Angelo Zanotti
Francisco Giordano
Massimo Brunelli
BOLOGNA LABIRINTI D’ACQUE Guida, itinerari e percorsi
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Bella Bologna
Con il contributo di
Consorzi dei Canali di Reno e di Savena
Con il patrocinio di
Angelo Zanotti
Francisco Giordano
Foto di Massimo Brunelli
BOLOGNA LABIRINTI D’ACQUE Guida, itinerari e percorsi
piazza San Martino 9/C, 40126 Bologna Tel. (+39) 051/9913920 – Fax (+39) 051/19901229 e–mail: info@persianieditore.com www.persianieditore.com
Grafica di copertina: Valeria Azzolini Redazione: Carlo D’Alonzo, Francesca Emili, Cristina Mastrangelo, Lucia Palumbo Copyright © 2015 by Gruppo Persiani Editore Srls TUTTI I DIRITTI RISERVATI – Printed in Italy
INDICE Presentazione....................................................................................7 Prefazione di Mauro Felicori..............................................................8 Prima parte: La rete idrografica di Bologna di Angelo Zanotti
Premessa.............................................................................................13 Il canale di Reno................................................................................16 Il canale Navile...................................................................................31 Il canale di Savena..............................................................................40 Il torrente Aposa.................................................................................45 Il torrente Ravone e la canaletta Ghisiliera..........................................54 Corsi d’acqua minori..........................................................................61 Le coperture dei corsi d’acqua............................................................67 Le alimentazioni delle fontane di piazza..............................................69 L’acquedotto romano e la distribuzione di acqua potabile...................74 Pozzi, sorgive, acque miracolose e curative..........................................80 Conclusioni........................................................................................88 Glossario.........................................................................................89 Antiche misure lineari bolognesi.................................................97 Seconda parte: La memoria dell’acqua nel centro storico di Francisco Giordano
Premessa...........................................................................................100 La memoria dell’acqua nei toponimi urbani di strade e di piazze......101 La memoria dell’acqua nelle lapidette................................................106 Le acque superstiti in vista................................................................108 Fontane e fontanelle in luoghi o edifici pubblici...............................113 La memoria dell’acqua nei toponimi degli edifici sacri e civili...........120 Luoghi e segni dell’acqua..................................................................124 Le conserve......................................................................................140 Cisterne e idranti della Seconda Guerra Mondiale............................141 Tombini della neve...........................................................................142 Capitelli e altri decori che evocano le acque......................................144 Bibliografia...................................................................................155
Presentazione Può apparire singolare sentire il bisogno di scrivere o di consultare una guida della città di Bologna vista dall’acqua e di visitarla per luoghi d’acqua. La storia recente, i nostri occhi, il vivere quotidiano ci rimandano una città di terra lontana da fiumi, laghi e dal mare. Se così fosse perché alcuni toponimi sono riferiti a corsi d’acqua e rilevano la presenza di un porto in città? Come mai in centro è attiva una centrale idroelettrica e ancora, come potevano funzionare i tanti molini ad acqua dei quali si ha notizia, l’ultimo dei quali ha cessato l’attività nel vicino 1992? È solo fortuna se la città non si è mai allagata? Sono tutte considerazioni, quesiti e curiosità che possono essere soddisfatte con l’aiuto di una guida che prende in considerazione la dotazione tecnico-idraulica della città, la sua evoluzione urbanistica e le condizioni orografiche e ambientali del territorio che la ospita. Consultandola e andando a visitare i luoghi che vengono descritti conoscerete la vera Bologna costruita sull’acqua dalla quale si deve liberare quando piove intensamente e che ricerca durante i lunghi periodi siccitosi. L’anima di Bologna è liquida, la città galleggia sulle acque e con queste si connette per mezzo di canali, paraporti, partitori, scolmatori, sostegni, macchine idrauliche capaci di addomesticare l’acqua rendendo abitabili e produttivi territori altrimenti non idonei allo sviluppo di una grande città. Questi studi permetteranno ai bolognesi di conoscere intimamente la propria città e agli altri di scoprire realtà inaspettate. Comunque una ricerca approfondita, un valido manuale, una lettura interessante. I consorzi di Reno e Savena, che da secoli per volontà dei bolognese conservano e mantengono in efficienza gran parte di questo straordinario patrimonio, hanno voluto favorire la divulgazione della Bologna città d’acque e fornire soprattutto ai bolognesi un valido strumento che permetterà loro di riappropriarsi della loro città.
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Prefazione Molti si meravigliano che Bologna, città considerata prettamente di terra, sia attraversata da due canali e da un torrente. Cresciuta attorno alla conoide del torrente Aposa, la città – interposta fra i due principali corsi d’acqua, il Reno e il Savena, che garantivano maggiori portate d’acqua – non poteva avvalersi direttamente delle loro risorse idriche a causa delle distanze. Per questo motivo gli alvei del Reno e del Savena vennero sbarrati con due chiuse da cui due canali prelevavano acqua da convogliare alla città, distribuita, tramite una complessa rete labirintica sotterranea di condotti derivatori, alle attività lavorative. Pur con scopi diversi da quelli per cui furono realizzati, le chiuse (di Casalecchio e di San Ruffillo) e i relativi canali sono tuttora funzionanti e i Consorzi dei Canali di Reno e Savena, fra i più antichi d’Italia, ne curano funzionamento e manutenzione. Impiegato anche come scolmatore della rete fognaria cittadina (uso ormai del tutto superato, anche se la ricerca di tutti gli scarichi abusivi non è ancora del tutto conclusa), attualmente il sistema delle acque viene utilizzato, fuori città, per usi irrigui. Non si tratta quindi di manufatti da relegare fra le testimonianze dell’archeologia industriale, ma di opere idrauliche tuttora funzionanti, indubitabilmente importanti per la sicurezza della rete idraulica. Oltre agli antichi usi industriali, la guida illustra l’idrologia della città e dei suoi immediati contorni, i rii minori, le sorgive, le fonti, in particolare quelle di Casaglia, Barbianello e Corticella, che, sfruttate fra il xix e il xx secolo, ottennero importanti riconoscimenti e premi per le loro qualità organolettiche e curative. I testi, integrati con notizie storiche, fotografie e mappe, accompagnano i lettori alla scoperta delle acque di Bologna e delle testimonianze di questo affascinante tema, corredate di dati riguardanti i luoghi e gli scorci urbani dove permane la presenza dell’acqua dei canali. Potranno inoltre rintracciare fontane, fontanelle, targhe, decori, elementi tecnici, odonimi attuali e antichi di strade, nomi di edifici sacri e civili, segni di vario genere che evocano o fanno parte del complesso delle acque antico e moderno.
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Questo è dunque un volume davvero interessante, un ulteriore passo della riscoperta delle acque di Bologna, che è stato uno dei più significativi eventi culturali degli ultimi anni nella città felsinea. Grazie al lavoro delle istituzioni e ancor più delle associazioni e di appassionati si è riportato alla luce un patrimonio storico, un bene culturale che sembrava “tombato” assieme alle coperture dei canali del xx secolo e che è invece diventato oggetto di studi, di promozione culturale fino a diventare addirittura una attrazione turistica di prim’ordine. Mauro Felicori Direttore della Reggia di Caserta
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L’acqua è «massimamente necessaria & alla vita, & alla dilettatione, & allo uso quottidiano». Virgilio Marco Pollione
PRIMA PARTE La rete idrografica di Bologna
I corsi d’acqua all’interno della terza cerchia muraria di Bologna. Disegno di Angelo Zanotti sulla base della Città di Bologna posta in pianta dal Geometra Gregorio Monari, intagliata & ornata da Alessandro Scarselli nel 1745 (incisione all’acquaforte).
Premessa In passato il paesaggio urbano di Bologna era ben diverso da quello odierno. Alcune strade, come le attuali vie della Grada, Riva di Reno, Capo di Lucca, Castiglione e Rialto, erano caratterizzate dalla presenza dei canali di Reno e di Savena e dal torrente Aposa, attraversati da diversi ponti in laterizi. Da questi corsi d’acqua a cielo aperto – in cui i popolani e le popolane lavavano i panni, nuotavano incuranti delle reiterate proibizioni delle autorità cittadine o realizzavano pontili per bagni privati – dipendeva la distribuzione idrica riservata a eterogenee lavorazioni e all’azionamento di vari opifici idraulici. Nel Medioevo i canali e l’Aposa, – in alcuni tratti dei quali erano stati realizzati dei guazzatoi per l’abbeveraggio e il lavaggio degli equini e dei bovini – venivano utilizzati anche per il lavaggio delle strade, per l’allontanamento delle immondizie all’esterno della cinta muraria e per lo smaltimento delle nevi, che venivano gettate negli alvei. Grazie ad aperture fornite di botole, praticate nelle volte, anche dopo le coperture degli alvei si continuò a ricorrere a questo sistema che – usato fino agli anni Ottanta del secolo scorso – permetteva di abbassare notevolmente i costi dei trasporti. Derivati dai canali e dal torrente, sotto le strade e le cantine si diramavano complessi labirinti costituiti da condotti, cunicoli, canalette per la distribuzione d’acqua a eterogenee lavorazioni e per il funzionamento di attività produttive che, presenti fin dal Medioevo, rimasero operanti per alcuni secoli. Le risorse idriche portarono allo sviluppo di vere e proprie realtà protoindustriali che contribuirono allo sviluppo economico della città. Per far fronte alle maggiori richieste di risorse idriche dovute all’aumento numerico delle attività dipendenti dall’acqua, nel 1252 le autorità comunali aggiunsero agli Statuti alcune disposizioni riguardanti la dislocazione degli opifici in diverse zone della città secondo l’affinità delle lavorazioni e i fabbisogni idrici. Come stabilito dalle prescrizioni, i mulini e le gualchiere, proibite sul canale di Savena da San Ruffillo alla città, dovevano essere alimentate dalle acque del canale di Reno, riservate anche all’alimentazione del Naviglio. Le fornaci, le fucine, le lavorazioni dell’oro e dell’argento vennero concentrate nella zona compresa fra le attuali vie Santo Stefano, Farini, D’Azeglio, in cui si snodavano le diramazioni alimentate dal canale di Savena. Precedentemente dipendenti dall’Aposa, le attività dei conciatori, dei
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cartolai e dei tintori vennero dislocate lungo via delle Cartolerie, aperta nel 1252, anch’essa servita dal sistema d’acque del canale di Savena. A distanza di soli sette anni questi provvedimenti si rivelarono insufficienti costringendo il Comune a rivedere, almeno in parte, il piano di distribuzione idrica. Secondo la variante, adottata nel 1259, era consentito impiantare le fornaci per l’argento, per i metalli non nobili e per la fabbricazione di calcina anche nella zona compresa fra il Cavaticcio e i canali di Reno e delle Moline, zona in cui, nella seconda metà del secolo successivo, si aggiungeranno ulteriori, svariate lavorazioni. Come risulta da una fonte della fine del xiv secolo, segnalata da Alberto Guenzi, grazie alle distribuzioni idriche, in quel periodo a Bologna erano attivi sedici mulini da seta, ventun opifici – comprendenti magli, seghe, macine, cartiere, folloni per battere i panni – e circa una ventina di mulini per grano cui si affiancavano altre attività, come tintorerie, concerie, cartolerie, investite. A metà del xvii secolo dentro e fuori città erano attivi 14 mulini per la produzione di carta e nel centro abitato 353 ruote idrauliche muovevano torcitoi riuniti in 119 mulini da seta e svariati ordegni; grazie a novantaquattro derivazioni che prelevavano acqua dal canale di Reno, due secoli dopo la città contava ancora un’ottantina di attività; nel 1907 dall’acqua di Savena, che alimentava una sessantina di chiaviche, dipendevano 52 utenze e il riempimento di un centinaio di serbatoi e vasche per usi domestici e lavanderie. Fra le varie attività dipendenti dall’energia idraulica i filatoi e i torcitoi, che producevano filati serici di altissima qualità per la tessitura di veli leggerissimi apprezzati in tutta Europa, erano particolarmente importanti per l’economia cittadina. Oltre a questa produzione sono da annoverare anche la lavorazione della canapa, «preferita a quella d’altri luoghi» per «il buon nervo e fortezza», come affermava Pietro Schmitt in una guida inglese del 1672, e la fabbricazione della carta, prodotta con cotone, lino e canapa, rinomata come quelle di Fabriano, Genova, Amalfi e Bracciano. A questo proposito il primo esempio mondiale di definizione dei formati della carta bambagina (1389 ca.) si deve alla Corporazione degli Speziali di Bologna.1 Considerata l’importanza dell’articolato sistema distributivo delle acque, gli Statuti e i Bandi – concepiti all’insegna di un’oculata efficienza amministrativa attenta non solo agli aspetti giuridici, ma anche e soprattutto a quelli tecnici – fornivano dettagliate istruzioni riguardanti le manutenzioni 1. I formati vennero incisi su una lapide attualmente esposta nel Lapidario del Museo Civico Medievale di Bologna.
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ordinarie e straordinarie dei manufatti idraulici, le modalità di esecuzione e le spese da ripartire fra i beneficiari secondo appositi campioni. Nel prosieguo del tempo diversi condotti, non più impiegati per la distribuzione dell’acqua, finirono con l’essere adattati all’uso di collettori fognari. Lapide dei formati della carta bambagina A causa delle loro qualità, le disegnata da Angelo Zanotti. risorse idriche dei canali di Reno e di Savena e del torrente Aposa non potevano essere utilizzate per usi igienico-alimentari. In realtà si sarebbe potuto ricorrere alle acque delle sorgive Remonda e Valverde, scaturenti fuori porta San Mamolo, ma queste, condotte fino al centro della città, erano riservate esclusivamente all’alimentazione delle fontane di piazza e alle forniture idriche del Palazzo del Legato (Palazzo d’Accursio). In seguito alla riattivazione dell’antico condotto romano, realizzato secondo recenti studi fra il 19 e il 2 a.C. circa sotto l’imperatore Augusto, solo verso la fine del xix secolo Bologna poté usufruire di un razionale sistema distributivo dell’acqua a uso potabile e igienico-sanitario, precedentemente dipendente dai pozzi. A questa carenza si contrapponeva l’efficiente rete fognaria che, iniziata attorno alla metà del xiii secolo, veniva citata come esempio da Ludovico Agostini (1536-1612) nel dialogo fra Finito (l’Umana Ragione) e Infinito (la Scienza Rivelata), riportato nella quarta parte dell’opera L’Infinito intitolata alla Repubblica immaginaria, redatta fra il 1585 e il 1590. Grazie a queste realtà ed esperienze si sviluppò una scuola bolognese di idraulica conosciuta anche fuori dai confini territoriali. Così, per esempio, l’acquedotto realizzato a Malta all’inizio del xvii secolo fu progettato da Vittorio Bontadini, più noto come Bontadino Bontadini, nativo di Bologna, città in cui nel 1694 verrà istituita la prima cattedra italiana di idrometria, affidata a Domenico Guglielmini. Angelo Zanotti
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Il canale di Reno Pur con scopi diversi da quelli per cui furono realizzati, la chiusa di Casalecchio e il canale di Reno sono tuttora funzionanti e uno dei più antichi Consorzi d’Italia, costituito nella seconda metà del xvi secolo, cura il loro funzionamento e le manutenzioni. Attualmente in pianura le acque del canale, usato anche come scolmatore della rete fognaria di Bologna, vengono utilizzate per usi irrigui e, fino ad alcuni anni fa, per alimentare i maceri, alcuni dei quali venivano impiegati per l’allevamento di alborelle. Oltre ad alimentare conserve d’acqua, tintorie, peschiere, maceri da canapa, orti, cartiere, concerie, canapifici, lavanderie, investite, purghi e altre eterogenee attività, in passato le acque del canale di Reno, distribuite in città tramite un’estesa rete sotterranea di chiaviche e condotte, servivano, come evidenziava in un promemoria per il suo successore il cardinale Anglico de Grimoard (1320-1388) – fratello di Urbano v (1310-1370) –, legato a Bologna fra il 1368 e il 1372, per l’azionamento di mulini e, uscendo dalla città, per alimentare il canale navigabile che giungeva fino a Ferrara. Dalle risorse idriche del canale, definito dall’ingegner Alfonso Sacenti (Le acque torrentizie nei contorni di Bologna, 1899) «una vera ricchezza per la città e per la zona che attraversa», dipendeva anche il funzionamento di pellacanerie, pelliccerie, tintorie, incresperie, pistrini, torchi per olio, caldiere e caldierini, cartiere, mole per affilare, manifatture per la produzione di panni cui, nel tempo, si affiancarono ulteriori attività come mulini da rizza e da galla, pille, cilindri o buratti per il riso, pilloni da droghe e da maiolica, fabbriche di tabacchi. Dalla distribuzione dell’acqua derivata dal canale dipendeva dunque la produzione di diversi prodotti commerciali, molti dei quali venivano esportati con indubbi vantaggi per le risorse finanziarie cittadine. Verosimilmente considerando questo importante aspetto, nel 1455 papa Niccolò v (1397-1455) insignì Lodovico Bentivoglio (ultimo decennio del xiv secolo-1469) e i suoi discendenti del titolo di conte delle Ripe del canale di Reno. Dal xvii secolo il controllo della distribuzione delle risorse idriche alle varie attività, disciplinata da appositi regolamenti, venne affidato ai filatoglieri. Per evitare prelievi abusivi, le chiaviche di derivazione dovevano essere fornite all’imbocco di una paratoia da aprire secondo turni stabiliti e privilegiando, nei casi di scarsità delle risorse idriche, le attività molitorie. Le origini di questi manufatti sono antichi. Secondo un documento ot-
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Bologna «ha acqua […] dell’Avesa torrente [… e] per canali […] sono condotte dentro le acque del fiume Reno, & di Savena, le quali sono di grandissimo giovamento à tutto il Popolo […]» Pompeo Vizani
SECONDA PARTE La memoria e la presenza dell’acqua nel centro storico
Premessa1 La Bologna città d’acqua riemerge dall’oblio grazie a concreti interventi di tutela e riscoperta di alcuni tasselli di quanto resta di quell’articolato sistema di vie fluviali che caratterizzavano il paesaggio urbano, via via sepolto dalle esigenze di mobilità e di igiene. Da qualche tempo le iniziative riguardanti il sistema idrografico bolognese si sono moltiplicate con un numero consistente di approfonditi studi storici, alcune significative mostre ed interventi di tipo ambientale ed architettonico. Questo ha generato un processo di conoscenza diretta da parte della cittadinanza che è concretizzata anche dal contatto diretto e visivo con questa realtà. In quest’ottica qui si presenta un inventario di quanto oggi è ancora visibile su questo affascinante tema nel centro storico. Sono individuati i luoghi urbani dove permane la presenza dell’acqua dei canali, le fontane, le targhe, alcuni decori, gli elementi tecnici, i toponimi attuali o antichi di strade e di edifici, sia sacri sia civili, le fontanelle, “segni” di vario genere che raccontano o fanno parte dei sistemi delle acque, antichi e moderni, nelle sue molteplici valenze. Oltre ai siti più comunemente celebrati, questo inedito itinerario (che si integra con quanto precedentemente esposto) riguarda elementi ormai quasi del tutto sconosciuti o dimenticati. Un catalogo con imprevedibili percorsi che conducono a manufatti pressoché tutti in qualche modo ancora visibili, che evocano un mondo scomparso, ma che in parte passa ancora sotto i nostri piedi. Ci auguriamo che l’attenzione e la conoscenza determini sensibilità per questi beni culturali e quindi salvaguardia e tutela dall’intera società che li eredita. Francisco Giordano
1. I numeri inseriti tra parentesi all’interno del testo sono riferiti alla mappa di Bologna allegata al libro.
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La memoria dell’acqua nei toponimi urbani di strade e piazze Via Altaseta Il nome fa riferimento alla lavorazione della seta che si teneva in questa zona sfruttando le acque derivate dai canali. Il termine “alta” potrebbe riferirsi alla seta tessuta in un’altezza superiore a quella normale. Via Arienti Il toponimo fa riferimento alla lavorazione dell’argento che si teneva in questa zona sfruttando le acque derivate dal canale di Savena. Quest’attività dovette cessare dopo il 1288, quando il Comune ordinò che dentro le mura cittadine, per la salubrità dell’aria, non potesse più esistere nessuna attività di questo tipo. Via Avesella Il nome della strada trae origine dall’antico corso del torrente Aposa o àvesa, che in antico la costeggiava dopo essere disceso dalle colline e poi da via Galliera. Si tratta di un diminutivo del nome del torrente che qui aveva il suo ramo occidentale artificiale. Via Battiferro L’antica denominazione deriva da un’officina con meccanismi idraulici che lavorava il rame. Si potrebbe anche supporre che il nome derivi da una persona chiamata Battiferro che in questa zona era collegata alla lavorazione dei metalli. Via Cartoleria La strada inizia dal Torresotto di via Castiglione e termina in via Santo Stefano, dov’era la chiesa di Santa Maria di Castel de’ Britti. La denominazione trae origine dai cartolari, che erano i conciatori di pelli che ricavavano le pergamene. Avevano sede in questa strada e usufruivano dell’acqua di un ramo del canale di Savena per le loro attività artigianali. Il canale poi proseguiva per via del Fossato (ora via Guerrazzi) dove i cartolari finirono per estendere i loro insediamenti. Giardino del Cavaticcio Si tratta di una striscia di verde molto suggestiva che occupa per qualche centinaio di metri il luogo d’acqua, ora in parte a vista, dove un tempo si
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trovava il vecchio porto di Bologna. La denominazione è legata al canale Cavaticcio (cavadézz), derivato da quello del Reno, che poco prima faceva un salto di ben 15 metri, sfruttato come fonte di energia dai numerosi opifici e mulini esistenti in questa zona fin dal xii secolo. Via Centotrecento Antica denominazione che deriva dal gran numero di chiuse o paratie mobili (traxende) che regolavano il deflusso delle acque del canale di Savena qui esistenti. Via Chiudare La strada ebbe questo nome perché conduceva agli stenditoi da panni, detti chiuvare, che erano lunghe tettoie di legno, coperte da tegole, che avevano una serie di grossi chiodi ai quali erano appesi i panni di lana posti ad asciugare dopo la tintura effettuata sfruttando le acque derivate dai canali. Questi stenditoi erano di proprietà dell’Arte della Lana Gentile che ebbe sede in questo luogo fin dal xiv secolo. Via Dal Luzzo Sulla casa al civico 6 di questa strada, a poca distanza dall’angolo con via Santo Stefano, è tuttora murato un bassorilievo marmoreo rappresentante un grosso pesce, un luzzo, collegato alla famiglia Liuzzi o Luzzi o Dal Luzzo che abitarono in questo luogo. Via Fontanina Piccola strada aperta nel dopoguerra che ha congiunto due antiche vie che non erano state mai comunicanti. La sua denominazione risale al 1974, quando si pensò di reintrodurre il toponimo che aveva una vicina strada scomparsa con l’apertura di via Marconi (1932 – dopoguerra); il nome traeva origine da una fontana dalla quale sgorgava un’acqua molto apprezzata. Via del Fossato Questa strada ricalca in parte il fossato della penultima cerchia muraria della città. Via della Grada È questa la denominazione del tratto di strada che va dalla chiesa di Santa Maria e San Valentino della Grada a via San Felice. Il toponimo si
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Fin dal Medioevo, dai due canali e dal torrente che attraversano la città derivava una complessa rete labirintica di condotti sotterranei, che alimentava varie attività protoindustriali. In collina, in città e nelle vicinanze, sgorgavano inoltre alcune fonti sorgive di acqua buona, come quelle di Casaglia, Barbianello e Corticella, che nei secoli vennero premiate per le loro qualità. Questa guida, i cui testi sono integrati con notizie storiche, fotografie e mappe, accompagna tutti quelli che desiderano conoscere il sistema delle acque di Bologna lungo i tracciati seguiti dai canali. Nel corso di queste passeggiate i lettori potranno apprezzare la funzionalità dei manufatti idraulici costruiti grazie alle notevoli capacità tecniche dei nostri predecessori, giudicare progetti non attuati, “riscoprire” fuori porta le acque sorgive e i rii collinari meno conosciuti. Nel centro storico, invece, una ricognizione di fontane, targhe, decori, elementi tecnici, toponimi attuali o antichi di strade e di edifici, sia sacri sia civili, fontanelle, segni di vario genere che raccontano o fanno parte dei sistemi delle acque, antichi e moderni, nelle sue molteplici valenze. Oltre ai siti più comunemente celebrati, l’inedito itinerario riguarda elementi ormai quasi del tutto sconosciuti o dimenticati. Un catalogo con imprevedibili percorsi che evocano un mondo scomparso ma che in parte passa ancora sotto i nostri piedi durante la frenetica vita di tutti i giorni.
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