Come cambiano gli endpoint negli studi clinici di immunoterapia, G. Mansueto

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COME CAMBIANO GLI ENDPOINT NEGLI STUDI CLINICI DI IMMUNOTERAPIA Reprint from Volume 99, Number 2, March-April 2013


In copertina: Alfred Thompson Bricher, Woman beside a river, 1880.


OSSERVATORIO

Report congressuali e notizie dalla ricerca aziendale

COME CAMBIANO GLI ENDPOINT NEGLI STUDI CLINICI DI IMMUNOTERAPIA Giovanni Mansueto UO Oncologia Medica, ASL Frosinone

Nel corso di un evento congressuale dedicato al trattamento del melanoma metastatico, svoltosi a Roma l’8 e 9 marzo 2013, Paolo Bruzzi (Genova) ha svolto un’interessantissima relazione su come sono destinati a cambiare gli endpoint clinici in questa patologia con l’entrata in commercio dei farmaci attivatori del sistema immunitario come ipilimumab. Gli effetti di un trattamento oncologico (endpoint) possono essere misurati sulla malattia (in tal caso si parla di attività) oppure sul paziente (efficacia). Quando si parla di efficacia bisogna sempre riferirsi all’effetto clinico, cioè al beneficio atteso dal paziente. E poiché la maggior parte delle volte il paziente chiede di vivere di più, ecco che la sopravvivenza dovrebbe essere sempre l’obiettivo primario di un trattamento oncologico, sia all’interno di studi clinici controllati che nella pratica clinica corrente. La sopravvivenza globale, inoltre, è l’unico endpoint in grado di definire realmente l’efficacia di un trattamento oncologico. Altri obiettivi, come ad esempio le risposte o la sopravvivenza libera da progressione (PFS), sono di scarso impatto sia sulla quantità che sulla qualità della vita e, negli studi clinici condotti in ambito oncologico, vengono spesso considerati degli endpoints surrogati. Essi vengono, spesso erroneamente, ritenuti strettamente correlati a quelli di reale interesse per il paziente. In realtà è cosí soltanto nel caso in cui essi siano validati, cioè quando l’effetto di quel trattamento viene ottenuto su quel paziente e in quella specifica situazione, e ciò permette di determinare una correlazione con l’endpoint primario di efficacia. Gli endpoint surrogati hanno un’alta probabilità di falsi positivi e di falsi negativi, cioè, rispettiva-

mente, la sovrastima e la sottostima dell’effetto di un trattamento. Un classico esempio di falsa negatività di un endpoint surrogato si ha proprio con l’immunoterapia nel melanoma metastatico. La PFS degli studi con ipilimumab, infatti, sottostima l’effetto del farmaco nella malattia metastatica poiché non è assolutamente un indicatore del suo beneficio sulla sopravvivenza a lungo termine. Anche l’Hazard Ratio (HR), che non è altro che un rapporto tra le incidenze tra i due bracci dell’obiettivo esaminato in vari momenti dello studio, può essere congruo in molte tipologie di studi clinici in fase metastatica, ma appare assolutamente inadeguato negli studi di immunoterapia. Nel caso di una malattia metastatica in cui non ci si aspettano delle sopravvivenze a lungo termine, come ad esempio nel tumore del polmone, l’effetto atteso della terapia è una sopravvivenza (PFS o OS) migliorata in modo simile ma solitamente modesto per la maggior parte dei pazienti. La situazione tipica è rappresentata dalle cosiddette “curve a banana”, in cui l’effetto favorevole da parte del farmaco sperimentale cresce fino a un massimo, per poi nuovamente decrescere fino ad azzerarsi rispetto alla curva che rappresenta il braccio di riferimento. In questo caso l’Hazard Ratio è ingannevole, poiché non è costante per tutta la durata dello studio. Se poi lo studio prevede un’analisi ad interim, l’HR è ulteriormente sovrastimato poiché è espressione soltanto del periodo iniziale e potrebbe non essere confermato nei periodi successivi. In questo caso, indicatori molto più utili potrebbero essere la differenza incrementale nella sopravvivenza mediana e la percentuale di pazienti vivi, ad esempio, ad 1 anno.


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Nel trapianto da cellule staminali si può verificare la situazione limite opposta: l’Hazard Ratio è inizialmente a sfavore del trattamento sperimentale poiché prevale lo svantaggio legato alle morti tossiche, mentre in seguito il beneficio si evidenzia nei pazienti che sopravvivono. Anche in questo caso, perciò, l’HR non dovrebbe essere usato, mentre sarebbe preferibile calcolare la percentuale di pazienti lungosopravviventi. L’HR è una misura ingannevole anche quando ci si trova di fronte a una malattia in cui ci si aspetta che il trattamento produca delle sopravvivenze a lungo termine, come avviene nei pazienti trattati con farmaci come ipilimumab. In questo caso, l’obiettivo primario del trattamento dovrebbe essere quello di aumentare la proporzione di pazienti lungosopravviventi, magari identificandoli precocemente. Un grande e prolungato beneficio è, infatti, sicuramente preferibile rispetto ad un piccolo beneficio (a volte di poche settimane) per la maggior parte dei pazienti. È la stessa filosofia della lotteria (il rischio è minimo ed ho una bassa probabilità di vincita, ma se vinco ottengo un beneficio enorme) o dei reparti di rianimazione e di chirurgia d’urgenza (il rischio è nullo perché il paziente morirebbe comunque, ma se lo salvo ottengo un guadagno enorme). Questo concetto può essere applicato al melanoma metastatico, malattia a prognosi infausta con le terapie convenzionali, scarsamente efficaci. Con i nuovi farmaci come ipilimumab si può mirare ad ottenere quel grande beneficio che consiste in un aumento della percentuale di pazienti lungosopravviventi.

IPILIMUMAB NEL TRATTAMENTO DEL MELANOMA METASTATICO: L’EFFETTO È SULLA SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE La metanalisi di Korn, pubblicata nel 2008, ha stabilito che la sopravvivenza a un anno dei pazienti con melanoma metastatico trattati con che-

mio e/o immunoterapia è di circa il 25%, con una mediana di circa 6 mesi1. Fino all’approvazione di ipilimumab, la miglior opzione per questi pazienti era l’inserimento in un trial clinico, eventualità non sempre applicabile su larga scala. Ipilimumab è un anticorpo monoclonale anti-CTLA-4 che, con il suo meccanismo d’azione, riporta d’attualità un concetto ben noto in ambito oncologico: la neoplasia viene aggredita indirettamente attraverso la stimolazione del sistema immunitario umano e non eliminata in modo diretto come avviene con la chemioterapia. L’attivazione del sistema immunitario mediata da ipilimumab è sostenuta nel tempo, cosicché il suo effetto si manifesta, per la prima volta in assoluto nel melanoma metastatico, principalmente sulla sopravvivenza a lungo termine. Questo beneficio è stato evidenziato all’interno di uno studio clinico randomizzato in pazienti con melanoma metastatico2, in cui ipilimumab ha dimostrato un vantaggio significativo rispetto al regime di confronto (gp100 + placebo) non solo in termini di sopravvivenza mediana, ma anche di percentuale di pazienti vivi a lungo termine. A distanza di 4 anni, infatti, circa il 25% dei pazienti trattati con ipilimumab mantiene un beneficio significativo in sopravvivenza. Per la prima volta, dunque, nel melanoma metastatico possiamo parlare di pazienti completamente guariti. L’analisi delle curve di sopravvivenza ci dice che il vantaggio del trattamento sperimentale, dal momento in cui si separano le curve, si mantiene costante nel tempo (Figura 1). Nei primi tre mesi le curve sono assolutamente sovrapponibili (Figura 1, riquadro 1) dopodiché iniziano a separarsi, il che avviene quando quasi l’80% dei pazienti è ancora in vita (Figura 1, riquadro 2). Questi sono i pazienti che beneficeranno degli effetti a lungo termine del trattamento con ipilimumab. Da questo momento in poi, infatti, le curve resteranno separate durante tutto il periodo dello studio. La sopravvivenza ad 1 e 2 anni nei bracci contenenti ipilimumab è quasi doppia rispetto al braccio con solo gp100, con un plateau che si raggiunge oltre il secondo anno, cioè quan-


ENDPOINT E STUDI CLINICI DI IMMUNOTERAPIA

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Giovanni Mansueto

FIGURA 1 Studio MDX 010-20: analisi delle curve di sopravvivenza (Modificata da Hodi FS, et al. N Engl J Med 2010; 363: 711-723) 1

Percentuale di sopravvivenza

1,0 0,9 0,8

2

0,7 0,6 0,5 1 anno

5

0,4 0,3 2 anni 0,2

Ipilimumab + gp100

(A)

Ipilimumab + placebo

(B)

gp100 + placebo

(C)

Confronto

HR

p-value

Braccio A vs C Braccio B vs C

0,68 0,66

0,0004 0,0026

3

mediana f/u (mesi) 27,8 21,0

0,1

17,2

0 0

1

2

Anni

No. a rischio Ipi plus gp100 Ipi gp100

403 137 136

297 106 93

223 79 58

163 56 32

115 38 23

81 30 17

54 24 16

Tasso di sopravvivenza 1 anno 2 anni Os mediana (mesi) (95% CI)

4

42 18 7

33 13 5

3

4

24 13 5

17 8 3

7 5 1

6 2 0

4 1 0

0 0 0

Ipilimumab + gp100 (n=403)

Ipilimumab + placebo (n=137)

gp100 + placebo (n=136)

44% 22% 10,0 8,5-11,5

46% 24% 10,1 8,0-13,8

25% 14% 6,4 5,5-8,7

do si iniziano a vedere i sopravvissuti nel lungo periodo (Figura 1, riquadro 3). Il miglioramento della OS mediana è di circa 4 mesi, il che conferma il fatto che la OS mediana non è certo predittiva di sopravvivenza a lungo termine (Figura 1, riquadro 4). Dopo 21 mesi di follow-up mediano, l’Hazard Ratio del braccio ipilimumab + gp100 rispetto a gp100 + placebo è 0,68 (P = 0,0004), che equivale a un rischio di morte ridotto del 32% rispetto al controllo. Analogamente, l’HR nel braccio con solo ipilimumab, dopo un follow-up mediano di circa 28 mesi, è significativamente superiore al braccio di controllo (HR = 0,66 - P = 0,0026) (riquadro 5). Di fatto, nel tratto di curva antecedente alla separazione l’Hazard Ratio è pari

a 1, mentre nella seconda parte vi è la differenza significativa. Tutti gli eventi che si verificano prima della separazione si possono considerare in effetti persi per l’analisi finale, che perciò potrebbe essere addirittura sottostimata.

I NUOVI CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE RISPOSTE NEGLI STUDI DI IMMUNOTERAPIA E IL LORO IMPATTO SULLA SOPRAVVIVENZA La stimolazione del sistema immunitario umano per controllare la crescita tumorale offre sicuramente uno scenario terapeutico interessante, con un profilo di tossicità decisamente favorevole


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rispetto alla chemioterapia citotossica. La cinetica clinica dell’immunoterapia ha inoltre provocato un cambiamento radicale nelle modalità in cui dovrebbero essere misurate le risposte obiettive, non solo negli studi clinici ma anche nella pratica clinica quotidiana. La fase iniziale del trattamento con farmaci come ipilimumab attiva il sistema immunitario dell’ospite, che sviluppa una risposta cellulo-mediata. La risposta antitumorale si rende invece evidente non prima di settimane o mesi rispetto all’inizio del trattamento, e il guadagno in sopravvivenza si manifesta addirittura dopo molti mesi. La valutazione delle risposte obiettive in ambito oncologico si basa solitamente sui criteri RECIST o WHO. Il problema principale della misurazione della risposta in corso di immunoterapia si ha quando l’infiltrato infiammatorio peritumorale simula l’aumento dimensionale di una lesione misurabile e la fa catalogare, secondo i criteri convenzionali, come una progressione di malattia. Per ovviare a questa problematica sono stati creati i cosiddetti criteri per la valutazione della risposta immunocorrelata (irRC), secondo cui un’iniziale progressione radiologica, clinicamente non rilevante, deve essere confermata in una misurazione successiva prima di essere considerata

una vera e propria progressione3. Questi criteri sono stati sviluppati ed applicati all’intero programma di sviluppo di ipilimumab nel melanoma metastatico. Le risposte immunocorrelate prevedono, oltre ai due classici pattern che si evidenziano in corso di chemioterapia (risposta con immediata riduzione del tumore e stabilità di malattia con riduzione lenta ma costante), due ulteriori situazioni in cui vi può essere rispettivamente la comparsa di nuove lesioni o un iniziale aumento della massa tumorale (a livello delle lesioni misurabili e/o sotto forma di nuove lesioni) seguito da una successiva riduzione4. L’aumento volumetrico in realtà è fittizio e dipende dall’attivazione della risposta immunitaria peritumorale. Questa situazione non è valutabile attraverso i criteri RECIST o WHO che, anzi, rischiano di definire una progressione prematura facendo interrompere precocemente il trattamento. L’importanza cruciale di questo aspetto si può comprendere meglio paragonando gli effetti degli irRC e dei criteri WHO sulla sopravvivenza globale. L’utilizzo degli irRC può permettere l’identificazione di una certa percentuale di pazienti lungosopravviventi tra quelli che sarebbero stati considerati in progressione usando i criteri WHO.

BIBLIOGRAFIA 1. Korn EL, Liu PY, Lee SJ et al: Meta-analysis of phase II cooperative group trials in metastatic stage IV melanoma to determine progressionfree and overall survival benchmark for future phase II trials. J Clin Oncol 2008; 26: 527-534. 2. Hodi FS, O’Day SJ, McDermott DF et al: Improved survival with ipilimumab in patients with metastatic melanoma. N Engl J Med 2010; 363: 711-723.

3. Hoos A, Parmiani G, Hege K et al: A clinical development paradigm for cancer vaccines and related biologics. J Immunother 2007; 30: 115. 4. Wolchok JD, Hoos A, O’Day S et al: Guidelines for the evaluation of immune therapy activity in solid tumors: immune-related response criteria. Clin Cancer Res 2009; 15: 7412-7420.




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