Rivista Il Minotauro Giugno 2019

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Anno xlvi – Vol. n. 1 GIUGNO 2019

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO


IL MINOTAURO Rivista fondata in Roma nel 1973 da Francesco Paolo Ranzato www.rivistailminotauro.it ORGANO UFFICIALE DELLA SCUOLA DI PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN Via Palestro, 6, 40123, Bologna Tel: 348.2683688

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Sommario Articoli: Editoriale di Luca Valerio Fabj................................................................................................ 5 Inconsci e coscienza: un confronto tra distinte prospettive psicologiche di Benedetto Tangocci.............................................................................................. 7 Lo sviluppo psicologico femminile di Ivana Guercilena............................................................................................... 25 Bullismo e Cyberbullismo – dal virtuale al mortale (le due facce di una realtà parallela: il lato effimero e quello concreto ai confini con l’ineluttabilità della vita) di Alessia Bonacorsi............................................................................................... 41 Stress oggi: come prevenirlo e curarlo (terza parte) di Catia Goretti.................................................................................................... 59 L’arte della comunicazione: dalla teoria al digital marketing di Javier Fiz Perez e Valeria Massa......................................................................... 95 La coesistenza uomo–macchina nell’era della digital transformation di Javier Fiz Perez e Benedetta Ridolfi.................................................................. 121



SCIENTIFICITÀ, QUALITÀ, EFFICACIA Editoriale di Luca Valerio Fabj

Scientificità, qualità e efficacia è il moderno trinomio che caratterizza sia le scuole di psicoterapia come anche le tecniche attuali delle stesse. Ciò costituisce senza alcun dubbio un enorme e necessario progresso nel campo della psicologia medica. Difatti purtroppo e per troppo tempo nel nostro settore hanno avuto campo libero persone che si basavano su discutibili metodi unicamente soggettivi e intuitivi che non venivano in alcun modo sottoposti a nessun tipo di validazione. Per non parlare di chi arbitrariamente, in campo medico, ha utilizzato (e purtroppo ancora utilizza) riferimenti filosofici, spiritualisti, esoterici e persino astrologici, senza contestualizzarli nella loro mera dimensione simbolica/psicologica. Era pertanto necessario riportare la psicoterapia nell’ambito delle scienze mediche a tutela della stessa e dei pazienti che a noi si rivolgono per curare i loro disagi. Quindi ben venga la scientificità e la validazione in Psicoterapia e con essa la indispensabile azione da parte degli Ordini professionali e della Magistratura per far rispettare tali criteri. Tuttavia, come sempre avviene quando vi sono notevoli cambiamenti non si deve fare l’errore di “buttare via il bambino insieme all’acqua sporca”; e al trinomio sopra citato della scientificità, qualità e efficacia è, a mio modesto avviso, necessario aggiungere un quarto punto di riferimento: l’umanità. Ogni nostro Paziente è difatti unico e irreperibile ed è assioma della psicodinamica diagnosticare, accanto a ciò che rientra nelle categorie nosografiche universali, quello che unicamente lo caratterizza come individuo. Questo processo gnoseologico è alla base della comprensione che rende realmente efficace una psicoterapia. Non curiamo astratti disagi psichici, ma uomini unici affetti da tali disagi. Voler curare solo i sintomi in Psicopatologia trascurando gli aspetti esistenziali e umanistici del così detto “malato” è un trattamento mutilo che manca di anima, ovvero è privo di umanità. 5


Il grande valore della comprensione di chi si siede di fronte a noi non può essere sacrificato sull’altare di una tecnica dogmatica e imbrigliata in una burocratica procedura pratica che, per ciò stesso, diviene disumana. E ciò è tanto più vero proprio per quei metodi psicodinamici che hanno le maggiori validazioni scientifiche, ovvero quelli basati sul transfert. Senza comprensione, da cum e capio (metto insieme), infatti, nessuna diade transferale è possibile. Solo se si è umanamente uniti vi è una traslazione terapeutica. Quindi, senza trascurare in alcun modo la scienza, la psicoterapia psicodinamica non deve mai abdicare alla sua tradizione di umanità come base stessa del suo trattamento. Nella civiltà della tecnica non si deve cadere nella tentazione di reificare l’uomo trasformandolo in una macchina pensante, e il malato di mente in un meccanismo guasto da riparare. “Umano, troppo umano” resta da sempre e resterà per sempre qualsiasi cosa la scienza escogiti per porre in essere una procedura terapeutica. Non va mai dimenticato che l’immenso valore che ha anche solo un semplice sorriso di chi soffre non potrà mai essere misurato secondo una matematica scala statistica! Luca Valerio Fabj

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INCONSCI E COSCIENZA: UN CONFRONTO TRA DISTINTE PROSPETTIVE PSICOLOGICHE Benedetto Tangocci La plus belle ruse du diable est de vous persuader qu’il n’existe pas.

Charles Baudelaire

INTRODUZIONE Lo sappiamo, la psicologia non è una disciplina monolitica bensì un variegato insieme di modelli, teorie e orientamenti solo parzialmente sovrapponibili, quando non in aperta contraddizione. Un aspetto fonte di grandi divergenze è stato – e troppo spesso ancora è – il concetto di inconscio: essenziale per tutta la Psicoanalisi; relegato nella famosa “scatola nera” dal Comportamentismo; ribattezzato con termini come “implicito”, “tacito”, “non consapevole”; o addirittura negato. Tutt’oggi non è inconsueto leggere due articoli che, citando le scoperte delle neuroscienze, affermano l’uno che – non essendone stata trovata in alcun luogo la sede – l’inconscio non esisterebbe, l’altro che i processi sottocorticali ne proverebbero l’esistenza. D’altronde la scienza è ben lungi dall’avere trovato anche solo una definizione condivisa di “coscienza”, meno che mai la sua sede, non può pertanto stupire che relativamente al concetto di inconscio le sue scoperte si prestino ad interpretazioni contraddittorie. Inevitabilmente, cercando di comprendere noi stessi intraprendiamo un complicato lavoro di “reverse engineering”, ci costruiamo rappresentazioni di come pensiamo che siamo fatti e con esse operiamo, poi le sottoponiamo sì (o almeno dovremmo) a verifica sperimentale, tuttavia la rappresentazione stessa determina tanto la prospettiva da cui osserviamo, quanto l’interpretazione delle osservazioni. Troppo facilmente dimentichiamo che «a map is not the territory it represents» (Korzybski, 1933, p. 58). Lo stesso territorio può essere rappresentato da mappe più o meno conformi ad esso, ma anche da mappe basate su aspetti diversi (cartine politiche, idrogeologiche, climatiche, altimetriche, ecc...), ovvero tra loro incommensurabili (Kuhn, 1970), e poiché in psicologia lavoriamo con costrutti non univocamente definiti, come “coscienza” o “inconscio”, è facilmente comprensibile l’esistenza di opinioni, studi ed interpretazioni differenti, giacché probabilmente essi non stanno neppure parlando della stessa cosa. Ecco perché ritengo sia utile esplorare i significati dei lemmi, probabilmente non per giungere in questa sede ad un’univoca definizione, ma quantomeno per avere consapevolezza dell’esistenza di linguaggi diversi e tentare di arricchirsi comprendendone le reciproche sfumature. 7


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LO SVILUPPO PSICOLOGICO FEMMINILE Ivana Guercilena LO STATO INDIFFERENZIATO PRECOSCIENTE In Simboli della Trasformazione Carl Gustav Jung con questa efficace immagine esprime la relazione vitale della coscienza con l’inconscio: «La coscienza individuale solo il fiore o il frutto di una stagione, germogliato dal perenne rizoma sotterraneo, e che armonizzerebbe meglio con la verità se tenesse conto dell’esistenza del rizoma, giacché l’intreccio delle radici è la madre di ogni cosa» (Jung, 1912). Il primo stadio dello sviluppo psicologico sia femminile che maschile prende origine da un’unità psichica primigenia ove l’Io cosciente non è ancora emerso dall’Inconscio. Simboli di tale unità originaria sono il cerchio, l’Uovo cosmico filosofico, il t’ai chi cinese, l’atman hindu sotto forma di purusha, come anche un’antica immagine simbolica egiziana, il serpente circolare racchiuso in se stesso, l’Uroboros autogenerante; di esso è detto «Draco interfecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum» (Neumann, 1949). L’Io in quanto coscienza quindi non è ancora nato. A livello individuale la manifestazione naturale è data dall’unione del bambino con la madre, quando ancora egli è contenuto, protetto e nutrito da essa in un rapporto di dipendenza totalizzante, prima di diventare una personalità definita con una coscienza centrata nell’Io. L’esperienza archetipica di tale stato indifferenziato come uroboros matriarcale si incarna e si proietta nello stato di dipendenza da parte del bambino verso la madre, per quanto l’uroboros come stato indifferenziato aldilà degli opposti, non solo il grembo, bensì i progenitori, ove padre e madre primordiali sono uniti. Il rapporto embrionale, fetale e neonatale con la madre diventa quindi base esperienziale e modello di ogni “participation mystique” dell’immagine archetipica uroborica (Neumann, 1953). L’Io infantile emerge solo in singoli momenti isolati dalla penombra dell’inconscio e la grande nutrice gli fornisce tutto ciò di cui ha bisogno nella condizione beata di tale tempo. Come espresso da Neumann in Storia delle origini della coscienza: «Qui l’Uroboros del mondo materno è vita e psiche in uno, nutre e procura piacere, protegge e riscalda, consola, perdona... Quest’immagine viva della Grande Madre buona è stata il rifugio dell’umanità in tutti i momenti di bisogno e tale rimarrà sempre, perché la condizione dell’essere contenuto nella totalità, senza responsabilità e senza fatica, senza il dubbio e senza la dissociazione dal mondo è appunto paradisiaca e all’interno della vita

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BULLISMO E CYBERBULLISMO – DAL VIRTUALE AL MORTALE (LE DUE FACCE DI UNA REALTÀ PARALLELA: IL LATO EFFIMERO E QUELLO CONCRETO AI CONFINI CON L’INELUTTABILITÀ DELLA VITA) Bonacorsi Alessia A che scopo viviamo, se non per essere presi in giro dal nostro prossimo, e divertirci a nostra volta alle sue spalle?

Jane Austen

INTRODUZIONE Mentre il cyberbullismo è il termine che esprime la manifestazione virtuale del bullismo, cioè un fenomeno che non avviene direttamente tra le persone, ma attraverso internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum) o attraverso il cellulare, il bullismo (il cui termine deriva dalla parola inglese “bullying”) comprende tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso, messe in atto da parte di bambini o adolescenti (definiti appunto “bulli”) o gruppi di bulli, nei confronti di un altro bambino o adolescente considerato più debole, cioè la vittima. Secondo le definizioni date dagli studiosi del fenomeno, uno studente è soggetto ad azioni di bullismo quando viene esposto ripetutamente, nel corso del tempo, ad atteggiamenti offensivi messi in atto deliberatamente da uno o più compagni; quindi non si fa riferimento ad un singolo atto ma ad una serie di comportamenti portati avanti ripetutamente, sempre all’interno di un gruppo, da parte di qualcuno che attua azioni dannose o utilizza parole allo scopo di “distruggere” la vittima (il ragazzo bullizzato) mentre altre persone assistono (gli osservatori). IL BULLISMO Per poter parlare di bullismo bisogna che vengano soddisfatti alcuni criteri: –  I protagonisti delle situazioni deleterie sono sempre bambini o ragazzi, generalmente di età scolare, i quali condividono lo stesso contesto (come la scuola o spazi di ritrovo sportivi o ricreativi). –  Gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni vengono attuati intenzionalmente, cioè messi in atto dal bullo o dai bulli e finalizzati a provocare un danno alla vittima o per il solo divertimento che ne deriva. –  Persistenza nel tempo: le azioni dei bulli durano nel tempo (per settimane, mesi o anni e avvengono in modo ripetuto). 41


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STRESS OGGI: COME PREVENIRLO E CURARLO Terza parte Catia Goretti STRESS E NUTRIZIONE La funzionalità del cervello e la nostra capacità di gestire gli stress sono direttamente influenzati da ciò che mangiamo, da eccessi e carenze nutrizionali, allergeni alimentari, tossine e sostanze chimiche contenute negli alimenti (Ongaro, 2014, pp. 75-76). Di fronte a uno stress acuto l’organismo risponde con una reazione da stress. Il cervello manda attraverso il sistema nervoso un messaggio alla midollare del surrene che secerne adrenalina, provocando una serie di reazioni: aggressività, insonnia, disturbi digestivi, terreno acido, tensione elevata (Lagarde, 2016, pp. 152-153). In caso di stress cronico, l’ormone principale secreto è il cortisolo che permette all’organismo di adattarsi. Il cortisolo in eccesso altera le cellule della zona limbica e dell’ippocampo. I sintomi di stress cronico sono molteplici: stanchezza cronica, aumento di peso, disturbi digestivi, indebolimento delle difese immunitarie, terreno ipoglicemico, manifestazioni cardiovascolari (Lagarde, 2016, pp. 154-155). Le sostanze nutritive possono essere d’aiuto. L’aumento della produzione di adrenalina provocato dallo stress aumenta il metabolismo delle proteine, dei grassi, dei carboidrati producendo energia immediata nel corpo. Come conseguenza di questo, si ha una maggior escrezione di proteine, potassio e fosforo e minore immagazzinamento di calcio. Molti disordini sono causati da carenze nutritive causate da un metabolismo maggiore durante i periodi di stress. Ad esempio la vitamina C viene usata dalla ghiandola surrenale in momenti di stress e se questo è grave o prolungato causerà la deplezione di vitamina C (Kirschmann, 1999, p. 326). Lo stress protratto determina una diminuzione dei neurotrasmettitori. Se lo stress permane per molto tempo, il tempo di recupero sarà più lungo; nel recupero devo avere nutrienti come aminoacidi, vitamine, minerali, perché il sistema deve riparare la perdita. Le persone sottoposte a stress dovrebbero seguire una dieta nutriente e ben equilibrata. Per funzionare fisicamente, mentalmente, ed emotivamente il corpo necessita di un’alimentazione adeguata, altrimenti non siamo in grado di affrontare 59


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L’ARTE DELLA COMUNICAZIONE: DALLA TEORIA AL DIGITAL MARKETING Javier Fiz Perez* e Valeria Massa** *Docente Università Europea di Roma. **Dottoressa in Scienze e Tecniche Psicologiche.

Comunicare, dal latino communico, “mettere in comune”, indica «il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da un individuo ad un altro, attraverso lo scambio di un messaggio elaborato secondo le regole di un determinato codice»1. La comunicazione rappresenta una componente fondamentale della vita umana: senza di questa, infatti, non potrebbero esistere tutte quelle forme di relazione nelle quali si ha la necessità di far arrivare un messaggio ad un’altra persona. Fin dall’antichità, infatti, grandi filosofi come Platone e Aristotele si occuparono di questo tema, ma solamente nel Novecento, lo studio della comunicazione si ampliò per mezzo della nascita di nuove discipline come le scienze sociali e la psicologia. Esistono diverse modalità per trasmettere un messaggio: un comportamento, un pensiero o un’emozione possono prendere la forma di una parola, di un gesto o di un’espressione per arrivare a trasmettere un significato. Lo studio della comunicazione umana può essere suddiviso in tre categorie fondamentali: –  la comunicazione verbale che rappresenta l’insieme delle parole e delle frasi; –  la comunicazione paraverbale che rappresenta il modo in cui vengono emesse le parole; –  la comunicazione non verbale che rappresenta «qualsiasi tipo di messaggio, inviato o ricevuto, privo di parola scritta o detta a voce […] include fattori quali il tempo, lo spazio, la distanza che separa gli interlocutori, l’uso dei colori, l’abbigliamento, il modo di camminare, di stare in piedi, la propria posizione, la disposizione dei posti a sedere, l’ubicazione dell’ufficio o l’arredamento»2.

Questi fattori sono fondamentali perché possono migliorare o peggiorare un processo comunicativo. 1 Vigini G., Glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione, p. 38, Editrice Bibliografica, Milano 1985. 2 Kreitner R., Kinicki A., Comportamento Organizzativo, p. 328, Maggiore Editore, Santarcangelo di Romagna 2015.

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LA COESISTENZA UOMO–MACCHINA NELL’ERA DELLA DIGITAL TRANSFORMATION Javier Fiz Perez* e Benedetta Ridolfi** *Docente Università Europea di Roma. **Dottoressa in Scienze e Tecniche Psicologiche.

BREVI CENNI STORICI E SVILUPPI CONTEMPORANEI 1. Panoramica sul presente: come il mondo sta cambiando Il cambiamento è qualcosa di inevitabile ed ineluttabile, e allo stesso tempo indispensabile ed intrinseco nella natura umana e nella natura delle cose, una legge di vita. Non lo si può evitare ma lo si può solo affrontare, rimodellando di conseguenza la nostra esistenza su di esso. E partendo proprio dall’idea che tante cose nella vita cambiano e si modificano, ciò che tanto sta cambiando in questi anni è proprio il modo di vivere delle persone, soprattutto nel mondo del lavoro. Si può assistere infatti ad una rivoluzione in atto coinvolgente gli ambienti lavorativi, l’uomo, le tecnologie. E soffermandosi principalmente su quest’ultimi, si può notare come la robotica, l’intelligenza artificiale e le tecnologie stiano trasformando e modificando radicalmente e rapidamente la nostra esistenza, diventando sempre più protagonisti sulla scena dei nostri tempi. «Nell’epoca attuale, i moderni mezzi di comunicazione accrescono le relazioni tra persone e tra popoli realizzando un ambiente “virtuale” per l’umanità. Le relazioni che si stabiliscono non conoscono limiti di spazio, si estendono alle diverse regioni del mondo in tempo reale: le attuali tecnologie, dai computer agli smartphone, avvicinano le persone e le culture, diffondono idee e tratti culturali, modi di pensare e stili di vita. È il mondo del web, che dà un volto nuovo alla società e forma come una rete neuronale che avvolge il pianeta […] L’ambiente virtuale dell’uomo presenta vantaggi e svantaggi; tra i primi, annoveriamo la diffusione delle conoscenze utili per la vita dell’uomo, la crescita delle comunicazioni simboliche, lo sviluppo della scienza e dell’economia, la migliore comprensione tra i popoli. Non possono, però, essere sottaciuti svantaggi o rischi, quali l’omogeneizzazione delle culture, la solitudine delle persone, le dipendenze dai mezzi di comunicazione e dai giochi elettronici, la fuga dal mondo reale»44.

E si può parlare allora di un cambiamento sociale come «il cambiamento che si 44 Facchini F., Ecologia umana, evoluzione, cultura, pp. 8, 16-24, Studia Bioethica, 2015.

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