel corso del tempo, con tassi di MRD-neg più alti sia alla fine della fase iniziale che in corso di mantenimento rispetto al braccio di controllo. I risultati di questa analisi continuano a dimostrare tassi più elevati di susMRD-neg nel tempo, con una soglia si sensibilità di 10 -5 e 10 -6, e una quota maggiore di pts ha mantenuto lo stato di MRD-neg nel corso del mantenimento. Più pts hanno mostrato una conversione positivo-negativo con Isa-VRD vs VRD, con un numero di conversioni che aumenta nel corso della terapia di mantenimento. Questi dati sono a supporto di un beneficio con l’aggiunta di Isa a VRd come terapia iniziale, così come l’aggiunta di Isa a Rd in fase di mantenimento in pts con NDMM non eleggibili a trapianto.

Quadro d’insieme

Lo studio di fase 3 IMROZ si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia dell’aggiunta di Isa (anticorpo monoclonale anti-CD38) ad una terapia standard per il paziente non eleggibile a trapianto, ovvero VRD. In particolare, in quest’analisi sono state valutare le dinamiche della MRD, che attualmente risulta essere il miglior predittore dell’outcome dei pts.

Analisi dei risultati

Secondo i dati riportati, si evince che il tempo mediano per ottenere una MRD-neg è risultato pari a 6.5 mesi in entrambi i bracci di trattamento, ma nella coorte comprensiva di Isa si è verificato un maggior tasso di conversione in corso di terapia rispetto a VRd. Inoltre, la PFS nei pazienti MRD-neg ad un qualsiasi timepoint in corso di terapia è risultata aumentata in modo significativo nei pazienti con IsaVRD vs VRd (HR 0.564, 95% Ci 0.325-0.979, p=0.0418). Un altro elemento molto importante da considerare è la quota di sustMRD-neg nel tempo, che è risulta-

1. MRD negatività sostenuta a ≥12, ≥24 e ≥36 mesi con sensibilità 10-5 (A) e 10-6 (B).

Figura

ta essere significativamente superiore con Isa-VRd a ≥12, ≥24 e ≥36 mesi, sia con sensibilità 10 -5 , che con sensibilità 10 -6 . Una volta ottenuta la sustMRD-neg, la PFS tende ad essere simile con entrambi i bracci. Una certa quota di pazienti che aveva ottenuto una MRD-neg dopo la fase iniziale ha avuto una conversione a MRD positiva, ma questo si è verificato 2-5 volte più frequentemente nel braccio VRd vs IsaVRd. Inoltre, i pazienti con conversione negativa-positiva hanno mostrato una PFS migliore per il braccio IsaVRd vs VRd (HR 0.236, 35%CI 0.089-0.624, p=0.0036.

Concetti chiave

L’aggiunta di Isa ha dimostrato di migliorare la performance della terapia con VRd e successivo mantenimento con Rd in termini di MRD, con un maggior numero di MRDneg a tutti i timepoint valutati, una maggior quota di sustMRDneg nel tempo, un maggior tasso di conversione positivo-negativo e un minor tasso di conversione negativo-positivo in corso di mantenimento. Secondo i dati precedentemente riportati, questa combinazione si è dimostrata sicura anche per pazienti particolarmente fragili ed anziani, e sulla base di questo studio è in attesa l’approvazione EMA per questa combinazione per pazienti con NDMM non eleggibili a trapianto.

Belantamab Mafodotin, Bortezomib,

and

Dexamethasone vs Daratumumab, Bortezomib, and Dexamethasone in relapsed/ refractory multiple myeloma: overall survival analysis and updated efficacy outcomes of the phase 3 Dreamm-7 trial

Hungria V, Robak P, Hus M, et al.

Abstract 772

I pazienti (pts) con mieloma multiplo (MM) vengono inizialmente trattati con regimi di combinazione a tre o quattro farmaci comprensivi di inibitore del proteasoma, immunomodulanti e anticorpi antiCD38. Tuttavia, la maggior parte dei pts con MM dopo una terapia iniziale vanno incontro a progressione e necessitano di successive combinazioni efficaci comprensive di classi di farmaci. Numerosi studi nei pts con MM ricaduto/refrattario hanno mostrato un vantaggio in termini di progressione libera da malattia (PFS); tuttavia, sarebbe importante confermare questo vantaggio anche in termini di sopravvivenza globale (OS), dato che l’OS tiene conto sia dell’efficacia che della sicurezza di un trattamento. Attualmente, i regimi comprensivi di daratumumab (DARA) sono largamente utilizzati in questo setting di pts poiché le triplette con DARA hanno mostrato un beneficio significativo in termi-

ni di PFS e OS rispetto alle doppiette corrispondenti senza DARA.

Belantamab mafodotin (Belamaf), un anticorpo coniugato al farmaco diretto con l’antigene di maturazione B cellulare, ha dimostrato, con un follow-up prolungato, di mantenere in modo sostenuto una risposta duratura e profonda con un agente singolo, grazie al suo meccanismo d’azione multimodale che include morte cellulare citotossica indotta dalla monometil auristatina F, citotossicità/fagocitosi cellulare dipendente dall’anticorpo, e morte cellulare immunogenica. Questo ha permesso di migliorare i risultati a lungo termine, inclusa la durata di risposta (DOR). Pertanto, noi prevediamo che belantamab mafodotin in combinazione con trattamenti standard possa mostrare un beneficio in termini di OS con maggior follow-up.

DREAMM-7 (NCT04246047) è uno studio globale, randomizzato 1:1, in aperto, di fase 3, che compara testa a testa l’efficacia e la sicurezza di 2 triplette –belamaf, bortezomib, e desmetasone (BVd) vs DARA, bortezomib, e desametasone (DVd) – in pts con MM in progressione dopo ≥1 precedente linea di terapia. L’obiettivo principale era la PFS valutata da un comitato di revisione indipendente. Gli obiettivi secondari comprendevano OS, DOR, la negatività della malattia minima residua (MRD) e il tempo tra la randomizzazione e la progressione di malattia dopo una successiva terapia anti mieloma o decesso per qualsiasi causa (PFS2) (Hungria et al. N Engl J Med 2024). In totale, 494 pts sono stati randomizzati a ricevere BVd (n=243) o DVd (n=251). Le caratteristiche basali erano bilanciate; globalmente, 51% dei pts avevano ricevuto 1 precedente linea di terapia, 52% erano stati esposti a lenalidomide, 34% erano refrattari a lenalidomide, e 28% avevano anomalie citogenetiche ad alto rischio. Ad un follow-up mediano di 28.2 mesi (range, 0.1-40.0 mesi), l’endpoint primario è stato raggiunto, con una PFS mediana (95% CI) di 36.6 mesi (28.4 mesi-non raggiunta [NR]) con BVd e 13.4 mesi (11.1-17.5 mesi) con DVd (hazard ratio [HR], 0.41; 95% CI, 0.31-0.53; P<.00001). BVd si è associato ad un maggior tasso di risposte complete o superiori con MRD negatività (25% vs 10%) e una DOR media favorevole (P<.001) rispetto a DVd. La DOR mediana (95% CI)

è stata pari a 35.6 mesi (30.5 mesi-NR) con BVd e 17.8 mesi (13.8-23.6 mesi) con DVd. I benefici ottenuti con BVd si sono mantenuti anche dopo terapie antimieloma successive, con un HR (95% CI) per la PFS2 mediana pari a 0.56 (0.41-0.76). I tassi di OS a 18 mesi con BVd vs DVd sono stati pari a 84% vs 73%, rispettivamente. Nonostante l’OS mediana fosse risultata NR in entrambi I bracci di trattamento alla prima analisi intermedia, si è dimostrata una forte tendenza in favore di BVd vs DVd, con un HR di 0.57 (95% CI, 0.400.80). Da notare che nello studio CASTOR l’OS mediana con DVd era pari a 49.6 mesi nei pts con una mediana di 2 precedenti linee di terapia. Verranno presentati i risultati della seconda analisi intermedia programmata del DREAMM-7, con un follow-up approssimativamente di 3.3 anni; questo provvederà ad ulteriori informazioni sui potenziali benefici di BVd e includerà aggiornamenti sulla profondità di risposta, DOR, tasso di MRD negatività e PFS2. Lo studio DREAMM-7, che confronta testa a testa BVd e DVd ha dimostrato un beneficio statisticamente significativo con BVd nei pts con MM ricaduto/refrattario che hanno ricevuto ≥1 precedente linea di terapia. BVd ha anche permesso di ottenere risposte più profonde e una DOR più duratura. Considerando che erano già stati riscontrati dei precoci benefici significativi in termini di OS con BVd, ci si aspettano risultati di OS aggiornati in grado di cambiare la pratica clinica, i quali saranno presentati ad ASH 2024. Questi risultati, nel loro complesso, sono a supporto di un potenziale nuovo standard di trattamento con BVd in pts con MM alla prima ricaduta o nelle linee successive.

Quadro d’insieme

Con l’introduzione combinazioni di terapie a più farmaci nella prima linea di trattamento del MM, fin dalla prima ricaduta di malattia i pts con uno stadio di refrattarietà tendono ad essere sempre più numerosi, con la necessità di utilizzo di nuove molecole. Questo studio ha messo a confronto la combinazione DVd con BVd, considerando che DARA attualmente viene largamente utilizzato in prima linea, introducendo una nuova classe di farmaci in pts dalla prima ricaduta.

Analisi dei risultati

I benefici di BVd rispetto a Dvd in termini di PFS e DOR erano già stati precedentemente riportati. Con questa seconda analisi eseguita al follow-up mediano di 39.4 mesi, l’OS è risultata non raggiunta (NR) in entrambi i bracci, pari a 74% e 60% a 36 mesi con BVd e DVd, rispettivamente (HR 0.58, 95% CI 0.430.79, p=0.00023); la previsione ottenuta con un modello è di 84 mesi con BVd e 51 mesi con DVd. Questi dati confermano quindi un vantaggio statisticamente significativo per BVd anche in termini di sopravvivenza globale. Questo è un dato molto importante perché rappresenta la vera efficacia del

trattamento a lungo termine e rispecchia anche la tossicità. Difatti, il profilo di sicurezza è stato molto simile fra le due combinazioni, BVd ha mostrato un lieve incremento degli AEs che hanno determinato la sospensione del trattamento (19% vs 14%), ma nel braccio DVd si è verificato un maggior numero di decessi, influenzato prevalentemente dai decessi legati alla neoplasia. Sicuramente va segnalata la tossicità oculare legata a belamaf, nota fin dal suo utilizzo nei pts con RRMM, che si è presentata nel 68% dei pts e ha portato a sospensione del farmaco nel 10% dei pts. Per mitigare tale effetto avverso, in molti pts è stato ridotto il dosaggio e aumentato

(95% CI)

Figura 1. Sopravvivenza globale (OS) per i pazienti trattati con BVd vs DVd, follow-up mediano 39.4 mesi.

l’intervallo fra le somministrazioni di belamaf; portando ad una progressiva riduzione dell’incidenza di tossicità oculare e del tasso di sospensione, senza inficiare l’efficacia del trattamento in termini di mantenimento della risposta. Inoltre, anche la PFS2 è risultata positivamente influenzata da BVd, risultata NR vs 33.4 mesi (HR 0.59, 95% CI 0.45-0.77).

Concetti chiave

La combinazione BVd ha dimostrato di migliorare in modo significativo l’OS rispetto a DVd in pts con RRMM dopo almeno una linea di terapia. I benefici di BVd sono mantenuti anche con la successiva linea di terapia, con una PFS2 statisticamente superiore. Sicuramente va tenuto conto della tossicità oculare legata a belamaf, che si è però dimostrata maneggevole con riduzioni di dose e schedula. La metà dei pts avevano eseguito solo una precedente linea di terapia, il che favorirà l’utilizzo di questa tripletta fin dalla prima ricaduta.

Phase 3 randomized study of Daratumumab monotherapy versus active monitoring in patients with high-risk smoldering multiple myeloma: primary results of the Aquila

Dimopoulos M-A, Voorhees PM, Schjesvold F, et al.

Abstract 773

Introduzione. Il Mieloma Multiplo smoldering (SMM) ad alto rischio è un disturbo asintomatico che precede il Mieloma Multiplo Attivo (MM) e non ha opzioni di trattamento approvate. Tuttavia, le recenti evidenze suggeriscono che i pazienti (pts) ad alto rischio di progressione a MM potrebbero beneficiare di un trattamento precoce. Daratumumab (DARA) è un anticorpo monoclonale umano IgG anti-CD38, con un’azione diretta sulle cellule neoplastiche e un’azione immunomodulante. DARA è approvato come monoterapia per i pts con MM ricaduto/refrattario (RRMM) e in combinazione con regimi standard per RRMM e MM di nuova diagnosi. Sulla base dei dati incoraggianti di ’attività e tollerabilità con DARA in monoterapia in pts con SMM a rischio intermedio o alto nello studio di fase 2 CENTAURUS, lo studio di fase 3 AQUILA ha tentato di valutare se DARA può ritardare la progressione a MM rispetto al monitoraggio attivo. Qui verrà riportata l’analisi primaria dello studio AQUILA.

Metodi. Sono risultati eleggibili i pts con SMM ad alto rischio da ≤5 anni, definita dalla presenza di ≥10% di plasmacellule clonali midollari (BMPCs) e ≥1 fattore di rischio (componente monoclonale sierica ≥30 g/L, SMM IgA, immunoparesi con riduzione di 2

isotipi di Ig non coinvolte, rapporto delle catene leggere libere sieriche coinvolte/non coinvolte ≥8 e <100, e/o BMPCs clonali >50% e <60%). Allo screening sono state valutate eventuali lesioni focali o litiche con CT e MRI revisionate centralmente. I pts sono stati randomizzati 1:1 a ricevere DARA SC vs monitoraggio attivo. DARA (QW nei cicli 1 e 2, Q2W nei cicli 3-6, e poi Q4W) è stato somministrato in cicli di 28 giorni fino 39 cicli, 36 mesi o progressione, a seconda di quale evento si verificasse per primo. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da malattia (PFS), definita come progressione a MM attivo valutata da un comitato di revisione indipendente e secondo i criteri diagnostici IMWG per MM (SLiM-CRAB), o morte. Gli endopoints secondari maggiori erano il tasso di risposte globali (ORR), la PFS con la terapia di prima linea per MM (PFS2) e la sopravvivenza globale (OS). Risultati. Sono stati randomizzati 390 ptsi (DARA, n=194; monitoraggio attivo, n=196). L’età mediana (range) (64 [31-86] anni) e il tempo dalla diagnosi iniziale di SMM alla randomizzazione (0.72 [0-5.0] anni) erano bilanciati fra i due gruppi. La durata mediana del trattamento nel gruppo DARA è stata di 38 cicli (35.0 mesi). Al follow-up mediano (range) di 65.2 (0-76.6) mesi, la PFS è risultata significativamente aumentata con DARA rispetto al monitoraggio (HR, 0.49; 95% CI, 0.36-0.67; P <0.0001). La PFS mediana non è stata raggiunta nel gruppo DARA, vs 41.5 mesi con il monitoraggio; la PFS stimata a 60 mesi è stata pari a 63.1% vs 40.8%, rispettivamente. La PFS è risultata positivamente influenzata da DARA in tutti i sottogruppi analizzati. L’ORR è stata pari al 63.4% con DARA vs 2.0% con monitoraggio (P <0.0001). Al momento dell’analisi, 64 (33.0%) pts nel gruppo DARA e 103 (52%) pts nel gruppo di monitoraggio hanno iniziato una terapia di prima linea per MM. Il tempo mediano dalla randomizzazione all’inizio della terapia di prima linea per MM è risultato non raggiunto per DARA vs 50.2 mesi nel monitoraggio (HR, 0.46; 95% CI, 0.33-0.62; P <0.0001). Si è evidenziata una tendenza in favore di DARA relativamente a PFS2 (HR, 0.58; 95% CI, 0.35-0.96) e OS (OS a 60 mesi: DARA, 93.0%; monitoraggio, 86.9%; HR, 0.52; 95% CI, 0.27-0.98). Sono stati osservati 4 decessi, 15 nel gruppo DARA e 26 nel gruppo monitoraggio. Eventi av-

versi di grado 3/4 emersi in corso di trattamento (TEAEs) si sono verificati in 40.4% e 30.1% dei pts del gruppo DARA e monitoraggio, rispettivamente. Il TEAE di grado 3/4 più comune (≥5% in almeno un gruppo) è stato l’ipertensione (DARA, 5.7%; monitoraggio, 4.6%). La frequenza di TEAEs che hanno determinato una sospensione di DARA è stata bassa (5.7%), così come l’incidenza di TEAEs fatali in entrambi i gruppi (DARA, 1.0%; monitoraggio, 2.0%).

Conclusioni. DARA in monoterapia è stato ben tollerato e ha mostrato nei pts con SMM ad alto rischio un beneficio significativo e rilevante nel prevenire o ritardare la progressione a MM attivo in confronto al monitoraggio attivo. L’ORR è stata significativamente maggiore e il tempo alla terapia di prima linea per MM è risultato prolungato con DARA rispetto al monitoraggio. A questo si è aggiunta una tendenza a favore di DARA per PFS2 e OS. Questi risultati supportano in modo forte il beneficio di un trattamento precoce con DARA in monoterapia rispetto ad un monitoraggio attivo, che rappresenta attualmente lo standard, nei pts con SMM ad alto rischio.

Quadro d’insieme

Lo studio AQUILA è il più grande studio randomizzato di fase 3 volto a valutare i vantaggi di un approccio interventistico con DARA vs osservazione. Il tempo mediano intercorso tra la prima diagnosi di SMM e l’arruolamento è stato inferiore a un anno, riducendo il rischio di ottenere dei dati falsati da una lunga storia di malattia in forma asintomatica.

Analisi dei risultati

Va sottolineata la capacità di arruolare un numero così grande di pts, considerando la difficoltà di studiare questa popolazione per la rarità della condizione rispetto ai pts con MM attivo e il fatto che questi pts non sarebbero candidati a trattamento. Di contro, per identificare i pts ad alto rischio sono stati utilizzati dei criteri non aggiornati, poiché al momento del disegno dello studio non erano ancora stati redatti i criteri Mayo del 2018 (presenza di 2 o 3 elementi tra BMPCs >20%, componente monoclonale sierica >2 g/dL, rapporto tra catena leggera coinvolta e non coinvolta >20), correntemente

utilizzati oggi. Rivalutando i pts secondo questi criteri, si evince che il 37.2% nel gruppo DARA e il 43.9% nel gruppo di monitoraggio mantenevano la definizione di alto rischio. I dati riportati hanno mostrato un netto vantaggio nell’utilizzo di DARA in termini di PFS, mantenuto in tutti i sottogruppi analizzati

e particolarmente evidente per i pts con alto rischio secondo i criteri Mayo 2018. In questi, la PFS mediana nel braccio DARA è risultata essere non raggiunta rispetto a 22.1 mesi nel braccio di monitoraggio attivo, con una riduzione del rischio di progressione o morte pari a 64%. Questi risultati sono stati otte -

Figura 1. Progressione a MM attivo secondo i criteri IMWG SLiM-CARB: l’analisi in sottogruppi prespecificati, inclusa la classificazione del rischio secondo i criteri Mayo 2018, ha mostrato un vantaggio in tutte le categorie per il trattamento con DARA.

Subgroup Disease

Baseline renal function

nuti al prezzo di una tossicità maneggevole e non inficiata dall’utilizzo di DARA, se si escludono le infezioni, che nella maggior parte dei casi sono state gestibili e di breve durata. DARA è stato in grado di posticipare un eventuale progressione a MM attivo, con una riduzione del rischio di progressione del 51%, e di influire positivamente su PFS2 e OS, seppure il follow-up mediano al momento sia ancora troppo breve per poterlo stabilire in modo statisticamente significativo. Il regime di terapia più utilizzato al momento dell’evoluzione a MM è stato VRd (29.7% nel braccio DARA e 27.6% nel braccio di controllo), seguita da diversi regimi comprensivi di antiCD38 (25% nel braccio DARA e 33.3% nel braccio di confronto).

Concetti chiave

Fino ad ora le evidenze scientifiche non hanno permesso di determinare un chiaro vantaggio nell’utilizzo di trattamenti precoci in pts con SMM ad alto rischio. Tuttavia, la progressione a MM attivo spesso può portare a un danno d’organo anche irreversibile, con un peggioramento del performance status. I dati riportati da questo studio potrebbero permettere di aprire la strada ad un possibile trattamento precoce utilizzando un farmaco moderno, efficace nell’ottenere risposte durature e nel ritardare l’insorgenza di MM attivo. Potrebbe essere utile avere maggiori dati sul riutilizzo di un anti-CD38 in pts già esposti a DARA, dato che questi farmaci fanno parte delle terapie standard per i pts con MM di nuova diagnosi eleggibili o meno a trapianto. Dati più aggiornati con un follow-up più lungo permetteranno di dare risposte più solide in termini di OS.

The IFM2017- 03 phase 3 trial:

A Dexamethasone sparing-regimen

with Daratumumab and Lenalidomide for frail patients with newly-diagnosed multiple myeloma

Abstract 774

Background. I pazienti (pts) anziani con Mieloma Multiplo di nuova diagnosi (NDMM) possono avere una fitness eterogenea e diversa tolleranza al trattamento. I pts fragili sviluppano più facilmente eventi avversi che determinano un più alto tasso di sospensione della terapia. L’utilizzo di desametasone a lungo termine è associato a multipli effetti collaterali, soprattutto nei pts anziani e fragili. Nello studio di fase 3 IFM2017-03 (NCT03993912) viene valutata l’efficacia e la sicurezza di Daratumumab e Lenalidomide (DR) senza desametasone a lungo termine in confronto a lenalidomide e desametasone (Rd) in una popolazione di pta fragili con NDMM. Metodi. IFM2017-03 è uno studio prospettico, randomizzato, in aperto, eseguito in 90 centri IFM. I pts con NDMM con età superiore a 65 anni e con uno score di fragilità ECOG ≥ 2 sono stati randomizzati 1:2 a ricevere lenalidomide (25mg/d, 21/28) e desametasone (20mg QW) – braccio Rd – o daratumumab (1800mg SC QW per 8 settimane, Q2W per 16 settimane e Q4W successivamente), lenalidomide (25mg/d, 21/28) e 2 cicli di desametasone (20mg QW per 8 settimane) – braccio DR – in cicli di 28 giorni, fino a progressione o tossicità inaccettabile. La randomizzazione è stata stratificata per ISS ed età. L’obiettivo primario era la sopravvivenza libera da malattia (PFS). Gli obiettivi secondari erano il tasso di

risposte globali, il tasso di risposte superiori o uguali a VGPR, la sopravvivenza globale (OS) e l’evenienza di eventi avversi di grado 3 o superiore. Risultati. In totale, sono stati randomizzati 295 pts (200 nel braccio DR e 95 nel braccio Rd). L’età mediana era 81 anni (range 68-92), con 84% di pts con età ≥75 anni e 61% ≥80 anni. Le caratteristiche demografiche e di malattia basali erano ben bilanciate tra i due gruppi. Al momento dell’analisi, con un follow-up mediano di 40 mesi (95% CI, 38.5-41.7), 79 (42%) e 16 (17%) nei bracci DR e Rd erano ancora in corso di trattamento, rispettivamente. La durata mediana di terapia è stata di 34.5 mesi (95% CI, 28.340.9) nel braccio DR e 14.3 mesi (95% CI, 10.8-20.6) nel braccio Rd. Il tasso di risposte globali è stato pari a 92% con DR e 85% con Rd (p=0.025). La PFS mediana è stata di 48.5 mesi (95% CI, 35,1-NR) nel braccio DR vs. 21.5 mesi (95% CI, 16.2-36.0) nel braccio Rd, HR 0.51 (95% CI, 0.37-0.71), log-rank p<0.0001. Il beneficio in termini di PFS si è confermato in tutti

i sottogruppi di età, ECOG, Charlson, ISS, rischio citogenetico e clearance della creatinina. L’OS mediana non è stata raggiunta nel braccio DR (95% CI, 53.4-NR) vs. 36.0 mesi nel braccio Rd, HR 0.46 (95% CI, 0.31-0.69), log-rank p=0.0001. In 88% e 77% dei pts nei bracci DR e Rd, rispettivamente, si è verificato almeno un evento avverso (AE) (grado ≥3). I pts nel gruppo DR hanno mostrato più AE ematologici di grado ≥3 con neutropenia (DR 62%, Rd 33%) ma un simile tasso di infezioni di grado ≥ 3, pari a 18% per DR e 19% per Rd. Tra i pts che hanno sviluppato infezioni, 5% in DR e 7% in Rd hanno avuto polmonite. Le sospensioni della terapia dovute a AEs sono state simili tra i due bracci (28% in DR e 34% in Rd). La qualità di vita basale relata alla salute (HRQoL) è risultata ben bilanciata tra i due bracci. Il gruppo DR ha mostrato un tempo significativamente inferiore per il raggiungimento di un miglioramento clinicamente rilevante rispetto a Rd in tutti i campi del QLQ-C30.

Figura 1. Overall survival (OS), dopo un follow-up mediano di 46.3 mesi, nei due bracci di terapia: OS stimata a 4 anni pari a 68% per DR e 48% per Rd.

OS rates

median NR

median: 47.2 mo

Conclusione. Il protocollo IFM2017-03 è il primo studio di fase 3 dedicato a pts fragili. Ha mostrato una significativa riduzione del rischio di progressione o morte pari a 49% con DR (regime con risparmio di desametasone) rispetto a Rd, con un profilo di sicurezza favorevole e un HRQoL migliorato.

Quadro d’insieme

I pts anziani e fragili con NDMM spesso non vengono adeguatamente rappresentati nei protocolli sperimentali, e costituiscono una sfida per quanto riguarda le terapie, che spesso possono essere gravate da maggiori tossicità. Con questo studio si vuole valutare se la riduzione al minimo della terapia steroidea, sostituita con un farmaco più innovativo e potente, ovvero daratumumab, possa determinare un miglioramento del profilo di tossicità, mantenendo l’efficacia.

Analisi dei risultati

Sulla base dei dati dello studio MAIA (Facon et al., NEJM, 2019) una delle opzioni terapeutche di prima scelta nel paziente con NDMM non eleggibile a trapianto è rappresentata da Daratumumab, lenalidomide e desametasone; per i pts più fragili la combinazione Rd rimane una valida alternativa, sulla base dello studio FIRST (Benbouker et al., NEJM, 2014). In questo studio è stata arruolata un’importante quota di pts non solo anziani, ma anche particolarmente fragili per età ≥80 anni (circa il 60%), o per ECOG score o Charlson comorbidity index elevati (circa il 40-50%).

Questo studio ha dimostrato che DR con l’aggiunta di desametasone solo nei primi 2 cicli presenta una maggior efficacia di Rd, con un profilo di tossicità sovrapponibile. Infatti, al follow-up mediano aggiornato di 46.3 mesi, la PFS è risultata pari a 53.4% vs 22.5% (HR 0.51, 95% CI 0.37-0.7, p<0.0001) con DR e Rd, rispettivamente. Tale beneficio in termini di PFS con DR si è mantenuto in tutte le sottocategorie analizzate, inclusi i pts molto fragili per età o score di fragilità. DR si è dimostrato addirittura in grado di migliorare l’OS, la cui proiezione a 4 anni è risultata pari a 68% vs 48% con Rd (HR, 0.52, 95% CI 0.35-0.77, p=0.0001). Questo è stato possibile grazie ad un profilo di tossicità sovrapponibile tra i due bracci di trat-

tamento, incluso il tasso di infezioni e di polmoniti; solo la tossicità ematologica è stata leggermente superiore per DR (62% vs 34%), ma con un sovrapponibile tasso di discontinuazione del trattamento (30% vs 34%).

Concetti chiave

Nei pts fragili con NDMM è molto importante bilanciare l’efficacia di un trattamento con i possibili eventi avversi che possono essere amplificati a causa dell’età e delle comorbidità. Spesso nella pratica clinica si tende a ridurre il dosaggio o sospendere alcuni farmaci per migliorare il profilo di tossicità, senza però la sicurezza di mantenere una buona efficacia. La dimostrazione che un regime praticamente privo di desametasone possa ridurre la quota di sospensione del trattamento ed essere più efficace con addirittura un miglioramento della sopravvivenza globale rispetto ad una doppietta comprensiva di steroide, aprirà le porte ad un enorme cambiamento nell’approccio a questa categoria di pts.

Efficacy and safety with extended follow-up in a phase 1 study of BMS -986393, a G Protein-Coupled Receptor Class C

Group 5 Member D (GPRC5D)-targeted CAR T Cell therapy, in patients (pts) with heavily pretreated Relapsed/Refractory ( RR) Multiple Myeloma ( MM )

Bal S, Anderson LD, Nadeem O, et al.

Abstract 922

Introduzione. Molti pts con MM che eseguono terapia andranno incontro a ricaduta o non otterranno una risposta, anche con terapia diretta contro l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA). I pts con RRMM hanno dei tassi di sopravvivenza subottimali, che peggiorano ad ogni linea di trattamento; per questo sono necessarie nuove classi di farmaci. BMS-986393 è una terapia cellulare con recettore antigenico chimerico (CAR) T autologo diretto contro GPRC5D, un target promettente per nuove terapie per il MM. Dati iniziali da uno studio di fase 1 in pts con RRMM pesantemente pretrattati hanno suggerito che una singola infusione di BMS-986393 sia efficace con un profilo di sicurezza favorevole. Alla dose raccomandata per la fase 2 (RP2D; 150 × 10 6 cellule CAR T), il tasso di risposte globali (ORR) è stato pari al 91%, e il tasso di risposte complete pari al 48% (Bal et al, ASH 2023). Di

seguito verranno riportati i risultati di un ulteriore follow-up.

Metodi. I pts inclusi avevano ricevuto ≥ 3 linee di terapia anti-MM comprensive di un PI, un IMiDs e un anti-CD38, e trapianto autologo (se eleggibili); eventuale precedente terapia diretta contro BCMA (inclusi CAR T) era permessa. Dopo lo screening e la leucoaferesi (una terapia ponte non era obbligatoria), i pts hanno eseguito chemioterapia linfodepletante seguita da una singola infusione di BMS-986393 (25–450 × 106 cellule CAR T). L’obiettivo primario era la sicurezza.

Risultati. Al 20 maggio 2024, 84 pts hanno ricevuto BMS-986393, 26 alla RP2D. L’età mediana era di 63 anni (range 39-80); 51% erano uomini, 67% erano di razza bianca e 17% di razza nera o afro-americani. 42% avevano un alto rischio citogenetico (del[17p], t[4;14], e/o t[14;16]), 55% gain/amp 1q21, e 45% malattia extramidollare. I pts avevano ricevuto una mediana di 5 precedenti linee di terapia (range 3-15); 49% erano stati trattati con terapie anti-BCMA (BCMA-TT), inclusi CAR T anti-BCMA in 38% dei pts. 76% erano triplo-refrattari e 35% penta-refrattari. Con tutti i dosaggi, eventi avversi (AEs) emersi in corso di trattamento (TR) si sono verificati in 94% dei pts; 71% hanno presentato un TRAE grado (G) 3/4, ed è stato riscontrato un decesso legato a TRAE (sindrome da rilascio di citochine [CRS]) tra i pts trattati con la dose di 450 × 106 . Globalmente, 69 pts (82%) hanno presentato una CRS (66 di G1/2); in tutti tranne un paziente (G5) è andata incontro a risoluzione. 3 pts hanno sviluppato una sindrome da attivazione macrofagica/linfoistiocitosi emofagocitica (G3), nessuno dei quali con la RP2D. Sono stati osservati alcuni AEs neurologici relati al trattamento, inclusa la neurotossicità associata alle cellule immuno-effettrici (ICANS) e altre neurotossicità selezionate vertigini, atassia, neurotossicità, disartria e/o nistagmo). L’ICANS si è verificata in 8 (10%) pts (2 di G3) e in 7 si è risolta. Altre neurotossicità si sono verificate in 10 pts (12%); 5 (6%) di G3 (il resto G1/2); queste sono risultate legate alla dose ricevuta. TRAEs on-target/off-tumor a livello di unghie, cute e cavo orale si sono verificate in 19%, 30% e 31% dei pts, rispettivamente. Cinque pts hanno mostrato perdi-

ta di peso TR (tutti di grado 1/2), e sono state riscontrate infezioni in corso di trattamento in 42 pts (50%; 14 pts di G3/4).

Dopo un follow-up mediano di 14.6 mesi (range 2.825.2 mesi) con 79 pts valutabili per l’efficacia, l’ORR si è mantenuta a 87% (91% per la RP2D). Considerando le caratteristiche di malattia, l’ORR è stata 84% nei pts con alto rischio citogenetico (26/31), 87% nei triplo-refrattari (52/60), 79% nei pts precedentemente trattati con BCMA-TT (30/38) e 86% per i pts con malattia extramidollare (31/36). Relativamente ai pts valutabili per malattia minima residua (MRD) e con una risposta ≥CR, l’88% (22/25) è risultato MRD negativo (sensibilità 10 −5; a qualsiasi timepoint da 3 mesi prima di ottenere la risposta ≥CR fino alla progressione o al decesso). Di 69 risposte, 33 (48%) erano ancora mantenute al momento dell’analisi. La PFS mediana è stata di 14.5 mesi (95% CI 11.8–20.8). Con tutti i dosaggi si è riscontrata un’espansione cellulare dose-dipendente e tutti i dosaggi hanno ridotto costantemente i livelli di BCMA solubile.

Conclusioni. Dopo il maggior follow-up registrato per un trattamento CAR T diretto contro GPRC5D, BMS-986393 ha mostrato un elevato tasso di risposte durature, che diventato più profonde nel tempo. Si sono riscontrati elevati tassi di risposta indipendentemente dalle caratteristiche di malattia, inclusi pts mai esposti o precedentemente esposti a BCMA-TT, alto rischio citogenetico, triplo-refrattari e malattia extramidollare. I risultati a lungo termine sulla sicurezza hanno mostrato un profilo maneggevole in termini di tossicità on target/off tumor e neurotossicità, e il rischio di infezioni potrebbe essere inferiore rispetto ad alcune BCMA-TT. Questi dati supportano l’utilizzo di BMS-986393 come potenziale trattamento nei pts con RRMM pesantemente pretrattato, come si sta valutando nello studio di fase 2 QUINTESSENTIAL, attualmente in corso (NCT06297226). Nella presentazione verranno mostrati i dati aggiornati dopo un follow-up di circa 18 mesi, comprensivi dei primi dati di sopravvivenza globale.

1. Sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti trattati con Arlo-cel, sulla base della precedente esposizione a terapie anti-BCMA.

Figura

Quadro d’insieme

Con l’aumento della quota di pts refrattari a numerose classi di farmaci, incluse immunoterapie antiBCMA, nelle fasi avanzate di malattia, aumenta la necessità di trattamenti diretti verso nuovi target. BMS-986393 (ora arlocabtagene-autoleucel, Arlocel) è un CAR-T anti-GPRC5D, di cui si riportano i dati della parte di dose escalation dello studio di fase 1.

Analisi dei risultati

Si sottolinea che la produzione di Arlo-cel ha avuto successo in tutti i pts arruolati, e che solo 2 pts non hanno effettivamente eseguito l’infusione (1 per ritiro del consenso e 1 per altre ragioni). La tossicità è stata maneggevole, con una bassa incidenza di CRS, ICANS o altre neurotossicità di grado elevato. Da segnalare la presenza di AEs on target/off tumor legata alla presenza di GPRC5D nella cute e nei tessuti cheratinizzati, in grado di impattare sulla qualità di vita dei pts anche se di basso grado; questa si è presentata nel 20-30% dei pts circa, sempre di G1/2. Alla RP2D, l’ORR è stata molto elevata, 91%, con 48% di risposte ≥CR; quello che è interessante notare è che il tasso di risposte si mantiene elevato anche in pts ad alto rischio citogenetico, malattia extramidollare, triplo-refrattari e già esposti a BCMA-TT. I dati di sopravvivenza apparentemente non si discostano particolarmente da quanto riscontrato con altre BCMATT, ma è importante notare che la stessa efficacia in termini di PFS viene mantenuta anche in pts già esposti a BCMA-TT, il che rende Arlo-cel un’ottima opzione da utilizzare dopo tali trattamenti.

Concetti chiave

Arlo-cel è un CAR-T anti-GPRC5D molto promettente che potrebbe entrare a far parte del panorama delle immunoterapie per RRMM, soprattutto per pts già esposti a BCMA-TT, per i quali le opzioni terapeutiche efficaci sono scarse.

Phase 2 Registrational

study of anitocabtagene autoleucel for the treatment of patients with relapsed and/or refractory multiple myeloma: preliminary results from the IMMagine-1 trial

Freeman CL, Dhakal B, Kaur G, et al.

Abstract 1031

Background. Anitocabtagene autoleucel (anitocel, in precedenza CART-ddBCMA) è un recettore antigenico chimerico (CAR) delle cellule T autologo diretto contro l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) con un nuovo ligando D-domain, in corso di sviluppo in pazienti (pts) con mieloma multiplo ricaduto e/o refrattario (RRMM). I risultati dallo studio di fase 1 in pts con RRMM trattati con ≥3 precedenti linee di (LoT; 4+; N=38) hanno dimostrato un tasso di risposte globali (ORR) del 100%, risposte complete (CR)/CR stringenti (sCR) pari a 76%, e un tasso di sopravvivenza libera da malattia (PFS) stimato a 24 mesi pari a 56% (Frigault MJ, et al. ASH 2023). In questa relazione verranno presentati i risultati iniziali dello studio registrativo di fase 2 IMMagine-1 (NCT05396885).

Metodi. Sono stati arruolati pts triplo-esposti, ≥18 anni con RRMM progredito dopo ≥3 precedenti LoT, con malattia misurabile e refrattari all’ultima LoT. In seguito a leucoaferesi, terapia ponte opzionale e produzione di anito-cel, i pts hanno ricevuto chemioterapia linfodepletante (fludarabina 30 mg/m2 /d e ciclofosfamide 300 mg/m2 /d per 3 giorni) e una singola infusione di anito-cel (dose target 115×10 6

cellule T CAR+ vitali). L›obiettivo primario dello studio era valutare l’efficacia di anito-cel, mediante ORR (sCR, CR, risposta parziale di ottima qualità [VGPR], e risposta parziale [PR]), stabilita da un comitato indipendente di revisione. Gli indicatori di efficacia sono stati valutati utilizzando i criteri dell’ International Myeloma Working Group (IMWG) del 2016, la malattia minima residua (MRD) è stata determinata mediante next-generation sequencing (soglia di sensibilità, 10 -5), la tossicità è stata gradata utilizzando la versione 5.0 dei Common Terminology Criteria for Adverse Events, e la sindrome da rilascio citochinico (CRS) e la sindrome da neurotossicità associata alle cellule effettrici della risposta immune (ICANS) sono state gradate utilizzando i criteri della Società Americana di Trapianto e Terapia Cellulare. Quest’analisi preliminare dei pts con ≥2 mesi di follow-up dopo infusione di anito-cel riporta i risultati della valutazione dell’efficacia e della sicurezza effettuata dagli investigatori.

Risultati. Al primo giugno 2024, 58 pts avevano ricevuto anito-cel con almeno 2 mesi di follow-up dall’infusione; il follow-up mediano è stato di 10.3 mesi (range, 2.0-17.8). L’età mediana era di 66 anni (range, 38-77). I pts avevano ricevuto una mediana di 3 precedenti LoT. 40 pts (69%) erano triplo-refrattari e 20 (34%) penta-refrattari. L’ORR determinata dagli sperimentatori è stata pari a 95% (55/58) con un tasso di CR/sCR pari a 62% (36/58). Tra i pts valutabili per MRD (n=39), 36 (92%) hanno ottenuto una MRD negatività con sensibilità almeno di 10 -5. La PFS e l’OS stimate a 6 mesi con Kaplan–Meier (95% CI) sono state pari a 90% (77-96) e 95% (85-98), rispettivamente; la PFS e l’OS mediana non sono state raggiunte. La CRS di qualsiasi grado (Gr) si è verificata in 49 pts (84%). Da notare che in 46 pts (79%) non si è verificata nessuna CRS (n=9, 16%) o hanno mostrato una CRS di Gr 1 (n=37, 64%). In aggiunta, la CRS di Gr 2 si è verificata in 11 pts (19%), e 1 pt (2%) ha mostrato una CRS Gr 5. La mediana di insorgenza della CRS è stata di 2 giorni (range, 1-17) con una durata mediana di 3 giorni (range, 1-9). Da sottolineare che 31 pts (53%) non hanno presentato né febbre né CRS nei primi 3 giorni dall’infusione di anito-cel. Un’ICANS di qualsiasi Gr si è verificata in 5 pts (9%): 2 (3%)

Gr 1, 2 (3%) Gr 2, and 1 (2%) Gr 3. Il tempo mediano di insorgenza di ICANS è stato di 5 giorni (range, 2-7) con una durata mediana di 6 giorni (range, 1-10); tutti i casi si sono risolti senza reliquati. Non è stato osservato nessun evento di neurotossicità tardiva, paralisi dei nervi cranici, sindrome di Guillain Barre o sintomi simil-parkinsoniani. I principali eventi avversi (AEs) di Gr ≥3 emersi in corso di trattamento sono stati le citopenie; 36 pts (62%) hanno presentato neutropenia Gr ≥3, 15 (26%) piastrinopenia Gr ≥3, e 15 (26%) anemia Gr ≥3. Si sono verificati 3 decessi dovuti a AEs (sia relati che non relati; emorragia retroperitoneale, CRS, infezione fungina).

Conclusioni. I risultati preliminari dei primi 58 pts dello studio di fase 2 IMMagine-1 hanno dimostrato un’efficacia profonda e duratura e un profilo di sicurezza maneggevole in una popolazione di pts con RRMM ad alto rischio 4L+ comprensiva di triplo- e penta-refrattari. Da sottolineare che non si sono verificati eventi di neurotossicità tardiva, paralisi dei nervi cranici, sindrome di Guillain Barre o sintomi simil-parkinsoniani nello studio di fase 1 e di fase 2 IMMagine-1. Verranno presentati ulteriori dati aggiornati con maggior follow-up.

Quadro d’insieme

Sulla base dei risultati dello studio di fase 1, è stato eseguito questo studio di fase 2 per valutare un nuovo costrutto di CAR-T anti BCMA, ovvero anito-cel, che con il suo D-domain di piccole dimensioni, richiede una minor dose di cellule infuse, ha un’ottima stabilità e dovrebbe agire sulle cellule tumorali senza determinare infiammazione prolungata.

Analisi dei risultati

Sono stati arruolati 117 pts, di cui 98 valutabili per la sicurezza e 86 per l’efficacia, tutti pesantemente pretrattati e refrattari a più classi di farmaci. In questa popolazione, che al momento risulta la più difficile da trattare, il tasso di risposte è stato sorprendente, pari al 97%, con 93% (n=54/58 nei dati riportati al meeting) di MRD-neg nei pts valutabili. Le risposte sono state anche estremamente rapide, con una mediana per la prima risposta e per l’MRD negatività di 1 mese. I dati di sopravvivenza non sono anco -

Tabella 1. Tasso di PFS e OS stimato con Kaplan-Meier.

ra maturi per un’adeguata valutazione, ma apparentemente molto promettenti, con una PFS e OS a 12 mesi pari a 78.5% e 96.5% rispettivamente. Con le terapie CAR-T l’attenzione va sempre posta sulla tossicità. Per quanto riguarda la CRS è stata piuttosto frequente, 83%, ma sempre di Gr 1/2 con un solo evento di Gr 5; il tasso di ICANS invece è stato piuttosto basso, con un solo evento di Gr 3, e nessuna neurotossicità tardiva, talvolta riscontrata con altri costrutti e sulla quale si pone particolare attenzione. Relativamente alle altre tossicità, come atteso le più frequenti di Gr 3/4 sono state le citopenie, ma i pts deceduti per TEAEs sono stati solo 3.

Concetti chiave

Il panorama dell’immunoterapia nel MM è in forte crescita, e per ottimizzare l’efficienza si stanno producendo costrutti sempre più perfezionati. In questo contesto, è stato sviluppato Anito-cel, che grazie al suo D-domain ha tutte le carte in regola per rappresentare una nuova valida alternativa alle terapie con CAR-T attualmente disponibili, e i dati lo dimostrano. Infatti, i dati di risposta sono estremamente positivi e la tossicità appare più maneggevole e praticamente sempre di basso grado.

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