Oskar Peterlini
Instruments for Direct Democracy in Italy
Strumenti di democrazia diretta in Italia Prokopp & Hechensteiner
Oskar Peterlini
Instruments for Direct Democracy in Italy Strumenti di democrazia diretta in Italia
Prokopp & Hechensteiner
Relazione tenuta alla Conferenza: Participatory Democracy and social Development Libera Universita di Bolzano, Campus Bressanone, 6 – 8 settembre 2012 Conferenza internazionale del ICSD (International Consortium for Social Development) European Branch e Libera Universita di Bolzano. Lecture given at the Conference: Participatory Democracy and social Development Free University of Bozen/Bolzano, Campus Brixen, Italy, 6 – 8 September 2012 International Conference of ICSD (International Consortium for Social Development) European Branch and Free University of Bozen/Bolzano.
© 2012 Oskar Peterlini e Prokopp & Hechensteiner s.a.s. S. Paolo presso Bolzano www.prokopp-hechensteiner.com Tutti i diritti riservati Composto in carattere Strada di Albert Pinggera e Marat di Ludwig Übele ISBN: 978-88-6069-013-5 Printed in Italy
1 La partecipazione democratica e le nuove sfide 7 1.1 La crisi della democrazia 7 1.2 Principi forti, ma democrazia debole 9
2 La democrazia diretta in Italia 13 2.1 La sovranità popolare 13 2.2 Il referendum 14 2.3 Le principali lezioni da trarre da 38 anni di referendum 18 2.4 Le innovazioni oggi necessarie 19 2.5 I disegni di legge pendenti in Senato 30
3 Allegati 32 3.1 Disegni di legge presentati in Senato 32 3.2 I referendum in Italia 1946 – 2012 34 3.3 Il ddl. cost. S. 1428 proposto ed elaborato con i rappresentanti della democrazia diretta 37
4 Bibliografia 43
1 Participatory democracy and new challenges 49 1.1 The crisis of democracy 49 1.2 Strong principles, weak democracy 51
2 Direct democracy in Italy 55 2.1 Popular sovereignty 55 2.2 The referendum 56 2.3 Lessons learned from 38 years of referendums 60 2.4 Introducing the necessary changes 61
3 Annexes 73 3.1 Draft laws 73 3.2 Referendums in Italy 1946 – 2012 74 3.3 Bill S.1428, proposed and co-drafted with the representatives of direct democracy 78
4 Bibliography 84
1 La partecipazione democratica e le nuove sfide 1.1 La crisi della democrazia Viviamo una fase molto delicata per la democrazia, una fase segnata dal discredito della politica e delle istituzioni democratiche. La sfida consiste nel trovare nuove forme di partecipazione, per ridare fiducia ai cittadini e credibilità alle istituzioni. Questa sfida non rappresenta un fenomeno isolato e solamente italiano, ma fa parte di uno sviluppo europeo che registriamo anche in altri paesi. Questo fenomeno è accompagnato da un dibattito costituzionale a livello scientifico e politico, che si sforza di sviluppare nuovi modelli di partecipazione democratica. La credibilità delle istituzioni è profondamente minata, in parte per la crisi economica e finanziaria, per la distanza della politica dai cittadini, gli scandali e la corruzione che coinvolgono vari partiti e i loro rappresentanti, l’uso distorto delle immunità. In Italia si aggiunge il sistema elettorale che ha trasferito la scelta dei candidati alle centrali dei partiti, privando gli elettori di una scelta delle persone e aumentando in questo modo la distanza tra elettori ed eletti. L’attacco alla politica rischia però anche di sfigurare in pregiudizi ingiustificati, alimentati da strumentalizzazioni contro la cosiddetta “casta”, che fa d’ogni erba un fascio, discreditando anche chi si impegna seriamente per il bene comune, generalizzando ed estendendo a tutti gli operatori politici i pregiudizi, e discreditando in questo modo le istituzioni democratiche e le fondamenta della democrazia, un fenomeno assai pericoloso. Le soluzioni proposte sono diverse. La ricerca di una forma più ampia di partecipazione da parte delle varie componenti della società tramite una nuova, cosiddetta Governance, le lotte per più autonomia, regionalismo e federalismo, la richiesta di più democrazia diretta – tutte queste forme si differenziano nella loro forma organizzativa, ma perseguono tutte – ognuna nei suoi modi – una meta comune: i cittadini vogliono poter identificarsi meglio con la loro 7
comunità, vogliono trovare, in un mondo sempre più grande, lontano e globalizzato, una nuova identità e possibilità di realizzarsi a base regionale, poter cooperare e cogestire i loro interessi, oppure – per usare un termine più carico di sentimento – trovare una nuova Heimat (intima patria o meglio il luogo natio, dove potersi rifugiare e potersi sentire a casa).1 In questo sviluppo sono stati messi in discussione molti concetti tradizionali della politica, come la sovranità, la cittadinanza e la rappresentanza democratica, che si basavano sul presupposto di poter contare su membri di uno Stato nazionale relativamente omogeneo. Per riportare in equilibrio l’ordine della società e ricostruire le basi per una partecipazione democratica, divenne sempre più intensa la richiesta di riforme costituzionali. Queste dovrebbero essere attuate sia all’interno dei rispettivi Stati che a livello europeo, con una normativa quadro dell’Unione Europea.2 Due opposte tendenze esercitano pressione sulla tradizionale organizzazione statale.3 Da una parte viviamo in Europa una più stretta collaborazione sul livello europeo e internazionale e la creazione di organismi sovranazionali. D’altro canto, sono proprio questi enti sovranazionali, lontani dai cittadini, che hanno provocato la ricerca di una più gestibile dimensione territoriale. Così incominciò un ritorno al livello locale e regionale, nel quale la partecipazione democratica può essere direttamente vissuta ed esercitata. La politica viene snazionalizzata, lo Stato nazionale non rappresenta più il perno dell’attività politica o e lo spazio privilegiato della vita politica.4
1 Peterlini, O. (2010e, de): Föderalismus und Autonomien in Italien, p. 21–22. Peterlini, O., (2012d de): Südtirol Autonomie und die Verfassungsreformen Italiens, p. 20. 2 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, p. x. 3 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, p. x. 4 Scott, A. (2008): The fragmentary state of the twenty-first century: an elementary conceptual portrait, p. 1–2.
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1.2 Principi forti, ma democrazia debole A differenza di altri paesi mediterranei come la Spagna, la Grecia e il Portogallo, l’Italia diventò subito dopo la seconda guerra mondiale, una democrazia relativamente stabile. Già negli anni 50 contribuì alla costituzione della Comunità europea, diventandone uno dei Paesi fondatori. L’Italia conobbe una rapida, anche se irregolare, crescita economica e una corrispondente modernizzazione.5 Dal 1950 al 1990 il reddito pro capite in Italia aumentò come quasi da nessun’altra parte. Il tasso di crescita si pose al secondo posto nel mondo dopo la Corea del Sud. Per fare un confronto europeo, il reddito crebbe così velocemente che alla fine di questo periodo si avvicinò a quello pro capite della Germania e della Francia.6 Nonostante un’esemplare Costituzione ispirata a profondi valori etici e democratici con la quale i Padri costituenti intendevano bloccare ogni tentazione dittatoriale, l’Italia soffre di una fragile democrazia. L’Italia dispone si di una giustizia indipendente, di un Parlamento eletto democraticamente e di un Governo che si basa sulla fiducia parlamentare, però le tre potenze non si trovano in equilibrio tra di loro. Allo squilibrio si aggiunge la quarta forza, quella dei mass media. Soprattutto nell’ambito dei media radiotelevisivi privati registriamo un quasi monopolio.7 Il Parlamento viene sempre più limitato nello svolgimento delle sue attività di rappresentante del popolo, dalla preponderanza del Governo. Quest’ultimo ricorre con aumentata frequenza all’emanazione di decreti d’urgenza, che il Parlamento può solamente emendare e ratificare a posteriori e dello strumento di fiducia per l’approvazione dei disegni di legge, con il quale il dibattito parlamentare e le possibilità di cambiamenti vengono soffo5 Bull, M./ Rhodes, M. (2009): Introduction –Italy: A Contested Polity, p. 1–13. 6 De Cecco, M. (2009): Italy’ Dysfunctional Political Economy, p. 107, Dornbusch, R./ Nölling, W./ Layard, R. (Hg) (1993): Postwar Economic Reconstruction and Lessons for the East Today. Boltho, A./ Vercelli, A./ Yoshikawa, H. (ed) (2001): Comparing Economic Systems: Italy and Japan, Palgrave, London. 7 Hibberd, M. (2009): Conflict of Interest and Media Pluralism in Italian Broadcasting.
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cate. Il Parlamento è costretto di votare un c.d. maxi-emendamento del Governo senza poter minimamente incidere sul testo. Nel raffronto internazionale delle grandi democrazie dobbiamo registrare che solamente negli Stati Uniti d’America la rappresentanza popolare riveste il suo ruolo centrale in Parlamento. Lamenta, infatti, Gianfranco Pasquino (2007),8 che l’Italia si trova purtroppo sul polo opposto. Il Parlamento italiano può essere considerato centrale solo per quanto riguarda la necessità di un esplicito voto di fiducia al momento iniziale, ma non lo è per niente nel decesso del Governo, come lo è invece in Germania o Spagna. A differenza di queste democrazie l’Italia non conosce il voto di sfiducia costruttivo. E crisi se ne ebbero più che a sufficienza. Le crisi in Italia sarebbero tutte state provocate – secondo Pasquino – fuori dal Parlamento. Una delle debolezze maggiori della democrazia italiana riguarda la mancanza di stabilità di governo, specialmente, riferendosi al passato, prima della riforma della legge elettorale nel 1993. Tra gli anni 1945 e 1989 ci furono in Italia ben 43 Governi, che rimasero in carica mediamente dodici mesi. Il denominatore comune delle riforme era quindi quello di dare più stabilità allo Stato.9
1.2.1 Partiti forti, Parlamento debole Nella rappresentanza politica il Parlamento non occupa il ruolo centrale che gli spetterebbe, che viene da una parte limitato dal Governo e dall’altra dai partiti, che, di fatto, sono loro che svolgono proprio questo ruolo. Fino allo scandalo delle tangenti (Tangentopoli) e la riforma della legge elettorale nel 1993, esisteva in Italia sì una moltitudine di partiti, ma quello più potente la DC (Democrazia Cristiana) dominò per ben cinquanta anni (1944 – 1994) con diverse coalizioni intorno al centro. 8 Pasquino, G. (2007): Parlamento e Governo nell’Italia repubblicana, p. 6. 9 Fabbrini, S. (ed) (2003): L’europeizzazione dell’Italia, Editori Laterza Roma Bari, p. 205 ff.
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1.2.2 La cosiddetta Prima Repubblica Nonostante i Governi alternanti, in Italia regnava pertanto una stabilità politica, la stabilità dei partiti. Dalla fine della guerra fino all’inizio degli anni 90 la Democrazia Cristiana (DC), forza trainante della politica con piccoli alleati (Socialisti, Socialdemocratici, Repubblicani e Liberali) determinava il destino della Repubblica Italiana. Il sistema politico rimase pertanto lo stesso fino all’inizio degli anni 90, finché la Magistratura non smascherò un vasto giro di tangenti, con le quali i partiti italiani si finanziarono.10
1.2.3 La cosiddetta seconda Repubblica Con la Legge elettorale del 1993,11 fu introdotto un sistema elettorale prevalentemente maggioritario (con una piccola riserva proporzionale) e avviato il cammino verso un sistema bipolare, che raccolse le forze politiche intorno a due grandi schieramenti di destra e di sinistra. Nel 2005 con la nuova legge elettorale,12 i partiti politici rafforzarono ancora di più la loro posizione determinante.13 Vennero aboliti i collegi uninominali e nel nuovo sistema proporzionale tuttora in vigore non si prevede più il voto di preferenza come nel sistema proporzionale del passato ma liste bloccate di candidati. In mancanza del voto di preferenza, sono i vertici dei partiti che scelgono i candidati e definiscono la loro posizione nelle liste bloccate, con la conseguenza che sono di fatto loro in questo modo a nominare ca. il 90 % del Parlamento. Come lamentava giustamente quasi cinquanta anni fa Giovanni Sartori 10 Sullo sviluppo dell’Italia da Stato centrale a Stato regionale, cfr. Grasse, A. (2000): Italiens langer Weg in den Regionalstaat. 11 L 4 agosto 1993, n. 276. 12 L 21 dicembre 2005, n. 270, Gazzetta Ufficiale n. 303. 13 Cfr. Bardi, L. (2009): Electoral Change and its Impact on the Party System in Italy.
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(1963) i Parlamentari temono più le sanzioni dei vertici di partito che quelle degli elettori.14 A dimostrazione di tale tesi, Pasquino ricorda che i grandi uomini politici italiani hanno riservato i loro discorsi politici più importanti per le assemblee di partito. Nessuno dei grandi leader politici è di estrazione parlamentare. Non lo è mai stato, neppure con De Gasperi e Togliatti, Nenni, Fanfani e Moro, Craxi e De Mita o Andreotti. E non lo è diventato – ricorda Pasquino – dopo la comparsa di capi di governo privi di esperienza parlamentare come Berlusconi e Prodi.15
1.2.4 I tentativi di riforma degli anni ottanta e novanta A differenza di altri Paesi in Italia per lungo tempo non si sentiva la necessità di preoccuparsi della manutenzione della Costituzione. Si dovette attendere gli anni 80 affinché il Governo e il Parlamento scoprissero anche in Italia la necessità di riformare l’assetto dello Stato e avviare riforme costituzionali. Dopo varie iniziative fallite, la Costituzione venne riformata nel 2001, ma solamente per quanto riguarda il titolo V: della seconda parte. Rimasero pertanto intatti anche gli strumenti deboli della democrazia diretta.
14 Sartori, G. (1963): Dove va il Parlamento? p. 281–386. 15 Pasquino, G. (2007): Parlamento e Governo nell’Italia repubblicana, p. 7–9.
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2 La democrazia diretta in Italia 2.1 La sovranità popolare Art. 1, comma 2, Cost.: 1. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. 2. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. • Il popolo è il titolare in senso giuridico della sovranità, • Il popolo di essa mantiene continuativamente il possesso, • Il popolo non vi può rinunciare e non può trasferirla a nessun singolo individuo e a nessuna parte di sé (può delegare l’esercizio: democrazia rappresentativa vs. democrazia diretta). • Il popolo (con il suo corpo elettorale) esercita la sovranità o in forma diretta o tramite la selezione di propri rappresentanti. La democrazia italiana resta una democrazia prevalentemente rappresentativa.16 Prime forme di democrazia diretta, come complemento alla democrazia indiretta, furono introdotte già molto presto in Svizzera, già nel 19simo secolo, poi raffinate e ampliate. In centinaia di referendum i cittadini svizzeri hanno imparato, in un periodo di più di 100 anni, a decidere su questioni politiche importanti, sia a livello federale, sia a quello cantonale e comunale.17 Come vedremo, in Italia invece gli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini sono piuttosto limitati e consistono in tre strumenti, solo parzialmente sviluppati.
16 Barbera, A./ Fusaro, C. (2010): Corso di diritto pubblico, p. 211 ff. 17 Kaufmann, B./ Büchi, R./ Braun, N. (2009): Handbuch zur Direkten Demokratie, p. 11.
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Gli strumenti di democrazia diretta in Italia sono i seguenti. • Il referendum • La petizione • L’iniziativa legislativa.
2.2 Il referendum I diritti referendari in Italia spesso sono identificati con i referendum abrogativi, la cui storia è iniziata 38 anni fa col referendum sul divorzio, nel 1974, seguito da altre 16 tornate referendarie con 66 quesiti referendari nonché da due referendum confermativi costituzionali (del 2001 e del 2006) e uno consultivo. 18 Nei casi citati si è trattato sempre di referendum abrogativi. Nella prospettiva di una democrazia diretta, moderna ed integrale, si rischia in questo modo di ridurre lo strumento referendario ad un unico tipo di referendum, che all’interno della democrazia diretta non è certamente quello più importante. La democrazia diretta, invece, è un concetto ben più ampio rispetto ai limitati diritti referendari oggi presenti in Italia. L’Assemblea costituente del 1947 non ha voluto affidare all’elettorato italiano gli strumenti dell’iniziativa legislativa popolare con votazione vincolante e quelli del referendum confermativo facoltativo per le leggi ordinarie dello Stato, per non parlare dell’iniziativa popolare costituzionale. Dopo 60 anni di Repubblica bisogna iniziare a rimediare a questa carenza. La Costituzione prevede Referendum a livello nazionale, regionale e locale: • Il referendum costituzionale (art. 138.2 e 3 Cost.) • Il referendum abrogativo su leggi o atti aventi forza di legge (art. 75 Cost.) 18 La seguente parte del saggio si basa sulla relazione al ddl. cost. n. 1428 Peterlini et altri, presentato il 4 marzo 2009 al Senato, elaborato in collaborazione con i rappresentati della Democrazia diretta di Bolzano, Thomas Benedikter e Stefan Lausch, ampliato ed aggiornato dal autore.
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• I referendum territoriali (art. 132.1 Cost.: per la fusione di più regioni o la costituzione di una nuova regione; art. 132.2 Cost.: per consentire a una provincia o a un comune di staccarsi da una regione e aggregarsi a un’altra). • I referendum regionali su «leggi e provvedimenti amministrativi della regione» (art. 123.1 Cost. • Il referendum sullo statuto regionale (art. 123.3 Cost.) • I referendum locali su “materie di esclusiva competenza locale” (artt. 6 e 8 Tuel)19 e per l’istituzione della città metropolitana (art. 23 Tuel; art. 23 l. 42/2009). Noi ci occuperemo dei primi due e degli strumenti mancanti a base nazionale.
2.2.1 Il referendum costituzionale Art. 138 Cost.: 1. Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. 2. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. 3. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Non è previsto nessun quorum di partecipazione per la sua validità. Come momento positivo rispetto alle consultazioni abrogative, vanno segnalati i referen19 Tuel, Testo Unico degli Enti Locali.
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dum confermativi costituzionali del 2001 e del 2006, uno sulle modifiche costituzionali volute dal «Governo Prodi», 1996 – 2001, l’altro sulle modifiche volute dal «Governo Berlusconi II», 2001 – 2006. Entrambi i referendum sono stati svolti senza quorum di partecipazione, perché nei referendum confermativi costituzionali questa barriera non è prevista, sebbene si trattasse di questioni fra le più importanti, cioè di modifiche sostanziali della Costituzione. In tal modo prefigurano il vero tipo di votazione referendaria, come praticata in altri paesi, in cui decidono coloro che si recano alle urne per votare, mentre gli astenuti implicitamente delegano la decisione agli altri.
2.2.2 Il referendum abrogativo Art. 75 Cost.: 1. È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. 2. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. 3. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. 4. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. 5. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. Lo stesso referendum abrogativo sembra da parecchio tempo entrato in crisi, non perché mancassero gli argomenti politici scottanti e il bisogno di partecipazione dei cittadini, ma per il quorum non raggiunto. Eccezion fatta per il referendum del 2011 (sul nucleare, l’acqua, le privatizzazioni e il legittimo impedimento), i precedenti sei referendum, tra il 1997 e il 2009 con 24 quesiti referendari, sono tutti stati invalidati a causa della mancanza del quorum di partecipazione. 16
La partecipazione oscillava tra il 23,8 (2009) e il 49,6 (nel 1999). Ne è conseguita una progressiva perdita di fiducia nello strumento referendario. Forse una certa disaffezione è anche dovuta al fatto che del referendum si sono impadroniti soprattutto i partiti, non la cittadinanza libera o le associazioni e i comitati ad hoc. I partiti, inoltre, montando campagne astensioniste, hanno smobilitato il proprio elettorato a partecipare e poi, in Parlamento, in varie occasioni, hanno cercato di neutralizzare i risultati dei referendum. Oltre allo strumentario troppo limitato, in un’ottica di democrazia diretta moderna, le stesse regole di svolgimento dei referendum sono carenti. Sembra che il solo referendum abrogativo con le regole applicative restrittive oggi vigenti – basta pensare al quorum – abbia toccato un limite nella sua capacità propulsiva della partecipazione popolare.
2.2.3 L’iniziativa popolare legislativa Art. 71 Cost.: 1. L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. 2. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno 50.000 elettori, di un progetto redatto in articoli. In Italia è stato mortificato il diritto all’iniziativa popolare legislativa, cioè l’espressione libera e propositiva del popolo sovrano, che porta alla delibera collettiva referendaria su proposte di legge importanti, firmate da centinaia di migliaia di persone. Lo strumento con valenza propositiva oggi vigente – la proposta di legge di iniziativa popolare – è solo un’ombra di questo diritto, perché non si può votare la proposta presentata con grande dispendio di energia per la raccolta delle firme, nel caso in cui fosse respinta dal Parlamento. Anzi, la maggior parte di queste proposte non viene neanche discussa nel Parlamento. Più del 90 per cento delle proposte presentate nella legislatura 1996 – 2001 non sono ancora state trattate, per non parlare di quelle presentate dal 2002 in poi. 17
2.3 Le principali lezioni da trarre da 38 anni di referendum Se volessimo trarre le principali lezioni da questo primo periodo di applicazione di strumenti referendari nel nostro sistema politico, potremmo riassumerli in tre punti principali: 1. C’è oggi in Italia una gamma incompleta di diritti referendari, cioè mancano gli strumenti principali presenti in paesi con democrazia diretta completa: l’iniziativa popolare ed il referendum confermativo facoltativo anche per le leggi ordinarie. Inoltre manca anche l’iniziativa popolare di modifica della Costituzione, che fu il primo diritto rivendicato e poi conquistato dal movimento popolare per la democrazia diretta nel 1860 in Svizzera, un diritto fortemente istituzionalizzato anche negli USA a partire del 1900. 2. Le regole di applicazione dei diritti referendari sono troppo restrittive. Occorre quindi riformare o sostituire la legge di applicazione del referendum 25 maggio 1970, n. 352. Alcuni esempi: i poteri troppo estesi di intervento della Consulta nella materia dei quesiti referendari, il divieto di coincidenza dei referendum con le elezioni, la mancanza di garanzia del risultato, la raccolta delle firme con obbligo di autenticazione da parte di un ufficiale pubblico, la mancanza di rimborsi a comitati di promotori, la mancanza dell’obbligo di informazione da parte dello Stato, la mancanza di trasparenza e di limiti nei finanziamenti delle campagne referendarie. 3. Il quorum di partecipazione del 50 per cento, inutile e dannoso, ha contribuito a screditare lo strumento del referendum agli occhi di milioni di elettori italiani che da anni non si recano più alle urne. Il quorum di partecipazione fa sì che artificialmente gli astenuti si sommino ai contrari, quindi gioco facile per i partiti o i gruppi di interesse contrari ad un quesito a invitare l’elettorato ad ignorare i referendum, andarsene al mare o in montagna, entrando in tacita coalizione con i non interessati. 18
Oggi, tra frustrazione popolare e desiderio dello Stato forte, si sceglie l’antipolitica o si votano i leader forti, anziché rafforzare gli strumenti che danno più potere ai cittadini.
2.4 Le innovazioni oggi necessarie Se l’obiettivo è di ricucire lo scollamento fra la popolazione e le istituzioni ma anche con le forze politiche, bisogna modificare il sistema di democrazia diretta come si presenta oggi. Se si intende promuovere attivamente la partecipazione politica, all’insegna dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, e si intende dispiegare gli effetti positivi della democrazia diretta, bisogna riscrivere i relativi articoli della Costituzione, cioè soprattutto gli articoli 73, 74, 75 e 138 per ampliare lo stesso strumentario referendario. Le osservazioni e critiche qui presentate alla poco soddisfacente normativa di democrazia diretta in Italia, sono confluite in un disegno di legge presentato al Senato della Repubblica nel 2009. In collaborazione con l’”Iniziativa per più democrazia” di Bolzano, l’autore di questo saggio ha elaborato una proposta di modifica della Costituzione, firmata da altri otto senatori.20 Il ddl. cost. n. 1428 prevede modifiche agli art. 70, 71, 73, 74, 75 della Costituzione, e mira a rafforzare gli strumenti referendari e l’iniziativa legislativa popolare.21 L’impegno per rafforzare la partecipazione democratica dovrebbe partire dai seguenti punti cardine:
20 Peterlini, O. (2009): DdL. cost. n. 1428: Oskar Peterlini (UDC-SVP-Aut), Stefano Ceccanti (PD), Magda Negri (PD), Manfred Pinzger (UDC-SVP-Aut), Donatella Poretti (PD), Giovanni Procacci (PD) Marilena Adamo (PD), Marco Perduca (PD Radicali). 21 Benedikter, T. (2010): Più democrazia per l’Europa, p. 123 – 134.
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2.4.1 Dare ai cittadini l’acceleratore e il freno di emergenza Prima di tutto bisogna superare il concetto limitativo della democrazia diretta che regna oggi, riconoscere, cioè, il potere legislativo effettivo ai cittadini recuperando i due strumenti essenziali di una democrazia diretta completa: da una parte l’iniziativa popolare per dare spazi d’azione ai cittadini, dall’altra il referendum confermativo facoltativo per consentire ai cittadini di fermare delle leggi che presumibilmente non hanno il consenso della maggioranza dell’elettorato. Ciò significa dare in mano ai cittadini sia l’acceleratore sia il freno di emergenza in politica: accelerare quando riforme importanti e urgenti non partono e non vanno avanti nel Parlamento, frenare quando la maggioranza politica cerca di imporre le sue scelte ad una presumibile maggioranza contraria nell’elettorato. Si tratta di diritti che nel 1947/48 furono trascurati dalla Costituente, ingiustamente. Oggi non si tratta più di avvalersi del referendum come puro strumento di difesa, come voluto dalla Costituente, ma di intendere gli strumenti referendari come il veicolo più importante di stimolo della partecipazione politica, come lo vuole l’articolo 118, quarto comma, che afferma testualmente: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Il referendum abrogativo per più di 30 anni è servito da surrogato dell’iniziativa popolare cioè del referendum propositivo ma, stando alle esperienze nostre e a quelle di altri paesi, non è possibile impegnarlo in tal senso. Basti vedere gli sforzi recentemente fatti per abrogare la legge elettorale, resi invanì dalla Corte Costituzionale, che non gli ha ammessi.22 I cittadini hanno bisogno di un proprio spazio d’azione e di strumenti referendari adatti per indirizzare la politica e chi governa. 22 Corte cost. Sentenza 13/2012.
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2.4.2 Strumenti e procedure più trasparenti e più semplici Le regole di applicazione vanno ridisegnate in chiave democratica, più rispettose delle esigenze dei cittadini moderni, per esempio limitando i diritti d’intervento della Consulta, ampliando le materie ammissibili a referendum includendo, per esempio, la politica estera e la materia tributaria, istituendo l’obbligo di informare con un opuscolo ufficiale ogni famiglia, adottando regole più severe per la par condicio, introducendo una spesa massima consentita per le spese della campagna e delle contro campagne, prevedendo la massima trasparenza nei finanziamenti, liberalizzando la forma di raccolta delle firme e così via. Il problema oggi non sta nella «proliferazione dei referendum», perché strumenti troppo facilmente accessibili. Il problema sta nel fatto che oggi in Italia i cittadini, nei loro comuni, nelle regioni e a livello nazionale, non intendono la democrazia diretta come strumento normale di articolazione e partecipazione politica. Quindi bisogna assegnare agli strumenti referendari il ruolo che hanno avuto da tanti decenni in altre società democratiche: essere espressione della volontà popolare senza mediazione partitica. Così i referendum avranno una nuova valenza politica che va oltre l’assetto politico in Parlamento, che si configura in dato momento storico e, quindi, integra la democrazia rappresentativa: una valenza propositiva con l’iniziativa popolare, una valenza oppositiva col referendum confermativo. L’attuale referendum abrogativo verrebbe semplicemente assorbito nell’iniziativa popolare, senza non introdurre o modificare una legge, ma annullando una norma.
2.4.3 L’iniziativa popolare legislativa Fra i principali motivi per potenziare gli strumenti referendari (iniziativa popolare legislativa e referendum confermativo facoltativo) si trova la necessità di aprire nuovi spazi di partecipazione ai cittadini, dando seguito all’articolo 118,
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quarto comma, della Costituzione e recuperando la spinta di impegno attivo per il bene comune. L’iniziativa popolare, secondo la disciplina attuale, non ha il necessario impatto nella vita democratica, poiché non impegna il Parlamento, come ampiamente dimostrato dalle cifre delle proposte di legge di iniziativa popolare presentate durante le ultime legislature. Queste proposte, anche dopo dieci anni dalla loro presentazione sono in maggior parte ancora inevase. Anche a livello regionale lo strumento della proposta di legge si è rivelato un istituto che ispira scarsissima motivazione fra i cittadini, quindi è applicato raramente, sempre a causa della mancanza di votazione popolare nel caso in cui la proposta venisse respinta o non trattata dal rispettivo Consiglio regionale. Per questo motivo una regione e una provincia a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento), nelle loro leggi regionali/provinciali sulla democrazia diretta, hanno introdotto l’obbligo del rispettivo Consiglio regionale di trattare le proposte di legge di iniziativa entro un determinato termine, pena il passaggio della proposta alla votazione popolare referendaria. Tale regolamento sembra però insoddisfacente dal momento che non attribuisce ai cittadini un’effettiva potestà legislativa. Giustamente la regione autonoma della Valle d’Aosta e la provincia autonoma di Bolzano si sono spinti oltre, istituendo l’iniziativa popolare legislativa vera e propria, con cui si consente ai cittadini, dopo aver raggiunto il quorum di sottoscrizione, di presentare ai rispettivi Consigli regionali una proposta di legge redatta in articoli. Se il testo nella sua interezza o nella sua sostanza non fosse recepito dal Consiglio, automaticamente in queste regioni si passerebbe alla votazione popolare. Tale istituto, accanto al referendum confermativo facoltativo e costituzionale, rappresenta lo strumento principale dei regolamenti di democrazia diretta che funzionano a piena soddisfazione dei cittadini da 140 anni in Svizzera (tutti livelli di Governo) e da più di 100 anni in 26 stati degli Stati Uniti d’America (livello degli Stati federati e dei comuni).
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Il Parlamento deve avere il diritto alla controproposta. In una qualsiasi materia ammissibile a referendum (sia propositivo sia confermativo), il Parlamento, rispetto alle proposte di riforma provenienti dai cittadini e lo status quo, può avere i propri disegni di riforma, che possono trovarsi in pieno contrasto con la proposta avanzata dai cittadini. La controproposta parlamentare accoglie questi interessi e offre al cittadino elettore la scelta fra due proposte di riforma e lo status quo su cui deve potersi esprimere. Qualora il Parlamento approvasse una propria proposta di legge in materia, il comitato promotore dell’iniziativa popolare, composto secondo il presente disegno di legge da almeno nove cittadini aventi diritto al voto, decide a maggioranza se ritirare il disegno di legge di iniziativa popolare o far valere il diritto alla votazione popolare deliberativa. Spetterà quindi al comitato promotore stesso valutare se la sua proposta di legge di iniziativa popolare sia in sufficiente misura stata accolta dal Parlamento oppure sia stata approvata una legge in contrasto con i princìpi e le finalità del testo originale sottoposto dal Comitato promotore. Data la possibilità che entrambe le proposte possano ottenere la maggioranza dei voti validi, occorre comunque inserire una terza «domanda di ballottaggio» del seguente tipo: «Quale proposta deve entrare in vigore se i cittadini preferiscono entrambe le proposte al diritto vigente?» Se venissero approvate sia la proposta popolare sa la controproposta parlamentare decide il risultato di questa terza domanda. Se anche nella terza domanda nessuna delle proposte ottenesse la maggioranza, l’iniziativa popolare in quanto tale sarebbe bocciata e resterebbe in vigore la legge che si intendeva emendare. Anche in questo caso un referendum propositivo costituirebbe comunque un’espressione significativa ed importante della cittadinanza di cui il Parlamento terrà conto nei suoi successivi tentativi di riformare la materia oggetto della votazione referendaria.
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2.4.4 Il referendum confermativo facoltativo Il «referendum confermativo facoltativo», che oggi nell’ordinamento giuridico italiano esiste solo per i casi di modifica della Costituzione da parte del Parlamento, approvati da una maggioranza inferiore ai due terzi dei Parlamentari, va esteso alle leggi ordinarie dello Stato. Questo strumento rappresenta, sia in teoria sia nella lunga prassi politica degli Stati con regolamenti moderni della democrazia diretta, un vero e proprio «freno di emergenza» in mano ai cittadini. Con il referendum confermativo facoltativo un numero minimo di cittadini (o anche cinque Consigli regionali), appena approvata una legge, ma prima della sua entrata in vigore, richiede con la propria firma, entro un periodo di tempo relativamente breve, che tutto l’elettorato deve poter pronunciarsi su tale legge. Dal referendum confermativo è esclusa la legge finanziaria. Tale istituto è quello più frequentemente utilizzato nell’ordinamento svizzero e statunitense. Conferisce ai cittadini un potere di veto o di verifica. Richiedere il referendum confermativo significa nient’altro se non che esiste un forte dubbio sul consenso della maggioranza del Parlamento. Con il referendum confermativo facoltativo anche i parlamentari stessi hanno la possibilità di verificare se le loro proposte di regolamentazione di una data materia corrispondono alla «volontà generale». In base alla presente proposta di modifica dell’articolo 75 della Costituzione, secondo comma, si intende consentire per un periodo limitato l’entrata in vigore di «leggi urgenti», comunque contestabili mediante referendum confermativo facoltativo. Afferma il proposto articolo: «Se le Camere ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esso stabilito e si può chiedere l’indizione di un referendum confermativo ai sensi dell’articolo 74 soltanto dal momento che la legge è entrata in vigore. Se si arriva al referendum confermativo popolare con esito sfavorevole alla legge, essa viene abrogata entro un anno dall’avvenuta approvazione in sede parlamentare e non può più essere riapprovata.» Questa norma viene incontro all’esigenza del Parlamento di affrontare esigenze di urgente regolamento. La legge approvata entra in vigo24
re e resta in vigore fino allo svolgimento del referendum confermativo facoltativo. Se sottoposta a referendum confermativo facoltativo verrebbe abrogata come nel caso del referendum abrogativo oggi in vigore. Una volta sconfessata una tale legge «urgente» da parte dell’elettorato, non può essere ripresentata in Parlamento, garantendo di tal maniera la deliberazione popolare.
2.4.5 L’iniziativa popolare costituzionale Per l’esercizio della legislazione costituzionale da parte dei cittadini si propone un iter più esigente rispetto all’iniziativa popolare legislativa per le leggi ordinarie. La facoltà d’iniziativa per tali leggi (redatto in articoli) spetta in una prima fase ad almeno 50.000 cittadini, le cui firme vanno raccolte nell’arco di sei mesi. Questo per presentare una proposta di «preesame» di ammissibilità. Ma il numero effettivo minimo di cittadini che devono firmare tale proposta è innalzato ad un milione. Introducendo due fasi si intende evitare l’esperienza frustrante per tanti comitati promotori e tantissimi firmatari che le richieste di referendum venissero bocciate dalla Corte costituzionale, solo dopo la raccolta delle firme (in questo caso non meno di 1 milione di firme). Nella forma qui proposta, invece, 50.000 elettori hanno il diritto di ottenere la verifica di ammissibilità di una loro proposta di modifica costituzionale da parte della Corte Costituzionale. Con questa certezza di seguito si può affrontare con pieno impegno la raccolta del milione di firme richieste. Anche in questo caso il Parlamento può presentare una sua controproposta che verrebbe sottoposta all’elettore nel referendum alla stregua dell’iniziativa popolare per le leggi ordinarie.
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2.4.6 Alcune ragioni per l’abolizione del quorum di partecipazione Nel presente disegno di legge è previsto che in tutte le votazioni referendarie siano approvate le proposte se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La votazione referendaria deve essere libera e decisiva, cioè i cittadini dovranno sapere che se partecipano ad una votazione referendaria sono loro a decidere se non vi partecipano, che implicitamente delegano il voto e la decisione referendaria agli altri. Come si legittima l’abolizione del quorum? Le ragioni più importanti sono le seguenti: 1. L’astensione dal votare equivale a un “No” A causa del quorum, chiunque non si reca a votare conta automaticamente come un «No», mentre in realtà ci sono tantissimi motivi personali che possono impedire la partecipazione ad un referendum: la mancanza di conoscenza dell’argomento, l’indecisione, il disinteresse e mille altre ragioni private. Nel caso delle elezioni tutti questi motivi sono ragioni di astensione dal voto o della non-partecipazione, ma non equivalgono ad un voto contrario. Nelle elezioni contano solo i voti validi per i partiti e i candidati. Anche la non-partecipazione al voto referendario quindi va considerata per quello che è: un’astensione dal voto senza influenza sul risultato. 2. Il quorum si presta alla strumentalizzazione. Attraverso il boicottaggio del referendum, la partecipazione al voto scende facilmente sotto il 50 per cento degli aventi diritto al voto richiesto per la validità del risultato della consultazione. Gli oppositori, sfruttando il meccanismo del quorum, cercano di invalidare la consultazione invitando gli elettori a disertare le urne, contando su coloro che non andrebbero comunque a votare. Perciò gli oppositori non devono più convincere i cittadini con argomenti e proposte alternative, ma si fermano ad appelli al boicottaggio. Solo in assenza di quo26
rum contano veramente gli argomenti, perché sia i promotori che gli oppositori sono tenuti a convincere la maggioranza dei cittadini. 3. Il quorum premia il disinteresse politico e penalizza i cittadini impegnati democraticamente. I cittadini attivi politicamente si impegnano ad informarsi e a farsi un’opinione per poi recarsi a votare. I non interessati e i fautori del boicottaggio non vanno alle urne. In caso di referendum invalidato a causa del mancato raggiungimento del quorum, i primi vengono di fatto puniti per il loro impegno civico, mentre i secondi, boicottatori e disinteressati, vengono premiati per una scelta che di fatto danneggia il confronto democratico. 4. Il voto segreto viene indebolito. In un certo senso, a causa del quorum di partecipazione, anche il diritto al voto segreto viene indebolito: chi nonostante un boicottaggio si reca ugualmente alle urne da parte degli oppositori viene automaticamente considerato un avversario politico. 5. Il quorum non è previsto per le leggi costituzionali. Per i referendum confermativi su leggi costituzionali, di livello superiore, in Italia non è previsto alcun quorum (articolo 138, secondo comma Cost.) e tantomeno nel caso delle leggi sulla forma di governo (leggi elettorali e di democrazia diretta) a livello regionale (articolo 123, terzo comma Cost.). 6. Le elezioni non prevedono alcun quorum per la loro validità. Per il voto elettorale a nessun livello governativo è previsto un quorum minimo di partecipazione: solo chi vota può decidere. Non esiste il «numero legale» nelle elezioni politiche.
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7. Nessun pericolo di soprafazione da parte di una minoranza Il timore che una piccola minoranza molto attiva possa imporre i suoi interessi ad una maggioranza passiva non è motivato. Le ricerche sul comportamento degli elettori evidenziano che nelle votazioni contese il tasso di partecipazione è alto e la maggioranza dei cittadini esprime chiaramente il suo rifiuto alla proposta di una minoranza. I partiti e le forze sociali, che pretendono di rappresentare la maggioranza della società, sono comunque sempre liberi di mobilitare i loro sostenitori a votare contro un quesito referendario, che si presume rifletta solo l’interesse di una minoranza. 8. USA e Svizzera non prevedono un quorum. In Svizzera, negli Stati Uniti d’America e in molti altri paesi non esiste il quorum di partecipazione. Nonostante la partecipazione alle votazioni referendarie in Svizzera oscilli “solamente” attorno al 40 per cento, nessuna forza politica rivendica seriamente un quorum di partecipazione, sapendo che si aprirebbe un varco a manovre tattiche e a strumentalizzazioni politiche. 9. I quorum modesti richiesti in Germania In Germania si lamenta un quorum “alto”, che in raffronto con l’Italia in verità è molto basso. In Baviera, Hessen e Sachsen si decide con maggioranza semplice su leggi ordinarie, senza nessun quorum. In tutti gli altri Länder è richiesto un quorum di partecipazione o di consenso, che si aggira tra il 15 e il 33%, eccezione fatta per il Saarland, che richiede come unico Land il 50% di partecipazione. Più severa invece la validità dei referendum costituzionali, il contrario dell’Italia dove il referendum confermativo costituzionale non richiede nessun quorum. In Baviera, ma solamente per decisioni costituzionali, devono dire si almeno il 25% degli aventi diritto di voto, quasi in tutti gli altri Länder il 50%.23 23 Kaufmann, B./ Büchi, R./ Braun, N. (2009): Handbuch zur Direkten Demokratie, p. 245.
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10. La democrazia diretta promuove la partecipazione dei cittadini. Uno degli obiettivi principali della democrazia diretta è la promozione della partecipazione dei cittadini La democrazia diretta deve promuovere e non scoraggiare la partecipazione dei cittadini. Uno degli obiettivi principali della democrazia diretta è la promozione della partecipazione dei cittadini, ribadita dall’attuale articolo 118, quarto comma, della Costituzione. Un alto livello di partecipazione non viene raggiunto imponendo l’obbligo legale di raggiungere una quota predeterminata e non è certo perché esiste il quorum che si convincono a votare cittadini non interessati. Avviene invece il contrario: i cittadini interessati e motivati, dopo una serie di esperienze con referendum falliti per mancato raggiungimento del quorum, si sentono frustrati e perdono la fiducia in questo strumento. In questo senso paradossalmente essi sono scoraggiati proprio dal quorum di partecipazione perché si devono confrontare con una percentuale di concittadini che boicottano la votazione. È quindi un circolo vizioso. Benché originalmente il quorum fosse inteso come uno stimolo alla partecipazione, è innegabile che oggi esso determini il rifiuto del dibattito e dell’impegno. I gruppi più penalizzati da questo meccanismo sono proprio le minoranze sociali che non riescono a sollecitare ampie fasce di popolazione. 11. Il quorum scaturisce dalla sfiducia nei cittadini. Oggi gli strumenti referendari sono strumenti di partecipazione attiva e non più di sola «difesa in casi estremi». Le procedure di democrazia diretta devono essere disegnate di modo tale da incoraggiare la comunicazione a tutti i livelli e, in questa ottica, un quorum di partecipazione, con le relative campagne di boicottaggio, tende ad essere di ostacolo per una buona comunicazione. È più facile rifiutare ogni dibattito, istigando i cittadini a non votare, piuttosto che affrontare apertamente un dibattito pubblico e una votazione senza quorum. Il quorum di partecipazione del cinquanta per cento non è una norma fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, tanto è vero che è previsto solo da uno dei due tipi di referendum nazionali oggi istituzionalizzati. Rifacendosi 29
agli esempi funzionanti in vari altri paesi, in Italia è ora di abolire il quorum di partecipazione sia a livello nazionale sia regionale sia comunale. La cancellazione del quorum di partecipazione è, però, da sostituire con un’altra norma di notevole importanza, cioè la necessità di raggiungere la maggioranza dei voti validi non solo a livello nazionale, ma anche nella maggioranza delle regioni. Questa norma, che dà atto alla traiettoria di fondo del sistema politico italiano verso uno Stato regionale più avanzato, evita un’espressione referendaria sbilanciata sotto il profilo geografico, richiedendo che i voti favorevoli non possono essere concentrati in poche regioni. Ad esempio un referendum accolto solo nelle otto regioni del Nord non potrebbe passare, perché in almeno 11 regioni su 20 la maggioranza dovrà essere stata raggiunta.
2.4.7 Aumento della maggioranza al 60 per cento per le leggi costituzionali Il sistema elettorale maggioritario impone un ripensamento della maggioranza necessaria per l’approvazione, in seconda votazione, delle leggi costituzionali. Si propone di innalzare la maggioranza necessaria dal cinquanta al sessanta per cento per evitare che modifiche costituzionali di grande importanza per l’assetto giuridico fossero votate solo da una maggioranza senza coinvolgimento di una fascia più larga in Parlamento. Rispettivamente si innalza la maggioranza necessaria, per non dare luogo a referendum, dai due terzi, ora previsti, a tre quarti dei componenti delle due Camere.
2.5 I disegni di legge pendenti in Senato Nella Legislatura attuale (2008 – 2013) dovrebbe essere il Senato a varare le riforme costituzionali, in base all’accordo tra le Presidenze di Camera e Senato preso all’inizio di legislatura. Sono otto le iniziative pendenti in Commissione affari costituzionali in Senato, che riguardano gli strumenti di democrazia di30
retta, tutti incardinati e discussi, ma poi fermi per la mancata volontĂ politica dei partiti di maggioranza:24 Possiamo solo sperare che la gente alzi la voce e le iniziative di riforma siano finalmente prese in esame.
24 Senato: 1ª (Affari Costituzionali) – DDL in corso di esame in Commissione in sede referente, (di un totale di 124 DDL) sei democrazia diretta.
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3 Allegati 3.1 Disegni di legge presentati in Senato 3.1.1 Proposte di riforma costituzionali: S. 83 Sen. Franco Vittoria Modifica dell’articolo 75 della Costituzione in materia di referendum abrogativo, presentato al Senato 29 aprile 2008. S. 1092 Sen. Adamo Marilena Modifiche agli articoli 71 e 75 della Costituzione recanti l’introduzione del referendum propositivo e la revisione del quorum funzionale del referendum abrogativo, presentato al Senato 7 ottobre 2008. S. 1428 Sen. Peterlini Oskar ed altri. Modifiche agli articoli 70, 71, 73, 74, 75 e 138 della Costituzione, in materia di formazione delle leggi e revisione della Costituzione, introduzione dell’iniziativa legislativa popolare e dell’iniziativa legislativa costituzionale e di democrazia diretta, presentato al Senato 4 marzo 2009. S. 1625 Sen. Poretti Donatella Modifiche al quarto comma dell’articolo 75 della Costituzione, in materia di referendum abrogativo, presentato al Senato 23 giugno 2009. S. 1654 Sen. Pastore Andrea Modifiche all’articolo 75 della Costituzione in materia di referendum abrogativo, presentato al Senato 1 luglio 2009. S. 1706 Sen. Belisario Felice ed altri. Modifica dell’articolo 75 della Costituzione concernente la soppressione del quorum funzionale del referendum abrogativo, presentato al Senato 21 luglio 2009.
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3.1.2 Proposte di riforma legislative ordinarie: S. 1624 Sen. Poretti Donatella Modifiche alla legge 25 maggio 1970, n. 352, recante norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo, presentato al Senato 23 giugno 2009. S. 3159 Sen. Compagna Luigi Modifiche alla legge 25 maggio 1970, n. 352, in materia di presentazione di quesiti referendari, presentato al Senato 16 febbraio 2012.
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3.2 I referendum in Italia 1946 – 2012
3.2.1 Referendum istituzionale 1946 Sulla forma istituzionale dello Stato SI
3.2.2 Referendum abrogativi: 1974 1 quesito: Divorzio SI 1978 2 quesiti: Legge Reale su Ordine pubblico NO, Finanziamento pubblico partiti NO 1981 5 quesiti: Legge Terrorismo, ergastolo, porto d’armi, 2 x interruzione gravidanza (SI in favore dell’interruzione, NO a Mov. vita) 1985 1 quesito: Indennità di contingenza NO 1987 5 quesiti: Responsabilità civile del giudice SI, Commissione inquirente SI, Localizzazione centrali nucleari SI, Contributi enti locali SI, Divieto partecipazione dell’ENEL a impianti nucleari all’estero SI. 1990 quorum non raggiunto e invalidato: 3 quesiti: Disciplina della caccia SI, Accesso dei cacciatori a fondi privati SI, Uso dei pesticidi SI. 1991 1 quesito: Riduzione preferenze Camera dei Deputati SI 1993 8 quesiti: Competenze USL SI, Stupefacenti e sostanze psicotrope SI, Finanziamento pubblico dei partiti SI, Casse Risparmio e Monti Pietà SI, Ministero delle partecipazioni statali SI, Elezione Senato della Repubblica Si, Ministero agricoltura e foreste SI, Ministero turismo e spettacolo SI. 1995 12 quesiti: Concessioni televisive nazionali NO, Interruzioni pubblicitarie NO, Raccolta pubblicità radiotelevisiva NO, Rappresentanze sindacali (richiesta massimale) NO, Rappresentanze sindacali (richiesta 34
minimale) SI, Contrattazione pubblico impiego SI, Soggiorno cautelare SI, Privatizzazione RAI SI, Autorizzazione al commercio NO, Trattenute contributi sindacali SI, Legge elettorale comuni NO, Orari esercizi commerciali NO. Quorum non raggiunto dal 1997 al 2009 e invalidati: 1997 7 quesiti: Privatizzazione SI, Obiezione di coscienza SI, Caccia SI, Carriere dei magistrati SI, Ordine dei giornalisti SI, Incarichi extragiudiziari dei magistrati SI, Ministero per le politiche agricole SI. 1999 1 quesito: Elezione Camera Deputati (abolizione del voto di lista) SI. 2000 7 quesiti: Rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie SI, Elezione Camera dei Deputati (abolizione del voto di lista) SI, Elezione del Consiglio Superiore della Magistratura SI, Ordinamento giudiziario SI, Incarichi extragiudiziari dei magistrati SI, Licenziamenti NO, Trattenute associative e sindacali tramite gli enti previdenziali SI. 2003 2 quesiti: Reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati SI, Servitù coattiva di elettrodotto SI. 2005 4 quesiti: Procreazione medicalmente assistita 4x SI, 2009 3 quesiti: Legge elettorale: Abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste 2x SI, Camera dei Deputati. Abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentare la propria candidatura in più di una circoscrizione SI.25 2011 4 quesiti: (servizi pubblici, acqua, energia nucleare, legittimo impedimento SI) (16 referendum abrogativi, con complessivamente 66 quesiti).
25 Nel 1990 e dal 1997 al 2009 non è mai stato raggiunto il quorum necessario, pertanto i referendum evidenziati in grassetto non sono stati validi.
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3.2.3 Referendum Costituzionali: 2001 1 quesito: Modifica al titolo V della parte seconda della Costituzione SI 2006 1 quesito: Modifica alla parte seconda della Costituzione NO
3.2.4 Referendum Consultivo: 1989 1 quesito: Mandato costituente al Parlamento SI
3.2.5 Referendum complessi: 1 Istituzionale 16 abrogativi 2 costituzionali confermativi 1 consultivo In tutto 20 referendum26
3.2.6 Partecipazione e raggiungimento del quorum nei referendum abrogativi Referendum 1974 1978 1981 1985 1987 1990 1991
votanti 87,7 % 81,2 % 79,4 % 77,9 % 65,1 % 43,4 % 62,4 %
26 Ministero dell’Interno: Archivio storico delle elezioni.
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1993 1995 1997 1999 2000 2003 2005 2009 2011
77,1 % 57,9 % 30,3 % 49,6 % 32,5 % 25,7 % 25,9 % 23,8 % 54,8 %
3.3 Il ddl. cost. S. 1428 proposto ed elaborato con i rappresentanti della democrazia diretta S. 1428 Sen. Peterlini Oskar ed altri. Modifiche agli articoli 70, 71, 73, 74, 75 e 138 della Costituzione, in materia di formazione delle leggi e revisione della Costituzione, introduzione dell’iniziativa legislativa popolare e dell’iniziativa legislativa costituzionale e di democrazia diretta, presentato al Senato 4 marzo 2009. Capo I MODIFICHE AGLI ARTICOLI 70, 71, 73, 74, 75 DELLA COSTITUZIONE E INTRODUZIONE DELL’INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE Art. 1. 1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere nonché dai cittadini aventi diritto al voto ogni volta che una parte del popolo sovrano ne faccia richiesta.». Art. 2. 1. L’articolo 71 della Costituzione è sostituito dal seguente: 37
«Art. 71. – L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere, ad un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Hanno diritto di esercitare l’iniziativa delle leggi e di partecipare alla votazione popolare tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La legge determina le modalità di attuazione dell’iniziativa popolare e del diritto alla votazione referendaria deliberativa.». Art. 3. 1. L’articolo 73 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 73. – Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta di legge di iniziativa popolare, da parte di un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, di un progetto redatto in articoli. La durata massima utile per la raccolta delle firme richieste per l’iniziativa popolare viene stabilita dalla legge dello Stato. La proposta di legge di iniziativa popolare, che deve essere formulata secondo il principio dell’unità della materia, viene presentata ad una Camera e segue l’iter legislativo previsto dall’articolo 72. Qualora una proposta di legge ad iniziativa popolare, di cui al primo comma, non venga tradotta in legge dal Parlamento entro un congruo periodo di tempo, da stabilire con legge, la proposta è sottoposta alla votazione popolare deliberativa, previa dichiarazione di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, che decide con sentenza in seguito al deposito da parte del comitato promotore di un numero di firme di elettori non inferiore a cinquantamila. Qualora il Parlamento modifichi la proposta di legge di iniziativa popolare o approvi un proprio disegno di legge in materia, il comitato promotore dell’iniziativa popolare, composto da un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, decide a maggioranza se ritirare il disegno di legge ad iniziativa popolare o far valere il diritto alla votazione popolare deliberativa. In questo ultimo caso ambedue le proposte vengono sottoposte a votazione referendaria. In questo caso le domande da sottoporre all’elettore sono tre: se pre38
ferisce la proposta popolare al diritto vigente; se preferisce la controproposta del Parlamento al diritto vigente; quale proposta deve entrare in vigore se gli elettori preferiscono entrambe le proposte al diritto vigente. Una proposta è approvata se ha raggiunto la maggioranza dei voti validamente espressi sia nella maggioranza delle regioni sia sull’intero territorio nazionale. Se viene approvata sia la proposta popolare sia la controproposta parlamentare decide il risultato della terza domanda. La legge determina altresì le modalità relative ai criteri di ammissione dei referendum propositivi effettuata a cura della Corte costituzionale su richiesta del comitato promotore in data precedente alla raccolta delle adesioni». Art. 4. 1. L’articolo 74 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 74. – È sospesa l’entrata in vigore di una legge o di un atto avente valore di legge per sottoporlo a referendum confermativo, quando lo richiedono entro dieci giorni dall’avvenuta approvazione un comitato, composto da un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, o un consiglio regionale. È indetto il referendum confermativo quando, di seguito, entro tre mesi dall’avvenuta approvazione in sede parlamentare o governativa della legge o dell’atto avente valore di legge tale richiesta è sostenuta da un numero minimo di cittadini aventi diritto al voto, da stabilire con legge dello Stato, o da cinque consigli regionali. Non è ammesso il referendum confermativo per le leggi di bilancio. Hanno diritto di partecipare al referendum confermativo tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum confermativo entra in vigore se la richiesta di referendum confermativo non viene sostenuta dal numero minimo di cittadini stabilito con legge dello Stato o quando una maggioranza dei voti validamente espressi si esprime a favore. La legge determina le modalità di attuazione del referendum confermativo.». 39
Art. 5. 1. L’articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 75. – Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione parlamentare o popolare. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esso stabilito e si può chiedere l’indizione di un referendum abrogativo soltanto dal momento che la legge è entrata in vigore. Se si arriva al referendum popolare con esito sfavorevole alla legge, essa viene abrogata e non può più essere riapprovata entro la medesima legislatura. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso». Capo II MODIFICHE ALL’ARTICOLO 138 DELLA COSTITUZIONE E INTRODUZIONE DELL’INIZIATIVA LEGISLATIVA COSTITUZIONALE Art. 6. 1. L’articolo 138 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 138. – Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate con il sessanta per cento dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi sono poi sottoposte a referendum confermativo popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
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Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei tre quarti dei suoi componenti. I princìpi fondamentali della Costituzione, i diritti umani sanciti dalle fonti internazionali, le libertà e i diritti dei cittadini fissati nella prima parte della Costituzione non possono essere ridotti o disconosciuti, così come non possono esserne indebolite le garanzie di tutela disposte nella seconda parte. Le leggi di revisione della Costituzione sono formulate tenendo conto del principio dell’unità della materia. La Corte costituzionale si pronuncia sulla conformità della revisione a tali imperativi entro novanta giorni dalla prima approvazione in entrambe le Camere. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi di revisione della Costituzione mediante la proposta da parte di un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, di un progetto redatto in articoli come è previsto dall’articolo 73. La durata massima utile per la raccolta delle firme richieste per l’iniziativa legislativa costituzionale popolare è stabilita con legge dello Stato. Entro novanta giorni dalla presentazione della proposta di legge alla Camera, la Corte costituzionale si pronuncia sull’ammissibilità della proposta; successivamente un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, può richiedere che la proposta di legge sia sottoposta a referendum popolare. Qualora una proposta di legge costituzionale ad iniziativa popolare non venga tradotta in legge entro un congruo periodo di tempo, da stabilire con legge dello Stato, la proposta è sottoposta al referendum popolare. Il Parlamento può presentare una controproposta in materia, che deve essere approvata secondo l’iter di cui al primo comma. In questo caso entrambe le proposte dichiarate ammissibili da parte della Corte costituzionale, sono sottoposte alla votazione referendaria. Nel caso di cui all’ottavo comma, le domande per l’elettore sono tre: se preferisce la proposta popolare al diritto vigente; se preferisce la contropro41
posta del Parlamento al diritto vigente; quale proposta deve entrare in vigore se gli elettori preferiscono entrambe le proposte al diritto vigente. Una proposta è approvata se ha raggiunto la maggioranza dei voti validamente espressi sia nella maggioranza delle regioni sia sull’intero territorio nazionale. Se viene approvata sia la proposta popolare che sia controproposta parlamentare decide il risultato della terza domanda. La legge determina le modalità di attuazione dell’iniziativa legislativa costituzionale popolare e del referendum confermativo popolare».
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4 Bibliografia Barbera, A./ Fusaro, C. (2010): Corso di diritto pubblico, sesta edizione, Il Mulino Bologna. Bardi, L. (2009): Electoral Change and its Impact on the Party System in Italy, in Bull, M./ Rhodes, M. (Hg):Italy – A Contested Polity, Routledge Abingdon Oxon and New York. Bardi, L./ Rhodes, M. (Hg) (1998): Politica in Italia, Edizione 98, Il Mulino Bologna. Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, Lothian Foundation Press London. p. x. Benedikter, T. (2010): Più democrazia per l’Europa, La nuova Iniziativa dei cittadini europei e proposte per un’Unione Europea più democratica, Edizioni Arca Lavis (TN). Bull, M./ Rhodes, M. (2009): Introduction –Italy: A Contested Polity, in Bull, M./ Rhodes, M. (Hg):Italy – A Contested Polity, Routledge Abingdon Oxon and New York. Corte cost. Sentenza 13/2012, http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia. do, down load 19.7. 2012. De Cecco, M. (2009): Italy’ Dysfunctional Political Economy, in Bull, M./ Rhodes, M. (Hg): Italy – A Contested Polity, Routledge Abingdon Oxon and New York. Dornbusch, R./ Nölling, W./ Layard, R. (Hg) (1993): Postwar Economic Reconstruction and Lessons for the East Today, MIT Press Cambridge. Fabbrini, S. (ed) (2003): L’ europeizzazione dell’Italia, Editori Laterza Roma Bari. Grasse, A. (2000): Italiens langer Weg in den Regionalstaat: Die Entstehung einer Staatsform im Spannungsfeld von Zentralismus und Föderalismus, Leske + Budrich, Opladen.
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1 Participatory democracy and new challenges 1.1 The crisis of democracy Democracy is experiencing a critical phase, marked by the low credibility of both politics and democratic institutions. The challenge is to identify new forms of public involvement aimed at building confidence among citizens and restoring the credibility of institutions. This is not an isolated, exclusively Italian issue, because several other countries in Europe are faced with the same challenge. This is accompanied by a constitutional debate at scientific and political level aimed at developing new models of democratic involvement. The credibility of institutions is severely undermined by a number of factors, including the economic and financial crisis, the gap between politics and citizens, the scandals and corruption cases involving several parties and their representatives, and a distorted use of immunity. In Italy, an additional problem is represented by the electoral system in use, which assigns the choice of candidates entirely to party leaders and deprives voters of the chance to express their preference, thus widening the gap between voters and elected officials. Attacks on the political world, however, may result in unjustified prejudice, fuelled by the exploitation of discontent towards a caste of “Brahmans”. Such prejudice may throw general discredit upon all, including those who actively pursue the common good, and embrace all policymakers, democratic institutions and the very foundations of democracy, thus triggering a very dangerous process. A number of solutions are on the table. Seeking a broader involvement of all elements of society through a new form of “governance”, pursuing increased autonomy, regionalism or federalism, or a more direct democracy, are options that vary in organisational terms but are all based – each in its own distinct way – on a common goal: in this increasingly broad, distant and globalised world, citizens wish to feel part of their community, find a new identity and a 49
fulfilling role at regional level; they wish to co-operate and jointly pursue their interests, or – to use a more sentimental expression – find a new Heimat, a safe place which they can call their own.1 In this context, many traditional political concepts such as sovereignty, citizenship and democratic representation, based on reliance on a relatively homogeneous nation State, were questioned. In order to restore balance within society and rebuild the basis for democratic participation, constitutional reforms appear increasingly necessary. Such reforms should be adopted within individual States and at European level, through EU framework legislation.2 Two opposing trends are influencing traditional State organisation.3 On the one hand, we are experiencing closer cooperation at European/international level and witnessing the establishment of supranational bodies in Europe. On the other, those very supranational bodies, distant from the public, are the main reason behind the pursuit of a more manageable local dimension and a return to the local and regional level, where participatory democracy can be directly experienced. Politics is denationalized; the nation State is no longer the linchpin of political activity and the privileged space for political life.4
1 Peterlini, O. (2010e), de): Föderalismus und Autonomien in Italien, p. 21–22. Peterlini, O., (2010d de): Südtirol Autonomie und die Verfassungsreformen Italiens, p. 20. 2 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, p. x. 3 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, p. x. 4 Scott, A. (2008): The fragmentary state of the twenty-first century: an elementary conceptual portrait, p. 1–2.
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1.2 Strong principles, weak democracy Unlike other Mediterranean countries like Spain, Greece and Portugal, Italy became a relatively stable democracy right after the Second World War. In the 1950s, Italy contributed to the establishment of the European Community and was one of its founding countries. It experienced a quick, if uneven, economic growth and a remarkable modernization process.5 From 1950 to 1990, the rise in Italy’s per capita income was almost unparalleled. Its growth rate ranked second after South Korea. To make comparisons across Europe, by the end of that period per capita income had grown so rapidly that it was close to that of Germany and France.6 Notwithstanding its exemplary Constitution based on profound ethical and democratic values, conceived by our Constitutional Fathers to spell out any dictatorial drift, Italy has a fragile democracy. It has an independent judiciary, a democratically elected parliament and a government based on parliamentary confidence; however, the three powers are not balanced. The imbalance is compounded by the fourth power where a quasi-monopoly position prevails, especially in the broadcast industry.7 Parliament is increasingly constrained in the exercise of its functions as representative of the people by the predominance of Government. The latter resorts more and more frequently to emergency decrees, which Parliament can only amend and ratify a posteriori, and to the passage of bills through a vote of confidence, which smothers parliamentary debate and any chance to introduce amendments. Parliament is required to pass Government’s so-called maxi-emendamento, a text containing a number 5 Bull, M./ Rhodes, M. (2009): Introduction –Italy: A Contested Polity, p. 1–13. 6 De Cecco, M. (2009): Italy’ Dysfunctional Political Economy, p. 107, Dornbusch, R./ Nölling, W./ Layard, R. (Hg) (1993): Postwar Economic Reconstruction and Lessons for the East Today. Boltho, A./ Vercelli, A./ Yoshikawa, H. (ed) (2001): Comparing Economic Systems: Italy and Japan, Palgrave, London. 7 Hibberd, M. (2009): Conflict of Interest and Media Pluralism in Italian Broadcasting.
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of different measures, without having any say on its content. If we look at the world’s major democracies, the United States is the only country where people’s representation finds its central expression in Parliament. Gianfranco Pasquino (2007)8 laments that the opposite is true in Italy. The Italian Parliament only seems to play a central role when it passes the initial vote of confidence in the Government, and not in the Government’s final stages, as is the case in Germany or Spain. Unlike those democracies, Italy does not envisage a constructive vote of no-confidence. A number of governments replaced one another over time, and every Government’s end originated, in Pasquino’s view, outside Parliament. One of the main weaknesses of Italian democracy has been a lack of executive stability, especially before the 1993 electoral reform. From 1945 to 1989 there were as many as 43 Governments, each lasting on average twelve months. The common objective of reforms was therefore to increase stability at central government level.9
1.2.1 Strong parties, weak Parliament Parliament does not play the central role it should in terms of political representation. It is constrained by the Executive, on the one hand, and by political parties, on the other; in fact, the latter play the leading role themselves. Before the major political corruption scandals of the late 1990s and the 1993 electoral reform, a multitude of parties existed in Italy, the most powerful being the Democrazia Cristiana (DC) party, which remained in power for fifty years (1944 – 1994) with different centrist coalitions.
8 Pasquino, G. (2007): Parlamento e Governo nell’Italia repubblicana, p. 6. 9 Fabbrini, S. (ed) (2003): L’europeizzazione dell’Italia, Editori Laterza Roma Bari, p. 205 ff.
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1.2.2 The so-called First Republic In spite of a succession of governments, political stability, i.e. parties’ stability, reigned. From the end of the war until the early 1990s, the Christian Democratic Party (DC) was the political driving force which, along with smaller allies (Socialists, Social-Democrats, Republicans and Liberals), determined the destiny of the Italian Republic. The political system remained unchanged until the early 1990s, when prosecutors uncovered wide-ranging political corruption involving the use of bribes to fund political parties.10
1.2.3 The so-called Second Republic The 1993 electoral law11 introduced a mixed system, whereby most seats were allocated under a plurality system (first past the post) and a smaller percentage by proportional representation. This paved the way to an adversary system in which political forces gravitated around two large right- and left-wing groups. With the new 2005 electoral law12, the role of political parties was further strengthened.13 Single-member constituencies were abolished: a new proportional system presenting voters with a closed list of candidates has replaced the old system based on preferential votes. Voters can only express a preference for a list but not for a specific candidate, as candidates are chosen and assigned a certain position in the closed list by the party leader. As a result, about 90% of MPs are chosen by party leaders. As Giovanni Sartori pointed out nearly fifty years ago, in 1963, MPs are more afraid of alienating party leaders than 10 On Italy's transition from central to regional State, see Grasse, A. (2000): Italiens langer Weg in den Regionalstaat. 11 L 4 August 1993, no. 276. 12 L 21 December 2005, n. 270, Official Journal no. 303. 13 Cfr. Bardi, L. (2009): Electoral Change and its Impact on the Party System in Italy.
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voters.14 As evidence of this, Pasquino stressed that Italy’s leading politicians traditionally make their most important speeches at party meetings. None of the major political leaders comes from a parliamentary background. De Gasperi, Togliatti, Nenni, Fanfani, Moro, Craxi, De Mita and Andreotti are cases in point. So are, Pasquino says, a few heads of government lacking parliamentary experience, like Berlusconi and Prodi.15
1.2.4 Attempts at reform in the 1980s and 90s After a long period when Italy’s Governments and Parliaments, unlike those of other countries, did not deem it necessary to revise the Constitution, in the 1980s policy-makers realised that the State and the Constitution needed reforming. After several failed attempts, the Constitution was revised in 2001, with the sole amendment of Title V, Part II. The weakness of direct democracy tools was there to stay.
14 Sartori, G. (1963): Dove va il Parlamento? p. 281–386. 15 Pasquino, G. (2007): Parlamento e Governo nell’Italia repubblicana, p. 7–9.
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2 Direct democracy in Italy 2.1 Popular sovereignty Art. 1, second paragraph, of the Constitution runs: 1. Italy is a democratic Republic founded on labour. 2. Sovereignty belongs to the people and is exercised by the people in the forms and within the limits of the Constitution. • The people are sovereign, ‘ • Sovereignty belongs to the people on a permanent basis, • The people cannot waive sovereignty, nor transfer it to any individual or any group of people (they can delegate its exercise through representative democracy towards direct democracy), • The people (through the electorate) exercise sovereignty directly or through their elected representatives. The Italian democracy remains a primarily representative democracy.16 Early forms of direct democracy – for the purposes of supplementing indirect democracy – were introduced in Switzerland as early as the 19th century, and were later enhanced and extended. Through hundreds of referendums held over more than 100 years, Swiss citizens have learned to make decisions on important political matters at federal, cantonal and municipal level.17 In Italy, however, direct public involvement tools are limited to three, only partially developed, instruments.
16 Barbera, A./ Fusaro, C. (2010): Corso di diritto pubblico, p. 211 ff. 17 Kaufmann, B./ Büchi, R./ Braun, N. (2009): Handbuch zur Direkten Demokratie, p. 11.
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Italy’s direct democracy instruments are: • Referendum • Petition • Legislative initiative
2.2 The referendum In Italy, referendums are often identified with referendums to repeal laws, the first of which was held 38 years ago. The 1974 referendum on divorce was followed by 66 more referendums grouped in 16 voting days.18 All were referendums designed to repeal laws.19 In an actual, modern direct democracy, this should not be the sole type of referendum in use and certainly not the most important one. Direct democracy is an encompassing notion that should go beyond such constraints. The 1947 Constituent Assembly did not provide Italian voters with such instruments as citizens’ binding legislative initiative and optional confirmatory referendum for ordinary State laws, or citizens’ constitutional initiative. Now that the Italian Republic is in its sixties, it is time to address this shortcoming. The Constitution provides for referendum at national, regional and local level: •Constitutional referendum (Art. 138(2) and (3) of the Constitution) • Referendum to repeal a law or a measure having the force of law (Art. 75 of the Constitution) • Territorial referendum (Art. 132(1) of the Constitution: for the merger of existing Regions or the creation of new Regions; Art. 132(2): to enable 18 This part of the study is based on the report accompanying constitutional bill no. 1428 by Peterlini et al., tabled before the Senate on 4 March 2009 and drafted in cooperation with the Bozen representatives of Democrazia diretta, Thomas Benedikter and Stefan Lausch, and enriched and updated by the author. 19 Besides these, two confirmatory constitutional referendums were held, in 2001 and 2006, and one consultative referendum (based on a special law) in 1989 giving to the European Parliament a popular, constitutional mandate.
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one or more provinces or municipalities to be merged into another Region). • Regional referendum on regional legislation and administrative measures (Art. 123(1) of the Constitution) • Referendum on the regional charter (Art. 123(3) of the Constitution) • Local referendum on matters under sole local jurisdiction (Art. 6 and 8 Tuel)20 and establishment of the metropolitan city (Art. 23 Tuel; Art. 23(l) Law 42/2009). We shall focus on the first two instruments and those that are lacking at national level.
2.2.1 Constitutional referendum Art. 138 of the Constitution runs: 1. A law to amend the Constitution and other constitutional laws shall require adoption by each House after two successive debates at intervals of no less than three months, and approval by an absolute majority of the members of each House in the second round. 2. Such law may be submitted to a popular referendum if, within three months of its publication, such request is made by one-fifth of the members of a House or five-hundred thousand voters or five Regional Councils. A law thus submitted to referendum may not be promulgated unless approved by a majority of valid votes. 3. A constitutional law which was passed in each House by a two-third majority of votes in the second round may not be put to referendum. No quorum/minimum turnout is required for the referendum to be valid. Two constitutional confirmatory referendums were held respectively in 2001 20 Tuel, Consolidation Law on Local Government
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(on amendments to the Constitution submitted by the Prodi Government) and 2006 (on the amendments submitted by the second Berlusconi Government). In line with the provisions regulating this type of referendum, no minimum turnout requirement was in force, although the two referendums concerned matters of the utmost importance, i.e. substantial constitutional amendments. In this sense, they represented the true essence of the instrument of the referendum as implemented in other countries, where the outcome is determined by those who go to the polls, while those who choose to abstain implicitly delegate their decision-making power to the actual voters.
2.2.2 Referendum to repeal laws Art. 75 of the Constitution runs: 1. A general referendum may be held to repeal, in whole or in part, a law or a measure having the force of law, when so requested by five hundred thousand voters or five Regional Councils. 2. No referendum may be held on a law regulating taxes, the budget, amnesty or pardon, or a law ratifying an international treaty. 3. Any citizen entitled to vote for the Chamber of deputies has the right to vote in a referendum. 4. The referendum shall be considered to have been carried if the majority of those eligible has voted and a majority of valid votes has been achieved. 5. The procedures for holding a referendum are established by law. This type of referendum seems to have long entered into a critical phase, not because of a lack of hot political issues or public involvement, but because of a repeated failure to reach the minimum turnout. Except for the 2011 referendum on nuclear power, water, privatisations and legitimate impediment [a law whereby cabinet members facing trials could be exempted from appearing in court on account of political engagements], the previous six referendums, held be58
tween 1997 and 2009 and involving 24 different items, were declared invalid for failure to reach the required quorum. Turnout was between 49.6% (in 1999) and 23.8% (in 2009), which resulted in a progressive loss of confidence in the referendum tool. The fact that referendums have generally been owned by parties, rather than promoted by citizens, associations and ad hoc committees, may also explain people’s estrangement. Furthermore, some parties ran abstention campaigns, advising their supporters not to go to the polls, and later repeatedly tried in Parliament to thwart the outcome of the referendum. The tool itself is inappropriate, and so are the rules for its implementation, which are not in line with the needs of a modern direct democracy. This type of referendum, with its restrictive implementation criteria – the quorum requirement – is inadequate in terms of ensuring public involvement.
2.2.3 Citizens’ legislative initiative Art. 71 of the Constitution runs: 1. Legislation may be introduced by the Government, by a Member of Parliament and by those entities and bodies so empowered by constitutional amendment law. 2. The people may initiate legislation by proposing a bill drawn up in sections and signed by at least fifty-thousand voters. In Italy, the citizens’ right to introduce legislation, i.e. the free and constructive expression of the will of the sovereign people, which can result in referendums on important bills signed by hundreds of thousands of people, is on the wane. The tool currently in force – the citizens’ legislative initiative – does not ensure the full enjoyment of this right. Proposals that may have required huge efforts in terms of collection of signatures in order to be submitted cannot be put to the vote if they are rejected by Parliament. Many such bills are not even discussed
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in Parliament. Over 90% of bills submitted during the 1996 – 2001 term still await consideration, not to mention those submitted after 2002.
2.3 Lessons learned from 38 years of referendums After 38 years of referendums in our constitutional practice, three main lessons may be drawn: 1. In Italy today there is a shortage of referendum-related rights, i.e. the main tools that are commonly found in a mature direct democracy system are lacking. These are: citizens’ legislative initiative and optional confirmatory referendum also for ordinary laws. Citizens’ right of initiative to amend the Constitution is also lacking. This was the first right claimed and ultimately secured by the Swiss popular movement for direct democracy in 1860 and is also to be found in the US system as of the early 1900s. 2. The rules regulating referendum-related rights are too restrictive. Several provisions of Law 25 May 1970 no. 352 regulating referendums should be amended, namely: the power of the Constitutional Court is too broad, a referendum may not be held on the same day as an election, there is no guarantee on its outcome, signatures must be certified by a public official, no campaign refund is available for the organising committee, there is no obligation on public authorities to inform voters, referendum campaign funding totally lacks transparency and there is no cap on the collection of funds. 3. The minimum turnout set at 50% of registered voters is useless and damaging, because it has eroded the credibility of this tool and millions of Italians do not even bother to go to the polling station anymore on a referendum day. The minimum turnout rule means that abstentions are counted together with the noes, which makes it very easy for parties or vested interests opposing a referendum to tacitly coalesce with the 60
uninterested by inviting voters to go to the seaside or to the mountains on a voting day, rather than to the polling booth. Today, what with people’s frustration and longing for strong government, politician-bashing and voting for strong leaders have become more appealing than striving to strengthen the tools that put more power in the hands of citizens.
2.4 Introducing the necessary changes If the goal is to bridge the gap between citizens and government, or citizens and political parties, the present direct democracy arrangements are to be changed. If political engagement is to be promoted under the fourth paragraph of Article 118 of the Constitution and the positive effects of direct democracy are to unfold, the relevant articles of the Constitution must be revised, including Articles 73, 74, 75 and 138, with a view to facilitating recourse to a referendum. My comments on and criticism of the present unsatisfactory provisions on direct democracy in Italy have informed a bill submitted to the Senate of the Republic in 2009. In cooperation with the Bozen-based movement Initiative for More Democracy, the author of this paper has drafted a constitutional amendment bill, which was co-signed by eight more senators.21 The bill (ddl. cost. n. 1428) proposes to amend Articles 70, 71, 73, 74, and 75 of the Constitution and strengthen citizens’ initiative.22 A commitment to strengthen participatory democracy should move from the following key issues:
21 Peterlini, O. (2009): DdL. cost. n. 1428: Oskar Peterlini (UDC-SVP-Aut), Stefano Ceccanti (PD), Magda Negri (PD), Manfred Pinzger (UDC-SVP-Aut), Donatella Poretti (PD), Giovanni Procacci (PD) Marilena Adamo (PD), Marco Perduca (PD Radicali). 22 Benedikter, T. (2010): Più democrazia per l’Europa, pages 123–134.
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2.4.1 Providing voters with throttle and brake First of all, the present narrow notion of direct democracy should be overcome. Citizens should be vested with actual legislative power, through the two main tools of a fully accomplished system of direct democracy: legislative initiative to provide citizens with a space for action and optional confirmatory referendum to enable citizens to halt legislation which does not enjoy the support of a majority of voters. This means providing voters with both throttle and brake. They may thus use the throttle pedal when urgent reforms are not being introduced or are not making progress in Parliament or push the brake pedal when the parliamentary majority seeks to impose its policies on a supposedly unconvinced public. These two rights were unjustly overlooked in the Constituent Assembly in 1947 – 48. Today, a referendum cannot be solely used as a defence tool, as foreseen by the Constituent Assembly, but it should be considered the most important vehicle to promote political engagement, under the fourth paragraph of Article 118 of the Constitution, whereby “The State, regions, metropolitan cities, provinces and municipalities shall promote the autonomous initiative of citizens, both as individuals and as members of associations, in the framework of activities of general interest, on the basis of the principle of subsidiarity”. Referendums to repeal laws have been used for 30 years as a surrogate for citizens’ initiative, i.e. the legislative referendum, but on the basis of the experience in Italy and elsewhere, they may not be used to propose legislation, as was clearly shown recently when all the efforts made to change the electoral law were nullified by the ruling of the Constitutional Court, which declared the referendum unreceivable.23 Citizens need a space for action and appropriate direct democracy tools to guide policies and Government action.
23 Constitutional Court, ruling 13/2012.
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2.4.2 More transparent and simpler tools and procedures Implementation rules should be redesigned so as to expand democracy, to meet the requirements of the modern citizen by, amongst other things: limiting the power of the Constitutional Court; increasing the sectors which can be regulated by referendum – e.g. by including foreign and tax policies; introducing an obligation to deliver an official information booklet to every family; adopting stricter rules on equal access to the media, introducing caps on campaign and counter-campaign spending; mandating full transparency of funding; liberalising the collection of signatures and so on. The problem today lies not in the proliferation of referendums, owing to the accessibility of such instrument. The problem lies in the fact that Italian citizens today, in their communes, regions and at national level, do not see direct democracy as an ordinary tool of democratic debate and engagement. Referendums should be given the same role as they have enjoyed for centuries in other democratic societies: they should be an expression of the will of the people, free of political party brokerage. Referendums would thus gain a new political role – beyond the political composition of Parliament, which reflects a given historical moment – and would supplement representative democracy in a proactive (legislative) or reactive (confirmatory) way. The present form of the referendum to repeal a law would thus be subsumed in the broader legislative referendum, or citizens’ initiative, only aimed at deleting a provision rather than introducing or amending one.
2.4.3 Citizens’ legislative initiative One of the main reasons to strengthen the instrument of the referendum (in its dual capacity as a tool to introduce citizens’ bills and to confirm laws and legislative amendments) is the need to open new spaces for public involvement by fully implementing the fourth paragraph of Article 118 of the Constitution and restoring the thrust of an active involvement for the common good. 63
Citizens’ initiative, as presently regulated, lacks the impact in democratic life that it deserves, because it does not commit Parliament to take follow-up action, as is amply demonstrated by the number of citizens’ bills submitted to Parliament over the last few years. Most of these proposals, even ten years after their submission, still await response. Also at regional level, legislative initiative has failed to motivate citizens and is therefore rarely used, again because the public has no further say in the matter if their proposal is rejected or indefinitely put on the back-burner by the regional council. For this reason a region and a province with special status (Friuli-Venezia Giulia and the autonomous province of Trento) have introduced legislation whereby the local legislative assemblies have an obligation to consider a proposal submitted by the citizens within a certain timeframe, failing which the citizens’ bill is automatically put to the vote by referendum. This arrangement, however, has one major shortcoming, in that it fails to vest actual legislative power in the citizens. The autonomous region of Valle d’Aosta and the autonomous province of Bolzano have rightly gone further: legislative initiative has been conferred on the citizens through a procedure whereby a quorum of signatories may introduce a properly drafted bill to their respective regional/provincial legislative council. Should such bill fail to progress through the council – in part or substantially – it would automatically be put to a referendum. This arrangement, along with the optional confirmatory and constitutional referendum, is the main direct democracy instrument that has worked – to the full satisfaction of the people – for 140 years at all levels of government in Switzerland and for over 100 years at State and city level in 26 US States. Parliament must enjoy a right to submit its own alternative proposal. With respect to any type of referendum on any eligible topic, Parliament should be entitled to consider a draft measure which is neither that of citizens nor the status quo and which might be at the opposite end of the citizens’ proposal. Such draft measure by Parliament would thus be a third option laid before citizens. If Parliament passes its own proposal, then the committee of initiators (consist64
ing of nine citizens enjoying voting rights under this bill) shall vote on whether to withdraw their bill or to put it to the general vote. It would be up to the committee to decide whether the bill passed by Parliament incorporates the principles and goals of the measure proposed by the citizens or is totally different to the citizens’ proposal. Because both proposals might obtain a majority of valid votes, a casting question should also be posed on the ballot paper, such as: “Which of the two proposals should take effect if both are preferred over the existing law?” If both the citizens’ and Parliament’s proposals are approved, this third question would define the outcome of the vote. Should neither proposal obtain a majority in the replies to the third question, the popular initiative would be rejected and the existing law would remain in force. Such an exercise – even if inconsequential in terms of amending the legislation – would provide Parliament with a clear indication of the will of the people, which should be taken into account in future reviews of the subject matter.
2.4.4 Optional confirmatory referendum An optional confirmatory referendum is only admitted in the Italian constitutional system in cases of amendments to the Constitution. Such tool should be extended to ordinary State laws. Both in theory and in the long-established practice of countries with a modern system of direct democracy, this instrument provides the public with an emergency brake. Under the proposed law, a certain number of citizens or five regional councils may sign a petition requesting that a law that has been passed but has not yet entered into force be swiftly subjected to a referendum in which all voters take part. The sole exception to this is the Budget Law. This arrangement, which is widely used in Switzerland and the US, vests confirmatory and veto power in the citizens. Requesting a confirmatory referendum simply means that there are strong doubts on the correspondence of views between the public and the majority in Parliament. The instrument 65
also enables Members of Parliament to confirm that their proposal for regulation of a given subject is supported by the people. The bill to amend the second paragraph of Article 75 of the Constitution would enable the enactment of urgent legislation for a short period of time. Such legislation may be challenged by an optional confirmatory referendum. The new paragraph of the Constitution should read: “If Parliament declares a law to be urgent, such law shall be enacted by the deadline provided therein and a confirmatory referendum under Article 74 above may be requested only after the law has entered into force. If a confirmatory referendum is held and an outcome unfavourable to the law is returned, such law shall be repealed within a year of its passage by Parliament and may not be introduced again”. This measure would comply with Parliament’s need to adopt urgent measures. A law thus passed would enter into and remain in force until the optional confirmatory referendum is completed. If it fails the test of the referendum, the law is repealed, as is presently the case with laws repealed by referendum. Once voters have rejected such urgent measure, the law may not be proposed again, thus ensuring that the will of the people is complied with.
2.4.5 Citizens’ constitutional initiative Constitutional amendments proposed by citizens should follow a more complex process than ordinary laws. A properly drafted constitutional amendment bill is to be supported by no less than 50 thousand sponsors whose signatures are to be gathered within no longer than six months. Once this stage has been completed, a pre-test is conducted to assess whether the proposal is receivable. After this, one million signatures are required. By introducing a two-stage process, the frustrating experience of many organising committees to see their proposals rejected by the Constitutional Court after one million signatures have been collected would be avoided. Under this proposed procedure, 50 thousand voters would be entitled to submit their constitutional amendment bill to the 66
Constitutional Court for a receivability assessment. Once this certainty has been obtained, the organising committee may engage fully in the collection of one million signatures. Also in this case, Parliament may introduce an alternative proposal, which would be submitted to voters under the same procedure as ordinary laws.
2.4.6 Why the turnout requirement should be abolished The bill proposes an amendment whereby – in all referendums – the proposal put to the vote is passed if it is approved by a majority of valid votes cast. The vote should be free and decisive, meaning that citizens who participate in a referendum should be aware that their vote will be decisive, whereas those who choose not to go to the polls implicitly delegate their vote and decision to other voters. Why would the abolition of the turnout requirement make sense? The main reasons are the following: 1. Abstaining is the same as voting “No” Because of the turnout requirement, a voter not going to the polling booth is actually casting a vote against, even though there might be a number of different reasons why a person may be prevented from voting: a lack of knowledge on the subject matter of the referendum, indecisiveness, lack of interest, and many other personal reasons. Though these can be good reasons to abstain or not go to the polling station in any election, they would not imply a vote against as only valid votes for parties and candidates are counted. Therefore non-participation in a referendum ought to be considered as such, i.e. an abstention without any consequence on the final outcome.
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2. The turnout requirement may be used in a manipulative way Boycotting a referendum may easily result in a turnout lower than 50%, that is below the threshold required for the outcome of the vote to be valid. Thus, referendum opponents exploit this mechanism to try to invalidate the outcome by urging voters in their camp to abstain so as to add their number to those who would not vote anyway. By resorting to this practice they do not need to put forward alternative arguments or proposals to convince voters; they can confine themselves to calling for a vote boycott. But, if no minimum turnout is required, then both proponents and opponents are obliged to make their point in order to convince a majority of voters. 3. The turnout requirement rewards lack of interest in politics and penalises citizens who are committed to democracy Politically active citizens endeavour to be well informed and to form their own opinions ahead of the vote. Uninterested people and advocates of vote boycotting simply do not go to the polls. If a referendum fails owing to a failure to reach the minimum turnout required, involved citizens are penalised while boycotters and uninterested people are rewarded for a choice that effectively prevents a meaningful democratic debate. 4. Vote secrecy may be jeopardised The right to a secret ballot is somehow infringed by the turnout requirement. A voter who goes to the polling station against all calls to boycott the vote, is automatically viewed as an antagonist by referendum opponents. 5. No minimum turnout is required for constitutional referendums Confirmatory referendums both on laws amending the Constitution (Article 138, second paragraph, of the Constitution) and on legislation concerning the form of government at local level (Article 123, third paragraph of Constitution,
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e.g. election laws and laws regulating direct democracy) need not meet a turnout requirement. 6. Elections do not require a minimum turnout to be valid No minimum turnout is needed in any election at any level. Only actual voters decide. 7. No risk that a minority may gain the upper hand Fears that a small but very active minority might pursue their own interest and impose their choice to a passive majority are unjustified. Research into voters’ behaviour has shown that in any controversial vote the turnout is high and the majority of citizens clearly express their rejection of the minority’s proposition on the ballot paper. At any rate parties and unions, who claim to represent the majority of society, are free to mobilise their supporters and urge them to vote against a referendum that is thought to reflect minority interests. 8. In the US and Switzerland no minimum turnout is required In Switzerland, the United States, and many other countries there is no minimum turnout requirement. Though referendum participation levels in Switzerland traditionally fluctuate “only” around 40%, no political party has ever really demanded a quorum rule, knowing that this would open the way to political manipulation and tactical manoeuvring. 9. Moderate turnout levels are required in Germany There are Germans who complain about the “high” turnout required in their country, even though it is actually quite low when compared to Italy’s. In Bavaria, Hesse, and Saxony ordinary laws are passed by simple majority and no quorum is required. In all remaining German States a minimum turnout or approval rate must be met, ranging between 15 and 33%, with the sole exception of Saarland where a 50% turnout has to be reached. Higher requirements 69
have been set in Germany for the approval of constitutional referendums, unlike Italy where no quorum is required in this type of referendum. In Bavaria, for example, 25% of registered voters must cast a “Yes” vote, while the approval threshold is 50% in almost all remaining States, but just for constitutional decisions.24 10. Direct democracy promotes citizens’ involvement Direct democracy is meant to promote citizens’ participation rather than discourage it. One of its main goals is to encourage citizens’ involvement under Article 118(4) of the Constitution. A high degree of involvement cannot be reached by imposing legal obligations to meet a certain turnout. Thus, uninterested citizens would not be persuaded to vote because a quorum is required: quite the reverse. Having repeatedly seen referendums fail owing to low turnout, interested and motivated citizens eventually feel frustrated and lose confidence in this democratic tool as they are confronted with the boycott of other citizens. It is a vicious circle. Though originally intended as a way to encourage participation, today the turnout requirement is undeniably stifling debate and deterring engagement. This mechanism penalises social minorities more than anyone else as they cannot reach out to the wider public. 11. The turnout requirement is the result of a lack of confidence in the people Referendums today are tools for active participation rather than mere «defence of last resort». Any direct democracy procedure should aim at encouraging communication at all levels whereas participation thresholds and calls to boycott a referendum effectively hamper proper communication. It is easier to elude debate by inducing citizens not to vote, than to face open public debate and a vote without a quorum. The 50% turnout threshold is not a fundamental provision of the Italian 24 Kaufmann, B./ Büchi, R./ Braun, N. (2009): Handbuch zur Direkten Demokratie, p. 245
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constitutional system. In fact, it is only applicable to one of two types of national referendums. Taking other countries’ successful models as an example, Italy can today abolish the quorum in national referendums as well as in regional and municipal ones. However, the abolition of the turnout requirement must be accompanied by the introduction of another extremely important provision, i.e. the need to obtain a majority of valid votes both nationwide and in most regions. This new provision is meant to reflect the general course taken by the Italian political system towards a more accomplished regional state and to avoid a geographically imbalanced outcome of the referendum, in which votes in favour may be concentrated in just a few regions. For example, a referendum approved in the 8 Northern regions would not pass because a majority would be needed in at least 11 out of 20 regions.
2.4.7 Raising the majority required to pass constitutional amendments to 60% The majority electoral system calls for a revision of the majority required to pass constitutional amendment bills in the second vote. This should be increased from 50 to 60%, so as to avoid that constitutional amendments with far-reaching consequences for our legal system are passed by government MPs without the support of a larger majority in Parliament. At the same time, the majority required for these laws not to be put to referendum would be raised from two-thirds to three-fourths of the members of each House. Â
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2.5 Bills submitted in the Senate In the current Parliament (2008 – 2013), according to an agreement between the Presiding Officers of the Chamber of Deputies and the Senate reached at the beginning of the term, constitutional amendment bills have first to be passed in the Senate. At present eight bills on direct democracy tools that have been considered and discussed are still pending in the Senate Constitutional Affairs Committee, owing to a lack of political will by majority parties. 25 We can only hope that people will raise its voice and reform efforts will finally be examined.
25  Out of 124 bills under consideration in the Constitutional Affairs Committee, six are related to direct democracy
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3 Annexes 3.1 Draft laws
3.1.1 Constitutional amendment bills: S. 83 Sen. FRANCO Vittoria A Bill to amend Article 75 of the Constitution concerning referendums to repeal laws – introduced in the Senate on 29 April 2008. S. 1092 Sen. ADAMO Marilena A Bill to amend Articles 71 and 75 of the Constitution concerning provisions for a legislative referendum and revision of the turnout requirement in referendums to repeal laws – introduced in the Senate on 7 October 2008. S. 1428 Sen. PETERLINI Oskar and others. A Bill to amend Articles 70, 71, 73, 74, 75, and 138 of the Constitution concerning law-making procedures and amendments to the Constitution, provisions for citizens’ legislative initiative, constitutional legislative initiative and direct democracy procedures – introduced in the Senate on 4 March 2009. S. 1625 Sen. PORETTI Donatella A Bill to amend Articles 75(4) of the Constitution concerning referendums to repeal laws – introduced in the Senate on 23 June 2009. S. 1654 Sen. PASTORE Andrea A Bill to amend Article 75 of the Constitution concerning referendums to repeal laws – introduced in the Senate on 1 July 2009. 73
S. 1706 Sen. BELISARIO Felice and others A Bill to amend Article 75 of the Constitution concerning the elimination of the turnout requirement in referendums to repeal laws – introduced in the Senate on 21 July 2009.
3.1.2 Bills amending ordinary legislation: S. 1624 Sen. PORETTI Donatella A Bill to amend Law 25 May 1970 no. 352 concerning provisions on the referendums established by the Constitution and on citizens’ legislative initiative – introduced in the Senate on 23 June 2009. S. 3159 Sen. COMPAGNA Luigi A Bill to amend Law 25 May 1970 no. 352 concerning the submission of questions to be posed on a referendum – introduced in the Senate on 16 February 2012.
3.2 Referendums in Italy 1946 – 2012
3.2.1 Constitutional referendum 1946 On the form of State (Republic/Monarchy) YES (in favor of abolishing the monarchy)
3.2.2 Referendums to repeal laws 1974 1 question: Divorzio YES (in favor of abolishing the prohibition of divorce)
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1978 2 questions: Legge Reale su Ordine pubblico NO, Finanziamento pubblico partiti NO 1981 5 questions: Legge Terrorismo, ergastolo, porto d’armi, 2 x interruzione gravidanza (YES in favor of abortion, NO Mov. vita), 1985 1 question: Indennità di contingenza NO 1987 5 questions: Responsabilità civile del giudice YES, Commissione inquirente YES, Localizzazione centrali nucleari YES, Contributi enti locali YES, Divieto partecipazione dell’ENEL a impianti nucleari all’estero YES. 1990 quorum not reached: 5 questions: Disciplina della caccia YES, Accesso dei cacciatori a fondi privati YES, Uso dei pesticidi YES, but invalidated. 1991 1 question: Riduzione preferenze Camera dei Deputati YES 1993 8 questions: Competenze USL YES, Stupefacenti e sostanze psicotrope YES, Finanziamento pubblico dei partiti YES, Casse Risparmio e Monti Pietà YES, Ministero delle partecipazioni statali YES, Elezione Senato della Repubblica Si, Ministero agricoltura e foreste YES, Ministero turismo e spettacolo YES. 1995 12 questions: Concessioni televisive nazionali NO, Interruzioni pubblicitarie NO, Raccolta pubblicità radiotelevisiva NO, Rappresentanze sindacali (richiesta massimale) NO, Rappresentanze sindacali (richiesta minimale) YES, Contrattazione pubblico impiego YES, Soggiorno cautelare YES, Privatizzazione RAI YES, Autorizzazione al commercio NO, Trattenute contributi sindacali YES, Legge elettorale comuni NO, Orari esercizi commerciali NO. 1997 – 2009 quorum not reached and invalidated: 1997 7 questions: Privatizzazione YES, Obiezione di coscienza YES, Caccia YES, Carriere dei magistrati YES, Ordine dei giornalisti YES, Incarichi extragiudiziari dei magistrati YES, Ministero per le politiche agricole YES.
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1999 1 question: Elezione Camera Deputati (abolizione del voto di lista) YES. 2000 7 questions: Rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie YES, Elezione Camera dei Deputati (abolizione del voto di lista) YES, Elezione del Consiglio Superiore della Magistratura YES, Ordinamento giudiziario YES, Incarichi extragiudiziari dei magistrati YES, Licenziamenti NO, Trattenute associative e sindacali tramite gli enti previdenziali YES. 2003 2 questions: Reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati YES, Servitù coattiva di elettrodotto YES. 2005 4 questions: Procreazione medicalmente assistita 4x YES, 2009 3 questions: Legge elettorale: Abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste 2x YES, Camera dei Deputati. Abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentare la propria candidatura in più di una circoscrizione YES.26 2011 4 questions: (servizi pubblici, acqua, energia nucleare, legittimo impedimento, all YES) (16 referenda to repeal, with a total of 66 questions).
3.2.3 Constitutional referendums 2001 1 question: Modifica al titolo V della parte seconda della Costituzione YES 2006 1 question: Modifica alla parte seconda della Costituzione NO
26 Nel 1990 e dal 1997 al 2009 non è mai stato raggiunto il quorum necessario, pertanto i referendum evidenziati in grassetto non sono stati validi.
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3.2.4 Consultative referendum 1989 1 question: Mandato costituente al Parlamento YES
3.2.5 Composite referendums: 1 Istituzionale 16 abrogativi 2 costituzionali confermativi 1 consultivo 20 referendums27 in all
3.2.6 Turnout in referendums to repeal laws Referendum 1974 1978 1981 1985 1987 1990 1991 1993 1995 1997 1999 2000 2003 2005 2009 2011
voters 87,7 % 81,2 % 79,4 % 77,9 % 65,1 % 43,4 % 62,4 % 77,1 % 57,9 % 30,3 % 49,6 % 32,5 % 25,7 % 25,9 % 23,8 % 54,8 %
27  Ministero dell’Interno: Archivio storico delle elezioni.
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3.3 Bill S.1428, proposed and co-drafted with the representatives of direct democracy S. 1428 Sen. Peterlini Oskar ed altri. Modifiche agli articoli 70, 71, 73, 74, 75 e 138 della Costituzione, in materia di formazione delle leggi e revisione della Costituzione, introduzione dell’iniziativa legislativa popolare e dell’iniziativa legislativa costituzionale e di democrazia diretta, presentato al Senato 4 marzo 2009. Capo I MODIFICHE AGLI ARTICOLI 70, 71, 73, 74, 75 DELLA COSTITUZIONE E INTRODUZIONE DELL’INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE Art. 1. 1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere nonché dai cittadini aventi diritto al voto ogni volta che una parte del popolo sovrano ne faccia richiesta.». Art. 2. 1. L’articolo 71 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 71. – L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere, ad un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Hanno diritto di esercitare l’iniziativa delle leggi e di partecipare alla votazione popolare tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La legge determina le modalità di attuazione dell’iniziativa popolare e del diritto alla votazione referendaria deliberativa.».
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Art. 3. 1. L’articolo 73 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 73. – Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta di legge di iniziativa popolare, da parte di un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, di un progetto redatto in articoli. La durata massima utile per la raccolta delle firme richieste per l’iniziativa popolare viene stabilita dalla legge dello Stato. La proposta di legge di iniziativa popolare, che deve essere formulata secondo il principio dell’unità della materia, viene presentata ad una Camera e segue l’iter legislativo previsto dall’articolo 72. Qualora una proposta di legge ad iniziativa popolare, di cui al primo comma, non venga tradotta in legge dal Parlamento entro un congruo periodo di tempo, da stabilire con legge, la proposta è sottoposta alla votazione popolare deliberativa, previa dichiarazione di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, che decide con sentenza in seguito al deposito da parte del comitato promotore di un numero di firme di elettori non inferiore a cinquantamila. Qualora il Parlamento modifichi la proposta di legge di iniziativa popolare o approvi un proprio disegno di legge in materia, il comitato promotore dell’iniziativa popolare, composto da un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, decide a maggioranza se ritirare il disegno di legge ad iniziativa popolare o far valere il diritto alla votazione popolare deliberativa. In questo ultimo caso ambedue le proposte vengono sottoposte a votazione referendaria. In questo caso le domande da sottoporre all’elettore sono tre: se preferisce la proposta popolare al diritto vigente; se preferisce la controproposta del Parlamento al diritto vigente; quale proposta deve entrare in vigore se gli elettori preferiscono entrambe le proposte al diritto vigente. Una proposta è approvata se ha raggiunto la maggioranza dei voti validamente espressi sia nella maggioranza delle regioni sia sull’intero territorio nazionale. Se viene approvata sia la proposta popolare sia la controproposta parlamentare decide il risultato della terza domanda. La legge determina altresì le modalità relative ai criteri di ammissione dei referendum propositivi effettuata 79
a cura della Corte costituzionale su richiesta del comitato promotore in data precedente alla raccolta delle adesioni». Art. 4. 1. L’articolo 74 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 74. – È sospesa l’entrata in vigore di una legge o di un atto avente valore di legge per sottoporlo a referendum confermativo, quando lo richiedono entro dieci giorni dall’avvenuta approvazione un comitato, composto da un numero minimo di elettori da stabilire con legge dello Stato, o un consiglio regionale. È indetto il referendum confermativo quando, di seguito, entro tre mesi dall’avvenuta approvazione in sede parlamentare o governativa della legge o dell’atto avente valore di legge tale richiesta è sostenuta da un numero minimo di cittadini aventi diritto al voto, da stabilire con legge dello Stato, o da cinque consigli regionali. Non è ammesso il referendum confermativo per le leggi di bilancio. Hanno diritto di partecipare al referendum confermativo tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum confermativo entra in vigore se la richiesta di referendum confermativo non viene sostenuta dal numero minimo di cittadini stabilito con legge dello Stato o quando una maggioranza dei voti validamente espressi si esprime a favore. La legge determina le modalità di attuazione del referendum confermativo.». Art. 5. 1. L’articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 75. – Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione parlamentare o popolare. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esso stabilito e si può chiedere l’indizione di un referendum abrogativo soltanto dal momento che 80
la legge è entrata in vigore. Se si arriva al referendum popolare con esito sfavorevole alla legge, essa viene abrogata e non può più essere riapprovata entro la medesima legislatura. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso». Capo II MODIFICHE ALL’ARTICOLO 138 DELLA COSTITUZIONE E INTRODUZIONE DELL’INIZIATIVA LEGISLATIVA COSTITUZIONALE Art. 6. 1. L’articolo 138 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 138. – Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate con il sessanta per cento dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi sono poi sottoposte a referendum confermativo popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei tre quarti dei suoi componenti. I princìpi fondamentali della Costituzione, i diritti umani sanciti dalle fonti internazionali, le libertà e i diritti dei cittadini fissati nella prima parte della Costituzione non possono essere ridotti o disconosciuti, così come non possono esserne indebolite le garanzie di tutela disposte nella seconda parte. Le leg-
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gi di revisione della Costituzione sono formulate tenendo conto del principio dell’unità della materia. La Corte costituzionale si pronuncia sulla conformità della revisione a tali imperativi entro novanta giorni dalla prima approvazione in entrambe le Camere. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi di revisione della Costituzione mediante la proposta da parte di un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, di un progetto redatto in articoli come è previsto dall’articolo 73. La durata massima utile per la raccolta delle firme richieste per l’iniziativa legislativa costituzionale popolare è stabilita con legge dello Stato. Entro novanta giorni dalla presentazione della proposta di legge alla Camera, la Corte costituzionale si pronuncia sull’ammissibilità della proposta; successivamente un numero minimo di elettori, da stabilire con legge dello Stato, può richiedere che la proposta di legge sia sottoposta a referendum popolare. Qualora una proposta di legge costituzionale ad iniziativa popolare non venga tradotta in legge entro un congruo periodo di tempo, da stabilire con legge dello Stato, la proposta è sottoposta al referendum popolare. Il Parlamento può presentare una controproposta in materia, che deve essere approvata secondo l’iter di cui al primo comma. In questo caso entrambe le proposte dichiarate ammissibili da parte della Corte costituzionale, sono sottoposte alla votazione referendaria. Nel caso di cui all’ottavo comma, le domande per l’elettore sono tre: se preferisce la proposta popolare al diritto vigente; se preferisce la controproposta del Parlamento al diritto vigente; quale proposta deve entrare in vigore se gli elettori preferiscono entrambe le proposte al diritto vigente. Una proposta è approvata se ha raggiunto la maggioranza dei voti validamente espressi sia nella maggioranza delle regioni sia sull’intero territorio nazionale. Se viene approvata sia la proposta popolare che sia controproposta parlamentare decide il risultato della terza domanda. La legge determina le moda-
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lità di attuazione dell’iniziativa legislativa costituzionale popolare e del referendum confermativo popolare.
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