Nuove evidenze nel trattamento del mieloma multiplo. European Hematology Association Meeting 2024

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Istantanee di Ematologia

Nuove evidenze nel trattamento del mieloma multiplo

European Hematology Association Meeting 2024

Nuove evidenze nel trattamento del

mieloma multiplo European Hematology Association Meeting 2024

Danilo De Novellis

Ematologia e Centro Trapianti, Azienda Ospedaliero

Universitaria “San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona”, Salerno

Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria

“Scuola Medica Salernitana”, Università degli Studi di Salerno, Baronissi

Phase 3 study results of isatuximab, bortezomib, lenalidomide, and dexamethasone (Isa-VRd) versus VRd for transplantineligible patients with newly diagnosed multiple myeloma

(IMROZ)

Facon T, Dimopoulos MA, Leleu X et al.

Abstract S100

Introduzione. La prima linea di trattamento ha un ruolo cruciale per i pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi, poiché molti potrebbero non avere la possibilità di accedere a terapie successive. VRd è attualmente uno standard di cura nel MMND. Isatuximab è un anticorpo monoclonale anti-CD38, già approvato, che induce la morte delle cellule del mieloma attraverso diversi meccanismi.

Obiettivi. Nello studio di fase 3 IMROZ sono state valutate l’efficacia e la sicurezza di Isa-VRd rispetto a VRd in pazienti con MMND non eleggibili al trapianto.

Metodi. IMROZ è uno studio globale, prospettico, randomizzato, in aperto, condotto in 102 siti in 21 Paesi. Sono stati inclusi pazienti con MMND attivo e misurabile ineleggibili al trapianto a causa dell’età avanzata o delle comorbidità. I pazienti di età ≥80 anni sono stati esclusi. I pazienti sono stati randomizzati 3:2 e stratificati per età, stadio R-ISS, e residenza o non residenza in Cina, a ricevere Isa-VRd o VRd. I pazienti del braccio Isa-VRd hanno ricevuto Isa (10 mg/kg ev.); entrambi i bracci hanno ricevuto bortezomib (V, 1,3 mg/m2 SC), lenalidomide (R, 25 mg PO) e desametasone (d, 20 mg IV/PO).

L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione. I principali endpoint secondari erano: la risposta completa, la negatività della malattia minima residua (MRD-; 10 -5 in NGS) in pazienti con CR, la risposta parziale molto buona o migliore, e la sopravvivenza globale. Gli eventi avversi e i parametri di laboratorio sono stati valutati utilizzando il NCI CTCAE v4.03.

Risultati. Sono stati randomizzati 446 pazienti (265 Isa-VRd, 181 VRd) con caratteristiche ben bilanciate. Alla data di cutoff (26 settembre 2023), 125 (47.2%) e 44 (24.3%) pazienti, nei bracci Isa-VRd e VRd rispettivamente, erano ancora in trattamento. La durata mediana del trattamento è stata di 53,2 (Isa-VRd) vs 31,3 (VRd) mesi; l’aggiunta di Isa non ha influenzato significativamente l’intensità della dose relativa di VRd. Alla mediana di follow-up di 59,7 mesi, la PFS mediana non è stata raggiunta nel braccio Isa-VRd vs i 54,3 mesi registrati nel braccio VRd [HR 0.596 (98.5% CI 0.406–0.876), log-rank p=0.0005]. Dal trend

Figura 1. PFS nella popolazione ITT*, interim analysis

attuale, si prevede che la PFS mediana sarà di circa 90 mesi con Isa-VRd. Il beneficio in termini di PFS è stato coerente tra i sottogruppi ed è stato mantenuto nella successiva linea di terapia (PFS2 HR 0.697; 95% CI: 0.51-0.952). Isa-VRd ha portato a risposte profonde e durature ed è stato ben tollerato (Figura 1). Il tasso di TEAE di grado 5 aggiustato per esposizione è stato 0,03 (Isa-VRd) vs 0,02 (VRd).

Conclusioni. IMROZ è il primo studio di fase 3 con un anticorpo monoclonale anti-CD38 e lo standard of care VRd a mostrare, in questa popolazione di pazienti, una riduzione significativa del rischio di progressione o morte del 40,4% rispetto a VRd, con risposte profonde e durature. Il profilo di sicurezza è stato coerente con l’aggiunta di Isa a VRd. Le differenze numeriche nei TEAE sono spiegate principalmente dalla maggiore esposizione nel braccio IsaVRd. Questi risultati supportano Isa-VRd come un potenziale nuovo standard of care nei pazienti non destinati al trapianto.

PFS, mo NR 54.34

(98.5% CI) 0.60 (0.41-0.88)

*Intention to treat

Median follow-up: 59.7 mo (IQR: 56.0-63.2)

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

Quadro d’insieme

Lo studio di fase 3 IMROZ ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di isatuximab in combinazione con bortezomib, lenalidomide e desametasone (Isa-VRd) rispetto al regime terapeutico standard VRd in pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo non eleggibili al trapianto. Questo studio ha incluso 446 pazienti e ha mostrato risultati promettenti con una significativa riduzione del rischio di progressione o morte del 40,4% nel gruppo Isa-VRd rispetto al gruppo VRd in assenza di aumento di tossicità.

Analisi dei risultati

I risultati hanno dimostrato che l’aggiunta di isatuximab al regime VRd ha portato a una sopravvivenza libera da progressione significativamente più lunga, con una mediana di PFS non ancora raggiunta nel gruppo Isa-VRd rispetto ai 54,3 mesi nel gruppo VRd, con una proiezione sulla PFS mediana di circa 90 mesi del braccio sperimentale. Il beneficio in termini di PFS è stato osservato nei diversi sottogruppi di pazienti ed è stato mantenuto anche nelle successive linee di terapia. Inoltre, anche i tassi di CR e di MRD-negatività sono risultati più alti nel braccio IsaVRd. La tollerabilità del trattamento Isa-VRd è stata buona, con un tasso di eventi avversi di grado 5 paragonabile tra i due gruppi.

Concetti chiave

Lo studio di fase 3 IMROZ ha mostrato risultati sorprendenti in termini di efficacia e sicurezza per la quadrupletta Isa-VRd paragonata allo standard of care VRd, per i pazienti non eleggibili a trapianto autologo. I risultati di questo studio condurranno probabilmente all’approvazione della quadrupletta per i pazienti affetti da mieloma multiplo di nuova diagnosi non candidabili a trapianto autologo, cambiando radicalmente il paradigma terapeutico della prima linea in questo setting; infatti, prima d’ora, nessun regime terapeutico aveva mai dimostrato un’efficacia terapeutica paragonabile alla PFS proiettata a 90 mesi. Inoltre, tali risultati sono rafforzati da un’ottima tollerabilità del regime Isa-VRd anche nella popolazione anziana.

Results from the randomized phase 3 DREAMM-8 study of belantamab mafodotin plus pomalidomide and dexamethasone vs pomalidomide plus bortezomib and dexamethasone in relapsed/refractory multiple myeloma

Abstract LB3440

Introduzione. L’utilizzo di triplette o quadruplette nel trattamento di prima linea del mieloma multiplo accresce il bisogno di nuove combinazioni alla prima recidiva e, tra queste, possiamo annoverare le associazioni a base di belantamab mafodotin (belamaf).

Nel DREAMM-7, la combinazione belamaf più bortezomib e desametasone (BVd) ha portato a un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione e a un importante trend di miglioramento della sopravvivenza globale rispetto a daratumumab-Vd nei pazienti con ≥1 terapia precedente. Si riportano i risultati dello studio DREAMM-8, che ha testato una diversa combinazione di belamaf (belamaf più pomalidomide e desametasone [BPd]) e ha raggiunto l’endpoint primario di PFS valutata da un comitato di revisione indipendente nell’analisi ad interim predefinita.

Obiettivi. Valutare l’efficacia e la sicurezza di BPd rispetto allo standard di cura pomalidomide più bortezomib e desametasone [PVd] in pazienti con MM recidivato/refrattario precedentemente trattati con lenalidomide.

Metodi. Il DREAMM-8 è uno studio di fase 3 in aperto, randomizzato e multicentrico che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di BPd vs PVd in pazienti con MMRR che hanno ricevuto ≥1 linea di terapia (LOT), inclusa la lenalidomide. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 a BPd (cicli di 28 giorni): belamaf 2,5 mg/ kg IV (giorno 1, ciclo 1), 1,9 mg/kg (giorno 1, ciclo 2+) + pomalidomide 4 mg (giorni 1-21, tutti i cicli) + desametasone 40 mg (giorno 1, una volta a settimana, tutti i cicli) o PVd (cicli di 21 giorni): pomalidomide 4 mg (giorni 1-14, tutti i cicli) + bortezomib 1,3 mg/m2 SC (giorni 1, 4, 8 e 11 [cicli 1-8]; giorni 1 e 8 [cicli 9+]) + desametasone 20 mg (giorno della somministrazione di bortezomib e il giorno successivo).

Risultati. Alla data di cut-off (29 gennaio 2024), 155 pazienti sono stati randomizzati a BPd (mediana [range] LOT, 1 [1-6]) e 147 a PVd (mediana [range] LOT, 1 [1-9]); il 25% e il 29% dei pazienti, rispettivamente, avevano ricevuto in precedenza anticorpi anti-CD38. Con un follow-up mediano (range) di 21,78 mesi (0,03-39,23 mesi), la PFS mediana (95% CI)

non è stata raggiunta (NR; 20,6 mesi-NR) con BPd vs 12,7 mesi (9,1-18,5 mesi) con PVd (hazard ratio [HR], 0,52; 95% CI, 0,37-0,73; P<0,001); il tasso di PFS a 12 mesi (95% CI) è stato del 71% (63%-78%) con BPd vs 51% (42%-60%) con PVd (Figura 1).

Il tasso di risposta obiettiva (95% CI) era del 77% (70,0%-83,7%) con BPd vs 72% (64,1%-79,2%) con PVd; il tasso di risposta completa o migliore (95% CI) era del 40% (32,2%-48,2%) con BPd vs 16% (10,7%23,3%) con PVd. La durata mediana della risposta (95% CI) non è stata raggiunta (24,9 mesi-NR) con BPd vs 17,5 mesi (12,1-26,4 mesi) con PVd. Un trend positivo a favore di BPd è stato osservato per l’OS (HR, 0,77; 95% CI, 0,53-1,14) con un follow-up ancora in corso. Nell’analisi di sicurezza, gli eventi avversi sono stati osservati nel braccio BPd (N=150; [qualsiasi grado, >99%; grado 3/4, 91%]) e nel braccio PVd (N=145; [96%; 73%]). Nel braccio BPd, l’89% dei pazienti ha avuto AE oculari (CTCAE) (grado 3/4, 43%) vs il 30% (grado 3/4, 2%) nel braccio PVd; AE gravi (SAE) sono stati riportati nel 63% e 45% dei pazienti,

Figura 1. Progression-free survival valutata da un comitato di revisione indipendente

rispettivamente, e SAE fatali sono stati riportati nell’11% dei pazienti in entrambi i bracci. In totale, il 15% e il 12% dei pazienti hanno interrotto il trattamento a causa di AE nei bracci BPd e PVd, rispettivamente. Gli AE erano generalmente gestibili e ampiamente coerenti con il profilo di sicurezza noto degli agenti individuali.

Conclusioni. Lo studio DREAMM-8 ha dimostrato un beneficio di PFS statisticamente significativo e clinicamente di rilievo con BPd vs PVd nel MMRR con >1 linea di terapia precedente. BPd ha anche portato a risposte più profonde e durature, ha mostrato un trend favorevole per l’OS e un profilo di sicurezza gestibile.

Quadro d’insieme

Lo studio DREAMM-8 rappresenta un’importante evoluzione nel trattamento del mieloma multiplo recidivato/refrattario. Questo studio di fase 3 ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di una nuova combinazione di farmaci (belantamab mafodotin, pomalidomide e desametasone - BPd) con un trattamento standard consolidato (pomalidomide, bortezomib e desametasone - PVd). I risultati indicano che il regime BPd può offrire significativi vantaggi in termini di tassi di risposta, PFS e durata della risposta rispetto al regime standard.

Analisi dei risultati

I risultati hanno mostrato che la combinazione BPd ha portato a una PFS significativamente migliorata rispetto a PVd, con un hazard ratio di 0,52, indicando una riduzione del rischio di progressione della malattia o morte del 48%. Inoltre, il tasso di risposta completa o migliore è stato più del doppio nel gruppo BPd rispetto al gruppo PVd (40% vs 16%). Sebbene la sopravvivenza globale non abbia ancora raggiunto una significatività statistica, i dati preliminari suggeriscono una tendenza favorevole per BPd.

Concetti chiave

Queste evidenze mostrano un quadro completo dei primi promettenti risultati dell’associazione BPd vs PVd nella terapia del MMRR, sia in termini di efficacia sia di sicurezza. I risultati dello studio DREAMM-8

potrebbero portare all’approvazione clinica definitiva della combinazione BPd. Nello studio, infatti, oltre alla riduzione del rischio di recidiva, si è osservato anche un trend verso un vantaggio di sopravvivenza in favore della tripletta BPd. I risultati ottenuti dal regime BPd rivestono, inoltre, un particolare valore in quanto nettamente superiori a quelli del regime di salvataggio PVd, ampiamente utilizzato nel paziente refrattario a lenalidomide e all’anti-CD38.

La combinazione BPd andrà, quindi, a collocarsi precocemente nel panorama terapeutico per il paziente affetto da mieloma multiplo dalla seconda linea in poi.

Current use of BCMA-targeted agents in relapsed/ refractory multiple myeloma and key drivers when selecting CAR T-cells versus bispecifics: data from real-world study in EU5 countries and in the US

Abstract P962

Introduzione. Il trattamento del mieloma multiplo ha visto un miglioramento grazie all’utilizzo in prima linea di quadruplette nei pazienti eleggibili al trapianto di cellule staminali (SCT) e alle triplette a base di daratumumab nei pazienti non eleggibili al SCT, portando a risposte più profonde con malattia minima residua negativa e prolungamento della PFS. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti recidiva o presenta refrattarietà alle tre classi principali di farmaci: inibitori del proteasoma (PIs), IMiDs e anticorpi monoclonali anti-CD38. I nuovi agenti anti-BCMA (cellule CAR-T e bispecifici T-cell engagers, BiTEs) sono stati inclusi nelle linee guida di pratica clinica internazionale dopo almeno tre precedenti linee di terapia, inclusi un IMiD, un PI e un mAb anti-CD38. Le decisioni nella scelta tra cellule CAR-T e anticorpi bispecifici/BiTEs anti-BCMA possono basarsi su molteplici fattori: stabilità del paziente/malattia, logistica, trattamento continuo vs singola somministrazione, tasso di risposta, sicurezza e sequencing terapeutico. Obiettivi. Obiettivo dello studio era quello d’Identificare modelli e fattori che influenzano la scelta tra trattamento con CAR-T o con anticorpi bispecifici nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrat-

tario e confrontare le caratteristiche dei pazienti in questi due gruppi.

Metodi. Sono state analizzate le cartelle cliniche, in formato anonimo, di pazienti con MM fornite da oncoematologi di Francia, Germania, Spagna, Italia, Regno Unito e Stati Uniti. L’analisi si è concentrata sui pazienti R/R che avevano ricevuto un agente anti-BCMA: CAR-T vs anticorpi bispecifici. Nel Q4 2023 sono stati inclusi 192 pazienti che hanno ricevuto una CAR-T (n=106 ide-cel; n=86 cilta-cel) e 210 che hanno ricevuto un anticorpo bispecifico (n=206 teclistamab; n=4 elranatamab).

Risultati. L’età mediana dei pazienti era di 62 anni per ide-cel e di 61 per cilta-cel. La maggior parte aveva un’età inferiore ai 65 anni (64% ide-cel e 61% cilta-cel) e i pazienti sopra i 75 anni rappresentavano una minoranza (7% ide-cel e 1% cilta-cel). La grande maggioranza presentava un punteggio ECOG di 0-1 (75% ide-cel e 80% cilta-cel) e il 43%/46% era fit per ide-cel/cilta-cel, con pochi pazienti fragili nei due gruppi (<10%). Non è stata rilevata alcuna differenza significativa nel profilo citogenetico della malattia con il 31%/20% di pazienti ad alto rischio con ide-cel/ cilta-cel.

Una bassa percentuale (29% ide-cel e 18% cilta-cel) non aveva comorbidità. Le comorbidità più frequenti erano insufficienza renale lieve-moderata (25-30%), ipertensione (35-40%), dislipidemia (25%) e diabete (25%) senza differenze significative tra i due gruppi. L’analisi dei pazienti che ricevevano un trattamento con anticorpi bispecifici anti-BCMA ha incluso solo 4 pazienti trattati con elranatamab, 3 in Francia e 1 negli Stati Uniti in 3ª o 5ª linea+. Gli altri pazienti hanno ricevuto teclistamab, principalmente in 4ª o 5ª linea+ (48 e 41%). L’età mediana all’inizio del trattamento era di 67 anni con il 45% dei pazienti di età compresa tra 65 e 75 anni e il 20% sopra i 75 anni.

Lo stato ECOG era 0-1 nel 69% dei pazienti e il 33% era considerato fit, il 57% con forma intermedia e il 9% fragile. Il profilo citogenetico di questo sottogruppo era simile a quello del gruppo CAR-T con il 22% di alto rischio, il 36% di rischio intermedio e il 33% di rischio standard.

Il livello di comorbidita nel gruppo BCMA BiTE era superiore rispetto al CAR-T (Tabella 1).

Conclusioni. I principali fattori per la selezione del trattamento tra gli agenti mirati al BCMA sembrano essere la sicurezza/tollerabilità in base al profilo del paziente e alle comorbidità, la convenienza complessiva e il tasso di risposta. I BiTEs tendono a essere

Tabella 1. Principali comorbidità nei pazienti

trattati con CAR-T e con BCMA BiTE

Moderate renal insufficiency (ClCr = 30-49 mL/min)

Severe renal insufficiency (ClCr <30 mL/min) 1%

Previous Deep Vein Thrombosis 2% 6%

20%

38%

26%

10%

preferiti nei pazienti più anziani con più comorbidità, soprattutto insufficienza renale più grave e forma fisica intermedia. L’approvazione futura da parte dell’EMA di ide-cel e cilta-cel basata sugli studi KarMMa-3 e CARTITUDE-4 dovrebbe incoraggiarne l’uso nelle linee di terapia più precoci e l’attuale valutazione degli anticorpi bispecifici anti-BCMA nelle terapie di prima e seconda linea potrebbe anche accrescerne il ruolo nel panorama terapeutico del MM indipendentemente dal profilo del paziente.

Quadro d’Insieme

Lo studio si concentra sull’utilizzo di agenti anti-BCMA nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario e sui fattori chiave nella scelta tra cellule CAR-T e anticorpi bispecifici (BiTEs). Viene esaminata l’esperienza di real-life in cinque paesi europei (Francia, Germania, Spagna, Italia e Regno Unito) e negli Stati Uniti.

Analisi dei risultati

I risultati indicano che le cellule CAR-T e i BiTEs sono utilizzati in contesti specifici sulla base di diversi criteri clinici e logistici. I pazienti che ricevono le cellule CAR-T tendono ad essere più giovani e in condizioni fisiche migliori rispetto a quelli trattati con BiTEs. Inoltre, i BiTEs sono più frequentemente utilizzati nei pazienti con maggiori comorbidità e in quelli con insufficienza renale più grave.

Concetti chiave

Moderate renal insufficiency (ClCr = 30-49 mL/min)

17%

Severe renal insufficiency (ClCr <30 mL/min) 4% 4%

Previous Deep Vein Thrombosis 8% 2%

Neuropathy 39% 24%

Hypertension 44% 37%

Dyslipidaemia 24% 25%

Cardiac dysfunction 8% 12%

Diabetes 9% 29%

Cancers

Other

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

Gli autori di questo studio hanno provato ad investigare i criteri decisionali utilizzati da clinici europei e statunitensi nella scelta fra BiTEs e CAR-T, fornendo un quadro completo di notevole interesse sull’utilizzo delle terapie immunologiche anti-BCMA nel mieloma multiplo recidivato/refrattario. Questo studio ha mostrato come la preferenza per le CAR-T (età più bassa, forma fisica migliore e minori comorbidità) o per i BiTEs (età più alta, forma fisica peggiore e maggior numero di comorbidità) possa essere influenzata da molteplici fattori.

Sequential administration of bispecific antibodies and anti-BCMA CAR-T cell therapy in relapsed/ refractory multiple myeloma is associated with expansion of CD8 effector clones and high response rates

Abstract S194

Introduzione. La sequenza ottimale delle terapie che coinvolgono le cellule T (TCE) come gli anticorpi bispecifici (BITEs) e le cellule T con recettore chimerico dell’antigene (CAR-) rimane una controversia clinicamente rilevante nel mieloma multiplo. Mirare all’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) con TCE nel MM triplo refrattario (TCMMRR) o pentarefrattario (PentaMMRR) è diventata un’importante opzione, portando a risposte nella maggior parte dei pazienti. Inoltre, la terapia ponte (BT) può preparare il terreno per una somministrazione di successo delle cellule CAR-T. Nello studio vengono esaminati gli effetti dei diversi regimi di terapia ponte come preparazione alla terapia con cellule CAR-T. Obiettivi. Sono state analizzate le caratteristiche cliniche, immunologiche e molecolari associate ai diversi regimi di BT per comprenderne meglio l’impatto sulla dinamica del repertorio di cellule T e sull’espansione delle CAR-T. Metodi. Lo studio ha incluso retrospettivamente tutti i 52 pazienti con MMRR trattati, presso il centro di riferimento, con CAR-T anti-BCMA (cilta-cel [n=18] o ide-cel [n=34]). La risposta è stata valutata dopo la

BT e al giorno 30 (D30) dopo la reinfusione delle cellule CAR-T secondo i criteri IMWG. La CRS e l’ICANS sono state valutate secondo le linee guida ASTCT. Il compartimento delle cellule T, comprese le cellule CAR-T, è stato caratterizzato mediante citometria a flusso. È stato eseguito un saggio di citotossicità in vitro delle cellule CAR-T. Infine, i repertori TCR pre- e in corso di trattamento sono stati profilati con dati scRNA- e scVDJ-seq longitudinali abbinati. Risultati. I pazienti sono stati trattati con BITEs (teclistamab [n=5]; talquetamab [n=5]), chemioterapia (n=15) e terapie anti-CD38 (n=19) o anti-SLAMF7 (n=8) come BT. I pazienti trattati con BITEs presentavano una maggiore refrattarietà e una più alta presenza di caratteristiche citogenetiche ad alto rischio rispetto agli altri gruppi. Il tasso di risposta globale alla BT era del 57,7% e i pazienti che rispondevano alla BT ottenevano una PFS significativamente migliore (P=0.035). Dato importante, il tasso di ORR ai BITEs era significativamente più alto rispetto ad altri regimi di BT (100% vs. 47,6%, P=0.007) (Figura 1). In tutti i gruppi di BT, si evidenziava un’efficace citotossicità in vitro di CAR-T (BITE [n=6], chemioterapia [n=11], anti-CD38 [n=12], anti-SLAMF7 [n=6]).

Non sono state rilevate differenze significative tra i regimi di BT riguardo agli effetti collaterali della successiva terapia con cellule CAR-T. L’immunofenotipizzazione ha rivelato dinamiche di espansione delle CAR-T differenti nel gruppo BITE, con espansione precoce al D7 e D14 dopo la reinfusione di cellule CAR-T CD4+ ed espansione ritardata delle cellule CAR-T CD8+, associata anche a CR al D30. Inoltre, le analisi scTCR-seq hanno dimostrato un’aumentata clonalità del compartimento delle cellule T all’aferesi e al D30 dopo la terapia BITE.

I cloni principali erano prevalentemente composti da cellule di memoria effettrice CD8+ citotossiche. All’aferesi, l’esaurimento delle cellule T era più alto nel gruppo BITE, tuttavia le proporzioni di cellule esauste non differivano dopo la reinfusione tra i diversi regimi di BT. In seguito, dopo terapia ponte con BITEs, si riscontrava un elevato tasso di cellule CD8+ EM e di cellule CD8+ in proliferazione in cloni iperespansi, ad indicare una maggiore capacità di persistenza a lungo termine.

Conclusioni. La somministrazione sequenziale di BITEs e di terapia con cellule CAR-T ha raggiunto risposte eccellenti anche nei pazienti TCMMRR e PentaMMRR. Lo studio ha evidenziato che i pazienti che avevano ricevuto BITEs come terapia ponte per la successiva terapia con CAR-T anti-BCMA presentavano dinamiche di espansione favorevoli con una maggiore capacità di persistenza a lungo termine delle CAR-T. Infine, la selezione di cloni CD8+

EM tramite terapia BITE prima dell’aferesi ha permesso di mantenere la fitness delle cellule T duran-

te la terapia con CAR-T. Lo studio sottolinea quindi il valore e gli effetti dei diversi regimi di BT sulla terapia con CAR-T.

Quadro d’insieme

Lo studio evidenzia l’importanza della sequenza di somministrazione di terapie di ricondizionamento a base di cellule T, in particolare gli anticorpi bispecifici e le cellule CAR-T anti-BCMA, nel trattamento del mieloma multiplo recidivato/refrattario. Lo studio ha mostrato che l’uso di BITEs (teclistamab e talqueta-

Figura 1. Quadro descrittivo della coorte di pazienti (n=52) esposta a terapia ponte e a successivo trattamento con CAR-T

Bridging therapy Bispeci c Ab anti-CD38 Chemotherapy anti-SLAMF7

Response group TCexposed TCRRMM PentaRRMM

VGPR/PR SD/PD

Product Ide-cel Cilta-cel

Events Death Progression

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

mab) come terapia ponte prima della reinfusione di cellule CAR-T può migliorare significativamente l’efficacia della terapia con cellule CAR-T, aumentando la persistenza a lungo termine dei linfociti CAR-T e migliorando la risposta clinica.

Analisi dei risultati

I pazienti trattati con BITEs hanno mostrato un tasso di risposta globale del 100% rispetto al 47,6% degli altri regimi di terapia ponte. L’espansione delle cellule CAR-T è stata particolarmente efficace nei pazienti trattati con BITEs, con una maggiore proliferazione delle cellule effettrici CD8+ e una maggiore persistenza a lungo termine delle cellule CAR-T. Inoltre, nonostante un maggiore esaurimento delle cellule T all’inizio, le proporzioni di cellule esauste non differivano significativamente tra i diversi regimi di BT dopo la reinfusione.

Concetti chiave

Il sequencing terapeutico delle terapie di ricondizionamento cellulare come BITEs e CAR-T è un topic di notevole interesse nell’ambito dei meccanismi di resistenza nel mieloma multiplo sia per la condivisione di bersagli antigenici come BCMA, con il rischio di indurre perdita dell’antigene, sia per l’esaurimento delle cellule T.

Tuttavia, seppur condotto su pochi pazienti, questo studio ha mostrato come una terapia bridge a base di BITEs prima dell’infusione di cellule CAR-T possa essere efficace e non dannosa con ottimi risultati in termini di ORR e d’incremento della persistenza a lungo termine di alcuni cloni T-cellulari.

Novel selinexor triplet and quadruplet regimens (SNd, SPEd, SBd, SDPd): results from the phase 1b/2 STOMP multiple myeloma trial

Abstract P999

Introduzione. Quasi tutti i pazienti con mieloma multiplo recidivano e/o sviluppano una malattia refrattaria, lasciando un bisogno insoddisfatto di nuovi regimi efficaci. Selinexor (S), primo della classe degli inibitori orali di XPO1, approvato in combinazione con desametasone (Sd) nel MM penta-refrattario e con desametasone + bortezomib (SVd) nel MMRR dopo ≥1 precedente terapia, ha mostrato un’attività sinergica con altri trattamenti antitumorali ed è in fase di studio in diversi nuovi regimi nel trial di fase 1b/2 STOMP.

Obiettivi. Questo è il primo report su sicurezza ed efficacia dai quattro bracci dello studio STOMP con i nuovi regimi a base di selinexor: S + ixazomib (N) + d (SNd); S + pomalidomide (P) + elotuzumab (E) + d (SPEd); S + belantamab (B) + d (SBd); e S + daratumumab (D) + P + d (SDPd).

Metodi. STOMP, studio di fase 1b/2 in corso, ha valutato i diversi dosaggi di selinexor in 11 bracci, nelle fasi di dose escalation/-valutazione ed espansione per il trattamento di pazienti adulti con MM di nuova diagnosi o RRMM. Sono stati analizzati i dati di efficacia e sicurezza valutati dagli investigatori dai bracci SNd, SPEd, SBd e SDPd nello STOMP.

Risultati. Al 2 gennaio 2024, il numero di pazienti arruolati era in SNd: 6, in SPEd: 5, in SBd: 7, e in SDPd: 3. Le linee di trattamento mediane precedenti erano 2, 2, 6 e 1, rispettivamente per le coorti SNd, SPEd, SBd e SDPd. Tra i bracci, l’83% della coorte SNd e il

100% delle altre coorti avevano ricevuto un precedente trattamento con un inibitore del proteasoma (PI), il 100% di tutti e quattro i bracci aveva ricevuto un precedente trattamento con un farmaco immunomodulatore (IMiD), e il 33% di SNd, l’80% di SPEd, l’85,7% di SBd e nessuno di SDPd aveva avuto una tripla esposizione a un anticorpo monoclonale antiCD38, un PI e un IMiD.

La durata mediana dell’esposizione è stata di 26,5 settimane in SNd, 7,0 settimane in SPEd, 14,0 settimane in SBd e 24,0 settimane in SDPd. I tassi di risposta globale erano del 16,7%, 20%, 71,4% e 66,7%, rispettivamente nei bracci SNd, SPEd, SBd e SDPd. I risultati di efficacia sono elencati nella figura 1. Un paziente è rimasto in trattamento nei bracci SNd (30,2 mesi) e SDPd (27 mesi). Dei 13 pazienti che han-

Withdrawal by Patient

Non-compliance Non-compliance

Progression Clinical Progression

Clinical Progression

Clinical Progression

Toxicity

Withdrawal by Patient

Withdrawal by Patient

Clinical Progression Clinical Progression

Physician Decision

Time from rst dose (months) PFS status 21 24

PFS, progression-free survival; SBd, selinexor + belantamab mafodotin + dexamethasone; SDPd, selinexor + daratumumab + pomalidomide + dexamethasone; SNd, selinexor + ixazomib + dexamethasone; SPEd, selinexor + pomalidomide + elotuzumab + dexamethasone; Trt, treatment.

* Indicates patient has IMWG high-risk genetic abnormalities. † Treatment abbreviations on left: D, daratumumab; K, car lzomib; N, ixazomib; P, pomalidomide; R, lenalidomide; S, isatuximab; T, thalidomide; V, bortezomib.Uppercase letters indicate refractory to treatment. Lowercase letters indicate sensitive to treatment. Response abbreviations: MR, minimal response; PR, partial response; SD, stable disease; VG, very good partial response. 0 3 6 9 12 15 18 VKR Event - PD Event - Death Censor - On Trt Censor - O Trt Administered selinexor doses

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

Figura 1. Swimmer plot dei pazienti trattati con selinexor

no interrotto la terapia senza un evento di PFS, 6 hanno interrotto a causa di progressione clinica determinata dall’investigatore e 7 per altre ragioni. I più comuni eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) in tutti i bracci includevano fatigue (61,9%), nausea (61,9%), diarrea (47,6%) e vomito (47,6%). I TEAE di grado 3 e 4 più comuni in tutti i bracci includevano neutropenia (33,3%), fatigue (23,8%), trombocitopenia (14,3%), anemia (14,3%) e linfopenia (14,3%). Un TEAE di grado 5 d’infezione polmonare da Nocardia è stato osservato nel braccio SPEd ed è stato attribuito a tutti i farmaci nel regime. L’intensità media relativa della dose di selinexor era del 93,6% per SNd, del 100,0% per SPEd, dell’83,3% per SBd e del 91,7% per SDPd. I profili di tossicità noti dei farmaci in associazione non sono stati esacerbati in combinazione con selinexor; in particolare, 1 paziente (16,7%) nel braccio SNd ha sviluppato un rash cutaneo di grado 2 e 1 paziente (14,3%) nel braccio SBd ha sviluppato una cheratopatia di grado 3. Conclusioni. Selinexor è stato valutato in un numero limitato di pazienti con vari farmaci partner, tra cui ixazomib, elotuzumab, daratumumab, belantamab mafodotin e pomalidomide. La maggior parte dei pazienti ha tollerato i regimi di selinexor ai dosaggi previsti. Non è stato osservato un aumento delle tossicità dei farmaci in associazione, il che è in linea con il profilo di combinabilità di selinexor + desametasone con carfilzomib (SKd), pomalidomide (SPd) e daratumumab (SDd) nello studio STOMP. Mentre alcuni pazienti in questa piccola popolazione hanno tratto beneficio clinico, i profili di sicurezza, efficacia e combinabilità per SNd, SPEd, SBd e SDPd devono essere valutati ulteriormente con trial clinici più ampi.

Quadro d’insieme

Il mieloma multiplo è una patologia ematologica che, nonostante le terapie esistenti, tende a recidivare o a sviluppare resistenza ai trattamenti. Questo scenario impone la necessità di sviluppare nuovi regimi terapeutici. Il selinexor, un inibitore orale di XPO1, ha mostrato promettenti attività sinergiche con altri agenti, il che lo rende un candidato interessante per combinazioni terapeutiche innovative.

Analisi dei

risultati

Il trial STOMP ha valutato l’efficacia e la sicurezza di selinexor in combinazione con diversi farmaci in pazienti con MM di nuova diagnosi o MMRR. Quattro combinazioni (SNd, SPEd, SBd, SDPd) sono state analizzate, mostrando tassi di risposta variabili tra il 16,7% e il 71,4%. È interessante notare come le combinazioni SBd e SDPd abbiano evidenziato i tassi di risposta più alti, suggerendo una potenziale maggiore efficacia. Tuttavia, la durata mediana dell’esposizione varia considerevolmente tra le combinazioni, indicando che alcuni regimi potrebbero essere meglio tollerati nel lungo termine rispetto ad altri.

Concetti chiave

Il panorama terapeutico del mieloma multiplo necessita dell’introduzione di combinazioni efficaci sempre diverse dato l’andamento recidivante della patologia. I primi risultati dei nuovi regimi a base di selinexor nel trattamento del mieloma multiplo si sono rivelati promettenti e, se confermati su un numero più ampio di pazienti, potranno essere approvati come armi terapeutiche innovative, utili soprattutto nella gestione del paziente unfit.

Results

from

DREAMM-7

a randomized phase 3 study of belantamab mafodotin + bortezomib, and dexamethasone vs daratumumab + bortezomib, and dexamethasone in relapsed/refractory multiple myeloma

Mateos MV, Robak P, Hus M, et al.

Abstract S214

Introduzione. Belantamab mafodotin (belamaf), un coniugato farmaco-anticorpo anti-BCMA, ha dimostrato precedentemente efficacia clinica e un profilo di sicurezza gestibile, supportando il suo utilizzo in combinazione con gli standard di cura per pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario (MMRR). Il DREAMM-7 è uno studio globale, randomizzato, open-label di fase III che valuta l’efficacia e la sicurezza della tripletta belamaf più bortezomib e desametasone (BVd) rispetto allo standard di cura, daratumumab, bortezomib e desametasone (DVd), in pazienti con MMRR che hanno ricevuto ≥1 linea di terapia (LOT).

Obiettivi. Lo scopo di questo studio era valutare l’efficacia e la sicurezza di BVd rispetto a DVd nei partecipanti con MMRR che avevano ricevuto predentemente ≥1 linea di terapia.

Metodi. I pazienti con ≥1 LOT precedente sono stati randomizzati (1:1) a ricevere BVd: belamaf 2,5 mg/ kg IV Q3W + bortezomib 1,3 mg/m2 (due volte a settimana, in cicli di 21 giorni; fino a 8 cicli) + desametasone 20 mg (il giorno di e dopo il bortezomib; fino a 8 cicli) o DVd: daratumumab 16 mg/kg (ciclo

di 21 giorni), ciclo 1-3, Q1W, ciclo 4-8, Q3W, e Q4W dal ciclo 9 in poi); le schedule terapeutiche di bortezomib e desametasone erano le stesse. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione valutata dal comitato di revisione indipendente. Gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale, la durata della risposta, il tasso di risposta globale.

Risultati. Sono stati randomizzati 494 pazienti (BVd n=243, DVd n=251). Con un follow-up mediano (range) di 28,2 mesi (0,10-40 mesi), la PFS mediana nel braccio BVd era di 36,6 mesi (95% CI, 28,4 mesi-NR) vs 13,4 mesi (95% CI, 11,1-17,5 mesi) con DVd; HR 0,41 (95% CI, 0,31-0,53; p<0,00001) (Figura 1).

I dati sulla OS erano maturi al 29%; la OS mediana non è stata raggiunta in nessuno dei due bracci; HR, 0,57 (95% CI, 0,40-0,80; p nominale=0,00049).

L’ORR era dell’82,7% (95% CI, 77,4-87,3%) con BVd e del 71,3% (95% CI, 65,3-76,8%) con DVd. La durata mediana della risposta era di 35,6 mesi (95% CI, 30,5 mesi a non raggiunta) per BVd vs 17,8 mesi (95% CI, 13,8-23,6 mesi) per DVd. Tutti i pazienti in entrambi i bracci hanno sperimentato almeno un evento avverso. Gli AE correlati al trattamento di grado 3/4 sono stati riportati nel 90% dei pazienti nel braccio BVd e nel 67% nel braccio DVd. Gli AE gravi sono stati riportati nel 50% dei pazienti nel braccio BVd rispetto al 37% nel braccio DVd. Gli AE oculari sono stati più frequenti nel braccio BVd rispetto al DVd (79% vs 29%) e sono stati gestibili. Conclusioni. Lo studio di confronto DREAMM-7 ha dimostrato un beneficio statisticamente significativo in termini di progression-free survival con BVd con un miglioramento mediano della PFS di 23 mesi nei pazienti con MMRR che avevano ricevuto ≥1 LOT precedente. Inoltre, è stato osservato anche un forte e clinicamente significativo beneficio della OS (p nominale=0,00049). Infine, BVd ha portato a una maggiore profondità di risposta e a un raddoppio della durata mediana della risposta rispetto a DVd e ha avuto un profilo di sicurezza gestibile. Questi risultati supportano BVd come potenziale nuovo standard di cura in questo contesto.

Quadro d’insieme

Lo studio DREAMM-7 rappresenta un significativo passo avanti nel trattamento del mieloma multiplo recidivato/refrattario. Questo studio di fase III ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di una nuova combinazione di farmaci (belantamab mafodotin, bortezomib e desametasone - BVd) con un trattamento standard consolidato (daratumumab, bortezomib e desametasone - DVd). I risultati indicano che BVd può offrire significativi vantaggi in termini di sopravvivenza libera da progressione, durata della risposta e profondità della risposta rispetto al regime standard di confronto.

Analisi dei risultati

I risultati dello studio DREAMM-7 hanno mostrato che la combinazione BVd ha condotto a una PFS mediana di 36,6 mesi, significativamente superiore rispetto ai 13,4 mesi del regime DVd, con un hazard ratio di 0,41, indicando una riduzione del rischio di progressione della malattia o morte del 59%. Il tasso

di risposta globale è stato dell’82,7% nel gruppo BVd rispetto al 71,3% nel gruppo DVd. La durata mediana della risposta è stata di 35,6 mesi con BVd, quasi il doppio rispetto ai 17,8 mesi con DVd. Nonostante una maggiore incidenza di eventi avversi oculari nel gruppo BVd, questi erano generalmente gestibili.

Concetti chiave

Gli outcome dello studio DREAMM-7 sono certamente di grande rilevanza per l’associazione BVd, sia in termini d’efficacia sia di sicurezza, anche in considerazione del valore della tripletta utilizzata nel braccio di controllo, e condurranno all’approvazione clinica definitiva di BVd per pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario.

La disponibilità di questa nuova opzione terapeutica porterà notevoli benefici ai pazienti in questo setting, soprattutto se provenienti da una prima linea basata sulla combinazione daratumumab-lenalidomide-desametasone.

BVd, belantamab mafodotin, bortezomib, and dexamethasone; DVd, daratumumab, bortezomib, and dexamethasone; HR, hazard ratio; ITT, intent to treat; NR, not reached; PFS, progression-free survival; PFS2, progression-free survival 2. a Two patient in the ITT population were randomized, not treated, rescreened, and rerandomized. They are counted as 4 unique patients in this output. b Cls were estimated using the Brookmeyer-Crowley method. c HRs were estimated using a Cox proportional hazards model strati ed by the number of lines or prior therapy (1 vs 2 or 3 vs ≥4), prior bortezomib (no vs yes), and R-ISS stage at screening (I vs II or III), with a covariate of treatment. d P value from 1-sided strati ed log-rank test.

Figura 1. Risultati di PFS con BVd vs DVd

Patients with multiple myeloma - what

happens in second line after first-line lenalidomide? Data from the German MYRIAM registry

Abstract P909

Introduzione. L’approvazione di nuovi farmaci ha ampliato il ventaglio di opzioni terapeutiche per i pazienti con mieloma multiplo. La lenalidomide (LEN) può essere somministrata, in combinazione, come parte di un trattamento di prima linea o come consolidamento dopo un trapianto di cellule staminali (SCT) o anche dopo il trattamento standard di prima linea come mantenimento. I trattamenti per i pazienti con MM recidivato o refrattario spesso includono anche LEN come partner di combinazione. Obiettivi. Lo studio ha analizzato la realtà di trattamento in un contesto di real-world e l’efficacia della terapia di seconda linea in pazienti con malattia recidivata o refrattaria dopo trattamenti di 1L che includevano LEN.

Metodi. MYRIAM è uno studio di coorte prospettico, non interventistico, intersettoriale e multicentrico a livello nazionale che documenta le caratteristiche dei pazienti, il trattamento, i risultati clinici e i patient-reported outcome (PROs) di pazienti affetti da MM in Germania. Tra il 2017 e il 2026, saranno reclutati circa 2.200 pazienti con MM sottoposti a terapia sistemica di 1L, 2L o terza linea in più di 150 siti (ospedali, ambulatori medici) e seguiti per un massimo di 5 anni.

Si presentano i dati dall’analisi ad interim annuale (cut-off del database: 30 settembre 2023).

Risultati. I dati sul trattamento di 2L erano disponibili per 906 dei 2.121 pazienti con MM registrati nel

MYRIAM in 159 siti in Germania. Per 810 (89%) di questi non era non previsto il ricorso a trapianto SCT in 2L. Un trattamento di 1L a base di LEN veniva documentato per 290 pazienti (32%). La recidiva o la refrattarietà dopo 1L LEN si verificavano, rispettivamente, in 90 (31%) e 162 (56%) pazienti.

Inoltre, alcuni pazienti non presentavano né recidiva né refrattarietà ma avevano interrotto la terapia di prima linea per tossicità (n=31) o perché lo status di alcuni non era ancora definito a causa della documentazione incompleta (n=7).

Complessivamente, i pazienti (55% maschi) avevano un’età mediana di 73 anni ed erano in buone condizioni all’inizio del trattamento di 2L (71% Charlson comorbidity index CCI 0; 66% ECOG 0/1). Per i pazienti con malattia recidivata, i tre regimi di 2L più frequentemente utilizzati sono stati: 22% (20/90)

DARA/LEN/Dexa, 17% (15/90) BOR/DARA/Dexa e 10% (9/90) CARF/DARA/Dexa.

Il tasso di risposta complessiva tra i 57 pazienti con una documentata valutazione della risposta è stato del 47% (27/57). La sopravvivenza libera da progressione mediana dall’inizio della 2L è stata pari a 11,9 mesi (95%-CI 6.0-25.1). La sopravvivenza globale mediana dall’inizio della 2L non è stata raggiunta (tasso di OS a 2 anni del 63%, 95%-CI 47-74%).

Per i pazienti con malattia refrattaria, i tre regimi di 2L più frequentemente utilizzati erano: 14% (23/162)

BOR/DARA/Dexa, 14% (22/162) CARF/DARA/Dexa e 11% (18/162) BOR/Dexa. L’uso di CARF/DARA/Dexa è aumentato nel tempo (6/20, 30% nel 2023), mentre quello di BOR/Dexa (0/20 in 2023) è diminuito ed il ritrattamento con LEN non è stato frequente (DARA/ LEN/Dexa, 11/162; 7% del totale). Il tasso di risposta complessiva tra i 117 pazienti con documentata valutazione della risposta è stato del 38% (44/117). La PFS mediana è stata di 8,6 mesi (95%-CI 4.8-10.4) e la OS mediana è stata di 20,9 mesi (95%-CI 15.1-37.9). Conclusioni. Nel registro MYRIAM, il ritrattamento con LEN (DARA/LEN/Dexa) in 2L è stata la strategia più utilizzata per pazienti con malattia recidivata alla LEN in 1L. Per i pazienti con malattia refrattaria alla LEN in 1L, CARF/DARA/Dexa è attualmente il trattamento di 2L più frequentemente utilizzato. La PFS e la OS sono risultate più brevi per i pazienti con

malattia refrattaria rispetto a quelli con malattia recidivata, evidenziando la necessità di strategie di 2L efficaci per questa popolazione di pazienti.

Quadro d’insieme

Lo studio esamina il trattamento di seconda linea per pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario dopo una prima linea di trattamento a base di lenalidomide in Germania. I dati sono stati raccolti dal registro tedesco MYRIAM, che documenta le caratteristiche dei pazienti, i trattamenti e i risultati clinici in un contesto di real-life.

Analisi dei risultati

I risultati dello studio indicano che i pazienti con mieloma multiplo che hanno recidivato o sono risultati refrattari alla terapia a base di lenalidomide in prima linea hanno diverse opzioni di trattamento di seconda linea, con combinazioni contenenti daratumumab, bortezomib e carfilzomib.

Si è evidenziata una tendenza più alta a riproporre un regime contenente lenalidomide come terapia di seconda linea nei pazienti con malattia recidivata rispetto a quelli con refrattarietà.

Inoltre, i tassi di risposta e le durate di sopravvivenza varaivano significativamente tra i pazienti con malattia recidivata e quelli con malattia refrattaria, con quest’ultimi che risultavano riportare una prognosi peggiore.

Concetti chiave

Negli ultimi anni si è assistito ad un utilizzo sempre più precoce di linee terapeutiche a base di lenalidomide, data la sua dimostrata efficacia. Questa tendenza ha condotto, però, ad una sempre più frequente condizione di refrattarietà all’agente stesso e a conseguente recidiva di malattia, rendendo necessario testare l’efficacia di opzioni terapeutiche successive in una popolazione già pretrattata. In questo studio gli autori hanno illustrato alcune efficaci modalità di trattamento di seconda linea utilizzate in Germania per pazienti con prima linea a base di lenalidomide, evidenziando, peraltro, come la refrattarietà al farmaco costituisca un fattore prognostico negativo.

Figura 1. Pazienti con recidiva di malattia dopo la prima linea di terapia a base di lenalidomide: overall survival dall’inizio della seconda linea di trattamento (non-SCT)

Clinical efficacy of isatuximab plus

carfilzomib-

dexamethasone in relapsed/refractory multiple myeloma patients: a real-life multi-center retrospective experience

De Novellis D, Fontana F, Della Pepa R, et al.

Abstract P1992

Introduzione. Isatuximab, un nuovo anticorpo monoclonale anti-CD38, ha mostrato efficacia clinica in combinazione con carfilzomib e desametasone (Isa-Kd) nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario nello studio di fase III IKEMA. A causa della sua recente introduzione nella pratica clinica, l’efficacia e la sicurezza nella real-life sono ancora inesplorate.

Obiettivi. In questo studio retrospettivo multicentrico sono stati riportati i risultati sull’efficacia clinica di Isa-Kd nei pazienti con MMRR in un contesto di real-life.

Metodi. Sono stati arruolati 50 pazienti con MMRR, provenienti da nove unità di Ematologia nel Sud Italia, che avevano iniziato il trattamento con Isa-Kd al di fuori di studi clinici (precedenti linee 1-3) da marzo 2022 a febbraio 2024. Il rischio genetico elevato del MM e la refrattarietà alla lenalidomide (progressione durante il trattamento o entro 60 giorni dall’ultima dose) sono stati stabiliti utilizzando i criteri IMWG. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione. Gli endpoint secondari erano: il tasso di risposta globale dopo un mese di terapia, la migliore risposta, la sopravvivenza globale, il tempo alla migliore risposta e la sicurezza.

Risultati. La maggior parte dei pazienti arruolati (56%) presentava un MM a basso rischio genetico e 9 pazienti (18%) avevano una malattia extramidollare (EMD). La stadiazione secondo R-ISS era I, II e III, rispettivamente nel 18%, 46% e 16% dei soggetti. L’insufficienza renale grave (tasso di filtrazione glomerulare <40 ml/min) si riscontrava nell’8% dei casi.

La maggior parte dei partecipanti allo studio (82%) aveva ricevuto un trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) e il 52% di loro aveva ricevuto il mantenimento con lenalidomide; l’esposizione alla lenalidomide e la refrattarietà sono state osservate rispettivamente nel 38% e 52% dei casi.

La PFS mediana per l’intera popolazione è stata di 14 mesi, ed è stata più breve nei pazienti multi-trattati (PFS mediana, non raggiunta vs 9 mesi, 1 vs ≥2 linee; hazard ratio [HR]: 2.9; 95%CI: 1.1-7.4; P = 0.02), nel MM ad alto rischio genetico (9 mesi vs non raggiunta; HR: 2.5; 95%CI:0.9-7.3; P = 0.07) o se presente EMD (14 vs 19 mesi; HR: 2.1; 95%CI:0.7-6.1;P = 0.14).

L’esposizione precedente agli agenti anti-CD38 è stata significativamente associata a risultati inferiori (PFS mediana, 7 mesi vs 19 mesi, trattati vs naïve anti-CD38; HR, 4.6; 95%CI: 1.5-14; P = 0.003).

L’ORR dopo un mese di terapia è stato del 74% con miglioramenti ematologici continui e con una migliore risposta ORR pari all’84%, comprendente un tasso di remissione completa del 14%, risposte parziali molto buone o parziali rispettivamente del 50% o 20%, e un tempo mediano alla migliore risposta di 3 mesi. L’OS mediana non è stata raggiunta al momento del cutoff dei dati mentre il tempo mediano di follow-up è stato di 12 mesi.

Isa-Kd è stato ben tollerato con tossicità cardiaca (ipertensione, 34% dei casi e tachiaritmie, 10% dei soggetti) e polmonite (14%) come eventi avversi gravi più frequentemente osservati (Tabella 1).

Conclusioni. In conclusione, questa esperienza di real-life reale ha confermato l’efficacia clinica e la sicurezza di Isa-Kd nei pazienti affetti da MMRR; rispetto a quella dello studio di fase III IKEMA, questa popolazione era particolarmente difficile da trattare con alti tassi di esposizione/refrattarietà alla lenalidomide, MM ad alto rischio genetico, EMD, insufficienza renale e basso punteggio ECOG. La prece -

dente esposizione ad anticorpi monoclonali antiCD38 potrebbe, tuttavia, ridurre l’efficacia clinica della combinazione, quindi il suo utilizzo in questo gruppo di pazienti dovrebbe essere attentamente considerato, specialmente a causa dell’aumentato rischio di cardiotossicità e polmoniti.

Quadro d’insieme

Questo studio retrospettivo multicentrico ha esaminato l’efficacia clinica e la sicurezza di isatuximab in combinazione con carfilzomib e desametasone (Isa-Kd) in pazienti con mieloma multiplo recidivato/ refrattario. I dati sono stati raccolti da nove unità di Ematologia nel Sud Italia e includono pazienti con precedenti linee di trattamento da 1 a 3.

Analisi dei risultati

L’efficacia di Isa-Kd è stata confermata in un contesto di real-life, con una PFS mediana di 14 mesi per l’intera popolazione. I pazienti con esposizione precedente agli agenti anti-CD38 hanno mostrato una PFS mediana inferiore, suggerendo una minore efficacia nel sottogruppo di pazienti con MM ad alto rischio genetico o con EMD. La tollerabilità del trattamento è stata generalmente buona, sebbene siano stati osservati alcuni eventi avversi gravi come tossicità cardiaca e polmoniti.

Concetti chiave

Gli studi di real-life permettono di valutare l’efficacia delle terapie in popolazioni più complesse rispetto a quelle degli studi registrativi. Questo studio ha consentito di ottenere dati di efficacia e sicurezza della combinazione Isa-Kd in pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario in un contesto di real-life, confermando i risultati dello studio di fase 3 IKEMA ed esplorando alcune caratteristiche predittive di fallimento terapeutico (alto rischio citogenetico, malattia extra midollare, pregressa esposizione ad anti-CD38).

Tabella 1. Caratteristiche della popolazione e risultati riportati con l’utilizzo di Isa-Kd

Characteristics

High genetic risk MM, n (%)

(44) Extramedullary disease, n (%)

(18)

Previous autologous stem cell transplantation, n (%) 41 (82) Previous bortezomib treatment, n (%)

(92)

Previous anti-CD38 treatment, n (%) 7 (14)

Previous thalidomide treatment, n (%) 41 (82)

Previous lenalidomide maintenance, n (%) 29 (58)

Lenalidomide exposed, n (%) 19 (38)

Lenalidomide refractory, n (%) 26 (52)

Overall response rate after one cycle, n (%) 37 (74)

Complete response, n (%) 1 (2)

Very good partial response, n (%) 12 (24)

Partial response, n (%) 24 (48)

Overall response rate as best response, n (%) 42 (84)

Complete response 7 (14)

Very good partial response 25 (50)

Partial response 10 (20)

Time to best response, months, median (range) 3 (1-14)

Total Isa-Kd administrations, median (range) 6 (1-23)

Number of MM progressions, n (%) 19 (38)

Progression free survival, median, months (95%CI) 14 (8.5-19.4)

One-year PFS, % 65

Number of deaths, n (%) 12 (24)

Overall survival, median, months (95%CI) Not reached

One-year OS, % 76

Hypertension, n (%) 17 (34)

Grade I-II 15 (30)

Grade III-IV 2 (4)

Cardiac tachyarrhythmias, n (%) 5 (10)

Hematological toxicity, n (%) 24 (48)

Grade I-II 13 (26)

Grade III-IV 11 (22)

Pneumonia, n (%) 7 (14)

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

Risultati con selinexor, bortezomib e desametasone (SVd)

nei pazienti con mieloma multiplo refrattario recidivato: analisi del sottogruppo regionale

dello studio di fase 3 BOSTON

Spencer A, Mateos MV, Dimopoulos M, et al.

Abstract P1993

Introduzione. Selinexor è un inibitore di XPO-1, disponibile in formulazione orale, che si lega all’esportina 1, inibendo l’esportazione nucleare delle proteine che sopprimono i tumori. Lo studio di fase 3 BOSTON ha randomizzato i partecipanti con mieloma multiplo recidivato/refrattario (MMRR; 1-3 linee precedenti) a ricevere 100 mg di selinexor una volta a settimana (QW), bortezomib QW (1,3 mg/m²) e 20 mg di desametasone due volte a settimana (BIW; SVd) o bortezomib e desametasone standard BIW (Vd). Lo studio BOSTON ha incluso 402 pazienti da 21 Paesi, coprendo diverse regioni geografiche. Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario con un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (mPFS), HR 0.70, p=0.0075 (mPFS per SVd 13,93 mesi vs 9,46 mesi con Vd). I dati demografici nella Regione 4 (R4) indicavano una popolazione più giovane con una prognosi peggiore misurata dallo stato ECOG e dallo stadio della malattia, nonché un tasso molto più basso di precedente trapianto di cellule staminali, probabilmente riflettendo le differenze nella pratica clinica e negli standard di cura in quella regione.

Obiettivi. Comprendere i risultati ottenuti nei pazienti che ricevono SVd in Paesi con pratiche cliniche e standard di cura simili (Regioni 1-3; R1-3), con

riferimento alla R4 e alla popolazione intention to treat (ITT).

Metodi. È stata condotta un’analisi per sottogruppi retrospettiva, post-hoc, della coorte SVd in R1-3 e R4 per valutare le differenze nei risultati tra i sottogruppi con riferimento alla popolazione ITT. Le analisi di efficacia si basavano sul cut-off a febbraio 2021 e le analisi di sicurezza sul cut-off a giugno 2022. Risultati. Nello studio BOSTON stati randomizzati 263 pazienti da R1-3 (126 a SVd, 137 a Vd). L’effetto complessivo del trattamento per SVd vs Vd in R1-3 è stato coerente con la popolazione ITT, con un trend favorevole: HR di 0,54 per PFS e odds ratio (OR) di 2,29 per ORR, in riferimento a un HR di 0,70 e OR di 1,96, rispettivamente, per la popolazione IT. Si riscontravano alcune differenze nelle caratteristiche di base per i pazienti SVd dalla R1-3 rispetto alla R4 e alla popolazione ITT. La coorte SVd dalla R1-3 era leggermente più anziana (età mediana di 68 vs 61 e 66 anni, rispettivamente) e includeva una proporzione inferiore di pazienti con ECOG 2 (6% vs 17% e 10%, rispettivamente), nonché una proporzione minore con malattia in stadio R-ISS III allo screening (3% vs. 12% e 6%, rispettivamente). Si riscontravano differenze nell’utilizzo dei precedenti trattamenti, in particolare del trapianto di cellule staminali nelle coorti SVd da R1-3 (52%), R4 (15%) e nella popolazione ITT (39%). L’efficacia nella coorte SVd da R1-3 includeva un ORR del 78% e una mPFS di 16,6 mesi. La mPFS nelle sottopopolazioni clinicamente rilevanti da R1-3 che ricevevano SVd era di 21 mesi in età ≥65 anni e di 12,2 mesi nei pazienti refrattari alla lenalidomide (Figura 1). Il profilo complessivo degli AE per la coorte SVd in R1-3 è stato coerente con la popolazione complessiva, ma con un’incidenza più elevata di diminuzione dell’appetito e nuovi casi di cataratta in R4.

Conclusioni. I risultati dello studio BOSTON riflettono una popolazione con MMRR diversificata e su scala globale con differenze nelle caratteristiche di base, tra le quali una popolazione più anziana con una proporzione inferiore di partecipanti con scarso stato di performance, tassi più elevati di precedente trapianto e malattia meno avanzata osservati in R1-3. Alcune di queste differenze potrebbero aver contri-

buito ai favorevoli risultati d’efficacia riportati con SVd per i pazienti in R1-3. Differenze non descritte nel trattamento clinico e nell’educazione del paziente potrebbero anche aver contribuito ai risultati. Questa analisi per sottogruppi evidenzia l’importanza di comprendere meglio le differenze regionali e il potenziale impatto sui risultati clinici nel contesto degli studi clinici. Si evidenzia, inoltre, la necessità di una buona educazione del paziente, di uno stretto monitoraggio, di cure di supporto e modifiche del dosaggio per garantire risultati ottimali.

Quadro d’insieme

Lo studio di fase 3 BOSTON ha valutato l’efficacia e la sicurezza di una combinazione di selinexor, bortezomib e desametasone rispetto al regime standard di bortezomib e desametasone in pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario. La ricerca si è svolta in 21 Paesi, includendo 402 pazienti. Lo studio ha dimostrato un miglioramento significativo nella sopravvivenza libera da progressione con il trattamento SVd. Le diverse regioni geografiche avevano, tuttavia. arruolato pazienti con caratteristiche molto diverse.

Analisi dei risultati

I risultati dello studio hanno mostrato che i pazienti trattati con SVd avevano una sopravvivenza libera da progressione mediana di 13,93 mesi rispetto ai 9,46 mesi del gruppo Vd. Nelle Regioni 1-3 (R1-3), i pazienti SVd hanno registrato un PFS mediana di 16,6 mesi e un tasso di risposta complessivo del 78%. Questi risultati sono stati influenzati da diversi fattori, tra cui l’età mediana dei pazienti e il numero di precedenti trapianti di cellule staminali.

Concetti chiave

Gli autori di questo studio hanno esplorato, nell’ambito dello studio BOSTON, se le differenze demografiche regionali fra popolazioni possano avere un ruolo nell’influenzare l’efficacia del regime SVd in pazienti con MMRR. Comprendere quali caratteristiche possano impattare sull’efficacia della tripletta sarà utile per la selezione dei pazienti da candidare a quest’approccio terapeutico.

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024
Figura 1. Curve di Kaplan Meir di PFS: SVd vs Vd

Efficacy and safety of elranatamab

monotherapy in the real-word setting in relapsed/refractory multiple myeloma: results of the French compassionate use program on behalf of the IFM

Malard F, Bobin A, Labopin M, e al.

Abstract P906

Introduzione. Elranatamab è un anticorpo bispecifico umanizzato che ha come bersaglio l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) sulle cellule del mieloma multiplo e il CD3 sui linfociti T, con l’obiettivo di indurre la citolisi delle cellule mielomatose mediata dai linfociti T. Elranatamab è stato approvato come monoterapia per il MM recidivato/refrattario sulla base dello studio registrativo di fase II MagnetisMM-3.

Obiettivi. Si riportano gli esiti clinici dell’uso di elranatamab in una popolazione di real-life di pazienti con MMRR, come parte del programma francese di uso compassionevole.

Metodi. In questa analisi retrospettiva sono stati inclusi 101 pazienti di 22 centri che hanno ricevuto elranatamab tra il 2022 e il 2023, la maggior parte dei quali non sarebbe stata eleggibile per lo studio registrativo. I pazienti hanno ricevuto dosi incrementali di 12 e 32 mg di elranatamab sottocutaneo nei giorni 1 e 4 del ciclo 1, seguiti da 76 mg una volta alla settimana, a partire dal giorno 8 del primo ciclo di 4 settimane. Il trattamento con elranatamab è continuato fino a progressione della malattia, tossicità inaccettabile o ritiro del consenso.

Risultati. L’età mediana era di 68 anni (range, 3987). Il tempo mediano dalla diagnosi di mieloma

alla somministrazione di elranatamab era di 75 mesi (range, 16-239). L’80% pazienti aveva un R-ISS di 2 o 3 e il 29% presentava la del(17p), mentre il 35% aveva una malattia extramidollare.

L’8% registrava una clearance della creatinina <30 mL/min. Il 35% dei pazienti presentava un ECOG-PS ≥2. I pazienti avevano ricevuto una mediana di 5 precedenti linee di terapia (range, 1-17), e il tempo mediano dalla data di interruzione della linea di trattamento precedente a elranatamab era di 41 giorni. Il 96% era stato esposto a tre classi di farmaci, il 76% a cinque classi e il 17% aveva ricevuto una terapia precedente diretta contro il BCMA. Ad un follow-up mediano di 15,5 mesi (range, 3,4-18,8), la sindrome da rilascio di citochine veniva osservata nel 45% dei pazienti, senza eventi di grado ≥3, mentre la sindrome neurotossica associata alle cellule immunitarie effettrici (ICANS) è stata osservata nel 3% dei pazienti (1 evento di grado 5). Il 49% dei pazienti ha sperimentato almeno un’infezione, con il 48% di queste di grado ≥3. Solo il 50% dei pazienti ha ricevuto supplementazione di immunoglobuline durante la terapia con elranatamab. Il tasso di risposta globale è stato del 52% e il tasso di risposta completa o risposta parziale molto buona del 42%.

La risposta a elranatamab è stata rapida con il 22% dei pazienti che raggiungeva ≥VGPR dopo solo un ciclo. A un anno, i tassi di sopravvivenza libera da progressione e di sopravvivenza globale erano del 34% e del 42%, rispettivamente, mentre la durata della risposta era del 48% (Tabella 1). Al momento dell’ultimo follow-up, il 26% dei pazienti era riuscito a ricevere una successiva linea di terapia dopo la progressione o l’interruzione di elranatamab. Da notare che un ECOG-PS ≥2 risultava predittivo di PFS e OS ridotte.

Conclusioni. Nonostante lo stadio avanzato della malattia, inclusa una significativa proporzione di pazienti con terapia precedente diretta contro il BCMA, con malattia extramidollare e con caratteristiche prognostiche avverse (ad esempio, grave disfunzione renale, scarso ECOG), questi risultati dimostrano un buon profilo di sicurezza e un’efficacia notevole di elranatamab in pazienti affetti da MMRR trattati in un contesto di real-life.

Quadro d’insieme

Lo studio ha esaminato l’efficacia e la sicurezza di elranatamab, un anticorpo bispecifico che mira all’antigene di maturazione delle cellule B e al CD3 delle cellule T, in pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario in un contesto di vita reale. I risultati si basano su una popolazione di pazienti trattati nel programma francese di uso compassionevole, la maggior parte dei quali non sarebbe stata eleggibile per gli studi clinici registrativi, inclusa una buona quota di pazienti pre-trattati con altri agenti antiBCMA, con malattia extramidollare, scarso ECOG ed insufficienza renale.

Analisi dei risultati

I risultati indicano che elranatamab si è dimostrato efficace e sicuro per il trattamento del MMRR, con un tasso di risposta globale del 52% e un tasso di risposta completa o risposta parziale molto buona del 42%. La risposta al trattamento è stata rapida, con il 22% dei pazienti che ha raggiunto ≥VGPR dopo solo un ciclo. Ad un anno, la PFS e l’OS sono state del 34% e del 42%. Gli eventi avversi più comuni sono stati la sindrome da rilascio di citochine (45%) e le infezioni (49%), anche di grado severo.

Concetti chiave

L’utilizzo degli anticorpi bispecifici si è diffuso oggi anche in contesti di real-life, dove i pazienti sono ovviamente meno selezionati rispetto a quelli arruolati negli studi clinici. Le conferme d’efficacia e sicurezza per elranatamab in una popolazione come quella dello studio francese conducono, quindi, all’arricchimento delle informazioni sulla reale utilità di questo agente, come già evidenziato nello studio registrativo MagnetisMM-3.

Tabella 1. Risultati ottenuti con l’utilizzo di elranatanab nella popolazione in studio

Outcomes

Median follow-up (months) median (min-max)

Overall reponse rate

(range, 3.4-18.8)

(51.5%) ≥ VGPR

(42%)

≥ VGPR after one cycle 22 (22%) At one year OS 42% (9S% CI: 31.7-52.1) DOR 48% (95% CI: 31.1-64)

Progression following elranatmab therapy No 53 (52.5%) Yes 48 (47.5%)

Subsequent lines of treatment (after 1st progression or elranatamab discontinuation)

Modificato da: EHA Annual Meeting, 2024

(74%)

5

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