Manuale del Barman di Peppino Manzi
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Viticoltura ed enologia La storia
Troppo lungo sarebbe rievocare le vicende della viticoltura attraverso i secoli, particolarmente in Italia dove il destino della vite accompagna, con singolare parallelismo al cammino del nostro popolo. Basta ricordare che, nel periodo buio seguito alla caduta dell’Impero Romano, la coltura della vite si rifugiò, per così dire, nei recinti chiusi dei conventi. Proprio come le popolazioni trovarono riparo e salvezza, dai barbari invasori, all’ombra della Croce. Alcuni fanno risalire la vite alla figura Biblica di Noé, tuttavia il ritrovamento di alcuni semi di vitis vinifera, (la specie di pianta da cui si ricava il vino), otto secoli prima di Cristo, nella Mezzaluna fertile (la cosiddetta Mesopotamia vale a dire l’attuale Irak), ci permette di affermare con assoluta certezza luogo e data della prima comparizione della splendida pianta. Per alcuni secoli rimase patrimonio di quella cultura e di quelle zone anche se, poi, soprattutto per opera degli Antichi Egizi e dei Fenici, vite e vino furono trasportati un po’ dappertutto in tutto il bacino del Mediterraneo. Gli Antichi Egizi hanno nelle loro tombe numerose testimonianze della coltivazione della vite, ed anche dell’allora vinificazione. Da alcuni geroglifici, infatti, si prendeva l’uva si schiacciava, se ne preparava un mosto che era poi conservato in recipienti, si presume di terracotta, con il tappo di legno forato in modo da far uscire il gas che si formava: l’anidride carbonica. Dopo Egizi e Fenici fu la volta degli Antichi Greci i quali studiavano i vari vitigni (tipi di pianta), le tecniche di vinificazione (in altre parole la preparazione del vino), istituivano feste ed avevano anche un Dio di riferimento: Dioniso. Arrivati agli Antichi Romani, veri e propri grandi commercianti di vino. Molti autori scrivono di vino, vinificazione, e cultura ad esso legata. Tra l’altro introducono il concetto di micro zona, intesa come zona particolarmente vocata all’allevamento. I romani producevano vino principalmente nelle province dell’Italia meridionale, Puglia e Sicilia. Il loro vino era forte ed a volte condito con bacche e resine varie. In alcuni casi potevano, con sicurezza, asserire che il loro Vinum Falernum o Mignano poteva invecchiare cento e più anni. Pian piano si arriva al Medioevo ed ad una progressiva decadenza delle tecniche di vinificazione attraverso tutto quello che era il vecchio Impero Romano, anche se rimangono alcune roccaforti di produzione di qualità, soprattutto nei monasteri benedettini. Da ricordarsi la ripartizione in zone della Cote d’Or in Borgogna (Francia), proprio per opera di questi monaci. La Francia diventa presto il fulcro più importante della produzione dei vini di qualità. Basti pensare ai secoli ‘600 e 700, quando a Nord Est di Parigi il monaco benedettino Dom Pérignon inizia il metodo di seconda fermentazione in bottiglia, inventando per così dire lo Champagne. Anche se i meriti di Dom Pérignon sono incommensurabili, soltanto di recente si è capito che circa un secolo prima di lui il monaco italiano Dom Francesco Sacchi aveva già percorso la stessa strada. E’ la fine del settecento e l’inizio del nuovo secolo. Si fanno delle importantissime scoperte biologiche che porteranno ad un inevitabile cambiamento anche del modo di fare vino. Louis Pasteur scopre i lieviti, organismi unicellulari
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responsabili della fermentazione degli zuccheri e quindi anche dei principali processi di vinificazione. Nello stesso tempo però, arriva dagli Stati Uniti d’America un flagello vero e proprio: la fillossera. Si tratta di un animaletto parassita che attacca le radici della vite distruggendola lentamente. Dalla Francia arriva in Italia. Per le coltivazioni è la fine, quasi tutti i vigneti rimangono compromessi. Ecco allora che si fa una scoperta: reimpiantando i vitigni, s’innestano le marze (in altre parole i vitigni) europei sui porta innesti di vite americana la quale immune a tale parassita garantiva una nuova pianta. Di fatto la fillossera non gradiva le radici americane. In tutto questo pandemonio, a livello mondiale si sono solo salvati alcuni vitigni che sono definiti “franchi di piede” per le ragioni più diverse, altitudine, distanza, freddo, ecc…
Conosciamo il vino?
Introduzione al vino
Noi Italiani, che viviamo nella terra del vino, nel Paese che gli antichi denominarono “Enotria” conosciamo poco, ad eccezione di pochi, i prodotti nobili del nostro suolo, “il vino” In quasi tutte le nostre famiglie esso è un elemento indispensabile della mensa, ma non sappiamo degustarlo ed apprezzarlo abbastanza. Perché? Perché a tavola bisogna accostarsi con la dovuta “religiosa passione” che essa merita, per apprezzare qualsiasi cosa nel suo giusto valore e per fare ciò occorre imparare a conoscere i prodotti che la natura ci fa dono naturale; del lavoro che l’uomo dedica ai prodotti per farli crescere e per confezionarli. Senza dare questa giusta considerazione a ciò che si beve e si mangia, l’atto in se stesso di mettersi a tavola diviene puramente un’azione di sopravvivenza e non un piacere dato al fisico. E’ necessario pertanto, soprattutto per la professione che s’intraprende, seguire tutta la fase interessante della lavorazione del vino, dalla vite, la madre del vino, alla sua coltivazione, dalla vendemmia alla magica trasformazione del mosto in vino dall’invecchiamento all’imbottigliamento “ Il vino, in sé, è una cosa eccellente. E’ legittimo evidenziare, nel modo più scientifico possibile, le alte qualità igieniche e alimentari del vino” (Pio XII). Il vino, è un alimento che contiene, tra l’altro, le vitamine A, B e C, oltre ai 13 minerali necessari alla vita umana: calcio, fosforo, magnesio, sodio, potassio, cloro, zolfo, ferro, rame, manganese, zinco, iodio, cobalto. La vitamina B è presente nel vino in quantità non trascurabile. Oltre queste vitamine e minerali, che contribuiscono al buon funzionamento dell’organismo ed al suo metabolismo, il vino contiene elementi nutrizionali, zucchero dell’uva (in particolare il destrosio merita di essere evidenziato), materie polifenoliche, proteine ed alcol. Ancora più sorprendente, per l’igiene interna, il vino agisce efficacemente anche mescolato all’acqua. E’ l’eccesso dell’alcol e non l’ingestione della quantità assimilabile, che causa l’ubriachezza. Il fabbisogno di calorie per un individuo in condizioni normali, si aggira mediamente intorno alle 3.000 calorie il giorno.
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L’importanza del vino nel regime alimentare è stata così riassunta da Georges Portman, professore di medicina all’Università di Bordeaux ed una delle massime autorità europee in materia di vino e d’igiene: “Il vino può essere utilizzato per sostituire 500 calorie di materie grasse o di zucchero nel regime alimentare quotidiano”. Queste calorie saranno consumate completamente e non aggiungeranno un grammo al peso del corpo. In questo modo, il vino può essere utile a chi desidera perdere del peso. Esso diminuisce il fabbisogno di carboidrati e consente di vivere senza assorbire alimenti zuccherati che contribuiscono a far ingrassare. La bottiglia di vino da pasto (75 cl.) fornisce 525 calorie alcoliche, se il vino contiene 10° d’alcol. Mentre il vino in generale diminuisce il fabbisogno di carboidrati, i vini bianchi secchi e più ancora il vino rosso stimolano l’olfatto e le papille gustative; sollecitano perciò gli inappetenti. Il vino è utilizzato come medicina, sia come tonico a tutti gli effetti, sia nel trattamento specifico di malattie. Il suo miglior requisito probabilmente consiste nel fatto che può stimolare l’energia e sostenere “il morale”, preparando così il terreno alla guarigione. E’ anche un agente alcalino.
La vite
Struttura, ciclo vitale ed annuale La vite ha sempre rappresentato una parte fondamentale dell’economia agricola italiana; l’Italia, “ la terra del vino” degli antichi, conserva tuttora con pieno diritto questa caratteristica, poiché è una delle maggiori nazioni produttrici di vino d’alta qualità nel mondo, con grande importanza economica oltre che alimentare e sociale. La vite cosa ci chiede? Di dare del vino buono. Essa ci accontenta, però ponendoci a sua volta delle condizioni ben precise: di clima, di temperatura, di luce, di fattori meteorologici, di qualità del terreno che le permette di vivere e fruttificare nel migliore dei modi. La vite è una pianta esigente e dai gusti un pò difficili per questo vale senz’altro la pena d’accontentarla perché poi essa ripaga abbondantemente coni suoi frutti. La vite è una pianta rampicante della famiglia delle vitacee. Quella che interessa dal punto di vista della viticoltura, è la vitis vinifera, sottospecie sativa d’origine europea, l’unico ceppo utilizzabile per legge per la produzione di vino. Nella quasi totalità, le viti coltivate in Europa sono costituite da un tralcio (marza) di vite europea inserito in una base detta piede o portainnesto di vite americana. Metodo di coltivazione resosi necessario dopo l’invasione della filossera in Europa, in quanto risultò che la radice della pianta americana non veniva intaccata dal parassita.
Esistono tuttavia due sottospecie di vitis vinifera: 1. la Sativa in altre parole quella coltivata per vinificare e 2. la Silvestris detta anche selvatica
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Famiglia
Genere
Rhamnales
Ampelidacee o Vitis ed Vitacee altre 50 circa
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Sottogenere
Specie
Sottospecie
Euvitis e Muscardiniae
Vitis Vinifera, Vitis Labrusca, Vitis Riparia, Vitis Berlandieri, Vitis Rupestris
Sativa e Silvestris
Esempio di classificazione
Com’è fatta la pianta. La vite è strutturata in due parti: 1. una parte fuori del terreno costituita dalle foglie, il ceppo, i tralci. 2. una parte che si trova all’interno del terreno che con le radici ha la funzione d’ancoraggio e d’assorbimento d’acqua e sali minerali. Si tratta di una pianta con 2 cicli biologici distinti: uno annuale ed un altro vitale. Il ciclo vitale prevede che la pianta rimanga improduttiva per i primi 3 anni dopo di che inizia un’attività produttiva crescente fino al 6° anno e quindi costante fino al 20-25° anno. La vecchiaia inizia a manifestarsi intorno ai 30 anni dando una minore produttività ed una maggiore qualità. Attività riproduttiva
Ciclo vitale della vite
Il ciclo annuale è leggermente più complesso e prevede delle fasi che si susseguono anno dopo anno. Le fasi sono 3: 1. Attività radicale 2. La fase vegetativa
Manuale del Barman di Peppino Manzi 3. La fase riproduttiva L’attività radicale si manifesta in tutta la sua potenza ogni primavera in genere a marzo, quando la pianta della vite si dice inizi a “piangere”: è la linfa che fuoriesce dalle radici alle foglie. Ben presto si passa alla fase vegetativa vera e propria che consiste nel germogliamento ( aprile) e nel successivo accrescimento degli stessi. Da agosto a novembre il germoglio matura divenendo da verde a marrone. Attività radicale
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Il ciclo riproduttivo prevede la comparsa dei fiori, che sono fecondati e quindi allegano facendo comparire i veri e propri grappolini che ingrossano fino alla metà d’agosto circa, (dipende dalla varietà, dal clima, ecc…) cambiando colore da verde a giallo o rosso invaiando per finire poi con la maturazione. Il grappolo rappresenta la parte commestibile della vite. Esso è costituito da un’asse lignea che sostiene i fiori, i quali danno origine ai frutti: gli acini. Com’è strutturato un acino d’uva
Manuale del Barman di Peppino Manzi Il grappolo •
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L’acino •
Il raspo o rachide o graspo, che è la ramificazione centrale tramite la quale è appeso al ramo principale; le foglie i pampini, che uniscono la foglia al graspo il grappolo, l'infruttescenza, a sua volta costituito di acini (detti anche bacche) di forma ovale, rotonda o a corno.
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•
La parete esterna dell'acino si chiama pericarpo (buccia) e contiene principalmente polifenoli (tannini e coloranti) e sostanze aromatiche (terpèni); è ricoperto da una sostanza cerosa, la pruina, che contiene alcuni lieviti detti starter utili alla fermentazione; la zona intermedia è invece il mesocarpo (polpa) costituita da acqua zuccheri e acidi distribuiti in maniera non omogenea; il nucleo si chiama endocarpo e contiene i vinaccioli (semi) carichi di olio e tannini
La foglia •
Svolge la funzione di respirazione e assorbimento di sostanze (acqua, sali). I vini sanno quindi delle sostanze del luogo (es: vicino al mare sono sapidi).
•
Altra importante funzione è la fotosintesi clorofilliana, il processo di conversione dell'energia solare in energia chimica, con trasformazione d’acqua e CO2 in ossigeno e carboidrati.
La vite è purtroppo soggetta ad alcune avversità che possono influire negativamente sulla produzione finale che si classificano in: 1. non parassitarie, sono il gelo invernale, le gelate primaverili, la grandine, la mancanza e/o l'eccesso di minerali, siccità o eccesso idrico (asfissia radicale), erbicidi, ecc...; 2. parassitarie, con malattie provocate da: • • •
virus (arricciamento, accartocciamento fogliare, suberosi corticale, legno riccio) funghi (peronospora, mal dell'esca, oidio) animali ( ragni, tignole, fillossera, vermi )
MESE Ottobre – gennaio
COSA VIENE SVOLTO Potatura. Riposo vegetativo della vite
Marzo
Pianto, risveglio vegetativo della vite
Aprile
Germoglia mento
Maggio
Fioritura
Giugno - Luglio
Allegazione Trattamenti antiparassitari ( malattie –insetti ).
Agosto
Invasatura in casi maturazione e vendemmia. Vendemmia per vini novelli e spumanti
Manuale del Barman di Peppino Manzi Settembre
Maturazione ( perdita d’acidità, concentrazione zuccheri ).
Ottobre
Vendemmia ultimi vitigni ( grandi vini ) surmaturazione alcuni vitigni Formazione marciume nobile per altri
Ottobre – Gennaio
Riposo vegetativo con potatura da novembre, dicembre in poi
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L’ecosistema vitivinicolo od i fattori che influenzano la vite I fattori che influenzano la coltivazione di un vigneto sono certamente legati al territorio e al suo clima, al tipo di vitigno ma è la mano dell'uomo che armonizza tutti gli elementi. E' ciò che i Francesi chiamano terroir . In altre parole, secondo un ormai consolidato schema, detto del Prof. Fregoni, si può affermare che il fattore che maggiormente influenza il futuro vino sono: 1. Il clima inteso come l’umidità, la temperatura, il vento.
Vitigno
2. Il terreno, inteso come l’esposizione alla luce solare, il suo profilo collinare, pianeggiante, ecc…, il suolo e la suddivisione in zone come, vicini ai boschi, corsi d’acqua, ecc…
Terreno
Lavoro de ll’uom o
Clima
3. Il vitigno vale a dire il tipo d’uva ( per esempio lo chardonnay, il pinot o grigio, il merlot, il sangiovese e così via per citarne solo alcuni tra i più noti ).
4. Interazione dei fattori precedenti con il lavoro dell’uomo inteso come sistemi di potatura ed allevamento, concimazione, ecc… Di solito i risultati migliori si ottengono con una bassa forma d’allevamento, un basso numero di gemme per ettaro ed un numero basso di acini sul grappolo. La vite dà uve migliori in collina piuttosto che in pianura: l'inclinazione del suolo, detta giacitura, assicura un maggiore drenaggio delle acque, un migliore impatto dei raggi solari e quindi un’ottima attività vegetativa con conseguente migliore maturazione dei frutti. Di solito le giaciture migliori sono quelle collinari. A parità di latitudine e di giacitura conta poi l'esposizione. Per esposizione s’intende la capacità di una vigna d’essere più a lungo sotto i raggi del sole. I vigneti orientati a sud hanno una maggiore esposizione al sole e quindi tale condizione dovrà essere ricercata soprattutto nelle zone nordiche. Nella scelta della posizione del vigneto, va necessariamente tenuto conto del tipo di vitigno che s’impianta: più il clima è freddo e più bisogna che le uve siano a maturazione precoce. Un altro elemento che condiziona il clima locale è dato dalla presenza di montagne, foreste, fiumi e laghi che proteggono le vigne dai venti freddi, assicurano un serbatoio d’umidità durante la stagione calda e svolgono un’importante azione termoregolatrice. Il suolo è costituito da un sottile strato coltivabile influenzabile dalle culture
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dell'uomo, e da una parte sottostante le cui caratteristiche sono date dalla conformazione geologica originaria. E' qui che la pianta della vite affonda le sue radici principali e s’influenza il carattere del vino. Anche le caratteristiche del sottosuolo svolgono un ruolo importante. Con il drenaggio dei sali minerali si assicurano alle piante tutte gli elementi salini di cui hanno bisogno. Per questo l’ottimale sono i terreni ciottolosopermeabile che consentono anche una buona maturazione delle uve (vini ad alta gradazione, fini ed intensamente profumati). I ciottoli, se sono di colore bianco, riflettono sulla pianta i raggi solari, i ciottoli scuri accumulano invece il calore e lo rilasciano di notte permettendo una maturazione a temperature senza eccessivi sbalzi. Non si deve trascurare anche il grado d’acidità del terreno: in Europa i vini migliori provengono da terreni calcarei e alcalini mentre in California provengono da terreni neutri o acidi. E' importante anche il colore del suolo: perché quelli scuri si riscaldano e favoriscono la maturazione del frutto, mentre quelli chiari sono più freddi, ritardano la maturazione e quindi favoriscono vini di maggiore acidità. In sostanza la natura del terreno influisce sulle caratteristiche del vino: terreni sabbiosi terreni calcarei terreni ciottolosi terreni argillosi
Il clima e microclima
Vini scarichi di colore e di estratto ma delicati e fini nei profumi Vini ricchi d’alcol e di profumi Vini alcolici e d’elevata acidità Vini longevi e ricchi d’estratto e d’acidità. Anche se la vite è una pianta molto resistente, la vite predilige i climi miti e temperati; la temperatura ideale che esige dovrebbe essere nelle medie annue intorno ai 15°C con massimi intorno ai 20° d’estate ed i –1°C d’inverno. Sono fondamentali sia la costanza del calore, per un’omogenea maturazione delle uve, ma anche un buon freddo invernale può consentire la produzione di vini profumati ed equilibrati. Freddo intenso e calore eccessivo o troppo prolungato le sono ugualmente nocivi. Nel suo ciclo annuale di vegetazione sono necessari periodi alterni di temperatura che le consentono poi di lavorare e riposare. Difficilmente la vite sopporta temperature inferiori al 15° sotto zero; d’altra parte nelle regioni ove il clima è sempre caldo essa continua a vegetare giungendo a maturare in modo sregolato e tale da pregiudicare la vitalità. Un altro punto importante del clima sono le precipitazioni che non devono dilavare il terreno ma mantenerlo perfettamente umido. Ottime sono le piogge primaverili con terreno fresco, un po’ meno quelle calde d’estate. Sicuramente devastante è la pioggia durante la fioritura e durante la vendemmia: nel primo caso distrugge l’impollinazione, nel secondo può creare dei marciumi e diluire la concentrazione di zuccheri degli acini. Altri agenti atmosferici negativi sono la grandine e le gelate, specie quelle primaverili: la grandine provoca la perdita del raccolto dell’anno e mette in pericolo anche la produzione per l’anno successivo. Per proteggere la vite si ricorre oggi a costosi sistemi di reti antigrandine. Accanto al clima va preso in considerazione anche un altro valore che determina la qualità del vino, quello del microclima inteso come: le particolari condizioni climatiche che si vengono a creare nel singolo vigneto, a poca distanza dal suolo. Esso è determinato dall’esposizione
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nord o a sud del vigneto, dai sistemi di potatura, dall’inerbimento del terreno (erba sì o no), dalla distanza tra le varie piante, trai filari e così via. Grande importanza riveste anche il fattore “luce”: la vite è assetata di sole, di giornate serene e luminose. Molto meno esigente è invece nei riguardi dell’acqua, così da essere una coltura preziosa per le zone asciutte. Per quanto riguarda il terreno la sua influenza, non è importante dal punto di vista quantitativo (sempre che siano rispettate le condizioni climatiche di cui si è detto), il suo contributo riguarda invece particolarmente la qualità della produzione, come ben si può constatare osservando che in una stessa regione si trovano zone che a parità d’ambiente, danno vini più pregiati di altre. Le condizioni più favorevoli alla coltivazione della vite si trovano nelle zone limitate tra il 34° e il 45° parallelo Nord e il 31° e il 38° parallelo Sud; La vite è una pianta capace d’adeguarsi a quasi tutti i vari tipi di terreno con composizioni diverse che influiscono sul prodotto organolettico finito. Lo stesso tipo di vitigno, cresciuto in terreni diversi, produce uve con composizioni differenti. Zone molto calde Zone più fredde Zone a clima intermedio
Uve con poca acidità che produce molto spesso vini liquorosi. Uve con meno zuccheri e maggiore acidità che danno vini meno alcolici e più acidi. Vini rossi e bianchi di medio e buon corpo.
I principali lavori in vigna ed i sistemi di allevamento della vite: Altro importante fattore è la potatura della pianta. Nella scelta della tecnica vanno tenuti in considerazione il clima, il tipo di terreno, il grado d’umidità della zona. I sistemi d’allevamento sono numerosi e sono classificati per: • • •
l'altezza del tronco l'altezza dei capi a frutto lo sviluppo dei tralci
Speroni o tralci CORDONE SPERONATO: il fusto della pianta può arrivare ad un metro, un metro e dieci d’altezza e la potatura è fatta in modo da far sviluppare un andamento orizzontale su un filo di ferro sul cui appoggiano i vari speroni o tralci ( 4 o 5 ). Filo di ferro
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GUYOT: il nome è quello del suo inventore. Sul fusto alto 50-80 cm sono lasciati uno sperone con 2 gemme e un capo a frutto con 10-12 gemme. Durante la potatura si asporta il vecchio capo a frutto (taglio del passato), mentre dei 2 germogli formatisi dalle 2 gemme lasciate sull'altro sperone, quello più vicino al ceppo, è accorciato a 2 gemme (taglio del futuro) e l'altro destinato alla produzione (taglio del presente) viene legato orizzontalmente ad un filo di ferro. E’ il metodo a potatura mista più usato nella nostra viticoltura
ALBERELLO: sistema a potatura corta, 30-40 cm da terra. Su di esso sono allevate alcune branche che portano ciascuna uno o più speroni, con una o due gemme. E' adottato nelle zone calde all'interno di buche che proteggono i grappoli dai venti caldi e nelle zone fredde perché la poca altezza permette di sfruttare il calore accumulato dal terreno. Poco produttivo non si avvale di sostegni.
PERGOLA: sotto questo nome vanno numerose forme d’allevamento che si differenziano da regione a regione. Particolarmente usata nel Triveneto ha come caratteristica di base quella di formare un vero e proprio tetto vegetale mantenuto ad un’altezza di 2 m. con i tralci tesi tra un filare e l’altro con potatura lunga.
SYLVOZ: adatto alle grandi produzioni, prevede un tralcio orizzontale alto 150-180 cm. da cui dipartono i rami fruttiferi arcuati verso il basso. Una variante dello Sylvoz è il sistema Casarca che prevede l'impianto di due viti contro lo stesso palo (tutore metallico in acciaio zincato) e l'andamento orizzontale dei tralci legnosi. Si forma così un cordone permanente con un imponente sviluppo fogliare che offre una buona protezione ai grappoli. G. D. C. (Geneva Double Courtain), sistema appositamente studiato per vendemmiare con le macchine, prevede la crescita della pianta fino a 150 cm.
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La filossera arrivò dall’America del Nord alla fine del 800, devastando i vitigni dell’Europa, dell’Africa e del Continente Australe. La filossera fu un flagello che mise in crisi tutta la produzione viticola fino ai primi del 900, distruggendo quasi tutte le viti; in Italia risparmiò alcuni vitigni, coltivati nelle regioni fredde nella Valle d’Aosta. La filossera è un insetto che si nutre succhiando la linfa delle radici delle viti distruggendo totalmente l’apparato radicale. Nel tempo si trovò rimedio innestando i nostri tipici vitigni su una base di vite (piede) americana, insensibile agli attacchi dell’insetto, salvando la viticoltura dando inizio ad un nuovo metodo dell’enologia tuttora usato. Quando il nostro viaggiare ci porta in zone ove si coltiva la vite, quelle zone che gli esperti chiamano “a vocazione vinicola” non possiamo certo fare a meno di soffermarci stupiti ad ammirare i filari che si stendono con geometrica precisione, i tralci sistemati uno per uno sui sostegni perché tutti possano godere in pari misura della luce vivificante e della pioggia ristoratrice e i bei grappoli che il sole indora e fa brillare, carichi di acini dapprima piccoli, verdi quasi timidi, poi turgidi e rigogliosi. Forse non pensiamo alla fatica e alle cure premurose che quello spettacolo, così mirabile nella sua semplicità, richiede in continuazione al vignaiolo, ai sacrifici e alle preoccupazioni che rappresentano il duro prezzo di una vendemmia abbondante e fortunata.
La vinificazione
Definizione di vino: Prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale e parziale di uve fresche pigiate o non, o di mosti d’uva dove per mosti d’uva s’intendono quelle pressate o torchiate. La vendemmia Dopo una lunga annata di lavoro giunge il tempo del raccolto dell’uva, la vendemmia. E’ il momento più atteso ed emozionante; finalmente il vignaiolo misura il frutto delle sue fatiche e ciò che gli è valso il lavoro di un anno. E’ la vera festa dell’uva che immortalata da pittori e poeti ha caratterizzato fin dai tempi antichi l’inizio dell’autunno. L’uva, giunta alla giusta maturazione desiderata per tipo di vino che si vuole produrre, è staccata dalla pianta e trasportata in cantina. Esistono delle accortezze da seguire: durante il trasporto va fattasi attenzione a non schiacciare le pigne nelle ceste, perché il peso eccessivo potrebbe rompere gli acini e causare una fermentazione precoce (acetica) a causa della fuoriuscita indesiderata di polpa e liquidi. Terminata la vendemmia e raccolte le uve nella cantina, iniziano le operazioni di vinificazione che hanno lo scopo di estrarre dagli acini un succo zuccherino in essi contenuto e di trasformarlo in vino La diraspatura Per evitare che le sostanze contenute nel raspo (pectine, tannini, cellulosa, resine) conferiscono al prodotto caratteristiche negative o indesiderate,
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prima della pigiatura degli acini si esegue la diraspatura, in pratica la separazione degli acini dall'asse centrale che li sorregge. La pigiatura Per ricavare il mosto contenuto negli acini è necessario rompere la buccia che riveste la polpa e spremere questa ultima con la pigiatura, la cui funzione è anche quella di mettere in contatto il mosto con i lieviti che dovranno attuare la fermentazione. Macchine complesse e d’elevata capacità produttiva pigiano l’uva secondo i dettami della tecnologia progredita, le pigiatrici hanno oggi sostituito quello che un tempo, gli uomini facevano con i piedi dentro ai tini. Dopo una successiva selezione degli acini (si scartano quelli rotti oppure attaccati da muffe) si procede alla pigiatura ottenendo: • •
una parte solida (bucce 15-20%, vinaccioli 3-6%) una parte liquida (mosto 65-75%)
La pigiatura se fosse eccessiva si rischierebbe l'emissione di sostanze amaricanti. IL Mosto e la fermentazione Il mosto che si ottiene dalla pigiatura è un liquido denso e molto dolce; contiene in notevoli percentuali (in genere dal 12 al 30%) gli zuccheri naturali dell’uva, che sono: il glucosio e fruttosio, due composti della numerosa famiglia degli zuccheri. Perché il mosto si trasformi in vino è indispensabile che gli zuccheri divengano, attraverso una profonda trasformazione, alcol etilico. Artefici della trasformazione sono i fermenti, microscopici funghi provvisti dalla natura di enorme vitalità. Vari tipi di fermenti (o lieviti) sono stati riscontrati nel mosto in fermentazione: di essi il più noto è il Saccharomyces ellipsoideus; i fermenti si riproducono nel mosto con una rapidità incredibile e agiscono sugli zuccheri, provocandone la metamorfosi in alcol. Il mosto è il prodotto della pigiatura o della pressatura dell’uva, con l’attenzione possibile di non rompere le bucce. In alcuni casi si ricorre a pigiature soffici per ottenere il mosto fiore: il contenuto della parte centrale del chicco, la più ricca di zuccheri; esempio: per ottenere buoni spumanti e Champagne. La legislazione italiana dà del vino questa definizione: “Il nome vino è riservato al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’uva fresca o ammostata o del mosto d’uva. La gradazione alcolica dei vini non può essere in ogni caso inferiore ai 6° gradi, mentre quella complessiva naturale non può essere inferiore a 8° gradi”. L’enotecnico definisce il vino una soluzione idroalcolica (vale a dire composta d’acqua e d’alcol), nella quale si trovano disciolti numerosi elementi acidi, salini, organici, aromatici che, a tale soluzione, conferiscono la proprietà organolettica di profumo e di sapore. Forse non esiste un altro alimento così complesso, considerando che alla sua costituzione concorrono ben duecento elementi: dagli zuccheri agli acidi, dalle sostanze azotate alle vitamine, dagli enzimi ai gas disciolti.
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Il mosto, che si è ottenuto con la pigiatura, ha questa composizione La legislazione italiana dà del vino questa definizione: “Il nome vino è riservato al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’uva fresca o ammostata o del mosto d’uva. La gradazione alcolica dei vini non può essere in ogni modo inferiore ai 6° gradi, mentre quella complessiva naturale non può essere inferiore a 8° gradi”. Forse non esiste un altro alimento così complesso, considerando che alla sua costituzione concorrono ben duecento elementi: dagli zuccheri agli acidi, dalle sostanze azotate alle vitamine, dagli enzimi ai gas disciolti. Sono numerose le sostanze che caratterizzano le diverse tipologie di vini, e numerosi sono anche i fattori che influenzano la perfetta riuscita del prodotto (vitigno, clima, viticultore, zona, terreno). Le sostanze possono essere presenti già nelle uve: • • • •
acqua zuccheri (glucosio, fruttosio) polifenoli (tannini, coloranti) acidi (tartarico, malico, citrico)
Oppure formarsi durante le varie fasi di lavorazione (vendemmia, fermentazione, maturazione, invecchiamento): • • • •
alcoli (alcol etilico) acidi (lattico, succinico, acetico) aldeidi anidride carbonica
Alcuni elementi tendono a scomparire durante la produzione: • • • • • • •
zuccheri lieviti batteri acido malico aminoacidi sali di ammonio mucillagini
Composizionvino del vino L’acqua: ha origine, per così dire biologica, essendo contenuta nella polpa dell’acino in proporzioni variabili dal 75% a 85% circa. La sua esistenza è implicita nella definizione che si fa del vino, soluzione idroalcolica, ed è importantissima perché senza di essa non potrebbero svolgersi tutti i delicati e complessi fenomeni biologici, chimici e fisici che sono alla base della produzione, dell’affinamento e dell’invecchiamento del vino. Gli Zuccheri: altro elemento del vino sono gli zuccheri che, sia pure in minima quantità, non mancano mai e contribuiscono a rendere il gusto più o meno morbido nei secchi e conferiscono l’amabilità ai dolci. Gli zuccheri del vino sono pressoché esclusivamente due: il glucosio e il fruttosio. Il loro
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contenuto può essere molto variabile: da qualche grammo per litro nei vini secchi ad oltre 10 grammi per cento nei tipi più dolci. Sono vini asciutti quelli aventi da 0,5 a 2 grammi per litro; vini amabili da 10 a 20 grammi. La percentuale di zuccheri presenti nel mosto determinerà il titolo alcolometrico del vino secondo quest’algoritmo: Percentuale di zucchero x 0,6 = volume alcolico%.
Da 1 g di zucchero si ottengono 0,6 ml d’alcol etilico. Zuccheri 15-30%, il glucosio, detto anche "zucchero d'uva", maggiormente presente in uve parzialmente immature, il fruttosio, in gran percentuale in uve con maturazione completa. Gli zuccheri in genere sono più presenti in zone calde, poiché sono prodotti dalla fotosintesi clorofilliana. Anidride carbonica + acqua = zucchero + ossigeno. Alcoli: nel vino, l’alcol etilico (o etanolo), dopo l’acqua, è il principale elemento. Esso dà tono gustativo alla bevanda, il caratteristico profumo accompagnato dal sapore. Varia dal 6% al 18% del volume. Tra gli alcoli è da citare a parte la glicerina ( 5/12 grammi per litro). Si forma durante la fermentazione del mosto e conferisce al vino morbidezza, gusto armonico e vellutato. Acidi: l’insieme degli acidi organici ed inorganici costituisce l’acidità, importante dal punto di vista gustativo (subito dopo gli alcoli). Il tartarico, è quantitativamente il più importante insieme all’acido malico, al citrico presenti già nel mosto. L’acido succinico e il lattico derivano invece dal processo fermentativo. Tra gli acidi volatili, fondamentale è l’acido acetico. Esistono tracce d’acido formico. Questi due elementi determinano la cosiddetta “acidità volatile” del vino, basilare per determinare i caratteri organolettici. Le combinazioni con gli alcoli danno origine agli “esteri” durante l’invecchiamento del vino e conferiscono il caratteristico bouquet (insieme dei profumi). Il vino, se contiene il “Mycoderma Aceti”, agente della fermentazione acetica, si forma facilmente l’acido acetico e si verificano i casi di “vino spunto”. Elementi minerali: Oltre agli acidi organici, il vino contiene degli acidi, che la vite ha assorbito dal terreno. Sostanze coloranti e tanniche: Assumono tonalità diverse secondo le reazioni del vino. Le sostanze coloranti: nei rossi tendono al bluastro con l’abbassarsi dell’acidità, ciò è evidente nel corso dell’invecchiamento, durante il quale il colore tende ad attenuarsi e può giungere sino al giallognolo, (tipico effetto dovuto all’ossidazione delle sostanze coloranti).
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Dalla quantità dei pigmenti, presenti nell’uva, e nel vino, deriva l’intensità colorante degli stessi e la gamma di tonalità dei vini bianchi e rossi. In taluni vini bianchi, la clorofilla dona tonalità verdognola. Vicine alle sostanze coloranti sono le tanniche, principali componenti è il tannino, la cui presenza, secondo la quantità, fa giudicare il vino aspro, astringente, allappanato, ruvido. Molto ricche di tannino sono le bucce delle uve rosse: in preparazione da 5 a 1 in confronto delle bianche. • • • •
Acidi organici: l'acido tartarico dal gusto duro, il più caratteristico delle uve; l'acido malico dal gusto aspro, più presente nelle zone a clima freddo; l'acido citrico dal gusto fresco, ma sicuramente meno presente degli altri. L' "acidità totale" o complessiva di un mosto è determinata dalla somma di: • acidi "fissi" (tartarico, malico, citrico, altri acidi minori) • acidi "volatili" (acido acetico, presente in misura minore).
L'acidità, se è adeguata, il vino è serbevole e fresco, se è troppo bassa è piatto, se è alta risulta duro; l'acidità totale si esprime in gr/l d’acido tartarico, da 4 x 1000 a 9 x 1000. •
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Polifenoli (tannini e coloranti), sostanze che determinano il colore ed il sapore del vino, la loro quantità nel mosto dipende: dal vitigno, dal terreno, dalla zona di produzione, dal clima e dalle operazioni di diraspatura, pigiatura o pressatura; sono presenti nella buccia e nei raspi e agiscono anche come antiossidanti (per questo motivo i vini bianchi sono più delicati, poiché ne contengono di meno). Si classificano in antociani (coloranti), che donano il colore rosso e sfumature violacee ai vini giovani; flavoni (coloranti), importanti per il colore dei vini bianchi; leucoantociani e catechine (tannini) che oltre al colore dei vini bianchi (i primi) determinano il gusto astringente anche nei rossi; sostanze azotate, fondamentali per la crescita dei lieviti e quindi per la fermentazione (per inibirle si filtrano, es: Asti spumante) sostanze pectiche (pectine, gomme, mucillagini), che aumentano dopo la maturazione e diminuiscono dopo la fermentazione; gomme e mucillagini possono essere responsabili d’intorbidimento; sostanze odorose (terpèni), sono presenti nelle bucce in percentuali molto variabili nelle diverse uve; minerali, nella loro globalità definiti "ceneri" (ferro, calcio, rame, ecc.) determinano la limpidezza e la sapidità del vino; sono assorbiti dal terreno o dal contatto con le attrezzature; microrganismi, si classificano in lieviti, responsabili della fermentazione alcolica; in caso di uve colpite da oidio e peronospora si ricorre a lieviti selezionati per
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eseguire una "fermentazione in purezza", che sarà assoluta se non ci saranno organismi originali, relativa se saranno ancora presenti; batteri, alcuni responsabili di malattie del vino, altri in grado di realizzare la fermentazione malolattica (lattici) muffe, dannose in genere per le uve ed i suoi derivati (nel caso della Botrydis Cinerea al contrario si determina la formazione di aromi e sapori molto pregiati (es: Frascati Cannellino) enzimi, proteine che aumentano la velocità di reazioni chimiche generalmente dannose vitamine, le più importanti sono: i carotenoidi (vitamina A, B1, B2, B6, B12. microelementi
Correzioni del mosto Per supportare eventuali mancanze del mosto originario si procede alle cosiddette correzioni, che possono essere così riassunte. Aumento o diminuzione di: • grado zuccherino, se la maturazione è stata incompleta. La legislazione italiana vieta l'uso e l’aggiunta di saccarosio, per questo si ricorre a tagli con mosti in parte ricchi di zucchero. Un esempio è costituito dal cosiddetto mosto concentrato e rettificato (MCR) che si ottiene facendo evaporare l'acqua e creando un mini-mosto da utilizzare per integrare altri mosti carenti) oppure dal mosto muto (reso infermentescibile per l'azione di SO2 anidride solforosa); • grado di acidità, se l'annata è stata fredda e umida. Si ricorre all'uso d’acido tartarico o citrico per elevare l'acidità, a sali come il carbonato di calcio o a tagli con mosti meno acidi per ridurla; • pigiature specifiche (più o meno energiche) • contatto con le vinacce • tagli con altri mosti per modificare • colore • quantità di tannini • estratti Trattamento del mosto Il mosto richiede dei trattamenti che lo rendono limpido, stabile e di buone caratteristiche di finezza e qualità. Esistono alcuni trattamenti del mosto che si eseguono utilizzando lieviti selezionati per compensare eventuali mancanze aggiungendo o diminuendo alcune cose, oppure esaltare le caratteristiche dello stesso: • • • • •
chiarificazione, per evitare torbidità filtrazione,centrifugazione, per ottenere maggiore limpidezza pastorizzazione, per eliminare microrganismi indesiderati termo condizionamento, utilizzo delle basse temperature trattamento dell’anidride solforosa.
Il trattamento più complesso è l'utilizzo anidride solforosa (SO2) la quale elimina i batteri, blocca la fermentazione, blocca l'ossidazione (bianchi),
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accelera la dissoluzione delle bucce (rossi), fa precipitare le fecce (chiarificazione), produce il "mosto muto" (infermentescibile). Funzioni dell’Anidride solforosa o SO2 Antisettica Antiossidasica Antiossidante Diluente Selettrice
Elimina i batteri e le muffe Favorisce l’azione degli enzimi Non fa imbrunire i mosti Diluisce i mosti Distrugge alcuni tipi di lieviti
Sistemi di vinificazione Le fermentazioni: alcolica – tumultuosa – lenta. Dopo essere stato trattato e corretto il mosto è sottoposto a vinificazione, fase che trasforma il mosto in vino. Le varie tipologie di vino si ottengono per le diverse qualità di vitigni e uve, ma, anche per le diverse tecniche di vinificazione. La fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico (o alcol svolto) più anidride carbonica con sviluppo di calore e formazione di numerosi altri elementi.
Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica Questo compito è svolto dai lieviti che possono esercitare un'azione rapida e forte oppure lenta e delicata. Per questa ragione i lieviti vengono anche selezionati ed aggiunti secondo le necessità. L'alcol complessivo di un vino è la somma dell'alcol svolto, (quello indicato sull'etichetta espresso in volume %, es: 12,5%) e quello potenziale, in pratica quello che si otterrebbe fermentando anche gli zuccheri residui (vini dolci, es: +/-2). Esistono contenitori speciali detti autoclavi d’acciaio inossidabile a temperatura controllata che permettono che non siano superate, durante la fermentazione, certe temperature dette ideali (18-22°C per i bianchi, 25-28° per i rossi), dentro vasche di vetroresina, di cemento vetrificato ed altro ancora. Si ritiene che i contenitori neutri siano sicuramente i migliori. La fermentazione tumultuosa ha una durata relativamente breve, può essere circoscritta ad alcuni giorni come a due od anche tre settimane. Durante il primo periodo la fermentazione è detta tumultuosa perché il mosto ribolle per lo sviluppo di CO2. In un secondo momento inizia invece la fermentazione lenta dopo la svinatura. La fermentazione lenta può durare da uno a tre mesi od anche più, (eccezioni). Durante questa fase avvengono delle trasformazioni non alcoliche con sviluppo di profumi detti secondari, e formazione di prodotti particolari per il gusto come per esempio le glicerine. Nel caso dei vini rossi la fermentazione può durare 5-7gg per avere vini giovani e pronti, 15-20gg per vini con molto colore, aromi ed estratti adatti ad essere invecchiati.
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Sempre per i rossi esiste una terza fase, la fermentazione malolattica. La fermentazione malolattica La fermentazione malolattica consiste nella trasformazione dell'acido malico (dallo spiccato sapore aspro tipico per esempio della mela verde) in acido lattico (dal gusto certamente più dolce) ed anidride carbonica: Acido malico = acido lattico + anidride carbonica. Questo processo, che inizia spontaneamente in primavera quando la temperatura subisce un rialzo, serve a ridurre il grado di pungenza (tipico dell'acido malico) e a rendere il vino più morbido (i batteri lavorano tra 2025°C e il Ph va da 3,7 a 4 ). Avviene nelle autoclavi, nei tini oppure nelle barrique, caratteristiche botti da 225 litri che rilasciano sostanze legnose, spezziate, vanigliate in misura adeguata. Il tannino rilasciato dal legno si dice gallico o nobile. E' caratteristica dei vini rossi e li rende più equilibrati e di colore più tenue. La fermentazione malolattica si compie generalmente per i vini rossi che tendono ad ammorbidirsi. Al contrario, salvo eccezioni, si cerca di evitarla per i vini bianchi. Illimpidimento e stabilizzazione del vino Attraverso l’illimpidimento, il vino è sottoposto a tutta una serie di trattamenti per evitarne l’intorbidamento. La stabilizzazione invece consente al vino di mantenere le sue caratteristiche di limpidezza nel tempo. Le pratiche di cantina Le pratiche di cantina consistono in tutte quelle lavorazioni subite dal vino nel suo evolversi costante. Operazioni applicate durante le fasi di maturazione ed invecchiamento del vino per migliorare le caratteristiche organolettiche e la stabilità. • •
I travasi, hanno l’obiettivo di separare il vino dalle sue parti solide, (vinacce e fecce), 4-5 travasi l’anno travasando da un recipiente ad un altro. Le colmature, si eseguono per riempire le botti, per causa dell’evaporazione e contrazione dovuta al freddo. Con ciò si evita l’ossidazione e lo sviluppo di microrganismi aerobici. Si applica con tappi colmatori contenenti lo steso vino
Manuale del Barman di Peppino Manzi Tipi di correzione dei vini • Aumento del grado alcolico • Aumento dell’acidità
Tecniche usate Refrigerazione a temperature di –10/ -18 °C per cristallizzare l’acqua in ghiaccio ed eliminarla in parte. Aggiungendo acido tartarico o citrico per un valore non superiore ai 100g. x hl. Aggiungendo bicarbonato o tartaro neutro di potassio
•
Diminuzione dell’acidità
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. Tecniche di stabilizzazione Intensificazione del colore Aumento dei tannini Diminuzione del colore
• • •
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Refrigerazione, filtrazione, chiarifiche con gelatina, colla di pesce o argilla, centrifugazione, pastorizzazione Aggiungendo vini di maggiore colorazione Aggiungendo tannini ottenuti da legni di quercia o castagno Filtrare i vini su carboni vegetali
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La correzione del vino, è una pratica usata per alzare il grado alcolico, per il colore, l’acidità o anche per il tannino.
•
La stabilizzazione. pratica dedita ad evitare intorbidamenti e malattie. Operazioni che si eseguono prima dell’imbottigliamento per permettere al vino di mantenere le sue caratteristiche Pastorizzazione, usata con vini di minor pregio (commerciali), distrugge tutti i microrganismi
•
Conservazione – affinamento - maturazione - invecchiamento. Affinamento, maturazione, si tratta di una fase altrettanto importante. In primavera il vino nuovo è stato travasato nelle botti od in grossi contenitori d’acciaio o vetroresina senza presenza d’aria (ossigeno). A questo punto il vino subisce un lento processo di maturazione che ne migliora le caratteristiche perfezionandole il colore, diminuendo l’acidità, glicerine e zuccheri, acidi e tannini, mediante naturali processi detti d’affinamento. Processi adatti a vini da consumarsi giovani senza essere invecchiati come i vini: rossi di pronta beva, rosati e bianchi. L’invecchiamento, è dato a vini rossi di gran pregio e a rari bianchi, di solito avviene dentro le bottiglie o con brevi passaggi nel legno delle botti da cui si arricchiscono di sapori e profumi. Può durare da alcuni mesi a diversi anni. In questo tempo il vino subisce delle lentissime mutazioni che ne riducono le asperità esaltandone le caratteristiche migliori. Non sempre invecchiare un vino significa migliorarlo. Esistono dei vini che possono, altri che invece devono necessariamente essere consumati giovani. Imbottigliamento Il vino dopo essere maturato in botte ed eventualmente anche esservi leggermente invecchiato, deve necessariamente passare alle bottiglie di vetro per l’imbottigliamento. Si tratta di un’operazione molto delicata che richiede delle procedure particolari affinché non perda o non se ne distruggano alcune delle sue caratteristiche. Le bottiglie sono dapprima lavate accuratamente, passate con SO2, riempite ed infine tappate con tappi di vario tipo: sughero intero, agglomerato,
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pressato, oppure anche in silicone o resine ipossiliche. Solo ultimamente si possono eseguire anche delle chiusure in vetro. Il vetro delle bottiglie, salvo eccezioni per i vini destinati ad un immediato commercio, devono essere di colore verde meglio se scuro poiché il vino è molto fotosensibile (si altera con la luce), specie se bianco. Dopo l’imbottigliamento deve passare almeno 15 giorni affinché posa essere messo in commercio. Alcune note sull’affinamento o elevazione: Questa fase nella quale il vino acquisisce limpidezza e stabilità fondendo pian piano tutti i suoi elementi, vede svolgere all’ossigeno un ruolo molto importante definibile: ● Buono se in piccole quantità (riduzione) • Negativo se in grandi quantità (ossidoriduzione). I recipienti dove può avvenire l’affinamento ed i ruoli dei materiali, possono essere così sintetizzati: • botti di legno, è un materiale poroso che consente il filtraggio di piccole quantità d’aria la quale permette lo svolgimento di reazione d’ossidazione a favore di alcuni elementi del vino e che influiscono sul colore, sapore e profumo Per le botti di legno sono importantissime le: a. dimensioni delle doghe (tavole che le compongono) b. la superficie della botte ( più è grande e minore è il contatto col vino) c. tipo di legno usato e quindi permeabilità della botte all’ossigeno d. se sono botti nuove od usate e. tempo di permanenza a contatto del vino Negli altri casi molto dipende dal fatto che il contenitore (tino o bottiglia) consenta o no una maggiore o minore permeabilità all’ossigeno. Ad ogni buon conto nel caso della bottiglia si può affermare che al suo interno avvengono i cosiddetti fenomeni di riduzione in assenza d’ossigeno, mentre in tutti gli altri casi, il fenomeno è detto d’ossidoriduzione (in altre parole ossidazione in presenza d’ossigeno) Per questi motivi, il tempo di sosta di un vino nei tini o nelle botti di qualsiasi tipo non deve mai essere troppo prolungato, mentre in bottiglia, secondo i casi si ottengono grandi affinamenti e invecchiamenti in tempi più lunghi. •
tini d’acciaio inossidabile, adatti per grandi quantità di vini da maturare • tini in cemento vetrificato, adatti per grandi quantità di vini da maturare • tini in vetroresina, adatti per grandi quantità di vini da maturare • bottiglie di vetro, al termine dell’invecchiamento del vino in botte, prodotto vivo, è messo in bottiglia dove continua la sua fase di trasformazione che arricchisce il bouquet. Imbottigliare, porre in bottiglia il vino, è l’ultima operazione che compie il produttore prima di staccarsi dalla sua creatura, ed è un rito quasi commovente per chi abbia vera passione per il proprio lavoro. Anche il vino ama la libertà, non gli piace starsene rinchiuso in bottiglia, dove si sente imprigionato. Lasciando la botte di rovere il vino è costretto in questo recipiente e ne soffre tanto da rendere necessario un periodo di
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almeno tre mesi d’adattamento per dargli modo di superare questo “mal di bottiglia”. Invecchiamento Un vino è messo in commercio dopo le fasi d’elevazione ed affinamento ed ha un proprio ciclo di vita dipendente da numerosissimi fattori. Facciamo alcuni esempi esplicativi: Per i cosiddetti vini Moscati e Asti spumanti si consiglia il consumo entro il primo ed il secondo anno, mentre per i Barolo o il Brunello di Montalcino si può arrivare fino a diversi lustri (1 lustro = 5 anni ). Le fasi d’invecchiamento progressivo di un vino sono descritte come cinque ( 5 ) e comprendono periodi circa lunghi definiti come: • immaturità’ • gioventù • maturità • vecchiaia (quasi difetto) • deperimento (difetto) Reazioni del vino in ambiente ossidoriduttivo, vale a dire in bottiglia tappata con sughero. Si ottiene la formazione di • Esteri (reazione acidi – alcoli) • Perdita aromi fruttati • Acquisizione aromi speziati • Progressiva rotondità dei tannini • Viraggio, colorazione per i rossi verso l’aranciato. LE TRASFORMAZIONI DEL VINO CON L’INVECCHIAMENTO Colore dei vini rossi: da rosso porpora passa al rubino vivace e violaceo al granato con riflessi aranciati. Colore dei vini bianchi: dal giallo paglierino passa a tonalità dorate all’ambrato. Il rosso, così il bianco, se perdono il colore brillante e acquisiscono tonalità cupe e spente, il vino è in fase negativa, indicano che è vecchio e decrepito. Profumo: il profumo dei vini giovani sono fruttati, fragranti e floreali; quello dei vino rosso giovane è vinoso (ricorda il mosto), invecchiando i vini acquisiscono profumi simili alla frutta matura, a spezie, alle confetture, al tabacco. Sapore del vino, l’invecchiamento in botte influenza notevolmente il sapore del vino, in quanto riduce l’acidità trasformandosi in Sali minerali. L’invecchiamento rende il vino meno astringente, spigoloso e ruvido.
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Tipi di vinificazioni Vinificazione in bianco
Uve bianche e Uve ros se Vinacce ottenute dalla s prem itura e dalla sgrondatura des tinate alla dis tillazione
SPREM ITURA
Sgrondatura
(Separazione parti solide/parti liquide) Anidride solforosa
Lie viti se le z ion ati
Au toclave Controllo de lla te m p. 18째C ca
Mosto fiore
Ba rriques
FERM ENTAZIONE ALCOLICA
S VINATURA
Anidride solforosa SO 2 Illim pidim e n to De cantaz ion e Filtraz ione
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La vinificazione in bianco è' caratterizzata dall'assenza di contatto tra mosto e vinacce (macerazione). Le fasi sono: • • •
• • • •
•
diraspatura, che consiste nell’eliminare i raspi e quindi le sostanze tanniche dal sapore “duro” pigiatura degli acini, consiste nello schiacciare in maniera soffice gli acini evitando un’estrazione eccessiva sgrondatura, necessaria ad eliminare le vinacce e cioè i vinaccioli e le bucce dal resto del liquido per evitare una macerazione di queste sostanze (il vino bianco si può quindi produrre anche con uve rosse in quanto è la buccia a conferire il colore) segue poi illimpidimento, con decantazione, filtrazione, centrifugazione fermentazione alcolica, alla temperatura di 18-22°C svinatura, per separare il vino-fiore dalle fecce (cellule morte, sostanze coagulate, sali precipitati) maturazione inteso come il passaggio più o meno lungo in botte di vario tipo o in bottiglia per passare alla fase dell’affinamento e quindi a quella dell’ imbottigliamento
DIRASP AT URA
PIGIAT URA
SVINAT URA
FERMENT AZIONE
MAT URAZIONE
IMBOT T IGLIAMENT O
SGRONDAT URA
ILLIMPIDIMENT O DECANT AZIONE FILT RAZIONE CENT RIFUGAZIONE
Schema della vinificazione in bianco
Vini Bianchi Vini semplici destinati ad un pronto consumo: • Imbottigliamento: da febbraio-marzo a giugno ( 5 - 8 mesi ) • Trasformazioni: colore limpido, tonalità dal giallo verdolino verso quello paglierino chiaro, gli aromi primari del vitigno fusi con quelli secondari della fermentazione, sapore più morbido a causa della perdita d’acidità. Vini più complessi: • Predisposti ad un certo invecchiamento, vinificazione in botti di legno + o - grandi con contatto delle fecce. Sospensione fecce con tecnica batonnage. • Colore giallo paglierino intenso verso il dorato • Profumi, secondari e terziari che si compenetrano, • Sapore, altro ammorbidimento del gusto.
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Vinificazione in rosso
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La vinificazione in rosso è caratterizzata dalla macerazione in pratica dal contatto del mosto con le vinacce, per far migrare le sostanze contenute nelle bucce e nei vinaccioli verso il liquido e conferire così al prodotto colore e aroma. Le fasi della vinificazione si possono così riassumere brevemente: • • •
•
• • •
pigiatura dei grappoli in modo soffice diraspatura per eliminare i raspi fermentazione alcolica mediante il contatto del mosto con le vinacce alla temperatura di 25-28°C ha la durata di 5-8gg per i vini da bere giovani, 15-20gg per quelli adatti all'invecchiamento follatura-fermentazione sommersa-rimontaggio, per evitare la stratificazione in alto delle vinacce la loro acidificazione ed il poco cedimento polifenolico. Per rimontaggio s’intende l’estrazione dalla parte bassa del tino del mosto che con un’opportuna pompa viene reimmesso nella sua parte superiore al fine di rimescolare il tutto. Per follatura s’intende invece la rimozione del cappello costituito da vinaccioli, eventuali raspi e bucce che per formazione della CO2 di fermentazione è salito verso l’alto del tino. Spingendo questo strato di materiale verso il fondo del tino se n’evita l’ossidazione, l’acidificazione, e si facilita il passaggio delle sostanze dalle bucce al mosto stesso. svinatura, per separare il vino-fiore dalle fecce (cellule morte, sostanze coagulate, sali precipitati) e dalle vinacce (bucce e vinaccioli) fermentazione lenta e malolattica torchiatura delle vinacce, per ottenere una "1a torchiatura" da unire eventualmente al vino-fiore per correggerlo (i residui delle successive torchiature si usano invece per aceto e distillati).
P IGIAT URA
DIRASPAT URA
FERMENT AZIONE LENT A FERMENT AZIONE MALOLAT T ICA
SVINAT URA T ORCHIAT URA
MAT URAZIONE
INVECCHIAMENT O
FERMENT AZIONE
FOLLAT URE RIMONT AGGI
IMBOT T IGLIAMENT O
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Vini Rossi Vini semplici destinati ad un pronto consumo: • Imbottigliamento, da marzo a settembre ( 8 –12 mesi ) • Trasformazioni: colore limpido, tonalità dal viola verso il rubino; profumi terziari più complessi; sapore più morbido a causa della perdita dei tannini più ruvidi, perdita d’acidità. Vini più complessi: • Molti cambiamenti a causa della gran presenza di polifenoli molto reattivi con l’ossigeno ed il contatto col legno. • Il colore aumenta la tonalità scura, si provocano spontanee chiarificazioni, perdite di CO2, precipitazioni tartariche, e dei composti tannici più pesanti e più duri all’assaggio. • Cessione del legno di elementi come: affumicato, speziato, vaniglia, noce cocco, ecc…Il tutto migliora ancora facendo fare la fermentazione malolattica in botte. Ricapitolando: + limpidezza, + colore, più intenso, + tannicità, più morbida e fitta, + gusto, più tondo e grasso, + aroma, più intenso (numero di odori) e più ampio (grande).
Vinificazione in rosato
Si esegue una vinificazione in bianco con poca macerazione di uve a bacca rossa che abbiano poca pigmentazione (es.: Pinot Grigio che dà un vino dal colore ramato ) oppure mescolando uve bianche ed uve rosse. In alternativa può essere una vinificazione in rosso ridotta: il minor tempo di macerazione sulle vinacce conferisce un colore più tenue. Esistono i chiaretti (dal colore più simile ai rossi) e i cerasuoli (più vicini ai bianchi). I vini rosati hanno le caratteristiche tipiche dei bianchi nei profumi ed a volte anche nell’acidità ma strutture che maggiormente si avvicinano a quelle dei rossi giovani.
E' applicata per ottenere i "vini novelli", che devono avere almeno 11°
Vinificazione con alcolici. macerazione carbonica I grappoli interi e perfettamente sani sono posti all'interno d’apposite vasche stagne termocondizionate da 50-70hl, nelle quali dopo aver prodotto il vuoto d'aria viene immessa CO2, a 30° per 5-10gg. I lieviti indigeni migrano dalla buccia alla polpa alla ricerca d’ossigeno ed acqua, innescando un processo di fermentazione intracellulare. Al termine del ciclo si procede alla vinificazione in rosso, con una lieve pigiatura e un'altra fermentazione di 3-4gg. La commercializzazione del vino novello non può avvenire prima del 6 novembre, giorno del deblocage, mentre il termine ultimo per l'imbottigliamento è il 31 dicembre dello stesso anno della vendemmia. Si tratta dello stesso metodo usato per la produzione anche del Beaujolais Nouveau che è messo in commercio il terzo giovedì del mese di novembre.
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INSERIMENT O P IGNE B/R INT ERE IN AUT OCLAVE
BREVE FERMENT AZIONE 3-4 GG
FILT RAZIONI ILLIMPIDIMENT I ST ABILIZZAZIONI
Introduzione delle pigne intere nell’autoclave
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VUOT O D’ARIA
SAT URAZIONE CON CO2
P IGIAT URA E T ORCHIAT URA LIEVI
FERMENT AZIONE INT RACELLULARE 15GG
IMBOT T IGLIAMENT O
S i pratica il vu oto d’aria e la saturaz ione con
Fe rm e ntaz ion e intrace llu lare 15 gg m ax
CO
Bre ve fe rm e ntaz ion e 3-4 giorni
Pigiatura Torch iatura
Passaggio de i pigm e n ti dalla bu ccia alla polpa
Filtrazioni Illimpidimenti Stabilizzazioni
Schema della vinificazione per macerazione carbonica
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La vinificazione a caldo La vinificazione a caldo è un sistema continuo che permette quindi una vinificazione rapida e che può essere utilizzata per uve ammuffite o immature trattate direttamente o dopo la pigiatura/sgrondatura. Il mosto liquido è scaldato a 90° e poi versato sulla parte solida delle vinacce, al fine di ottenere una temperatura intorno ai 65°. Altra modalità è quella di riscaldare l'intera massa fino a 60-70° per un tempo variabile da mezz'ora a poche ore. Il trattamento provoca un'ottima estrazione dei pigmenti e l'inattivazione degli enzimi in particolare dell'ossidasi e quindi consente una minore utilizzazione del SO2. Il difetto di questa tecnica è che le caratteristiche organolettiche risultano standard e di qualità non elevata. RISCALDAMENT O MOST O LIQUIDO A 90°C
MOST O CALDO SU VINACCIA SOLIDA A 65°C
EST RAZIONE P IGMENT I INAT T IVAZIONE ENZIMI
IMBOT T IGLIAMENT O
SVINAT URAQ CON PRAT ICHE ENOLOGICHE
FERMENT AZIONE
La vinificazione continua La vinificazione continua consiste nell'immettere nella parte inferiore del fermentatore del mosto fresco e nell'estrazione nella parte alta dello stesso del vino che si forma in quanto l'alcool essendo più leggero tende a stratificarsi in alto. Data l'immissione di mosto fresco in un ambiente in cui la fermentazione è gia iniziata, diminuisce il tempo della fermentazione e quindi questo procedimento permette di risparmiare tempo. Da un punto di vista qualitativo si ottiene un vino con grado alcolico più elevato, una fermentazione malolattica anticipata, un colore intenso e una minore percentuale di metanolo.
INSERIMENT O MOST O FRESCO P ART E INFERIORE AUT OCLAVE
La conservazione dei vini
EST RAZIONE VINO PART E ALT A DELL’AUT OCLAVE
Il vino, appena svinato dai tini di fermentazione non è pronto per essere bevuto subito, ha bisogno di un certo periodo di crescita per maturare e acquistare così in massimo grado le sue caratteristiche organolettiche. Rilevante è provvedere alla buona e razionale conservazione del vino giovane nelle cantine.
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La barrique ed il vino Il giusto abbinamento tra barrique e vino, quando avviene, è una sorta di complicato equilibrio tra: • • • • • •
necessità di microssigenazione di un vino/annata specifico sentori primari e secondari preesistenti tipo di legno stagionatura del legno tostatura del legno tempo di permanenza del vino in barrique. Agli effetti pratici, l'uso della barrique permette di "arrotondare" il vino e stabilizzarlo. Attraverso la microssigenazione i tannini si polimerizzano producendo una sensazione più gradevole e rotonda in bocca, essendo i tannini polimerizzati meno solvibili nella saliva. Un altro effetto è di aggiungere alcuni sentori (facenti tutti parte della famiglia dei terziari) al vino, come di vaniglia, cocco, cioccolato tostato, fumo, tabacco, caramello, caffè e altri secondo del tempo di permanenza, del tipo di legno e, naturalmente, della tostatura. Questa pratica vinicola è da molti considerata un'arte più che una scienza.
I recipienti, che contengono il vino, sono diversi sia per la forma sia per il materiale con cui sono costituiti. La materia prima abituale è senz’altro il legno, con il quale si fanno botti e fusti da pochi a centinaia di ettolitri di capacità. Il tipo di legno più pregiato è il “rovere di Slavonia”. L’unico inconveniente dei vasi vinari di legno è che costano parecchio e richiedono un’accurata manutenzione. D’altronde, sono indispensabili nelle cantine dove si conservano per l’invecchiamento vini di pregio, solo il legno contribuisce ai processi dell’invecchiamento e permette il passaggio dell’aria attraverso la superficie della botte. Inoltre determinati elementi del legno entrano quasi in osmosi col vino. Ragioni di carattere economico, unite all’espansione della potenzialità produttiva delle ditte produttrici di vino, hanno fatto sì che abbiano preso grande sviluppo, prima vasi vinari in cemento armato; poi in questi ultimi anni l’impiego di recipienti d’acciaio inossidabile in sostituzione delle vasche in cemento armato, che presentano il vantaggio di occupare, a parità di capienza, minor spazio di quelli di legno e di richiedere una manutenzione assai più facile. Detti recipienti possono essere usati solo per conservare il vino non certo per l’invecchiamento. In qualunque recipiente può avvenire, la conservazione del vino non è un processo di stasi, un periodo assoluto di riposo, al contrario l’invecchiamento avviene attraverso gran processo chimico-fisici dell’invecchiamento. In tale periodo il tecnico deve senz’altro intervenire con operazioni che possono garantire la sanità e la conservabilità del vino. La conservazione inizia nel tardo autunno. Il vino nuovo si trova così immediatamente a dover affrontare i rigori dell’inverno che procurano una naturale e benefica dopo la svinatura che lo ha in precedenza chiarificato e reso limpido. Sul vino nuovo, abbassando la temperatura, avvengono due benefici effetti: anzitutto un arresto dell’attività biologica nel liquido (in particolare si
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elimina il pericolo di una fermentazione acetica); in secondo luogo l’insolubilizzazione dei sali che possono trovarsi in eccesso nel vino. Diminuisce anche l’acidità fissa del vino, migliorandone il gusto.
La barrique è una botte di legno, della capacità compresa tra 225 e 228 litri, utilizzata per la fermentazione o l'invecchiamento del vino, sia bianco sia rosso. In origine era un’unità di misura di volume francese corrispondente a circa 225 litri. La fermentazione e/o l'invecchiamento del vino in botti di così piccola capacità permette una maggiore ossigenazione del contenuto rispetto ad una botte più grande, in virtù del rapporto volume/superficie di contatto, oltre a rilasciare aromi terziari tipici. L'alto prezzo delle barriques di buona qualità, il loro ristretto tempo d’utilizzo (di norma 3 anni) e la laboriosa pratica di cantina connessa all'utilizzo delle stesse, rende i vini barricati molto più costosi di quelli prodotti in vasche di cemento o d’acciaio; ciò fa sì che si siano sviluppate tecniche alternative. Una di queste prevede l'uso di schegge (chips) di rovere tostate da immergere nel vino contenuto in un serbatoio d’acciaio o cemento con contemporanea microssigenazione tramite un apparecchio specifico che scioglie nel vino quantità minime d’ossigeno (secondo gli effetti voluti, da 1 a 10 mg/l/mese). Questa pratica, recentemente autorizzata anche nell'Unione Europea, non da' esattamente lo stesso effetto dell'invecchiamento in barriques. È in ogni modo implicitamente proibita da tutti i disciplinari DOCG italiani che autorizzano solo le pratiche tradizionali consentite. Certamente l'uso delle schegge di rovere, pur se poco poetico, è sicuramente più sano rispetto ad un uso scorretto della barrique: per esempio l'uso di barriques vecchie o mal lavate o l'eccessivo tempo intercorso tra uno svuotamento ed un riempimento con conseguenti formazioni di muffe ecc... Le regole della buona normale vinificazione danno in tre anni la vita massima di una barrique utilizzata per il vino. Naturalmente vi possono essere innumerevoli eccezioni. Il legno con il tempo tende ad impregnarsi di sedimenti di vino e questo oltre a non garantire più una buon’igiene con forti rischi di contaminazioni batteriche e fungine e limita la microssigenazione.
I Travasi: a fermentazione avvenuta il vino subisce il primo travaso. Svinato è posto nelle botti. E’ ancora molto torbido, ma, grazie alla quiete relativa e all’abbassamento della temperatura ambiente, deposita le sostanze che ha ancora in sospensione e che provengono dalle parti solide dell’uva. I vini rossi di buona costituzione, ricchi di tannino, divengono presto limpidissimi. Si rende quindi necessario il travaso in altre botti da farsi uno in dicembre e un altro a marzo; poi ancora a settembre alla vigilia di una nuova vendemmia. Negli anni successivi, per i vini da invecchiamento, è sufficiente un solo travaso l’anno. Al termine di questa chiarificazione e precipitazione spontanea, il vino è più stabile e brillante. Colmature: durante la conservazione, il vino nella botte diminuisce per due motivi, per evaporazione nei contenitori di legno, per contrazione (restringimento) di volume dovuta al freddo. In ambedue i casi, il vino si trova a contatto dell’aria, il cui ossigeno è particolarmente dannoso al vino,
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comportando ossidazioni (maderizzazione, marsalizzazione) e favorendo il processo di acetificazione o di altre alterazioni e malattie. E’ perciò necessario badare a colmare i vuoti che si vengono a formare nei recipienti con vino possibilmente dello stesso tipo. L’operazione è facilitata dai tappi colmatori che, disposti nel foro della botte, segnalano il livello del vino; inoltre nei tappi colmatori si pone un pò d’anidride solforosa che protegge il vino dalle ossidazioni.
Trattamenti sui vini
La tecnica enologica consiglia un ciclo che si sviluppa in tre periodi per la migliore conservazione e stabilizzazione. 1)
Vinificazione: comprende tutte le operazioni dalla pigiatura, alla fermentazione, alla svinatura, che permettono di ricavare dall’uva il mosto e di trasformare quest’ultimo in vino.
2)
Affinamento: è l’età giovanile del vino, quella in cui comincia a maturare, ad acquistare le asprezze, le disarmonie, le spigolosità. In questo periodo, che si può fissare nel primo anno di vita, accanto alle modificazioni naturali, cominciano a rendersi necessari i trattamenti esterni, consigliati dalla più razionale tecnica enologica.
Invecchiamento: è il periodo di tempo più variabile che può andare da uno a cinque, sette, dieci anni e anche più per certi vini nobili e austeri. In questo periodo avvengono anche i trattamenti enologici, soprattutto al termine dell’invecchiamento per assicurare al vino da imbottigliare una perfetta stabilità. Ci sono dei vini che richiedono di essere consumati freschi, vivaci, giovani, per i quali l’imbottigliamento avviene al termine del secondo ciclo: sono quindi consumati nell’annata stessa di produzione o, al più tardi, nella successiva. E’ questo il caso della gran massa dei vini comuni, ai quali non si richiedono qualità superiori ma semplicemente di essere una buona bevanda per il consumo di tutti i giorni; 3)
4)
Taglio: è un termine che fa arricciare il naso e piace poco a chi è ignaro d’enologia. I non addetti ai lavori pensano che un vino tagliato debba essere per forza di qualità scadente, se non artefatto. In realtà, il taglio è un’arte raffinata, che presuppone, in chi la pratica, una capacità veramente superiore di riconoscere, all’assaggio, tutte le qualità del vino e suggerire e scegliere i tipi che possono armonizzarsi tra di loro nel taglio. Quasi tutti i vini sono oggi tagliati. Il fine che il tecnico si propone è sempre e solo quello di migliorare la qualità media del vino; talvolta sono tagliati fra prodotti dello stesso tipo, ma d’annata differenti (è il caso dello champagne, nel quale si mescola il vino dell’anno con quello di annate precedenti, al fine di assicurare la costanza di sapore e bouquet); più di frequente il taglio avviene attraverso l’utilizzazione di diverse qualità. Questa pratica si opera, quando le avverse condizioni climatiche, ostacolando la piena maturazione dell’uva, fanno sì che nelle zone meno calde si possano ottenere vini con gradazione alcolica di 8°/9°C. La legge italiana vieta di vendere vino con meno di 10°C. A tale punto è necessaria una piccola aggiunta di un vino ad alta gradazione per risolvere la situazione senza lo zuccheraggio, pratica tradizionale cui si ricorre in altri Paesi dove è concesso (in Francia, Svizzera, Germania,
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Austria). In Italia, forse, non è concessa per una forma di protezionismo interno sui vini a Denominazione d’Origine Controllata (D.O.C.). 5)
Pastorizzazione: è un trattamento, che si è rivelato assolutamente indispensabile ai fini della stabilità e della conservazione di alcuni vini imbottigliati. La pastorizzazione ha rappresentato un progresso fondamentale nella tecnica enologica, come per tanti altri alimenti, poiché oltre ad assicurare una migliore conservabilità, in genere a tutti i vini, ha permesso di imbottigliare i vini dolci (che per la presenza di zucchero tendono a fermentare, diventando torbidi e facendo scoppiare i recipienti) e di mantenerli tali, senza dover ricorrere a sostanze antifermentative, che non rientrano certamente tra i prodotti tonici e ricostituenti. Scaldando il vino si distruggono lieviti, batteri ed enzimi per questo il vino non potrà più né rifermentare né ammalarsi (se è subito imbottigliato o se pastorizzato in bottiglia). I lieviti ad esempio sono distrutti alla temperatura di 60°C. per 10 minuti. Questa pratica non è certo applicata, quando si vuole costruire un gran vino per l’invecchiamento, ma prevalentemente vini, anche di qualità, da commercializzare in breve tempo.
L’invecchiamento: è il periodo in cui processi lenti, ma continui trasformano il vino giovane, aspro e scontroso in maturo e gradevole. I fenomeni e le trasformazioni, che avvengono durante la maturazione e l’invecchiamento del vino, riguardano in definitiva, i caratteri organolettici che si suddividono in: A) modificazione del sapore, B) del colore, C) formazione del bouquet. Avvengono pure processi biochimici. Il più importante è senz’altro la fermentazione malo-lattica, che porta ad una diminuzione dell’acido malico con formazione d’acido lattico (l’acido malico, infatti, è responsabile in massima parte del sapore aspro, acido dei vini nuovi). L’acido lattico al contrario, anche attraverso le sue combinazioni con altri acidi e con gli alcoli, contribuisce fondamentalmente al bouquet e al sapore caratteristico dei vini. Quali vini invecchiare e per quanto tempo lo decide il tecnico competente; ci sono delle regole di carattere generale che vanno applicate caso per caso. Il vino di una vendemmia, quanto più sarà pregiato, tanto più il suo invecchiamento potrà essere in linea di massima prolungato e si otterrà, quindi, un prodotto finale particolarmente nobile. E’ logico che non tutti i vini richiedono lo stesso periodo d’invecchiamento; di norma un vino è tanto più adatto a lungo invecchiamento quanto più è generoso e ricco di corpo. Non va infine dimenticato che un vino anche dopo che è stato messo in bottiglia, continua l’invecchiamento, seppure in modo più lento e con diverso andamento;
6)
L’imbottigliamento: imbottigliare, porre il vino in bottiglia, è l’ultima operazione che il produttore compie prima di staccarsi dal suo prodotto. L’imbottigliamento della maggior parte del vino è fatto su scala industriale, con metodologie precise. Gli impianti d’imbottigliamento delle moderne industrie e cantine vinicole, oltre ad essere completamente automatici, sono basati su criteri di igiene assoluta con tecniche isobatteriche (il vino è travasato dai recipienti alla bottiglia senza alcun contatto con l’aria). Il colore del vetro della bottiglia ha uno scopo ben preciso e non è soltanto un requisito per la buona presentazione del prodotto. La luce, se arrivasse 7)
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troppo violentemente al vino attraverso vetri troppo bianchi o verdi, provocherebbe modificazioni alle sostanze polifenoliche. Per molti vini bianchi si sta diffondendo l’uso di un vetro di colore marrone ambrato, proprio per cercare di proteggerli nella migliore misura possibile. Non tutti i vini hanno lo stesso grado di longevità, quindi anche l’imbottigliamento deve essere eseguito al momento giusto, senza attendere che un vino possa, anche minimamente, iniziare quella parabola discendente che è propria di ogni essere vivente.
Le Bottiglie del vino
Le bottiglie sono dei recipienti in vetro in genere colorato per evitare le ossidazioni. Ogni bottiglia ha delle caratteristiche ben precise derivate soprattutto dal tipo di vino che devono contenere e dalla zona di provenienza. ●
Bordolese e bordolese a spalla alta (1-2) utilizzata per numerosi vini sia bianchi che rossi. La spalla consente di ostacolare la fuoriuscita di eventuali depositi Di colore verde più o meno intenso è adatta per i vini da invecchiamento, di vetro incolore viene impiegata per vini bianchi.
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Albesa (3), d’origine albese ( Langhe Piemonte), ha forma conicocilindrica è impiegata per i grandi vini rossi piemontesi.
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Champagnotta e champagnotta prestige cuvée (4 - 5), tipica bottiglia degli spumanti, prodotta in vetro verde scuro e spesso, per resistere alle alte pressioni delle atmosfere interne che deve contenere e con il fondo concavo.
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Borgognotta o borgognona (6) originaria della Borgogna, utilizzata ugualmente per numerosi vini, soprattutto rossi. È di vetro verde scuro o verde foglia appassita.
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Alsaziana (7), originaria dell'Alsazia usata per vini bianchi.
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Renana (8) originaria delle zone attorno al fiume Reno, è impiegata soprattutto per vini bianchi.
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Anfora (9), originaria della Provenza in Francia utilizzata anche in Italia per il Verdicchio delle Marche.
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Pulcinella (10), è d’origine umbra e viene a volte impiegata per il vino Orvieto, vini portoghesi, vini liquorosi e Armagnac.
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Marsalese (11 - 12), impiegata per i vini di Marsala e usata per i vini di Porto, Madera e Sherry.
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Ungherese o Tokaj, utilizzata per il Tokaji d’Ungheria, la sua capacità è di 0,500 l.
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Fiasco, la bottiglia del Chianti, è originaria della Toscana, ma è sempre meno utilizzata
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BOCKSBEUTEL. La bottiglia bocksbeutel, originaria della Franconia, è utilizzata soprattutto per i vini rossi della zona.
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CLAVELIN. La bottiglia clavelin è utilizzata per i Vins Jaunes du Jura. Il suo contenuto è di 62 cl.
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Per bottiglie di capacitĂ notevolmente maggiori del Magnum occorre usare una tecnica diversa per versare, per le piĂš grandi bisogna essere in piĂš di una persona. Si sostiene la bottiglia dal fondo e con l'altra mano si sostiene una salvietta passata attorno al collo della bottiglia e si bilancia sul bicchiere per versare.
Tipiche bottiglie champagnotte di misure multiple