Telemedicina 34
Come investire in una medicina non limitata dalla distanza, ra orzando i princìpi di eguaglianza e universalità del Servizio sanitario nazionale
Come investire in una medicina non limitata dalla distanza, ra orzando i princìpi di eguaglianza e universalità del Servizio sanitario nazionale
Durante il suo percorso, lungo ormai otto anni, il gruppo di lavoro Forward ha già incrociato il tema della telemedicina. Oggi, tuttavia, abbiamo pensato che meritasse un approfondimento speci co. Lo abbiamo fatto partendo da un confronto diretto con chi, nell’ambito della sanità digitale, se ne sta occupando con un ruolo istituzionale – l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – per conto del Servizio sanitario nazionale, anche in funzione degli investimenti derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Anche questa volta la contaminazione con altre professionalità e l’analisi delle criticità associate agli scenari innovativi di un cambiamento che impone una nuova gestione e un nuovo governo delle cure non è stato vano. Le pagine che seguono cercano di raccontare in modo disincantato quanto e ettivamente potremmo guadagnare da una medicina e un’assistenza che non vengono limitate dalla distanza. Dovendo necessariamente passare per nuove tecnologie e competenze, è importante ragionare su come evitare che queste stesse diventino un fattore limitante per l’accesso alle cure.
L’immagine di noi tutti chiusi in casa durante l’emergenza dettata dalla pandemia ha convinto molti della necessità di ripensare a come abbattere ogni con ne logistico che impediva di ricevere la giusta cura e assistenza. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che questi strumenti ra orzino lo spirito universalistico del nostro Servizio sanitario nazionale, piuttosto che creare nuove iniquità di accesso.
Antonio Addis
Dipartimento di epidemiologia
Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1
Consulenze mediche online nel mondo
quando si definisce la telemedicina sono questi gli aggettivi più ricorrenti. Si tratta di qualità che, nel complesso, sono possibili solo grazie alla capacità innovativa oggi disponibile e alla volontà di investimento e impegno dei sistemi sanitari. Lo scenario positivo evolve, tuttavia, a pari passo con le criticità. La telemedicina richiede maggiori risorse economiche per far fronte ai costi delle tecnologie da sviluppare e implementare, alle esigenze di formazione e di comunicazione e ai processi di regolamentazione. Si tratta di operazioni costose, complesse da normare (soprattutto alle voci: privacy e sicurezza). E ancora: se da un lato la medicina a distanza si avvicina ai pazienti ed è personalizzabile, dall’altro rischia di far perdere il contatto umano indispensabile in ogni questione di cura. Infine, se non si superassero gli ostacoli all’accesso, potrebbero crearsi nuove disparità nell’assistenza medica?
Nel dibattito aperto già da qualche anno, che nel frattempo ha visto sperimentazioni e una discreta avanzata nell’adozione degli strumenti adatti, si registra oggi un elemento nuovo e pervasivo: l’intelligenza artificiale. Questa è certamente un poderoso acceleratore di qualunque processo digitale e dei dati prodotti, tuttavia non basta il Regolamento generale sulla protezione dei dati europeo per salvaguardare diritti e sicurezza. L’AI Act, le nuove e specifiche norme comunitarie entreranno in vigore nel 2026; nel frattempo, gli Stati membri dell’Unione europea e gli operatori del mercato, anche quelli della salute digitale, si stanno adeguando.
Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), “l’adozione più ampia di strumenti digitali per la salute ha un potenziale reale per aiutare i governi e le persone nell’Unione europea a continuare a lavorare per affrontare le sfide sanitarie esistenti, comprese quelle causate dalla pandemia”. Ciò rientra nel cammino verso un sistema sanitario universale, parte del terzo degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Con l’espressione salute digitale, l’Oms si riferisce a ogni espansione del concetto di e-health, includendo la telemedicina per “garantire che le persone possano accedere ai servizi sanitari indipendentemente da dove vivono”1
Le persone, appunto, come centro e obiettivo delle soluzioni digitali, sia quando si tratti di protezione dei dati personali sia per renderle parte del processo di digitalizzazione, come qui illustrato da Eugenio Santoro (vedi pp. 22-23).
La telemedicina, da quando e dove
I riferimenti alla pandemia di covid-19 nel dibattito sulla telemedicina sono onnipresenti e mai casuali. Con i lockdown sono infatti emerse globalmente le esigenze che oggi sembrano risolvibili solo con il ricorso alla tecnologia: isolamento, comunicazioni complicate in mancanza di dispositivi tecnologici e relative competenze, strutture sanitarie meno accessibili. La domanda di telemedicina, riconosciuta come risorsa al di là delle emergenze, è perciò aumentata globalmente.
L’adozione è partita dai Paesi ad alto reddito, sfruttando dapprima strumenti più semplici come quelli della cosiddetta m-health (app, cioè, utilizzabili con uno smartphone) per poi evolvere verso piattaforme più strutturate e percorsi integrati e a lungo termine2
Eppure “molti dei cambiamenti che hanno consentito un maggiore utilizzo delle teleconsultazioni durante la pandemia sono temporanei e non sono stati resi permanenti”. Così risulta da un’indagine globale dell’Ocse – l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Se prima del 2020 molti governi non incentivavano le consultazioni mediche a distanza, dal 2021 dei 31 Paesi analizzati 23 hanno messo in campo pratiche di telemedicina; ovunque, inoltre, sono in corso revisioni
per il settore sanitario statunitense
o nuove formulazioni dei regolamenti e degli investimenti per promuovere la telemedicina3
Preoccupa, ancora, l’accesso tra gli anziani, tra i più poveri e tra quanti vivono nelle zone rurali. Ed è curioso constatare – secondo quanto affermano i ricercatori Ocse – che c’è molto più accordo sul valore della telemedicina tra i pazienti che tra i medici, soprattutto in grandi realtà come il Canada, l’Australia e non da ultimi gli Stati Uniti dove, in particolare, solo nel corso dell’ultima settimana di marzo 2020, le visite di telemedicina erano vertiginosamente aumentate: più 154 per cento rispetto allo stesso periodo del 20194. In un contesto, come quello statunitense, nel quale le tecnologie nascono e si sviluppano, è certamente stato più semplice attivare strumenti di assistenza sanitaria digitale. Non mancano, tuttavia, esempi virtuosi in regioni del mondo più fragili. In Africa è in corso un’accelerazione tecnologica interessante che investe la dimensione salute. Se già durante la pandemia erano aumentati i fondi stranieri per la creazione di iniziative di e-health, oggi sparse per il continente, resistono numerose startup locali nate nel 2020 per far fronte alle esigenze di comunicazione durante le emergenze, per monitorare particolari patologie, per effettuare triage e indirizzare alle strutture disponibili. Fondamentali sono i servizi che, grazie all’intelligenza artificiale, interagiscono con l’utente nella lingua locale5 Permangono, però, le criticità storiche: all’aumento della popolazione non corrisponde un incremento degli operatori sanitari: trentuno paesi africani hanno meno di venti medici ogni 100mila persone. E gli ostacoli infrastrutturali, come la mancanza di energia elettrica regolare, mal si accordano alla tecnologia che dovrebbe essere messa in campo5
Tornando agli Stati Uniti, dall’esperienza, dalla pratica e dai dati, una grande istituzione medica e di ricerca – il Rochester medical center – ha tratto le informazioni necessarie per “sfatare tre miti sull’impatto della parità della telemedicina”, convinzioni perorate da quanti si oppongono alla diffusione delle tecnologie digitali in sanità6
In breve:
1. l’accesso per i pazienti più vulnerabili: nel Rochester medical center le categorie che in passato hanno incontrato ostacoli all’accesso sono riuscite a fruire dei servizi di televisita senza far aumentare i tassi di mancata presentazione o cancellazione;
2. i rimborsi ai fornitori come incentivo alla telemedicina: non si sono registrate richieste eccessive di esami e consulti, e i costi, nel breve come nel lungo termine, non sono aumentati;
3. l’efficacia dell’assistenza: le visite da remoto non hanno comportato un aumento successivo di accessi al pronto soccorso o in ospedale, e i follow-up sono proseguiti senza integrazioni con visite in presenza.
Comunicare, essenziale per includere
Per consolidare l’introduzione della tecnologia in medicina è fondamentale l’inclusione digitale, questione ben presente in ognuno dei processi innovativi in corso, Italia compresa, come si vedrà negli interventi di questo numero di Forward L’inclusione necessita di essere comunicata ai cittadini con trasparenza e costanza. In quest’ottica, è esemplare la strategia del servizio sanitario del Regno Unito (Nhs)7: in una sola pagina offre una sintesi della sua concezione di telemedicina e delle applicazioni (terapie digitali) in riferimento all’inclusione. Lo scenario è in rapido divenire: sono aumentati di 10 milioni i pazienti-utenti di servizi online fra il 2021 e il 2022; le registrazioni alle app dell’Nhs sono passate dai 2 milioni del 2021 ai 30 milioni del 2023. Al contempo, “molte delle persone che potrebbero trarre maggiori benefici dai servizi digitali hanno meno probabilità di essere online”. Il 7 per cento delle famiglie non dispone di un accesso internet a casa e molti altri (circa un milione in un anno) hanno rinunciato a questo servizio a causa dell’aumento dei costi. Queste categorie dei cosiddetti “offline” – ai quali si aggiungono coloro che non possiedono competenze digitali di base – riferiscono t
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di come sia diventato più difficile anche soltanto interagire con le strutture sanitarie pubbliche. Ma quando si tratterà di assistere e curare? Le partnership con associazioni di volontari e con le biblioteche forniscono aiuto agli over75, agli indigenti, a chi non ha una casa, ma difficilmente così si potrà andare oltre la mera connessione e verso la telemedicina. Intanto l’Nhs ha messo in campo diversi progetti locali e nazionali, in cui l’inclusione è un criterio essenziale già nella progettazione dei servizi di telehealth, con regole stringenti, e a favore dei pazienti, per le aziende fornitrici che operano sui dati7
La s da dell’innovazione digitale in sanità. Lo sviluppo e l’adozione di nuove tecnologie rappresentano solo una piccola parte delle diverse forme di innovazione necessarie per cambiare e consolidare i processi dell’assistenza sanitaria, supportare i pazienti nella gestione della propria salute e prevenire le malattie. L’introduzione di nuovi prodotti deve essere accompagnata da innovazioni nell’infrastruttura, nei servizi e nelle istituzioni.
Sviluppo della tecnologia di base
Implementazione di tecnologie discrete, crescita delle infrastrutture informative
Fonte: Cresswell K, et al. BMJ Health Care Inform 2020;27:e100173.
Innovazione di prodotto (progettazione di nuovi prodotti tecnologici)
Utilizzo efficiente delle funzionalità e dei dati
Ricerca e sviluppo di nuove procedure
Sviluppo e produzione di nuovi artefatti tecnologici
Considerando i costi ambientali
Come sempre accade quando occorre approvare e introdurre un’innovazione tecnologica, anche la telemedicina si confronta con il tema della sostenibilità ambientale. Paradossalmente la sanità, il cui obiettivo di fondo è garantire salute e benessere ai cittadini, è uno dei settori più inquinanti contribuendo in media al 5 per cento alle emissioni globali di gas serra; quota che cresce nei Paesi ad alto reddito. In particolare, l’1 per cento di queste emissioni sono attribuibili all’imaging. Ma quando nella diagnostica sarà maggiormente applicata l’intelligenza artificiale e il deep learning, si potrebbero ridurre i consumi di risorse ed energia5. Inoltre, come quantificato in molte ricerche, una maggiore disponibilità di consultazioni virtuali si tradurrà in una riduzione delle emissioni di gas serra. Uno studio, fra i tanti disponibili, viene dallo Stanford health care da cui emerge che dal 2019 al 2021, in concomitanza con l’incremento delle visite virtuali, le visite cliniche totali erano aumentate del 13 per cento con un calo stimato delle emissioni di gas serra del 36 per cento. Nel 2021, ogni visita virtuale emetteva 0,02 chilogrammi di CO2 a fronte dei 20 chilogrammi della visita di persona8 Questi e altri benefici, come la riduzione degli spostamenti e lo snellimento delle infrastrutture fisiche, sono da valutare a fronte dell’impatto sull’ambiente. La produzione e il funzionamento di hardware e software richiedono infatti enormi risorse energetiche, così
Innovazione organizzativa (introduzione di nuove infrastrutture e procedure organizzative condivise)
Innovazione dei servizi (miglioramento o espansione dei servizi)
Sviluppo di nuove infrastrutture informative, modi cazione delle relazioni con gli utenti e tra le organizzazioni
come la raccolta e la conservazione dei dati nei datacenter consuma quantità spropositate di acqua; c’è inoltre la gestione degli e-waste, cioè i rifiuti elettronici. Questi rischi per gli ecosistemi umani e naturali coinvolgono soprattutto le aree del pianeta che più necessitano di digital health. In Africa e nel Sudest asiatico, per esempio, sono presenti le maggiori fonti di materie prime indispensabili per la produzione di dispositivi elettronici e, al contempo, le più vaste discariche degli stessi prodotti. In un’ottica di ecosostenibilità l’obiettivo dovrebbe quindi essere quello di minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare le potenzialità della telemedicina intervenendo già nella fase di progettazione9. La telemedicina, insomma, potrebbe essere lo strumento chiave per la medicina sostenibile soprattutto se questa sarà sempre più universale, in un quadro di cambiamento climatico critico, di sovrappopolazione, di aumento costante dei pazienti in età avanzata e policronici. L’auspicio è che ogni innovazione sia costruita per essere valutata secondo la sua carbon footprint, considerando quindi il totale delle emissioni associate al servizio e al prodotto specifico, affinché siano più vantaggiosi nella versione digitale rispetto alla tradizionale. Una corretta e trasparente valutazione sarà la guida per ogni policy e norma; sarà un percorso non privo di ostacoli, affrontabile se si appianeranno le complesse disparità all’accesso, migliorando la sicurezza e la qualità delle cure.
Maria Frega
1. Who. Countries in the European Region adopt rst-ever digital health action plan. Pubblicato il 13 settembre 2022
2. Omboni S, Padwal RS, Alessa T, et al. The worldwide impact of telemedicine during covid-19: current evidence and recommendations for the future. Connect Health 2022;1:7-35.
3. Oecd. The future of telemedicine after covid-19. Pubblicato il 20 gennaio 2023.
4. Koonin LM, Hoots B, Tsang CA, et al. Trends in the use of telehealth during the emergence of the covid-19 pandemic: United States, January–March 2020. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 2020;69:1595-9.
Innovazione sociale (capacità di rispondere ai bisogni sociali con nuovi modelli)
Evoluzione delle istituzioni e cambiamenti dei comportamenti
5. Adepoju P. Africa’s covid-19 health technologies’ watershed moment. Lancet Digit Health 2020;2:e346-7.
6. Fear K, Hochreiter C, Hasselberg M, et al. Busting three myths about the impact of telemedicine parity. NEJM Catalyst 2022;3(10).
7. NHS England. Inclusive digital healthcare: a framework for Nhs action on digital inclusion. Aggiornato il 1 marzo 2024
8. Thiel CL, Mehta N, Sejo CS, et al. Telemedicine and the environment: life cycle environmental emissions from in-person and virtual clinic visits. npj Digit Med 2023;6:87.
9. Samuel G, Anderson G M, Lucivero F, Lucassen A. Why digital innovation may not reduce healthcare’s environmental footprint. BMJ 2024;385:e078303.
Dato il crescente utilizzo della telemedicina e delle tecnologie digitali, i governi hanno bisogno di dati sul rapporto costo-e cacia complessivo di questi strumenti e di raccomandazioni su come migliorarli o investire in essi. Possiamo dire di avere abbastanza valutazioni economiche di qualità per sostenere gli investimenti in questo campo?
Sebbene disponiamo da oltre un decennio di studi sul rapporto costo-efficacia dei servizi di telemedicina, l’ampia variazione dei modelli, delle situazioni e delle condizioni dei pazienti, dei cambiamenti tecnologici e dei diversi sistemi sanitari che implementano la telemedicina fanno sì che ci sia ancora bisogno di studi e prove per la maggior parte dei progetti di investimento in questo campo. Abbiamo buone prove che la telemedicina faccia risparmiare costi e tempo ai pazienti, mentre quelle di costo-efficacia per il sistema sanitario sono contrastanti. L’efficienza economica dei servizi deriva da aspetti come la riduzione degli spostamenti dei pazienti o dei medici, la riduzione del bisogno di spazio negli uffici e la possibilità di vedere più pazienti in un giorno; ma questi risparmi devono compensare i costi della tecnologia e l’aumento dell’organizzazione amministrativa.
In base a quali criteri dovremmo valutare il “valore” della telemedicina per un reale miglioramento dell’assistenza e delle cure sanitarie?
Uno dei grandi punti di forza della telemedicina è che i pazienti possono rimanere nelle loro comunità per ricevere le cure. Ciò significa che le interferenze con il lavoro e con le loro responsabilità di cura sono minori, con effetti positivi per la società. I pazienti, inoltre, possono svolgere la maggior parte delle prestazioni, come ecografie, flebotomia, medicina generale e assistenza domiciliare, in strutture locali, il che fa sì che una parte maggiore dei profitti associati alle loro cure rimanga nella loro comunità. Quando valutiamo la teleassistenza, dobbiamo utilizzare criteri ampi che vadano oltre il costo di una telefonata o di una videochiamata e valutare il fatto che le modifiche al modo in cui vengono erogate le cure stanno effettivamente cambiando l’intero ecosistema dell’assistenza sanitaria sia per i pazienti sia per la società.
Centaine Snoswell University of Queensland
Dopo la pandemia di covid-19, un’area di dibattito che si è aperta riguarda il costo da pagare per le visite svolte in modalità telematica. Qual è la sua opinione in merito?
Come per qualsiasi altro finanziamento sanitario i fondi devono essere utilizzati per fornire la giusta assistenza al giusto paziente e nel modo giusto. Ogni paziente è unico e la telemedicina offre l’opportunità di fornire un’assistenza più flessibile e personalizzata. Finanziare questi settori è parte integrante dell’incoraggiamento di un’assistenza flessibile per il paziente, perché migliora il modo in cui i medici e i servizi sanitari forniscono i servizi. Molti Paesi hanno finanziato le consultazioni telefoniche, video e di persona, fino al punto che in Australia è aumentato l’utilizzo dei telefoni perché sono semplici da usare.
Quali sono le s de principali da a rontare per garantire che la telemedicina raggiunga la stessa sicurezza ed e cacia delle cure tradizionali e che aumenti l’e cienza senza aumentare i costi?
La sicurezza e l’efficacia sono state dimostrate per molte aree cliniche nell’ambito della telemedicina; le evidenze in questo campo sono molto più numerose di quelle relative agli aspetti economici. Migliorare l’efficienza senza aumentare i costi richiede alcuni adattamenti dei flussi di lavoro e dei percorsi dei pazienti, al fine di garantire che i benefici superino i costi di implementazione e di servizio.
In che modo i sistemi sanitari possono bilanciare la convenienza e la maggiore accessibilità che possono derivare dalla telemedicina con i rischi potenziali (tra cui l’uso eccessivo di test costosi, la diminuzione delle cure preventive e l’esacerbazione delle disparità sanitarie)?
I rischi per i consumatori dipendono dal contesto e quindi devono essere soppesati dal paziente e dal medico curante. Credo che fornire ai consumatori e ai medici gli strumenti e le opzioni per dare o ricevere cure nel modo che ritengono più appropriato sia uno dei modi migliori per gestire l’equilibrio. F
1924 Nella copertina della rivista Radio News appare per la prima volta un’idea di telemedicina: un medico visita un bambino, tramite radio.
1925 Un’altra copertina, stavolta di Science and Invention. Hugo Gernsback presenta il “teledattilo”, un dispositivo immaginario che consentirebbe ai medici di toccare i pazienti con bracci robotici a distanza.
1928
Nelle aree remote dell’Australia il Royal ying doctor service fornisce assistenza medica d’emergenza tramite una radio a pedali progettata dall’ingegnere Alfred Traeger.
1935
Nasce il Centro internazionale radio-medico italiano, che prestava soccorso alle navi che avevano necessità di supporto medico.
1959
L’Università del Nebraska trasmette esami neurologici da una parte all’altra del Paese: questo è il primo uso registrato del telefono da parte di operatori sanitari per inviare documenti medici.
Il programma spaziale statunitense inizia a condurre voli di prova con animali, utilizzando dispositivi di monitoraggio da remoto per tracciare i parametri vitali.
1960 Il Nebraska psychiatric institute conduce consultazioni psichiatriche a distanza utilizzando una televisione a circuito chiuso.
1964
La Nasa crea gli “integrated medical and behavioral laboratories and measurement systems”, per migliorare i sistemi di monitoraggio remoto delle condizioni di salute degli astronauti.
1967
La Charles R. Drew university of medicine and science e il Martin Luther King Jr. hospital trasmettono elettrocardiogrammi a distanza, consentendo ai medici di interpretare i risultati in tempo reale.
1970
Thomas Bird e colleghi creano un circuito audiovisivo a microonde tra il Massachusetts general hospital di Boston e il vicino aeroporto Logan, per o rire consulti medici a dipendenti e viaggiatori.
Le prime esperienze europee sono in Scozia, per assistere a distanza i lavoratori delle piattaforme petrolifere del Mare del Nord, e in Norvegia, per sviluppare l’assistenza sanitaria nelle zone rurali.
Il programma spaziale statunitense continua a fare progressi nella telemedicina, sviluppando tecnologie per monitorare la salute degli astronauti e fornire assistenza medica a distanza.
1983 Con l’avvento di Internet si stabilisce uno standard universale per la comunicazione e la trasmissione di informazioni mediche su reti di computer.
1993
Viene fondata l’American telemedicine association, la prima associazione professionale dedicata alla promozione e all’avanzamento della telemedicina.
1996
L’Health insurance portability and accountability act stabilisce standard nazionali per la protezione delle informazioni sanitarie, compresa la trasmissione elettronica di dati medici.
2009
L’epidemia di h1n1 porta a un aumento dell’utilizzo della telemedicina da parte degli operatori sanitari che cercano di fornire assistenza ai pazienti senza il rischio di di ondere il virus.
Secondo uno studio pubblicato sul British Journal of Neurosurgery l’uso della teleradiologia riduce il numero di trasferimenti necessari per i pazienti e comporta un minor numero di eventi avversi.
2023
Agenas avvia la procedura di dialogo competitivo per la realizzazione della Piattaforma di intelligenza arti ciale a supporto dell’assistenza sanitaria primaria.
2010
I Centers for Medicare and Medicaid services determinano che i servizi di telemedicina sono “signi cativi” e devono essere rimborsati come i servizi medici tradizionali
2016
L’agenzia governativa statunitense Health resources and services administration assegna fondi per espandere l’accesso alla telemedicina nelle aree rurali e scarsamente servite.
2020
Secondo un rapporto dell’Ocse la telemedicina rappresenta il 21 per cento di tutti i consulti e ettuati nell’anno di inizio della pandemia.
Vengono approvate le “Indicazioni nazionali per l’erogazione delle prestazioni in telemedicina”, al ne di fornire regole uniformi per l’erogazione dei servizi di telemedicina nell’ottica di un ripensamento generale del sistema sanitario.
Il Regno Unito approva, a pochi giorni dall’inizio della pandemia, delle misure provvisorie che permettono di abortire a casa, i consulti con il personale sanitario sono da remoto e i farmaci vengono spediti.
I2021 La missione 6 del Pnrr destina 750 milioni di euro ai servizi di telemedicina e 250 milioni di euro per realizzare la Piattaforma nazionale di telemedicina
2022
Con la rimodulazione della missione 6 del Pnrr approvata dalla Commissione aumentano di 500 milioni di euro le risorse per la telemedicina.
Amazon acquista One Medical, una grande catena di cliniche private negli Stati Uniti che o re in abbonamento un servizio che permette ai pazienti di ricevere assistenza anche a distanza.
Le emissioni di gas serra possono essere ridotte grazie alla telemedicina: l’Asst Bergamo Est ha erogato in due anni oltre mille televisite, con un risparmio calcolato di 12,3 tonnellate di emissioni di CO2
2024 284mila italiani si oppongono al trasferimento dei propri dati antecedenti al 2020 nel fascicolo sanitario elettronico.
Agenas presenterà in ottobre la piattaforma nazionale di telemedicina, la quale garantirà l’interoperabilità tra il fascicolo sanitario elettronico e l’ecosistema dei dati sanitari.
2025
Entro il termine di questo anno dovrebbero essere 300mila gli italiani assistiti con servizi di telemedicina
ndividuare il punto dove ha avuto inizio la telemedicina dipende da come la si definisce. Per esempio, potremmo dire che abbia avuto origine quando Greci e Romani erano soliti usare segnali luminosi per inviare messaggi sulla diffusione delle pestilenze. Oppure nel Medioevo, quando a farlo erano gli europei tramite segnali di fumo o eliografi. Famosi guaritori, da Galeno (200 d.C.) a William Cullen (1700), praticavano la vendita di consulti e prescrizioni per posta per soddisfare il bisogno di cura dei pazienti che non potevano raggiungere un medico di persona. Ma non andremo così indietro nel tempo e partiremo dai primi tentativi di scambio di informazioni e servizi medici tramite la tecnologia delle telecomunicazioni. Per farla breve, dalla radio in poi. ●
Di telemedicina se ne parla da diversi anni, ma è soprattutto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza che sono chiariti i dettagli e le s de del prossimo futuro. Qual è il ruolo di Agenas in questo scenario?
La telemedicina è una modalità integrativa con la quale si possono erogare a distanza le prestazioni sanitarie ai pazienti. Nell’implementazione di tali strumenti, Agenas ha un ruolo fondamentale. All’Agenzia spetta in particolare l’attuazione di alcuni investimenti della componente 1 della missione 6 prevista dal Pnrr1, che include gli interventi, a titolarità del Ministero della salute, specifici per il comparto “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”: l’obiettivo è quello di promuovere e rafforzare tutte le reti di prossimità, le strutture (comprese quelle tecnico-informatiche e della digitalizzazione), i modelli organizzativi, gli standard. Nello specifico, l’Agenzia riveste il ruolo di soggetto attuatore per gli investimenti relativi a intelligenza artificiale, portale della trasparenza e telemedicina. Per una più completa comprensione, occorre inquadrare l’investimento di telemedicina all’interno del contesto del dm 77/20222, il regolamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) che delinea il modello organizzativo e gli standard dell’assistenza territoriale. In relazione agli investimenti della componente 1 della missione 6, il dm 77/2022 è una riforma abilitante. Leggendolo in chiave tecnica è possibile comprendere come Agenas intenda attuare gli investimenti allo scopo di fornire la migliore assistenza verso i pazienti cronici, che saranno i principali destinatari delle risorse. In questo quadro, la nostra attenzione ha riguardato anche la questione delle valutazioni, nel rispetto delle normative europee e delle direttive scaturite nelle interlocuzioni e negli atti.
Attualmente ci troviamo nella fase iniziale dell’attuazione della missione. Quali sono gli obiettivi primari?
Tutte le attività inerenti alla telemedicina sono finalizzate a erogare servizi sanitari migliori e secondo modalità che ci proponiamo di misurare anche in termini di esiti. La valutazione degli esiti e delle performance sanitarie sarà oggetto della fase successiva, quando saranno disponibili i benchmark di riferimento e gli standard a cui tendere; entrambi attualmente non sono stati ancora definiti. In questa prima fase, tuttavia, siamo in grado di stabilire la meta da raggiungere: utilizzare i servizi digitali, come la telemedicina appunto, o l’applicazione di strumenti di intelligenza artificiale, per migliorare la presa in carico dei pazienti cronici. Tale presa in carico avverrà all’interno dei luoghi di cura sul territorio, in setting che potremmo definire normali, che siano il domicilio del paziente, o di tipo residenziale.
È già attiva la raccolta dei dati digitali di queste prime operazioni?
Utilizzare strumenti digitali porta alla produzione di dati di diversa tipologia: dai personali, relativi alla salute, a quelli amministrativi, utilizzabili anche per finalità di governo e di ricerca. Su questi aspetti, il nostro impegno è già in campo ma la piena realizzazione si vedrà nella fase successiva, quando tutto il sistema sarà messo in funzione e, soprattutto, quando avremo la quantità di dati necessaria per poter perfezionare riflessioni e azioni.
Come verrà organizzata la valutazione, trattandosi di dati e, soprattutto, di strumenti digitali?
In questo contesto, abbiamo considerato l’hta, cioè le iniziative di health technology assessment 3. All’interno del sistema di telemedicina, il telemonitoraggio sarà erogato attraverso dispositivi medici che diventeranno oggetto di valutazione di tipo hta, dunque nei loro effetti reali e potenziali. In questa attività, Agenas riveste un ruolo attivo e normato, e all’interno dell’Agenzia stiamo già coordinando i necessari compiti. Solo così potremo passare da un modello basato sulla prestazione a un modello basato sulla presa in carico del paziente cronico. Ed è questo il nostro obiettivo – e ogni investimento del Pnrr, in termini di digitalizzazione del Ssn, è stato strutturato di conseguenza.
Come sono stati investiti i nanziamenti?
Degli investimenti in campo, 1,3 miliardi di euro riguardano il fascicolo sanitario elettronico, 1,5 miliardi la telemedicina e, di questi, 500 milioni sono stati allocati in aggiunta, con la rimodulazione dell’ultimo atto del Pnrr dell’8 dicembre 2023. A questi si aggiungono 50 milioni di euro per le applicazioni di intelligenza artificiale e oltre 25 milioni di euro relativo al potenziamento del portale della trasparenza. Su questo portale saranno pubblicati anche gli ultimi risultati del Programma nazionale esiti4, a completamento delle informazioni che già contiene e degli strumenti di interazione con il Ssn a disposizione del cittadino.
Poi ci sono i “piccoli” investimenti – così definiti sebbene si tratti di fondi tra i 10 e i 30 milioni di euro – gestiti dal Ministero della salute e finalizzati alla digitalizzazione del nostro Ssn. In questi capitoli rientrano alcuni flussi amministrativi che già sono stati potenziati o che si stanno realizzando ex novo, e che riguardano gli ospedali di comunità e le cure primarie. In questo modo si sta procedendo verso la digitalizzazione e dunque l’ottimizzazione del panorama informativo e dei dati a disposizione, patrimonio utile per le successive valutazioni e ricerche.
La telemedicina: gli investimenti del Pnrr M6C1I1.2.3
L’investimento nella telemedicina, in particolare, quali risultati produrrà?
L’investimento Pnrr di telemedicina include due principali sub-investimenti: la piattaforma nazionale e i servizi. La Piattaforma nazionale di telemedicina (Pnt) è un’infrastruttura con funzioni di governo e monitoraggio delle prestazioni sanitarie erogate attraverso strumenti di telemedicina: è funzionale a livello centrale per monitorare e fornire standard uniformi, in termini di qualità, a livello territoriale. L’impatto di un simile processo è naturalmente notevole. Finora ogni struttura locale ha lavorato in modo autonomo, senza dover rispondere ad alcuna normativa nazionale relativa a linee guida o indicazioni nazionali. La Pnt intende creare un quadro comune a livello nazionale entro il quale erogare le prestazioni.
Anche i servizi di telemedicina, attraverso i quali le prestazioni sono fornite, compresi i software applicativi che saranno acquisiti, sono oggi definiti a livello nazionale. Con il decreto del 30 settembre 20225, sono state fornite alle Regioni le indicazioni per definire il proprio fabbisogno. Con il decreto del 21 settembre 20226, inoltre, sono stati definiti i requisiti funzionali dei servizi di telemedicina. In questo quadro, per uniformare le soluzioni di telemedicina legate al Pnrr, sono state individuate due Regioni capofila: Lombardia e Puglia.
Il lavoro delle Regioni capo la è già iniziato?
Sì. Sono già in corso gli acquisti, centralizzati, definiti dalle Regioni secondo il proprio piano dei fabbisogni, approvato da una commissione tecnica nazionale presieduta da Agenas e costituita da rappresentanti dai ministeri della salute e dell’economia e delle finanze e dal Dipartimento per la trasformazione digitale. Sono in corso anche le gare. Quella della Regione Lombardia riguarda l’acquisto di software per l’erogazione della telemedicina e, in particolare, per i servizi di televisita, di teleconsulto, di teleassistenza e delle funzionalità di monitoraggio di condizioni cliniche a maggior prevalenza, dal diabete alle patologie di neurologia, pneumologia, cardiologia e malattie oncologiche. Tutto ciò rientra nei finanziamenti in ambito Pnrr, mentre in una fase successiva, ogni Regione potrà diversificare o ampliare il proprio pacchetto di servizi. Nei successivi piani e gare potranno rientrare, per esempio, altri servizi di telemedicina e potranno essere incluse altre tipologie di pazienti. La Puglia, invece, si sta occupando dell’acquisto delle postazioni fisiche (la componente hardware) necessarie per l’erogazione dei servizi.
Il Pnrr ha previsto un nanziamento per la sanità digitale pari a circa 3 miliardi di euro Cura, governo e ricerca Cura
Fascicolo sanitario elettronico
Assistito Personale sanitario FSE
Strutture sanitarie
II Fascicolo sanitario elettronico è una piattaforma che eroga servizi per i cittadini e i professionisti sanitari, gestisce dati e documenti, deve essere di uso e uniforme su tutto il territorio nazionale.
Telemedicina
Sviluppo di un’infrastruttura nazionale (Piattaforma nazionale di telemedicina) e di servizi regionali di telemedicina. L’ obiettivo è assicurare che l’erogazione dei servizi attraverso la telemedicina avvenga in modo più equo e uniforme sul territorio nazionale.
Intelligenza arti ciale
Sviluppo di una piattaforma che faciliti l’attività di diagnosi e cura dei professionisti sanitari impegnati nell’assistenza territoriale.
Health technology assessment dei dispositivi medici
Modi cato da: Borghini A, Paone S. Investimento in telemedicina: dalla progettazione all’attuazione. Monitor 2022;47:7.
Com’è organizzata l’integrazione di questi nuovi servizi sul territorio?
La raccolta dei fabbisogni regionali è stata eseguita pensando a tutte le strutture pubbliche del territorio, incluse le case della comunità, gli ospedali, i medici del ruolo unico di assistenza primaria e le farmacie rurali. Solo così la telemedicina potrà diventare una modalità integrativa di erogazione delle prestazioni. Servizi come la piattaforma e gli applicativi saranno abilitati anche nella medicina generale, ma intanto sono già oggetto di gara con l’obiettivo di partire fin da subito con l’integrazione. Saranno poi di fatto integrate le cartelle cliniche, ospedaliere, sia ambulatoriali sia specialistiche del settore pubblico.
Perché la telemedicina diventi una modalità integrativa occorre tener conto delle disparità territoriali presenti nel nostro Paese, con particolare riguardo alle aree interne. Considerare queste disparità vuol dire ridurre la possibilità che se ne creino di nuove. Per questo, ci sarà una postazione di telemedicina anche nei presìdi delle farmacie rurali, a disposizione dei cittadini che necessitano di prestazioni erogabili con questa modalità.
Le norme attuali, sebbene recenti, sono ancora adeguate? Oppure c’è il rischio di non cogliere tutte le opportunità delle nuove tecnologie?
Affinché Agenas e le Regioni e Province autonome possano portare avanti questo processo occorrono ancora dei passaggi normativi, utili a costruire i fattori abilitanti necessari. Se Regioni e Province autonome possono procedere all’utilizzo degli applicativi autonomamente, è necessaria, a livello centrale, l’attivazione delle funzioni della “macchina”. Serve allora un decreto sulla telemedicina che inquadri il funzionamento e le relazioni tra la Pnt e le infrastrutture regionali, oltre all’abilitazione sul trattamento dei dati, nel rispetto della privacy. Così com’è fondamentale il decreto sulla creazione dell’Ecosistema dati sanitari7 per l’interconnessione nonché un decreto che abiliti l’intelligenza artificiale a supporto delle cure primarie. Senza queste norme specifiche, tale supporto potrebbe restare privo di una progettualità e delle potenzialità promesse.
A cura di Maria Frega
1. www.agenas.gov.it/pnrr/missione-6salute
2. www.agenas.gov.it/comunicazione/ primo-piano/2099-missione-6-salutepnrr-in-gazzetta-il-dm-77-siglati-icontratti-istituzionali-di-sviluppo
3. www.agenas.gov.it/aree-tematiche/htahealth-technology-assessment
4. www.pne.agenas.it/
Vedi anche
Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di intelligenza artificiale I dieci punti stabiliti dal documento per la gestione dei dati
1. Le basi giuridiche del trattamento
2. I principi di accountability e di privacy by design e by default
3. Ruoli
4. I principi di conoscibilità, non esclusività e non discriminazione algoritmica
5. Valutazione d’impatto sulla protezione dei dati
6. Qualità dei dati
7. Integrità e riservatezza
8. Correttezza e trasparenza
9. Supervisione umana
10. Ulteriori pro li rispetto alla disciplina sulla protezione dei dati personali connessi alla dignità e all’identità personale
Decalogo per la realizzazione di
Una delle componenti della sanità digitale è la piattaforma di intelligenza artificiale, mirata a migliorare l’efficienza della sanità territoriale. Tuttavia, l’uso di questi strumenti per la gestione dei dati sanitari non è privo di rischi. Con la pubblicazione del “Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di
5. Ministero della salute - Decreto 30 settembre 2022. Procedure di selezione delle soluzioni di telemedicina e di usione sul territorio nazionale, nonché i meccanismi di valutazione delle proposte di fabbisogno regionale per i servizi minimi di telemedicina e l'adozione delle linee di indirizzo per i servizi di telemedicina. Gazzetta U ciale – Serie generale n. 298, 22 dicembre 2022.
Fonte: Garante
intelligenza artificiale”, il Garante della privacy delinea le misure da adottare per applicare l'intelligenza artificiale in conformità con il quadro normativo vigente e garantire un uso etico e sicuro all’interno del Servizio sanitario nazionale, uniformando standard e buone pratiche. Prima dell’implementazione di sistemi di intelligenza
6. Ministero della Salute – Decreto 21 settembre 2022. Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina - Requisiti funzionali e livelli di servizio. Gazzetta U ciale – Serie generale n. 256, 2 novembre 2022.
7. www.pnrr.salute.gov.it
artificiale nei servizi sanitari nazionali, è necessaria una valutazione d'impatto: questo processo è obbligatorio per i trattamenti che rappresentano un “alto rischio” e deve essere eseguito a livello centrale. Ogni processo decisionale dovrà prevedere una supervisione umana per controllare, validare o smentire quanto elaborato dall’intelligenza artificiale •
Nell’ambito del ruolo di soggetto attuatore di investimenti Pnrr, de nito dall’Accordo del 31 dicembre 2021 con il Ministero della salute e la Presidenza del consiglio dei MinistriDipartimento per la trasformazione digitale, Agenas si occupa, tra gli altri, dell’investimento di intelligenza arti ciale che ha come obiettivo la creazione di una infrastruttura che utilizzi gli strumenti di intelligenza arti ciale a supporto dell’assistenza sanitaria primaria. Gli obiettivi essenziali di tale strumento sono da un lato facilitare le attività di diagnosi e di cura e l’attività amministrativa e organizzativa dei professionisti sanitari, e dall’altro favorire la fruizione dei servizi territoriali da parte degli assistiti, in particolare nelle case della comunità.
Dall’idea alla piattaforma. Il processo è complesso, attualmente siamo nel corso dell’espletamento delle attività di gara. Nello specifico si sta seguendo una procedura di dialogo competitivo che ha come oggetto la progettazione di dettaglio, la realizzazione, la messa in esercizio e la gestione di una piattaforma di intelligenza artificiale. Una volta aggiudicata la gara, avrà luogo la progettazione della Piattaforma di intelligenza artificiale nel corso della quale l’operatore economico dovrà redigere un documento progettuale di dettaglio che, una volta autorizzato dall’Agenzia, darà l’avvio alla realizzazione dell’infrastruttura. Successivamente ci sarà la fase di sperimentazione nella quale sarà coinvolto un campione di 10001500 medici del ruolo unico di assistenza primaria e 500 infermieri di famiglia o comunità. Nella fase sperimentale saranno implementate ed eventualmente corrette le funzionalità dei casi d’uso previsti. Nella fase finale di messa in esercizio e gestione, saranno implementati tutti i casi d’uso e ci sarà un progressivo ampliamento dell’utenza, includendo altri professionisti sanitari e assistiti.
che le attività organizzative e amministrative dei professionisti sanitari, mediante suggerimenti relativi alla pre-compilazione di alcuni certificati e delle prescrizioni, le pianificazioni delle visite e dei controlli, inclusi i percorsi di screening e di prevenzione. Per queste attività si genera una scheda dinamica, personalizzata per ogni paziente. A disposizione dell’assistito, invece, le funzionalità principali – sempre raccolte con una scheda dinamica e personalizzata – permettono una visione interattiva e semplificata della propria situazione clinica. Sono inoltre previsti suggerimenti di tipo educativo e un canale facilitato di comunicazione con i professionisti. Nel capitolato sono comprese, inoltre, anche le attività di formazione del personale e dell’utenza, nonché i piani di gestione del cambiamento e di comunicazione.
Questo progetto, che si inserisce nel modello organizzativo che viene descritto all’interno del decreto ministeriale 77/20221, mira a ottenere una più facile visualizzazione dei dati che verranno generati a livello territoriale. Sarà così possibile, per il medico e per tutti i professionisti sanitari, l’accesso a risultati più facilmente leggibili e disponibili.
Soluzioni dinamiche e personalizzate. I casi d’uso sono, essenzialmente, le funzionalità della piattaforma. Dei sei casi descritti nel capitolato, quattro sono dedicati al supporto del professionista sanitario e due al supporto all’assistito, distinguendo i pazienti con patologie emergenti dai pazienti affetti da patologie croniche note. Per i primi, la piattaforma offrirà al professionista il supporto per le attività di presa in carico iniziale, con suggerimenti, ovviamente non vincolanti, di possibili diagnosi e del percorso terapeutico. Relativamente alla cronicità, il supporto si concretizza soprattutto sul monitoraggio e sulla rivalutazione del paziente stesso durante il percorso di cura. Al di là del rapporto con gli assistiti, la Piattaforma è uno strumento che supporta an-
L’architettura tecnologica. Tutte le funzionalità della Piattaforma di intelligenza artificiale sono contenute in un’architettura tecnologica informatica di tipo modulare e interoperabile e sono ottimizzate per essere integrate con i software già esistenti, senza rischio di sovrapposizioni.
Particolare attenzione è rivolta alla capacità della Piattaforma di adattarsi alle successive evoluzioni tecnologiche e normative, al fine di evitare che essa stessa diventi obsoleta e quindi non più utilizzabile.
I dettagli sulla procedura per la Piattaforma t
Campi di applicazione
Predizione del rischio
Population health management
Consultazioni mediche e triage
Integrazione con i dati provenienti dai device personali
Digital health coaching
Trascrizione delle visite face-to-face
Supporto alla decisione diagnostica
Supporto alla decisione terapeutica
Supporto alla gestione delle attività amministrative/organizzative
Nel cuore della gestione dei dati personali. Nella realizzazione dei servizi sanitari attraverso i sistemi di intelligenza artificiale, non si può prescindere dall’attenzione per un trattamento dei dati personali lecito, trasparente, corretto. Ogni adempimento del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) è stato considerato, nonostante il tema dell’intelligenza artificiale sia una novità. Altro riferimento specifico a cui l’operatore economico dovrà conformarsi nella progettazione e realizzazione dell’infrastruttura è il decalogo pubblicato lo scorso anno dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali2, che definisce i dieci principi fondamentali per la realizzazione dei servizi sanitari attraverso i sistemi di intelligenza artificiale (vedi p. 12). Tale documento esplicita la necessità di un’adeguata base giuridica (punto 1 del decalogo), il principio di accountability e privacy by design e by default (punto 2) che ci impegna, “fin dalla progettazione”, a integrare nella piattaforma le misure tecniche e organizzative a protezione dei dati. Sul fronte più specifico dell’intelligenza artificiale, il decalogo enuncia, tra i tanti, i principi di conoscibilità –che prevede che l’utilizzatore sia a conoscenza del fatto che sta interagendo con una macchina – e di non esclusività e di non discriminazione algoritmica (punto 4). Quest’ultimo principio si lega strettamente alla necessità di dati che siano di qualità, quindi affidabili e sicuri, per evitare che, tramite la decisione algoritmica, si creino differenze tra tipologie diverse di paziente. Ovviamente un altro principio molto importante è quello della supervisione umana (punto 9), secondo il quale lo strumento deve poter funzionare solo ed esclusivamente se utilizzato da un professionista esperto del campo per il quale il sistema di intelligenza artificiale dà un output.
Istituzioni
Professionisti
Paziente/ caregiver
Cittadino sanitari sano
I principi guida del Regolamento europeo. Il Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, il cosiddetto AI Act3, pubblicato il 12 luglio 2024 in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, pur non essendo specifico per l’ambito sanitario, stabilisce regole armonizzate per l’immissione sul mercato, la messa in servizio e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale. Con l’obiettivo di promuovere innovazione e sviluppo economico per l’Unione europea, delinea i principi guida dei sistemi di intelligenza artificiale, cioè l’affidabilità e la sicurezza e, non meno importante, la necessità di un’intelligenza artificiale che sia antropocentrica, destinata quindi a essere di beneficio all’uomo. Non mancano i divieti e la classificazione dei sistemi sulla base del rischio, dettagli fondamentali per ogni produttore e utilizzatore di questi sistemi, nonché per gli Stati e le relative istituzioni. Il Regolamento sarà pienamente applicato entro 24 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
1. Ministero della salute. Decreto 23 maggio 2022, n. 77. Regolamento recante la de nizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale. Gazzetta U ciale - Serie generale n. 144 del 22 giugno 2022.
2. Garante per la protezione dei dati personali. Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di Intelligenza Arti ciale – settembre 2023.
3. Comunicato stampa. Il Parlamento europeo approva la legge sull'intelligenza arti ciale. Europarl.europa.eu, 13 marzo 2024 4. Decreto legge 2 marzo 2024, n. 19. Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Gazzetta U ciale - Serie generale n. 52 del 2 marzo 2024. Convertito, con modi cazioni, in legge 29 aprile 2024, n. 56.
Punti deboli e prospettive. Tornando alla progettualità Pnrr, la criticità evidenziata dalla autorità garante è rappresentata dal trattamento dei dati personali. In attesa di chiarire la modalità più opportuna per superare tale criticità, la gara è stata temporaneamente sospesa e si sta lavorando per rendere possibile la riattivazione. Il 2 marzo, intanto, è stato pubblicato il decreto legge n. 194 con ulteriori disposizioni per l’attuazione del Pnrr. In tale atto, Agenas è stata inserita tra i soggetti che possono perseguire le finalità di trattamento dei dati, anche in forma pseudonimizzata, per studio, per ricerca scientifica e per programmazione sanitaria. All’Agenzia è stata inoltre attribuita la funzione di gestione della Piattaforma di intelligenza artificiale. F
La nuova infrastruttura tecnologica della sanità digitale italiana sarà imperniata su piattaforme interoperabili: il fascicolo sanitario elettronico, l’ecosistema dei dati sanitari e l’ecosistema di telemedicina. Quest’ultimo prevede una piattaforma nazionale di telemedicina e soluzioni verticali a livello regionale conformi ai requisiti tecnici nazionali. Mentre l’implementazione della piattaforma è di competenza di Agenas, l’elaborazione e la messa a gara delle soluzioni verticali per affiancare la componente centrale sono state affidate alla Lombardia e alla Puglia, scelte come Regioni pilota. La piattaforma è stata sviluppata ed è –attualmente – in fase di popolamento, con la collaborazione delle Regioni pilota. Il collaudo si concluderà nel settembre 2024.
La presentazione della piattaforma nazionale di telemedicina è stata programmata per il 1° ottobre 2024. Nell’attesa, possiamo immaginare quali problemi sia stato necessario affrontare e indirizzare per rendere il progetto conforme alla normativa europea (il Regolamento generale sulla protezione dei dati) e nazionale, nonché alle importanti indicazioni venute dal garante in tema di fascicolo sanitario elettronico e di ecosistema dei dati sanitari.
I due princìpi guida per la tutela della privacy
Chi ha implementato la piattaforma nazionale di telemedicina e le soluzioni verticali ha dovuto “dare corpo” ai principi di privacy by design e privacy by default sanciti dall’articolo 25 del regolamento europeo. “Privacy by design” significa progettazione di piattaforme e strumenti orientata alla protezione e sicurezza dei dati personali; “privacy by default” significa settaggio di piattaforme e strumenti nel modo il più tutelante possibile per i dati personali con essi trattabili.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 35 del regolamento europeo, per i trattamenti su larga scala di dati sensibili (come i dati sanitari) è necessario fare una valutazione d’impatto, in cui declinare e motivare le scelte volte a rende -
La progettazione di una soluzione di sanità digitale richiede sempre la messa a punto di misure per un’adeguata accessibilità delle informative, una robusta documentazione dei consensi, la sensibilizzazione degli assistiti sulla tutela della propria riservatezza e vita privata.
re il trattamento di dati personali proporzionato allo scopo e sicuro. Possiamo supporre che Ministero e Agenas ne abbiano fatta una per la piattaforma, e che le Regioni coinvolte nel progetto pilota ne abbiano fatta una per la creazione e gestione dell’infrastruttura, in vista di un’altra che effettueranno per l’erogazione dei servizi.
La privacy by design si ottiene mediante una selezione accurata dei dati personali da raccogliere, limitandoli a quelli necessari (minimizzazione) e con un’analisi di tutti i rischi che incombono sulla riservatezza, integrità e disponibilità dei dati (essenziale per la data security). È probabile che si sia ragionato in ottica di minimizzazione nel definire i requisiti necessari all’eleggibilità degli assistiti, quindi il dataset delle necessarie informazioni cliniche, di autonomia e di competenza digitale.
Possiamo altresì ipotizzare che sia stata effettuata un’approfondita analisi dei vari rischi che incombono sui dati personali degli assistiti, quali i rischi di re-identificazione, accessi abusivi e illeciti, utilizzo dei loro dati personali per finalità non compatibili con l’erogazione dei servizi di telemedicina, perdita e distruzione dei dati, perdita di integrità ed esattezza e aggiornamento dei dati, trattamenti automatizzati con ricadute sui singoli. Inoltre, in virtù dei rischi individuati, sono state certamente definite apposite misure di sicurezza, probabilmente ispirate a quelle che il decreto del Ministero della salute del 7 settembre 2023 ha previsto per il fascicolo sanitario elettronico (protocolli di comunicazione sicuri nelle trasmissioni, cifratura dei dati, tracciabilità degli accessi alle piattaforme, audit log, ecc.).
Diego Fulco Avvocato Direttore scienti co Istituto italiano privacy
La data security non si limita a misure tecniche. Quando la telemedicina entrerà in funzione, sarà cruciale la gestione dei profili di autorizzazione, intesa come profilazione degli utenti appartenenti alle categorie dei professionisti sanitari che possono accedere al sistema e come definizione dei livelli autorizzativi di accesso ai dati personali degli assistiti e del grado di visibilità dei dati personali degli assistiti per ogni livello.
Più in generale, la progettazione di una soluzione di sanità digitale richiede sempre la messa a punto di misure volte a permettere un’adeguata accessibilità delle informative, una robusta documentazione (prova) dei consensi, la sensibilizzazione degli assistiti sulla tutela della propria riservatezza e vita privata. F
Idue anni dell’emergenza pandemica sono stati caratterizzati dall’improvvisazione nell’uso di strumenti di telemedicina in sanità. Durante questa fase, i medici hanno dovuto inventare nuovi modi di relazionarsi con i pazienti per la presa in carico, cercando di farlo nel modo più efficace possibile.
Oggi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre l’opportunità di una riforma strutturale basata su un’infrastruttura tecnologica integrata nel sistema delle cure territoriali, coinvolgendo professionisti e cittadini. Siamo uno dei pochi Paesi, se non l’unico, ad aver immaginato un sistema di questo tipo. Sarà una sfida cruciale per tutti noi, che richiede una riflessione approfondita.
Faccio una premessa importante: la telemedicina non deve diventare uno strumento che accentua ulteriormente le disuguaglianze nell’accesso alle cure nel nostro Paese. Sappiamo che i sistemi regionali evidenziano già notevoli disparità, a partire dalle liste d’attesa che variano tra le diverse regioni e all’interno di ciascuna di esse. Le differenze non sono solo geografiche, ma riguardano anche le disparità tra periferie e centri urbani, rispecchiando disuguaglianze economiche e sociali. Su questo tema, come medici e come Federazione, siamo molto sensibili.
È necessario partire dai processi professionali, e nello speci co da ciò che è alla base dell’utilizzo delle innovazioni, ovvero la relazione medico-paziente.
Come cambia la relazione medico-paziente
Per affrontare questo tema è necessario partire dai processi professionali, e nello specifico da ciò che è alla base dell’utilizzo delle innovazioni, ovvero la relazione medico-paziente. Una relazione ormai modificata, in cui l’aspetto comunicativo ed empatico deve continuare ad avere un ruolo strategico. Le dinamiche relazionali che appartengono già alla professione andranno adattate all’uso di strumenti innovativi come la telemedicina. Se, come prospetta-
to, gli strumenti di telemedicina diventeranno il mezzo principale per esplicitare questa relazione, sarà fondamentale validarne l’uso. Diventa necessario, quindi, avere strumenti e processi di standardizzazione, fare riferimento a linee guida e ai pdta (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali). Anche l’adeguamento normativo, che sta ampliando l’uso della telemedicina in campo certificativo, la porta oltre i processi di diagnosi e cura per cui era stata inizialmente prospettata. Diventano quindi importanti ulteriori ragionamenti su altri aspetti su cui la professione, i cittadini e le istituzioni devono confrontarsi. Se da un lato c’è bisogno di sicurezza e certezza per i pazienti di poter accedere a cure appropriate e sicure, dall’altro i professionisti sanitari coinvolti nel percorso assistenziale devono essere in grado di offrire tali cure senza sottovalutare il tema della responsabilità professionale.
L’intelligenza artificiale nell’infrastruttura
Agenas ha coinvolto la Fnomceo nel progetto sperimentale di sviluppo di una piattaforma di intelligenza artificiale per le cure primarie che ha portato al dialogo competitivo e alla validazione delle gare. Se la telemedicina è uno strumento a supporto della professione per accorciare i tempi e le distanze, è l’intelligenza artificiale che determinerà un cambiamento radicale nei processi assistenziali e di cura. Si tratta di una tecnologia in continua evoluzione e con una capacità e una potenza che non possiamo sottovalutare. Essa inciderà sul modo di esercitare la professione medica e su come le cure potranno essere erogate ai cittadini. I grandi benefici nella diagnostica sono già noti, ma l’intelligenza artificiale è utilizzata anche in campo amministrativo e nella progettazione dei farmaci.
Gli algoritmi dei sistemi di intelligenza arti ciale devono supportare il medico nelle diagnosi e nella cura in modo appropriato, evitando sbilanciamenti verso altri interessi, siano essi di chi progetta gli algoritmi o di chi li governa.
Su quali punti occorre quindi riflettere? Prima di tutto sull’eticità degli algoritmi dei sistemi di intelligenza artificiale: questi sistemi devono supportare il medico nelle diagnosi e nella cura in modo appropriato, evitando sbilanciamenti verso altri interessi, siano essi di chi progetta gli algoritmi o di chi li governa. Il controllo della professione rispetto all’elaborazione e alla certificazione di questi sistemi è un tema che abbiamo sollevato e che è stato ampiamente recepito da Agenas. Il 26 marzo 2024, come Fnomceo, durante un’audizione alla Camera dei deputati – XI Commissione (lavoro pubblico e privato), il presidente Filippo Anelli ha presentato un documento ufficiale approvato dal Comitato centrale della Fnomceo sul tema dell’intelligenza artificiale1. I suoi contenuti saranno recepiti nel nuovo codice deontologico. Vorrei a questo proposito sottolineare un passaggio del documento:
“L’intelligenza arti ciale è utilizzata esclusivamente a supporto dell’attività del medico per ottimizzare la qualità, la sicurezza e l’e cacia delle cure. L’intelligenza arti ciale per il suo utilizzo deve garantire al medico un livello ragionevole di applicabilità e di trasparenza e la migliore qualità possibile dei dati, dei risultati e dei processi di sviluppo. Per evitare distorsioni ed errori, nonché disuguaglianze nell’uso di sistemi di intelligenza arti ciale all’interno del suo processo decisionale, il medico è tenuto a informare il paziente spiegando i motivi di tale uso e assicurandosi che il paziente sia consapevole sia della potenzialità che dei limiti e i rischi connessi all’uso di tale tecnologia. L’impiego di sistemi di intelligenza arti ciale orientato al bene della persona e della salute pubblica, rispettando e promuovendo i principi di sostenibilità universale, universalità, equità e solidarietà, evitando ogni discriminazione e pregiudizio basati su genere, etnia, religione, orientamento sessuale o altri fattori che possono portare a un trattamento ingiusto o diseguale. Non possono essere utilizzati sistemi di intelligenza arti ciale non certi cati. Il medico, sulla base delle proprie competenze, conoscenze scienti che e responsabile delle attività di diagnosi, prognosi, terapia e delle correlate attività informative”. F
1. Indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza arti ciale e mondo del lavoro, con particolare riferimento agli impatti che l’intelligenza arti ciale generativa può avere sul mercato del lavoro. Camera dei deputati –XI Commissione (lavoro pubblico e privato), 26 marzo 2024.
L’
innovazione tecnologica in ambito sanitario ha consentito diagnosi e cure sempre più efficaci e difficilmente immaginabili fino pochi anni fa. Se da un lato questo ha garantito un potenziale aumento della aspettativa di vita, è vero altresì che non ovunque in Italia sia presente la stessa dotazione tecnologica (sia sul piano quantitativo che qualitativo) e, pertanto, non sempre questo si traduce in una omogenea qualità e accessibilità alle cure1,2. Da subito è indispensabile sottolineare come l’avanzamento tecnologico sia un fattore positivo contribuente alla qualità della sanità che però deve essere considerata influenzata da molti altri elementi. Pertanto, il dibattito sulla sanità digitale dovrà essere sintetizzato in temi, perimetri e linguaggi comuni tra tutti i portatori di interesse per contribuire a superare una evidente disomogeneità a livello nazionale. Mentre le tecnologie si stanno diffondendo nell’ambito sanitario più di quanto si pensi, la Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Fno Tsrm e Pstrp) sostiene che sia sempre più necessaria la collaborazione sinergica delle diverse professioni, non solo nell’utilizzo delle nuove tecnologie, ma soprattutto nella progettazione di nuovi modelli organizzativi che possano determinare nella sostanza miglioramenti significativi per la salute dei cittadini e, ancor più, nel rispondere alle aspettative delle per-
Applicazioni
Prevenzione della presentazione tardiva dei casi acuti
Modi cazione dei fattori di rischio
Miglioramento dell’aderenza
Counseling sugli stili di vita
Daniele Di Feo
Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione
sone assistite e dei professionisti. Quest’ultimo aspetto rappresenta l’elemento cardine della sanità del domani: anche se sembra una contraddizione in termini, per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle tecnologie è necessario partire dalle persone.
Anche se sembra una contraddizione in termini, per migliorare l’e cienza e l’e cacia delle tecnologie è necessario partire dalle persone.
Il passaggio cruciale dalla tecnologia alla persona
Troppo spesso l’innovazione tecnologia in sanità è interpretata con una possibile involuzione, talvolta sostituzione del pensiero umano e, in particolare, dei professionisti. Chiaramente questa preoccupazione oltre ad essere infondata, ostacola una visione nitida delle opportunità che la sanità digitale offre. Se è vero che sul territorio nazionale esiste una importante variabilità, è altrettanto vero che la digitalizzazione in sanità può contribuire al superamento di alcuni limiti spazio-temporali che si traducono in risposte diverse a bisogni simili, legati non tanto alle evidenze scientifiche, ma solo ed esclusivamente a dove ci si trovi.
Vantaggi
Ridurre l’esposizione a rischio degli operatori
Aumentare le interazioni tra operatori e assistiti
Contrastare la mancanza di personale sanitario
Coinvolgere tutto il team
Implementazione
Selezionare i pazienti adatti Scegliere le piattaforme
De nire il usso di lavoro assistenziale
Determinare le responsabilità
De nire i criteri di rimborsabilità
De nire quale documentazione
04
S de
Capacità degli assistiti di usare dispositivi e di accedere alla rete
Riservatezza dei colloqui a distanza
Gap tecnologico
Resistenza al cambiamento da parte di pazienti e di operatori sanitari
Da questo punto di vista, sono numerose le esperienze di sanità digitale che, grazie alla grande diffusione di dispositivi a costi contenuti e sistemi potenzialmente integrati, rappresentano sicuramente uno degli ambiti più interessanti di sviluppo in sanità. È importante, però, capire perché, a fronte di un potenziale di utilizzo molto alto, le realtà consolidate di sanità digitale e a distanza siano poco diffuse e, più in generale, a macchia di leopardo sul territorio nazionale.
Molto spesso si pensa che il cosiddetto “digital divide” sia relativo alle scarse competenze digitali di intere fasce di popolazione, in particolare gli anziani. In realtà, molte volte la resistenza nell’implementare trasformazioni digitali sono relative proprio a coloro che dovrebbero essere i primi sostenitori del cambiamento: i professionisti, anche quelli sanitari. È proprio per questi motivi che prima ancora di ottimizzare e rendere sempre più sicure, affidabili e performanti le tecnologie, si debba migliorare le competenze e – soprattutto – la sensibilità digitale e l’attitudine al cambiamento.
È solo così, partendo dalle persone, dal coinvolgimento nell’innovazione dei processi, dal rendere partecipi del cambiamento i professionisti e gli assistiti che potremmo dare uno slancio alla sanità.
Da questo punto di vista quindi, è sempre più importante affiancare l’innovazione tecnologica all’implementazione di competenze specifiche che aiutino e guidino il cambiamento. Quando le idee e i progetti passano dalla fase di programmazione a quella operativa, che è centrata sul cittadino e sull’assistito, emergono molte contraddizioni.
In prima battuta riteniamo indispensabile rivedere il concetto di tecnologia e l’aspetto valoriale a esso correlato rappresentato nel sistema salute. Oltre a quelle che sono le nuove apparecchiature e le opportunità che esse rappresentano in termini di outcome, è indispensabile da subito sottolineare che il vero miglioramento del sistema sanitario prevede necessariamente modifiche organizzative che garantiscano di utilizzare al massimo tutto il potenziale esprimibile dall’ammodernamento tecnologico stesso.
La mera sostituzione di tecnologie obsolete non darà probabilmente contributo significativo al miglioramento della qualità dei percorsi di cura. Prendiamo, per esempio, le liste di attesa che spesso ostacolano la presa in carico delle persone assistite. L’accessibilità alle prestazioni sanitarie varia significativamente sul territorio nazionale e i dati a nostra disposizione indicano bisogni sempre più urgenti 3 che spesso non trovano risposta nel sistema sanitario. Sebbene le tecnologie possano contribuire al netto miglioramento di questo aspetto, non sono sufficienti a garantire l’accessibilità alle cure né la risposta ai bisogni di salute.
Il Pnrr sta offrendo una importante opportunità di sviluppo dei sistemi sanitari grazie all’implementazione tecnologica: in
questo senso sarà indispensabile il coinvolgimento dei professionisti sanitari non solo come utilizzatori, ma nelle fasi di programmazione allocativa e nella determinazione di nuovi modelli organizzativi. Troppo spesso la sostituzione di tecnologie si limita all’introduzione di apparecchiature di ultima generazione in sostituzione di quelle considerate obsolete. In realtà, l’aspetto di vetustà tecnologica più significativo è quella funzionale: in questo caso non sono rilevanti solo la data di installazione e avvio delle attività e lo stato di avanzamento tecnologico rappresentato ma, principalmente, le attività erogate rispetto al contesto e di come queste rispondano alle aspettative della persona assistita e alle evidenze scientifiche attuali.
Ancora una volta, quindi, è fondamentale sottolineare come sia necessario pianificare adeguatamente la programmazione di implementazione delle nuove tecnologie rispetto il contesto e soprattutto i bisogni di salute dei cittadini.
Le valutazioni per la sostenibilità del sistema
Se consideriamo le dimensioni che devono essere analizzate nelle fasi di technology assessment, oltre a quelle più tenute in considerazione che si riferiscono all’efficacia e alla comparazione dei costi, stanno assumendo sempre più rilevanza analisi di equità e aspetti organizzativi: nel primo caso sono considerate la valutazione della disponibilità o dell’accessibilità della tecnologia all’interno del contesto locale assumendo il punto di vista degli assistiti, identificando potenziali limiti nell’utilizzo; sul piano organizzativo, invece, si valuta proprio la ricaduta che una tecnologia definisce in una organizzazione in seguito alla sua implementazione. Se riflettiamo, quindi, ancora una volta la corretta allocazione delle tecnologie passa da dimensioni di tipo relazionali ed etiche, oltre che di coinvolgimento diretto dei professionisti4
La corretta allocazione delle tecnologie passa da dimensioni di tipo relazionali ed etiche, oltre che di coinvolgimento diretto dei professionisti.
1. European Commission Radiation Protection N° 180 European Commission (2014) European dose DataMed Project
Nella valutazione delle tecnologie sanitarie, è importante capire perché quelle disponibili non vengano pienamente utilizzate, sia nelle strutture sanitarie territoriali generali che nelle organizzazioni universitarie e/o dedicate alla ricerca. Per questo, è cruciale coinvolgere i professionisti nella definizione dell’appropriatezza tecnologica, permettendo così di sistematizzare tutte le attività che oggi gestiscono i dati, spesso in modo non ufficiale e non protetto.
Pensare a un planning per l’implementazione di nuovi sistemi digitali (come per esempio la telemedicina) richiede un’estensione a tutte le nuove tecnologie, inclusi dispositivi e farmaci, secondo il principio dell’health technology assessment. Questo approccio inverte il paradigma attuale, che si concentra sull’adattamento dei bisogni della persona alle tecnologie disponibili. Invece, dobbiamo chiedere come le nuove tecnologie possano rispondere in modo appropriato ai bisogni di cura, richiedendo inevitabilmente nuovi modelli organizzativi.
Dobbiamo chiedere come le nuove tecnologie possano rispondere in modo appropriato ai bisogni di cura, richiedendo inevitabilmente nuovi modelli organizzativi.
Per realizzare questa visione, sarà essenziale garantire l’interoperabilità, la capacità di trasmettere e condividere dati in piena sicurezza (attualmente carente), nonché la condivisione di esperienze, formazione e competenze a livello globale.
Per concludere, in sintesi, è fondamentale immaginare un futuro diverso dall’attuale, con una attenzione particolare alla comunicazione e alla connessione tra diverse professioni sanitarie, migliorando costantemente sulla base delle evidenze scientifiche e che, grazie all’implementazione di nuovi percorsi di cura, possano rispondere sempre prima e sempre meglio ai bisogni del cittadino e alle aspettative dei professionisti. F
2. Atlante dell’infanzia rischio in Italia 2022 – Save the children
3. Rapporto civico sulla salute –cittadinanzattiva 2023
4. Health technology assessment: govenrance tecnologica per la sanità – Università Cattaneo Libri (modi cato DDF)
“La sanità digitale quale elemento per rispondere ai bisogni di salute del cittadino in prossimità” è il titolo del position paper elaborato dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) e pubblicato alla fine del 2023. Questo titolo racchiude le parole chiave del dibattito sulla telemedicina e rappresenta solo l’inizio di un approfondimento necessario che include anche l’intelligenza artificiale. Abbiamo svolto due anni di approfondimenti e di riflessioni per assicurare il nostro contributo attivo all’innovazione della digital health su più fronti.
La sanità dei “15 minuti” e la digital health literacy
Uno degli elementi alla base del position paper di Fnopi è rappresentato dal concetto dell’“ultimo miglio”, il luogo di prossimità, che ha inizio dal domicilio della persona assistita (“la casa come primo luogo di cura”) e si sviluppa attorno ad esso, nella logica della teoria della cosiddetta “città dei quindici minuti”1, dove i servizi sono fruibili dai cittadini in forma diretta, facilmente accessibili e con il minor impatto possibile sull’organizzazione di vita del cittadino, determinando così il criterio guida nelle scelte di investimento, organizzative e tecnologiche di sanità digitale. Attualmente, l’implementazione di soluzioni digitali in ambito sanitario sta creando un divario – in termini di accessibilità – tra i cittadini. Recenti studi dimostrano che i cittadini fruitori dei servizi sanitari in modalità digitale sono quelli che presentano meno problemi di salute, come il quarantenne in buona salute, con una buona posizione economica e residente in città. È fondamentale invece considerare la “fragilità digitale” di molti cittadini con problematiche legate alla cronicità e vulnerabili, mettendo in campo condizioni utili per rendere concreta la presa in carico anche dal punto di vista digitale del paziente.
È necessario modi care realmente i processi organizzativi per fornire risposte e caci ai bisogni di salute dei cittadini, evitando di sostituire semplicemente la carta con il computer.
Secondo ricerche recenti, fino all’80 per cento dei progetti di implementazione tecnologica fallisce a causa dell’impossibilità di superare le logiche organizzative esistenti. È necessario modificare realmente i processi organizzativi per fornire risposte efficaci ai bisogni di salute dei cittadini, evitando di sostituire semplicemente la carta con il computer.
Per Fnopi, è possibile implementare realmente nuovi servizi basati su logiche e sistemi digitali in grado di favorire l’accessibilità dei cittadini, solo se si tiene conto di alcuni elementi:
● usabilità della multicanalità integrata: sarà necessario integrare diversi e molteplici servizi informatici;
● empowerment: non tutti i cittadini sono ugualmente competenti sulle tecnologie digitali; il coinvolgimento della rete di prossimità è fondamentale per sostenere chi è in difficoltà, come gli over 65 che vivono soli e senza servizi territoriali;
● linguaggio standardizzato: un requisito essenziale da implementare immediatamente per favorire la ricerca futura;
● qualità delle relazioni: se cambia lo strumento, non si deve modificare il rapporto di cura e la relazione nei confronti della persona assistita; la formazione dei professionisti su questi aspetti diventa un requisito essenziale;
● teleassistenza: da implementare secondo le linee guida nazionali;
● modelli di presa in carico: elaborare nuovi modelli di presa in carico basati sulla coprogettazione (in cui inserire i professionisti sanitari e i cittadini fruitori) al fine di rendere flessibili le scelte organizzative.
Infine, è fondamentale mettere al centro dell’agenda politica il tema della responsabilità professionale e quindi attualizzare e migliorando la legge che la governa per armonizzare la prestazione resa in presenza o in remoto. F
Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche
1. Il modello urbanistico elaborato dallo scienziato Carlos Moreno prevede che ogni necessità dei cittadini (dal lavoro
alla socialità, incluse la sanità e l’istruzione) possa essere disponibile spostandosi a piedi, in bicicletta o con mezzi pubblici sostenibili
nell’arco di quindici minuti dalla propria abitazione. Qui il video della sua Ted Talk “The 15-minute city” del 20 ottobre 2020.
Forward si è rivolto ai suoi lettori per raccogliere il loro punto di vista sulla telemedicina quale modello di cambiamento nelle cure e nell’assistenza. Alla survey online hanno risposto 411 persone, con un’età media di 58 anni, per la maggior parte dal nord (48%) e centro Italia (38%), e un numero minore dal sud (9%) e dalle isole (5%). Il campione è composto per il 61% da professionisti sanitari e per il 39% da epidemiologi, ricercatori, giornalisti, studenti e cittadini interessati ai temi di medicina e politiche sanitarie.
La maggior parte dei risponditori ha dichiarato di non ricorrere come paziente a strumenti di telemedicina perché non ne sente la necessità (52%) o perché non ne è conoscenza (18%); un terzo li utilizza, più o meno spesso (whatsapp, videochiamate e chiamate telefoniche). Più della metà dei medici, infermieri e farmacisti (53%) che hanno partecipato alla survey non adopera servizi di telemedicina per lavoro; mentre la parte restante li utilizza talvolta (31%) o regolarmente (17%) per teleconsulenza (33%), telemonitoraggio (28%), televisita (18%), teleassistenza (13%) o telecooperazione sanitaria (8%).
Il quadro che emerge dalle risposte è quello di una telemedicina utile soprattutto ai pazienti lontani dai luoghi di cura, ai pazienti con malattie croniche o con problemi di mobilità. Il monitoraggio della terapia (25%) e la gestione della cronicità (21%) sono gli ambiti assistenziali che possono trarne maggior vantaggio. Ma per arrivare a una telemedicina concreta e accessibile a tutti, la quasi totalità dei risponditori concorda pienamente (55%) o abbastanza (40%) sulla necessità di percorsi formativi progettati con i medici e il 99% sulla necessità di una collaborazione sinergica delle diverse professioni. Per molti è troppo presto per parlare di evidenze solide sul rapporto costo-e cacia (45%) e serve trovare un modo a nché la telemedicina sia sostenibile per il Ssn (40%).
Ritieni che la riservatezza della conversazione a distanza tra medico e paziente comporti dei problemi di privacy?
I problemi di privacy esistono ma sono sopravvalutati
Non ci sono particolari problemi di privacy
Sì, i problemi di riservatezza sono importanti e sottovalutati
Sì, i problemi legati alla privacy sono molto rilevanti
Non saprei
Quali pazienti credi siano i più adatti a trarre vantaggio
I pazienti che vivono in aree remote, distanti dagli ambulatori e dagli ospedali
Le persone con malattie croniche che hanno frequente necessità di consigli
Quali sono le sfide maggiori per la diffusione e il successo della telemedicina in Italia?
Interoperabilità tra i vari sistemi e la gestione dei dati
Formazione dei professionisti sanitari
Accesso e presenza di una tecnologia adeguata
Formazione informatica e supporto tecnico a pazienti e caregiver
Fiducia nella digital health da parte delle varie parti interessate
Disponibilità di tecnologie adeguate alle diverse categorie di pazienti
Elaborazione e condivisione di tutti i dati prodotti dalle prestazioni erogate a distanza
Valutazione dei costi-benefici e dei benefici sociali
“La telemedicina mi permette di bilanciare meglio i miei obblighi professionali e familiari”. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Utilizzandola come professionista della sanità Utilizzandola come cittadino o paziente
Quali sono i maggiori rischi legati all’introduzione della telemedicina?
L’aumento delle disuguaglianze nell’accesso al servizio sanitario
La riduzione della soddisfazione del paziente
Il rischio di errore del professionista
La perdita di riservatezza nella relazione medico-malato
Altre opzioni
dalla telemedicina?
I pazienti con problemi di mobilità I pazienti che i rispettivi medici conoscono da più tempo
Gli assistiti più giovani e più familiari con i dispositivi
“I pazienti preferiscono incontrare il medico o l’infermiere personalmente”. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Abbastanza d’accordo 42%
La telemedicina potrà alleggerire la pressione sugli studi medici e, in prospettiva, sui Pronto soccorso?
Sì, ma ci vorrà del tempo perché questo accada
I genitori con neonati o figli piccoli 3% 60% 26% 14% 23% 11% 9%
Molto d’accordo 4%
Sì, certamente No, perché il rapporto tra assistito e professionista sanitario è essenziale per la cura
Molto d’accordo 54%
“I professionisti sanitari preferiscono incontrare il paziente personalmente”. Quanto sei d’accordo con questa affermazione? 71%
Abbastanza d’accordo 18%
Per niente d’accordo 11%
Per niente d’accordo
Dopo le soluzioni di telemedicina “fatte in casa” durante covid-19, quando era urgente operare a distanza sui pazienti, tra cui quelli cronici, è adesso il momento di dare impulso alla telemedicina, rispondendo all’esigenza di sviluppo di strumenti e piattaforme che siano e caci e sicuri ma anche equamente accessibile a tutti.
Quali gli ostacoli e come superarli per garantire che nessuno venga lasciato indietro?
Fuori dall’Italia il percorso verso la sanità digitale è cominciato da tempo. E analizzarne punti di forza e criticità sarebbe utile per mettere a fuoco il divario tra obiettivi attesi e quelli effettivi nonché gli ostacoli da superare. Uno degli aspetti più interessanti fra quelli documentati nei primi anni di disponibilità delle piattaforme, quindi a ridosso del covid-19, è l’idea di poter fornire strumenti per il processo di democratizzazione delle cure. Ma, appunto, è un’idea: non è andata proprio così. Fin da subito, sono stati pubblicati diversi studi, relativi al periodo 2021-2022, che indicano come gli strumenti di sanità digitale, in particolare gli strumenti di telemedicina, abbiano in realtà introdotto disuguaglianze. Per esempio, dall’analisi dei dati amministrativi prima e durante la pandemia dei residenti in Ontario, in Canada, è emerso che questo genere di strumenti è stato utilizzato prevalentemente nei centri urbani anziché nelle zone rurali1 e soprattutto dai pazienti adulti, lasciando invece ai margini gli anziani – una delle categorie alle quali la telemedicina dovrebbe essere rivolta.
Il fenomeno interessa diversi ambiti. Tra questi, l’oncologia: si è visto, infatti, che i pazienti non assicurati – seguiti dal programma Medicare, e quindi i più svantaggiati anche dal punto di vista economico – avevano meno probabilità di completare la visita di telemedicina rispetto agli altri pazienti. Tale differenza, invece, non si è manifestata con le visite telefoniche2. Analoghe evidenze riguardano la pediatria. In questo caso, i bambini provenienti da famiglie svantaggiate, e appartenenti a determinati gruppi razziali e gruppi etnici, hanno avuto meno probabilità di fruire di prestazioni di telemedicina3
Pubblicazioni più recenti documentano lo stesso andamento nell’impiego della telemedicina nel campo della salute mentale, in particolare per lo screening della depressione. Uno studio statunitense4 ha visto coinvolti 37mila pazienti unici per un totale di 57mila visite. Ciò che ne è venuto fuori è che i pazienti ave-
vano minori probabilità di essere sottoposti a screening nelle visite video e telefoniche rispetto ai pazienti visitati di persona. I pazienti che utilizzavano la videovisita o la televisita erano decisamente inferiori rispetto agli altri e questo era particolarmente evidente per i pazienti che provenivano dai programmi di assistenza Medicare. Di nuovo, i pazienti in condizioni più svantaggiate avevano una probabilità più elevata di essere discriminati attraverso questi programmi rispetto a chi invece aveva un’assicurazione privata. I soggetti con cronicità e con un maggior numero di patologie, e che perciò dovrebbero essere maggiormente controllati, sono stati in realtà meno seguiti.
Gli ostacoli connessi alla tecnologia
Eugenio Santoro Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs
Siamo allora di fronte a una vera e propria condizione di digital divide, le cui cause sono note: scarsa formazione e capacità di usare la tecnologia soprattutto tra gli anziani, infrastrutture carenti e che non arrivano ovunque, velocità non sufficientemente adeguata per la fruizione di questi strumenti. A dire il vero, quest’ultima potrebbe non essere una delle principali ragioni di discriminazione, come si è portati a credere. Infatti un recente studio5 ha documentato come anche tra i pazienti che potevano usufruire di una banda con velocità piuttosto elevata – circa un gigabyte – l’utilizzo della telemedicina rimaneva basso, segno che le ragioni alla base di queste differenze sono da ricercare altrove. L’età, forse, visto che i meno rappresentati sono, ancora una volta, gli anziani e i residenti nelle zone rurali. Negli Stati Uniti diversi studi hanno confermato che la telemedicina è presente a macchia di leopardo, indipendentemente dalle prestazioni fornite e dalla distribuzione dei centri. Un’altra importante differenza esiste fra pubblico e privato. Infatti i centri che offrono prestazioni in regime privatistico mettono a disposizione più servizi di telemedici-
na rispetto a quelli che operano nel pubblico, creando ulteriori disuguaglianze tra pazienti. Tuttavia gli studi in questo campo sono concordi su un punto. Tutti infatti mostrano come il ricorso alla telemedicina, finita l’emergenza covid-19, abbia esaurito la spinta propulsiva della prima ora, ridimensionando il fenomeno della “medicina a distanza”. La pandemia ha fornito una straordinaria occasione per l’impiego di questi strumenti che oggi vengono ripensati e sviluppati su piattaforme forse meno accessibili rispetto a quelle più “spartane” della prima ora, ma certamente più sicure, affidabili e performanti. Rimangono dunque da superare gli ostacoli che generano le differenze nell’accesso, per evitare che il loro impiego sia destinato a chi ne ha meno bisogno.
Perché le disuguaglianze?
I dati fin qui illustrati sono stati ulteriormente confermati da un recente documento dell’Organizzazione mondiale della sanità6 frutto dell’analisi di 22 revisioni sistematiche e metanalisi pubblicate tra il 2016 e il 2022 che avevano come oggetto la valutazione degli strumenti di sanità digitale. Lo studio ha permesso di mappare il loro impiego in funzione di diversi indicatori, fra i quali genere, età, luogo e patologia. Il risultato conferma quanto era già stato osservato sia nelle ricerche effettuate durante la fase acuta dell’emergenza pandemica che in altre più recenti. Gli strumenti di sanità digitale, compresa dunque la telemedicina,
14% 9% 7% 4% <1%
Negli Stati Uniti, l’utilizzo nei centri urbani è stato costantemente superiore a quello delle zone rurali APRILE 2020DICEMBRE 2020
TELEMEDICINA NELLE AREE URBANE E RURALI DURANTE LA PANDEMIA
Modi cato da: Telehealth policy & usage in the United States. ProAssurance 2022.
risultano essere maggiormente utilizzati nelle aree urbane rispetto a quelle rurali, e riguardano soprattutto pazienti di origine caucasica e anglofoni rispetto a coloro che appartengono a minoranze etniche. Non solo: fra gli utilizzatori di questi strumenti si ritrovano, ancora una volta, giovani, in possesso di istruzione superiore, provenienti da condizioni socio-economiche elevate e individui senza disabilità o esigenze sanitarie complesse.
Il problema delle disuguaglianze è dunque oggettivo e deve essere affrontato in ognuno dei suoi fattori scatenanti. L’infrastruttura e gli ostacoli all’accesso sono due delle cause più evidenti ma non sono le uniche. Incidono anche il digital divide, cioè la difficoltà ad utilizzare questi strumenti da parte di individui non più giovani, e la digital health literacy. Gli enti erogatori sono poi scarsamente coinvolti in attività di engagement e da parte del medico esiste la oggettiva difficoltà a stabilire un contatto empatico con il paziente attraverso la tecnologia digitale.
Soluzioni condivise e nuovi orizzonti
Perché la telemedicina sia una realtà accessibile a chiunque non è sufficiente avere lo strumento disponibile e funzionante dal punto di vista tecnico. Sono indispensabili percorsi formativi precisi e progettati con i medici. Questo tipo di formazione non dovrà guardare solo alle competenze informatiche, ma dovrà riguardare anche quelle organizzative (per esempio
gli ospedali e i centri che ospiteranno le nuove tecnologie andranno ripensati in funzione dei nuovi servizi) contribuendo così a migliorare la fiducia dei cittadini nei confronti della sanità digitale.
Infine, la co-progettazione e la co-creazione di questi strumenti dovranno necessariamente passare dai medici e dai pazienti, i quali, essendo i fruitori ultimi di tali sistemi, potranno fornire fondamentali suggerimenti.
Tutto ciò non può realizzarsi senza condurre studi clinici che siano in grado di: misurare il livello di adozione degli strumenti di telemedicina e di sanità digitale; misurare la loro efficacia e la loro sostenibilità economica confrontando gli esiti ottenuti attraverso la telemedicina con quelli ottenuti dalle visite tradizionali e identificando i pazienti che
1. Chu C, Cram P, Pang A, et al. Rural telemedicine use before and during the covid-19 pandemic: repeated crosssectional study. J Med Internet Res 2021;23:e26960.
2. Tam S, Wu VF, Williams AM, et al. Disparities in the uptake of telemedicine during the covid-19 surge in a multidisciplinary head and neck cancer population by patient demographic characteristics and socioeconomic status. JAMA Otolaryngol Head Neck Surg 2021;147:209-11.
maggiormente potranno beneficiare di questi strumenti. Occorre poi pensare a come inserire questi strumenti nei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali affinché il loro impiego sia basato su solide prove di efficacia. Molti di questi studi potrebbero essere già condotti accedendo ai dati delle televisite. Altri potrebbero essere disegnati adottando nuove metodologie e nuovi disegni, oppure monitorando nel tempo gli esiti prodotti.
Il ruolo di Agenas sarà fondamentale non solo come agenzia preposta allo sviluppo della sanità digitale ma anche come agenzia collettrice di dati (come per esempio quelli del Programma nazionale esiti) utili non solo a governare l’intero processo, ma anche a identificare possibili cluster e discriminanti per l’uso (o il mancato uso) della telemedicina in Italia F
3. Brociner E, Yu KH, Kohane IS, Crowley M. Association of race and socioeconomic disadvantage with missed telemedicine visits for pediatric patients during the covid-19 pandemic. JAMA Pediatr 2022;176:933-5.
4. Garcia ME, Neuhaus J, LivaudaisToman J, et al. Telemedicine and depression screening after the start of the covid-19 pandemic. JAMA Netw Open 2024;7:e2347686.
5. Tilhou AS, Arjun Jain A, DeLeire T. Telehealth expansion, Internet speed, and primary care access before and during covid-19. JAMA Netw Open 2024;7:e2347686.
6. Equity within digital health technology within the WHO European Region: a scoping review. Copenhagen: WHO Regional O ce for Europe, 2022.
Negli ultimi anni l'adozione di soluzioni digitali nella sanità è cresciuta in Europa come nel resto del mondo, modi cando in parte le modalità di diagnosi, cura e assistenza dei pazienti. A fronte di un aumento dell’o erta di servizi di telemedicina, si rende necessario un investimento maggiore in tecnologie e piattaforme digitali nonché nell’alfabetizzazione dei cittadini e formazione degli operatori sanitari per garantire un accesso equo e sicuro alla sanità digitale.
44 Paesi su 53 hanno una digital health policy
19 Paesi su 52 dichiarano che la mancanza di fondi è il principale ostacolo per l'implementazione dei sistemi di cartelle cliniche elettroniche
The ongoing journey to commitment and transformation. Digital health in the WHO European Region 2023
Alla survey hanno partecipato tutti e 53 gli Stati membri, ma dato che alcune domande non erano obbligatorie il tasso dei Paesi rispondenti è variabile.
Il rapporto pubblicato nel 2023 dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale delle sanità evidenzia che c’è ancora molto da fare e che serve un maggiore impegno politico da parte dei governi e sistemi sanitari per garantire investimenti mirati e adeguati nelle infrastrutture di salute digitale del futuro. Dalla survey, che ha coinvolto i 53 Paesi membri della Regione europea dell’Oms per capire come si stanno muovendo in un’ottica di digital health, emerge che per la maggior parte hanno un programma nazionale per la salute digitale e tutti hanno delle leggi per la tutela della privacy dei dati personali. Tuttavia, ci sono ancora molte lacune e aree di miglioramento: solo 19 Paesi hanno sviluppato linee guida per valutare gli interventi di salute digitale, poco più della metà ha dichiarato di avere delle politiche per la alfabetizzazione digitale in ambito sanitario e un piano per l'inclusione digitale, e di aver sviluppato una strategia che regola l'uso dei big data nel settore sanitario. Alla luce dei dati raccolti, le raccomandazioni principali per rafforzare i sistemi sanitari attraverso soluzioni digitali sono:
● fornire un accesso a banda larga affidabile e a basso costo per ogni famiglia e comunità;
● assicurare che i dati sanitari siano sicuri per costruire e mantenere la fiducia negli strumenti e interventi di salute digitale;
● rendere interoperabili i sistemi di salute digitale, inclusi i fascicoli sanitari elettronici, all'interno dei singoli Paesi e tra i diversi Paesi. F
39 Paesi su 51 hanno un ente governativo che monitora adozione e utilizzo della digital health
41 Paesi su 44 considerano una priorità migliorare l’accesso e il riutilizzo dei dati
52 Paesi su 52 hanno un finanziamento pubblico per implementare programmi di digital health
27 Paesi su 52 hanno un programma di alfabetizzazione digitale
45 Paesi su 52 hanno un sistema nazionale di cartelle cliniche elettroniche, cartelle cliniche elettroniche regionali interconnesse o un portale per i pazienti
25 Paesi su 45 hanno sviluppato un programma di inclusione digitale
La medicina generale è di prossimità per antonomasia. Discende infatti da quella medicina-tra-la-popolazione che tra il diciassettesimo e diciannovesimo secolo si è separata da quella tra-le-mura-ospedaliere1
L’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, in particolare della telemedicina, può determinare profondi mutamenti nell’ambito della disciplina.
In questa sede esaminiamo due possibili scenari di cambiamento in ambito clinico.
Il valore di sintomi e segni nella consultazione medica
La consultazione medica classica inizia con una persona che riferisce i propri sintomi, espressioni soggettive di un possibile processo morboso. Tali sensazioni sono presentate senza una netta scissione tra corpo e sé, mentre il medico le affronta “come se accanto o dentro al corpo adagiato sul lettino vi fosse un terzo soggetto parlante immateriale, biologicamente non determinato, che gli descrive cosa sembra non funzionare”2. L’interpretazione dualistica della narrazione dell’assistito impedisce al curante di riconoscere l’esistenza di una soggettività collegata al corpo e quindi di attribuire al sintomo descritto un valore pari a quello che solitamente viene assegnato al segno osservato. Per questo, secondo la tradizione medica, i sintomi, soggettivi e riferibili soltanto (d)al paziente, sono dotati di una valenza poco “scientifica”, mentre le misure oggettive, di natura clinica, strumentale o di laboratorio, sono segni inconfutabili, che peraltro solo il medico ha il diritto e il potere di osservare e interpretare per stabilirne la rilevanza clinica e, quindi, l’effettivo “valore”.
Le nuove tecnologie digitali, utilizzabili dal paziente o dal caregiver, permettono di controllare parametri biologici fondamentali come la frequenza cardiaca, la saturazione di ossigeno, l’attività elettrica cardiaca, la pressione arteriosa, il peso corporeo, l’attività respiratoria, la glicemia. Tali sistemi di misurazione possono fornire dati di flusso dinamici, di alto valore in termini clinici, in grado
di migliorare il monitoraggio a distanza delle patologie e rendere più efficienti i processi decisionali.
I segnali ottenuti dai device possono peraltro rilevare anche misure di sensazioni comprese da sempre soltanto attraverso la lente della soggettività, come il tono dell’umore, l’attività cognitiva3 e in futuro l’attività neuroendocrina4. La tecnologia digitale può dunque oggettivare l’effettiva realtà delle percezioni del paziente, e può consentire di attribuire al sintomo la dignità di segno e quindi al paziente l’attendibilità e la veridicità di quanto descrive5
Il tatto come legame tra medico e paziente
Nel contesto tradizionale della visita medica, il tatto e la palpazione sono indispensabili per diagnosticare o sospettare patologie. Ma non è soltanto un problema di semeiotica. La capacità del medico di esaminare un corpo attraverso le proprie mani è il fulcro della relazione medico-paziente. Toccare il corpo dell’ammalato significa comprensione, rassicurazione, presa in carico.
ni mantengano un ruolo centrale nel fornire supporto emotivo e comprensione ai pazienti, che l’interazione umana rimanga una parte essenziale della professione sanitaria6
Le nuove tecnologie generano orizzonti inediti del possibile che possono diventare reali in tempi brevi. Sembra realizzabile una sorta di nuovo apparato sensoriale, in grado di accedere a realtà fisiche in modalità, scale e forme che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Per effetto di queste nuove prospettive di rappresentazione, è possibile registrare con occhi nuovi e ridefinire lo stesso concetto di identità corporea. L’esperienza clinica insegna peraltro che la presa in carico delle persone deve comprendere un approccio globale, incentrato sulla identificazione e condivisione di valori, senso, interessi, obiettivi, timori e speranze, dimensioni difficilmente misurabili e oggettivabili e pertanto a rischio di essere meno considerate rispetto ai dati strumentali.
Se alla ne la medicina digitale dovesse prevalere, è necessario praticare almeno il “tatto” come sensibilità interpersonale, delicatezza, capacità di intercettare lo stato d’animo dell’altro e rispettarlo.
Giampaolo Collecchia
Medico di medicina generale
U cio di presidenza
Comitato per l'Etica nella clinica
Azienda
Usl Toscana
Nord Ovest
Si assiste peraltro da molti anni al progressivo retrocedere dell’esame obiettivo nella pratica clinica. Nell’assistenza sanitaria contemporanea, il tatto sembra infatti in via di estinzione. Prima l’obsolescenza dell’interazione con il malato a causa del richiamo della tecnologia diagnostica, poi il “distanziamento sociale” di covid-19 e, infine, l’espansione della telemedicina hanno contribuito ad allontanare i curanti dagli assistiti. All’indagine clinica legata alla prossimità, al contatto, si è sostituita la parola pronunciata da lontano, il ricorso al linguaggio come unica risorsa per entrare dentro il corpo e capirne le traversie.
In realtà la mano del medico rimane uno degli strumenti diagnostici più preziosi e la sua fine sarebbe una grande perdita per l’arte della medicina. Per preservare il contatto fisico la consapevolezza è il primo passo: la tecnologia ci separa dai pazienti ma non è il vero problema. È solo quando diventa un fine anziché un mezzo che rischiamo di perdere secoli di tradizione medica. È pertanto necessario trovare un equilibrio tra l’utilizzo della tecnologia e la garanzia che gli operatori sanitari uma-
La direzione di massima è segnata: i dispositivi prima o poi diventeranno affidabili, probabilmente in forme che al momento non sono nemmeno ipotizzabili, e troveranno sicuramente indicazioni di utilizzo, almeno in pazienti e contesti selezionati. Il medico deve avere un approccio costruttivamente critico per utilizzare le enormi potenzialità della telemedicina ma anche conoscerne i limiti. In ogni caso, anche se alla fine la medicina digitale, nel senso “ossimorico” del termine7, dovesse prevalere, è necessario praticare almeno il “tatto” come sensibilità interpersonale, delicatezza, capacità di intercettare lo stato d’animo dell’altro e rispettarlo.
NEI PAESI OCSE NEL 2020
Quota percentuale di teleconsulti sul totale delle consultazioni mediche
Le nuove tecnologie digitali, utili per studiare condizioni patologiche, stanno orientando sempre più la cultura medica anche verso la misurazione della salute e del benessere, realizzando una sorta di data-driven world. Gli obiettivi degli utilizzatori “sani” sono diversi: dalla semplice registrazione dei dati da parte di soggetti che già adottano uno stile di vita salutare e vogliono semplicemente quanti care i loro progressi (numero di passi giornalieri, velocità di marcia massima, media e istantanea, tempo settimanale dedicato ad attività sica moderata, tness cardiorespiratorio), all’utilizzo volto a migliorare il benessere psicologico ed emozionale, la socialità e la capacità relazionale, la produttività e le performance professionali. La concezione della vita come fenomeno misurabile ha determinato addirittura lo sviluppo di una rete globale di appassionati, nell’ambito di un ampio movimento culturale, chiamato quanti ed self, il cui slogan è: “la conoscenza di sé attraverso i numeri”.
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4
Teleconsulti medici pro capite
Con la pandemia covid-19 il numero di consultazione tra medico e paziente e ettuate a distanza è aumentato vertiginosamente. Secondo il rapporto Ocse “The covid-19 pandemic and the future of telemedicine”, in nove dei Paesi Ocse di cui si hanno a disposizione i dati, i teleconsulti nel 2022 rappresentavano il 21 per cento di tutte le consultazioni mediche, a fronte dell’11 per cento nel 2019.
* La Norvegia esclude i teleconsulti da parte di medici specialisti; la Spagna copre le consultazioni a medici generici e pediatri che lavorano nei centri di assistenza sanitaria di base del Ssn; i valori per la Repubblica Ceca sono stime; i dati per il Portogallo provengono dal “Portale da transparência” del Ssn. Fonte: Oecd Health statistics 2022.
Modi cato da: Oecd. “The covid-19 pandemic and the future of telemedicine”, 2023.
1. Parma E. Un ponte tra scienza della natura e scienza umana. In: Caimi V, Tombesi M (a cura di). Medicina generale. Torino: Utet, 2003.
2. Bernabè S, Benincasa F, Danti G. Il processo diagnostico. In: Caimi V, Tombesi M (a cura di). Medicina generale. Torino: Utet, 2003.
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5. Collecchia G. Il potere del cittadino nella cultura digitale. Recenti Prog Med 2021;113:1-3.
6. Collecchia G. Il potere declinante del tocco umano nel mondo digitale. Recenti Prog Med 2024;115:175-8.
7. Collecchia G, De Gobbi R. I chiaroscuri della medicina digitale: ma non si tratta di un ossimoro? Recenti Prog Med 2021; Suppl Forward22; S35.
Il testo è tratto da Collecchia G, De Gobbi R. Intelligenza arti ciale e medicina digitale. Una guida critica. Roma: Il Pensiero Scienti co Editore, 2020.
Il rovescio della medaglia è che la vita stessa rischia di diventare di pertinenza della medicina, in quanto oggettivabile in termini medici. La “sensorizzazione” è infatti ormai parte della vita quotidiana di molte persone, soprattutto, peraltro, di quelle che in realtà ne hanno meno bisogno: giovani, mediamente benestanti, tecnologicamente competenti e già fortemente orientati a utilizzare la tecnologia. L’utilizzo dei dispositivi di monitoraggio non è peraltro soltanto un problema di e cacia/e cienza, ma di cambiamento di paradigma culturale. Il rischio è che si stia realizzando una sorta di nuovo apparato sensoriale, una strumentazione pervasiva, in grado di registrare con occhi nuovi e ride nire lo stesso concetto di identità corporea e di persona. Questi processi sfuggono al controllo delle persone e possono venire concepiti come un vero e proprio ambiente, una realtà decisamente nuova rispetto al passato, dove la conoscenza stessa circola in rete, quella che Luciano Floridi de nisce “infosfera”, nella quale viviamo e interagiamo costantemente, sia online che o ine, in analogia con la biosfera come ambito nel quale operano tutti gli esseri viventi1 Come a erma Eric Sadin: “La s da è quella di riuscire, alla lunga, ad abbracciare la totalità dei fenomeni, facendo emettere loro dei segnali in modo da averne una perfetta intelligenza, una ‘vasta intelligenza’ per dirla con il matematico Laplace, formata dalla conoscenza della globalità degli stati del mondo in un dato momento”2 I medici devono prepararsi a gestire la relazione con pazienti che sempre più spesso sottoporranno dati da loro stessi ottenuti, autonomamente, con il rischio di essere travolti da una enorme massa di informazioni e da nuove responsabilità, in un contesto di maggiore incertezza e confusione, ad esempio per l’utilizzo di strumenti non validati o per le eccessive aspettative riposte dagli assistiti nella tecnologia. È pertanto auspicabile, e forse indispensabile, una collaborazione tra i clinici e gli sviluppatori per integrare le possibilità della tecnologia con l’esperienza della pratica, in modo da rispondere ai veri bisogni delle persone e alle loro necessità di cura. Si tratta inoltre di sviluppare strategie e strumenti per una “vera” partecipazione alla cultura della salute/ malattia, che non signi ca sfruttamento delle persone trasformate in pro lazioni di dati o gestione diretta da parte dei cittadini, ma esercizio concreto di ascolto reciproco e condivisione. Fondamentale è un approccio globale, incentrato sulla identi cazione e condivisione di valori, senso, interessi, obiettivi, per una cultura medica nella quale il potere delle decisioni possa essere condiviso tra curanti e coloro che ne vivono in prima persona le conseguenze. •
1. Floridi L. La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo. Milano: Ra aello Cortina, 2017. 2. Sadin E. Critica della ragione arti ciale. Roma: LUISS, 2019.
Èarrivata finalmente la telemedicina Non è quella promessa dal Pnrr e mirata alla presa in carico degli assistiti anche a distanza attraverso la tecnologia. Per ora dobbiamo accontentarci di una sua versione low cost e vipparola, cioè la tele-medicina intesa come “medicina televisiva”, l’arte avventurosa di diagnosticare le malattie ai famosi visti alla tv. L’ultimo esempio lo ha fornito il duello televisivo tra Joe Biden e Donald Trump, dopo il quale i media italiani si sono affrettati a cercare professionisti disposti a emettere una diagnosi sullo stato di salute dell’ottantunenne presidente degli Stati Uniti. “Visti i sintomi, sospetto che Biden abbia il parkinson” ha cominciato Diego De Leo, il presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria. Roberto Bernabei, ex-geriatra al Gemelli, è stato anche più tranchant: “nelle immagini che ci ha offerto la tv c’è un signore, Joe Biden, che ha il parkinson” ha detto al Giornale. Dal reparto di neurologia del Corriere della Sera è arrivato un parere divergente del dottor Marco Trabucchi: “Escluderei parkinson e demenza. Ma c’è un disturbo cognitivo”. Un consulto di uno specialista privato per giungere a una simile diagnosi ha un prezzo medio piuttosto elevato. La “medicina televisiva” invece fornisce pareri anche senza richiesta, come fosse uno screening o una vaccinazione obbligatoria.
I presidenti delle grandi potenze sono i soggetti privilegiati di questa pratica. Anche Donald Trump è stato spesso oggetto di diagnosi televisive sin dalla sua prima campagna elettorale. Nel 2017, l’associazione di psichiatri Duty to Warn parlò di “pericolosa malattia mentale” a proposito del presidentemagnate. Sette anni dopo, la sua diagnosi è cambiata e adesso parla di “probabile demenza”, come fanno i colleghi italiani a proposito di Biden. Su Vladimir Putin la telemedicina si è decisamente sbizzarrita. Dopo l’invasione ucraina di due anni fa, i tele-medici italiani e non hanno (stra)parlato di parkinson, paranoia, sindrome di Cushing e cancro metastatico. Come vuole l’adagio popolare, gli hanno allungato la vita.
La pratica di diagnosticare malattie dal tinello di casa è deprecabile e assomiglia alle campagne di odio che vengono amplificate sui social. Anzi, è pure peggio. Fragolina92 che ti dà del “cretino!” su X (ex Twitter) è già fastidiosa ma basta uno “specchio riflesso!” per ribattere. Un professionista che dà in pasto ai media una diagnosi angosciante (e del tutto inaccurata) come il parkinson può fare molti più danni. Inoltre, l’uso dell’autorevolez-
za scientifica a scopo politico costituisce una distorsione del dibattito democratico le cui conseguenze sono facilmente immaginabili e che alla fine danneggiano la professione stessa.
Tanto è vero che già cinquant’anni fa la American psychiatric association provò ad arginare il fenomeno dopo un episodio eclatante. Il giorno prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 1964, quando l’era della politica-show era appena iniziata, i lettori del magazine Fact trovarono in edicola con tanto di punto esclamativo nel titolo di copertina: “1189 psichiatri sostengono che Goldwater è psicologicamente inadatto a diventare presidente!”. Barry Goldwater era il candidato repubblicano contrapposto al democratico Lyndon B. Johnson. Nelle settimane precedenti, la rivista aveva inviato a tutti i membri dell’American psychiatric association un sondaggio con la richiesta di valutare lo stato mentale del candidato Goldwater, sul quale circolavano voci di esaurimento nervoso. Al giornale arrivarono 2417 risposte. La metà – 1189 per l’appunto –ritenevano Goldwater inadeguato al ruolo. Ben 41 pagine del numero furono riempite con dettagliati commenti firmati tra cui ”l’instabilità mentale di Barry Goldwater deriva dal fatto che il padre era ebreo e la madre protestante”, “credo che Goldwater abbia la stessa patologia di Hitler, Castro, Stalin e altri leader notoriamente schizofrenici” o “ho l’impressione che abbia un disordine narcisistico della personalità con elementi paranoici non troppo latenti”. Invece, 617 risponditori diedero un parere positivo sul candidato. Solo 571 psichiatri risposero di non avere abbastanza informazioni per una valutazione e talvolta lo fecero in modo polemico. “Credo che debbano essere resi noti i nomi di psichiatri e psicologi che rispondono a questo sondaggio così potremo capire quali usano la sfera di cristallo” scrisse un medico. Lo psichiatra newyorkese Richard Gardner, oggi noto soprattutto per le sue teorie “giustificazioniste” sugli abusi sessuali in famiglia e morto suicida per auto-accoltellamento nel 2003, quella volta fu tra i più equilibrati: “qualunque patologia abbia Goldwater non è abbastanza esplicita da essere diagnosticata solo guardando la tv”.
Il giorno dopo Johnson vinse le elezioni per distacco, come era largamente previsto dai sondaggi. Goldwater però non aveva gradito quella copertina e a cose fatte denunciò l’editore di Fact ottenendo un risarcimento di 75mila dollari. La stessa American psychiatric association aveva condannato l’iniziativa giornalistica e nel 1973 modificò il suo codice di condotta precisando che “fornire un’opinione professionale senza aver condotto personalmente un esame è contrario all’etica”. La norma fu battezzata goldwater rule. Nelle norme di comportamento degli psichiatri italiani una regola del genere non esiste. Ma il codice deontologico impone la massima riservatezza sulle diagnosi. In più, il codice etico della Società italiana di psichiatria chiede allo psichiatra di “comportarsi e presentare le informazioni in modo da preservare la dignità della professione di psichiatra, delle materie e degli argomenti attinenti alla psichiatria e alle persone affette da disturbi mentali” e “prevenire che le dichiarazioni rilasciate possano essere oggetto di una errata interpretazione”.
Fornire un’opinione professionale senza aver condotto un esame è contrario all’etica?
Non tutti però pensano che la goldwater rule sia ancora di attualità. “L’idea che un colloquio personale sia necessario per formare una diagnosi non ha molto senso” ha spiegato John Gartner, uno dei fondatori di Duty to warn. “La ricerca dimostra che il colloquio psichiatrico è lo strumento statisticamente meno affidabile per formulare una diagnosi”. Gli psichiatri di Duty to warn sono soprattutto contrari a un’interpretazione estensiva della goldwater rule, secondo cui gli psichiatri dovrebbero astenersi dall’intervenire nel dibattito politico sulla base delle loro competenze. “Quando si cita la goldwater rule si dovrebbe fare riferimento anche alla precedente Dichiarazione di Ginevra, che obbliga i medici a prendere la parola contro i governi pericolosi” sostenne all’epoca del dibattito su Trump Bandy Lee, uno dei membri. La dichiarazione nasceva in risposta all’esperienza nazista. Dal 2017, i critici nei confronti di una norma che toglie agli psichiatri il diritto a esprimersi sono aumentati. Lo psicologo statunitense Ravi Chandra in un recente commento sul sito Psychology Today ha esplicitamente sostenuto la necessità di una revisione della norma. “Chiedere a psichiatri preparati e competenti, esperti di psicologia politica e sociale e di medicina legale di non esprimersi su argomenti impegnativi reprime il pensiero stesso (…) Ci impone dei limiti nel sognare un Paese e un mondo migliori”.
Il dibattito è aperto. F
Vedi anche
Medici di parte e diagnosi errate: il punto di vista di Vinay Prasad
Acommentare il dibattito presidenziale negli Stati Uniti del 27 giugno scorso – e soprattutto le condizioni di salute di Joe Biden –non sono stati solo i medici italiani. Una tendenza, questa, partita già oltreoceano, che ha suscitato non poche polemiche. “Come milioni di americani ho guardato il dibattito presidenziale questa settimana. Ne ho discusso in privato con gli amici, ma mi sono astenuto dal commentare in pubblico. Perché? Per due motivi”, ha commentato qualche giorno dopo Vinay Prasad, oncoematologo e fondatore con Adam Cifu e John Mandrola di Sensible Medicine, blog nato come spazio di discussione e confronto sui temi caldi della sanità che ha ospitato questa ri essione. “Primo – continua – non credo di avere niente di particolarmente
unico da dire che non sia già stato detto da decine di altri. Secondo, penso che i dottori dovrebbero cercare di essere meno apertamente di parte. Dopotutto, ogni medico deve prendersi cura di pazienti che votano per entrambi i partiti”.
Non dovremmo ri ettere su quanto i pregiudizi in uenzano le nostre dichiarazioni?
Nello speci co, Prasad se la prende con un professore di Yale e uno di Harvard, che hanno liquidato la performance di Biden con “è colpa della sua balbuzie” e “è l’e etto dei farmaci per il ra reddore che sta prendendo in questi giorni”. Ma, si chiede Prasad, come è possibile che la balbuzie e i gli e etti collaterali
dei farmaci siano meno forti tra le 10 e le 16 (orario in cui, secondo i giornali, il presidente riuscirebbe ancora a fare il presidente) e peggiorino con l’età? “Se mandassi uno studente di medicina a visitare un uomo anziano e confuso, che perde ripetutamente il lo del discorso più spesso di quanto non facesse un anno fa, e mi rispondesse che è balbuzie, quello studente non prenderebbe un buon voto”, commenta l’oncoematologo.
Insomma, a prescindere da Joe Biden e dal suo stato di salute, forse i medici prima di fare certe dichiarazioni dovrebbero ri ettere su quante delle loro opinioni siano potenzialmente guidate da pregiudizi di parte. Che sia anche questo, si chiede Prasad, uno dei motivi per cui i cittadini hanno perso ducia nei professionisti della salute? •
Il connubio tra salute e tecnologia digitale ha dato vita a quella che oggi viene de nita “sanità digitale”, una vasta categoria di tecnologie informatiche sviluppate per migliorare la salute e il benessere dei pazienti, ottimizzare la qualità e la sicurezza delle cure, favorire l’accesso alle terapie, rendere più e cienti i servizi sanitari e ridurre i costi globali dell’assistenza sanitaria. Tra queste tecnologie, grande attenzione è riservata al ruolo che, nel prossimo futuro, potranno ricoprire le terapie digitali, cioè interventi sanitari digitali o applicazioni software clinicamente validati progettati con lo scopo di prevenire, gestire o trattare un disturbo medico o una malattia.
Le terapie digitali possono essere sviluppate con l’obiettivo di venir utilizzate sia in modo indipendentemente, stand-alone, che combinate con trattamenti medici tradizionali o digitali per ottimizzare la cura del paziente e i risultati in termini di salute. Analogamente ai farmaci, presentano un “principio attivo” sotto forma di algoritmo integrato in un software o in una app, che guida la procedura medica e che può essere “somministrata” al paziente tramite un’interfaccia grafica installata su un dispositivo elettronico. Non agiscono quindi direttamente tramite un meccanismo chimico, ma piuttosto influenzano il comportamento del paziente. È questo cambiamento comportamentale che può poi innescare modificazioni chimiche nell’organismo. Queste terapie offrono un approccio altamente personalizzato alla cura del paziente e, a differenza delle terapie convenzionali, possono adattarsi dinamicamente alle esigenze individuali dei pazienti, raccogliendo e analizzando dati in tempo reale per ottimizzare i risultati clinici.
A che punto siamo
A livello mondiale, le aree terapeutiche per le quali si stanno sviluppando più terapie digitali riguardano la salute mentale (tra cui alzheimer, demenza, epilessia, depressione e ansia), le dipendenze da abuso di alcool e nicotina e le malattie croniche (come diabe-
Dipartimento di epidemiologia Servizio sanitario regionale del Lazio Asl Roma 1
te, asma, bpco). Seguono i problemi legati al sonno, quelli riguardanti l’obesità, l’alimentazione e l’esercizio fisico. Tuttavia, nonostante il loro enorme potenziale, l’adozione delle terapie digitali in Europa rimane limitata. La diffusione di tali trattamenti è ostacolata, infatti, da diversi elementi, tra cui il lungo iter regolatorio di approvazione, assimilabile a quello dei dispositivi medici, e il difficoltoso accesso al mercato legato alla complessità di valutare le conseguenze assistenziali, economiche, sociali ed etiche dalla loro adozione nella pratica sanitaria. Altro fattore limitante è la mancanza di conoscenza tra gli operatori sanitari riguardo a queste tecnologie e l’insufficiente alfabetizzazione sanitaria in quest’ambito da parte dei pazienti.
In Italia, per promuovere il loro sviluppo, è necessario creare rapidamente un percorso normativo specifico, nel quale sia presente una chiara classificazione e una corretta valorizzazione in grado di definire le modalità di prescrizione e il rimborso. Un quadro normativo che permetta un accesso rapido a terapie digitali efficaci e che sia flessibile e capace di adattarsi alle continue evoluzioni tecnologiche. È essenziale, inoltre, un maggiore sforzo per educare e formare gli operatori sanitari sui benefici delle terapie digitali, incoraggiando la collaborazione interdisciplinare tra professionisti della salute, ingegneri informatici e regolatori per favorire l’adozione e l’integrazione di queste tecnologie nell’ambito clinico.
Le aspettative
La grande portata innovativa di questi strumenti crea una forte aspettativa per il futuro di una medicina sempre più personalizzata e interconnessa. Le terapie digitali possono, inoltre, contribuire a ridurre i costi indiretti attraverso un approccio globale alla spesa sanitaria, offrendo un’opportunità sia per migliorare l’efficienza del sistema sanitario, sia per sviluppare le competenze digitali dei pazienti e dei professionisti sanitari.
In questo contesto, la telemedicina emerge come un importante complemento alle terapie digitali. Quest’ultima, infatti, oltre a favorire l’interazione tra medico e paziente permette di poter raccogliere dati in tempo reale attraverso i quali effettuare valutazioni continue e personalizzate dell’andamento del trattamento, monitorare l’uso appropriato e condurre studi post-marketing sull’efficacia e la sicurezza delle terapie digitali nella pratica clinica quotidiana.
Lavorando insieme per superare gli ostacoli attuali, è possibile plasmare un futuro in cui la tecnologia digitale diventerà un pilastro fondamentale per la salute e il benessere di tutti.
Attraverso la combinazione sinergica di terapie digitali e telemedicina, il settore sanitario può sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie digitali per migliorare l’efficienza, l’efficacia e l’accesso alle cure, offrendo una nuova era di medicina personalizzata e basata sull’evidenza.
Tuttavia, affinché questo futuro diventi realtà, è necessario superare le sfide attuali attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, collaborazioni strategiche tra industria, istituzioni accademiche, istituzioni pubbliche e autorità regolatorie, e un impegno congiunto per promuovere una cultura della salute digitale tra professionisti e pazienti.
Le terapie digitali e la telemedicina rappresentano un’opportunità senza precedenti per rivoluzionare la pratica clinica e migliorare l’esperienza dei pazienti. Lavorando insieme per superare gli ostacoli attuali, è possibile plasmare un futuro in cui la tecnologia digitale diventerà un pilastro fondamentale per la salute e il benessere di tutti. F
Negli ultimi decenni, la chirurgia ha subito una trasformazione radicale grazie all’avvento delle tecnologie. La chirurgia robotica rappresenta una delle innovazioni più signi cative, permettendo interventi meno invasivi, con maggiore precisione e sicurezza. Utilizzando braccia robotiche controllate da una console, i chirurghi possono eseguire operazioni complesse con una visione tridimensionale del campo operatorio, migliorando notevolmente i risultati clinici. Pur ragionando ancora molto di più sul teorico che sul pratico, la telechirurgia rappresenta un’evoluzione della chirurgia robotica, spingendo ancora più avanti i con ni delle possibilità chirurgiche. La telechirurgia apre nuove frontiere nel trattamento medico, o rendo la possibilità di interventi specialistici anche in aree remote e migliorando l’accesso alle cure sanitarie di alta qualità. Ma allo stesso tempo solleva diverse s de logistiche, di sicurezza e di costi. Ne parliamo con Giovanni Arcuri, a capo della Direzione tecnica, Ict e innovazione tecnologie sanitarie presso il Policlinico Gemelli di Roma, che vanta una lunga esperienza nel campo dell’ingegneria biomedica e clinica.
mente adatte, non avendo il trascorso dei vari passaggi tecnici fatti dalla chirurgia”.
“Attualmente, il Gemelli esegue circa 1500 interventi robotici all’anno – prosegue – ma potrebbe farne molti di più se ci fossero maggiori rimborsi per la chirurgia robotica. In alcune Regioni, e il Lazio è una di quelle, oggi non è previsto un rimborso per questa tipologia di interventi”, e questo limita la possibilità di espanderne ulteriormente l’impiego.
La telechirurgia: un passo avanti
rurgo sia a 2 metri piuttosto che a 2 chilometri”, afferma Arcuri. “Tuttavia, è fondamentale garantire che ci sia un team di backup pronto a intervenire in caso di complicazioni durante l’intervento”.
Quale futuro per la telechirurgia
“La chirurgia – spiega Giovanni Arcuri – da molti anni si è evoluta con l’uso della tecnologia robotica, ovvero la prima tecnologia biomedica che in qualche modo ha un po’ allontanato il chirurgo dal corpo del paziente”. Di fatto la chirurgia robotica rappresenta un’evoluzione della laparoscopia, dove gli strumenti vengono inseriti attraverso piccole incisioni, in genere quattro, nel corpo del paziente. “Lo schema dell’intervento è lo stesso, ma a governare la telecamera e dispositivi medici ci sono delle braccia robotiche che vengono comandate dal chirurgo”. Questo tipo di chirurgia offre vantaggi significativi rispetto alla laparoscopia tradizionale. “La robotica garantisce una migliore visibilità, perché è in genere tridimensionale e alcune volte anche immersiva, e le articolazioni delle parti applicate replicano gli stessi gradi di libertà del polso umano”, afferma Arcuri. Questi miglioramenti portano a una maggiore precisione e facilità nei movimenti microchirurgici, aumentando l’efficacia degli interventi. Il Policlinico Gemelli di Roma è uno dei principali centri italiani per la chirurgia robotica. “L’ospedale Gemelli oggi ha una piattaforma amplissima, se non la più ampia italiana, e guardiamo con grande interesse a questo genere di chirurgia, perché la riteniamo la più sicura e conservativa per i pazienti”, spiega Arcuri. “Si tratta di un’azione necessaria in un policlinico universitario come il nostro, anche per le nuove generazioni di chirurghi. Quella robotica è una chirurgia molto ripetibile, pulita, ed è evidente come le nuove generazioni siano particolar-
La telechirurgia rappresenta un ulteriore passo avanti rispetto alla chirurgia robotica. “Ora, in un intervento chirurgico tradizionale, la console dove si siede il chirurgo è a qualche metro dalle braccia robotiche che sono sul paziente, ma tutto avviene all’interno della stessa sala operatoria. La telechirurgia premette un avanzamento di questo schema”, spiega Arcuri. “Sicuramente un certo livello di sicurezza di backup è da prevedere. Il paziente sta comunque in una sala operatoria, attorniato da personale medico, mentre il chirurgo sta eseguendo l’intervento da un altro luogo”.
La connessione tra la console e le braccia robotiche deve essere estremamente stabile e a banda larga per poter trasmettere video tridimensionali ad alta definizione, senza ritardi percepibili.
Nella telechirurgia la sicurezza è certamente un aspetto cruciale. Si rende quindi necessaria una estrema attenzione ai problemi di cybersecurity o tecnici, come la qualità e stabilità della connessione, perché – come sottolinea Arcuri – “stiamo parlando di vite umane”.
La telechirurgia solleva anche questioni di carattere etico e giuridico. “Quando qualcosa non funziona bisogna avere la possibilità di risalire alla responsabilità: è il chirurgo che ha sbagliato o la connessione non gli ha consentito di rendersi conto di qualcosa? È essenziale garantire alti livelli di sicurezza e definire chiaramente le responsabilità legali, specialmente quando chirurgo e paziente si trovano in nazioni diverse”. Dal punto di vista del paziente, le preoccupazioni principali riguardano la sicurezza dell’intervento. “In uno scenario perfettamente controllato, tutto sommato per il paziente non cambia nulla che il suo chi-
“Oggi si stanno affacciando sul mercato un numero impressionante di nuovi robot chirurgici, di produzione anche europea e asiatica oltre che statunitense, pertanto quello della chirurgia robotica è un mercato finalmente in forte fermento”, afferma Arcuri. Con l’aumento della concorrenza, si prevedono inoltre miglioramenti tecnologici e riduzioni dei costi, rendendo la chirurgia robotica e in futuro la telechirurgia più sostenibili e più accessibili, anche perché se usciamo dal contesto europeo e occidentale, in cui la telechirurgia può essere utile ma non fondamentale nell’immediato, il punto di vista cambia se pensiamo a Paesi con distribuzione territoriale molto alta o a quelli con competenze chirurgiche di livello non altissimo. In questi contesti, la telechirurgia può diventare necessaria, permettendo di operare a distanza e garantendo così l'accesso a interventi specialistici anche in aree remote e meno servite.
A questo si aggiunge il processo di certificazione per le nuove piattaforme robotiche che è complesso ed essenziale per la loro diffusione. Per molte ditte comunque si tratta di una strada già avviata, per cui – sostiene Arcuri – “vi è una certezza che il numero di piattaforme immesse sul mercato crescerà a brevissimo. E pertanto gli studi necessari per l’approvazione dei sistemi di telechirurgia e della loro introduzione nella pratica clinica dovrebbero essere condotti il più rapidamente possibile”.
La telechirurgia robot assistita rappresenta dunque una frontiera promettente nella medicina, con il potenziale di trasformare il modo in cui vengono eseguiti gli interventi chirurgici. Con le giuste tecnologie e protocolli di sicurezza, potrebbe diventare una pratica comune, migliorando l’accesso alle cure chirurgiche di alta qualità in tutto il mondo. Come conclude Arcuri, “oggi se ne torna a parlare perché gli strumenti tecnici per renderla eseguibile sono possibili”.
A cura di Tiziano Costantini
La telemedicina sta vivendo un periodo di espansione e integrazione nel sistema sanitario nazionale. Uno sviluppo guidato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (con gli oltre 2,6 miliardi di euro stanziati) ma anche dalla pandemia di covid-19. Infatti, secondo un rapporto dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, se prima dell’emergenza sanitaria il livello di utilizzo di questi strumenti superava di poco il 10 per cento, durante l’emergenza è triplicato, superando il 30 per cento.
Tuttavia, le criticità e gli ostacoli sono ancora molti e la distribuzione delle attività sul territorio risulta ancora troppo eterogenea. Alle criticità legate alla rimborsabilità delle prestazioni, si aggiungono quelle sulla mancanza dell’infrastruttura tecnologica. Per esempio, dall’analisi condotta dal Ministero della salute emerge che quasi il 30 per cento delle esperienze censite ha registrato rallentamenti nel portare a regime l’iniziativa a causa di problemi tecnici (interconnessione dei sistemi, banda, ecc.) o culturali (analfabetismo digitale, mancanza di adeguate professionalità specifiche). In queste pagine, che non hanno la pretesa di restituire un’analisi capillare di tutte le esperienze che si riferiscono alla telemedicina, abbiamo selezionato alcune attività in ambiti generici e specialisti e sintetizzato i dati dell’ultimo monitoraggio del Ministero della salute.
È stato avviato presso il Politecnico di Milano un nuovo programma di teleriabilitazione cardiologia per seguire al meglio i pazienti cardiopatici dimessi dal reparto di cardiologia dopo un evento ischemico coronarico, tramite il monitoraggio da remoto. Il programma si rivolge a pazienti giovani, che sappiano usare dispositivi quali smartwatch o tablet e che siano in grado di effettuare una riabilitazione motoria a casa. Ai pazienti vengono forniti dei dispositivi indossabili, da polso, che registrano la frequenza cardiaca, la saturazione d’ossigeno, il dispendio energetico e la sedentarietà. Questo scambio di informazioni tra il paziente e la centrale operativa permette al clinico di capire come evolve la riabilitazione funzionale, soprattutto controllando lo stile di vita post evento ischemico (attività fisica e alimentazione) – molti pazienti hanno timore di tornare a svolgere le normali attività quotidiane – e l’aderenza terapeutica. ●
L’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) della provincia di Trento ha implementato un sistema di televisita, da aprile 2020, che consente ai medici specialisti di effettuare visite a distanza con i pazienti in tutte le branche specialistiche. La piattaforma utilizzata è Healthmeeting ed è integrata con il sistema informativo ospedaliero ambulatoriale, questo consente agli specialisti di interagire in modo sicuro con i pazienti tramite videochiamata e di produrre referti e prescrizioni elettroniche in tempo reale. Un altro strumento utilizzato per la televisita è la piattaforma Trec+, che consente agli specialisti di effettuare visite di base, di caricare e visualizzare documenti e immagini durante la visita, ma anche di configurare e gestire l’esecuzione di test o misurazioni preliminari prima della visita vera e propria. I risultati dei test vengono poi inviati al medico in modo che possa consultarli prima della visita. Per esempio, questa funzionalità è stata utilizzata in ambito oculistico per monitorare le funzioni visive dei pazienti. Infine, l’Apss offre anche un servizio di telemonitoraggio per i pazienti cronici, che permette di monitorare a distanza le condizioni di salute dei pazienti e di intervenire tempestivamente in caso di necessità. ●
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PA Trento
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Friuli-Venezia
Giulia
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Basilicata
PA Bolzano
Mappatura delle esperienze di telemedicina in Italia
Il Ministero della salute, al ne di de nire la governance per la di usione della telemedicina nell’ambito dei processi di cura e assistenza ai cittadini, ha condotto una mappatura delle esperienze di telemedicina sul territorio nazionale nel corso del 2018 prima e del 2021 poi. I dati presenti in queste pagine corrispondono all’aggiornamento del 2021. Nell’osservazione dei dati è fondamentare tenere in considerazione che le due analisi non sono esattamente corrispondenti, indagano secondo
La Centrale operativa regionale di telemedicina delle cronicità e delle reti cliniche è un progetto che si avvale del supporto dell’Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Bari – Giovanni XXIII. I pazienti possono essere curati da casa, accompagnati ad un’autogestione della propria malattia cronica. La Centrale mette a disposizione del team di cura una piattaforma cloud per la gestione telematica dei propri pazienti offrendo fra i principali servizi: percorsi di monitoraggio personalizzati, servizi di teleassistenza, televisita, teleconsulto e telecooperazione sanitaria, servizi digitalizzati per la presa in carico, personalizzazione e gestione dei piani di cura dei pazienti, gestione logistica dei kit dispositivi medici forniti al paziente in base alle esigenze (tablet, saturimetro, multiparametrico, bilancia, ecc.). Un’app permette al paziente di restare in contatto con specialista e caregiver e di consultare l’agenda delle televisite, il proprio piano terapeutico e l’inserimento dei parametri vitali. La sperimentazione è stata avviata su tre pdta: tumore della mammella, diabete/ipertensione e talassemia. ●
Grazie alla collaborazione tra l’Asp di Potenza e l’Aorn SantobonoPausilipon, è stato avviato Telpass: telemedicina e teleconsulto specialistico per cure palliative pediatriche. L’obiettivo è configurare servizi specialistici da parte degli operatori dell’Aorn, per rispondere al bisogno assistenziale dei pazienti pediatrici in cura principalmente presso l’hospice pediatrico di Lauria. Attraverso la telemedicina e il teleconsulto specialistico un professionista sanitario dell’Asp può richiedere ad un professionista sanitario dell’Aorn una consulenza specialistica senza che il paziente debba recarsi presso questa struttura sanitaria. Le informazioni cliniche, i documenti sanitari, le refertazioni strumentali cliniche e/o radiologiche, le immagini prodotte da apparecchiature di imaging sono condivisi su cloud dedicato e in cartelle personalizzate per paziente e consentono ai professionisti dell’Aorn di fornire consulti, proporre terapie e suggerire percorsi terapeutici, che vadano ad affiancarsi a quanto già attivato dall’Asp. La piattaforma permette di definire all’amministratore del servizio i diversi livelli di accesso dei singoli operatori e il tracciamento dei loro interventi, in modo da rendere possibile la quantificazione delle attività, l’estrazione di indicatori per l’elaborazione di dashboard utili per la qualificazione di efficacia ed efficienza degli interventi. ●
Il progetto Azimuth ha l’obiettivo di ottimizzare l’assistenza ai pazienti con insufficienza cardiaca, attraverso un percorso di digital health. Un progetto nato da un gruppo di esperti della Fondazione Policlinico Gemelli, in collaborazione con partner industriali (Astrazeneca) e tecnologici (Innovation Sprint). Azimuth permette il monitoraggio clinico da remoto tramite smartphone, dove il paziente può condividere parametri vitali, segni e sintomi, questionari validati e, in caso di necessità, interagire con il team clinico. Inoltre, il sistema è in grado di individuare situazioni potenzialmente critiche, supportando il clinico nella prioritizzazione dei pazienti. Ad oggi il progetto è attivo in quattro ospedali dislocati in tutto il territorio nazionale con quasi 300 pazienti arruolati. L’obiettivo è sviluppare un modello di assistenza innovativo attraverso la personalizzazione del percorso di cura, aumento del self-care e qualità della vita del paziente, con conseguente miglioramento dei risultati clinici. La raccolta e condivisione di dati real-world consente di ottenere una panoramica completa e in tempo reale dell’andamento dello stato di salute permettendo una proattività del sistema sanitario. ●
diversi livelli di dettaglio: ciononostante prima della pandemia erano attive 282 esperienze di telemedicina sul territorio, mentre nel 2021 la mappatura ne ha rilevate 369. Il motivo principale che ha guidato le iniziative, secondo quanto dichiarato nei questionari erogati alle strutture, è stata la necessità di fronteggiare l’emergenza pandemica; al secondo posto l’obiettivo era garantire l’accesso ai servizi sanitari nelle aree remote o per patologie rare e, a seguire, la promozione dell’empowerment del paziente.
La Lombardia e il Lazio risultano essere le Regioni con il maggior numero di esperienze speci che riferibili alle aree patologiche a maggior impatto sulle cronicità in Italia. Inoltre, nel 2021, viene evidenziato un elevato numero di esperienze speci che anche in Puglia (cardiologia, diabetologia e pneumologia), in Emilia-Romagna (cardiologia e pneumologia), in Veneto e Abruzzo (cardiologia) e in Piemonte (nefrologia).
Fonte: Ministero della salute, 2018-2021.
Presso l’ospedale Niguarda di Milano è attivo un progetto sperimentale di televisita per i pazienti in cura preso gli ambulatori di diabetologia, unità spinale, medicina riabilitativa e neuroriabilitazione, hepatitis center, cardiologia 4 - diagnostica e riabilitativa. La televisita viene realizzata tramite una specifica piattaforma regionale che consente di mettere in contatto lo specialista ospedaliero con il paziente a casa. La possibilità di attivare questo nuovo servizio viene valutata dal medico ospedaliero che, durante una visita ambulatoriale o telefonicamente, concorda con il proprio assistito le modalità per avviare i controlli. Nei primi due mesi della sperimentazione a Niguarda, la televisita è stata utilizzata per circa 300 pazienti, con un’età media di 47 anni e il 40 per cento di questi proveniente da ats fuori Milano. ●
In Veneto, più precisamente a Paese, comune con poco più di 20mila abitanti della provincia di Treviso, è stata inaugurata la nuova Centrale territoriale di teleriabilitazione per permettere, tramite un sistema di intelligenza artificiale e grazie all’équipe riabilitativa territoriale – composta da fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e terapisti occupazionali –, di offrire un servizio personalizzato e diretto ai pazienti a domicilio. Il progetto prevede l’uso di dispositivi per il monitoraggio remoto dei parametri vitali, con dati trasmessi direttamente al medico curante, permettendo un intervento tempestivo in caso di necessità. Il paziente può quindi seguire da casa i percorsi riabilitativi con la possibilità di interventi in tempo reale, recandosi nelle strutture ospedaliere solo in caso di bisogno. ●
La Regione Emilia-Romagna ha avviato un servizio di consultazione psicologica gratuita, attivo per il biennio 2023-2024, accessibile da remoto, dedicato agli operatori della Polizia locale della Regione, per promuoverne il benessere psico-fisico e fornire un sostegno concreto a coloro che si trovano esposti a eventi a forte impatto emotivo. Grazie a questa sperimentazione, sarà messo a disposizione di tutti i comandi di Polizia locale un professionista della salute mentale in modo diretto, riducendo al minimo le barriere, garantendo la sicurezza e la riservatezza del percorso. L’Ausl di Modena si occuperà della selezione, formazione e supervisione clinica dei professionisti. ●
Presso l’Asl Roma 2, poco meno di un anno fa, è partito il progetto “Liberi@mo la Salute: telemedicina negli istituti penitenziari”, con l’obiettivo di migliorare l’assistenza sanitaria nelle carceri tramite televisite, teleconsulti, telerefertazione e telemonitoraggio. Il sistema consente ai medici di condividere esami diagnostici con specialisti ospedalieri attraverso videoconferenze, migliorando la gestione delle cure e riducendo i tempi di attesa. Il progetto, iniziato presso il polo penitenziario di Rebibbia, è replicabile in altre strutture del Lazio e rappresenta un nuovo modello di sanità per garantire il diritto alla salute dei detenuti, riducendo i costi dei trasferimenti e del personale di scorta. ●
65-74 anni La fascia d’età della popolazione che beneficia maggiormente dei servizi*
Sono undici i comuni coinvolti tra Palermo, Messina e Catania, così come le Aziende sanitarie provinciali di Palermo ed Enna, che hanno iniziato a puntare sulla telemedicina. All’Ospedale Umberto I di Enna sono già 4mila i pazienti cronici con comorbilità dimessi per continuare le cure in telemedicina, attraverso presidi sanitari telematici collegati a una piattaforma digitale che consente il monitoraggio in tempo reale dei parametri vitali, mentre attraverso l’intervento del medico o dell’infermiere a domicilio vengono effettuati esami o visite specialistiche necessarie. Con l’Azienda di servizio alla persona di Palermo, invece, dal luglio 2023 sono stati già effettuati 5mila interventi nei confronti di pazienti cronici, segnalati dal distretto sanitario di Lercara o dagli assistenti sociali dei comuni per l’assistenza domiciliare integrata digitalizzata. ●
L’Azienda ospedaliera dei Colli dal 2024 ha iniziato le visite in telemedicina per consentire ai pazienti di avere accesso a consulenze mediche, monitoraggio da remoto, gestione delle terapie e supporto psicologico senza muoversi da casa. Il progetto parte per i pazienti affetti da malattie rare seguiti dal Centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania, perché provengono anche dalle località più remote della Campania e, spesso, da fuori regione, affrontando lunghe distanze per accedere a cure specializzate, ma sarà esteso a tutti gli utenti dell’Azienda ospedaliera. Nell’ambito del progetto, inoltre, è già operativo anche il telemonitoraggio per i pazienti affetti da cardiopatie congenite del centro Guch. A loro sono stati distribuiti dispositivi tecnologici attraverso i quali monitorare i parametri vitali per una gestione sempre più efficace delle condizioni mediche croniche e una rapida risposta a eventuali cambiamenti. ●
Il progetto “Abilita”, in uso nelle residente sanitarie per anziani (rsa) trentine e promosso da TrentinoSalute4.0, prevede un servizio di telecooperazione tra il team medico e sanitario ospedaliero di Abilita e i fisioterapisti coinvolti nella gestione degli ospiti delle rsa. Introdotto nel 2022, il servizio permette di effettuare diagnosi accurate senza necessità di spostare i pazienti con difficoltà motorie o fragili. Il processo prevede che i fisioterapisti delle rsa richiedano consulenze digitali ad Abilita, inviando video e foto, e che ricevano valutazioni e prescrizioni di ausili tramite videochiamata, con un risparmio di tempo e risorse. La piattaforma consente anche la consultazione dei dati clinici e la firma digitale delle prescrizioni. Inoltre, familiari e caregiver possono partecipare alle valutazioni da remoto. La sperimentazione ha riscontrato alcune criticità, come la digital literacy degli operatori, ma ha confermato l’efficacia del modello. I futuri sviluppi prevedono l’estensione della piattaforma a teleconsulto e teleconsulenza in vari contesti sanitari, inclusi pronto soccorso e consulti multidisciplinari. ●
Valutare in anticipo il paziente avviato alla chemioterapia per determinare l’idoneità al trattamento e ottimizzare la durata del ricovero è l’obiettivo del progetto “Televisita in oncologia, strumento di triage per l’ottimizzazione della chemioterapia in ricovero ordinario”, sviluppato presso la Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano. Nell’approccio tradizionale, l’esito degli esami del sangue effettuati il mattino stesso può essere tale da annullare il ricovero, oppure, il trattamento è confermato, ma la validazione dello schema di chemioterapia non arriva in tempo utile. Pertanto, sono stati identificati i pazienti che avrebbero potuto beneficiare il giorno prima del ricovero di un triage in televisita in grado di evitare il rischio di un prolungamento della degenza. Successivamente è stato definito un percorso che inizia circa 24/48 ore prima del ricovero, con il prelievo ematico che il paziente può fare in un centro vicino al proprio domicilio, il referto degli esami viene caricato dal paziente nell’“Ambulatorio virtuale”, per poi accedere alla televisita e stabilire un primo contatto con il medico, che può così analizzare il quadro clinico del paziente 24 ore prima del ricovero. Tale organizzazione permette di raggiungere due risultati importanti: il primo è intercettare in anticipo le problematiche che impedirebbero il trattamento, il secondo è confermare lo schema di chemioterapia entro i tempi prescritti. In questo modo la struttura ospedaliera può riallocare i posti letto rimasti liberi e migliorare l’indice di qualità ed efficienza delle prestazioni erogate. Non solo, il contatto a distanza propedeutico al ricovero permette al paziente di entrare in contatto con l’équipe curante in anticipo e, soprattutto, di evitare inutili viaggi con conseguente risparmio di tempo, costi e fatica. ●
L’Azienda Usl di Ferrara ha condotto il progetto “La telegestione e la telerefertazione dell’imaging medicale non radiologico applicate allo screening della retinopatia diabetica”, che consiste nello sviluppo del servizio di telerefertazione attraverso l’introduzione di un retinografo digitale al fine di garantire ai pazienti diabetici un accesso più sicuro al percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle complicanze oculari. Il servizio prevede l’esecuzione della telerefertazione della retinografia, da parte degli specialisti oculisti situati nella casa di comunità Cittadella San Rocco, ai pazienti diabetici che si recano presso la casa di comunità di Codigoro. La prestazione di retinografia digitale può essere prescritta dal diabetologo attraverso l’applicativo di attività ambulatoriale. Da febbraio a ottobre 2022 sono stati svolti 8 esami a settimana, per un totale di 118 retinografie. Gli oculisti hanno espresso un parere positivo sulla qualità delle immagini rilevate e, conseguentemente, sull’intero processo di refertazione. Dal punto di vista clinico/diagnostico, sarà misurata la qualità percepita da parte degli utilizzatori tramite un questionario dedicato e la soddisfazione da parte degli operatori coinvolti mediante interviste. Il progetto ha visto il coinvolgimento di una pluralità di professionisti, quali diabetologi e oculisti, personale sanitario ortottista, l’ingegneria clinica, personale tecnico informatico, responsabili delle case della comunità, ecc.
A cura di Giada Savini
Nata per fronteggiare situazioni emergenziali , la telemedicina1 costituisce oggi una delle frontiere più promettenti per garantire maggiore efficienza a un sistema sanitario sempre più in affanno per il costante aumento di anziani bisognosi di cure e malati cronici. Focalizzando la questione sui profili di responsabilità civile e penale del sanitario che ricorra alla telemedicina, si applicheranno le medesime regole previste per gli atti medici “in presenza”: tale conclusione sembra corroborata dall’articolo 7 comma 2 della legge 24/2017 (la cosiddetta “Legge Gelli-Bianco”) che impone alla struttura ospedaliera di rispondere per tutte le prestazioni del professionista alle sue dipendenze, anche quelle erogate in telemedicina. A fronte di un regime sostanzialmente immutato, però, emergono inediti scenari di rischio derivanti dall’uso della cosiddetta e-health.
Il medico potrebbe aver colpevolmente scelto la telemedicina quando le condizioni cliniche del paziente imponevano un’osservazione in regime di ricovero oppure un esame obiettivo presenziale tale da evidenziare una patologia diversa e più grave. Analogamente, il curante potrebbe aver omesso di ricorrere all’e-health, privando l’assistito delle potenzialità (ad esempio in termini di continuità nel monitoraggio) derivanti dall’uso dei dispositivi tecnologici.
Nonostante l’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali, un leading case è ravvisabile nella sentenza n. 9279 del 28 marzo 2003, con cui la Cassazione penale ha condannato tre medici per l’omicidio colposo di una paziente deceduta dopo una serie di consulti telefonici. In questo caso, gli Ermellini hanno ribadito come il fondamento della responsabilità non risieda tanto nel contenuto della prestazione sanitaria, quanto piuttosto nella scelta dei professionisti, gravemente colpevole e rivelatasi fatale, di non disporre una visita in presenza, limitandosi a una diagnosi e a una prescrizione terapeutica esclusivamente telefonica.
Alessio Di Nino
Dipartimento di scienze giuridiche Università di Bologna
La responsabilità potrebbe derivare direttamente dalla modalità di erogazione dell’attività telemedica. Da questo punto di vista, il sanitario che opera a distanza dovrà seguire tutte le norme legislative, deontologiche, cautelari proprie dell’ars medica, nonché i documenti di indirizzo per le tematiche bioetiche. In aggiunta, egli farà riferimento, oltreché al buon senso, alle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina” del 2020, che possono considerarsi come “buone pratiche clinico-assistenziali” ai fini dell’esclusione della responsabilità del sanitario per imperizia ai sensi dell’ultimo comma
1. Con questo termine si intende una particolare modalità di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria in tutti i suoi principali ambiti (prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione, monitoraggio dei parametri vitali), caratterizzata dal ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ove paziente e medico (o due professionisti sanitari) non si trovano nello stesso luogo. In questo ampio genus, si possono annoverare varie species: la telemedicina specialistica (nella sua duplice veste di televisita o di telecooperazione sanitaria), la telesalute per i pazienti cronici e, in ne, la teleassistenza sociosanitaria per anziani o fragili. Sul punto, Ministero della salute, Regolamento recante la de nizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, decreto n. 77 del 23 maggio 2022, allegato 1, punto 15.
dell’art. 590 sexies del Codice penale. Così, ad esempio, la televisita non potrà essere la forma esclusiva di rapporto medico-paziente e vi si ricorrerà solamente per il controllo dell’assistito, ove sia già stata effettuata una diagnosi in presenza. La violazione delle procedure indicate nel documento testé citato, assumendo lo status di norme riconosciute di diligenza, può integrare un’ipotesi di colpa specifica nel caso in cui alla loro inosservanza sia causalmente riconducibile l’evento dannoso.
Al fine di limitare il contenzioso sul punto, sarà fondamentale che la struttura ospedaliera si doti di strumenti che consentano un’adeguata documentazione circa la corretta esecuzione della prestazione in telemedicina, anche mediante videoregistrazione, pur nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali. Il professionista, infatti, risponde, ricorrendone i presupposti, delle fattispecie di cui agli artt. 167 e 167 bis decreto legislativo 101/2018, oltreché delle interferenze illecite nella vita privata ex art. 615 ter del Codice penale per la capacità della strumentazione telemedica di permeare, visivamente e acusticamente, gli spazi in cui si trova il paziente esaminato.
In presenza di casi clinici complessi o di un percorso diagnosticoterapeutico dubbio, l’operatore sanitario potrà richiedere ai colleghi un teleconsulto che, proprio perché facilmente praticabile, può assurgere a nuovo standard di valutazione giudiziale della condotta tenuta dal sanitario in caso di malpractice. La telecooperazione professionale, inoltre, potrebbe aumentare il novero dei casi di responsabilità d’équipe che, pur essendo differentemente valutata in sede civile e penale, deve basarsi su una ricostruzione quanto più precisa del concreto apporto di ciascun membro, favorita dall’uso di tecnologie come la videoregistrazione in ambito clinico-operatorio.
Un’ottimale gestione del rischio clinico, poi, impone al telemedico di adeguarsi non solo ai protocolli sanitari, ma anche alle più idonee soluzioni tecnico-organizzative. Non a caso, graverà su di lui (o sull’ente ospedaliero) la medical malpractice liability nei confronti del paziente, laddove si verifichi un malfunzionamento delle apparecchiature informatiche o telediagnostiche tale da inficiare la prestazione sanitaria. Il professionista potrà al più rivalersi in sede civile sul fornitore dei servizi tecnologici nell’ambito di un inadempimento da responsabilità contrattuale.
In terzo luogo, potrebbe sorgere una controversia relativa all’adeguatezza del consenso informato prestato dal paziente. In questi casi, si applica anche ai servizi di telemedicina la disciplina prevista per i trattamenti tradizionali e l’assenso non potrà desumersi né dall’autorizzazione già fornita per le cure mediche “in presenza” né da fatti concludenti. Al corredo informativo “classico”, poi, si aggiungono alcuni dati, inerenti i peculiari rischi cui incorre il paziente sottoposto a prestazioni telemediche (come l’improvvisa interruzione per blackout o la violazione della riservatezza) e le eventuali modalità di registrazione dell’incontro.
All’e-health il compito di affrontare le nuove sfide della sanità, al diritto quello di evitare che questo strumento rimanga avviluppato in una nuova, perniciosa medicina difensiva digitale. F
Le incertezze circa la responsabilità cui possono andare incontro i medici e le strutture sanitarie che praticano la telemedicina costituisce uno dei principali ostacoli alla concreta diffusione di questa modalità di erogazione delle cure. In realtà, non vi è dubbio che la telemedicina rientra a tutti gli effetti nell’ambito dell’attività sanitaria ed è quindi sottoposta alle disposizioni legislative (nonché deontologiche) che riguardano quest’ultima, da quelle generali contenute nel Codice civile fino a quelle specificamente dettate per i professionisti sanitari dalla legge n. 24/2017. La questione è capire se e fino a che punto tali disposizioni, finora studiate e sperimentate nei tribunali con esclusivo riguardo alla medicina tradizionale, si possano adattare al nuovo fenomeno delle cure prestate a distanza, vale a dire in situazioni nelle quali il paziente e un professionista (o due o più professionisti) non sono fisicamente presenti nello stesso luogo e interagiscono grazie all’utilizzo delle tecnologie dell’informatica e della comunicazione.
Un aspetto particolarmente problematico, conseguente alla partecipazione di una pluralità di operatori con diverse specializzazioni che la telemedicina frequentemente comporta, attiene alla individuazione e alla ripartizione delle responsabilità dei vari professionisti coinvolti. In linea di principio, può qui farsi utilmente riferimento alle regole elaborate con riguardo all’attività sanitaria svolta in équipe: in forza del cosiddetto principio di affidamento, quindi, ogni sanitario sarà di regola chiamato a rispondere solamente della propria condotta, con l’eccezione delle ipotesi in cui egli non ponga rimedio a errori altrui evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, oppure rivesta, all’interno dell’équipe, un ruolo apicale comportante un dovere di controllo, direzione e coordinamento dell’operato dei colleghi.
Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione Università di Verona
Nelle ipotesi, poi, in cui il cattivo esito delle cure sia dovuto a inadeguatezza o malfunzionamento dei macchinari e/o dei servizi telematici impiegati nella telemedicina, un addebito di responsabilità potrà essere mosso, oltre che ai soggetti che hanno realizzato e fornito gli apparati e le tecnologie di cui si discute, anche in capo al medico che conosceva, o avrebbe potuto conoscere con una verifica eseguita secondo l’ordinaria diligenza professionale, il deficit dei mezzi tecnici a propria disposizione.
In questi casi, inoltre, la struttura sanitaria potrebbe andare incontro ad una diretta e autonoma responsabilità per cosiddetto difetto di organizzazione. Gli enti nosocomiali sono infatti tenuti a sottoporre il proprio equipaggiamento tecnico sia a generali procedure periodiche di controllo e di manutenzione sia a verifiche ad hoc prima di ogni concreto utilizzo; la loro responsabilità rimane esclusa soltanto per i danni dovuti a difetti di fabbricazione e funzionamento non rilevabili con un’ispezione diligente: in quanto esercente
La questione è capire se e no a che punto le norme in tema di responsabilità sanitaria, nora sperimentate nei tribunali con esclusivo riguardo alla medicina tradizionale, si possano adattare al nuovo fenomeno delle cure prestate a distanza.
un’attività imprenditoriale, la struttura sanitaria (sia pubblica che privata) sopporta infatti il rischio dell’inadempimento derivante da tutte le anomalie che si possano verificare nell’ambito del proprio apparato organizzativo fino al limite dell’impossibilità sopravvenuta non imputabile.
La libertà di autodeterminazione del paziente
Come in tutte le forme di svolgimento dell’attività sanitaria, anche in telemedicina potrebbe pure configurarsi una responsabilità per lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente alla quale dovrebbero poter trovare applicazione i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di responsabilità per violazione del consenso informato con riguardo alla medicina tradizionale. Al riguardo, si precisa innanzitutto che tale pratica va esplicitamente autorizzata dal paziente, al quale è riconosciuta la facoltà di rifiutarla, in favore della prestazione sanitaria tradizionale, con l’eccezione delle ipotesi in cui la seconda sia indisponibile a causa delle condizioni dei luoghi e dell’organizzazione dei servizi sanitari (si pensi, per esempio, a un presidio di guardia medica collocato in un territorio montano temporaneamente irraggiungibile).
Al fine di poter esercitare la propria libertà di autodeterminazione terapeutica, il paziente ha inoltre diritto di ottenere tutte le informazioni previste dalla disciplina generale del consenso ai trattamenti sanitari contenuta nell’art. 1, comma 3, legge n. 219/2017, con particolare riguardo agli specifici rischi innescati dalla telemedicina, quali: la possibilità che il trattamento si interrompa o comunque non vada a buon fine a causa del malfunzionamento dei sistemi operativi; i limiti dell’indagine connessi alla mancanza del contatto fisico e dello sguardo clinico del medico, con l’eventuale ulteriore avvertenza circa il pericolo che ciò si possa tradurre in un’errata diagnosi; l’impossibilità di una visita completa e di un intervento immediato in caso di urgenza; la presenza di carenze e inadeguatezze, anche solo temporanee, nell’apparato organizzativo e strumentale che verrà utilizzato per l’esecuzione del trattamento; e così via. F
La pandemia di covid-19 – come abbiamo più volte sottolineato in questo numero di Forward – ha notevolmente accelerato il processo di trasformazione digitale, grazie a tecnologie che migliorano e supportano il sistema sanitario nel funzionamento e nell’erogazione dell’assistenza sanitaria, attraverso cartelle cliniche elettroniche, telemedicina, analisi dei dati sanitari e non solo. L’adozione di soluzioni di sanità digitale all’interno dei sistemi sanitari è determinata da vari fattori, tra cui i prezzi e i rimborsi. I modelli di pricing nel settore sanitario comprendono meccanismi come la determinazione del prezzo basata sui costi, quando il prezzo di un prodotto si basa sul costo delle cure fornite ai pazienti; l’uso di soglie di rapporto costo-efficacia, quando il prezzo misurato in anni di vita di qualità viene confrontato con un valore soglia; sui riferimenti esterni al prezzo, quando, ad esempio, il prezzo di un prodotto è basato sui prezzi stabiliti in altri Paesi; su value-based pricing, quando il prezzo si fonda sul valore che un intervento aggiunge al processo di assistenza sanitaria. Nonostante quest’ultimo approccio supporti anche il processo decisionale basato sulle evidenze per l’approvvigionamento in campo sanitario, applicarlo per determinare il valore degli interventi digitali richiede l’utilizzo di complesse strutture di riferimento e, anche a causa della velocità di trasformazione e miglioramento del digitale, può essere impegnativo. A oggi, però, sebbene solidi meccanismi di rimborso siano fondamentali per agevolare l’accesso e la sostenibilità delle nuove tecnologie sanitarie, il panorama dei rimborsi per la sanità digitale rimane poco studiato, soprattutto in Europa. La poca ricerca condotta si è concentrata finora sulle strategie politiche innovative nel resto del mondo: in Australia, ad esempio, è stata studiata l'estensione da parte
del governo dei sussidi sovvenzionati da Medicare per i servizi di telemedicina durante la pandemia, con la conseguenza che sono diventati rimborsabili e poi soggetti a co-payment. Negli Stati Uniti, invece, la ricerca ha evidenziato la modifica delle politiche di copertura e di pagamento in risposta alla pandemia per promuovere l’adozione della telemedicina.
Date queste premesse, si sono rivelati particolarmente interessanti i risultati di uno studio – pubblicato a settembre dello scorso anno sul JMIR mHealth and uHealth – che ha esaminato le strategie di rimborso delle prestazioni sanitarie digitali in 9 Paesi della regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità: Belgio, Francia, Germania, Israele, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Regno Unito1. Il primo risultato è incoraggiante: le soluzioni sanitarie digitali sono rimborsabili in una certa misura in tutti i Paesi studiati tranne la Polonia, sebbene il meccanismo di rimborso differisca significativamente tra i diversi Paesi.
In generale, il prezzo delle soluzioni sanitarie digitali è determinato principalmente attraverso discussioni tra comitati nazionali o regionali e produttori di soluzioni sanitarie digitali in assenza di meccanismi di valutazione basati sul valore. “Alcuni Paesi, come il Belgio e Israele, rimborsano le soluzioni digitali come parte integrante dei percorsi salute, mentre altri le rimborsano separatamente. Altra differenza importante è se le terapie digitali sono rimborsate al pari di soluzioni equivalenti erogate in presenza, o a un valore diverso. Per quanto riguarda la determinazione del rimborso, vi è grande varietà anche nel livello decisionale previsto: si va da modelli centralizzati come
in Francia e Germania, a modelli dove i livelli locali hanno un coinvolgimento maggiore nel negoziare i prezzi, come Svezia o Regno Unito”, ha spiegato Giovanni Monti, visiting senior fellow di LSE Health e tra gli autori dello studio2 Andando a vedere la situazione italiana, le soluzioni sanitarie digitali possono essere rimborsate dal Servizio sanitario nazionale, sebbene le procedure per il rimborso delle app sanitarie digitali rappresentino un’ampia sfida e siano aperte a molteplici approcci. Tutte le Regioni in Italia hanno adottato le tariffe per la telemedicina e, a differenza degli altri Paesi, le tariffe dovrebbero seguire un meccanismo per cui i fornitori dell’assistenza sanitaria sono pagati in modo fisso importo/paziente, indipendentemente dai servizi offerti e dal fatto che l’assistenza sanitaria venga fornita in presenza o attraverso la sanità digitale.
Le politiche di rimborso dovrebbero mirare a stimolare l’adozione e l’integrazione della salute digitale basata sul valore, per promuovere un accesso equo e aumentare i bene ci per i pazienti.
Come abbiamo visto, lo studio ha mostrato che l’approccio adottato per il rimborso delle soluzioni sanitarie digitali è molto diverso tra i diversi Paesi. Ma possiamo dire quale sia quello migliore? Rispondere è ancora difficile. Da un lato, ad esempio, un approccio “fee-for-service” ha il beneficio di essere semplice da adottare, proporzionato all’utilizzo, e di favorire l’adozione dell’innovazione, dall’altro, però, potrebbe stimolare un aumento della domanda indotto dai produttori di dispositivi, causando un aumento inutile della spesa sanitaria. In definitiva, quindi, almeno in questa fase, le politiche di rimborso dovrebbero mirare a stimolare l’adozione e l’integrazione della salute digitale basata sul valore, per promuovere un accesso equo alle tecnologie sanitarie e aumentare i benefici per i pazienti F
1. van Kessel R, Srivastava D, Kyriopoulos I, et al. Digital health reimbursement strategies of 8 European countries and Israel: scoping review and policy mapping. JMIR Mhealth Uhealth 2023:11:e49003.
2. Terapie digitali, su rimborso paesi europei in ordine sparso. Monti (LSE Health): servono criteri condivisi. Sanità 33, 23 ottobre 2023.
Già nel luglio 2016, nel terzo numero di Forward dedicato alla parola “Pazienti”, Alberto Tozzi e Francesco Gesualdo parlavano di telemedicina: “La tecnologia aiuta eccome”, scrivevano, sottolineando come però fosse centrale coinvolgere i pazienti nella sua applicazione1. Come è accaduto per diversi altri argomenti – prima che decidessimo di dedicare un intero numero alla parola – la telemedicina è stata già ampiamente trattata nei fascicoli preparati nel corso degli anni. “La telemedicina è una risorsa estremamente importante sia per garantire un’assistenza domiciliare del paziente sia per portare alcuni servizi negli studi dei medici di famiglia e nelle periferie”, ci diceva Guido Marinoni, presidente dell’Omceo di Bergamo, ormai cinque anni fa, nel numero “(R)evolution”, in cui avevamo ampiamente trattato la trasformazione tecnologica e digitale in sanità. “Ma per sfruttarne appieno tutte le potenzialità serve una preparazione di base sui principali ambiti di applicazione della telemedicina: quali tipi di servizi di cura e assistenza sono erogabili, come gestire una piattaforma di telemedicina, quali informazioni possono essere trasmesse al paziente e come garantire la sicurezza dei dati”2 .
Ènel 2021, con il numero “Prossimità”, che Forward dedica ampio spazio alla telemedicina e alle sue applicazioni. La pandemia, infatti, aveva necessariamente cambiato molte abitudini, dal telelavoro alla didattica a distanza, e anche il mondo della sanità si era dovuto adeguare alle necessità del momento. Ne avevamo parlato con Enrico Caiani, che già allora metteva in guardia dal rischio di aumento delle disuguaglianze3, con Giampaolo Collecchia 4, che è tornato a scrivere su questo numero. Avevamo, poi, dedicato ampio spazio all’utilizzo della telemedicina in pediatria5 e alla telepsichiatria6. Se si parla di disuguaglianze e digital divide, come ha ricordato in questo fascicolo Eugenio Santoro, i passi in avanti sembrano essere stati pochi. Ma se parliamo di pediatria e salute mentale – due ambiti in cui la telemedicina si presta ad avere applicazioni interessanti – qualcosa è cambiato? Abbiamo provato a rispondere con Laura Reali e Cinzia Niolu
1. Tozzi AE, Gesualdo F. Salute partecipativa? La tecnologia digitale aiuta. Recenti Prog Med 2016;Suppl Forward3;S22-3.
3. Caiani EG. Distanti ma (più) vicini con il digitale. Recenti Prog Med 2021;Suppl Forward22;S34.
5. Becherucci P. Sempre al anco dei genitori. Recenti Prog Med 2021;Suppl Forward22;S36.
Con covid-19 la telemedicina ha subito una grande accelerazione. Cosa è cambiato in questi anni? Siamo andati avanti o, paradossalmente, abbiamo fatto dei passi indietro?
Intervista a
Laura Reali
Associazione culturale pediatri
Durante la pandemia c’era un gran bisogno di strumenti digitali ma spesso ci si è affidati al “fai da te”, nel senso che tutto quello che poteva funzionare per sentirsi o vedersi a distanza in quel momento di emergenza è stato utilizzato. Personalmente ricordo di avere utilizzato molto una app di Google, una versione di Meet per lo studio medico con cui facevo visite virtuali che funzionava piuttosto bene. Anche il nostro sindacato per la telemedicina ha dato indicazioni puntuali. Purtroppo, però, come successo per altro, abbiamo dimenticato in fretta e, quando c’è stata di nuovo la possibilità di vedersi, tutto ciò che prima veniva utilizzato per necessità è diventato gradualmente meno usato. Ancora oggi, io offro in ambulatorio la possibilità di vedersi a distanza, soprattutto per le visite dove c’è molto da parlare e poco da fare. Penso a chiacchierate sullo svezzamento, sull’alimentazione complementare responsiva. Alcune persone lo gradiscono perché evitano di spostarsi, ma la maggior parte delle persone è tornata a volersi incontrare.
C’è poi un altro aspetto, che riguarda il rapporto con i colleghi. Trovo i teleconsulti molto promettenti perché in presenza di un paziente con una problematica specifica, complessa, è utile condividere una scelta o confrontarsi con gli specialisti. Già online è difficile, in presenza è praticamente impossibile. Penso quindi sia un ottimo utilizzo della telemedicina, ma viene ancora troppo poco usata nella pediatria territoriale.
Cosa bisognerebbe fare per incentivarne l’utilizzo?
Innanzitutto serve informatizzare l’utenza, che siano professionisti sanitari o pazienti. Oggi molti pediatri sono prossimi alla pensione, ci sarà Il racconto sulla telemedicina in
2. Marinoni G. Come cambia la professione del medico. Recenti Prog Med 2020;Suppl Forward16;S20.
4. Collecchia G, De Gobbi R. L’ossimoro della medicina digitale. Recenti Prog Med 2021;Suppl Forward22;S35.
6. Di Blasio N. Telepsichiatria per a rontare l’incertezza. Recenti Prog Med 2021;Suppl Forward22;S37-8.
un ricambio generazionale entro il 2026. Le nuove generazioni dovrebbero essere più abituate a utilizzare dispositivi elettronici, ma se non viene fatta una formazione specifica fin dall'università è difficile che si inizi a utilizzarla con continuità. Dall’altro lato i pazienti anziani – a noi pediatri capita di avere a che fare con i nonni! – hanno serie difficoltà a utilizzare la tecnologia e non tutti hanno una persona che possa aiutarli: se non si tengono a mente queste barriere si taglia fuori una parte consistente della popolazione.
I cittadini che si rivolgono al pediatra, per l’età che hanno oggi i neogenitori, sono più pratici con la tecnologia?
In linea generale sì, ma bisogna distinguere a seconda della realtà sociale, della provenienza geografica. Diverse famiglie migranti o straniere, così come famiglie italiane di un ceto sociale meno elevato, sono brave a usare il cellulare, ma spesso non hanno una mail, non capiscono i messaggi senza qualcuno che glieli spieghi o non sono abituate a leggere documenti digitali che superino la lunghezza di un post. Poi c’è un problema di “ordine”. Spesso mi arrivano foto o messaggi audio di bambini e bambine che tossiscono prima ancora che mi venga chiesto o addirittura senza che siano accompagnati da un messaggio. Per non parlare della quantità di messaggi vocali che arrivano. Per cui sì, sicuramente abbiamo un'utenza più digitalmente evoluta, ma ci sono altri limiti.
Servono, quindi, delle regole?
Assolutamente sì, anche perché, come dicevamo prima, la telemedicina come viene utilizzata oggi è una diretta conseguenza della pandemia. Ma se durante l’emergenza c’era la regola non scritta per cui il pediatra si poteva chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte per qualsiasi cosa, oggi non dovrebbe più essere così. Ma invece si continua a farlo. E spesso applicano “regole pandemiche” a una realtà che non lo è più: può capitare che chiamino dopo poche ore di febbre a tamponi già autonomamente fatti, magari per chiedere un antibiotico.
Come si potrebbero risolvere almeno alcuni di questi problemi?
Dal momento che sono problemi che riguardano soprattutto il territorio, piuttosto che l’ospedale, le Aggregazioni funzionali territoriali previste dal dm 77, possono essere una soluzione. Ma il cuore del problema credo sia il rapporto di fiducia, che in pediatria è particolarmente sentito. Deve evolversi in qualcosa che includa il gruppo di lavoro, dal momento che non ci sarà più il pediatra singolo, e probabilmente può accadere solo se si lavora a livello culturale e di educazione vera e propria. La telemedicina credo che non abbia ancora fornito una risposta adeguata.
Se dovessimo rifare il punto tra qualche anno?
Ricordo da specializzanda che, quando portai al mio professore tutta orgogliosa il mio primo computer per fare i grafici, lui mi guardò con aria schifata dicendo che questo “aggeggio” non avrebbe avuto futuro. Era il 1990. Ora è arrivata la telemedicina, l'intelligenza artificiale, la digital health e molti ne parlano in maniera preoccupata. Secondo me, invece, succederà la stessa cosa che è successa con i computer, con il passaggio dalla carta al digitale. Quello che manca, però, è l’educazione e la formazione dell’utenza. •
Con covid-19 la telemedicina ha subito una grande accelerazione. Come si utilizza oggi?
Durante la pandemia, a causa dell’emergenza, c'è stato un uso massiccio, a volte anche improvvisato, della telemedicina. Oggi l’utilizzo si è ridotto e si tende a bilanciare le modalità, decidendo come procedere caso per caso a seconda della situazione. Il rapporto a distanza, anche con una semplice telefonata, può essere utile, ad esempio, per chiedere come procede una terapia farmacologica, ma se si deve fare un colloquio più approfondito è necessario interfacciarsi in presenza, anche perché in salute mentale alcuni aspetti con la telemedicina un po’ si perdono: penso all’atteggiamento non verbale, dalla posizione del corpo allo sguardo. Questa valutazione deve poi combinarsi con le esigenze del paziente: logistiche legate alla distanza, al lavoro, al tempo a disposizione.
Poi ci possono essere situazioni particolari. Nell’ultimo periodo abbiamo messo su insieme al reparto di Neuropsichiatria infantile e a quello di Ginecologia un servizio online in cui offriamo alle donne delle lezioni di yoga durante la gravidanza.
I pazienti chiedono di vedersi principalmente in presenza o online?
Finita la pandemia la maggior parte delle persone ha chiesto di tornare a vedersi in presenza e la sensazione è che ancora oggi sia così. Poche persone hanno chiesto di proseguire online, in questi casi abbiamo valutato la motivazione e, se si trattava di persone che dopo il lockdown tendevano a isolarsi, a non uscire di casa, abbiamo insistito, con tutte le cautele, perché tornassero in presenza.
Ci sono dei casi in cui la telemedicina può essere un valore aggiunto da un punto di vista terapeutico?
Per incentivare l’utilizzo della telemedicina nei prossimi anni su cosa si deve lavorare?
Innanzitutto c’è un problema di privacy, di cui si sta occupando anche la Società italiana di psichiatria. Un altro aspetto da affrontare, soprattutto in psicoterapia, è l’adattamento dei diversi setting psicoterapeutici alla telemedicina. L’approccio psicanalitico classico, ad esempio, prevede che il paziente sia sdraiato sul lettino con il terapeuta alle spalle, ma questo setting a distanza è difficile da replicare. Ancora, in psicoterapia è molto importante che le sedute si tengano nella stessa stanza, con la stessa persona, nella stessa posizione: questo si riesce a replicare con la telemedicina? Non sempre, perché le case, le convivenze non lo permettono. Ho visto persone che, pur di trovare uno spazio di privacy, facevano la seduta dal bagno, ma questa non può essere la norma. Un ultimo aspetto è quello della tecnica perché ovviamente con la distanza la situazione cambia. In uno studio progettato tempo fa in collaborazione con la facoltà di Ingegneria, ci si proponeva di analizzare i dialoghi tra i terapeuti e i genitori di bambini dello spettro autistico durante sedute di psicoterapia, sia in presenza sia online. I dialoghi venivano poi analizzati con algoritmi di intelligenza artificiale e si notavano diverse differenze. Parlare con una persona seduta nella poltrona accanto a te è una cosa, se la persona è al di là di uno schermo è un'altra.
A proposito del teleconsulto, invece, a cosa si sta lavorando?
Intervista a
Responsabile Uoc Psichiatria e psicologia clinica
Policlinico Tor Vergata, Roma
In alcuni casi sì, perché entrare dentro la casa delle persone permette di notare o valutare aspetti utili anche per la terapia. Lo abbiamo scoperto durante la pandemia, perché abbiamo visto una nuova dimensione, la persona dentro casa sua. Per le donne che hanno appena partorito, ad esempio, è molto semplice collegarsi a distanza e oggi noi gli chiediamo proprio di farci vedere l’ambiente domestico, di mostrarci come allatta suo figlio, di farci interfacciare, se c’è, anche con il compagno. All’interno del servizio SOS Mamma, che durante la pandemia siamo passati a fare tutto su piattaforma, ancora oggi la prima visita la facciamo online. In un secondo momento, però, facciamo venire le persone in presenza per conoscerle, prescrivere eventuali farmaci: la componente relazionale non può mancare del tutto. Un’altra situazione è quella dei ragazzi isolati, che non escono mai dalla loro stanza, i cosiddetti hikikomori, in questo caso la telemedicina può essere di grande aiuto, in una prima fase della terapia.
Nelle reti della emergenza della Regione Lazio è stato messo a punto il sistema Advice, un protocollo di teleconsulto tra i diversi ospedali delle Reti dell’emergenza, adulti e pediatrica. Nel caso della psichiatria, i pronto soccorso degli ospedali che non hanno un reparto di psichiatria prima di mandare il paziente acuto psichiatrico con l’ambulanza nell’ospedale con reparto più vicino fanno un teleconsulto. Si collegano con lo specialista psichiatra dell’ospedale indicato, lo specialista effettua la consulenza e, successivamente, decide se è necessario il trasporto, o se il paziente può essere stabilizzato con una terapia in pronto soccorso e/o dimesso. Se entrasse a sistema sarebbe molto utile perché si eviterebbe di spostare pazienti in ambulanza con tutto quello che ne consegue.
A cura di Rebecca De Fiore
telemedicina s. f. [comp. di telee medicina]. – Particolare applicazione della telematica che consente di inviare a distanza, utilizzando varie vie di comunicazione (collegamenti telefonici e radiofonici, satelliti, ecc.), più comunemente le linee telefoniche, informazioni di carattere sanitario (tracciati di elettrocardiogrammi, radiografie, ecografie, misure di temperatura e pressione arteriosa, cartelle cliniche) per rendere l’assistenza medica più rapida ed efficiente.