Nello Martini Agostino Consoli Paolo Di Bartolo Antonio Gaudioso Antonella Pedrini Silvestro Scotti Aldo Pietro Maggioni
PROGETTO DIABETE Documento di consenso Appropriatezza prescrittiva dei farmaci antidiabetici e verifica degli outcome
PROGETTO DIABETE Documento di consenso Appropriatezza prescrittiva dei farmaci antidiabetici e verifica degli outcome
Nello Martini Agostino Consoli Paolo Di Bartolo Antonio Gaudioso Antonella Pedrini Silvestro Scotti Aldo Pietro Maggioni
PROGETTO DIABETE
Documento di consenso Appropriatezza prescrittiva dei farmaci antidiabetici e verifica degli outcome
Il progetto di studio “Appropriatezza nelle cure primarie” è stato promosso e condotto da Fondazione ReS nell’ambito delle proprie attività di ricerca con il supporto di
Prima edizione: giugno 2020 © 2020 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8, 00138 Roma Tel. (+39) 06 862821 - Fax: (+39) 06 86282250 pensiero@pensiero.it www.pensiero.it - www.vapensiero.info www.facebook.com/PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero www.pinterest.com/ilpensiero Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Progetto grafico: Studio Rosa Pantone Impaginazione e copertina: Doppiosegno Coordinamento editoriale: Bianca Maria Sagone
AUTORI
Nello Martini Fondazione Ricerca e Salute (ReS) Agostino Consoli SocietĂ Italiana di Diabetologia (SID) Paolo Di Bartolo Associazione Medici Diabetologi (AMD) Antonio Gaudioso Cittadinanzattiva Antonella Pedrini Fondazione Ricerca e Salute (ReS) Silvestro Scotti Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) Aldo Pietro Maggioni Fondazione Ricerca e Salute (ReS)
INDICE
• EXECUTIVE SUMMARY
• INTRODUZIONE
Contestualizzazione del documento di consenso “Percorso diabete” all’emergenza Covid-19 e alla fase post-pandemica
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1 • FINALITÀ E OBIETTIVI DEL PROGETTO DIABETE PER LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
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2 • LA RIORGANIZZAZIONE DELLE CURE PRIMARIE E DELLA MEDICINA GENERALE NELL’AMBITO DEL RINNOVO DELLA CONVENZIONE, CON SPECIFICO RIFERIMENTO ALLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO CON DIABETE
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3 • PROGETTO DIABETE PER LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
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4 • LE COMORBILITÀ DEL PAZIENTE DIABETICO E LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO PER LA DEFINIZIONE DELLA PRESA IN CARICO
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5 • LE EVIDENZE DISPONIBILI PER L’IMPIEGO DEI FARMACI ANTIDIABETICI
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6 • GLI INDICATORI DEL DIABETE NEL NUOVO SISTEMA DI GARANZIA DEI LEA E L’APPLICAZIONE DEL MULTISOURCE COMORBIDITY SCORE
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7 • IL VALORE AGGIUNTO DEI PAZIENTI NELL’AMBITO DELLA DEFINIZIONE DEI PDTA, DEI MODELLI ASSISTENZIALI DELLA CRONICITÀ E DEL MONITORAGGIO DEGLI ESITI
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Nello Martini
Silvestro Scotti
Agostino Consoli
Paolo Di Bartolo
Aldo Pietro Maggioni
Antonella Pedrini
Antonio Gaudioso
EXECUTIVE SUMMARY
È ormai largamente condiviso sul piano regolatorio e scientifico che tutti i farmaci antidiabetici, per coerenza assistenziale della cronicità, dovrebbero essere classificati in Fascia A nell’ambito della farmaceutica convenzionata e prescritti dal medico di Medicina generale (MMG) attraverso una nota che ne stabilisca modalità, ambiti e criteri di appropriatezza. È necessario restituire responsabilità professionale e gestionale alla Medicina generale e assicurare che questa, in integrazione con gli specialisti, diventi elemento strategico della gestione della cronicità, trasformando la prescrizione in uno strumento di produzione di buone prove di real world evidence (RWE) e di monitoraggio degli outcome e farmacovigilanza dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Coerentemente con il Piano nazionale e i Piani regionali sulla cronicità, il paziente diabetico con multimorbilità deve essere preso in carico e inserito nell’ambito di un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), con la definizione per ciascun paziente del Piano assistenziale individuale (PAI) e con la stratificazione del rischio. La stesura del PDTA deve prevedere anche un coinvolgimento attivo del paziente, attraverso le associazioni dei malati e dei cittadini. Parallelamente, deve essere progressivamente assicurata una tracciabilità su piattaforma digitale dell’appropriatezza e degli outcome,
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
con dati imputabili sia dal MMG che dallo specialista; piattaforma capace di popolarsi in automatico con i dati clinici e laboratoristici del paziente, estratti direttamente dai gestionali elettronici sia dei MMG sia delle strutture specialistiche, e aggiornabile periodicamente, con lo scopo di permettere un monitoraggio facile ed esaustivo degli indicatori di processo e di outcome (sulla base degli indicatori specifici previsti dal Nuovo sistema di garanzia dei livelli essenziali di assistenza [LEA] del Ministero), senza peraltro costituire un ostacolo alla prescrizione. L’obiettivo di fondo è l’evoluzione del servizio di assistenza da un modello per aree verticali (silos) di erogazione di prestazioni assistenziali a percorsi integrati e trasversali (integrated care pathway) incentrati sulla presa in carico globale della persona. Va inoltre sottolineato che gli studi più recenti pubblicati hanno evidenziato una efficacia (in termini di riduzione del rischio di eventi cardiovascolari) dei farmaci antidiabetici (glifozine e incretine) nei pazienti diabetici e, più recentemente, anche nei pazienti non diabetici con scompenso cardiaco.
INTRODUZIONE CONTESTUALIZZAZIONE DEL DOCUMENTO DI CONSENSO “PERCORSO DIABETE” ALL’EMERGENZA COVID-19 E ALLA FASE POST-PANDEMICA
Questo documento sulla presa in carico del paziente cronico e più specificatamente diabetico in un’ottica di continuità assistenziale rischierebbe di non assumere significato e di essere percepito in modo decontestualizzato dalle istituzioni, dalle Regioni e dai clinici a cui è rivolto, se non fosse applicabile alla situazione che il Paese sta attraversando con l’emergenza Covid-19 e con la quale è prevista una lunga fase di convivenza. L’emergenza Covid-19 ha di fatto posto l’attenzione politica e sanitaria su alcuni elementi chiave nella gestione della sanità pubblica: a. la necessità di accedere in modo continuo a dati affidabili che mostrino, anche a livello macro, le relazioni tra fenomeni assistenziali e sociali; b. la necessità di definire percorsi personalizzati in relazione a caratteristiche demografiche, geografiche, sociali e cliniche; c. l’urgenza di bilanciare nella gestione delle malattie croniche l’appropriatezza d’uso delle risorse con il controllo del costo sociale, senza tuttavia creare un disagio per i pazienti e tra gli operatori; d. il ruolo dei dati come elemento centrale della programmazione e delle decisioni riguardanti i moderni processi assistenziali.
INTRODUZIONE: CONTESTUALIZZAZIONE ALL’EMERGENZA COVID-19
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
I dati epidemiologici, le analisi quotidianamente aggiornate della sorveglianza integrata Covid-19 dell’Istituto superiore di sanità e del tavolo tecnico presso il Ministero della salute e il Dipartimento della protezione civile, nonché gli studi sempre più numerosi pubblicati sulle riviste mediche più prestigiose, mostrano che la variabile dell’età dei pazienti e la loro fragilità (numero e gravità delle comorbilità) rappresentano un rischio elevato di infezione e influiscono in modo rilevante sulla prevalenza della popolazione deceduta per o con Covid-19 e sul decorso della malattia. In questo contesto, l’ambito della cronicità e multimorbilità rappresenta quindi un elemento imprescindibile da cui partire per la programmazione di una nuova governance sanitaria da parte delle Istituzioni preposte, che dovranno dare chiare indicazioni alle Regioni e quindi alle ASL sui seguenti elementi: • gli algoritmi per l’estrazione e il calcolo della prevalenza e dell’incidenza dei pazienti con patologia cronica; • gli indicatori di processo e di esito; • la stratificazione dei pazienti fragili con comorbilità; • l’identificazione dei costi evitabili per una gestione complessiva del processo assistenziale. Emerge in tutta evidenza che i progetti sulla cronicità volti a definire i nuovi percorsi, con la presa in carico direttamente sul territorio dei pazienti cronici con multimorbilità, costituiscono la vera riforma del SSN e la sfida stessa posta dal Covid-19, sia in termini sanitari sia di sostenibilità del sistema; paradossalmente quella che sembrava essere la dimensione del cambiamento in tempi di normalità si è rivelata essere lo strumento più importante per vincere la sfida contro il Covid-19. Occorre considerare che il percorso della prescrivibilità e dell’accesso dei nuovi farmaci, nell’ambito del diabete e delle patologie croniche, è regolato dai Piani terapeutici (PT) e, se si tiene conto della prevalenza epidemiologica e della incidenza, la procedura dei PT riguarda milioni di pazienti cronici con multimorbilità. In Italia sono
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Introduzione: Contestualizzazione all’emergenza Covid-19
attivi PT per 149 principi attivi, per 943 specialità medicinali che si riferiscono a 35 categorie terapeutiche (II livello ATC) e a 63 classi terapeutiche (V livello ATC). Per quanto riguarda le categorie terapeutiche (II livello ATC), le prime 9 categorie terapeutiche rendono ragione di oltre il 60% di tutti i PT. In particolare, la categoria dei farmaci per il diabete rappresenta la categoria con il numero maggiore di principi attivi con PT, pari a 29, che corrisponde al 19,5% di tutti i principi attivi sottoposti a PT. Allo status quo, come indicato nella figura I.1, il paziente è (apparentemente) al centro del processo assistenziale, mentre nella realtà (figura I.2), non esistendo un percorso definito e integrato, è il paziente stesso che si deve muovere lungo un percorso che: 1. inizia con la prescrizione dello specialista su PT (il paziente ritira il PT); 2. prosegue con la ripetizione della prescrizione da parte del MMG sulla base del PT (il paziente riceve la ricetta); 3. segue l’acquisto del farmaco da parte della ASL; 4. infine, avviene la distribuzione in DPC tramite le farmacie (il paziente ritira il farmaco). Figura I.1 • Il percorso teorico di un paziente che assume farmaci sottoposti a PT SPECIALISTA Definisce il PT
FARMACIA Distribuisce il farmaco in DPC
PAZIENTE
ASL Acquista il farmaco
MMG Prescrive sulla base del PT
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Figura I.2 • Il percorso reale di un paziente che assume farmaci sottoposti a PT
PAZIENTE
SPECIALISTA Definisce il PT
FARMACIA Distribuisce il farmaco in DPC
PAZIENTE
PAZIENTE
MMG Prescrive sulla base del PT
ASL Acquista il farmaco
PAZIENTE
Se si considera inoltre che, secondo specifici riscontri effettuati presso le Regioni e i Servizi farmaceutici delle ASL, i milioni di PT che vengono semestralmente definiti dagli specialisti non vengono analizzati né ai fini dell’appropriatezza né ai fini del miglioramento degli esiti, il risultato è la produzione di un’incredibile quantità di carta e di procedure che, in ogni caso, costringe il paziente ad un percorso con spostamenti defaticanti e ripetuti. Per far fronte al periodo di emergenza Covid-19 e al distanziamento sociale, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha deciso di prorogare i PT in scadenza dal 31 marzo 2020 di 90 giorni ed è prevista una proroga di ulteriori 90 giorni dal Decreto “Rilancio” del Governo. I PT sono stati istituiti da AIFA nel 2004 per assicurare la continuità prescrittiva ed assistenziale tra specialista e MMG nell’ambito dei nuovi farmaci; in particolare le finalità dei PT erano di: • assicurare l’appropriatezza prescrittiva (template AIFA) e il monitoraggio degli esiti (PT web-based); • consentire al MMG di avere conoscenza e informazioni sui farmaci innovativi;
Introduzione: Contestualizzazione all’emergenza Covid-19
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• considerare i PT per i farmaci delle patologie croniche e in ambito territoriale come una procedura “a termine”, in modo da trasferire la prescrivibilità alla Medicina generale dopo un periodo definito di approfondimento dell’efficacia e della safety in ambito specialistico. Dopo oltre 15 anni dall’istituzione dei PT si rende necessario procedere ad una verifica degli impatti e degli esiti di questi strumenti e ad un loro aggiornamento sulla base dei cambiamenti assistenziali, evitando soluzioni semplicistiche o di banalizzazione di tali strumenti. A questo punto, seppure in un’ottica di emergenza e contesto di difficoltà, sarebbe opportuno non perdere l’opportunità di rivedere la governance dei PT e quindi la gestione complessiva dei pazienti cronici. Da un punto di vista operativo, l’AIFA dovrebbe riconsiderare il PT per i farmaci antidiabetici (attualmente in proroga), attribuendo la piena prescrivibilità ai MMG con l’adozione di una nota AIFA che ne definisca i criteri di appropriatezza d’uso e di controllo degli esiti. Questo processo deve basarsi sulla disponibilità per l’AIFA e per le Regioni delle informazioni riguardanti l’identificazione e la prevalenza della patologia cronica, la caratterizzazione dei pazienti in modo da individuarne gli eleggibili a uno specifico trattamento, nonché la verifica periodica degli indicatori di esito (per esempio, valore di emoglobina glicata, accessi al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri, visite specialistiche, ecc.). Queste informazioni sono ricavabili tramite un’integrazione dei flussi sanitari amministrativi con i dati clinici del paziente raccolti dalla Medicina generale. In questo modo la semplificazione introdotta dall’abolizione del PT per i farmaci antidiabetici si accompagna ad un valore assistenziale. È inoltre importante considerare la specificità del ruolo dei dati “real world” nella gestione dei problemi correnti di sanità pubblica, in quanto le popolazioni oggetto di analisi sono per lo più popolazioni fragili e spesso potenzialmente diverse da quelle incluse negli studi
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
clinici registrativi, anche per caratteristiche legate al singolo contesto assistenziale. Un esempio di integrazione di dati è rappresentato dal database Consortium realizzato da Fondazione ReS e Health Search-SIMG, grazie al quale è possibile effettuare una lettura integrata dei dati amministrativi e dei dati clinici della medicina generale. Un’integrazione di questo tipo consentirebbe di guidare il processo; infatti, mediante il database Consortium è possibile: definire la prevalenza di una data patologia cronica, stimare la quota di pazienti potenzialmente target per un dato farmaco o gruppo di farmaci, valutarne l’appropriatezza di impiego ed effettuare analisi degli esiti. In questo modo, si può sostituire l’attuale gestione del PT in tema di appropriatezza prescrittiva del diabete con una metodologia a valore aggiunto che permetterebbe anche di liberare energie e risorse del SSN, dei pazienti e delle loro famiglie; ciò consentirebbe inoltre di definire gli strati di popolazione più fragili e di personalizzare di conseguenza il percorso, nonché di condurre importanti ricerche di real world evidence sul burden of disease e sull’andamento del consumo di risorse associate all’outcome clinico. Tutto ciò costituirebbe un cruscotto accessibile e personalizzato per consentire la governance da parte di AIFA, delle Regioni e degli operatori sanitari, secondo le finalità di ciascuno. Tutto quanto sopra descritto può rappresentare uno strumento per cogliere le opportunità indotte dalla pandemia Covid-19 sulla governance delle patologie croniche, sull’identificazione dei pazienti fragili a rischio, sui costi assistenziali integrati e sul burden of disease associato, sia in termini di risorse coinvolte, sia di ricadute cliniche che di miglioramento della qualità di vita dei pazienti. E pertanto dalla “emergenza Covid-19” può nascere l’ammodernamento della gestione clinica, assistenziale e farmacologica delle malattie croniche, che da tempo attende di trovare una soluzione pratica sollecitata dalle istanze dei pazienti e delle stesse Regioni e che tuttavia non aveva ancora trovato sufficienti garanzie per la
Introduzione: Contestualizzazione all’emergenza Covid-19
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fattibilità e la sostenibilità economica, pur in presenza di un forte e consolidato consenso tra gli operatori sanitari e la comunità scientifica. In conclusione, questo capitolo introduttivo del Documento di consenso “Percorso diabete” contestualizza il percorso stesso nell’ambito della fase 2 di convivenza con il Covid-19 e propone una semplificazione con l’attribuzione della prescrivibilità di tutti i farmaci per il diabete al medico di Medicina generale, facendo in modo che la semplificazione garantisca un valore aggiuntivo in termini di appropriatezza d’uso, di verifica degli esiti e di riduzione del disagio sociale per il paziente diabetico con percorsi più snelli e flessibili.
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INALITÀ E OBIETTIVI DEL F PROGETTO DIABETE PER LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE Nello Martini
Principio: la presa in carico del paziente cronico esige un cambiamento nelle procedure prescrittive dei farmaci per la cronicità, per dare coerenza di continuità al processo assistenziale, con particolare riferimento alla malattia diabetica. L’atto di indirizzo per il rinnovo della Convenzione con la Medicina generale (MG) e i Pediatri di libera scelta (PLS) prevede esplicitamente che la MG e i PLS debbano prendere in carico i pazienti cronici con comorbilità, secondo quanto previsto dal Piano nazionale della cronicità. In particolare, tra le patologie croniche che afferiscono in modo specifico alla presa in carico della cronicità, il diabete costituisce il core assistenziale della cronicità per la MG e per la PLS. Nella realtà solo alcuni farmaci antidiabetici orali (metformina, sulfoniluree, associazioni) sono in fascia A e possono essere prescritti dal MMG, mentre gliptine (ormai presenti sul mercato, prescritte e rimborsate da oltre 10 anni), glifozine e associazioni possono essere prescritte dallo specialista diabetologo su Piano terapeutico (PT) e sono inserite nella distribuzione per conto (DPC) come canale distributivo. Si tratta di un’evidente anomalia e incongruenza rispetto alla continuità assistenziale: in pratica, quando un paziente diabetico riceve
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INALITÀ E OBIETTIVI DEL F PROGETTO DIABETE
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
un trattamento con farmaci e associazioni antidiabetiche genericate, va dal proprio medico di MG, ma quando deve essere trattato con glifozine, incretine o associazioni tra terapie deve tornare alle strutture pubbliche e dallo specialista, con un’evidente discontinuità assistenziale e un disagio sociale per il paziente. Peraltro, la prescrizione specialistica su Piano terapeutico non offre un valore aggiunto sul piano regolatorio e finisce per costituire un aggravio burocratico e un potenziale allungamento delle liste di attesa. Pertanto, sulla base di questi principi, tutti i farmaci antidiabetici dovrebbero per coerenza assistenziale della cronicità essere classificati in Fascia A nell’ambito della farmaceutica convenzionata. È nota la preoccupazione del payer per gli effetti sulla spesa, perché i farmaci in DPC sono acquisiti dalle ASL a prezzo ex-factory e sono distribuiti in farmacia ed alla farmacia viene riconosciuta una fee fissa per confezione (onorario) indipendentemente dal prezzo al pubblico (peraltro il costo dell’onorario riconosciuto alla farmacia viene caricato nel capitolo dei “Beni e servizi” e non nel tetto della Farmaceutica, ma questo non giustifica, sul piano del principio della presa in carico della cronicità, l’attuale situazione). Si rende pertanto opportuno e necessario procedere per i farmaci antidiabetici: • alla modifica del regime di dispensazione dalla DPC alla convenzionata; • alla prescrizione da parte del MMG e del PLS in fascia A con AIFA; • la nota AIFA deve stabilire le modalità, gli ambiti e i criteri di appropriatezza per la prescrizione di tali farmaci in fascia A; • la MG e i PLS devono garantire il ritorno delle informazioni per una verifica dell’appropriatezza prescrittiva e per la raccolta sistematica dei dati di RWE, inserendo la MG e i PLS nell’ambito dei sistemi di verifica degli outcome e di monitoraggio e farmacovigilanza di AIFA. Il “Progetto diabete” ha la finalità di restituire responsabilità professionale e gestionale alla MG e di assicurare che la MG, in integra-
Finalità e obiettivi del Progetto diabete
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zione con gli specialisti, diventi elemento strategico della gestione della cronicità, trasformando la prescrizione in uno strumento di produzione di buone prove di real world evidence. Key messages Il Piano nazionale cronicità include anche la gestione del diabete da parte dei medici di Medicina generale (MMG) e dei Pediatri di libera scelta (PLS). Fra le terapie a disposizione per il diabete c’è una discordanza nelle modalità di prescrizione delle diverse alternative terapeutiche: metformina, sulfoniluree e associazioni sono in fascia A e possono essere prescritte dal MMG mentre gliptine, glifozine e associazioni sono prescritte dallo specialista diabetologo su Piano terapeutico (PT) e distribuite in DPC. Sul piano assistenziale questa evidente anomalia ha un impatto sul paziente e sul suo percorso di cura. Difatti, in presenza di indicazioni chiare, la prescrizione dello specialista su Piano terapeutico non offre un valore aggiuntivo sul piano regolatorio ed inoltre finisce per costituire un aggravio burocratico e un potenziale allungamento delle liste di attesa, con notevoli disagi sociali. Pertanto tutti i farmaci antidiabetici dovrebbero, per coerenza assistenziale della cronicità, essere classificati in Fascia A nell’ambito della farmaceutica convenzionata ed essere prescritti attraverso una nota che ne stabilisca modalità, ambiti e criteri di appropriatezza. Inoltre, bisogna restituire responsabilità professionale e gestionale alla MG e assicurare che questa, in integrazione con gli specialisti, diventi elemento strategico della gestione della cronicità, trasformando la prescrizione in uno strumento di produzione di buone evidenze di RWE e di monitoraggio degli outcome e farmacovigilanza AIFA.
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A RIORGANIZZAZIONE DELLE L CURE PRIMARIE E DELLA MEDICINA GENERALE NELL’AMBITO DEL RINNOVO DELLA CONVENZIONE, CON SPECIFICO RIFERIMENTO ALLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO CON DIABETE Silvestro Scotti
IL MEDICO DI FAMIGLIA E LE PATOLOGIE CRONICHE
La prevalenza delle patologie croniche è significativamente incrementata negli ultimi 10 anni, ponendo sfide importanti ad un Servizio sanitario nazionale istituito per risolvere soprattutto le patologie acute. Come indicato dal Progetto Chrodis Plus (Implementing good practices for chronic diseases)1 promosso dall’Unione europea, il problema per la moderna Primary care è invece proprio la gestione delle patologie croniche. Infatti, il medico di famiglia (MMG) ha un ruolo rilevante nella gestione di tutte quelle condizioni patologiche che colpiscono un elevato numero di persone, non guariscono e debbono essere seguite e monitorate per tutto l’arco della vita del paziente; si tratta di condizioni morbose che necessitano di momenti di prevenzione, diagnosi precoce e personalizzazione dell’approccio diagnostico-terapeutico. Inoltre, oramai sempre più frequentemente, il paziente è affetto da più patologie croniche contemporaneamente: infatti possiamo stimare che oggi le persone con più di 65 anni per i 2/3 hanno più di due patologie croniche e per 1/4 hanno quattro o più patologie croniche; vi è anche un progressivo incremento del numero di patologie croniche contemporaneamente presenti con l’aumentare dell’età.2
LA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO CON DIABETE
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Questa condizione viene oggi definita multimorbilità: questo estende il concetto di multipatologie a più fattori. Il National institute for health and care excellence (NICE) nel 2016 ha definito la multimorbilità come la presenza di due o più condizioni cliniche di lunga durata come ad esempio: patologie fisiche e psichiche (per esempio, diabete e schizofrenia), condizioni coesistenti (per esempio, difficoltà di apprendimento), condizioni o sintomi complessi (per esempio, fragilità e dolore cronico), alterazioni della sfera sensoriale (per esempio, perdita della vista o dell’udito), abuso di alcool o droghe. Se la multimorbilità è oggi molto frequentemente riscontrabile nella popolazione, specialmente quella anziana, un altro aspetto importante che il MMG deve tenere sempre ben presente nel gestire un paziente affetto da una o più patologie croniche è l’aspetto psicologico del paziente unito alle sue caratteristiche sociali. Infatti, è sempre necessario un approccio olistico (tipico della Medicina generale) che possa al contempo tenere presente l’aspetto biopsicosociale di ogni paziente (figura 1.1), ovverosia tutti gli aspetti che costituiscono sia le caratteristiche sanitarie, sia le non sanitarie: questo quadro definisce la reale complessità del paziente 3 ed è solo il general practitioner (GP) che riesce a coniugare correttamente questo approccio, grazie alla posizione ed al ruolo che gli viene assegnato all’interno del Servizio sanitario nazionale.4 Un altro problema che si trova ad affrontare il GP è quello della polifarmacoterapia, che è la diretta conseguenza della multimorbilità. Se si sommano meramente le indicazioni terapeutiche che derivano dalle più moderne linee guida che regolano il corretto approccio alle singole patologie che il paziente presenta, nel paziente polipatologico il risultato non è quello desiderato: infatti non è raro che questo porti ad avere terapie complesse, con più di dieci farmaci prescritti contemporaneamente e quindi interazioni tra i farmaci e tra farmaci e patologie da considerare. Numerosi articoli 2 5 hanno evidenziato diversi problemi legati alle linee guida, ma quello che ad oggi rimane irrisolto è la loro trasferi-
La presa in carico del paziente cronico con diabete
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Figura 1.1 • La complessità del paziente per il medico di famiglia
Malattia 1
Malattia 2
Malattia n
Comorbilità della malattia principale 1
Polimorbilità
Età
Genere
Fragilità
Altre caratteristiche sanitarie
Carico di morbilità Altre caratteristiche non sanitarie
Complessità del paziente
bilità clinica; infatti, l’utilità delle linee guida dipende in ultimo dalla capacità del medico di interpretarle con la flessibilità richiesta dalle variabilità presenti nel singolo paziente (multimorbilità, politerapia, preferenze):6 si potrebbe provocatoriamente sostenere che il medico in questi casi deve conoscere così bene le linee guida per poterle eventualmente non applicare. In un articolo pubblicato sul BMJ da un gruppo di medici di cure primarie di Cambridge, le linee guida vengono descritte come la “nuova Torre di Babele”:7 i colleghi inglesi hanno fisicamente impilato le 855 linee guida utilizzate dai GP della loro città, raggiungendo un’altezza di 68 centimetri e un peso di 28 chili. La loro conclusione è che il GP gestisce da solo il 90% dei problemi che gli si presentano e
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
ha bisogno di informazioni pratiche per prendere decisioni spesso difficili e complesse. La massa di carta che hanno raccolto rappresenta certo una grande mole di informazioni, ma queste non sono in grado di aiutare il loro processo decisionale: il sovraccarico di informazioni, anche se di buona qualità, può corrispondere a nessuna informazione. Come sappiamo, le linee guida sono state create per implementare il miglioramento del trattamento dei malati affetti da una patologia cronica. Ad oggi esistono svariate linee guida promulgate dalle società scientifiche nazionali e internazionali ed esse non sempre trovano utilità nell’orientare la scelta del miglior trattamento per le ormai sempre più numerose persone con più di una patologia cronica, semplicemente perché non sono create a tale scopo. Infatti, la maggior parte dei malati presenta una multimorbilità: in uno studio condotto in Inghilterra si è visto, ad esempio, che se prendiamo in considerazione le dieci più frequenti patologie croniche in medicina generale come patologia indice, possiamo constatare come la maggior parte dei malati è molto probabile soffra anche di una delle altre nove patologie:8 • per i pazienti con scompenso cardiaco, ad esempio, il 57% è anche affetto da ipertensione arteriosa, il 59% da cardiopatia ischemica, il 16% da ictus, il 26% da fibrillazione atriale, il 23% da diabete, il 18% da BPCO, il 23% da dolore cronico, il 17% da depressione e il 4% da demenza; • per i pazienti con diabete mellito, ad esempio, il 54% è anche affetto da ipertensione arteriosa, il 23% da cardiopatia ischemica, il 6% da scompenso cardiaco, il 9% da ictus, il 6% da fibrillazione atriale, l’8% da BPCO, il 21% da dolore cronico, il 18% da depressione e il 2% da demenza. Il dato che colpisce di questo aspetto è che solo una piccola percentuale di pazienti è affetta esclusivamente dalla patologia indice: ad esempio, solo il 3% è affetto esclusivamente da scompenso cardiaco, solo il 17% da diabete mellito, solo l’8% da cardiopatia ischemica, solo il 5% da demenza, ecc. La conclusione è che per un medico di
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famiglia una linea guida che non tiene conto delle multimorbilità non è utilizzabile se non in un ristrettissimo numero di pazienti: un’indicazione valida per il 3% dei pazienti con scompenso cardiaco (quelli che soffrono solo di quella patologia) non può essere di alcuna utilità pratica. Questo riflette il fatto che le evidenze cliniche non possono più essere automaticamente traslate nella pratica quotidiana, dove la multimorbilità è la condizione più comune.9 Un altro aspetto nuovo di cui il MMG deve tenere conto nell’ambito della cronicità è che oggi i pazienti non devono subire soltanto il peso dei sintomi che le malattie da cui sono affetti procurano loro, ma anche l’onere dei trattamenti che queste comportano sotto forma di procedure e/o terapie.10 Oggi ai pazienti viene chiesto di essere parte attiva nel processo di cura delle proprie condizioni cliniche, ma è anche vero che essi hanno un carico di compiti ed impegni sempre più gravoso e di questo ogni professionista sanitario dovrebbe tener conto.10 Si sente sempre più la necessità di una medicina che tenga conto anche di questo aspetto, di un approccio alla cura del paziente che enfatizzi le preferenze individuali, tenga conto di eventuali multimorbilità e cerchi di ridurre il carico di lavoro per il paziente e il caregiver.11 La domanda più semplice che ogni sanitario dovrebbe farsi è: “Può il paziente fare veramente quello che gli sto chiedendo di fare?”. Ci vorrebbero la sensibilità e la capacità di identificare quelle condizioni e/o quei pazienti nei quali la complessità delle condizioni presenti dovrebbe far sì che il medico modifichi il suo modo di agire, adottando una medicina più rispettosa e meno invasiva. In medicina generale sono pochi gli strumenti clinici che permettono di identificare tali situazioni. Infatti, ci vuole uno strumento che consenta di valutare rapidamente, ma al contempo rigorosamente, tutti gli aspetti che costituiscono le caratteristiche sanitarie e non sanitarie importanti del paziente. Esiste allo studio una scala che prende in considerazione tale aspetto che non è sinonimo di semplice fragilità, ma si spinge a considerare la complessità e vulnerabilità del paziente.12
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
IL MEDICO DI FAMIGLIA E LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON DIABETE
Il MMG per poter gestire correttamente il paziente complesso deve avere degli strumenti clinico-organizzativi e terapeutici che gli consentano di rapportarsi correttamente ed efficacemente al paziente e agli specialisti di riferimento. Per poter affrontare le patologie croniche è infatti ormai chiaro che gli strumenti clinico-organizzativi che la convenzione stabilisce per il lavoro del MMG non sono più sufficienti. Infatti questi gli consentono di gestire le patologie acute per le quali è necessario un atteggiamento di medicina “on demand” (che aspetta la richiesta di intervento da parte del paziente che presenta un sintomo), medicina del singolo (che valuta di volta in volta il paziente che si presenta alla sua attenzione), medicina di attesa (il MMG ha un atteggiamento di vigile attesa per una pronta risposta in caso di richiesta da parte del paziente che presenta un sintomo e che richiede il suo intervento). A tutto ciò è necessario affiancare idonei strumenti clinico-organizzativi che gli consentano al contempo di porre rimedio alla crescente e ormai indifferibile richiesta di gestione delle patologie croniche per le quali è necessario un atteggiamento speculare a quello visto in precedenza di medicina attiva (in cui è il medico che si deve preoccupare di porsi in un atteggiamento proattivo nei confronti della patologia cronica in oggetto), medicina di popolazione (che valuta anche complessivamente tutta la sua popolazione di pazienti affetti dalla patologia cronica in oggetto per garantire a tutta la sua popolazione adeguati livelli di assistenza), medicina di iniziativa (il MMG deve avere l’iniziativa utile a programmare per ogni paziente il miglior percorso di cura con una presa in carico globale delle esigenze sanitarie complessive del paziente, costruendo così per ognuno il suo piano di cura personalizzato). Infatti, le patologie croniche sono caratterizzate dalla necessità di gestire momenti di prevenzione, personalizzazione della cura e allo-
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cazione delle risorse tali da poter garantire la gestione di tutti i pazienti affetti da tale condizione patologica. In tutto questo la condivisione delle decisioni con il paziente in primis e poi con lo specialista di riferimento diventa essenziale: questo deve prevedere la promozione della più ampia e fattiva comunicazione tra i servizi di diabetologia e la MG, anche attraverso l’utilizzo dei più moderni strumenti di comunicazione. Obiettivo strategico deve quindi essere quello di costruire una rete assistenziale supportata da un collegamento funzionale tra 1° e 2° livello di assistenza e da una banca dati alimentata da dati clinicoamministrativi della MG e dei servizi di Diabetologia utile sia per il monitoraggio dei percorsi assistenziali, sia per migliorare l’assistenza e l’efficienza delle cure e l’aderenza al follow-up ed alle terapie. Nello specifico del diabete, i Piani nazionali diabete 13 e cronicità chiamano in causa, in un’ottica di gestione integrata, la stretta collaborazione tra MMG e team specialistico diabetologico con l’identificazione di quali possano essere le migliori azioni per contrastare l’impatto della crescente incidenza della malattia diabetica e delle sue complicanze, come è documentato dall’orientamento dei progetti e dai Piani sanitari nazionali degli ultimi anni (Piano sanitario nazionale 2003-2005, Piano nazionale della prevenzione attiva 2004-2006, Piano nazionale della prevenzione 2010-2012, Piano nazionale sulla malattia diabetica 2013, Piano nazionale cronicità 2016). Con i suoi contenuti strategici il Piano nazionale sulla malattia diabetica13 viene considerato anche il benchmark del Piano della cronicità che, recepito con l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, è stato siglato in data 15 settembre 2016. La gestione integrata delle persone con diabete è ormai da molti anni il modello ritenuto più idoneo ed efficace; infatti, partendo dal lavoro di Ed Wagner sul Chronic care model, e poi dal Progetto IGEA dell’Istituto superiore di sanità,14 si sono identificati gli strumenti, i compiti e gli obiettivi da raggiungere.
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Una corretta ed efficace gestione integrata del diabete mellito (GID) ha ormai anche in Italia dimostrato efficacia nel ridurre la mortalità e la morbilità dei pazienti 15 oltre che nel ridurre e meglio gestire le risorse del SSN.16 Questo non può però prescindere dal favorire la nascita e il sostegno economico di un modello organizzativo di una MG moderna ed adeguata alla presa in carico delle persone con diabete, e più in generale dei malati cronici, mediante l’implementazione delle aggregazioni funzionali della MG, l’implementazione di un diffuso utilizzo del personale di studio (segreteria ed infermiere) e di una strumentazione diagnostica di primo livello adeguata ai compiti professionali del MMG. Risulta altresì indispensabile che al MMG venga concesso l’uso di tutti gli strumenti terapeutici che la moderna Diabetologia mette a disposizione; in particolare è auspicabile che anche al MMG venga concessa la possibilità di prescrivere i farmaci più moderni che recentemente le linee guida nazionali 17 e internazionali posizionano tra le prime scelte in ambito terapeutico per il paziente con diabete mellito di tipo 2 (DMT2): attualmente infatti la normativa prescrittiva italiana obbliga il paziente ad una visita specialistica diabetologica per poter ottenere un Piano terapeutico che autorizzi il MMG alla prescrizione di tali farmaci, privando in questo modo il MMG di strumenti terapeutici importanti, i pazienti della possibilità di accedere facilmente alle terapie a loro più idonee e impedendo al SSN di garantire le migliori cure che sono indicate già ai primi stadi della malattia diabetica e per le condizioni di più frequente riscontro clinico, con aumento dei tempi di attesa e dei costi. La possibilità di accesso a nuovi device da parte del MMG consentirà al paziente, grazie ad un adeguato percorso educativo e al supporto della telemedicina, di mantenere una continuità di contatti con il servizio sanitario, riducendo ad esempio nel caso specifico del diabete la necessità di visite presso l’ambulatorio del diabetologo, e certamente potrà contribuire anche ad un’evoluzione della metodologia professionale, quale occasione di consolidamento della relazione fiduciaria medico-paziente.
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Un recente progetto di prevenzione e cura di persone con DMT2 ha visto il coinvolgimento di numerosi MMG impegnati nel monitoraggio continuo dei valori glicemici nei pazienti con scarso controllo glicometabolico o a rischio di episodi grazie alla telemedicina, applicata attraverso dispositivi e piattaforme naturalmente connesse ed interagenti senza alcun intervento specifico del paziente (solo i semplici e classici gesti quotidiani per il monitoraggio continuo). Il progetto ha dimostrato come l’uso di un sistema di telemedicina domiciliare a comunicazione bidirezionale, senza richiedere alcuna azione aggiuntiva, renda i pazienti in grado di rilevare, trasmettere e monitorare i valori di glicemia; questo progetto, associato ad un sistema di supporto educativo remoto e ad un sistema di tele-health accessibile al paziente e al MMG, può migliorare il controllo glicemico (HbA1c) in soggetti con DMT2 rispetto alle consuete modalità di gestione del paziente. In realtà come il Piemonte i risultati sono eclatanti. In questa Regione da molti anni è attivo un efficace sistema di gestione integrata delle persone con diabete e al MMG è stato dato un giusto ed appropriato riconoscimento 18-20 tramite uno specifico accordo integrativo Regionale (D.G.R n. 40-9920 del 27/10/2008, con cui è stato approvato l’“Accordo regionale della medicina generale sulla gestione integrata dal diabete”, siglato il 21/7/2008 fra la Regione e le OO.SS. maggiormente rappresentative a livello regionale dei MMG, poi consolidato con D.G.R. 3 ottobre 2011, n. 18-2663). L’intesa consente al MMG di organizzarsi adeguatamente (personale di segreteria, personale infermieristico, adeguata strumentazione informatica, ambulatori dedicati alle persone con diabete, momenti di confronto con la propria équipe territoriale di MMG, ecc.). La GID ha rappresentato una strategia d’intervento che ha consentito di migliorare la qualità delle cure per le persone con diabete, attraverso l’attivazione di percorsi volti a:
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1. condividere ed applicare percorsi diagnostici omogenei con i team della rete diabetologica, MMG e tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura (figura 1.2); 2. valorizzare il coinvolgimento attivo della persona con diabete nel percorso di cura attraverso la programmazione di attività educativo-formative dirette ai pazienti, sotto forma di iniziative periodiche di educazione; 3. adottare un sistema informativo ed indicatori comuni; 4. porre in atto la periodica revisione dell’appropriatezza clinica, organizzativa ed amministrativa dell’assistenza erogata; 5. analizzare e formulare ipotesi di soluzione collegiale dei problemi; 6. garantire la formazione del team di rete. Per il MMG i vantaggi sono numerosi, a partire dal potersi organizzare in modo proattivo nei confronti di una patologia che, oltre ad essere abitualmente considerata il “modello” di patologia cronica, Figura 1.2 • Il team diabetologico integrato
Diabetologo
Medico di famiglia
DMT2 compensato non complicato
DMT2 scompensato e/o complicato
DMT1
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è alla base dell’attuale epidemia che sta investendo tutti i SSN nel mondo: la cronicità. Inoltre, in questo modo, il MMG ha la possibilità di riacquisire un ruolo primario nella gestione dei suoi pazienti con diabete, avendo contemporaneamente un valido e tempestivo supporto specialistico quando questo è necessario, oltre alla certezza di adottare le più moderne procedure diagnostico-terapeutiche per la sua popolazione di assistiti. L’AIR per la MG del Piemonte, infatti, si basa su 5 principi fondamentali: 1. la medicina di iniziativa; 2. il pay for performance; 3. l’accountability; 4. il raggiungimento della qualità delle cure attraverso l’audit; 5. l’integrazione con il secondo livello mediante un PDTA condiviso. Ciò fa sì che questo modello possa e debba essere mutuato per tutte le altre patologie croniche. Per contro, possiamo considerare la richiesta al MMG di cambiare il suo modo di lavorare per interagire attivamente con i pazienti e con le altre strutture del SSR, oltre che con gli altri MMG: questo sforzo che viene richiesto al MMG è però ormai necessario, perché il mutare delle necessità di assistenza dei pazienti deve vedere specularmente il cambiamento organizzativo e relazionale delle figure deputate all’assistenza sanitaria: solo un MMG organizzato, proattivo e interconnesso con le altre strutture del SSR potrà affrontare adeguatamente l’emergenza che sta in tutto il mondo presentandosi: la gestione della cronicità. Per concludere, la sfida della cronicità presuppone la necessità di pensare all’implementazione di reti assistenziali che siano in grado di stratificare la popolazione ed attivare percorsi personalizzati e differenziati in rapporto al grado di complessità della malattia del singolo individuo e ai suoi specifici fabbisogni; in tale prospettiva la GID deve essere colta dai clinici come opportunità di consapevolizzazione
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della necessità di disporre di regole e di strumenti che accompagnino l’evoluzione del servizio di assistenza da un modello per aree verticali (silos) di erogazione di prestazioni assistenziali a percorsi integrati e trasversali (integrated care pathway) incentrati sulla presa in carico globale della persona. Key messages La prevalenza delle patologie croniche è significativamente incrementata negli ultimi 10 anni, ponendo sfide importanti ad un Servizio sanitario nazionale istituito per risolvere soprattutto le patologie acute. Il MMG ha un ruolo rilevante nella gestione di tutte le condizioni patologiche croniche che colpiscono un elevato numero di persone e debbono essere seguite e monitorate per tutto l’arco della vita del paziente (multimorbilità). Il diabete è una di queste condizioni. Il MMG per poter gestire correttamente il paziente complesso deve avere degli strumenti clinico-organizzativi e terapeutici che gli consentano di rapportarsi correttamente ed efficacemente con il paziente e con gli specialisti di riferimento. I Piani nazionali diabete e cronicità chiamano in causa la stretta collaborazione tra MMG e team specialistico diabetologico, sostenuto da adeguate risorse. L’auspicio è che ci sia un’evoluzione del servizio di assistenza da un modello per aree verticali (silos) di erogazione di prestazioni assistenziali a percorsi integrati e trasversali (integrated care pathway) incentrati sulla presa in carico globale della persona.
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
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ROGETTO DIABETE PER LA P CONTINUITÀ ASSISTENZIALE Agostino Consoli
IL PDTA DEL PAZIENTE DIABETICO NELL’AMBITO DEL PIANO NAZIONALE E DEI PIANI REGIONALI DELLA CRONICITÀ, CON SPECIFICO RIFERIMENTO AL PDTA DELLA REGIONE ABRUZZO
La definizione di Percorsi diagnostico terapeutici specifici per la malattia diabetica non può prescindere dal Piano nazionale della malattia diabetica (PND), redatto dalla Commissione nazionale diabete, istituita presso la DG Programmazione sanitaria al fine di applicare in dettaglio i dettami della legge 115/1987 e dell’Atto di intesa del 1991, dando seguito alle indicazioni della Comunità europea con le quali si invitano gli Stati membri ad elaborare o implementare piani nazionali per la lotta alla malattia diabetica. Il documento definisce 10 obiettivi generali volti a ridurre l’impatto della malattia sulle persone con o a rischio di sviluppare diabete, sulla popolazione generale e sul SSN, attraverso l’indicazione di obiettivi specifici, di indirizzi strategici e di linee di indirizzo prioritarie. I 10 obiettivi strategici del PND sono i seguenti: 1. migliorare la capacità del SSN nell’erogare e monitorare i Servizi, attraverso l’individuazione e l’attuazione di strategie che perseguano la razionalizzazione dell’offerta e che utilizzino metodo-
PROGETTO DIABETE PER LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
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logie di lavoro basate soprattutto sull’appropriatezza delle prestazioni erogate; 2. prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia attraverso l’adozione di idonei stili di vita; identificare precocemente le persone a rischio e quelle con diabete; favorire adeguate politiche di intersettorialità per la popolazione generale a rischio e per le persone con diabete; 3. aumentare le conoscenze circa la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e l’assistenza, conseguendo, attraverso il sostegno alla ricerca, progressi di cura, riducendo le complicanze e la morte prematura; 4. rendere omogenea l’assistenza, prestando particolare attenzione alle disuguaglianze sociali ed alle condizioni di fragilità e/o vulnerabilità socio-sanitaria sia per le persone a rischio che per quelle con diabete; 5. nelle donne diabetiche in gravidanza raggiungere outcome materni e del bambino equivalenti a quelli delle donne non diabetiche; promuovere iniziative finalizzate alla diagnosi precoce nelle donne a rischio; assicurare la diagnosi e l’assistenza alle donne con diabete gestazionale; 6. migliorare la qualità di vita e della cura e la piena integrazione sociale per le persone con diabete in età evolutiva anche attraverso strategie di coinvolgimento familiare; 7. organizzare e realizzare le attività di rilevazione epidemiologica finalizzate alla programmazione ed al miglioramento dell’assistenza, per una gestione efficace ed efficiente della malattia; 8. aumentare e diffondere le competenze tra gli operatori della rete assistenziale favorendo lo scambio continuo di informazioni per una gestione efficace ed efficiente, fondata sulla persona; 9. promuovere l’appropriatezza nell’uso delle tecnologie;
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10. favorire le varie forme di partecipazione, in particolare attraverso il coinvolgimento di associazioni riconosciute di persone con diabete, sviluppando l’empowerment delle persone con diabete. La declinazione degli obiettivi strategici del PND, specialmente relativamente a quanto attiene ai punti 4, 7 e 8, già configura la necessità che nella cura della malattia diabetica sia coinvolta l’intera rete assistenziale dei Servizi sanitari regionali e lo spunto è stato giustamente ed intelligentemente colto dalla maggioranza dei PDTA per la malattia diabetica elaborati dalle singole Regioni secondo i dettami del PND da esse puntualmente recepito. Nei PDTA regionali viene infatti opportunamente rilevato che il diabete mellito è una malattia frequente (ne è affetto circa il 6,5% della popolazione, per una stima complessiva di diabetici noti che si avvicina ai 4 milioni di individui) che presenta quadri clinici diversi e con diversi gradi di complessità. Da un lato, quindi, non è possibile affidarne interamente la cura a strutture specialistiche dedicate, dall’altro il trattamento del diabete richiede, almeno in alcune fasi, competenze e strutture organizzative complesse, che non possono essere ragionevolmente costituite nell’ambito della Medicina generale/Medicina di iniziativa. Al contempo, in alcune fasi della malattia, specie quando importanti complicanze sono presenti, la gestione della persona con diabete non può non coinvolgere ulteriori figure specialistiche (oculista, nefrologo, cardiologo, ecc.). Appare evidente che un’organizzazione sanitaria non integrata, legata ad un sistema esclusivamente basato sulla erogazione di prestazioni da strutture diverse e scollegata, non può garantire un’efficace ed efficiente cura della persona con diabete. Di conseguenza, come puntualmente recepito dai PDTA regionali, il quadro complessivo dell’assistenza alla persona con diabete deve essere disegnato prevedendo un’integrazione della Medicina generale e delle strutture specialistiche, tenendo conto anche del fatto che una recente metanalisi di studi osservazionali italiani ha permesso di rilevare una riduzione di oltre il 20% della mortalità totale in persone
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con diabete con accessi alle strutture specialistiche di Diabetologia nei confronti di persone con diabete mai inviate a controllo presso strutture specialistiche.1 A tale proposito, ad esempio, il PDTA per il diabete promulgato dalla Regione Abruzzo il 5/07/2016 con Decreto del Commissario ad Acta n. 75/2016, recita testualmente: “Il programma di cura della persona con diabete non può prescindere dalla gestione integrata della malattia che veda al centro il paziente stesso e preveda la sinergia tra il medico di Medicina generale (MMG) ed il team diabetologico”. Vi è anche generale concordanza, tra i PDTA regionali, sulle rispettive aree di competenza del MMG e delle strutture specialistiche, con il MMG che ha prevalentemente in carico le persone affette da diabete mellito di tipo 2 che siano in accettabile compenso metabolico e non presentino elevato grado di complessità. Ad esempio, il PDTA per il diabete elaborato dalla Regione Toscana e promulgato con decisione del Comitato tecnico scientifico del 29/10/2019 recita testualmente: L’assistenza di primo livello, fornita dai MMG, comprende: 1. screening delle popolazioni a rischio; 2. inquadramento diagnostico; 3. rilascio del certificato per richiedere l’esenzione per patologia; 4. educazione terapeutica utilizzando le risorse territoriali disponibili; 5. presa in carico, in collaborazione con le Strutture diabetologiche (SD) per l’assistenza alle persone con diabete mellito, dei pazienti e condivisione del Piano di cura personalizzato; 6. follow-up del paziente diabetico: visite periodiche programmate per la verifica del compenso metabolico, controllo dei fattori di rischio associati e programmazione dello screening delle complicanze. Ai servizi specialistici sono invece destinati i compiti indicati di seguito.
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L’assistenza di secondo livello, fornita dal team diabetologico (diabetologo, infermiere, dietista, podologo ove presente) comprende: 1. consulenza su pazienti con diabete tipo 2 alla diagnosi; 2. presa in carico fino alla risoluzione o stabilizzazione del problema di pazienti con diabete tipo 2 inviati dai MMG per scompenso metabolico o per lo sviluppo di una complicanza; 3. primo inquadramento delle lesioni del piede e gestione diretta dei casi meno complessi; 4. educazione terapeutica strutturata per self-management e terapia dietetica (interventi singoli o per gruppi) utilizzando le risorse a disposizione del secondo livello; 5. screening delle complicanze croniche mediante percorsi strutturati (day service e/o ambulatori congiunti) usufruibili anche dai moduli della Medicina d’iniziativa; 6. gestione del diabete gestazionale; 7. gestione del diabete tipo 1; 8. gestione di “altri tipi di diabete” come classificati negli “Standard italiani per la cura del diabete mellito”; 9. compilazione dei piani terapeutici per i farmaci a prescrizioni specialistica; 10. certificazione per patente e altre certificazioni specialistiche di legge; 11. consulenza, supporto clinico e presa in carico dei pazienti diabetici ricoverati; 12. prescrizione e gestione dei sistemi di monitoraggio glicemico in continuo. E nelle strutture ove sia possibile: a. piede diabetico: gestione clinica delle lesioni di maggior rischio e complessità attraverso la creazione di un team multiprofessionale e secondo quanto indicato dalle linee di indirizzo della D.G.R. n. 698 del 19/07/2016 (Allegato A della Delibera);
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b. tecnologie avanzate (impianto ed educazione all’uso di microinfusori e sistemi integrati); c. gestione delle complicanze croniche di grado severo richiedenti interventi multidisciplinari; d. transizione dei giovani diabetici verso l’età adulta attraverso un percorso personalizzato e adattabile alla realtà locale; e. programmazione e gestione della gravidanza nel diabete pre-gravidico; f. obesità grave: inquadramento diagnostico, programma terapeutico per il controllo del peso ed eventuale indirizzo alla chirurgia bariatrica. Emerge quindi chiaramente nella maggioranza dei PDTA regionali il forte indirizzo, declinato poi in una serie di indicazioni che possono differire leggermente da Regione a Regione ma che vanno tutte nella stessa direzione, ad integrare i MMG e le strutture specialistiche in modo tale che per quel che riguarda il DM2 l’inquadramento iniziale, le basi educazionali e la prima impostazione terapeutica siano demandati allo specialista, ma che sia poi incaricato il MMG del successivo follow-up del paziente diabetico (inclusi le visite periodiche programmate per la verifica del compenso metabolico, il controllo dei fattori di rischio associati e la programmazione dello screening delle complicanze) e che sia questi, se necessario, a riferire nuovamente alla struttura specialistica persone con diabete che presentino difficoltà maggiori a raggiungere e/o a mantenere un adeguato compenso metabolico. Questo indirizzo è ben riassunto nella “matrice delle responsabilità” (tabella 3.1) adottata nel PDTA della Regione Piemonte deliberato con D.G.R. 27-4072 del 17/10/2016. Nel medesimo PDTA vengono anche precisate le situazioni nelle quali è sconsigliabile che le visite di follow-up siano automaticamente riprogrammate presso le strutture specialistiche di diabetologia, riassunte nel seguente schema:
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• pazienti con più di 80 anni e con HbA1c ≤8; • pazienti tipo 2, con meno di 80 anni con “iporali” + basale e HbA1c a target personalizzato; • pazienti tipo 2, con meno di 80 anni con solo “iporali” e HbA1c a target personalizzato; • pazienti tipo 2, con meno di 80 anni con solo dieta e HbA1c a target personalizzato. È importante osservare come la realizzazione pratica dell’orientamento comune (e necessario) che porta tutte le Regioni a considerare irrealizzabile una corretta gestione della malattia diabetica in assenza TABELLA 3.1 - MATRICE DELLE RESPONSABILITÀ Operatore Descrizione dell’attività
Diabetologo e team
MMG
di diabetologia
Specialisti di complicanze
Prima visita per accertamento patologia
R
I
–
Rientro programmato o per nuovo problema dalla GID
I
R
–
Rilascio piani terapeutici o altre certificazioni
R
I
–
Visita di accoglienza
R
I
–
Valutazione D complessiva con piano
R
I
C
Consulto interdisciplinare di gruppo
R
I
R
Esami o visite nel percorso nel SD
R
I
R
Addestramento Istruzione Educazione (ETS)
R
I
–
Assistenza nella fase di presa di carico del MMG (GID)
I
R
–
Legenda: Responsabile (R); Coinvolto (C); Informato (I)
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di un’efficace ed efficiente integrazione dei MMG e delle strutture specialistiche ai fini della gestione stessa è assolutamente facilitata dall’impiego dei più moderni mezzi di scambio telematico delle informazioni, in assenza del quale è in effetti difficilmente immaginabile la sua realizzazione piena e compiuta. Anche questo concetto è ampiamente riportato nei PDTA regionali. Nel PDTA adottato dalla Regione Sicilia con D.A. n. 602 del 16/04/2018 si legge infatti: “Di indubbia importanza, in un tale nuovo disegno di Cure primarie integrate, sono: • l’utilizzo di sistemi informativi ‘esperti’ in grado di monitorare i percorsi diagnostico-terapeutici e di migliorare l’appropriatezza assistenziale attraverso un’attività di audit integrata con il team specialistico, basata su indicatori di processo ed esito; • il potenziamento e l’utilizzo di strumenti di comunicazione e di scambio informativo. In particolare, i sistemi informativi dovranno fornire un opportuno supporto alla condivisione-circolazione dei dati clinici dei pazienti per ottimizzare il percorso di cura, evitare l’inutile ripetizione di esami, far capire alle persone con diabete che sono realmente inserite all’interno di un network assistenziale con un monitoraggio continuo da parte dei vari attori assistenziali utile a una maggiore attenzione nella cura e migliori risultati”. In maniera assolutamente concordante, nel già citato PDTA della Regione Abruzzo si legge quanto segue. Per una corretta gestione integrata nell’assistenza del paziente diabetico sono necessari: 1. un percorso diagnostico terapeutico e assistenziale (PDTA) condiviso; 2. un modulo di informazione e consenso sottoscritto dal paziente che aderisce alla gestione integrata, come previsto dal PDTA; 3. l’utilizzo della cartella clinica informatizzata;
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4. l’attivazione di strumenti di comunicazione diretta, online, attraverso l’integrazione delle cartelle cliniche dei MMG e dei team diabetologici; 5. la formazione continua dei professionisti; 6. la raccolta dati e la valutazione periodica della gestione integrata, attraverso l’utilizzo di indicatori di struttura, di processo e di esito e l’avvio di percorsi di self-audit, audit di gruppo e di Associazioni funzionali territoriali e Unità complesse di cure primarie. Quindi, nell’affermare che “il programma di cura della persona con diabete non può prescindere da una gestione integrata della patologia che veda al centro il paziente stesso e preveda la sinergia tra il MMG e il team diabetologico” il PDTA della Regione Abruzzo prevede anche che “in tutte le fasi del percorso è necessaria comunque una stretta interazione tra il team diabetologico, il MMG e gli altri specialisti, da realizzarsi attraverso l’uso di supporti informatici”. L’interazione informatica, applicata nei modi e nelle forme più avanzati, è l’unica, tra l’altro, a permettere una puntuale valutazione periodica dei risultati della gestione integrata, attraverso la rilevazione di indicatori di struttura, di processo e di esito difficilmente ottenibili in assenza di essa. Riassumendo, il motivo conduttore comune che impronta le risoluzioni esplicitate dai diversi PDTA regionali è quello della necessità che il MMG, di concerto con la struttura specialistica, assuma una parte ancor più rilevante nella gestione della persona con diabete, in particolare per quello che riguarda il monitoraggio ed il follow-up di persone con diabete mellito di tipo 2 in condizioni di soddisfacente controllo metabolico. Questo deve permettere alle strutture specialistiche di concentrare le risorse sulle situazioni cliniche più complesse, senza ovviamente cessare di essere utile punto di riferimento per il MMG ma evitando, rispetto ad esso, inutili ed inappropriate sovrapposizioni di ruolo.
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È opportuno tuttavia rilevare che oggi in un ampio numero di soggetti un’appropriata terapia del diabete mellito di tipo 2 non può prescindere dall’utilizzo di farmaci innovativi di comprovata sicurezza e maneggevolezza e che presentano, rispetto ai farmaci più tradizionali, indubbi vantaggi relativamente all’efficacia, al rischio di ipoglicemia, agli effetti sul peso corporeo ed alla protezione nei confronti del rischio cardiovascolare e di progressione della malattia renale. La prescrizione in rimborsabilità di detti farmaci è però sottoposta alla redazione di un piano terapeutico da parte della struttura specialistica, che deve obbligatoriamente essere rinnovato dalla struttura specialistica stessa ogni 6-12 mesi. È facilmente intuibile come queste disposizioni relative alla prescrizione in regime di rimborsabilità di presidi farmacologici che secondo le linee guida nazionali e internazionali dovrebbero necessariamente far parte delle strategie terapeutiche in un ampio numero di persone con diabete di tipo 2 costituiscano di fatto un forte ostacolo materiale alle linee di indirizzo ampiamente condivise a livello regionale e nazionali che, come sopra osservato, demandano al MMG una cospicua parte della presa in carico delle persone con diabete mellito di tipo 2. In pratica, sulla base di queste disposizioni, per poter avere accesso ai trattamenti innovativi più efficaci e sicuri, una persona con diabete di tipo 2 deve effettuare un accesso alla struttura specialistica almeno ogni 6 mesi anche quando, secondo le indicazioni fornite dai PDTA regionali, questi accessi andrebbero “risparmiati” sulla base delle condizioni cliniche del soggetto. Quanto esposto sopra genera quindi un’incongruenza alla quale andrebbe posto riparo. Se la direzione obbligata per fornire adeguate risposte alle problematiche poste dalla crescente prevalenza della malattia diabetica è quella di una gestione della persona con diabete sempre più integrata tra MMG e diabetologi, con un crescente ruolo del MMG nella presa in carico di fette più ampie della popolazione diabetica, la soluzione alle incongruenze sopra esposte deve prevedere le seguenti soluzioni regolatorie e culturali:
Progetto diabete per la continuità assistenziale
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• apertura ai MMG della prescrivibilità in regime di rimborsabilità dei farmaci innovativi per il diabete; • abolizione della obbligatorietà del Piano terapeutico (PT) per la prescrizione dei farmaci innovativi per il diabete mellito con l’istituzione, relativamente alla prescrizione in regime di rimborsabilità da parte del MMG, di una nota AIFA; a ciò dovrebbe essere progressivamente assicurata una tracciabilità su piattaforma digitale dell’appropriatezza e degli outocome, con dati imputabili sia dal MMG che dallo specialista; piattaforma capace di popolarsi in automatico con i dati clinici e laboratoristici del paziente estratti direttamente dai gestionali elettronici sia dei MMG che delle strutture specialistiche e aggiornabile periodicamente, con lo scopo di permettere un monitoraggio facile ed esaustivo degli indicatori di processo e di outcome connessi con l’impiego di farmaci innovativi, senza costituire un ostacolo alla prescrizione. Le proposte elencate non sono necessariamente mutualmente esclusive ed ulteriori soluzioni che ne combinino eventualmente gli approcci possono essere ricercate e valutate. È tuttavia obbligatorio che venga con urgenza risolto il conflitto tra i modelli di gestione della malattia diabetica proposti dai più recenti PDTA e la necessità di garantire a tutte le persone con diabete un ampio accesso alle cure ottimali. Key messages La definizione di percorsi diagnostico terapeutici specifici per la malattia diabetica non può prescindere dal Piano nazionale della malattia diabetica. Il documento definisce 10 obiettivi generali volti a ridurre l’impatto della malattia sulle persone con o a rischio di sviluppare diabete, sulla popolazione generale e sul SSN, attraverso l’indicazione di obiettivi specifici, di indirizzi strategici e di linee di indirizzo prioritarie. Il quadro complessivo dell’assistenza alla persona con diabete deve essere disegnato prevedendo un’integrazione della Medicina generale e delle strutture specialistiche.
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Vi è piena concordanza tra i documenti nazionali e il PDTA della Regione Abruzzo che riporta che “il programma di cura della persona con diabete non può prescindere dalla gestione integrata della malattia che veda al centro il paziente stesso e preveda la sinergia tra il MMG ed il team diabetologico”. Il percorso condiviso permette alle strutture specialistiche di concentrare le risorse sulle situazioni cliniche più complesse, senza cessare di essere utile punto di riferimento per il MMG ma evitando, rispetto ad esso, inutili ed inappropriate sovrapposizioni di ruolo.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Bonora E et al. Attending Diabetes Clinics is associated with a lower all-cause mortality. A meta-analysis of observational studies performed in Italy. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2018;28:431-5. Regione Toscana - Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale della persona affetta da piede diabetico: Linee di indirizzo regionali. Allegato A della Delibera N. 698 del 19-07-2016. Società Italiana di Diabetologia, Associazione Medici Diabetologi italiani. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018. 27 aprile 2018.
4•
E COMORBILITÀ DEL PAZIENTE L DIABETICO E LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO PER LA DEFINIZIONE DELLA PRESA IN CARICO Paolo Di Bartolo
La definizione/stratificazione del rischio di sviluppare complicanze e/o lo stadio di eventuali complicanze micro o macroangiopatiche sono stati, e in verità probabilmente in alcune Regioni o aree del nostro paese lo sono ancora, elementi discriminanti per l’identificazione del percorso di cura, specialistico o territoriale, per la persona con diabete. Si procedeva con l’introduzione del paziente con patologia non complicata o a basso rischio in un percorso territoriale, mentre il paziente con necessità di una maggiore intensità di cura veniva indirizzato ad un percorso di cura specialistico. Si mettevano così le basi per un approccio all’assistenza delle persone con diabete di tipo 2 a compartimenti stagni che oggi non può più essere accettato come modello assistenziale e che deve essere rivisto in coerenza con le attuali evidenze, linee guida e con il Piano nazionale del diabete.1-3 COMORBILITÀ
Gli Annali AMD 2018 4 ci permettono di valutare la prevalenza delle condizioni cliniche più frequentemente associate al diabete di tipo 2: obesità, ipertensione ed iperlipemia.
4•
COMORBILITÀ DEL PAZIENTE DIABETICO E STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Degli oltre 500.000 pazienti presenti nel DB Annali AMD, oltre il 41% presentava un BMI >30 kg/m2, il 58,6% presentava segni di malattia renale espressi da micro o macroalbuminuria, il 56,4% risultava trattato con farmaci ipolipemizzanti e il 69,2% era in cura con antipertensivi. Accettare un dato di farmacoepidemiologia per la definizione della prevalenza di ipertensione e iperlipemia significa accettare un dato proxy che certamente sottostima il dato, considerando come nella stessa popolazione il 53% delle persone con LDL >130 mg/dl e il 26,4% dei soggetti con pressione arteriosa >140/95 mmHg non risultassero trattati con alcuna terapia farmacologica. La Regione Emilia-Romagna nel 2014 in un’analisi sulla cronicità regionale (unpublished data), grazie alla presenza di un registro di patologia alimentato da fonti amministrative (DB esenzioni, DB SDO, DB farmaco), aveva evidenziato come il 52% delle persone con due patologie croniche corrispondesse a persone con diabete (diabete + ipertensione, diabete + cardiopatia, diabete + BPCO). Anche fra le persone con tre condizioni croniche il 52% presentava diabete (diabete + BPCO + ipertensione, diabete + cardiopatia + scompenso, diabete + cardiopatia + ipertensione), mentre la percentuale di pazienti con quattro o più patologie croniche che risultava avere il diabete saliva ben al 58%. Il diabete mellito di tipo 2 risulta essere quindi una condizione raramente isolata ma è parte di un concerto di molteplici condizioni croniche che descrivono prevalentemente un paziente ad alta o altissima fragilità che mai potrà essere considerato a basso rischio. STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO
Quando si parla di definizione del rischio nelle persone con diabete di tipo 2 si fa prevalentemente riferimento al rischio cardiovascolare. Nel 2010 la “emerging risk factors collaboration” aveva, in una metanalisi di 102 studi, portato alla nostra attenzione come il rischio di eventi cardiovascolari quali malattia coronarica e stroke fosse per
Comorbilità del paziente diabetico e stratificazione del rischio
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chi vive con diabete circa doppio rispetto ai casi di controllo (persone senza diabete).5 Quando si è fatto riferimento al rischio cardiovascolare, a lungo ci si è riferiti al rischio di eventi quali una qualsiasi forma di malattia coronarica o di stroke. Gli stessi MACE, recentemente utilizzati nei grandi trial cardiovascolari, sono specifici per eventi cardiovascolari correlati alla malattia aterosclerotica, mentre non riescono a descrivere o catturare i rischi di altre malattie cardiovascolari non aterosclerosi-correlate.6 Gli stessi diabetologi italiani hanno a lungo adottato questo approccio nella valutazione del rischio cardiovascolare e della prevalenza delle malattie cardiovascolari diabete-correlate. Le iniziative Annali AMD full data circle7 e lo studio RIACE della SID,8 infatti, hanno centrato la loro attenzione su eventi acuti cardiovascolari quali infarto, rivascolarizzazione, ictus, malattia renale cronica e piede diabetico, identificando come una quota pari a circa il 23% della popolazione assistita nelle diabetologie del nostro Paese avesse storia di malattia cardiovascolare. L’osservatorio Arno 2019, collaborazione fra SID, Cineca e Fondazione ReS,9 ci indica nell’analisi delle principali cause di ospedalizzazione delle persone con diabete come lo scompenso cardiaco sia la principale causa di ricovero, con una quota di pazienti ricoverati per scompenso pari al 10,2% della popolazione ricoverata contro il “solo” 5% della popolazione ricoverata per cardiopatia ischemica. Stratificare il rischio cardiovascolare focalizzando la propria attenzione sulla sola malattia aterosclerotica e sugli eventi acuti cardiovascolari comporta quindi il pericolo di trascurare la più importante complicanza cardiovascolare diabete-correlata, ovvero lo scompenso cardiaco. Sottolineare questa contraddizione assume grande importanza e proprio in questa direzione è utile ricordare come in uno studio osservazionale su un registro di patologia svedese10 sia stato evidenziato come il controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolare permettesse di annullare il rischio di mortalità per qualsiasi causa, di infarto o di stroke, ma non il rischio di ospedalizzazione per
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
scompenso cardiaco che, infatti, risultava costantemente più elevato (+45%) e non correggibile agendo sui classici fattori di rischio. Discutere di rischio cardiovascolare trascurando la valutazione del rischio di malattia diabetica renale e le correlazioni fra questi due quadri clinici appare oggi metodologicamente non appropriato. Un’attenta valutazione delle relazioni epidemiologiche, fisiopatologiche e cliniche fra malattia renale e malattie cardiovascolari diabete-correlate, oltre a chiarire come il diabete debba oggi essere considerato come un singolo “ombrello cardiorenale”, è destinata a facilitare lo sviluppo di strategie assistenziali che potrebbero tradursi in significative riduzioni nel rischio dello sviluppo di eventi clinici severi cardiorenali ed infine della mortalità diabete-correlata.11 Analisi sul DB Annali AMD12 hanno evidenziato come la presentazione della malattia renale nella popolazione assistita dalle diabetologie italiane sia nel 24% dei casi caratterizzata dalla presenza di micro o macro-albuminuria in soggetti con normale funzione renale. Accanto a questa, che viene considerata la più classica presentazione di malattia renale nelle persone con diabete, è presente una quota di pazienti (11%) che presenta all’esordio la sola compromissione della funzione renale in assenza di albuminuria. Questi due quadri distinti appaiono associati a profili di rischio differenti: il quadro albuminurico associato a un rischio elevato di malattia cardiovascolare, il quadro caratterizzato all’esordio dalla sola compromissione del filtrato renale associato ad un elevato rischio di insufficienza renale terminale. La stima del rischio di complicanze a lungo termine oggi si basa su modelli di predizione che partono da fattori presenti al baseline; la disponibilità dei cosiddetti “big data” e la possibilità di applicazione del machine learning e dell’intelligenza artificiale (IA) a tali database permetterà di creare equazioni di rischio a breve o medio termine per le complicanze che tengano conto anche delle modifiche dei fattori di rischio nel tempo.13 Gran parte delle esperienze di applicazione della IA in diabetologia è difatti orientata proprio in questa direzione, ovvero identificare le sottopopolazioni a maggior rischio di sviluppo
Comorbilità del paziente diabetico e stratificazione del rischio
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di complicanze con una stratificazione predittiva del rischio di popolazione.13 In attesa della disponibilità di tali algoritmi appare oggi molto coerente e facilitante adottare la proposta di definizione del rischio cardiovascolare della European Society of Cardiology (ESC) e della European Foundation for the Study of Diabetes (EASD).1 ESC ed EASD propongono l’adozione di tre profili di rischio differenti: molto alto, alto e moderato (tabella 4.1). L’associazione medici diabetologi (AMD) ha voluto verificare nel DB Annali quanti pazienti assistiti nelle diabetologie italiane presentassero un profilo di rischio molto alto o alto, in altre parole quanti pazienti sarebbero risultati eleggibili allo studio LEADER.14 Questa analisi risulta oggi particolarmente pertinente perché i criteri di inclusione nello studio LEADER si sovrappongono molto con la proposta di stratificazione del rischio ESC-EASD del 2019.15 Nel DB Annali oltre il 40% delle persone assistite nelle diabetologie appariva collocato nella fascia di rischio cardiovascolare molto alto o alto. Questo dato impressionante si contrappone con il riscontro più recente negli Annali AMD 2020 (unpublished data) della quota TABELLA 4.1 - CATEGORIE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE ESC-EASD NEI PAZIENTI CON DIABETE1 Rischio molto alto
Pazienti con DM e CVD o altri danni d’organo o tre o più fattori di rischio maggiori o DMT1 precoce di lunga durata (>20 anni)
Rischio alto
Pazienti con DM da >10 anni senza danni d’organo più qualsiasi altro fattore di rischio addizionale
Rischio moderato
Giovani pazienti (DMT1 età <35 anni o DMT2 età <50 anni) con DM da <10 anni senza altri fattori di rischio
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
di pazienti avviati a terapia con inibitori SGLT2 (SGLT2-i) o agonisti del recettore GLP1 (RAS-GLP1), ovvero le due classi di farmaci identificate oggi come farmaci addirittura di prima linea per la popolazione a rischio cardiovascolare alto o molto alto,1 2 ma anche, come suggerito dalle attuali linee guida ADA e EASD, per la popolazione a rischio moderato.1 2 Alla fine del 2018 solo il 15,4% della popolazione trattata farmacologicamente nei servizi di diabetologia italiani era in cura con SGLT2-i o RAS-GLP1. STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO CARDIORENALE PER LA DEFINZIONE DELL’APPROCCIO TERAPEUTICO AL DIABETE DI TIPO 2
Le recenti linee guida ESC-EASD, ADA e ERA-EDTA spostano l’attenzione di noi clinici dal target al beneficio, ovvero alla riduzione del rischio di malattia cardiovascolare e renale evidenziati dalle “nuove” classi di farmaci oggi disponibili per la terapia del diabete di tipo 2.1 2 16 Con un approccio tutto sommato molto semplificato, il clinico nella valutazione della più appropriata terapia farmacologica dovrà soprattutto valutare la presenza di malattia cardiovascolare e/o renale, o di elevato rischio di sviluppare tali complicanze, adottando in tali casi i farmaci caratterizzati da efficacia nella riduzione del rischio cardiorenale, SGLT2-i o RAS-GLP1.17 In altre parole sembra passare oggi in secondo piano la necessità di fenotipizzare il paziente e di considerare la qualità del controllo glicemico e dei fattori di rischio cardiovascolare nella scelta terapeutica.1 2 16 CONTROLLO DEI FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE NELLE PERSONE CON DIABETE DI TIPO 2
Quanto riportato sopra apparentemente confligge con l’approccio ad oggi adottato, il “treat to benefit”, ovvero “agisci minimizzando l’inerzia per portare il paziente in termini di controllo glicemico e
Comorbilità del paziente diabetico e stratificazione del rischio
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controllo dei fattori di rischio cardiovascolare nel target”. I dati già riportati sopra derivanti dallo studio osservazionale sul registro di patologia svedese,10 che evidenziavano come il mantenere nel target fattori di rischio cardiovascolare quali HbA1c, pressione arteriosa, lipemia, fumo ed albuminuria azzerasse l’eccesso di rischio per morte per qualsiasi causa, infarto e stroke, suggeriscono fortemente di non “disarmare” il nostro atteggiamento in questa direzione. Lo stesso studio aveva inoltre sottolineato come elevati livelli di HbA1c fossero il più forte predittore del rischio di infarto e stroke. Infine, ancora molto robuste sono le evidenze disponibili grazie a studi storici di intervento multifattoriale quali gli studi Steno.18 19 Nonostante quanto sopra riportato, nel “real world” siamo ancora lontani dal raggiungere questo ambizioso obiettivo. I dati degli Annali AMD 2020 (unpublished data), infatti, dimostrano come, pur migliorando costantemente negli anni, a fine del 2018 solo il 53% dei pazienti era nel target glicemico (HbA1c <7%) e solo il 19,7% dei soggetti assistiti nelle diabetologie italiane conseguiva l’endpoint composito HbA1c, colesterolo LDL e pressione arteriosa nel target (figura 4.1).
Figura 4.1 • Annali AMD 2019: indicatori di esito intermedio 2018
2018 19,7% 47%
Sì 53%
No
% di pazienti con A1c ≤7,0% (53 mmol/mol)
Sì
80,3% No
% di pazienti con A1c ≤7,0% (53 mmol/mol) LDL <100 mg/dl e pressione sanguigna <140/90 mmHg
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Ha ancora senso definire la modalità di presa in carico del paziente con diabete di tipo 2 sulla base di una stratificazione del rischio?
• • • •
Quanto descritto sopra offre uno scenario caratterizzato da: una popolazione con alta comorbilità e rischio cardiovascolare prevalentemente elevato o molto elevato; una popolazione fino ad oggi stratificata per rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica ma non per complicanze ad alta prevalenza quali scompenso cardiaco e malattia renale; la disponibilità di approcci terapeutici in grado di ridurre il rischio cardiorenale ad oggi sotto utilizzati (fino ad ora prescrivibili solo da specialisti); la non appropriatezza di un approccio a compartimenti stagni centrato sull’assegnazione dei pazienti ad alto rischio ed elevata comorbilità a un percorso di cura di pertinenza dei soli servizi specialistici.
La risposta, quindi, alla domanda sul senso della stratificazione del rischio per la definizione delle modalità di presa in carico è, per chi scrive: “No, non ha più senso”. Vi è oggi la necessità, per garantire una pari opportunità di cura per tutti i pazienti e la sostenibilità non solo economica ma anche organizzativa dei percorsi di cura, di muoversi nella direzione già indicata dal Piano nazionale della malattia diabetica.3 Su tale documento si indica l’opportunità di “una progressiva transizione verso un nuovo modello di sistema integrato, proiettato verso un disegno reticolare multicentrico mirato a valorizzare sia la rete specialistica diabetologica, sia tutti gli attori dell’assistenza primaria. (…) La sfida di una cura moderna è la gestione di un percorso integrato che preveda la centralità della persona con diabete”.3 Centralità del paziente che deve essere indipendente da una stratificazione del rischio e che “può essere garantita solo da un lavoro interdisciplinare, dalla comunicazione, dalla raccolta dei dati e dalla loro
Comorbilità del paziente diabetico e stratificazione del rischio
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continua elaborazione, dal miglioramento continuo, dal monitoraggio dei costi”.3 Questo potrebbe essere l’approccio che garantirebbe il “superamento dell’organizzazione attuale a compartimenti stagni, per realizzare un modello organizzativo trasversale capace di governare l’intero processo di cura integrando al meglio le competenze e le risorse disponibili” 3 e dove l’accesso alle nuove cure venga garantito in ogni snodo della rete assistenziale. Key messages La stratificazione del rischio di sviluppare complicanze è stata o è ancora elemento discriminante per l’identificazione del percorso di cura, specialistico o territoriale, per la persona con diabete. Recenti dati (sia nazionali che locali della Regione Emilia-Romagna) hanno mostrato che il diabete mellito di tipo 2 è parte di un concerto di molteplici condizioni croniche che descrive prevalentemente un paziente ad alta o altissima fragilità che mai potrà essere considerato soggetto a basso rischio. Stratificare il rischio cardiovascolare focalizzando la propria attenzione sulla sola malattia aterosclerotica e sugli eventi acuti cardiovascolari condiziona il rischio di trascurare la più importante complicanza cardiovascolare diabete correlata: lo scompenso cardiaco. Recenti evidenze di letteratura, mutuate anche dalle linee guida internazionali, tendono a far passare in secondo piano la necessità di fenotipizzare il paziente e di considerare la qualità del controllo glicemico e dei fattori di rischio cardiovascolare nella scelta terapeutica. Per garantire la pari opportunità di cura per tutti i pazienti, oltre alla sostenibilità economica ed organizzativa dei percorsi di cura, c’è necessità di muoversi nella direzione già indicata dal Piano nazionale della malattia diabetica. Solo così è possibile la realizzazione del modello di sistema integrato multicentrico mirato a valorizzare sia la rete specialistica diabetologica, sia tutti gli attori dell’assistenza primaria.
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
BIBLIOGRAFIA 1. Bonora E et al. Attending Diabetes Clinics is associated with a lower allcause mortality. A meta-analysis of observational studies performed in Italy. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2018;28:431-5. 2. Cosentino F et al. 2019 ESC Guidelines on diabetes, pre-diabetes, and cardiovascular diseases developed in collaboration with the EASD: The Task Force for diabetes, pre-diabetes, and cardiovascular diseases of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Association for the Study of Diabetes (EASD). Eur Heart J 2020;41(2):255-323. 3. American Diabetes Association. Improving care and promoting health in populations: Standards of medical care in diabetes – 2020. Diabetes Care 2020;43(Suppl 1):S7-S13. 4. Ministero della salute - Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Sistema sanitario nazionale. Piano sulla malattia diabetica 2013. 5. Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi) 2018 – Valutazione degli indicatori di qualità dell’assistenza al diabete in Italia. Disponibile online: https://aemmedi.it/wp-content/uploads/2018/11/Annali_AMD-_2018_prot. pdf (Ultimo accesso 1 giugno 2020). 6. Emerging risk factors collaboration. Diabetes mellitus, fasting blood glucose concentration, and risk of vascular disease: a collaborative meta-analysis of 102 prospective studies. Lancet 2010;375(9733):2215-22. 7. Hupfeld C, Mudaliar S. Navigating the “MACE” in cardiovascular outcomes trials and decoding the relevance of atherosclerotic cardiovascular disease benefits versus heart failure benefits. Diabetes Obes Metab 2019;21(8):17809. 8. Monografia Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi) – Full Data Circle. Disponibile online: https://aemmedi.it/wp-content/uploads/2018/06/ Monografia_AMD-x-stampa_9_2018-prot.pdf (Ultimo accesso 1 giugno 2020). 9. Solini A et al. Diverging association of reduced glomerular filtration rate and albuminuria with coronary and noncoronary events in patients with type 2 diabetes: The Renal Insufficiency and Cardiovascular Events (RIACE) Italian Multicenter Study. Diabetes Care 2012;35(1):143-9. 10. CINECA, SID, Fondazione ReS. Osservatorio ARNO Diabete. Il profilo assistenziale della popolazione con diabete. Rapporto 2019. Disponibile online: https://www.cineca.it/sites/default/files/news/Diabete_Rapporto_2019. pdf (Ultimo accesso 1 giugno 2020). 11. Rawshani A et al. Risk factors, mortality, and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med 2018;379(7):633-44.
Comorbilità del paziente diabetico e stratificazione del rischio
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12. Rodríguez E et al. Diabetes mellitus: a single cardiorenal syndrome umbrella. Clin Kidney J 2019;13(1):14-6. 13. De Cosmo S et al. Kidney dysfunction and related cardiovascular risk factors among patients with type 2 diabetes. Nephrol Dial Transplant 2014;29(3):657-62. 14. Dankwa-Mullan I et al. Transforming diabetes care through artificial intelligence: The future is here. Popul Health Manag 2019;22(3):229-42. 15. Le Monografie Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi): Diabete obesità e malattia cardiovascolare: lo scenario Italiano. Disponibile online: https://aemmedi.it/wp-content/uploads/2019/01/Annali-AMD-2018-password.pdf (Ultimo accesso 1 giugno 2020). 16. Álvarez-Villalobos NA et al. Liraglutide and cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med 2016;375(18):1797-8. 17. Sarafidis P et al. SGLT-2 inhibitors and GLP-1 receptor agonists for nephroprotection and cardioprotection in patients with diabetes mellitus and chronic kidney disease. A consensus statement by the EURECA-m and the DIABESITY working groups of the ERA-EDTA. Nephrol Dial Transplant 2019;34(2):208-30. 18. Gæde P et al. Effect of a multifactorial intervention on mortality in type 2 diabetes. N Engl J Med 2008;358(6):580-91. 19. Gæde P et al. Years of life gained by multifactorial intervention in patients with type 2 diabetes mellitus and microalbuminuria: 21 years follow-up on the Steno-2 randomised trial. Diabetologia 2016;59(11):2298-307.
5•
E EVIDENZE DISPONIBILI L PER L’IMPIEGO DEI FARMACI ANTIDIABETICI Aldo Pietro Maggioni
La sicurezza cardiovascolare dei farmaci ipoglicemizzanti è stata oggetto di particolare attenzione nel 2007 a seguito della pubblicazione di alcuni articoli e di una metanalisi che riportavano potenziali aumenti del rischio cardiovascolare con l’utilizzo di rosiglitazone. Ciò ha portato nel 2008 a raccomandazioni molto pragmatiche della Food and drug administration (FDA) che definivano i limiti in termini di rischio cardiovascolare dentro i quali gli studi su nuovi farmaci antidiabetici dovevano rimanere per poter essere approvati per il trattamento dei pazienti diabetici. Da qui è nata la lunga serie di trial clinici randomizzati di grande dimensione con end-point clinici rilevanti di tipo cardiovascolare che hanno finito per rivoluzionare i metodi di ricerca in ambito diabetologico e, nel tempo, anche le raccomandazioni per il trattamento dei pazienti diabetici. Questi studi, partiti come studi di non-inferiorità rispetto al placebo, hanno evidenziato, per alcune classi di farmaci, anche la possibilità di determinare un effetto favorevole in termini di riduzione di eventi macrovascolari, come infarto miocardico, ictus cerebrale e morte cardiovascolare. Va sottolineato comunque che molti di questi studi sono stati condotti quasi esclusivamente in soggetti diabetici ad alto rischio cardiovascolare, quali quelli con un pregresso evento aterotrombotico e con numerosi fattori di rischio cardiovascolare. Più recentemente i trial
4•
LE EVIDENZE DISPONIBILI PER I FARMACI ANTIDIABETICI
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
DECLARE e REWIND hanno esplorato popolazioni maggiormente eterogenee e, in linea generale, meno compromesse, includendo una preponderanza di soggetti senza patologia cardiovascolare pregressa. Due aree rimangono ancora aperte in termini di evidenze cliniche: a. gli effetti che i farmaci antidiabetici tradizionali hanno sugli eventi cardiovascolari; b. gli effetti sugli eventi cardiovascolari che i nuovi farmaci antidiabetici possono avere nei soggetti diabetici a rischio meno elevato, che sono poi la maggioranza della popolazione di diabetici incontrata nella pratica clinica. Solo recentemente una metanalisi1 molto completa su diverse classi di farmaci antidiabetici ha consentito di confermare e definire meglio gli effetti cardiovascolari di tutti i farmaci antidiabetici nei diversi livelli di rischio cardiovascolare. I risultati sono riportati nella figura 5.1 (A, B e C). Due sole classi di farmaci (GLP1-RA e SGLT2-i rispetto ai rispettivi controlli) si sono dimostrate utili per ridurre significativamente eventi cardiovascolari maggiori quali infarto del miocardio e morte cardiovascolare.2 Gli SGLT2-i, inoltre, hanno mostrato anche un notevole effetto benefico sullo scompenso cardiaco.3 4 Sebbene gli studi con DPP4-i abbiano generalmente supportato la loro sicurezza in termini di malattie cardiovascolari rispetto ai trattamenti di controllo, le evidenze di protezione cardiovascolare ed anche renale ottenute con GLP1-RA e SGLT2-i hanno determinato sostanziali modifiche delle linee guida internazionali. Tali linee guida raccomandano queste classi di farmaci come la prima scelta preferenziale in aggiunta a metformina in vari setting di pazienti, in modo particolare nei soggetti con una documentata malattia cardiovascolare di tipo aterosclerotico (GLP1-RA) o con prevalente scompenso cardiaco o insufficienza renale cronica (SGLT2-i). Sebbene metformina e sulfoniluree rimangano le terapie non insuliniche piĂš frequentemente prescritte nella pratica clinica, questa
53
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici Figura 5.1 A • Effetti cardiovascolari dei farmaci antidiabetici nei diversi livelli di rischio cardiovascolare
DDP-4 Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
2763/52414
2776/47231
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
DDP-4 inibitori vs controllo MACE
73
0,98 (0,92–1,03)
0,92–1,03
0
0,039
Moderato
Morte per CVD
46
NA
NA
0,99 (0,91–1,07)
0,91–1,07
0
0,881
Alto
Infarto miocardico
77
NA
NA
0,97 (0,90–1,05)
0,90–1,05
0
0,243
Alto
Stroke
69
NA
NA
0,93 (0,83–1,04)
0,83–1,04
0
0,873
Alto
Scompenso cardiaco 57
1046/48 385
976/43556
1,03 (0,89–1,18)
0,70–1,51
54,6
··
Moderato
5
438/24 823
462/24 632
0,94 (0,82–1,09)
0,71–1,26
11,3
··
Alto
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
Angina instabile
0,25
1
2,25
Beneficio Danno
GLP1-RA Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
GLP-1 recettori agonisti vs controllo MACE
34
3017/35950
3368/32924
0,88 (0,84–0,92)
0,84–0,93
0
0,194
Alto
Morte per CVD
29
1235/36086
1404/33847
0,87 (0,81–0,94)
0,80–0,94
0
0,026
Alto
Infarto miocardico
55
1626/43967
1726/39249
0,92 (0,86–0,99)
0,86–0,99
0
0,99
Alto
Stroke
53
770/43192
890/39 303
0,84 (0,77–0,93)
0,77–0,93
0
0,553
Alto
Scompenso cardiaco 36
959/37488
1044/34754
0,90 (0,83–0,99)
0,83–0,99
0
0,99
Alto
7
460/27977
436/28 027
1,06 (0,93–1,21)
0,89–1,26
0
··
Alto
33
300/22906
341/19936
0,85 (0,73–0,99)
0,72–1,00
0
0,712
Moderato
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
Angina instabile Fibrillazione atriale
0,25
1
2,25
Beneficio Danno
SGLT2-i Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
SGLT2 inibitori vs controllo MACE
32
2189/32411
1874/22872
0,87 (0,82–0,93)
0,82–0,93
0
0,342
Alto
Morte per CVD
27
857/34713
881/26 553
0,82 (0,75–0,90)
0,75–0,90
0
0,68
Alto
Infarto miocardico
40
817/34422
769/25218
0,86 (0,78–0,94)
0,78–0,95
0
0,013
Alto
Stroke
37
730/40147
522/27899
0,96 (0,85–1,08)
0,85–1,08
0
0,453
Alto
Scompenso cardiaco 17
1194/28860
1245/22488
0,68 (0,63–0,73)
0,63–0,74
0
0,307
Alto Molto basso Molto basso
Angina instabile
18
150/11880
80/6509
0,95 (0,72–1,25)
0,70–1,28
0
0,261
Fibrillazione atriale
16
17/7191
13/3321
0,72 (0,36–1,46)
0,33–1,57
0
0,393
0,25
1 Beneficio Danno
2,25
54
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Figura 5.1 B • Effetti cardiovascolari dei farmaci antidiabetici nei diversi livelli di rischio cardiovascolare
Sulfoniluree Studi
Rischio relativo (95% CI)
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
95% PI
I2
Egger’s test Grado
Sulfoniluree vs controllo MACE
31
1135/17682
1300/20858
1,00 (0,93–1,08)
0,93–1,09
0
0,118
Alto
Morte per CVD
22
281/10759
410/13240
1,03 (0,89–1,21)
0,88–1,22
0
0,108
Alto
Infarto miocardico
23
459/13860
617/16303
0,90 (0,79–1,01)
0,79–1,02
0
0,334
Alto
Stroke
17
301/14477
287/16600
1,17 (0,98–1,39)
0,97–1,41
0
0,197
Moderato
Scompenso cardiaco
3
206/5737
211/5454
0,92 (0,70–1,21)
0,16–5,41
0
··
Moderato
Angina instabile
1
56/3010
60/3023
0,93 (0,65–1,35)
··
··
··
Basso
0,25
1
2,25
Beneficio Danno
Pioglitazone Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
Pioglitazone vs controllo MACE
19
480/9921
558/9169
0,84 (0,74–0,96)
0,73–0,96
0
0,095
Alto
Morte per CVD
10
133/4868
153/4568
0,90 (0,71–1,13)
0,68–1,18
0
0,037
Basso
Infarto miocardico
20
2041/11860
261/11106
0,80 (0,67–0,95)
0,66–0,96
0
0,555
Alto
8
255/6939
305/6925
0,79 (0,65–0,95)
0,62–1,00
0
··
Alto
248/10691
183/10278
1,40 (1,16–1,69)
1,14–1,73
0
0,705
Alto
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
0,95 (0,85–1,06)
0,83–1,08
0
0,54
Moderato
0,85 (0,69–1,05)
··
··
··
Basso
Stroke
Scompenso cardiaco 15
0,25
1
2,25
Beneficio Danno
Metformina Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
Metformina vs controllo MACE
12
451/5454
775/8997
Morte per CVD
7
NA
Infarto miocardico
8
126/2605
315/5342
0,91 (0,74–1,12)
0,70–1,18
0
··
Basso
Stroke
5
56/2285
138/4747
0,92 (0,66–1,28)
0,54–1,57
0
··
Molto basso
Scompenso cardiaco
4
42/2260
58/3771
1,07 (0,72–1,59)
0,45–2,56
0
··
Molto basso
··
0,25
1 Beneficio Danno
2,25
55
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici Figura 5.1 C • Effetti cardiovascolari dei farmaci antidiabetici nei diversi livelli di rischio cardiovascolare
Acarbose Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
0,75 (0,41–1,35)
Acarbose vs controllo MACE
2
··
73,2
··
Molto basso
Morte per CVD
3
NA
0,88 (0,71–1,10)
··
··
··
Moderato
Infarto miocardico
9
132/5202
139/4868
0,46 (0,14–1,50)
··
83
··
Molto basso
Stroke
9
87/5202
91/4868
0,93 (0,69–1,25)
0,14–6,36
0
··
Basso
0,87 (0,63–1,12)
··
··
··
Moderato
0,89 (0,64–1,23)
0,04–18,45
29,2
··
Moderato
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
Scompenso cardiaco 2 Angina instabile
9
300/3954
331/3936 ··
NA
··
205/5202
207/4868 0,25
1
2,25
Beneficio Danno
Nataglinide Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
Nataglinide vs controllo MACE
1
365/4645
387/4661
0,94 (0,82–1,09)
··
··
··
Alto
Morte per CVD
1
126/4645
118/4661
1,07 (0,83–1,38)
··
··
··
Moderato
Infarto miocardico
1
135/4645
143/4661
0,95 (0,75–1,20)
··
··
··
Moderato
Stroke
1
111/4645
126/4661
0,89 (0,69–1,15)
··
··
··
Moderato
Scompenso cardiaco 1
85/4645
100/4661
0,85 (0,64–1,14)
··
··
··
Moderato
1
222/4645
254/4661
0,87 (0,73–1,05)
··
··
··
Moderato
Rischio relativo (95% CI)
95% PI
I2
Egger’s test Grado
··
Angina instabile
0,25
1
2,25
Beneficio Danno
Insulina Studi
Pazienti Interventi n/N
Controlli n/N
Insulina vs controllo MACE
1
1041/6264
1013/6273
1,02 (0,94–1,11)
··
··
Alto
Morte per CVD
3
747/7589
916/7782
1,00 (0,90–1,10)
0,53–1,88
0
··
Alto
Infarto miocardico
4
485/7528
680/8785
0,97 (0,85–1,10)
0,74–1,27
0
··
Alto
Stroke
3
382/7651
454/9182
1,02 (0,88–1,17)
0,40–2,56
0
··
Alto
Scompenso cardiaco 3
344/7651
450/9182
0,82 (0,62–1,08)
0,06–10,82
23
··
Moderato
2
780/7175
893/8403
0,98 (0,81–1,17)
··
28,9
··
Alto
Angina instabile
0,25
1 Beneficio Danno
2,25
56
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
metanalisi1 evidenzia/conferma che i loro effetti sugli esiti cardiovascolari sono in gran parte neutri, con una debole evidenza di beneficio cardiovascolare con metformina e possibili danni cardiovascolari con l’utilizzo di alcune sulfoniluree. Sia le linee guida italiane sia quelle internazionali raccomandano le sulfoniluree solo quando “cost is a major issue”, preferendo per tutti gli altri setting terapie con un migliore profilo di sicurezza ed efficacia In considerazione di queste evidenze, forse non è ancora giunto il momento di sostituire la metformina come agente di prima linea preferito, considerando la sua efficacia complessiva e la sicurezza nelle malattie cardiovascolari, la lieve riduzione del peso corporeo, il basso rischio di ipoglicemia e i costi molto limitati, mentre l’uso di sulfoniluree come seconda linea di trattamento è oggi chiaramente discutibile, specialmente nei soggetti con malattia cardiovascolare documentata. In sostanza, l’argomento a favore dell’uso di SGLT2-i e GLP1-RA, anche in una fase precoce della malattia diabetica, in particolare negli individui ad alto rischio cardiovascolare, è sempre più convincente. Nonostante gli invitanti risultati di DECLARE5 e REWIND,6 più controversa è la questione se queste evidenze possano essere applicate a soggetti a basso rischio cardiovascolare e se alcune differenze emerse nei trial all’interno di queste due classi di farmaci siano davvero rilevanti per la pratica clinica. In questo senso sono necessarie ulteriori ricerche. Per concludere, un accenno ai pazienti con scompenso cardiaco. Già in popolazioni generali di diabetici ad alto rischio cardiovascolare l’utilizzo di SGLT2-i si era dimostrato capace di ridurre significativamente la necessità di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Più recentemente uno studio clinico randomizzato in soggetti diabetici ma anche non diabetici con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta ha evidenziato un sostanziale beneficio in termini di riduzione di morte cardiovascolare, visita urgente o ricovero per scompenso.7
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
57
L’efficacia emersa anche nella popolazione di soggetti non diabetici apre la strada non solo a un ulteriore aggiornamento delle linee guida, ma anche a un approfondimento sui meccanismi attraverso i quali questo tipo di beneficio è stato ottenuto. Key messages La sicurezza cardiovascolare dei farmaci ipoglicemizzanti è stata oggetto di particolare attenzione dopo le raccomandazioni della FDA (2008) che definivano i limiti in termini di rischio cardiovascolare dentro i quali gli studi su nuovi farmaci antidiabetici dovevano rimanere per poter essere approvati per il trattamento dei pazienti diabetici. Da qui è nata la lunga serie di trial clinici randomizzati di grandi dimensioni con end-point clinici rilevanti di tipo cardiovascolare che hanno finito per rivoluzionare i metodi di ricerca in ambito diabetologico. Questi studi hanno evidenziato con un elevato grado delle evidenze, per le due classi di farmaci SGLT2-i e GLP1-RA, l’efficacia nel determinare una riduzione di eventi macrovascolari e microvascolari. Le evidenze di protezione cardiovascolare e renale ottenuti con GLP1-RA e SGLT2-i hanno determinato sostanziali modifiche delle linee guida internazionali, che ora raccomandandano queste due classi di farmaci come scelta preferenziale nei pazienti affetti da DMT2. L’efficacia emersa in un recente studio condotto con SGLT2-i anche nella popolazione di soggetti non diabetici apre la strada a un ulteriore aggiornamento delle linee guida oltre il DMT2.
BIBLIOGRAFIA 1. Zhu J, Yu X, Zheng Y, et al. Association of glucose-lowering medications with cardiovascular outcomes: an umbrella review and evidence map. Lancet Diabetes & Endocrinology 2020;8(3):192-205. 2. Bellary S, Tahrani AA, Barnett AH. Evidence-based prescribing of diabetes medications: are we getting closer? Lancet Diabetes & Endocrinology 2020;8(3):176. 3. McMurray JJ, Solomon SD, Inzucchi SE, et al. Dapagliflozin in patients with heart failure and reduced ejection fraction. N Engl J Med 2019;381(21):19952008.
58
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
4. Zinman B, Wanner C, Lachin JM, et al. Empagliflozin, cardiovascular outcomes, and mortality in type 2 diabetes. N Engl J Med 2015;373(22):2117-28. 5. Wiviott SD, Raz I, Bonaca MP, et al. Dapagliflozin and cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med 2019;380(4):347-57. 6. Gerstein HC, Colhoun HM, Dagenais GR, et al. Dulaglutide and cardiovascular outcomes in type 2 diabetes (REWIND): a double-blind, randomised placebo-controlled trial. Lancet 2019;394(10193):121-30. 7. McMurray JJ, DeMets DL, Inzucchi SE, et al. A trial to evaluate the effect of the sodiumâ&#x20AC;&#x201C;glucose co-transporter 2 inhibitor dapagliflozin on morbidity and mortality in patients with heart failure and reduced left ventricular ejection fraction (DAPA-HF). Eur J Heart Failure 2019;21(5):665-75.
6•
LI INDICATORI DEL DIABETE G NEL NUOVO SISTEMA DI GARANZIA DEI LEA E L’APPLICAZIONE DEL MULTISOURCE COMORBIDITY SCORE Antonella Pedrini
PREMESSA
I resoconti delle riunioni regionali nell’ambito del progetto Dialogo (Diabetes Local Governance), realizzato dalle società scientifiche diabetologiche SID e AMD per indagare sul campo, in tutte le Regioni italiane hanno evidenziato luci ed ombre della governance del diabete. La situazione, pur essendo diversificata nelle diverse aree della penisola, evidenzia i medesimi nodi critici, legati principalmente a problemi di governance e a necessità di cambiamenti normativi. Anche se la patologia diabetica è stata oggetto di grande attenzione e di provvedimenti nazionali importanti, primo fra tutti il Piano nazionale diabete, sono pochissime le realtà nelle quali sono state attuate misure trasversali di governo dell’intero processo, superando l’attuale frammentazione. LE CRITICITÀ COMUNI NEL DECLINARE IL PIANO NAZIONALE DIABETE
L’obiettivo del PND si fonda sul principio di “assistenza alla persona con diabete” e quindi sulla capacità delle ASL di ritagliare percorsi adeguati alla specifica situazione clinica-sociale-geografica della persona diabetica. Questa visione trasversale si scontra con numerosi nodi tutti da sciogliere:
4•
INDICATORI DEL DIABETE E MULTISOURCE COMORBIDITY SCORE
60
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
• problemi di governance: i bilanci e l’organizzazione delle ASL basati per silos anziché pensati per dare maggior valore alla rete clinico-assistenziale; • problemi di interoperabilità dei sistemi, necessità di strumenti informatici efficaci ed efficienti, capaci di sostenere le fondamenta di una rete di presa in carico estesa sul territorio; • problemi di prescrivibilità dei farmaci innovativi, i nuovi antidiabetici orali, che hanno un ruolo sempre più importante nella cura dei pazienti e che ancora sono preclusi ai medici di medicina generale. LA PRESCRIVIBILITÀ DEI FARMACI ANTIDIABETE DI NUOVA GENERAZIONE
Tutti i farmaci antidiabete appartenenti alle classi degli inibitori di DPP-IV, agonisti recettoriali del GLP-1, inibitori di SGLT2, nuovi analoghi dell’insulina, sono attualmente soggetti a piano terapeutico da parte dello specialista diabetologo secondo normativa AIFA. La convinzione che il piano terapeutico sia divenuto per queste categorie di farmaci, di fatto, uno strumento di controllo della spesa e che abbia perso il suo significato iniziale di indirizzo, ha spinto le società scientifiche diabetologiche e della Medicina generale alla proposta di passaggio al “piano di cura”, inteso come strumento di misura dell’appropriatezza per ciascun paziente. Le ultime linee guida della Società italiana di diabetologia e dell’Associazione medici diabetologi sono concordi sul concetto che le sulfoniluree, prescrivibili anche dai MMG, vanno considerate con molta prudenza per gli elevati rischi di ipoglicemia, a differenza dei nuovi antidiabetici. Ma, stante l’assetto attuale di prescrivibilità, paradossalmente il MMG non può autonomamente personalizzare il trattamento sulla base del profilo del paziente. Anche i nuovi standard di cura 2020 dell’American Diabetes Association (ADA) e il consensus report redatto congiuntamente da ADA e da EASD (European Association for the Study of Diabetes)
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
61
sul trattamento dell’iperglicemia nei pazienti con diabete di tipo 22 propongono per la terapia del diabete tipo 2 i più recenti farmaci anti-iperglicemici, perché più sicuri ed efficaci. Le evidenze recenti attestano infatti il miglioramento degli esiti cardiovascolari e renali del diabete (eventi e morte cardiovascolare, infarto miocardico acuto e ictus non fatali, scompenso cardiaco o progressione della malattia renale cronica) e sono alla base della proposta che anche i MMG li possano prescrivere, nella prospettiva di una presa in carico completa del paziente diabetico e di personalizzazione della cura. UNA NUOVA VISIONE DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA
La legge di bilancio 2019, oltre a definire il finanziamento del SSN per gli anni 2019-2021, ha tracciato gli indirizzi del nuovo Patto per la salute. Per il 2019 ha stabilito un finanziamento di 114 miliardi e 439 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti 2 miliardi per il 2020 e un altro miliardo e mezzo per il 2021. Per il 2020 e il 2021, l’accesso delle Regioni all’incremento del finanziamento è vincolato alla stipula del nuovo Patto per la salute. La scheda n. 2 di questo nuovo Patto per la salute pone alcuni punti fermi che prevedono: • il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale, in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d’attesa; • l’implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi, per la realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN. L’obiettivo è tracciare il percorso del paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali, tenendo conto delle infrastrutture già disponibili (Sistema tessera sanitaria e Fascicolo sanitario elettronico).
62
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
In pratica si stabilisce che dal 2020 il Comitato centrale LEA del Ministero della salute effettui annualmente una valutazione basata sul Nuovo sistema di garanzia (NSG) dei LEA, inerente la qualità, appropriatezza ed efficienza dei servizi sanitari regionali, dando evidenza delle criticità eventualmente presenti con riferimento all’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. Attraverso indicatori di processo e di esito dei PDTA delle patologie croniche a maggior impatto sul SSN verranno misurate in modo omogeneo le diversità fra Regioni e fra ASL e si avranno così strumenti di misurazione per ridurle. Le Regioni dispongono dei dati assistenziali e sono quindi in grado di calcolare il rischio prognostico dei singoli assistiti, che si riferisce alla presenza di specifiche patologie croniche e di comorbilità. LA VALUTAZIONE DEI PERCORSI DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALI NEL NUOVO SISTEMA DI GARANZIA DEI LEA
Il Ministero della salute, in linea con quanto previsto nel Patto per la salute 2014-2016, si è attivato per realizzare “un sistema adeguato di valutazione della qualità delle cure e dell’uniformità dell’assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi”, aggiornare il decreto 12/12/2001 (previsto dall’art. 9, comma 1 del D.lgs n. 56/2000) “Sistema di garanzie per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria” e approvare la relativa metodologia per il monitoraggio. Con il recente decreto 12/3/2019 il Ministero della salute ha specificato gli obiettivi, la struttura e la metodologia di applicazione del NSG nazionale. Esso è pensato come un sistema descrittivo, di valutazione, di monitoraggio e di verifica dell’assistenza sanitaria erogata dal SSN (soggetti pubblici e privati accreditati) di tutte le Regioni, comprese quelle a statuto speciale, e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Il NSG si articola in un insieme di indicatori, fra i quali la valutazione dei percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA) per
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
63
specifiche categorie di bisogni o condizioni di salute, in termini di appropriatezza, esito clinico, equità ed impatto economico. L’obiettivo generale è il confronto fra Regioni dei diversi modelli assistenziali per le patologie croniche ed alcune condizioni acute, allo scopo di identificare le strategie adeguate in termini di efficacia (effectiveness), costo-efficacia (cost-effectiveness) e sostenibilità economica. Il sistema intende misurare i bisogni di salute nella popolazione assistita, sulla base dell’erogazione di prestazioni sanitarie da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN), analizzare il processo di cura nei diversi livelli assistenziali, misurare gli esiti e stimare i costi assistenziali dell’intero PDTA. Per ciascuna condizione di salute selezionata il decreto specifica un protocollo operativo, che contiene la definizione di caso prevalente e incidente, indicatori del processo di cura, indicatori di esito, indicatori di efficienza, le fonti specifiche dei dati, i metodi per correggere i dati in base alla gravità della condizione (indice di complessità clinica), i metodi per validare gli indicatori di processo attraverso la valutazione dell’associazione processo-esito. Allo stato attuale, il decreto considera le patologie ritenute prioritarie per l’impatto sulla popolazione e sull’assistenza, per le quali esistono evidenze scientifiche sulla capacità di un determinato PDTA di incidere sul processo assistenziale e sugli esiti attesi e tale percorso è misurabile attraverso indicatori e valori di riferimento riscontrabili attraverso i flussi sanitari correnti. Il diabete è stato una delle prime patologie affrontate. LA VALUTAZIONE DEL PDTA DEL DIABETE NEL NSG LEA
Attraverso algoritmi che integrano i flussi sanitari correnti (anagrafe assistiti, scheda di dimissione ospedaliera, farmaceutica territoriale, distribuzione diretta dei farmaci, esenzioni) la popolazione adulta (con età uguale o maggiore di 18 anni) affetta da diabete viene
64
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
identificata e analizzata longitudinalmente, allo scopo di generare indicatori semplici di valutazione in merito a: • percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (indicatori di processo); • esiti (indicatori di risultato clinico). Indicatori di processo
L’adeguatezza della presa in carico territoriale è misurata attraverso l’aderenza alle raccomandazioni sottoriportate, in quanto associata alla riduzione della probabilità di esiti sfavorevoli (ricovero per complicanze a breve termine o per diabete non controllato o per complicanze a lungo termine o per amputazione non traumatica degli arti inferiori):3 4 • aderenza alla raccomandazione di controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte l’anno dopo la diagnosi: proporzione percentuale di pazienti diabetici che si sottopongono ad un controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte l’anno dopo la data di inclusione nella coorte prevalente; • aderenza alla raccomandazione di controllo del profilo lipidico almeno una volta l’anno dopo la diagnosi: proporzione percentuale di pazienti diabetici con un controllo del profilo lipidico almeno una volta l’anno dopo la data di inclusione nella coorte prevalente; • aderenza alla raccomandazione di controllo della microalbuminuria almeno una volta l’anno dopo la diagnosi: proporzione percentuale di pazienti diabetici con un controllo della microalbuminuria almeno una volta l’anno dopo l’inclusione nella coorte prevalente; • aderenza alla raccomandazione di monitoraggio del filtrato glomerulare o della creatinina o creatinina clearance almeno una volta l’anno dopo la diagnosi: proporzione percentuale di pazienti diabetici che hanno effettuato un test del filtrato glomerulare o della creatinina o creatinina clearance almeno una volta l’anno dopo la data di inclusione nella coorte prevalente;
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
65
• aderenza alla raccomandazione di controllo dell’occhio almeno una volta l’anno dopo la diagnosi: proporzione percentuale di pazienti diabetici con un controllo dell’occhio almeno una volta l’anno dopo la data di inclusione nella coorte prevalente. Indicatori di risultato clinico
• • • •
Tasso di ospedalizzazione per complicanze a breve termine del diabete Tasso di ospedalizzazione per complicanze a lungo termine del diabete Tasso di ospedalizzazione per diabete non controllato Tasso di ospedalizzazione per amputazione non traumatica di arto inferiore.
UN’ANALISI ESPLORATIVA DAL DATABASE ReS
Un’analisi esplorativa, effettuata sul database della Fondazione Ricerca e Salute, che raccoglie i flussi sanitari anonimizzati dell’intera popolazione di alcune Regioni, ha documentato che esiste un’ampia fascia di diabetici che non risultano aderenti a tali raccomandazioni. Un esempio ne è la bassa percentuale di malati diabetici che nei 12 mesi successivi alla data di individuazione attraverso l’algoritmo stabilito dal manuale metodologico NSG LEA risultano aver realmente effettuato il controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte l’anno: il 46,7% del totale, senza differenze statisticamente significative per genere e per età. Ma il dato più preoccupante è rappresentato dal 25% di soggetti per i quali non si registra alcun controllo (figura 6.1). Anche se va considerato che questo panorama non tiene conto di eventuali controlli che alcuni soggetti potrebbero effettuare in ambito privato, non registrabili quindi attraverso il sistema delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale (pubblico o privato accreditato), si ritiene che questo valore debba rappresentare una forte valenza di allarme rispetto al governo del percorso assistenziale della malattia diabetica. In altri termini, significa che per molti pazienti non si rea-
66
PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Figura 6.1 • Indicatori di processo: controllo dell’emoglobina glicata nel database ReS
Definizione: Proporzione percentuale di pazienti diabetici con un controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte l’anno dopo la data di inclusione nella coorte prevalente
25,2%
46,7% 28,1%
≥2 controlli
1 controllo
Nei 12 mesi successivi la data indice di inclusione, il tasso di aderenza alla raccomandazione di controllo dell’emoglobina glicata è del 46,7% tra i soggetti della coorte. Non si evidenziano differenze statisticamente significative né per sesso né per età media
Nessun controllo
lizzano le condizioni (assistenziali, organizzative e culturali) per un percorso di cura capace di prevenire/contenere l’evoluzione della patologia secondo le migliori pratiche oggi disponibili. I motivi di questo divario sono leggibili come “assistenza frammentata” e come “assenza di coordinamento di un percorso” e, probabilmente, per il diabete sono in gran parte riconducibili all’impossibilità attuale di una vera presa in carico complessiva da parte del MMG. LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO NELLA POPOLAZIONE DIABETICA
Le raccomandazioni cliniche prese in considerazione per la gestione del paziente diabetico variano in funzione della gravità della patologia. È pertanto fondamentale poter effettuare una stratificazione della popolazione in funzione del rischio di peggioramento complessivo del paziente, attraverso strumenti semplici, alimentabili con i flussi sanitari oggi disponibili. In questa prospettiva il NSG ha predisposto un indice chiamato Multisource comorbidity score (MCS).5
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
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MCS è un indice basato sulla popolazione che è stato sviluppato con lo scopo di: • disporre di uno strumento per la stratificazione della popolazione in funzione della sua fragilità prognostica; • migliorare il controllo del confondimento negli studi epidemiologici. La pubblicazione presenta l’applicazione dell’indice in quattro Regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Sicilia) e documenta una buona sovrapposizione della capacità predittiva di MCS nelle quattro realtà studiate. MCS ha dimostrato di poter descrivere l’eterogeneità tra le Regioni in termini di bisogni di salute. Ad esempio, l’età mediana oltre la quale più del 50% della popolazione ha almeno una comorbilità che condiziona la prognosi è 67 anni in Lombardia ed Emilia-Romagna, 62 anni in Lazio e Sicilia. Queste considerazioni, applicate alle popolazioni portatrici di una specifica patologia, possono aiutare nella programmazione sanitaria, consentendo di raggruppare i soggetti sulla base della complessità clinica e quindi offrendo le basi per una presa in carico completa dalla Medicina generale di alcune categorie di soggetti. Per il diabete questa prospettiva programmatoria, da accogliere in quanto affidabile e facilmente realizzabile a breve termine, spinge nella direzione di far cambiare le regole sulla prescrivibilità dei nuovi antidiabetici. Senza questi cambiamenti l’attuale dicotomia fra assistenza specialistica e assistenza di base per le categorie di pazienti meno complicati, che sono numericamente le più consistenti, non potrà essere superata (figura 6.2). LA PIATTAFORMA CONDIVISA PER TRACCIARE IL PDTA
Alcune condizioni come il diabete e la BPCO e trattamenti come quelli anticoagulanti si prestano dunque a questo cambiamento organizzativo e culturale, che prevede il passaggio dell’attuale piano terapeutico di alcuni farmaci dallo specialista al MMG.
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Figura 6.2 • Piramide MCS della popolazione generale: confronto tra due Regioni italiane (2016) MCS0 - nessuna patologia delle considerate MCS0 - almeno una patologia MCS1 MCS2 MCS3 MCS4 0,2% 0,3% 1,2%
0,5% 0,5% 1,7%
5,0%
5,5%
20,9%
22,6%
72,4%
69,2%
Regione 1 popolazione generale
Regione 2 popolazione generale
Il punto cruciale della tenuta di questo cambiamento è dare sostanza organizzativa e culturale al PDTA sul diabete, ancora carente in quanto non sufficientemente implementato/integrato. Inoltre bisogna assicurare un passaggio prescrittivo al MMG che garantisca monitoraggio e raccolta di parametri clinici per una vera presa in carico con ritorno di dati all’istituzione, per la definizione del valore reale della terapia e la sostenibilità complessiva come ricaduta (e non come problema primario, come accade attualmente). La nascita di una piattaforma condivisa fra MMG e specialista, pensata per comunicare nel processo assistenziale e per raccogliere dati utili al miglioramento nell’ottica della real world evidence, è lo
Le evidenze disponibili per l’impiego dei farmaci antidiabetici
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strumento che potrà permettere di passare da un atto di affidamento al MMG ad uno di responsabilizzazione condivisa, con ricadute positive per l’appropriatezza e la governance dell’intero PDTA e con esiti potenzialmente migliori per il paziente. Il diabete può rappresentare la prima palestra per modificare i modelli di prescrizione, comprendere le problematiche regolatorie e organizzative, accompagnare una crescita culturale della MG. Key messages Fra le criticità principali nella declinazione a livello regionale del Piano nazionale diabete vi sono la governance, i sistemi informativi e la prescrivibilità dei farmaci antidiabetici. Con il nuovo sistema di garanzie dei LEA, che ha visto il diabete fra le prime patologie croniche affrontate, si vogliono misurare, con indicatori e valori di riferimento riscontrabili attraverso i flussi sanitari correnti, le condizioni di salute, in termini di appropriatezza, esito clinico, equità ed impatto economico. Gli strumenti del NSG LEA permettono una stratificazione della popolazione in funzione del rischio di peggioramento complessivo del paziente, attraverso strumenti semplici, alimentabili con i flussi sanitari oggi disponibili. Un’analisi preliminare del diabete sul database ReS ha evidenziato che esiste un’ampia fascia di diabetici che non risultano aderenti a tali raccomandazioni (bassa percentuale di soggetti diabetici che nei 12 mesi successivi alla data di individuazione risultano aver effettuato il controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte l’anno, il 25% di soggetti per i quali non si registra alcun controllo, ecc.). Nell’ottica di una presa in carico multidisciplinare dei pazienti diabetici una migliore connessione fra specialista e MMG risulta essere cruciale per superare i limiti attuali.
BIBLIOGRAFIA American Diabetes Association. Standards of Medical Care in Diabetes–2020. Diabetes Care 2020;43(suppl 1):S1-S212. Buse JB, Wexler DJ, Tsapas A, et al. 2019 update to: Management of hyperglycemia in type 2 diabetes, 2018. A consensus report by the American Diabe-
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
tes Association (ADA) and the European Association for the Study of Diabetes (EASD). Diabetes Care 2020;43:1-7 Corrao G, Rea F, Di Martino M, et al. Developing and validating a novel multisource comorbidity score from administrative data: a large population-based cohort study from Italy. BMJ Open 2017;7:e019503. Progetto IGEA. Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2012. Disponibile all’indirizzo: http:// www.epicentro.iss.it/igea/strumenti/linee_guida.asp#documento Società Italiana di Diabetologia, Associazione Medici Diabetologi italiani, Standard italiani per la cura del diabete mellito 2016. Disponibile all’indirizzo: www.standarditaliani.it
7•
I L VALORE AGGIUNTO DEI PAZIENTI NELL’AMBITO DELLA DEFINIZIONE DEI PDTA, DEI MODELLI ASSISTENZIALI DELLA CRONICITÀ E DEL MONITORAGGIO DEGLI ESITI Antonio Gaudioso
Sono 24 milioni gli italiani con almeno una patologia cronica; di questi, secondo gli ultimi dati ISTAT risalenti al 2016, 3 milioni e 200 mila hanno il diabete.1 Parliamo, quindi, del 5,3% dell’intera popolazione. In prevalenza si tratta di casi di diabete mellito di tipo 2 (90%), che insorge soprattutto in età adulta ed è quindi destinato ad aumentare, anche solo per effetto dell’aumento della vita media della popolazione. A fronte dell’ampia diffusione delle malattie croniche nella popolazione italiana e della loro incidenza in termini di costi sulla spesa pubblica socio-sanitaria (quella globale già oggi sfiora i 67 miliardi di euro, mentre quella per il diabete sfiora i 16 miliardi di euro, ovvero il 15% del fondo sanitario nazionale,2 l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale (SSN) non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze dei pazienti in termini di miglioramento dell’assistenza e di maggiore attenzione alla qualità della vita. La realizzazione di un PDTA rappresenta, in questo senso, uno strumento fondamentale che, attraverso la collaborazione multiprofessionale e multidisciplinare, consente di offrire garanzie al paziente sugli attori responsabili ed i rispettivi ruoli all’interno del percorso di cura, uniformare il più possibile le modalità e l’efficacia delle cure prestate, consentire una diagnosi precoce, ridurre i tempi di attivazione delle procedure ed abbattere le liste di attesa, definire le attività da
4•
IL VALORE AGGIUNTO DEI PAZIENTI
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
svolgere e gli indicatori di monitoraggio, coinvolgere il paziente ed il caregiver e i familiari in un’ottica di empowerment, ridurre i costi che gravano sul SSN. In base ad un’indagine condotta da Cittadinanzattiva,3 tra ottobre e novembre 2017, su 4927 pazienti affetti da diabete e 245 professionisti sanitari di tutta Italia e che ha visto il coinvolgimento di 15 Regioni,* una delle principali problematiche relative alla gestione della patologia è proprio la mancanza di organizzazione. Figura 7.1 • Quali sono le figure presenti nel servizio/ambulatorio diabetologico in cui è in cura? Diabetologo/endocrinologo
81,7
Infermiere
43,2
Infermiere specializzato
35,8
Dietista
34,5
Oculista
16,5
Diabetologo/endocrinologo pediatrico
15,9
Cardiologo
11,7
Podologo
10,8
Psicologo
9,9
Nefrologo
3,8
Medico di famiglia
2,3
Farmacista
1,1
Altro
1,0
Paziente guida
0,9
Pediatra di famiglia 0,3 0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
*Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Moli-
se, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino Alto Adige (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento), Valle d’Aosta, Veneto.
73
Il valore aggiunto dei pazienti
Iniziando dalla poca multidisciplinarietà delle équipe presenti nei centri per la cura del diabete (figura 7.1): il dietista è presente solo nel 34,5% dei casi, il podologo nel 10,8% e lo psicologo nel 9,9%. Ancora, non esiste nella maggioranza dei casi un raccordo diretto fra lo specialista e il medico di Medicina generale o il pediatra di libera scelta (figura 7.2), ma sono i pazienti stessi a dover fare da tramite (62,8%). I centri o servizi diabetologici offrono ai pazienti una buona copertura assistenziale essendo aperti mediamente 4,7 giorni a settimana, con un orario medio di 20,2 ore settimanali. Ancora oltre la metà è aperta anche di sabato (55%) ed oltre le 17 (52%). Quelli che offrono un servizio di assistenza anche la domenica sono invece il 10%. Quello che emerge, però, in un quadro comunque positivo è la grande differenza di organizzazione. Ad esempio, ci sono centri che sono aperti solo su appuntamento e centri che offrono una copertura, addirittura, 7 giorni su 7, 24 h su 24, tramite un numero telefonico dedicato, altri che sono aperti solo uno o due giorni a settimana, altri che sono aperti solo la mattina. Un’altra differenza molto significativa, che incide tanto sulla qualità di vita della persona con diabete, è la distanza che esiste tra il luogo di residenza e il centro o servizio diabetologico in cui si è in cura. Figura 7.2 • Esiste una forma di integrazione/raccordo fra lo specialista ed il medico di Medicina generale o pediatra di libera scelta?
5,3% 25,2%
6,7%
Sì, comunicano tra di loro attraverso una procedura formalizzata
62,8%
Sì, comunicano tra di loro a seconda delle necessità No, sono io che faccio da tramite Non so
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Se c’è infatti chi fa solo qualche metro, c’è anche chi è costretto a fare centinaia di chilometri perché esiste un unico centro disponibile. C’è chi è costretto a fare 200 km all’andata e 200 km al ritorno, chi pur di andare presso un centro di eccellenza preferisce spostarsi anche in altra Regione, o ancora chi non potendo scegliere è costretto a curarsi nel centro legato alla propria residenza, anche se non si trova bene. In tutto questo l’organizzazione dei servizi sanitari regionali non aiuta, a cominciare da chi sta cercando di ottenere una diagnosi. C’è chi ha atteso oltre un anno per la prima visita diabetologica e un anno e mezzo per quella endocrinologica, c’è chi rinuncia ad effettuare i controlli attraverso il servizio pubblico per le attese troppo lunghe, per altri, invece, i controlli sono già programmati e prenotati. Per meno della metà dei pazienti i controlli sono programmati direttamente dal centro (tabella 7.1). La maggioranza dei pazienti (47,1%) prenota gli esami tramite il CUP ospedaliero o aziendale (24,8%) oppure tramite CUP Regionale (22,3%). C’è poi una quota che rientra nell’8,3% che rinuncia del tutto a prenotare gli esami tramite il canale pubblico e si rivolge direttamente al privato. Una soluzione a tutte le problematiche fino ad ora descritte, al fine di rendere più efficiente l’organizzazione dei servizi e migliorare la gestione socio-sanitaria del paziente, può essere senza dubbio la costruzione di un PDTA. TABELLA 7.1 - COME È AVVENUTA LA PRENOTAZIONE DEGLI ESAMI/VISITE DI CONTROLLO? Sono stati prenotati direttamente dal centro/ambulatorio in cui sono in cura
44,4%
Li ho prenotati io tramite CUP dell’azienda ospedaliera/ambulatorio asl
24,8%
Li ho prenotati io tramite CUP regionale
22,3%
Altro
8,3%
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
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Il valore aggiunto dei pazienti
Alla domanda specifica, rivolta ai pazienti, circa l’inserimento in un PDTA, solamente il 12% del campione risponde positivamente (tabella 7.2). Alla stessa domanda posta ai professionisti curiosamente corrisponde una percentuale completamente diversa. Secondo questi ultimi, infatti, il 43,2% dei propri pazienti è inserito in un PDTA (figura 7.3). Già su questo ci sarebbe da fare una riflessione circa cosa è, o cosa non è, un vero percorso. Un altro elemento molto importante è che dove il percorso esiste davvero e non è solo un atto formale, gli effetti sono estremamente positivi (figura 7.4), come il maggiore controllo della malattia, a cominciare dai livelli di glicemia, continuando con un migliore controllo del peso corporeo (16,4%), fino ad una maggiore continuità delle cure e migliore organizzazione: controlli effettuati tutti in un solo giorno, possibilità di parlare sempre con lo stesso diabetologo, gratuità anche dei dispositivi più innovativi, una migliore qualità di vita che ha portato una donna a concepire un bambino in tutta serenità, multidisciplinarietà, meno tempo per i presidi, corsi di educazione terapeutica, solo per fare alcuni esempi (14,9%). Altri pazienti pongono l’accento sulla maggiore consapevolezza, maggiore attenzione e cura percepita e maggiori informazioni (3,7%), altri sul fatto di aver ottenuto finalmente il consenso all’utilizzo di dispositivi innovativi che, come abbiamo visto nelle domande precedenti, può fare la diffeTABELLA 7.2 - LE È STATO COMUNICATO DI ESSERE STATO INSERITO IN UN PDTA (PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE)? No
53%
Non so
35%
Sì
12%
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Figura 7.3 • I pazienti che hai in cura seguono un PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) specifico per il diabete?
6,8%
43,2%
Sì No
26,2%
Solo alcuni 23,8%
Non so
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
renza tra l’autonomia del bambino nella misurazione della glicemia e il necessario intervento del genitore o di un adulto (2,7%). Tutto ciò testimonia che si può fare. Si possono garantire cure più efficaci, si può ottenere una maggiore consapevolezza e compliance del paziente e migliorare notevolmente la qualità di vita delle persone con diabete, con un maggiore controllo della malattia, se si mettono in campo soluzioni organizzative che partano dalle esigenze della persona e coinvolgano tutti i protagonisti della cura, costruendo dei veri PDTA. Per concludere, quindi, un percorso costruito realmente insieme al paziente e non un mero documento chiuso in qualche scrivania può davvero cambiare la qualità di vita dei pazienti e allo stesso tempo la qualità del lavoro dei professionisti che lo hanno in cura con reciproca soddisfazione, ma più che essere un esercizio di logica deve essere frutto di un cambiamento culturale che vede tutti i soggetti coinvolti seduti allo stesso tavolo e partecipi della costruzione di un progetto che valorizzi le competenze di ciascuno in un’ottica realmente multidisciplinare. Cittadinanzattiva in questo si è impegnata sin dal 2014 sperimentando la costruzione di due PDTA, nelle malattie reumatiche infiam-
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Il valore aggiunto dei pazienti Figura 7.4 • Quali cambiamenti ha apportato l’inserimento in un PDTA? Nessuno o pochi cambiamenti
37,7
Maggiore controllo della malattia (glicemia e peso) maggiore compliance
16,4
Più continuità, più organizzazione
14,9
Non so
13,8
Giudizio buono/ottimo
7,6
Più attenzione verso il paziente, più informazione e consapevolezza
3,7
Utilizzo di dispositivi innovativi
2,5
Altro
2,2
Giudizio negativo/ peggiorato rispetto a prima
1,2 0
5
10
15
20
25
30
35
40
Fonte: Primo Rapporto civico sul Piano Nazionale Diabete-Cittadinanzattiva
matorie auto-immuni 4 e nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, malattia di Crohn e colite ulcerosa,5 nati entrambi dal basso, se così si può dire, ovvero su istanza e sui reali bisogni dei pazienti. Ultima esperienza è la costruzione di un PDTA per la gestione della persona con frattura da fragilità nel 2019.6 Scrivere un PDTA non vuole dire però realizzarlo; molto lungo è il lavoro di implementazione dello stesso, che come si diceva è un lavoro innanzitutto culturale e di modifica di ruoli e prospettiva, una sfida comunque che il nostro SSN non può perdere. Come abbiamo visto, infine, il punto non è solamente scrivere un PDTA, ma affinché questo sia realmente efficace il coinvolgimento del paziente deve andare dalla sua stesura, alla sua implementazione, al suo monitoraggio nel tempo, con criteri ed esiti condivisi.
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PROGETTO DIABETE - DOCUMENTO DI CONSENSO
Key messages Una indagine condotta da Cittadinanzattiva ha evidenziato come su un campione di pazienti diabetici di 15 Regioni una delle principali problematiche relative alla gestione della patologia è proprio la mancanza di organizzazione (raccordo specialista-MMG, centri specialistici con diversi livelli di assistenza fra le Regioni, inclusione nei PDTA, vicinanza del centro al paziente). I pazienti hanno riportato che solo il 12% del campione risulta inserito in un PDTA mentre secondo i professionisti sanitari il 43,2% dei propri pazienti è inserito in un PDTA. Dove i PDTA esistono e sono implementati non solo come atto formale, gli effetti sono estremamente positivi (maggiore controllo della malattia e maggiore continuità delle cure e migliore organizzazione). La stesura dei PDTA è solo il primo passo e dovrebbe prevedere un coinvolgimento attivo del paziente nonché una riflessione sui ruoli dei vari operatori sanitari coinvolti. L’implementazione di tali percorsi è il vero snodo per raggiungere gli obiettivi prefissati dal SSN tramite il Piano nazionale delle cronicità e del diabete.
BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4.
Rapporto Istat. Il diabete in Italia anni 2000-2016. Osservatorio Arno della SID (Società Italiana di Diabetologia), 2017. Primo Rapporto civico sul Piano nazionale diabete - Cittadinanzattiva, 2018. PDTA “Malattie reumatiche infiammatorie auto-immuni” - Cittadinanzattiva, 2014. 5. PDTA “Malattie infiammatorie croniche dell’intestino” - Cittadinanzattiva, 2014. 6. PDTA per la gestione della persona con frattura da fragilità – Cittadinanzattiva, 2019.
Finito di allestire nel mese di giugno 2020 da Doppiosegno S.n.c. Via Lago di Lesina 57, 00199 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma
È ormai largamente condiviso sul piano regolatorio e scientifico che tutti i farmaci antidiabetici, per coerenza assistenziale della cronicità, dovrebbero essere classificati in Fascia A nell’ambito della farmaceutica convenzionata e prescritti dal medico di Medicina generale attraverso una nota che ne stabilisca modalità, ambiti e criteri di appropriatezza. È necessario restituire responsabilità professionale e gestionale alla Medicina generale e assicurare che questa, in integrazione con gli specialisti, diventi elemento strategico della gestione della cronicità, trasformando la prescrizione in uno strumento di produzione di buone prove di real world evidence (RWE) e di monitoraggio degli outcome e farmacovigilanza dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).