RCC: analisi di sottogruppo
trial CLEAR, efficacia in base al carico di malattia al basale
Marco Maruzzo
UOC Oncologia 1
Istituto
Oncologico Veneto (IOV), Padova
Introduzione
Il panorama terapeutico, per quanto riguarda il carcinoma renale metastatico, si è drasticamente modificato negli ultimi anni. A partire dal 2018, con la pubblicazione dei risultati dello studio CA209-214 su ipilimumab e nivolumab 1, trial randomizzato di fase 3 che ha dimostrato un aumento di sopravvivenza per i pazienti con carcinoma renale metastatico a rischio intermedio o sfavorevole, i progressi sono stati notevoli e l’immunoterapia ha modificato il management del paziente con neoplasia renale metastatica, migliorando – come mostrano i dati di studio in studio – i risultati in termini di sopravvivenza, sopravvivenza libera da malattia, tasso di risposta, qualità di vita. Lo scenario terapeutico per la prima linea di malattia ora è complesso e variegato, ma accomunato dall’utilizzo dell’immunoterapia (IO) da sola (ipilimumab e nivolumab) o in combinazione con gli storici inibitori tirosinchinasici (TKI) (pembrolizumab e axitinib, pembrolizumab e lenvatinib, nivolumab e cabozantinib) 2,3,4. Il trial Keynote426 ha infatti dimostrato il vantaggio di sopravvivenza globale e libera da malattia ed aumento del tasso di risposte della combinazione pembrolizumab e axitinib vs sunitinib nella prima linea di neoplasia renale metastatica. Nella medesima popolazione anche la combinazione nivolumab e cabozantinib, con il trial CA209-9ER, ha confermato i vantaggi della combinazione rispetto al solo TKI, confermando il vantaggio in sopravvivenza globale e libera da malattia e aumento del tasso di risposte. Infine, da ultimo, lo studio CLEAR in una analoga coorte di pazienti con carcinoma renale metastatico ha dimostrato, in prima linea, il vantaggio di pembrolizumab e lenvatinib vs sunitinib in sopravvivenza globale e libera da malattia ed aumento del tasso di risposte. In questo contesto, non ci sono al momento però criteri di scelta precisi e manca ogni fattore predittivo di risposta che possa aiutare nella scelta della terapia più appropriata per i pazienti.
Lo studio CLEAR
Tra gli studi e le acquisizioni terapeutiche più recenti, lo studio CLEAR 4 ha dimostrato un vantaggio nel trattamento con pembrolizumab e lenvatinib verso la monoterapia con sunitinib nei pazienti con carcinoma renale metastatico. Lo studio, di fase 3, assegnava in modo randomizzato 1:1:1 i pazienti a ricevere come trattamento di prima linea metastatica lenvatinib (20 mg al giorno per via orale) con pembrolizumab (200 mg endovena ogni tre settimane) oppure lenvatinib (18 mg al giorno per via orale) con everolimus (5 mg al giorno per via orale), oppure sunitinib (50 mg al giorno per via orale, per 4 settimane ogni sei). L’obiettivo primario dello studio era valutare la sopravvivenza libera da malattia (PFS) secondo i criteri RECIST 1.1. Anche la sopravvivenza globale (OS) ed il profilo di sicurezza dei farmaci sono stati valutati.
Lo studio, che ha arruolato complessivamente 1069 pazienti, ha dimostrato un netto vantaggio della combinazione di lenvatinib e pembrolizumab vs. la terapia, considerata standard, con sunitinib, sia in
termini di PFS (figura 1) che di OS (figura 2). A differenza di altri studi di combinazione precedentemente pubblicati, lo studio CLEAR ha anche documentato un tasso di risposte obiettive estremamente significativo (figura 3), con tassi di risposta obiettiva totale molto alti (71%) per il braccio di combinazione IO+TKI e con una probabilità di risposta pressoché doppia rispetto alla terapia standard con sunitinib. Ancora, la percentuale di pazienti con risposta completa era del 16.1% alla pubblicazione iniziale dello studio – valore elevato e assolutamente innovativo per il carcinoma renale metastatico, come pure era molto ridotto (5,4%) il numero di pazienti refrattari alla terapia (primary progressive). Il profilo di sicurezza della combinazione IO+TKI ha altresì dimostrato di essere sostanzialmente sovrapponibile a quanto atteso con altre combinazioni analoghe e gli effetti avversi si sono rivelati maneggevoli nella gestione. Con risultati così soddisfacenti, la combinazione di lenvatinib e pembrolizumab è diventata una delle principali opzioni di scelta di trattamento.
Lenvatinib + pembrolizumab
Lenvatinib + everolimus
Sunitinib
Probability of
+ pembrolizumab
Lenvatinib + everolimus
Sunitinib
Hazard ratio for disease progression or death (Ienvatinib + pembrolizumab vs. sunitinib), 0.39 (95% CI, 0.32-0.49); P <0.001
Hazard ratio for disease progression or death (Ienvatinib + everolimus vs. sunitinib), 0.65 (95% CI, 0.53-0.80); P <0.001
Figura 2. Studio CLEAR - Sopravvivenza globale
No. at risk
Lenvatinib + pembrolizumab
Lenvatinib + everolimus Sunitinib
Lenvatinib + pembrolizumab
Lenvatinib + everolimus Sunitinib
Lenvatinib + pembrolizumab NR (33.6-NE)
Lenvatinib + everolimus NR (NE-NE)
Sunitinib NR (NE-NE)
Hazard ratio for death (Ienvatinib + pembrolizumab vs. sunitinib), 0.66 (95% CI, 0.49-0.88); P =0.005
Hazard ratio for death (Ienvatinib + everolimus vs. sunitinib), 1.15 (95% CI, 0.88-1.50); P =0.30
Figura 3. Studio CLEAR - Tasso di risposta alla terapia
* Responses were assessed by an independent review committee with Response Evaluation Criteria in Solid Tumors, version 1.1. Percentages may not total 100 due to rounding.
** Additional details of the statistical analysis and the results of interim analysis 2 (a prespecified interim analysis that had been planned as the final analysis of objective response) are provided in the Supplementary Appendix.
*** The best overall response was unknown or could not be evaluated for patients who had no baseline or no postbaseline tumor assessments, at least one lesion that could not be evaluated, or early stable disease (occurring <7 weeks after randomization).
Uno degli aspetti che maggiormente colpiscono dello studio CLEAR è l’impressionante tasso di risposte. La probabilità di risposta, anche completa, è infatti un elemento di notevole interesse al momento della scelta di una terapia di prima linea. Infatti, il carico di malattia correla in genere con la sintomatologia e, per converso, la riduzione della malattia e la risposta alla terapia determinano un miglioramento dei sintomi ed una regressione del dolore. In alcuni casi, poi, la ricerca di una risposta completa alla terapia può diventare uno degli obiettivi da perseguire per quei pazienti che potrebbero guarire e, in prospettiva, beneficiare di eventuali pause terapeutiche e di una sopravvivenza migliore. Ecco quindi che il tasso di risposta di una terapia diventa un elemento molto importante da valutare, in certi contesti di malattia, per la scelta della terapia.
L’analisi per sottogruppi
All’ASCO Genitourinary Cancers Symposium 2024, che si è svolto a San Francisco, è stata presentata un’analisi per sottogruppi non pre-pianificata dello studio CLEAR basata sulla somma dei diametri delle sedi di malattia al basale per ogni singolo paziente5 In particolare i pazienti sono stati suddivisi in quattro sottogruppi secondo i quartili di normale distribuzione della somma dei diametri delle sedi di malattia al basale (Q1 ≤ 34,72 mm, Q2 > 34,72 e ≤ 60,06 mm, Q3 > 60,06 e ≤ 108,56 mm, Q4 > 108,56mm), ipotizzando che questo valore di somma di diametri sia rappresentativo del carico di malattia dei pazienti. È stata quindi innanzitutto valutata la distribuzione dei pazienti dello studio nei vari sottogruppi. Possiamo vedere, in maniera estremamente interessante, e in realtà anche come atteso nella pratica clinica, che nel primo quartile – quando il carico di malattia è più basso e quindi la somma dei diametri è più piccola
– abbiamo una maggiore rappresentazione di pazienti a rischio favorevole secondo criteri IMDC e una maggiore presenza di pazienti che hanno subito una nefrectomia. A mano a mano che ci spostiamo su quartili differenti, quindi andiamo verso somme di malattie più alte, otteniamo una maggiore presenza di pazienti con un rischio sfavorevole e che non sono stati sottoposti a nefrectomia. Questo indica probabilmente una biologia della malattia più aggressiva. Questa evidenza è in linea con quanto sperimentiamo nella pratica clinica di tutti i giorni. Lo studio per sottogruppi ha poi analizzato i dati di PFS e di OS nei quattro quartili differenti: si vede come in realtà non ci sia una differenza significativa tra i quattro sottogruppi e anche con un follow-up prolungato i benefici di sopravvivenza dalla combinazione di lenvatinib e pembrolizumab si mantengono per tutti i pazienti, indipendentemente dal carico di malattia iniziale. L’altro dato molto interessante che si può osservare da questo studio è come cambia nei differenti sottogruppi il tasso di risposta al trattamento (figura 4). C’è evidente una maggiore probabilità di ottenere una risposta completa di malattia nel primo quartile, quando il carico di malattia è inferiore e la somma dei diametri più piccola (29,6%), mentre questa probabilità diminuisce drasticamente nel quarto quartile, quando il carico di malattia iniziale è più alto (2,5%). Analogamente avviene per i pazienti in “quasi risposta completa”, ovvero quei pazienti con una risposta parziale profonda con riduzione almeno del 75%.
La evidenza invece di notevole interesse che emerge dallo studio è che se andiamo a guardare il risultato in termini di risposte globali, l’overall response rate (ORR), questo rimane invariato nei quattro quartili, con un valore che è sempre superiore al 70% e che non si modifica in modo sensibile tra quartili (ORR Q1 75,3%; Q2 80,0%; Q3 72,8%; Q4 71,3%). Questi dati ci indicano come in effetti il trattamento di combinazione con pembrolizumab e lenvatinib sia attivo in maniera indipendente da quella che è la
somma dei diametri di malattia iniziale al basale del paziente, quindi indipendente dal carico di malattia, e garantisce una ottima probabilità di ORR anche ai pazienti con maggiore carico di malattia e, di conseguenza, una malattia biologicamente più aggressiva. Il lavoro presentato all’ASCO GU 2024 ha peraltro utilizzato i risultati finali dello studio CLEAR in termini di OS, PFS, risposta, con un lungo follow-up di circa 4 anni, come presentati da Motzer all’ASCO 2023. I risultati dell’analisi di efficacia per sottogruppi, pur con il limite di una analisi non pre-pianificata, confermano quanto comunemente verificato in pratica clinica (i pazienti con maggior carico di malattia sono spesso quelli a prognosi peggiore e/o con il tumore primitivo in sede) e al tempo stesso evidenzia come la possibilità di risposta e di riduzione del carico di malattia sia conservata per tutti i pazienti.
Conclusioni
Questa analisi sostiene ulteriormente la possibilità di utilizzare il trattamento con pembrolizumab e lenvatinib come trattamento di scelta di prima linea per il carcinoma renale metastatico per tutti i pazienti: quelli con basso carico di malattia per la alta probabilità di avere risposta completa, quelli con maggiore carico di malattia e tumore più aggressivo perché possono parimenti beneficiare positivamente della terapia.
Includes patients with baseline target lesion assessments. 95% CI were calculated using asymptotic normal distribution .”Near-CR” refers to partial response with maximum tumor shrinkage ≥75%. “Other PR” refers to ali other PRs (with maximum tumor shrinkage <75%). The number of patients with unknown/not evaluable responses were: Q1, 1.2%; Q2, 2.5%; Q3, 6.2%; Q4, 6.3%.
Bibliografia
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