Pediatria magazine vol 3 | num 12 | 2013

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Troppo poco ferro nella dieta di 8 piccoli italiani su 10

Meningococco B, ecco il vaccino: ora è una realtà

Lo rivela lo studio “Nutrintake” condotto da Gianvincenzo Zuccotti e realizzato su un campione di oltre 400 bambini italiani pagina7 dai 6 ai 36 mesi.

“Ma il Sistema sanitario italiano deve esprimersi sulla opportunità di inserire questo vaccino tra quelli offerti gratuitamente”, spiega Alberto G. Ugazio. pagina14

www.sip.it

Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25

Magazine della Società Italiana di Pediatria

volume 3 | numero 12 | dicembre 2013

Lo screening è uguale per tutti Nascere a Firenze o a Napoli non farà più la differenza. Tutti i bambini italiani, indipendentemente dalla Regione in cui verranno al mondo, avranno le stesse possibilità di salvarsi o quantomeno di evitare i danni irreversibili di una malattia metabolica ereditaria. Lo prevede un emendamento alla Legge di Stabilità approvato nello scorso dicembre, che avvia in tutte le Regioni lo screening neonatale allargato, grazie al quale possono essere identificate una serie di patologie genetiche che, se curate precocemente con dieta e farmaci, possono non manifestarsi. Sino ad oggi solo 1 neonato su 4 ha avuto questa opportunità: solo quelli nati nelle poche Regioni che da tempo hanno adottato lo screening allargato. Sebbene i fondi stanziati sembrino insufficienti a realizzare questo programma nazionale di screening, si tratta comunque di una buona iniziativa, che cancella inaccettabili disparità sul territorio nazionale. Oltre alle pari opportunità nella prevenzione però occorre anche garantire omogeneità nell’accesso alle cure: il Piano nazionale sulle Malattie Rare e l’aggiornamento dei LEA non possono più attendere. servizi alle pagine 10-13

Wi-Fi e tumori pediatrici, serve un atteggiamento prudente

Banche del latte umano, approvate le linee di indirizzo nazionale

Preoccupa la particolare vulnerabilità dei bambini in caso di esposizione a radiofrequenze.

Dopo la Francia l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere una regolamentazione ministeriale.

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In questo numero Editoriali

Banche del latte umano, approvate le linee di indirizzo nazionale

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News Pediatria

anno 3 | numero 12 dicembre 2013

Enrico Bertino, Guido Moro

Fresche di stampa

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A cura di Alberto E. Tozzi

Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it

Decongestionanti nasali e sciroppi per la tosse, i limiti d’uso funzionano: calate le visite in Pronto Soccorso 6

Direttore Scientifico Giovanni Corsello

Dolore addominale ricorrente? 1 volta su 10 è colpa dei protozoi 6

Direttore Cinthia Caruso Board Editoriale Rino Agostiniani Liviana Da Dalt Domenico Minasi Andrea Pession Alberto Tozzi Davide Vecchio

18 Nasce il Minisito Allattamento della SIP

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Le pioniere della Pediatria italiana Maria Giuseppina Gregorio

A proposito di storia della Pediatria: notizie dal XVIII secolo

Pubblicità e promozione Tiziana Tucci Tel. 06 862 82 323 t.tucci@pensiero.it Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002 Abbonamenti 2013 Individuale E 40,00 Istituti, enti, biblioteche E 80,00 Estero E 120,00

Troppo poco ferro nella dieta di 8 piccoli italiani su 10

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Presidente Giovanni Corsello

Cuore a rischio a causa dell’inquinamento urbano

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Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it www.facebook.com/ PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero Direttore responsabile Giovanni Luca De Fiore Progetto grafico e impaginazione Typo srl, Roma Immagini © 2013 Photos.com Stampa Arti Grafiche Tris, Via delle Case Rosse, Roma dicembre 2013 ISSN 2240-3183

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Pianeta SIP

Redazione David Frati Sabrina Buonomo Marina Macchiaiolo

Consiglio Direttivo Alberto G. Ugazio (Past President), Alberto Villani (Vicepresidente), Luigi Greco (Vicepresidente), Rino Agostiniani (Tesoriere), Fabio Cardinale, Antonio Correra, Liviana Da Dalt, Domenico Minasi, Andrea Pession, Massimo Barbagallo, Elvira Verduci (Consiglieri), Valerio Flacco (Delegato Sezioni Regionali SIP), Costantino Romagnoli (Delegato Società Affiliate SIP), Gian Paolo Salvioli (Delegato Conferenza Gruppi di studio)

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I mostri de “Lo Hobbit”? Carenti di vitamina D A cura di David Frati

Giovanni Corsello

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Riviste SIP, nasce la task force dei direttori

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Stefano del Torso nuovo Vicepresidente EAP

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Premio SIEDP “Rina Balducci” a Barbara Predieri

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Regioni / Liguria Maltrattamento minori, rafforzata la formazione nei Pronto Soccorso

Lenti bifocali nella miopia grave 8 La rete delle lampade

Dalla Chirurgia mini-invasiva alla Chirurgia videoassistita in età pediatrica Noemi Cantone, Stefania Pavia, Francesca Destro, Mario Lima

Primo piano Intervista a Carlo Dionisi-Vici

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Malattie rare: il Piano può attendere

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Un’assistenza multidisciplinare per i bambini con MR

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La clinica

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Segnali positivi, ma il cammino è appena iniziato

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Pediatri inFormazione Conoscere per assistere A cura di Davide Vecchio

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DPS DailyNotes

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Attualità Meningococco B, ecco il vaccino: ora è una realtà

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Intervista ad Alberto G. Ugazio

Wi-Fi e tumori pediatrici, serve un atteggiamento prudente Andrea Pession

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Fitoterapia

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Seguici su

La pianta che fiorisce alle calende A cura di Vitalia Murgia

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facebook.com/societaitalianadipediatria


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n mostro addormentato, ma che potrebbe risvegliarsi e tornare a colpire”. È questa l’immagine che ha evocato di recente Markus Rose, esperto dell’ospedale pediatrico Goethe dell’Università di Francoforte, per indicare le malattie infettive dell’infanzia oggi quasi del tutto debellate in Europa, ma che potrebbero riemergere pericolosamente in caso di un calo significativo dei livelli di protezione anticorpale garantiti dalle vaccinazioni. Questo rischio non è teorico, ma purtroppo reale, considerando il numero crescente di oppositori ai vaccini che propalano false informazioni e maldicenze tramite web, social network o altri mezzi di comunicazione, senza alcun filtro scientifico e senza contraddittorio. Diffondere paure sui rischi malattie neurologiche o neoplastiche e sospetti su complotti e corruttele collegate alle vaccinazioni può rivelarsi un grave colpo inferto alla salute dei bambini e della popolazione perché virus e germi responsabili delle malattie che noi oggi preveniamo con le vaccinazioni sono ancora presenti e pronti a riemergere. Evidenze epidemiologiche recenti, diffuse da canali internazionali quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità, confermano ad esempio che le vicende belliche e la povertà estrema della popolazione siriana hanno prodotto tra l’altro anche un crollo delle percentuali di copertura vaccinale, con un incremento brusco e drammatico del numero di bambini affetti da poliomieli-

Un mostro addormentato te. La migrazione verso l’Europa di queste popolazioni diventa una minaccia concreta anche per i bambini delle nostre regioni. Cosa possiamo fare per contrastare questa tendenza che si va diffondendo? Certamente formazione al personale sanitario e informazione rivolta alle famiglie, con capillarità e attenzione alla qualità dei messaggi. Ma forse da solo tutto ciò non basta. Su questo tema è giunto il momento di fare veramente network o rete, come oggi si dice con parole di successo mediatico. In altri termini bisogna che pediatri, igienisti e istituzioni condividano obiettivi, strategie e passaggi operativi per far sì che la cultura delle vaccinazioni non solo non ceda il passo sotto il peso di miti e false credenze, ma si mantenga forte nella società e conquisti ulteriori spazi. Nuovi vaccini consentono di prevenire oggi malattie gravi e temibili che in prospettiva divengono debellabili grazie ai vaccini, quali le infezioni meningococciche. Per raggiungere obiettivi di questo genere, e senza trascurare la sicurezza, è necessaria la ricerca e bisogna lasciare spazio alla innovazione  tecnologica.

Un reato bizzarro che non rimpiangeremo

I Cinthia Caruso

Direttore di “Pediatria”

l 21 gennaio scorso il Senato ha approvato un emendamento alla Legge delega in materia di pene detentive non carcerarie che di fatto cancella il reato di clandestinità. Se il provvedimento passerà anche alla Camera l’immigrazione clandestina non sarà più un reato penale, ma solo amministrativo. Chi entrerà nel nostro Paese clandestinamente per la prima volta sarà sì espulso, come avveniva anche prima, ma non verrà più sottoposto a procedimento penale. Avrà invece una valenza penale ogni violazione di provvedimenti amministrativi emessi in materia di immigrazione (come il fatto di rientrare in Italia una volta espulsi, ma anche l’obbligo di presentarsi in Questura). È un invito all’Africa a venire in Italia, gridano i detrattori dell’emendamento. Ma è davvero cosi? Il reato di clandestinità, introdotto nel 2009, non prevede pene detentive ma un’ammenda in aggiunta all’espulsione già comunque prevista in

Editoriali

Giovanni Corsello Presidente Società Italiana di Pediatria

via amministrativa. Può una sanzione pecuniaria essere un deterrente per persone che fuggono da guerra e miseria, su barconi della speranza, rischiando la vita? I dati sui flussi migratori irregolari ci dicono di no. L’unico effetto dell’istituzione del reato di clandestinità è stato quello di intasare gli uffici giudiziari con migliaia di procedimenti inutili e costosi, anche perché diretti a perseguire persone insolventi. No, non ci mancherà questo bizzarro reato che punisce non una condotta ma uno status, che criminalizza indistintamente tutti coloro che non hanno il privilegio di stare a casa propria, anche se non hanno commesso alcun crimine. Non che averlo abrogato risolva i tanti aspetti critici di un problema esplosivo come quello dei migranti, dal degrado dei CIE al dramma dei minori (accompagnati e non) ai quali va garantita un’accoglienza a misura di bambino, come la SIP ha chiesto nell’appello inviato lo scorso ottobre a tutte le istituzioni. Almeno però ora possiamo sperare che il dibattito voli un po’ più alto, perché non è di scelte populiste, demagogiche e inconcludenti che questo Pae se ha bisogno.

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News

Il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura.

Giuseppe Gristina, coordinatore del Gruppo di Studio Bioetica della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI).

Fresche di stampa Occhio alla glicemia in Terapia intensiva Macrae D, Grieve R, Allen E, Sadique Z, Morris K, Pappachan J, Parslow R, Tasker RC, Elbourne D for the CHiP Investigators. A Randomized Trial of Hyperglycemic Control in Pediatric Intensive Care. N Engl J Med 2014; 370:107-118 DOI: 10.1056/ NEJMoa1302564

Un trial appena pubblicato suggerisce che il controllo aggressivo della glicemia in Terapia intensiva nel bambino non è associato ad un outcome migliore rispetto a un regime più “liberale”. Nel primo caso il range di controllo era 72-126 mg/dl, e nel secondo <216 mg/dl. Le differenze tra i gruppi non erano significative per quanto riguarda la mortalità, ma la durata della degenza era minore nei pazienti con controllo stretto.

Maledetto rhinovirus Costa LF, Queiróz DA, da Silveira HL, Neto MB, de Paula NT, Oliveira TF, Tolardo AL, Yokosawa J. Human Rhinovirus and Disease Severity in Children. Pediatrics 2014; DOI: 10.1542/ peds.2013-2216d

Che il virus respiratorio sinciziale fosse un patogeno pericoloso ci era già ben chiaro. Del rhinovirus ci preoccupavamo meno, relegandolo a semplice causa del raffreddore. Ma quando questi due patogeni producono una coinfezione, le manifestazioni cliniche sono più gravi, così come quando esiste una patologia di base. Questi i risultati di uno studio brasiliano su quasi 500 bambini tra 0 e 5 anni.

La telenovela dell’invaginazione intestinale e del vaccino rotavirus Weintraub ES, Baggs J, Duffy J, Vellozzi C, Belongia EA, Irving S, Klein NP, Glanz JM, Jacobsen SJ, Naleway A, Jackson LA, DeStefano F. Risk of Intussusception after Monovalent Rotavirus Vaccination. NEJM 2014; DOI: 10.1056/NEJMoa1311738 Yih WK, Lieu TA, Kulldorff M, Martin D, McMahill-Walraven CN, Platt R, Selvam N, Selvan M, Lee GM, Nguyen M. Intussusception Risk after Rotavirus Vaccination in U.S. Infants. NEJM 2014; DOI: 10.1056/NEJMoa1303164

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Due studi di grandi dimensioni basati sulla sorveglianza post marketing. Uno su oltre 200.000 dosi di vaccino rotavirus monovalente, e l’altro su oltre 500.000 dosi di vaccino pentavalente. Nel primo studio l’associazione al rischio di invaginazione è modesta, pari ad un rischio attribuibile di 5,3 casi per 100.000 dosi, mentre nel secondo il rischio attribuibile è di 1,5 casi.

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EBM

ed empowerment dei pazienti

Montori VM, Brito JP, Murad MH. The optimal practice of evidence-based medicine: incorporating patient preferences in practice guidelines. JAMA 2013;310(23):2503-4 DOI: 10.1001/jama.2013.281422

Un editoriale importante sull’integrazione delle preferenze del paziente (e della sua famiglia) nelle linee guida. Impossibile sfruttare appieno l’effetto desiderato delle raccomandazioni basate sull’evidenza se non si tiene conto delle esigenze del paziente. Gli esempi riportati non sono specifici per la Pediatria, ma il concetto è assolutamente applicabile anche alla nostra disciplina.

Adenotonsillectomia? Non cercare su YouTube Sorensen JA, Pusz MD, Brietzke SE. YouTube as an information source for pediatric adenotonsillectomy and ear tube surgery. International Journal of Pediatric Otorhinolaryngology 2014; 78(1):65-70.

Una revisione sulle risorse esistenti sul noto canale web video su adenotonsillectomia e timpanocentesi. Il giudizio sulla qualità del materiale esistente è scoraggiante, visto che solo il 6% circa dei video esaminati è stato giudicato accurato nei contenuti e con una qualità audio/video elevata. Nonostante questo, buona parte dei contributi esaminati avevano un elevato numero di “like”.


L’Italia è l’unico Paese europeo in cui la scuola pubblica è arrivata ad assorbire quasi tutti gli studenti con disabilità; in Belgio, per fare un paragone, si stima che solo il 2% circa degli alunni disabili siano integrati nel sistema di istruzione ordinario con il supporto di un programma specializzato.

News

99,6%

Dormire poco fa ingrassare Chung S, Chu S, Huang Y. The association between sleep and body weight changes from birth to 3 years. Sleep Medicine 2013 Supplement 1;14:e98-e99.

Uno studio sulla relazione tra durata e qualità del sonno nei primi 3 anni di vita eseguito a Taiwan. Secondo gli autori il peso corporeo è inversamente correlato alla durata totale del sonno, mentre è direttamente correlato alla qualità del sonno ed in particolare alla durata del sonno notturno. Un’ulteriore dimensione da tenere in considerazione negli interventi per prevenire l’obesità infantile.

Passione per i probiotici Indrio F, Di Mauro A, Riezzo G, Civardi E, Intini C, Corvaglia L, Ballardini E, Bisceglia M, Cinquetti M, Brazzoduro E, Del Vecchio A, Tafuri S, Francavilla R. Prophylactic Use of a Probiotic in the Prevention of Colic, Regurgitation, and Functional Constipation - A Randomized Clinical Trial. JAMA Pediatr 2014; DOI:10.1001/ jamapediatrics.2013.4367

È un lavoro tutto italiano che documenta un effetto positivo della supplementazione di probiotici contenenti Lactobacillus reuteri sulla durata del pianto durante il giorno, il numero di rigurgiti e la stipsi nel bambino sano nei primi tre mesi di vita. I risultati sono incoraggianti, ma rimane da stabilire se l’uso dei probiotici quando il bambino manifesta i sintomi studiati sia altrettanto efficace.

Conta dei bianchi e rischio di infezione batterica grave De S, Williams GJ, Hayen A, Macaskill P, McCaskill M, Isaacs D, Craig JC. Value of white cell count in predicting serious bacterial infection in febrile children under 5 years of age. Arch Dis Child 2014; DOI:10.1136/archdischild-2013-304754

Nei bambini sotto i 5 anni di età non è sufficiente basare il giudizio clinico sul rischio di un’infezione batterica grave sulla sola conta dei bianchi e dei neutrofili. La conta dei neutrofili non discrimina più del 65% degli episodi gravi e una conta di oltre 15.000 bianchi aumenta solo del doppio la probabilità di trovarsi di fronte ad un’infezione grave.

L’asma bronchiale è uno solo? Just J, Saint-Pierre P, Gouvis-Echraghi R, Laoudi Y, Roufai L, Momas I, Annesi Maesano I. Childhood Allergic Asthma Is Not a Single Phenotype. The Journal of Pediatrics 2014; DOI:10.1016/j.jpeds.2013.11.037

Come ti riconosco il celiaco?

Un interessante approfondimento sui fenotipi dell’asma bronchiale, che riconosce un tipo con sensibilità ai pollini e riacutizzazioni gravi ed un altro con allergie multiple e asma grave. Questa osservazione potrebbe condurre a opzioni terapeutiche su misura. Nello studio sono stati individuati altri due gruppi: uno con sensibilità alla polvere con asma lieve ed un altro con allergie multiple ed asma lieve.

Rosén A, Sandström O, Carlsson A, Högberg L, Olén O, Stenlund H, Ivarsson A. Usefulness of Symptoms to Screen for Celiac Disease. Pediatrics 2014; DOI: 10.1542/peds.2012-3765

Brutte notizie per chi si fidava delle manifestazioni cliniche per eseguire uno screening per la celiachia. In una popolazione di ragazzi di 12 anni, il confronto tra i bambini celiaci prima della diagnosi e della dieta e quelli sani non produce differenze significative su segni come stanchezza, feci molli ed altri sintomi comuni indagati con un questionario. La diagnosi di celiachia rimane possibile oggetto di screening.

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News

Vaccino anti-HPV, copertura bassa

In base ai dati 2013 forniti dal Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS) e pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la copertura media nazionale per le coorti 1997, 1998 e 1999 è intorno al 69% per tre dosi di vaccino anti-HPV: non è stato quindi raggiunto l’obiettivo (70%) del Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2012-2014.

Decongestionanti nasali e sciroppi per la tosse, i limiti d’uso funzionano: calate le visite in Pronto Soccorso Nell’ottobre 2007, le aziende produttrici hanno ritirato dal mercato Usa dei farmaci “da banco” i decongestionanti nasali e gli sciroppi per la tosse destinati ai pazienti pediatrici. Un anno più tardi è stato formalizzato il divieto di somministrazione di tali farmaci nei pazienti sotto i 4 anni di età (in Italia l’AIFA ha controindicato i decongestionanti nasali topici sotto i 12 anni e i mucolitici, ad esempio quelli degli sciroppi per la tosse, sotto i 2 anni). Queste strategie di farmacovigilanza hanno avuto una ricaduta positiva sulle visite in Pronto Soccorso causate da effetti collaterali della somministrazione di decongestionanti e sciroppi? Se lo sono chiesto i ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta coordinati da Lee M. Hampton. Sono stati analizzati i dati del National

Dolore addominale ricorrente? 1 volta su 10 è colpa dei protozoi

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Le infezioni da protozoi sono la causa di una percentuale che va dal 6 all’11% dei casi di dolore addominale ricorrente (DAR) nel bambino. Lo afferma uno studio pubblicato dal “Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition”. Un team di ricercatori olandesi coordinato da Carolina Francesca Maria Gijsbers, gastroenterologa pediatrica del Juliana Children’s Hospital di Den Haag, ha verificato in 215 pazienti (età 4-16 anni) con DAR diagnosticato secondo i criteri di Apley la presenza di infezioni da protozoi (Giardia lamblia, Dientamoeba fragilis, Blastocystis hominis) e li ha trattati in caso di referto positivo. I pazienti positivi sono stati rivisti a 10 giorni dal trattamento e avviati a un follow-up di 6 mesi: in caso di scomparsa dei sintomi si

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è stabilito un nesso causale tra infezione da protozoi e DAR. Su 215 campioni di feci, 73 (34%) sono risultati infestati da parassiti: 65 pazienti sono stati trattati farmacologicamente, ma solo 25 (11%) hanno avuto una remissione totale dei sintomi dopo l’eradicazione dei protozoi (21 erano infestati da D fragilis, 8 da B hominis, 4 da G lamblia). I pazienti con DAR causato da infezioni da protozoi non mostravano alcuna differenza nella presentazione dei sintomi rispetto  ai pazienti con DAR di altra natura. ^^   Gijsbers CF, Schweizer JJ, Büller HA. Protozoa as a cause of recurrent abdominal pain in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013;57(5):603-6 DOI:10.1097/ MPG.0b013e31829f1bc0

Electronic Injury Surveillance SystemCooperative Adverse Drug Event Surveillance dal 2004 al 2011 per valutare l’andamento delle visite in Pronto Soccorso prima e dopo la misura di farmacovigilanza intervenuta. Tra i bambini con età <2 anni, le visite in PS per effetti avversi da somministrazione di decongestionanti e sciroppi per la tosse (mucolitici, antistaminici, analgesici, fitoterapici) sono scese dal 4,1% al 2,4% del totale delle visite in PS a seguito dei limiti d’uso, quindi si sono pressoché dimezzate. Tra i bambini dai 2 ai 3 anni le visite in PS sono scese dal 9,5 al 6,5% del totale delle visite in PS. Le visite che riportavano casi di assunzione accidentale di farmaci decongestionanti e mucolitici invece sono salite dal 64,3 all’88,8% del totale, un dato se vogliamo preoccupante ma che conferma l’efficacia delle limitazioni di vendita e d’uso per decongestionanti nasali e gli  sciroppi per la tosse. ^^   Hampton LM et al. Cough and cold medication adverse events after market withdrawal and labeling revision. Pediatrics 2013;132:1047 DOI:10.1542/ peds.2013-2236


Bambini italiani che non bevono a sufficienza prima di sedersi sui banchi di scuola. Le conseguenze sono prestazioni cognitive rallentate fino al 14% in meno rispetto ai coetanei idratati correttamente.

Solo il 24%

Italiani che si rivolgono al medico di famiglia per le sintomatologie dolorose. Ricorre all’automedicazione il 53%, mentre chiede consiglio in farmacia il 20%.

News

66%

Troppo poco ferro nella dieta di 8 piccoli italiani su 10 Come rivela lo studio “Nutrintake” condotto da Gianvincenzo Zuccotti, Direttore della Clinica Pediatrica L. Sacco di Milano, e realizzato su un campione di oltre 400 bambini italiani dai 6 ai 36 mesi da un team scientifico composto da esperti di nutrizione, pediatri di famiglia, dietologi appartenenti all’Associazione Nazionale Dietisti Italiani e ingegneri informatici, la quasi totalità dei lattanti e l’80% dei bambini sopra l’anno di vita non coprono il fabbisogno quotidiano di ferro necessario al loro sviluppo. Commenta Andrea Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria e NPI di “Sapienza” – Università di Roma: “Il ferro è un micronutriente indispensabile per la crescita sana del bambino, perché necessario al corretto sviluppo di differenti funzioni biologiche. È infatti correlato allo sviluppo delle facoltà cognitive e comportamentali del bambino e ha una forte influenza anche sul corretto funzionamento del sistema nervoso centrale”. Ma come si spiega questa grande assenza? “Il ferro è un elemento nutrizionale tanto fondamentale per lo sviluppo quanto difficile da ‘catturare’. È caratterizzato infatti da un metabolismo complesso, che ne prevede l’assorbimento preferibilmente quando connesso a determinati nutrienti. Alcuni alimenti sono infatti ricchi di ferro ma non lo cedono facilmente all’organismo e altri invece ne inibiscono l’assorbimento. È importante quindi saper scegliere gli alimenti corretti”, spiega ancora Vania. Tra i grandi “fornitori” di ferro si trovano carne, legumi, alcune verdure e il tuorlo d’uovo. Vi sono invece molti altri alimenti che nell’immaginario collettivo sono preziosa fonte di ferro ma in realtà non ne garantiscono l’apporto o l’assorbimento, come gli alimenti molto ricchi in fibre quali i cereali integrali, oppure che ne apportano una quantità poco biodisponibile (biodisponibilità: quota di un nutriente presente in un alimento che può essere assorbita dall’organi-

smo), come gli spinaci. In attesa di prossime raccomandazioni ufficiali sulla prevenzione della carenza di ferro – sulle quali una commissione di esperti sta già lavorando – Andrea Vania ha stilato una sorta di vademecum per pediatri di famiglia e genitori: ^^prediligere l’allattamento al seno almeno per i primi 6 mesi di vita del bambino, ma in mancanza del latte materno scegliere il latte per l’infanzia più adatto alle esigenze nutrizionali delle diverse fasi di crescita del bambino e non introdurre il latte vaccino come bevanda lattea principale prima dei 12 mesi, perché povero di ferro; ^^dopo l’anno il latte rimane un alimento fondamentale per il bambino, all’interno di una dieta varia ed equilibrata: sentito il parere del pediatra si può scegliere il latte di crescita, che tra l’altro, è arricchito in ferro e può aiutare ad ottimizzarne l’apporto;

^^introdurre nel divezzamento, rispettando le quantità suggerite, la carne e alternarla con il pesce, entrambi ricchi di ferro altamente biodisponibile; ^^associare laddove possibile la vitamina C ad alimenti ricchi di ferro per migliorarne l’assorbimento; ^^fare attenzione a non privilegiare o abbinare alimenti che inibiscano l’assorbimento del ferro: per esempio non abbinare alimenti ricchi di calcio come il latte, o di fibre come i cereali integrali, alla carne; preferire i legumi secchi a quelli freschi; non dare tè ai pasti; ^^scegliere alimenti arricchiti con ferro che all’interno di una dieta equilibrata e diversificata, possono contribuire a raggiungere la quota di ferro necessaria; ^^dopo i 12 mesi favorire l’uso delle piante aromatiche tipiche della cucina mediterranea nel condimento, quali timo, rosmarino, menta, che sono ricche  in ferro.

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News

Italiani, i più ricchi in Europa... di diversità genetica Uno studio di “Sapienza” – Università di Roma coordinato dall’antropologo Giovanni Destro Bisol, in collaborazione con le Università di Bologna, Cagliari e Pisa, ha messo in luce che le popolazioni italiane sono estremamente eterogenee da un punto di vista genetico. C’è per esempio maggiore distanza genetica tra i sardi o le popolazioni alpine e i loro gruppi vicinali che tra portoghesi e ungheresi.

Cuore a rischio a causa dell’inquinamento urbano

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L’esposizione cronica all’inquinamento prodotto dagli scarichi di veicoli, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento è fortemente collegata all’insorgenza di infarto e angina. Un collegamento presente anche al di sotto degli attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea. Queste le conclusioni di un articolo appena pubblicato dal “British Medical Journal” che getta una luce inquietante sulla salute delle popolazioni che vivono in aree urbane densamente popolate, bambini compresi. “Se l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico provoca negli adulti i danni che leggiamo nello studio, figuriamoci cosa può succedere ai bambini esposti agli stessi agenti inquinanti”, commenta Laura Reali, pediatra di famiglia. “Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il polmone del bambino inizia a soffrire le conseguenze dell’inquinamento già durante la gravidanza e completa la sua crescita intorno ai sei anni. Ci sono tutti i presupposti per aspettarci davvero dei guai peggiori in chi sarà un giovane adulto nei prossimi anni, anche perché sebbene i dati siano ormai noti e sotto gli occhi di tutti, sono davvero pochissime le amministrazioni che hanno tradotto queste conoscenze in interventi concreti volti a ridurre il particolato nelle città, come strategie di riduzione del traffico, di radicale incentivazione dei trasporti pubblici, di contenimento delle emissioni dovute ai riscaldamenti”. “Il problema del traffico va risolto non solo dalla singola amministrazione locale: dovrebbe essere affrontato a livello nazionale”,

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aggiunge Giacomo Toffol, della rete Pediatri per un mondo possibile (PUMP) e del­ l’Associazione Culturale Pediatri (ACP). “Invece, si continuano a costruire autostrade e non si favorisce il trasporto delle merci con treni, che inquinano molto meno. Le singole amministrazioni possono limitare il traffico in centro, possono fare qualche intervento, però con grande difficoltà. Secondo me dovrebbe proprio essere una politica nazionale a prendere provvedimenti. Aggiungere altri studi mi sembra a questo punto che sia superfluo, nel senso che ora sappiamo davvero molto sui danni dell’inquinamento, sia nei bambini, sia negli adulti. Bisognerebbe non studiare più, ma fare qualcosa”. Lo studio pubblicato sul BMJ, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, ha esaminato più di 100.000 persone residenti in 7 città di 5 Paesi europei. In Italia, lo studio è stato condotto a Roma e a Torino coinvolgendo circa 14.000 persone. Hanno collaborato numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna, del Lazio e del Piemonte. I risultati? Per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato (le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri, PM10) di 10 µg/m3 vi è un aumento del rischio di attacchi cardiaci del 12%. I soggetti in studio sono stati

seguiti per circa 12 anni e più di 5000 hanno avuto un primo infarto o un ricovero per angina instabile. “I risultati”, spiegano Francesco Forastiere e Giulia Cesaroni del Dipartimento di Epidemiologia del Lazio, tra gli autori dello studio, “supportano l’idea che avvicinandoci a questo obiettivo si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone. Il nostro studio suggerisce un’associazione tra esposizione cronica al particolato e incidenza di eventi coronarici acuti, perfino a concentrazioni al di sotto dei limiti attuali europei. Si tratta di risultati importanti. Le esposizioni ambientali non erano una preoccupazione per la cardiologia fino a poco tempo fa, ma oggi si scopre che l’infarto può avere una origine ambientale. L’inquinamento urbano deve essere considerato dal mondo medico insieme ai fattori di rischio tradizionali, come il fumo o la scarsa attività fisica”.  ^^   Cesaroni G, Forastiere F, Stafoggia M,

Andersen ZJ, Badaloni C, Beelen R, et al. Long term exposure to ambient air pollution and incidence of acute coronary events: prospective cohort study and metaanalysis in 11 European cohorts from the ESCAPE Project. BMJ 2013;348:f7412 DOI: 10.1136/bmj.f7412 ^^   Brauer M. Where there’s smoke. BMJ 2014;348:g40 DOI:10.1136/bmj.g40

Lenti bifocali nella miopia grave L’uso di lenti bifocali può rallentare la progressione della miopia nei bambini che presentano un tasso di progressione annuale di almeno 0,50 D. Lo sostiene uno studio pubblicato dalla rivista “JAMA Ophthalmology”. Un team di ricercatori coordinato da Desmond Cheng della School of Optometry and Vision Science della Queensland University of Technology di Brisbane ha randomizzato 128 bambini tra 8 e 13 anni con miopia media di -3,08 D e un tasso di progressione annuale di almeno 0,50 D a tre diversi trattamenti: lenti monofocali (gruppo di controllo, n=41), lenti bifocali +1,50-D (n=48) e lenti bifocali +1,50-D prisma-

tiche (n=46). Nei successivi 3 anni la progressione media nella miopia è risultata di -2,06 D nel gruppo lenti monolocali, -1,25 D nel gruppo lenti bifocali e -1,01 D nel gruppo lenti bifocali prismatiche. In entrambi i gruppi bifocali l’allungamento assiale è risultato minore (0,25 mm e 0,28 mm, rispettivamente) di quello registrato nel gruppo lenti monofocali (P<0,001).  ^^   Cheng D, Woo GC, Drobe B, Schmid

KL. Effect of Bifocal and Prismatic Bifocal Spectacles on Myopia Progression in Children - Three-Year Results of a Randomized Clinical Trial. JAMA Ophthalmol 2014; DOI:10.1001/jamaophthalmol.2013.7623


Sarà obbligatorio indicare sulle etichette delle carni fresche, refrigerate o congelate di suino, ovino, caprino e pollame il Paese di origine o il luogo in cui gli animali sono stati allevati e macellati. Lo stabilisce il nuovo Regolamento della Commissione europea.

News

Dall’1 aprile 2015

I mostri de “Lo Hobbit”? Carenti di vitamina D

La rete delle lampade È ufficialmente entrato nella fase operativa il progetto “Spegni il dolore – la rete delle lampade”, promosso dall’Associazione vivere senza dolore e dalla Fondazione Maruzza Lefebvre, sotto la direzione scientifica di Franca Benini, responsabile del Centro di Riferimento Regionale Veneto di Terapia del Dolore e CPP – Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova. Un percorso iniziato nel 2012, con l’obiettivo di definire degli indicatori che permettessero ai centri ospedalieri di misurare la qualità del loro approccio al dolore cronico e identificare le eventuali aree di criticità sulle quali intervenire. Il progetto, nato in ambito pediatrico, ha visto al lavoro un board di 20 esperti tra i massimi esponenti italiani nel campo del dolore (medici, infermieri, psicologi, giornalisti, no profit, Società scientifiche, Istituzioni, pazienti e loro familiari) e ha consentito di creare un utile strumento: un questionario di facile applicazione in tutti i reparti e, grazie alla sua struttura a moduli, adattabile a qualsiasi tipologia di struttura ospedaliera, sia essa di I, II o III livello. La collaborazione con l’Istituto Mario Negri di Milano ha permesso la validazione del questionario che, dal 15 gennaio 2014, sarà testato presso 7 centri pediatrici tra i più accreditati a livello nazionale. Terminata questa prima fase, entro fine marzo, a tutti

gli ospedali italiani sarà proposto di valutare il proprio livello d’intervento sul dolore nel bambino, in base ai criteri minimi e agli standard di qualità definiti dal board, rispondendo ad alcune domande mirate sui servizi erogati dalle strutture. A ogni centro partecipante saranno attribuite una o più “lampade del sorriso”, a seconda del livello di cura raggiunto. Il network che si formerà fra le diverse strutture aderenti al progetto costituirà una rete di eccellenza, “la rete delle lampade”, dove la condivisione e lo scambio culturale permetteranno una crescita continua della qualità dei servizi erogati, a beneficio dei pazienti. “È stato un lavoro complesso e faticoso, che ci ha visti impegnati per oltre un anno”, afferma Franca Benini. “Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto. Lo strumento messo a punto ha tutti i requisiti scientifici per rispondere a criteri di efficacia ed efficienza. Potrà essere utilizzato autonomamente da ogni struttura e consentirà di monitorare in modo continuativo progressi e criticità nella disponibilità di risposte adeguate al bambino/neonato con dolore. Il tutto nell’ottica di fornire e condividere stimoli e strumenti che permettano, in tempi brevi, di uniformare su tutto il territorio nazionale l’approccio più ade guato al dolore in età pediatrica”.

Gli spaventosi orchi e il drago Smaug creati dallo scrittore J.R.R. Tolkien e portati sul grande schermo in questi anni con grande successo da Peter Jackson nella sua trilogia de “Lo Hobbit”? Malaticci e deboli a causa di una grave carenza di vitamina D. Lo sostiene Nicholas Hopkinson, pneumologo dell’Imperial College of London. La loro vita nelle profondità della terra, al buio, e la scarsa qualità della loro dieta sarebbero la causa di questa carenza vitaminica, che minerebbe le loro performance in battaglia. Spiega Hopkinson: “Nessuno studio aveva mai indagato sui livelli di vitamina D in una popolazione di creature immaginarie, così abbiamo setacciato i libri di Tolkien e i film di Jackson per analizzare le condizioni di vita e le abitudini alimentari di orchi e drago. L’eroe della saga de “Lo Hobbit”, Bilbo Baggins, vive anche lui in una casa che sostanzialmente è una caverna, ma ha delle finestre e ama starsene al sole in giardino. In più la dieta degli Hobbit, noti buongustai, è  molto variata”. ^^   Hopkinson JA, Hopkinson NS. The

Hobbit - an unexpected deficiency. Medical Journal of Australia 2013; DOI: 10.5694/mja13.10218

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Primo piano

Intervista a Carlo Dionisi-Vici

Segnali positivi,

ma il cammino è appena iniziato Un emendamento alla Legge di Stabilità ha destinato 5 milioni di euro allo screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie

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ell’ambito delle “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” – la cosiddetta Legge di Stabilità, che una volta veniva definita “Finanziaria” – licenziate a fine 2013, il Ministro della Salute ha destinato 5 milioni di euro all’avvio di un programma nazionale di screening neonatale esteso per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie “per la cui terapia, farmacologica o dietetica, esistano evidenze scientifiche di efficacia terapeutica o per le quali vi siano evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale, comporti un vantaggio in termini di accesso a terapie in avanzato stato di sperimentazione, anche di tipo dietetico”. Sarà istituita una Commissione di coordinamento presso l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.Na.S.) che gestirà l’implementazione del programma. “È un’iniziativa di cui già si parlava dall’autunno scorso, si tratta di più proposte di legge di diverse forze politiche che si vanno a combinare assieme: tutte puntavano – e mi pare di poter dire che è un segnale “multipartisan” positivo – a cercare di far sì che in Italia diventi effettivo lo screening neonatale esteso per le malattie metaboliche”, commenta Carlo Dionisi-Vici, responsabile dell’UO di Patologia Metabolica dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. “Dalla famosa Legge 104 del 5/2/1992 che sanciva l’obbligatorietà dello screening neonatale per la fibrosi cistica, la fenilchetonuria e l’ipotiroidismo congenito questo è il primo segnale a livello nazionale che va in direzione dell’allargamento degli screening neonatali per le malattie metaboliche. Quindi certamente una buona notizia: di fatto finalmente viene sancito a livello nazionale un qualcosa che finora era limitato a interventi locali, perché solo alcune Regioni effettuavano uno screening neonatale esteso, e non era nemmeno detto che all’interno della stessa Regione tutti i neonati avessero accesso ai programmi di screening”.

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“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)”, articolo 1, comma 142


Ora però si dovrà passare alla fase operativa... Un altro concetto importante che dovrebbe in qualche modo aiutare

l’economia del sistema è che questo emendamento della Legge di Stabilità prevede che questa Commissione debba anche occuparsi dei bacini d’utenza. Oggi i Centri che effettuano screening neonatali in Italia sono probabilmente troppi, non è detto che la partenza di un programma di screening allargato significhi che ogni centro debba dotarsi degli strumenti tecnologici e strutturali adeguati a effettuarlo. Le cito l’esempio della Puglia, che per una popolazione di circa 50.000 nati ha 5 Centri screening, la Lombardia per 100.000 nati ne ha 1. Sarà compito di questa Commissione rendere efficiente il sistema ottimizzando i costi tenendo anche conto della popolazione afferente ai vari centri. Per fortuna nella Commissione è prevista la presenza di almeno un clinico esperto sul tema delle malattie metaboliche. Non abbiamo ancora un nome preciso, ma siamo fiduciosi che la categoria professionale di noi pediatri che ci occupiamo di patologie del metabolismo sia rappresentata a livello istituzionale. 

Primo piano

La valutazione dell’emendamento è positiva in tutto e per tutto o ci sono delle criticità? Da pediatra e da Presidente della Società Italiana Per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale (SIMMESN) ho recepito molto positivamente questo emendamento della Legge di Stabilità. Ma non possiamo non sottolineare che il finanziamento è decisamente esiguo. Il calcolo è facile: se lo screening neonatale esteso andasse a regime per tutti i circa 500.000 nati italiani ogni anno, ad un costo stimato di circa 50 € a bambino avremmo bisogno di circa 25 milioni di euro, non di 5. La parola magica però è “sperimentale”: specificando nell’emendamento che si tratta di un’iniziativa promossa “anche in via sperimentale” il legislatore ha previsto un percorso graduale per la messa a regime del sistema screening a livello nazionale.

Il testo della legge Il Ministro della salute, con decreto da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti l’Istituto superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, prevede anche in via sperimentale di effettuare, nel limite di cinque milioni di euro, lo screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie per la cui terapia, farmacologica o dietetica, esistano evidenze scientifiche di efficacia terapeutica o per le quali vi siano evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale, comporti un vantaggio in termini di accesso a terapie in avanzato stato di sperimentazione, anche di tipo dietetico. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute definisce l’elenco delle patologie di cui al primo periodo. Al fine di favorire la massima uniformità dell’applicazione sul territorio nazionale della

diagnosi precoce neonatale è istituito presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.na.s.) un Centro di coordinamento sugli screening neonatali composto: dal direttore generale dell’Age.na.s. con funzione di coordinatore; da tre membri designati dall’Age.na.s., dei quali almeno un esperto con esperienza medico-scientifica specifica in materia; da un membro di associazioni dei malati affetti da patologie metaboliche ereditarie; da un rappresentante del Ministero della salute; da un rappresentante della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La partecipazione dei soggetti di cui al terzo periodo è a titolo gratuito. Conseguentemente il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato è incrementato di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014.

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Malattie rare: il Piano può attendere Intervista a Renza Barbon Galluppi Presidente di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare onlus)

È

ancora arenato al Ministero della Salute il Piano Nazionale per le Malattie Rare che avrebbe dovuto essere approvato entro la fine 2013, secondo quanto previsto dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa emanate nel giugno del 2009. Il Piano deve definire la strategia nazionale di pianificazione delle attività e soprattutto deve dare omogeneità all’insieme delle azioni intraprese da vari soggetti: Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Regioni e aziende del Servizio Sanitario Nazionale. In attesa di questo strumento di indirizzo, dell’aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e dell’elenco delle patologie esentate dalla partecipazione al costo (Allegato DM 279/2011) permangono ancora le storiche criticità con cui debbono fare i conti i pazienti rari. “I tempi di approvazione del Piano”, spiega Renza Barbon Galluppi, Presidente di UNIAMO (Federa-

Unire le risorse per essere più forti

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“Uniti per un’assistenza migliore” è lo slogan della Giornata delle Malattie Rare 2014. Unirsi è il modo più efficiente ed efficace per affrontare le malattie rare, come dimostrano le buone pratiche attuate in molti Paesi. Unire le conoscenze e le risorse di tutti gli attori del sistema – medici, ricercatori, operatori sanitari e sociali, aziende farmaceutiche e Istituzioni – porta a risultati di grande impatto non solo per la scoperta di nuove cure, ma anche per il vivere quotidiano spesso molto faticoso sia per i pazienti che per la famiglia che li assiste. Uniti si è più forti: in una Giornata così importante per i malati rari, UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus, il Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, il Vicariato di Roma, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il Policlinico Gemelli e Telethon organizzano insieme per la prima volta una serie di eventi pubblici a Roma ma con valenza e risonanza nazionale, per sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori sul fatto che è necessario, nonché doveroso, uno sforzo comune e un cambiamento organizzativo per poter dare un’assistenza migliore e più attenta ai malati rari e delle loro famiglie.

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Instabilità politica e crisi economica hanno bloccato l’iter, ora è in atto una corsa contro il tempo zione Italiana Malattie Rare onlus), “si sono allungati da un lato a causa dell’instabilità politica che ha portato al cambio di Governo, dall’altro lato a causa del protrarsi della crisi economica che ha messo in secondo piano la questione delle malattie rare. Ma noi vogliamo essere ottimisti e ci auguriamo che possa essere approvato in occasione della Giornata Nazionale delle Malattie Rare, che ricorre il 28 febbraio”. A dicembre 2012 il Governo aveva presentato una prima bozza di Piano – peraltro contestata perché mancava la previsione di budget – che è stata oggetto di una consultazione pubblica conclusasi nel febbraio 2013 alla quale hanno partecipato associazioni di pazienti e Società scientifiche, tra le quali la SIP. Il documento emendato è ora all’attenzione del sottosegretario alla Salute Paolo Fadda e dopo il via libera del Governo dovrà passare al vaglio della Conferenza Stato Regioni. “È probabile che quest’ultima lo approvi insieme al nuovo Patto per la Salute, che dovrebbe avere l’ok entro febbraio, anche perché nel Patto dovrebbero essere riconosciute alcune nuove malattie rare con il conseguente aggiornamento dei LEA” sottolinea la Presidente di UNIAMO. Nei mesi passati il Comitato Organizzatore della seconda Conferenza Europlan (il progetto europeo che aiuta i Paesi a definire le proprie priorità nel settore delle malattie rare e a elaborare strategie) ha promosso un ulteriore aggiornamento del Piano e a tale scopo sono stati costituiti sei gruppi di lavoro, ciascuno per ogni capitolo del Piano. I gruppi sono impegnati in una corsa contro il tempo per far sì che queste ulteriori modifiche proposte vengano integrate nel Piano prima che questo arrivi alla Conferenza Stato Regioni. “Sono cambiate troppe cose rispetto al 2010, quando si tenne la prima Conferenza Europlan, dalla quale è scaturita la prima bozza di Piano nazionale delle Malattie Rare”, aggiunge Renza  Barbon Galluppi.


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Intervista a Luigi Memo Presidente SIMGePeD

A

i lavori del Comitato Europlan, impegnato a emendare il Piano Nazionale Malattie Rare, partecipano anche la SIP e SIMGePeD (per la SIP Andrea Bartuli, Maia Di Rocco, Marina Macchiaiolo, Gian Vincenzo Zuccotti, Guido Cocchi e Alice Donati, mentre per la SIMGePeD Mario Giuffrè, Giuseppe Zampino. Giovanbattista Ferrero, Angelo Selicorni e Maria Teresa Carbone). I pilastri sui quali si sta lavorando li spiega Luigi Memo, Presidente SIMGePeD e membro del gruppo di lavoro “reti”: “L’assistenza ai bambini con MR richiede una gestione multidisciplinare in grado di integrare competenze diverse: queste ultime devono inoltre essere coordinate da una figura di riferimento. L’assistenza ai bambini con MR pertanto dovrebbe essere articolata su tre diversi ambiti: il centro/presidio di riferimento assistenziale pe^^ diatrico, a cui spetta il compito di garantire il coordinamento attivo e competente degli interventi specialistici diagnostici e terapeutici, necessari in ambito medico/chirurgico, una pronta reperibilità in caso di problematiche cliniche urgenti e la loro gestione direttamente o tramite una struttura pediatrica in rete, l’attivazione di contatti informativi/ formativi/di condivisione e confronto con le figure assistenziali territoriali sulla base del piano assistenziale individuale (PAI), ma anche l’informazione sulle tutele sociali per il bambino e la sua famiglia ed il sostegno alla loro attivazione, il supporto psicologico (ove indicato e necessario) al bambino ed alla sua famiglia ed infine l’informazione sull’esistenza di associazioni di famiglie; la rete ospedaliera, che svolge un ruolo tanto più ^^ decisivo e prezioso quanto maggiore è la distanza tra i presidi di riferimento specialistico e la residenza della famiglia e i cui compiti sono la gestione e monitoraggio delle comuni complicanze pediatriche

dei bambini con disabilità, ove queste non necessitino di una competenza super specialistica, l’erogazione di terapie in collaborazione con il centro/presidio pediatrico di riferimento, l’esecuzione di alcune valutazioni cliniche, specialistiche e strumentali, soprattutto se urgenti e/o frequentie la prima gestione delle problematiche di emergenza; le cure territoriali erogate nell’ambito dei di^^ stretti o dei presidi territoriali organizzati che prevede come figura centrale il pediatra curante di famiglia che rappresenta il referente territoriale principale del bambino con MR e della sua famiglia. In interazione con il centro/presidio di riferimento il pediatra di famiglia partecipa all’attuazione del percorso del bambino e verifica la soddisfazione dei diversi bisogni assistenziali, previsti nel PAI, nonché le attività di prevenzione e promozione della salute. La SIP ha presentato in questo senso un documento di proposte di modifiche alla bozza di Piano Nazionale Malattie Rare elaborato sulla scorta del “Progetto di assistenza integrata ospedale-territorio ai bambini con malattie rare ad alta complessità” frutto del lavoro della Commissione mista SIP-SIMGePeD. “Oggi, in attesa che venga approvato il quadro regolatorio generale, le Regioni si muovono in ordine sparso: alcune hanno già identificato i centri di riferimento, ma in generale manca l’istituzione di una vera e propria rete per le malattie rare”, aggiunge Memo. “Il vero problema nel nostro Paese resta la presa in carico perché pur esistendo degli ottimi centri di eccellenza, mancano invece dei centri di riferimento assistenziale nelle diverse Regioni italiane, ma soprattutto manca il collegamento tra questi, la rete ospedaliera e le cure territoriali”. Proprio per agevolare la continuità assistenziale è partito nei mesi scorsi in 4 USL (Monza, Milano 1, Como, Bologna ) alle quali si aggiungerà nei prossimi mesi Belluno il progetto Eureka: una chiavetta USB che contiene tutte le informazioni che riguardano il bambino con patologia rara e che è a disposizione di tutte le figure che lo hanno in carico. È inoltre allo studio il progetto HELP, uno spazio sul sito SIMGePeD dedicato ai medici e alle famiglie che necessitano di informazioni. “E per rafforzare la formazione specialistica sulla diagnosi delle malattie rare siamo pronti a ripartire con la seconda edizione del corso itinerante di formazione itinerante già realizzato negli anni passati in collaborazione con la SIN”, conclude Memo. 

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Un’assistenza multidisciplinare per i bambini con MR

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Attualità

Intervista ad Alberto G. Ugazio

Meningococco B,

ecco il vaccino: ora è una realtà

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inalmente è arrivato. Anche in Italia dal 16 dicembre scorso è disponibile il primo vaccino contro il meningococco B, che rappresenta in Europa la principale causa di meningite meningococcica. Il vaccino, messo a punto e commercializzato da Novartis, aveva ricevuto il 27 maggio scorso l’autorizzazione AIFA all’immissione in commercio, dopo il via libera da parte dell’EMA del gennaio 2013. Sinora contro le patologie invasive da meningococco B non esisteva alcuna possibilità di prevenzione attraverso l’immunizzazione attiva. La parola ad Alberto G. Ugazio, Presidente della Commissione Vaccini della Società Italiana di Pediatria.

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Un importante passo in avanti nella lotta alla meningite... Certamente. Non dimentichiamo che sebbene il numero dei casi sia limitato (circa 60 all’anno in Italia) la mortalità da meningite da meningococco B è elevata (il 10-15% dei casi) ed ancor più alta è la possibilità di sequele neurologiche irreversibili. L’aspetto più insidioso dell’infezione da meningococco B è la rapidità con cui evolve. Dal suo esordio alla morte passano soltanto 24-48 ore ed i sintomi nelle prime ore sono aspecifici (febbre alta, mal di testa, dolori), quindi irriconoscibili. Purtroppo, spesso, quando i bambini arrivano in ospedale l’infezione è già disseminata in tutto l’organismo, e a quel punto è inutile il trattamento tradizionale con la terapia antibiotica, efficace solo se tempestivo. Per tutte queste ragioni sinora abbiamo avuto armi spuntate contro

la meningite da meningococco B. La prevenzione attraverso la vaccinazione universale, è l’arma più efficace. Il vaccino almeno per ora è a carico delle famiglie. In Italia la Sanità pubblica deve ancora esprimersi sulla scelta di inserire questo vaccino tra quelli offerti gratuitamente, come peraltro ha richiesto il Board del “Calendario per la Vita” composto da SIP, SITI, FIMP, FIMMG. In Europa, Gran Bretagna in testa, l’orientamento è stato quello di rinviare l’inserimento del vaccino nei programmi universali di immunizzazione. A suo avviso come si spiega questa scelta? La principale ragione che ha indotto i Paesi europei a questa decisione è la mancanza di informazioni approfondite sulla reale efficacia del vaccino, che solo l’applicazione di un ampio programma vaccinale potrà

chiarire. A mio avviso vi sono tre ragioni che possono indurre i decisori a ritenere che l’anti-meningococco B non abbia i requisiti per una vaccinazione di massa: ^^l’esiguo numero di casi annui a fronte di un elevato costo del vaccino che potrebbe rendere sfavorevole il rapporto costi-benefici per la Sanità pubblica; ^^la mancanza di certezza sul fatto che la vaccinazione di massa possa creare immunità di gregge. Ci sono molti soggetti in età evolutiva portatori sani di meningite, ma non abbiamo dati sufficienti per sapere se la vaccinazione di massa è in grado di azzerare o perlomeno ridurre considerevolmente la circolazione del batterio; ^^non abbiamo dimostrazioni di efficacia del vaccino. Si tratta infatti del primo prodotto di questo tipo sviluppato con la “reverse vaccinology”, una sofisticata tecnologia a cui si è fatto ricorso perché il nostro organismo non produce

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anticorpi contro questo particolare batterio (dal momento che già possediamo l’antigene e quindi una risposta immunitaria ci farebbe sviluppare malattie autoimmuni). La reverse vaccinology consiste nell’isolare il batterio, sequenziarlo, identificare gli antigeni in grado di stimolare una risposta immune protettiva,

codificare le proteine e testarle prima in vitro, poi sugli animali e sull’uomo. L’efficacia in applicazioni di massa di un vaccino realizzato con questa nuova tecnologia è ancora da dimostrare e questo è uno dei principali motivi per cui l’orientamento degli Stati Uniti e dell’UE è stato quello di non inserirlo subito nei programmi di

vaccinazione universale, ma di aspettare. Noi riteniamo che in un Sistema sanitario come quello italiano, che fornisce medicine per curare i malati, un vaccino di questo tipo vada fornito gratuitamente perché essere protetti dalla meningite è un diritto dei bambini. Il nostro augurio è che le Regioni coprano i costi della vaccinazione per garantire pari diritti ai bambini su tutto il territorio nazionale. E i pediatri cosa dovrebbero fare in attesa delle decisioni delle autorità nazionali e regionali? Il vaccino andrebbe consigliato a tutti i lattanti perché è utile ed efficace (l’unico effetto collaterale è la febbre) mentre tra i bambini più grandicelli il

Attualità

Ma il Sistema sanitario italiano deve ancora esprimersi sulla opportunità di inserire questo vaccino tra quelli offerti gratuitamente rischio è talmente marginale che l’immunizzazione universale non ha senso. Il pericolo maggiore di contrarre l’infezione, infatti, riguarda il primo anno di vita. È inoltre molto importante che i pediatri spieghino ai genitori l’importanza di fare tutte le vaccinazioni, ciò affinché non si riduca la copertura vaccinale complessiva. Il timore che aleggia in molti Paesi europei, infatti, è che i genitori, dovendo fare tre sedute vaccinali antimeningococco B nel primo anno di vita, finiscano per dimenticare di sottoporre i propri figli alla vaccinazione esavalente. Il rapporto diretto e fiduciario tra il pediatra e i genitori deve far sì che non si corra questo rischio. 

La schedula vaccinale La scelta della collocazione delle dosi di meningococco B da inoculare rappresenta un problema di non facile risoluzione, considerate le contrastanti necessità di effettuare 4 somministrazioni nel volgere di pochi mesi, di non effettuare più di 2 iniezioni simultaneamente e – nel limite del possibile – di evitare le co-somministrazioni del vaccino anti-meningococco B con altri vaccini, visto l’incremento delle febbri di grado moderato/elevato conseguente alla co-somministrazione, ma non riscontrabile dopo la sola vaccinazione contro meningococco B. Pur lasciando ai decisori territoriali la valutazione finale della schedula migliore in funzione dell’offerta vaccinale locale e delle sue tempistiche, il Board del “Calendario per la Vita” ha suggerito il seguente schema di inserimento per la vaccinazione anti-meningococco B:

Esavalente + Pneumococco ad inizio 3° mese di vita (61° giorno) Meningococco B dopo 15 giorni (76° giorno) Meningococco B dopo 1 mese (106° giorno) Esavalente + Pneumo dopo 15 giorni, ad inizio 5° mese di vita (121° giorno) Meningococco B dopo 1 mese, ad inizio 6° mese di vita (151° giorno) Esavalente + Pneumococco a 11 mesi compiuti Meningococco B al 13° mese Meningococco C, sempre dopo il compimento dell’anno di vita

MPR o MPRV in possibile associazione con meningococco C o meningococco B, in funzione dei diversi

Somministrazione di

calendari regionali.

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I

l termine “Wi-Fi” è nato nel 1999 e nel campo delle telecomunicazioni sta a indicare una tecnologia ed i relativi dispositivi che consentono a terminali di utenza (computer, cellulare, palmare etc.) di collegarsi tra loro attraverso una rete locale in maniera wireless (cioè senza fili), basandosi sulle specifiche dello standard IEEE 802.11 ed eventualmente alla rete internet attraverso un router. Come i telefoni cellulari, anche i dispositivi WiFi utilizzano le radiofrequenze (30 kHz-300 GHz), anche se i livelli dei campi elettromagnetici generati sono più bassi di quelli dei telefoni cellulari, poiché il segnale emesso è comunemente di 100 milliwatt, sia dei router sia delle schede di rete dei computer, quindi le radiazioni sono al di sotto di quelle considerate “pericolose”. Si è visto tuttavia che negli ambienti chiusi le emissioni del Wi-Fi possono essere molto superiori rispetto a quelle della telefonia mobile, e inoltre le bande radio attualmente utilizzate nel sistema UMTS (Universal Mobile Telecommunications System), nuovo standard di telefonia cellulare dal 2003, hanno frequenze molto vicine a quelle del Wi-Fi. Va inoltre ricordato che non solo i router Wi-Fi e i telefoni cellulari, ma anche i telefoni cordless DECT (Digital Enhanced Cordless Telecommunication), le antenne, gli interfono per neonati, gli auricolari bluetooth sono dispositivi che utilizzano le radiofrequenze e quindi sono potenzialmente rischiosi. Quindi, se da una parte c’è chi come l’Health Protection Agency britannica non vede alcun motivo per cui il Wi-Fi non dovrebbe continuare a essere utilizzato, dall’altra c’è chi predica cautela, come il Parlamento Europeo che nel 2009 ha votato una risoluzione sulle “Preoccupazioni per la salute connesse ai campi elettromagnetici”, riconoscendo che talune conoscenze siano ormai unanimemente condivise, quali ad esempio la particolare vulnerabilità dei bambini in caso di esposizione a radiofrequenze. La Monografia 102 della IARC (International Agency for Research on Cancer) sul rischio dell’esposizione a radiofrequenze uscita nel 2013 riporta un giudizio di evidenza limitata di cancerogenicità per l’uomo (gruppo 2B), basata in particolare sugli studi epidemiologici su uso di telefoni cellulari e rischio di tumori cerebrali. Pertanto un atteggiamento precauzionale e pragmatico raccomanderebbe che i bambini non dovrebbero usare il telefono cellulare senza l’auricolare, se non nei casi di emergenza. Quando il telefono non viene utilizzato, si dovrebbe disconnettere il Wi-Fi, ricordando che anche

Preoccupa la particolare vulnerabilità dei bambini in caso di esposizione a radiofrequenze

Andrea Pession

Università Alma Mater Studiorum, Bologna

da spento il telefono emette ancora campi magnetici dalla batteria, quindi andrebbe comunque tenuto a distanza di sicurezza (ad esempio dalla testa) e in nessun caso i bambini dovrebbero dormire con il cellulare sul comodino. Quindi, anche se gli studi che si stanno conducendo (tra i quali degno di nota il “Moby-Kids”) non sono ancora in grado di scrivere una sentenza definitiva sul rischio di tumori nei bambini e negli adolescenti dovuti all’esposizione a radiofrequenze, si raccomanda un atteggiamento prudente proattivo, finché non saranno disponibili  dati rassicuranti sull’argomento.

Consigli utili per bambini e donne in gravidanza Adottare un atteggiamento prudente non è sempre possibile in una società sempre più “connessa”, tuttavia alcuni accorgimenti possono essere messi in pratica. Usare Wi-Fi a bassa potenza Se avete un router Wi-Fi accertatevi che sia una versione “low power” e tenetelo spento il più possibile. Considerate la possibilità di metterlo sotto il controllo di un timer per renderlo disponibile solo in determinate fasce orarie e comunque mai durante le ore di sonno. Misurare l’esposizione È importante conoscere la propria esposizione. Voi e la vostra comunità dovreste poter disporre di dati quantitativi in merito all’esposizione giornaliera, facilmente deducibili attraverso un dosatore di radio frequenze (300 euro) almeno in casa e/o a scuola. Idealmente nei posti pubblici, come le scuole, sarebbero preferibili le connessioni via cavo, oppure le connessione Wi-Fi low-power e non costantemente attive.

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Attualità

Wi-Fi e tumori pediatrici, serve un atteggiamento prudente

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Attualità

Banche del latte umano, approvate le linee di indirizzo nazionale

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Enrico Bertino

Direttore Neonatologia universitaria - Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna, Torino

Guido Moro

Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato (AIBLUD)

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ll’inizio del mese di dicembre sono state approvate in Conferenza Stato Regioni le “Linee di Indirizzo Nazionale per l’organizzazione e la gestione delle Banche del Latte Umano Donato nell’ambito della protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno”. Il documento è stato messo a punto da un Gruppo di Lavoro costituito da componenti del Comitato Nazionale Multisettoriale per l’Allattamento Materno del Ministero della Salute e da componenti dell’Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato (AIBLUD). Le indicazioni – destinate agli operatori sanitari delle banche del latte, ai reparti di Neonatologia e di Terapia intensiva neonatale e a tutti gli operatori del percorso nascita – sono finalizzate a garantire standard di qualità uniformi su tutto il territorio nazionale nella varie fasi della filiera: selezione delle donatrici, procedure di raccolta e conservazione, accertamenti infettivologici, metodiche di pastorizzazione e stoccaggio. Le linee di indirizzo stabiliscono i criteri di esclusione dalla donazione, le procedure per la raccolta e la conservazione del latte, i criteri per il trasporto del latte alla banca, le procedure operative delle banche tenendo in considerazione i principi dell’ HACCP e la tracciabilità del prodotto finale. Per quanto riguarda gli aspetti medico-legali, la donazione del latte umano non deve prevedere alcuna

La Società Italiana di Pediatria, in osservanza alla propria mission di promuovere e tutelare la salute del neonato e del bambino, ospiterà nel proprio portale una sezione riservata all’allattamento al seno (http://allattamento.sip.it), per offrire un contributo alla formazione e all’informazione scientifica dei propri iscritti in campo nutrizionale e rendere più efficace l’impegno nella diffusione della cultura dell’allattamento al seno. Per dare maggiore concretezza a quest’ambizioso progetto è stata istituita una Task Force dell’Allattamento al Seno composta di pediatri particolarmente interessati allo sviluppo della tematica. Spiega Renato Vitiello dell’UOC di Pediatria e Neonatologia OO.RR. dell’Area Vesuviana PO “S. Anna e SS. Madonna della Neve” di Boscotrecase (Napoli), coordinatore della Task Force: “Ci sono numerose barriere e difficoltà da rimuovere per migliorare la diffusione dell’allattamento materno: norme e leggi poco favorevoli alla genitorialità, scarsa diffusione di programmi per la difesa e il sostegno dell’allattamento al seno, scarsità di corsi specifici tenuti da personale adeguatamente formato, etc. È

Dopo la Francia l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere una regolamentazione ministeriale forma di remunerazione, né per la donazione né per il suo utilizzo. Il SSN, con la collaborazione dell’AIBLUD, eserciterà il controllo e la vigilanza sul rispetto delle Linee di Indirizzo, per monitorare a livello nazionale l’appropriatezza operativa e gestionale delle 31 banche del latte umano attualmente in funzione e di quelle che sorgeranno in futuro. Il documento, basato sulle Linee Guida della Società Italiana di Neonatologia elaborate dall’AIBLUD, costituisce un traguardo importante per la Pediatria italiana dal momento che, dopo la Francia, l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere una regolamentazione ministeriale sulla costituzione e conduzione delle Banche del Latte Umano Donato.  Leggi il documento: http://goo.gl/e5jmoI

Nasce il Minisito Allattamento della SIP necessario uno sforzo culturale e l’impegno di tutti i professionisti impegnati nell’assistenza alla maternità, in particolare della nostra categoria, per rimuovere queste barriere”. Il portale sull’allattamento al seno sarà dedicato inizialmente ai professionisti della salute e, in una fase successiva, sarà accessibile anche alle mamme e alle famiglie. In esso sarà possibile trovare lavori scientifici sull’argomento, commenti ad articoli ritenuti particolarmente importanti, notizie sui lavori pubblicati di recente e altre sezioni che aumenteranno, nel futuro, la quantità e la qualità dell’informazione.

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Le pioniere della Pediatria italiana Solo su pochissime donne del primo movimento pediatrico disponiamo oggi di notizie, documenti o ricordi

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el leggere tanti resoconti storici si ha quasi l’impressione che la Pediatria italiana abbia avuto solo padri. Forse le donne non hanno dato alcun contributo al movimento pediatrico degli inizi? Il bel sito a cura dell’Università di Bologna “Scienza a due voci” (http://scienzaa2voci.unibo.it) dimostra che esistono ampie lacune conoscitive in proposito. Ne abbiamo dunque voluto sapere di più, percorrendo la strada maestra della produzione scientifica d’epoca. E subito sono iniziate le sorprese. Fra i primi nomi a comparire c’è quello di Sofia Bakunin, la secondogenita di Michail Bakunin, padre dell’anarchismo, laureatasi in Medicina all’Ateneo di Napoli a fine ’800 e autrice di un magnifico studio anatomo-patologico sulle malattie infantili presentato alla Reale Accademia Medica della città nel dicembre 1900, pubblicato per esteso sugli Atti Maria Giuseppina Gregorio dell’Accademia e rendicontato sulla nuova rivista di Gruppo di Studio SIP specialità “La Pediatria”. Sono anni in cui pregiudizi Storia della Pediatria e consuetudini sociali ostacolano gravemente l’accesso delle donne all’istruzione superiore e ancor più alla professione medica, tradizionalmente riservata agli uomini. A dispetto delle difficoltà compare però un piccolo gruppo femminile che permane e si consolida nel tempo. Al Congresso pediatrico nazionale del 1901 Emma Modena, lombarda, pone l’accento sugli aspetti organizzativi dell’assistenza all’infanzia disabile e tubercolosa. Nel 1903 Myra Carcupino Ferrari – futura fondatrice dell’Associazione Italiana Donne Medico – firma a Parma due studi sull’emolisi, uno dei quali con Cesare Cattaneo. Nel 1904 Emilia Bertini a Roma discute di meningite cerebro-spinale da bacillo di Pfeiffer nei bambini. Nel 1906 Emilia Concornotti, una delle rare donne medico presenti in strutture ospedaliere pubbliche agli inizi del secolo, è in contatto con Camillo Golgi per taluni aspetti di fisiopatologia digestiva dei lattanti. Nel 1913 Emilia Palmegiani studia a Torino piccoli affetti da meningite tubercolare. Nel 1914 Ester Pirami a Bologna esamina motilità e riflessi del primo anno di vita. Angiola Borrino, classe 1880, piemontese, è una protagonista del primo movimento pediatrico. Lau-

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reatasi a Torino, nel 1910 è a Breslavia, alla Clinica pediatrica di Adalbert Czerny. A distanza di oltre vent’anni rievocherà quella esperienza preziosa con parole di rara efficacia. È l’unica fra le pioniere che riesca a farsi strada nel mondo accademico giungendo all’ordinariato. Direttrice incaricata della Clinica pediatrica senese dal 1919, passa a quella di Sassari e poi a quella di Perugia. Relaziona e anima dibattiti ai Convegni nazionali. Costituisce la Sezione Umbra della Società Italiana di Pediatria. Compone due monografie di gran pregio: “Terapia Infantile” (1923) e “Puericultura” (1937). Con lei emerge una nuova sensibilità verso la figura materna. Contro la singolare richiesta di clinici illustri i quali fanno pubblici voti per una legge che renda obbligatorio l’allattamento materno, Angiola Borrino propone invece un allungamento dei tempi di degenza della puerpera, soprattutto se nubile: un modo per avviare al meglio l’allattamento naturale, ma anche per contrastare l’abbandono dei neonati illegittimi, altrimenti falcidiati da una mortalità spaventosa; un approccio inedito, teso a convincere anziché costringere. Durante il primo conflitto mondiale il piccolo gruppo si irrobustisce. Nel 1915 inizia la stagione scientifica di Rachele Kharina Marinucci, della Clinica pediatrica di Napoli. Nello stesso anno Maria Del Rio a Genova pubblica il suo primo studio sulla patologia ossea congenita. Nel 1916 esordisce a Palermo Maria Beatrice Sindoni con un articolo di grande interesse sui portatori di meningococchi. Nel 1917 è la volta di Romolina


– o alla ricerca scientifica. Il mondo è cambiato. Ma il prezzo pagato dalle pioniere fu altissimo e grande resta il debito di riconoscenza di tutte verso quelle ostinate, combattive, splendide ra gazze degli inizi.

Pianeta SIP / La nostra storia

Pastore – ancora della Clinica palermitana – con una ricerca sui fenomeni immunitari indotti dal vaccino antitifico. Sempre nel 1917 Maria Ines Fini della Clinica bolognese è autrice di un importante contributo sulle cutireazioni tubercoliniche e poco dopo segnala il primo bambino affetto da acrocefalosindattilia della letteratura nazionale. Non sono, quelle di queste pioniere, comparse fugaci. L’interesse degli studi condotti assicura loro un’accoglienza continuata sulle pagine dei periodici di specialità anche negli anni successivi, quando altre firme si aggiungono: Marie Coda e poi Rina Simonetti da Torino, Lina Bonacorsi da Milano, Carolina Levi Cattelan da Venezia, Paola Zappa da Genova, Anna Pinelli da Napoli. Impossibile nominarle tutte. Eppure sulle donne del primo movimento pediatrico cala presto il silenzio. Solo per pochissime tra loro disponiamo oggi di notizie, documenti o ricordi che ce ne restituiscano il profilo completo. A riprova di una lunga difficoltà ad accettare la figura femminile in ambito pubblico. Nessuno crede più che le donne non siano adatte all’attività medica – tantomeno a quella pediatrica

A proposito di storia della Pediatria: notizie dal XVIII secolo

Giovanni Corsello Presidente Società Italiana di Pediatria

Per i tipi di Giuseppe Remondini, nel 1798 uscì a Bassano la prima edizione italiana del “Trattato delle malattie dei bambini” scritto intorno alla metà del Settecento da Niccolò Rosen de Rosenstein, Archiatra e Presidente dell’Accademia Reale delle Scienze di Stoccolma. Tradotto da Giovanni Battista Palletta, con alcune ricche e interessanti note introduttive e di raffronto con la realtà italiana dell’epoca, il volume è agile e piacevole alla lettura. Si compone di circa 400 pagine distribuite in 28 capitoli, alcuni molto brevi ma tutti intensi ed efficaci. Il testo è scaricabile dal web grazie a Google Books (http://goo.gl/87mfST). Il primo capitolo è dedicato alla nutrice e comincia con una vera e propria orazione in favore dell’allattamento al seno materno, che comprende anche una analisi dei benefici del bonding relazionale tra madre e neonato del tutto originale in quell’epoca e oggi di grande attualità. Molto di quello che si legge è infarcito di miti e credenze, espressione di un’epoca ancora non pienamente transitata attraverso il secolo dei Lumi. Straordinarie le pagine sui rischi di incidenti domestici, in gran

parte collegati con fuochi e stufe, per l’approccio di prevenzione che riescono a delineare. Capitoli specifici sono dedicati a dentizione, alimentazione, stitichezza e coliche. Le malattie infettive occupano grande spazio, dal vaiolo e dal suo innesto vaccinale allora pionieristico e di avanguardia alla febbre scarlattina. La difterite è definita “Mal di gola affogativo” ed è descritta con dieci casi clinici accompagnati da indicazioni diagnostiche e terapeutiche. Capitoli ricchi di indicazioni pratiche sono dedicati ai principali sintomi di patologie pediatriche: tosse, diarrea, vomito, itterizia, febbre intermittente, vermini, rachitide. I capitoli finali sono dedicati alla scabbia e al mal venereo, quadri che erano già allora peculiari nell’infanzia in termini di presentazione clinica e rischi a distanza. La storia della Medicina è segnata dall’opera di grandi medici che hanno contribuito in termini di studio, di ricerca e di applicazione alla evoluzione scientifica di tutte le discipline, compresa la Pediatria. Non sempre però si ricorda il ruolo dei libri e dei testi scritti nei secoli passati, che sono stati lo strumento di diffusione delle conoscenze scientifiche quando non esistevano altri mezzi di informazione scientifica. La formazione medica era essenzialmente il frutto della volontà e del sacrificio individuale e si avvaleva dei pochi testi scritti da veri e propri benefattori.

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Pianeta SIP

Riviste SIP, nasce

Carriere

la task force dei direttori

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i è tenuta lo scorso mese di dicembre presso la sede SIP di Roma una riunione tra i direttori delle riviste della Società Italiana di Pediatria. Erano presenti Generoso Andria per “Prospettive in Pediatria”, Sergio Bernasconi per “Italian Journal of Pediatrics”, Alberto Tozzi per “Area Pediatrica”, Marcello Lanari per “Conoscere per Crescere”, Giovanni Corsello e Cinthia Caruso per “Pediatria”. La riunione, promossa dal Presidente della SIP, è stata finalizzata ad attivare una maggiore sinergia tra i diversi strumenti di comunicazione della SIP (compreso il sito internet istituzionale), che – ciascuno con la proprie caratte-

ristiche e la propria missione – promuovono l’informazione specialistica e divulgativa rivolta ai pediatri e alle famiglie. Nell’ambito dell’informazione rivolta alle famiglie ai tradizionali strumenti di comunicazione si è aggiunto di recente il canale “ANSA Salute & Benessere Bambini”, realizzato in collaborazione con la maggiore agenzia di informazione italiana. Per rendere concreto il raccordo tra i diversi strumenti di comunicazione è stata creata una task force coordinata da Alberto Tozzi ed alla quale partecipano i direttori delle riviste, che è al lavoro per avviare alcune iniziative volte a migliorare la fruizione di tali strumenti, di cui la SIP darà comunicazione ai soci nei prossimi mesi. In questo ambito partirà su “Pediatria” una nuova rubrica che anticiperà i contenuti dei più importanti articoli che saranno trattati in maniera più approfon dita sulle altre riviste della SIP.

Stefano del Torso nuovo Vicepresidente EAP Stefano del Torso è il nuovo Vicepresidente della European Academy of Paediatrics (EAP), incarico ricoperto per la prima volta da un pediatra delle cure primarie. Del Torso, già Presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP), è attualmente delegato ai Rapporti Internazionali della SICuPP e della FIMP. Alla presidenza del­ l’EAP è stato eletto Tom Stiris, neonatologo norvegese, che succede ad Alfred  Tenore.

Premio SIEDP “Rina Balducci” a Barbara Predieri

Tesoreria SIP online

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È stata creata una piattaforma informatica per effettuare il rinnovo delle quote sociali SIP, dei Gruppi di studio e delle Società affiliate che afferiscono alla segreteria amministrativa c/o Biomedia. Sul sito SIP o direttamente collegandosi a www.tesoreriasip.it si potrà effettuare il pagamento online con carta di credito cumulando tutte le quote da sottoporre a rinnovo e quelle relative a nuove iscrizioni a Gruppi di studio SIP.

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È stato recentemente conferito a Barbara Predieri, ricercatrice dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, il Premio Nazionale di ricerca “Rina Balducci” istituito dalla SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica) a ricordo della pediatra ed endocrinologa romana scomparsa prematuramente nel 1998. Il riconoscimento è stato assegnato durante il XIX Congresso Nazionale della SIEDP tenutosi a Bari. Nelle motivazioni indicate dalla giuria si legge che il premio è stato attribuito alla Predieri “per il rilevante contributo scientifico nello sviluppo dell’Endocrinologia e Diabetologia pediatrica portato avanti  negli ultimi due anni”.


Maltrattamento minori, rafforzata la formazione nei Pronto Soccorso

Regioni

Liguria

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a Regione Liguria rafforza i Pronto Soccorso per garantire una maggiore tutela ai minori vittime di maltrattamento e abuso. È quanto prevedono le nuove “Linee di indirizzo in materia di maltrattamento, abuso e sfruttamento dei minori” che abrogano la precedente normativa del 2004. Il testo – elaborato con il coinvolgimento di un gruppo di studio costituito da operatori dei servizi sociali e sanitari territoriali, della rete ospedaliera, dell’Autorità giudiziaria, della Regione, dell’ARS, dei medici di Medicina generale e dei pediatri di libera scelta – punta a rafforzare il collegamento tra le rete dei servizi regionali e la rete ospedaliera regionale. Una delle principali novità del provvedimento è rappresentata dall’art. 7 comma d, in cui si prevede che le strutture ospedaliere devono assicurare la presa in carico dei minori vittime di abuso e maltrattamento, “individuando – in particolare per il Pronto Soccorso – un referente medico, uno psicologo e un assistente sociale specificatamente formati che, anche grazie a un sistema di reperibilità, garantiscano un approccio multidisciplinare e il raccordo con la rete territoriale. Le Aziende Sanitarie devono inoltre prevedere una adeguata formazione sul tema del maltrattamento”. Per Pasquale Di Pietro, coordinatore del DEA dell’Istituto “Giannina Gaslini” di Genova, si tratta di un provvedimento importante “perché riconosce come scuola e ospedale possono intercettare precocemente i casi di maltrattamento e perché offre in particolare ai Pronto Soccorso una equipe multidisciplinare di supporto per un percorso che permetta, per quanto possibile, di non intralciare l’attività assistenziale di urgenza ed emergenza”. Spiega Pietro Ferrara, grande esperto del tema: “Le radici della figura del pediatra specialista in tema di abuso e maltrattamento, figura per noi nuova in Italia, risiedono in un gruppo di pediatri della Helfer Society che ottenne l’approvazione dalla American Board of Medical Specialities nel 2006 identificando la figura del CAP, il Child Abuse Pediatrics. La necessità di questa figura risulta oggi evidente. L’University of Missouri ha segnalato recentemente come le diagnosi in materia di abuso su pazienti pediatrici non vengano effettuate nel 42,5% se a visitare i bambini sono pediatri

non-CAP, cioè non addestrati a ricercare e riconoscere l’abuso e il maltrattamento. Formazione e aggiornamento sono infatti necessari per acquisire conoscenze e competenze in merito, al fine di fornire assistenza adeguata ai bambini maltrattati. Il medico specialista di abuso e maltrattamento va dunque considerato al pari degli altri specialisti, con il compito di migliorare l’accesso alle cure per i bambini maltrattati e di sostenere i pediatri generalisti che continueranno a fornire valutazioni di prima linea. L’obiettivo è quello di formare una vera e propria rete in grado di ottimizzare l’intervento diagnostico-terapeutico, di assicurare una presa in carico efficace, ma anche e soprattutto di aumentare le conoscenze e competenze nel campo, insegnamenti questi che vengono spesso tralasciati o trasmessi superficialmente durante la scuola di formazione medica. In uno studio condotto dall’University of Baltimore emerge infatti che sono gli stessi pediatri a non sentirsi adeguati non tanto nell’eseguire un valido ed esaustivo esame fisico del paziente, quanto nell’intraprendere  un adeguato iter diagnostico e giudiziario”.

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La clinica

Dalla Chirurgia mini-invasiva alla Chirurgia videoassistita in età pediatrica

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l desiderio di “guardare all’interno” del corpo umano ha radici profonde, ma il primo intervento di Chirurgia laparoscopica addominale risale agli anni Ottanta del XX secolo, quando Philippe Mouret eseguì la prima colecistectomia laparoscopica sull’adulto. Da allora ci fu grande interesse e curiosità verso la laparoscopia, al fine di dimostrarne l’efficacia e valutarne i vantaggi. Grazie alla costante integrazione di nuove tecnologie, la laparoscopia (LSc), nata come strumento diagnostico, divenne metodica anche terapeutica. La storia della LSc è legata al costante sviluppo tecnologico; se inizialmente si era scettici sull’applicabilità della tecnica laparoscopica in ambito pediatrico, nell’ultimo ventennio – grazie all’ottima manualità acquisita dagli operatori e alla disponibilità di strumentario adeguato – si sono resi attuabili una serie di interventi un tempo realizzabili esclusivamente per via laparotomica.

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La Chirurgia mini-invasiva si propone di raggiungere gli stessi obiettivi delle Chirurgia tradizionale sfruttando delle vie di accesso che riducano il trauma chirurgico. I vantaggi della Chirurgia mini-invasiva sono ben noti e dimostrati. Le incisioni più piccole esitano in un ridotto dolore post-operatorio, in una degenza più breve ed in un miglior risultato estetico; la possibilità di avere una magnificazione dell’immagine permette di eseguire l’intervento in tutta sicurezza. È importante precisare che la Chirurgia mininvasiva non comporta una riduzione del rischio operatorio né richiede minore competenza. Il rischio di causare lesioni iatrogene è incrementato dal minor spazio operatorio, un tempo considerato un limite per l’uso della LSc. Oggi con un adeguato training è possibile eseguire interventi di una certa complessità in completa sicurezza. Un ulteriore fattore limitante era legato alla mancanza di un’equipe anestesiologica con competenze

Noemi Cantone

Stefania Pavia

Francesca Destro

Mario Lima Unità Operativa di Chirurgia Pediatrica. Policlinico Sant’OrsolaMalpighi, Università di Bologna.


specifiche e pronta a fronteggiare i rischi correlati all’elevazione della CO2 ematica e ai ridotti volumi respiratori. Chi si avvicina alla videochirurgia deve avere una precisa conoscenza delle patologie chirurgiche pediatriche ed un valido training sperimentale; analizzando la letteratura si evince come la “learning curve” della LSc pediatrica sia più lunga rispetto a quella della Chirurgia tradizionale e il successo delle procedure chirurgiche dipenda dall’esperienza laparoscopica del chirurgo. La mancanza della terza dimensione, la perdita della sensibilità tattile, la dissociazione di un gesto manuale dalla visione diretta rappresentano possibili limitazioni per il chirurgo inesperto, superabili attraverso il training (uso di simulatori, video didattici, etc.) Recentemente si sta affermando una tecnica che rappresenta un’evoluzione della LSc pura, la Chirurgia videoassistita, in cui l’approccio laparoscopico è di ausilio alla diagnosi e all’esecuzione

dell’intervento chirurgico tradizionale. L’obiettivo è quello di associare ai vantaggi delle tecniche mininvasive la sicurezza di una Chirurgia “open”, con l’opportunità di operare mantenendo la sensibilità tattile e la manualità che attualmente nessuno strumento può simulare. Da tempo stiamo cercando di applicare tale tecnica a patologie prima trattate per via tradizionale e laparoscopica. In ambito addominale trattiamo routinariamente l’appendicite acuta con tecnica ben consolidata (TULAA: appendicectomia transombelicale videoassistita), che consiste nell’esteriorizzazione dell’appendice attraverso la breccia ombelicale. Alla luce della facilità di tale manovra, abbiamo proposto il trattamento di altre affezioni addominali (diverticolo di Meckel, duplicazioni ed atresie intestinali, megacolon congenito) attraverso l’esteriorizzazione del segmento intestinale affetto dopo esplorazione laparoscopica. In ambito urologico la tecnica videoassistita ha trovato applicazione in interventi quali pieloplastica e nefrectomia attraverso la retroperitoneoscopia. Presso il nostro Istituto da anni eseguiamo interventi chirurgici mediante approcci laparo, toraco o retroperitoneoscopici, poiché abbiamo verificato in prima persona che in mani esperte e allenate queste procedure non comportano rischi particolari ma, al contrario, apportano indubbi vantaggi in termini di dolore postoperatorio, complicanze, risultati estetici e  tempi di degenza.

La clinica

La storia della LSc è legata al costante sviluppo tecnologico

^^   Jaffray B. Minimally invasive surgery. Arch Dis Child 2005;90(5):537-42. ^^   Mouret PH. From the first laparoscopic cholecistectomy to the frontier of laparoscopic surgery: the future prospective. Dig Surg 1991;8:124-5. ^^   Waldschmidt J, Schier F. Laparoscopic surgery in neonates and infants. Eur J Pediatr Surg 1991;1:145-150. ^^   Lima M, Ruggeri G, Dòmini M, Gargano T, Mazzero G, Landuzzi V, Sciutti R. Evolution of the surgical management of bowel atresia in newborn: laparoscopically assisted treatment. Pediatr Med Chir 2009; 31(5):215-9. ^^   Blinman T, Ponsky T. Pediatric minimally invasive surgery: laparoscopy and thoracoscopy in infants and children. Pediatrics 2012;130(3):539-49.

Fig. 1 Accesso ombelicale con trocar da 10 mm ad ancoraggio pneumatico (sinistra) per ottica operativa (destra).

Fig. 2 Esteriorizzazione attraverso la breccia ombelicale di segmenti intestinali per resezione intestinale cuneiforme in diverticolo di Meckel (sinistra) ed appendicectomia (destra).

Fig. 3 Esteriorizzazione di pelvi renale dilatata e giunto stenotico dopo isolamento in retroperitoneoscopia. Fig. 4 Esiti cicatriziali ad un anno dopo intervento chirurgico eseguito con tecnica mini-invasiva.

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Pediatri inFormazione

1 milione di $

Anche quest’anno la Fondazione Bill Clinton, in collaborazione con più di 1000 università di tutto il mondo, ha istituito il premio Hult (www.hultprize.org) per studenti e neolaureati, invitati a partecipare a piccoli gruppi con progetti e idee per imprese sociali che affrontino e risolvano le grandi sfide globali dei nostri tempi. Il tema assegnato al concorso di quest’anno è la diagnosi e la terapia di malattie non trasmissibili nei quartieri più poveri e degradati.

Conoscere per assistere

a cura di Davide Vecchio

La “sfida” della formazione specialistica nell’ambito delle malattie rare

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“Conoscere per assistere” è il titolo di un progetto territoriale di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare che dal 2009 consente, grazie al confronto interattivo con esperti del settore, un aggiornamento rapido ed efficace formando i partecipanti ad una nuova sensibilità diagnostica ma soprattutto assistenziale del paziente affetto da malattia rara. Competenze che necessitano di un aggiornamento continuo a fronte della mole di scoperte ed informazioni che provengono quotidianamente dalla letteratura scientifica, supportata peraltro dal notevole impulso tecnologico ricevuto nell’ultimo decennio dapprima con l’avvento del CGHarray ed oggi con la diffusione delle tecniche di Next Generation Sequencing. Oggi, tuttavia, l’aumento della speranza di vita di questi pazienti non va soltanto attribuita ad un potenziamento delle capacità diagnostiche ma anche alla maggiori possibilità assistenziali, specie in epoca neonatale, nonché all’introduzione di vere e proprie terapie quali quelle enzimatiche sostitutive. Considerando che i più recenti dati epidemiologici confermano che nella popolazione pediatrica italiana 1 bambino su 200 ha una patologia cronica disabilitante congenita o acquisita, si può affermare che la storia naturale di molte malattie rare in età evolutiva è cambiata drasticamente con

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numeri di grandissima rilevanza sanitaria. La rarità, tuttavia, è ancora sinonimo della difficoltà per i pazienti e le loro famiglie di identificare interlocutori in grado di effettuare dapprima una corretta diagnosi e poi di costruire programmi mirati di presa in carico, follow-up e assistenza individuale. Questi limiti sono dettati dall’eterogeneità clinica, dalla multisistemicità e dalla cronicità che, con le caratteristiche della progressione, richiede una presa in carico multidisciplinare. Ma è proprio per rispondere a queste urgenti istanze del mutato panorama assistenziale che la Pediatria, per prima e a tutela di questi bambini, si è dotata di quella che può essere definita la più giovane della sue specialità, ovvero la “Pediatria della Disabilità”. Questa non deve intendersi come una disciplina codificata per entità nosologiche autonome seppur rare, quanto come un patrimonio culturale di conoscenze e competenze che urge diffondere a tutte le figure professionali che ruotano intorno alla corretta gestione di un paziente con disabilità complessa. Bisogna dunque raccogliere, a tutti i livelli assistenziali, la “sfida” della formazione specialistica nell’ambito delle malattie rare e ciò deve necessariamente partire dalla verifica e dall’ampliamento di specifici programmi di insegnamento e didattica tutoriale nei corsi di specializzazione in

Pediatria. Con questo convincimento l’ONSP, raccogliendo con entusiasmo la proposta di Angelo Selicorni, Past President della SIMGePeD, sta collaborando ad ultimare con la SIMGePeD e la SIMMESN la preparazione di un corso “pilota” rivolto agli specialisti in formazione di tutta Italia sulla scia di una lunga storia di collaborazione tra le Società. Dall’8 al 10 maggio infatti circa 60 specializzandi, in rappresentanza di tutte le Scuole di specializzazione italiane, potranno frequentare un corso di elevato livello scientifico, pensato appositamente per loro dalle due Società sopracitate e sostenuto da Genzyme. Attraverso casi clinici interattivi, lezioni frontali ed ampi spazi riservati alla discussione, un pool di esperti nazionali introdurrà e svilupperà i principi fondamentali del sospetto diagnostico, della diagnosi biochimica e genomica, del follow-up assistenziale e delle terapie attuali e future in ambito di sindromi malformative complesse e malattie metaboliche ereditarie. Selicorni ha così sintetizzato l’iniziativa: “Troppo spesso ci si lamenta del difficile ricambio generazionale dei nostri team e dello scarso interesse dei giovani pediatri a queste tematiche senza fare nulla per stimolarlo. Per questa ragione le nostre due Società scientifiche hanno voluto proporre insieme all’ONSP questa iniziativa per dichiarare apertamente il loro interesse e la loro fiducia nei giovani specializzandi di oggi, futuri pediatri di domani. La conoscenza di queste condizioni e l’approfondimento di queste tematiche non è, infatti, materia superspecialistica per pochi interessati, ma patrimonio di conoscenza indispensabile per i pediatri dei prossimi decenni che, indipendentemente dalla loro collocazione professionale ospedaliera, universitaria o territoriale, si confronteranno sempre più con questi bambini, con queste famiglie, con la cronicità e con la disabilità. In totale sintonia con la SIP e con il suo attuale Presidente, in particolare la SIMGePeD vede in questa preziosa e stimolante occasione di incontro una ulteriore modalità di promozione di quel modello assistenziale partecipativo – bambino, famiglia, territorio, ospedale provinciale e di riferimento – che rappresenta il golden standard da costruire per offrire nel concreto a questi piccoli pazienti affetti da condizioni rare la migliore assistenza possibile”. Il Direttivo ONSP


Seconda edizione per #NatiDigitali, un questionario online promosso da AIB (Associazione Italiana Biblioteche), AIE (Associazione Italiana Editori), Filastrocche.it, e Mamamò.it in collaborazione con Fattore Mamma. La ricerca cercherà di far luce sulla lettura dei bambini di età compresa tra 0 e 14 anni nell’era digitale, dal punto di vista di mamme e papà oltre che dei bibliotecari. https://www.surveymonkey.com/s/Natidigitali_2014

DPS DailyNotes

Microsoft Italia, Key To Business e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze presentano un innovativo progetto dedicato ai bambini con malattie neurologiche e fondato su DPS DailyNotes (http://dpsdailynotes.com), la prima app su Windows Phone e Windows 8 realizzata in ambito pediatricoospedaliero. L’obiettivo è quello di aiutare i piccoli pazienti e le loro famiglie raccogliendo sul servizio di cloud storage SkyDrive dati utili al miglioramento della cura e alla ricerca medica. L’applicazione intende offrire un supporto facilitando le famiglie e i medici nella consultazione dell’intera storia clinica e anamnestica dei piccoli pazienti. Il progetto è unico nel suo genere in quanto consente di creare uno storico dei comportamenti e delle manifestazioni cliniche dei bambini rispetto a stimoli ambientali e terapia e quindi di aiutare sia i genitori nel monitoraggio dei piccoli, sia medici e ricercatori nello studio della patologia. L’applicazione è stata creata gratuitamente da Key To Business, partner Microsoft che opera in ambito Systems Integration & Software Development. L’app offre molteplici funzionalità fruibili in modo intuitivo dopo aver compilato la Configurazione Paziente con i dati anagrafici e i dettagli sulla patologia.

Nella Scheda Terapia è possibile indicare la terapia assegnata dal medico curante associando uno o più medicinali e posologie. La Gestione Medicinali permette di gestire una serie di farmaci pre-caricati nell’app ed eventuali nuove occorrenze. La Scheda Crisi consente di registrare informazioni utili di eventi parossistici al medico curante, quali fattori scatenanti, durata, effetti indesiderati e contenuti multimediali come filmati re-

Pedi@tria

#NatiDigitali

alizzati nel corso della crisi o precedentemente archiviati. Grazie a un’interfaccia grafica di semplice utilizzo è possibile creare e modificare una Scheda Crisi in modo rapido e condividere automaticamente con un solo touch tutti i dati raccolti con il medico di riferimento per aggiornarlo sulle condizioni del paziente in tempo reale. Attraverso il Calendario è possibile accedere alle singole Schede Crisi compilate nel tempo. Interessante in termini medico-scientifici è l’area Statistiche, dalla quale è possibile accedere a una reportistica molto dettagliata, consultabile in forma grafica e tabellare, in cui sono riportate dimensioni di analisi, quali crisi per tipologia, per terapia, per fascia oraria e per medicinale. “Siamo entusiasti di partecipare a questo progetto poiché coinvolge due fra i principali punti di forza del Meyer: il dipartimento delle neuroscienze e l’attività di ricerca. Inoltre, questo diario quotidiano è destinato alle famiglie e le aiuta ad essere sempre più i protagonisti primari nella gestione dei problemi di salute dei loro bambini”, commenta Tommaso Langiano, Direttore Generale del Meyer. Oltre che per Windows e Windows Phone, in una logica di massima interoperabilità, DPS DailyNotes è anche disponibile per altri sistemi operativi e fruibile su smartphone e tablet basati su iOS e Android. L’app è scaricabile gratuitamente  dai marketplace online.

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In uno studio pubblicato sul “New England Journal of Medicine” l’assunzione di frutta secca a guscio (pistacchi, mandorle, noci del Brasile, anacardi, nocciole, noci di macadamia, noci pecan, pinoli e noci) è risultata inversamente associata alla mortalità totale. Significative associazioni inverse in relazione alle morti per cancro, per malattie cardiache e respiratorie.

Fitoterapia

Frutta secca a guscio, che passione!

La pianta che fiorisce alle calende Alcuni degli usi tradizionali della Calendula officinalis sembrano trovare conferma in recenti studi sperimentali e clinici Tra le varie specie del genere Calendula, la Calendula officinalis è la più usata in tutto il mondo. Il nome deriva dal termine latino “calendae” e si ritiene faccia riferimento alla sua capacità di essere in fiore all’inizio di molti mesi dell’anno. Si trovano monografie dedicate alla Calendula officinalis in numerose autorevoli raccolte sulle piante medicinali e in testi scientifici. Tradizionalmente la pianta è stata usata per trattare lesioni dermatologiche, ulcere e tumori cutanei e per svariati altri disturbi, tra cui mal di stomaco e dolori mestruali. Alcuni degli usi tradizionali sembrano trovare conferma in recenti studi sperimentali e clinici. Studi farmacologici in vitro e in vivo dimostrano che la Calendula ha azione antinfiammatoria, antiossidante, immunostimolante, antimicrobica. I suoi estratti stimolano la proliferazione linfocitaria; la frazione polisaccaridica potenzia la fagocitosi granulocitaria. Estratti di differente polarità hanno esibito effetti antiossidanti riducendo la perossidazione dei lipidi liposomiali indotta da Fe2+ e

acido citrico. Un estratto arricchito in polisaccaridi a bassa viscosità ha mostrato di possedere forte capacità muco-adesiva in un modello sperimentale di mucosa orale porcina permettendo di ipotizzare che i polisaccaridi abbiano un ruolo importante nel determinare gli effetti benefici della Calendula a livello mucosale e cutaneo. Studi recenti hanno evidenziato che gli estratti di Calendula stimolano la rigenerazione di cellule cutanee ed esplicano un effetto emolliente e lenitivo sulla cute infiammata. Una crema a base di Calendula ha migliorato, nel ratto, il processo di guarigione delle ulcere da destrano e del linfedema acuto; si ritiene che l’attività positiva nei confronti del linfedema sia dovuta alla stimolazione dell’attività proteolitica dei macrofagi. In un altro modello animale un estratto di fiori di Calendula ha migliorato in maniera molto significativa il processo di guarigione delle ustioni; nei tessuti rigenerati erano significativamente aumentati l’idrossiprolina e l’esosamina del colla-

Vitalia Murgia

Pediatra, docente al Master di II livello in Fitoterapia “Sapienza” Università di Roma

gene. L’olio essenziale dei fiori di Calendula possiede attività antimicrobiche nei confronti di numerosi patogeni: Bacillus subtilis, Escherichia Coli, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa e Candida albicans. Non mancano trial clinici a conferma degli effetti positivi su cute e mucose. Infatti, una formulazione in gel di estratto di fiori di Calendula ha prevenuto la mucosite orale da terapia radiante in pazienti affetti da cancro del collo e del capo; questo effetto positivo potrebbe essere dovuto all’azione antiossidante esplicata dagli estratti. Interessanti anche i risultati di un recente studio sulla dermatite da pannolino, in cui è stata valutata l’efficacia di una pomata a base di estratto di Calendula in confronto con una pomata a base di olio di oliva e aloe. I bambini erano trattati tre volte al giorno per un massimo di dieci giorni. La crema alla Calendula si è rivelata significativamente più efficace rispetto al controllo nell’accelerare il processo di guarigione. La Calendula può essere usata, da sola o in combinazione con altre sostanze naturali, sotto forma di creme, pomate o altre preparazioni farmaceutiche per trattare processi infiammatori di cute e mucose e per favorire il processo di guarigione di ferite, abrasioni e rash cutanei. Ove necessario, può essere utilizzata anche in associazione con altre terapie antinfiammatorie e antimicro biche.

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