Lean Six Sigma in Sanità

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“Questa pubblicazione (…) è uno dei semi che abbiamo voluto piantare per stimolare una cultura manageriale sempre più orientata all’efficienza e alla qualità attraverso l’applicazione di metodologie industriali opportunamente modulate per tenere conto della complessità del sistema sanitario, fatto di processi produttivi ma anche e soprattutto di persone.” Giovanni Monchiero Il volume si propone come strumento di lavoro per la creazione di cultura tra gli operatori sanitari e come fonte importante di spunti per l’innovazione organizzativa. In particolare, nella prima parte si fornisce una disamina teorica della metodologia Lean Six Sigma in sanità; nella seconda parte si descrivono concreti processi di innovazione realizzati grazie all’applicazione della metodologia in selezionate Aziende Sanitarie e Ospedaliere italiane.

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“Crediamo molto in questo volume, non solo come strumento di approfondimento e formazione ma anche come base fondante di progettualità più articolate in cui attore pubblico e privato, lavorando insieme, perseguano (…) ambiziosi e cruciali obiettivi di recupero economico e industriale del settore della sanità.” Pierluigi Antonelli

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ Nuovi strumenti per il Governo Clinico

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Introduzioni di Qjfsmvjhj!Boupofmmj Hjpwbooj!Npodijfsp A cura di Dmbvejb!Svujhmjbop


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LEAN SIX SIGMA IN SANITĂ€ Nuovi strumenti per il Governo Clinico Gabriele Arcidiacono Ilaria Catalano Antonio Giulio de Belvis Alberto Fiore Marco Geddes da Filicaia Daniel T. Jones Marco Lupo Marco Marchetti Walter Ricciardi Lorenzo Terranova Introduzioni di Pierluigi Antonelli Giovanni Monchiero A cura di Claudia Rutigliano


A cura di Claudia Rutigliano Area Policy & Communication, MSD Italia

Prima edizione: giugno 2012 Š 2012 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8, 00138 Roma Tel. (+39) 06 862821 - Fax: (+39) 06 86282250 pensiero@pensiero.it - www.pensiero.it www.facebook.com/PensieroScientifico Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Stampato in Italia dalle Arti Grafiche Tris srl Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma Progetto grafico e copertina: Antonella Mion, Roma Immagine di copertina: ŠBruno Budrovic/Stock Illustration Source Coordinamento redazionale: Benedetta Ferrucci ISBN 978-88-490-0424-3


AUTORI

Gabriele Arcidiacono Professore Associato, Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate Università degli Studi G. Marconi, Roma Docente della Business School, “Il Sole 24 Ore” Ilaria Catalano Master Black Belt e Program Realization Officer/Merck Sigma Director, MSD Italia Antonio Giulio de Belvis Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Socio fondatore e Segretario della Società Italiana Medici Manager (SIMM) del Lazio, Roma Alberto Fiore Unità di Valutazione delle Tecnologie Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Marco Geddes da Filicaia Direttore Sanitario del Presidio Ospedaliero Firenze Centro, ASL 10, Firenze Daniel T. Jones Presidente della Lean Enterprise Academy, Regno Unito Marco Lupo Master Black Belt, Merck Sigma Manager, MSD Italia


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Marco Marchetti Direttore dell’Unità di Valutazione delle Tecnologie Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Walter Ricciardi Direttore Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore Socio fondatore e Presidente del Comitato Scientifico della Società Italiana Medici Manager (SIMM), Roma Lorenzo Terranova Direttore Scientifico Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO), Roma Professore di Economia Sanitaria, Scuola di Specializzazione in Statistica Sanitaria, Università “La Sapienza”, Roma


INDICE

INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

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Pierluigi Antonelli Giovanni Monchiero P a r t e

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IL VALORE DELLE METODOLOGIE INDUSTRIALI IN SANITÀ

1  • METODOLOGIE INDUSTRIALI IN SANITÀ: LA BASE SCIENTIFICA E LO STATO DELL’ARTE

Gabriele Arcidiacono 2  • POTENZIALITÀ E VALORE AGGIUNTO DEL SIX SIGMA

E DEI METODI INDUSTRIALI NELLA GOVERNANCE CLINICA DELLA SANITÀ

Walter Ricciardi, Antonio Giulio de Belvis

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3  • LA PROSPETTIVA DELLE AZIENDE SANITARIE Lorenzo Terranova

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4  • LA PROSPETTIVA DELLE AZIENDE OSPEDALIERE Marco Marchetti, Alberto Fiore

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5  • OPPORTUNITÀ E RISCHI IN UNA PROSPETTIVA STORICA E DI PROGRAMMAZIONE SANITARIA

Marco Geddes da Filicaia

6  • RIDURRE IL GAP DI PERFORMANCE IN SANITÀ: L’ESPERIENZA INGLESE Daniel T. Jones

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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

P a r t e

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TIPOLOGIE DI PROGETTI LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

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LEAN SIX SIGMA: LA DESCRIZIONE DI UN METODO

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Gabriele Arcidiacono

1  • CASE STUDY: GESTIONE INTEGRATA E CONTINUITÀ ASSISTENZIALE NEL PAZIENTE CON CARDIOPATIA ISCHEMICA

2  • CASE STUDY: GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CON ASMA E/O RINITE ALLERGICA

3  • CASE STUDY: MIGLIORAMENTO DELLA GESTIONE DEL PAZIENTE IN UTIC E SUB-UTIC

4  • CASE STUDY: APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA LEAN SIX SIGMA PER IL CONTROLLO DEI MICRO-ORGANISMI MULTI-RESISTENTI

5  • CASE STUDY: MIGLIORAMENTO DEL PROCESSO DI DISPENSA

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DEI FARMACI AI PAZIENTI IN DIMISSIONE

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GLOSSARIO

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A cura di Gabriele Arcidiacono


INTRODUZIONE

L’eccellenza dei processi costituisce un’esigenza comune a tutte le aziende, qualunque sia il settore nel quale esse operano o la loro dimensione. Con riferimento al settore sanitario, si tratta evidentemente di un’esigenza sempre più urgente in considerazione della presenza di una sistematica crescita della domanda di salute – legata anche a specifiche dinamiche demografiche – ed alla contestuale, cronica, contrazione delle risorse disponibili. In tali condizioni, la sostenibilità economica del sistema impone la ricerca di nuovi strumenti di governance capaci di assicurare un costante equilibrio tra il sistema delle prestazioni e quello dei finanziamenti. In altri termini, “di fronte ad una pressione in aumento di nuovi e crescenti consumi, fermi restando i vincoli di carattere finanziario, o si interviene nella maniera più tradizionale, cercando di limitare la domanda contenendo l’offerta (…) o si considera la salute a tutti gli effetti come elemento di politica sociale e industriale e allora si adottano gli stessi strumenti di governo e incentivo della politica in­ dustriale” (Lorenzo Terranova, in questo volume). Considerare la salute, come crediamo sia corretto, un elemento fondante della politica sociale ed industriale di un Paese, significa intraprendere un percorso di ottimizzazione dei processi e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni alla ricerca di soluzioni capaci di garantire al paziente la migliore qualità possibile; quella


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qualità che il paziente stesso definisce e rivendica. Si tratta, senza dubbio, di percorsi complessi che richiedono un’analisi e una reingegnerizzazione dei processi produttivi non solo per un migliore equilibrio economico-finanziario ma anche per un più ambizioso obiettivo di recupero economico e industriale. A partire da questa consapevolezza, e con l’intento di contribuire fattivamente alla creazione e diffusione di questi percorsi virtuosi, la Fondazione MSD, in partnership con la FIASO, ha ritenuto importante farsi promotrice di questo progetto editoriale: un volume nel quale si approfondiscono il ruolo e le potenzialità che l’impiego di metodologie industriali – in particolare la metodologia Lean Six Sigma – può avere nell’attuazione della clinical governance. Volume, dunque, che la Fondazione MSD adotta con entusiasmo coerentemente al proprio obiettivo statutario di “promuovere progetti che con approccio multidisciplinare favoriscano la diffusione di co­ noscenze e know how nel settore della sanità”, prediligendo un modello di azione basato sulla partnership con i protagonisti del settore. La diffusione di una cultura e la formazione stessa del management sanitario sul tema della clinical governance sono obiettivi che il Ministero della Salute ha enunciato chiaramente prima nel Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 e, più recentemente, nel Manuale dell’Audit Clinico (2011), richiedendo alle organizzazioni sanitarie “un impegno concreto nel creare e rendere conto (accountability) di un sistema centrato sui bisogni del paziente dove la sicurezza e la qualità delle cure e dei servizi forniti raggiungano i massimi livelli rispetto alle risorse disponibili”.1 Coerentemente con questa volontà istituzionale, il volume si propone come uno strumento di lavoro utile alla creazione di cultura per gli operatori sanitari e, al contempo, una fonte importante di spunti di innovazione organizzativa ispirata a obiettivi di efficienza operativa. In particolare, nella prima parte si fornisce una disamina teorica dei più moderni e innovativi approcci in tale ambito (in particolare il

Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1552_allegato.pdf (ultimo accesso 14 maggio 2012). 1


Introduzione

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Lean Six Sigma), affidata alle voci più autorevoli sul tema nel panorama nazionale e internazionale e, nella seconda parte, si propongono testimonianze concrete di innovazioni nei processi. Non solo teoria, dunque, ma cambiamenti reali conseguiti grazie a progetti attuati in specifiche realtà (Aziende Sanitarie e Ospedaliere) in risposta a esigenze di miglioramento di processi di gestione e cura del paziente, espressi da chi è diventato non solo il destinatario del progetto ma, come emerge chiaramente dalla lettura dei case study, il protagonista e l’artefice di un cambiamento funzionale a garantire la migliore prestazione possibile con la massima soddisfazione del paziente. Condivisione, focalizzazione sul team anziché sul singolo operatore, responsabilizzazione (accountability) degli operatori rispetto alla qualità di tutte le prestazioni erogate sono elementi caratterizzanti la metodologia Lean Six Sigma e sono, allo stesso tempo, i valori di fondo da cui, come ben argomentato nel volume, non si può prescindere nell’applicazione di qualsiasi metodologia industriale in sanità. Il settore della sanità presenta, infatti, caratteri particolari: da un lato è capital intensive, proprio per il contenuto tecnologico e l’evoluzione della conoscenza diretta e indiretta; dall’altro è labour intensive proprio perché il fattore lavoro è funzione dell’intensità di capitale investito. Questa peculiarità può, in linea teorica, rappresentare un limite e un freno alla crescita di produttività (effetto Baumol) ottenibile dall’introduzione di innovazioni tecnologiche. Tuttavia, come il volume nelle sue diverse sezioni mostra chiaramente, l’innovazione organizzativa (definita come effetto dell’introduzione di significativi cambiamenti nei processi produttivi che impattano sulla combinazione dei fattori produttivi e in particolare sul modello organizzativo delle funzioni interne all’azienda) può rappresentare uno strumento critico per riuscire a fare del fattore umano un punto di forza piuttosto che un vincolo e un ostacolo per la definizione e l’implementazione di processi che mirino al recupero di efficienza e qualità dei servizi. Alla luce di ciò, diventa una priorità nelle agende delle aziende sanitarie e del sistema sanitario più generale, “non limitarsi a ridurre semplicemente i costi, ma creare modelli organizzativi tali da perse­


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

guire obiettivi di efficacia ed efficienza in maniera rigorosa e strut­ turata, adottando un flusso snello di aggregazione del valore definito dal cliente” (Gabriele Arcidiacono, in questo volume). La combinazione di Lean e Six Sigma offre un framework ideale in tale direzione. È per questo che crediamo molto in questo volume, non solo come strumento di approfondimento e formazione ma anche come base fondante di progettualità più articolate in cui attore pubblico e privato, lavorando insieme, perseguano senz’altro obiettivi di equilibrio economico-finanziario, ma anche più ambiziosi e cruciali obiettivi di recupero economico e industriale del settore della sanità. Pierluigi Antonelli Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia


INTRODUZIONE

L’attenzione ai processi – alla loro organizzazione e alla misurazione delle loro performance – è oggi ancora molto alta per il Direttore Generale di un’Azienda Sanitaria, nonostante la logica di sistema ne abbia impoverito in modo significativo l’autonomia. L’attenzione ai processi rimane, infatti, la base per qualsiasi innovazione organizzativa. Questo è senza dubbio il presupposto essenziale per una governance del sistema. Oggi esiste piena consapevolezza dell’importanza dei processi e un chiaro interesse a migliorarli, ma è altrettanto vero che manca ancora una cultura adeguata diffusa all’interno dell’organizzazione. Il percorso volto a formare una cultura in tale ambito richiede un’attenzione particolare, considerando la specificità del sistema salute rispetto ad altri comparti. Va evidenziato che il settore sanitario è sia labour intensive sia capital intensive. Infatti, la percentuale di personale altamente qualificato è superiore a qualsiasi altro comparto produttivo. Si tratta di persone che non hanno solo un tasso di istruzione superiore alla media ma anche una considerazione di sé e una aspirazione all’autonomia che è insita nella natura delle professioni sanitarie, incentrate – sin da Ippocrate – sulla concezione della relazione di cura come rapporto “uno a uno”, in cui c’è necessariamente una forte autoreferenzialità e una scarsa propensione a inserirsi proattivamente nei processi di organizzazione e di riorganizzazione.


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In questo contesto, è fondamentale dare alle persone le giuste motivazioni perché accettino un processo di cambiamento e si impegnino nella realizzazione dello stesso. Diventa, pertanto, centrale la costruzione di un’etica aziendale e, soprattutto, la sua condivisione all’interno della stessa organizzazione, sì da essere convincenti nel promuovere e nell’implementare il cambiamento. Tali percorsi “culturali”, ad oggi, non sono stati esplicitamente considerati come vision aziendale, tranne in pochissimi casi. Si tratta pertanto di avviare percorsi di formazione ad hoc in questa direzione; percorsi attuabili attraverso auspicabili interventi educativi finalizzati, da un lato, ad accrescere la consapevolezza dell’importanza dei processi di cambiamento organizzativo, per i guadagni di efficienza e qualità del sistema da essi ottenibili, dall’altro per fornire strumenti utili affinché tali processi siano concretamente implementati. È tuttavia essenziale che accanto a processi di miglioramento delle performance aziendali basate su una sorta di “volontarismo” di singole Direzioni Generali e Sanitarie e/o ad incontri virtuosi con attori privati che, credendo nel cambiamento e nell’innovazione organizzativa come volano della governance, se ne fanno diretti promotori,1 si affianchi una programmazione sanitaria, sollecitata dalla Regione, di livello più generale, orientata a innescare virtuosi processi di miglioramento delle performance aziendali. In tal modo si abbandonano poco lungimiranti sistemi di controllo di costi e razionamento delle risorse disponibili. In questa direzione, FIASO auspica che i provvedimenti che saranno discussi in Parlamento non solo stimolino uno specifico impegno alla promozione di cambiamenti organizzativi a diversi livelli del sistema – Governo, Regioni, Azienda Sanitaria – ma prevedano anche la definizione di un sistema di finanziamento adeguato e una struttura specifica di incentivi tale da stimolare il cambiamento e premiare i buoni risultati conseguiti.

È questo il caso della MSD che, come documentato nella seconda parte di questa pubblicazione, è stata coprotagonista di molti importanti processi di reingegnerizzazione di processi. 1


Introduzione

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In attesa che ciò avvenga, FIASO si impegna a “preparare il terreno”. Questa pubblicazione, in particolare, è uno dei semi che, insieme alla Fondazione MSD, abbiamo voluto piantare per stimolare la nascita e/o il consolidamento di una cultura manageriale sempre più orientata alla ricerca di risultati di efficienza e di qualità attraverso l’applicazione di metodologie industriali, debitamente e opportunamente modulate per tenere in debito conto la complessità di un sistema – quale quello di una Azienda Sanitaria – fatto di processi produttivi ma anche e soprattutto di persone. Giovanni Monchiero Presidente Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO), Roma



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IL VALORE DELLE METODOLOGIE INDUSTRIALI IN SANITÀ

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1 • METODOLOGIE

INDUSTRIALI IN SANITÀ: LA BASE SCIENTIFICA E LO STATO DELL’ARTE Gabriele Arcidiacono

Ciò che rappresenta in altri Paesi (come Stati Uniti e Gran Bretagna) una prassi da tempo consolidata, ovvero la facoltà di consultare le perfomance delle strutture sanitarie via web, viene ora introdotta anche nel nostro Paese: se oggi detta facoltà è consentita alle sole Regioni, alle ASL e alla società scientifica, molto probabilmente anche gli stessi cittadini presto ne potranno beneficiare. Ne costituisce una testimonianza lo stesso articolo “Eccellenza e disastri, ecco la classifica degli ospedali” del Corriere della Sera datato 22 marzo 2012, che evidenzia le performance della sanità italiana, così come emerse dal rapporto sulla “Valutazione degli esiti” finanziato dal Ministero della Salute. Questo nuovo scenario non potrà che stimolare la riorganizzazione delle fasi di processo da parte delle strutture sanitarie, che avranno come precipuo scopo quello di soddisfare, ancora di più rispetto al passato, le esigenze dei clienti/pazienti.1

Per cliente si intende il fruitore dei risultati (in termini di informazioni, materiali, performance) dei processi. Più vicini saranno questi risultati ai desiderata del cliente, maggiore sarà la Customer Satisfaction. Il cliente può essere sia esterno che interno all’azienda/struttura: in ambito sanitario il cliente di molti processi è il paziente. 1


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

L’ECCELLENZA DEI PROCESSI IN AMBITO INDUSTRIALE

L’Eccellenza dei processi costituisce un’esigenza comune a tutte le aziende, qualunque sia il settore in cui esse operano e qualunque sia la loro dimensione. Esigenza che, in realtà, si tramuta in necessità di intraprendere un percorso di Operational Excellence (OpEx) verso quella Eccellenza Operativa che garantisca una qualità “perfetta” del prodotto/servizio, così come attesa dal cliente, attraverso processi stabili e senza sprechi (denominati in lingua giapponese muda). Nell’attuale contesto industriale altamente competitivo il concetto di OpEx assume, quindi, un ruolo chiave per il successo di qualsiasi azienda. L’evoluzione della società moderna e la conseguente proliferazione dei mercati hanno reso necessario che le aziende fornissero uno standard sempre maggiore di qualità attraverso la personalizzazione del servizio a seconda delle specifiche richieste del cliente. In questo scenario, alcuni modelli di management orientati all’Eccellenza hanno cominciato a diffondersi repentinamente sotto forma di miglioramento continuo (Continuous Improvement) non solo nelle grandi multinazionali, ma anche nelle piccole e medie imprese. Queste moderne metodologie si basano sulla gestione dei processi dell’intera azienda e non solo delle singole funzioni aziendali di cui la prima è composta. Appare chiaro, quindi, come inevitabilmente le aziende debbano porre sempre maggiore attenzione alle reali esigenze del cliente, creando e governando flussi di attività mirati a fornire prodotti e servizi che soddisfino pienamente le richieste del mercato. In sintesi, le aziende non si devono limitare semplicemente a ridurre i costi, ma devono creare modelli organizzativi tali da perseguire gli obiettivi di efficacia ed efficienza in maniera rigorosa e strutturata, adottando un flusso “snello” di aggregazione del valore definito dal cliente. Per raggiungere l’Eccellenza dei processi aziendali esistono varie metodologie che, nate in ambito industriale e manifatturiero, sono ormai diffuse anche in quello transazionale e di servizio.2

L’ambito transazionale e di servizio comprende quello amministrativo, direzionale e il terziario (a titolo esemplificativo aziende di comunicazione, di renting/leasing, pubblicitarie, bancarie, assicurative, ecc.). 2


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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Dal grafico riportato nella figura 1.1 emerge che quelle maggiormente implementate sono Balanced Scorecard (BSC), Lean, Six Sig­ ma e, in questi ultimi anni, soprattutto l’integrazione di queste ultime, Lean Six Sigma (LSS). La BSC (Kaplan, Norton, 2000) consente di definire, attuare e monitorare la strategia aziendale. Ideata da Kaplan e Norton agli inizi degli anni ’90, rappresenta un sistema di indicatori (KPI) e di iniziative strategiche tra loro collegate in grado di interpretare in modo globale la strategia adottata in azienda al fine di svilupparla in modo organico e controllato. È pensata come un modello che misuri e valuti le prestazioni di un’organizzazione mediante mappe strategiche e cruscotti articolati in quattro prospettive (Economico-Finanziaria, Clienti/Mercato, Processi, Apprendimento e Innovazione) che devono essere fra di loro bilanciate. Il LSS, per contro, grazie alla sinergia delle due metodologie Lean e Six Sigma, rappresenta, senza dubbio, l’approccio più innovativo ed efficace in termini di Eccellenza Operativa (Arcidiacono et al., 2012). Esso offre un approccio sistematico per il miglioramento continuo dei processi aziendali che, grazie ai molteplici casi di successo anche

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Figura 1.1 • Principali framework/metodologie OpEx. Fonte: PEX, 2012


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nei settori più disparati, rappresenta un modello orientato alla soddisfazione del cliente. Nel LSS ricopre particolare importanza, infatti, la distinzione fra le attività a Valore Aggiunto (VA) e quelle a Non Valore Aggiunto (NVA). Mentre le prime sono quelle che effettivamente contribuiscono a soddisfare i Customer Needs, per i quali, pertanto, il cliente è disposto a pagare, le seconde, invece, costituiscono un vero e proprio costo: devono essere identificate e misurate al fine di ridurle o, quando possibile, eliminarle. Il LSS ha il pregio di combinare la potenza dell’analisi statistica dei dati propria del Six Sigma con i principi e gli strumenti atti all’eliminazione degli sprechi e alla riduzione dei tempi di attraversamento tipiche del Lean. Si sviluppa in azienda attraverso progetti di miglioramento gestiti da Team interfunzionali di persone direttamente coinvolte nei processi in oggetto. In merito ai principali obiettivi dei progetti OpEx, osservando la figura 1.2 emerge una particolare attenzione all’incremento della Cu­ stomer Satisfaction, alla riduzione dei costi e all’utilizzo efficace delle risorse in generale. Per una più approfondita analisi della metodologia e dei suoi strumenti si rimanda il lettore al primo capitolo della Seconda Parte.

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Figura 1.2 • Principali obiettivi dei progetti OpEx. Fonte: PEX, 2012

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Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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LE SFIDE DEL SERVIZIO SANITARIO E DELLA SUA FILIERA

Nel settore sanitario il costo del servizio e la sua scarsa efficienza ormai non sono più tollerati, né dagli stessi addetti ai lavori, né tantomeno dai pazienti (Arcidiacono et al., 2011). Infatti, i dirigenti ospedalieri appaiono sempre più determinati nel ridurre i cosiddetti muda, al fine di arginare i continui e crescenti sprechi che determinano l’aumento delle spese nei propri ospedali. Il LSS, come altre metodologie industriali, non ha la pretesa di sostituire il medico o il personale sanitario, ma lo supporta quotidianamente nel conseguimento del miglioramento continuo, attraverso quella perfetta combinazione fra l’approccio artigianale nella cura del paziente e il rigore metodologico volto all’erogazione efficace e snella dei servizi. Un vecchio studio (risale a oltre dieci anni fa) dell’Istituto Juran aveva evidenziato come nelle strutture sanitarie degli Stati Uniti circa il 30% delle spese fosse riconducibile a “cattiva qualità”. Questi costi fanno parte dei cosiddetti Cost Of Poor Quality (COPQ), riportati nella tabella 1.1 (Arcidiacono et al., 2007). I COPQ dello studio classificano i problemi in quattro categorie (tabella 1.2): • • • •

Overusage Underusage Misusage Waste Per esempio alcune cause di malasanità possono essere ricondotte:

• all’utilizzo errato di medicinali (costo diretto più i costi dovuti a trattamenti successivi); • all’abuso di antibiotici; • all’abuso del ricovero ospedaliero; • all’assenza di ricovero ospedaliero quando necessario. Tuttavia, grazie alla diffusione in questi ultimi anni del LSS nel­ l’Health​­care americano e ai conseguenti significativi miglioramenti


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 1.1 – COPQ: COST OF POOR QUALITY

Costi della qualità Costi di prevenzione

• Manutenzione preventiva • Audit di processo • Audit di prodotto • Studi sulla capacità del processo • Studi sulla capacità delle macchine

Costi di verifica

• Controlli • Collaudi • Controlli sulle fatture • Controllo ordini di acquisto • Prove di vita sul prodotto

Costi della non conformità Costi difetti interni

• Scarti • Rilavorazioni • Malfunzionamento impianti • Ritardi e attese • Fatture emesse in ritardo • Previsioni di vendita errate • Fermo produzione per anomalie

Costi difetti esterni

• Resi dal cliente • Assistenza in garanzia • Richiami di prodotti consegnati • Declassamento prodotti • Stesura documenti relativi a resi • Penali

in termini di efficienza dei processi, detta metodologia sta cominciando a garantire un ritorno non solo qualitativo, ma anche economico per tutto il settore sanitario. In Italia, la spesa sanitaria incide pesantemente sul bilancio di molte regioni: pertanto, la riduzione dei muda delle strutture sanitarie potrebbe generare cospicui savings. Non è un caso che le metodologie sopra menzionate non sono sistematicamente utilizzate nell’Health­ care, limitandosi, per ora, a singoli e isolati progetti. La causa principale dell’aumento della spesa sanitaria (senza considerare i fattori incontrollabili, quali, ad esempio, l’aumento dell’età media della popolazione) risiede, pertanto, nell’inefficienza dei processi che deve essere misurata e ridotta attraverso l’implementazione di azioni correttive. Alcune inefficienze sono riconducibili a processi prettamente medici o clinici, altre, invece, sono associate ad attività di tipo amministrativo, logistico e operazionale in generale.


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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TABELLA 1.2 – ESEMPI DI SPRECHI NELLA SANITÀ

Spreco

Esempio

Overusage (eccesso di…)

• Ricorso eccessivo alle strutture sanitarie • Cure non necessarie (comportano spese senza addurre benefici al paziente)

Underusage (mancanza di…)

• Carenza di cure adeguate in tempo utile • Incapacità di soddisfare la domanda di medicinali (vaccini, test, ecc.) • Riduzione dei trattamenti post-operatori

Misusage (errori nell’impiego di…)

• Somministrazione errata di farmaci • Errori di diagnosi • Errori nell’impiego di macchinari • Errori nell’applicazione di trattamenti post-operatori

Waste (sprechi per inefficienza)

• Burocrazia nelle pratiche • Lavoro “a lotti” (allungamento lead time) • “Re-” (fare le cose due volte, ricontrollare, rilavorare, ecc.)

Peraltro, se tutta la filiera del settore sanitario conoscesse il LSS, la stessa potrebbe trarre grandi benefici anche dall’utilizzo di un linguaggio e di un framework comune: ad oggi, infatti, questo già avviene solamente fra le strutture ospedaliere e le aziende farmaceutiche in tema di studi clinici, di studi osservazionali e di farmaco-vigilanza. L’auspicio, quindi, è l’estensione a tutta la filiera e a tutti gli attori coinvolti di un approccio comune Performance and Patient Centric, ovvero centrato sulle prestazioni e sulla soddisfazione del paziente. Come le metodologie OpEx insegnano, per sviluppare progetti di miglioramento, occorre ricercare la Voice of Customer (Yang, 2007). A titolo esemplificativo, un recente report de Il Sole 24 Ore (Arcidiacono et al., 2011) ha indicato che fra i servizi ospedalieri i pazienti sono in percentuale più insoddisfatti dei servizi igienici (più del 70%), rispetto all’assistenza infermieristica (circa il 65%) e ai ricoveri ospedalieri (più del 60%).


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

CLINICAL GOVERNANCE E LEAN SIX SIGMA

Introdotta in Inghilterra alla fine degli anni ’90, la Clinical Gover­ nance è considerata una forma di gestione della sanità che attribui­ sce un ruolo centrale allo sviluppo di un sistema di miglioramento continuo ed è ancora oggi argomento di grande attualità nei tavoli di discussione della riprogettazione della sanità italiana secondo parametri industriali. L’obiettivo è quello di garantire che ogni paziente riceva la migliore prestazione con il minor dispendio di risorse e con la massima soddisfazione per il paziente stesso. Pertanto, si possono definire le caratteristiche di un sistema sanitario ideale: sicurezza, efficacia, centralità del paziente, tempestività, efficienza ed equità. Il miglioramento della qualità, però, deve essere raggiunto attraverso un approccio strutturato e un modello di sviluppo che comprenda, fra gli stakeholder, pazienti, professionisti e l’intera organizzazione. Nel Regno Unito, ispirandosi alla metodologia del WCM3 (World Class Manufacturing), la Commission for Health Improvement (CHI) ha rappresentato la Clinical Governance come un tempio antico (figura 1.3), i cui sette pilastri sotto il profilo operativo sono: Clinical Effectiveness, Risk Management Effectiveness, Patient Experiences, Communication Effectiveness, Resource Effectiveness, Strategic Ef­ fectiveness, Learning Effectiveness. Nella Clinical Governance l’organizzazione deve essere gestita secondo le cosiddette 4E (Efficiency, Economy, Effectiveness, Efficacy) attraverso la condivisione e la standardizzazione delle best practice. La struttura rappresentata nella figura 1.3 necessita di un forte com­ mitment a tutti i livelli e deve: • ricercare e declinare le aspettative del paziente;

Il WCM è un altro metodo (adattato dal “toyotismo”) dell’approccio Lean che si sta diffondendo nel mondo industriale. È anche noto, fra l’altro, come il Codice Marchionne, in quanto il CEO di Fiat e Chrysler lo ha applicato in tutti gli impianti del gruppo dove le caratteristiche chiave della nuova organizzazione sono il controllo della qualità di prodotti e processi, la verifica degli sprechi, il forte coinvolgimento di tutti gli addetti. 3


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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• sviluppare e mantenere un sistema di gestione che possa soddisfare questi bisogni in maniera affidabile, ripetibile ed economica; • progettare servizi che riflettano i bisogni del cliente; • fornire servizi che riproducano quanto progettato; • verificare prima dell’erogazione che i servizi abbiano le caratteristiche richieste; • prevenire l’erogazione di servizi che possano portare all’insoddisfazione del paziente; • individuare ed eliminare nei servizi le loro caratteristiche superflue; • trovare soluzioni operative più economiche mantenendo lo standard di qualità richiesto; • rendere le attività operative più efficienti ed efficaci; • individuare le caratteristiche che determinano la massima soddisfazione del paziente e attuarle. È indiscutibile come questi imperativi possano essere realizzati attraverso l’applicazione del Lean Six Sigma: non possiamo che pervenire alla conclusione che Clinical Governance e LSS ben si integrerebbero fra loro nell’ambito di un miglioramento continuo dei processi. L’orientamento della pratica clinica verso criteri di efficacia,

System Awareness

Teamwork

Communication

Ownership

Learning Effectiveness

Strategic Effectiveness

Resource Effectiveness

Communication Effectiveness

Patient Experiences

Risk Management Effectiveness

Clinical Effectiveness

Patient - Professional - Partnership

Leadership

Figura 1.3 • La struttura della Clinical Governance. Fonte: UK NHA, 2006


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la prevenzione degli errori, l’ottimizzazione delle risorse disponibili costituiscono solo alcuni dei molteplici punti di contatto. Il LSS, inoltre, potrebbe fornire gli strumenti necessari per raggiungere gli obiettivi dei pilastri della Clinical Governance. A titolo esemplificativo, nella tabella 1.3 si riportano alcune ipotesi di applicazione. OBIETTIVI DEI PROGETTI DI MIGLIORAMENTO NEL SETTORE SANITARIO

Lo stretto legame con la Clinical Governance giustifica, quindi, nell’Healthcare la larga diffusione in Paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna del LSS, che, da metodologia prettamente industriale, diventa strumento quotidiano di miglioramento continuo di tutti i processi. TABELLA 1.3 – PILASTRI DELLA CLINICAL GOVERNANCE E GLI STRUMENTI DEL LSS

Clinical Effectiveness

• Design of Experiments (DOE) • Indici di Capacità di Processo (Capability) • Sigma del Processo

Risk Management Effectiveness

• Failure Mode and Effect Analysis (FMEA) • Poka Yoke

Patient Experiences

• Voice Of the Customer (VOC) • Indici Critical to Quality (CTQ) • Limiti di Specifica • Diagramma di Kano

Communication Effectiveness

• Value Stream Mapping (VSM) • Project Charter • Root Cause Analysis

Resource Effectiveness

• Overall Equipment Effectiveness (OEE) • Attività a Non Valore Aggiunto (NVA)

Strategic Effectiveness

• BSC • E-DMAIC

Learning Effectiveness

• Standard Operating Procedures (SOP) • One Point Lesson (OPL)


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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In particolare le aree di miglioramento prevalentemente affrontate riguardano: • la riduzione dei tempi di attesa e dei ritardi (direttamente conseguenza dei difetti del processo); • l’aumento della capacità ospedaliera e del rendimento (costo, qualità e tempestività del supporto medico); • la riduzione del tempo di permanenza a letto dei pazienti in terapia intensiva; • la riduzione degli errori legati al flusso documentale (dei ricoveri, di fatturazione da parte dei fornitori, ecc.); • la riduzione dei tempi di preparazione per le medicazioni e per le operazioni chirurgiche; • l’aumento del grado di soddisfazione del paziente in generale. Da questi singoli esempi emerge che i progetti LSS nell’Health­ care includono non solo problematiche di natura medica, ma anche amministrativa e logistica. L’esperienza, infatti, insegna come i miglioramenti più significativi in ambito service possano essere raggiunti allargando il perimetro di applicazione a tutti i processi e a tutte le tipologie di inefficienze presenti nella Supply Chain. Anzi, sarebbe un grave errore limitare l’ambito applicativo alle sole aree in cui abitualmente si misurano la performance dei processi, perché, come puntualizza Mikel Harry, considerato il pioniere del Six Sigma per averlo introdotto in Motorola prima degli anni ’90, “tutto ciò che non può essere misurato non può essere migliorato”. In tutti i progetti LSS, come si vedrà più diffusamente in seguito, delle 5 fasi dei progetti, la Measure è quella che consente la misurazione delle perfor­ mance del processo prima di intraprendere le azioni correttive. Infatti, nelle prime fasi del LSS l’obiettivo è quello di analizzare il problema attraverso la definizione di indicatori chiari e univocamente identificati, la cui misurazione “fotografi” in modo oggettivo lo stato attuale del processo. Nell’industria, il successo dei progetti deriva proprio dal raggiungimento di determinati livelli quantitativi di questi indicatori. Si evince dal grafico di figura 1.4 come le categorie degli indicatori oggi utilizzati nell’industria siano applicabili anche al settore sanitario.


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All regions

40

Europe

35 30 %

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Figura 1.4 • Misure del successo dei progetti OpEx. Fonte: PEX, 2012

Anche nella Clinical Governance la misura è uno degli elementi chiave: una corretta valutazione della performance del servizio sanitario presuppone inevitabilmente l’utilizzo di indicatori attendibili e realmente rappresentativi della qualità dal punto di vista dell’utente finale. A tal proposito si rimanda il lettore interessato ai numerosi progetti condotti negli Stati Uniti da Kai Yang professore della Wayne State University di Detroit (Yu, Yang, 2008; Zarbo, D’Angelo, 2006; Zarbo, D’Angelo, 2007) o ai molti progetti LSS sviluppati nell’ultimo decennio in varie tipologie di ospedali in Belgio e Olanda (De Koning et al., 2006; Niemeijer et al., 2011). In Italia, come precedentemente anticipato, le applicazioni di questa metodologia, seppur con interessanti risultati, sono ancora condotte in maniera isolata o embrionale: un valido esempio è rappresentato dal progetto OLA (Organizzazione Lean dell’Assistenza) condotto dall’Azienda Sanitaria di Firenze (Mechi, Gemmi, 2009). Al fine di comprendere meglio il contributo che le metodologie industriali in generale, e il LSS in particolare, possano offrire all’Health­care italiano e come esso possa essere declinato nella quotidiana pratica ospedaliera è opportuno soffermarci brevemente sul-


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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le caratteristiche, sugli obiettivi e sugli indicatori propri di alcuni di questi progetti. Qui di seguito si riportano alcune problematiche più ricorrenti che il LSS, grazie al ricco ventaglio dei propri strumenti operativi, potrebbe arginare. Scarsa pianificazione delle attività: il concetto del Takt Time4

Se il controllo rigoroso dei conti è un’esigenza prioritaria per tutte le aziende sanitarie, il miglioramento della produttività del personale e una corretta pianificazione delle attività costituiscono, quindi, una necessità comune. Infatti, uno dei principali fattori dei costi operazionali è rappresentato dal cattivo utilizzo di risorse quali materiali ed energia elettrica (tipiche anche del mondo industriale) e da elementi peculiari del settore sanitario, quali consulti, analisi e trattamenti non necessari. Spesso i dipartimenti e i reparti soffrono una pianificazione dell’allocazione delle risorse non ottimale sia per difetto (causando disservizi al paziente e stress agli addetti) sia per eccesso, a causa della mancanza di dati oggettivi, di proiezioni future non attendibili e della alta variabilità dei processi. Ciò assume una rilevanza particolarmente significativa se si pensa che gran parte del budget ospedaliero è relativo ai costi del personale. Un’altra causa legata alle inefficienze nelle strutture ospedaliere è imputabile alla non ottimale sincronizzazione tra la programmazione delle attività e le reali necessità. Importare, quindi, il concetto del Takt Time (tipico dell’approccio Lean) anche negli ospedali permette di “progettare” i reparti in base alle effettive richieste per un determinato lasso di tempo (giorno o settimana).

Il Takt Time è il ritmo della produzione calibrato in base alle vendite. Questo termine rappresenta un preciso intervallo di tempo che sincronizza con precisione produzione e vendite (Womack, Jones, 2010). 4


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

isservizi determinati da lunghi tempi di attesa: l’importanza D della misurazione e della distinzione tra attività VA e NVA

Altra problematica del settore, strettamente collegata a quella appena analizzata, è rappresentata dai tempi di attesa: spesso, infatti, i pazienti lamentano di dover attendere ore prima di essere medicati. La causa di questo disservizio potrebbe essere imputabile a una non corretta pianificazione e/o distribuzione delle attività. Ciò emerge, soprattutto, quando nel corso della stessa giornata si ha un’alternanza fra periodi di relativa calma e altri con picchi elevati di lavoro. Dette criticità possono essere contenute misurando, ad esempio, il tempo impiegato in attività NVA, il tempo ciclo impiegato per attività VA e il tempo di inattività da overstaffing. on corretto utilizzo delle apparecchiature: la pianificazione degli N interventi di manutenzione

Per quanto concerne le apparecchiature/attrezzature mediche, spesso, anche nelle ore di picco, sono solo parzialmente utilizzate, perché indisponibili a causa di manutenzione e di riparazioni (talvolta non programmate). Tutto ciò, con un “effetto domino”, implica la necessità di: • acquistare un maggior numero di attrezzature anche quando non sarebbe necessario; • occupare maggiori spazi. Ciò determina un considerevole aggravio dei costi, quando sarebbe stato sufficiente ridurre la percentuale di apparecchiature indisponibili. Scarsa organizzazione delle strutture ospedaliere: riorganizzazione dei layout secondo il modello del Progressive Patient Care

In alcune strutture ospedaliere sono in corso dei progetti che mirano alla riduzione degli sprechi e delle attese con la riorganizzazione


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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dei layout e della suddivisione delle strutture ospedaliere in base alle categorie omogenee di pazienti che richiedono simili tipologie di flussi di attività, competenze e trattamenti. Tutto ciò ha inevitabilmente prodotto un aumento della produttività dei reparti multidisciplinari secondo il modello del Progressive Patient Care con effetti positivi sulla variabilità del volume di ricoveri. on corretto utilizzo delle sale operatorie: la misurazione N e la riduzione dei tempi di set-up

Un non ottimale utilizzo delle sale operatorie, oltre a essere un as­ set molto costoso, rappresenta spesso un collo di bottiglia per il flusso delle attività del ciclo di ricovero. Mediante opportune raccolte dati occorre oggettivare le reali cause alla radice del problema e attraverso l’implementazione di tecniche atte a ridurre i tempi di set-up (tipiche della Lean) è possibile ridurre l’indisponibilità delle sale. In merito a questa problematica, si ritiene opportuno richiamare lo studio effettuato al Veteran Affair Medical Center (VAMC) di Detroit nel quale vi era la percezione che le sale operatorie non fossero bene utilizzate (si è misurato infatti che il loro utilizzo era limitato al solo 66%). I manager dell’ospedale hanno costituito un team di lavoro con l’obiettivo di individuare i fattori critici del processo delle sale operatorie, in modo che l’utilizzo di queste crescesse fino all’85%. Dalla figura 1.5 si evince la mappatura del flusso del paziente nelle fasi pre-operatoria, operatoria e post-operatoria, i cui indicatori sono “Casi Cancellati”, “Turn Around Time” (TAT), “Utilizzo Reale” e i savings del progetto. Tenuto conto che il costo orario di non utilizzo di ogni sala operatoria è pari a 775 $/h, l’ospedale avrebbe quindi, grazie all’implementazione delle metodologie LSS, risparmiato circa un milione di dollari. Con l’applicazione di vari strumenti (quali per esempio Mappatura di Processo, Pareto, 5Whys, Modelli di Regressione multipla) (Arcidiacono et al., 2012) è stato possibile misurare ed elaborare i dati del processo delle sale operatorie per poi individuare i possibili fattori ridondanti all’interno del processo.


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Sala pre-operatoria

Sala operatoria

Sala post-operatoria WARD

Processo di pre-operazione

Messa a punto

Procedura chirurgica

TAT

Trasferimento

Unità intensiva Casa

Figura 1.5 • Flusso generale del paziente nel processo delle sale operatorie

Inutile dispendio di risorse umane: la riduzione e l’abbattimento delle attività NVA

Migliorare la produttività nell’Healthcare significa, innanzitutto, migliorare la produttività delle risorse umane liberandole dalle attività a Non Valore Aggiunto (NVA), quali attese, movimenti superflui, rilavorazioni, ripetizioni, per destinarle ad attività a Valore Aggiunto (VA), quali analisi, operazioni, medicazioni corrette fin da subito, tenendo conto anche della professionalità e dell’esperienza di ciascuna singola risorsa. Disservizi ed errori nel trattamento medico: Risk Management, Mistake Proofing e RPN

I numerosi disservizi ed errori nel trattamento medico si ripercuotono negativamente sulla sicurezza dei pazienti, sulla loro soddisfazione, aumentando i costi della struttura connessi all’allungamento della durata delle degenze. In questo contesto, unire l’efficacia degli strumenti del controllo statistico con le tecniche di Risk Management e con il Mistake Proofing consente di ridurre e controllare le conseguenze pregiudizievoli che ricadono sul paziente, attraverso indicatori specifici come il Risk Priority Number (RPN) tipico della FMEA (Failure Modes and Effects Analysis).


Metodologie industriali in sanità: la base scientifica e lo stato dell’arte

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Errori nei processi amministrativi, in quelli di acquisto e di gestione magazzino: mappatura, loro misurazione ed eliminazione

Esaminare e attaccare le inefficienze che si annidano nei processi di tipo amministrativo produce, oltre a benefici sotto il profilo del bilancio in termini di riduzione dei costi, anche un miglioramento delle attività prettamente mediche. Studiare il flusso documentale con progetti mirati permette di misurare e, conseguentemente, ridurre gli errori nelle fatture ricevute dai fornitori, nei documenti forniti ai pazienti, nella comunicazione tra reparti e personale medico, nella documentazione necessaria alle compagnie assicurative. In merito ai processi di acquisto, per contro, oltre il prezzo d’acquisto occorre definire gli indici di qualità dei fornitori, la puntualità delle consegne, la percentuale di difettosità delle forniture, la correttezza della documentazione, le certificazioni e il livello di servizio. Ciò consente di monitorare e di classificare il parco fornitori per stringere collaborazioni sempre più strette con quelli più meritevoli e affidabili. Ottimizzare, infine, il processo di riordino dei materiali e il livello delle scorte di sicurezza porta, poi, alla riduzione dei magazzini, con minori problematiche di capitale immobilizzato, di obsolescenza dei materiali/attrezzature e di danni da immagazzinamento non corretto. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Il grande segreto della metodologia Lean Six Sigma consiste nel garantire un approccio efficace nella risoluzione di qualsiasi problematica, sempre orientato alla soddisfazione del cliente. La combinazione di Lean e Six Sigma offre, quindi, il framework ideale per favorire l’innovazione sistematica nell’Healthcare, per arginare criticità quali, a titolo esemplificativo, l’abbattimento dei cosiddetti costi della non qualità e per garantire il miglioramento continuo del servizio erogato, di cui ogni struttura sanitaria necessita quotidianamente. In breve, con l’adozione di un modello organizzativo globale che ha chiare le proprie priorità e con il ricorso a strumenti e tecniche basate su dati oggettivi, il Lean Six Sigma rappresenta nel settore sa-


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

nitario la strada maestra da percorrere verso quella Eccellenza Operativa che garantisca una qualità “perfetta” del prodotto/servizio, come attesa, anzi pretesa dal paziente. BIBLIOGRAFIA

Arcidiacono G, Calabrese C, Rossi S (2007). Manuale per Green Belt. Milano: Springer Verlag Italia. Arcidiacono G, Calabrese C, Yang K (2012). Leading processes to lead companies: Lean Six Sigma. Milano: Springer Verlag Italia. Arcidiacono G, Rosti D, Paoletti A (2011). L’eccellenza in Sanità: il Lean Six Sigma. Management & Performance 1. De Koning H, Verver JPS, Van Den Heuvel J, et al. (2006). Lean Six Sigma in healthcare. Journal for Healthcare Quality 28(2): 4-11. Kaplan SR, Norton DP (2000). Balanced Scorecard – Tradurre la strategia in azione. Torino: Isedi. Mechi MT, Gemmi F (2009). Il Programma OLA. Atti del Convegno Lean Thinking in Ospedale. Firenze, 2009. Niemeijer GC, Does RJ MM, de Mast J, et al. (2011). Generic project definitions for improvement of health care delivery: a case-based approach. Q Manage Health Care 20(2): 152-64. PEX (2012). Process Excellence Week Europe, 23-27 April 2012. London, UK. Disponibile su: www.processexcellencelondon.co.uk (ultimo accesso 14 maggio 2012). UK NHA Department of Health (2006). Integrated Governance Handbook - A handbook for executives and non-executives in healthcare organizations. Disponibile su: www.dh.gov.uk (ultimo accesso 14 maggio 2012). Womack JP, Jones TJ (2010). Lean Thinking. Milano: Guerini e Associati. Yang K (2007). Voice of customer capture and analysis. New York: McGraw-Hill. Yu Q, Yang K (2008). Hospital registration waiting time reduction through process redesign. International Journal of Six Sigma and Competitive Advantage 4(3): 240-53. Zarbo RJ, D’Angelo R (2006). Transforming to a quality culture. Am J Clin Pathol 126(Suppl 1): S21-S29. Zarbo RJ, D’Angelo R (2007). Measures of process defects and waste in surgical pathology as a basis for quality improvement initiatives. Am J Clin Pathol 128: 423-9.


2 • POTENZIALITÀ

E VALORE AGGIUNTO DEL SIX SIGMA E DEI METODI INDUSTRIALI NELLA GOVERNANCE CLINICA DELLA SANITÀ Walter Ricciardi, Antonio Giulio de Belvis

SIX SIGMA

“Come è possibile che l’industria automobilistica crei un prodotto senza difetti, senza mai qualcosa di più né qualcosa di meno, e che sia sempre così, per migliaia di volte al giorno, tutti i giorni dell’anno? È proprio il contrario di quello che succede negli ospedali”. Esordiva così un articolo nel 2006, sul Corriere della Sera, intitolato “In corsia con le regole della Toyota. Risultati: cure migliori e risparmi”. Le regole della Toyota, che hanno ispirato il “Lean thinking”, dovrebbero, infatti, portare l’organizzazione a ridurre sprechi ed errori. Questa è la motivazione anche alla base del metodo Six Sigma. Con questo termine si fa riferimento ad una delle più recenti applicazioni del concetto di qualità nelle organizzazioni sanitarie degli ultimi anni. Il suo collegamento con la metodologia del “Lean thinking” ne fa, inoltre, anche una delle più interessanti innovazioni organizzativo-gestionali, specie in ambito ospedaliero. Il nome Six Sigma deriva dall’entità dell’indice di dispersione con cui si misura la variazione del fenomeno analizzato, legato alla qualità assistenziale: esattamente il massimo conseguibile, quel livello 6 Sigma, che prende il nome da sei deviazioni standard rispetto alla media della distribuzione normale, rappresentate in statistica per l’appunto con la lettera greca “sigma” o σ. È noto che il sistema Six Sigma non nasce in sanità: si sviluppa nella metà degli anni ‘80 presso l’azienda americana Motorola e poi viene adottato anche dal colosso industriale General Electric, per di-


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

retta iniziativa del suo top manager Jack Welch, che studiò a fondo e decise di applicare il sistema alla sua azienda. Secondo l’approccio Six Sigma, l’obiettivo è il miglioramento della qualità attraverso la riduzione degli errori, o difetti, trattati come scostamenti dallo standard interno di qualità. Conseguire un obiettivo di Six Sigma implica un riduzione del rischio del 99,99966%, cioè fino a 3,4 difetti per milione (Defects Per Million Opportunities, DPMO). Il principio alla base del Six Sigma è stato successivamente trasposto in sanità, dove i “difetti” sono le situazioni in cui un errore può verificarsi in modo non casuale (non random), invece che per effetto del caso (random). Solo le variazioni non ripetitive, dovute appunto al caso, sono ritenute accettabili. Se l’errore non è dovuto al caso, si parlerà di variabilità non casuale, sistematica e, soprattutto, identificabile e correggibile. Da questo concetto deriva anche l’obiettivo di un’organizzazione incentrata sulla qualità: ridurre la variabilità non casuale nella qualità delle prestazioni, ad esempio quella dovuta al mancato rispetto delle procedure interne, all’assenza di applicazione di linee guida, all’uso di materiali difettosi, alla fatica o allo stress o, ancor più, a negligenza o soltanto a formazione non idonea o a competenze inadeguate (Ozcan, 2009). Sono errori, in quanto occorrenze non random, tassi elevati di infezioni nosocomiali o reazioni avverse a farmaci, che possono portare anche a morte, come nel caso della reazione avversa ad anestetici durante un intervento chirurgico. Chassin ha misurato quest’ultimo fenomeno, rilevando come tale tasso di mortalità si sia ridotto presso l’Ospedale Mount Sinai di New York da quasi 50 casi a 5 casi per milione. Quindi, la deviazione dalla norma è rientrata entro parametri accettabili, portando l’errore a un livello quasi nullo (Chassin, 2008). Inoltre, il miglioramento delle condizioni di sicurezza del paziente si accompagna a miglioramenti finanziari, sia in termini di processo che di risultato. Lo aveva dimostrato l’esperienza di Motorola, nel 2005, con risparmi enormi proprio grazie all’applicazione del Six Sigma (Does, Koning, 2006). Il ragionamento è trasferibile a livello di sistema sanitario o di organizzazione macro/meso (Regione/ASL), dove indicatori core di performance, come ad esempio la mortalità infantile (che misura, in un dato anno, quanti bambini sono deceduti entro il primo anno di vita, tra tutti quelli nati vivi), possano essere un “errore” se la loro occorrenza


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

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presenta una variabilità non accettabile e rappresenta un vulnus per lo stato di salute, per la qualità complessiva dei servizi, compresi sicurezza, costi delle prestazioni e soddisfazione del cittadino-paziente. Il metodo Six Sigma, però, da solo non basta. Per incidere, si deve accompagnare a strumenti per il miglioramento della qualità, facendo perno sulla leva formativa, combinata ad una leadership adeguata. Il Six Sigma introduce un lessico basato sui colori delle cinture del karate, che caratterizza l’impegno degli attori della qualità aziendale, imperniato sugli strumenti del management aziendale, dalla leadership al controllo di gestione, dall’analisi della performance alla gestione dei conflitti. In questo modo, il sistema Six Sigma favorisce l’impiego di “campioni”, “cinture nere” e “cinture verdi”, con differenti ruoli e competenze ed opportunamente coordinati per mettere a disposizione dell’azienda le più adeguate risorse interne in termini di conoscenza ed esperienza. La misurazione, da sola, non è però sufficiente se non è collegata a sistemi di miglioramento della qualità. Nel caso di prodotti o attività esistenti, Six Sigma usa come metodo per incidere sulla qualità il cosiddetto ciclo DMAIC (Define, Measure, Analyze, Improve, Control), quindi riconducibile a sistemi di gestione della qualità totale (Total Quality Management, TQM). Nel ciclo DMAIC, un progetto aiuta ad identificare le cause di un problema e a definire (D), applicare e valutare le soluzioni. Six Sigma, quindi, esplora anche le nuove problematiche e non si applica solo a cause o a soluzioni già note. Nella fase di misurazione (M), al problema precedentemente definito viene associato uno strumento di misurazione che prende il nome di caratteristica “critica per la qualità” (Critical To Quality, CTQ). La fase di analisi (A) si concentra sullo studio dei fattori che influenzano il CTQ, mentre nella fase di miglioramento (I, improve­ ment) sono le cinture nere o quelle verdi che disegnano e mettono in atto le correzioni ai processi per migliorare la performance del CTQ. Nella fase di controllo (C), infine, la gestione del processo e il sistema di controllo della qualità sono conformati per garantire la sostenibilità dei miglioramenti introdotti (tabella 2.1). Un progetto aiuta così ad identificare le cause di un problema e a definire, applicare e valutare le soluzioni.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2.1 - LE 5 FASI DEL METODO DMAIC NEL SIX SIGMA

Definizione

Identificazione, proposta e selezione del progetto aziendale di miglioramento

Misurazione

Selezione della fase di processo collegata all’errore (CTQ) Analisi delle componenti del CTQ Validazione dello strumento di misurazione

Analisi

Determinazione della performance del processo indagato Identificazione dei probabili fattori che influenzano il CTQ

Miglioramento (Improvement)

Selezione dei principali fattori che influenzano il processo Costruzione di relazioni tra il CTQ e i fattori che lo influenzano Disegno ed attuazione delle azioni di miglioramento

Controllo

Standardizzazione del sistema di controllo di qualità Determinazione della performance del nuovo processo Chiusura del progetto

Fonte: Does, Koning, 2006

Diversa è la situazione in cui si renda necessario, oltre all’attività DMAIC, anche disegnare (Design) e verificare (Verify) ex novo gli strumenti, come è tipico di un approccio più consono al miglioramento continuo della qualità, Continuous Quality Improvement (CQI). LEAN THINKING

Il Lean thinking o Lean processing si sviluppa in Giappone all’interno della Toyota, grazie all’azione di Ohno (Liker, 2004; Ohno, 1995). Esso si concentra sull’analisi di un processo produttivo e sull’eliminazione di “muda” (sprechi) o sulle attività che non aggiungono valore, come i tempi di attesa o la duplicazione/sovrapposizione del


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

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lavoro e delle attività. Tutto ciò è orientato al miglioramento della qualità (il cosiddetto “kaizen”). A tale scopo, utilizza tecniche di standardizzazione di miglioramento continuo della qualità come il value stream mapping, il 5S (sorting, straightening, systematic cleaning, standardizing and sustaining) il poke-yoke o il mistake proofing (Nicolay et al., 2012). In pratica, lo sforzo delle istituzioni dovrebbe tendere a trasporre il Toyota Production System in sanità, per realizzare un sistema assistenziale più fluido, privo di vere e proprie divisioni tra reparti di specializzazione (sia fisiche sia concettuali), che unifichi l’erogazione dei servizi per limitare gli sprechi e gli errori. L’affannosa ricerca di soluzioni organizzative più innovative, “leggere”, “lean”, se da un lato è motivata dalle dilaganti inappropriatezze, duplicazioni e palesi inefficienze nelle organizzazioni sanitarie, dall’altro è giustificata dalla precaria sostenibilità economica, dal progressivo invecchiamento della popolazione e dalla crescente complessità clinica e organizzativa (Berczuk, 2008). Il Lean thinking è stato oggetto di critiche. A livello internazionale, perché, pur riconoscendo il genio di Ohno, si ritiene che ciò che è stato introdotto con successo nelle tecniche di produzione manifatturiera non possa essere automaticamente trasferibile al servizio socio-sanitario (Seddon, Caulkin, 2007). Anche nel contesto italiano, soprattutto in Toscana, sono state espresse critiche sui metodi troppo prescrittivi con cui il Piano di riordino ospedaliero della Regione Toscana previsto dalla legge Regionale 40/2005 (Regione Toscana, 2008) ha introdotto il “Lean thinking” nella sanità pubblica regionale. Questo pur riconoscendo al nuovo assetto organizzativo la valenza di una “rivoluzione metodologica e organizzativa che prevede un sistema flessibile, competitivo, di lotta agli sprechi, auspica un utilizzo di risorse strettamente necessarie e rivendica la centralità del malato” (Bovenzi, 2011). Così, poiché il Six Sigma si concentra sulla riduzione degli errori (fare le cose per bene – doing things right – senza errori), mentre il Lean thinking si concentra sul fare la cosa giusta (doing the right thing), privilegiando ciò che dà valore ad una attività, si è pensato di utilizzarli insieme in un’unica e continua metodologia di monitoraggio ed analisi.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

QUESTI SISTEMI FUNZIONANO?

In una revisione sistematica pubblicata nel 2012, è stata valutata per la prima volta l’efficacia delle metodologie industriali di miglioramento della qualità, soffermandosi all’ambito chirurgico: i cicli PDCA (Plan, Do, Check, Act) e PDSA (Plan, Do, Study, Act), il controllo statistico di processo (Statistical Process Control, SPC), il CQI, il TQM, e le metodologie Six Sigma, Lean, e Lean combinato con Six Sigma (Nicolay et al., 2012). Questa revisione si inserisce in un filone di valutazione dell’efficacia, anche combinata, delle tecniche Lean e Six Sigma (Dellifraine et al., 2010; Thor et al., 2007; Vest, Gamm, 2009). A partire da 1.595 lavori pubblicati, la revisione ha analizzato 34 articoli: cinque comprendevano l’applicazione di tecniche Six Sigma, quattro Lean e uno solo presentava una combinazione tra Lean e Six Sigma. Nella maggior parte dei casi si trattava di studi pubblicati negli Stati Uniti (7 su 10). Gli studi hanno utilizzato come variabile di esito il controllo delle infezioni, la riduzione delle complicanze, dei tempi di attesa e/o dei ritardi procedurali, la gestione più appropriata nella prescrizione/uso degli antibiotici e la riduzione della degenza media ospedaliera (tabella 2.2). I CLINICAL MICROSYSTEMS: UNA METODOLOGIA SISTEMICA CENTRATA SUL PAZIENTE

Un approccio che utilizza gli strumenti del Lean thinking in una prospettiva unificante e sistemica è quello dei “Clinical Micro­­systems”. La teoria si sviluppa verso gli anni ‘90 quando James Brian Quinn si propose di studiare le migliori aziende di servizi, come McDonald’s o FedEx, al fine di individuare i determinanti del loro successo economico e dell’ottima reputazione di cui godevano tra i consumatori, concludendo che il loro fattore di successo era la capacità di porre in relazione i bisogni degli utenti con le loro attività core, riuscendo così a rispondere adeguatamente al dinamismo dell’ambiente. Quinn chiamò questa attività di frontiera “la più piccola attività riproducibile” o “microsistema”.


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

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I Clinical Microsystems sono il primo livello organizzativo complesso con cui il paziente si confronta, poiché in essi è attiva l’interazione medico-paziente, ed è quindi il livello di frontiera dove l’impatto tra organizzazione e utente/paziente è maggiore, sia in senso positivo che negativo. Un microsistema clinico può essere definito come “la combinazione di piccoli gruppi di persone che lavorano insieme in base a principi condivisi, o costruiti intorno ai bisogni dei pazienti, al fine di perseguire la salute dei pazienti stessi e dei soggetti coinvolti in maniera diretta o indiretta nel processo di cura” (Batalden et al., 2003). Il microsistema clinico è formato da cinque dimensioni rilevanti, le cosiddette “5P”: Purpose, Patient, People, Process e Patterns. La valutazione di queste dimensioni consente di studiare in maniera approfondita il microsistema disaggregandolo nelle sue variabili strategiche. È la conoscenza quantitativa di queste cinque componenti che, se condivisa all’interno del microsistema, permette di sviluppare delle strategie orientate al miglioramento della qualità: • Purpose – L’obiettivo del microsistema. L’affermazione “conosci il tuo obiettivo” può, all’apparenza, risultare banale e scontata, ma spesso i ritmi lavorativi ed i problemi pratici che si affrontano ogni giorno non consentono di riflettere adeguatamente sul perché il proprio microsistema esiste. • Patient – Conosci i tuoi pazienti. Capire chi sono i propri pazienti, come percepiscono il servizio che gli viene reso e se tale servizio esaudisce le loro aspettative è strategicamente rilevante. Si possono offrire le migliori competenze, ma se non si è capaci di andare incontro ai bisogni inespressi del paziente la qualità percepita da quest’ultimo sarà sempre e comunque scarsa nonostante l’ottimo lavoro svolto. La valutazione dei pazienti viene svolta sia all’inizio che alla fine del processo di cura, in modo da creare un doppio flusso di informazioni, un “feed-forward” che permetta di avere un’informazione in tempo reale sulle caratteristiche del paziente, ed un “feed-back” che consenta di capire se il processo di cura è efficace ed efficiente e se le aspettative del paziente sono state soddisfatte. Il paziente è al centro del sistema stesso e viene valutato,


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2.2 - ANALISI DEGLI STUDI RIFERITI ALLE METODOLOGIE: SIX SIGMA, LEAN, LEAN + SIX SIGMA

Riferimento

Area

Paese

Setting/Durata

Obiettivo

Niemeijer, 2010

Lean Six Sigma

Olanda

Traumatologia/ 10 mesi

Riduzione della degenza media

Celik, 2003

Lean

USA

Chirurgia/2 settimane prima e dopo

Riduzione dei tempi preoperatori di 30 minuti

Muder, 2008

Lean

USA

Terapia intensiva e chirurgia/2 anni prima, 4 anni dopo

Riduzione delle infezioni MRSA

Burkitt, 2009

Lean

USA

Chirurgia/4 anni prima, 1 anno dopo

Miglioramento della antibioticoprofilassi preoperatoria

Waidhausen, 2010

Lean

USA

Chirurgia pediatrica per pazienti esterni/1 anno

Riduzione variabilità e miglioramento dell’esperienza clinica

Adams, 2004

Six Sigma

USA

Sale operatorie/3 mesi prima e 3 mesi dopo

Riduzione dei tempi morti tra gli interventi


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

Tipo di

Soggetti

Tecniche utilizzate

Principali risultati

Before and after senza controlli

747 “before”, 946 “after”

Mappatura dei processi attraverso analisi SIPOC (Supplier Input Patient Output Client), applicazione ciclo SIPOC, ciclo DMAIC, versione olandese del protocollo PRUO di appropriatezza dei ricoveri ospedalieri, cruscotti decisionali

Riduzione della degenza media di 2,9 giorni

Before and after senza controlli

98 “before”, 98 “after”

Riorganizzazione gestionale

Riduzione dei ritardi nella fase preoperatoria del 7% (da 53 a 46%)

Before and after senza controlli

68.315 giornatepaziente

Misure di profilassi degli ambienti, dei pazienti e del personale

Riduzione dell’incidenza di MRSA del 68% (p<0,001)

Before and after senza controlli

2.550 pazienti

Misure di profilassi del personale, culture MRSA, standardizzazione ordini

Nessuna variazione della degenza media, incremento dell’appropriatezza nell’uso di antibiotici dal 23,4-29,8 al 44% (p<0,01)

Before and after senza controlli

n.d.

Attività formativa e applicazione dei 5S per standardizzare le modalità di lavoro

Incremento del numero di pazienti visti in 4 ore (da 10 a 12), tempo di visita incrementato del 59%, qualità percepita dai familiari incrementata del 14,3% (p<0,01)

Before and after senza controlli

Raccolta di dati in continuo

Mappatura dei processi, ritorno informativo, ciclo DMAIC

Riduzione dei ritardi operazionali in pazienti e personale pari al 32%; risparmi di 617.000 $

studio

coinvolti

29

Segue


30

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2.2 - Segue

Riferimento

Area

Paese

Setting/Durata

Obiettivo

Frankel, 2005

Six Sigma

USA

Terapia intensiva chirurgica/9 anni prima e dopo

Riduzione infezioni CRBSI

Parker, 2007

Six Sigma

USA

Chirurgia non cardiaca/2 mesi prima e 8 mesi dopo

Incremento del tasso di copertura antibiotica ad un’ora dall’intervento

Shukla, 2008

Six Sigma

India

Chirurgia del k retto/4 anni

Incremento della non resezione dello sfintere anale

Does, 2009

Six Sigma

Olanda

Sale operatorie/6 mesi

Riduzione dei tempi di avvio degli interventi chirurgici

CR-BSI: Infezioni batteriemiche catetere-correlate; MRSA: Stafilococco Aureo Meticillino Resistente; PRUO: Protocollo di Revisione dell’Uso dell’Ospedale. Fonte: Nicolay et al., 2012

all’inizio ed alla fine della sua permanenza nel microsistema, in base a quattro variabili, all’interno di una bussola (figura 2.1). • People – Conosci i componenti del tuo team ed impara da loro. Con l’espressione “know your people”, si pone l’accento sulla conoscenza dei componenti dello staff, andando a considerare non solo variabili quantitative e qualitative, ma anche la percezione che i singoli membri hanno della propria attività e del sistema in cui operano, nonché il grado di soddisfazione, e quindi di motivazione, che il sistema stesso trasmette ai propri operatori.


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

Tipo di

Soggetti

Tecniche utilizzate

Principali risultati

Before and after senza controlli

Raccolta di dati in continuo

Mappatura delle cause e degli effetti, standardizzazione delle procedure chirurgiche, formazione, linee guida e algoritmi gestionali assistenziali

Infezioni da catetere ridotte da 11 a 1,7 per 1000 giorni di uso del catetere (p<0,001)

Before and after senza controlli

615 prima e 1.716 dopo

Mappatura di processo, ciclo DMAIC, standardizzazione degli ordini, formazione, sistema informativo digitalizzato

Incremento del tasso di copertura antibiotica entro un’ora dall’intervento dal 38 all’86% (p<0,001)

Before and after senza controlli

559 pazienti

Diagrammi causaeffetto, adozione della tecnica del doublesample, ciclo DMAIC

Miglioramento del Sigma di processo da 1,58 a 2,10 (p<0,001)

Before and after senza controlli

1.154 interventi

Ciclo DMAIC, cambiamenti nei processi di programmazione, visualizzazione dei tempi di intervento

Riduzione dei ritardi di avvio maggiore del 25% in un sito chirurgico e di più del 30% in altri; risparmi finanziari

studio

coinvolti

31

Un occhio di riguardo è stato poi riservato alla valutazione di tutte quelle attività che disturbano o interrompono lo svolgersi della pratica clinica. Queste attività, non strettamente necessarie alla produzione di valore per il paziente/utente, sono identificate con il termine “muda”. In questo senso è ancora più chiaro il collegamento con il “Lean thinking”: per ottenere un sistema “Lean” cioè snello, in cui tutto è ridotto all’essenziale, occorre tendere all’eliminazione di qualsiasi spreco (appunto “muda”, in giapponese). I “muda” sono stati raggruppati in sei tipologie principali: spreco di risorse-ridondanza delle attività (ad esempio, rilevare più volte i dati


32

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Stato di salute funzionale • Salute fisica • Salute mentale • Salute sociale

Rapporto Soddisfazione/Bisogni • Valutazione del trattamento • Beneficio percepito

Clinical Outcomes

PAZIENTE

• Mortalità • Morbosità • Complicanze

Costi Totali • Costi medici (diretti) • Costi sociali (indiretti)

Figura 2.1 • Le dimensioni per la valutazione del paziente prima e dopo il suo permanere in un Clinical Microsystem. Modificato da: Huber et al., 2003

anagrafici del paziente), muda d’inventario (ad esempio, posti letto inutilizzati o ordini eccessivi di presidi chirurgici), muda delle attività (ad esempio, fasi di un processo che possono essere eliminate), muda degli spostamenti (ad esempio, trasporto di un paziente in un altro reparto perché l’apparecchiatura necessaria per un dato esame non è funzionante), muda delle attese (ad esempio, ritardi nella refertazione delle analisi che comportano altrettanti ritardi nell’erogazione del servizio), muda nel soddisfare i bisogni degli utenti (ad esempio, distribuzione di materiale informativo che non corrisponde ai reali interrogativi dei pazienti). I muda, pertanto, creano delle situazioni che si riflettono negativamente sul personale e che, quindi, alterano lo svolgimento del processo di cura ripercuotendosi negativamente sul paziente. • Process – Conosci il processo di cura in cui operi. La descrizione dei processi è la modalità che consente di rappresentare il funzionamento di un’organizzazione sanitaria nella sua to-


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

33

talità. Tale scomposizione in processi può essere effettuata, in scala ridotta, anche per la descrizione delle attività svolte all’interno del microsistema in analisi. • Patterns – Definizione del proprio modello di attività. L’analisi delle cinque P si completa con l’elaborazione del proprio modello di attività, si può assimilare questa fase ad una fotografia del proprio status quo con aspetti positivi e negativi. Riconoscere le proprie carenze è la base per costruire un miglioramento reale e non puramente teorico (Huber, 2003; Gray, Ricciardi, 2008). COME SI INTEGRANO IN ITALIA TALI STRUMENTI NELLA PROSPETTIVA DELLA CLINICAL GOVERNANCE?

A livello internazionale, uno dei primi riferimenti alla Clinical Go­ vernance è costituito dal documento “The new NHS: modern, dependable”, il Libro Bianco nel quale il Governo inglese di Tony Blair, nel 1997, sottolineava come la qualità dell’assistenza non fosse conseguenza diretta e scontata del “semplice” sussistere di buone strutture, buoni medici, buona tecnologia e personale qualificato, bensì risultasse da sforzi manageriali, organizzativi, di leadership e di gestione tesi al miglioramento del servizio reso (Scally, Donaldson, 1998). Nel 1998, venne pubblicato un nuovo documento intitolato “A First Class Service: Quality in the new NHS” in cui il Ministero della Salute inglese definì la Clinical Governance come “l’insieme degli strumenti attraverso i quali le istituzioni del NHS assumono una diretta responsabilità (sono, cioè, accountable) per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e per mantenere elevati livelli di servizio, attraverso la realizzazione delle condizioni necessarie per favorire l’espressione dell’eccellenza professionale” (Scally, Donaldson, 1998). La Clinical Governance si configura, quindi, come uno strumento finalizzato alla collaborazione e all’integrazione tra management e professionisti per migliorare la qualità delle prestazioni e favorire una cultura ed una pratica orientata alla qualità clinica. Si articola su vari piani tra i quali figurano: l’efficacia clinica, l’audit clinico, il risk management, la formazione e l’addestramento, la ricerca e lo sviluppo ed


34

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

in ultimo, ma non per importanza, la trasparenza e la partecipazione dei cittadini. Per armonizzare queste componenti in modo funzionale rispetto agli obiettivi, bisogna considerare i valori di fondo senza i quali non è possibile implementare il sistema della Clinical Governance nel tessuto organizzativo. È necessaria la tendenza dell’organizzazione alla condivisione, traducibile in una focalizzazione sul team anziché sul singolo operatore, in modo da cogliere il carattere multidisciplinare della stessa pratica clinica, nonché l’integrazione di quest’ultima con la dimensione amministrativa-manageriale. Altro punto fondamentale è la responsabilizzazione degli operatori rispetto alla qualità, in senso complessivo e non limitato alle sole competenze, di tutte le prestazioni erogate identificando le figure professionali dedicate. È necessario, inoltre, sviluppare una cultura orientata all’apprendimento, inteso non solo come aggiornamento professionale, ma anche come capacità degli operatori di imparare dall’esperienza propria e degli altri. Questi temi sono già propri sia della cultura organizzativa del Total Quality Management (TQM) che del Continuous Quality Improve­ ment (CQI). Six Sigma e Lean thinking si sviluppano, quindi, sulla scia dell’esigenza, sempre più sentita, di un approccio centrato sul paziente, anche se con differenze sostanziali rispetto all’approccio della Clinical Governance (tabella 2.3). Ma quali sono oggi gli strumenti che nel nostro sistema sanitario possono permettere l’implementazione di metodi come quello del Six Sigma e del Lean thinking? L’Italia ha puntato, a partire dal Piano sanitario 2006-2008, sulla Clinical Governance (impropriamente tradotta come “governo clinico”) come strumento per il miglioramento continuo della qualità in sanità. Il processo di miglioramento della qualità è, infatti, un ciclo senza soluzione di continuità: una volta individuati i piani d’azione necessari ad indirizzare il miglioramento, sia a livello micro (della pratica clinica) che nel più ampio contesto dell’assistenza sanitaria bisogna monitorare costantemente i progressi e gli standard raggiunti, ag­ giornando gli standard di performance di riferimento (vedi box a pagina successiva).


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

35

BOX - PROCESSI DI MIGLIORAMENTO SISTEMATICO DELLA QUALITÀ: AUDIT CLINICO E LEAN SIX SIGMA La necessità e l’importanza di un processo di miglioramento della qualità che sia senza soluzione di continuità è sottolineato e ben argomentato nel recente manuale sull’Audit Clinico sviluppato dal Ministero della Salute (2011). Documento che intende promuovere la cultura della Clinical Governance attraverso un impiego diffuso e sempre più consapevole di uno dei suoi strumenti cardine, l’audit clinico per l’appunto, inteso come “metodologia di analisi strutturata e sistematica per migliorare la qualità dei servizi sanitari, applicata ai professionisti attraverso il confronto sistematico con criteri espliciti dell’assistenza prestata, per identificare scostamenti rispetto a standard conosciuti o di best practice, attuare le opportunità di cambiamento individuato e il monitoraggio delle misure correttive introdotte”. Il richiamo all’audit clinico è in questa sede quanto mai opportuno, stante la spiccata similitudine che è possibile individuare tra le sue diverse fasi e quelle che compongono i processi di miglioramento guidati dalla metodologia Lean Six Sigma (in particolare, il DMAIC). Come si legge nel documento “l’audit clinico consiste in un ciclo di qualità che schematicamente si articola in 4 fasi: 1) preparazione, 2) attuazione, 3) azioni di miglioramento, 4) valutazione dei risultati (re-audit)”. Nel Lean Six Sigma, come visto, le fasi sono: 1) Definizione, 2) Misurazione, 3) Analisi, 4) Miglioramento e 5) Controllo. L’articolazione delle attività nelle varie fasi, in entrambi i casi, ha uno scopo puramente didattico, utile a definire il percorso logico del metodo, in realtà il processo si svolge senza soluzione di continuità. La “sovrapponibilità” evidenziate nei due approcci, solo apparentemente distanti perché tradizionalmente impiegati in ambiti differenti (sanità vs industria), possono considerarsi un ulteriore tassello a supporto del potenziale valore, ampiamente argomentato e discusso in questo volume, che l’impiego di metodologie Lean Six Sigma può avere rispetto a obiettivi di Clinical Governance. Preparare l’audit clinico 1a fase

2a fase

4a fase

DEFINE definire

MEASURE misurare

Audit Clinico

Attuare l’audit clinico

3a fase

1a fase

2a fase

4a fase

Audit Clinico

Attuare le azioni di miglioramento 1a fase

ANALYZE analizzare

IMPROVE migliorare

3a fase 2a fase

4a fase

Audit Clinico

Rivalutare i risultati 1a fase

3a fase 4a fase

CONTROL controllare

3a fase

2a fase Audit Clinico


36

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2.3 - CARATTERISTICHE PECULIARI DI SIX SIGMA, LEAN THINKING E CLINICAL GOVERNANCE

Six Sigma

Lean thinking

Periodo di introduzione

Primi anni ‘80

Metà anni ‘90

Ambito e modalità di applicazione

Metodi e strumenti per risolvere Attivo coinvolgimento un singolo problema di una struttura di erogazione

Macro livelli assistenziali coinvolti

Ospedale

Ospedale

Approcci qualitativi

CQI, TQM

CQI, TQM

Centratura

Persona ed organizzazione

Persona ed organizzazione

Riferimenti normativi (Italia)

-

Toscana (Piano Sanitario Regionale 2008-2010)

Strumenti

Audit Leadership Analisi statistica della variabilità Riduzione degli sprechi Descrizione dei processi Sistemi incentivanti Valutazione della performance Formazione Leadership


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

Clinical Governance Seconda metà anni ‘90 Coinvolgimento di tutto il sistema sanitario

Ospedale e Territorio CQI, TQM Persona e sistema Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 L’albero schematizzato da Chambers-Ricciardi individua i presupposti (radici) e gli strumenti (rami) dello sviluppo della Clinical Governance, sia a livello territoriale che ospedaliero (Damiani, Ricciardi, 2005).

Risk management

Sistemi di qualità

Health Technology Assesment

Valutazione e miglioramento delle attività assistenziali del distretto

Continuità Assistenziale

Accountability Audit assistenziale Evidence Based practice

Misurazione della performance Valutazione dei bisogni

Integrazione socio-sanitaria

Marketing istituzionale

Pianificazione, programmazione e controllo Organizzazione

Coinvolgimento delle persone assistite

Sistemi Informativi Cultura dell’apprendimento

Ricerca e innovazione

37


38

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Certo, tale strumento tocca aspetti centrali dell’organizzazione e gestione delle aziende sanitarie, come la conduzione dei processi clinici e manageriali, attraverso il confronto sistematico tra i diversi livelli, territoriale, organizzativo e decisionale, in cui è articolato il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), confronto che, secondo una logica bottom-up, dovrebbe portare ad un processo continuo di apprendimento clinico-organizzativo (de Belvis, Volpe, 2008). L’approccio secondo logiche di Clinical Governance introduce alcuni importanti cambiamenti nella cultura dell’organizzazione sanitaria, spingendo la Direzione delle aziende sanitarie ad assumere un ruolo attivo e ad adottare un modo diverso di lavorare di tutti gli operatori dimostrando che la leadership, il lavoro di gruppo, la comunicazione, la formazione, la responsabilizzazione professionale, la ricerca continua e la corretta elaborazione dei dati sono indispensabili per il raggiungimento dei più alti livelli di qualità, di adeguata gestione del rischio, di utilizzo pianificato e controllato delle tecnologie e di costante rilevazione della soddisfazione dell’utente. Vengono, pertanto, toccate prerogative di primissimo piano nell’assetto istituzionale e delle modalità gestionali delle aziende sanitarie e dei sistemi sanitari regionali, assai attenti, a partire dagli ultimi quindici anni, a salvaguardare i propri ambiti di autonomia legislativa, organizzativa e gestionale, di governance, appunto. Non stupisce, quindi, che il provvedimento per la realizzazione di un quadro omogeneo per l’implementazione delle logiche della Clini­ cal Governance sia ancora in discussione nel Parlamento italiano, in varie tornate, a partire dal 2004. Le singole organizzazioni si muovono, pertanto, in ordine sparso. A livello regionale, l’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha contribuito allo sviluppo di due strumenti evi­ dence-based di valutazione del livello di implementazione della Cli­ nical Governance, seguiti dallo sviluppo di piani di miglioramento aziendale, a livello ospedaliero (attraverso lo strumento Otpigov©, in Lombardia, Sardegna, Piemonte, Lazio e Campania) (Specchia et al., 2008) e territoriale (Districare© in Piemonte e Distrigov© in Sardegna), rispettivamente. Lo sviluppo di logiche di Clinical Governance ha finora poco permeato l’assetto istituzionale, organizzativo e gestionale delle aziende sanitarie in Italia (de Belvis et al., 2009), mentre le esperienze di Lean


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

39

production nel nostro Paese sono quasi sempre concentrate al NordCentro Italia, come si vedrà anche in altre parti del presente volume, essenzialmente in Lombardia, Toscana e Liguria. L’applicazione delle logiche da noi esposte, specie del “Lean thinking”, non avrà successo se i responsabili delle strutture continueranno ad ignorare gli elementi fondamentali per il successo, che sono i valori della persona, paziente/cittadino, ma anche dell’operatore interno all’organizzazione, sia nel ruolo assistenziale che in quello di supporto gestionale o amministrativo. Si pone, quindi, la necessità, per le singole organizzazioni, di attivare un “decalogo” per lo sviluppo di tali metodiche, a partire dal “Lean thinking” (tabella 2.4).


40

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2.4 - IL DECALOGO PER I TOP MANAGER AZIENDALI PER IL SUCCESSO DELLE “LEAN ORGANIZATIONS”

1. Pensate al Lean thinking come ad un sistema che permea tutta l’organizzazione, e non solo come ad un insieme di progetti e strumenti per il miglioramento continuo della qualità. 2. Desiderate fortissimamente di conoscere il cambiamento e guidatene la conoscenza diffusa. 3. Definite le misure del successo (qualità, sicurezza, costi, tempi) e tarate i valori dell’organizzazione e dei suoi utenti su queste misure. Occorre tenere sempre l’organizzazione “sul pezzo”, attraverso controlli regolari, revisioni, consultazioni orientati su tali obiettivi. 4. Andate al “gemba”, come dicono i giapponesi. Ponetevi, cioè, nella prospettiva della front line, dove avviene l’interazione con il cliente. Se la qualità è già lì, è altamente probabile che abbia permeato l’intera organizzazione. 5. Concentratevi nel promuovere e nel mantenere un ambiente emotivo, professionale e ambientale sano e sicuro. 6. Possedete il sistema. Per quanto per il top manager di un’organizzazione sia importante delegare, non lasciate che nessuno pensi che voi abbiate delegato il “Lean thinking” ad alcuno nell’organizzazione. 7. Guidate, incoraggiate e supportate sempre il personale, a partire dai vostri diretti collaboratori. 8. Fissate un sistema incentivante, che vada dai riconoscimenti verbali e arrivi ad una suddivisione degli incentivi economici. 9. Garantite una comunicazione regolare, affiancata da vostri insegnamenti concreti e dal supporto nella focalizzazione dei problemi. 10. Coinvolgete e rendete centrali le persone dell’organizzazione nel Lean thinking. Fonte: AA.VV., 2011.


Potenzialità e valore aggiunto del Six Sigma e dei metodi industriali

41

BIBLIOGRAFIA

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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

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3 • LA

PROSPETTIVA DELLE AZIENDE SANITARIE Lorenzo Terranova

SSN: EFFICIENTE?

La sanità, indipendentemente dai suoi modelli organizzativi e gestionali, rappresenta una vera e propria industria1 così come i metodi di misurazione delle attività o dell’output degli attori che operano nella sanità contengono modalità di misurazione che si rifanno al mondo industriale.2 A livello generale, il sistema sanitario italiano ha migliorato negli ultimi venti anni la propria efficienza. Per supportare tale affermazione si è preso in considerazione il periodo 1992-2012, ossia dall’avvio del processo di aziendalizzazione in sanità ai nostri giorni.

Il concetto di industria sanitaria, intesa come comparto industriale che produce per la sanità, è consolidato. Infatti, l’industria farmaceutica, quella dei medical devices e via scrivendo sono considerate dagli economisti come vere e proprie industrie (ossia organizzazioni che, attraverso l’impiego di risorse finanziarie, tecniche e umane, esercitano un’attività volta alla produzione di beni o alla trasformazione di materie prime in una logica massiva in condizioni di equilibrio economicofinanziario). Un passaggio culturale fondamentale si è avuto quando è stato percepito il valore che era industria della salute non solo quella che produce mezzi strumentali al benessere del cittadino (farmaci, assicurazioni, devices, ecc.), quanto anche ciò che comprende il processo di produzione della cura stessa (McKeown, 1979; Fabbri, 2003). 2   Sono molteplici le critiche che emergono da altre correnti di pensiero. Una prima osservazione riguarda l’output “salute”. Questo è in sostanza un multiprodotto (e i costi usati frequentemente in realtà sono una proxy non pienamente condivisibile dell’output; i costi sono invece, semplicemente, indicatori dei consumi dei fattori produttivi) (Zuckerman, Hadley, Iezzoni, 1994). Una seconda osservazione riguarda la necessità concettuale di restringere l’analisi all’attività ospedaliera focalizzandosi su sistemi di misurazione finalizzati a definire puntualmente la relazione costo-beneficio (Danzon, 1982). 1


44

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

79,2

84,1

84,0

84,0

84,1 78,9

78,8

78,7

83,7

83,7 78,1

77,9

77,2

77,1

77,0

76,5

75,9

75,5

75,3

75,1

74,2

74

74,0

76

74,8

78

74,4

Anni

80

78,4

82,3

81,9

81,6

81,5

81,3

81,1

80,8

80,6

82

80,6

84

82,8

Femmine 83,0

Maschi

82,8

86

84,4

Sono molteplici gli indicatori di efficienza che in letteratura emergono;3 alcuni di natura più propriamente sanitaria (fra questi saranno presi in considerazione la speranza di vita alla nascita, la mortalità evitabile), altri di carattere economico-finanziario (spesa procapite pesata, incidenza della spesa sanitaria sulla spesa pubblica complessiva e spesa privata per la sanità sulla spesa complessiva delle famiglie), altri ancora di efficienza organizzativa interna (percentuale di ricoveri ospedalieri con DRG inappropriati, tasso standardizzato di ospedalizzazione per acuti in regime ordinario). Per quanto riguarda la speranza di vita, nel periodo 1992-2010 le donne hanno incrementato il proprio valore di quasi 4 anni e gli uomini di oltre 5 anni (figura 3.1). Analogamente, la mortalità evitabile registra negli anni una riduzione (figura 3.2).4

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

70

1992

72

Figura 3.1 • Speranza di vita alla nascita (in anni). Fonte: ISTAT (http://demo.istat.it/)

Sono indicatori che ovviamente implicano il convergere di molte dinamiche non attribuibili solo alle azioni sanitarie in senso stretto, ma che contengono al proprio interno impatti dovuti ad un generico miglioramento dell’efficienza della produzione di salute. 4   Si vedano i diversi Rapporti ERA (AA.VV., 2007, 2008) sia per la metodologia, sia per i risultati. I valori mostrano un netto miglioramento. 3


45

La prospettiva delle Aziende Sanitarie

90 80 70

Morti evitabili

60 50 40 30 20 10 0

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

Figura 3.2 • Mortalità evitabile (in .000). Fonte: Rapporti ERA, 2007, 2008

Fra gli indicatori di carattere economico-finanziario, sebbene possano essere interpretati differentemente, va osservata una crescita (controllata) della spesa sanitaria in termini di tasso di crescita rispetto ad altri Paesi (OECD, 2011). Confrontando, nel periodo 1990-2010, i valori della spesa sanitaria totale procapite (in US$ PPP) di Francia, Germania, Regno Unito emerge che l’Italia registra una funzione di interpolazione più lineare rispetto a quelle di altri Paesi nei quali, soprattutto, la crescita è stata più alta proprio nell’ultimo quinquennio (figura 3.3). Inoltre, esplorando la composizione fra spesa pubblica e spesa privata, tenendo conto delle caratteristiche della spesa privata in Italia,5 non si osserva un forte trasferimento verso la spesa privata, anzi la crescita (anch’essa controllata) si è sostanzialmente manifestata solo nel comparto pubblico: segno di capacità del sistema pubblico di offrire uno stock garantito di prestazioni (Ministero dell’Economia, 2002, 2008, 2011) (figura 3.4).

Va ricordato che in Italia la spesa privata, a differenza di altri Paesi, è sostitutiva della spesa pubblica. Pertanto, mentre in altri Paesi lo stock di prestazioni garantito dal finanziamento pubblico viene integrato (e aumentato) dal finanziamento privato, in Italia il sistema riesce a garantire uno stock abbastanza ampio di prestazioni. 5


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

4500

F

D

UK

I

4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 1990

1995

2000

2005

2010

Figura 3.3 • Spesa sanitaria procapite di Italia, Francia, Regno Unito e Germania (periodo 1990-2010) (in US$ PPP). Elaborazione dati OECD: http://dx.doi.org/10.1787/hlthxp-cap-table-2011-1-en

100 90

78,8

78,8

78,8

78,2

78,5

77,9

77,2

75,9

75,9

76,0

71,7

73,5

71,2

71,7

71,6

74,6

76,8

50 40

28,3

26,5

24,0

24,1

24,1

22,8

22,1

21,5

21,8

21,2

21,2

21,2

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

28,8

1998

2000

28,3

1997

1999

28,4

28,3

25,4

1994

1996

23,2

1993

10

20,8

20

1995

30

1992

%

60

79,2

70

71,7

80

0

Pubblica

Famiglie

Figura 3.4 • Spesa pubblica e spesa privata per la sanità (in % sul totale). Elaborazione dati del Ministero dell’Economia, Relazione generale nella situazione economica del Paese, 2002, 2008, 2011


47

La prospettiva delle Aziende Sanitarie

Anche gli indicatori di efficienza interna offrono spunti di riflessione positiva, segnale di attenzione al miglioramento dell’offerta (tabella 3.1) (Ministero della Salute, 2011). Pertanto, il Servizio Sanitario Nazionale offre indicatori positivi e di qualità che avvalorano la tesi che miglioramenti di efficienza sono stati ottenuti. Ciò, malgrado interpretazioni mediatiche negative. TABELLA 3.1 - APPROPRIATEZZA NEI RICOVERI

Anno

Tunnel carpale (%)

Cataratta (%)

Asma (%)

Diabete (%)

2001

79,1

61,5

26,3

37,3

2002

86,2

73,5

23,3

39,2

2003

92,1

83,5

19,9

35,9

2004

94,2

87,9

19,5

34,6

2005

95,4

90,6

17,4

35,0

2006

95,9

92,4

15,6

32,6

2007

95,8

92,8

14,6

29,5

2008

96,7

94,3

13,7

27,9

2009

96,9

94,4

12,1

24,0

Tunnel carpale = indice % di trasferimento in day surgery dei ricoveri per decompressione del tunnel carpale. RC per acuti in strutture pubbliche e private accreditate Cataratta = indice % di trasferimento in day surgery dei ricoveri per cataratta. RC per acuti in strutture pubbliche e private accreditate Asma = tasso ospedalizzazione per 100.000 ab. per asma dell’adulto (tasso grezzo adulti 18-64 anni). RC per acuti in strutture pubbliche e private accreditate Diabete = tasso standardizzato di ospedalizzazione per 100.000 ab. per diabete non controllato senza complicanze (età >18 anni). RC per acuti in strutture pubbliche e private accreditate Fonte: Ministero della Salute, 2011

MODELLO AZIENDALE E ASL TERRITORIALE

Fin dalla riforma del 1978, una delle più innovative intuizioni del legislatore è stata quella di integrare l’assistenza ospedaliera e quella extraospedaliera: intuizione che rispondeva in tempi rapidissimi all’evoluzione della pratica clinica.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

“L’unificazione di tutte le funzioni sanitarie entro la gestione delle USL superava la frammentizzazione del sistema di assistenza mutualistica compartimentalizzato nei tre circuiti paralleli della medicina generale (o “generica”), dell’assistenza specialistica, e di quella ospedaliera, con nessuna attenzione alla prevenzione individuale o di massa” (Taroni, 2011, p. 200).

Il successivo rilevante intervento normativo (la riforma del 1992) trasformò le USL in Aziende Sanitarie. Sebbene i due interventi rispondessero a contesti profondamente differenti,6 la risposta fu di individuare lo strumento (USL nel 1978 e ASL/AO nel 1992) senza ben delineare la mission del sistema sanitario stesso e le reali “competenze” di USL e ASL/AO. Inoltre, con l’azienda in sanità emergeva una contraddizione di fondo. L’ASL non opera in un contesto di mercato e pertanto questo non è in grado di agire e “far fallire” l’azienda inefficiente. Indubbiamente, però, il modello aziendale ha consentito di introdurre valutazioni di tipo quantitativo e qualitativo nell’ambito del soggetto produttore di servizi. Peculiarità dell’azienda territoriale

Da una prospettiva programmatoria, il modello aziendale delinea­ to negli ultimi vent’anni risponde alla necessità di una corretta allocazione delle risorse disponibili ma soprattutto è stata la risposta (anch’essa corretta) alla crescente complessità che i trattamenti terapeutici richiedono. L’azienda ASL si trova pertanto a gestire sia una componente ospedaliera7 sia una componente territoriale (pertanto si è dinanzi a un livello crescente di complessità, passando dall’ospedale – che è in fondo uno stabilimento di produzione – al territorio).

Non va però sottovalutato che in ambedue i casi, il contesto economico-finanziario che anticipava le riforme del 1978 e del 1992 era di fortissima criticità e difficoltà. 7   Va ricordato che al 1 gennaio 2012 esistono 148 ASL, 62 AO e 20 AOU (Ministero della Salute, 2012). 6


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

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Le Aziende Sanitarie Locali gestiscono i servizi sanitari e sociosanitari, oltre (in quasi tutte le Regioni) a gran parte dei presidi ospedalieri; attività che rappresenta un insieme molto ampio e magmatico di servizi e prestazioni. Gran parte dei servizi extraospedalieri si svolge in regime ambulatoriale o diurno, o attraverso servizi educativi o preventivi di comunità. In concreto, su una logica di intervento preventiva, precoce e di presa in carico stabile del cittadino-paziente. Questo tipo di offerta (prestazioni sanitarie e socio-sanitarie) è in grande e significativa crescita dimensionale. Ciò è dovuto a una medicina che sta strutturandosi verso modelli assistenziali ambulatoriali di carattere predittivo e preventivo. Per indagare e discutere i fabbisogni delle ASL nel governo dei servizi territoriali è necessario aver presente le caratteristiche peculiari di questo settore. È indubbio che un modello di offerta territoriale richiede una capacità di governo ben differente rispetto al governo di un ospedale. Probabilmente, la maggiore difficoltà risiede proprio nel definire le molteplici funzioni di produzione (la funzione di produzione della prevenzione, quella di cura territoriale, quella per gli anziani, ecc.).8 Per avere una dimensione della complessità delle funzioni di produzione in una ASL si evidenziano alcune proprie specificità: • Le azioni dei servizi territoriali sono frequentemente di natura multidisciplinare. Questa si manifesta coinvolgendo: - differenti professionisti medici (ad esempio: nel trattamento di molte patologie oncologiche nella fase extraospedaliera solitamente c’è l’oncologo e il medico di medicina generale); - diverse professioni sanitarie (ad esempio: nel trattamento dei traumi da incidente automobilistico, oltre al medico possono essere coinvolti i riabilitatori); - diverse professioni, anche non sanitarie (ad esempio: nell’oncologia sono coinvolti anche gli psicologi). • I servizi territoriali delle ASL incontrano spesso difficoltà nella definizione del tipo di intervento da avviare. Accanto a una com-

Si evidenzia come la sanità gestita dalla ASL sia sicuramente il comparto che contiene il maggior numero di funzioni di produzioni di tutti i comparti dei servizi e della produzione pubblica e privata. 8


50

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

ponente sanitaria ve n’è una socio-sanitaria integrata (esempio: i servizi per la salute mentale o per gli anziani). Non sempre è facile trovare la linea di demarcazione fra intervento sanitario e intervento sociale. • Il modello terapeutico di molte malattie è la loro cronicizzazione. Di conseguenza la ASL si trova a gestire il tema della cronicità in maniera sempre crescente e con un carico organizzativo fortemente in aumento (e in molti casi innovativo). Il modello della presa in carico del paziente implica servizi continui che devono essere organizzati con flessibilità. • Gli interventi finanziari degli ultimi anni hanno colpito tutto il sistema sanitario, ma a risentirne maggiormente sono state principalmente le ASL. Conseguentemente, si è registrato un impatto sui servizi territoriali. Molto spesso le ASL non dispongono dei fattori produttivi necessari rispetto all’evoluzione del quadro epidemiologico (ad esempio: incremento del numero di anziani che hanno necessità di assistenza), come rispetto all’evoluzione della medicina (la cronicizzazione di molte patologie precedentemente non curabili). • Molte ASL si trovano inoltre a gestire al proprio interno presidi ospedalieri. Tali fattori illustrano pertanto la complessità all’interno della quale la ASL opera. PRINCIPI SOTTOSTANTI AL GOVERNO DEI PROCESSI PRODUTTIVI

L’azienda in sanità rappresenta uno strumento per realizzare gli obiettivi modello di welfare dell’Italia. Indirettamente, lo strumento “azienda” è un modo in cui vengono realizzati i valori propri del welfare che una società definisce; ma al contempo il concetto di azienda definisce un valore industriale del bene salute e delle sue modalità di produzione (Del Vecchio, Rebora, Roma, 2011). Pertanto, sostenere che l’azienda sia uno strumento per produrre salute significa sostenere un modello di welfare che mette fra le sue priorità il raggiungimento di alcuni obiettivi di benessere attraverso un uso più razionale delle risorse. Nel contempo, l’azienda – per un


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

51

verso non potendo fallire,9 per l’altro avendo caratteristiche di pubblicità – produce salute all’interno di un modello di welfare esteso (solo un’offerta di base pubblica può garantire un’erogazione di servizi sanitari appropriata, equa e efficiente). Da tempo, parte degli economisti industriali apprezza l’idea di un modello di “industria della salute” che si fondi sempre sulla necessità del sistema pubblico di offrire migliori e efficienti servizi sanitari con il vincolo di bilancio (Di Tommaso, Paci, Rubini, 2009).10 Infatti, da una prospettiva diversa, la salute non è solamente un’offerta di prestazioni e servizi che l’azienda erogatrice deve offrire nella misura più efficiente, appropriata e equa (e quest’ultimo valore va sempre tenuto a mente), ma anche una forte domanda di beni e servizi legati alla cura della salute costituisce un’opportunità per lo sviluppo delle economie dei Paesi avanzati. In altre parole, la domanda rappresenta un volano strategico per lo sviluppo di questa industria (Schweitzer, Di Tommaso, 2005). Precedentemente si è accennato alle molteplici cause di crescita della domanda di servizi sanitari: • l’invecchiamento della popolazione nei Paesi industrializzati come risultato del progresso nelle scienze mediche che consente oggi alle popolazioni dei Paesi avanzati di condurre una vita più sana e più lunga di quanto non accadesse in passato; • la sempre crescente (dovuta ad una crescente qualità/efficacia dei servizi sanitari) domanda di beni e servizi per la salute; • le accresciute aspettative della popolazione (di informazione, di “pretesa” della buona riuscita della cura, ecc.) (Terranova, 2010). I sistemi sanitari riescono a governare la richiesta di nuove/migliori tecnologie (intese come farmaci, medical devices, procedure, ecc.),

In verità, pochissimi casi di “fallimento” si sono manifestati, come l’Azienda Policlinico “Umberto I” di Roma. 10   Vanno ricordate le implicazioni di politica industriale sottostanti a un modello di industria della salute (che vede come soggetto catalizzatore l’SSN), quali ad esempio: la crescita della produzione di beni e servizi sanitari; l’aumento delle esportazioni di beni e servizi sanitari; la promozione di una R&S competitiva in settori ad alto valore aggiunto e contenuto conoscitivo; lo sviluppo di settori innovativi quali biotecnologie, l’ingegneria genetica e la telematica; la produzione ottimale di spill over, ecc. 9


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

alcune delle quali sono costose, attraverso strategie di efficienza tecnologica (selezione degli erogatori/produttori), di efficienza produttiva (razionalizzazione dei processi di erogazione, distribuzione), di selezione di coloro che hanno diritto all’accesso.11 La ASL rappresenta il “luogo” dove concretamente si adottano tali strategie. Di fronte ad una pressione in aumento di nuovi e crescenti consumi, fermi restando i vincoli di carattere finanziario, o si interviene nella maniera più tradizionale, cercando di limitare la domanda contenendo l’offerta (è il caso in cui in Italia la disponibilità – non l’utilizzazione che deve essere soggetta ad un uso più appropriato – di nuovi farmaci, caso mai a prezzo più alto, è ridotta rispetto ad altri Paesi europei) o si considera la salute a tutti gli effetti come elemento di politica sociale e industriale e allora si adottano gli stessi strumenti di governo e incentivo della politica industriale. Questa è pertanto la premessa affinché nelle aziende vengano introdotte metodologie di efficienza dei processi produttivi. Aver avviato percorsi complessi che richiedono un’analisi e una reingegnerizzazione dei processi produttivi solo per un migliore equilibrio economico-finanziario è certamente auspicabile, ma se ciò viene associato ad un obiettivo di recupero economico e industriale allora le motivazioni e lo spirito di utilizzo di tali sistemi di reingegnerizzazione faranno sì che si abbia un crescente successo. Sono sempre più numerosi i Paesi che si sono impegnati negli ultimi venti anni in processi di riforma tesi a migliorare l’efficienza dell’offerta di servizi sanitari. Molte di tali riforme hanno previsto una ristrutturazione dei meccanismi di finanziamento e di controllo (alcuni con una forte tendenza al decentramento che delega l’amministrazione del servizio sanitario ad enti locali, regionali; altri invece stanno rientrando in un meccanismo di riaccentramento organizzativo), ovvero la creazione di incentivi di mercato per migliorare l’efficienza o la produzione di servizi sanitari più attenti alle richieste dei pazienti.12

Alcuni esempi per rendere l’idea: per strategie di efficienza tecnologica si può fare riferimento ai prontuari farmaceutici che definiscono la tecnologia e il suo livello; per efficienza produttiva si pensi al sistema di acquisto e gestione dei magazzini delle aree vaste; le selezioni all’accesso sono le scelte di carattere politico (della Regione o del Governo/Parlamento) di introdurre compartecipazioni alla spesa o individuare categorie che dispongono di determinati servizi a titolo gratuito. 12   Appare chiaro il “rischio” implicito che si corre. Un’offerta più efficiente avrà tutta una serie di 11


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

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REINGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI IN SANITÀ: IL FATTORE LAVORO

Volendo, quindi, considerare l’applicazione a un modello di azienda sanitaria territoriale di metodologie di reingegnerizzazione maturate in un contesto industriale, vanno poste alcune premesse. Il fattore della produzione “lavoro” in sanità richiede una particolare attenzione. Baumol e Bowen dividono i settori industriali in capital intensive (questi vedono nel tempo un miglioramento dei processi produttivi che incrementano la produttività/riducono la forza lavoro – esempio l’industria della trasformazione alimentare) e labour intensive (che implicano nel tempo la stessa quantità di capitale umano per “produrre” alcuni beni e servizi – esempio: le arti) (Baumol, Bowen, 1966). Il settore della sanità presenta caratteri particolari: da un lato è ca­ pital intensive, proprio per il contenuto tecnologico e l’evoluzione della conoscenza diretta e indiretta; fattori che implicano elevati investimenti di capitale. Tali investimenti però al contempo comportano una crescente “intensità” anche nel fattore lavoro che è funzione dell’intensità di capitale investito (si prenda ad esempio il settore della diagnostica o della chirurgia mini invasiva).13 Pertanto, l’adozione di metodologie industriali richiede una condivisione di valori e di obiettivi con il personale.

implicazioni: un’offerta di servizi sanitari più efficiente può generare un incremento della domanda. Un aumento della domanda di servizi comporterà un incremento della domanda di beni e prodotti intermedi, come ad esempio le apparecchiature mediche. Ma se ben governato, l’aumento della domanda di beni e servizi sanitari può attirare capitali nel settore, incoraggiare l’innovazione e il progresso tecnologico e rendere più remunerativi gli investimenti in ricerca e sviluppo. In altre parole, in un contesto aperto, un’industria nazionale della salute trainata da un’offerta di servizi sanitari più efficiente potrà favorire le esportazioni di beni e servizi sanitari. 13   Proprio per le caratteristiche delle specificità legate all’offerta e alla produzione/erogazione di servizi e alla loro crescente complessità, la scelta del legislatore del 1992 (e del 1999) fu quella di individuare nel modello aziendale la scelta più adeguata. Tuttora appare, sebbene vadano introdotti dei correttivi legati alla governance dell’intero sistema regionale, la soluzione che riesce meglio a rispondere alla costante evoluzione e complessità del sistema di produzione/erogazione. Il problema, emerso in questi anni e affrontato spesso solo marginalmente, riguarda la capacità di governance complessiva del sistema. L’azienda è uno strumento di gestione che necessita però di una seria politica di corporate governance complessiva da parte della Regione.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Processi produttivi

Tutto ciò significa intervenire/modificare l’organizzazione di alcuni processi produttivi. La revisione di un processo produttivo può articolarsi attraverso: • un approccio empirico, ossia sull’esperienza maturata dai singoli operatori si cerca di intervenire per il miglioramento del rapporto di efficienza del processo produttivo; • metodi che richiedono impianti teorici ben consolidati e strumentazioni piuttosto sofisticate. Un approccio empirico, che sotto alcuni punti di vista è stato il metodo finora adottato in sanità, prevede sostanzialmente un’analisi della situazione attuale e sulla base dell’esperienza acquisita dai player si trova la soluzione più idonea. Tale sistema implica un miglioramento del processo fondato sulla capacità degli operatori/responsabili di individuare i punti di forza e i punti di debolezza del sistema, nonché una capacità, legata alla conoscenza, di comprendere se, e in che misura, intervenire nella modifica del processo produttivo. I modelli fondati sulle tecniche più complesse e sistematizzate, in linea di principio, possono classificarsi sulla base dell’approccio sottostante: • modelli con un approccio top-down, ossia un fattore definito prioritario (ad esempio: la qualità) incide anche nel complesso della mission aziendale. Rientra qui (a solo titolo di esempio) la Lean organization; • modelli con approccio bottom-up, ossia il miglioramento di un singolo processo produttivo piano piano si estende a tutto il sistema produttivo. Esemplificando, il Six Sigma o la Total Productive Maintenance.14

In poche parole: a) il Lean individua i modi per ottimizzare i processi e ridurre gli sprechi; b) il Six Sigma mira soprattutto a rendere i processi più uniformi e precisi attraverso l’applicazione di metodologie statistiche; c) il Total Productive Maintenance, avendo come obiettivo la massima efficienza di un processo produttivo, implica l’intervento su tutti i fattori correlati al processo produttivo 14


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

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Non si entra nel merito delle singole metodologie, quanto invece appare fondamentale analizzare alcune coordinate per una corretta applicazione. Nell’ambito dei cosiddetti sistemi complessi, i processi di reingegnerizzazione implicano una riflessione sulla mission dell’azienda stessa. In quest’ambito, avendo ben chiara la classificazione di sistema sanitario, servizio sanitario e azienda,15 la scelta di focalizzarsi su un modello significa in primo luogo una condivisione con gli altri player del servizio sanitario regionale (qui inteso sia come l’insieme delle aziende della Regione, sia la Regione stessa) agendo sulla ridefinizione delle mission aziendali e della Regione e rafforzando il sistema valoriale delle organizzazioni facenti parte del sistema. Obiettivo di questo percorso è stimolare un atteggiamento nuovo/migliorativo verso i cittadini e verso i pazienti. Questo significa rivedere i processi produttivi, individuando e fissando requisiti standard, sistemi di monitoraggio continuo, principi di riorganizzazione sulla base dei risultati ottenuti, e via scrivendo. Accanto a metodi di tipo olistico, se ne individuano altri con un approccio volto a rivedere alcuni processi produttivi (devono essere comunque processi misurabili) riducendone errori, inefficienze e sprechi (ad esempio, il Six Sigma). In realtà, il Six Sigma (ma ciò vale per tutti i sistemi di miglioramento di singoli sistemi produttivi)

(personale, fornitori, ecc.). Vi sono inoltre combinazioni di Lean e di Six Sigma (chiamati approcci Lean Six Sigma). Questo approccio combinato afferma che le organizzazioni possono ottenere benefici utilizzando sia l’orientamento al paziente/cittadino sia concentrandosi sull’eliminazione degli sprechi attraverso strumenti statistici e sistematiche strategie di riduzione delle inefficienze. 15   Più esattamente (da: Del Vecchio, Rebora, Roma, 2011, pp. 15-16): •  “Settore sanitario, intendendo con tale espressione l’ambito complessivo di produzione e consumo di servizi individuali e collettivi relativi alla salute, al suo mantenimento e al suo recupero; […] può essere sufficiente il richiamo al vasto insieme di soggetti pubblici e privati coinvolti nei processi attraverso i quali individui e collettività fruiscono di servizi e prestazioni che attengono ai bisogni di salute o che gli stessi individui e collettività ritengono essere attinenti ai bisogni di salute. •  Sistema sanitario, riferendosi con tale espressione al Servizio Sanitario Nazionale, o meglio ai diversi sistemi sanitari regionali che lo compongono; si tratta di un sottoinsieme del settore sanitario in cui con maggiore intensità si esprimono le scelte collettive, sia attraverso la diretta assunzione della responsabilità di produzione ed erogazione dei servizi da parte dell’operatore pubblico, sia attraverso l’acquisizione di servizi erogati da operatori privati variamente configurati. •  Aziende sanitarie pubbliche le quali, ancorché caratterizzate da una propria significativa autonomia, rappresentano gli strumenti diretti attraverso i quali i sistemi sanitari perseguono le proprie finalità e assolvono alle proprie responsabilità”.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

se applicato sistematicamente in tutti i processi produttivi aziendali diventa uno strumento di intervento sull’intero sistema. L’avvio (e la condivisione all’interno dell’organizzazione) di questi processi di reingegnerizzazione è importante per la capacità del sistema di riflettere sull’innovazione e sul come governarla nella maniera più appropriata; soprattutto come esempio proficuo del continuo interscambio di esperienze, tecniche, conoscenze all’interno del comparto della sanità pubblica e con altri comparti pubblici e privati sia nell’area sanitaria che no. Il tema dell’innovazione organizzativa (definita come effetto dell’introduzione di significativi cambiamenti nei processi produttivi che impattano sulla combinazione dei fattori produttivi e in particolare sul modello organizzativo delle funzioni interne all’azienda) e il tema della produzione e distribuzione della salute (definita come capacità dell’azienda di produrre salute offrendo un servizio efficiente) rimangono tuttora nelle priorità delle agende dei servizi sanitari di quasi tutti i Paesi. Applicazione dei processi di reingegnerizzazione nel comparto sanitario: alcune esperienze

Inizialmente negli Stati Uniti, le principali Health Maintenance Organizations (HMO)16 hanno iniziato a studiare e adottare metodologie industriali di reingegnerizzazione dei processi produttivi già alla fine degli anni ’80, principalmente focalizzandosi sulla creazione di programmi e di infrastrutture per misurare la qualità e valorizzare la cultura organizzativa che circonda la qualità. Successivamente, alcuni ospedali hanno iniziato a utilizzare questi metodi per realizzare miglioramenti del processo produttivo e la riprogettazione del lavoro non clinico così come il flusso clinico (McLaughlin, Kaluzny, 1999).

Le HMO sono organizzazioni statunitensi che forniscono assistenza sanitaria, gestendo contratti di assicurazione sanitaria con gli operatori sanitari (ospedali, medici, ecc.). A differenza delle tradizionali polizze assicurative sanitarie, una HMO copre soltanto le cure rese da quei medici e altri professionisti che hanno accettato di trattare i pazienti in conformità alle linee-guida della HMO e le restrizioni previste in cambio di un flusso costante di clienti. 16


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

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Successivamente, diverse istituzioni sanitarie hanno cominciato a valutare e apportare modifiche a una serie di pratiche di cura. Ad esempio, alcuni servizi selezionati come i laboratori, le farmacie, la gestione dei referti medici, le pulizie e servizi di supporto materiali sono stati trasferiti nelle aree di cura dei pazienti per migliorare l’efficienza dei processi organizzativi. Altre applicazioni di tali metodologie si sono avute nei reparti di radiologia, migliorando la revisione del flusso di lavoro, come la firma elettronica dei radiologi, l’eliminazione dell’obbligo di firma del tirocinante, la trascrizione accelerata, report strutturati, la più rapida consegna dei risultati al reparto di cura. Molte organizzazioni sanitarie hanno istituito sistemi di misurazione della qualità più ampi e orientati al paziente, attraverso la somministrazione ai pazienti di questionari sulla qualità. Inoltre: sono stati avviati programmi di valutazione dell’appropriatezza delle prestazioni; sono stati elaborati report di monitoraggio dei pazienti; sono stati utilizzati indici di sorveglianza delle infezioni e, in generale, sono stati adottati diversi altri strumenti di misurazione della qualità (Schweikhart, Dembe, 2009). CRITICITÀ

L’utilizzo di tali metodologie ha però portato ad alcune osservazioni critiche. Molti studiosi hanno espresso riserve circa l’efficacia del Six Sig­ ma e della Lean Organization sottolineando come gli effetti finali sul miglioramento della prestazione dei servizi sanitari e gli esiti dei pazienti sarebbero intervenuti anche in assenza di queste metodologie (Zbarack, 1998). Un’osservazione critica spesso formulata riguarda le rigidità di questi sistemi (e in particolar modo del Six Sigma). Utilizzando tecniche di impianto statistico, spesso si mira a realizzare una strategia per modificare il valore/i valori statistici col rischio di perdere la capacità di affrontare in maniera sistematica un percorso di miglioramento (Stamatis, 2000).


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

SFIDE E PROSPETTIVE

Nella realtà italiana vanno considerati alcuni fattori: • le esperienze dove sono maturate queste metodologie sono abbastanza circoscritte (reparti ospedalieri, aree terapeutiche ben definite, ecc.). L’ambito dell’ASL è sicuramente molto più ampio e soprattutto le funzioni di produzione non sono riconducibili a poche famiglie. Pertanto, occorre tenere presente questa complessità che richiede indirettamente di dover stressare proprio i fattori di efficienza che accompagnano la positiva utilizzazione del Six Sigma o di altri metodi; • come governare l’innovazione tecnologica che proviene dall’esterno del sistema sanitario. Per quanto riguarda il primo punto, è ben nota la complessità nella gestione di un’azienda sanitaria. L’utilizzazione di tali metodologie ha l’indubbio pregio di contribuire a razionalizzare le singole fasi dei processi. Spesso, nelle realtà aziendali italiane il processo produttivo risponde a vincoli di carattere amministrativo che privilegiano la correttezza formale anziché la realizzazione di un processo efficiente ed efficace. Un secondo aspetto da approfondire in questi processi riguarda il ruolo del management. È fondamentale non solo un coinvolgimento attivo della direzione strategica di una ASL quanto il sollecitarlo. Il top management deve garantire l’effettività dei processi di reingegnerizzazione, affidando a funzioni individuate ad hoc il monitoraggio delle evoluzioni dei processi. Diventa anche necessario avviare percorsi di formazione del personale. Come notato, le funzioni di produzione di una ASL sono molteplici e complesse. L’avvio di un percorso di reingegnerizzazione dei processi implica la definizione di quali processi individuare come prioritari. Questa fase assume un’importanza considerevole poiché non è semplicemente una lista da seguire, ma si tratta di individuare quelle funzioni nel contempo strategiche (ossia una volta avviato il processo di reingegnerizzazione per quella funzione produttiva si innesca la necessità di rivedere i processi produttivi nelle altre funzioni della


La prospettiva delle Aziende Sanitarie

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ASL) ma “semplici” (il percorso di reingegnerizzazione implica già una parte dell’organizzazione capace di rivedere il proprio ruolo e le modalità operative). In tale ambito sarà opportuno individuare quali segmenti dell’azienda fungeranno anche da test. Per quanto riguarda il secondo punto, declinando nel concreto alcune tematiche dell’innovazione e nello specifico quella organizzativa, le ASL/AO nel futuro (neanche tanto lontano) diventeranno un insieme di “reti curanti”, gruppi di cura che ruotano attorno al paziente con l’obiettivo di prestargli le cure più appropriate, coordinando la propria attività e adattandola ai bisogni dell’assistito. Non è il paziente dunque a spostarsi, ma gli operatori, che passano da una struttura all’altra (anche solo in via telematica), percorrendo un cammino di apprendimento e sviluppo professionale. Fanno parte della rete curante medici, infermieri, paramedici, tecnici, assistenti sociali e ogni altro soggetto in grado di fornire un contributo alla salute dell’utente. L’azienda diventa un soggetto di coordinamento, assemblatore di servizi, che mette in rete risorse infrastrutturali, tecnologiche e professionali per realizzare obiettivi di cura. Se questo è lo scenario per il nostro sistema sanitario, l’utilizzo sempre più diffuso di processi di reingegnerizzazione consente di appropriarsi di strumenti che mirano non solo al miglioramento della produzione ma a prestare una maggiore attenzione alla qualità dell’assistenza offerta. Va anche rilevato che vi sono fattori che rendono difficile l’apprendimento organizzativo (quindi la capacità dell’organizzazione di interiorizzare le innovazioni organizzative): pressione del contesto temporale (poco tempo), scarsa propensione alla condivisione di occasioni per imparare, assenza di sistemi di feedback, richieste contraddittorie da diverse parti dell’organizzazione, separazione spaziale, fluttuazione che porta alla perdita di conoscenza implicita, confini e gerarchie professionali inutili che a volte inibiscono la prassi innovativa e la condivisione di idee. Questi modelli micro dovranno continuare a crescere come iniziativa del management aziendale per raggiungere e mantenere l’eccellenza operativa e di servizio. Il vero nocciolo della riuscita dell’applicazione diffusa di tale metodologia dipende in larga misura dalla convinzione della leadership aziendale e dalla capacità di valutare i risultati riportando la metodologia verso altri processi (Nakhai, Neves, 2009).


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

BIBLIOGRAFIA

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4 • LA

PROSPETTIVA DELLE AZIENDE OSPEDALIERE Marco Marchetti, Alberto Fiore

LE PRESSIONI PER IL CAMBIAMENTO

In considerazione dell’elevata crescita di risorse assorbite, la sostenibilità economica delle Aziende Ospedaliere deve essere garantita attraverso nuovi sistemi di governance capaci di assicurare un costante equilibrio tra il sistema delle prestazioni e quello dei finanziamenti. Tale equilibrio deve associare i requisiti di efficacia con quelli di efficienza, attraverso l’ottimizzazione dei processi e il miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni. La sostenibilità dell’ospedale risulta pertanto direttamente collegata ad azioni volte al recupero di efficienza e di appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni. Gradi sempre più elevati di appropriatezza clinica ed organizzativa possono essere conseguiti con un processo che va sviluppato con il coinvolgimento dei professionisti operanti nelle organizzazioni sanitarie ospedaliere. È necessario quindi mantenere e migliorare qualità ed efficacia dei processi ospedalieri e al tempo stesso ricondurre la dinamica di tale voce di spesa nell’ambito dei vincoli della finanza pubblica. Anzi, proprio la massimizzazione dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, legata comunque alla qualità dei servizi erogati, è condizione essenziale affinché gli ospedali possano svolgere pienamente il proprio ruolo sociale ed economico; ruolo ancor più essenziale in una fase di crisi finanziaria e sociale in cui tende ad aumentare la domanda di servizi e a ridursi la disponibilità finanziaria. In tutto il mondo, infatti, la sanità sta affrontando problemi seri legati all’esplosione dei costi e alla costante diminuzione della qualità delle cure (IOM 1999, 2001). Il peso degli ospedali sui bilanci


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

dei sistemi sanitari è elevatissimo e ciò li rende l’obiettivo principale dei governi che in tal modo cercano di ridurre ed imporre dei limiti alla spesa pubblica. La gestione della qualità diventa pertanto una questione di rilevanza strategica all’interno delle organizzazioni sanitarie. La cattiva qualità è generalmente legata alla progettazione e all’implementazione di complessi processi di erogazione delle cure e non alla mancanza di volontà o competenze da parte degli operatori sanitari (Berwick, 1989). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato più volte infatti la necessità di ridisegnare i processi sanitari, estremamente frammentati, e di riorganizzarli in un’ottica di efficienza ed efficacia. Il risultato è una vasta gamma di misure finalizzate al controllo della spesa totale, al miglioramento dell’efficienza e all’aumento della qualità delle cure erogate. Per perseguire questi obiettivi è necessario introdurre all’interno delle nostre organizzazioni sanitarie un cambiamento. Il cambiamento organizzativo e culturale negli ospedali incontra molti ostacoli e ciò è in evidente contrasto con un contesto in rapida evoluzione dal punto di vista sia della tecnologia utilizzata sia della pratica clinica. Un ospedale è un’organizzazione estremamente complessa, essendo caratterizzata al proprio interno da una serie di sottosistemi, da quelli per l’assunzione e la gestione delle risorse umane, a quelli per la manutenzione di edifici, impianti e apparecchiature, da quelli per i servizi alberghieri e di ristorazione, a quelli per l’esecuzione delle attività di diagnostica per immagini. Ciascun sottosistema insegue i propri obiettivi, indipendentemente dagli altri, anche se un cambiamento organizzativo significativo ad uno di essi si ripercuote sul funzionamento di tutti gli altri. In questo contesto, più risorse non significano necessariamente più qualità. È necessaria una maturità nuova in merito all’esigenza di responsabilizzarsi, per contribuire ad un uso appropriato delle risorse evitando sprechi e inefficienze. Ormai nessuno può chiedere impossibili risorse illimitate e c’è un consenso trasversale su un’idea di sanità dove a contare è la capacità di rispondere in maniera efficace ed appropriata alle esigenze dei pazienti nel rispetto dei vincoli economici. È opportuna inoltre una maggiore governance del sistema, una migliore distribuzione delle risorse e del personale, con l’abbandono di antiche pratiche fatte di nicchie, di privilegi, di compartimenti stagni che purtroppo sono ancora presenti nei nostri ospedali.


La prospettiva delle Aziende Ospedaliere

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L’APPROCCIO LEAN SIX SIGMA NELLE AZIENDE OSPEDALIERE

Nella comunità scientifica non c’è un accordo su quale sia una definizione esatta di qualità e cosa s’intenda con “gestione per la qualità in sanità”. Molti dei concetti e degli strumenti utilizzati sono di derivazione industriale, anche se ci sono delle importanti differenze tra industrie e Aziende Ospedaliere che vale la pena tenere in considerazione prima di trasferire tout court questi concetti ed i relativi strumenti. La gestione per la qualità è un approccio che si basa su tre principi (Juran, 1989) che viaggiano in parallelo, guidati dalla necessità di controllare i costi all’interno dell’azienda: 1. la pianificazione – è l’attività relativa allo sviluppo dei processi e dei prodotti/servizi necessari a soddisfare le esigenze dei clienti; 2. il controllo – è la fase in cui si valutano le performance raggiunte che dovranno essere poi confrontate con gli obiettivi posti in sede di pianificazione; 3. il miglioramento – è la fase in cui andranno identificati i progetti di miglioramento, stabiliti i gruppi di lavoro, fornite le risorse e le infrastrutture necessarie, definita la formazione da erogare e create le motivazioni. Anche in sanità sono stati definiti e introdotti concetti simili legati alla qualità dell’assistenza sanitaria (Donabedian, 1987). Tali concetti inizialmente sono stati introdotti e messi in pratica attraverso la definizione di standard di qualità o l’istituzione di premi per la qualità. Le norme ISO 9000 (norme di derivazione industriale che propongono un sistema di gestione per la qualità pensato per tenere sotto controllo i processi aziendali indirizzandoli alla soddisfazione del cliente) sono state tra le prime, essendo norme di applicazione generale, ad essere adattate al contesto sanitario. Un importante contributo alla promozione della qualità, in Europa, è stato fornito dall’European Foundation for Quality Management (EFQM), un modello di riferimento il cui scopo è quello di migliorare le prestazioni attraverso un approccio complessivo più esteso ed articolato rispetto al modello classico delle ISO 9000.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

L’introduzione della qualità totale in sanità ha dato nuovi significati alla parola qualità. La qualità diventa così il riferimento e l’obiettivo di tutte le attività all’interno di un’organizzazione sanitaria. Tuttavia ci sono numerose definizioni di qualità totale e, nonostante le centinaia di articoli e libri scritti su di essa, questo concetto rimane ambiguo, questa chimera rimane irraggiungibile (Kelemen, 2003). Negli ultimi anni, dal mondo industriale, sono stati recepiti nuovi concetti, che possono essere visti come l’evoluzione del concetto di qualità totale. Uno di questi è il programma Six Sigma il cui obiettivo è l’eliminazione degli sprechi, dei difetti da ogni processo e servizio (Tomkins, 1997). Il programma Six Sigma si differenzia dalla gestione della qualità totale in quanto risulta essere caratterizzato da un approccio metodologico più strutturato e scientifico, con un forte focus sui risultati economici (Hoerl, 1998). La metodologia Six Sigma e l’approccio Lean, sviluppati ed ampiamente utilizzati nel contesto industriale (Ohno, 1995; Breyfogle, 2003), rappresentano una nuova strategia, un nuovo modo di ragionare di tutta l’azienda, per un rilevante recupero delle inefficienze nei processi (Snee, 2004). Il Lean Six Sigma è un approccio alla gestione di un’Azienda Ospedaliera che, partendo dalla voce del paziente e dalla corretta comprensione delle sue esigenze, attua un costante miglioramento dei suoi processi, al fine di assicurarne nel tempo la continua soddisfazione. L’applicazione del Lean Six Sigma nel contesto ospedaliero consente di ridurre i costi e migliorare allo stesso tempo la qualità (Kooy, Pexton, 2002). Il Lean Six Sigma combina l’approccio Lean con l’impostazione propria della metodologia Six Sigma. La sinergia tra le due metodologie è finalizzata a garantire la flessibilità dei processi organizzativi e decisionali (Lean) e, al tempo stesso, migliorare la qualità delle prestazioni e dei servizi offerti attraverso un approccio strutturato alla gestione dei progetti, alla riduzione degli errori e della variabilità (Six Sigma). Le principali differenze tra i due approcci sono riassunte nella tabella 4.1. L’elemento principale dell’approccio Lean consiste nella riduzione degli sprechi e nella sincronizzazione dei flussi, fornendo una struttura per l’analisi dei processi all’interno di un’organizzazione (Standard, Davis, 1999). L’analisi del flusso porta all’individuazione delle attività a valore aggiunto e di quelle che determinano esclusivamente sprechi.


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TABELLA 4.1 - LEAN E SIX SIGMA: DUE METODOLOGIE A CONFRONTO

Lean

Six Sigma

Principio

Riduzione sprechi

Riduzione della variabilità

Implementazione

•  Identificazione del valore •  Identificazione del flusso di valore •  Far scorrere il flusso •  Applicare la logica del flusso tirato dalla domanda •  Ricerca della perfezione

•  Definire •  Misurare •  Analizzare •  Migliorare •  Controllare

Focus

Processi

Criticità

Ipotesi

L’eliminazione degli sprechi migliora la performance dei processi

Utilizzo dei dati per la comprensione dei problemi. La performance dei processi migliora se si riduce la variabilità

Effetto principale

Riduzione dei tempi, aumento dell’efficienza

Standardizzazione dei processi

Effetti secondari

•  Meno variazione •  Standardizzazione •  Riduzione scorte •  Monitoraggio dei processi •  Miglioramento della qualità

•  Meno sprechi •  Riduzione dei tempi •  Riduzione scorte •  Monitoraggio della variabilità •  Miglioramento della qualità

Criticità

Non vengono valorizzati gli strumenti statistici di analisi

on viene considerata N l’interazione tra processi. I processi vengono migliorati in maniera indipendente

Modificata da Nave, 2002

Il Six Sigma consente invece sia il “controllo della variabilità” sia il “controllo della qualità totale” attraverso l’utilizzo di strumenti statistici che misurano la capacità di un processo di rispettare dei limiti prefissati, cioè il livello di performance di un’organizzazione.


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Il Lean e il Six Sigma si completano a vicenda. La metodologia Six Sigma viene supportata dall’approccio Lean che consente di mappare i processi presenti nell’organizzazione e considerare l’interazione tra gli stessi. Il Lean, invece, trae giovamento dall’approccio al miglioramento fortemente strutturato del Six Sigma caratterizzato da una specifica metodologia di problem solving e da una rigorosa gestione dei progetti da realizzare: selezione dei progetti; definizione dei progetti; riesame dei progetti; misurazione dei risultati; tracciabilità dei progetti. Tale approccio è particolarmente efficace all’interno delle nostre realtà ospedaliere dove spesso i progetti sono debolmente allineati agli obiettivi strategici aziendali. Nella maggior parte degli ospedali non sono presenti procedure standardizzate per effettuare valutazioni costo-benefici dei progetti da implementare e di conseguenza risulta difficile indirizzare opportunamente le decisioni. Inoltre, per la maggior parte dei progetti che vengono avviati, si ha solo la percezione che essi possano contribuire a migliorare la qualità delle cure e, allo stesso tempo, risulta complicato effettuare delle analisi sulle potenzialità e sui risparmi di eventuali progetti alternativi da implementare. Una volta che il progetto è stato avviato non si hanno informazioni affidabili sull’andamento dei lavori fino a che l’intervento non è terminato. Ciascun progetto ha una differente pianificazione e lo stato di avanzamento non può essere confrontato con quello di altri progetti. I progetti abbandonati rappresentano essi stessi uno spreco di risorse, oltre che una perdita di credibilità del programma Lean Six Sigma all’interno dell’ospedale. Pertanto la selezione dei progetti di miglioramento si basa su precisi criteri che tengono conto di: • • • •

impatto del progetto sulle prestazioni; livello di complessità del progetto; livello di miglioramento richiesto rispetto alla situazione attuale; costi del progetto rispetto ai benefici attesi.

I progetti vengono condotti rispettando la sequenza logica di definizione del processo, misurazione, analisi, miglioramento, controllo e sostegno dei miglioramenti ottenuti. Il Six Sigma implica inoltre una struttura organizzativa elaborata fatta di leader e responsabili di progetto.


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Il focus del Lean Six Sigma sui dati, sull’elaborazione ed analisi degli indicatori statistici mette in crisi le valutazioni spesso soggettive e intuitive legate al mondo della sanità. L’introduzione del Lean Six Sigma all’interno delle strutture ospedaliere non consente più di prendere decisioni sulla base di supposizioni o sensazioni oppure su informazioni parziali o incomplete, ed accresce inoltre la consapevolezza negli operatori della possibilità di poter migliorare le attività attraverso l’eliminazione degli sprechi. L’APPROCCIO ALLA QUALITÀ: INDUSTRIA E OSPEDALE A CONFRONTO

Per capire a pieno il potenziale del Lean Six Sigma all’interno degli ospedali dobbiamo ripartire dalla definizione di qualità e dai diversi significati che la parola qualità può assumere a seconda dei diversi approcci (Garvin, 1984): l’approccio trascendente, l’approccio fondato sul processo, l’approccio basato sul prodotto, l’approccio fondato sul cliente, l’approccio basato sul valore. Spesso all’interno degli ospedali, i professionisti sanitari utilizzano un approccio trascendente, per il quale la qualità è sinonimo di “eccellenza connaturale”, facendo fatica a definire e a misurare la qualità delle cure. Il Lean Six Sigma stimola i professionisti all’interno dell’ospedale a dare un volto alla qualità, a definire, misurare, valutare e a migliorare gli aspetti legati alla qualità delle prestazioni. Guardando all’approccio alla qualità basato sul prodotto, sul cliente e sul processo possiamo osservare un fenomeno interessante. All’interno di un ospedale i pazienti non sono solo utenti, ma sono anche in qualche modo i “prodotti” delle cure erogate dall’ospedale, oltre ad essere gli elementi più importanti dei processi ospedalieri. Pertanto ci sono tre approcci alla qualità applicabili allo stesso tempo e questo spiega la complessità e la difficoltà nell’affrontare la gestione della qualità all’interno di una struttura ospedaliera visto che bisogna gestire contemporaneamente tutti e tre gli aspetti e le loro interazioni. Dato che il paziente è parte integrante del processo di erogazione delle prestazioni sanitarie, migliorare le prestazioni del processo ridurrà i costi legati al processo ed aumenterà anche la qualità delle cure (vedi tabella 4.2). L’aumento della qualità delle cure si tramuta in una riduzione dei tempi d’attesa e della durata


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TABELLA 4.2 - LA QUALITÀ DI PRODOTTO E LA QUALITÀ DI PROCESSO

Investimenti

Azienda Manifatturiera

Sanità

Qualità di prodotto

• Aumento dei costi • Aumento qualità del prodotto

• Aumento dei costi • “Aumento” qualità delle cure

Qualità di processo

• Riduzione dei costi • La qualità del prodotto non aumenta

• Riduzione dei costi • Aumento qualità percepita dal paziente

della degenza, una riduzione del numero di accertamenti diagnostici da effettuare, ed un numero inferiore di errori, complicazioni e interventi non necessari. Il Lean Six Sigma inoltre mette in relazione le esigenze dei pazienti alle caratteristiche dei processi. Questo consente alle strutture ospedaliere di non erogare cure e servizi non richiesti dai pazienti o dal sistema sanitario, con una riduzione ulteriore dei costi. Applicando il Lean Six Sigma si agisce contemporaneamente sui costi e sulla qualità. Il fatto che il paziente faccia parte del processo di erogazione delle cure consente di spiegare anche le problematiche legate alla sicurezza e alla percezione della qualità (Van den Heuvel, 2006). In un contesto industriale, un bene di elevata qualità può essere prodotto a prescindere, anche perché un grande numero di prodotti imperfetti possono essere scartati. I clienti valutano solo l’alta qualità del prodotto finale e non sono coscienti dei prodotti eliminati dovuti a processi produttivi non ottimali. A differenza delle industrie dove un prodotto difettoso può essere scartato senza alcun problema e senza che il cliente finale se ne accorga, in un ospedale difetti o rilavorazioni impattano direttamente sulla sicurezza dei pazienti e sulla qualità delle cure. Allo stesso modo i tempi “morti” all’interno dei processi produttivi industriali non abbassano, agli occhi del cliente, la qualità del prodotto finale. Negli ospedali questi tempi rappresentano invece tempi di attesa da parte del paziente e quindi si riflettono immediatamente e in maniera considerevole sulla percezione che il paziente ha della qualità delle cure.


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Il Lean Six Sigma rappresenta, con i suoi obiettivi di standardizzazione, uno strumento potente anche per migliorare la sicurezza dei pazienti riducendo il numero degli errori prodotti all’interno dei processi ospedalieri e aumentando la qualità delle cure ospedaliere. Considerando l’ultimo aspetto, quello legato al valore della qualità delle prestazioni sanitarie erogate, in sanità non sono ancora diffusi al momento sistemi di remunerazione che esplicitamente premino l’eccellenza delle cure. Gli ospedali pertanto combattono quotidianamente tra due spinte contrapposte: l’eccellenza da dare ai cittadini e l’efficienza. Così può capitare che al paziente non venga impiantata una protesi con il miglior rapporto costo/benefici ma semplicemente quella più economica, purché con il marchio CE, e quindi autorizzata alla commercializzazione. Lo stesso può capitare per i farmaci innovativi con l’adozione di terapie personalizzate così come per i più innovativi dispositivi impiantabili. L’unica politica possibile, in un contesto di scarsità di risorse, è quella di massimizzare l’efficienza preservando il livello della qualità delle prestazioni. Il modo migliore per ottenere questi risultati consiste nell’investire sul miglioramento dei processi sia di valutazione ex ante dell’adozione delle innovazioni tecnologiche o organizzative sia di implementazione, visto che ciò porterà invariabilmente ad una riduzione dei costi, ad un aumento dei livelli di appropriatezza e di efficacia, e quindi complessivamente dei livelli di qualità delle cure (riduzione degli errori, tempi di attesa, sprechi, ecc.). A tal proposito, visto che il Lean Six Sigma ha come principale obiettivo il miglioramento dei processi, può sicuramente rappresentare uno strumento ottimale per la gestione della qualità all’interno di un’organizzazione sanitaria ospedaliera. L’APPLICAZIONE DEL PENSIERO SNELLO IN OSPEDALE

Nella sanità moderna, l’efficienza è una delle priorità da perseguire, anche perché la si identifica con la riduzione dei costi. In un contesto come quello sanitario caratterizzato da un sistema di finanziamento non in grado di coprire in maniera adeguata i bisogni sanitari derivanti dal cambio della struttura demografica della popolazione (invecchiamento, il tasso annuo di accrescimento o declino della popolazione, l’entità e il ritmo dei flussi di migrazione, ecc.) oltre che dai


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livelli di innovazione delle tecnologie sanitarie, la riduzione dei costi infatti diventa uno dei principali obiettivi da perseguire. Non esiste un metodo magico, ma è necessario che il sistema organizzativo di un ospedale sviluppi la capacità e la creatività umane per utilizzare al meglio le risorse ed eliminare gli sprechi. L’ospedale ha perso da tempo la sua linearità, si è frammentato e scomposto in una molteplicità di processi parziali sempre più difficili da coordinare, è caratterizzato da tempi morti e attese che rallentano il percorso del paziente che si trova ad attendere in tutte le fasi del processo di cura. L’organizzazione ospedaliera aveva, fino ad ora, al proprio centro l’idea della saturazione dell’intera giornata lavorativa del professionista sanitario e delle tecnologie ottenendo il massimo della capacità produttiva, senza sprechi né sacche di inefficienza. Con l’introduzione dei concetti Lean questo principio viene trasferito dai singoli individui, dalle singole apparecchiature e unità operative all’organizzazione dell’intero ospedale. L’obiettivo dichiarato è quello di ottenere un drastico recupero di produttività riducendo al minimo, e al limite eliminando, ogni elemento di inefficienza, ogni spreco nella gestione complessiva delle risorse, ogni attesa nel funzionamento dei percorsi ospedalieri. Sostanzialmente, il concetto di massima produttività della singola unità operativa, viene applicato in maniera sistemica all’intero ospedale e, più oltre, all’intero e articolato sistema di cure che ruota attorno all’ospedale. Il pensiero snello fornisce un modo per specificare il valore, per allineare nella sequenza migliore le attività che creano valore, per metterle in atto senza interruzione quando qualcuno le richiede e per eseguirle in modo sempre più efficace. È un approccio che indica come fare sempre di più con sempre meno (minor lavoro umano, un numero inferiore di apparecchiature, meno tempo e meno spazio), intercettando al meglio le esigenze dei pazienti. Il pensiero snello rappresenta anche un modo per rendere più soddisfacente il lavoro per gli operatori sanitari poiché dà ritorni immediati agli sforzi di conversione degli sprechi in valore. Punto di partenza per il pensiero snello è il concetto di valore. Il valore viene creato dall’organizzazione sanitaria ma, per una serie di motivi, è molto difficile per le strutture sanitarie definirne accuratamente il significato. La definizione accurata del significato di valore rappresenta il primo, essenziale, passo per l’applicazione del pensiero


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snello in ospedale. Fornire delle cure o un servizio sbagliato nel modo giusto non è accettabile in sanità. Il valore, nel caso di un ospedale, può essere definito esclusivamente dal paziente. La prima cosa da fare quindi è ripensare completamente al valore dal punto di vista del paziente. Successivamente è necessario individuare il flusso di valore. L’analisi del flusso di valore mostra quasi sempre che è possibile individuare tre tipologie di attività: 1. attività che creano valore: presa in carico e valutazione iniziale del paziente; controllo del doppio identificativo del paziente prima di una trasfusione di sangue o prima della somministrazione della terapia farmacologica; 2. attività che non creano valore, ma in base alle condizioni tecnologiche, organizzative e strutturali, sono inevitabili; 3. attività che non creano valore e possono essere eliminate da subito. Le attività non proficue, ovvero che non generano valore, vanno considerate come perdita nel senso tradizionale del termine. All’interno delle organizzazioni sanitarie è quindi necessario mettere in discussione quelle attività che singolarmente o in combinazione tra loro non creano o non ottimizzano il valore per il paziente. In qualsiasi ospedale, infatti, è possibile osservare uno strano fenomeno: i pazienti aspettano i medici e i medici aspettano i pazienti. L’esperienza di tutti i cittadini è caratterizzata da lunghe attese e tempi morti. Prenotazioni da effettuare tramite biglietto numerato alle cinque del mattino per avere la speranza di ricevere la visita in giornata. Attese infinite in locali angusti, poco areati e con posti a sedere insufficienti. Si prende un appuntamento, dopo aver aspettato giorni o settimane prima di ottenerlo, e arrivati al momento fissato si continua ad attendere in sala d’aspetto. Successivamente, il medico ci prescriverà degli esami, che dovrebbero essere appropriati e in linea con le indicazioni provenienti dalla medicina basata sulle prove di efficacia, da effettuare presso laboratori e servizi tecnologicamente avanzati, ma che richiedono una ulteriore attesa, per poi infine eseguire una nuova visita per il controllo dei risultati. La nostra esperienza all’interno dell’ospedale si caratterizza quindi di processi sconnessi, lunghi tragitti, attese, parcellizzazione delle attività, esami inutili, ricoveri impropri, terapie inappropriate, interventi chirurgici evitabili.


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L’aumento del numero di esami prescritti e la presenza di inefficienze nei processi generano un allungamento delle liste d’attesa con conseguenze immediate e dirette sul versante della spesa sanitaria. La sempre maggiore disponibilità di informazioni sanitarie non ha inoltre giovato al miglioramento dell’appropriatezza e dell’efficacia, e alla riduzione dei costi inutili; infatti nella cultura generale il cittadino crede che più esami si fanno e meglio si viene curati e che un medico più prescrive e più è bravo. Ciò genera un utilizzo eccessivo di risorse con un incremento ingiustificato di costi che oggi stanno divenendo, complice anche la crisi economica-finanziaria internazionale, insostenibili. Far sì che gli ospedali producano “qualità” significa anche agire sulle cattive abitudini che negli ultimi anni hanno supportato una logica di “consumismo sanitario” (Fenton et al., 2012). Se ciascuno di noi riflette sulla propria esperienza in ospedale, può notare come il tempo impiegato per l’espletamento dell’attività sanitaria è una piccolissima frazione del tempo trascorso per l’intero processo. Questo è il prezzo che il paziente deve pagare nel nome dell’efficienza dell’ospedale? In realtà tutte le attività che caratterizzano il percorso del paziente possono essere fluidificate e tutta l’organizzazione può cambiare nel momento in cui iniziamo a riflettere sulle reali necessità del paziente e su come allineare tutte le attività secondo un flusso costante e stabile: come organizzare le attività, quale struttura creare per facilitare il flusso, che tipo di figure professionali utilizzare, che tipo di servizi e apparecchiature sono utili per facilitare il flusso. Non è né facile né automatico ragionare secondo questa nuova ottica. All’interno dei flussi operativi, un’attività deve essere: • di valore: possiamo rispondere ai bisogni di salute del paziente senza questa attività? • sostenibile: possiamo svolgere la stessa attività allo stesso modo ogni volta? • adeguata: siamo in grado di svolgere l’attività quando il paziente ne ha bisogno? • flessibile: può cambiare a seguito di una variazione della domanda/ esigenza del paziente?


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Le attività che non danno valore (ad esempio: camminare, verificare, aspettare, cercare, raggiungere, contare, controllare, leggere) consumano tempo, risorse e spazio, i pazienti non ne hanno bisogno e non sono disposti a “pagarle”. Tali attività vanno eliminate, semplificate, ridotte o integrate. Un’attività che ha valore (alcuni esempi sono esplicitati nella tabella 4.3) è un’attività che migliora lo stato di salute e l’esperienza del paziente all’interno dell’ospedale: • meno attese e ritardi; • migliori outcome; • minori eventi avversi. Il secondo passo, che rende possibile il precedente, consiste nell’ignorare i confini tradizionali delle mansioni, delle professionalità, delle funzioni, delle unità operative, dei reparti e delle strutture per creare un ospedale snello, che rimuova tutti gli ostacoli alla generazione di un flusso continuo di attività che danno valore all’esperienza del paziente all’interno della struttura ospedaliera. L’evoluzione delle scienze mediche e la crescita delle specializzazioni hanno infatti generato una “frammentazione” di competenze professionali. Inoltre l’incremento del ruolo delle tecnologie nell’assistenza sanitaria e la necessità di personale altamente specializzato per il loro utilizzo ha TABELLA 4.3 - IL VALORE PER IL PAZIENTE E PER IL PROFESSIONISTA SANITARIO

Valore per il paziente

Assenza di valore per il paziente

Sperimentare nessun ritardo

Dover aspettare

Elevati standard ed eccellente servizio: essere curati nel posto giusto, al momento giusto dalla persona giusta

Sprecare il proprio tempo

Non contrarre infezioni in ospedale

Processi che ritardano il recupero o la dimissione: •  ritardare una procedura perché i risultati di laboratorio non sono disponibili •  riprogrammare la visita di un paziente

e il professionista

e il professionista


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favorito l’aumento del numero medio dei contributori nella gestione dei percorsi assistenziali. Le strutture ospedaliere sono di fatto, nella maggior parte dei casi, ancora caratterizzate da funzioni e unità operative, seconda una convinzione diffusa che le attività dovessero essere raggruppate per tipologia per essere eseguite in modo più efficiente e gestite più facilmente. Questa visione delle attività legata al concetto della ricerca della massima produttività occupa a tempo pieno le unità operative, i reparti dei dipartimenti, fa lavorare appieno le tecnologie e giustifica impianti e strutture dedicati. Questa organizzazione delle attività dovrebbe essere efficiente ma in realtà non determina i risultati sperati. Vi è la convinzione che eseguire le attività raggruppandole e in sequenza sia il modo migliore per l’erogazione di cure e servizi, senza considerare che un ripensamento dei compiti può permettere una maggior fluidità dei percorsi e un lavoro più efficiente. L’organizzazione funziona meglio se ci si focalizza sul paziente e sulle sue necessità, piuttosto che sull’ospedale o sulle apparecchiature, oppure sulle sale operatorie, ecc. L’ospedale deve essere in grado di contribuire al miglioramento della qualità dell’assistenza federando i diversi professionisti intorno a flussi di valore (percorsi diagnosticoterapeutici) condivisi, quali strumenti di riduzione della variabilità nelle procedure e nei risultati. I benefici di questo approccio sono facilmente dimostrabili per la struttura sanitaria e per il paziente ma gran parte delle attività all’interno degli ospedali vengono ancora eseguite secondo una logica fatta di reparti, servizi e liste d’attesa. Inoltre, il movimento della reingegnerizzazione ha riconosciuto che il ragionare per singole unità operative non risulta essere efficiente e ha cercato in effetti di spostare l’attenzione dai reparti/uffici ai processi, ma dal punto di vista concettuale non si è spinto abbastanza in là, fermandosi all’analisi all’interno dei confini dell’ospedale, mentre i risultati più importanti vengono dall’osservazione dell’intero flusso di valore per il paziente. La continuità assistenziale infatti rappresenta sempre più un elemento strategico per il Servizio Sanitario Nazionale in quanto elemento di raccordo sul territorio tra l’ospedale, il medico di famiglia e il paziente. La mancanza di continuità assistenziale influisce fortemente sulla qualità delle prestazioni sanitarie, che richiedono tempestività e coordinamento di interventi tra operatori di diversi servizi e di varia professionalità e competenza, oltre a produrre nel paziente la percezione di vuoto assistenziale da parte del sistema


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sanitario. Tale carenza comporta rilevanti costi aggiuntivi per il paziente e per il sistema assistenziale, a causa del verificarsi di ricoveri evitabili e di ricoveri ripetuti non programmati, del ricorso improprio ai servizi ospedalieri (ad esempio, il Pronto Soccorso), dell’adozione di percorsi diagnostico-terapeutico-riabilitativi di ridotta efficacia per la dilatazione dei tempi di intervento, della ridondanza e non completezza delle procedure alle quali il paziente viene sottoposto in assenza di una rete assistenziale connessa e ben funzionante. L’applicazione del pensiero snello dunque dovrebbe essere rivolta sia all’interno dell’ospedale, con l’obiettivo di ridefinire il lavoro di funzioni, servizi, reparti, dipartimenti in modo tale che essi possano fornire un contributo positivo alla creazione di valore e siano in grado di rispondere ai bisogni effettivi degli operatori e dei pazienti, ma anche, e soprattutto, all’integrazione tra ospedale e servizi territoriali in maniera da rendere efficace l’intera rete assistenziale, favorendo la circolazione tempestiva delle informazioni utili alla gestione del caso clinico e responsabilizzando tutte le figure professionali coinvolte nella cura al paziente, incluso il paziente stesso e gli eventuali caregiver. L’identificazione del flusso all’interno dell’ospedale deve essere quindi un’attività partecipata e consiste nel mappare il funzionamento del processo identificando tutte le inappropriatezze, il consumo ingiustificato di risorse e i ritardi, utilizzando informazioni concrete e dati di supporto. Una volta che il flusso è stato disegnato in generale vengono messi in evidenza: • le fasi ripetute; • il lavoro non necessario; • la mancanza di ruoli definiti e di responsabilità. L’implementazione di un flusso di valore necessita del lavoro di squadra. Per realizzare determinate attività è inevitabile un lavoro di équipe. Perciò deve essere posta la massima attenzione anche sulle modalità e sull’efficacia del lavoro di squadra: fondamentale non è il modo in cui molti pazienti vengono trattati dal singolo specialista, bensì come il percorso dei pazienti sia completato nella sua interezza dalla presa in carico e valutazione iniziale alla dimissione. Il terzo passo è la rivalutazione della pratica clinica e delle apparecchiature in modo che le decisioni risultino allineate alle migliori evi-


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denze scientifiche disponibili, integrate dall’esperienza dei medici, e finalizzate a fare in modo che il percorso del paziente possa procedere con continuità (tabella 4.4). La creazione di valore all’interno di un ospedale avviene attraverso diverse unità operative, servizi, laboratori, dipartimenti, senza contare le interazioni dell’ospedale con le diverse strutture territoriali, ma purtroppo ognuna di queste articolazioni organizzative tende a definire il valore in maniera diversa al fine di soddisfare le proprie esigenze. Risulta quindi difficile mettere insieme le esigenze dei diversi interlocutori. Il problema è che ciascuna unità organizzativa è concentrata solo sulla propria efficienza operativa senza guardare al percorso complessivo del paziente. Per farlo le strutture organizzative debbono parlarsi in modo nuovo. Il pensiero snello deve andare oltre le singole unità operative, il dipartimento, l’ospedale per guardare l’intero flusso di valore nel suo complesso. Le strutture ospedaliere devono coordinare l’insieme delle attività implicate nell’erogazione di uno specifico servizio di cura e provvedere all’integrazione di tutti gli attori in gioco in maniera tale da creare un canale all’interno del quale fare scorrere il valore per il paziente ed eliminare gli sprechi. In un’epoca in cui l’erogazione delle cure risulta essere estremamente parcellizzata sia all’interno dell’ospedale che sul territorio, c’è bisogno di un’alleanza volontaria di tutte le parti interessate in grado TABELLA 4.4 - I PRINCIPI PER L’APPLICAZIONE DELL’APPROCCIO “LEAN” IN OSPEDALE

1.

Definizione del valore delle prestazioni dal punto di vista del paziente

2.

Identificazione del flusso del valore e individuazione delle attività che non generano valore

3.

Rivalutazione della pratica clinica e delle apparecchiature in modo da allineare le decisioni alle evidenze disponibili

4.

Rimozione degli ostacoli e creazione del flusso attraverso il coordinamento delle attività e degli attori in gioco

5.

Attivazione del processo a monte solo quando il processo a valle segnala un bisogno

6.

Integrazione dei processi ospedalieri con quelli territoriali

7.

Inseguire la perfezione


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di sovraintendere e dare valore a ciascun passaggio. La creazione di ospedali snelli richiede un nuovo modo di concepire le relazioni intrae inter-aziendali in maniera tale che ciascun attore agisca e si comporti nel rispetto del flusso di valore definito. Una volta che il valore delle prestazioni è stato definito con precisione, che il flusso delle attività è stato completamente ricostruito e che le attività chiaramente inutili sono state eliminate, è necessario che le restanti attività creatrici di valore contribuiscano a fare in modo che il processo scorra. Tale fase consiste nell’allineare tutte le attività in maniera tale da facilitare e rendere agevole il flusso dei pazienti e delle informazioni. È necessario concentrarsi sul paziente e non perderlo mai di vista, dall’inizio alla fine del percorso. La continuità del flusso di valore è tale da impedire rallentamenti a monte, o a valle, che provocano paralisi e ingorghi nell’implementazione del percorso di cura, che nella realtà nasconde un utilizzo non appropriato/non giustificato di risorse, e quindi di costi ingiustificabili. Questo per il paziente significa: • evitare file e attese; • evitare referenti multipli; • rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono l’erogazione di prestazioni efficienti e sicure. Viceversa per il professionista la riorganizzazione del flusso di valore significa: • valorizzare le proprie conoscenze; • ridurre gli sforzi per produrre un risultato di salute positivo; • ridurre le contestazioni di carattere medico-legale. Nel momento in cui l’ospedale comincia a definire accuratamente il valore, a identificare l’intero flusso di valore, a far sì che le diverse attività fluiscano con continuità e a permettere alle unità operative a valle di tirare il valore dalle unità operative a monte, ci sarà una riduzione degli sforzi, del tempo, degli spazi, dei costi e degli errori finalizzata ad offrire un servizio e delle cure che siano sempre più vicine a quelle che il paziente veramente desidera.


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È necessario applicare in pieno il principio della catena del valore, ossia creare una relazione di tipo fornitore-cliente tra processi contigui. Ciò consente di pianificare un percorso di cura, un flusso di valore, in maniera molto più semplice e immediata. Ad esempio, uno dei miglioramenti più efficaci in un Dipartimento di Emergenza e Accettazione è l’identificazione dei pazienti tramite un “codice gravità”. Pazienti non in pericolo di vita sono caratterizzati da una grande varietà di condizioni. Pertanto richiedono: • cure semplici e rapide; • staff esperto e competente; • apparecchiature minime. Trattare questi pazienti in poco tempo migliora la gestione complessiva dei tempi e la soddisfazione dei pazienti. I pazienti in pericolo di vita sono pochi ma richiedono un impegno maggiore in termini di professionalità e tecnologie. Un modo per migliorare la qualità delle cure è quello di sincronizzare le parti essenziali del trattamento con i bisogni del paziente in maniera tale da limitare al minimo le giornate di degenza. Allo stesso tempo le risorse (persone, professionalità, materiali e informazioni) che supportano il processo di cura dovrebbero essere fornite solo quando necessarie. Alla luce di quanto sottolineato in precedenza, all’interno di un ospedale bisognerebbe sfruttare il concetto del “pull” anziché quello del “push”. Il reparto “tira” via i pazienti dal Pronto Soccorso non appena un letto è disponibile senza aspettare la richiesta di un posto letto dal Pronto Soccorso. Ciò comporta: • • • •

eliminazione dei ritardi; aumento della produttività; risparmio di tempo e soldi; riduzione della degenza.

Nell’ospedale snello, pertanto, la comunicazione procede esattamente al contrario, da valle a monte, prendendo origine dal processo di dimissione dell’ospedale, e trasmettendosi sotto forma di domanda all’indietro lungo il percorso di accettazione e presa in carico.


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Il “pull” richiede buona comunicazione tra le unità operative e procedure robuste, tutto ciò che non è allineato con la domanda e con le necessità organizzative genera sprechi. Dopo aver identificato il valore, identificato il flusso e imparato a farlo scorrere, il passo successivo è quello di rendere chiara la perfezione, così che l’obiettivo di miglioramento sia visibile e concreto a tutto l’ospedale. L’obiettivo finale del pensiero snello è infatti la perfezione. La perfezione intesa come un asintoto che, sia pure irraggiungibile, svolga un ruolo di riferimento costante, allo scopo di mantenere attivo un processo di miglioramento sistematico. Tale miglioramento può manifestarsi a volte attraverso grandi innovazioni e consistenti balzi tecnologici e organizzativi ma molto più frequentemente è il frutto di tanti piccoli, ma sistematici, affinamenti tipici del miglioramento continuo della qualità. Sul cammino della ricerca della perfezione è necessario: • continuare ad essere vigili e puntare costantemente alle eliminazioni di tutti gli sprechi; • darsi delle priorità e portare a termine le iniziative prima di affrontare altri temi; • individuato lo “spreco”, non limitarsi alla correzione dello stesso, ma: - analizzare le cause o il processo che lo ha generato; - r idisegnare il processo correggendo le fasi in modo da garantire che lo stesso “spreco” non si possa più riprodurre; - a ssegnare tempi e responsabilità per la implementazione del nuovo processo. L’ospedale snello è un’idea cui tendere per successive e infinite innovazioni, ognuna delle quali appare a sua volta superabile e innovabile. La differenza principale tra gli ospedali che hanno fatto e ottenuto molto e quelli che sono riusciti a fare poco o nulla è che i primi hanno fissato delle scadenze temporali specifiche per l’ottenimento di risultati apparentemente impossibili per poi rispettarle o superarle. Chi è approdato a poco, invece, si è chiesto cosa fosse ragionevole pensare di ottenere per l’organizzazione attuale e ha spezzettato il flusso di valore per adeguarvisi, decretando la propria sconfitta prima ancora di cominciare. Il management dell’ospedale deve fissare pochi e semplici obiettivi per arrivare al passaggio dall’ospedale tradizio-


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nale all’ospedale snello, deve inizialmente selezionare pochi progetti mirati al raggiungimento di questo obiettivo, deve identificare chiaramente le persone e le risorse necessarie e, infine, deve definire dei target di miglioramento numerici da raggiungere entro date prestabilite. Nel momento in cui l’idea di intraprendere una conversione drastica inizia a far presa, si vedrà in molti casi che tutti cercano di essere coinvolti, con la tendenza conseguente di moltiplicazione del numero di progetti. Tutto ciò può rendere euforici ma rappresenta in realtà il segno che si sta mettendo troppa carne al fuoco con il rischio di creare incompatibilità tra le risorse a disposizione e il numero di progetti. Una delle caratteristiche più importanti dell’approccio Lean Six Sigma all’ospedale è il ritorno immediato. I gruppi di lavoro e l’intera struttura ospedaliera dovrebbero essere capaci di vedere le cose cambiare all’istante. Ciò è fondamentale per creare lo slancio per il cambiamento all’interno dell’ospedale e un comune senso psicologico tra gli operatori che le cose si possono cambiare, che i risultati si possono raggiungere, che il flusso è in grado di scorrere. Pertanto non è necessario effettuare lunghi mesi di pianificazione caratterizzati da innumerevoli incontri. La mappa dei flussi e l’individuazione degli sprechi può essere completata in un paio di settimane. Effettuare troppe riunioni per pianificare, ritardando l’azione, è esso stesso uno spreco. Quando si arriva ai primi risultati è necessario mostrare i dati e gli effetti dei cambiamenti in corso agli operatori e al management spiegando con esattezza cosa stia accadendo. È fondamentale raggiungere in fretta i primi risultati e renderli visibili a tutti, ciò consente di allargare il raggio d’azione e collegare i diversi flussi tra loro. POTENZIALI CAMPI DI APPLICAZIONE

Andando in ospedale il cittadino viene catapultato in un mondo di liste d’attesa e processi sconnessi. Questo perché gli ospedali sono stati da sempre organizzati sulla base di organigrammi, di unità operative semplici e complesse, della così detta efficienza. Tutte le attività erogate all’interno di un ospedale sono estremamente costose (le risorse umane, le tecnologie elettromedicali, i laboratori), pertanto l’efficienza richiede che tutte le risorse vengano sfruttate al massimo. Per assicurare il pieno utilizzo delle risorse è necessario che il paziente si sposti più volte


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all’interno dell’ospedale per farsi visitare dai vari specialisti, le macchine e i laboratori debbono essere utilizzate a ciclo continuo, le code si allungano. Per essere sicuri che le code e le liste d’attesa siano gestite in maniera corretta, e che la stessa organizzazione riesca a “funzionare”, spostando i dati del paziente da una parte all’altra dell’ospedale, ci si deve affidare a sistemi informatici molto complessi e difficili da gestire per gli stessi operatori. Come potrebbe funzionare un ospedale? Per prima cosa il paziente verrebbe messo al centro, considerando come misure fondamentali di performance i tempi di attesa e il comfort. Tuttavia al centro c’è l’organizzazione e la sua ricerca dell’efficienza. L’ospedale e in generale la sanità dovrebbero ripensare alla propria organizzazione per reparti e riorganizzare la maggior parte delle proprie competenze in team interfunzionali. Nel momento in cui il paziente entra in ospedale deve essere accolto da un team multifunzionale in modo da ricevere tutte le attenzioni e un trattamento costante fino a che il problema non viene risolto. Per fare questo è necessario rivedere la tendenza alla forte specializzazione incoraggiata negli ultimi anni, in maniera da creare dei team di persone in grado di risolvere la maggior parte dei problemi dei pazienti. Allo stesso tempo andrebbero ripensati i laboratori e i servizi, in generale l’utilizzo della tecnologia, così da renderli più flessibili e più veloci. Il paziente inoltre deve essere coinvolto nel processo di cura e istruito, in modo che risulti possibile risolvere la maggior parte dei problemi dopo la dimissione, prevenendoli ed evitando così una nuova riammissione in ospedale. Gli obiettivi derivanti dall’applicazione di tali metodologie al contesto ospedaliero sono molteplici. Innanzitutto è necessario specificare correttamente il valore per il paziente, evitando la normale tendenza di tutte le strutture, i reparti, i dipartimenti, situati lungo il percorso di cura, a definire il valore in modo diverso per favorire il proprio ruolo e le proprie attività. Successivamente devono essere rimossi tutti gli sprechi, le attività che non creano valore e far scorrere quelle che lo generano. Infine è opportuno analizzare i risultati e avviare nuovamente il processo di valutazione. La continuazione di questo ciclo di attività deve rappresentare un compito routinario, normale, se non l’attività principale del management. È fondamentale, se si vuole garantire la sostenibilità del sistema, definire degli interventi di recupero dell’efficienza e di eliminazione


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degli sprechi in maniera tale da risolvere le criticità che caratterizzano il sistema ospedaliero: • l’accessibilità e le lunghe liste d’attesa; • l’inappropriatezza di alcune prestazioni, come l’utilizzo improprio dei ricoveri ospedalieri e dei Pronto Soccorso; • la continuità delle cure e l’integrazione ospedale-territorio; • l’elevata porzione del tempo del personale medico e infermieristico non dedicata alle cure dirette del paziente; • l’eccessiva specializzazione del personale e le inefficienze nell’utilizzo dello stesso dovuto all’eccessiva frammentazione dell’organizzazione; • ritardi e rinvii di procedure cliniche dovute ad una scarsa comunicazione tra le unità operative; • i troppi passaggi per l’esecuzione delle procedure di routine quali esami di laboratorio o esami radiodiagnostici; • l’efficienza dei servizi di supporto. La gestione delle liste e dei tempi di attesa rappresenta un problema diffuso in Italia e all’estero. Le numerose iniziative condotte fino ad oggi e i dati sull’accessibilità del sistema confermano l’urgenza di rilanciare in maniera più sistematica e integrata le azioni di miglioramento secondo criteri di appropriatezza ed equità. In particolare, risulta fondamentale garantire l’accesso alle prestazioni sanitarie di ricovero ospedaliero, secondo specifici percorsi diagnostico-terapeutici, flussi di valore, in assenza dei quali sarà difficile garantire qualità, sicurezza, appropriatezza e tempestività delle attività sanitarie. Lo sviluppo degli interventi rivolti al miglioramento dell’accessibilità non può essere sganciato da un miglioramento effettivo di tutte le attività necessarie per una reale presa in carico dei cittadini. Per non cadere nei rischi connessi con una mera logica di “tagli” occorre pertanto intercettare anche quella domanda potenziale che non sempre trova la capacità di esprimersi o non riesce ad essere adeguatamente rilevata, col rischio di determinare interventi tardivi e conseguentemente inappropriati. È necessario quindi individuare un nuovo modello assistenziale per la presa in carico che consenta di ripensare l’accesso ai servizi sanitari da parte dei cittadini in una logica pull anziché push. Questo nuo-


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vo approccio culturale, orientato alla presa in carico “proattiva” dei cittadini, presuppone il bisogno di salute prima dell’insorgere della malattia o prima che essa si manifesti o si aggravi compromettendo lo stato di salute. In questa ottica, assume una particolare valenza la “capacità” anche dell’ospedale di farsi carico della promozione della salute attraverso opportune iniziative di prevenzione. Nell’ottica del miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del sistema ospedaliero risulta fondamentale la maggiore equità di accesso ai servizi; la centralizzazione del paziente nel percorso di cura; l’utilizzo più efficiente del personale; l’assistenza integrata in termini multidisciplinari e pluriprofessionali; la differenziazione dei contributi professionali; la condivisione di good e best practice; la maggiore circolazione delle informazioni. È necessario integrare in un quadro unitario la frammentazione delle competenze specialistiche presenti all’interno dell’ospedale in maniera tale da svincolare lo scorrimento del flusso di valore dalle esigenze delle singole unità operative/servizi (lavoro in team, elaborazione ed implementazione di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi, sistemi di misurazione e analisi, ecc.). Il modello assistenziale orientato alla continuità delle cure deve prevedere, all’interno di tali strutture modulate sull’intensità di cura, il disegno di appositi percorsi e la presa in carico costante nel tempo da parte di un team multidisciplinare e multiprofessionale, caratterizzato da competenze sociali e sanitarie, nonché il monitoraggio mediante adeguati strumenti di valutazione di appropriatezza, delle fasi di passaggio tra i vari setting assistenziali. Si deve prevedere un graduale passaggio da un esercizio professionale individuale a una medicina di gruppo, da una organizzazione per funzioni ad una articolazione per percorsi ed intensità di cure. I dipartimenti devono facilitare la flessibilità d’uso dei posti letto. La dimissione dovrebbe avvenire all’interno di un percorso conosciuto e condiviso all’atto del ricovero. Nel ripensare l’ospedale è necessario portare avanti l’idea di spazi di degenza e di attività caratterizzati il più possibile da una diversa intensità assistenziale. Gli spazi di degenza vengono occupati dalle singole specialità in funzione della richiesta di assistenza proveniente dal Pronto Soccorso e dalla programmazione dei ricoveri. Oltre alle degenze, debbono essere il più possibile unificate anche tutte le attività di day-hospital e day-surgery, oltre a quelle ambulatoriali organizzate in macrosettori, in maniera da consentire il massimo uti-


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lizzo delle strutture ed un utilizzo razionale e flessibile delle risorse. Le aree e gli spazi di degenza devono essere modulati per intensità e tipologia assistenziale. L’organizzazione del lavoro si basa su una gestione comune di risorse, non più governate dal singolo professionista o dalla singola unità operativa, e tramite la riorganizzazione delle modalità di lavoro su base multidisciplinare e multiprofessionale. I pazienti che necessitano maggiormente di continuità delle cure sono pazienti post-acuti dimessi dall’ospedale che corrono rischi elevati, ove non adeguatamente assistiti, di ritorno improprio all’ospedale. Essi necessitano di competenze cliniche ed infermieristiche, con l’affidamento ad un case manager, in una struttura dedicata o a domicilio. Per gli assistiti che vengono dimessi dall’ospedale e presi in carico sul territorio la continuità delle cure deve essere garantita, già durante il ricovero, da un’attività di valutazione multidimensionale che prenda in esame sia le condizioni cliniche sia quelle socio-assistenziali. A costituirsi come essenziali per tutto il processo saranno in particolar modo i momenti di snodo del percorso, in cui cioè il paziente deve passare dal Pronto Soccorso al reparto, da un livello ad un altro oppure alla dimissione. La formalizzazione dei criteri, clinici e gestionali, e le metodologie per l’invio del paziente devono avvenire in primo luogo con l’ausilio dei professionisti coinvolti nel processo. La variabilità dei trattamenti di cura e la complessità di questi ultimi rendono infatti necessaria l’adozione di criteri di uniformità per lo sviluppo di una reale integrazione delle cure. È solo con la definizione di un percorso, inquadrato da una prospettiva tecnico-gestionale, che vengono condivisi tra gli operatori obiettivi, ruoli e ambiti di intervento, garantendo così anche una maggiore chiarezza nella comunicazione con il paziente. Centrali diventano le figure dell’infermiere e del medico tutor che consentono una presa in carico “globale” del paziente e la definizione del piano clinico, oltre a farsi carico dell’intero suo percorso. Tali figure devono avere adeguata esperienza e competenza rispetto alla comunicazione con i pazienti ed essere in grado di gestire i percorsi degli stessi, da valutare e mantenere nel tempo. Parallelamente a questo, in un ospedale gestito secondo il modello dell’intensità di cura e dei percorsi è molto importante saper coordinare, con i criteri clinici, anche quelli propri dell’assistenza infermieristica. Anche l’infermiere tutor deve possedere adeguata esperienza e competenza assistenziale associate ad elevate capacità di programmazione.


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Tra i vari aspetti legati all’accessibilità, alla continuità e all’integrazione dell’ospedale con il territorio certamente occorre affrontare il problema della rete dell’emergenza-urgenza. Questa necessità nasce dal fatto che l’emergenza è un momento critico per l’intero sistema sanitario. A livello ospedaliero sarebbe opportuno stravolgere completamente la logica di ricovero dei pazienti promuovendo la diffusione della logica del pull, da parte dei reparti, ed instituendo percorsi alternativi, che garantiscano una risposta sanitaria a problematiche non di emergenza-urgenza possibilmente 24 ore/24, con la possibilità di usufruire in tempo reale delle consulenze specialistiche e di potenziare i servizi di osservazione breve per ridurre ricoveri e dimissioni improprie. Ad indicare la nuova configurazione dell’organizzazione ospedaliera è innanzitutto la componente clinica, che una volta stabilita, orienterà il paziente ad un preciso livello nel quale esso riceverà le cure prescritte secondo uno specifico grado di intensità. Basare l’organizzazione sulla codifica dell’intensità clinica significa implementare uno schema di ammissione del paziente profondamente diverso da quanto è oggi in uso negli ospedali. Una volta precisato in Pronto Soccorso il grado di intensità clinica al quale il paziente verrà destinato, si dovrà fare i conti con il grado di complessità assistenziale richiesto dal caso. È solitamente vigente un livello di alta intensità comprendente la terapia intensiva e sub intensiva, un livello per la media intensità, articolato almeno per area funzionale e comprendente il ricovero ordinario e il ricovero a ciclo breve, il quale a sua volta presuppone la permanenza di almeno una notte in ospedale (week surgery, one-day surgery), ed infine un livello per la bassa intensità dedicato invece alla cura delle post-acuzie o low care. Per riuscire ad affrontare un cambiamento importante, legato all’applicazione delle nuove logiche derivanti dalla metodologia Lean Six Sigma, un ospedale dovrà primariamente riuscire a far fronte ad un cambio di prospettiva che consideri la persona il fulcro attorno a cui indirizzare gli sforzi organizzativi, gestionali, clinici ed assistenziali e, contemporaneamente, adeguarsi alla necessità del contenimento delle spese e di un utilizzo razionale delle risorse. È possibile così avere ospedali in cui il tempo e i passaggi si riducono drasticamente. La qualità delle cure aumenta perché risulta più facile la comunicazione delle informazioni, si commettono meno er-


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rori, vengono utilizzati sistemi informativi più semplici. Il costo delle cure e dell’intero sistema si riduce. A supporto della implementazione dei percorsi ospedalieri e del modello organizzativo ad intensità di cure è fondamentale riorganizzare i servizi dei laboratori e di radiodiagnostica che rappresentano una importante variabile organizzativa ed influenzano il corretto scorrimento del flusso di valore relativo ai vari processi clinico-assistenziali presenti all’interno di una struttura ospedaliera. La diagnostica, in generale, rappresenta una componente fondamentale sia in termini di condizionamento delle decisioni clinico-assistenziali che di impatto organizzativo. Nel nuovo approccio alle cure occorre prendere in considerazione anche la necessità di effettuare analisi decentrate. Gli esami decentrati, in realtà, rappresentano un aspetto organizzativo, che deve essere considerato integrativo e non sostitutivo. La filosofia del “just in time” può essere applicata a tutti i processi di supporto quali ad esempio la gestione dei farmaci e dei dispositivi medici alleggerendo al massimo le scorte necessarie all’erogazione delle prestazioni. In pratica si tratta di coordinare i tempi di effettiva necessità dei materiali con la loro acquisizione e disponibilità nel momento in cui debbono essere utilizzati. In tal modo si riducono enormemente i costi di immagazzinamento, gestione, carico e scarico di magazzino. Alla base di tale filosofia qualsiasi scorta di materiale è uno spreco di risorse economiche, finanziarie e un vincolo all’innovazione continua. Il just in time significa che tutti i farmaci e i dispositivi arrivano nel preciso momento in cui ce n’è bisogno e solo nella quantità necessaria. Attuando una strategia di questo tipo, un ospedale può arrivare a rendere superflua l’esistenza di ampi magazzini, oltre che di magazzini satelliti presso laboratori, reparti e sale operatorie, eliminando così lo stoccaggio e consentendo una migliore gestione delle scadenze dei materiali. Inoltre l’organizzazione dei processi legati alla gestione del farmaco attraverso strumenti in grado di gestire la somministrazione in forma unitaria dei medicinali a ciascun paziente consente di non avere alcuno scarto e, quindi, spreco di confezioni aperte o lasciate a metà. L’applicazione di questo nuovo approccio, di questo nuovo modo di vedere le cose derivante dall’implementazione dei metodi industriali sin qui descritti nel contesto ospedaliero, non è semplice, visto che è difficile superare le tradizioni che si sono andate consolidan-


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do negli anni. Il cambiamento è radicale e le resistenze saranno altrettanto grandi soprattutto tra il personale medico e infermieristico. Difficilmente piace una nuova organizzazione che richiede un nuovo modo di pensare, competenze multidisciplinari e l’espropriazione dei posti letto per metterli al servizio dell’ospedale e del paziente. Il Lean Six Sigma è difficile da accettare soprattutto perché è accompagnato dall’affermazione che non servono risorse aggiuntive o tecnologie radicalmente nuove. Nonostante negli ultimi vent’anni gli ospedali abbiano assistito ad una rivoluzione tecnologica, robotica, alla rivoluzione della pratica clinica e a quelle delle biotecnologie, non hanno mai sperimentato però una vera e propria rivoluzione organizzativa. I contesti assistenziali sono costantemente attraversati da spinte al cambiamento che, in termini generali, rispondono a due distinte esigenze: 1. l’acquisizione di tecnologie innovative; 2. la necessità di rimodulare costantemente le scelte clinico-organizzative al fine di adeguarle ai processi indotti dalla innovazione tecnologica. Ma la spinta al cambiamento non ha mai riguardato la necessità di vedere in un modo nuovo l’organizzazione. Negli ospedali si comprano continuamente le tecnologie biomediche più innovative che vengono inserite spesso in un’organizzazione i cui processi non vengono innovati da più di dieci anni. La crisi economica, inoltre, ha portato alla frenesia della riduzione dei costi, che toglie agli operatori sanitari qualsiasi incentivo legato alla messa in atto di contributi positivi per la riorganizzazione della sanità. Il Lean Six Sigma rappresenta il rovesciamento del modo tradizionale di vedere le cose e una soluzione immediatamente disponibile in grado di produrre risultati nella misura desiderata. Non è sufficiente assumere in maniera superficiale questo nuovo approccio per accettare di rovesciare le concezioni tradizionali che caratterizzano il funzionamento di un ospedale; è necessario che i professionisti della sanità, e in particolare il management, cambino a fondo il proprio modo di pensare. Tutto questo incontrerà forti resistenze e perciò richiederà molto coraggio; ma tanto maggiore sarà l’impegno, tanto più l’applicazione di tali strumenti avrà successo.


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LE CRITICITÀ RELATIVE ALL’APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA LEAN SIX SIGMA IN OSPEDALE

Come già precedentemente sottolineato il Lean Six Sigma è una delle ultime metodologie importate dal mondo industriale alla sanità che unisce le tecniche che appartengono al Six Sigma ai principi dell’azienda Lean. Tale combinazione si rivela molto interessante ed è finalizzata alla massimizzazione del valore per il paziente, alla riduzione degli sprechi e allo snellimento di procedure e processi. Questi strumenti consentono: • di individuare e mettere in evidenza in tempo reale i problemi e le criticità presenti all’interno dell’ospedale; • di analizzare ed interpretare i problemi al fine di identificare soluzioni sostenibili e gestire il cambiamento; • di individuare i possibili errori attraverso l’analisi delle attività che caratterizzano un processo accrescendo la consapevolezza del personale sui temi della sicurezza e dell’affidabilità; • di porre le basi per l’avvio di processi di apprendimento e miglioramento continuo. Applicare il Lean Six Sigma non significa “copiare” gli strumenti, adattandoli al contesto ospedaliero, per produrre, se le cose vanno bene, risultati episodici e superficiali lasciando presto il passo al sistema di management tradizionale. Il successo dipende dall’abilità del management non tanto nel concentrare i propri sforzi esclusivamente nell’implementazione di soluzioni tecniche, indicando ai professionisti sanitari cosa fare o cosa non fare, ma nel facilitare attivamente i processi di miglioramento e nell’aumentare il consenso al cambiamento all’interno dell’organizzazione in maniera da sviluppare e riprogettare processi stabili, efficaci ed efficienti. Questo approccio impatta sulla cultura dell’organizzazione, consentendo miglioramenti duraturi nel tempo. L’introduzione di questi strumenti, quindi, fa parte di un processo culturale ed evolutivo dell’ospedale basato sullo sviluppo di una capacità routinaria di affrontare i problemi che non può limitarsi alla riorganizzazione di alcuni processi. Il forte coinvolgimento della direzione costituisce un ulteriore fattore determinante per il successo. Le inevitabili difficoltà


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iniziali e le resistenze di chi non sarà favorevole al cambiamento non potranno essere superate senza il pieno e cosciente appoggio della direzione. Il nuovo modo di pensare deve coinvolgere e vedere il contributo attivo e costruttivo di tutti in modo da far evolvere l’ospedale attraverso un processo di miglioramento continuo. L’approccio al cambiamento deve essere necessariamente olistico e sistemico. È facilmente comprensibile come lavorare al miglioramento di un singolo processo non faccia altro che spostare il problema al processo adiacente. L’applicazione di tali strumenti può inizialmente riguardare il miglioramento di un singolo processo (reparto) ma tale approccio deve rapidamente diffondersi all’intero flusso di valore (dall’ospedale al territorio), altrimenti le criticità non verranno risolte completamente ed il risultato sarà quello di averle spostate semplicemente all’interno del sistema. Un’altra possibile criticità derivante dall’applicazione del Lean Six Sigma all’interno dell’ospedale è legata al fatto che uno degli obiettivi dichiarati è la riduzione della variabilità e della complessità all’interno dei processi. Ciò è potenzialmente in contrasto con l’assunto secondo cui la medicina si basa sull’esperienza professionale, che rappresenta un patrimonio individuale di osservazioni, non sistematiche, che i singoli professionisti accumulano nel tempo e utilizzano nella pratica professionale nella quale si fondono assieme l’arte dell’incertezza e la scienza delle probabilità. Inoltre i critici sottolineano che i pazienti non sono prodotti e come tali sono essi stessi caratterizzati da una variabilità intrinseca. Tuttavia è necessario sottolineare come quest’ultima sia la variabilità naturalmente inserita nella pratica clinica, mentre quella che si vuole eliminare con l’applicazione di tali strumenti è la variabilità legata a fattori controllabili dovuti alla progettazione e all’organizzazione del sistema ospedaliero che hanno, anch’essi, un grande impatto sugli esiti delle cure. Le barriere al miglioramento non sono affatto invalicabili, a tal proposito è necessario intraprendere delle azioni strutturate e adeguate. Innanzitutto è importante diffondere a tutti i livelli almeno una conoscenza di base delle tecniche e degli strumenti utilizzati. La via del miglioramento passa, infatti, attraverso una notevole modifica o un ridisegno ex-novo dei processi ospedalieri che può avvenire solamente se si è in grado di disporre di un ampio numero di professionisti che conoscono le metodologie di miglioramento e che siano poi spinti ad applicarle. È consigliabile implementare prima di tutto progetti semplici e di breve


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durata, in modo da ottenere risultati nel breve termine che possano convincere maggiormente il personale dei vantaggi apportati. Inoltre spesso accade che gli ospedali debbano rinunciare ad applicare questa metodologia perché non sono in grado di adempiere nel tempo agli sforzi necessari, privilegiando una visone a breve termine, rispetto ad un investimento che può portare a benefici nel medio-lungo termine. Il Lean Six Sigma richiede una formazione estesa all’interno dell’ospedale. Tale formazione ha ovviamente un costo che non tutte le strutture sono in grado di poter affrontare, a fronte di un tempo di ritorno sull’investimento non immediato. La formazione deve essere svolta, oltre che per le figure apicali, anche per istruire figure operative, che sono direttamente a contatto con le attività che caratterizzano il processo, le conoscono a fondo e costituiscono il vero elemento trainante della cultura del miglioramento. L’implementazione, inoltre, richiede che alcune figure si dedichino a tempo pieno all’attività di miglioramento. Si crea quindi un alto costo/opportunità, legato al fatto che queste persone vengono prelevate dalla funzione di appartenenza. Una ulteriore criticità emersa nella scelta dei progetti consiste nella necessità di trovare un equilibrio tra l’efficienza (obiettivi economici) e il miglioramento delle performance qualitative, così da perseguire la soddisfazione del paziente. Ponendo tutta l’attenzione su obiettivi prettamente economici c’è il rischio di tralasciare tutte quelle azioni di miglioramento che potrebbero incrementare l’efficacia e l’outcome dei percorsi di cura. Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che questi strumenti non sono solo appannaggio degli “operativi” e del personale “di reparto”, questo porterebbe a sottovalutare le implicazioni strategiche e il potenziale nelle attività di gestione dei rapporti con i pazienti e con i fornitori (magari spostando la prospettiva dal livello ospedaliero a quello di sistema sanitario territoriale) e in quelle di supporto (acquisti, amministrazione, manutenzione, controllo, risorse umane, sistemi informativi, pianificazione, ecc.) che rappresentano aree aziendali importanti in termini di costo e produzione di valore. Questi strumenti debbono consentire di identificare l’agenda del cambiamento e coinvolgere i professionisti nella capacità di prendere decisioni strategiche aziendali, aumentandone i gradi di controllo e di responsabilità. Infine un’organizzazione ospedaliera differisce da un’organizzazione industriale proprio perché il concetto di valore ha una valenza


La prospettiva delle Aziende Ospedaliere

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multidimensionale. Il valore per il paziente può non coincidere con le reali necessità del sistema sanitario. Un paziente soddisfatto è quello che utilizza di più i servizi sanitari, che prende più farmaci e “muore” di più (Fenton et al., 2012). Le richieste del paziente possono portare ad una deriva dei comportamenti da parte dei medici che, per soddisfare le esigenze dei pazienti, possono trovarsi nelle condizioni di prescrivere più farmaci, richiedere test inutili, far ricorso in maniera eccessiva all’ospedalizzazione. Il paziente contribuisce a definire una parte del significato di valore ma non è in grado di definirne il significato complessivo in quanto gli mancano le informazioni e le competenze per comprenderlo a pieno. Alla definizione del valore delle prestazioni e delle singole attività necessariamente contribuiscono i punti di vista dei diversi stakeholder che entrano in gioco, incluso il medico. È possibile infatti individuare almeno tre prospettive critiche del valore (Young, McClean, 2006): 1. il valore per il medico nel raggiungimento del migliore outcome possibile (valore da condividere anche con i pazienti); 2. il valore per l’organizzazione nel progettare ed organizzare processi e servizi efficienti attraverso l’eliminazione degli sprechi e la riduzione dei costi; 3. il valore per il paziente ossia quello legato alla capacità delle prestazioni di rispondere alle esigenze delle persone e di migliorarne lo stato di salute. L’assenza di un’unica prospettiva del valore delle prestazioni rappresenta un elemento distintivo delle organizzazioni sanitarie ospedaliere che debbono cercare di trovare, in un contesto economico difficile come quello di questi ultimi anni, un equilibrio e una interconnessione sistemica tra le diverse logiche. È necessario pertanto che l’applicazione di queste metodologie industriali sia in grado di enfatizzare tutte le dimensioni in una visione ideale della centralità del paziente nel sistema di cure in cui i medici erogano cure basate sull’evidenza scientifica, in accordo con le preferenze espresse dal paziente attraverso il consenso informato, in modo da migliorare gli outcome e aumentare la soddisfazione del paziente attraverso l’utilizzo efficiente delle risorse sanitarie.


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BIBLIOGRAFIA

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5 • OPPORTUNITÀ

E RISCHI IN UNA PROSPETTIVA STORICA E DI PROGRAMMAZIONE SANITARIA Marco Geddes da Filicaia

“Deve essere ricordato che nulla è più difficile da pianificare, più dubbio a succedere o più pericoloso da gestire che la creazione di un nuovo sistema. Per colui che lo propone ciò produce l’inimicizia di coloro i quali hanno profitto a preservare l’antico e soltanto tiepidi sostenitori in coloro che sarebbero avvantaggiati dal nuovo.” Niccolò Machiavelli

DI CHE COSA PARLIAMO?

Della introduzione, che si è avuta nell’ultimo ventennio, ma in sostanza, specie in Italia, nell’ultimo decennio, delle metodologie derivate dall’industria, prevalentemente manifatturiera, nella sanità. Quali sono: si può fare un elenco ampio, poiché è nel passaggio dall’attività artigiana alla produzione industriale che l’ambito manifatturiero tende a standardizzare il prodotto e quindi a organizzare la “linea di produzione”, adattando la macchina al prodotto (in parte il prodotto alla macchina) e le funzioni della forza lavoro al processo produttivo. Sul manufatto si esercitano i controlli di qualità, si predispongono i pezzi di ricambio, si organizzano i magazzini e la distribuzione verso i punti vendita. Quando nei Paesi ad economia avanzata i servizi coprono più dell’80% del prodotto interno lordo, è evidente che anche questo settore diventi oggetto di valutazioni e riorganizzazioni, con le modalità messe a punto in ambito industriale.


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Le metodologie di riorganizzazione dei processi industriali sono molteplici e finalizzate a monitorare e modificare una parte del processo, la qualità conseguente del prodotto o anche l’insieme della produzione. Diverse sono le definizioni, anche di approcci similari: • • • • • • • •

Continuous Quality Improvement (CQI); Six Sigma; Total Quality Management (TQM); Plan, Do, Study, Act (PDSA); Statistical Process (o quality) Control (SPC); Lean; Lean Six Sigma; Theory of constraints (individuazione dei punti deboli o colli di bottiglia).

Mi riferirò principalmente alle due attualmente più utilizzate in ambito sanitario: Lean e Six Sigma, anche se molte delle considerazioni esposte sono applicabili all’insieme del processo di trasferimento industria-sistemi sanitari. Aggiungo che tali innovazioni si sviluppano e si applicano in un ambito spaziale-organizzativo per intensità di cura, una ridefinizione delle attività sanitaria (in particolare delle aree di degenza) in emergenza, intensiva, sub intensiva, high care, low care, riabilitazione, assistenza domiciliare, day service, ecc. Attraverso tali aree si svolge il percorso del paziente, che “dovrebbe” essere Lean e Six Sigma. La nuova organizzazione lo scandisce per “livelli assistenziali” e non più per le singole discipline mediche, articolate per organi o per procedure tecniche. Anche se opportunamente esplicitato nei contributi che precedono, definisco i termini che qui vengono utilizzati: • Per “metodologia Lean” si intende il sistema messo a punto prioritariamente dall’industria giapponese Toyota, volto a eliminare le cause di spreco, tradizionalmente sette (trasporto, magazzino, movimento, attese, iperproduzione, sovraccarico di processo, difetti), a cui aggiungere, in sanità, lo stress e il burn out del personale sanitario (Fillingham, 2008). Tale metodologia offre una serie di strumenti e di esemplificazioni applicative e si focalizza nel porre


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le cose giuste al posto giusto, nella quantità adeguata per essere utilizzate al momento giusto (just in time) al fine di ottenere un flusso continuo di lavoro. • Con “Six Sigma” si intende un programma messo a punto dall’azienda Motorola negli anni Ottanta, basato sul controllo della varianza (che è indicata dalla lettera “sigma”), volto quindi a elevare la qualità del prodotto e la sua conformità agli standard prefissati, a ridurre gli scarti, a soddisfare la clientela, a vincere la concorrenza esaltando la qualità e quindi l’affidabilità di prodotto e servizi connessi. Tecnicamente si intende avere 3,4 prodotti difettosi su un milione, ma in pratica indica un processo di standardizzazione e di controllo della qualità elevato, ottenuto permeando di una cultura della qualità l’insieme dell’azienda produttrice. Trattando quindi di metodologie industriali applicate alla sanità mi riferirò indistintamente ad entrambe le metodiche, che peraltro si utilizzano ormai congiuntamente, come “Lean Six Sigma” (Polk, 2011; Murphree et al., 2011). Peraltro tali metodologie condividono, per il “ricevente”, e mi riferisco in particolare ai medici, vari aspetti: provengono dall’industria, sono proposte da soggetti esterni (esperti di qualità, manager, consulenti, ecc.), vengono da “paesi lontani”, utilizzano terminologie nuove (talora) incomprensibili, vengono applicate con il supporto di ingegneri! METODOLOGIE DI ALTRE CULTURE E DISCIPLINE APPLICATE ALLA SANITÀ: UN PROBLEMA ANTICO

La trasposizione di modelli organizzativi, e conseguentemente l’edificazione delle diverse strutture di cura, la loro architettura, fino a quello che oggi si definisce il layout, da altre culture e discipline è – ovviamente – un evento non nuovo nel mondo sanitario. Non faremo riferimento ai modelli di ospedali conventuali o alla forma a crociera, che viene utilizzata fino al Settecento, forme che riflettono i sistemi di vita comunitaria della cultura monastica o la funzione, anche visiva, della comunità ecclesiale (dal punto centrale della crociera viene visto l’officiante che può vedere e “controllare” il popolo dei


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fedeli,1 così come lo spedalingo gli ammalati). Ci limitiamo pertanto agli ospedali moderni, come vengono concepiti nel corso degli ultimi due secoli, da quando si afferma che …“un ospedale è un edificio in cui l’architettura deve subordinare la sua arte ai voleri della medicina”, come si legge sull’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts et des Métiers. L’ospedale, definito da Tenon una “machine à guérir” (Tenon 1778), vale a dire uno spazio strutturato in base ai dettami della scienza medica, è tuttavia “contaminato” da una dimensione produttiva, ispirata ai principi della nascente industrializzazione. “La corsia di un ospedale – afferma Leroy – è come una sala macchine per trattare le malattie – (chiaro il riferimento alla fabbrica) – e bisogna costruirla secondo questo punto di vista” (Leroy, 1787). Se individuiamo tre livelli di layout, quale risultato anche di un processo organizzativo e assistenziale, possiamo definirli macro, medio e micro, corrispondenti a: • Macro. Distribuzione dei reparti (o padiglioni), dei servizi di supporto, percorsi e collegamenti. • Medio. Relazione fra i diversi reparti di degenza e locali accessori o di servizio, quali chirurgia e blocchi operatori; degenze e locali infermieristici, medicheria, depositi, ecc. • Micro. Localizzazione dei pazienti e dei presidi necessari, quali le cartelle cliniche, lo strumentario (assai limitato, fino ai recenti decenni) di corredo alla visita e all’assistenza infermieristica. Su questo terreno la contaminazione, e talora anche lo scontro, fra culture diverse, è stato frequente, anche se non sempre facilmente documentabile, non solo nell’ambito della realizzazione degli ospedali. Da un lato i medici, versus ingegneri e urbanisti, o, facendo riferimento alle strutture, l’ospedale, la fabbrica e la città. Il confronto ha avuto esiti diversi, in funzione del Paese o della singola struttura. Tuttavia, se una valutazione complessiva può essere data, si può affermare che le competenze (o i poteri) di urbanisti e

Quando l’officiante non può controllare i fedeli, perché sono una moltitudine non “affidabile”, quali le popolazioni autoctone, la chiesa li colloca nell’area antistante l’edificio, in uno spazio recintato, sviluppando le forme di architettura ecclesiastica coloniale proprie del centro-sud America. 1


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ingegneri hanno prevalso nella dimensione macro, il livello medio è stato oggetto di maggiori contrasti, quello micro appannaggio dei medici e degli infermieri. La nascita dei grandi ospedali a padiglioni, assunti alcuni principi medico-igienistici, quali, ad esempio, la localizzazione dei padiglioni per infettivi, si attua su una ripartizione delle funzioni analoga a quella che l’urbanista prevede per una città: gli edifici di accesso e di rappresentanza (gli uffici, la direzione sanitaria, la sala congressi) delimitano il fronte che guarda la città; i luoghi di culto sono collocati al centro della cittadella ospedaliera, con una propria piazza; i padiglioni di degenza distribuiti uniformemente sui viali principali; le strutture tecniche di produzione nelle zone marginali o verso monte, quando la configurazione geologica offre tale opportunità: la lavanderia, la cucina, le centrali vapore, le officine. Oltre, vi è la campagna che, quando facente parte della proprietà ospedaliera, si orienta a una produzione specificamente dedicata alla popolazione dell’ospedale; analogamente, nel rapporto città-campagna, il contado serve, fino alla metà del secolo scorso, la città quale luogo di consumo, di svago e di transazioni economiche. Il criterio urbanistico lo si ritrova anche nelle connessioni fra le diverse funzioni, affidate ai viali alberati per visitatori e degenti, ai percorsi riservati a pazienti e operatori (corridoi di collegamento e camminamenti coperti), ai collegamenti sotterranei per il trasferimento dei materiali, quali alimenti, biancheria, forniture varie. In situazioni particolari, quali i sanatori montani, si ricorre anche alla teleferica per il trasporto delle forniture (Sanatorio Morelli a Sondalo), utilizzando una tecnologia propria dell’industria mineraria, assai diffusa all’epoca. Di competenza prettamente ingegneristica è il sistema di areazione dell’ospedale e le tecnologie per lo smaltimento dei rifiuti. La cosa appare ovvia nella situazione attuale, ma nell’Ottocento e all’inizio del Novecento tali tecnologie fanno parte dello strumentario preventivo e terapeutico della struttura ospedaliera e la competenza ingegneristica – piuttosto che sanitaria – emerge proprio in tale periodo, attraverso contrasti fra il sapere medico e quello ingegneristico, anche nel contesto urbano (Giovannini, 1996). I viali cittadini, i trasporti pubblici, il sistema sotterraneo metropolitano e i grandi sistemi fognari sono quanto viene trasposto dalla realtà urbana ottocentesca – realizzata o solo immaginata – alla realtà


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ospedaliera. I medici interloquiscono su tali materie in misura limitata; ci si confronta sulla successione dei padiglioni, sulla localizzazione delle aree universitarie, sull’opportunità di mantenere marginale e con accessi autonomi la pediatria o l’ostetricia, ma il sistema nel suo complesso, anche per la rilevanza tecnica e costruttiva, è affidato ad architetti e urbanisti, che lo finalizzano ad una “città” sana ed efficiente nella sua mobilità interna di persone (gli operatori e i visitatori, il paziente è prevalentemente stanziale nel proprio letto) e di forniture. Gli esempi, sia italiani che europei, sono molteplici: il Policlinico Umberto I di Roma (architetto Giulio Podesti, 1902), l’Hospital de la Santa Creu i Sant Pau di Barcellona (architetto Lluís Domènech i Montaner, 1901), l’Hôpital de Grange-Blanche (architetto Tony Garnier, 1911), l’Ospedale Schwabing di Monaco, in Germania (architetto Richard Schachner, 1903-1912). Con il passaggio al monoblocco la configurazione del layout si adegua, per dare risposte coerenti alle stesse problematiche. L’architetto propone un “organismo ospedaliero, che permetta di raggiungere il migliore e più efficiente servizio per gli ammalati con la minima spesa…” e a tal fine pone “…la maggior cura ai problemi importantissimi della distribuzione e del traffico, vere chiavi di volta di tutta la organizzazione ospedaliera…” (Rossi, 1935), individuando quindi la relazione prossimale fra servizi di supporto e le degenze, fra depositi e localizzazione dei singoli ricoverati. I concetti sono analoghi a quelli del dibattito attuale: efficienza, equilibrio economico, flusso dei materiali verso il punto di utilizzo! Il livello medio del layout è quello che suscita maggiore attrito fra la componente clinica e quella igienistico-progettuale. Ne è di esempio quanto avviene nella progettazione del nuovo Ospedale Maggiore di Milano, a Niguarda, ove due innovazioni di layout non vengono attuate, per l’opposizione dei medici. Sia la direzione sanitaria che il progettista avevano ipotizzato di costruire un blocco operatorio unico per i diversi reparti chirurgici, mettendo in comune anche i servizi di sterilizzazione ed altri servizi di supporto, “…ma non ostante il nessun inconveniente verificatosi là dove fu applicata tale sistemazione, i Primari Chirurghi Milanesi – scrive il Direttore sanitario nella illustrazione tecnico sanitaria – insistettero … affinché in ogni piano fosse collocata la rispettiva sala operatoria con i locali accessori indispensabili” (Ronzani 1939).


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Ulteriore contrasto avviene per il sistema di terrazze da destinare ai reparti medici, ma nei primari medici non si trovò adesione alcuna verso i “nuovi sistemi di cura che tendono a sostituire ai barattoli del farmacista l’aria pura e la luce del sole…”. Se il layout medio resta l’elemento di contrasto, quello micro, cioè la sistemazione all’interno del reparto, è chiaramente appannaggio dei sanitari. In tale ambito i principi infermieristici e le esigenze dei clinici sono pienamente allineate. Florence Nightingale ha definito, parallelamente ai compiti infermieristici, le caratteristiche e le regole delle corsie ospedaliere partendo dal principio che la malattia sia un processo riparativo della Natura e che i sintomi (febbre, brividi, sudorazione, ecc.) non siano propri e specifici della malattia, ma rappresentino l’assenza o l’inadeguatezza di una serie di fattori (aria pura, luce, calore, pulizia, riposo, alimentazione adeguata) essenziali al processo riparatore (Nightingale, 1860). È in ragione del principio che i sintomi sono causati dall’insufficienza dei fattori sopra menzionati, e di conseguenza esprimono una “richiesta” di tali fattori, indispensabili per il processo riparatore della Natura, che Florence Nightingale organizza la moderna corsia ospedaliera: i malati sono disposti perpendicolarmente lungo le pareti, quelli più gravi in testa alla corsia, in prossimità dei servizi infermieristici, poi secondo un criterio di gravità decrescente; nello spazio centrale della corsia vengono localizzati gli strumenti necessari alla visita, al controllo dei pazienti (cartelle cliniche, ecc.). I medici si trovano pertanto i corpi dei pazienti che giacciono – da qui il termine “clinica” derivante dal termine greco “κλίνη” (letto) – in letti singoli, adeguatamente puliti e pronti per essere esaminati; in posizione adeguata affinché il medico possa cogliere i segni della malattia (la semeiotica), al fine di confrontarli con quelli di altri pazienti, classificarli e porre la diagnosi e la prognosi. Assai scarse invece le possibilità terapeutiche. Nel secondo dopoguerra emergono alcune sollecitazioni a trasferire i sistemi in atto nei processi industriali alla realtà ospedaliera. Emblematica l’ipotesi del medico americano Charles U. Letourneau che propone, a metà degli anni Cinquanta, un ospedale collocato al di fuori delle città, in luogo isolato e raggiungibile tramite la propria autovettura. Il paziente viene visto come il prodotto di una catena di montaggio, che passa da un settore all’altro, come una autovettura


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che, trasportata su rotaie o nastro trasportatore, si ferma in varie stazioni per le fasi di assemblaggio e di revisione. Il letto sarà quindi sospeso su monorotaia per passare da un servizio a un altro. Poiché il paziente potrebbe cadere è sufficiente dotare il letto di una capsula trasparente, da togliere alla “stazione di servizio”. Non c’è quindi una camera di degenza, ma un luogo in cui il letto con il paziente arriva per le ore in cui si deve dormire. Non sono quindi necessarie finestre, ma in tale “stazione di sosta” il microambiente (temperatura, umidità, musica, colori) sarà “regolato” secondo le prescrizioni del medico. La stanza infermieri deve essere una sorta di unità di osservazione da cui chiamare il medico solo quando necessario. Sarà simile alla cabina di comando di un aereo e l’infermiere dovrà acquisire molteplici funzioni, anche diagnostiche. La cartella clinica e i dossier medici potranno essere centralizzati essendo ridotti a una sola scheda perforata. In caso di urgenza sarà così facile ottenere informazioni tramite la trasmissione telegrafica. Il materiale utilizzato per l’assistenza e la terapia sarà monouso. I pranzi saranno forniti da una cucina esterna centralizzata. Carne e legumi e altri prodotti saranno preparati e predisposti in porzioni individuali in un centro agro-alimentare, poi ricoperti di un film di plastica e surgelati. Così le bevande, in modo da poter rendere disponibile per i pazienti una varietà notevole di alimenti (Letourneau, 1957). Abbiamo, in questa descrizione, un’ipotesi del trasferimento della catena di montaggio nel sistema ospedaliero, dell’utilizzo dei sistemi industriali di preparazione e confezionamento degli alimenti per l’approvvigionamento del vitto per i pazienti, nonché la prima ipotesi di informatizzazione alla cartella clinica (le successive proposte saranno avanzate solo negli anni Sessanta) attraverso l’applicazione dei sistemi di controllo informatizzato, propri delle macchine tessili. Una visione utopica per alcuni aspetti, per altri pienamente attuata! NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE?

Nella seconda metà del Novecento si assiste a una rilevantissima trasformazione del sapere medico e della disponibilità dei mezzi diagnostici e terapeutici. Anche le strutture ospedaliere si trasformano, per accogliere le nuove tecnologie e per rendere gli ambienti di cura –


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quali ad esempio gli spazi di degenza – più consoni agli standard socio-economici dei pazienti e ai loro diritti. Gli ospedali organizzano secondo criteri “industriali” i propri servizi di supporto: vitto, lavanderia, sterilizzazione, modalità delle forniture con percorsi automatizzati analoghi a quelli propri dei sistemi di trasferimento delle merci in ambito industriale. Tutto ciò si accompagna a una informatizzazione, spesso a macchia di leopardo, e a una esternalizzazione di tali attività. Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire; una naturale evoluzione di una macchina complessa, come la sanità e in particolare l’ospedale, che si avvale dei sistemi tecnologici propri dello sviluppo sociale e tecnologico del contesto nel quale è collocato. Il lavoro del personale sanitario ne viene profondamente influenzato, ma non tanto dalle modifiche organizzative, quanto dalla molteplicità dei mezzi disponibili, dalla necessità di un rapido aggiornamento delle conoscenze e delle nuove tecnologie, dalle modificate esigenze dei pazienti. Solo nel corso dell’ultimo ventennio si assiste ad un altro fenomeno: il trasferimento non solo delle tecnologie, ma dell’organizzazione, propria del processo industriale, in sanità. Tale fenomeno, oltre a una fisiologica contaminazione fra settori diversi, è sollecitato dalla rilevanza che i sistemi sanitari hanno acquisito nell’economia dei Paesi, dalla necessità di contenere i costi, che crescono in misura maggiore del PIL, di ottimizzare le procedure riducendo gli errori e i conseguenti danni per i pazienti (e spese di risarcimento per i sistemi sanitari). Possiamo individuare, in maniera schematica e necessariamente arbitraria, alcune linee di tendenza, ovviamente assai interconnesse fra loro, e i corrispettivi obiettivi che si pongono. Standardizzazione di tempi e procedure

Gli obiettivi sono molteplici: migliorare il prodotto, che può riferirsi alla prestazione, riducendo i potenziali errori, come hanno realizzato settori industriali (Six Sigma) e applicando linee-guida e procedure basate sull’evidenza (Evidence-based Medicine). Una prestazione qualitativamente più elevata:


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• incrementa la soddisfazione del paziente, che in molti sistemi è un cliente da fidelizzare; • riduce gli onerosi rischi di contenzioso; • ottimizza l’impiego del personale; • consente di ridurre i costi (e di ridurre il personale); • aumenta i profitti per la struttura (o l’equilibrio di bilancio nei sistemi pubblici). I settori, o servizi, a cui si applica prioritariamente, sono quelli che presentano maggiore complessità, un elevato flusso di pazienti (e di operatori) e maggiori costi: il blocco operatorio e il Pronto Soccorso. Il blocco operatorio, in particolare, presenta una complessità di pianificazione delle attività e di utilizzo di strumentazione, che necessita di procedure organizzativo-logistiche di derivazione industriale. Una recente revisione sistematica di quanto applicato nelle sale operatorie evidenzia 113 esperienze ed esamina 34 articoli, che permettono una valutazione di quanto attuato, con l’applicazione delle seguenti metodologie (Nicolay et al., 2012): • • • • • • •

CQI (9 articoli); Six Sigma (5 articoli); TQM (5 articoli); PDSA (5 articoli); SPC (5 articoli); Lean (4 articoli); Lean Six Sigma (1 articolo).

I risultati sono complessivamente positivi nel migliorare l’outcome, ridurre le infezioni e le complicanze, ottimizzare i tempi, ma le evidenze non sono ottimali e nessuno studio è rigoroso. In genere gli articoli sono favorevoli a tali sistemi di misurazione e sottolineano l’apporto che questi danno alla qualità dell’assistenza e alla riduzione di errori e complicanze. Vi è un indubbio bias di pubblicazione e una produzione ampia nelle riviste di management, che esprime il punto di vista dei proponenti (Chassin, 1998). Più rare le voci critiche, che arrivano a denominare il Six Sigma come “Sick Sigma”, evidenziando anche insuccessi in campo industriale, e la motivazione meramente economica (riduzione del personale, conteni-


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mento dei costi, aumento dei profitti) che in alcuni casi sottende a tali iniziative, specie nella realtà statunitense (Crotty, 2010). Misurazione dei processi e degli esiti

Alla standardizzazione di tempi e procedure, talora inserita in norme contrattuali (i tempi di visita) e negli obiettivi annuali, si accompagna, necessariamente, la diffusione di sistemi di misurazione. Misurazione dei processi: tempi di attesa, durate di degenza pre-intervento, numero di interventi in laparoscopia per determinate patologie, utilizzo di farmaci analoghi di costo più contenuto, percentuale di day hospital o day service sul totale dei ricoveri, appropriatezza degli esami diagnostici, ecc. Più complessa la misurazione degli esiti, quali la mortalità (generale o specifica), la sua correzione (per età, comorbilità, gravità delle diagnosi…). Si valuta la mortalità intraospedaliera o a distanza di 30, 60, 120 giorni? È da attribuirsi alla struttura di ricovero o ai successivi percorsi assistenziali e terapeutici? Una serie di problematiche affrontate e, parzialmente risolte, solo per un gruppo limitato di patologie e di interventi. Si diffonde inoltre la necessità di valutare, con questionari e interviste, la soddisfazione dell’utente. Tali misurazioni sono utili per conoscere cosa e come abbiamo operato e, conseguentemente, per valutare come migliorare la nostra attività. Affermazione che trova tutti d’accordo (salvo discutere le modalità di misurazione; le specificità del proprio contesto; l’attribuzione o condivisione di un risultato – se non positivo – con altre strutture e altri servizi). Il problema nasce nell’uso che si fa di tali informazioni: si misura anche per premiare (economicamente) e, conseguentemente, per non premiare (o punire), fino a sospendere o chiudere un’attività perché non sufficientemente efficace? Si valuta anche la soddisfazione del paziente; ma è un indicatore attendibile su tutte le problematiche? E infine, i risultati delle misurazioni di chi sono? Si pubblicizzano per motivi di trasparenza e per dare ai pazienti una possibilità di scelta più consapevole? La divulgazione è un sistema efficace di miglioramento della qualità, di orientamento del paziente e – infine – di motivazione e stimolo per il personale?


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Percorsi dei materiali, percorsi del personale

Quella di fluidificare i percorsi dei materiali e porli prossimi al punto di utilizzo e di ridurre i percorsi del personale per incrementare i tempi disponibili per l’assistenza è una parte – fondamentale – del sistema Lean messo a punto dalla Toyota, e che in Italia è definito OLA: Organizzazione Lean dell’Assistenza. La differenza rispetto a quanto effettuato in epoca precedente è che qui non ci si limita alle forniture dell’ospedale, del magazzino o del reparto. L’obiettivo è quello di avere a disposizione gli strumenti necessari all’assistenza e alla cura del paziente in prossimità di dove viene erogata la prestazione e quindi, in molti casi, in prossimità del letto di degenza. La sistematizzazione di tale procedimento, che può apparire ovvia, richiede in realtà molteplici iniziative: • un layout dei locali, e quindi della stanza di degenza, che permetta di disporre il materiale, già accorpato per singolo malato; • la fornitura di farmaci in modo tale che possano essere disposti e utilizzati secondo determinati criteri (ad esempio su carrelli con diversi compartimenti); • la disposizione di farmaci e presidi secondo criteri concordati, prestabiliti ed evidenziati nei punti di stoccaggio; • un orientamento del personale a organizzazione, ordine, pulizia, standardizzazione. I giapponesi, che hanno introdotto tale metodologia, la indicano con l’acronimo 5S: • • • • •

serire: separare il necessario dal superfluo; seiton: ordinare i materiali; seison: pulire e ordinare sistematicamente; seiketsu: standardizzare e migliorare; shitsuke: mantenere i miglioramenti raggiunti.

L’acronimo in italiano potrebbe essere SOPSI: separare, ordinare, pulire, standardizzare, implementare. Gli obiettivi, anche in questa metodologia, sono molteplici e può prevalere l’uno o l’altro a seconda del contesto, delle indicazioni


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dell’azienda, della cultura degli operatori, ecc. L’obiettivo è eliminare gli sprechi, diminuire i rischi di errore (ad esempio, tramite la adeguata disposizione del materiale), avere più tempo disponibile in prossimità del paziente e quindi per le attività che generano valore e che si dovrebbero identificare con l’assistenza al paziente. Si intende inoltre ridurre i percorsi del personale addetto all’assistenza, che si sono moltiplicati nel corso degli ultimi decenni, passando dalla corsia di 10-20 letti alle camere doppie o singole. A quest’ultimo problema, la riduzione dei percorsi, concorrono altri sistemi e tecnologie: la posta pneumatica, che elimina il trasporto dei campioni al laboratorio; la trasmissione dei referti e delle immagini nella singola postazione di lavoro, l’automatizzazione dell’accesso ai reparti tramite badge, eliminando lo spostamento verso il punto di comando dell’apertura porte, ecc. Gli osservatori evidenziano anche altri obiettivi: fare le stesse cose con meno personale; controbilanciare un layout che favorisce alcune esigenze del paziente (servizi in camera, rispetto della privacy, ecc.) senza che ciò comporti un incremento del personale. Nell’insieme questo tipo di innovazione è – teoricamente – bene accolta, anche se le abitudini (ad esempio, i percorsi un tempo poco utili o fruttuosi, ora inutili) non sono facilmente modificabili e i cambiamenti introdotti chiedono di essere fortemente presidiati e accompagnati da investimenti sul layout e da uno sviluppo, armonico e coerente, del sistema informatico. Fluidificare il percorso del paziente, eliminare le attese

L’obiettivo prioritario del sistema Lean è quello di fluidificare il percorso del paziente ed eliminare le attese, che sono considerate “sprechi” (muda, nel linguaggio Toyota). In tal senso quanto delineato nel precedente paragrafo (“Percorsi del materiale, percorsi del personale”) appare in qualche misura accessorio all’obiettivo primario, che è il percorso di cura, da valutare (anche) dal punto di vista del paziente (Poksinska, 2010). La riorganizzazione dei percorsi risulta logica e facilmente realizzabile – almeno teoricamente – quando comporta una semplice ridefinizione di processi amministrativi e organizzativi: prenotazione, ritiri di referti, autorizzazioni ai presidi riabilitativi, ecc. Più complesso –


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anche se fondamentale – il percorso intraospedaliero, poiché implica l’allineamento di processi lavorativi “indipendenti”, che sono ritmati da logiche interne, talora ingiustificabili, altre volte connesse a reali esigenze e vincoli. Vi sono poi dei colli di bottiglia, connessi alle grandi attrezzature, alla loro dislocazione, alla loro tempistica (la diagnostica per immagini). I risultati dell’implementazione del metodo Lean sono ampiamente documentati (Fillingham, 2008; Baker et al., 2009, Royal Bolton Hospital, 2012). Anche questo tipo di approccio si orienta prioritariamente sui servizi di maggiore impatto: sale operatorie (Cima et al., 2011) e Pronto Soccorso (Dickson, 2009), anche se, proprio per le sue caratteristiche (seguire il percorso del paziente) investe abitualmente in modo più sistematico l’insieme dell’ospedale. Sull’efficacia del sistema Lean a lungo termine, le esperienze e le opinioni, presentano una realtà più complessa. Da un lato si sottolinea, specie negli ambienti industriali, la necessità di permeare mentalità e sensibilità di tutti gli operatori verso questa innovazione; dall’altra, varie voci sottolineano di non attribuire al sistema poteri taumaturgici, non è un “silver bullet”, ma uno strumento in una cassetta degli attrezzi, ricca di altre risorse (Ackerman et al., 2011); da qui la necessità di un’integrazione con altri sistemi. Viene inoltre sottolineata la necessità di un coinvolgimento complessivo del sistema sanitario nella rimodulazione dell’attività, poiché il percorso del paziente non si ferma all’uscita dell’ospedale; anche da qui la necessità di un convinto sostegno del management aziendale e dei molteplici stakeholder. La metodologia Lean coglie un elemento di indubbio valore, poiché le “attese” non solo rappresentano un elemento di insoddisfazione per il paziente, ma un rischio (ad esempio, le cadute), nonché un fattore che influenza l’outcome in misura significativa, come evidenziato da molteplici studi sui tempi di permanenza in Pronto Soccorso (Ackroyd-Stolarz et al., 2011), sull’attesa pre-intervento per frattura del femore (Simunovic et al., 2010), ecc. Resta ovviamente aperto il problema della finalizzazione dell’utilizzo dei vari approcci, specie in un periodo di contenimento o contrazione dei sistemi di welfare. La qualità percepita e la sicurezza del paziente restano fortemente connesse ad un rapporto numericamente adeguato fra pazienti e infermieri e a capacità, autonomia, coinvol-


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gimento e livello di formazione del personale addetto all’assistenza (Aiken et al., 2002; 2012). UNA CONCLUSIONE “NARRATIVA” Ingegnere: Buongiorno, sono il nuovo ingegnere incaricato di collaborare all’implementazione delle metodologie organizzative nell’ospedale. So che lei voleva incontrarmi; desiderio reciproco. Mi è stato detto che l’area medica, che lei coordina, è stata riorganizzata per intensità di cura, che avete adottato il metodo Lean e varie altre innovazioni. Siete un punto di riferimento non solo per l’ospedale ma per l’Azienda. Medico: Sì, e ci troviamo molto bene, in particolare gli infermieri. Abbiamo ridotto i percorsi, riorganizzato le stanze di degenza raggruppandole per cellule, adottato la distribuzione dei farmaci con i carrelli kanban, come fossero pezzi di ricambio della Toyota. La mattina facciamo un briefing e con queste belle lavagne, su cui segniamo la situazione dell’intero reparto – secondo il criterio Visual Hospital – abbiamo tutto sott’occhio. Il risultato è che abbiamo più tempo per l’assistenza dei pazienti. Ingegnere: I colleghi che mi hanno preceduto vi sono stati di aiuto? Medico: Moltissimo. All’inizio, francamente, non è stato facile farli accettare dai medici e neanche dagli infermieri. Alcuni infermieri avevano fatto un corso sul Lean thinking, letto alcuni libri e così ritenevano di saper riorganizzare il reparto. Invece, anche per altri settori – penso alla sala operatoria – ci vuole la vostra professionalità. Non ne ero convinto neanche io; poi, nel 2010 sono andato negli Stati Uniti, alla Mayo Clinic e ho partecipato alla loro terza conferenza sui sistemi ingegneristici in sanità (Xiao, Fairbanks, 2011); sono rientrato pienamente convinto della necessità di contaminare le nostre conoscenze, dell’importanza del vostro contributo, ma anche del fatto che da parte vostra si debbano comprendere e valutare gli aspetti sociali, professionali, legali, finanziari e culturali dell’attività sanitaria. Ingegnere: Lei però voleva incontrarmi; a quale proposito? Medico: Sono stato incaricato di diffondere il sistema Lean a tutto l’ospedale e volevo rappresentarle alcune difficoltà. Vede, noi medici in fin dei conti abbiamo sempre avuto una qualche relazione con gli ingegneri e gli architetti. Gli ospedali li progettate voi e ci riorganizzate i percorsi, i reparti, ma ora siete, come dire… entrati in spazi che erano di competenza medico-infermieristica stabilendo dove si tengono i presidi in una stanza di degenza, come raggruppare i farmaci, le modalità di approvvigionamento del materiale nel punto di utilizzo, cioè al letto del paziente. Ingegnere: Avevo capito che questo step era già stato realizzato nell’area medica. Medico. Sì, e con successo; abbiamo dovuto riconoscere che siete, come dire,


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maestri, nel definire i percorsi e la localizzazione del materiale. I flussi di materiale sono stati riorganizzati secondo i vostri consigli. Ma, passando all’ospedale nel suo complesso, dobbiamo riorganizzare il percorso del paziente… Ingegnere: Certamente, è questo il passaggio importante. Le tante attese che il paziente fa, da quando entra al Pronto Soccorso a quando viene dimesso, non apportano alcun valore. Sono generalmente dovute a problemi organizzativi, allineamenti mancati fra le varie attività, e, fondamentalmente, a un’abitudine a “processare” i pazienti non via via che arrivano, ma “a lotti”. Medico: Si, lo so, ho presente anche il manuale con la figura della catena umana che spegne l’incendio passandosi i secchi pieni d’acqua (Baker et al., 2009). Per alcuni aspetti è, tuttavia, controintuitiva. Alcuni colleghi mi dicevano che avevano preparato gli inviti per una riunione organizzando l’imbustamento per lotti: uno ha scritto 50 indirizzi poi lo ha passato all’altro che ha messo i francobolli, il terzo ha inserito 50 inviti, il quarto ha chiuso le prime 50 buste e così via fino a 1000. Ingegnere: Se facevano invito per invito – come paziente per paziente – il percorso era più fluido. Vuole scommetterci? Medico: No, non scommetto, tanto vince lei. Ma loro mi hanno fatto osservare che così era più… abitudinario… e poi che tanto non mettevano gli inviti su un nastro trasportatore, ma li dovevano portare alla posta a lotti o tutti insieme… Ingegnere: Mi sta quindi segnalando che poi, nel percorso del paziente, vi sono delle strozzature, dei colli di bottiglia? Sono proprio quelli che dobbiamo rimuovere. Medico: Ma se non dipendono da noi, dall’ospedale? Se le forniture non sono fluide, il trasporto dei pazienti si sospende il sabato e la domenica, le case di cura non modificano in senso Lean il loro lavoro, ho difficoltà a convincere i collaboratori. La Toyota ha esteso la propria metodologia all’esterno della fabbrica, fra i propri fornitori, i rappresentanti, chi opera nell’indotto. Noi siamo un’Azienda per modo di dire! Gli acquisti e gli appalti ce li fa un ente esterno; gli accordi con chi gestisce i trasporti li fa la Regione; le norme contrattuali – penso alle guardie mediche – sono nazionali e sostanzialmente immutate da quarantanni! Ingegnere: Capisco le difficoltà, ma dobbiamo operare nell’ambito del nostro dominio, degli spazi, e non sono pochi, sotto il nostro controllo! Medico: Concordo ed è quanto ho risposto ai colleghi. Ma approfitto per discutere con lei qualche altro problema in merito alla “fluidificazione” del percorso dei pazienti. Lo sa che cosa è un sessatore? Ingegnere: Si, lo immagino, uno un po’ maniaco… Ma cosa c’entra con il nostro ragionamento? Medico: No, io credevo che avendo passato vari mesi in Giappone per vedere i sistemi Toyota fosse a conoscenza di questo mestiere; dicono che sia un’arte. La capacità di riconoscere il sesso dei pulcini appena nati, di “sessare” 1200 pulcini


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l’ora, con una precisione del 98,99 per cento. Un problema che appassiona gli psicologi cognitivi per la capacità di memorizzare piccole differenze di macchie nel didietro del pulcino e saper distinguere il sesso con evidenti benefici economici per gli allevatori di polli (Foer, 2011). Ingegnere: Interessante, ma ancora non vedo la connessione con i suoi problemi. Medico: Quel tipo di memoria lo hanno anche i grandi giocatori di scacchi: interpretano la scacchiera che hanno di fronte attingendo alla loro enorme conoscenza di quelle passate. L’occhio clinico non è diverso. Si tratta di fare “collegamenti esperienziali” e la competenza consiste nel quantitativo di conoscenze unito alla capacità di reperirle secondo determinati schemi. Ingegnere: Lei mi sta suggerendo che il set ambientale e il raggruppamento della casistica permette, o facilita, il processo diagnostico, anche tramite una comparazione di casi vicini e la loro memorizzazione? Medico: Il problema è complesso; credo di sì, o quanto meno che la modifica di tale assetto non sia semplicemente un cambiamento di abitudini, ma di modalità del processo mentale del medico. Ingegnere: Tuttavia, in molti casi il medico interviene “a spot”, su singoli casi come in ambulanza, o al Pronto Soccorso, mentre i suoi colleghi insistono per un raggruppamento della casistica e, se ben capisco, anche secondo un certo ordine, anche della visita medica, non diverso da giorno a giorno? Medico: Vede, vi sono molte forme di diagnosi, da quella sintomatologica a quella operativa a quella eziologica (Federspil, 2004). Al Pronto Soccorso si deve valutare il paziente, stabilizzarne le condizioni, escludere alcune patologie, orientare le prime analisi. In altri ambiti bisogna non solo formulare un giudizio diagnostico finale, ma valutarne la consistenza, definirne la terapia. Ingegnere: La riorganizzazione in atto dovrebbe dare più tempo per le attività “di valore” a cui lei si riferisce, avendo ridotto gli sprechi. Medico: Sì, questa è la mia linea di condotta, l’elemento con cui intendo convincere i colleghi. Bisogna tuttavia superare le diffidenze, talora indotte anche da alcuni suoi predecessori. Ingegnere: Mi dica di che si tratta, anche per non ripetere gli eventuali errori. Medico: Vari aspetti, che le espliciterò anche in altre occasioni. Mi limito a qualche accenno. Una certa semplificazione, direi un “riduzionismo”. Lei sa quante malattie, quanti farmaci si utilizzano in questo ospedale, quante procedure? Ingegnere: No, ma credo sia opportuna una qualche informazione da parte sua. Medico: L’OMS classifica più di 13.000 malattie, sindromi e ferite; i clinici dispongono attualmente di 6.000 farmaci e di 4.000 procedure mediche e chirurgiche, ciascuna con le sue indicazioni, i suoi rischi, le sue compatibilità. Nel corso di un anno nei nostri ambulatori ogni medico valuta in media circa 250 tipi di malattie e


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affezioni primarie, prescrive 300 tipi di farmaci, ordina un centinaio di diversi esami ed esegue 40 diverse procedure ambulatoriali (Gawande, 2009). Ingegnere: Concordo sulla necessità di essere consapevoli della complessità e particolarità del sistema sanitario. Sono convinto che il trasferimento di modelli dall’industria automobilistica o altro settore industriale abbia limiti e necessità di mediazioni. Medico: Da un lato ci sollecitano a una medicina personalizzata sul paziente. Non si tratta solo di un orientamento conseguente al rapporto medico-paziente, che tiene conto delle scelte della persona assistita, ma anche di un indirizzo, come posso dire, biologico: la complessità e variabilità genetica dei soggetti, la definirei “unpredictability”. Vi è poi una fase di incertezza, talvolta breve, talvolta insuperabile, rispetto alla diagnosi o all’efficacia della terapia. Ingegnere: Mi sta suggerendo che il trasferimento dei processi industriali alla sanità ha forti limiti? Medico: Forse bisognerebbe paragonare la nostra attività più che a quella di una fabbrica a quella di un calzolaio, un lavoro artigianale (Morton, Corwell, 2009). Alcuni la definiscono una “tailored medicine”, una medicina da sartoria. Ingegnere: Da questa discussione traggo l’indicazione a un approccio attento, che tenga conto delle differenze fra processi industriali e sanità, specie quando si tocca il percorso del paziente. Medico: Esattamente, sennò si dà luogo a un rigetto. Inoltre vi sono alcuni messaggi che non ci piacciono, mi scusi se sono esplicito. Un eccesso di utilizzo di termini stranieri. Fino a quelli inglesi si sopportano, ma quelli giapponesi restano incomprensibili e, in particolare, non memorizzabili. Ingegnere: Ogni disciplina ha un suo linguaggio e ogni metodologia ha necessità di termini specifici… Medico: In bocca agli infermieri, non so perché, suscitano maggiore irritazione nei colleghi. Penso che siano utili, ma che talora si ecceda e non si debba dare la sensazione di essere degli… iniziati. D’altronde il rimprovero ai medici di utilizzare terminologie da iniziati è un refrain assai comune e giustificato. Ora si rivolge contro altre categorie professionali. Ingegnere: Non intendo annullare la terminologia, ma terrò conto della sua osservazione. Medico: Avrei molte altre cose da discutere, ma le accenno a un’ultima questione, assai complessa. Voi ci offrite nuovi strumenti? Quella che è stata definita una “cassetta degli attrezzi”? O ci offrite una “filosofia”, come si suol dire ora? Vede, noi siamo professionisti con i nostri valori; dobbiamo certo ridiscutere alcuni aspetti, fare mediazioni, ma talvolta sembra che si richieda da parte di alcune figure aziendali, “…di impegnarsi a fondo, di assumere rischi e per assumere rischi di essere capaci


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di entusiasmarsi…”, come ci hanno detto all’ultima riunione, con una specie di spirale di progressiva subordinazione del pensiero e della stessa dimensione affettiva (Marzano, 2008). Tutto ciò nell’ambito del sistema pubblico è più contenuto, ma ho la sensazione che nella sanità privata e, in particolare, nel mondo industriale tali problematiche siano molto accentuate. Ingegnere: Vede, io penso che lei sia, per il suo ospedale, come uno che deve costruire una nave. Noi diamo il materiale, i legni, il progetto, i sistemi organizzativi per realizzare il lavoro poi sta a lei… Medico: L’esempio è interessante… Mi fa venire in mente uno scritto di Antoine de Saint Exupéry: Se vuoi costruire una nave non richiamare prima di tutto gente che procuri la legna, che prepari gli attrezzi necessari, non distribuire compiti, non organizzare lavoro. Prima risveglia invece negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà svegliata in loro questa sete gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave.

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6 • RIDURRE IL GAP DI PERFORMANCE IN SANITÀ: L’ESPERIENZA INGLESE Daniel T. Jones1

In molti paesi del mondo, le organizzazioni sanitarie sono chiamate a fare di più con meno risorse. In Gran Bretagna, al Servizio Sanitario Nazionale (NHS) è stato chiesto di reperire 20 miliardi di sterline attraverso risparmi e maggiore efficienza. Può essere fatto senza ridurre i servizi erogati ai pazienti? Dopo le esperienze condotte in numerose strutture ospedaliere in diversi Paesi riusciamo a vedere come il Lean può aiutare a superare questo gap di performance nell’assistenza sanitaria, così come è riuscito a fare in altri settori.2 Esistono due approcci al Lean: il coinvolgimento dal basso verso l’alto del personale sanitario in un’attività di miglioramento continuo e l’uso del Lean dall’alto verso il basso per colmare i gap nella performance. Il punto debole del primo approccio è che le diverse aree di miglioramento non lavorano insieme per concorrere al più ampio beneficio dell’ospedale. La debolezza dell’approccio dall’alto verso il basso, invece, è di non riuscire a indirizzarsi al percorso completo di gestione del paziente o a raggiungere la prima linea dell’assistenza. Combinare i due approcci è una soluzione vincente per tutte le parti in causa; meno disagi e attese inutili per i malati, più tempo per il

Presidente del Lean Global Network (http://leanglobal.org/), della Lean Enterprise Academy della Gran Bretagna (www.leanuk.org) e autore, insieme a James P. Womack e Daniel Roos, del volume “The Machine that Changed the World” (New York: Harper Perennial, 1991) e di “Lean Thinking: Banish Waste and Create Wealth in Your Organization” (New York: Simon & Schuster) insieme a James P. Womack. 2   James P. Womack, Daniel T. Jones. Lean Thinking. New York: Simon and Schuster, 2003. 1


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

personale da impiegare nell’assistenza e risorse liberate per il management da utilizzare all’interno delle strutture. Tutto ciò può essere il risultato della riduzione dei tempi di attesa, dell’assunzione di maggior lavoro di propria competenza o della riduzione della disponibilità di posti letto senza ricadute sulla sicurezza. Uno dei migliori esempi è quello della “Calderdale and Huddersfield NHS Foundation Trust” in Gran Bretagna (figura 6.1). È stato selezionato quale Best Acute Hospital del Regno Unito nel 2010 dall’Health Service Journal. Sono riusciti a ridurre del 30% la durata della degenza clinica, rendendola una delle più brevi del Regno Unito, con una riduzione – dallo scorso inverno – di 100 posti letto. Altri ospedali pionieristici a Firenze e a Pisa in Italia, così come il Beth Israel Deaconess Medical Center, parte della Harvard Medical School negli Stati Uniti, stanno seguendo l’esempio. Il primo passo è riconoscere che la domanda del malato (sia di ricovero sia di dimissione) è di fatto altamente prevedibile, anche nei casi di emergenza. Le nostre ricerche mostrano che molta della apparente variabilità, compresa la cosiddetta “winter pressure”, è dovuta al modo con il quale le risorse interne ed esterne sono programmate e combinate in relazione all’imminenza della chiusura finanziaria dell’anno, e non a variabili dipendenti dai malati o dalle stagioni. Il secondo passo è seguire il percorso del malato elettivo e in emergenza per tutto il suo itinerario fino alla dimissione. Tipicamente, oltre il 25% dei pazienti è clinicamente pronto per tornare a casa ma rimane bloccato a letto per diversi giorni. Liberare questi letti presuppone ripensare al modo col quale il lavoro in reparto è programmato, erogare tempestivamente i servizi di supporto di cui necessitano i malati e lavorare con enti esterni per predisporre posti letto extraospedalieri, assistenza territoriale o un anticipato supporto finanziario. Lo spazio dove gestire questi itinerari del paziente è il Visual Hospital Board dove la situazione di ogni letto in ospedale è aggiornata ogni due ore. Questo rende visibile la “domanda di uscire”, innesca le necessarie azioni per la dimissione e segnala l’esigenza di coniugare la capacità ospedaliera con le variazioni della domanda (figura 6.2). È importante, inoltre, che il personale medico, fulcro dell’intero processo, sviluppi e renda visibile un Piano per Ogni Malato. Un piano che esponga in dettaglio cosa ci si attende che accada durante la degenza e che sia aggiornato quotidianamente. Sincronizzare questi


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Ridurre il gap di performance in sanità: l’esperienza inglese

Average IP Spell LOS - Medicine & Elderly Division (excluding Rehab) - All Sites

Average IP Spell LOS (in days)

9.0 8.0 7.0

6.8

6.0

Visual Hospital Started at HRI

6.1

6.1

5.0

5.3 5.1

5.5

4.4

4.0

Visual Hospital Started at CRH

b09 Ap r-0 9 Ju n09 Au g09 Oc t-0 9 De c09 Fe b10 Ap r-1 0 Ju n10 Au g10 Oc t-1 0 De c10 Fe b11 Ap r-1 1 Ju n11 Au g11

3.8

Fe

De

Oc

t-0

8 c08

3.0

4.5

LOS Relative Risk - Dr Foster Large Acute Trust Peer Group Jan-11 to Mar-11

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100 Calderdale and Huddersfield NHS Foundation Trust 80 60 40 20

Calderdale & Huddersfield NHS Foundation Trust

Shortest Length of Stay No increased readmissions Continuing to improve

£2.2 m savings from closing 100 medical beds

50% reduction in Bank and Agency spend

Aug-11

Apr-11

Jun-11

Aug-11

Apr-11

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Feb-11

Oct-10

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Jun-10

Aug-10

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Feb-10

Dec-09

Oct-09

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Aug-09

Apr-09

Feb-09

Dec-08

Oct-08

0

No compulsory redundancies

THE

LEAN

ENTERPRISE

ACADEMY

© LEA www.leanuk.org

Figura 6.1 • HSJ Best Acute Hospital 2010


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Patient Journeys

HOME NURSING HOME

NCY

RGE

EME

EMERGENCY DEPARTMENT

THERAPIES

MAU

MEDICAL WARDS

SAU

IMAGING OPERATING ROOM

GP ELEC

TIVE

SURGICAL WARDS OTHER WARDS

CLINIC

PHARMACY

HOME DISCHARGE

PATHOLOGY

NURSING HOME

REHAB UNIT

SUPPLIES

THE

LEAN

ENTERPRISE

ACADEMY

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Figura 6.2 • Streamlining Hospital Flows

due programmi facilita lo svolgimento del lavoro e rende chiaramente visibile al personale se il percorso è stato completato. Alla fine, dovranno essere assegnate chiare responsabilità nel percorso di gestione del paziente attraverso diversi dipartimenti, dal ricovero alla dimissione. Il compito consiste nel vedere se il lavoro è stato fatto secondo programma, sbloccare i punti critici e ottenere il consenso da parte di tutti gli interessati riguardo a cosa sia necessario per migliorare il percorso del malato. Mark Baker e Ian Talyor hanno sintetizzato la metodologia per istituire questi “building blocks” nella gestione operativa nel libro “Making Hospitals Work”.3 Senza queste basi, la performance dell’ospedale è difficile che riesca a migliorare. Porre in essere questi elementi

Marc Baker, Ian Taylor. Making Hospitals Work. Goodrich, UK: Lean Enterprise Academy, 2009.

3


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Ridurre il gap di performance in sanità: l’esperienza inglese

chiave, mettere a fuoco le attività da migliorare e trasformare l’attitudine a non avere restrizioni in fondamentali risparmi è la responsabilità dell’alta dirigenza. Ma nella nostra esperienza i dirigenti del SSN sono invischiati in un circolo vizioso che li distoglie dall’intervenire in queste direzioni. Il management agisce costantemente in risposta a nuovi provvedimenti del governo centrale, che possono tradursi in oltre 500 progetti attivi che dovrebbero perseguire 350 o più obiettivi in un ospedale medio. Una serie infinita di riunioni per preparare project plan, per rivederli e spiegarne le ragioni, che si innestano in cima a giornate di lavoro di per sé sovraccariche di impegni, fino a che il loro tempo non è del tutto consumato. Lo chiamiamo il “Triangolo delle Bermuda” (figura 6.3) della gestione del SSN. Rende impossibile supportare i dirigenti nel miglioramento dei percorsi del malato o concentrare gli sforzi sulle poche, essenziali azioni che farebbero la differenza nelle prestazioni dell’or-

Hospital Blizzard of Policies and Directives

Delays & Queues everywhere

THE

LEAN

ENTERPRISE

ACADEMY

Squeezed Commissioning Budgets

350 Targets 500 Projects

Safety Valve

Replace Top Management Write-off Deficits

Management

Many Meetings

Unfunded Work

No time for Improvement Too many Beds & Staff Big B+A spend

Poor Operations Management “We never see Management”

Silo working & Unsynchronised support Poor Patient Experience Long LOS

Broken Patient Journey

© LEA www.leanuk.org Figura 6.3 • The Bermuda Triangle


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Stop the Blizzard of Directives

Vital Few Objectives Departmental Contributions Escalate Problems Quickly

Work with Commissioners to align Demand with Capacity and eliminate Waste

Aligned & Resourced Projects

Visual Hospital Plan For Every Patient

No Delays Or Queues

THE

LEAN

ENTERPRISE

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Right LOS Synchronise Support Services

© LEA www.leanuk.org Figura 6.4 • Escaping the Bermuda Triangle

ganizzazione. Fino a quando continuerà questo circolo vizioso, i dirigenti troveranno resistenze per mettere in atto qualsiasi risparmio in termini di efficienza. Questo circolo vizioso spiega anche perché così tante iniziative partite dal livello centrale e con le migliori intenzioni per riformare il SSN si siano insabbiate, finendo per fallire nel tentativo di perseguire il miglioramento delle prestazioni. Sebbene questi progetti finiscano spesso per essere condizionati da interessi personali, il problema di fondo è che non c’è un meccanismo efficace per tradurli in azione. Spesso la situazione peggiora in conseguenza della riorganizzazione strutturale periodica che distrae i dirigenti e i loro collaboratori, inducendoli a concentrarsi più sulla sicurezza del loro posto di lavoro che sul miglioramento delle prestazioni dell’ospedale. La chiave per evitare questo circolo vizioso è in un periodo di stabilità durante il quale gli ospedali e gli organismi commissionanti pos-


Ridurre il gap di performance in sanità: l’esperienza inglese

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sano lavorare insieme per allineare la domanda e la capacità data dalle risorse disponibili, nonché rimuovere le fonti delle variabilità non necessarie (figura 6.4). Lo stato di Foundation Trust sta migliorando la capacità degli ospedali di gestire le proprie finanze, ma il prossimo passo dovrebbe essere quello di creare un management operativo che migliori i percorsi del paziente e riduca i tempi inutili di degenza. Una volta che la direzione ospedaliera inizierà a vedere risultati, acquisterà la fiducia necessaria per abbandonare i tanti altri progetti che consumano risorse preziose senza contribuire a migliorare le prestazioni sanitarie.



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TIPOLOGIE DI PROGETTI LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ La metodologia Lean Six Sigma è per sua natura applicabile in qualunque area, dalla sanità al settore industriale o dei servizi, perché in tutte le aree si ha a che fare con dei processi; per dirla con Edward Deming, “se non sai descrivere quello che fai come un processo, non sai quello che stai facendo”. Nel contesto della sanità italiana, alcuni temi sono più rilevanti e ricorrenti, e possono trarre grande beneficio dall’applicazione della metodologia Lean Six Sigma, come emerge dai case study descritti in seguito. Un primo tema di grande interesse nell’ottica della gestione ottimale delle risorse è sicuramente quello della gestione integrata del paziente e della continuità assistenziale, nell’ambito del più generale processo di progressivo spostamento delle cure dall’ospedale al territorio. Migliorare questo tipo di processi presenta chiare complessità: •  il fattore umano, a causa della necessità di allineare i diversi attori coinvolti; •  la complessità dell’intero percorso diagnostico/ terapeutico, per capire il quale sono necessari validi strumenti metodologici, in modo da mettere a fattore comune le varie esperienze.


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Nei case study qui descritti si affrontano in particolare i casi della gestione integrata e della continuità assistenziale del paziente con cardiopatia ischemica, in diverse progettualità, con la società scientifica GICR (Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva) e con la ASL di Brescia, coinvolgendo Medici di Medicina Generale e Specialisti Territoriali e Ospedalieri. In collaborazione con la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) della provincia di Brescia e il coinvolgimento di Medici di Medicina Generale, Specialisti (Allergologi, Pneumologi, Otorinolaringoiatri) e Farmacisti, è stata, invece, sviluppata la progettualità legata alle problematicità della gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica. In tutti questi casi l’applicazione della metodologia Lean Six Sigma ha consentito di disegnare un processo integrato, e per questo più snello ed efficiente, fra i diversi attori coinvolti. Altro tema chiave e di grande interesse è la gestione del paziente (con il relativo impatto sul turn-over dei degenti) all’interno dell’ospedale, in particolare in Unità di Terapia Coronarica Intensiva e Subintensiva: su questo aspetto si sono concentrate quattro diverse progettualità che hanno coinvolto, per ogni struttura, Medici Specialisti e Infermieri nell’azienda ospedaliera S. Giovanni Addolorata di Roma, Pugliese Ciaccio di Catanzaro e nell’ospedale S. Giovanni Evangelista di Tivoli. L’analisi dei processi in questi progetti ha consentito di identificare le aree più rilevanti ai fini del turn-over del paziente e quindi azioni condivise di miglioramento. Ulteriore aspetto importante e problematico nella gestione del paziente in ospedale è il controllo delle infezioni, specie per il paziente in rianimazione. A questo tema è dedicata la progettualità


Parte seconda

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condotta all’ospedale Monaldi di Napoli, nel corso della quale processi e flussi sono stati rivisti ed ottimizzati da parte di un gruppo di medici infettivologi, medici rianimatori, infermieri di rianimazione e microbiologi, riducendo il rischio di infezioni. Il paziente è sempre al centro, sia quando riceve cure, come negli esempi precedenti, sia quando è fruitore di un servizio, come quello di dispensa dei farmaci ai pazienti in dimissione. Un processo sul quale si è sviluppata, con un gruppo di farmacisti e operatori tecnici di sette farmacie dell’Azienda Sanitaria Firenze, una specifica progettualità, con l’intento di pervenire a una migliore comprensione delle esigenze del paziente, ed al conseguente miglioramento del servizio ad esso offerto. Confrontando queste numerose esperienze, diverse per processi ed attori coinvolti, le similitudini prevalgono nettamente sulle differenze, suggerendo come l’applicazione di queste metodologie di miglioramento, sia sugli stessi processi, in diversi ospedali, Aziende Sanitarie e Associazioni Scientifiche, sia su altri processi, sia fattibile ed auspicabile. Gli autori dei case study sono: Marco Lupo, Master Black Belt, Merck Sigma Manager, MSD Italia e Ilaria Catalano, Master Black Belt e Program Rea­ lization Officer/Merck Sigma Director, MSD Italia.



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SIX SIGMA: LA DESCRIZIONE DI UN METODO Gabriele Arcidiacono

Il Continuous Improvement e l’Operational Excellence oggi sono intesi non solo come la via per ottenere prodotti competitivi sul mercato, ma soprattutto come la strategia per rendere più efficiente un’azienda sia sul piano dell’organizzazione del lavoro che della progettazione di prodotti/processi/servizi. Per introdurre questa nuova filosofia di lavoro in azienda è, quindi, necessario utilizzare un approccio strutturato che cambi il modo di fare e di pensare, evitando il pericolo di un eccesso di burocrazia. Quante volte ci sarebbe da chiedersi se si lavora per abitudine o si fa qualcosa perché ci è stato tramandato senza pensare se questo qualcosa sia giusto o sbagliato? Quante volte ci chiediamo alla fine della giornata se il tempo a nostra disposizione sia stato utilizzato bene oppure no? Quante volte le aziende e i singoli dipendenti/dirigenti sono trascinati dagli eventi senza avere la possibilità di indirizzarli? Beh, una cosa è certa: se da parte del Top Management aziendale c’è la volontà di governare l’azienda, lo si può fare solo governando i processi su cui si sostiene. Come sostiene Massimo Scaccabarozzi, attuale Presidente di Farmindustria oltre che CEO di Janssen-Cilag “quando si lavora sul trinomio Prodotti, Processi, Persone, premesso che sono inscindibili, è sicuramente la parte Processi che può positivamente influenzare le altre due variabili. Processi migliori e Processi adeguati aiutano la crescita professionale delle Persone, ne completano il profilo competenziale e le supportano a fornire Prodotti e servizi migliori” (Arcidiacono et al., 2012).


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GLI OBIETTIVI, LE PRIME APPLICAZIONI E L’EVOLUZIONE DEL METODO LEAN SIX SIGMA

Negli ultimi anni si è cercato di introdurre metodologie strutturate che permettessero di unificare e rendere più efficiente il modo di lavorare nelle aziende con l’obiettivo di: • avere chiari gli obiettivi del metodo e dell’intervento (lavoro focalizzato); • lavorare per punti ed essere schematici (incremento efficienza); • associare ad ogni possibile azione un costo o un beneficio economico (realizzazione dei cost savings); • coinvolgere i proprietari dei processi ed essere in grado di garantire i risultati alla fine del lavoro (responsabilizzazione del personale); • avere obiettivi aziendali “ambiziosi” e sostenibili nel tempo (miglioramento continuo); • valutare la situazione aziendale in modo oggettivo e basandosi su dati raccolti (approccio statistico). Fra le metodologie citate nel Capitolo 1 in particolare, il Six Sig­ ma ha riscosso grande interesse, tanto che Jack Welch, Chairman di General Electric, in occasione della riunione annuale per presentare il bilancio del 1999 ha dichiarato (Arcidiacono et al., 2002): “Six Sigma General Electric Quality 2000 will be the biggest, the most personally rewarding and, in the end, the most profitable undertaking in our history”. Alla luce dei risultati ottenuti nel 2000 da General Electric, che per prima ha diffuso la metodologia a tutti i livelli della propria organizzazione, è possibile confermare la veridicità della predizione di Welch. La General Electric ha, infatti, risparmiato la cifra record di 6,6 miliardi di dollari in un anno grazie all’applicazione della metodologia Six Sigma. Se le cifre possono determinare la validità di una metodologia, circostanza questa in cui si crede fermamente, è possibile classificare il Six Sigma come una delle metodologie più vincenti della storia. Nato in Motorola e adottato da General Electric dal 1995, il Six Sigma è un metodo innovativo per la gestione e l’ottimizzazione dei processi aziendali. Oltre alla eccezionale esperienza di General Electric, il Six Sigma si è sviluppato molto rapidamente nel mondo indu-


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striale, soprattutto se si considera la giovinezza di questa metodologia: infatti, circa nello stesso periodo, anche altre aziende molto importanti quali Allied Signal, Polaroid, Sony, Honda, Texas Instruments, Canon, Hitachi, Lockheed Martin, Ericsson, Toshiba hanno lanciato lo stesso programma Six Sigma. Volendo limitarci ora all’ambito farmaceutico, per conoscenza ed esperienza diretta di chi scrive, si può affermare che le prime 12 aziende al mondo hanno implementato questa metodologia con percorsi, con strategie e in tempi differenti, ma tutte con un indiscutibile ritorno sull’investimento fatto. Un ritorno sia sotto un profilo culturale che sotto forma di benefici finanziari. Se in merito al primo aspetto il metodo è davvero in grado di cambiare la mentalità di tutta l’azienda dal vertice della piramide alla base, per quanto concerne il secondo i benefici finanziari ricavati dai progetti di miglioramento si possono considerare come il necessario volano di fiducia acquisita sul campo. La metodologia del Lean Six Sigma – LSS (Arcidiacono et al., 2012) – unendo la filosofia del Lean Manufacturing (Womack, Jones, 2003; Arcidiacono et al., 2010) alla potenza analitica degli strumenti del Six Sigma (Breyfogle, 2003; Arcidiacono et al., 2007b), consente di ottenere, in breve tempo, significativi miglioramenti delle perfor­ mance aziendali secondo il seguente approccio: • Assunzione della Voice of Customer (VOC) come punto di riferimento fondamentale per la creazione di valore (Yang, 2005). • Rimozione di ogni attività o fase di processo non direttamente correlata alla capacità aziendale di dare risposte adeguate alla VOC. • Riduzione della varianza dei processi operativi per ricondurli entro limiti molto stretti a standard riferiti alla best practice. • Introduzione di misure sistematiche e accurate di pochi, ma significativi, Key Performance Indicator (KPI) al fine di garantire: - l a corretta alimentazione del problem solving/decision making finalizzato al miglioramento di processo; - l a possibilità di tenere costantemente sotto controllo le grandezze fondamentali che rappresentano la qualità e il costo dei processi operativi; - l a disponibilità di una rappresentazione quantitativa continuamente aggiornata del funzionamento della “macchina produttiva”, per


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alimentare nuovi cicli di intervento progettuale in una logica di miglioramento continuo. • Utilizzo dell’esperienza delle risorse operative sia nella fase di diagnosi delle varianze di processo, sia in quella di proposta degli interventi di miglioramento. L’opportunità di integrare due metodologie, che già di per sé trovano ampie e significative applicazioni di successo, è dovuta alla circostanza che il Lean non è in grado di controllare in maniera statistica i processi, mentre il Six Sigma non è focalizzato a dare quella spinta in termini di velocità e flessibilità operativa a costi limitati (vedi figura 1). Il LSS è al tempo stesso cultura, metodo e progettualità: trattasi di una “scienza strategica” fortemente orientata al cliente che, nel momento in cui si cala e si permea al contesto e alla realtà aziendale in questione, contribuisce al successo dell’azienda, la cui mission è anche quella di creare un vantaggio competitivo attraverso lo sviluppo e la crescita delle risorse. In questo senso uno dei punti di forza innovativa del LSS risiede nell’approccio decisamente pratico e immediatamente operativo (On the Job Training) del proprio sistema di formazione: il Training e il Coaching, ossia l’arte dell’apprendere e dell’applicare introdotte contemporaneamente in azienda. Gli strumenti del LSS possono, inoltre, essere applicati a tutte le aree azien-

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• Aumentare la velocità di processo • Incrementare l’efficienza di processo • Ridurre gli spazi • Rendere i flussi continui • Ottimizzare la catena del valore

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OBIETTIVI

• Migliorare la qualità dei risultati • Migliorare la qualità dei processi • Portare sotto controllo i processi • Ridurre la variabilità dei processi • Ridurre gli errori • Ridurre le “rilavorazioni”

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Figura 1 • Integrazione Lean e Six Sigma

Cliente


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dali fornendo, così, il linguaggio universale all’interno dell’azienda: è il corretto uso di tali strumenti che permetterà di raggiungere e di garantire alti standard di qualità. Del resto ogni organizzazione è un fatto di cultura e di persone: cultura orientata al gioco di squadra e ai risultati attraverso una visione del futuro tradotta in obiettivi concreti che si possono efficientemente raggiungere solo mediante un approccio sistemico e incisivo. Il LSS si inserisce in questo contesto come metodo di governance dei processi industriali con un approccio scientifico e con un metodo rigoroso, attraverso l’uso di strumenti dedicati, statistici e no. LA STRUTTURA DMAIC

Il percorso di crescita e di miglioramento continuo intrapreso nel corso degli anni dalle aziende che implementano il LSS porta le aziende stesse a tradurre il concetto di qualità dei servizi e dei prodotti erogati in ogni azione quotidiana: incremento della produttività, crescita della fiducia da parte del cliente ed efficacia degli investimenti per distanziare i competitors. Con queste finalità il metodo LSS contribuisce a rafforzare la leadership dell’azienda attraverso la definizione delle criticità fino alla loro risoluzione. Questo approccio innovativo fotografa con un assessment i processi dell’azienda, partendo in particolare dalla misura e dall’analisi della situazione esistente, per poi sviluppare la configurazione futura del sistema in base alla fattibilità della realizzazione e al costo. Infine, si verificano i risultati raggiunti e si valida il metodo con cui si sono ottenuti per avere una garanzia di stabilità nel tempo degli stessi. Ciò viene messo in pratica seguendo una roadmap che prende il nome DMAIC (Define, Measure, Analyze, Improve e Control) dalle 5 fasi che ne costituiscono lo scheletro di base (figura 2), dove: • nella fase di Define si identifica il problema attraverso una mappatura dei processi interessati; • nella fase di Measure si misurano i dati caratterizzanti il processo in questione; • nella fase di Analyze si analizzano le root-causes del problema e le criticità prioritarie;


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Define

Identificazione del problema

Control

Measure

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Generazione e implementazione delle azioni correttive

Misurazione e raccolta dati

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Monitoraggio del processo ottimizzato

Interpretazione dei dati e analisi delle cause del problema

Figura 2 • Roadmap DMAIC

• nella fase di Improve si generano e implementano le azioni correttive sulle criticità prioritarie; • nella fase di Control avviene il monitoraggio del processo ottimizzato e la “consegna” dello stesso al process owner. Come già accennato nel Capitolo 1, il LSS prevede che all’interno dell’azienda si dia particolare importanza alla VOC per conoscere appieno le esigenze del cliente, dando, quindi, risposte adeguate attraverso il miglioramento delle prestazioni interne. È importante ricordare che per cliente non s’intende soltanto il destinatario finale del prodotto o del servizio, ma anche tutti coloro che ricevono i risultati di un’attività o di un’operazione (sia interna che esterna); come, per altro verso, dovranno essere considerati fornitori tutti coloro che stanno a monte di ogni attività e di ogni operazione e che, in qualche modo, dovranno essere “i garanti” della stessa. Obiettivo principa-


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le è, quindi, il miglioramento delle prestazioni di tutto il personale dell’azienda, focalizzando l’attenzione sulle aspettative del cliente, interno o esterno che sia, in modo da gestire le operazioni necessarie alla realizzazione di prodotti o servizi con piena soddisfazione delle sue esigenze. Grande importanza riveste, quindi, anche il coinvolgimento dei fornitori con un’azione di qualificazione, indispensabile per raggiungere risultati eccellenti. Le indicazioni del cliente dovranno essere il riferimento costante per evidenziare quelle caratteristiche che, a suo giudizio, sono critiche per la qualità (e come tali denominate CTQ – Critical To Quality) se confrontate con il miglior competitor, in modo che esse vengano a costituire l’obiettivo verso il quale rivolgere le azioni per il miglioramento del processo considerato. Alla base della metodologia LSS sta il concetto che la caratteristica CTQ di ogni prodotto o servizio sia “misurabile” e che, quindi, sia possibile intervenire con azioni di miglioramento solo dopo aver effettuato le misurazioni dei parametri caratteristici e dopo aver analizzato i dati. Solo attraverso misure si hanno dati certi. Solo con dati certi si può intervenire, analizzando le cause della non conformità e promuovendo l’azione di miglioramento. Un determinato processo o attività produttiva si dice a “Six Sigma”, quando si verificano solamente 3,4 difetti su un milione. Operativamente ogni problema è affrontato partendo dall’individuazione delle CTQ, sulle quali si attivano i Progetti LSS, articolati nelle fasi DMAIC (Harry, 1994) già precedentemente menzionate e qui di seguito più diffusamente descritte (Arcidiacono, 2006; Pyzdek, 2000). 1. Define

È la fase di impostazione del lavoro in cui occorre specificare: • • • • • •

il problema da analizzare; il relativo processo critico e il suo perimetro; la CTQ del processo da misurare; gli obiettivi che si intendono perseguire con il progetto; le risorse necessarie per realizzarlo; il tempo necessario per la sua conclusione.


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Nella fase di Define si tengono in considerazione tutti gli aspetti sopra indicati per valutare la fattibilità del progetto stesso. È necessario, innanzitutto, focalizzare la problematica che si vuole affrontare e definire gli obiettivi che si intendono raggiungere sia in termini di prestazioni che di benefici finanziari. Gli strumenti più usati in questa fase sono:1 • • • • • •

Diagramma SIPOC; Process Mapping e Value Stream Mapping (VA, NVA); Project Charter; CTQ-Tree Diagram; Modello di Kano; COPQ.

2. Measure

Questa fase si fonda sulla considerazione che ogni attività sia misurabile; di conseguenza, dopo aver individuato una o più CTQ sulle quali si vuole intervenire per ottenere il miglioramento, si procede alla individuazione degli indicatori più rappresentativi e alla raccolta dei dati. Le modalità di campionamento e i criteri utilizzati per raccogliere i dati incidono in maniera sostanziale sui risultati di questa prima fase. L’importanza della fase Measure mette in evidenza il fatto che non si possono fare interventi significativi ed efficaci di miglioramento se non si hanno dati certi; infatti, solo se si conosce si può intervenire in modo efficace. Gli strumenti più usati in questa fase sono: • • • •

Pareto; Tecniche di Campionamento; Statistica di base e Istogramma; Box Plot;

Nei casi studio descritti di seguito nel volume si possono trovare esempi di applicazioni concrete di alcuni strumenti qui elencati (in particolare quelli evidenziati in colore verde). In generale per i dovuti approfondimenti si rimanda il lettore alla bibliografia (Arcidiacono et al., 2012) e al glossario. 1


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• • • • •

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Gage R&R; Takt Time e OEE; Process Capability; Control Chart; Calcolo del Process Sigma.

3. Analyze

Per conoscere la variabilità delle CTQ prese in esame e comprendere le cause che le producono, si analizzano in questa fase i dati raccolti. Si individuano, perciò, i valori ottimali della prestazione e, di conseguenza, le “capacità del processo”. Gli strumenti più usati in questa fase sono: • • • •

Diagramma Causa-Effetto; 5 Whys; Test delle Ipotesi; Modelli di Regressione.

4. Improve

Per stabilire quali debbono essere gli interventi di miglioramento in grado di rendere più performante il processo, in questa fase è necessario individuare le variabili d’ingresso che maggiormente influenzano le CTQ prese in esame. L’azione di miglioramento è volta a portare la caratteristica della CTQ entro i limiti di specifica, riducendo le non conformità individuate nelle fasi precedenti. Gli strumenti più usati in questa fase sono: • • • • • • •

Tecniche di Benchmarking; Kaizen Event; Tecniche di Prioritizzazione; Brainstorming; Current State e Future State; DOE (Design of Experiments); Programma 5S;


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• • • • •

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Standard Work; Cell Design (Progettazione a Celle); SMED; Kanban; FMEA.

5. Control

Questa fase consiste nel verificare, in primo luogo, che il processo abbia raggiunto il livello di miglioramento previsto nella fase di Im­ prove e, soprattutto, che sia in grado di mantenere nel tempo i risultati raggiunti. Ciò si ottiene attraverso un’azione di controllo continuo e sistematico del processo per impedire, una volta raggiunto l’obiettivo desiderato, che nel tempo si abbia un suo degrado. Si creano, quindi, degli indicatori di controllo che segnalano in modo tempestivo quando il processo subisce derive, permettendo, così, un intervento mirato a ripristinare le condizioni operative desiderate. Gli strumenti più usati in questa fase sono: • • • • • • • •

Mistake Proofing; Control Chart; Poka Yoke; Visual Management; One Point Lesson (OPL); Process Monitoring; Project Plan; Project Closure.

L’ORGANIZZAZIONE DEL PROGETTO E LA SQUADRA

Si analizzeranno qui di seguito gli aspetti metodologici e gestionali che, a giudizio di chi scrive, sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi definiti. Il primo aspetto su cui porre attenzione è quello della struttura del progetto che deve essere definita chiaramente anche in termini di ruoli e di commitment aziendale.


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La squadra che sviluppa la metodologia in azienda è composta da sette differenti figure: Quality Leader, Champion, Master Black Belt, Black Belt, Green Belt, Yellow Belt e White Belt. Nello specifico il Quality Leader è il responsabile dell’intero programma e, quindi, dello sviluppo della metodologia in azienda; il suo compito è quello di scegliere il percorso formativo del personale e di promuovere e verificare lo sviluppo dei progetti LSS. I Champion (spesso chiamati anche Sponsor) hanno invece il ruolo di responsabili dello sviluppo dei progetti: una volta presa visione del problema (tramite l’individuazione delle CTQ rappresentative dei processi) e aver selezionato il gruppo di lavoro, “lanciano” ufficialmente i nuovi progetti che chiuderanno a risultati raggiunti. Le Master Black Belt (MBB) sono i massimi esperti metodologici del LSS e sono figure di riferimento in azienda per le altre Belt grazie al loro know-how fortemente specialistico. Le Black Belt o BB sono, invece, Project Leader che lavorano a tempo pieno sui progetti LSS, con il compito di gestire e organizzare le altre Belt. Le Green Belt o GB sono Project Leader che hanno una minore preparazione tecnica rispetto alle Black Belt, tanto che il tempo da loro dedicato ai progetti LSS è solo parziale. Le Yellow Belt, come anche le White Belt, vengono chiamate a partecipare come Team Member ai progetti LSS coordinati dalle Black o Green Belt. I Team di sviluppo di ogni progetto sono in genere costituiti da 4-5 persone, fra cui, oltre al Project Leader (Green o Black Belt), è opportuno che siano presenti anche esperti del processo in esame. È importante che il numero di queste figure sia proporzionato alla dimensione dell’azienda e alla complessità del progetto. La presenza e l’azione di queste figure mira a garantire: • la continuità del commitment; • la focalizzazione continua della struttura sugli obiettivi del progetto di miglioramento; • il presidio delle interfacce con gli stakeholders del progetto; • la correttezza metodologica nell’esecuzione delle diverse fasi del progetto;


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• il sostegno a tutti i membri del Project Team qualora si dovessero presentare momenti di incertezza o di difficoltà. CONDIVISIONE DELLE COMPETENZE E IMPLEMENTAZIONE DEL PROGETTO

Fra le fasi più critiche durante lo svolgimento dei progetti LSS meritano una particolare attenzione soprattutto la condivisione delle competenze e l’effettiva sostenibilità delle azioni di miglioramento individuate in fase di Improve. Quando, all’interno di un’organizzazione, si implementa per la prima volta un progetto LSS, è necessario introdurre un set di nuovi metodi e strumenti statistici alcuni dei quali abbastanza sofisticati. È importante, pertanto, distribuire le GB e BB nelle varie aree aziendali, in modo da consentire una più facile metabolizzazione e diffusione in azienda delle metodologie LSS. A tal riguardo è, però, opportuno utilizzare in alcuni frangenti anche un linguaggio meno tecnico e più semplice nei confronti di chi può, come membro del Team di lavoro, contribuire al miglioramento di un processo in quanto figura vicina alle dinamiche operative. Gioca in questo caso un ruolo decisivo la competenza dei docenti e la partecipazione attiva dei Champion, per garantire la comprensione generale dei metodi e degli approcci, per unire, quindi, il tecnicismo e la scientificità del metodo con la comprensione fisica del processo. In merito all’altro aspetto, invece, è opportuno evidenziare che, una volta iniziata l’implementazione del progetto con l’individuazione delle opportune azioni correttive (Improve), può accadere (e sovente accade) che in questa fase il Team “viva” paradossalmente una sorta di rilassamento imputabile alla sensazione di aver terminato il lavoro. In realtà, questo è solo l’inizio del progetto, nel senso che il Team ha individuato e progettato, ma non realizzato e sostenuto, alcun cambiamento. Pertanto, compito dei Champion e dei Project Leader è quello di mantenere alto il commitment e adottare in modo stabile le azioni correttive.


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CAMBIAMENTO DI APPROCCIO NEI PROCESSI DECISIONALI

Molto è stato scritto e molto altro si potrebbe scrivere in merito al dibattito sulla razionalità delle decisioni che vengono prese nelle aziende. È esperienza diffusa la presenza e l’analisi di una grande mole di dati, più o meno efficacemente organizzati, a supporto delle decisioni aziendali. Eppure, a differenza di quanto si possa immaginare, l’analisi dei processi decisionali testimonia come l’impresa non sia un soggetto in grado di decidere con razionalità e con piena consapevolezza. Tutto ciò è imputabile alle seguenti cause: • assenza di una cultura diffusa del dato e scarsa capacità di analisi o di scelta delle informazioni essenziali; • difetto di accentramento gerarchico della decisione, non sempre adeguatamente supportata da tutte le informazioni necessarie; • errato utilizzo di alcune doti personali dei decisori quali esperienza, buon senso, intuito, che seppur fondamentali in alcuni processi di problem solving, impediscono una visione completa e corretta della realtà. In questo contesto il LSS introduce alcuni cambiamenti rilevanti che possono portare ad un miglioramento sostanziale dei processi decisionali. La raccolta dei dati e la loro validazione, attraverso strumenti statistici di verifica di attendibilità, diventa un’abitudine costante di tutte le persone coinvolte, che sviluppano, in questo modo, una maggiore sensibilità al concetto di misura, ai rischi di errore, all’utilizzo di informazioni quantitative: di conseguenza aumenta la qualità dei dati disponibili.


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COME SUPERARE IL RISCHIO DELL’OCCASIONALITÀ DELL’INTERVENTO

Uno dei rischi maggiori che le aziende trascurano quando introducono nuovi metodi e strumenti di gestione è quello del rapido decadimento nel tempo delle competenze, delle prassi e, come conseguenza, dei risultati. Da questo punto di vista il LSS non fa eccezione. Alcuni strumenti, spesso amplificati dalle mode del momento, trovano una diffusa applicazione e un altrettanto diffuso e rapido decadimento, indipendentemente dal fatto che gli interventi abbiano generato o meno risultati. Il LSS oggi sta diventando una moda anche in Italia. Una sua applicazione non frettolosa, se adeguatamente pensata, può trasformarsi, però, da semplice moda a vero e proprio modus operandi. Per rendere più probabile che ciò accada occorrono pochi, ma importanti, ingredienti: • il commitment del vertice. Deve essere presente sin dall’inizio ed essere rinforzato attraverso una comunicazione semplice e continua dell’andamento dei progetti e dei relativi risultati; • la consapevolezza dell’obiettivo di radicamento culturale e, quindi, di Change Management in chi imposta e gestisce il progetto. Non ci si deve accontentare di consumare i frutti di un solo raccolto, ma si deve impostare una crescita sostenibile nel tempo per ottenere risultati durevoli; • le competenze di alcuni specialisti, e, quindi, anche la loro metabolizzazione degli strumenti, la loro passione per il percorso (il metodo) e per la meta (il risultato). Da questo punto di vista non è necessario impostare progetti ambiziosi di certificazione di molte Black Belt e Green Belt interne, ma è importante rendersi autonomi con una forza di impatto coerente con i perimetri di azione che si prevedono per il futuro. È un tema che può essere affrontato anche con gradualità, ma sicuramente con equilibrio e, cioè, senza indulgere a obiettivi di visibilità o meramente motivazionali delle risorse coinvolte, ma anche senza trascurare la necessità, se si vuol fare vero change, di aprire subito altri progetti non appena il primo, coronato da successo, venga completato.


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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Tutte le aziende, indipendentemente dalla loro dimensione, piccole o grandi che siano, possono ottenere, con i distinguo del caso, considerevoli benefici dalla corretta implementazione dei progetti LSS sia in termini di risultati immediati,2 sia in termini di cambiamento culturale. La diffusione di detta metodologia, se nelle grandi imprese può essere ostacolata dalla cronica ed eccessiva burocrazia e da una cultura più legata alle logiche gerarchiche che all’efficienza dei processi, nelle PMI (Piccole e Medie Imprese), invece, può essere talvolta impedita dalla stessa repentina crescita, che può esporre l’azienda a un maggiore rischio di perdita di efficienza e di qualità. In questi contesti il LSS offre l’opportunità, attraverso la cultura del dato, della misura e del controllo di processo, di crescere in modo sostenibile, mantenendo un forte legame con la VOC (Yang, 2005). In conclusione, la metodologia LSS rappresenta un approccio semplice, ma rigoroso, che si basa sostanzialmente sulla corretta analisi del processo e sull’individuazione delle difettosità per consentire la loro riduzione o, meglio ancora, la loro rimozione. Le fasi operative sono chiaramente definite, come del resto devono essere ben utilizzati gli strumenti di cui il LSS si avvale; sono proprio questi strumenti che statisticamente, attraverso i dati, consentono prima la corretta identificazione del problema (che è la base per l’adozione delle azioni correttive) e poi il controllo della stessa efficacia di dette azioni. Infine, l’essenza del LSS non è tanto il raggiungimento dei 3,4 difetti su un milione (che tecnicamente definirebbe il progetto Six Sigma a tutti gli effetti), ma è piuttosto la diffusione di una cultura aziendale orientata al miglioramento continuo di tutti i processi aziendali. Non è un caso, quindi, che recentemente il LSS si trovi sempre più integrato con le Balanced Scorecard attraverso il modello EnterpriseDMAIC (E-DMAIC), dove è possibile determinare chiari obiettivi strategici attraverso singoli progetti P-DMAIC di miglioramento, pianificati nel tempo (Breyfogle, 2008).

I progetti LSS in genere non devono durare più di 5 mesi.

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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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1 • CASE

STUDY: GESTIONE INTEGRATA E CONTINUITÀ ASSISTENZIALE NEL PAZIENTE CON CARDIOPATIA ISCHEMICA

SCHEDA DEL CASE STUDY

• Struttura coinvolta: Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva (GICR) in tre regioni (Campania; Liguria; Lombardia). • Processo oggetto del case study: Gestione integrata e continuità assistenziale nel paziente con cardiopatia ischemica. • Attori coinvolti per ogni regione: MMG, Cardiologi ambulatoriali ASL, Cardiologi operanti in Centri Antidiabetici, Diabetologi, Cardiologi Riabilitatori, Farmacologi, Cardiologi Interventisti, Direzioni ASL. INTRODUZIONE

Il progetto nasce in collaborazione con la società scientifica GICR (Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva) a seguito dell’esigenza espressa da parte dei riabilitatori cardiovascolari di colmare il “gap” esistente tra la dimissione ospedaliera dei loro pazienti e la presa in carico da parte dei medici del territorio. Obiettivo principale di questa partnership è stato quello di fornire supporto per l’analisi e lo sviluppo di un processo di gestione integrata del paziente cardiopatico ischemico, volto al raggiungimento dei target cardiometabolici, al fine di una migliore implementazione dei percorsi diagnostico/terapeutici. La progettualità è stata realizzata in tre regioni (Lombardia, Liguria e Campania) partendo dall’analisi dei dati Thales/Millewin, dalla ricerca di mercato sul percorso del paziente, ed ha portato alla creazione di tre gruppi di lavoro a livello regionale con medici di medicina generale, specialisti (cardiologi e diabetologi), refenti delle ASL, farmacisti ospedalieri e territoriali. Il progetto è stato inoltre accreditato dall’Agenzia Sanitaria Regionale della Liguria.


148

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Questo al fine di ottenere come risultato finale un documento di Consensus, presentato al congresso nazionale del GICR stesso, con l’implementazione a livello regionale delle raccomandazioni sviluppate. Le principali metriche utilizzate comprendono la verifica del raggiungimento dei target nelle tipologie di pazienti oggetto di analisi, l’implementazione di piani d’azione relativi alle criticità analizzate ed un processo di comunicazione a cascata dei piani di azione sviluppati per ciascuna tipologia di paziente. La gestione integrata del paziente è un’area di continua attualità ed importanza in molte aree terapeutiche. In questo caso si parla di un paziente complesso, che ha a che fare con una o più patologie correlate: quali diabete, ipertensione e ipercolesterolemia (figura 1). Per lavorare in un’area come quella della gestione integrata del paziente è indispensabile un approccio: • regionale, in collaborazione con le ASL nelle diverse realtà locali; • nazionale, in collaborazione con una società scientifica che faccia da collante fra diversi attori afferenti a strutture diverse, territoriali ed ospedaliere. Di fronte ad una tale complessità è importante seguire un approccio strutturato, basato sui dati, che faciliti l’interazione fra gli attori coinvolti. LA FASE DI DEFINIZIONE

Il processo di gestione integrata tra MMG e specialista, relativo al paziente cardiopatico ischemico, è un processo standardizzato la cui effettiva implemen-

Diabete

Ipertensione

Ipercolesterolemia

Figura 1 • Identikit del paziente cardiopatico ischemico


Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

149

tazione è lontana dagli obiettivi definiti: sia i dati Euroaspire del 2007 (sulla persistenza nel tempo dell’adesione a terapie e stili di vita ed il raggiungimento dei target terapeutici) sia le linee guida di prevenzione cardiovascolare (ESC 20071) lo confermano. Confrontando i dati dei pazienti nelle regioni selezionate (dati Millewin riportati dal MMG) con il target terapeutico definito nelle linee guida, emerge che su circa 13.000 pazienti cardiopatici ischemici analizzati, l’80% non è a target. Nell’attuale processo manca inoltre il pieno coinvolgimento ed accordo (buyin) del MMG, dello specialista del territorio e del paziente. Obiettivo principale è l’implementazione di un percorso standard che porti, sulla base delle priorità definite nei sei punti principali delle linee guida di prevenzione cardiovascolare (ESC 2007), all’ottimizzazione della terapia, all’aderenza del paziente alla terapia, all’appropriatezza diagnostica e all’ottimizzazione dell’intervento sullo stile di vita. Nei case study successivi a questo, si propone un parallelismo tra le fasi del Lean Six Sigma e quelle dell’Audit Clinico descritte e spiegate nel documento “L’Audit Clinico” del Ministero della Salute (maggio 2011), parallelismo ben argomentato nel box a p. 35 del Capitolo 2. Mappatura del processo Una volta definiti problema ed obiettivo è necessario analizzare più approfonditamente il problema. Per fare ciò, prima di entrare nei dettagli di un aspetto specifico, si utilizza una mappatura di alto livello: uno strumento utile in questa fase è il SIPOC, acronimo di Supplier Input Process Output Customer, che consente di capire le dimensioni ed i confini del processo, e chi è il customer o cliente finale dello stesso (figura 2). Il SIPOC è anche un ottimo strumento per comunicare in modo chiaro ed efficace, anche con una persona non “addetta ai lavori”. Una volta “inquadrato” il problema dall’alto, è opportuno aumentare la risoluzione, realizzando una mappa di processo più dettagliato (figura 3). Queste mappature sono fondamentali per capire come si articola il processo e chi ne sono i clienti: la fase successiva è infatti quella di “ascoltare” ed analizzare la voce dei clienti.

European guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. European Journal of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation 2007; 14(suppl 2): E1-E40. 1


150

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

S

I

P

O

C

Centro riabilitativo

Lettera dimissioni da centro riabilitativo

Paziente riceve lettera dimissioni da centro riabilitativo

Numero pazienti seguiti dopo dimissione

Pazienti

Medico generico indica follow up

Valori LDL per pazienti seguiti

Medici di base

Paziente resta sotto controllo o ritorna a centro con episodio acuto

Numero ricorrenze eventi acuti

Specialisti (cardiologo, diabetologo, ecc.) Linee guida ESC

ASL

Terapia prescritta Controlli da eseguire e timeline

Specialisti

Limiti di LDL da rispettare

Figura 2 • SIPOC del processo

Farmacista Cardiochirurgia Colesterolo

Diabetologo

Ipertensione Cardiologo Paziente cardiopatico ischemico

Centro riabilitazione

Medico Medicina Generale Centro riabilitazione

Paziente

Fumo Diabete

Paziente A Target

Alimentazione Attività fisica

In scope

Figura 3 • Process Map del processo di gestione integrata del paziente cardiopatico ischemico

La Voice Of the Customer In questa fase è stata condotta un’analisi qualitativa con interviste “face to face” della durata di 30 minuti, utilizzando un campione di 60 pazienti ipertesi egualmente suddivisi per regione che escono dai Centri di riabilitazione di Liguria, Lombardia e Campania.


151

Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

Sono state raccolte informazioni sulle patologie e le comorbilità dei pazienti: come si vede dal grafico riportato nella figura 4 le comorbilità sono comuni, essendo ipertensione, dislipidemia e diabete le prime tre comorbilità riportate. Sono state raccolte anche informazioni sulle tipologie di cardiologi coinvolti nelle diverse regioni e nelle diverse patologie, informazioni sintetizzate nella tabella RACI (RACI chart), strumento che consente di descrivere, per ogni fase o attività, i ruoli e le responsabilità, dove il ruolo più critico da definire è proprio quello di chi ha la responsabilità finale (accountable) per quella determinata fase o attività di un processo (tabella 1). Questo aspetto è particolarmente importante nei processi che vedono molti attori interagire fra loro; come diceva Indro Montanelli: “Accountability: Parola chiave della democrazia anglosassone. In Italia non è stata ancora tradotta” (La stanza. Corriere della Sera, 12 aprile 1999).

0,97

Ipertensione 0,53

Dislipidemia

0,45

Diabete 0,32

Coronaropatia

0,27

Obesità Asma/BPCO Malattie renali

0,07 0,02

45,0

26,7

15,0 8,3 5,0 Uno

Due

Tre

Quattro

Figura 4 • Distribuzione delle comorbilità

Cinque


152

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 1 - I RUOLI DELLA RACI CHART Accountable

Responsible

Consult

Inform

La persona che risponde della corretta e completa esecuzione dell’attività in questione e del suo risultato; può eseguire direttamente l’attività o delegarla ad altra persona (il responsible)

La persona che esegue l’attività, se delegata

La persona che deve essere consultata da parte dell’accountable (riceve l’informazione e fornisce un feedback → comunicazione a due vie)

La persona che deve essere informata da parte dell’accountable (riceve l’informazione ma non è necessario un feedback → comunicazione a una via)

La RACI chart evidenzia in effetti la necessità di chiarire meglio ruoli, responsabilità ed interazioni. Infatti su alcuni aspetti ci sono più ruoli di responsabilità decisoria (Accountable), mentre è auspicabile che in un processo questo ruolo sia unico. Al contrario non sono contemplate interazioni di tipo consulenziale (Consult) o informativo (Inform), sicuramente raccomandabili in un processo di gestione integrata (figura 5).

Cardiologo ospedaliero (UTIC)

Cardiologo territoriale

MMG

Cardiologo privato

Cardiologo ospedaliero

Diabetologo

Paziente

Ospedale Riabilitazione Casa Percorso terapeutico 1 Percorso terapeutico 2 Commento: Accountability multipla su alcuni processi Mancanza di consultazione e informazione ad altri ruoli

Accountable

Responsible

Consulted

Informed

Figura 5 • La RACI chart della gestione dei pazienti con comorbilità


153

Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

FASE DI MISURAZIONE E ANALISI

Una volta definito il problema, come esso si articola e la sua estensione, è il momento di “far parlare i dati”. Utilizzando il database Thales (Millewin), il piano di raccolta dati è stato articolato come segue sulla base di una metodologia quantitativa: • Numerosità del campione: in totale circa 13.000 pazienti ipertesi che escono dai Centri di riabilitazione della Liguria, Lombardia e Campania: - Lombardia circa 6.600 pazienti - Liguria circa 1.900 pazienti - Campania circa 4.723 pazienti. L’analisi dei dati e la loro visualizzazione (figura 6) consente di confrontare fra di loro patologie e regioni. Le conclusioni dell’analisi dei dati sono che nel paziente con pregresso evento coronarico/infarto/bypass e diabete:

Colesterolo

Diabete

Ipertensione 4.025

3.064 1.433 1.401

% registrazioni nel DB*

Campania Year 2003-2008

5.237

1.108 381 1.409

4.280

Liguria Year 2003-2008

Lombardia Year 2003-2008

LDL 43,5%

LDL 46,9%

LDL 54,1%

HbA1c 70,7%

HbA1c 73,0%

HbA1c 73,5%

BP MAX 79,1%

BP MAX 79,5%

BP MAX 78,6%

*almeno un valore registrato per singolo paziente nell’arco temporale considerato

Figura 6 • Suddivisione dei pazienti con pregresso evento coronarico/infarto/bypass per fattori di rischio


154

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

• il 51% dei pazienti ha valori di emoglobina glicata HbA1c >7% (non a target). Nel paziente con pregresso evento coronarico/infarto/bypass ed ipertensione: • il 73% dei pazienti diabetici non è a target • il 40% dei pazienti non diabetici non è a target. Nel paziente con pregresso evento coronarico/infarto/bypass e ipercolesterolemia: • il 75% dei pazienti diabetici non è a target • il 66% dei pazienti non diabetici non è a target • il 48% dei medici ha registrato il Colesterolo-LDL nel suo database. “IMPROVE” O FASE DI MIGLIORAMENTO

Struttura degli eventi Kaizen Per condividere l’analisi dei dati e trovare, in ognuna delle tre regioni coinvolte, le soluzioni più efficaci, sono stati organizzati degli eventi Kaizen che hanno visto coinvolti tutti gli attori del processo: MMG, cardiologi ambulatoriali ASL, diabetologi, cardiologi riabilitatori ed interventisti, farmacologi presso le ASL e direttori di ASL. In tutti e tre i casi, dopo una parte iniziale dell’incontro, focalizzata sulla condivisione dell’obiettivo dell’iniziativa e dei dati di riferimento sopra esposti, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi omogenei, ad ognuno dei quali è stato assegnato un moderatore, ovvero una black belt o master black belt. Il ruolo del moderatore è fondamentale per: • guidare il gruppo dal punto di vista metodologico; • assicurare il rispetto dei tempi e degli obiettivi, e la partecipazione bilanciata di tutti i partecipanti; • fare chiarezza, riassumendo periodicamente le idee emerse e lo stato del lavoro di gruppo; • come persona super-partes e di riconosciuta esperienza, risolvere eventuali divergenze di opinioni fra i partecipanti. Le aree di lavoro dei tre gruppi, sulla base dell’analisi discussa nel precedente paragrafo, sono state suddivise in: • dieta, con focus sul paziente ipercolesterolemico; • esercizio fisico, con focus sul paziente diabetico; • fumo, con focus sul paziente iperteso.


Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

155

Nelle tre regioni e per ogni area di lavoro l’approccio è stato lo stesso: • descrizione e mappatura dei processi; • identificazione di opportunità e criticità; • prioritizzazione di opportunità e criticità scegliendo quelle su cui lavorare in base a impatto e fattibilità; • creazione di un piano d’azione condiviso.

Esempio di lavoro svolto nell’ambito di un evento Kaizen Riportiamo come esempio quello della regione Liguria ed una delle tre aree, quella relativa al paziente diabetico; da un punto di vista metodologico, il lavoro è stato il medesimo per le altre aree e regioni, mentre specifiche sono state ogni volta le opportunità e criticità individuate e di conseguenza il piano d’azione. Il processo è stato descritto dal team multifunzionale prima per macro-step (ad esempio, il ritorno a casa post visita o degenza); all’interno di ogni macrostep sono poi state evidenziate le diverse fasi, e per ognuna di esse le opportunità e criticità (figure 7-11). Mentre nella prima fase, in un contesto di brainstorming, è bene siano numerose le idee di miglioramento, successivamente è importante scegliere, fra le numerose aree individuate, quelle su cui concentrarsi. È questa una fase delicata

Il Paziente Diabetico Torna a casa

Visita MMG

Visita diabetologica

Controlli in cardiologia

Controlli e visita MMG

Telefona al medico per richiesta visita • Dimissione di sabato • Non compilazione piani terapeutici • Mancanza di contesto familiare adeguato

Figura 7 • Mappatura del percorso del paziente diabetico con dettaglio del primo macro-step (“torna a casa”) e relative opportunità e criticità


156

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Il Paziente Diabetico Visita diabetologica

Visita MMG

Torna a casa

Esame foglio di dimissione

Modifica terapia personalizzata sul paziente

Integrazione terapia del centro CV

Controlli in cardiologia

Richiesta esami di controllo

Integrazione MMG e Specialista

Controlli e visita MMG

Esame obiettivo del paziente

Esame foglio di dimissione: assetto lipidico, glicemico, microalbuminuria e creatinina

Aderenza alla terapia

• Consigli su attività fisica e modifica stili di vita • Conoscenza del paziente e della sua storia • Controllo ambiente di vita e abitudini alimentari, autosufficienza • Attivazione assistenza socio-sanitaria

Figura 8 • Mappatura del percorso del paziente diabetico con dettaglio del secondo macro-step (“visita MMG”) e relative opportunità e criticità

Il Paziente Diabetico Torna a casa

Visita MMG

Paziente con diabete già noto

Visita diabetologica

Rivalutazione di tutti i parametri Adeguamento della terapia

Paziente con nuova diagnosi di diabete

Counselling

Controlli in cardiologia

Integrazione esami effettuati dalla riabilitazione

Controlli e visita MMG

Ricerca altre complicanze: cerebropatia, neuropatia diabetica, piede diabetico, retinopatia

Integrazione con l’attività del MMG

Invio ad altri specialisti

Compilazione libretto paziente

Scarsa comunicazione tra specialisti

Approfittare dell’accesso al Centro Antidiabetico (CAD)

Figura 9 • Mappatura del percorso del paziente diabetico con dettaglio del terzo macro-step (“visita diabetologica”) e relative opportunità e criticità


157

Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

Il Paziente Diabetico Torna a casa

Visita diabetologica

Visita MMG

Paziente con complicanze, completamento iter e ricovero

Esami di monitoraggio

Controlli in cardiologia

Esami periodici

Controlli e visita MMG

Compilazione cartella paziente

Piano di monitoraggio

Variazione terapia

Assenza di un unico sistema integrato raccolta dati Mancanza di informazioni su attuale terapia

Figura 10 • Mappatura del percorso del paziente diabetico con dettaglio del quarto macro-step (“controlli in cardiologia”) e relative opportunità e criticità

Il Paziente Diabetico Torna a casa

Monitoraggio clinico paziente

Visita MMG

Rivalutazione terapia

Perdita della Indicazione documentazione ASL su uso da parte terapie e costi del paziente

Visita diabetologica

Controlli in cardiologia

Cambio terapia o dosaggio in base a effetti collaterali e interazioni

Indicazione ASL su uso terapie e costi Assenza di accordo comune tra specialista e MMG su applicazione linee guida. Assenza di feedback integrato sul paziente (comunicazione integrata). Pazienti con pluri terapia: interazione. Livelli diversi di aggiornamento compilazione cartella informatica MMG. Richiesta ridondante per sovrapposizione con DH

Controlli e visita MMG

Paziente non compensato metabolicamente Paziente con HbA1c>7 e/o con complicanza renale

Diabetologo

Paziente compensato metabolicamente Paziente con HbA1c<7

MMG: Controllo glicata micro albuminuria/ creatinina

Corsi su appropriatezza prescrittiva Programma millennium che segnala interazioni Cercare il minimo dosaggio efficace Cogliere l’occasione della ripetizione prescrizione per ricordare al paziente il controllo

Figura 11 • Mappatura del percorso del paziente diabetico con dettaglio del quinto macro-step (“controlli e visita MMG”) e relative opportunità e criticità


158

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

in cui è molto importante il ruolo del moderatore nel comporre e convogliare positivamente eventuali divergenze all’interno del team. Per questo motivo la discussione viene guidata in un esercizio di prioritizzazione, dove si concorda insieme rapidamente se lavorando su una data area ci si aspetta di avere un impatto significativo sui risultati. Fra queste aree ad alto impatto si vanno poi ad identificare le aree che presentano un’alta fattibilità, ovvero quelle in cui è relativamente semplice intervenire. In questo modo, come si vede nella tabella 2, si individua un numero molto ristretto di aree sulle quali sviluppare un piano d’azione. A questo punto il team identifica, per le aree selezionate, possibili soluzioni complete di piano di azione, descrivendo tempistiche e responsabili delle azioni (tabella 3). In un’ottica di gestione preventiva dei rischi vengono analizzate anche le possibili barriere che potrebbero ostacolare l’implementazione della soluzione e il raggiugimento del risultato, individuando le opportune contromisure. Il lavoro di gruppo viene sempre seguito da un sessione plenaria in cui un rappresentante di ogni gruppo spiega il lavoro fatto al resto dei partecipanti. In questa fase è possibile un’ulteriore discussione ed affinamento del piano d’azione. Normalmente in questa fase anche i partecipanti inizialmente più critici sono pienamente coinvolti e convinti del modus operandi, anzi spesso sono proprio gli attori inizialmente più scettici sulla metodologia che si candidano volontariamente ad esporre il risultato del lavoro del team. Spesso i partecipanti in questa fase trasmettono passione ed orgoglio per il lavoro di gruppo portato a termine in poco tempo, confermando l’utilità dell’approccio metodologico ed in particolare dell’evento Kaizen come strumento di collaborazione fra gli attori di un processo. DOCUMENTO FINALE DI SINTESI DEI NOVE PIANI D’AZIONE CHE SONO STATI ELABORATI DAI GRUPPI DELLE TRE REGIONI

Una volta completati i tre eventi Kaizen nelle regioni interessate e sulle tre tipologie di pazienti in oggetto, è stato possibile confrontare i risultati ottenuti, giungendo alle seguenti conclusioni: • Il processo di gestione del paziente cardiopatico ischemico è risultato simile in tutte e tre le regioni. • Le criticità più importanti sembrano essere comuni in tutte e tre le regioni. • Le soluzioni proposte sono differenti a seconda delle situazioni locali o regionali, ma tutti i team hanno concordato su alcune soluzioni di carattere nazionale.


159

Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

TABELLA 2 - PRIORITIZZAZIONE DI OPPORTUNITÀ E CRITICITÀ IN BASE A IMPATTO E FATTIBILITÀ GICR Fase del

#

Criticità del processo

Impatto

Fattibilità

Rientro a casa

1

Contesto familiare inadeguato

A

B

Rientro a casa

1

Non compilazione piani terapeutici

A

A

Visita MMG

2

Assenza/mancanza di supporto raccolta dati

A

A

Visita MMG

2

Assenza /scarsa compliance del paziente

A

M

Visita diabetologica

3

Integrazione con MMG

A

A

Visita daibetologica

3

Scarsa comunicazione con altri specialisti

A

A

Visita cardiologica

4

Mancanza informazioni su attuale terapia

A

A

Controllo visita MMG

5

Perdita documentazione

A

A

Controllo visita MMG

5

Livelli diversi di compilazione cartella informatica

A

B

Controllo visita MMG

5

Mancanza linee guida accordo operativo concordato tra ASL, MMG e specialisti

A

B

processo

sul target

Criticità su cui abbiamo lavorato

Su questa base è stato possibile stilare un documento di consensus finale che definisce, sulle base delle singole esperienze, le principali azioni da promuovere: • Cartella clinica “itinerante” del paziente con raccoglitore unico rilasciato al momento della dimissione dal centro di riabilitazione. • Creazione di una lettera di dimissione standard condivisa tra GICR- IACPR, e le società scientifiche di medicina generale, diffusa via internet e incontri scientifici. • Stampa cartella cartacea con tutte le informazioni del paziente da parte del medico di medicina generale da dare al paziente prima di inviarlo allo specialista (richiesta dallo specialista).


160

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 3 - PIANO DI AZIONE Criticità/ Opportunità

Step del

Soluzione

Azione

Chi

Assenza di supporto comune per raccolta dati

Visita a domicilio

Cartella itinerante cartacea che segue il paziente

Alla dimissione fornire un raccoglitore unico di tutti gli esami fatti e le terapie indicate da MMG, Centro di riabilitazione, diabetologo, altri specialisti

Dott. ... si attiva con economato per fornitura cartelline

Raccomandare al paziente di portare sempre con sé a ogni visita MMG e specialistica la documentazione

Cardiologi, diabetologi, altri specialisti, MMG

A ogni visita di controllo riportare sul proprio file pazienti le modifiche terapeutiche degli altri specialisti e MMG e le ragioni

Tutti

Uniformare il cartaceo segnalando tutte le informazioni importanti per la corretta gestione del paziente e per il raggiungimento del target

Commissione ospedale territorio dell’ordine dei medici

processo

identificata

Consulenza specialistica

Integrazione specialista e MMG

Controlli MMG

Cartella itinerante cartacea che segue il paziente

Vedi sopra

Visita specialistica

Telefono dedicato per le urgenze

Dedicare un cellulare aziendale (es. medico di guardia)

Reperibilità specialisti in una determinata fascia oraria

Dott. ... in direzione sanitaria Dott. ... in direzione sanitaria


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Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

Quando

Barriera

Azioni per

superare la

Chi

Quando

barriera

Yes

Compliance del paziente

Sensibilizzare i familiari, stampare un memo ad hoc di ricordo

Tutti i medici

A ogni visita

Definire bene cosa significa “per le urgenze�

Incontro specialista/MMG

Ordine medici

Una tantum

A ogni controllo

Quanto prima

Prossima settimana

Prossima settimana

to move

forward

Prossima settimana

A ogni controllo

Agreed

Yes


162

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

• ASL e Società di MMG devono lavorare insieme per uniformare i dati da raccogliere. • Possibilità di avere una cartella clinica del paziente accessibile su supporto informatico. • Promuovere incontri scientifici tra MMG e specialisti per favorire il miglioramento dei percorsi. FASE DI CONTROLLO

La fase di controllo di questo progetto è stata portata avanti parallelamente a livello regionale/locale e nazionale. A livello locale sono stati implementati i piani d’azione stabiliti nei diversi eventi Kaizen, con chiare responsabilità e tempistiche. A livello nazionale il GICR, sulla base del consensus document creato, si è invece fatto carico di promuovere le azioni concordate. In quest’ottica il lavoro svolto ed in particolare il consensus document è stato presentato ad ottobre 2009 nel congresso nazionale del GICR a Napoli (figura 12).

PROGRAMMA 11.00 Simposio La Cardiologia Riabilitativa in Italia: tra palco e realtà Moderatori: R. Griffo - P.L. Temporelli

• Cosa raccomandano le Linee Guida? - F. Fattirolli • Il mondo reale: chi e dove? - R. Tramarin • Il mondo reale: a chi e come? - G. Favretto • L’Europa è più avanti? - P. Giannuzzi • Discussione 13.00 Lettura Un emodinamista in Cardiologia Riabilitativa: tra palloni e biciclette - P. Golino

17.00 Simposio Un metodo innovativo per la gestione integrata del paziente ischemico Moderatori: C. Riccio- C. Schweiger

• Le sei aree di intervento dell’ESC e la situazione italiana - R. Tramarin • Il Kaizel per l’ottimizzazione del processo di gestione - C. Riccio • Un documento di consenso: l’esperienza di tre regioni italiane - R. Griffo • Discussione 18.00 Assemblea dei Soci

13.30 Break 15.00 La consensus ANMCO e GICR-IACPR sui criteri di accesso alla Cardiologia Riabilitativa: il mondo che vorrei Moderatori: S. Pirelli - C. Riccio

• Epidemiologia dei bisogni - S. Urbinati • L’esubero di cardioperati: come contenerlo - L. Martinelli • Il cardiopatico ischemico: ritorno dal futuro? - C. Greco • Un ruolo chiaro nella pandemia dello scompenso cardiaco - F. Oliva • Discussione

Figura 12 • Estratto del programma del congresso nazionale del GICR del 2009 in cui è stato presentato il consensus document


Gestione integrata nel paziente con cardiopatia ischemica

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IL PARERE DEL CUSTOMER Intervista al Dott. Roberto Tramarin, Direttore della Divisione di Cardiologia Riabilitativa, Fondazione Europea di Ricerca Biomedica, Cernusco S/N, Milano; Referente per la Sperimentazione Lean Six Sigma per la gestione integrata del cardiopatico ischemico per l’IACPR-GICR; Membro del Consiglio Direttivo Nazionale SICOA. Cosa è cambiato nella realtà in cui opera a seguito del progetto e delle relative azioni di miglioramento? RT: “Il progetto ha consentito di osservare un sensibile miglioramento delle interazioni tra cardiologi dell’acuzie, della riabilitazione, del territorio e medici di medicina generale. Tale miglioramento si è concretizzato soprattutto, per quanto riguarda dei medici di medicina generale, nella definizione del ruolo centrale della loro figura nella gestione nel lungo termine di programmi efficaci di prevenzione secondaria nei soggetti ad alto rischio di nuovi eventi cardiovascolari. Di particolare interesse è risultata la possibilità di definire una serie di action-plan condivise dirette a favorire, in continuità ai programmi riabilitativi intensivi supervisionali, l’aderenza terapeutica e il mantenimento nel lungo periodo di stili di vita corretti. La metodologia di lavoro che è stata seguita ha consentito oltretutto una utile ed efficace valorizzazione del ruolo del medico di medicina generale nella gestione del cardiopatico ischemico cronico. La dialettica tra i vari partecipanti, ricondotta sistematicamente alle evidenze scientifiche e alle risorse organizzative ed economiche disponibili, e favorita dalla metodologia Six Sigma, ha consentito una migliore esplicitazione/definizione della complementarietà dei ruoli dei diversi attori del processo di cura. Sul versante delle figure professionali afferenti ai ‘regolatori’ del sistema (direzioni di distretto ASL, direzioni dei servizi farmaceutici) si è notata una più partecipata comprensione e sensibilità nei confronti delle criticità generate dalla implementazione delle evidenze scientifiche, dei criteri di appropriatezza e dei riferimenti normativi ed economici nel mondo reale. Questo tipo di valutazione complessiva è risultata sostanzialmente condivisa anche dal dottor R. Griffo e dal dottor C. Riccio che hanno coordinato le altre due iniziative Lean Six Sigma in Liguria e in Campania.” Cosa ha significato per lei e per la sua organizzazione l’adozione della metodologia Lean Six Sigma rispetto ad un approccio tradizionale? RT: “L’utilizzo di sistemi di gestione e di miglioramento della qualità rientra nella modalità operativa e organizzativa della struttura che dirigo. Tuttavia la metodologia Lean Six Sigma seguita in questa esperienza, soprattutto grazie al coinvolgimento di attori rilevanti rispetto al processo di cura, ma istituzionalmente esterni alla struttura, ha fornito un indiscutibile valore aggiunto rispetto ad un convenzionale processo di miglioramento.”


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LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Qual è stata la reazione delle persone coinvolte nell’evento Kaizen e nel progetto in generale? RT: “Il modello di lavoro proposto è stato accettato con particolare interesse e, alla fine del progetto, con un elevato grado di condivisione dalla maggior parte dei partecipanti. Elevato il grado di partecipazione individuale, l’interesse suscitato da tutti e tre gli eventi ‘sperimentali’ e le aspettative che essi hanno in concreto generato nei partecipanti locali. Dal punto di vista della società scientifica IACPR-GICR le valutazioni dei risultati di questa esperienza preliminare sono state oggetto di un simposio organizzato nel contesto del Congresso Nazionale del 2009. L’impressione complessiva è stata di segno positivo, essendo stati ampiamente condivisi dai referenti della società la validità e l’utilità del metodo di lavoro, soprattutto come strumento di interazione operativa dei cardiologi della riabilitazione, con cardiologi dell’acuzie, interventisti, cardiologi del territorio e medici di medicina generale. Un cambiamento, quindi, senz’altro importante nel mindset – nell’approccio alla risoluzione di problematiche concrete – nonostante la presenza di alcune criticità, che sarebbe importante e auspicabile superare. Prima tra tutte, la mancanza di una consulenza specifica degli esperti aziendali per i momenti successivi di concreta implementazione, verifica e controllo delle action-plan. In generale, cosa pensa della metodologia Lean Six Sigma applicata in sanità? “La metodologia rappresenta uno strumento di organizzazione del lavoro di indiscutibile efficacia e potenzialmente molto efficiente nel contesto di un sistema caratterizzato da una governance integrata. L’ambito oggetto di questi progetti insisteva in una formalmente unica realtà aziendale sanitaria (ASL). In realtà i professionisti coinvolti nel processo di cura oggetto di questa sperimentazione afferivano a strutture differenti (aziende ospedaliere pubbliche, private accreditate, dipartimenti ASL, società scientifiche) che, pur insistendo nello stesso territorio ASL, sono gestite da e con organizzazioni aziendali differenti. Pur nella consapevolezza della utilità della metodologia Lean Six Sigma anche in processi di organizzazione del lavoro a diversi livelli, anche decentrati, di interazione tra operatori, ritengo che nel caso specifico di un percorso di cura che vede la partecipazione integrata di tanti diversi attori e strutture, sia indispensabile una sorta di ‘legittimazione’ a livello di ASL o di sistema sanitario regione. Si tratta di una legittimazione non formale, ma della acquisizione nella governance del metodo Lean Six Sigma, come strumento accreditato di organizzazione del lavoro tra i vari erogatori di prestazioni, medici di medicina generale, funzionari ASL ed altri stakeholders.”


2 • CASE

STUDY: GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CON ASMA E/O RINITE ALLERGICA

SCHEDA DEL CASE STUDY

• Struttura coinvolta: Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), nella provincia di Brescia. • Processo oggetto del case study: Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica. • Attori coinvolti: medici di medicina generale, medici specialisti (otorinolaringoiatra, pneumologo e allergologo), farmacisti. INTRODUZIONE

La gestione integrata del paziente è un’area di continua attualità ed importanza in molte aree terapeutiche. In particolare nell’ambito di Asma e Rinite Allergica assume particolare rilevanza, tenuto conto della numerosità degli attori coinvolti tra cui: il medico di medicina generale, diversi specialisti come l’otorinolaringoiatra, lo pneumologo e l’allergologo, ed il farmacista, spesso il primo se non l’unico interlocutore del paziente. Di fronte ad una tale complessità è importante seguire un approccio strutturato, basato sui dati, che faciliti l’interazione fra gli attori coinvolti. LA FASE DI DEFINIZIONE (NELL’AUDIT CLINICO FASE 1: “PREPARARE L’AUDIT CLINICO”)

Nella fase di definizione, una volta stabilita l’area di intervento, bisogna determinare qual è il tema o l’area su cui lavorare.


166

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

In questo caso la problematica era rappresentata dalla mancanza di un percorso diagnostico-terapeutico condiviso ed integrato tra medico di medicina generale, specialisti e farmacisti. Utilizzando lo strumento del project charter è stato possibile definire in dettaglio sia la dimensione del problema che gli obiettivi dell’iniziativa. Obiettivi che sono stati fissati in modo “SMART”, ovvero Specifici, Misurabili (in modo oggettivo), raggiungibili (Achievable), Realistici e con Tempistiche definite. Attraverso il project charter si cerca di essere sempre pronti a rispondere alla seguente domanda: “Come riusciremo a verificare che abbiamo raggiunto gli obiettivi ed i risultati sperati?”. Il project charter è un documento vivo, da aggiornare man mano che nuove informazioni e dati arricchiscono la definizione del problema e degli obiettivi che si vogliono raggiungere (tabella 1). Se da un lato è necessario che siano le persone effettivamente coinvolte nel processo ad operare per il suo miglioramento, dall’altro sono proprio queste persone quelle più influenzate dalle loro esperienze e dai loro pregiudizi. Da qui la necessità di misurare ed analizzare dati oggettivi.

TABELLA 1 - PROJECT CHARTER Definizione del problema

Obiettivo

• Nell’area della provincia di Brescia il 6,5% dei pazienti è affetto da asma, il 6,1% da rinite allergica e l’1,4% da entrambe le patologie (campioni rete UNIRE provincia di Brescia su 62.823 pazienti). • Come confermato dai dati su accertamenti e terapie, ad oggi non esiste un percorso diagnostico-terapeutico condiviso ed integrato tra MMG e specialisti per superare le criticità in ambito diagnostico, terapeutico e di follow up, con un disallineamento rispetto alle linee guida.

Miglioramento della gestione del paziente asmatico e/o con rinite allergica: • Definizione di ruoli e responsabilità e miglioramento della comunicazione tra i professionisti coinvolti ed in particolare tra specialisti e MMG. • Miglioramento del sistema di misura dei parametri critici per questo tipo di patologie (es. aumento dell’uso della spirometria per i pazienti asmatici). • Miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva e dell’aderenza terapeutica (es. prescrizione consistente di antileucotrienici, steroidi inalatori, associazioni steroidi/broncodilatatori). • Miglioramento della comunicazione verso il paziente con informazioni chiare e standardizzate al fine di assicurare la continuità terapeutica ed il mantenimento dei comportamenti richiesti. • Sviluppo di un piano di azione e di un documento di consenso.

In Scope: • Provincia di Brescia • Pazienti affetti da asma e/o rinite allergica

Out of Scope: • Altre zone • Pazienti affetti da altre patologie


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

167

In questo caso, all’inizio del progetto erano disponibili solo dati di sintesi sulla prevalenza delle patologie, ma mancava un’analisi di dettaglio su accertamenti e terapie. Era necessario, quindi, lasciare che fossero i dati (aiutati dagli strumenti metodologici) “a parlarci”, ovvero a chiarire meglio quale fosse la situazione di partenza. FASE DI MISURAZIONE E ANALISI (NELL’AUDIT CLINICO FASE 2: “ATTUARE L’AUDIT CLINICO”)

L’obiettivo di questa fase è stato quello di avere una migliore comprensione del problema, sulla base dei dati relativi a quasi 63.000 pazienti assistiti da 43 medici della rete UNIRE (medici di medici generale della provincia di Brescia). Rappresentatività del campione Dovendo utilizzare i dati relativi a una parte dei pazienti per trarre delle conclusioni sulla loro totalità, ovvero avendo a che fare con un campione statistico, ci si è posti in questa fase due doverose domande: 1. il mio campione è rappresentativo? 2. è sufficientemente numeroso? Affrontiamole una alla volta: l’aspetto della rappresentatività prende in esame in che misura il campione tiene conto delle differenze presenti all’interno della popolazione, se ad esempio i dati fossero relativi solo a medici operanti fuori dai centri abitati ecco che, indipendentemente dal numero di dati disponibili, il campione non sarebbe rappresentativo. Per usare un esempio, se volessi stimare l’altezza media di un gruppo di 100 persone adulte, di cui 50 uomini e 50 donne (come è noto mediamente di minor statura), e misurassi l’altezza dei 50 uomini, ecco che pur avendo un campione numeroso (50 su 100) lo stesso non sarebbe rappresentativo, e finirei per stimare un’altezza media più alta di quella reale. Nel caso in esame la rappresentatività è stata assicurata dal fatto che i medici della rete UNIRE sono distribuiti sul territorio ed assistono ognuno molti pazienti, diversi per sesso, età, ecc. Per quanto riguarda la numerosità, se mi baso, come spesso è necessario, solo su una parte dei pazienti, per stimare caratteristiche relative alla loro totalità, sto chiaramente facendo una stima, che sarà tanto più vicina alla realtà quanto più grande sarà il mio campione. Un margine di errore è non solo inevitabile ma


168

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

assolutamente accettabile, purché io sia in grado di quantificarlo e verificare se questo inficia o meno le conclusioni a cui giungo. Come vedremo nelle analisi che seguono, in questo caso sono stati applicati strumenti di analisi tipici del Lean Six Sigma (come il calcolo dell’Intervallo di Confidenza ed i Test delle Ipotesi), proprio per fare questo tipo di verifica: questo perché nell’approccio metodologico non ci si limita ad utilizzare i dati in modo passivo, ma si vagliano i dati stessi in maniera critica. Confronto fra prevalenza locale e nazionale delle patologie Confrontando i grafici (figure 1-3) saremmo portati a concludere immediatamente che le prevalenze locali sono superiori a quelle nazionali. Rimane però da verificare che il margine d’errore associato con la stima della prevalenza locale non sia tale da indurci in errore. Per confrontare correttamente i due dati è stato applicato lo strumento dell’intervallo di confidenza, che ci dice in sostanza qual è il margine di incertezza della nostra stima. Ad esempio i pazienti con diagnosi di asma sono 4.106 su un totale di 62.823, da cui stimiamo una prevalenza del 6,54%. L’intervallo di confidenza al 95% (ovvero con una accuratezza del 95%) ci dice che la nostra stima potrebbe variare dal 6,34 al 6,73%. Essendo la prevalenza nazionale del 5,00 %, essa è comunque inferiore alla nostra stima, nonostante il margine di errore ad essa associato. Possiamo quindi concludere che, al di là del margine di errore insito nel nostro campione, c’è una differenza fra la prevalenza locale e quella nazionale,

7

6,54%

6

6,14%

5

%

4 3 2

1,36%

1 0

Asma

Rinite allergica

Asma e rinite

Figura 1 • Prevalenza delle patologie (Le prevalenze di asma e rinite allergica includono anche i pazienti affetti da entrambe le patologie)


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

7

169

Prevalenza asma

6 5 4 3 2 1 0

Asma (ASL Brescia)

Asma (dato nazionale)

Figura 2 • Confronto fra la prevalenza locale e nazionale dell’asma

7

Prevalenza rinite

6 5 4 3 2 1 0

Rinite (ASL Brescia)

Rinite (dato nazionale)

Figura 3 • Confronto fra la prevalenza locale e nazionale della rinite allergica

o meglio che la differenza è statisticamente significativa (in termini statistici potremmo dire che il P-value in questo caso è pari a 0). Se invece il dato nazionale fosse stato ad esempio del 6,40%, ecco che non avremmo potuto con certezza considerarlo inferiore a quello locale. Alla stessa conclusione giungiamo per la prevalenza della rinite allergica, dove 3.856 casi su un totale di 62.823 pazienti portano al 6,14% con un intervallo di confidenza al 95% dal 5,95 al 6,33% rispetto a una prevalenza nazionale del 4,54% (figura 4).


170

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

7 6 5

%

4 3 2 1 0

Asma

Rinite allergica

Asma e rinite

Figura 4 • Prevalenze con intervallo di confidenza

Lo stesso tipo di approccio è stato applicato per tutte le analisi successivamente riportate, che per semplicità di esposizione riportano sinteticamente solo le conclusioni. I dati e la loro analisi, con le relative rappresentazioni, mettono in luce alcuni aspetti, ma non sempre possono spiegarcene completamente la causa. Ad esempio, per capire la causa della differenza fra il dato locale e quello nazionale, abbiamo dovuto, dati alla mano, confrontarci con gli esperti, giungendo alla conclusione che la differenza è da attribuirsi ad una maggiore capacità diagnostica locale e non ad una maggior diffusione delle patologie. Incidenza Successivamente abbiamo analizzato l’andamento delle patologie nel tempo, focalizzandoci sull’incidenza, ovvero sulla percentuale di nuove diagnosi rispetto al totale dei pazienti sani in ogni anno (figure 5-7). Come si nota, ogni volta che è possibile i dati sono presentati in forma grafica piuttosto che tabellare. La rappresentazione grafica è infatti assolutamente consigliata in quanto di immediata comprensione ed utile alla revisione critica delle informazioni, prima ancora di applicare qualunque strumento statistico. Come si suol dire “un’immagine vale più di mille parole”. Si nota come il numero di pazienti cui vengono diagnosticate queste patologie nella provincia di Brescia è in crescita costante.


171

Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Asma 7

Incidenza (%)

Prevalenza (%)

4500

Pazienti affetti

4000

6

3500 5

3000 2500

3

2000

%

4

1500

2

1000 1

500

0 2005

2006

2007

2008

2009

0

Figura 5 • Dati di prevalenza, incidenza e numeri di pazienti affetti per asma

Rinite 7

Prevalenza (%)

Incidenza (%)

4500

Pazienti affetti

4000

6

3500 5

3000 2500

3

2000

%

4

1500

2

1000 1

500

0 2005

2006

2007

2008

2009

0

Figura 6 • Dati di prevalenza, incidenza e numeri di pazienti affetti per rinite allergica


172

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Asma e rinite 1,6

Incidenza (%)

Prevalenza (%)

1000

Pazienti affetti

950

1,4

900

1,2

850

%

1,0

800

0,8

750

0,6

700 650

0,4

600 0,2

550

0 2005

2006

2007

2008

2009

500

Figura 7 • Dati di prevalenza, incidenza e numeri di pazienti affetti per asma e rinite allergica

Accertamenti In questa fase di analisi si è cercato di determinare quali fossero i percorsi più comunemente effettuati dai pazienti, con medici di medicina generale e specialisti. Circa i due terzi dei pazienti non hanno fatto nessuna visita specialistica e sono quindi curati dal solo medico di medicina generale (figure 8-11).

38% 62%

Nessuna visita specialistica Almeno una visita specialistica

Asma

Figura 8 • Pazienti con diagnosi di asma ricorsi a visita specialistica pneumologica o allergologica


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

173

29% 71%

Nessuna visita specialistica Almeno una visita specialistica

Rinite

Figura 9 • Pazienti con diagnosi di rinite ricorsi a visita specialistica otorinolaringoiatrica

48% 52%

Nessuna visita specialistica Almeno una visita specialistica

Asma e rinite

Figura 10 • Pazienti con diagnosi di asma e rinite ricorsi a visita specialistica pneumologica, allergologica o otorinolaringoiatrica

Le tipologie di grafici utilizzabili sono quasi infinite, e non ce ne sono alcuni “giusti” in partenza; di volta in volta è necessario identificare quale rappresentazione sia la migliore per il tipo di fenomeno che si vuole descrivere. In questo caso, essendo importante descrivere diversi comportamenti all’interno di un gruppo di pazienti, è stata sviluppata una rappresentazione originale, ispirata alla rappresentazione usata per gli insiemi (figure 12-14). Si nota come diverse rappresentazioni grafiche degli stessi dati pongano l’accento su aspetti diversi della stessa problematica. È da notare, sottolineando ancora la differenza fra il dato e la sua interpretazione, che presumibilmente le visite allergologiche e pneumologiche sono effettivamente legate ad asma e rinite, quelle otorinolaringoiatriche potrebbero


174

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

50

Visita allergologica

Visita pneumologica

Visita otorinolaringoiatrica

45 40 35 %

30 25 20 15 10 5 0

Asma

Rinite allergica

Asma e rinite

Figura 11 • Figura di sintesi di diagnosi e visite specialistiche

Allergologo 606 18,6%

302 9,2% 110 3,4% ORL 905 27,8%

282 8,7%

88 2,7%

Pneumologo 683 21,0%

Pazienti con diagnosi di solo Asma = 3250 (numero di pazienti, percentuale)

Figura 12 • Visite specialistiche fra i pazienti con asma


175

Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Allergologo 716 23,9%

266 8,9% 0,6%

0,3%

Pneumologo 0,8% 81 2,7%

ORL 840 28,0%

282 8,7% Pazienti con diagnosi di solo Rinite = 3000 (numero di pazienti, percentuale)

Figura 13 • Visite specialistiche fra i pazienti con rinite

invece essere legate anche ad altre patologie, quindi quest’ultimo dato è potenzialmente sovrastimato. Rispetto alla media nazionale (20,7%), il ricorso all’allergologo è minore (18,6%) nella provincia di Brescia; al contrario quello allo pneumologo (media nazionale 18,7% rispetto a 21,0%) è inferiore. Successivamente si è andati ad approfondire le tipologie di accertamenti cui i pazienti si sono sottoposti (figura 15). La spirometria viene effettuata in maniera decisamente più sistematica che nella media nazionale (figura 16). Terapie Il passo successivo è stato analizzare la varietà di terapie utilizzate. Come si nota, il grafico riportato nella figura 17 è ricco di informazioni ma non è di immediata lettura, in quanto il numero di terapie impiegato è molto numeroso.


176

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Allergologo 379 44,3%

118 13,8% 45 5,3% 51 6,0% ORL 294 34,3%

35 4,1%

Pneumologo 193 22,5% Pazienti con diagnosi di solo Asm e rinite = 856 (numero di pazienti, percentuale)

Figura 14 • Visite specialistiche fra i pazienti con asma e rinite

Asma

Rinite

Asma e rinite

60 50

%

40 30 20 10 0

Test allergologici cutanei

Ige specifiche

Spirometria

PEF

PEF: picco di flusso espiratorio; EGA: emogasanalisi

Figura 15 • Tipologie di accertamenti

EGA


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Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Spirometria per asmatici

50 40 30 20 10 0

Asma (ASL Brescia)

Asma (dato nazionale)

Alt

ro

Asma e rinite

an Va tin cc flu in en o za le

on Br

tio es ng De co

Rinite

co d lon ilata g e tor sh i ort Co rtic o ina st lat ero ori idi (IC An S) tile uc otr ien ici St ero idi sis tem ici As (b2 soci +s azio ter ni oid e) An tis tam ini ci

Asma

45 40 35 30 25 20 15 10 5 0

na n na ti sa li

%

Figura 16 • Confronto locale/nazionale delle percentuali di pazienti asmatici sottoposti a spirometria

Figura 17 • Terapie utilizzate per le diverse patologie

In questi casi può essere utile utilizzare il diagramma di Pareto. Vilfredo Pareto, economista italiano vissuto a cavallo del XIX e del XX secolo, partendo dall’osservazione che il 20% della popolazione mondiale possedeva l’80% della ricchezza, teorizzò che l’80% dell’effetto è generato dal 20% delle cause. Seguendo questo principio il diagramma di Pareto visualizza in un istogramma, in ordine decrescente, le diverse componenti di un fenomeno, permettendo di focalizzarsi su quelle più rilevanti (se il principio fosse rispettato in questo caso, sul 20% delle terapie utilizzate dall’80% dei pazienti). In questo caso si nota come le prime 4 o 5 terapie sono quelle utilizzate da più dell’80% dei pazienti (figure 18 e 19).


178

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

1,2 100

1,0

80 60

0,6

%

Asma

0,8

0,4

40

0,2

20

0

Asma Percent Cum %

0,255 23,7 23,7

0,224 20,8 44,4

Alt ro

ne rg ici oli

De

An tic

St e sis roid tem i ici co ng es tio na n na ti sa li An tile uc otr ien ici

ci ini tam An tis

an Va tin cc flu in en o za le

Br on co d lon ilata g e tor sh i ort Co rtic ina ost lat ero ori idi (IC S)

0

0,173 16,0 60,5

0,138 12,8 73,3

0,125 11,6 84,9

0,061 5,7 90,5

0,045 4,2 94,7

0,025 2,3 97,0

0,032 3,0 100,0

Figura 18 • Diagramma di Pareto delle terapie utilizzate dai pazienti con asma

0,8 0,7

100

0,6

80 60

0,4

%

Rinite

0,5 0,3

40

0,2

20

0,1

0,319 44,0 44,0

0,123 17,0 61,0

0,085 11,7 72,7

0,079 10,9 83,6

0,072 9,9 93,5

Alt ro

co d lon ilata g e tor sh i ort

Br on

an Va tin cc flu in en o za le

rti ina cost lat ero ori idi (IC S)

Co

De co ng

St e sis roid tem i ici

ini c tam tis An Rinite Percent Cum %

es tio na n na ti sa li

0

i

0

0,036 5,0 98,5

0,011 1,5 100,0

Figura 19 • Diagramma di Pareto delle terapie utilizzate dai pazienti con rinite

Come sempre occorre vagliare in maniera critica le conclusioni cui si giunge: il dato non include infatti i farmaci acquistati senza prescrizione e con ricette ripetibili oltre il primo acquisto; il dato relativo agli anti-congestionanti nasali include anche terapie per riniti non allergiche. Dal punto di vista terapeutico prevale l’uso di antistaminici per le riniti anche in comorbidità con l’asma, e l’uso di broncodilatatori per i pazienti asmatici.


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

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Conclusioni della fase di misura ed analisi L’analisi dei dati conferma e quantifica la mancanza di un percorso standardizzato rispetto agli accertamenti, rispetto allo specialista cui il paziente è indirizzato e rispetto alla terapia. “IMPROVE” O FASE DI MIGLIORAMENTO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 3: “ATTUARE LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO”)

Una volta definito l’obiettivo, dopo aver fatto “parlare i dati” in modo da aver chiara la situazione da migliorare, è il momento di entrare nel dettaglio dei processi e capire come renderli migliori per il paziente, sempre coinvolgendo direttamente gli attori che ne fanno parte. È stato quindi organizzato un evento Kaizen (dal giapponese Kai Zen, ovvero smontare un processo e riassemblarlo nel modo ottimale) coinvolgendo tutti gli attori del processo stesso. L’organizzazione di un evento Kaizen (o workshop strutturato) deve considerare diversi aspetti: • Un buon lavoro preparatorio, definendo il problema, raccogliendo i dati ed analizzandoli. • La corretta selezione dei partecipanti, che come detto devono essere gli attori stessi del processo. Ciò implica che nella fase di definizione e misurazione il processo sia stato descritto, mappato e compreso, almeno per grandi linee. • La comunicazione ai partecipanti dello scopo e dell’importanza dell’evento ed il ruolo che sono chiamati a svolgere. In particolare, l’evento deve essere posto in un’ottica positiva di miglioramento dei processi a beneficio del paziente, evitando che possa essere erroneamente percepito come qualcosa di costrittivo nei confronti dei partecipanti. • Gli aspetti logistici: assicurarsi per tempo di avere a disposizione spazi e materiali adeguati, stabilire orari compatibili con le esigenze dei partecipanti (ad esempio, in questo caso per venire incontro alle esigenze di medici di medicina generale e specialisti si è optato per un orario tardo-pomeridiano). • Un’agenda ben strutturata: è importante stabilire un’agenda ed una struttura dell’incontro adeguata e verificare che venga rispettata. In questo evento sono stati coinvolti circa 30 fra medici di medicina generale, allergologi, pneumologi, otorinolaringoiatri e farmacisti del territorio. Dopo una parte iniziale dell’incontro, focalizzata sulla condivisione del­ l’obiettivo dell’iniziativa e dei dati di riferimento sopra esposti, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi omogenei.


180

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Un numero di 5-10 persone per gruppo è ottimale. Ad ogni gruppo è stato assegnato un moderatore, ovvero una black belt o master black belt. Il ruolo del moderatore è fondamentale per: • guidare il gruppo dal punto di vista metodologico; • assicurare il rispetto dei tempi e degli obiettivi, e la partecipazione bilanciata di tutti i partecipanti; • fare chiarezza, riassumendo periodicamente le idee emerse e lo stato del lavoro di gruppo; • come persona super-partes e di riconosciuta esperienza, risolvere eventuali divergenze di opinioni fra i partecipanti. Le aree di lavoro dei tre gruppi, sulla base dell’analisi discussa nel precedente paragrafo, sono state suddivise in: • diagnosi; • terapia; • follow-up. Durante questa fase di analisi, il team focalizzato sulla diagnosi, per la natura del problema, che vede i percorsi terapeutici incontrarsi tra di loro, ha descritto e mappato congiuntamente i processi di diagnosi delle diverse patologie. Gli altri due gruppi, concentrati su terapia e follow-up, hanno descritto separatamente i processi relativi alla terapia ed al follow-up di asma e rinite allergica. Durante l’evento il lavoro viene fatto in modo interattivo e collaborativo, utilizzando cartelloni, pennarelli e post-it. Qui, allo scopo di migliorare la leggibilità, viene riportata la versione elettronica elaborata successivamente a partire da quella cartacea (figure 20-24). Seguendo un approccio creativo a volte è facile raccogliere un gran numero di idee di miglioramento, mentre può risultare difficile scegliere quali fra le tante vale veramente la pena mettere in pratica. Ecco che di nuovo il lavoro di gruppo, facilitato dal moderatore, è fondamentale per condividere conoscenze e punti di vista e raggiungere un accordo, prioritizzando le idee sulla base dell’impatto e della fattibilità, e chiedendo ai partecipanti di votarne alcune, per arrivare a condividerle e quindi a concordarle fra i diversi gruppi, creando un preciso piano d’azione (tabelle 2 e 3). Non sono i moderatori a presentare le proposte concordate dal team, ma una persona scelta dal team stesso. È chiaro che a questo punto del lavoro le persone si sentono del tutto coinvolte e responsabili del piano di azione che hanno redatto. I piani d’azione dei diversi gruppi vengono poi consolidati in uno unico e definitivo.


Asma Rinite Asma e rinite

1) Disinformazione del paziente, sottostima della patologia (specie la rinite), spesso non si reca dallo specialista indicato dal MMG

Paziente

MMG

2) Conoscenza limitata delle linee guida, mancanza di indicazioni precise sul percorso del paziente e potenziale scelta inappropriata del percorso specialistico, potenziale scelta inappropriata degli accertamenti (anche per lo specialista)

Pronto soccorso

3) Mancanza di informazioni, indisponibilità di questionari/linee guida diagnostiche (vedi progetti “aria in pharmacy”, “io e asma” per infanzia) uso inappropriato di test diagnostici

Accertamenti

Farmacista

4) Limitata comunicazione MMG/specialista, migliorabile attraverso l’uso di risorse informatiche (sistema BIBB, reti di patologia)

Farmaco da banco

Allergologo

5) Limitata disponibilità dello specialista, lunghe lista d’attesa, possibilità di creare percorsi preferenziali, uso del bollino verde

Pneumologo

Accertamenti

6) Visite periodiche dello specialista all’ambulatorio di medicina generale come “consultant”

OTL

Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Figura 20 • I processi e i possibili miglioramenti: diagnosi delle tre patologie

181


Asma

Paziente asmatico

Verifica terapia

Paziente poco informato su andamento malattia e su corretto utilizzo farmaci. Possibile bisogno di ossigeno. Numero di farmaci (miglior compliance). Eccessiva prescrizione (associazione laba+steroidi).

Stabilizzazione dei sintomi

Spiegazione al paziente dell’uso dei farmaci

Classificazione gravità asma (se non fatta)

Conoscenza malattia e suo significato. Stile di vita (fumo, ecc.). Verifica della comprensione e tempo educazionale. Mancata percezione cronicità malattia. Cure di fondo e cure al bisogno. Paura della terapia: “corticofobia”. Non aderenza alla terapia.

Trattamento fase acuta

Spiegazione al paziente delle terapie

Elettromedicali non adeguati (aerosol).

Diagnosi avvenuta

Spiegare il funzionamento dei dispositivi. Scarsa conoscenza/manualità nell’uso dei farmaci/devices.

Step up/step down. Incertezza sul follow-up del MMG con impatto su terapia

Monitoraggio del paziente/ follow-up

182 LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Figura 21 • I processi ed i possibili miglioramenti: terapia asma


Rinite

Paziente con rinite allergica

Gap educazionale se la diagnosi è fatta dal MMG

Definizione rinite allergica

Verifica terapia

Stabilizzazione dei sintomi

Spiegazione al paziente dell’uso dei farmaci

Classificazione rinite (se non fatta)

Cure termali richieste dal paziente.

Ricorso inappropriato a terapie steroidee. Abuso di vasocostrittori topici.

Scarsa compliance del paziente nell’utilizzo apparecchiature per aerosol. Spiegare il funzionamento dei dispositivi.

Trattamento fase acuta

Spiegazione al paziente delle terapie

Diagnosi avvenuta

Liste di attesa per terapia chirurgica

Alto costo della terapia a carico del paziente

Sospensione della terapia

Monitoraggio del paziente/ follow-up

Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

183

Figura 22 • I processi ed i possibili miglioramenti: terapia rinite


Il MMG dovrebbe essere il capolinea. Mancanza di impostazione/programmazione del follow-up. Decisione se avvalersi di una consulenza specialistica e se sì quale (pneumologo/otorino/allergologo). Esenzione: il ticket dura due anni poi deve essere rinnovato. La visita di controllo non è uno standard. Tempo per educazione del paziente, anche sui farmaci, anche dopo il primo miglioramento ottenuto. Problema della lingua con pazienti stranieri. Per i bambini, preoccupazione delle mamme sugli effetti dei farmaci. Non accettazione della patologia. Complicità fra paziente e medico nell’ignorare la malattia. Mancanza di indicatori sulla qualità di vita. Tempi di attesa.

Colloquio paziente

Asma

Questionario ACT poco utilizzato o compilato parzialmente dai pazienti.

Monitoraggio (rilascio al paziente del questionario ACT) Uso corretto del device

Test sull’utilizzo del device

Tempi di attesa

Secona visita di controllo

Rilascio lettere per medico curante

184 LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Figura 23 • I processi ed i possibili miglioramenti: follow-up asma


Decisione se avvalersi di una consulenza specialistica e se sì quale (otorino/allergologo). Non tutti i rinitici vengono visitati dall’otorino. Non tutti i pazienti si prestano alla visita. Non utilizzo dei questionari. Tempi di attesa. Mancanza di indicatori sulla qualità di vita.

Indagine su coesistenza problemi respiratori e accertamenti

Prima visita di controllo

Rinite

Mancanza indicazioni su caratteristiche tecniche dell’aerosol. Il farmacista non ha una condivisione di terapia.

Impostazione terapia

Lettera al medico curante

Impostazione seconda visita di controllo

Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Figura 24 • I processi ed i possibili miglioramenti: follow-up rinite

185


186

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2 - ESEMPIO DI PRIORITIZZAZIONE DELLE IDEE DI MIGLIORAMENTO #

Criticità di Processo

Numero voti

assegnati dal team

Criticità su cui

abbiamo

Soluzione Identificata

Chi

Quando

lavorato

1

Comportamento del paziente

1

2

Ruolo e decisioni del MMG

7

X

Formazione ai MMG sulle linee guida (aspetto diagnostico) Questionario validato Criteri di appropriatezza degli accertamenti Follow up diagnostico a breve

ASL (con SIMG)

Da proporre alla ASL

3

Ruolo e decisioni del farmacista

2

X

Definizione di un questonario diagnostico validato

ASL (con ordine dei farmacisti)

Da proporre alla ASL

4

Comunicazione fra MMG e specialista

4

X

Uso sistema SISS per comunicazione diretta Uso delle riunioni di distretto

Regione

Da proporre alla ASL

5

Disponibilità specialista/ percorsi preferenziali

1

6

Specialista come “consultant” dell’ambulatorio di medicina generale

0

ASL/ Azienda ospedaliera


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

187

Il piano d’azione deve essere chiaro ed individuare chi sono i responsabili delle singole azioni (preferibilmente un’unica persona responsabile, con eventuali altre coinvolte a supporto) e le relative tempistiche (tabella 3). In questo caso alla fase finale dell’evento Kaizen ha partecipato anche un rappresentante della ASL di Brescia, che ha discusso con i partecipanti tutte quelle azioni che coinvolgevano direttamente la ASL. FASE DI CONTROLLO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 4: “RIVALUTARE I RISULTATI”)

La fase di controllo di un progetto ha lo scopo di verificare se i risultati sperati sono stati raggiunti, e di assicurare che i miglioramenti implementati siano sostenibili nel tempo. Il rischio (che la metodologia consente di minimizzare) è che dopo una prima fase in cui l’organizzazione è concentrata sul miglioramento e si vedono i risultati si ritorni “alle vecchie abitudini”. In questo progetto la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) insieme alla ASL ha seguito una continua e corretta implementazione delle azioni individuate dall’action plan del gruppo, a partire dalla comunicazione delle stesse. Un interessante esempio di una delle azioni previste è rappresentato dalla scrittura di un questionario diagnostico validato per il medico di medicina generale ed il farmacista, realizzato grazie alla collaborazione fra l’Ordine dei Medici e l’Ordine dei farmacisti, che viene qui di seguito riportato (figura 25). Si è trattato di un questionario somministrato al paziente con asma e rinite allergica in farmacia, in doppia copia: una copia da raccogliere ed elaborare a fini statistici (l’elaborazione è in corso), un’altra da consegnare al medico di medicina generale in modo da indirizzare correttamente il percorso integrato del paziente. Un commento importante è che, seguendo un approccio strutturato, anche partendo da realtà locali, si vanno a individuare soluzioni normalmente applicabili su più larga scala. Per questo motivo, oltre che per l’interesse delle metodologie in sé nell’ambito sanitario, assume grande interesse anche la condivisione di tali progetti con la comunità scientifica. Il progetto sarà infatti presentato nell’ambito del prossimo congresso “Brescia Pneumologica” in programma il 5 giugno 2012 (figura 26).


188

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 3 - IL PIANO D’AZIONE FINALE Criticità di Processo

Soluzione Identificata

Azione

Ruolo e decisioni del MMG

Formazione ai MMG sulle linee guida (aspetto diagnostico) Questionario validato Criteri di appropriatezza degli accertamenti Follow up diagnostico a breve

Ruolo e decisioni del farmacista

Definizione di un questonario diagnostico validato

Comunicazione fra MMG e specialista

Uso sistema SISS per comunicazione diretta Uso delle riunioni di distretto

Educazionale: conoscenza malattia e significato Stile di vita Verifica comprensione e tempo dedicato Mancata percezione cronicità malattia Funzionamento dispositivi

Incontri dedicati per MMG, infermieri, specialisti e farmacisti per l’educazione al paziente Brochure educazionale per il paziente Incontri dedicati per il paziente con l’infermiere

Cure di fondo e cure al bisogno Non aderenza alla terapia

Analisi fra numero prescrizioni e numero pezzi venduti Direttiva ASL su piano terapeutico scritto (MMG e specialista) Schemi terapeutici semplici

Alto costo terapia a carico del paziente

Sensibilizzazione attraverso i referenti regione Lombardia per inserire i farmaci in classe A

Spiegazione funzionamento dispositivi

Compreso fra le azioni per il paziente asmatico

Abuso di vasocostrittori topici

Educazione attraverso il farmacista, spot educazionali o divieto pubblicità

Educazione paziente asmatico/ rinitico (aderenza terapia)

Uniformare la comunicazione (linguaggio condiviso) tra operatori e pazienti

Realizzazione di un documento condiviso sulla consapevolezza della patologia/stile di vita

Uso corretto device (paziente asmatico)

CD dottoressa… Coinvolgere gli infermieri

Supervisione del CD ed approvazione Valutazione di fattibilità di coinvolgimento personale infermieristico

I pazienti (asmatici e rinitici) non hanno indicatori sulla loro qualità di vita

Divulgazione questionario ACT ai medici

Riunione ASL nell’ambito dei PDT

Esenzione ticket

Informazione ai pazienti sull’esenzione

Sensibilizzazione del MMG (educazione al paziente)


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

Chi

Quando

ASL (con SIMG)

Da proporre alla ASL

ASL (con ordine dei farmacisti)

Da proporre alla ASL

Regione ASL/Azienda ospedaliera

Da proporre alla ASL

ASL con supporto SIMG (Dott. ..., Dott. ...) Az. Farm./ASL SIMG (Dott. ...) + ASL Az. Osp. Civ. Brescia e Montechiari Dott.ssa ... Dott.ssa ...

Da proporre alla ASL

Settembre 2010 ASL e MMG

Da proporre alla ASL

Dott. ...

ASAP

Dott. ...

ASAP

Bettoncelli; Ordine dei medici, Ordine dei farmacisti

Entro fine anno

Dott. ... Case manager

ASAP

ASL

Entro fine anno

189


190

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Figura 25 • Il questionario per il paziente


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

191

Figura 26 • Il congresso nell’ambito del quale sarà presentato il progetto

IL PARERE DEL CUSTOMER

Nel Lean e nel Six Sigma l’opinione del customer è sempre centrale. Il case study si chiude infatti con un’intervista doppia sull’iniziativa, intervista fatta direttamente con i responsabili coinvolti: il Dottor Germano Bettoncelli, Medico e Responsabile Nazionale Area Pneumologica della SIMG ed il Dottor Erminio Tabaglio, Medico e Presidente Provinciale della SIMG.


192

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Intervista al Dott. Germano Bettoncelli, Medico e Responsabile Nazionale Area Pneumologica della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) Intervista al Dott. Erminio Tabaglio, Medico e Presidente Provinciale della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) Cosa è cambiato nella realtà in cui opera a seguito del progetto e delle relative azioni di miglioramento? GB: “La condivisione di questa espeET: “Penso sia prematuro parlare di rienza con i colleghi con cui interagiacambiamenti. Di fatto sono state getmo abitualmente nella gestione dei notate le basi di una collaborazione tra stri pazienti ha certamente contribuito diversi attori (medici di famiglia, speciaa migliorare la reciproca conoscenza, listi, farmacisti) che ha già trovato una ad approfondire i rispettivi punti di vista sua continuità negli incontri di ‘Brescia nell’approccio alle problematiche della Pneumologica’ e nella distribuzione del rinite e dell’asma bronchiale, a favorire la questionario validato nelle farmacie. Per comprensione delle reciproche difficoltà poter parlare con cognizione di causa di nel raggiungere gli obiettivi assistenziali cambiamenti significativi nell’approccio e raccomandati.” nella gestione dei pazienti con asma/rinite credo sia necessario il coinvolgimento diretto dell’ASL, così come è stato fatto per altre patologie croniche, perché è la sola in grado di garantire una diffusione tra tutti i MMG e specialisti dei percorsi diagnostico-terapeutici e soprattutto di monitorare attraverso indicatori l’effettiva applicazione degli stessi.” Cosa ha significato per lei e per la sua organizzazione l’adozione della metodologia Lean Six Sigma rispetto ad un approccio tradizionale? GB: “Si tratta di una metodologia molto ET: “Per me è stata una ‘piacevole sorefficace che propone un approccio ai presa’. Ho accumulato nel tempo una problemi insieme formativo e di facile discreta esperienza di partecipazione a trasferimento nella pratica di tutti i giortavoli di consenso tra MMG e specialisti ni. Il confronto sui dati che fotografano per l’elaborazione di percorsi diagnostila nostra realtà assistenziale determina co-terapeutici condivisi, che nella magun coinvolgimento personale molto forte, gior parte dei casi si sono rivelati molto attivo e in quanto tale con maggiori pos‘faticosi’ e poco efficienti: lunghe discussibilità di mantenersi nel tempo. Tutto ciò sioni spesso su aspetti secondari e tempi naturalmente si basa sulla disponibilità di dilatati. L’applicazione della metodologia archivi aggiornati ed ordinati che il mediLean Six Sigma e l’evento Kaizen hanno co deve possedere. reso tutto più facile e scorrevole.”


Gestione integrata del paziente con asma e/o rinite allergica

193

GB: A Brescia tutto ciò avviene già per una buona parte dei medici di famiglia all’interno di specifici progetti dell’Azienda Sanitaria Locale.” Qual è stata la reazione delle persone coinvolte nell’evento Kaizen e nel progetto in generale? GB: “Certamente positiva, molti colleghi ET: “Apprezzamento generale e soddisi sono dichiarati favorevoli a ripetere sfazione: soddisfazione nel constatare questa esperienza. Peraltro da tre anni di essere riusciti ad affrontare in una risi tiene nella nostra città il convegno, unione con tempi limitati e definiti un ar‘Brescia Pneumologica’, nel quale vengomento ampio, partendo spesso da pogono presentati e discussi i dati relativi sizioni discordanti, producendo alla fine all’assistenza ospedaliera, specialistica qualcosa di concreto e condiviso.” ambulatoriale e della medicina generale, in campo respiratorio. Nel contempo si individuano le criticità e si definiscono gli interventi praticabili per migliorare l’assistenza.” In generale, cosa pensa della metodologia Lean Six Sigma applicata in sanità? GB: “Si tratta di una metodologia moET: “Da anni si parla di ‘aziendalizzazioderna, particolarmente adatta ai bisogni ne’ nella sanità, sottintendendo un proformativi dei medici. È oggi necessario cesso di miglioramento della efficienza superare le tradizionali forme di aggiordel sistema e delle strutture, che troppo namento, scarsamente capaci di coinvolspesso però viene disatteso. Credo che gere i discenti e di indurre reali modifiche l’applicazione di questa metodologia della pratica professionale quotidiana. possa rivelarsi uno degli strumenti più Questa metodologia, che parte dall’anapositivi e produttivi nella soluzione di lisi dei problemi, documentata attraverso problemi, e nella definizione e raggiungila raccolta di specifici indicatori, sia del mento di obiettivi concreti.” singolo medico che della sua comunità, costituisce una forma assai efficace di didattica per adulti.”



3 • CASE

STUDY: MIGLIORAMENTO DELLA GESTIONE DEL PAZIENTE IN UTIC E SUB-UTIC

SCHEDA DEL CASE STUDY

• •

Strutture coinvolte: - Unità Operativa di Cardiologia, Ospedale San Giovanni Addolorata, Roma - Divisione di Cardiologia, Ospedale Pugliese Ciaccio, Catanzaro. Processo oggetto del case study: processo di gestione del paziente in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC) e Sub Intensiva (Sub-UTIC). • Attori coinvolti (Team): cardiologi, infermieri farmacisti, operatori tecnici. Il progetto “Il Miglioramento della gestione del paziente” nasce da una collaborazione con l’Unità Operativa di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni (UTIC e Sub-UTIC) a Roma e con la Divisione di Cardiologia dell’Ospedale Pugliese Ciaccio a Catanzaro. L’obiettivo principale di questa iniziativa è stato quello di effettuare un’analisi di alcuni processi critici nella gestione dell’assistenza all’interno delle Unità Coronarica e di Terapia Semintensiva Cardiologica, con il fine di poter migliorare la gestione del paziente. Attraverso l’utilizzo della metodologia del Lean Six Sigma, nell’analisi dei dati e delle singole fasi e attività sono state identificate alcune variabili critiche per migliorare il processo. L’evento Kaizen (workshop), effettuato all’interno dell’Ospedale, è stato strutturato in due parti: una prima parte formativa sulla metodologia del Lean Six Sigma e sulla possibile identificazione degli sprechi o attività a non valore aggiunto. Una seconda parte relativa alla presentazione dei dati del processo di gestione del paziente, alla condivisione dell’analisi effettuata dal Team sulle attività, sulle criticità in UTIC e Sub-UTIC e sullo sviluppo delle possibili soluzioni e del relativo piano d’azione.


196

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

INTRODUZIONE

Le Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC) e Sub Intensiva (SubUTIC) gestiscono il percorso assistenziale dei pazienti affetti da patologia cardiaca acuta avvalendosi anche delle prestazioni erogate da altri settori dell’Unità Operativa. L’UTIC è costituita da alcuni posti letto con monitoraggio continuo del ritmo cardiaco e possibilità di monitoraggio emodinamico, di assistenza respiratoria e cardiovascolare meccanica. Nel tempo è cambiata sensibilmente la tipologia del paziente ricoverato in UTIC: lo scompenso avanzato, le aritmie maggiori, le patologie aortiche acute e l’embolia polmonare sono sempre più frequenti, rispetto agli eventi coronarici, nei letti per acuti dei Reparti di Cardiologia; una conseguenza diretta di una serie di fattori concomitanti: il cambiamento dell’epidemiologia delle sindromi coronariche acute, la riduzione della degenza media, la nuova concezione della rete delle cure delle malattie acute e l’aumentata sensibilità verso l’ottimizzazione del loro trattamento. Inoltre, insieme al cambiamento nella tipologia di paziente, è mutata sensibilmente anche la durata della degenza come conseguenza di un sempre più rapido recupero nella maggioranza dei pazienti delle condizioni funzionali ottimali, dell’aumentata efficienza del sistema ospedaliero e della logica dei DRG. Accanto alla rapida evoluzione delle terapie è andata mutando nel tempo anche l’organizzazione delle UTIC: è cresciuta l’attenzione verso gli aspetti di funzionalità delle strutture che ospitano le UTIC, sono migliorati i supporti tecnologici e si è creata una nuova mentalità organizzativa: il medico che gestisce le UTIC e Sub-UTIC deve sviluppare sempre più la capacità di governare gli aspetti organizzativi all’interno della struttura e all’esterno, nei suoi rapporti con le altre strutture di assistenza; inoltre deve sapersi confrontare con le problematiche amministrative ed economiche. LA FASE DI DEFINIZIONE (NELL’AUDIT CLINICO FASE 1: “PREPARARE L’AUDIT CLINICO”)

L’approccio metodologico utilizzato, sia in fase di definizione del problema che di determinazione dell’obiettivo, seguito dall’analisi dei dati e della costruzione e condivisione del piano d’azione, è stato lo stesso nelle due strutture ospedaliere coinvolte. Dall’analisi effettuata all’interno dell’UTIC e Sub-UTIC del S. Giovanni è emerso che il processo di gestione del paziente ai fini di un’ottimizzazione delle risorse è lontano dagli obiettivi definiti:


Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

197

• Il tempo di degenza medio del paziente è molto variabile con una media totale pari a circa 7 gg (dati 2007 e 2008 su 2.069 ricoveri) così distribuita: - UTIC: 2,6 gg - Sub-UTIC: 4,4 gg • con la presenza di outliers,1 soprattutto in Sub-UTIC. Situazione analoga anche nella struttura dell’Ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro dove l’analisi dei dati è stata effettuata in base al percorso che il paziente compie tra UTIC e Cardiologia: • Il tempo di degenza medio del paziente è molto variabile, con una media totale pari a circa 6,4 gg (dati 2008 su 2.054 ricoveri) così distribuita: - Percorso 1 (CARD-OUT): 4 gg - Percorso 2 (UTIC-CARD-OUT): 9,1 gg • con la presenza di outliers in tutti e due i percorsi. In entrambe le strutture, in funzione dell’analisi effettuata sui dati, è stato definito come obiettivo del progetto l’ottimizzazione del processo di gestione del paziente al fine di una: • semplificazione delle attività e miglioramento della qualità del lavoro; • riduzione della variabilità del processo con l’eliminazione degli outliers (ove possibile); • riduzione dei tempi di degenza dei pazienti cronici; • miglioramento del turnover. Tutto questo sempre continuando ad offrire al paziente un iter terapeutico e diagnostico appropriato. In entrambi i case study il primo dato rilevante è rappresentato dall’analisi dei percorsi effettuati dai pazienti sulla base di un campione statistico significativo, quale il numero di ricoveri effettuato in un anno nelle strutture esaminate. Il project charter utilizzato riporta quindi la definizione specifica e misurabile del problema e dell’obiettivo concordato: con l’identificazione e selezione del paziente “in scope”, ovvero il paziente con infarto acuto del miocardio e con molte morbilità (tabella 1).

In statistica il termine “outlier” è utilizzato per definire, in un insieme di osservazioni, un valore anomalo, distante dalle altre osservazioni disponibili. Gli statistici italiani preferiscono tradizionalmente parlare di “dati anomali” o “aberranti”. Il significato è il medesimo. Da: Wikipedia (http:// it.wikipedia.org/wiki/Outlier). 1


198

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 1 - PROJECT CHARTER Definizione del problema

Obiettivo

I l processo di gestione del paziente ai fini di un’ottimizzazione delle risorse è lontano dagli obiettivi definiti: • Il tempo di degenza medio del paziente è molto variabile con una media totale pari a circa 7 gg (dati 2007 e 2008 su # 2000 ricoveri) così distribuita: - UTIC: 2,6 gg - SUBUTIC: 4,4 gg • Presenza di outliers

Ottimizzazione del processo al fine di una: • Semplificazione delle attività e miglioramento della qualità del lavoro • Riduzione della variabilità del processo con l’eliminazione degli outliers (ove possibile) • Riduzione dei tempi di degenza dei pazienti cronici • Miglioramento del turnover continuando ad offrire al paziente un iter terapeutico e diagnostico appropriato

In Scope: • Paziente con infarto acuto • Paziente con molte morbilità • UTIC: Unità cardiocoronarica • Sub-UTIC: Unità Stabile xx

Out of Scope: • Altre tipologie di paziente e medico • Altre unità

FASE DI MISURAZIONE E ANALISI (NELL’AUDIT CLINICO FASE 2: “ATTUARE L’AUDIT CLINICO”)

In questa fase sono state raccolte le informazioni necessarie ad una migliore comprensione e definizione del problema. Nell’approccio metodologico è fondamentale basarsi su dati oggettivi e su strumenti di analisi scientifici, evitando il rischio di basarsi su percezioni soggettive. Anche in questo caso l’inizio è stato una semplice mappatura del processo di gestione del paziente nei due percorsi, ovvero una mappa dove le fasi del processo si susseguono con un flusso, in modo da rendere chiaro quali sono le fasi principali e le attività condotte sul paziente (figure 1 e 2). Le fasi descrivono le principali attività di gestione del paziente per il percorso in UTIC: ingresso del paziente in UTIC, gestione acuta, stratificazione del paziente, mobilizzazione ed infine dimissione. Per il percorso in Sub-UTIC le principali fasi sono: ingresso in Sub-UTIC, rivalutazione del paziente, degenza, diagnosi, dimissione e presa in carico da altre strutture (interne o riabilitative) o invio al domicilio. La mappatura del processo di gestione del paziente serve a descrivere e condividere in modo visivo cosa succede all’interno del processo e soprattutto ad identificare in una fase successiva le criticità/opportunità ed i miglioramenti necessari al processo stesso.


199

Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

Il paziente Ingresso in UTIC

Diagnosi

Gestione acuta

Stratificazione del paziente

Mobilizzazione del paziente

Terapia

Compilazione cartella

Rapporti con i familiari

Profilo rischio cardiologico

Comorbilità

Valutazione autosufficienza

Dimissione da UTIC

Valutazione stato psichico

Valutazione problemi sociali

Consegne medico infermieristiche Programma clinico

Valutazione trasferibilità

Trasmissione informazioni

Figura 1 • La mappatura del processo di gestione del paziente in UTIC (Az. Osp. Pugliese Ciaccio)

Il paziente Ingresso in UTIC

Presa in carico da parte degli infermieri

Rivalutazione del paziente

Consegne scritte mediche

Degenza del paziente

Diagnosi cronicità dimissibilità

Per il paziente standard previsione dimissioni dal primo giorno di degenza

Dimissione da UTIC

Presa in carico da

Cardiochirurgia

Altro Reparto

Domicilio

Strutture Riabilitative

Figura 2 • La mappatura del processo di gestione del paziente in Sub-UTIC (Az. Osp. S. Giovanni Addolorata)


200

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Una volta identificato il percorso che compie il paziente all’interno delle strutture, sono stati raccolti ed analizzati i dati del processo che gli attori (quali i responsabili di UTIC e Sub-UTIC, i cardiologi e gli operatori) consideravano critici o di maggiore impatto sul turnover del paziente. Raccolta e analisi dei dati: metodologia e rappresentatività Il campione considerato ha riguardato l’analisi dei dati relativi ai ricoveri di pazienti che sono transitati almeno una volta dalle Unità Operative di Cardiologia ed UTIC nell’anno 2008 presso l’Azienda Ospedaliera Pugliese Ciaccio e nell’anno 2007 e 2008 nell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni. Sulla base di questi dati è stata effettuata una serie di analisi statistiche per andare a vedere le caratteristiche principali di questi percorsi attraverso: • Analisi giorni (gg) degenza totali dei due percorsi e confronto. • Correlazione statistica tra gg degenza ed età dei pazienti e tra gg degenza e sesso dei pazienti. • Analisi statistica dei gg degenza verso il giorno di dimissione. • Analisi statistica dei gg degenza verso il tipo di diagnosi. • Analisi statistica dei gg degenza verso il tipo di intervento. • Analisi degli outliers. Tutte queste analisi hanno avuto lo scopo di capire se esiste una correlazione statisticamente significativa, di tipo causa-effetto, tra il tempo relativo al percorso del paziente e le cause di seguito indicate, quali: tipologia del percorso in UTIC verso Sub-UTIC, età e sesso dei pazienti, giorno di dimissione all’interno della settimana, tipologia della diagnosi e tipologia dell’intervento effettuato. Infine l’analisi degli outliers analizza e valorizza l’impatto di quelle che sono le cause speciali all’interno del processo stesso. Risultati delle analisi statistiche dei dati I risultati ottenuti sono sostanzialmente simili in entrambe le strutture ospedaliere, in particolare è emerso che: • non esiste una correlazione statisticamente significativa tra giorni di ricovero ed età del paziente né in UTIC né in Sub-UTIC, ovvero la maggiore età del paziente non determina un incremento nei tempi di degenza (figura 3); questo è un risultato importante, in quanto opinione diffusa tra gli stakeholder è che la maggiore età del paziente sia una delle principali cause di impatto sull’incremento dei tempi;


Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

Fitted Line Plot CARD-OUT: GGDeg. = 2,561 + 0,02276 Età 40

S 4,04739 R-Sq 0,6% R-Sq (adj) 0,5%

GGDeg.

30

20

10

0 0

20

40

60

80

100

Età Fitted Line Plot UTIC-CARD-OUT: GGDeg. = 6,811 + 0,03572 Età 70 S 6,94700 R-Sq 0,5% R-Sq (adj) 0,3%

60

GGDeg.

50 40 30 20 10 0 0

20

40

60

80

100

Età Non esiste una correlazione statisticamente significativa tra gg di ricovero e l’età del paziente

Figura 3 • Correlazione età vs giorni di ricovero (percorsi 1 e 2)

201


202

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

• non esiste una correlazione statisticamente significativa tra sesso del paziente e giorni di ricovero; • non si osserva una relazione statisticamente significativa tra le diagnosi più frequenti; • esiste una differenza non statisticamente significativa tra tipologia d’intervento e giorni di ricovero; • esiste una differenza statisticamente significativa tra la degenza media dei due percorsi considerati: la media dei giorni di ricovero in Cardiologia nel percorso 2 (UTIC-CARD-OUT) è maggiore del percorso 1 (CARD-OUT); • nel percorso 1 esiste inoltre una differenza statisticamente significativa tra il giorno di dimissione ed i tempi di ricovero (martedì e mercoledì vs giovedì e sabato) (figura 4). L’evento Kaizen all’interno dell’Azienda Ospedaliera L’analisi condotta sui dati è stata quindi condivisa durante l’evento Kaizen (workshop), effettuato all’interno della struttura ospedaliera con tutti i principali attori coinvolti nel processo di gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC. Ad ogni gruppo è stato assegnato un moderatore, una black belt o master black belt. Per prima cosa è stato chiesto ai due gruppi, utilizzando post-it di diversi colori, di descrivere il processo nelle sue fasi e, per ognuna di esse, le criticità ed opportunità di miglioramento. I due team hanno lavorato rispettivamente sul processo di: • ingresso, gestione, dimissione dall’UTIC e presa in carico dalla Sub-UTIC; • ingresso, gestione, dimissione da Sub-UTIC e presa in carico da: altre strutture, altri reparti, domicilio. Partendo dalla mappatura di alto livello del processo i team hanno effettuato una descrizione delle principali attività ed hanno individuato le criticità ed opportunità di miglioramento per ogni singola fase analizzata (figura 5). Una volta completata la mappatura dettagliata sono state quindi prioritizzate le numerose criticità ed opportunità individuate in base a due variabili: l’impatto sui tempi e la fattibilità. Le stesse sono poi state condivise e concordate fra i due gruppi, creando un preciso piano d’azione (figure 6 e 8). Tutto questo al fine di poter disegnare, sulla base delle criticità individuate e selezionate, uno specifico piano di miglioramento per l’eliminazione o riduzione delle cause principali (cause comuni) di variazione del processo stesso e dei difetti (figura 7).


203

Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

CARD-OUT Boxplot of GGDeg. per giorno di dimissione 40

GGDeg.

30

20

10 3

3

4

4

2

3

2

0 1

2

3

4 Day

5

6

7

Mood Median Test: GGDeg. versus Day Mood median test for GGDeg. Chi-Square = 64,21 DF = 6 P = 0,000 Overall median = 3,00 Day 1 2 3 4 5 6 7

N 40 123 72 79 158 125 129

N> 25 99 89 87 54 72 43

Median 3,00 3,00 4,00 4,00 2,00 3,00 2,00

Q3-Q1 2,00 3,00 5,00 5,00 2,00 2,00 1,75

Individual 95,0% CIs +---------+---------+---------+-----(---------*--------) *---------) (---------* (-------------------*---------) * (---------* *---------) +---------+---------+---------+-----2,0 3,0 4,0 5,0

Si osserva una relazione statisticamente significativa tra il giorno di dimissione ed i tempi di ricovero (martedì e mercoledì vs giovedì e sabato)

Figura 4 • Correlazione giorno di dimissione vs giorni di ricovero (percorso 1)


204

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Registrazione del paziente e monitoraggio

Ammissione

Eccesso di prestazioni dal PS

Non tutti i pazienti fanno la tricotomia

Mancanza di un numero di riferimento diretto per i pazienti SPOKE

Cartella Clinica Inadeguata (grafia poco leggibile) Anamnesi poco accurata per i pazienti con bypass

Responsabilità Medico Legale Anamnesi incompleta per mancanza di tempo Chiarezza del percorso del paziente (transito o ricovero)

Allergie: mancanza di numero di telefono dei familiari

Troppe persone sul paziente

Training adeguato ecocardiografico e contropulsatore

Gestione dei parenti (info da fornire)

Terapie precedenti il ricovero

Ricoveri impropri

Registrazione del paziente e monitoraggio

Figura 5 • Criticità del processo: percorso 2 (UTIC)

Figura 6 • Uno dei partecipanti presenta i risultati del suo gruppo in plenaria


205

Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

Ingresso in UTIC

Gestione acuta

Diagnosi

Difficoltà di comunicazione con altri reparti

Terapia

Tempi di attesa CES

Compilazione cartella

Rapporti con i familiari

Sistema informatizzato problematico

Documentazione precedente da richiedere prima

Struttura documentazione non finalizzata alla dimissione

Condivisione programma/ informazione Richiesta recapiti Valutazione di possibile supporto ai familiari

Figura 7 • Criticità e opportunità di miglioramento del processo di gestione del paziente in UTIC

Figura 8 • Uno dei partecipanti presenta i risultati del suo gruppo in plenaria


206

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

“IMPROVE” O FASE DI MIGLIORAMENTO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 3: “ATTUARE LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO”)

Sulla base delle criticità e delle opportunità di miglioramento i partecipanti hanno sviluppato un piano di azione, chiarendo non solo cosa deve essere fatto, ma anche “da chi” ed “entro quando” (vedi tabelle 2, 3 e 4). Sono direttamente le persone coinvolte nel processo ad essere chiamate a presentare e discutere proposte che necessariamente sentiranno come proprie. Alla fase finale dell’evento Kaizen ha partecipato la Direzione aziendale: da sottolineare ancora come per il successo di queste iniziative sia necessaria sia la sponsorship “dall’alto” sia la partecipazione attiva “dal basso” di tutte le funzioni coinvolte. FASE DI CONTROLLO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 4: “RIVALUTARE I RISULTATI”)

La fase di controllo ha lo scopo di verificare se i risultati stabiliti sono stati raggiunti e di assicurare che i miglioramenti implementati siano sostenuti nel tempo. Da qui la differenza tra implementare e realizzare: è infatti nella fase di controllo che si determina la differenza fra miglioramenti temporanei e reali cambiamenti del processo e delle attività analizzate, nell’ottica del miglioramento continuo. In questo il piano d’azione sviluppato e presentato dal team è lo strumento che deve poi guidare i responsabili delle strutture nella corretta e continua implementazione e realizzazione delle azioni concordate per il raggiungimento dell’obiettivo iniziale, ovvero in questo caso per il miglioramento del turnover del paziente e per la semplificazione delle attività e il miglioramento della qualità del lavoro. Ogni membro del team esce dall’evento Kaizen non solo con la consapevolezza di aver portato il proprio contributo per risolvere criticità ed implementare opportunità di miglioramento, che egli stesso, quale attore coinvolto in prima persona, quotidianamente conosce meglio di chiunque altro, ma anche con la responsabilità di guidare alcune delle azioni che gli competono.


207

Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

TABELLA 2 - PRIORITÀ E SOLUZIONI Percorso 1 Fase del

processo

#

Criticità del processo Bollini Impatto

sul tempo

Prenotazione 1 telefonica o da Ambulatorio

Mancanza di comunicazione della data di ricovero da parte del medico

Prenotazione 2 telefonica o da Ambulatorio

Comunicazione 0 pazienti da ricoverare con urgenza

Accettazione (registrazione del paziente)

3

Doppia firma (Caposala/Medico)

0

Accettazione (accoglienza)

4

Posto letto non ancora disponibile (causa lunghi tempi di dimissione)

0

Degenza (esami clinici di I livello)

5

Esami non tempestivi (causa carichi di lavoro eccessivi)

15

Degenza (iter diagnostico)

6

Mancanza dell’ordine 0 operatorio

Degenza (iter diagnostico)

7

Difetti di comunicazione sulla gestione dei pazienti

6

Degenza (iter diagnostico)

8

Esami e referti altri reparti

0

Degenza (gestione pomeridiana del reparto)

9

Presenza di un solo medico in reparto

Dimissione

10

Dimissione Dimissione

Fattibilità

Criticità su cui abbiamo lavorato

0

Alto

Bassa

Alto

Alta

4

Alto

Alta

Elevato numero di dimissioni/die (8-10/ die)

5

Alto

Alta

11

Complessità dimissione

2

12

Tempo di dimissione (25 minuti)

1


208

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 3 - IL PIANO D’AZIONE FINALE: OSPEDALE PUGLIESE CIACCIO Criticità/ Opportunità

Step del

Soluzione identificata

Azione

1

Difetto di comunicazione sulla gestione del paziente

7

1. Ordine entrata in sala 2. Briefing di gruppomattino 3. Adozione della cartella infermieristica

Riunione di reparto per strutturare l’ordine di entrata e per definire le modalità di svolgimento del briefing

2

Un solo medico in reparto nel pomeriggio

9

Doppia presenza pomeridiana

Riunione con il primario

3

Elevato numero di dimissioni/die

15

Medico dedicato alle dimissioni/accettazioni

Riunione con il primario

5

Esami non tempestivi (causa carichi di lavoro elevati)

5

Adeguamento delle risorse al carico di lavoro (aumentare il numero di risorse o ridurre il numero dei ricoveri)

Decisione del primario

processo

TABELLA 4 - IL PIANO D’AZIONE FINALE: OSPEDALE S. GIOVANNI Criticità/ Opportunità

Step del

Soluzione identificata

1

Mancanza discussione collegiale (meeting)

Programma clinico

1. Condivisione dei contenuti del meeting: clinicodecisionale; interpersonale-organizzativo; aggiornamento (a rotazione) 2. Effettuazione del meeting: modalità organizzativa

2

Rimozione precoce catetere e tubi infusionali

Consegne medicoinfermieristiche

Scrivere in cartella le date di posizionamento e rimozione (valido per UTIC e Sub-UTIC) e pianificare una soglia di tempo fissa per la rimozione (massimo 48 ore per default, se deve rimanere motivare in cartella)

3

Aggiornamento (definizione) linee guida interne

Programma clinico

Preparazione dei protocolli per: • Terapia antibiotica • Pericardiocentesi • Endocardite • Miocardite • Scompenso • Allergie • Embolia polmonare • Intossicazione digitalica • Pace maker • Shock • Arresto cardiocircolatorio • SCA • Mobilizzazione • Varie ed eventuali

processo


209

Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

Chi

Quando

Barriera

Azioni per superare

Chi

Reparto + Primario

Immediata

no

...

...

Primario

ASAP

no

...

...

Primario

ASAP

no

...

...

Primario

ASAP

no

...

...

la barriera

Azione

Chi

Quando

1. D efinizione orario, partecipanti, comunicazione, divulgazione 2. A turno una persona è responsabile 3. S ensibilizzazione del Primario nel ruolo di sponsor

Resp. UTIC

31 Maggio

Procedurizzare percorso di rimozione e processo di comunicazione a cascata

Caposala

31 Maggio

•S uddivisione protocolli (uno per medico / infermiere) • Discussione / condivisione • Comunicazione ed implementazione

Cardiologo UTIC

Comunicazione e assegnazione ruoli e responsabilità entro 15 giugno, completamento protocolli entro 30 settembre


210

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

IL PARERE DEL CUSTOMER

Customer feedback

DIPARTIMENTO PER LE MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE Coordinatore Dr. Alessandro Boccanelli

Roma, 16 luglio ‘09

Alla cortese attenzione della Direzione aziendale, MSD Italia

Desidero ringraziare, anche a nome dell’Azienda Ospedaliera, per il supporto fornito al Dipartimento per le Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, mettendo a nostra disposizione il Programma Merck Sigma. Le sessioni e i workshop del Programma, a cui hanno partecipato il personale medico ed infermieristico della UTIC e Sub-UTIC, oltre ad aver favorito il “team building” e la comprensione reciproca delle difficoltà inerenti le varie mansioni, hanno permesso di individuare vari livelli di miglioramento dei processi di gestione dei ricoveri sia in UTIC che in Sub-UTIC, il che si sta già traducendo in un vantaggio per i pazienti che afferiscono alle strutture di terapia intensiva cardiologica della nostra Azienda.

Molti cordiali saluti Dr. Alessandro Boccanelli


Miglioramento della gestione del paziente in UTIC e Sub-UTIC

211

Intervista al dottor Alessandro Boccanelli, Dipartimento per le Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Ospedale San Giovanni Addolorata, Roma Cosa è cambiato nella realtà in cui opera a seguito del progetto e delle relative azioni di miglioramento? AB: Ha introdotto una metodologia efficace nell’analisi dei problemi. Attraverso la rivalutazione critica dei processi si riesce ad affrontare e spesso ad attenuare, se non a risolvere, alcune difficoltà. Sono state di fatto inserite, a seguito delle analisi di gruppo, alcune modifiche procedurali che hanno snellito la vita di reparto. Cosa ha significato per lei e per la sua organizzazione l’adozione della metodologia Lean Six Sigma rispetto ad un approccio tradizionale? AB: Rafforzare la discussione collegiale in ambito di procedure e di casi clinici. Favorire il passaggio delle consegne, focalizzare i problemi e studiarne insieme le soluzioni. Per esempio, mobilizzazione precoce, ottimizzazione del disagio derivante da monitoraggi e cateteri, formulazione di protocolli relativi a situazioni cliniche. Qual è stata la reazione delle persone coinvolte negli eventi Kaizen e nel progetto in generale? AB: Generalmente positiva, tanto che è emersa l’esigenza di verificare insieme (eventualmente con la guida di uno specialista) l’impatto delle modifiche apportate. In generale, cosa pensa della metodologia Lean Six Sigma applicata in sanità? AB: Mi sembra adatta al lavoro ospedaliero, per la capacità di aumentare la valutazione critica, ridurre gli errori, migliorare lo spirito di squadra. Non va finalizzata alla compressione dei tempi di ricovero (che pure ne può derivare), ma sicuramente alla sicurezza delle procedure e alla qualità dell’assistenza in generale.



4 • CASE

STUDY: APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA LEAN SIX SIGMA PER IL CONTROLLO DEI MICRO-ORGANISMI MULTI-RESISTENTI

SCHEDA DEL CASE STUDY

• Struttura coinvolta: Unità Operativa di Rianimazione dell’Ospedale Monaldi di Napoli. • Processo oggetto del case study: riduzione delle infezioni nel processo di gestione del paziente in terapia intensiva. • Attori coinvolti: medici infettivologi, medici rianimatori, infermieri di rianimazione, microbiologi, direzione sanitaria. INTRODUZIONE

Le infezioni ospedaliere rappresentano un importante rischio in tutte le strutture sanitarie, in particolar modo in quelle aree, come la rianimazione, dove i pazienti sono in condizioni di maggiore criticità. Quando si ha a che fare con il rischio clinico diventa ancora più importante seguire un approccio corretto e sistematico, infatti il rischio, in casi come questo, non può essere eliminato, ma deve essere minimizzato, comprendendone l’entità e le principali cause. Il processo di gestione del paziente rappresenta la leva su cui agire per minimizzare il rischio clinico. Del resto, come soleva dire W. Edwards Deming, “se non sai descrivere quello che fai come un processo, non sai cosa stai facendo”.


214

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

LA FASE DI DEFINIZIONE (NELL’AUDIT CLINICO FASE 1: “PREPARARE L’AUDIT CLINICO”)

Nella fase di definizione, stabilita l’area di intervento, ci si è concentrati nel descrivere in modo chiaro ed oggettivo il problema da risolvere e gli obiettivi da raggiungere nel project charter, definiti in modo “SMART”, ovvero specifici, misurabili (in modo oggettivo), raggiungibili, realistici e con tempistiche definite (tabella 1). Da notare come non sempre è necessario provvedere a nuove misurazioni/ raccolte di dati, spesso è possibile impostare il progetto utilizzando, nel contesto metodologico, dati e/o processi già in essere. Un altro aspetto rilevante del project charter è la definizione di cosa è in scope o out of scope: uno dei principali rischi per il successo di un progetto è infatti

TABELLA 1 - PROJECT CHARTER Business Case

Problem or Opportunity Statement

Le infezioni acquisite in ospedale rappresentano un problema importante soprattutto nelle rianimazioni dove il rischio di contaminazione è elevato per le condizioni critiche dei pazienti. Sono in vigore protocolli ospedalieri che dettano le procedure per la gestione del paziente per controllare le infezioni e ridurre il rischio di contagio. Le microbiologie dell’ospedale Monaldi attivano una particolare procedura di “allerta” quando vengono isolati i cosiddetti germi “sentinella” quali Acinetobacter e ESBL inviando comunicazione al reparto di provenienza dove il ceppo è stato isolato e alla Direzione Sanitaria.

Migliorare il processo di gestione del paziente all’interno del reparto di Rianimazione Generale attraverso la revisione dell’aderenza alle procedure di controllo delle infezioni del personale medico e paramedico. Obiettivo del progetto è la predisposizione di un programma di gestione terapeutica e procedurale delle infezioni più ricorrenti in Rianimazione Generale per ridurre la probabilità di contaminazione del paziente.

Goal Statement

Project Scope

Metric: Ridurre l’incidenza di infezioni e colonizzazioni da germi sentinella (Acinetobacter, ESBL, Amp C, Psuedomonas, Aspergillus) nel reparto di rianimazione generale dell’Ospedale Monaldi di Napoli

In scope: Infezioni e colonizzazioni in paziente afferenti il reparto di Rinamazione Generale Out of scope: Tutti gli altri reparti dell’Ospedale

Date: Milestone Nov 09: Project Team Formed Gennaio 10: Define Febbraio 10: Measure Marzo 10: Analyze Aprile 10: Kaizen Event Giugno: Control


215

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

lo scope creep, ovvero il progressivo allargamento e spostamento dell’ambito dello stesso. Si inizia a lavorare, ad esempio, su un problema e su un reparto, successivamente si include anche un altro problema, poi un altro reparto, fino a che il progetto raggiunge una dimensione troppo grande ed una eccessiva complessità. Con questo fine, nel project charter si definisce chiaramente cosa rientra nell’ambito del progetto (in scope) e cosa ne è escluso (out of scope). Nella fase iniziale del progetto, al momento della prima stesura del project charter (che è un documento vivo che si aggiorna nel tempo) (tabella 1), si nota la mancanza di dati quantitativi precisi. Purtroppo, non si può migliorare ciò che non si misura! Questo ci introduce alla fase successiva. FASE DI MISURAZIONE E ANALISI (NELL’AUDIT CLINICO FASE 2: “ATTUARE L’AUDIT CLINICO”)

Mappatura del processo e dei dati disponibili Una volta raccolti i dati relativi al problema, si è ritenuto opportuno per prima cosa visualizzare il macro-processo ed i dati relativi, seguendo il principio di mantenere una visione chiara dell’insieme prima di entrare nei dettagli. Sono stati presi in esame i percorsi di 197 pazienti, dall’ammissione in rianimazione alla dismissione (figura 1). Analisi dei dati Si è poi analizzata la distribuzione del dato dei giorni totali di degenza, rappresentandolo graficamente e calcolando alcuni dati statistici di sintesi.

Delta tempo 1 Ammissione in Rianimazione Generale

N = 197

Delta tempo 2 1° prelievo

N = 57 Pazienti con isolamento di germe sentinella

Delta tempo 3 2° prelievo

N = 27 Pazienti con isolamento di germe sentinella

3° prelievo

N=6 Pazienti con isolamento di germe sentinella

Figura 1 • Percorso del paziente e dati disponibili

Dimissione dalla Rianimazione Generale


216

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

La rappresentazione grafica è sempre il primo passo nell’analisi dei dati, permette infatti, in primis, di mettere in luce eventuali outliers, ovvero dati anomali, molto diversi dal gruppo degli altri dati. La presenza di outliers può essere legata sia a semplici errori, ad esempio di inserimento dei dati, sia raccontarci di casi speciali, ovvero di tempi di degenza molto più lunghi del normale. In presenza di outliers è necessario analizzare in dettaglio il caso clinico corrispondente e cercare la causa del dato anomalo. Questo modo di procedere riassume nuovamente l’approccio metodologico: analizzare in dettaglio 197 casi sarebbe un enorme lavoro, mentre l’analisi grafica fatta rapidamente sulla totalità dei dati ci consente di individuare immediatamente quei pochi casi da approfondire. Nel caso in esame esistono effettivamente degli outliers, che sono stati esaminati in maggior dettaglio. Si è poi analizzata la distribuzione dei dati, che, come tipico per dati di tempi di processo, è asimmetrica e riporta una coda a destra (figura 2). Ciò è intuitivo, infatti non è possibile avere un tempo di degenza minore di zero, ma in alcuni casi è possibile avere tempi molto lunghi. È utile a questo punto calcolare dei dati di sintesi sui tempi di degenza: la media dei tempi di degenza è pari a 10,6 giorni. Avendo però precedentemente

Summary for gg di degenza in rianimazione Anderson-Darling Normality Test

0

10

20

30

40

50

60

A-Squared P-Value <

18,45 0,005

Mean StDev Variance Skewness Kurtosis N

10,640 14,254 203,170 1,99236 3,65597 197

Minimum 1st Quartile Median 3rd Quartile Maximum

0,000 1,000 5,000 14,000 65,000

95% Confidence Interval for Mean 8,637 12,642

95% Confidence Intervals

95% Confidence Interval for Median 4,000 6,000

Mean

95% Confidence Interval for StDev 12,972 15,820

Median 4

6

8

10

12

Figura 2 • Distribuzione dei giorni totali di degenza


217

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

Media = 10,6 gg Mediana = 5 gg

0

10

20

30

40

50

60

Figura 3 • Distribuzione, media e mediana dei giorni totali di degenza

visualizzato ed analizzato la distribuzione dei dati, sappiamo che la media potrebbe non essere il miglior dato di sintesi, avendo a che fare con una distribuzione di dati asimmetrica e con presenza di outliers. Un dato più affidabile in casi come questi può essere la mediana, ovvero il numero che, se ordinassimo tutti i 197 dati dal più grande al più piccolo, sarebbe al 98° posto, ovvero a metà. La mediana è pari a 5 (figura 3). In altre parole, metà dei pazienti ha avuto un tempo di degenza inferiore o uguale a 5, e metà superiore. Un altro dato di sintesi molto utile è la deviazione standard, che quantifica la variabilità dei dati; il valore pari a 14,2 gg, specie se confrontato con la media e la mediana, ci dice che c’è una variabilità molto significativa nei tempi di degenza. Per capire meglio la natura di questa variabilità può essere utile lo strumento della control chart (figura 4). Una control chart riporta in ordine cronologico i dati. Consente quindi di visualizzare se c’è stata un’evoluzione del fenomeno oggetto di studio nel tempo, ad esempio un aumento o decremento costante, un cambio repentino, o altri fenomeni. Oltre a ciò, viene visualizzata la media dei dati (linea nera) ed i limiti di controllo (linee verdi): i limiti di controllo sono una stima statistica di quella che dovrebbe essere la normale variabilità del processo, in modo da separare la variabilità compresa fra i limiti (variabilità per cause comuni) a quella esterna ai limiti (detta variabilità per cause speciali). Quindi i dati (contrassegnati dal quadratino verde con il numero 1) esterni ai limiti di controllo sono cause speciali. Chiariamo meglio il concetto con un esempio: una persona impiega mediamente 20 minuti a raggiungere il posto di lavoro; un giorno impiegherà 19 minuti perché ha trovato meno traffico e il semaforo verde, un altro 21 minuti a causa della pioggia, e così via. Queste cause (traffico, semaforo, pioggia) sono


218

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

I chart of gg di degenza in rianimazione 70 60

1 1 1

1 1

50

1 1

1

1

1 UCL = 44,07

Individual value

40 30 20

X = 10,64

10 0 -10 -20

LCL = 22,80 1

21

41

61

81

101

121

141

161

181

Observation

Figura 4 • Control chart del tempo di degenza

cause comuni, che determinano una variabilità del tempo impiegato all’interno di un intervallo più o meno prevedibile, ovvero dei limiti di controllo. Un giorno la stessa persona fora uno pneumatico e impiega 60 minuti a raggiungere l’ufficio: la foratura è una causa speciale. I limiti di controllo servono dunque a capire quale tipo di variabilità ha luogo in un processo, e quindi a indirizzare le successive analisi. È da notare però che i limiti di controllo sono calcolati statisticamente ed automaticamente, la loro applicabilità e intepretazione deve essere invece vagliata criticamente sulla base delle conoscenze che si hanno del processo. In questo caso si nota che il processo non riporta trend crescenti o decrescenti, e presenta variabilità sia di causa comune che speciale. Successivamente si sono confrontati i tempi di degenza fra i 143 pazienti per i quali non sono stati evidenziati, nei prelievi, germi sentinella, e i 57 per cui invece tali germi sono stati evidenziati (figura 5). Si nota come il tempo di degenza, per i pazienti che hanno riportato infezioni, è più alto e più variabile che per i pazienti che non ne hanno riportate. Prima di “prendere per buona” l’affermazione precedente occorre però fare un’osservazione: quando confrontiamo due gruppi di dati, troveremo sempre una differenza fra le loro medie. Ma è questa differenza statisticamente significativa?


219

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

Pazienti con isolamento germe sentinella Anderson-Darling Normality Test A-Squared P-Value <

1,56 0,005

Mean 24,211 StDev 17,169 Variance 294,776 Skewness 0,765997 Kurtosis -0,364897 N 57 0

10

20

30

40

50

Minimum 1st Quartile Median 3rd Quartile Maximum

60

1,000 11,000 19,000 38,000 65,000

95% Confidence Interval for Mean 19,655 28,766

95% Confidence Intervals Mean

95% Confidence Interval for Median 14,000 27,668

Medan

95% Confidence Interval for StDev 14,495 21,062 15,0

17,5

20,0

22,5

25,0

27,5

30,0

Pazienti senza isolamento germe sentinella Anderson-Darling Normality Test

0

10

20

30

40

50

A-Squared P-Value <

14,40 0,005

Mean StDev Variance Skewness Kurtosis N

5,1143 7,8393 61,4545 3,9479 22,5075 140

Minimum 0,0000 1st Quartile 1,0000 Median 3,0000 3rd Quartile 6,0000 Maximum 63,0000

60

95% Confidence Interval for Mean 3,8043 6,4242

95% Confidence Intervals Mean

95% Confidence Interval for Median 2,0000 4,0000

Medan

95% Confidence Interval for StDev 7,0161 8,8830 2

3

4

5

6

7

Figura 5 • Confronto del tempo di degenza dei pazienti con e senza infezione


220

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Usando l’esempio precedente, immaginiamo che la persona che impiega in media 20 minuti a raggiungere il posto di lavoro decida di cambiare percorso, e dopo aver misurato il tempo impiegato per un mese, verifichi di aver impiegato in media 19 minuti: può il nostro guidatore concludere con certezza che il nuovo percorso è più breve del precedente? Il rischio è che venga ingannato dalla variabilità comune del suo processo: avendo avuto più fortuna con le condizioni meteorologiche e con i semafori, potrebbe scambiare l’effetto del caso per una reale differenza. Per distinguere fra una differenza frutto del caso ed una statisticamente significativa, si può applicare lo strumento del test ANOVA (ANalysis Of VAriance). In questo caso il test permette di concludere che c’è una differenza statisticamente significativa fra i tempi di degenza dei pazienti infetti e non (in termini statistici il P-value è pari a 0). Come sempre si accompagna il calcolo statistico con la rappresentazione grafica, al fine di visualizzare e valutare in modo critico le conclusioni cui si giunge. Nel caso specifico è stato utilizzato un boxplot, ovvero una visualizzazione dei gruppi che evidenzia oltre alla media la mediana e gli outliers (figura 6). Lo stesso tipo di analisi è stata effettuata per ogni tipo di germe e per le tre fasi successive di prelievi descritte prima, sintetizzando il risultato finale nella tabella che segue (tabella 2). In sintesi l’analisi statistica ha consentito di concludere in modo oggettivo che le infezioni e la loro tipologia hanno un impatto significativo sui giorni di degenza.

70

Boxplot of gg di degenza in rianimazione

gg di degenza in rianimazione

60 50 40 30 20 10 0 Infezione

No infezione Infezione

Figura 6 • Boxplot (grafico “a scatola”) del tempo di degenza dei pazienti con e senza infezione


221

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

TABELLA 2 - RIEPILOGO DELLE ANALISI STATISTICHE Degenza totale

Distribuzione non normale

Media: 10,6

Mediana: 5

Presenza di outlier

Degenza pazienti

Distribuzione non normale

Media: 5,11

Mediana: 3

Presenza di outlier

Degenza pazienti

Distribuzione non normale

Media: 24,2

Mediana: 19

no outlier

Delta 1 Delta giorni Isolamenti pi첫 frequenti al primo prelievo

Distribuzione non normale ACB - ESBL - MRSA i tempi di degenza in relazione ai tipi di isolamento sono statisticamente differenti

Media: 8,6

Mediana: 7,5

Delta 2 Delta giorni Isolamenti pi첫 frequenti al secondo prelievo

Distribuzione non normale ESBL - ACB- ESBL/ amp i tempi di degenza in relazione ai tipi di isolamento non sono statisticamente differenti

Media: 7,7

Mediana: 7

Delta 3 Delta giorni Isolamenti pi첫 frequenti al terzo prelievo

Distribuzione normale ESBL- ACBS i tempi di degenza in relazione ai tipi di isolamento non sono statisticamente differenti

Media: 18,6

Confronto delta 1 delta 2 delta 3

i tempi di rilevazione nei tre gruppi sono statisticamente differenti

senza isolamento con isolamento

ACB = Acinetobacter Baumannii ESBL = Enterobatteri con betalattamasi ad ampio spettro MRSA = Staphylococcus aureus meticillino-resistente


222

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Ricerca delle cause Al fine di approfondire l’analisi, è stata anche fatta, coinvolgendo un gruppo ristretto di medici, una prima analisi di identificazione delle possibili cause, usando il diagramma causa-effetto, anche detto “diagramma a spina di pesce”, a causa delle sua forma evocativa, o di Ishikawa, dal nome del suo inventore. Sulla “testa del pesce” viene indicato il problema identificato nella fase di Definizione, mentre sui rami vengono riportate le possibili cause (figura 7). Questo approccio consente di essere più creativi e di pensare fuori dagli schemi, esaminando il processo a 360 gradi. I rami, che sono normalmente sei, possono essere dedicati a diverse aree. Una prassi comune è quella di battezzare i rami secondo le sei M, ovvero: 1. Man, il fattore umano 2. Method, metodi e procedure impiegati 3. Machine, ovvero le macchine utilizzate 4. Measure, ovvero le misurazioni fatte e la loro affidabilità 5. Material, ovvero i materiali utilizzati 6. Mother nature, ovvero le cause esterne fuori dal nostro controllo.

Management Troppe persone al momento dell’ammissione del paziente Eccesso di movimenti di infermieri

Man

Method

Visitatori esterni Non corretto lavaggio delle mani

Rispetto delle linee guida Il paziente ha già l’infezione Flusso di accesso non rispettato

Mancato rispetto procedure di accesso

Measurement

Infezioni in terapia intensiva

Materiali di uso comune

Database interno

Report germi sentinella

Analyze

Campioni di sangue a laboratorio microbiologico

Tool

Carello degli infermieri Intercom

Material

Measure

Figura 7 • Il diagramma a spina di pesce per le infezioni in terapia intensiva


223

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

Come sempre gli strumenti vanno adattati alle esigenze di ogni progetto, ad esempio in questo caso i rami chiamati “Management” e “Tool” hanno rimpiazzato altri ritenuti di minore importanza. Mentre in questa fase è utile individuare un alto numero di possibili cause, successivamente è necessario capire quali sono quelle più importanti, in modo da concentrare su di esse gli sforzi progettuali. A questo scopo può essere utile avvalersi di uno strumento di prioritizzazione come la matrice causa-effetto, dove si individuano, in base a una valutazione di team, le cause che sembrano avere il massimo impatto sul problema, ma anche una realistica possibilità di azione. Come si nota l’analisi porta a focalizzarsi su procedure e flussi di accesso (tabella 3). Si è quindi ritenuto utile realizzare una mappatura dei flussi di processo: gli strumenti disponibili per descrivere un processo sono numerosi, e come sempre

TABELLA 3 - MATRICE DI CAUSA ED EFFETTO PER LA PRIORITIZZAZIONE DELLE CAUSE Importanza (1-9) Valutazione: Alta = 9 Media = 3 bassa = 1

9

9

Impatto su

Fattibilità

Totale

3

3

54

riduzione rischio

di contaminazione

Cause Troppe persone al momento dell’ammissione del paziente Eccesso di movimenti di infermieri

9

9

162

Non corretto lavaggio delle mani e mancato rispetto procedure di accesso visitatori esterni

9

9

162

Mancato rispetto procedure di accesso

9

9

162

Il paziente ha già l’infezione

9

3

108

Rispetto delle linee guida

9

3

108

Flusso di accesso non rispettato

9

9

162

Report germi sentinella

3

3

53

Database interno

3

3

54

Campioni di sangue a laboratorio microbiologico

3

3

54

Materiali di uso comune

9

3

108

Totale

76


224

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

la scelta specifica dipende dai casi. Un semplice flusso di processo è sufficiente in molti casi, mentre quando si pone l’attenzione su “chi fa cosa” è utile lo swimlane diagram, ovvero un flusso dove ad ogni attore del processo è riservata una corsia. Quando, come in questo caso, l’attenzione va agli effettivi flussi di cose e persone in un ambiente, è utile lo spaghetti map, dove, a partire da una mappa dell’area di lavoro, si descrivono gli effettivi flussi (figura 8). In questo caso il diagramma ha permesso di individuare velocemente le tre aree critiche, chiamate A B e C, e di comunicarle con chiarezza nella fase successiva del progetto. “IMPROVE” O FASE DI MIGLIORAMENTO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 3: “ATTUARE LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO”)

Nessuno meglio degli attori di un processo può migliorarlo, e non c’è modo migliore per motivare una persona al cambiamento che lasciare che sia la persona stessa a guidarlo. Questo è il motivo per cui spesso in questa fase, una volta chiarito il problema e le sue cause, si organizza un evento Kaizen (dal giapponese Kai Zen, ovvero

C

A

B

Figura 8 • Spaghetti map dei flussi nell’area di terapia intensiva


Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

225

smontare un processo e riassemblarlo nel modo ottimale), in cui coinvolgere tutti gli attori: in questo caso circa 15 fra medici infettivologi, medici rianimatori, infermieri di rianimazione, microbiologi e direzione sanitaria. Per prima cosa a tutti i partecipanti è stato presentato il lavoro preparatorio, ovvero la definizione del problema e dell’obiettivo, l’analisi dei dati, l’identificazione e prioritizzazione delle cause, la mappatura dei flussi. Sulla base delle analisi preliminari i partecipanti sono stati poi divisi in due gruppi speculari, focalizzati sui due temi emersi dalla fase di analisi, ovvero accettazione e degenza/trasferimento. Ad ogni gruppo è stato assegnato un moderatore, ovvero una black belt o master black belt. Un aspetto importante nella gestione dell’evento Kaizen è far sì che, nella fase iniziale, ci sia un vero e proprio brainstorming (letteralmente, “tempesta di idee”), utilizzando tecniche creative ed evitando di essere troppo critici con le idee nel momento in cui vengono espresse, anche perché la selezione delle idee viene effettuata in una fase successiva. Se in un evento Kaizen ci si limitasse a elencare le idee individuali, sarebbe infatti uno spreco l’aver riunito molte persone, quando si poteva raccogliere idee e proposte individualmente da ognuno di loro. Per prima cosa è stato chiesto ai due gruppi, utilizzando post-it di diversi colori, di descrivere il processo nelle sue fasi, e per ognuna di esse criticità ed opportunità di miglioramento (figure 9 e 10). Sulla base delle criticità e delle opportunità di miglioramento i partecipanti hanno identificato un piano di azione, chiarendo non solo cosa deve essere fatto, ma anche “da chi” ed “entro quando” (tabella 4). FASE DI CONTROLLO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 4: “RIVALUTARE I RISULTATI”)

La fase di controllo di un progetto ha lo scopo di verificare se i risultati sperati sono stati raggiunti, e di assicurare che i miglioramenti implementati siano sostenibili nel tempo. Il rischio, che la metodologia consente di minimizzare, è che dopo una prima fase in cui l’organizzazione è concentrata sul miglioramento e si ottengono i risultati, si ritorni “alle vecchie abitudini”. Spesso, data la natura dei problemi con cui si ha a che fare, è necessario aspettare del tempo prima che le azioni di miglioramento siano implementate, e ancora più tempo prima di poter vedere i risultati; è il caso di questo progetto, motivo per cui è stato dettagliato e concordato un piano di controllo nel tempo (figura 11). Nell’approccio metodologico si massimizza la condivisibilità delle esperienze perché si riconducono problemi specifici a schemi più generali e perché si parla un linguaggio comune.


Opportunità

Criticità

Processo

Vago (Poche info)

Non è selettiva No info dettagliata sul paziente

CO

Contatto Ospedale di provenienza

Nel passaggio dall’osp. di provenienza all’ingresso della rianimazione il paziente si porta il germe

Accettazione del paziente

Impostazione terapia empirica

Opportunità: 2 orari per entrata parenti

Citofono, Telefono e PC ad utilizzo di tutti

Prelievi inviati alla microbiologia

Monitoraggio emodinamico Colture urine Broncolavaggio Esami ematochimici

Medico parla con i parenti per la compilazione della cartella clinica

Percorso B: Lavaggio mani visitatori

Infermieri svolgono le pratiche amministrative

Lavaggio mani persone esterne alla rianimazione

Percorso B: Le porte vengono lasciate aperte

Il paziente viene stabilizzato

2 infermieri + medico

Percorso B: Ausiliari per i parenti

Percorso A: Non si segue l’accesso standard ma il più breve

Zona filtro non rispettata

Porte aperte nella zona filtro

Invio paziente alla postazione

Percorso di accesso alla rianimazione non rispettato

Intubazione del paziente e catetere vescicale

Troppe persone sul paziente

Passaggio barella ambulanza a letto rianimazione

Accettazione

226 LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Figura 9 • Il processo di accettazione descritto dagli attori nelle sue fasi (in bianco), criticità (in verde chiaro) e opportunità di miglioramento (in verde scuro)


Opportunità

Criticità

Processo

Passaggio di consegne tra turni

Non c’è personale per la raccolta di materiale sporco

Esami laboratorio interni (emogas)

Materiale lavaggio da migliorare

Opportunità: Carrello dedicato

Pochi carrelli e pochi cesti di raccolta biancheria

Uscita ed entrata dei materiali

Pulizie… quante volte al giorno (oggi 2 volte/die)

Eccessivi spostamenti da un posto all’altro dell’infermiere

Igiene del paziente

Associazione Inf. al paziente

Nursing Paziente Lavaggio cavo orale Medicazione

Degenza (es. turno di mattina)

Giro visite con medico

Eventuali manovre invasive o esame esterni

Trasferimento reparto sub intensiva

Vitto

Trasferimento altro reparto

Trasferimento

Fine turno: Sanificazione della postazione del paziente

Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

227

Figura 10 • Il processo di degenza e trasferimento descritto dagli attori nelle sue fasi (in bianco), criticità (in verde chiaro) e opportunità di miglioramento (in verde scuro)


228

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 4 - IL PIANO D’AZIONE CONCORDATO Criticità

Soluzione

Who

When

Porte aperte nella zona filtro e Percorso di accesso nella zona filtro non rispettato

• Riunione di reparto (inclusi ausiliari) per allineamento su regole di accesso al reparto (Prof. ....) • Cartellonistica

• Dott.ssa ... • Dott.ssa ...

• 1a sett. Maggio • 2a sett. Maggio

Lavaggio Mani visitatori (Zona B/C)

• Cartellonistica in sala aspetto visitatori • Accesso parenti da ex locali banco di Roma • Dispenser lavaggio mani • Accesso dei parenti 2 volte al giorno

• Dott.ssa ... • Direzione Sanitaria (Dott. ...)/Direzione Generale • Dott.ssa ... • Prof. ...

• entro giugno • TBD • Entro giugno • TBD

Eccessivi spostamenti infermieri nel reparto

Carrello presso il letto del paziente con il materiale di utilizzo di routine

Dott.ssa ...

Entro settembre

10 Maggio

10 Giugno

Discussione risultati Kaizen con direttori di dipartimento Identificazione dei project leaders

Meeting di reparto con project leader per implementazione action plan

10 Luglio

Implementazione action plan New procedure and quick wins

11 Giugno

Confronto dati pazienti 2010 rispetto al 2009

Figura 11 • Il piano di controllo del progetto

Per questo motivo il lavoro fatto è stato presentato al 36° Congresso Nazionale della ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere) (figura 12).


AbstractANMDO2010:Layout 1 11-05-2010 21:29 Pagina 64 Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

229

36° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - Progettare e costruire il futuro

VERSO L’ECCELLENZA IN UNA U.O. DI RIANIMAZIONE: APPLICAZIONE DEL METODO SIX-SIGMA PER IL CONTROLLO DELLA CIRCOLAZIONE DEI MICRORGANISMI MULTIRESISTENTI L. Pagano*, E. Alba**, M. Buonomo***, V. Caiazzo****, V. Crivaro*****, L. Farina*, A. Mattei****, M. Papa***** *Direzione Infermieristica, ****U.O.C. Rianimazione, *****Direzione Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi”, Napoli; **Merck Sigma Manager; ***Merck Health Care Customer Manager INTRODUZIONE L’attenzione al tema della qualità dell’assistenza ha portato al progressivo sviluppo in ambito sanitario dell’analisi dei processi attraverso metodologie e strumenti estrapolati dalle realtà produttive. Tra questi, il Six-Sigma costituisce un approccio statistico strutturato volto al raggiungimento dell’eccellenza nei processi operativi. Sigma (�), infatti, è il simbolo utilizzato per identificare, in statistica, la misura della variazione presente in un processo, in termini di deviazione dai requisiti o specifiche del cliente. Un processo che opera al livello 6� (Six-Sigma) ammette un numero di “variazioni” estremamente ridotte, consentendo, così, di raggiungere il 99,9997% di eccellenza nel processo stesso. “Kaizen” (termine giapponese che indica il cambiamento teso al miglioramento continuo) è uno strumento operativo utilizzato in combinazione con il Six-Sigma per l’analisi ed il miglioramento dei processi. In collaborazione con la Merck Sharp & Dohme è stato realizzato presso l’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi” un progetto focalizzato sui processi assistenziali all’interno dell’Unità Operativa (U.O.) di Rianimazione ed, in particolare, sull’acquisizione di microrganismi multiresistenti (germi sentinella) da parte dei pazienti, che ha previsto un’analisi statistica dei principali dati descrittivi del reparto e la successiva realizzazione di un evento Kaizen. PAROLE CHIAVE Six-Sigma, Kaizen, germi sentinella CONTENUTI L’evento Kaizen è stato preceduto da un’analisi statistica dei dati della U.O. di Rianimazione volta ad individuare le eventuali deviazioni significative rispetto alla media (outliers) dei parametri considerati. L’analisi ha incluso tutti i pazienti ricoverati nel reparto nel 2009 ed è stata effettuata sui seguenti dati: durata totale della degenza, intervalli temporali tra data del ricovero e data di isolamento del primo e degli eventuali successivi germi sentinella, tipologia di germe sentinella. I risultati ottenuti hanno dimostrato differenze statisticamente significative nella durata della degenza in relazione al tipo di germe isolato e la presenza di alcuni outliers, evidenziando per alcuni parametri la possibilità di un miglioramento teso all’eccellenza. L’evento Kaizen, svolto nel mese di Aprile 2010 in una singola giornata, ha coinvolto il personale della U.O. di Rianimazione, l’infettivologo, il microbiologo, l’infermiera epidemiologa, le direzioni sanitaria ed infermieristica nell’analisi del percorso del paziente dall’accesso alla dimissione dal reparto. Alla schematizzazione delle percorso è seguita l’individuazione e la successiva prioritizzazione delle criticità di ciascuna fase ed, infine, la stesura di un piano delle azioni mirato alla risoluzione delle principali problematiche riscontrate nel breve-medio termine (settembre 2010). CONCLUSIONI Lo studio statistico preliminare ha consentito di indirizzare l’analisi del processo verso gli aspetti realmente suscettibili di miglioramento e di evidenziare l’esistenza di una differenza statisticamente significativa nella degenza media dei pazienti con e senza acquisizione di germi sentinella. La metodologia utilizzata, spiccatamente interattiva, ha fornito un’occasione di confronto tra gli operatori del reparto ed ha permesso l’individuazione di peculiari criticità. La stesura finale di un preciso piano delle azioni riflette l’impostazione fortemente orientata alla risoluzione dei problemi ed al raggiungimento dell’eccellenza.

Figura 12 • Il lavoro presentato al 36° Congresso Nazionale della ANMDO

64


230

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

IL PARERE DEL CUSTOMER

Nel Lean e nel Six Sigma l’unica persona intitolata a giudicare un processo è il customer. Per questo riportiamo l’intervista al Dott. Bruno Zamparelli (intervista apparsa su Care 2010;3:38-39).

L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA OSPEDALIERA MONALDI DI NAPOLI PER MIGLIORARE EFFICIENZA E QUALITÀ DEL SERVIZIO A colloquio con Bruno Zamparelli, Presidente Sezione Campania dell’Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere (ANMDO) e Vicepresidente della Società Italiana di Health Horizon Scanning Professor Zamparelli, come e perché nasce il progetto realizzato presso l’Unità Operativa di Rianimazione dell’Ospedale Monaldi di Napoli? “Quando ci è stata offerta l’opportunità di sperimentare in Regione Campania la metodologia Six Sigma abbiamo pensato che l’Azienda Ospedaliera Monaldi di Napoli potesse essere il luogo ideale per attivarla per una serie di considerazioni collegate alla natura dell’Ospedale – che è una struttura di altissima specializzazione – e per l’attenzione che la Direzione dell’Ospedale, in particolare quella Sanitaria guidata dal collega Marco Papa, dedica alla promozione e implementazione di strumenti gestionali innovativi. Al Monaldi sono attive iniziative di health technology assessment, di horizon scanning e di gestione del rischio clinico, particolarmente interessate all’applicazione della metodologia Six Sigma, considerata l’incidenza attesa nella prevenzione dell’errore medico.” Quali la ratio e i principali obiettivi e quali i risultati conseguiti? “La sperimentazione al Monaldi ha visto come zona operativa l’Unità di Rianimazione e Terapia Intensiva, una struttura di assoluta eccellenza che basa la sua operatività, come è giusto che sia, su un’attenta organizzazione per procedure. La scelta è caduta sulla Rianimazione anche perché in qualche modo gli outcome di una rianimazione, per ovvi motivi, sono più facilmente definibili e valutabili. L’eccellente qualità professionale del personale in servizio ha ulteriormente indirizzato la scelta: la metodologia Six Sigma aiuta l’organizzazione del reparto a porsi obiettivi ambiziosi non solo volti alla soddisfazione del paziente, ma anche in grado di promuovere un benefico influsso sui comportamenti del personale. Il Six Sigma, infatti, si basa su una filosofia di empowerment e responsabilizzazione degli operatori sanitari legittimati a mettere in discussione l’esistente per cercare il miglioramento, uscendo dal ruolo di semplici esecutori.”


Controllo dei micro-organismi multi-resistenti

231

Questi risultati sono stati utili per definire eventuali piani di azione futuri orientati al miglioramento dell’efficienza e della qualità del servizio offerto dall’Unità Operativa? “Ci vorrà sicuramente del tempo per valutare gli eventuali effetti benefici dell’applicazione del sistema. Certamente un primo risultato è stato quello di motivare il personale e di irrobustire i rapporti di collaborazione tra la dirigenza ed il personale stesso. La valutazione dei risultati della sperimentazione è attualmente all’attenzione del collega Marco Papa, che ne farà oggetto di approfondite valutazioni, utili anche al fine di ulteriori sperimentazioni in altre strutture sanitarie della nostra Regione.” Oltre agli aspetti più strettamente contenutistici, qual è la sua valutazione della metodologia impiegata? “La qualità di un processo è definita e descritta dalla percentuale di ‘difetti’ del processo. È indubbio che la qualità del processo condiziona in maniera evidente la qualità del prodotto che, nel caso dell’applicazione del sistema in sanità, è la salute del paziente correlata al trattamento ed alla cura. Six Sigma può rappresentare una vera rivoluzione in ambito sanitario se opportunamente utilizzato; occorre però superare talune difficoltà nella valutazione degli outcome. Definire lo stato di salute di un paziente in ragione delle cure prestate è assai più difficile che definire la qualità di un prodotto sia esso un’automobile o un cellulare.” Il progetto rappresenta, a suo avviso, una best practice da esportare/replicare nell’ottica di promuovere azioni funzionali al controllo del rischio clinico e alla sicurezza dei pazienti, temi cui l’ANMDO ha sempre riservato grande attenzione? “A me sembra che il progetto sia estremamente importante e particolarmente utile per la prevenzione dell’errore medico. L’organizzazione per procedure e la verifica delle singole procedure è lo strumento fondamentale per la prevenzione dell’errore. Si pensi, ad esempio, a quel potente strumento di prevenzione dell’errore che è la check-list in sala operatoria o alle tante procedure in uso per la prevenzione delle infezioni ospedaliere. Sono questi argomenti cui l’Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere (ANMDO) ha dedicato gran parte delle proprie energie e nei quali ha sviluppato notevoli professionalità.” Per chiudere, professore, il progetto è frutto di una partnership pubblico-privato (ANMDO e Merck Sharp & Dohme). È quindi possibile e auspicabile ‘unire le forze’ per perseguire obiettivi di salute e di efficienza del sistema sanitario? “Sicuramente sì. In un futuro che potrebbe riservarci delusioni e disagi sia come utenti del servizio sanitario sia come operatori, appare sempre più necessario attivare progetti di collaborazione ‘pubblico-privato’ per cercare sempre nuove strade che ci consentano di superare i mille ostacoli davanti ai quali ci troveremo. È anche importante che l’industria comprenda che collaborare con il pubblico significa comprenderne le reali esigenze e proporre e produrre servizi e tecnologie realmente utili e sostenibili.”



5 • CASE

STUDY: MIGLIORAMENTO DEL PROCESSO DI DISPENSA DEI FARMACI AI PAZIENTI IN DIMISSIONE

SCHEDA DEL CASE STUDY

• Struttura coinvolta: Azienda Sanitaria di Firenze. • Processo oggetto del case study: processo di dispensa dei farmaci ai pazienti in dimissione. • Attori coinvolti: farmacisti, operatori tecnici. INTRODUZIONE

Le farmacie dei sei presidi ospedalieri dell’Azienda Sanitaria di Firenze e la Farmacia di Continuità dell’Ospedale Careggi effettuano l’assistenza al paziente in dimissione in modo diversificato per modi e tempi operativi, problemi clinici e tipologia di pazienti, anche in relazione alle specialistiche ospedaliere. Il numero di pazienti che afferiscono alle strutture aziendali è elevato. Le criticità sono spesso legate alla prescrizione, mentre dal punto di vista dei pazienti non residenti è la regionalizzazione della sanità a creare problemi nel proseguimento delle terapie domiciliari. Nel 2009 sono state spedite 174.000 ricette, oltre a piani terapeutici per i pazienti residenti, da parte di 23 farmacisti dislocati presso le varie sedi. LA FASE DI DEFINIZIONE (NELL’AUDIT CLINICO FASE 1: “PREPARARE L’AUDIT CLINICO”)

Albert Einstein era solito dire: “Se avessi un’ora per salvare il mondo, dedicherei 55 minuti a capire il problema, e solo 5 a trovare la soluzione”. Questa affermazione ci fa riflettere sull’importanza della fase di “Definizione”, ovvero


234

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

della fase in cui si procede alla individuazione del problema, prima di analizzarlo e cercare di risolverlo. Nella fase di definizione, una volta che è stata stabilita l’area di intervento, bisogna definire qual è il tema su cui lavorare. In questa fase è molto importante non limitarsi alla visione interna del processo, ma raccogliere dati e input da parte del cliente finale, e anche da parte di tutti coloro che sono parte attiva, ovvero partecipano al processo stesso (stakeholders). In questo case study il primo dato rilevante è rappresentato dalla variabilità significativa fra i servizi offerti dalle diverse farmacie, variabilità emersa anche da un preliminare confronto degli indicatori chiave come ad esempio il numero di dipendenti, di ricette e gli orari di apertura. Basarsi solo su questo dato, senza considerare il punto di vista del cliente finale, ovvero senza ascoltare la voce del paziente (Voice Of the Customer o VOC nel Lean Six Sigma), sarebbe stato però insufficiente. Capire le necessità del cliente finale serve ad assicurare che i processi creino valore e siano quindi efficaci ed efficienti. Un processo concentrato solo sull’efficienza interna, al contrario, non soddisfacendo il cliente, porterebbe a complicazioni, eccezioni, ripetizioni, che comprometterebbero proprio l’efficienza stessa. Lo strumento utile in questa fase progettuale è il project charter, che raccoglie la definizione del problema e degli obiettivi, che devono essere “SMART”, ovvero specifici, misurabili (in modo oggettivo), raggiungibili, realistici e con tempistiche definite. Dobbiamo quindi essere sempre in grado, attraverso il project charter, di rispondere alla seguente domanda: “Come riusciremo a verificare che abbiamo raggiunto gli obiettivi ed i risultati sperati?”. Il project charter è anche il documento su cui ottenere il consenso delle varie parti coinvolte, prima di andare avanti con un progetto che, in mancanza di accordo sui punti descritti, rischierebbe di arenarsi successivamente per mancanza di supporto, risorse, priorità. Ciò non toglie che il project charter sia un documento vivo, da aggiornare man mano che nuove informazioni e dati arricchiscono la definizione del problema (tabella 1). Un forte supporto del progetto “dall’alto” è necessario ma non sufficiente a lanciare un progetto con successo: bisogna programmare una comunicazione chiara ed efficace, che descriva alle persone coinvolte e/o impattate dal progetto le sue motivazioni, i suoi obiettivi, la sua importanza per l’intera organizzazione. Ai fini di monitorare e comunicare correttamente l’avanzamento del progetto è bene fin dall’inizio dotarsi di strumenti di gestione come il diagramma di GANTT (figura 1), da tenere sempre aggiornato, per valutare l’avanzamento delle varie attività e per capire “cosa succederebbe se” anche una sola di esse dovesse subire ritardi o problemi.


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

235

TABELLA 1 - PROJECT CHARTER Obiettivo

•L a ASL 10 di Firenze comprende 6 ospedali (Ospedale Santa Maria Nuova, Ospedale Santa Maria Annunziata, Ospedale S. Giovanni di Dio, Piero Palagi, Serristori, Ospedale Nuovo del Mugello) con altrettante farmacie ospedaliere; anche la farmacia dell’Ospedale Careggi è gestita insieme alle 6 suddette. In queste farmacie sono impiegati circa 23 farmacisti. •F ra le numerose attività svolte, è rilevante quella della dispensa dei farmaci, in particolare ai pazienti in dimissione (nel 2009 dispensate circa 174.000 ricette, di cui l’81% a pazienti in dimissione). • I l processo di dispensa non è standardizzato fra le diverse farmacie. •C iò genera inefficienze per le farmacie e una qualità non ottimale del servizio per i pazienti.

•R idurre il tempo di ciclo ed il carico di lavoro associati con la dispensa dei farmaci ai pazienti in dimissione. •M igliorare il servizio per il paziente dal punto di vista dei tempi di attesa e della qualità del servizio ricevuto. •D efinire una procedura validata di dispensa dei farmaci ai pazienti in dimissione.

In Scope: Le farmacie ospedaliere della ASL 10 di Firenze e la farmacia dell’Ospedale Careggi.

Out of Scope: Le farmacie non appartenenti alla ASL 10 o all’Ospedale Careggi incluse le farmacie di reparto.

To wks

Task

From

Definizione problema

5-apr

16-apr

2

Mappatura dettagliata del processo

12-apr 7-mag

4

1- f e 8- f b e 15 - b 22 - f eb 1- mfeb 8- m ar 15 - a r 22 - mar 29 - mar 5- a mar 12 -pr 19 - ap r 26 - ap r 3- mapr 10 - ag 17 - mag 24 - mag 31 - mag 7- g mag 1 4 -i u 21 - g i u 28 - g i u 5- l gi u u 12 - g 19 - l ug 26 - l ug 2- a lug 9- a go 16 -go 23 - ago 30 - ago 6- s ago 13 -et 2 0 - se t 2 7 - se t se t

Definizione del problema

done done done done done done

Voice of Business: Preparazione questionario per le farmacie 12-apr 7-mag 4 done done done done

Voice of the Customer: Preparazione di un questionario per i pazienti da compilare al momento della dispensa dei farmaci per valutare il servizio ricevuto e fornire indicazioni 12-apr 7-mag 4 per il miglioramento VOC/VOB: Raccolta dei 10-mag 11-giu 5 questionari nella farmacie Consolidamento ed analisi delle 7-giu 25-giu 3 risposte ai questionari Evento Kaizen

27-set

1-ott

done done done done done done done done done done done done

1 done

Figura 1 • GANTT di progetto


236

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

FASE DI MISURAZIONE E ANALISI (NELL’AUDIT CLINICO FASE 2: “ATTUARE L’AUDIT CLINICO”)

In questa fase siamo andati a raccogliere le informazioni necessarie ad una migliore comprensione del problema. Nell’approccio metodologico basarsi su dati oggettivi e su strumenti di analisi scientifici è molto importante, per fare frutto dell’esperienza di chi si confronta quotidianamente con un processo, evitando il rischio di basarsi su percezioni soggettive e/o pregiudizi. Come un esploratore che va all’avanscoperta di un territorio inesplorato, conviene iniziare a creare una mappa, fosse anche approssimativa, dell’intero processo, e solo poi addentrarsi nei dettagli, senza perdere la visione complessiva. Anche in questo caso l’inizio è stato una semplice mappa del processo, realizzata con lo strumento dello swim-lane diagram, ovvero una mappa dove le fasi del processo si susseguono con un flusso, mentre ai diversi ruoli (ad esempio, il paziente, il farmacista) è assegnata un’ideale corsia, in modo da rendere subito chiaro quali fasi del processo sono da loro condotte (vedi figura 2). Un’ulteriore valutazione è stato stabilire, per ogni passo del processo, se esso creava valore aggiunto dal punto di vista del paziente. Come in molti processi, la maggior parte delle fasi, necessarie per gestire la complessità interna, non crea valore per il paziente; ciò non significa che siano sbagliate o che possano essere eliminate nel processo corrente, ma evidenzia un’area di miglioramento, in quanto si può immaginare di ri-disegnare il processo riducendo o eliminando ciò che non crea valore per il paziente. Partendo dalla mappatura del processo ci si è resi conto della necessità di ascoltare meglio sia la voce interna (Voice Of the Business, VOB) che quella del paziente (Voice Of the Customer, VOC). Raccolta e analisi della VOC e VOB: metodologia e rappresentatività Per raccogliere informazioni sulle esigenze dei pazienti si è quindi proceduto preparando e somministrando dei questionari specifici, che, compilati in forma anonima, sono stati raccolti da un operatore della Farmacia Ospedaliera, che ha garantito che le interviste ai pazienti fossero condotte in maniera consistente. I questionari sono stati raccolti nelle sei farmacie in diversi orari e giorni della settimana, nel periodo dal 24 maggio al 10 giugno 2010. Sono stati intervistati in totale 171 pazienti, distribuiti fra 6 ospedali. Questa numerosità dei dati è adeguata: garantisce infatti un intervallo di confidenza al 95% massimo del +/- 7,5%. In altre parole, se si evince dai dati che il 50% dei pazienti intervistati gradirebbe, ad esempio, un orario di apertura diverso, il margine di errore è tale che la reale percentuale dei pazienti che gradirebbero un orario di apertura diverso


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

237

potrebbe oscillare fra il 42,5 ed il 57,5%. Per lo scopo di questa analisi si ritiene questo margine di errore accettabile. LA VOCE DEL PAZIENTE (VOICE OF THE CUSTOMER)

I pazienti intervistati sono in prevalenza donne (57%), con un’ètà mediana di 58,5 anni (figura 3). Non ci sono differenze significative fra le caratteristiche dei pazienti intervistati nelle diverse farmacie. I pazienti si dividono in maniera omogenea fra quelli che usufruiscono del servizio per la prima volta, i saltuari e i regolari (figura 4). La valutazione del paziente La rappresentazione cosiddetta a “bersaglio” consente di avere una visione d’insieme della valutazione data dai pazienti alle singole farmacie e nel complesso alla ASL (figura 5).1 La scala utilizzata prevede per ogni paziente la scelta fra cinque giudizi, pessimo, negativo, medio, positivo, ottimo, trasformati nell’analisi dei risultati in 1, 2, 3, 4 e 5. La valutazione media dei pazienti è buona su tutte le aree prese in esame, non essendo mai inferiore ad un giudizio “medio” e quasi sempre compresa fra il “positivo” e l’“ottimo”. Ciò nonostante ci sono differenze significative fra le valutazioni delle diverse farmacie nelle varie aree prese in esame. A conferma della valutazione positiva dei pazienti, la quasi totalità (96,5%) consiglierebbe ad altri la farmacia.

Il tempo di attesa Oltre alla valutazione del tempo di attesa, di cui si è già detto, è stato analizzato in dettaglio il tempo di attesa, in minuti, riportato dai pazienti (figura 6). Si nota come, ad eccezione di alcuni casi speciali, il tempo di attesa sia compreso fra i 5 ed i 10 minuti, senza differenze significative fra le farmacie.

Con questa rappresentazione si è voluto creare un collegamento con l’analisi effettuata dal Ministero della Salute con il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (Il sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali, Primi indicatori ministeriali, Anno 2008), che forniva indicatori di questo tipo ma ad un livello superiore, quello regionale. 1


238

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Visite ambulatoriali

Reparto

Dispensazione farmaci a pazienti in dimissione (Farmacia Ospedale Careggi) Process description: La farmacia ospedaliera eroga il servizio di dispensa farmaci ai pazienti in dimissione. Lettera di dimissione e ricetta e/o piano terapeutico

Correzione della ricetta/piano terapeutico

Ricetta

Correzione della ricetta/piano terapeutico

Attesa del paziente

Consegna ricette/piano terapeutico

Attesa del paziente

Paziente

*Pazienti già dimessi in possesso di piano terapeutico

No

Farmacia ospedaliera NOTE

La ricetta/il piano è corretto e completo?

I tempi di attesa sono normalmente limitati. Si riscontra un picco alle ore 14,00 in corrispondenza delle dimissioni dei pazienti dai reparti.

Possibili errori: manca timbro del medico o del reparto, manca il codice fiscale del paziente, mancato rispetto delle norme, prescrizioni “off-label” non conformi alle norme, Possibile cause: inesperienza specializzandi, ...

Fotocopia della ricetta/piano terapeutico

La correzione avviene contattando direttamente il medico. In caso di errori sistematici sono stati sviluppati apposiiti promemoria, modulistica, ecc.

Figura 2 • La mappatura del processo: lo swim-lane diagram


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

239

Paziente Paziente ASL ASL Ritorna Ritorna con piano con piano FirenzeFirenze terapeutico* terapeutico* Paziente Paziente RegioneRegione Si rivolge Si arivolge una a una Toscana Toscana farmaciafarmacia nella sua nella sua zona di zona residenza di residenza Paziente Paziente Altre Altre Si rivolge Si alla rivolge alla RegioniRegioni farmaciafarmacia di riferimento di riferimento nella sua nella Regione sua Regione Dispensazione Dispensazione dei farmaci dei farmaci e relative e relative informazioni informazioni Scarico Scarico

Invio mensile Invio mensile delle delle RicetteRicette ricette per ricette lettura per lettura dei medicinali dei medicinali ottica e ottica e dal magazzino dal magazzino contabilizzazione contabilizzazione con lettore con ottico lettore ottico Piani Piani Registrazione terapeutici Registrazione terapeutici quotidiana quotidiana su sistema su sistema DOTNETDOTNET per per contabilizzazione contabilizzazione

Le informazioni al paziente Le informazioni al paziente Per pazienti residentiresidenti in altre in altre Questa Questa Per pazienti attività (registrazione su attività (registrazione su Questa Questa attività non è non è attività comprendono informazioni su comprendono informazioni su Regioni,Regioni, in alcuniincasi la casi la sistemasistema alcuni DOTNETDOTNET per alimentare per alimentare necessario avvengaavvenga necessario come continuare la terapia come continuare la terapia farmaciafarmacia ospedaliera contattacontatta i flussi FED, ospedaliera su i flussiregistrazione FED, registrazione su contestualmente alla alla contestualmente (es. diabete, incontinenza), (es. diabete, incontinenza), preventivamente la ASL la ASL CEPAS per preventivamente lo scarico contabile) CEPAS per lo scarico contabile) dispensazione dei farmaci. dispensazione dei farmaci. informazioni sulle farmacie a informazioni sulle farmacie a di residenza per assicurare la di residenza per assicurare laviene svolta giornata ma vieneentro svoltalaentro la giornata ma cui rivolgersi in caso in di caso altre di altre continuità cui rivolgersi del piano continuità delterapeutico. piano terapeutico. non è necessario avvengaavvenga non è necessario ASL/Regioni, instruzioni ASL/Regioni, instruzioni contestualmente alla alla contestualmente sull'usosull'uso di eventuali dispositivi di eventuali dispositivi dispensazione dispensazione medici, medici, consegna di dispositivi consegna di dispositivi dei farmaci. dei farmaci. medici (es. ago(es. e siringhe) se medici ago e siringhe) se disponibili. Le informazioni disponibili. Le informazioni possonopossono essere fornite essere con fornite con moduli pre-stampati anche inanche in moduli pre-stampati più lingue. più lingue.


240

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Età dei pazienti Anderson-Darling Normality Test A-Squared P-Value <

1,45 0,005

Mean 55,965 StDev 17,257 Variance 297,809 Skewness -0,323392 Kurtosis -0,634207 N 170 15

30

45

60

75

Minimum 1st Quartile Median 3rd Quartile Maximum

90

10,000 42,000 58,000 70,000 88,000

95% Confidence Interval for Mean 53,352 58,578

95% Confidence Intervals

95% Confidence Interval for Median 53,000 63,000

Mean

95% Confidence Interval for StDev 15,597 19,316

Median 52

54

56

58

60

62

64

Figura 3 • Analisi di distribuzione delle età dei pazienti

1

47 60 97 73 64

Genere 56,7% Femminile 42,7% Maschile 0,6% Non risponde

Frequenza d’accesso 27,5% Per la prima volta 37,4% Regolarmente (più di 4 volte l’anno) 35,1% Saltuariamente (da 2 a 4 volte l’anno circa)

Figura 4 • L’identikit del paziente: genere (maschile/femminile) e frequenza di accesso alla farmacia


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

ASL 10

Tempo di attesa 5

3 = medio 4 = positivo 5 = ottimo

241

ASL 10

Globale

Orario apertura 4

3 Rispetto Riservatezza

Informazioni sui farmaci

Cortesia e accoglienza

ASL 10

Tempo di attesa 4,3

Orario apertura 3,9

Competenza e professionalità farmacista

Informazioni sui farmaci 4,1

Competenza e professionalità farmacista 4,3

Cortesia e accoglienza 4,4

Rispetto Riservatezza 4,4

Globale 4,4

Figura 5 • La valutazione del dipartimento del farmaco data dai pazienti

È interessante notare come, contrariamente a quanto atteso, la valutazione del tempo di attesa non è dovuta alla durata dello stesso (R2=29,2%). Ciò sembrerebbe suggerire come la percezione dell’attesa non dipenda tanto dalla durata quanto dalla qualità dell’attesa stessa (ad esempio, attesa in piedi o seduti, presenza di numerini elimina-code, spiegazioni ricevute per l’attesa, ecc.).

Le informazioni sui farmaci Il 67,8% dei pazienti ha espresso l’esigenza di ricevere maggiori informazioni sui farmaci (figura 7). È stato verificato che questa esigenza non dipende dall’età del paziente. I risultati sono coerenti con le valutazioni espresse dai pazienti relativamente all’informazione sui farmaci (una maggior richiesta di ulteriori informazioni rispecchia una minor soddisfazione sulle informazioni attualmente ricevute). L’area su cui i pazienti vorrebbero più informazioni è quella degli effetti collaterali e delle reazioni avverse, seguita delle interazioni con altri farmaci, la posologia e la continuazione della terapia.


242

LEAN SIX SIGMA IN SANITĂ€

Durata tempo di attesa (min) Anderson-Darling Normality Test

0

6

12

18

24

30

A-Squared P-Value <

9,11 0,005

Mean StDev Variance Skewness Kurtosis N

4,6543 4,9549 24,5506 3,3132 18,8291 162

Minimum 0,0000 1st Quartile 2,00000 Median 5,0000 3rd Quartile 5,0000 Maximum 40,0000

36

95% Confidence Interval for Mean 3,8855 5,4231

95% Confidence Intervals Mean

95% Confidence Interval for Median 3,0000 5,0000

Medan

95% Confidence Interval for StDev 4,4677 5,5622 3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

Studio di regressione

Valutazione tempo di attesa = 4,635 - 0,07419 Durata tempo di attesa (min) S = 0,567931

R-Sq = 29,7%

R-Sq (adj) = 29,2%

Valutazione tempo di attesa

5

4

3

2

1 0

10

20 Durata tempo di attesa (min)

30

Figura 6 • Analisi del tempo di attesa e della sua correlazione con la valutazione del paziente

40


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

243

56 85 6

55 116 48 44 5 Ulteriori informazioni desiderate sui farmaci

Interesse a maggiori informazioni sui farmaci 32,2% No 67,8% Sì

23,0% Interazioni con altri farmaci 2,5% Modalità di conservazione 19,7% Posologia 2,0% Spiegazioni sull’utilizzo del dispositivo/farmaco 18,0% Continuazione terapia 34,8% Effetti collaterali/reazioni avverse

Figura 7 • Interesse a informazioni sui farmaci

Interessante infine notare la richiesta di informazioni sulla modalità di conservazione del farmaco, in quanto emersa spontaneamente (ovvero fra le risposte libere scritte dai pazienti). Aspetti logistici dei presidi ospedalieri Al fine di rilevare altre esigenze dei pazienti al di fuori delle aree previste nel questionario, è stata lasciata la possibilità di inserire dei commenti liberi (figura 8). Una percentuale significativa di pazienti (17%) ha ritenuto di aggiungere uno o più commenti. Ad eccezione di uno, tutti gli altri commenti evidenziano aree di miglioramento da un punto di vista soprattutto logistico. Quest’area non era infatti rappresentata nelle altre domande del questionario, che vertevano invece sulla qualità del servizio offerto.


244

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

1 2

6 1 2

11

1 6

Commenti dei pazienti 20,0% Migliorare l’accessibilità 3,3% Migliorare l’accoglienza 6,7% Migliorare le tipologie di farmaci presenti 3,3% Utilizzo numerini elimina-code

20,0% Indicazioni su come raggiungere la farmacia 36,7% Migliorare i locali 6,7% Migliorare il parcheggio 3,3% Migliorare il rispetto della privacy

Figura 8 • Commenti liberi dei pazienti sul servizio

La voce delle farmacie (Voice Of Business)

Confronto fra valutazione del paziente e auto-valutazioni Oltre che dai pazienti, sono state raccolte informazioni anche direttamente dalle farmacie. Si è ritenuto interessante chiedere alle farmacie di auto-valutarsi, per poter poi confrontare la percezione che la farmacia ha della soddisfazione del paziente, rispetto alla sua soddisfazione effettiva (figura 9). In altre parole, questa analisi serve alla farmacia come un indice della sua capacità di capire il paziente nelle diverse aree, al fine di individuare quelle in cui è necessario sviluppare una maggiore sensibilità rispetto alle esigenze del paziente. In generale i due dati (valutazione del paziente e auto-valutazione della farmacia) sono vicini tra loro, si nota comunque che alcune farmacie tendono a sovrastimare e altre a sottostimare il gradimento del servizio (viene riportato l’esempio di una specifica farmacia, in forma anonima).


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

Valutazione paziente

245

Auto-valutazione

5 4 3 2 1 0

Tempo di attesa

Orario apertura

Informazioni sui farmaci

Competenza e professionalità farmaceutica

Cortesia e accoglienza

Rispetto riservatezza

Figura 9 • Confronto fra valutazione del paziente ed auto-valutazione della farmacia

Produttività È stato calcolato un indice di produttività, espresso in numero di ricette/piani terapeutici dispensati da un farmacista in un’ora, dividendo il totale delle ricette e dei piani terapeutici dispensati nel periodo di riferimento per il totale delle ore uomo dedicate alle dispensa nello stesso periodo (figura 10). Questo indicatore, pur essendo influenzato da molteplici fattori, è mediato su un periodo temporale significativo, e fornisce quindi un dato di sintesi utile per monitorare la produttività delle farmacie ed individuare aree di eccellenza e di miglioramento.

Produttività complessiva 2009

Produttività complessiva 2010 al 31/3/2010

20 15 10 5 0 Le farmacie della ASL (in forma anomima)

Figura 10 • Analisi di produttività delle farmacie


246

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

In generale si nota una certa variabilità fra le farmacie. È da sottolineare come nello spirito metodologico, questi confronti vanno visti come opportunità di miglioramento prospettiche e non come valutazioni retrospettive. In altre parole, il fatto che una farmacia riporti una metrica inferiore a un’altra non implica una valutazione negativa, ma l’opportunità di condividere best practices con altre strutture per raggiungerne gli stessi risultati. Comunicazione dei risultati della fase di Misura e Analisi L’analisi è stata condotta sia per l’ASL nella sua interezza, sia per le singole farmacie. Per motivi di sintesi verrà qui relazionata solo l’analisi complessiva. Nell’ambito del progetto sono state condotte anche le analisi per singola farmacia, e i diversi ruoli coinvolti hanno ricevuto un’estrazione dei dati per loro rilevanti. Ad esempio la direttrice del dipartimento del farmaco ha ricevuto l’analisi comparativa delle sette farmacie, mentre i direttori delle singole farmacie hanno ricevuto, direttamente dalla direttrice del dipartimento del farmaco, l’analisi della loro struttura confrontata con il risultato complessivo della ASL. È infatti importante, al fine di massimizzare la chiarezza della comunicazione e di minimizzare la naturale resistenza al cambiamento delle persone, che la comunicazione sia sempre chiara, diretta ed essenziale, in modo da far prevalere lo spirito del miglioramento continuo. L’analisi, essendo vasta e completa, può portare a varie considerazioni, da sviluppare in primis nell’evento Kaizen programmato, ma anche all’interno delle singole farmacie e dei singoli presidi ospedalieri. Alcune considerazioni: • I pazienti apprezzano il servizio ricevuto dal Dipartimento del Farmaco. • I pazienti sanno valutare il servizio ricevuto da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo. • Emergono aree di miglioramento rispetto all’informazione sul farmaco e all’orario di apertura delle farmacie. • C’è un’area di miglioramento nell’armonizzazione del processo fra le diverse farmacie, sia dal punto di vista della qualità del servizio che da quello dell’efficienza.


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

247

“IMPROVE” O FASE DI MIGLIORAMENTO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 3: “ATTUARE LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO”)

Come discusso nei paragrafi precedenti, l’approccio Lean Six Sigma è pratico e non teorico; una delle sue peculiarità è quella di far sì che siano le persone che effettivamente lavorano sui processi a individuare e mettere in pratica i miglioramenti. Il coinvolgimento attivo delle persone fa la differenza fra miglioramenti buoni “sulla carta”, ma di scarso impatto al momento dell’implementazione, e miglioramenti reali e sostenibili. In particolare lo strumento dell’evento Kaizen (dal giapponese Kai Zen, ovvero smontare un processo e riassemblarlo nel modo ottimale) ha portato a riunire i direttori di ogni farmacia insieme ad un operatore tecnico della stessa, condividendo prima gli obiettivi ed i risultati della VOB e VOC, e poi chiedendo alle persone, divise in due gruppi focalizzati l’uno sull’approccio al paziente, l’altro sul processo di dispensazione, di descrivere il processo individuando criticità ed opportunità di miglioramento (figura 11). Opportunità che sono state poi prioritizzate sulla base dell’impatto e della fattibilità (tabella 2), e poi condivise e concordate fra i due gruppi, creando un preciso piano d’azione (tabella 3). Sono direttamente le persone coinvolte nel processo ad essere chiamate a presentare e discutere proposte che necessariamente sentiranno come proprie (tabella 3). Alla fase finale dell’evento Kaizen ha partecipato la Direzione aziendale: da sottolineare ancora come per il successo di queste iniziative sia necessaria sia la sponsorship “dall’alto” sia la partecipazione attiva “dal basso”. FASE DI CONTROLLO (NELL’AUDIT CLINICO FASE 4: “RIVALUTARE I RISULTATI”)

È nella fase di controllo che si determina la differenza fra miglioramenti temporanei e reali cambiamenti al processo e alle attività analizzate, nello spirito del miglioramento continuo. In questo progetto la Direzione del dipartimento del farmaco ha seguito una continua e corretta implementazione delle azioni individuate dall’action plan del gruppo, a partire dalla comunicazione delle stesse.


248

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Casi speciali (*)

Reparto

Consegna ricetta

Ambulatorio Piano terapeutico stesso ospedale

Il paziente arriva in farmacia

Verifica correttezza

Attesa Nuovo piano terapeutico Piano terapeutico in corso

Piano terapeutico esterno 1) Inadeguatezza spazi di attesa 2) Utilizzo numerini elimina-code

3) Ricette scritte al computer, stampate negli spazi e allineate con il prontuario 4) Disposizioni di ASL e di regione per evitare errori 5) Istruire il paziente sulla correttezza della prescrizione

(*) Farmaci esteri, preparazioni galeniche, farmaci rari/infertilità: questi casi (circa il 10% del totale) sono più complessi e comportano maggior attesa e carico di lavoro

Reparto

Ambulatorio

Strutture esterne

Ricerca della farmacia

Attesa

Farmacista legge la richiesta

Arrivo al desk

Domicilio

1) Mancanza indicazioni servizi e orari 2) Info errate su servizi e orari 3) Personale del reparto non informato

4) Farmacia lontana dal reparto e con barriere architettoniche 5) Cartelli non chiari e mancanza di percorsi guidati

6) Non c’è sala d’aspetto né sedie 7) Ambiente promiscuo, bagni lontani 8) Concomitanza esigenze dai reparti 9) Picco dimissione nel primo pomeriggio 10) Entrata uno alla volta per privacy

11) Richiesta incompleta di residenza, codice fiscale, timbro rep., farmaco 12) Razionalizzazione orari di apertura

(* *) I pazienti con piano terapeutico possono prenotare i farmaci telefonicamente (dispensazione mensile)

Figura 11 • I processi e i possibili miglioramenti


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

PROCESSO CRITICITÀ/OPPORTUNITÀ

249

Ricetta Piano terapeutico Ricetta/Piano Terapeutico

Registrazione su piano terapeutico o su modulo cartaceo corretta

Dispensazione e attacco fustelle

non corretta Contattare il medico

Scarico farmaci

Registrazione su Dotnet

Correzione (se il medico non è disponibile il paziente deve ritornare)

6) Rischio ritiri multipli dei farmaci con piano terapeutico, registrazione su modulo o su originale, scarico immediato o successivo (controllo del lotto), visibilità info su scadenza temporale e di quantità 6 bis) informatizzazione piani terapeutici

7) Controllo dispensazioni a fine giornata

Completamento Richiesta incompleta per elementi amministrativi

Richiesta incompleta per elementi farmaceutici (* *)

13) Errori nel farmaco, posologia, non in PT/non concedibile

Invio a reparto per completamento

Preparazione farmaci

Consegna farmaci e info su posologia, effetti collaterali, conservazione, prosecuzione terapia, modalità di assunzione

Si interpella il clinico

14) Aumenta la fila 15) Mancanza database pazienti per piani terapeutici 16) Clinico non disponibile 17) Comunicazione, sfiducia nel sistema

18) Manca tempo per dare info 19) Manca banco dedicato alle info 20) Richiesta altre info, quando tornare per appuntamento 21) Processo standard educazione del paziente 22) Gestione delle telefonate


250

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 2 - ESEMPIO DI PRIORITIZZAZIONE DELLE IDEE DI MIGLIORAMENTO IN BASE A IMPATTO E FATTIBILITÀ

#

Criticità di Processo

Numero Voti

Impatto

Fattibilità

2

A

A

2 3

A A

B B

2

A

B

0 0 0 8

B A B A

B B A B

1 0 0 1 1 1 0

A A B A A A A

B A A B B B B

0

A

A

0

B

B

assegnati dal team

1

Mancanza indicazioni per trovare la farmacia

2 3 4

Info errate su servizi e orari Personale del reparto non informato Farmacia lontana dal reparto e con barriere architettoniche Cartelli non chiari e mancanza di percorsi guidati Non c’è sala d’aspetto né sedie Ambiente promiscuo, bagni lontani Concomitanza esigenze dai reparti Picco dimissione nel primo pomeriggio Entrata uno alla volta per privacy Richiesta incompleta di residenza, codice fiscale, timbro rep., farmaco

5 6 7 8 9 10 11

13

21

Errori nell’indicazione del farmaco, posologia, non in PT/non concedibile Conseguente aumento della fila Razionalizzazione orari di apertura Mancanza database pazienti per piani terapeutici Clinico non disponibile Comunicazione, sfiducia nel sistema Manca tempo per dare info Manca banco dedicato alle info Richiesta altre info, quando tornare per appuntamento Processo standard educazione del paziente

22

Gestione delle telefonate

14 12 15 16 17 18 19 20


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

Criticità su cui abbiamo lavorato

No Sì

251

Soluzione Identificata

Azione

Chi

Quando

Foglietti con orari delle farmacie da dare ai pazienti nei reparti

Il direttore di farmacia prepara il modello

Farmacista e responsabile di struttura complessa

dicembre-10

Percorso con striscia da seguire e cartelli

Richiesta alla direzione sanitaria

Dott.ssa ...

gennaio-11

Assegnazione della spesa del farmaco al reparto responsabile della richiesta incompleta

Il responsabile del dipartimento fa una proposta alla direzione sanitaria di presidio ed ai responsabili di tutti i dipartimenti

Direttori di farmacia

dicembre-10

A) Angolo dedicato per le informazioni con personale addestrato B) Opuscoli per il paziente C) Training ai farmacisti D) Poster educazionali in sala d’attesa

A) Richiesta alla direzione sanitaria B) Reperire il materiale informativo da adottare C) Richiesta al responsabile di dipartimento D) Realizzazione materiale

A) Dott.ssa ... B) Farmacista e Dott.ssa ... C) Dott.ssa ... D) Direzione sanitaria

gennaio-11

No No No No Sì

No No No No No No No Sì

No


252

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

TABELLA 3 - IL PIANO D’AZIONE FINALE Criticità di Processo

Soluzione Identificata

Mancanza indicazioni per trovare la farmacia Info errate su servizi e orari

Foglietti con orari delle farmacie da dare ai pazienti nei reparti

Farmacia lontana dal reparto e con barriere architettoniche

Percorso con striscia da seguire e cartelli

Cartelli non chiari e mancanza di percorsi guidati Richiesta incompleta di residenza, codice fiscale, timbro rep., farmaco Errori nell’indicazione del farmaco, posologia, non in PT/non concedibile

Assegnazione della spesa del farmaco al reparto responsabile della richiesta incompleta

Conseguente aumento dell’attesa Processo standard educazione del paziente

A) Angolo dedicato per le informazioni con personale addestrato B) Opuscoli per il paziente C) Training ai farmacisti D) Poster educazionali in sala d’attesa

Ricetta e piano terapeutico stampati al computer con scelta automatica dei farmaci dal prontuario Disposizioni ASL ai medici per evitare errori nelle ricette/piani terapeutici

Coinvolgimento dei dipartimenti, delle direzioni sanitarie di presidio e delle tecnologie informatiche presentando a supporto l’analisi del problema ed i benefici della soluzione

Processo standard nella gestione del piano terapeutico

Definire un processo standard che includa tutte le “best practice” emerse: scarico prima della dispensa (verifica del lotto); creazione di un form standard per il piano terapeutico; piano terapeutico originale al paziente (come per una ricetta ripetibile) con copia alla farmacia, evitando il rischio di ritiri multipli; indicazione chiara di quantità residua e scadenza

Informatizzazione piani terapeutici

Visibilità quantità residua e contabilizzazione automatica

Due cose importanti da sottolineare: 1. La fine di un progetto di questo tipo rappresenta per un’organizzazione l’inizio di un percorso volto all’acquisizione della cultura del miglioramento continuo.


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

Azione

Chi

Quando

Il direttore di farmacia prepara il modello

Farmacista e responsabile di struttura complessa

dicembre-10

Richiesta alla direzione sanitaria

Dott.ssa ...

gennaio-11

Il responsabile del dipartimento fa una proposta alla direzione sanitaria di presidio ed ai responsabili di tutti i dipartimenti

Direttori di farmacia

dicembre-10

A) Richiesta alla direzione sanitaria B) Reperire il materiale informativo da adottare C) Richiesta al responsabile di dipartimento D) Realizzazione materiale

A) Dott.ssa ... B) Farmacista e Dott.ssa ... C) Dott.ssa ... D) Direzione sanitaria

gennaio-11

Dott.ssa ...

febbraio-2011

Dott.ssa ... e direttori di farmacia

novembre-2010

Dott.ssa ... e dipartimento sistemi informatici

novembre-2010

253

2. Altro aspetto fondamentale è l’alta condivisibilità e replicabilità dell’esperienza anche in altre aree o strutture: il Lean Six Sigma porta a trovare soluzioni generiche a problemi specifici, come dimostra la presentazione del lavoro fatto al XXXI congresso nazionale della SIFO di cui riportiamo copia (figura 12).


254

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

Figura 12 • Il poster presentato al XXXI Congresso Nazionale SIFO


Miglioramento del processo di dispensa dei farmaci ai pazienti dimessi

255

IL PARERE DEL CUSTOMER Intervista alla Dottoressa Teresa Brocca, Direttore del Dipartimento del Farmaco, Azienda Sanitaria di Firenze. Cosa è cambiato nella realtà in cui opera a seguito del progetto e delle relative azioni di miglioramento? “Sulla base delle criticità evidenziate dai pazienti, alcune attività sono state rivedute (centralizzate in alcuni casi), ed altre sono state armonizzate fra le diverse farmacie, come l’orario di apertura e l’informazione fornita dai farmacisti; abbiamo iniziato a definire procedure chiare per le diverse attività, ad esempio per i dispositivi medici. Chiaramente si tratta di un punto di partenza e non di arrivo, rimangono differenze fra le farmacie ed aree di miglioramento, ma la strada del miglioramento continuo è stata intrapresa, e nei nostri meeting mensili verifichiamo a che punto siamo arrivati e quali sono i prossimi passi.” Cosa ha significato per lei e per la sua organizzazione l’adozione della metodologia Lean Six Sigma rispetto ad un approccio tradizionale? “Negli ultimi tempi, il ruolo del farmacista e del dipartimento del farmaco sembrava aver perso importanza. Adottando la metodologia Lean Six Sigma siamo stati invece all’avanguardia nel capire le esigenze del paziente e l’importanza del ruolo del farmacista nei suoi confronti. Tale metodologia ha permesso la rivalutazione di alcuni processi, identificandone le criticità e permettendo la pianificazione di vari interventi, alcuni dei quali sono in fase di realizzazione.” Qual è stata la reazione delle persone coinvolte nell’evento Kaizen e nel progetto in generale? “Inizialmente c’è stata una naturale resistenza al cambiamento, vinta progressivamente. Il primo passo è stato condividere con i direttori di ogni farmacia le valutazioni date dai pazienti alla sua struttura, confrontati con la media della ASL: compararsi con la valutazione dei pazienti è stato molto istruttivo ed ha innescato una positiva spinta al miglioramento. Il secondo passo è stato l’organizzazione dell’evento Kaizen, dove il lavoro di gruppo ha migliorato la collaborazione fra colleghi.” In generale, cosa pensa della metodologia Lean Six Sigma applicata in sanità? “Credo sia necessaria a ‘mettere ordine’, in un settore che necessita di regole e procedure; specie in casi come il nostro, dove si hanno non una ma sei diverse farmacie, con utenze diversificate che hanno valutato in maniera diversa il servizio offerto. L’approccio con tale metodologia ha evidenziato anche gli ‘sprechi’, in alcuni casi intesi come l’effettuazione della stessa azione in più punti diversi.”



GLOSSARIO A cura di Gabriele Arcidiacono

A Andon: è un indicatore visivo che segnala lo stato attuale di uno step nel sistema di produzione/processo. Allerta i team leader o i supervisori nel caso sussistano o emergano problemi di prodotto/processo. B Boxplot: rappresentazione grafica di alcune caratteristiche di posizione e dispersione di un campione fra le quali mediana, quartili e range. Permette di evidenziare la presenza di dati anomali (outliers). Brainstorming: una tecnica di creatività di gruppo progettata per sviluppare e selezionare idee (usata per esempio nel problem solving). BVA, Business Value Added activities: attività che non aggiunge alcun valore al prodotto/servizio ma che è necessaria dal punto di vista delle operazioni di business. C Causa Comune: la causa, di tipo casuale, non legata ad eventi speciali, che è dietro alla variabilità naturale dei processi. Causa Speciale: causa non comune ma legata a eventi speciali, che è dietro a inattesa variabilità dei processi. Cella: postazione di lavoro in cui attrezzature, persone, macchinari, materiali e metodi sono organizzati in modo da avere un flusso continuo del lavoro. Cliente: il Cliente, interno o esterno, è il destinatario di un processo e il fruitore del relativo prodotto/servizio. Control Chart: grafico su cui vengono riportati in ordine temporale i dati, confrontandoli con i relativi limiti di controllo, per valutare se la variabilità del processo dipende da cause comuni o da cause speciali.


258

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ

COPQ, Cost Of Poor Quality: i COPQ sono i costi collegati alle scarse performance dei processi produttivi o transazionali. CTQ, Critical To Quality: caratteristica chiave (“Critica per la Qualità” dal punto di vista del cliente) del processo che si vuole esaminare. La CTQ deve essere misurabile per definire il valore attuale e il valore obiettivo (target) al fine di soddisfare il cliente. Customer Satisfaction: è la misura di quanto i prodotti o servizi forniti da un’azienda incontrino le aspettative del cliente. Le aspettative del cliente dovrebbero essere oggettivamente e accuratamente misurate raccogliendo e analizzando la Voice of the Customer (VOC). È il punto di partenza per identificare i miglioramenti. D Diagramma di Ishikawa: anche detto diagramma a spina di pesce, fishbone diagram in inglese, o diagramma causa-effetto: serve a correlare un effetto con le sue possibili cause, organizzate secondo gruppi prestabiliti, ad esempio le 6 M (Material, Man, Method, Measure, Machine, Mother Nature). Diagramma di Pareto: istogramma in ordine decrescente del contributo di diverse cause a un effetto; serve a identificare le cause più importanti su cui concentrarsi. DOE, Design of Experiments: è la metodologia che costruisce, attraverso esperimenti propriamente pianificati e l’analisi dei risultati degli esperimenti, il modello analitico relativo alla relazione causa-effetto tra le variabili di input e quelle di output. DMAIC: acronimo che indica le 5 fasi logiche della metodologia Lean Six Sigma: Define, Measure, Analyze, Improve, Control. F Five Whys o 5Whys: strumento che permette di approfondire le cause radice (root-causes) del processo attraverso una serie di domande sul “perché” si presentano certi fenomeni. FMEA, Failure Modes and Effects Analysis: permette di identificare una lista dettagliata di anomalie di un prodotto o processo e le corrispondenti cause, classificandole in termini di gravità dell’effetto, probabilità di accadimento della causa e la possibilità di individuazione dell’anomalia attraverso un indice riassuntivo di Priorità di Rischio (Risk Priority Number, RPN). G GANTT: diagramma usato per il project management, che permette di documentare e visualizzare graficamente tempistiche e interdipendenze di un progetto, specificandone risorse e stato di avanzamento.


Glossario

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Gage R&R: test statistico che attraverso l’analisi della Ripetibilità e Riproducibilità delle misurazioni effettuate permette di validare l’affidabilità del Sistema di Misura e assicurare, così, che la maggior parte della variabilità delle misurazioni sia da imputarsi alle effettive variazioni fra pezzo e pezzo e non all’errore introdotto nella misura degli stessi. H Heijunka: è tipico del Just In Time ed è utile per livellare la tipologia e la quantità della produzione in un periodo fissato di tempo. J Jidoka: il termine giapponese significa “automazione con intelligenza umana”. Significa che un processo automatizzato è sufficientemente “consapevole” di se stesso da individuare malfunzionamenti di processo/difetti di prodotto e da fermarsi segnalando l’anomalia all’operatore. K Kaizen: significa “migliorare attraverso il cambiamento”. Un evento Kaizen (Kaizen Event) rappresenta un’attività di miglioramento focalizzata e di breve durata (in genere 3-5 giorni). I Blitz Kaizen invece sono ancor più rapidi: 1-2 giorni. Kanban: è principalmente utilizzato come meccanismo visivo (cartellino) di attivazione della produzione, del movimento/rifornimento di materiali. Trova anche interessanti applicazioni il Kanban elettronico. I Intervallo di Confidenza: è l’intervallo che, con una certa probabilità (in genere 95%), contiene la media (o mediana, proporzione, deviazione standard) della popolazione da cui il campione è stato estratto. L LCL, Lower Control Limit: rappresenta il limite inferiore di una distribuzione stabile per la variabilità di un processo (VOP). Lead Time: è il tempo tra il ricevimento di un ordine e la consegna del prodotto/ servizio (è anche possibile parlare di Lead Time di produzione, Lead Time di consegna). Lean: è la metodologia che mira a identificare ed eliminare gli sprechi al fine di massimizzare la velocità e la flessibilità dei processi di business al fine di fornire quello che è necessario, quando è necessario e nella esatta quantità richiesta dal cliente. Nasce in Toyota attraverso il Toyota Production System (TPS).


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LSL, Lower Specification Limit: rappresenta il limite inferiore dell’area di tolleranza accettabile dal cliente (Specifica Inferiore). M Muda: parola giapponese che significa spreco ovvero l’uso di risorse (tempo, materiali, manodopera) utilizzata per fare qualcosa per cui il cliente non è disposto a pagare e che pertanto non aggiunge valore al prodotto/servizio fornito. N NVA, Non Value Added activity: attività che non aggiunge alcun valore al prodotto/servizio. O OEE, Overall Equipment Effectiveness: indicatore in grado di monitorare l’efficienza di un processo manifatturiero o transazionale. OPL, One Point Lesson: metodo che permette un trasferimento rapido ed efficace di un’informazione o procedura operativa al fine di standardizzarla. Outlier: osservazione quantitativamente distante rispetto alle altre e, come tale, anomala e quindi da investigare. P Poka Yoke: tecnica che mira al raggiungimento di una qualità a “zero difetti” attraverso l’utilizzo di strumenti o procedure per individuare un errore che potrebbe causare sprechi. Process Capability Analysis (anche Capability Analysis): indice di performance per misurare la capacità di un processo (VOP) di soddisfare i limiti di specifica definiti dal cliente (VOC). Process Map: descrizione schematica di un processo nella successione delle sue fasi. Process Owner: è il proprietario, ovvero il massimo esperto, del processo sotto osservazione. Process Sigma: metrica della Process Capability in termini di deviazione standard del processo. Project Charter: documento che contiene tutte le informazioni chiave (Business Case, Problem Statement, Team, obiettivi, tempistiche, savings stimati) per l’implementazione di un progetto Lean Six Sigma. P-value: è la misura del rischio nell’individuare fattori significativamente differenti che possono influenzare la CTQ esaminata. Minore è il P-value maggiore è l’evidenza. P-value < 0,05 indica la significatività statistica della differenza.


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R RACI: acronimo di Responsible, Accountable, Consult, Inform; il diagramma RACI permette di descrivere il livello di coinvolgimento ed interazione di diversi attori in una data attività o processo. Regressione: i modelli di Regressione sono funzioni matematiche che legano l’output agli input secondo particolari modelli matematici in grado di spiegare con una certa precisione il processo esaminato. Residuo: differenza tra il valore effettivo di un dato e il valore previsto attraverso modelli matematici (ricavato dalla Regressione o dal DOE). ROP, Reorder Point: è il livello di scorta di un oggetto che segnala la necessità di piazzamento di un ordine di reintegro che tiene conto del consumo durante il Lead Time di fornitura e la quantità richiesta come scorta di sicurezza. S Savings: beneficio economico “certificato” dal Controller (o Money Belt) derivante da attività di miglioramento. Sigma del Processo: vedi Process Sigma. SIPOC: mappatura di processo ad alto livello adatta a descrivere qualsiasi tipo di processo attraverso la declinazione in Supplier, Input, Process, Output e Customer (da cui SIPOC). Six Sigma: strategia operativa strutturata e disciplinata (secondo le fasi DMAIC), per misurare, analizzare e migliorare le performance in termini di Operational Excellence al fine di renderle sostenibili nel tempo. La metodologia Six Sigma si adatta a diversi contesti e tipologie di business. SMED: strumento per ridurre i tempi di set-up (letteralmente Single Minute Exchange of Die - SMED, significa cambio stampo in un singolo minuto, in altre parole in un tempo NVA molto ridotto). Spaghetti Map: particolare tipologia di Process Map, descrive gli spostamenti degli attori di un processo riportati sulla mappa dei luoghi dove il processo si svolge. Standard work: è la combinazione più efficace di manodopera, materiali e macchinari per produrre nel tempo, nella quantità e qualità richiesti dal cliente. Swim Lane Diagram: anche detta Deployment flowchart, particolare tipologia di Process Map, evidenzia, attraverso la visualizzazione in “corsie” dedicate, quali sono gli attori che eseguono le diverse fasi del processo. T Takt Time: rappresenta il ritmo che la produzione o l’erogazione di un servizio deve rispettare per soddisfare il ritmo della domanda.


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U UCL, Upper Control Limit: rappresenta il limite superiore per la variabilità di un processo stabile (VOP). USL, Upper Specification Limit: rappresenta il limite superiore dell’area di tolleranza accettabile dal cliente (Specifica Superiore). V VA, Value Added activity: attività che accresce il valore di un prodotto/servizio dal punto di vista del cliente. È qualcosa per cui il cliente è disposto a pagare. Visual Management: è il metodo che rende tutti i processi di un’azienda visibili e tangibili. VOC, Voice Of the Customer: è la rappresentazione della percezione del prodotto/servizio da parte del cliente rispetto alle sue aspettative espressa nel suo linguaggio. VOP, Voice Of the Process: rappresenta quanto il processo è effettivamente capace di fornire al cliente. VSM, Value Stream Mapping: diagramma di tutti gli step del flusso di materiali e informazioni necessari alla produzione dall’ordine alla consegna.



Finito di stampare nel mese di giugno 2012 dalle Arti Grafiche Tris, srl Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma


“Questa pubblicazione (…) è uno dei semi che abbiamo voluto piantare per stimolare una cultura manageriale sempre più orientata all’efficienza e alla qualità attraverso l’applicazione di metodologie industriali opportunamente modulate per tenere conto della complessità del sistema sanitario, fatto di processi produttivi ma anche e soprattutto di persone.” Giovanni Monchiero Il volume si propone come strumento di lavoro per la creazione di cultura tra gli operatori sanitari e come fonte importante di spunti per l’innovazione organizzativa. In particolare, nella prima parte si fornisce una disamina teorica della metodologia Lean Six Sigma in sanità; nella seconda parte si descrivono concreti processi di innovazione realizzati grazie all’applicazione della metodologia in selezionate Aziende Sanitarie e Ospedaliere italiane.

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“Crediamo molto in questo volume, non solo come strumento di approfondimento e formazione ma anche come base fondante di progettualità più articolate in cui attore pubblico e privato, lavorando insieme, perseguano (…) ambiziosi e cruciali obiettivi di recupero economico e industriale del settore della sanità.” Pierluigi Antonelli

LEAN SIX SIGMA IN SANITÀ Nuovi strumenti per il Governo Clinico

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Introduzioni di Qjfsmvjhj!Boupofmmj Hjpwbooj!Npodijfsp A cura di Dmbvejb!Svujhmjbop


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