Interferone Alfa nel trattamento adiuvante del Melanoma, A. Muggiano et al

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a Journal of Experimental and Clinical Oncology OFFICIAL JOURNAL OF SOCIETÀ ITALIANA DI CANCEROLOGIA ASSOCIAZIONE ITALIANA DI ONCOLOGIA MEDICA SOCIETÀ ITALIANA DI CHIRURGIA ONCOLOGICA AND ASSOCIAZIONE ITALIANA DI RADIOTERAPIA ONCOLOGICA

INTERFERONE ALFA NEL TRATTAMENTO ADIUVANTE DEL MELANOMA Tollerabilità e gestione degli effetti collaterali Reprint from Volume 98, Number 1, January-February 2012


In copertina: Lyonel Feininger, La chiesa di Grossromsdorf, 1914.


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Report congressuali e notizie dalla ricerca aziendale

INTERFERONE ALFA NEL TRATTAMENTO ADIUVANTE DEL MELANOMA

Tollerabilità e gestione degli effetti collaterali Antonio Muggiano1, Vanna Chiarion-Sileni2, Mario Mandalà3, Nicola Pimpinelli4, Michele Del Vecchio5, Gaetana Rinaldi6, Paola Queirolo7, Paolo A. Ascierto8 1Struttura

Semplice Dipartimentale Melanoma e Patologie Rare, ASL8, Cagliari; 2Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto - IRCCS, Padova; 3Oncologia, AO Ospedali Riuniti di Bergamo; 4Malattie Cutanee e Veneree, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Firenze; 5SC di Medicina Oncologica 1, Istituto Nazionale Tumori, Milano; 6Unità Operativa di Oncologia Medica, AOU Policlinico Paolo Giaccone, Palermo; 7Oncologia Medica A, IST, Genova; 8Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione Pascale, Napoli

Reprint from Tumori, Volume 98, Number 1, January-February 2012



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INTERFERONE ALFA NEL TRATTAMENTO ADIUVANTE DEL MELANOMA

Tollerabilità e gestione degli effetti collaterali Antonio Muggiano1, Vanna Chiarion-Sileni2, Mario Mandalà3, Nicola Pimpinelli4, Michele Del Vecchio5, Gaetana Rinaldi6, Paola Queirolo7, Paolo A. Ascierto8 1Struttura

Semplice Dipartimentale Melanoma e Patologie Rare, ASL8, Cagliari; 2Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto - IRCCS, Padova; 3Oncologia, AO Ospedali Riuniti di Bergamo; 4Malattie Cutanee e Veneree, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Firenze; 5SC di Medicina Oncologica 1, Istituto Nazionale Tumori, Milano; 6Unità Operativa di Oncologia Medica, AOU Policlinico Paolo Giaccone, Palermo; 7Oncologia Medica A, IST, Genova; 8Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione Pascale, Napoli

INTRODUZIONE Nei pazienti con melanoma ad alto rischio il trattamento con interferone alfa (a-IFN) ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da malattia (DFS) e della sopravvivenza totale (OS) con una riduzione di rischio relativo rispettivamente del 18% e dell’11%. Queste le conclusioni dell’ultima metanalisi di Simone Mocellin, pubblicata nell’aprile 2010 sul JNCI, che ha valutato globalmente 14 studi prospettici, randomizzati e controllati, pubblicati tra il 1990 e il 2008, indipendentemente dalla dose o dallo schema utilizzato1. Il beneficio assoluto in termini di OS è stato del 3%, analogo a quanto ottenibile con altre terapie adiuvanti ormai consolidate quali quelle impiegate nei carcinomi del colon, mammella, ovaio, polmone2. Ciononostante la terapia adiuvante con l’a-IFN, specie quella ad alte dosi, non è ancora condivisa unanimemente dagli oncologi medici a causa di una tossicità correlata ritenuta eccessiva rispetto al beneficio ottenibile. Differente a questa asserzione è l’esperienza riportata dai centri che utilizzano routinariamente la terapia, che ne documen-

tano una tossicità, senz’altro non trascurabile, ma nel suo complesso gestibile non meno facilmente di quella di altri regimi terapeutici adiuvanti attualmente in uso e talvolta, per alcuni aspetti, addirittura meno gravosa per il paziente; si consideri, per esempio, la minor frequenza di sterilità indotta comune ai regimi chemioterapici. Nel tentativo di comprendere questa diversità di atteggiamento, che in pratica divide gli oncologi in due scuole di pensiero, abbiamo riunito le nostre esperienze per esaminare a fondo le tossicità riscontrate e i rimedi impiegati per la loro cura e prevenzione, con lo scopo di redigere un protocollo di comportamento che renda più agevole la conduzione della terapia. La resistenza ad affrontare la tossicità da aIFN può dipendere dalla sua diversità e complessità. Comprende infatti anche effetti collaterali di tipo neurologico e costituzionale3,4, che non si presentano comunemente negli schemi chemioterapici adiuvanti di frequente pratica clinica e che sono particolarmente gravosi per il paziente e impegnativi da gestire per il medico. Eventi avversi, causati prevalentemente dalla liberazione di citochine in risposta all’azione dell’a-IFN, che


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attualmente non sono più esclusivi di questa terapia, ma sono stati quasi un preludio alle tossicità peculiari dei nuovi farmaci cosiddetti biologici. Questi ultimi, pur non potendo essere raggruppati genericamente in una sola classe, si correlano ugualmente con tossicità non usuali per l’oncologo, spesso analoghe e di una gravità anche superiore a quella dell’a-IFN.

CONSIDERAZIONI GENERALI I possibili effetti indesiderati riportati nella scheda tecnica sono numerosissimi, ma con frequenza e tempi di insorgenza molto variabili. I più comuni e a rapida insorgenza sono senz’altro i sintomi di tipo influenzale (mialgie, cefalea, febbre, brividi). In ordine decrescente di frequenza compaiono poi: anoressia, nausea, vomito, diarrea, artralgia, astenia, sonnolenza, vertigini, secchezza delle fauci, alopecia, dolore dorsale, depressione, senso di malessere, ipersudorazione, alterazione del gusto, irritabilità, insonnia, confusione, ridotta capacità di concentrazione, ipotensione. Effetti collaterali più rari includono: dolore addominale, rash cutaneo, nervosismo, reazione nella sede di iniezione, parestesia, herpes simplex, prurito, dolore oculare, ansia, psicosi, allucinazioni, comportamento aggressivo, epistassi, tosse, faringite, infiltrati polmonari, polmonite interstiziale, polmonite, alterazione dello stato di coscienza, perdita di peso, edema facciale, dispnea, dispepsia, tachicardia, ipertensione, aumento dell’appetito, riduzione della libido, ipoestesia, grave alterazione del gusto, incontinenza fecale, sanguinamento gengivale, crampi alle gambe, neuropatia, polineuropatia, rabdomiolisi talvolta grave, disturbi dell’udito ed insufficienza renale, ipertiroidismo o ipotiroidismo. Ancora

più raramente, successivamente all’immissione in commercio di interferone alfa-2b, sono stati segnalati casi di sindrome nefrosica, scompenso renale, aggravamento del diabete, diabete/iperglicemia, pancreatite, ischemia cardiaca, infarto miocardico, emorragie retiniche, ostruzioni arteriose o venose retiniche. Eventi epatotossici a esito fatale si sono verificati raramente (2 morti correlate nel E1684)5. Anomali aumenti dei livelli sierici di ALT/AST (SGPT/SGOT) sono invece di comune osservazione per lo più con dosi giornaliere superiori a 10 milioni UI. Alterazioni clinicamente significative di altri parametri di laboratorio includono riduzione della conta di granulociti e leucociti, riduzione del livello di emoglobina e della conta di piastrine, aumento dei livelli di fosfatasi alcalina, LDH, creatinina sierica, azotemia, colesterolo, trigliceridi. Ogni scheda tecnica deve essere considerata puramente informativa, più utile per il medico che per il paziente, e non può essere trasmessa tout court come effettiva espressione della tossicità di un farmaco, che in genere è ridimensionata nella pratica clinica. L’informazione che dobbiamo dare al paziente non deve essere l’elenco terrificante dei possibili effetti collaterali riportati in scheda, ma deve essere nostra, personale, improntata ad una proficua comunicazione medico-paziente. L’approccio con il paziente è infatti l’atto più delicato ed importante per la buona gestione di questa terapia. Deve rappresentare non un atto di sterile informazione, ma di reale condivisione. Va illustrato prima di tutto il potenziale beneficio del farmaco. La percezione di un reale beneficio è il presupposto essenziale per l’accettazione della terapia. Se richiesto, va illustrato il suo meccanismo d’azione con parole semplici e ben recepibili. L’informazione deve essere per-


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sonalizzata ed adeguata alle possibilità di apprendimento del nostro interlocutore. È essenziale conquistare la fiducia del paziente per diventare il riferimento principale ed affrontare il meno drammaticamente possibile il problema degli effetti collaterali che, pur presentati nella reale previsione di una loro comparsa, devono essere trasmessi come potenzialmente gestibili grazie ad un continuo monitoraggio clinico atto a prevenire e controllare tempestivamente anche gli eventi avversi più rari. Nel valutare il rapporto rischi/benefici è necessario che il paziente comprenda bene la quasi totale e pronta reversibilità degli effetti collaterali alla sospensione della terapia.

VALUTAZIONE PRELIMINARE E SELEZIONE DEI PAZIENTI Alcuni eventi avversi in corso di trattamento possono manifestarsi in modo grave se correlabili a patologie preesistenti che bisogna verificare prima della terapia. Particolare attenzione va posta alle seguenti condizioni patologiche: 1. ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti; 2. grave patologia cardiaca preesistente, per esempio scompenso cardiaco congestizio non controllato, infarto miocardico recente, gravi aritmie; 3. infiltrati polmonari, pneumopatie; 4. grave disfunzione renale o epatica, compresa quella causata da metastasi; 5. disordini della coagulazione o severa mielodepressione; 6. diabete mellito scompensato; 7. epilessia e/o funzionalità compromessa del sistema nervoso centrale (SNC);

8. psoriasi preesistente; 9. preesistenti gravi malattie psichiatriche o anamnesi positiva di gravi disturbi psichiatrici; 10. epatite cronica in presenza di cirrosi epatica scompensata; 11. epatite cronica in pazienti contemporaneamente o recentemente trattati con agenti immunosoppressivi, salvo nel caso di interruzione di una terapia corticosteroidea a breve termine; 12. epatite autoimmune o anamnesi positiva di malattia autoimmune, pazienti trapiantati immunodepressi. Non tutte queste patologie escludono a priori i pazienti dalla terapia con interferone, ma richiedono cautela ed un attento monitoraggio perché potrebbero peggiorare sotto trattamento. Prima di iniziare la terapia dobbiamo quindi programmare tutti gli accertamenti necessari per evidenziare eventuali patologie d’organo. Importante il pannello della funzionalità tiroidea di base, in considerazione dei possibili disordini tiroidei in corso di trattamento legati in genere a tiroiditi autoimmuni che possono essere espressione dell’attività immunomodulante dell’interferone e verificarsi proprio in quei pazienti che traggono beneficio dalla terapia2,6,7. I pazienti vanno selezionati non solo per patologie preesistenti, ma anche per eventuali terapie concomitanti. I farmaci che utilizzano il processo metabolico ossidativo, in cui svolge un ruolo centrale il sistema enzimatico del citocromo P450, costituito da una serie di isoenzimi (CYP) di cui 5 sono i principali e precisamente CYP1A2, CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4, possono rappresentare un inconveniente in corso di terapia.

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L’a-IFN inibisce alcuni di questi isoenzimi e questa inibizione si correla con un aumento di tossicità: l’inibizione del CYPIA2 con la neurotossicità, l’inibizione del CYP2D6 con la febbre e l’anemia, l’inibizione di entrambi con l’astenia. Questi farmaci possono modificare ancora il profilo di questi enzimi con conseguenti possibili ripercussioni sul loro metabolismo e livello sierico. Nella Tabella 1 sono riportati i principali farmaci metabolizzati da questi isoenzimi. Fornita l’adeguata informazione ed ottenuto il consenso alla terapia, si possono affrontare il trattamento e le tossicità correlate.

PIANIFICAZIONE DEL TRATTAMENTO: LA PRIMA MODALITÀ DI OTTIMIZZAZIONE I presupposti essenziali per una buona conduzione della terapia sono un’adeguata esperienza dell’oncologo, la possibilità e la programmazione di un accurato monitoraggio, il poter coinvolgere la famiglia e il medico curante ed il poter ricorrere agli idonei supporti specialistici se necessari. Nella terapia ad alte dosi l’intervento dell’oncologo si diversifica nelle due fasi previste di te-

rapia: l’induzione in vena nelle prime 4 settimane ed il mantenimento sottocute nelle rimanenti 48 settimane. La terapia di induzione si pratica nei reparti di day hospital con accesso quotidiano. Laddove possibile, si può proporre il ricovero ordinario per la prima settimana di terapia, per un monitoraggio iniziale e per una maggiore tranquillità del paziente. Il ricovero consente ad alcuni pazienti di gestire al meglio gli effetti collaterali grazie alla continua presenza del medico e del personale infermieristico. Tale fase è gravata da una tossicità acuta, principalmente febbre e sintomi influenzali, rara la nausea, che vanno trattati farmacologicamente. Una compressa di paracetamolo da 500 mg somministrata mezz’ora prima e ripetuta, se necessario, ogni 4-6 ore può controllare la febbre. Per un rialzo improvviso si può ricorrere alla formulazione ev. In premedicazione si può associare un antistaminico. Preidratare sempre con 5001000 ml di soluzione fisiologica e raccomandare un congruo apporto idrico successivo. Evitare gli steroidi in caso di necessità di farmaci antinfiammatori perché potrebbero interferire con l’azione immunomodulante dell’a-IFN (Tabella 2).

TABELLA 1 Farmaci metabolizzati dagli enzimi CYPIA2, CYP2C19 e CYP2D6 CYP1A2

CYP2C19

CYP2D6

Amitriptilina Clomipramina Clozapina Imipramina Propanololo Tacrina Teofllina Warfarin

Clomipramina, venlafaxina Diazepam Imipramina Lansoprazolo Omeprazolo Fenitoina Propanololo Tolbutamide

Amitriptilina, loratadina, tramadolo Clomipramina, metoprolo Codeina, nortriptilina Desipramina, paroxetina Doxepina, perfenazina Fluoxetina, propanololo Aloperidolo, risperidone Imipramine, tioridazina


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TABELLA 2 Premedicazione nella fase di induzione Classe

Farmaco

Somministrazione

Antipiretici

Paracetamolo

500 mg 30 minuti prima dell’infusione 500 mg 4-6 ore dopo infusione

Antinfiammatori

FANS (non steroidei)

Al bisogno

Reidratanti

Soluzione fisiologica Bevande non alcoliche e non caffeinate

500-1000 ml prima della terapia Circa 2 litri al giorno (l = peso in kg/30)

Antistaminici non sedativi

Loratadina, desloratina

Al bisogno

Al termine di ogni settimana di terapia, programmare un emocromo completo con conta piastrinica ed il dosaggio delle transaminasi. Le tossicità ematologica ed epatica sono dose-limitanti e, se necessario, gli adeguamenti posologici vanno attuati tempestivamente secondo i criteri riportati nella Tabella 3. Tali modifiche vanno sempre spiegate e condivise con il paziente rassicurandolo che il beneficio del trattamento non è ridotto di conseguenza. In caso di tossicità epatica, prima di attuare riduzioni di dose, escludere che sia causata dal paracetamolo. Eccezionalmente possono verificarsi episodi di tossicità epatica acuta, subito dopo le prime somministrazioni, con valori di transaminasi 10 volte oltre la norma che sono

espressione di una tossicità inaccettabile, non compatibile con la prosecuzione della terapia. Al termine dell’induzione, con la lettera di dimissione, si consegnerà una relazione clinica dettagliata, da presentare anche al medico curante, sulla terapia praticata, sugli effetti collaterali riscontrati, i farmaci impiegati per il loro controllo e utilizzabili per i possibili effetti collaterali futuri. Si programmeranno gli esami da effettuare a domicilio e le date delle successive visite in ospedale. Si istituirà un follow-up telefonico o per e-mail, garantendo l’accessibilità e disponibilità per controlli clinici estemporanei. Si eviterà così lo stato di apprensione che spesso consegue alla dimissione dal day hospital per il timore di proseguire il trattamento a casa, senza il co-

TABELLA 3 Adeguamenti posologici nelle tossicità ematologica ed epatica Parametri

Valori

Modifica

Valori

Modifica

Ematici Conta granulociti

<500

<250

Interruzione definitiva della terapia

Epatici Transaminasi

Da 5 a 10 volte la norma

Sospensione del trattamento fino al ripristino dei valori soglia per poi riprendere al 66% con possibilità di una ulteriore riduzione al 33% in caso di un secondo episodio di tossicità analoga

>10 volte la norma

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stante controllo medico ed infermieristico garantito durante i ricoveri. Nella lunga fase di mantenimento la nostra opera sarà infatti essenzialmente di supporto al paziente. Oltre che prepararlo ai possibili eventi avversi futuri, dovremo fornire le raccomandazioni e i consigli necessari per affrontarli e possibilmente prevenirli (Tabella 4). In questa fase la tossicità è in parte differente, cronica, spesso tardiva, analogamente a quanto si verifica con le dosi intermedie e basse. Gli effetti collaterali non sono sempre suscettibili di una remissione completa nel corso del trattamento e il paziente, nell’evenienza di un loro controllo solo parziale, deve disporre dei nostri suggerimenti per poter convivere temporaneamente con essi nel modo migliore possibile. Questo sarà l’atteggiamento peculiare da tenere nei confronti soprattutto di quegli effetti collaterali neurologici e costituzionali che caratterizzano proprio la tossicità da a-IFN. Per la gestione di queste tossicità è fondamentale avvalersi della collaborazione della famiglia e del medico curante. In caso di tossicità di grado 3 e 4, vanno apportate subito le modifiche adottando i criteri sopra riportati: non ha senso aspettare perché si fa stare male il paziente a discapito della compliance al trattamento. La metanalisi di Mocel-

lin evidenzia un beneficio indipendentemente dalle dosi praticate e non c’è ragione di ritenere che una riduzione di dose riduca il beneficio del trattamento. La terapia va personalizzata al massimo secondo la tollerabilità del paziente.

GESTIONE DEGLI EFFETTI COLLATERALI Tra gli effetti collaterali meno tollerati vi sono senz’altro la cefalea, l’astenia e l’anoressia. La cefalea può far parte del corredo sintomatologico parainfluenzale come essere un sintomo isolato. Qualora non fosse controllata dal paracetamolo, si può ricorre ad un antistaminico non sedativo come la loratadina (ClaritynR) o la desloratina (AeriusR), prestando particolare attenzione poiché è uno dei farmaci metabolizzati soprattutto per opera del CYP3A4 e CYP2D6. L’inibizione degli enzimi CYP3A4 e CYP2D6 potrebbe quindi alterarne i livelli sierici, modificandone di fatto la posologia. La frequenza e l’intensità della cefalea possono essere ridotte limitando l’uso di bevande alcoliche e caffeina. Anche in questo caso un congruo apporto idrico giornaliero può prevenire forme di disidratazione che possono essere di per sé responsabili della cefalea. Raccomandare

TABELLA 4 Evenienze più comuni nelle quali può incorrere il paziente che continua il trattamento a casa Sintomo

Raccomandazione

Rimedio

Febbre, astenia, cefalea

Praticare iniezione prima di andare a letto Adeguato introito idrico giornaliero Mantenere attività fisica di base Precoce identificazione, vita sociale Adeguato supporto familiare e collaborazione attiva del medico curante

Paracetamolo, antistaminici non sedativi

Dolori muscolari Depressione Tutti

Gestione fase di mantenimento.

FANS (ibuprofene) Inibitori reuptake serotonina


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comunque per tutta la durata del trattamento l’assunzione di almeno due litri di liquidi al giorno, in conformità con la formula che divide il peso corporeo espresso in kg per 30. L’astenia va affrontata con estrema attenzione. Vanno innanzitutto escluse eventuali correlazioni con altre patologie o tossicità come anemia, epatopatie tossiche o primitive, alterazioni della funzionalità tiroidea. Appurata l’indipendenza del sintomo, dobbiamo valutare se esistono fattori contribuenti o scatenanti, quantificare il grado di astenia, inquadrare la consueta attività fisica e le sue implicazioni. La famiglia ha una funzione di supporto psicologico e di aiuto nel ridimensionare l’attività fisica del paziente alle sue possibilità effettive. Dobbiamo raccomandare il mantenimento di una leggera attività fisica di base, la pianificazione delle attività giornaliere e di quelle ricreative personali e di gruppo, riservando le più impegnative ai momenti di massima energia, suggerire di demandare i compiti più gravosi non compatibili con la situazione del momento, di praticare il trattamento la sera (opzione valida per una migliore tollerabilità di quasi tutti gli effetti collaterali riscontrabili). In caso di astenia di alto grado (3-4) discutere con il paziente e concordare con il medico curante la riduzione di dose, la discontinuazione o la sospensione della terapia. L’anoressia si può accompagnare all’astenia ed esserne anche la concausa o sussistere indipendentemente. Va combattuta tempestivamente o ancor meglio prevenuta onde garantire l’adeguato supporto energetico per evitare la debolezza fisica conseguente e le perdite di peso. A tale scopo bisogna definire il peso abituale del paziente, il suo peso ideale e monitorare il peso durante tutto il trattamento. Opportuno conoscere le abitudini alimentari precedenti, caratterizzare culturalmente l’alimentazione ed enfatizzare il

ruolo della famiglia nella preparazione e condivisione dei pasti. Evitare pasti abbondanti, incoraggiare in alternativa pasti piccoli e frequenti, preparati nel modo più appetibile. Selezionare qualitativamente gli alimenti e i liquidi supplementari. Raccomandare una regolare attività fisica. Nei casi più gravi e in caso di eccessivo calo ponderale concordare con il medico curante eventuali interventi farmacologici come il megestrolo acetato. Un’attenzione a parte richiedono i disturbi neurologici. Obbligatoria un’accurata anamnesi per escludere la preesistenza di qualsiasi sintomo che possa anche solo far dubitare alterazioni della sfera affettiva. La depressione è spesso difficile da individuare e nei casi dubbi è imperativa una consulenza psicologica perché una depressione latente può sfociare in forme gravi sotto a-IFN. Esistono, infatti, vari gradi di depressione, da casi di lieve entità fino a casi gravi con tendenze suicide e, se preesiste una depressione, deve essere caratterizzata con la massima attenzione e monitorata dal neurologo anche se di grado moderato. Per un’adeguata valutazione della depressione ci si può avvalere delle Depression Rate Scales (DRS), che permettono di definire un punteggio che consente di stabilire la presenza o meno della depressione e la sua entità. Una delle più semplici e di veloce interpretazione è la Geriatric Depression Scale (GDS) (Tabella 5)8. Ci sono comunque altre scale più complesse a disposizione, che possono essere utilizzate secondo la preferenza degli operatori, come la Hamilton Depression Rating Scale9. Definita la preesistenza o la comparsa di depressione, a seconda del punteggio ottenuto con la DRS, il nostro comportamento potrebbe seguire le linee tracciate nella Tabella 6. La collaborazione dei familiari ed il coinvolgimento del medico curante è, anche qui, basila-

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TABELLA 5 Geriatric Depression Scale (forma breve) 1. È fondamentalmente soddisfatto della sua vita?

No

2. Ha abbandonato molte delle sue attività e dei suoi interessi?

No

3. Sente che la sua vita è vuota?

No

4. Si annoia spesso?

No

5. È di buon umore la maggior parte del tempo?

No

6. Ha paura che qualcosa di brutto stia per succederle?

No

7. Si sente più felice nella maggior parte del tempo?

No

8. Si sente spesso impotente?

No

9. Preferisce restare a casa piuttosto che uscire e fare cose nuove?

No

10. Ritiene di avere più problemi con la memoria della maggior parte delle persone?

No

11. Pensa che la vita sia meravigliosa?

No

12. Si sente piuttosto inutile così com’è?

No

13. Si sente pieno di energie?

No

14. Ha l’impressione che la sua situazione sia disperata?

No

15. Pensa che la maggior parte delle persone sia migliore di lei?

No

Normale Lievemente depresso Molto depresso

3±2 7±3 12 ± 2

Punteggio: _/15 Un punto per ‘No’ alle domande 1, 5, 7, 11, 13 Un punto per ‘Sì’ alle altre domande Modificata da Sheikh e Yesavage, 19868.

re per l’individuazione precoce dei segni premonitori di un peggioramento che può comportare la sospensione definitiva del trattamento. Nella realtà clinica e nella nostra esperienza la depressione è un potenziale ostacolo assoluto alla terapia e solo i casi di grado lieve accuratamente selezionati dovrebbero essere inseriti in trattamento. La depressione non preesistente, che si manifesta durante il trattamento in una percentuale che varia dal 16 al 36%, va ugualmente rilevata il più precocemente possibile per consentire il tempestivo intervento terapeutico e solo il suo controllo, se necessario anche farmacologico10, e l’andamento favorevole nel tempo consentiranno la prosecuzione della terapia. Ogni eventuale

necessaria riduzione di terapia deve essere praticata immediatamente. Non ha senso rischiare di peggiorare il quadro neurologico. Gravi malattie psichiatriche precludono ab initio i pazienti dalla terapia. In conclusione nella nostra esperienza la terapia con a-IFN – per quanto gravata da una tossicità importante – può essere gestita in pazienti selezionati non meno agevolmente di altri trattamenti adiuvanti di attuale utilizzo. La sua tossicità non è dissimile da quella di farmaci già in uso e di prossimo impiego. I pazienti devono essere adeguatamente informati, motivati e supportati durante tutto il trattamento. Un attento monitoraggio permette di controllare la maggior parte degli effetti collaterali


TOLLERABILITÀ DI INTERFERONE NEL MELANOMA

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A Muggiano et al.

TABELLA 6 Modifiche nel trattamento in base al grado di depressione del paziente Depressione

Lieve

Moderata

Grave

Preesistente

Inizia terapia sotto monitoraggio neurologico, prepararsi a tempestiva riduzione del 30% in caso di peggioramento dei sintomi

Consulenza neurologica, valutare eventuale terapia specifica ed iniziare con riduzione 30%

Trattamento non consigliato

Comparsa durante il trattamento

Consulenza neurologica e valutare riduzione del 30%

Ridurre immediatamente del 30%. Se progressivo peggioramento dopo una prima riduzione, ridurre di un ulteriore 30%

Interrompere il trattamento

che sono nella quasi totalità prontamente reversibili al termine del trattamento in un tempo più breve di quanto accada dopo altri regimi terapeutici. I pa-

zienti ben motivati accettano e portano avanti il trattamento con una compliance superiore alle aspettative degli oncologi che li hanno in cura.

BIBLIOGRAFIA 1. Mocellin S, Pasquali S, Rossi CR, Nitti D: Interferon alpha adjuvant therapy in patients with high-risk melanoma: a sistematic review and meta-analysis. J Natl Cancer Inst 2010; 102: 493-501. 2. Ascierto PA, Kirkwood JM: Adjuvant therapy of melanoma with interferon: lessons of the past decade. J Transl Med 2008, 6: 62. 3. Kirkwood JM, Bender C, Agarwala S et al: Mechanism and management of toxicities associated with high-dose interferon alfa.2b therapy. J Clin Oncol 2002; 20 (17): 37033718. 4. Hauschild A, Kähler C, Schäfer M, Flick M: Interdisciplinary management recommendation for toxicity associated with interferon-alfa therapy. JDDG 2008; 6: 829-837. 5. Kirkwood JM, Strawderman MH, Ernstoff MS, Smith TJ, Borden EC, Blum RH: Interferon alfa-2b adjuvant therapy of high-risk resected cutaneous melanoma: the Eastern Cooperative Oncology Group Trial EST 1684. J Clin Oncol 1996; 14 (1): 7-17.

6. Gogas H, Ioannovich J, Dafni U, StavropoulouGiokas C, Frangia K, Tsoutsos D et al: Prognostic significance of autoimmunity during treatment of melanoma with interferon. NEJM 2006; 354: 709-718. 7. Tarhini AA, Kirkwood JM: Clinical and immunologic basis of interferon therapy in melanoma: cytokine therapies. Ann NY Acad Sci 2009; 1182: 47-57. 8. Sheikh JI, Yesavage JA: Geriatric depression scale (GDS): recent evidence and development of a shorter version, in: Brink TL (Ed), Clinical gerontology: a guide to assessment and intervention, Binghamton (NY), Haworth Press, 1986, pp. 165-173. 9. Hamilton M: Development of a rating scale for primary depressive illness. Br J Soc Clin Psychol 1967; 6: 278-296. 10. Musselman DL, Lawson DH, Gumnick JF, Manatunga AK, Penna S, Goodkin RS et al: Paroxetine for the prevention of depression induced by high-dose intereron alfa. NEJM 2001; 344 (13): 961-966.


Finito di stampare nel mese di febbraio 2012 dalle Arti Grafiche Tris s.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma



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ONCO-1025190-000-INT-PU-01/2014 Depositato presso l’AIFA in data 3 febbraio 2012

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