InMedicina

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Introduzione

Un caso di vasculite anca-associata in corso di diabete mellito. Nuove opportunità terapeutiche

Lucio Manenti

UOC Nefrologia e Dialisi

ASL 5 Liguria-La Spezia

La vasculite ANCA-associata (AAV) è una condizione autoimmune sistemica che può portare a un’insufficienza d’organo e persino essere pericolosa per la vita. È una malattia rara, tra i dieci e i venti casi per milione, che in genere coinvolge il paziente anziano tra i 65 e i 74 anni di età1. Gli organi bersaglio principali della AAV sono il rene, il polmone, le alte vie respiratorie e il sistema nervoso periferico. La AAV può essere di due tipi: la poliangioite microscopica (MPA) e la poliangioite granulomatosa (GPA). La MPA si caratterizza per la presenza di ANCA-MPO al test ELISA ed ha prevalentemente interessamento renale. A livello polmonare si può caratterizzare per micronodularità e la comparsa di alveolite emorragica. La GPA, invece, si caratterizza per la presenza di ANCA-PR3, un interessamento renale meno frequente, interessamento polmonare con addensamenti anche escavati, interessamento alte vie respiratorie.

Entrambe le forme si trattano con glucocorticoidi (GC) e con immunosoppressori – ciclofosfamide o rituximab – che offrono benefici rapidi e spesso sostanziali per il controllo della malattia e la risoluzione dei sintomi. Tuttavia, l’uso prolungato di GC ad alte dosi porta a significativi effetti collaterali temuti da medici e pazienti. Molte ricerche sono state condotte per ridurre le quantità di GC necessarie per trattare efficacemente l’AAV mantenendo un adeguato controllo della malattia. Solo recentemente gli specialisti che si occupano di AAV, particolarmente i reumatologi e i nefrologi, hanno messo a fuoco che le comorbidità determinate dal prolungato uso di steroide nei pazienti in terapia di mantenimento sono essi stessi causa di morbilità/mortalità a causa dell’insor-

genza di complicanze infettive, diabetiche e cardiovascolari secondarie all’uso/abuso di GC2 .

Caso Clinico

Presentazione

Il caso descritto è peculiare nell’ambito delle AAV. Innanzitutto, si tratta di un soggetto giovane, laddove generalmente l’età dei pazienti con AAV è tra i 45 e i 65 anni per i soggetti GPA e tra i 55 e i 75 per quelli MPA. Inoltre, la paziente è affetta da diabete mellito di tipo I dall’età di nove anni, condizione che la pone a rischio di presentare danni renali cronici connessi alla nefropatia diabetica e/o al danno vascolare microangiopatico associato. Infine, il quadro vasculitico si è presentato in forma particolarmente aggressiva, ma limitato al rene. In questo contesto, le terapie storicamente sedimentate nelle AAV – ciclofosfamide o rituximab – sono comunque associate a boli di metilprednisolone come induzione e mantenimento con prednisone per almeno un anno, con possibilità di proseguire la terapia a basso dosaggio anche fino a tre o cinque anni3

Questo caso specifico presenta quindi tutte le caratteristiche per beneficiare dell’introduzione di avacopan, che consente il rapido tapering/ sospensione della terapia steroidea 4 . Non va inoltre sottovalutato il ruolo particolarmente efficace di avacopan nel favorire il recupero del filtrato glomerulare nelle AAV con insufficienza renale acuta5 .

Anamnesi e storia clinica

La paziente di 29 anni, affetta da diabete mellito di tipo I in trattamento con microinfusore insulinico, accedeva al Pronto Soccorso per addominalgia in sede meso-ipogastrica, con riscontro TC di ispessimento dell’ultima ansa ileale, per cui si poneva il sospetto di morbo di Crohn.

L’anno precedente era stata fatta una diagnosi di mononeuropatia nervo peroneo superficiale sinistro, per cui era stata anche sospettata una eziopatogenesi autoimmune. In quell’occasione presentava un valore di creatininemia di 0,9 mg/ dL, ANA negativi e p-ANCA negativi (non disponibili c-ANCA), C3 consumato (78 mg/dL, v.n. 90140 mg/dL) con C4 normale. Il fattore reumatoide risultava negativo.

Nel corso dell’accesso in Pronto Soccorso, la paziente ha iniziato terapia antibiotica e antinfiammatoria con mesalazina per sospetta colite, presentando beneficio sintomatologico. Nei due mesi successivi, effettuando accertamenti ematochimici volti ad escludere una malattia infiammatoria cronica intestinale, si documentava l’insorgenza di insufficienza renale progressiva, con creatininemia che passava da 1,7 mg/dL a 2,5 mg/dL. Per questo accedeva presso il nostro reparto ed eseguiva approfondimenti nefrologici.

Gli esami ematochimici e urinari documentavano creatininemia 2,7 mg/dL, proteinuria 24h 960 mg e p-ANCA positivi (1:40) al test ELISA MPO-ANCA 12 UI (v.n. <10 UI).

Alla biopsia renale si documentava proliferazione extracapillare con semilune floride, semilune miste e adesione flocculo capsulare con aspetti di rottura/distruzione della capsula in alcuni glomeruli (Figura 1).

All’immunofluorescenza si osservava una sostanziale negatività per depositi IgG, IgA, IgM ma C3 debolmente positivo a granuli su anse e mesangio (Figura 2).

In considerazione dell’assenza di immunocomplessi (glomerulonefrite pauciimmune) e della presenza di glomeruli con semilune infiammatorie, si poneva diagnosi di glomerulonefrite progressiva con AAV in corso, apparentemente limitata al rene. Non è chiaro il quadro di mononeuropatia pregresso.

Figura 1. Glomerulo con semiluna circonferenziale, distruzione della capsula di Bowman e infiammazione periglomerulare. (impregnazione argentica).

Figura 2. Immunofluorescenza: C3+. Deposito granulare sparso su anse e mesangio.

Trattamento

Le linee guida sul trattamento delle AAV ad interessamento renale acuto (KDIGO 2024 e EULAR) sono univocamente indirizzate a una terapia di induzione caratterizzata da boli di metilprednisolone per tre giorni (dose totale 1-3 g) e all’introduzione di infusione di ciclofosfamide e.v. fino

alla remissione clinica (non meno di tre mesi), per poi proseguire per circa due anni con azatioprina per os. In alternativa si è ormai consolidato l’uso di rituximab 375 mg/m2 per quattro settimane in un mese o in alternativa 1000 mg/m2 ai giorni 0 e 14. Quale mantenimento, le linee guida suggeriscono la eventuale ripetizione di

rituximab 500 md/mg 2 ogni sei mesi e per due anni; questa scelta viene comunque personalizzata su ogni singolo caso clinico 6,7 .

Nel corso del ricovero, la paziente veniva trattata con boli a dosi ridotte di metilprednisolone da 125 mg per tre giorni per limitare lo scompenso glicemico e successivamente proseguiva con prednisone 0,5 mg/kg al giorno. Alla terapia steroidea si è associato rituximab invece di ciclofosfamide, sia per evitare il noto rischio eteroplastico derivante dall’uso di ciclofosfamide in paziente così giovane, sia per il rischio di infertilità associata al farmaco, sia in virtù della ormai consolidata capacità di rituximab di favorire un più rapido tapering dello steroide. La paziente ha iniziato quindi rituximab 1000 mg/m2 ogni quattordici giorni per due somministrazioni come da linee guida di trattamento delle AAV. Tuttavia, le glicemie risultavano non ben controllate dalla terapia insulinica in atto a causa delle elevate dosi di steroide. Veniva quindi richiesta in urgenza l’approvazione in uso compassionevole per avacopan 30 mg due volte al giorno, in modo da procedere a una rapida sospensione della terapia steroidea come documentato nel recente trial 4 Il farmaco veniva quindi iniziato dopo quattordici giorni dalla biopsia renale, quando la funzione renale era leggermente migliorata (creatininemia 2,2 mg/dL, eGFR 30,2 ml/min). In quell’occasione veniva sospesa la terapia steroidea.

Follow-up

La paziente andava incontro a remissione completa, con funzione renale che si normalizzava (creatininemia 0,8 mg/dL, eGFR 103,9 ml/min e proteinuria 24h 147 mg) nei primi sei mesi, per cui si soprassedeva alla risomministrazione di rituximab come mantenimento. La remissione persisteva a dodici mesi di follow-up per cui si sospendeva avacopan e si proseguiva con la sola terapia nefroprotettiva ed antipertensiva già in atto, oltre che con

la terapia insulinica con microinfusore. A due anni di follow-up, la paziente è in assenza di recidiva di malattia e con esame urinario negativo per proteinuria.

Discussione

Il caso presentato è paradigmatico del valore aggiunto di avacopan nel permettere di sospendere rapidamente lo steroide in soggetti particolarmente fragili. Accade frequentemente che l’introduzione di alte dosi di steroide nei pazienti con AAV e diabete mellito partecipi della comorbidità cardiovascolare del paziente 3 . Inoltre, la violenta infiammazione renale che comporta l’attivazione del complemento è certamente meglio affrontata con l’aggiunta di avacopan on-top allo standard of care di riferimento. Il farmaco è in grado di bloccare il recettore del C5a, una delle più violente anafilotossine presenti a livello renale.

Per questo, come descritto dallo studio ADVOCATE e dalla post-hoc analysis che ha riportato un recupero dell’eGFR medio circa doppio nei soggetti trattati rispetto al gruppo con lo steroide (16,1 ml/min vs 7,7 ml/min), si può ipotizzare che in questo caso specifico il farmaco potrebbe aver favorito il completo e rapido ripristino della funzione renale basale 4,5 .

Un altro dato fondamentale riguarda la possibilità che avacopan, oltre a determinare la rapida sospensione del glucocorticoide, possa favorire una riduzione della necessità della risomministrazione di rituximab quale mantenimento. Una recente post-hoc analysis dello studio ADVOCATE dimostra che, fra i soggetti non ritrattati nel corso del mantenimento con rituximab, la remissione veniva mantenuta in percentuale maggiore nel gruppo trattato rispetto a quello con mantenimento con steroide 8 . Questo riscontro, ancora preliminare, apre scenari particolarmente inte -

ressanti in considerazione dell’elevato rischio di complicanze da infezione da COVID-19 nei soggetti in mantenimento con rituximab.

Va inoltre sottolineato che nel nostro caso non è stato osservato alcun problema di tollerabilità del farmaco.

Conclusioni

L’esito finale del trattamento scelto con l’associazione di avacopan, che ha determinato la remissione completa e l’assenza di recidiva di malattia nonostante la sospensione dello steroide e anche la non ripetizione in mantenimento del rituximab, ci incoraggia a proseguire in questa direzione per mettere sotto controllo anche l’infiammazione complemento-mediata. La scelta di non proseguire rituximab è stata rafforzata in considerazione anche della recente pubblicazione post-hoc su pazienti trattati con rituximab nell’ADVOCATE che sottolinea il probabile beneficio di avacopan nel ridurre le recidive in chi non fa mantenimento 8 .

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1. Vasculite (Angioite o Arterite): cos’è, segni e indicazioni - ISSalute

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Il presente caso clinico è stato realizzato in collaborazione con

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