NOAC: gli anticoagulanti orali diretti non vitamina K-dipendenti

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NOAC: gli anticoagulanti orali diretti non vitamina K-dipendenti Paolo Colonna

Il Pensiero Scientifico Editore


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Paolo Colonna

NOAC: gli anticoagulanti orali diretti non vitamina K-dipendenti


Paolo Colonna Cardiologia, Ospedale Policlinico di Bari

Prima edizione: marzo 2019 Š 2019 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8, 00138 Roma Tel. (+39) 06 862821 - Fax (+39) 06 86282250 pensiero@pensiero.it www.pensiero.it - www.vapensiero.info www.facebook.com/PensieroScientifico Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Stampato in Italia da Ti Printing S.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma Progetto di copertina: Antonella Mion Impaginazione: DOPPIOSEGNO S.n.c., Roma Coordinamento editoriale: Paola Luciolli ISBN 978-88-490-0641-4 Servizio scientifico offerto alla Classe Medica da Bayer Healthcare. Vietata la vendita. Omaggio ai Signori Medici.


A Giuseppe e Matteo, tanto uguali nell’aspetto quanto differenti nella personalitĂ



Indice Fibrillazione atriale e rischio tromboembolico Epidemiologia della fibrillazione atriale e del rischio cardioembolico L’importanza di stratificare il rischio trombotico ed emorragico soprattutto nei pazienti a rischio embolico basso-moderato (CHA2DS2-VASc 1-2) Cosa significa fibrillazione atriale “non valvolare”? Ruolo della diagnostica per immagini nella stratificazione del rischio tromboembolico Limiti del warfarin superati con i NOAC

1 4 9 10 12

I NOAC nella prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale Caratteristiche farmacologiche Mono- o bisomministrazione giornaliera Le evidenze scientifiche Indicazioni terapeutiche e controindicazioni Cosa fare alla prima prescrizione Follow-up e aderenza alla terapia NOAC: del tutto liberi dalle interazioni alimentari e farmacologiche?

17 17 19 30 33 34 37


VIII

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Pazienti particolari: come comportarsi Cardioversione e ablazione transcatetere Angioplastica coronarica e stent in pazienti anticoagulati con NOAC Insorgenza di fibrillazione atriale in pazienti con coronaropatia stabile Insufficienza renale e nefroprotezione Ictus cerebri: pregresso o acuto, ischemico o emorragico Pazienti anziani fragili e neoplasie: fin dove prescrivere i NOAC?

Aspetti pratici di utilizzo Come comportarsi nel passaggio da warfarin a NOAC? Gestione degli interventi chirurgici in urgenza e in elezione PerchĂŠ non sono necessari i prelievi per il monitoraggio? In quali occasioni eseguire un test ematologico e quale? Dimenticanze e sovradosaggio Comportamenti in caso di emorragia

43 46 50 51 56 58

63 64 68 71 72

Utilizzo dei NOAC nella terapia e nella prevenzione del tromboembolismo venoso I NOAC nella terapia della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare Prevenzione delle recidive tromboemboliche nel follow-up dopo trombosi venosa profonda ed embolia polmonare

77 82


INDICE

IX

Protezione vascolare nelle coronaropatie e nelle arteriopatie Fisiopatologia e manifestazioni cliniche di aterosclerosi ed aggregazione piastrinica Perché dobbiamo superare la sola terapia antipiastrinica nella sindrome coronarica acuta? Dosaggio vascolare di rivaroxaban nell’approccio sinergico con gli antipiastrinici Evidenze cliniche dell’approccio sinergico sulla protezione vascolare nelle coronaropatie e nelle arteriopatie stabili A quali pazienti dare priorità per iniziare il dosaggio vascolare?

87 89 92 95 98

Bibliografia 101


Abbreviazioni

ACCP ACT aPCC aPTT ClCr DAPT EHRA EP ESC FA INR MACE

American College of Chest Physicians tempo di coagulazione attivato complesso protrombinico concentrato attivato tempo di tromboplastina parziale attivato clearance della creatinina duplice terapia antiaggregante piastrinica European Heart Rhythm Association embolia polmonare SocietĂ Europea di Cardiologia fibrillazione atriale international normalized ratio eventi cardiaci avversi maggiori

NOAC anticoagulanti orali diretti non vitamina K-dipendenti NSTEMI infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST PCC complesso protrombinico concentrato PT tempo di protrombina STEMI infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST TEV tromboembolismo venoso TIA attacco ischemico transitorio TTR tempo in range terapeutico TVP trombosi venosa profonda


Fibrillazione atriale e rischio tromboembolico Epidemiologia della fibrillazione atriale e del rischio cardioembolico La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia cardiaca più frequente, essendo riscontrabile (prevalenza) in una percentuale della popolazione generale intorno al 3%, a seconda del tipo di popolazione valutata (cardiopatici, soggetti visitati in ospedale o in ambulatori, studi epidemiologici di popolazione), della modalità di ricerca di eventuali FA parossistiche e dell’area geografica di indagine. In Italia, nello studio ISAF, è stata stimata una prevalenza di FA del 2,04% nella popolazione di età >17 anni, rappresentata dagli assistiti (circa 300.000) di 233 medici di medicina generale.1 Inoltre, è stata osservata una prevalenza leggermente maggiore nel sesso maschile e un importante progressivo incremento di prevalenza con

l’età. L’Osservatorio Europeo ha recentemente riscontrato un aumento della prevalenza di FA nell’Unione Europea, con una proiezione di popolazione affetta da FA che dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi anni, soprattutto per l’aumento della FA nei soggetti con più di 75 anni (Figura 1).2 Riguardo all’incidenza annua di FA, si verificano 70 nuovi casi ogni anno in 100.000 pazienti, con un rischio del 25% di sviluppare una FA per un soggetto adulto nel corso della sua vita. La percentuale dei diversi tipi di FA varia a seconda delle casistiche; nei pazienti cardiologici sono rappresentate equamente in circa un terzo dei pazienti sia la forma parossistica, sia quella persistente, sia quella permanente; nei pazienti studiati in medicina interna, la FA permanente comprende oltre il 60% dei pazienti (dati ATA-AF).3


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Adulti con fibrillazione atriale (in milioni)

Figura 1  Dati dell’Osservatorio Europeo con aumento della prevalenza di FA nell’Unione Europea, con proiezione negli anni suddivisa per età e sesso 20 Totale >75 anni <75 anni Uomini Donne

18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 2000

2005 2010

2015 2020

2025 2030 2035 2040

Anno

2045 2050 2055 2060


3

FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

Nella maggior parte dei pazienti la FA parossistica tende a progredire verso la FA persistente o permanente, spesso in parallelo allo sviluppo della patologia cardiaca che sottende la FA (Figura 2).

La complicanza più grave della FA, l’ictus cerebri, ha un’incidenza media in questi pazienti di circa il 2,5% per anno, che aumenta ad oltre il 7% se si includono anche gli attacchi ischemici transitori (TIA) e gli ictus silenti.

Figura 2  Storia naturale dei pazienti con FA: progressione della patologia e terapie Terapia anticoagulante

prima diagnosi

Controllo della frequenza Farmaci antiaritmici Ablazione Cardioversione FA silente

parossistica

persistente

persistente permanente di lunga durata


4

Circa 1 persona su 3 affetta da FA va incontro nel corso della vita ad ictus cerebrale, e circa 1 su 5 di tutti gli ictus è attribuito a questa aritmia. Il rischio tromboembolico è meno definito nella FA parossistica, ma è altrettanto alto a parità di fattori di rischio; infatti, i pazienti con FA parossistica, pur mostrando meno episodi embolici, sono generalmente più giovani e meno malati. Dati ottenuti da dispositivi impiantabili e registrazioni Holter suggeriscono che il rischio di ictus si associa alla durata degli episodi di FA. Il rischio tromboembolico associato al flutter atriale è notevolmente aumentato, anche se sembrerebbe intermedio tra FA e ritmo sinusale: in 750.000 soggetti anziani il rischio relativo di ictus è stato 1,41 per il flutter atriale e 1,64 per la FA.4 Più spesso l’ictus cardioembolico è di dimensioni maggiori rispetto agli altri ictus ed è gravato da una mortalità del 25% a 30 giorni e di ~50% a 1 anno. La localizzazione degli ictus cardioembolici è frequente come ischemia totale di un distretto anteriore o posteriore; le ischemie silviane parziali hanno solitamente un interessamento corticale; è frequente la presenza di in-

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

farcimento emorragico della lesione. Patognomonica è la presenza di lesioni ischemiche contemporanee o in tempi ravvicinati in territori vascolari diversi o bilaterali.

L’importanza di stratificare il rischio trombotico ed emorragico soprattutto nei pazienti a rischio embolico basso-moderato (CHA2DS2-VASc 1-2) L’incidenza annua di ictus tra i pazienti con FA non valvolare è estremamente variabile e compresa tra lo 0,5% e il 20%, a seconda di età, storia di pregressi eventi cerebrovascolari e comorbilità quali ipertensione arteriosa, diabete e cardiopatie strutturali. Per tale motivo sono state effettuate numerose analisi di popolazioni con FA per identificare l’interazione fra questi fattori (isolati o in associazione) con il rischio di sviluppare un ictus cerebri. Dapprima è stato sviluppato lo schema di classificazione del rischio tromboembolico che porta l’acronimo CHADS2, con: nn2 punti a un’anamnesi positiva per ictus o TIA,


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FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

nn1 punto per età >75 anni, ipertensione arteriosa, dia-

bete o recente episodio di scompenso clinicamente rilevante o frazione di eiezione <40%.

La validazione originaria classificava un punteggio 0 come basso rischio, 1-2 come moderato rischio e 3-6 come alto rischio. Questo schema ha tuttavia dei limiti, non includendo vari fattori ed essendo derivato da pazienti non trattati con warfarin. Molti pazienti con CHADS2 pari a 0 hanno tassi di ictus >1,5%/anno, per cui non sono realmente a basso rischio. Nelle linee guida 2012 della Società Europea di Cardiologia (ESC)5 e in quelle americane,6 si è ridotta l’enfasi sulle categorie di rischio basso, moderato e alto, a causa del loro scarso potere predittivo e si è sottolineato il progressivo incremento del rischio embolico all’aumentare del suddetto punteggio. Inoltre lo schema CHADS2 è stato integrato con ulteriori fattori di rischio, facendolo diventare il CHA2DS2-VASc. Questi fattori di rischio aggiuntivi sono: nnsesso femminile (che non è significativo nei soggetti a basso rischio embolico, ovvero con CHA2DS2-VASc <3); nnetà 65-74 anni;

nnstoria di malattie cardiovascolari (infarto miocardi-

co, placche aortiche complesse e arteriopatia periferica) (Tabella 1).

Tabella 1 Lo schema CHA2DS2-VASc Fattore

Punteggio

C

Cardiac failure (scompenso cardiaco)

1

H

Hypertension (ipertensione arteriosa)

1

A

Age (età ≥75 anni)

2

D

Diabetes (diabete mellito)

1

S

Stroke (pregresso ictus, TIA o embolia periferica)

2

V

Vascular disease (malattia vascolare)

1

A

Age (età 65-75 anni)

1

Sc

Sex category (sesso femminile)

1


6

In tal modo è più accurata la stratificazione dei pazienti a rischio tromboembolico basso, mentre un numero consistentemente maggiore di pazienti risulta avere uno score di rischio tromboembolico elevato (≥2) (Tabella 2).7 Per tale ragione le linee guida ESC 20168 indicano che: nnla terapia antitrombotica deve essere basata sulla valutazione del rischio individuale di ictus, sanguinamento e “beneficio clinico netto”; nnil CHA2DS2-VASc deve essere utilizzato come score di rischio per ictus nella FA; nnl’anticoagulazione è raccomandata (classe IA) negli uomini con CHA2DS2-VASc ≥2 e nelle donne con CHA2DS2-VASc ≥3; nnl’anticoagulazione deve essere presa in considerazione (classe IIaB) negli uomini con CHA2DS2-VASc =1 e nelle donne con CHA2DS2-VASc =2, valutando le caratteristiche individuali e la preferenza del paziente. Pertanto in quest’ultimo gruppo a rischio embolico basso-moderato, dove non conta più il sesso femminile come fattore di rischio (uomini con CHA2DS2-VASc =1 e donne con CHA2DS2-VASc =2), viene lasciato ampio spa-

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 2 Rischio annuale di ictus e prevalenza in relazione al punteggio CHA2DS2-VASc Punteggio CHA2DS2-VASc 0

N. pazienti (7329)

Rischio annuale di ictus (%)

1

0,0

1

422

1,3

2

1230

2,2

3

1730

3,2

4

1718

4,0

5

1159

6,7

6

679

9,8

7

294

9,6

8

82

6,7

9

14

15,2

Adattata da Lip et al.7

zio alle preferenze del paziente e, soprattutto, ad una valutazione “sartoriale” del medico specialista. Costui terrà in considerazione, accanto allo score principale


7

FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

ischemico ed emorragico, fattori modificatori (“modifiers”) che aumentano o riducono il rischio di ictus, quali insufficienza renale, dimensioni e funzione dell’atrio e dell’auricola sinistra, ipertrofia e disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, “burden” temporale della FA parossistica, fattori bioumorali [troponina ad alta sensibilità, pro-peptide natriuretico cerebrale (proBNP)]. Dall’altro lato va stratificato anche il rischio emorragico che varia moltissimo nei pazienti con FA. Diversi score di rischio sono stati proposti e raccomandati dalle linee guida ESC 2016 ai fini della prescrizione della terapia antitrombotica (classe IIaB): HAS-BLED, ORBIT, e più recentemente, ABC. Il più utilizzato è lo score HAS-BLED, ricavato da una coorte della Euro Heart Survey e validato in diverse coorti indipendenti (Tabella 3).9 La valutazione del rischio emorragico non va utilizzata per evitare la terapia anticoagulante, ma nei pazienti con punteggio ≥3 sprona il medico a controllare periodicamente e a trattare i fattori correggibili [ipertensione non controllata, tempo di protrombina-international normalized ratio (PT-INR) labile, farmaci concomitanti] (classe IIaB). L’uso dell’HAS-BLED non dovrebbe quindi escludere i pazienti dall’anticoagulazione (classe IIaB) (Tabella 4).

Tabella 3 Score HAS-BLED e rischio annuale di emorragie maggiori in relazione al punteggio HAS-BLED Caratteristiche cliniche

Punti

(H) ipertensione (pressione arteriosa sistolica >160 mmHg)

1

Alterata funzionalità renale + epatica

1+1

Stroke (ictus)

1

Bleeding (sanguinamento)

1

INR labile

1

Età avanzata (>65 anni)

1

Dipendenza alcol + farmaci antiaggreganti Punteggio cumulativo Rischio

1+1 da 0 a 9

% pazienti

Rischio annuale di emorragie maggiori (%)

Basso 0-1

67,9

1,1

Medio 2

24,2

1,9

Alto ≥3

7,9

4,9

Adattata da Pisters et al.9


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 4 Fattori di rischio emorragico modificabili e non modificabili nei pazienti in terapia anticoagulante sulla base degli score di rischio emorragico Fattori di rischio emorragico modificabili • Ipertensione arteriosa (specie in presenza di pressione arteriosa sistolica >160 mmHg)a,b,c • INR labile o tempo in range terapeutico <60%a nei pazienti trattati con AVK • T erapie che predispongono a manifestazioni emorragiche, come il trattamento con farmaci antiaggreganti piastrinici o antinfiammatori non steroideia,d • Abuso di alcol (≥8 drink alla settimana)a,b Fattori di rischio emorragico potenzialmente modificabili • Anemiab,c,d • Insufficienza renalea,b,c,d • Insufficienza epaticaa,b • Ridotta conta o funzione piastrinicab continua

Tabella 4 segue Fattori di rischio emorragico non modificabili • Etàe (>65 anni)a (≥75 anni)b,c,d • Storia di sanguinamento maggiorea,b,c,d • Pregresso ictusa,b • Insufficienza renale dialisi-dipendente o trapianto renalea,c • Cirrosi epaticaa • Neoplasiab • Fattori geneticib Fattori di rischio emorragico basati sui biomarcatori • Tropinina ad alta sensibilitàe • Fattore di crescita e differenziazione 15e • Creatinina sierica/ClCr stimatae ABC, Age, Biomarkers, Clinical history; ATRIA, AnTicoagulation and Risk factors In Atrial fibrillation; AVK, antagonisti della vitamina K; ClCr, clearance della creatinina; INR, international normalized ratio; ORBIT, Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation. a Derivato dallo score HAS-BLED. b Derivato dallo score HEMORR2HAGES. c Derivato dallo score ATRIA. d Derivato dallo score ORBIT. e Derivato dallo score ABC.


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FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

Cosa significa fibrillazione atriale “non valvolare”?

nnstenosi mitralica reumatica emodinamicamente si-

La distinzione tra FA “valvolare” e “non valvolare” è stata effettuata nei primi studi sull’anticoagulazione, che hanno ispirato le linee guida congiunte ACC/AHA/ESC del 2001,10 nei quali la presenza del termine “valvolare” stava ad indicare la necessità di anticoagulazione anche in presenza di ritmo sinusale (protesi valvolari meccaniche, stenosi mitralica reumatica emodinamicamente significativa). Si selezionano così i pochi pazienti con patologia valvolare di base ad alto rischio per ictus cardioembolico meritevole di anticoagulazione, indipendentemente dalla presenza di ritmo sinusale o FA, a causa della possibile formazione di trombi anche al di fuori dell’auricola sinistra. Per tutti gli altri casi, definiti come FA “non valvolare”, venivano valutati i fattori di rischio embolico di tipo CHADS2 e se era presente un grado di alto rischio, veniva indicata l’anticoagulazione. Questo comportamento del passato ci permette oggi di definire meglio la FA “valvolare” come quella che si verifica soltanto in presenza di: nnprotesi valvolare meccanica, o

Nella FA valvolare i trombi potrebbero avere un meccanismo di formazione differente da quello della FA non valvolare, e quindi una diversa resistenza agli anticoagulanti. Per evitare che questi trombi in corso di FA valvolare potessero rispondere in maniera insufficiente agli anticoagulanti orali non vitamina K-dipendenti (NOAC), i pazienti di questo tipo sono stati esclusi dai trial registrativi dei NOAC e pertanto al momento hanno controindicazione ai NOAC (Tabella 5). Al contrario di queste due condizioni, nei quattro trial registrativi sui NOAC sono stati inclusi numerosissimi pazienti (tra il 13% e il 26% a seconda del trial) con tutte le altre patologie valvolari, anche di grado severo. In questi pazienti i NOAC hanno dimostrato di essere più efficaci e sicuri del warfarin, al pari o meglio che nei pazienti senza valvulopatie. Pertanto le più recenti raccomandazioni indicano l’utilizzo dei NOAC in questi pazienti, fatte salve alcune eccezioni indicate in Tabella 5, e per evitare confusione si raccomanda di non usare più l’espressione “FA non valvolare”.

gnificativa.


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 5 Raccomandazioni sull’utilizzo dei NOAC nei pazienti con valvulopatie Patologia associata alla FA

Utilizzabilità dei NOAC

Protesi valvolari meccaniche

Controindicati: pazienti esclusi dai trial

Stenosi mitralica moderato-severa reumatica

Controindicati: pazienti esclusi dai trial

Altre valvulopatie con stenosi o insufficienza anche di grado severo

Indicati: pazienti ampiamente studiati

Riparazione valvolare mitralica (dopo 3 mesi dalla riparazione)

Utilizzabili: pazienti inclusi nei trial

Protesi valvolari biologiche (dopo Utilizzabili: pazienti 3 mesi dall’impianto), eccetto che inclusi nei trial post-stenosi mitralica reumatica TAVI o valvuloplastica aortica

Utilizzabili: pazienti inclusi nei trial

Cardiomiopatia ipertrofica

Utilizzabili: pazienti inclusi nei trial

TAVI, impianto transcatetere di valvola aortica.

Ruolo della diagnostica per immagini nella stratificazione del rischio tromboembolico L’eziologia causale nell’ictus cardioembolico è stata dimostrata in maniera diretta da studi autoptici e poi di imaging cardiaco che hanno evidenziato la presenza di trombi soprattutto nell’auricola o nell’atrio sinistro e solo più raramente trombi ventricolari o placche complesse in aorta.11 È necessario un gradino intermedio che colleghi l’agente causale (“trombo mobile in auricola”) con il primum movens dato dalla sommatoria dei fattori di rischio clinico: questo può essere identificato nella stasi ematica in auricola sinistra. Questa stasi deriva dallo stordimento funzionale dell’auricola, talora associato a dilatazione/rimodellamento strutturale, spesso presente nei pazienti con FA frequente e di lunga durata, soprattutto se in associazione ai fattori di rischio clinico del CHA2DS2-VASc12 (Figura 3). La tecnica principale per valutare la presenza di anomalie strutturali e/o funzionali dell’auricola sinistra è l’ecocardiografia transesofagea, mentre con l’ecocardiografia transtoracica si riescono ad ottenere solo parte


FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

Figura 3  Esempio di un trombo in auricola sinistra (freccia) che la riempie per due terzi (a sinistra), visualizzato con ecocardiografia transesofagea bidimensionale (in alto a sinistra) e tridimensionale (in basso a sinistra). Dopo 4 settimane di rivaroxaban il trombo è andato incontro a completa lisi (a destra) ed è stata effettuata cardioversione elettrica

LAA, auricola sinistra; LUPV, vena polmonare superiore sinistra; LV, ventricolo sinistro.

11


12

delle informazioni sulla funzione auricolare.13 Inoltre l’ecocardiografia transesofagea consente di visualizzare la trombosi intrauricolare anche con l’aggiunta della visualizzazione tridimensionale in tempo reale14 o di ricercare altre fonti emboligene atriali, ventricolari o aortiche (Figura 3). Queste informazioni ecografiche aggiuntive, pur se complesse nell’esecuzione e quindi non consigliabili nella stratificazione del rischio nella popolazione generale, possono essere di grande utilità laddove il bilancio trombotico/emorragico è particolarmente delicato, soprattutto nel caso dei NOAC, quando è necessario accertarsi dell’aderenza terapeutica nei pazienti poco affidabili o dopo un ictus cerebri in corso di anticoagulazione. Per tale motivo le linee guida ESC raccomandano (classe IC) di eseguire l’esame ecocardiografico in tutti i pazienti con FA per guidare le decisioni terapeutiche attraverso la valutazione di patologie strutturali, nonché della dimensione e funzione di atri e ventricoli. Nei pazienti in cui si riscontri all’ecocardiografia un trombo in atrio o auricola sinistra la cardioversione è controindicata e l’anticoagulazione deve essere particolarmente scrupolosa (vedi Figura 10 a pag. 44).

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Il recente studio prospettico X-TRA ha dimostrato l’efficacia di rivaroxaban (20 o 15 mg/die a seconda della funzione renale) nel ridurre o far scomparire la trombosi in atrio o auricola sinistra nel 60% dei casi (32 su 53 trombi), così come già osservato in passato con il warfarin.15,16 Singoli casi clinici sono disponibili per gli altri NOAC, suggerendo l’uso dei NOAC per lisare i trombi in atrio sinistro, con maggiori dati per rivaroxaban e apixaban, soprattutto se il warfarin è stato inefficace o l’INR non è ben controllabile.

Limiti del warfarin superati con i NOAC Nonostante il warfarin e gli altri anticoagulanti tradizionali riducano del 64% il rischio relativo di ictus rispetto al placebo e all’aspirina nei pazienti con FA, alcuni fattori ne limitano l’efficacia.


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FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

Sottoprescrizione

Abbandono della terapia da parte del paziente

Nella pratica clinica i dicumarolici in Italia e nel mondo sono prescritti molto meno di quanto sarebbe necessario. È stato inoltre osservato che la prescrizione di warfarin è meno frequente nei pazienti con FA parossistica (37,4%) rispetto a quelli con FA persistente o permanente (66,9%), e che essa non si correla al rischio tromboembolico del paziente espresso dal CHA2DS2-VASc3. Questo errato comportamento è spesso dovuto al timore di medici e pazienti nei confronti di possibili emorragie, ancor più nei pazienti con numerosi fattori di rischio trombotico. Per quanto il trattamento con aspirina in pazienti con FA abbia dimostrato di ridurre lievemente (~20%) il rischio relativo di ictus rispetto al placebo, esso mantiene un rischio emorragico simile a quello dei NOAC e pertanto è controindicato per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA.17

Molte preoccupazioni dei pazienti (labilità dell’INR, interazione con farmaci o alimenti) e la sensazione di essere a rischio di emorragia, nonché di terapia insicura che necessita di monitoraggio costante, possono influenzare il profilo psicologico e portare alla sospensione dell’assunzione del warfarin. Nei grandi studi AFFIRM18 e RACE19 oltre il 70% degli ictus ischemici si sono verificati dopo l’interruzione del trattamento con warfarin, ovvero in presenza di valori di INR al di sotto del range terapeutico raccomandato.

Difficoltà a mantenere il PT-INR in range terapeutico La qualità della terapia con warfarin viene valutata mediante la stima della percentuale di tempo trascorsa dal singolo paziente nel range terapeutico di PT-INR compreso tra 2.0 e 3.0. Questo parametro viene chiamato “tempo in range terapeutico” (time in therapeutic range, TTR). Valori più elevati di TTR (>65%) si accompagnano


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ad un minor rischio di ictus ischemico e di eventi emorragici rispetto a valori di TTR più bassi. I pazienti seguiti in ambito territoriale, senza assistenza specialistica, raramente raggiungono un TTR ≥50%, con valori medi intorno al 30-40%, mentre i centri per la sorveglianza dell’anticoagulazione sarebbero in grado di ottenere TTR fino al 70%. Uno studio italiano ha dimostrato un TTR medio dei pazienti in warfarin ampiamente inferiore al valore auspicato del 65% (48% nei pazienti warfarin naive e 56% nei pazienti warfarin experienced).20 Pazienti più anziani e più ammalati (con scompenso cardiaco, epatopatie, insufficienza renale, ecc.) hanno maggiore difficoltà a mantenere valori di INR all’interno del TTR.

Principali vantaggi dei NOAC rispetto a warfarin L’importanza della sintesi e diffusione dei NOAC deriva dal fatto che, dopo decenni, questi nuovi farmaci superano in efficacia, sicurezza e maneggevolezza il warfarin, farmaco che sembrava già sufficientemente efficace e del quale, invece, si soffriva il rischio di sanguinamenti o la

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

difficoltà nella somministrazione e monitoraggio terapeutico. Infatti i NOAC hanno ulteriormente ridotto il rischio relativo di ictus cerebri, ciascuno con valori che variano tra il 12% e il 35% e con differente significatività statistica, fornendo tutti una maggiore sicurezza e facilità di somministrazione senza necessità di monitoraggio della coagulazione con i prelievi ematici periodici di PT-INR. I principali vantaggi dei NOAC sono: nnefficacia superiore a warfarin; nnsicurezza con ridotto numero di emorragie, soprattutto cerebrali; nnpredittività della risposta; nnbasse incidenza e gravità degli effetti indesiderati; nndose orale fissa; nnnessuna necessità di monitoraggio regolare della coagulazione; nnbasso potenziale di interazione con farmaci o alimenti; nnrapida comparsa e scomparsa dell’effetto; nnfavorevole rapporto costo-efficacia. Le principali motivazioni per le quali i medici dello studio AVERROES21 includevano i pazienti nel trial per


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FIBRILLAZIONE ATRIALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO

Tabella 6  Principali motivazioni per le quali i medici dello studio AVERROES includevano i pazienti nel trial per “inadatta terapia con warfarin” Motivazione

% pazienti

Risoluzione con passaggio a NOAC

Timore di inadeguato controllo dell’INR da parte del paziente

43

+

Rifiuto del paziente di assumere warfarin

38

+/–

CHADS2 score 1 ¦ medico: no warfarin

21

+/–

Timore di INR con range labile

17

+

Dubbi sulla precisione del paziente

16

+

Difficile contattare il paziente per INR “urgenti”

11

+

Effetti collaterali in warfarin “non sanguinamenti”

3

Sanguinamenti in warfarin

3

INR, international normalized ratio.

“terapia inappropriata con warfarin” sono indicate nella Tabella 6. Le più frequenti motivazioni di non utilizzo del warfarin (ciascuna rilevata in oltre il 10% dei pazienti) vengono risolte con il passaggio ai NOAC. Così si riducono drasticamente i pazienti inadatti alla terapia anticoagulante. Nel valutare un paziente che già assume terapia anticoagulante tradizionale, bisogna interrogarsi sui limiti terapeutici in quel paziente e se questi possono essere superati con i NOAC (Tabella 7).


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 7  Limiti del warfarin e corrispondente soluzione con NOAC Limiti del warfarin

Vantaggi dei NOAC

PT-INR fuori range + stretta finestra terapeutica

Importanti

Risoluzione

Interazioni farmacologiche

Presenti

Miglioramento

Interazioni tra farmaci e alimenti

Presenti

Risoluzione

Sanguinamento durante interventi chirurgici

Presenti

Miglioramento

NecessitĂ di Importanti monitoraggio PT-INR

Risoluzione

Rischio emorragico

Miglioramento

Importanti

PT-INR, tempo di protrombina-international normalized ratio.


I NOAC nella prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale Caratteristiche farmacologiche I NOAC inibiscono un solo fattore della coagulazione, quindi con un meccanismo d’azione più selettivo rispetto agli antagonisti della vitamina K. Tutti i NOAC hanno in comune (Tabella 8): nnl’assenza di importanti interazioni con gli alimenti; con il cibo migliora l’assorbimento di rivaroxaban (+39%) e di edoxaban (+6-22%); nnla rapida comparsa in circolo, a seconda dell’assorbimento intestinale; nngli effetti farmacologici altamente prevedibili, pertanto non è necessario alcun monitoraggio di routine dei parametri emocoagulativi.

Caratteristiche di dabigatran (inibitore diretto della trombina):22 nnForma: profarmaco. nnClearance prevalentemente renale. Caratteristiche di rivaroxaban, apixaban ed edoxaban (inibitori diretti del fattore Xa):23 nnForma: farmaco attivo. nnClearance non solo renale (metabolismo epatico).

Mono- o bisomministrazione giornaliera La scelta della mono- o bisomministrazione giornaliera si basa sulle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dei NOAC. È fondamentale garantire un valore plasmatico costantemente (nelle 24 h) superiore


18

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 8 Caratteristiche farmacologiche dei quattro NOAC Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Meccanismo d’azione

Inibitore diretto della trombina

Inibitore diretto del fattore Xa

Inibitore diretto del fattore Xa

Inibitore diretto del fattore Xa

Biodisponibilità

3-7%

66%; 80-100% con i pasti

50%

62%

Legame alle proteine plasmatiche

35%

95%

87%

55%

Frequenza giornaliera

2 volte

1 volta

2 volte

1 volta

Pro-farmaco

No

No

No

Emivita (T1/2)

12-17 h

5-9 h (giovani) 11-13 h (anziani)

12 h

10-14 h

Clearance non renale/renale farmaco assorbito

20%/80%

65%/35%

73%/27%

50%/50%

Controindicato con ClCr

<30 ml/min

<15 ml/min

<15 ml/min

<15 ml/min

Dosaggio per nefropatia cronica

Invariato

15 mg

5 o 2,5 mg

30 mg

Dispensazione

Assorbimento pHdipendente; capsula (da non aprire)

Assumere con cibo; compressa (anche frantumabile in sondini)

Compressa (anche frantumabile in sondini)

Compressa (anche frantumabile in sondini)

ClCr, clearance della creatinina; T1/2, tempo di dimezzamento.


I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

19

alla concentrazione minima sufficiente a inibire il fattore della coagulazione (trombina o fattore X attivato). Questa scelta preliminare deve trovare conferma nella clinica, sia su volontari sani che su pazienti con numerosità crescente (mega trial) mediante la valutazione del beneficio (riduzione di eventi trombotici) rispetto al rischio (aumento di eventi emorragici) per poter essere poi applicata nella pratica quotidiana. Dabigatran24 ed apixaban,25 con emivita di circa 12 h e biodisponibilità rispettive del 7% e 50% con rapido assorbimento, sono stati testati nei trial con bisomministrazione giornaliera. Rivaroxaban26 ed edoxaban,27 pur condividendo con altri NOAC simili tempi al picco e di emivita, grazie alla buona biodisponibilità orale (rispettivamente 80% e 62%), l’effetto prolungato e prevedibile, sono stati utilizzati in monosomministrazione giornaliera. Al momento di valle, la concentrazione plasmatica del farmaco dopo somministrazione della dose di rivaroxaban 20 mg è superiore alla concentrazione minima richiesta per inibire il 50% del fattore Xa, sia libero che legato al complesso della protrombinasi28 (Figura 4). Per tale motivo sono stati utilizzati in monosomministrazione nel mega trial ROCKET-AF29 ed

ENGAGE AF-TIMI 48,30 dimostrandosi efficaci e sicuri con questo tipo di posologia. Dal punto di vista pratico, la prescrizione medica in monosomministrazione è più accettata dal paziente, riducendosi il numero di abbandoni della terapia o di irregolarità nell’assunzione del farmaco. Infatti, studi su vasta scala e basati su pazienti del “mondo reale” indicano che i pazienti con FA non valvolare in terapia cronica con monosomministrazione giornaliera mostrano una migliore aderenza rispetto ai pazienti in regimi di bisomministrazione,31 superando l’aderenza del 90% nei primi dati di registro di rivaroxaban.32

Le evidenze scientifiche Le evidenze nei trial randomizzati Tutti e quattro i NOAC si sono dimostrati efficaci e sicuri nei quattro studi registrativi pubblicati negli anni 20092013. È importante conoscere bene similitudini e differenze nei disegni e nei risultati di questi studi per poter ben valutare i pazienti ai quali suggeriamo la terapia con NOAC (Tabella 9).29,30,33,34


20

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Concentrazione plasmatica di rivaroxaban (µg/l)

Figura 4  Cinetica valle/picco plasmatica dopo mono- e bisomministrazione giornaliera di rivaroxaban Rivaroxaban 20 mg/die

Rivaroxaban 10 mg bid

250

250

200

200

150

150

100

100

50

50

0

1 Tempo (giorni)

2

0

Concentrazione minima richiesta per inibire il 50% del fattore Xa Adattata da Kreutz et al.28.

Cpicco Cvalle

1 Tempo (giorni)

2


21

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Punti di similitudine fra i quattro studi erano:

nnl’endpoint primario di efficacia del NOAC preso in

esame rispetto al warfarin era un composito di ictus cerebrale (ischemico + emorragico) e di embolia sistemica (Figure 5-8);

nntutti e quattro gli studi hanno mostrato la non infe-

riorità rispetto al warfarin per l’endpoint di efficacia e sicurezza (Figure 5-8); nntutti e quattro gli studi e tutti i dosaggi hanno mostrato un’importante e significativa riduzione dell’in-

Tabella 9 Similitudini e differenze nei disegni dei grandi trial sui NOAC

RE-LY33

ROCKET-AF29

ARISTOTLE34

ENGAGE AF-TIMI 4830

Farmaco

Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Dose (mg)

150 bid/110 bid

20 (15)/die

5 (2,5) bid

60 (30)/30 (15)/die

N. pazienti

18.113 (3 bracci)

14.266

18.206

21.105 (3 bracci)

Età media (anni)

71,5

73 (mediana)

70 (mediana)

72 (mediana)

CHADS2 medio

2,1

3,5

2,1

2,8

Disegno dello studio

PROBE

Doppio cieco

Doppio cieco

Doppio cieco

Periodo di valutazione efficacia

Intera durata dello studio

Intera durata dello studio + 30 giorni di follow-up

Intera durata dello studio

Intera durata dello studio

Outcome sicurezza

Emorragie maggiori

Emorragie maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti

Emorragie maggiori

Emorragie maggiori


22

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

cidenza di ictus emorragico e sanguinamenti intracranici. Punti differenti fra i quattro studi erano:

nndisegni dello studio in doppio cieco per ROCKET-AF,

ARISTOTLE e ENGAGE AF-TIMI 48; disegno “PROBE” (aggiudicazione prospettica degli eventi senza conoscere il trattamento randomizzato) per RE-LY; nndiverse popolazioni studiate: nel RE-LY e nell’ARISTOTLE era sufficiente un CHADS2 score ≥1; nel ROCKET-AF i pazienti presentavano plurime comorbilità, necessitando un’anamnesi positiva per ictus, TIA o embolismo sistemico oppure un CHADS2 score ≥2; nell’ENGAGE-AF la popolazione aveva un CHADS2 score intermedio fra i precedenti (Tabella 9); nnpur se il follow-up differiva poco (da 1,8 anni dell’ARISTOTLE a 2,8 anni dell’ENGAGE AF-TIMI 48), il ROCKET-AF era l’unico trial che valutava gli eventi anche nei primi 30 giorni di follow-up; nnl’analisi di non inferiorità nel ROCKET-AF è stata eseguita nella popolazione “per-protocol” e quella di superiorità nella popolazione “on-treatment” e poi “intention-to-treat”;

nnl’endpoint primario di sicurezza in RE-LY, ARISTOTLE

ed ENGAGE AF-TIMI 48 erano i sanguinamenti maggiori, mentre nel ROCKET-AF erano compresi anche i sanguinamenti non maggiori clinicamente rilevanti.

Sono state pubblicate numerose analisi di sottogruppi derivanti dai singoli trial. È importante sottolineare che l’analisi di efficacia e sicurezza dei quattro NOAC è stata confermata indipendente (nessuna interazione) per i seguenti fattori: nnpazienti già in anticoagulazione o naive al warfarin; nnPT-INR bene o mal controllato (alto e basso TTR); nnFA parossistica o permanente; nnCHA2DS2-VASc e HAS-BLED bassi o alti; nnpregresso ictus presente o assente; nnscompenso cardiaco presente o assente; nncardioversione elettrica o meno; nnvalvulopatie/protesi biologiche; nncardiopatia ischemica e terapia con aspirina. Sulla base di quanto espresso, si può concludere che i NOAC sono efficaci e sicuri nelle varie popolazioni studiate. Al momento non esistono studi di confronto


23

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Figura 5  Trial RE-LY. Outcome di efficacia primario: ictus ed embolia sistemica Dabigatran 150 mg bid

Dabigatran 110 mg bid

Warfarin

Tasso di eventi cumulativo (%)

5

4

HR 0,90 (IC 95%: 0,74-1,10) P<0,001 (non inferiorità) P=0,30 (superiorità)

3

2 HR 0,65 (IC 95%: 0,52-0,81) P<0,001 (non inferiorità) P<0,001 (superiorità)

1

0

0

0,5

1,0

1,5 Anni

HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza.

2,0

2,5

3,0


24

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Figura 6  Trial ROCKET-AF. Outcome di efficacia primario: ictus ed embolia sistemica

Tasso di eventi cumulativo (%)

6

Rivaroxaban

Warfarin

5 Tasso di eventi

4

Rivaroxaban 1,71

Warfarin 2,16

3

2

HR 0,79 (IC 95%: 0,66-0,96) P (non inferiorità) <0,001

1

0 N. a rischio Rivaroxaban Warfarin

0

120

240

360

480

600

720

840

960

2472 2539

1496 1538

634 655

Giorni dalla randomizzazione 6958 7004

6211 6327

HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza.

5786 5911

5468 5542

4406 4461

3407 3478


25

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Figura 7  Trial ARISTOTLE. Outcome di efficacia primario: ictus ed embolia sistemica

Tasso di eventi cumulativo (%)

4

3

Warfarin

P (non inferiorità) <0,001

2 HR 0,79 (IC 95%: 0,66-0,95) P (superiorità) = 0,011 1

0 N. a rischio: Apixaban Warfarin

Apixaban

Apixaban 212 pazienti, 1,27% per anno Warfarin 265 pazienti, 1,60% per anno

0

6

12

18

24

30

6051 5972

3464 3405

1754 1768

Mesi 9120 9081

8726 8620

HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza.

8440 8301


26

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Figura 8  Trial ENGAGE AF-TIMI 48. Outcome di efficacia primario: ictus ed embolia sistemica

Tasso di eventi cumulativo (%)

8 6 4 2 0 N. a rischio: Edoxaban (60) Warfarin

Warfarin Edoxaban 60 mg (HR 0,87, IC 95% 0,73-1,04)

0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

6283 6225

4659 4593

2401 2333

3.5

Anni 7035 7036

6816 6798

HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza.

6650 6615

6480 6406

551 536


27

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

diretto tra NOAC, solo confronti dei NOAC rispetto a warfarin. Alcune recenti pubblicazioni hanno confrontato i NOAC fra loro mediante la metodologia delle “network meta-analisi”, utile per generare ipotesi, ma non per creare evidenze. Metodologicamente una network meta-analisi può essere utilizzabile a scopo scientifico solo a condizione che: nnla numerosità degli studi, dei pazienti e degli eventi considerati sia adeguata; nngli studi siano sufficientemente simili nei tratti essenziali per: caratteristiche dei pazienti; disegno degli studi; definizioni e misure di outcome. È ben chiaro da quanto finora descritto che nessuna di queste condizioni è soddisfatta, rendendo inutilizzabili ai fini clinici le speculazioni delle suddette metanalisi.

Le evidenze negli studi osservazionali e nei registri del mondo reale I dati provenienti dagli studi osservazionali di fase 4, dopo l’immissione in commercio dei farmaci, sono necessari perché consentono di confermarne la validità nella pratica clinica quotidiana su grandi numeri di pazienti, senza la selezione dei trial clinici randomizzati, con plurime comorbilità, con conseguente aumento del rischio tromboembolico ed emorragico. Le caratteristiche di uno studio osservazionale del mondo reale (“real world”) rispetto al trial clinico randomizzato sono: nnObiettivo: verificare nelle condizioni cliniche routinarie i dati di efficacia e sicurezza documentati da un trial randomizzato. nnPazienti: popolazioni variabili per età, comorbilità e terapie concomitanti (senza criteri di inclusione stringenti). nnIntervento farmaceutico: strategie flessibili, non precisamente prestabilite. nnAderenza alla terapia: variabile, a differenza dei trial randomizzati.


ovate (FDA)

aban

28 nnFollow-up: solitamente più lungo di quello dei trial

randomizzati. nnEventi: valutati solitamente nei centri periferici, talora con criteri poco stringenti. nnEffetti collaterali: utili a scoprire anche effetti collaterali rari. I primi dati di registro ad essere pubblicati hanno riguardato dabigatran, dal momento che è stata la prima molecola studiata ed entrata in commercio, e che attualmente vanta un follow-up di oltre 8 anni, ma subito dopo sono arrivati dati di “real world” di rivaroxaban ed apixaban. I dati provengono dagli Stati Uniti e dall’Europa (principalmente dai paesi scandinavi), anche grazie al più precoce utilizzo dei NOAC. La gran parte di questi dati derivano da analisi retrospettive di database amministrativi che analizzano popolazioni molto variabili tra loro, talora selezionate per avere un profilo di rischio sovrapponibile (propensity score), costituiscono la fonte più affidabile per l’impiego di questi nuovi farmaci nel mondo reale e ne hanno confermato efficacia e sicurezza. Di particolare pregio è lo studio osservazionale XANTUS35 in quanto:

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

nnstudio osservazionale prospettico internazionale, a

singolo braccio;

nncondotto in 6784 pazienti con FA nella normale pra-

tica clinica in 311 centri d’Europa, Canada e Israele;

nncon endpoint prespecificati e decisioni su terapia e

dosaggio prese a discrezione del medico curante;

nneventi emorragici e tromboembolici giudicati da un

comitato di valutazione indipendente in modo centralizzato.

I pazienti dello studio ROCKET-AF erano soggetti con rischio da moderato a elevato, con punteggio CHADS2 medio di 3,5, mentre quelli dello studio XANTUS erano in media a minor rischio di ictus e avevano un punteggio CHADS2 medio di 2,0 (con caratteristiche simili a quelle degli studi RE-LY e ARISTOTLE). Nello XANTUS, l’incidenza di emorragia maggiore associata a rivaroxaban è stata di 2,1 ogni 100 anni-persona, ben più bassa di quella dello studio ROCKET-AF (Figura 9). Questo dato di vita reale è stato anche approvato in scheda dall’autorità regolatoria italiana. Infine, i primi dati pubblicati che derivano da un’analisi della Rete Nazionale di Farmacovigilanza delle segna-


29

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Figura 9  Studio XANTUS versus ROCKET-AF ROCKET-AF

3,6 Incidenza eventi per 100 anni-persona

CHADS2

Pregresso ictus

ROCKET-AF

3,5

55%

XANTUS

2,0

19%

XANTUS

2,1 1,7

1,9 1,9

0,8

Ictus/ES

2,0 1,7

0,7

Sanguinamenti maggiori

Morte

ES, embolia sistemica; GI, gastrointestinali; ICH, emorragia intracranica.

Ictus totali

0,9 0,5

0,4

ICH

Sanguinamenti GI


30

lazioni di reazioni avverse ai NOAC, evidenziano come quello con il più basso indice di rischio di eventi avversi sia rivaroxaban, seguito da apixaban e dabigatran, anche se i dati disponibili su edoxaban sono ancora limitati.36 Bisogna considerare che i dati provengono sia dal sistema di segnalazione spontanea utilizzabile da operatori sanitari (medici, farmacisti, infermieri) o pazienti, sia da progetti di farmacovigilanza attiva o studi osservazionali post-marketing. I limiti di questa valutazione sono legati alla mancanza di informazioni sulle dosi utilizzate e sulle caratteristiche clinico-demografiche dei pazienti, oltre che sui trattamenti concomitanti assunti per le eventuali comorbilità.

Indicazioni terapeutiche e controindicazioni Indicazioni dei NOAC secondo l’Ente Regolatorio Europeo (EMA): nnPrevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica in pazienti adulti con FA non valvolare con uno o più fattori di rischio.

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

nnTrattamento della trombosi venosa profonda (TVP) e

dell’embolia polmonare (EP) e prevenzione delle recidive di TVP ed EP nell’adulto. nnPrevenzione primaria di episodi tromboembolici in pazienti adulti sottoposti a chirurgia sostitutiva elettiva totale dell’anca o del ginocchio. nnPrevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti adulti dopo sindrome coronarica acuta con biomarcatori cardiaci elevati. nnPrevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti adulti con coronaropatia o arteriopatia periferica sintomatica ad alto rischio per eventi ischemici. Le suddette indicazioni differiscono anche sensibilmente tra i diversi NOAC (Tabella 10) e necessitano di dosaggi e somministrazioni differenti anche individualizzate per il singolo paziente. Per conoscere l’esatta posologia di ciascuna formulazione farmaceutica si rimanda ai foglietti illustrativi delle singole specialità medicinali. Pur esistendo piccole differenze fra i diversi farmaci, possiamo indicare le seguenti controindicazioni comuni: nnEmorragie clinicamente significative in atto.


31

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Tabella 10 Indicazioni cliniche dei NOAC Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Dosaggio standard

150 mg bid o 110 mg bid

20 mg/die

5 mg bid

60 mg/die

Dosaggio ridotto

110 mg bid se età ≥80 anni, 15 mg/die se ClCr <50 ml/min concomitante verapamil o aumentato rischio di sanguinamento

2,5 mg bid, se due fra peso <60 kg, Cr >1,5 mg/dl, età >80 anni

30 mg/die, se uno fra peso <60 kg, ClCr <50 ml/min, farmaci inibitori GpP

Terapia iniziale

Eparina/EBPM

15 mg bid per 21 giorni

10 mg bid per 7 giorni

Eparina/EBPM

Terapia successiva

150 mg bid (ridurre a 110 mg bid secondo criteri SPAF)

20 mg/die (scendere a 15 mg 5 mg bid senza riduzioni se rischio emorragico per insufficienza renale > ricorrenza TVP/EP)

60 mg/die (ridurre a 30 mg/die secondo criteri SPAF)

Dosaggio standard

150 mg bid

10 mg/die

Non studiato in specifico (continuazione di trattamento)

Dosaggio variato

110 mg bid se età ≥80 anni o concomitante verapamil

20 mg/die se elevato rischio di ricorrenza TVP/EP

Prevenzione di ictus ed embolia in FA (SPAF)

Trattamento di TVP ed EP

Prevenzione di recidiva di TVP ed EP 2,5 mg bid

continua


32

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 10 segue

Prevenzione TEV dopo ortopedia maggiore

Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

220 mg/die, 150 mg/die se età ≼80 anni o concomitante verapamil

10 mg/die

2,5 mg bid

Non approvato in Europa

Prevenzione secondaria di eventi ischemici dopo SCA (senza FA)

2,5 mg bid (dosaggio vascolare) associato ad ASA ed inibitore P2Y12 secondo studio ATLAS ACS 2-TIMI 51

Prevenzione secondaria di eventi ischemici in CAD o PAD (senza FA)

2,5 mg bid (dosaggio vascolare) associato ad ASA secondo studio COMPASS

ASA, aspirina; CAD, coronaropatia; ClCr, clearance della creatinina; Cr, creatinina; EBPM, eparina a basso peso molecolare; EP, embolia polmonare; FA, fibrillazione atriale; GpP, glicoproteina-P; PAD, arteriopatia periferica; SCA, sindrome coronarica acuta; TEV, tromboembolismo venoso; TVP, trombosi venosa profonda.


I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

33

nnLesioni o condizioni con rischio significativo di san-

in quel determinato paziente mediante l’analisi rischio/ beneficio che deve essere a favore del trattamento. Successivamente, va scelto se iniziare un NOAC (pazienti naive) o se sostituire il warfarin con un NOAC, sulla base del giudizio clinico che può anche essere influenzato dai criteri di rimborsabilità nazionali (estremamente variabili fra i diversi paesi e modificati continuamente) (Tabella 11). Da sottolineare che le recenti linee guida ESC raccomandano (classe IA) di preferire il NOAC al warfarin, sulla base del beneficio clinico netto, specialmente nei pazienti naive. Subito dopo è fondamentale valutare o eseguire un prelievo ematico che includa la determinazione di: nnfunzione renale, utilizzando la clearance della creatinina (ClCr) secondo la formula di Cockcroft-Gault; nnfunzione epatica: i pazienti con enzimi epatici elevati oltre il triplo del limite superiore della norma sono stati esclusi dagli studi clinici con NOAC; c’è controindicazione ai NOAC nei pazienti con insufficienza epatica grave (dabigatran/apixaban) o moderata grave (rivaroxaban); nell’insufficienza epatica lieve non è necessario alcun aggiustamento della posologia; nnemocromo, a causa del più alto rischio emorragico nei pazienti con anemia e trombocitopenia.

guinamento maggiore (ulcera gastrica recente o in atto, neoplasie maligne ad alto rischio di sanguinamento, recente traumatismo cerebrale o spinale, intervento chirurgico cerebrale, spinale od oftalmico, recente emorragia intracranica, varici esofagee accertate o sospette, malformazioni arteriovenose, aneurismi vascolari o disfunzioni vascolari maggiori a livello intraspinale o intracerebrale). nnTrattamento concomitante con altri anticoagulanti (eparine non frazionate o a basso peso molecolare, anticoagulanti orali). nnPatologie epatiche associate a coagulopatia e rischio emorragico. nnPazienti con grave compromissione renale. nnProtesi valvolari cardiache che richiedono trattamento anticoagulante.

Cosa fare alla prima prescrizione Prima di prescrivere un NOAC ad un paziente con FA, occorre stabilire se la terapia anticoagulante sia indicata


34

Va poi effettuata la selezione di un determinato NOAC sulla base della quantità di somministrazioni giornaliere, della concomitanza di disturbi gastrici, dei farmaci potenzialmente interferenti (vedi paragrafo NOAC: del tutto liberi dalle interazioni alimentari e farmacologiche?) e della disfunzione renale del paziente (vedi paragrafo Insufficienza renale e nefroprotezione). Secondo quanto indicato anche dalle recenti linee guida ESC, suggeriamo che la selezione del dosaggio debba basarsi sulle indicazioni terapeutiche di ogni NOAC, variabili a seconda di peso, età, funzione renale, eventuali interazioni farmacologiche e talora anche sul rischio ischemico ed emorragico del paziente.

Informazioni al paziente Soprattutto in chi soffre di disturbi gastrici, la somministrazione contemporanea di inibitori di pompa protonica va fortemente consigliata per ridurre un possibile incremento della sintomatologia e il rischio di sanguinamento gastrointestinale.

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Così come raccomandato in corso di terapia con warfarin, deve essere consigliato di portare con sé le informazioni circa la propria terapia con NOAC, allo scopo di allertare il personale medico per eventuali interventi in urgenza. L’ESC ha già proposto un cartellino univoco da compilare e far portare ad ogni paziente. A causa del rapido declino del livello di anticoagulazione che si verifica già dopo 24 h di interruzione dei NOAC per la loro particolare farmacocinetica, è di fondamentale importanza educare il paziente ad ogni visita riguardo l’importanza dell’assunzione giornaliera precisa del NOAC, sottolineando i rischi dell’interruzione. Prima della prima prescrizione va controllata la consapevolezza del paziente sull’importanza di una stretta aderenza al regime terapeutico. Va altresì informato dei farmaci da non associare e sul follow-up da seguire (vedi più avanti) (Tabella 11).

Follow-up e aderenza alla terapia Considerato che i NOAC non necessitano di controllo periodico del PT-INR, è compito del medico motivare


I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Tabella 11  Cosa fare prima di prescrivere un NOAC Indicazione all’anticoagulazione: controllo del rischio trombotico: valutazione punteggio CHA2DS2-VASc; eventuali controindicazioni all’anticoagulazione. Prelievi ematici per emocromo, funzione renale, funzione epatica Preferenza ai NOAC rispetto a warfarin: rimborsabilità AIFA mediante Piano Terapeutico per elevato rischio emorragico/ ischemico, difficoltà di monitoraggio del PT-INR, irregolarità dei valori di PT-INR, preferenze del paziente. Selezione del NOAC: monosomministrazione, disturbi gastrici, interazione con altri farmaci, disfunzione renale. Selezione del dosaggio: a seconda delle indicazioni terapeutiche di ogni NOAC (variabili per peso, età e funzione renale). Informazioni al paziente: su importanza di aderenza, persistenza, effetti collaterali, associazione a inibitori di pompa protonica, farmaci da non associare. Indicazioni e tempistica del follow-up clinico e successivi prelievi ematici. PT-INR, tempo di protrombina-international normalized ratio.

35

il paziente ed evitare che questa riduzione di controlli medici possa influenzare la continuità dell’assunzione (persistenza), a causa di una sottovalutazione dell’importanza salvavita. Inoltre, vista la breve durata d’azione dei NOAC, la stretta aderenza a tutte le somministrazioni è necessaria per garantire un’anticoagulazione efficace ed evitare il rischio di eventi tromboembolici. Il follow-up diviene, quindi, fondamentale nella sua precisa programmazione e per sviluppare un’alleanza terapeutica medico-paziente, con un processo educazionale e motivazionale che veda coinvolti, a cascata, medici di famiglia, infermieri e pazienti, nonché i loro familiari. Inoltre, dal momento che al pari del warfarin i NOAC possono causare emorragie, la vigilanza su questi pazienti, spesso in fragili condizioni generali, deve essere pianificata ogni 6 mesi e ridotta fino a 3 mesi a seconda delle caratteristiche del singolo paziente e della funzione renale. In futuro questi controlli potranno essere effettuati dai medici di medicina generale con esperienza in questo campo, ma al momento devono essere effettuati dallo specialista che ha prescritto il farmaco o al quale è stato affidato il paziente. Si stanno sviluppando ambulatori specialistici sulla FA in tale contesto.


36

Ad ogni visita periodica devono essere controllati sistematicamente: nnl’aderenza alla terapia (nei pazienti non affidabili tramite controllo visivo delle compresse nei blister, motivazione dei familiari, oltre ad un’adeguata motivazione del paziente); nngli eventi sospetti per embolia cerebrale, sistemica o polmonare; nngli eventi emorragici (indagare sanguinamenti occulti rivelati da una caduta dei livelli di emoglobina, vedi sotto), eventualmente rivalutando indicazioni, dosaggi e tempi di somministrazione; nngli altri eventuali effetti avversi (per pirosi aggiungere gastroprotezione o cambiare farmaco); nngli altri farmaci assunti contemporaneamente, anche per brevi periodi; nni valori ematici per valutare funzionalità renale (ogni 12, 6 o 3 mesi), epatica e di emocromo/emoglobina (ogni 12 mesi). Relativamente alla funzionalità renale, dovrebbe essere valutata con maggiore frequenza in pazienti trattati con dabigatran, o in pazienti “fragili” per un’eventuale ridu-

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

zione del dosaggio (vedi paragrafo Insufficienza renale e nefroprotezione). Il monitoraggio della clearance deve essere effettuato: nnogni 12 mesi in caso di funzione renale normale o lievemente ridotta (ClCr >60 ml/min); nnogni 6 mesi negli anziani fragili, soprattutto se in terapia con dabigatran; nnnella disfunzione renale moderata-grave (ClCr ≤60 ml/min) con un intervallo di mesi di un decimo della ClCr (60 ml/min ogni 6 mesi, 40 ml/min ogni 4 mesi, ecc.); nnin ogni condizione intercorrente che possa influenzare la funzionalità renale (tipo ipovolemia, disidratazione, infezioni intercorrenti, farmaci che possono alterare la suddetta funzione, antibiotici, ecc.). I sanguinamenti minori, pur se problematici per la loro frequente incidenza, non dovrebbero indurre troppo prontamente una sospensione o una riduzione della dose della terapia. Sanguinamenti minori non sono necessariamente predittivi di rischio di sanguinamento maggiore. Ovviamente quando tale sanguinamento è tanto frequente/intenso da peggiorare il benessere del paziente,


I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

37

va rivalutato il tipo o la dose del NOAC, ma con molta attenzione per non privare il paziente dell’importante effetto tromboprofilattico di questi farmaci. Riguardo all’aderenza, i pazienti affetti da condizioni croniche spesso sospendono la terapia; infatti le evidenze raccolte indicano che l’aderenza è più alta durante il trattamento di condizioni acute, mentre scende drammaticamente dopo i primi 3 mesi di terapia. In una revisione sistematica di 76 studi37 l’aderenza media risultava del 71% e si riduceva in rapporto al numero delle dosi giornaliere da 1 volta/die (79%) a 4 volte/die (51%). Con il warfarin si riduceva principalmente la persistenza, soprattutto per l’intolleranza dei pazienti ai frequenti controlli ematici per mantenere l’anticoagulazione nei range terapeutici. In questi pazienti l’utilizzo della monosomministrazione ha favorito un’aderenza più alta del 26% rispetto alla bisomministrazione,31 superando il 90% nei dati di registro di rivaroxaban.32 Per migliorare l’aderenza e la persistenza in terapia tutti gli sforzi devono essere effettuati nella prima prescrizione e nelle visite di follow-up, attraverso per esempio: nnmotivazione del paziente con materiale illustrativo, tesserino personalizzato;

nncoinvolgimento dei familiari informandoli dell’impor-

tanza dell’aderenza;

nnutilizzo di blister marcati con calendario, portapillole

dedicati, allarmi su orologi o cellulare;

nninterfaccia con medici curanti pre-allertati, controllo

del numero di prescrizioni;

nnnei soggetti che mostrano una preferenza per la mo-

nosomministrazione giornaliera utilizzare questa modalità.

NOAC: del tutto liberi dalle interazioni alimentari e farmacologiche? A differenza di quanto accade con il warfarin, i NOAC non mostrano interazioni clinicamente rilevanti con il cibo (Tabella 8). Inoltre, in caso di somministrazione concomitante di inibitori di pompa protonica (prazoli), bloccanti H2 o idrossido di magnesio, le variazioni di assorbimento intestinale secondarie a pH basico non hanno causato una riduzione di efficacia dei NOAC negli studi clinici. Considerata la variazione di assorbimento e biodisponibilità, è consigliato assumere rivaroxaban durante i pa-


38

sti, cosa che permette un assorbimento quasi completo ed una biodisponibilità quasi del 100%. Le compresse di tutti i NOAC devono essere deglutite con acqua, meglio a stomaco pieno per ridurne un eventuale effetto dispeptico, soprattutto nell’uso di dabigatran. Un altro vantaggio dei NOAC rispetto al warfarin è la scarsa interazione con altri farmaci. Mentre dabigatran è metabolizzato come substrato della glicoproteina-P, ma senza la mediazione del citocromo P450, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban sono metabolizzati dal citocromo P450 (isoforma CYP3A4) e molto meno come substrato della glicoproteina-P. Per tale motivo i forti inibitori ed induttori della glicoproteina-P possono variare notevolmente l’azione soprattutto di dabigatran, mentre la concomitante forte induzione/inibizione della glicoproteina-P e del CYP3A4 variano notevolmente l’azione di rivaroxaban, apixaban ed edoxaban. Per facilitare una gradazione delle interazioni con altri farmaci o per fattori clinici che possono influenzare i livelli plasmatici o gli effetti dei NOAC, è stata suggerita38 una lista (Tabella 12) con tre livelli di allerta: (1) interazioni “rosse”, che escludono la combinazione di un determinato NOAC (cioè “controindicazione” o “uso

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

sconsigliato”); (2) interazioni “arancioni”, che raccomandano di ridurre la dose, o prescrivere un NOAC differente, a causa dell’aumento dei livelli plasmatici o impatto clinico; (3) interazioni “gialle”, che raccomandano di non variare la dose originale se presenti da sole; se coesistono due o più interazioni “gialle” è necessaria un’attenta valutazione, fino a portare alla decisione di prescrivere un NOAC differente o di ridurne la dose. È prudente attendere ulteriori informazioni per alcune potenziali interazioni con farmaci che vengono spesso utilizzati nei pazienti con FA e che non sono ancora state studiate dettagliatamente (interazioni ombreggiate nella tabella). Ulteriori interazioni sono state riscontrate con farmaci antitumorali ed antiepilettici; a causa della complessità delle stesse si rimanda il lettore alle tabelle delle raccomandazioni della European Heart Rhythm Association (EHRA).38 Tuttavia, rispetto al warfarin e agli altri tradizionali inibitori della vitamina K, i NOAC mostrano interazioni farmacocinetiche molto minori. Al di là di queste interazioni farmacocinetiche, l’associazione dei NOAC con antiaggreganti (aspirina, clopidogrel


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I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Tabella 12 Effetto delle interazioni farmacologiche sulla concentrazione plasmatica dei NOAC Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Amiodarone

+12% fino a +60%

Effetto minore

Nessun dato farmacocinetico diretto

+40%

Chinidina

+53%

Non nota entità dell’incremento

Ancora nessun dato

+77%

Digossina

Nessun effetto

Nessun effetto

Nessun effetto

Nessun effetto

Diltiazem

Nessun effetto

Nessun effetto

+40%

Ancora nessun dato

Dronedarone

+70% fino a +100%

Effetto moderato, andrebbe evitato

Nessun dato farmacocinetico o +85% farmacodinamico: attenzione

Verapamil

+12% fino a +180%

Nessun effetto

Nessun dato farmacocinetico

+53%

Atorvastatina

Nessun effetto

Nessun effetto

Ancora nessun dato

Nessun effetto

Ticagrelor

+25% dati da RE-DUAL PCI

Dati da PIONEER-AF

Ancora nessun dato

Ancora nessun dato

Antiaritmici

Altri cardiovascolari

continua


nua

40

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 12 segue Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Claritromicina, eritromicina

+15% fino a +20%

+54% claritromicina, +34% eritromicina

+30% fino a +60%

+90%

Rifampicina

-66%

Fino a -50%

-54%

-35%

Ancora nessun dato

Fino a +153%

Forte incremento

Ancora nessun dato

Fluconazolo

Ancora nessun dato

+42%

Ancora nessun dato

Ancora nessun dato

Ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo

+140% fino a +150%

Fino a +160%

+100%

+87% fino a +95%

Antibiotici

Antivirali Inibitori della proteasi dell’HIV (es. ritonavir) Antimicotici

continua


41

I NOAC NELLA PREVENZIONE DELL’ICTUS NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Tabe

Tabella 12 segue Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Alt

Altri farmaci Antiacidi (bloccanti H2; prazoli; idrossido di Mg)

-12% fino a -30%

Nessun effetto

Nessun effetto

Nessun effetto

Ant H2; di M

Naprossene

Ancora nessun dato

Ancora nessun dato

+55%

Nessun effetto

Nap

Altri fattori

Alt

Età ≥80 anni

Età

Età ≥75 anni

Età

Peso ≤60 kg

Pes

Altri fattori di aumentato rischio emorragico

• Concomitanti antiaggreganti, antinfiammatori, cortisonici, altri anticoagulanti • Storia di sanguinamento gastrointestinale • Recente chirurgia su organi critici (cervello, occhio) • Fragilità/rischio cadute • Storia o predisposizione al sanguinamento (anemia, trombocitopenia)

Modificata da Steffel et al.38.

Altr aum emo

Mod


42

e ticlodipina) e farmaci antinfiammatori non steroidei aumenta il rischio di sanguinamento. Pur se una gran parte (35-40%) dei pazienti inclusi nei grandi trial assumevano i NOAC in associazione ad un singolo antipiastrinico, il rischio emorragico di tali associazioni va accuratamente bilanciato con il potenziale beneficio in ogni singola situazione clinica, riducendo al minimo la durata di un’eventuale triplice terapia.

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI


Pazienti particolari: come comportarsi

Cardioversione e ablazione transcatetere Nei pazienti con FA che dura da ≥48 h, i dati delle sottoanalisi dei quattro grandi trial registrativi e dei trial prospettici su rivaroxaban (X-VeRT),39 edoxaban (ENSURE-AF)40 ed apixaban (EMANATE)41 nel contesto della cardioversione, suggeriscono che la cardioversione elettrica o farmacologica può essere eseguita con sicurezza (classe IA delle linee guida ESC) sia con l’anticoagulazione di 3 settimane prima e 4 settimane dopo la cardioversione, sia con il protocollo abbreviato mediante guida con ecocardiografia transesofagea. Tutti questi studi hanno mostrato tassi eccezionalmente bassi di emorragia o ictus a 30 giorni dalla cardioversione, minori di quelli osservati con warfarin, anche se questi studi non erano dimensionati per rilevarne differenze statisticamente significative.

Nei pazienti anticoagulati con NOAC da ≥3 settimane che vanno incontro a cardioversione, vista l’azione costante dei NOAC, non è necessario effettuare controlli ematici pre-cardioversione (Figura 10). Tuttavia in questi pazienti la compliance (aderenza) diviene di cruciale importanza nel periodo pre- e post-cardioversione, poiché, a differenza degli antagonisti della vitamina K, non viene controllato il valore di PT-INR. Per tale motivo è obbligatorio interrogare esplicitamente il paziente circa l’aderenza alla terapia nelle ultime settimane e tenere documentazione scritta di questa informazione. Se la compliance all’assunzione del NOAC è del tutto attendibile, la cardioversione si è dimostrata sicura. Al contrario, se vi sono dubbi sulla compliance del paziente, è necessario effettuare un’ecocardiografia transesofagea pre-cardioversione.


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Figura 10  Utilizzo dei NOAC nella cardioversione Indicazione a cardioversione (elettrica o farmacologica)

Paziente in NOAC da ≥3 settimane

Valutazione dell’aderenza e documentazione

Buona aderenza

Dubbi su aderenza ↓ Eseguire ETE

Paziente non anticoagulato

FA ≤48 h

Pochi dati, Iniziare NOAC >2-4 h, e CV generalmente senza ETE

FA >48 h

Strategia precoce + ETE ↓ Iniziare NOAC >2-4 h, ed ETE, poi CV

Se trombi all’ETE → NOAC per almeno 4 settimane (dati migliori con rivaroxaban) + ripetere ETE

Strategia ritardata ↓ Iniziare NOAC ≥3 settimane, poi CV vedi Paziente in NOAC da ≥3 settimane

Cardioversione Durata dell’anticoagulazione post-cardioversione Se CHA2DS2-VASc >1 (>2 nelle donne): a vita (come in FA non cardiovertita)

Se CHA2DS2-VASc =0 (=1 nelle donne) e FA ≥48 h: 4 settimane

CV, cardioversione; ETE, ecocardiografia transesofagea; FA, fibrillazione atriale. Modificata da Steffel et al.38.

Se CHA2DS2-VASc =0 (=1 nelle donne) e FA ≤12 h: pochi dati (1 giorno, 3 giorni, 1 settimana?)


PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Negli studi dedicati (X-VeRT, ENSURE-AF ed EMANATE)39-41 un’ampia percentuale dei pazienti andava incontro a cardioversione senza essere già in anticoagulazione (naive) per nuovo riscontro di FA. In questi pazienti, se la FA dura da ≥48 h, possiamo scegliere: nnla strategia precoce con ecocardiografia transesofagea: si inizia il NOAC, si esegue l’ecocardiografia transesofagea e si attende l’azione (almeno 4 h per rivaroxaban, almeno 2 h per edoxaban, almeno 5 somministrazioni per apixaban 5 mg o un carico di 10 mg e 2 h); se non si riscontrano trombi in auricola o atrio sinistro si può eseguire in sicurezza la cardioversione elettrica o farmacologica; nnla strategia ritardata: si inizia il NOAC, dopo almeno 3 settimane si valuta il paziente, se aderente alla terapia si può eseguire in sicurezza la cardioversione elettrica o farmacologica senza ecocardiografia transesofagea. Se la FA è insorta da <48 h il rischio embolico è più basso, ma i pochi dati in letteratura suggeriscono comunque l’anticoagulazione, soprattutto se la FA dura da >12 h e in presenza di CHA2DS2-VASc ≥2. Vista la prassi di una somministrazione di enoxaparina seguita dalla car-

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dioversione, si può sostituire l’enoxaparina con un NOAC ed eseguire la cardioversione dopo 2-4 h, anche senza ecocardiografia transesofagea. Se c’è il minimo sospetto di una durata maggiore della FA o di elevato rischio (CHA2DS2-VASc ≥4) è consigliato eseguire un’ecocardiografia transesofagea. Dopo la cardioversione si continua l’anticoagulazione: nnper tutta la vita se il paziente presenta un CHA2DS2VASc ≥1 (≥2 nelle donne), al pari della FA non cardiovertita; nnper 4 settimane se il paziente presenta un CHA2DS2VASc =0 (=1 nelle donne) e la FA è di durata ≥48 h; nnper una durata variabile (tra 1 giorno e 1 settimana, senza molti dati in letteratura), se il paziente presenta un CHA2DS2-VASc =0 (=1 nelle donne) e la FA è di breve durata, soprattutto se ≤12 h. In caso si riscontrino trombi in auricola o atrio sinistro all’ecocardiografia transesofagea va rinviata la cardioversione e l’anticoagulazione deve essere particolarmente scrupolosa con NOAC per almeno 4 settimane. Rivaroxaban (20 o 15 mg/die a seconda della funzione renale) è stato efficace nello studio prospettico X-TRA


46

nel ridurre o far scomparire la trombosi in atrio o auricola sinistra nel 60% dei casi (32 su 53 trombi),16 mentre apixaban (5 mg bid o 2,5 mg bid a seconda della funzione renale, con o senza carico di 10 mg) nello studio EMANATE ha lisato il 52% dei trombi (12 su 23) contro il 58% (10 su 18) del warfarin.41 I pazienti che vengono sottoposti ad ablazione trans­ catetere del substrato in atrio sinistro sono a rischio di sanguinamento per la puntura transettale e le manipolazioni nell’atrio sinistro, ma sono anche a rischio di aumentate complicanze tromboemboliche. Recenti dati di ablazione in corso di warfarin raccomandano di effettuare la procedura senza interrompere il warfarin (con INR target tra 2 e 2,5), per il ridotto rischio trombotico ed emorragico. I NOAC senza interruzione di somministrazione nell’ablazione hanno dimostrato una sicurezza ed un’efficacia almeno paragonabile al warfarin nei tre trial randomizzati. Infatti, rivaroxaban in VENTURE-AF,42 dabigatran in RE-CIRCUIT43 ed apixaban in AXAFA-AFNET 544 hanno mostrato meno eventi emorragici e trombotici del warfarin non interrotto, divenendo il “gold standard” nell’ablazione transcatetere.

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Angioplastica coronarica e stent in pazienti anticoagulati con NOAC Con il sempre maggior utilizzo dei NOAC, molti pazienti con FA vanno incontro all’insorgenza di sindrome coronarica acuta [infarto miocardico con (STEMI) o senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI)] o necessitano di procedure elettive di rivascolarizzazione miocardica con angioplastica e impianto di stent.38 Costoro hanno un elevato rischio di mortalità e di emorragie maggiori in quanto aspirina e clopidogrel sono necessari per l’antiaggregazione dopo l’inserimento dello stent, ma non proteggono a sufficienza dall’ictus cerebri. Si rende necessaria, quindi, un’anticoagulazione (meglio con NOAC) portando il paziente ad un periodo (meglio breve) di “triplice” terapia. Alla luce dei recenti risultati dei trial PIONEER AF-PCI45 e RE-DUAL PCI,46 riportiamo qui di seguito le più recenti indicazioni pratiche.


PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Nella fase acuta nnIl NOAC va sospeso all’ingresso in ospedale, fino

all’esecuzione dell’angioplastica; se il paziente viene trattato in maniera non invasiva il NOAC va continuato. nnNon esiste alcun razionale per cambiare un NOAC in warfarin né prima né dopo l’angioplastica, in quanto questo “shift” si associa ad un maggior rischio emorragico e trombotico. nnDuplice o triplice terapia antiaggregante: generalmente deve essere instaurata una duplice terapia antiaggregante piastrinica (DAPT) + anticoagulazione con NOAC (triplice terapia antiaggregante); visto l’altissimo potenziale emorragico, questa triplice terapia va mantenuta per il più breve periodo possibile, a seconda delle condizioni cliniche (Figura 11); vista l’importante riduzione di eventi emorragici ottenuta rinunciando all’aspirina e somministrando soltanto NOAC + clopidogrel (nel trial PIONEER AF-PCI con rivaroxaban e nel trial RE-DUAL PCI con dabigatran), si deve considerare questo ap-

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proccio nei pazienti a più elevato rischio emorragico; nnclopidogrel o nuovi antiaggreganti piastrinici: accanto al basso dosaggio di aspirina, andrebbe preferito il clopidogrel ai nuovi antiaggreganti. Prasugrel o ticagrelor andrebbero assolutamente evitati in triplice antiaggregazione (salvo rarissimi casi, come trombosi di stent in aspirina e clopidogrel, per pochissimi giorni); grazie ai pazienti arruolati (pur se in numero limitato) nei trial PIONEER AF-PCI e RE-DUAL PCI in duplice antiaggregazione, si può considerare di usare prasugrel o ticagrelor (più studiato) in duplice terapia con uno dei due NOAC testati, in pazienti ad elevato rischio trombotico, sindrome coronarica acuta o pregressa trombosi di stent; nnin caso di STEMI, vista anche la controindicazione alla trombolisi, preferire l’angioplastica primaria; aggiungere eparina periprocedurale (o, in accordo alla pratica locale, bivalirudina per la sua breve azione e ridotto rischio emorragico) indipendentemente dall’orario di somministrazione dell’ultima dose del NOAC, evitando gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa;


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Figura 11  Trattamento con NOAC dopo angioplastica coronarica PCI PCI elettiva

Sindrome coronarica acuta con PCI

Giorno1-7/ alla dimissione

1 mese

3 mesi

Triplice terapia NOAC + A + C

6 mesi

1 anno

Duplice terapia NOAC + C/(A)

NOAC monoterapia

PIONEER AF/ RE-DUAL PCI

Triplice terapia NOAC + A + C

Duplice terapia NOAC + C/(A)

NOAC monoterapia

PIONEER AF/ RE-DUAL PCI

NOAC + A + Tica

Duplice terapia NOAC + C/(Tica)/(A)

NOAC monoterapia

PIONEER AF/ RE-DUAL PCI

Fattori che accorciano la terapia di combinazione • Elevato rischio emorragico (non modificabile) • Basso rischio coronarico (con REACH o SYNTAX score se PCI elettiva, con GRACE se SCA) Fattori che allungano la terapia di combinazione • DES di prima generazione • Alto rischio coronarico (v. sopra score; stenting tronco comune o IVA prossimale o biforcazioni; infarti ricorrenti, trombosi di stent) e basso rischio emorragico

A, aspirina; C, clopidogrel; DES, stent medicato; IVA, arteria interventricolare; PCI, angioplastica coronarica; Tica, ticagrelor. Modificata da Steffel et al.38.


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PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

nnla trombolisi, come unica riperfusione possibile, può

essere praticata solo se i pazienti hanno assunto da >12 h il NOAC e/o se hanno valori normali di tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT) (dabigatran), PT (inibitori Xa), tempo di trombina e tempo di ecarina, con livelli plasmatici di NOAC che non eccedano quelli di elevato rischio di sanguinamento; non bisogna poi somministrare eparina fino al cessare dell’azione del NOAC (12-24 h); nnin caso di NSTEMI, sospendere il NOAC e attendere (se possibile) 12/24 h prima dell’esecuzione di coronarografia e angioplastica coronarica; utilizzare fondaparinux o enoxaparina dopo almeno 12 h dall’ultima somministrazione del NOAC; nnin caso di angioplastica con impianto di stent preferire l’approccio per via radiale e l’uso di stent medicati di ultima generazione (per poter ridurre la durata della triplice terapia antiaggregante); nnil dosaggio vascolare di rivaroxaban (2,5 mg bid) si è dimostrato efficace e sicuro in aggiunta alla DAPT (triplice terapia) nello studio PIONEER AF-PCI45 riducendo significativamente le emorragie rispetto al warfarin, e nei pazienti senza FA nello studio

ATLAS ACS 2-TIMI 51,47 migliorando significativamente l’outcome ischemico dopo sindrome coronarica acuta.

Durante il ricovero L’iniziale combinazione di DAPT + NOAC (triplice) va individualizzata per numero di farmaci e durata, a seconda del rischio ischemico ed emorragico (Figura 11). Sulla base dei trial PIONEER AF-PCI e RE-DUAL PCI la triplice terapia deve essere accorciata quanto più possibile. L’importante alternativa ai fini di un minor rischio emorragico è di optare per la DAPT con NOAC + inibitore P2Y12 (max clopidogrel) dai primi giorni della fase acuta. In attesa dei risultati dei trial con apixaban ed edoxaban, gli unici NOAC utilizzabili in duplice terapia sono dabigatran 150 mg bid o 110 mg bid o rivaroxaban 15 mg (10 mg se ClCr 30-49 ml/min) in associazione ad inibitore P2Y12 (max clopidogrel).


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Dopo la dimissione

nnnei pazienti a basso rischio coronarico (es. dopo

La combinazione di singola o doppia terapia antipiastrinica con anticoagulazione cronica (con NOAC, ma ancor più con warfarin) aumenta in modo significativo il rischio di sanguinamento, pur se l’aspirina è stata ampiamente testata insieme ai NOAC, in quanto utilizzata nel 35-40% dei pazienti dei grandi trial sulla FA. Non esiste una combinazione ideale che vada bene per tutti i pazienti. Il tipo e livello di anticoagulazione, nonché la scelta tra unica vs doppia terapia antipiastrinica e la sua durata devono essere altamente personalizzati e basati sul rischio di riocclusione coronarica, sul rischio cardioembolico e sul rischio di sanguinamento.48 Si consiglia vivamente di valutare formalmente il rischio utilizzando strumenti validati quali gli score GRACE, CHA2DS2-VASc e HAS-BLED (Figura 11). La protezione gastrica con inibitori della pompa protonica (prazoli) va consigliata a tutti, soprattutto nei pazienti in triplice terapia. Il periodo di triplice terapia antiaggregante dovrebbe essere mantenuto il più breve possibile: nnnei pazienti ad alto rischio coronarico (es. dopo sindrome coronarica acuta) dovrebbe durare da 1-6 mesi, per poi ridursi a duplice fino ad 1 anno;

Dopo 12 mesi dall’angioplastica le linee guida raccomandano la sola monoterapia con NOAC, fatta eccezione per i pazienti con rischio molto alto di eventi coronarici.

angioplastica elettiva) la triplice terapia dovrebbe durare pochissimo o partire con la duplice terapia secondo i protocolli PIONEER AF-PCI e RE-DUAL PCI; nnfattori clinici che spingono ad accorciare la triplice terapia o fattori anatomici o procedurali che tendono ad allungarla sono descritti nella Figura 11; nnin rari pazienti a bassissimo rischio di ictus (CHA2DS2VASc 0-1) ed elevato rischio emorragico, si potrebbe anche utilizzare la sola DAPT senza anticoagulanti.

Insorgenza di fibrillazione atriale in pazienti con coronaropatia stabile La scelta di iniziare la terapia anticoagulante nei pazienti con coronaropatia stabile (e quindi stanno assumendo terapia cronica con un solo antiaggregante) che sviluppano FA dipende dal rischio embolico (CHA2DS2-VASc score).


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PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Dal momento che il solo warfarin è superiore all’aspirina nella prevenzione secondaria post-ischemica e che l’associazione warfarin + aspirina non fornisce maggiore protezione ma aumenta solo il rischio di sanguinamento, l’anticoagulazione con warfarin (o meglio con NOAC) interrompendo l’antiaggregante in corso è considerata ottimale per la maggior parte dei pazienti con FA e coronaropatia stabile (sindrome coronarica acuta da >1 anno). I NOAC senza altro antiaggregante costituiscono la prima scelta rispetto al warfarin anche in questi pazienti, visto che un pregresso infarto miocardico era presente nel 1520% dei pazienti arruolati nei quattro studi di fase 3 sui NOAC. Nessuna interazione in termini di minor efficacia o sicurezza è stata osservata tra pazienti con o senza pregresso infarto. Nei pazienti con basso rischio di sanguinamento ed alto rischio aterotrombotico, si potrebbe considerare l’aggiunta di basse dosi di aspirina ai NOAC, accettando che ciò aumenta il rischio di sanguinamento di circa il 60%.

Insufficienza renale e nefroprotezione Nei cardiopatici, la presenza di FA facilita lo sviluppo e la progressione dell’insufficienza renale, così come un progressivo decremento della funzione renale aumenta l’incidenza della FA. Inoltre, l’insufficienza renale incrementa in questi pazienti il rischio di eventi sia ischemici che emorragici. Pertanto, se in passato essa era considerata una limitazione all’utilizzo dei NOAC, ora l’insufficienza renale è considerata un fattore da valutare attentamente per sfruttare una superiore efficacia e sicurezza di diversi NOAC rispetto al warfarin, con un preciso adeguamento dei dosaggi di somministrazione. Dati ricavati dai trial registrativi indicano anche che rivaroxaban soffre meno rispetto al warfarin del fenomeno della nefropatia accelerata da anticoagulanti,49 realizzandosi un parziale effetto di nefroprotezione rispetto al warfarin; tale effetto non è stato osservato per apixaban.50 Visto che tutti e quattro i NOAC sono parzialmente eliminati dal rene (Tabella 8), in tutti i pazienti viene raccomandata una determinazione della funzione renale utilizzando la ClCr secondo la formula di Cockcroft-Gault,


52

nonostante i limiti insiti nella formula, visto che i dati di evidenza sono stati raccolti utilizzando tale formula. È quindi indispensabile eseguire una stima del filtrato glomerulare prima di iniziare la terapia ed anche nel follow-up, più frequentemente nei pazienti instabili e se si sospettano riduzioni del filtrato glomerulare. La misurazione della creatinina urinaria nelle urine delle 24 h non viene attualmente raccomandata, in quanto può mostrare variazioni eccessive per errori nella collezione. Esistono lievi differenze tra le indicazioni del foglio illustrativo e i dosaggi utilizzati nei trial (Tabella 13). Mentre dabigatran è controindicato per ClCr <30 ml/min e gli inibitori del fattore Xa solo nei pazienti con insufficienza renale severa (ClCr <15 ml/min), le linee guida ESC consigliano di seguire i dosaggi e gli utilizzi testati nei grandi trial registrativi (Figura 12).

Anticoagulazione nei pazienti con insufficienza renale lieve-moderata (ClCr >30 ml/min) Nei pazienti con funzione renale solo lievemente ridotta (ClCr 50-79 ml/min) non è necessario alcun adattamen-

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

to posologico, mentre in quelli con riduzione moderata (ClCr 30-49 ml/min) sono raccomandati dosaggi ridotti, in particolare 15 mg/die per rivaroxaban, 30 mg/die per edoxaban, 2,5 mg bid per apixaban (in associazione a basso peso o età avanzata) e 110 mg bid per dabigatran (se clinicamente vantaggioso). I quattro trial registrativi hanno utilizzato differenti criteri per ridurre il dosaggio dei NOAC in caso di insufficienza renale, arruolando popolazioni di pazienti differenti fra loro per numerosità e grado di insufficienza renale (Figura 12). Nel trial ROCKET-AF la popolazione di pazienti nella quale è stata dimostrata l’efficacia e sicurezza di rivaroxaban 15 mg in monosomministrazione è stata particolarmente ampia (n=1462, 20,6% del totale).51 Al contrario, nel trial ARISTOTLE la popolazione di pazienti trattata con dose dimezzata di 2,5 mg bid di apixaban è stata poco rappresentata (solo 428 pazienti, 4,7% del totale), in quanto si poteva ridurre il dosaggio solo nei pazienti che presentavano almeno due fattori di rischio per sanguinamento fra età ≥80 anni, peso ≤60 kg o creatininemia ≥1,5 mg/dl.


53

PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Figura 12  Grandi trial: criteri di riduzione del dosaggio del NOAC a seconda della funzione renale 150 mg bid

6076

110 mg bid

6015

W

6022

20 mg/die 15 mg/die

Randomizzazione 1:1 cieca ai due dosaggi

5619

Passare a 15 mg/die se insufficienza renale moderata (CICr 30-49 ml)

1462

W

7081

5 mg bid 2,5 mg bid

Dimezzare dose se 2 fra: • età ≥80 anni • peso ≤60 kg • Cr ≥1,5 mg/dl

8692 428

W

9081

60 mg/die

7035

30 mg/die

7034

W

7036

ClCr, clearance della creatinina; Cr, creatinina; W, warfarin.

Randomizzazione 1:1 cieca ai due dosaggi + dimezzare dose se uno fra: • ClCr 30-50 ml/min • peso ≤60 kg • uso concomitante di verapamil o chinidina


54

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 13  Selezione del dosaggio del NOAC in base alla funzione renale ClCr

Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

≥50 ml/min

150 mg bid

20 mg

5 mg bid

60 mg

Trial registrativi

No aggiustamenti, bracci randomizzati

15 mg

2,5 mg bid se con peso <60 kg o età ≥80 anni

30 mg

Foglio illustrativo

No aggiustamenti

15 mg

2,5 mg bid se con peso <60 kg o età ≥80 anni

30 mg

Trial registrativi

Criterio di esclusione

Criterio di esclusione

Criterio di esclusione se <25 ml/min

Criterio di esclusione

Foglio illustrativo

Controindicato

15 mg

2,5 mg bid

30 mg

<15 ml/min

Controindicato

Controindicato

Controindicato

Controindicato

30-49 ml/min

15-29 ml/min

ClCr, clearance della creatinina.


55

PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Anticoagulazione nei pazienti con insufficienza renale severa (ClCr 15-30 ml/min) Non ci sono trial randomizzati nei pazienti con insufficienza renale severa, dal momento che i trial registrativi hanno escluso pazienti con ClCr <30 o <25 ml/min. Rivaroxaban, apixaban ed edoxaban (non dabigatran) sono approvati nei pazienti con insufficienza renale severa (ClCr 15-30 ml/min), al dosaggio ridotto. Esistono recentissime esperienze di vita reale su pazienti con ClCr 15-30 ml/min trattati con rivaroxaban 15 mg, che mostrano un rischio di sanguinamento inferiore a warfarin ed efficacia almeno simile.52

Anticoagulazione nei pazienti con insufficienza renale terminale (ClCr <15 ml/min) e in dialisi Studi osservazionali sul warfarin hanno mostrato una riduzione del rischio di ictus associata ad un incremento di emorragie maggiori rispetto all’assenza di anticoagulanti in questi pazienti. Inoltre il warfarin può scatenare la reazione dolorosa e talora letale della calcifilassi, causata dall’occlusione delle arteriole cutanee.

I NOAC non hanno dati in questi pazienti e sono in corso studi in pazienti con insufficienza terminale ed in dialisi. Dati iniziali mostrano un adeguato livello plasmatico degli inibitori del fattore Xa somministrati a basso dosaggio, ma tali dati non ne giustificano ancora l’utilizzo, in assenza di riscontri clinici.

Anticoagulazione post-trapianto renale Nei pazienti dopo trapianto renale non esistono dati sui NOAC; qualora in questi pazienti vengano somministrati i NOAC, si usano gli stessi dosaggi adeguati al filtrato glomerulare e vanno valutate con molta attenzione eventuali interazioni farmacologiche.

Follow-up della funzione renale Nei pazienti con funzione renale normale (ClCr >90 ml/min) o lieve insufficienza renale (ClCr 60-89 ml/min), la creatinina può essere controllata al follow-up annuale, mentre nei pazienti con una riduzione della funzione renale


56

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

almeno moderata (ClCr <60 ml/min) è bene monitorare il profilo renale con un intervallo di mesi di un decimo della ClCr (60 ml/min ogni 6 mesi, 40 ml/min ogni 4 mesi, ecc.). Va anche effettuato un immediato controllo, qualora si sospetti un peggioramento del filtrato glomerulare, come ad esempio in caso di ipovolemia, disidratazione o quando si iniziano medicinali che possono alterare la suddetta funzione (vedi anche paragrafo Follow-up e aderenza alla terapia).

hanno già subito un ictus. Gli effetti benefici dei NOAC rispetto al warfarin in termini di efficacia sull’embolia e sicurezza sull’emorragia sono presenti nei pazienti con pregresso episodio di ictus/TIA, al pari della popolazione in prevenzione primaria. Tutti i NOAC quindi sono raccomandati in priorità nei pazienti con pregresso ictus, visto che presentano efficacia almeno analoga ai pazienti senza pregresso ictus, e una maggior riduzione rispetto a warfarin delle emorragie maggiori e intracraniche.

Ictus cerebri: pregresso o acuto, ischemico o emorragico

Pregresso ictus emorragico

Pregresso ictus ischemico La prevenzione secondaria dell’ictus è stata studiata in tutti i quattro grandi trial clinici sui NOAC, con popolazioni di diversa consistenza fino a toccare il 52% di tutti i pazienti dello studio ROCKET-AF (oltre 4900 con pregresso ictus e 2500 con pregresso TIA). I risultati di queste sottoanalisi prespecificate hanno dimostrato in tutti i trial che l’incidenza di ictus/TIA è più alta nei pazienti che

Non esistono linee guida basate su studi che abbiano utilizzato i NOAC in pazienti con pregresso ictus emorragico. Un’emorragia intracranica spontanea dovrebbe controindicare la ripresa dell’anticoagulazione, eccetto quando viene rimossa la causa scatenante (ipertensione non controllata, malformazione vascolare, triplice terapia). Tuttavia studi osservazionali indicano un minor rischio embolico in soggetti che riprendono l’anticoagulazione, senza eccessi di emorragie rispetto ai soggetti che non la riprendono. Il limite di un importante bias di


57

PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

selezione è presente in questi studi, pertanto va valutato il profilo di rischio e la rimozione di eventuali cause scatenanti caso per caso. Quando si vuole riprendere l’anticoagulazione dopo emorragia intracerebrale (a) bisogna attendere almeno 4-8 settimane, (b) va preferito un NOAC al warfarin, e (c) deve essere bilanciato il rischio a distanza di ictus ischemico o di recidiva emorragica. Per questo bilancio, i fattori clinici o di neuroimaging che aumentano il rischio di recidiva di emorragia cerebrale (che scoraggiano la ripresa dell’anticoagulazione) sono: nnemorragia intracranica di grado severo; nnangiopatia cerebrale amiloide (controindicazione assoluta); nnmicrosanguinamenti cerebrali multipli (>10); nnemorragia in corso di FA senza anticoagulazione; nnemorragia in corso di NOAC al giusto o ridotto dosaggio; nncausa dell’emorragia non reversibile/trattabile; nnetà avanzata; nnipertensione non controllata; nnalcolismo; nndoppia antiaggregazione per recente angioplastica.

In pazienti ad elevatissimo rischio trombotico ed emorragico, nei quali esista un’anatomia adeguata, si può valutare la possibilità di inserire un dispositivo di chiusura dell’auricola o la chiusura chirurgica. Mancano, tuttavia, studi prospettici randomizzati di efficacia della chiusura in pazienti con pregressa emorragia cerebrale.

Cosa fare in caso di ictus durante terapia con NOAC? Nei rari casi di ictus emorragico in corso di NOAC, analogamente a quanto previsto per queste gravi emorragie in corso di warfarin, lo stato coagulativo va corretto il più rapidamente possibile. Il NOAC va interrotto e vanno istituiti tutti i presidi necessari nel caso di emorragie gravi o potenzialmente fatali, meglio descritti nel paragrafo Comportamenti in caso di emorragia. Al contrario, se un paziente va incontro ad ictus ischemico acuto in corso di NOAC bisogna immediatamente indagare se ha assunto con regolarità la terapia mediante test della coagulazione adeguati, se effettuabili in tempi rapidi. La trombolisi sistemica con rt-PA può essere


58

considerata in pazienti selezionati con valori plasmatici dell’inibitore del fattore Xa <30 ng/ml e se ci si trova nella finestra terapeutica adeguata (<4,5 h dall’inizio dei sintomi). Se il paziente ha assunto l’ultima dose di NOAC da <24 h la trombolisi è, invece, controindicata, in quanto l’attività anticoagulante è ancora presente in circolo e si può valutare una ricanalizzazione meccanica mediante trombectomia endovascolare. La trombectomia, efficace nelle prime 7 h di un ictus ischemico che coinvolga l’arteria carotide interna o cerebrale media prossimale, può essere prolungata fino a 24 h in pazienti selezionati con ampio deficit perfusionale. In pazienti selezionati (ad alto rischio), che hanno assunto dabigatran da <12 h, può essere somministrato l’antidoto idarucizumab per annullare l’effetto anticoagulante e subito dopo praticare la trombolisi se nella finestra <4,5 h dall’inizio dei sintomi ictali. La ripresa del NOAC dopo ictus ischemico dipende dall’area infartuale. Se l’estensione non ci fa presagire un infarcimento emorragico secondario, il NOAC può essere rapidamente ripreso, al pari di quanto si fa per il warfarin. Pur in assenza di studi specifici si considera valida la regola dei tempi di ripresa della terapia dei “1-3-6-12 giorni”, già applicata per il warfarin: ripresa

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

del NOAC dopo 1 giorno (quindi ininterrotto) in caso di TIA, dopo ≥3 giorni per piccoli infarti, dopo ≥6-8 giorni per infarti di media ampiezza e dopo ≥12 (fino a 20) giorni per grossi infarti che coinvolgono interi territori arteriosi, dopo aver escluso un infarcimento emorragico con un secondo esame di neuroimaging. Un “bridging” con eparina a basso peso molecolare non è sostenuto da evidenze, vista la rapidità d’azione dei NOAC; inoltre, quando in uno studio è stata usata eparina a basso peso molecolare si è notato un maggior infarcimento emorragico.53

Pazienti anziani fragili e neoplasie: fin dove prescrivere i NOAC? Le caratteristiche cliniche dei pazienti possono influenzare l’efficacia e la sicurezza della terapia anticoagulante.54 Nell’indicazione ai NOAC e nella scelta del dosaggio degli stessi è importante considerare in maniera combinata le seguenti caratteristiche cliniche in ogni singolo paziente.


59

PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

Età L’età avanzata è fattore di rischio sia per il rischio trombotico che per quello emorragico. Esiste uno stretto legame fra età e funzione renale, che decresce con l’aumentare dell’età. L’emivita dei NOAC è più lunga negli anziani rispetto ai giovani (vedi paragrafo Caratteristiche farmacologiche). È importante sottolineare che nei grandi trial non c’è stato un limite di età oltre il quale i pazienti venivano esclusi e che il beneficio dei NOAC è stato dimostrato in tutti i sottogruppi di età, incluso quello dei pazienti molto anziani (>75 e 80 anni). Le età mediane dei pazienti erano di 71 anni per dabigatran, 73 anni per rivaroxaban, 70 anni per apixaban, 72 anni per edoxaban e gli over 75 erano più del 40% per dabigatran, rivaroxaban ed edoxaban. In tali pazienti è indicato un monitoraggio più frequente della funzione renale (ogni 3-6 mesi). Per dabigatran le linee guida indicano di ridurre il dosaggio a 110 mg bid nei pazienti oltre gli 80 anni (o oltre i 75 anni con aumentato rischio emorragico) per ridurre le emorragie.48 Nel trial con apixaban34 (e, quindi, nel foglietto illustrativo) l’età ≥80 anni indica una riduzione

di dosaggio nei pazienti che hanno anche insufficienza renale o basso peso corporeo (vedi paragrafo Insufficienza renale e nefroprotezione).

Sesso Non c’è influenza del genere su farmacocinetica o farmacodinamica, pertanto non è necessario alcun aggiustamento posologico. I NOAC non sono stati testati in gravidanza e sono quindi controindicati durante la stessa e l’allattamento. Nelle donne in età fertile possono prolungare o rendere più abbondante il ciclo mestruale.

Peso corporeo Pesi estremi (<50 o >120 kg) hanno solo influenze minori, non clinicamente rilevanti, sulle concentrazioni ematiche dei NOAC. Pertanto, in accordo con i dati dei trial registrativi, non sono suggerite variazioni di dosaggio in base al solo peso corporeo, eccetto che per edoxaban ridotto a 30 mg nei pazienti <60 kg. In presenza di peso


60

corporeo <50 kg associato ad età >75 anni o a insufficienza renale le raccomandazioni EHRA consigliano di ridurre i NOAC ai bassi dosaggi per evitare sovraesposizione ai farmaci.38

Disfunzione epatica I pazienti con enzimi epatici elevati, al di sopra del triplo del limite superiore dei valori normali, hanno un aumentato rischio emorragico, un ridotto metabolismo epatico dei farmaci e, pertanto, sono stati esclusi dagli studi clinici con NOAC; non vi è quindi esperienza sul trattamento di questa sottopopolazione di pazienti. Pazienti con cirrosi e disfunzione epatica lieve (Child-Pugh A) mostrano solo minime modifiche nella farmacocinetica dei NOAC, che appare sovrapponibile ai soggetti sani di controllo, pertanto non sono necessari aggiustamenti di dosaggio. Tutti i NOAC sono inoltre controindicati in pazienti con malattia epatica associata a coagulopatia e in caso di insufficienza epatica grave (Child-Pugh C). Nella cirrosi e nella disfunzione epatica moderata /grave c’è il rischio

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

di sovraesposizione ai NOAC, pertanto è controindicato usare dabigatran, apixaban ed edoxaban nella classe Child-Pugh C e bisogna porre particolare attenzione agli inibitori del fattore Xa nelle classi Child-Pugh B e C (dove rivaroxaban è controindicato).

Patologie emocoagulative Il rischio emorragico è aumentato nei pazienti con disturbi della coagulazione congeniti o acquisiti, trombocitopenia o disturbi della funzionalità piastrinica. Pertanto, prima del trattamento si dovrebbe effettuare una valutazione dell’emocromo a causa del più alto rischio emorragico nei pazienti con anemia e trombocitopenia.

Patologie neoplastiche La prevalenza di cancro nei pazienti fibrillanti non è infrequente, sia per la comparsa di FA in pazienti in terapia antineoplastica, sia per l’insorgenza di tumori in pazienti con FA permanente. L’aumento di FA in questi


PAZIENTI PARTICOLARI: COME COMPORTARSI

pazienti può essere dovuto all’effetto tumorale diretto, alle comorbilità presenti o alle terapie antineo­plastiche. Il tromboembolismo venoso (TEV), altra patologia che trattiamo con NOAC, è legato alle patologie neoplastiche ancor più della FA, in quanto il cancro è agente causale del TEV attraverso l’aumento del rischio tromboembolico. I dati su efficacia e sicurezza dei NOAC nel TEV derivano da: nnAnalisi di sottogruppi dei trial registrativi dei NOAC. Valutazioni dei NOAC vs warfarin hanno dimostrato una riduzione del rischio di TEV ricorrente, delle emorragie maggiori e, di conseguenza, del beneficio clinico netto. L’entità di queste riduzioni varia a seconda dei diversi farmaci e delle popolazioni studiate e diviene significativa quando venivano metanalizzati diversi studi. Le riduzioni sono maggiori nei cancri attivi, intermedie nel cancro anamnestico, minori nei pazienti senza storia di cancro. nnAnalisi di registri di vita reale. Dati preliminari di rivaroxaban comparato a warfarin o eparina a basso peso molecolare nel registro XALIA hanno mostrato meno emorragie maggiori, recidive di TEV o mortalità.55

61 nnTrial clinici randomizzati nei pazienti tumorali. I

NOAC vengono confrontati alle eparine a basso peso molecolare, in quanto queste ultime sono di prima scelta nelle linee guida ESC 2016,8 almeno nei primi 6 mesi di un episodio acuto di TEV (TVP o EP), grazie alla loro farmacocinetica stabile, la minima interazione con cibo e farmaci e il dosaggio fisso. Il recente trial Hokusai-VTE Cancer ha dimostrato una non inferiorità di edoxaban rispetto a dalteparina per l’endpoint combinato di beneficio clinico (recidiva di TEV + emorragia maggiore).56 La migliore efficacia di edoxaban nel prevenire la ricorrenza di eventi embolici è controbilanciata dal maggior rischio di sanguinamenti in caso di tumori gastrointestinali superiori (esofago e stomaco). Il secondo trial pubblicato, il SELECT-D, ha confermato questi dati, indicando che rivaroxaban è più efficace di dalteparina nel prevenire le ricorrenze emboliche e mostra solo un lieve incremento di emorragie gastrointestinali.57

Riguardo ai pazienti con FA, ampi dati hanno dimostrato efficacia e sicurezza nei pazienti con storia di cancro nei trial registrativi di rivaroxaban58, apixaban59 ed edo-


62

xaban60; tuttavia i dati sui pazienti con cancro attivo sono limitati. Nondimeno, i dati preliminari che provengono da registri sulla FA e quelli traslati dal TEV fanno pensare che anche in questi pazienti il rischio di ictus o emorragia con NOAC non superi quello del warfarin. In questi pazienti con cancro attivo sono necessarie le seguenti raccomandazioni: nnevitare i NOAC nei pazienti con tumore attivo del tratto gastrointestinale superiore; nnporre attenzione alle interazioni con farmaci chemioterapici e mielosoppressivi; nnvalutare l’interruzione dei NOAC durante radioterapia; nnutilizzare di routine i farmaci gastroprotettivi; nnconsiderare la neoplasia attiva come fattore di rischio emorragico per un eventuale riduzione del dosaggio in associazione ad un altro fattore di rischio “giallo” (vedi paragrafo NOAC: del tutto liberi dalle interazioni alimentari e farmacologiche?).

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI


Aspetti pratici di utilizzo

Come comportarsi nel passaggio da warfarin a NOAC? Nelle fasi di transizione fra diversi anticoagulanti è importante salvaguardare la continuazione della terapia anticoagulante e, al tempo stesso, ridurre al minimo il rischio di sanguinamento. Ciò richiede una valutazione approfondita di farmacocinetica e farmacodinamica dei diversi regimi di anticoagulazione, interpretata nel contesto del singolo paziente. Nel passaggio da warfarin a NOAC il trattamento con warfarin deve essere dapprima sospeso e deve essere monitorato il PT-INR. Anche se i foglietti illustrativi suggeriscono soglie di sicurezza di PT-INR al di sotto delle quali iniziare il NOAC differenti a seconda dei diversi farmaci, il NOAC può essere immediatamente avviato una volta che l’INR risulti <2,0. Se l’INR è 2,0-2,5, i NOAC

possono essere somministrati immediatamente o (meglio) il giorno successivo. Per un INR >2,5 va ripetuto il controllo dopo 1-3 giorni, a seconda del valore di INR e della funzione renale del paziente (Tabella 14).

Tabella 14  Quando iniziare il NOAC nel passaggio da warfarin a NOAC PT-INR del mattino

Azione

<2,0

Iniziare il NOAC lo stesso giorno

2,0-2,5

Iniziare il NOAC meglio il giorno successivo (o anche lo stesso giorno)

>2,5

Ripetere il PT-INR dopo 1-3 giorni (allungare l’intervallo se INR alto e/o se disfunzione renale)

PT-INR, tempo di protrombina-international normalized ratio.


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Nel passaggio da NOAC a warfarin (situazione che si potrebbe realizzare nei rarissimi casi di intolleranza ai NOAC) il warfarin va iniziato 2-4 giorni prima della sospensione del NOAC, dal momento che l’effetto del warfarin inizia dopo almeno 48-72 h dall’inizio della somministrazione. Il giorno previsto per la sospensione del NOAC è utile controllare il dosaggio del PT-INR a valle dell’azione del NOAC del giorno prima (quindi prima della nuova assunzione), per essere sicuri che con il warfarin si sia raggiunto il range terapeutico di PT-INR tra 2 e 3; questi controlli vanno ripetuti nei giorni successivi, vista l’interferenza dei NOAC sui test emocoagulativi. Per passare da eparina a basso peso molecolare (o fondaparinux) a NOAC, quest’ultimo va somministrato al momento della successiva dose prevista di eparina a basso peso molecolare. Nel passaggio inverso (che è indicato in rarissimi casi), l’eparina deve essere somministrata al momento della successiva dose di NOAC programmata. Nello “switching” fra diversi NOAC, il NOAC alternativo può essere avviato al momento della dose successiva programmata, tranne in situazioni in cui ci si attenda concentrazioni plasmatiche maggiori di quelle terapeutiche (es. in pazienti con funzione renale compromessa).

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Gestione degli interventi chirurgici in urgenza e in elezione I NOAC, grazie alla loro emivita molto più breve rispetto al warfarin, comportano una più facile gestione per gli interventi chirurgici in elezione. Questa evenienza è tutt’altro che rara, visto che è stata osservata in un quarto dei pazienti dei grandi trial, seguiti per 2 anni. In questi pazienti non si è riscontrato un maggior tasso di emorragie rispetto a quello in corso di warfarin; anzi nei pazienti operati in urgenza/emergenza le emorragie in corso di NOAC erano meno frequenti. Vista la breve emivita dei NOAC e la farmacocinetica simile alle eparine a basso peso molecolare, il “bridging” preoperatorio con queste eparine per la prevenzione degli eventi tromboembolici non va effettuato, in quanto ha dimostrato di aumentare il rischio emorragico senza ridurre quello tromboembolico. Nella chirurgia elettiva le caratteristiche del paziente (età, funzione renale, storia di emorragie) e il rischio di sanguinamento legato all’intervento (Tabella 15) devono essere valutati nello scegliere il tempo di interruzione del NOAC pre e post-intervento. Maggiori informazioni su


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ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

Tabella 15  Rischio di sanguinamento legato ai diversi tipi di intervento Interventi a rischio emorragico minimo (che non richiedono sospensione dell’anticoagulazione)

Interventi a rischio emorragico basso-moderato

Interventi a rischio emorragico elevato

• Interventi odontoiatrici (estrazioni 1-3 denti, ecc.) • Incisioni di ascessi • Cataratta/glaucoma • Endoscopia senza biopsia • Chirurgia superficiale (dermatologica)

• Endoscopia con biopsia • Studio elettrofisiologico • Angiografia coronarica • Impianto di pacemaker/defibrillatore

• Interventi con anestesia spinale o epidurale • Endoscopie complesse (polpi, sfinterectomia) • Chirurgia toracica • Chirurgia addominale • Chirurgia ortopedica maggiore • Biopsia fegato/reni • Resezione prostatica

Per ciascun paziente i fattori individuali di rischio trombotico ed emorragico vanno valutati e discussi con il chirurgo.

tempi di sospensione ed eventuali dosaggi plasmatici ci verranno fornite dai trial clinici PAUSE61 (NCT02228798) ed EMIT-AF/VTE62 (NCT02950168). Gli interventi che non richiedono sospensione di anticoagulazione dovrebbero essere eseguiti quando la concentrazione plasmatica del NOAC è al suo minimo (ovvero >12 h dopo l’assunzione di dabigatran/apixaban e >1824 h dopo l’assunzione di rivaroxaban/edoxaban).

Gli interventi a rischio emorragico basso-moderato (raro o a basso impatto clinico) necessitano di un’interruzione del NOAC per almeno 24 h (Tabella 16). I pazienti che assumono dabigatran devono prolungare questi intervalli se hanno segni di disfunzione renale. Gli interventi a rischio emorragico elevato (frequente o ad alto impatto clinico) necessitano di un’interruzione del NOAC per almeno 48 h (Tabella 16), anche qui con un


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 16  Interruzione e ripresa dei NOAC in corso di intervento chirurgico elettivo

Rischio emorragico minimo

Tutti

Dabigatran Rischio emorragico Rivaroxaban basso-moderato Apixaban Edoxaban

Giorno -4

Giorno -3

Giorno -2

Giorno -1

Giorno intervento

Giorno +1

Giorno +2

Riprendere >6 h dopo emostasi

Valutare se solo al mattino

Riprendere >6 h dopo emostasi

No

No (valutare tromboprofilassi 8 h dopo intervento)

Ripresa dopo 48-72 h

Sì se ClCr >50 ml/min Sì

Dabigatran Rischio emorragico elevato

Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Sì se ClCr No (neppure No (neppure >50 ml/min “bridge” con “bridge” con eparina a eparina a Sì basso peso basso peso molecolare) molecolare)

ClCr, clearance della creatinina. Considerare di allungare l’interruzione preoperatoria in situazioni che verosimilmente aumentano i livelli plasmatici dei NOAC (per es. farmaci interferenti, peso corporeo molto ridotto, insufficienza renale).


ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

prolungamento dell’intervallo se è presente disfunzione renale, soprattutto in chi assume dabigatran. Quando siano presenti fattori che influenzano il metabolismo dei NOAC (farmaci interferenti, peso corporeo molto ridotto, insufficienza renale), si potrebbe considerare una valutazione del livello plasmatico del NOAC, ricordando però che non è possibile determinare un valore sicuro per il rischio emorragico e trombotico. Il trattamento con NOAC può essere generalmente ripreso 6-8 h dopo adeguata emostasi post-chirurgica. Dopo chirurgia con un rischio emorragico postoperatorio che supera quello embolico si può sospendere il NOAC per le prime 48-72 h post-chirurgia; in tali casi si può considerare una tromboprofilassi 8 h post-chirurgia. Nei pazienti che necessitano di interventi chirurgici urgenti è quasi sempre sufficiente sospendere la somministrazione dei NOAC per vedere risalire la capacità coagulativa dei pazienti nelle ore successive, così come già oggi si agisce in corso di terapia con le eparine a basso peso molecolare. Vanno poi distinti: nnGli interventi in emergenza (procedure salva-vita salva-organo o salva-arto, solitamente cardiache, va-

67

scolari o neurochirurgiche) che non possono essere ritardati. In questi casi vanno utilizzati gli antidoti, soprattutto se a rischio emorragico moderato-alto, con idarucizumab per dabigatran e con andexanet alfa per gli inibitori Xa (dopo la sua approvazione) (vedi paragrafo Comportamenti in caso di emorragia). Se non è disponibile un antidoto specifico, si dovrebbe considerare l’uso di complesso protrombinico concentrato semplice (PCC) o attivato (aPCC), nonostante la mancanza di evidenze di efficacia e sicurezza, evitando l’anestesia spinale per il rischio di ematoma epidurale. nnGli interventi in urgenza (per esordio o deterioramento acuto di condizioni potenzialmente letali). In questi casi l’intervento, se possibile, deve essere rimandato almeno fino a 12 h (meglio 24 h) dopo l’ultima dose di NOAC assunta. In tali casi si può attendere il risultato dei test di coagulazione per valutare la necessità dell’antidoto o del PCC.


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Perché non sono necessari i prelievi per il monitoraggio? In quali occasioni eseguire un test ematologico e quale? I NOAC hanno dimostrato una farmacocinetica e farmacodinamica prevedibili ed un’ampia finestra terapeutica, pertanto non richiedono un monitoraggio di routine della coagulazione. I test coagulativi standard (PT e aPTT) generalmente non forniscono una stima accurata dell’effetto anticoagulante dei NOAC. Questo effetto può essere misurato con test coagulativi specifici che permettono di determinare il livello plasmatico dei NOAC che con i nuovi metodi e reagenti può essere effettuato in <30 min, anche se i valori plasmatici di tutti i NOAC sono fisiologicamente molto variabili nei differenti pazienti. Possono esistere, tuttavia, alcune situazioni (Tabella 17) nelle quali è necessario, se non conoscere l’esatta concentrazione dei NOAC, almeno monitorarne la loro presenza/assenza in circolo (in corso di trombosi acuta, evento emorragico, sospetta mancata aderenza, incoscienza del paziente, ecc.). Per questi casi è indispensabile un’approfondita conoscenza ematologica,

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 17  Situazioni nelle quali potrebbe essere utile misurare l’attività/presenza in circolo dei NOAC Prima di chirurgia/procedura urgente con NOAC assunto da <24 h Sanguinamento attivo Sospetto sovradosaggio o intossicazione Sospetta mancata aderenza Insufficienza renale improvvisa Ictus ischemico acuto (anche per effettuare una possibile trombolisi) Incoscienza del paziente con problemi acuti Sospetta importante interazione farmacologica Pazienti con pesi estremi (<50 o >120 kg)

ma alcuni criteri generali sono utili a tutti i medici che utilizzano i NOAC e variano tra le diverse classi. Per dabigatran, come illustrato nella Tabella 18, l’aPTT fornisce una valutazione qualitativa dell’attività anticoagulante (presente/assente), ma non è sensibile in termini quantitativi (esiste una correlazione tra aPTT


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ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

Tabella 18 Farmacocinetica dei NOAC e test per la valutazione dell’attività anticoagulante Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban

Edoxaban

Picco plasmatico (ng/ml) per dose standard

64-443

184-343

69-321

91-321

Valle plasmatica (ng/ml) per dose standard

31-225

12-137

34-230

31-230

Impatto atteso dei NOAC sui test di coagulazione PT

↑↑(↑)

(↑)

↑(↑)

PT-INR

Non utilizzabile

Non utilizzabile

Non utilizzabile

Non utilizzabile

aPTT

↑↑(↑)

(↑)

ACT

↑(↑)

Test utilizzato per dosaggio plasmatico

dTT o ECT

Cromogenico anti-FXa

Cromogenico anti-FXa

Cromogenico anti-FXa

ACT, tempo di coagulazione attivato; aPTT, tempo di tromboplastina parziale attivato; dTT, tempo di trombina diluito; ECT, tempo di ecarina; FXa, fattore X attivato; INR, international normalized ratio; PT, tempo di protrombina.

ed effetto anticoagulante, anche se non è lineare), mentre agisce meno sul PT e quindi non è utile la sua misurazione. Inoltre dabigatran modifica in maniera

quantitativa il tempo di trombina diluito che viene utilizzato, insieme al tempo di ecarina, per la determinazione del livello plasmatico del farmaco.


70

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 19  Comportamenti in caso di dimenticanze e sovradosaggio Problema Pillola saltata

Tipo di NOAC

Tempo trascorso

Rivaroxaban/edoxaban

<12 h

Assumere subito la dose saltata

>12 h

Attendere per assumere la dose successiva

<6 h

Assumere subito la dose saltata

>6 h

Attendere per assumere la dose successiva

Dabigatran/apixaban Doppia dose

Rivaroxaban/edoxaban

Incertezza sull’assunzione

Rivaroxaban/edoxaban

Dabigatran/apixaban

Dabigatran/apixaban Sovradosaggio

Rivaroxaban, apixaban ed edoxaban modificano il PT con differente intensità, mentre molto meno l’aPTT. Per la variabilità del prolungamento del PT e per la sua dipendenza dalla funzione epatica, questi dati non possono essere utilizzati se non per una stima qualitativa della loro azione anticoagulante. Non va mai utilizzato il va-

Provvedimento

Continuare il normale dosaggio Saltare la dose successiva Prendere un’altra pillola se alto rischio embolico (CHA2DS2-VASc ≥3) Continuare il normale dosaggio Vigile attesa od ospedalizzazione

lore di PT-INR in quanto l’indicizzazione di questo valore lo rende ancora più variabile nella risposta. Al contrario, i test cromogenici anti-fattore Xa sono stati sviluppati per una misurazione plasmatica quantitativa degli inibitori del fattore Xa e sono oggi utilizzati per


ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

la determinazione del livello plasmatico dei NOAC che agiscono sul fattore Xa. Il tempo di coagulazione attivato (ACT) è usato attraverso degli apparecchietti “point of care” quando viene somministrata eparina ai pazienti e l’aPTT sarebbe troppo sensibile (bypass, angioplastica, ablazione). L’ACT aumenta, ma in maniera non lineare, dopo somministrazione di NOAC, pertanto non può essere utilizzato per valutarne l’effetto anticoagulante.

Dimenticanze e sovradosaggio Dubbi relativi ad errori di dosaggio sono molto comuni nell’assunzione di qualsiasi terapia nella pratica quotidiana, per i quali il paziente chiama il proprio medico, l’ospedale fino anche il centro antiveleni. Pertanto è necessario che tutti questi attori conoscano le principali semplici e chiare istruzioni da dare ai pazienti nelle più frequenti circostanze (Tabella 19). In caso di una pillola saltata non bisogna mai raddoppiare la dose per compensare la dimenticanza. Per i NOAC con regime di dosaggio in bisomministrazione giornalie-

71

ra (cioè ogni 12 h, dabigatran ed apixaban), il paziente deve prendere la pillola dimenticata se si trova entro le 6 h dalla mancata assunzione. Se ha superato tale limite temporale, la dose deve essere saltata e può assumere la pillola successiva all’orario programmato. Per rivaroxaban ed edoxaban, che hanno un regime di dosaggio in monosomministrazione giornaliera, il paziente può ancora prendere la pillola dimenticata se si trova entro le 12 h dalla mancata assunzione. Se ha superato tale tempo, la dose deve essere saltata e può assumere la pillola successiva all’orario programmato. In caso di assunzione di una doppia dose di NOAC, per i NOAC con un regime di dosaggio in bisomministrazione giornaliera, si può scegliere di rinunciare alla pillola successiva prevista (cioè dopo 12 h), e riavviare l’assunzione bid dopo 24 h. Per rivaroxaban ed edoxaban con un regime di dosaggio in monosomministrazione giornaliera, il paziente deve continuare il regime di dosaggio normale, cioè senza saltare la successiva dose giornaliera. Talora il paziente è incerto sull’assunzione di una pillola. Per i NOAC con un regime di dosaggio in bisomministrazione giornaliera, si deve consigliare di non


72

prendere un’altra pillola, ma di continuare solo con il dosaggio previsto considerando la pillola incerta come assunta, e assumendo la dose successiva all’intervallo delle 12 h. Per rivaroxaban ed edoxaban con un regime di dosaggio in monosomministrazione giornaliera, in caso di alto rischio embolico (CHA2DS2-VASc ≥3) si deve consigliare di prendere subito un’altra pillola considerando la pillola incerta come non assunta, e poi continuare con il dosaggio previsto; in caso di basso rischio embolico (CHA2DS2-VASc <3) va continuato solo con il dosaggio previsto. Un sovradosaggio si può verificare quando il paziente abbia (volutamente o meno) assunto una dose troppo elevata o quando si sospettino eventi intercorrenti che possono aumentare la concentrazione plasmatica del NOAC oltre i livelli terapeutici (quali insufficienza renale, in particolare con dabigatran, somministrazione di farmaci interferenti o altri fattori). Escludendo i casi nei quali si associ una complicanza emorragica (descritti nel paragrafo Comportamenti in caso di emorragia), rari casi di sovradosaggio senza sanguinamenti o effetti collaterali sono stati osservati nei mega trial clinici. In particolare, grazie ad un limite nell’assorbimento, ci si attende

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

un effetto “ceiling” per assunzioni di rivaroxaban a dosi ≥50 mg, senza che esse procurino un’ulteriore incremento di concentrazione media plasmatica del farmaco. Non ci sono dati su questo effetto per gli altri NOAC. Qualora l’ingestione acuta di un’overdose sia recente (<2 h), si può considerare l’uso di carbone attivo per qualsiasi NOAC (con un regime di dosaggio standard di 30-50 g negli adulti) onde ridurne l’assorbimento intestinale. In caso di sospetto sovradosaggio in pazienti non collaboranti, alcuni test di coagulazione possono aiutare a determinarne il grado e l’eventuale rischio di sanguinamento (vedi paragrafo Perché non sono necessari i prelievi per il monitoraggio? In quali occasioni eseguire un test ematologico e quale?).

Comportamenti in caso di emorragia In caso di emorragie in corso di NOAC, soprattutto di lieve entità, è spesso sufficiente la loro sola sospensione, in quanto la breve durata d’azione permette di controllarne gli effetti nella gran parte delle emorragie. Tale comportamento è anche comunemente utilizzato


73

ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

Figura 13  Emorragie in corso di NOAC Valutare tempo da ultima dose di NOAC, funzione renale, emoglobina; rapida valutazione NOAC plasmatico (se disponibile)

Emorragia lieve

Emorragia maggiore senza rischio di vita +

Emorragia a rischio di vita +

• Emostasi locale • Ritardare la dose successiva o interrompere (rischio/beneficio)

Misure generali • Interruzione NOAC • Compressione meccanica • Intervento chirurgico • Fluidi di sostituzione e controllo emodinamico

Misure generali+trasfusione+ • TI e supporto emodinamico • PCC 4 fattori (riva, api, edo) • PCC attivato (dabi)

A seguire: • Riconsiderare farmaci concomitanti • Riconsiderare NOAC e dosaggio

Trasfusione di: • Globuli rossi se anemia • FFP se coagulopatia • Piastrine se ipopiastrinemia

• Per dabigatran: idarucizumab 5 g • Per inibitori Xa: andexanet alfa (in attesa di approvazione)

• Per dabigatran: considerare idarucizumab o, se non disponibile, emodialisi

FFP, plasma fresco congelato; PCC, complesso protrombinico concentrato; TI, terapia intensiva.


74

per le emorragie in corso di terapia con eparine a basso peso molecolare (anch’esse senza antidoti specifici). Per i casi di emorragia grave sono oggi presenti antidoti specifici efficaci e rapidi su modelli clinici, anche se in realtà sono pochi i casi che li necessitano. Il warfarin, quando viene antagonizzato con la vitamina K, necessita di lungo tempo per ripristinare lo stato coagulativo, ben più lungo di quello necessario ai NOAC per terminare spontaneamente il loro effetto anticoagulante. Misure aspecifiche per supportare l’emostasi quali il plasma fresco congelato o i fattori della coagulazione concentrati, seppur utilizzati solo nei casi più gravi, sono rapidamente attivi nei sanguinamenti in corso di warfarin. Quanto finora espresso è stato confermato dai dati clinici e sperimentali dei grandi trial, che hanno dimostrato un miglior profilo di sicurezza dei NOAC rispetto a warfarin in termini di (a) minori sanguinamenti, soprattutto intracranici o potenzialmente fatali, e (b) miglior prognosi durante emorragia rispetto a warfarin. Dal punto di vista pratico, in corso di terapia con NOAC è possibile differenziare la condotta terapeutica (Figura 13) in base alla gravità dell’emorragia:63

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

nnIn caso di emorragia lieve/minore, è sufficiente

ritardare (o temporaneamente sospendere) la somministrazione del NOAC, praticando terapia locale (gengivorragia, epistassi) o eziologica (ematuria con antibiotici); in caso di ricorrenza senza opzioni terapeutiche eziologiche, valutare un diverso NOAC o diverso dosaggio. Per evitare il rischio di ictus cerebri da rimbalzo, va scoraggiata la sospensione spontanea da parte del paziente, temporanea o a lungo termine. nnIn caso di emorragia maggiore, senza rischio di vita, oltre al trattamento eziologico e sintomatologico (compressione meccanica, trattamento chirurgico/endoscopico/radiologia interventistica, somministrazione di emoderivati, supporto emodinamico) si può aggiungere l’acido tranexamico (1 g e.v., ripetuto ogni 6 h, come adiuvante), la desmopressina (se presente coagulopatia) o la pappa piastrinica (in caso di ipopiastrinemia <60.000/dl), mentre è inutile l’utilizzo della vitamina K. Per emorragie in corso di dabigatran, bisogna considerare la possibilità della somministrazione dell’antidoto (idarucizumab) e mantenere attiva/stimolare la diuresi fino a pensare all’emodialisi.


ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO

nnIn caso di emorragia potenzialmente fatale (Ta-

bella 20), accanto alle misure già descritte per le emorragie maggiori, vanno somministrati gli antidoti diretti specifici. Al momento è stato testato idarucizumab per dabigatran con buoni risultati (5 g e.v. in due dosi a distanza di 15 min). È in avanzata sperimentazione andexanet alfa per gli inibitori del fattore Xa. Per la possibilità che in alcuni pazienti ricompaia una concentrazione significativa di NOAC

Tabella 20  Emorragie potenzialmente fatali per le quali si consiglia la somministrazione di complesso protrombinico concentrato I sanguinamenti “maggiori” sono classificati come life-threatening (pericolosi per la vita) se presentano uno o più dei seguenti criteri: • sanguinamento fatale o intracranico sintomatico; • riduzione dell’emoglobina di almeno 5 g/dl; • trasfusione di almeno 4 unità di eritrociti o di sangue intero; • sanguinamento associato a ipotensione che richieda l’uso di agenti inotropi somministrati per via endovenosa; • sanguinamento che richieda un intervento chirurgico.

75

con persistenza dell’emorragia, va effettuato un continuo monitoraggio clinico e di laboratorio. In rari casi si possono somministrare concentrati del complesso protrombinico (PCC) preferibile per inibitori anti-Xa o, se disponibile, anche il PCC attivato (Feiba), preferibile per dabigatran. La ripresa del NOAC dopo emorragia può essere immediata dopo emorragie minori, mentre va ritardata e riconsiderata in caso di emorragie maggiori o potenzialmente fatali. Dopo la rimozione della causa dell’emorragia (tumore/ulcera sanguinante), si può riprendere il NOAC; in caso di mancanza di una causa reversibile va considerato il rischio/beneficio e si può valutare la possibilità di inserire un dispositivo di chiusura dell’auricola o la chiusura chirurgica (mancano dati randomizzati in corso di emorragie).



Utilizzo dei NOAC nella terapia e nella prevenzione del tromboembolismo venoso I NOAC nella terapia della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare Il tromboembolismo venoso (TEV), che comprende la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP), presenta un’incidenza annuale di 1-2 casi ogni 1000 persone nella popolazione generale, aumentando notevolmente nei soggetti che presentano fattori di rischio quali varici venose, recenti interventi ginecologici, ortopedici o con coinvolgimento dei plessi venosi profondi, prolungata immobilizzazione, cancro, sovrappeso, obesità, familiarità per TEV, trombofilia, pregressi episodi di TEV (TVP ed EP), età avanzata. La terapia tradizionale del TEV con eparine parenterali a basso peso molecolare/fondaparinux per 1 settimana, embricate per poi essere seguite dalla sola terapia con warfarin per os presenta una buona efficacia, riducendo

il rischio di ricorrenza dal 25% a circa il 3% nei primi 6-12 mesi di terapia, con una sicurezza subottimale (rischio medio annuo di emorragie maggiori 1,8%). Il rischio ischemico persiste all’interruzione della terapia e può raggiungere il 5-10% nel primo anno. Tuttavia, questo trattamento tradizionale del TEV è complesso nella sua organizzazione e gravato da scarsa compliance dei pazienti nel controllare i valori ematici con regolarità. Per tale motivo i NOAC sono stati studiati secondo due metodologie: nnsingle drug approach, approccio con i soli NOAC a dosaggi elevati per 1 settimana (apixaban) o 3 settimane (rivaroxaban) e poi continuati a dosaggio standard, con la comodità di poter utilizzare un singolo anticoagulante, immediatamente efficace dopo l’inizio della somministrazione (al pari delle eparine iniettabili);


78

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

nnsingle dosage approach, approccio con un singolo

dosaggio di NOAC da iniziare dopo un periodo di almeno 5 giorni di eparina a basso peso molecolare, studiato nei trial clinici di dabigatran ed edoxaban.

Dal punto di vista dell’efficacia farmaceutica è utile identificare le differenze fisiopatologiche dei trombi del TEV

con quelli della FA e con i trombi arteriosi (Tabella 21). I NOAC, grazie al basso peso molecolare e quindi alla alta penetrabilità nei trombi, sono farmaci ideali per tutte le forme di TEV. Ben 6 trial registrativi di fase 3 hanno confrontato i NOAC con il warfarin per il trattamento di forme acute sintomatiche di TVP, EP o entrambe. Il numero di pazienti arruolati, la percentuale di pazienti con cancro

Tabella 21  Differenze fisiopatologiche dei trombi Trombi nella FA

Trombi venosi (TVP, EP)

Trombi arteriosi (coronarie e arterie periferiche)

Tipo di trombo

Simil-venosi

Venosi

Arteriosi su aterosclerosi

Composizione

Ricchi di fibrina

Ricchi di fibrina

Ricchi di piastrine

Dimensioni

Ampi

Ampi

Non presenti o piccoli

Crescita

Lenta

Lenta

Rapida (spesso dopo rottura di placca aterosclerotica)

Posizione

Atri (solitamente auricola sinistra)

Grossi vasi venosi

Parete del vaso arterioso

Rischio potenziale

Ictus ischemico

EP

Infarto miocardico o embolia periferica arteriosa

Necessità di terapia antipiastrinica

Non più raccomandata

No

Sempre

EP, embolia polmonare; FA, fibrillazione atriale; TVP, trombosi venosa profonda.


79

UTILIZZO DEI NOAC NELLA TERAPIA E NELLA PREVENZIONE DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

attivo, l’utilizzo delle eparine, i dosaggi utilizzati e i principali risultati sono schematizzati nella Tabella 22.64-70 La parziale sovrapponibilità dei disegni dei trial permette una metanalisi dei risultati, unificando entrambe le patologie (TVP ed EP),71 schematizzando i risultati in maniera congiunta:

nnPazienti più giovani (56,2 anni) di quelli studiati nei

trial per la prevenzione dell’ictus nella FA.

nnEndpoint primario di efficacia: recidiva sintomatica

di un nuovo episodio di TEV (TVP o EP) o EP fatale. I NOAC sono non inferiori a enoxaparina/warfarin con un trend per meno episodi ricorrenti (2,0 vs 2,2%,

Tabella 22  Trial clinici dei NOAC nel tromboembolismo venoso acuto NOAC

Trial

N. pazienti

Utilizzo Pazienti con cancro di eparine parenterali attivo pre-NOAC?

Dabigatran

RE-COVER64

2539 (solo TVP 1749)

5%

2568 (solo TVP 1750)

4%

EBPM, ENF, o fondaparinux ≥5 giorni

Rivaroxaban EINSTEIN-DVT66 TVP: 3449

6%

No

EINSTEIN-PE67

5%

RE-COVER II65

EP: 4832

Dosaggio NOAC

Durata del trattamento (mesi)

Dabigatran 150 mg bid

6

Rivaroxaban 15 mg bid per 21 giorni, poi 20 mg/die

3, 6, o 12 (scelta medico 60% 6 mesi, 31% 12 mesi)

Ricorrenza TEV o EP fatale

Emorragie maggiori

2,4 vs 2,1%

1,7 vs 2,3%

2,3 vs 2,2%

1,2 vs 1,7%

2,1 vs 3,0%

0,8 vs 1,2%

2,1 vs 1,8%

1,1 vs 2,2%**

continua


80

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 22  segue NOAC

Trial

N. pazienti

Utilizzo Pazienti con cancro di eparine parenterali attivo pre-NOAC?

Dosaggio NOAC

Apixaban

AMPLIFY68

5395 TVP: 3532 EP: 1836

2,7%

No

6 Apixaban 10 mg bid per 7 giorni, poi 5 mg bid

Edoxaban

Hokusai-VTE69

8240 TVP: 4921 EP: 3319

9,4%

Enoxaparin o Edoxaban ENF ≥5 giorni 60 mg/die (riducibile a 30 mg*)

Totale

1565 26.946 TVP: 15.357 (6%) EP: 11.589

Durata del trattamento (mesi)

Ricorrenza TEV o EP fatale

Emorragie maggiori

2,3 vs 2,7%

0,6 vs 1,8%**

1,6 vs 1,9% 3-12 (scelta medico: 48% 6 mesi, 40% 12 mesi)

1,4 vs 1,6%

2,0 vs 2,2% 1,1 vs 1,8%**

EBPM, eparina a basso peso molecolare; ENF, eparina non frazionata; EP, embolia polmonare; TEV, tromboembolismo venoso; TVP, trombosi venosa profonda. *Nei pazienti con clearance della creatinina 30-50 ml/min, peso <60 kg, farmaci concomitanti forti inibitori della glicoproteina-P. **p<0,005. Adattata da van Es et al.70.


UTILIZZO DEI NOAC NELLA TERAPIA E NELLA PREVENZIONE DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

hazard ratio 0,89) (Tabella 23). Inoltre, i NOAC sono significativamente più efficaci rispetto a warfarin nei pazienti di età ≥75 anni e con presenza di eziologia tumorale del TEV. nnEndpoint di sicurezza: occorrenza di un episodio di emorragia maggiore. I NOAC sono significativamente più sicuri (1,1 vs 1,8%, p<0,005 con riduzione in media del 39% delle emorragie maggiori; il miglioramento significativo si è osservato solo per rivaroxaban ed apixaban). Sono stati ridotti soprattutto i più pericolosi sanguinamenti maggiori, quali le emorragie fatali (del 64%) e quelle intracraniche (del 63%), senza incrementare le emorragie gastrointestinali. nnRiscontro di questi risultati omogeneo in tutti i sottogruppi analizzati, con vantaggi indipendenti da età, genere e peso dei pazienti, nonché dal grado di insufficienza renale, eziologia tumorale o gravità di TVP/EP. Accanto a questi importanti dati dei trial registrativi, si sono poi accumulate diverse evidenze di vita reale che hanno confermato l’efficacia e sicurezza del “single drug approach”, quali il registro di Dresda sui NOAC72 e

81

lo studio XALIA di fase 4 su rivaroxaban nel TEV.73 Sulla base di questi vantaggiosi profili di efficacia e sicurezza, le linee guida ESC 201474 raccomandano i NOAC come alternativa al warfarin (classe IB), mentre le più recenti linee guida dell’American College of Chest Physicians (ACCP) del 201675 raccomandano i NOAC prima del warfarin (grado 2B). Come anticipato nel paragrafo Pazienti anziani fragili e neoplasie: fin dove prescrivere i NOAC, i NOAC nei pazienti con TEV associato a cancro attivo hanno dimostrato una maggiore efficacia e sicurezza: nnnell’analisi per sottogruppi dei trial registrativi, pur se confrontati al warfarin, con riduzione di TEV ricorrente, di emorragie maggiori e miglioramento del beneficio clinico netto; nnnell’analisi di registri di vita reale, con rivaroxaban vs warfarin o eparina a basso peso molecolare nel registro XALIA55; nnnei due trial clinici randomizzati nei pazienti tumorali (Hokusai-VTE Cancer56 e SELECT-D57), confrontati alle eparine a basso peso molecolare, con non-inferiorità dei NOAC rispetto a dalteparina per il beneficio clinico netto (recidiva di TEV + emorragia maggiore),


82

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

guidata da una maggiore efficacia nel prevenire le ricorrenze emboliche e da un lieve incremento di emorragie gastrointestinali nei pazienti con cancro soprattutto gastrointestinale. Pertanto, nei pazienti con TEV e cancro attivo le più recenti raccomandazioni dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis del 201876 raccomandano: nnun trattamento individualizzato dopo aver condiviso le decisioni col paziente; nnla preferenza dei NOAC in caso di basso rischio emorragico e senza interazioni con altri farmaci. Le eparine a basso peso molecolare sono una valida alternativa. Attualmente edoxaban e rivaroxaban sono gli unici NOAC con evidenze nei trial clinici randomizzati; nnin caso di alto rischio emorragico (cancro del tratto gastrointestinale, genitourinario o associato a lesioni gastrointestinali) sono preferibili le eparine a basso peso molecolare. Edoxaban e rivaroxaban sono una valida alternativa.

Prevenzione delle recidive tromboemboliche nel follow-up dopo trombosi venosa profonda ed embolia polmonare Il trattamento anticoagulante nel TEV serve per sciogliere il trombo venoso e prevenire la formazione di nuovi trombi con una recidiva di TEV. Pertanto può essere raccomandato per una durata molto variabile a seconda dell’eziologia e delle diverse situazioni cliniche75(Tabella 23). Sono, inoltre, stati identificati fattori di rischio per la recidiva del TEV quali: nnelevati livelli di D-dimero (dopo interruzione dell’anticoagulante); nnlocalizzazione centrale del TEV (EP sintomatica con ricorrenze 3,1 volte maggiori rispetto alla TVP distale); nncancro attivo o anomalie ematiche tipo trombofilia; nnelevati livelli di anticorpi antifosfolipidi; nnbreve durata della terapia anticoagulante; nnsesso maschile. La presenza di questi fattori serve a decidere se la terapia anticoagulante deve essere limitata ai primi 3 mesi dall’evento acuto o avere una durata prolungata (senza una data


83

UTILIZZO DEI NOAC NELLA TERAPIA E NELLA PREVENZIONE DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

predefinita di interruzione). A seconda del rischio di ricorrenza del TEV e delle emorragie maggiori, le recenti linee guida dell’ACCP75 hanno indicato una delle due tempistiche, con diversi livelli di raccomandazione (Tabella 23). Un’altra complicanza a lungo termine del TEV è la comparsa di ipertensione polmonare post-embolica, con un’incidenza cumulativa nei pazienti con EP acuta dell’1,0% a 6 mesi fino al 3,0% a 1 anno. La prognosi di questa patologia è fortemente negativa con sintomi spesso invalidanti.

L’efficacia e la sicurezza dei NOAC per la prevenzione secondaria del TEV (oltre 3-12 mesi dall’evento acuto) dopo un’iniziale TVP o EP in pazienti inizialmente trattati con anticoagulanti è stata valutata in 3 trial vs placebo: EINSTEIN-Extension per rivaroxaban,66 RESONATE per dabigatran77 e AMPLIFY-EXT per apixaban,78 in dabigatran vs warfarin (RE-MEDY76) e in rivaroxaban 10/20 mg vs aspirina 100 mg (EINSTEIN CHOICE)79 (Tabella 24).

Tabella 23 Durata della terapia anticoagulante nel tromboembolismo venoso (TEV) secondo le linee guida 2016 dell’American College of Chest Physicians75 Ricorrenza TEV a 1 anno

Emorragie maggiori a 1 anno

Durata raccomandata di anticoagulazione

Provocato da chirurgia

1%

0,3%

3 mesi

Provocato da fattori non chirurgici rimuovibili (immobilizzazione, gravidanza, terapia ormonale)

5%

0,6%

3 mesi

Primo episodio non provocato

10%

2,4%

Gambe distali: 3 mesi Prossimale: prolungata

Secondo episodio non provocato o cancro attivo

15%

Prolungata


84

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Tabella 24 Trial clinici dei NOAC nel trattamento prolungato del tromboembolismo venoso N. pazienti

NOAC utilizzato e dosaggio

Durata del trattamento (mesi)

Ricorrenza TEV o EP fatale + riduzione del rischio relativo

Emorragie maggiori

EINSTEIN-Extension66

1196

Rivaroxaban 20 mg/die vs placebo

6-12

1,3 vs 7,1%* -82%

0,7 vs 0%

AMPLIFY-EXT78

2486

Apixaban 2,5 mg bid o 5 mg bid vs placebo

12

3,8 vs 4,2 vs 8,8%* -81%

0,2 vs 0,1 vs 0,5%

RE-SONATE77

1343

Dabigatran 150 mg bid vs placebo

6

0,4 vs 5,6%* -92%

0,3 vs 0%

RE-MEDY77

2856

Dabigatran 150 mg bid vs warfarin

18-36

1,8 vs 1,3% p=0,03 non inferiore

0,9 vs 1,8%

EINSTEIN CHOICE79

3396

Rivaroxaban 20 mg/die o 10 mg/die vs aspirina 100 mg

6-12

1,5 vs 1,2 vs 4,4%** -74%

0,5 vs 0,4 vs 0,3%

Trial

EP, embolia polmonare; TEV, tromboembolismo venoso. *p<0,001 vs placebo; **p<0,001 vs aspirina 100 mg.


UTILIZZO DEI NOAC NELLA TERAPIA E NELLA PREVENZIONE DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

nnI tre NOAC hanno dimostrato un’efficacia molto maggio-

re rispetto al placebo con una riduzione media dell’84% di ricorrenza di TEV o morte correlata al TEV. Dabigatran 150 mg bid ha mostrato un’efficacia non inferiore a warfarin. Rivaroxaban 10 mg ha mostrato un’efficacia molto maggiore rispetto all’aspirina (-74%). nnNessuno dei NOAC ha mostrato un aumento significativo dell’incidenza di sanguinamenti maggiori rispetto al placebo, né rivaroxaban 10 mg rispetto ad aspirina. Dabigatran ha mostrato una riduzione di emorragie maggiori ai limiti della significatività rispetto a warfarin. Sulla base di questo vantaggioso profilo, le recenti linee guida consigliano di continuare con il NOAC oltre i primi 3-6 mesi di terapia, qualora venga ritenuta necessaria una terapia anticoagulante prolungata.75 Nei pazienti con TEV provocato, dove le attuali raccomandazioni consigliano un’anticoagulazione di 3 mesi, i dati del recente studio EINSTEIN CHOICE suggeriscono che l’utilizzo di rivaroxaban 10 mg/die a lungo termine riduce significativamente le ricorrenze di TEV o la morte rispetto ad aspirina, senza incrementare il rischio di emorragie maggiori.79

85



Protezione vascolare nelle coronaropatie e nelle arteriopatie Fisiopatologia e manifestazioni cliniche di aterosclerosi ed aggregazione piastrinica Per la prevenzione degli eventi clinici ischemici nei pazienti con un primo evento dovuto ad aterosclerosi cronica (prevenzione secondaria) le strategie cliniche consigliano un cambio dello stile di vita (fumo, dieta ed esercizio) e numerosi farmaci (statine, betabloccanti, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina ed antipiastrinici). Nonostante queste importanti terapie per la prevenzione secondaria, il rischio residuo di eventi ischemici rimane alto anche fra coloro che aderiscono alle prescrizioni terapeutiche, fino al 1520% di mortalità cardiaca, infarto o ictus cerebri a 3 anni di follow-up. Uno dei motivi di questa elevata recidiva di eventi ischemici è l’aterosclerosi multi-distrettuale, osservata

frequentemente in multipli territori vascolari (coronarie, arterie cerebrali o periferiche) con ostruzioni trombotiche che possono coesistere nei vari distretti. Questa multi-distrettualità si basa anche su di una possibile attivazione delle placche contemporanea nei diversi distretti ad opera di fattori circolanti che promuovono la progressione e l’instabilizzazione della placca. Un’importante implicazione è che antipiastrinici ed anticoagulanti possono avere diverse azioni nei differenti territori vascolari arteriosi. Fra questi fattori, la trombina gioca un effetto plurimo nella vasculopatia ischemica e nella coronaropatia, sin dalle fasi precoci dell’aterosclerosi. Infatti, per lungo tempo dopo un evento ischemico si osserva una continua generazione di trombina.80 Questi livelli elevati di trombina sono responsabili di diversi trigger per una successiva ischemia (Figura 14) in quanto:


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

14  Evidenze scientifiche del ruolo della trombina nei processi fisiopatologici dell’aterosclerosi Fig. Figura 15

e dell’aggregazione piastrinica. (A) La trombina promuove la trombosi con attivazione piastrinica e incremento di D-dimero e frammento 1+2 della trombina, (B) causa in maniera diretta l’infiammazione vascolare, e (C) stimola la disfunzione di cellule endoteliali, muscolari lisce, monociti e piastrine.

- Trombina

A

B

C


PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE

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nnpromuovono la trombosi con un’attivazione piastri-

Perché dobbiamo superare la sola terapia antipiastrinica nella sindrome coronarica acuta?

nica estremamente sensibile, incrementando i livelli circolanti di D-dimero e frammento 1+2 della protrombina; nnincrementano in maniera diretta l’infiammazione vascolare, amplificando l’aterosclerosi localizzata nelle placche; nnstimolano la disfunzione di cellule endoteliali, muscolari lisce, monociti e piastrine, anche attraverso l’attivazione dell’arginasi, che è coinvolta nel processo di aterosclerosi delle cellule endoteliali umane. Naturalmente questa azione trombogena si basa sulla triade di Virchow con: l’azione vascolare (pro-infiammatoria), l’azione pro-coagulante (attivazione piastrinica + trombinica) e in minor parte l’azione di stasi ematica (talora in placche limitanti il flusso o dopo occlusione acuta dell’arteria). Le caratteristiche di questo “trombo vascolare arterioso”, che viene a formarsi, sono variabilmente influenzate dai fattori sopradescritti e sono differenti da quelle dei trombi venosi profondi o dei trombi in auricola durante FA (Tabella 21).

Sulla base di queste considerazioni fisiopatologiche, nei giorni che seguono una sindrome coronarica acuta i pazienti rimangono ad elevato rischio di nuovi eventi coronarici, nonostante la duplice terapia antiaggregante con aspirina ed inibitore dell’ADP. Questo rischio può essere, almeno in parte, dovuto all’eccesso di produzione di trombina, che in questi pazienti si prolunga ben oltre la fase acuta della sindrome coronarica (Figura 15).81 Per tale motivo in passato è stato osservato un miglioramento dell’outcome ischemico quando questi pazienti ricevevano warfarin in associazione ad aspirina, ma con un eccesso di sanguinamento; anche con ximelagatran si è riscontrata una riduzione di eventi ischemici, ma questo farmaco si è dimostrato epatotossico.82 Da queste osservazioni è nata l’ipotesi che i NOAC potessero esercitare un effetto benefico nei pazienti con sindrome coronarica acuta (sia con sia senza elevamento del tratto ST), in associazione alle terapie di ricanalizzazione in acuto e alle terapie antipiastriniche nel follow-up.


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Figura 15  Persistente elevazione dei livelli di trombina dopo angina instabile Al ricovero

A 6 mesi

Livello di trombina (nM)

1,4 1,2 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 Controlli

Adattata da Merlini et al.81.

Angina stabile

Angina instabile

Infarto miocardico


PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE

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Ci sono stati, pertanto, 4 trial di fase 2 con ricerca delle dosi ottimali per dabigatran, rivaroxaban, apixaban e darexaban in associazione alla DAPT. In questi 4 studi è stato osservato un aumento del rischio di sanguinamenti (soprattutto con i dosaggi elevati di NOAC), mentre solo in 2 studi è stata osservata una riduzione degli eventi ischemici (statisticamente significativa per rivaroxaban e statisticamente non significativa per apixaban). Infine, sono stati portati avanti 2 trial di fase 3 su ampie popolazioni con sindrome coronarica acuta (STEMI e NSTEMI) in DAPT (aspirina e clopidogrel) e dosaggi variabili di NOAC. Il trial APPRAISE-2 con apixaban 5 mg bid (stesso dosaggio di quello usato per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA), iniziato 6 giorni dopo una sindrome coronarica acuta, è stato precocemente interrotto per eccesso di sanguinamenti non bilanciato da una riduzione significativa di ricorrenze ischemiche (endpoint di efficacia non valutabile per la precoce interruzione del trial).83 Il trial ATLAS ACS 2-TIMI 51 con due bracci di trattamento randomizzati a rivaroxaban 2,5 mg (dosaggio definito “vascolare”) o 5 mg bid (1/4 o 1/2 del dosaggio usato per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA) rispetto al braccio placebo in pazienti già trattati

con aspirina e clopidogrel è stato, invece, completato con successo.47 Rivaroxaban ha mostrato una riduzione dell’endpoint composito primario di efficacia (morte cardiaca, infarto miocardico ed ictus cerebri) del 16% a 13 mesi, da 10,7% a 8,9% (hazard ratio 0,84) vs placebo, con un miglioramento significativo per entrambi i dosaggi di 2,5 mg o 5 mg bid. Il dosaggio con miglior vantaggio è stato quello “vascolare” di 2,5 mg bid, garantendo una riduzione del 35% della trombosi di stent, una riduzione della mortalità cardiovascolare del 34% con un incremento significativo dei sanguinamenti maggiori, senza tuttavia incrementare i sanguinamenti fatali. Alla luce di questi risultati la European Medicines Agency (EMA) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) hanno approvato l’utilizzo di rivaroxaban a dosaggio “vascolare” nelle sindromi coronariche acute con troponina aumentata in associazione alla DAPT. Questo dosaggio vascolare ha anche dimostrato un validissimo profilo di sicurezza nei pazienti con sindrome coronarica acuta in uno dei due bracci con rivaroxaban dello studio PIONEER-AF nei pazienti con FA sottoposti ad impianto di stent coronarico, dove era associato alla DAPT per 1-6 mesi e, in seguito, ad asprina da sola.45


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Dosaggio vascolare di rivaroxaban nell’approccio sinergico con gli antipiastrinici Sebbene l’attivazione piastrinica e delle vie coagulative siano implicate nella formazione del trombo nell’ischemia sia acuta che cronica, il loro contributo relativo può differire. L’uso di combinazioni di potenti antipiastrinici è stato particolarmente efficace nel prevenire la trombosi di stent e nel ridurre gli eventi vascolari nella fase intraospedaliera e nei primi mesi post-sindrome coronarica acuta. Tuttavia, questi stessi farmaci hanno aumentato molto le emorragie sia nella fase acuta sia in quella a lungo termine. Pertanto, la DAPT potrebbe non essere ideale nei pazienti con vasculopatia cronica stabile. Attualmente la terapia con singolo antipiastrinico (solitamente aspirina) è quella più utilizzata nei pazienti con vasculopatia cronica stabile. L’idea di combinare un anticoagulante all’aspirina, basata sui sopradescritti presupposti fisiopatologici, è stata in passato testata con il warfarin. Pur se con questa associazione la recidiva di infarto miocardico o di ictus cerebri ischemico si era ridotta, l’incremento delle emorragie

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

soprattutto intracraniche e la complessità di somministrazione del warfarin ne hanno scoraggiato l’uso. Molto è cambiato con l’avvento dei NOAC che si sono dimostrati più sicuri (meno emorragie, soprattutto intracraniche) e liberi dalla complessità di somministrazione del warfarin secondo il PT-INR. Per valutarne l’efficacia, è stato testato l’effetto sinergico di rivaroxaban con gli antipiastrinici in vitro e in vivo. Rivaroxaban in vitro ha inibito sia la genesi di trombina sia l’aggregazione piastrinica e l’effetto era sinergico in presenza di ticagrelor e/o aspirina84 (Figura 16); nei ratti riduceva la formazione del trombo e, quando associato agli antipiastrinici, il debole effetto della dose vascolare di rivaroxaban veniva amplificato.80 L’importanza di utilizzare il minimo dosaggio efficace per inibire la trombina in sinergia con gli antipiastrinici è emersa dagli studi di fase 2 per la ricerca delle dosi ottimali di NOAC e dalla successiva conferma negli studi di fase 3 della massima efficacia e sicurezza del dosaggio di rivaroxaban 2,5 mg bid (dosaggio definito “vascolare”) nell’ATLAS ACS 2-TIMI 5147 (vedi paragrafo Perché dobbiamo superare la sola terapia antipiastrinica nella sindrome coronarica acuta?), nel


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PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE

Fig. 16 Figura

Attivazione e aggregazione piastrinica

Coagulazione

16  Azione sinergica di rivaroxaban e antiaggreganti sulla genesi della trombina e sull’aggregazione piastrinica Fibrina

Rivaroxaban

Coagulo

Trombina

Piastrina attivata PAR-4

PAR-1 COX-1

Piastrina inattivata Aspirina

COX, ciclossigenasi; PAR, recettore di proteasi attivata.

Trombossano A2

Altre piastrine inattivate

Piastrine attive aggregate


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NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

Endpoint primario: MACE (%/anno)

Figura 17  Confronto fra trial di strategie di prevenzione secondaria antitrombotica nella vasculopatia stabile 6

HR 0,91 (0,84–1,0)

Controllo Intervento

5 HR 0,93 (0,83–1,05)

4

HR 0,84 (0,74–0,94)

HR 0,87 (0,80–0,94)

3

HR 0,76 (0,66–0,86)

2 1 0

CAPRIE ASA │Clopidogrel

Morte CV/IM/ictus -9% Morte CV -8% (NS) Ictus – IM – Amputazioni +10.6% Emorragie maggiori -27% Emorragie severe (GUSTO) – Emorragie intracraniche -29%

CHARISMA Plac │Clopidogrel +ASA

PEGASUS Plac │Ticagrelor +ASA

TRA2P-TIMI 50 Plac │Vorapaxar +ASA±Tienopiridina

COMPASS Plac │Rivaroxaban +ASA

-7% +4% (NS) -21% -6% (NS) -29% (NS) +43% +25% (NS) +4% (NS)

-16% -17% (NS) -25% -16% -5% (NS) +132% NR +33% (NS)

-13% -11% (NS) -3% (NS) -17% -10% (NS) +46% +66% +94%

-24% -22% -42% -14% (NS) -52% +70% +9% (NS) +16% (NS)

ASA, aspirina; CV, cardiovascolare; HR, hazard ratio; IM, infarto miocardico; MACE, eventi cardiaci avversi maggiori; NR, non riportato.


PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE

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PIONEER-AF45 (vedi paragrafo Angioplastica coronarica e stent in pazienti anticoagulati con NOAC) ed infine nel COMPASS85 per la vasculopatia cronica. Il dosaggio di rivaroxaban 5 mg bid ha mostrato una simile efficacia ma un incremento dei sanguinamenti, così come il dosaggio di apixaban 5 mg bid testato nel trial APPRAISE-2.83 Infine, in assenza di confronti diretti fra una DAPT intensa e la combinazione sinergica di un antipiastrinico + dose vascolare di un NOAC (inibitore del fattore Xa), è utile analizzare i risultati derivati dai maggiori trial clinici su queste terapie (Figura 17).85-90 Pur con gli enormi limiti della comparazione indiretta fra diversi trial, i seguenti possibili schemi terapeutici vanno valutati a seconda del “beneficio clinico netto”, indice che incorpora e pesa gli effetti degli endpoint ischemici ed emorragici e della mortalità cardiovascolare e totale. Nella vasculopatia cronica, la monoterapia con clopidogrel dello studio CAPRIE ha ridotto di poco gli eventi cardiaci avversi maggiori (MACE) cumulati (morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus), ma non questi singoli endpoint presi singolarmente.87 L’associazione in DAPT di clopidogrel ed aspirina dello studio CHARISMA

non ha ridotto significativamente questi MACE rispetto ad aspirina, incrementando le emorragie maggiori.88 Una maggiore efficacia anti-ischemica sui MACE è stata ottenuta con la DAPT, aggiungendo all’aspirina due nuovi potenti antipiastrinici quali il ticagrelor 60 mg bid nel trial PEGASUS-TIMI 5489 e il vorapaxar nel trial TRA2PTIMI 50.90 Tuttavia, l’aumento delle emorragie maggiori, di quelle fatali ed intracraniche ne ha mitigato l’efficacia, soprattutto per il vorapaxar. Il miglior rapporto beneficio/rischio è stato sicuramente quello ottenuto dall’associazione rivaroxaban a dosaggio vascolare + aspirina dello studio COMPASS,85 verosimilmente per l’effetto sinergico delle due molecole.

Evidenze cliniche dell’approccio sinergico sulla protezione vascolare nelle coronaropatie e nelle arteriopatie stabili Sulla base di questi presupposti, l’approccio sinergico di rivaroxaban e aspirina è stato testato nella coronaropatia e nell’arteriopatia periferica cronica attraverso lo studio COMPASS.85 Obiettivo primario del trial era una maggiore


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efficacia di rivaroxaban a dosaggio vascolare + aspirina nel ridurre gli eventi cardiovascolari rispetto ad aspirina da sola, con un’accettabile sicurezza, nei pazienti con coronaropatia stabile, con arteriopatia periferica o entrambe. Ben 27.395 pazienti con vasculopatia aterosclerotica sono stati randomizzati a tre bracci: (a) rivaroxaban (2,5 mg bid) + aspirina 100 mg, (b) rivaroxaban (5 mg bid), o (c) aspirina 100 mg. Lo studio è stato interrotto precocemente (dopo 23 mesi di follow-up) per un’importante superiorità di rivaroxaban 2,5 mg bid + aspirina sull’endpoint primario, con una riduzione dei MACE (morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus) del 24% (4,1% vs 5,4%, hazard ratio 0,76; p<0,0001) e una riduzione significativa della mortalità cardiovascolare e totale (Figura 18). L’incremento di emorragie maggiori (3,1% vs 1,9%, hazard ratio 1,70; p<0,0001), peraltro atteso, non si accompagnava ad un aumento significativo delle emorragie fatali o intracraniche. Anche sull’endpoint combinato “beneficio clinico netto”, prespecificato come la somma di morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus + emorragie fatali o in organi critici, si osservava un miglioramento significativo del 20% (4,7% vs 5,9%; hazard ratio 0,80, intervallo di confidenza al 95% 0,70-0,91).

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

A sostegno dell’utilità dell’azione sinergica rivaroxaban– aspirina, il solo rivaroxaban 5 mg bid (senza aspirina) non migliorava l’endpoint ischemico cardiovascolare ed incrementava gli eventi emorragici maggiori, rispetto al controllo con aspirina. Riguardo ai pazienti con arteriopatia periferica cronica, anch’essi con elevato rischio di eventi ischemici acuti agli arti ed alle coronarie, fino ad oggi la terapia principale è consistita in un solo antipiastrinico giornaliero (solitamente l’aspirina). Gli altri regimi antitrombotici testati (warfarin e/o antipiastrinici, inclusi i nuovi inibitori del recettore P2Y12, da soli o in combinazione con aspirina) non hanno mostrato una superiorità rispetto alla sola aspirina. Nella sottoanalisi “arteriopatia periferica” dello studio COMPASS,91 7470 pazienti hanno presentato una storia di vasculopatia degli arti inferiori (pregresso bypass o angioplastica, amputazioni, claudicatio intermittens con evidenza di stenosi), delle carotidi (pregressa rivascolarizzazione carotidea o stenosi carotidea asintomatica ≥50%), o una coronaropatia associata ad un indice caviglia-braccio <0,90. Alla luce dell’azione sinergica sulla multi-distrettualità della vasculopatia descritta nel paragrafo Fisiopatologia


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PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE Fig. 18

Figura 18  Studio COMPASS Eventi cardiaci avversi maggiori Aspirina da sola

Emorragie maggiori Aspirina da sola

Rivaroxaban 2,5 mg bid + aspirina

Rivaroxaban 2,5 mg bid + aspirina

HR 0,86 (0,70–1,05) p=0,14

HR 0,58 (0,44–0,76) p<0,001

HR 0,78 (0,64–0,96) p=0,02

Incidenza (%)

Incidenza (%)

HR 0,76 (0,66–0,86) p<0,001 HR 1,70 (1,40–2,05) p<0,0001

HR 1,78 (1,41–2,23) p<0,0001 HR 1,49 (0,67–3,33) p=0,32

MACE

IM

Ictus

Morte CV

Emorragie maggiori Emorragie maggiori criteri ISTH modificati criteri ISTH

Emorragie fatali

HR 1,10 (0,59–2,04) p=0,77

ICH non fatali

CV, cardiovascolare; HR, hazard ratio; ICH, emorragia intracranica; IM, infarto miocardico; ISTH, International Society on Thrombosis and Haemostasis; MACE, eventi cardiaci avversi maggiori.


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e manifestazioni cliniche di aterosclerosi ed aggregazione piastrinica, la terapia con rivaroxaban 2,5 mg bid + aspirina ha ridotto in questi pazienti i MACE (-28%) nonché l’incidenza di morte cardiovascolare (-18%), infarto miocardico (-24%), ictus (-46%), ischemia acuta degli arti (-44%) e amputazioni maggiori (-70%), rispetto all’aspirina da sola. Sebbene sia stato osservato un eccesso di sanguinamenti (+61%) con più ospedalizzazioni, non è stato riscontrato un incremento dei sanguinamenti fatali, intracranici o negli organi critici. Pertanto questa terapia sinergica dovrebbe rimpiazzare la sola aspirina nei pazienti con arteriopatia stabile che non sono a rischio emorragico particolarmente elevato.

A quali pazienti dare priorità per iniziare il dosaggio vascolare? Sebbene i dati finora descritti supportino il trattamento di tutti i pazienti con vasculopatia cronica coronarica o periferica e quelli con sindrome coronarica acuta stabilizzata, alcuni pazienti potrebbero giovarsi particolarmente di questa duplice inibizione sinergica, sebbene

NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI

non ci siano ancora dati specifici per dare priorità ad una distinta popolazione target. I pazienti isolatamente con coronaropatia92 o con arteriopatia86 hanno mostrato un beneficio clinico costante in tutti i sottogruppi studiati, cosa che rende più difficile la scelta dei pazienti da indirizzare per primi all’inibizione sinergica con rivaroxaban + aspirina. Andrebbero quindi trattati i pazienti con qualsiasi età (hanno un beneficio particolarmente spiccato i giovani sotto i 65 anni, con alto rischio cardiovascolare), di qualsiasi genere, con o senza diabete mellito, insufficienza renale cronica, ipertensione o dislipidemia. Recentissimi dati hanno analizzato il sottogruppo di pazienti COMPASS con coronaropatia o arteriopatia e coesistenza di scompenso cardiaco lieve-moderato (lo scompenso severo era un criterio di esclusione nel trial principale). Per l’endpoint principale di MACE non veniva osservata interazione fra pazienti con e senza scompenso, ma il vantaggio della terapia sinergica con rivaroxaban + aspirina era ancora più accentuato nei pazienti scompensati, senza un maggior incremento di emorragie maggiori. Quando andiamo a valutare i pazienti che hanno ricevuto uno stent coronarico o hanno sofferto di sindro-


PROTEZIONE VASCOLARE NELLE CORONAROPATIE E NELLE ARTERIOPATIE

me coronarica più di 12 mesi prima, dopo il periodo di trattamento con DAPT, all’interruzione di uno dei due antipiastrinici si giovano in maniera particolare dell’inibizione sinergica COMPASS. A questo ampio gruppo di pazienti vanno anche aggiunti i casi difficili con storia di trombosi di stent acuta o recidivante, con un eccesso di trombosi su coronarie o vasi periferici, con basso flusso o un “no-reflow”, con anomalie coronariche quali gli aneurismi con riduzione di flusso, con placche complicate alla coronarografia, alla tomografia computerizzata coronarica, alla tomografia a coerenza ottica o agli ultrasuoni intravascolari. Infine i numerosi pazienti che mostrano vasculopatia periferica cronica associata a coronaropatia possono giovarsi in priorità della terapia sinergica rivaroxaban + aspirina. In conclusione, i risultati descritti rilanciano l’entusiasmo sempre nuovo sulle molteplici azioni dei NOAC e sull’azione sinergica di rivaroxaban con aspirina, evidenziando il ruolo centrale dell’inibizione della trombina nell’ampio e variegato mondo della patologia ischemico-trombotica.

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Finito di stampare nel mese di marzo 2019 da Ti Printing S.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore


NOAC: GLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI NON VITAMINA K-DIPENDENTI Dopo 5 anni dall’approvazione in Italia, i NOAC, gli anticoagulanti orali diretti non vitamina K-dipendenti, vengono prescritti in un larghissimo numero di pazienti per due principali indicazioni: prevenire l’ictus cerebri nella fibrillazione atriale e curare la tromboembolia venosa e polmonare. Inoltre, in questi anni sono state allargate le indicazioni per alcuni dei NOAC, come nella patologia oncologica e nella coronaropatia e vasculopatia acuta e cronica, e sono stati pubblicati numerosissimi lavori che ne hanno modificato l’utilizzo nelle patologie più studiate. Questo nuovo volume sui NOAC si rivolge sia a medici di maggiore esperienza, con gli ultimi aggiornamenti corredati da utili tabelle riassuntive, sia a quelli che non hanno mai utilizzato questi farmaci, con semplici e pratici consigli per rendere efficace questa terapia. È stato privilegiato l’aspetto pratico, ricorrendo a schemi e tabelle per fare chiarezza sui casi complessi, sintetizzando l’orientamento degli esperti negli utilizzi ancora carenti di evidenze scientifiche. Il volume tratta in modo chiaro e completo le modalità di prima prescrizione, lo switching da warfarin, il follow-up, l’aderenza terapeutica, tempi e modalità di cardioversione, ablazione transcatetere e angioplastica coronarica, nonché le interferenze con farmaci e alimenti. Il rischio emorragico è tenuto in costante riferimento nella disfunzione renale, nell’interruzione dei NOAC prima delle diverse chirurgie e nel trattamento dei pazienti con sanguinamenti lievi o importanti. Una guida pratica e completa sul come, quando e perché utilizzare i NOAC. Con il contributo di PP-XAR-IT-0075-1 cod. art. 86521652


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