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settembre
4 pagine di inserto Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno II, n. 8 - Foligno, agosto 2010
Arrogante e cafone La Repubblica delle banane
E’
noto che l’abito non fa il monaco e che dietro i riti ed i formalismi di protocollo si nasconde a volte il “vuoto” (di idee e di contenuti), altre volte, peggio, l’ipocrisia e l’inganno. La forma, anche nell’abbigliamento e nell’atteggiamento, spesso è però una “forma” di rispetto tanto per le persone quanto per il contesto nel quale si manifesta. Disattendere la “forma” può essere sintomo di sciatteria o, al contrario, segnale di ragionata arroganza e presunzione che, comunque, sempre si accompagna alla maleducazione. Lo scorso mese di luglio, secondo un rito che si ripete oramai da quasi un secolo, il padrone della Fiat si è recato in Quirinale per presentare al suo “inquilino” (oggi Presidente e prima re) il nuovo “gioiello di famiglia”. Fin qui, tutto sommato, è stato anche giusto visto che a pagare i costi di produzione del “gioiello” (come anche dei “rottami”) è da sempre lo Stato (Repubblica o monarchia nulla è cambiato). Il grande manager “amerikano” dell’industria automobilistica multinazionale, però, a differenza dei suoi predecessori più ipocriti vestiti in abiti di gala, si è presentato con il suo solito maglioncino giro collo, senza cravatta, senza giacca, mani in tasca (forse anche masticando un gomma “amerikana” dell’amico Obama). Diceva il marchese del Grillo: “Scusate, ma io sono io e voi non siete un cazzo!”. Passi per il titolo di marchese del Maglioncino, ma il “cazzo” in questo caso è stato il Presidente della Repubblica, cioè lo Stato. Due letture: una peggiore dell’altra. La prima è la manifestazione di arroganza del potere, una volta di lignaggio oggi di lingotti (d’oro), che si permette di non rispettare più nulla e nessuno, sentendosi al di sopra di tutto e di tutti. La seconda, decisamente più grave, è la manifestazione di disprezzo per le istituzioni democratiche, considerate un antico retaggio inutile e
ingombrante in un mondo che “va veloce”, che non conosce più limiti e confini, che non tollera più norme, neppure quelle della buona educazione, residui insomma di cultura catto-comunista come dice l’altro omino arrogante (che almeno lui si ostina ad indossare larghi abiti doppiopetto molto più formali ed eleganti, anche se lo fanno sembrare un paracarro con le scarpe). L’ “amerikano” è sbarcato in Italia, “minaccia” di far lavorare lo stabilimento di Pomigliano, poi invece ci ripensa e decide (non “minaccia” più, ma decide) di chiudere lo stabilimento di Mirafiori, nel frattempo, mentre saccheggia le casse dello Stato, fa fare un giretto sulla sua nuova automobile al Capo di uno Stato che per lui, tanto, non conta più un “cazzo”. Purtroppo è storia già vista, quando i padroni delle grandi società americane invadevano gli Stati del centro e del sud America, saccheggiandone le risorse agricole, forestali e minerarie e intanto “sollazzavano” con gadgets e tangenti i loro governi succubi e venduti. Per quegli Stati era stata coniata una definizione entrata nella storia: Repubbliche delle Banane. Anche l’Italia da “Repubblica fondata sul lavoro” si sta trasformando in una “Repubblica delle banane”? Una nota ancora, per così dire informativa: il signore del maglioncino non è affatto il proprietario della Fiat, è un “manager” a stipendio dei padroni (anche se mostruosamente alto); solo qualche decennio fa lo avremmo chiamato un “fattore”. Quanto alla proprietà della FIAT va ricordato che i circa 100 eredi Agnelli ne possiedono, tutti assieme, poco più del 30%, il 10% è in mano a fondi USA, il 30% alle banche europee creditrici della società semi-decotta, il residuo circa 30% al “parco buoi”, cioè all’azionariato diffuso fatto per lo più da quei risparmiatori che comprano le azioni al prezzo più alto e le rivendono a quello più basso “ingrassando” gli speculatori (magari gli stessi “altri” soci).
all’interno Costituzione e popoli migranti
a pagina 2
Un figlio degli Agnelli
a pagina 3
Neruda, Canto General
a pagina 5
Se 60 ora vi sembran poche
a pagina 6
La Merloni non va in vacanza
a pagina 7
Alimentazione e gravidanza
a pagina 9
Miseria e Nobiltà
a pagina 10
Principali eventi della Quintana
a pagina 12
Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org
Maceratola
Demolita l’ultima fattoria nella zona, di proprietà dell’Opera Pia Bartocci, già in disuso da anni a seguito della realizzazione di una precedente lottizzazione, per lasciare spazio a nuovi insediamenti residenziali plurifamiliari ANDREA TOFI
Maceratola era una frazione di 5-600 anime, sita al di là del fiume Topino, nell’immediata periferia di Foligno ed al confine con il comune di Bevagna, che negli ultimi 15 anni ha visto incrementare notevolmente il numero di residenti; oggi ne conta all’incirca 8-900. Al centro del paese vi è la chiesa di S.Stefano con un ampio piazzale dotato di attrezzature sportive di proprietà della Curia vescovile, che ha rappresentato e rappresenta tutt’ora l’unico punto di aggregazione fra le varie generazioni e dove da circa trent’anni ha luogo la “Magnata de pesce”, ideata agli inizi degli anni ’80 dal parroco Don Luigi Filippucci coadiuvato da un cospicuo numero di ragazzi e non solo, uniti dalla passione per la pesca e con tanta voglia di stare insieme. Un tempo come tante altre realtà simili, Maceratola era un luogo ricco di lavori e mestieri tipici della cultura contadina ed artigiana, numerose erano le fattorie e le piccole aziende agricole a conduzione familiare, molti gli ortolani che la mattina caricavano i propri mezzi e si recavano all’alba in “piazza dell’Erba” o presso i fruttivendoli per portare i propri raccolti. Con il passare degli anni la città è inesorabilmente avanzata, calpestando tutto ciò che era tipico del luogo, sfrattando a volte anche coloro che per decenni con le loro attività avevano arric-
chito e conservato la natura del territorio. L’espansione urbana registrata in seguito all’approvazione dell’ultimo piano regolatore e favorita dal post terremoto, sta trasformando di fatto la frazione in un piccolo quartiere, in quanto è stata consentita la costruzione di manufatti tipici dell’arredo urbano (cioè edifici da tre o quattro livelli) modificando profondamente l’aspetto di questo paesino caratterizzato prevalentemente da edifici rurali e residenziali con un massimo di due piani fuori terra. Tutto questo è stato pensato senza metter mente all’adeguamento delle infrastrutture esistenti come la rete stradale, le fognature, l’acqua, il metano e senza potenziare i servizi fondamentali quali l’igiene urbana, i luoghi di aggregazione sociale come potrebbero essere dei centri polivalenti presenti in altre aree della città, i trasporti (oramai gli autobus funzionano solamente a chiamata), ma soprattutto la creazione di un polo scolastico sicuro ed a misura di bambino, che possa essere fruibile anche dalle frazioni limitrofe come Fiamenga, Cave e Budino vittime anche loro di questo processo di urbanizzazione incontrastata. In un periodo come questo, nel quale l’esigenze ed il costo della vita sono aumentati, costringendo al lavoro entrambi i genitori i nuovi insediamenti debbono essere ricalcolati intorno alla famiglia, con asili e scuole primarie limitrofe ai luoghi di residenza in modo da facili-
tare anche gli spostamenti. Sino alla scorsa legislatura erano presenti le Circoscrizioni che se pur inutili, come considerano tanti (forse il numero era eccessivo), erano l’unico modo che permetteva ai cittadini di interagire con l’amministrazione comunale. Io ne ho fatto parte come consigliere e debbo dire che la mia esperienza è stata positiva, nel senso che ascoltando le istanze portate dai cittadini di fronte al consiglio di circoscrizione, sono riuscito a capire le esigenze e lo stato d’animo di tante persone che si sentono tradite dalla politica, ma soprattutto da chi li amministra, che nella maggior parte dei casi agisce senza prendere in considerazione i bisogni della comunità, in molti casi infatti vengono realizzati progetti sulla carta senza nemmeno fare delle accurate verifiche sulla fattibilità delle opere e sul reale impatto che il territorio può avere, arrecando di fatto molti più disagi che benefici. La gestione della vicenda che ha portato alla definizione del progetto esecutivo della variante Sud, che in parte lambirà anche Maceratola, ma che pesantemente ricadrà sulla frazione di Cave, la quale sarà divisa in due aree da un terrapieno che verrà realizzato per consentire la costruzione della strada, è l’esempio calzante di come chi gestisce l’amministrazione pubblica non conosce realmente le esigenze dei cittadini e del territorio o per lo meno fa finta di non capirle; mi sem-
bra assurdo infatti che si ritenga necessaria la realizzazione di una strada extraurbana di 10-11 metri di carreggiata, per agevolare il transito degli autoveicoli e dei mezzi pesanti dalla S.S. 77 nei pressi della zona industriale di S.Eraclio verso l’ospedale e quindi la Paciana (con sei o sette rotatorie in mezzo!), quando ci sono zone in cui sono stati realizzati complessi edilizi di notevole cubatura (palazzine e quartieri residenziali) dove le strade sono di tre metri circa, dove non sono stati previsti parcheggi in grado di soddisfare le esigenze dei residenti e dove non ci sono spazi pubblici di area verde, se non pezzi di terreno lasciati incolti solo perché previsti dai progetti di urbanizzazione. Le grandi opere lasciamole fare a chi ci governa a livello nazionale, ritorniamo con i piedi per terra, cerchiamo di ascoltare il cittadino, rendiamolo partecipe attraverso un processo democratico di amministrazione dal basso, solo in questo modo si riuscirà a ricucire lo strappo creato fra le nuove generazioni e la politica e riusciremo forse a tutelare e valorizzare le specificità dei territori compreso il centro storico che lentamente procede verso l’inesorabile morte, con famiglie che lasciano l’urbe per trasferirsi in ciò che resta delle campagne e attività commerciali che chiudono i battenti per trasferirsi a loro volta nei centri commerciali che sorgono in prossimità dei nuovi insediamenti.
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Leggi e diritti
FOLIGNO AGOSTO 2010
Popoli migranti: assimilazione integrazione e multiculturalismo La Corte Costituzionale “naviga a vista” tra difesa dei principi universali di uguaglianza e non discriminazione e la diffusa involuzione dei principi metagiuridici di accoglienza e asilo, in attesa di nuove linee comuni europee MARCO MARIANI Il Giudice delle leggi interviene in materia di immigrazione con due pronunce importanti, la prima, (Corte Cost. Sentenza 5-8 luglio 2010 n. 249) boccia l’aggravante di clandestinità mentre, la seconda, (Corte Cost. Sentenza 5-8 luglio n. 250) ritiene legittimo il reato di immigrazione clandestina. Per quanto concerne la prima decisione, la norma dichiarata costituzionalmente illegittima è l’art. 61, n. 11bis del codice penale relativamente alla circostanza aggravante “l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale”. I giudici remittenti avevano prospettato come intrinsecamente irragionevole la presunzione di maggiore pericolosità collegata alla mera carenza di un titolo per il soggiorno nel territorio dello Stato ed in ogni caso la non giustificabilità di una pena più elevata in assenza di qualsiasi correlazione tra la condizione del reo e la gravità del reato commesso e infine l’irragionevole disparità di trattamento. La sentenza della Consulta pronuncia, sulla scorta di altre simili decisioni, la illegittimità delle norme che approntano una fattispecie incriminatrice adoperando presunzioni assolute di pericolosità, con l’effetto di
istituire discriminazioni irragionevoli. In sostanza la Corte ha ritenuto che comportamenti pregressi non sono idonei di per sé a giustificare un trattamento speciale differenziato. La sentenza affonda anche le sue ragioni sulla disposizione interpretativa che il legislatore ebbe ad adottare con la norma (art. 1, comma 1 L. 94/2009) che ha escluso l’applicabilità dell’aggravante ai cittadini dei paesi appartenenti alla Unione Europea, come nel caso in cui l’irregolarità del soggiorno sia stata concretamente riscontrata da parte dell’autorità di sicurezza, conclamando in tal modo una disparità di trattamento. La declaratoria di incostituzionalità in buona sostanza sanziona una presunzione di disvalore nei confronti degli stranieri extracomunitari irregolarmente presenti nello Stato, senza considerare che il mancato possesso di un titolo abilitativo alla permanenza del territorio dello Stato non è univocamente sintomatico di una pericolare pericolosità sociale. Di diverso avviso è la Corte sul reato (contravvenzione penale) di ingresso e soggiorno illegale degli stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato introdotto nell’ordinamento dall’art. 1 comma 16, lett. a) della L. 94/2009 che a inserito l’art. 10bis (punito con l’ammenda da 5 a10 mila euro) ritenuto, appun-
to, costituzionalmente legittimo con la seconda sentenza richiamata in premessa. I giudici remittenti avevano puntato sul contrasto con l’art. 25 secondo comma della Costituzione, laddove si richiede, ai fini della punibilità, la commissione di
stino in quanto tale ad essere punito. In tale ottica vengono richiamate le legislazioni straniere che contemplano la scelta di assoggettare a sanzione penale l’ingresso e il trattenimento illegale degli stranieri come in Francia (pena detentiva e
in contrasto con quelli che ormai si possono definire i comuni “principi fondamentali” e né in violazione del principio di uguaglianza e di solidarietà. Le sentenze commentate denotano senza dubbio una complessità giuridica e di conseguenza politica del
un fatto, mentre nella fattispecie si sanzionerebbe un particolare status. Secondo la Corte lo status di clandestino – diversamente dalla aggravante sopra esaminata - non rappresenta un elemento che preesiste al reato, ma ne rappresenta la risultante che qualifica soggettivamente l’autore del fatto. In sostanza è l’autore del fatto reato che diviene “clandestino” e non è il clande-
pecuniaria)), in Germania (pena detentiva alternativa alla pena pecuniaria), Regno Unito (pena detentiva alternativa o congiunta alla pena pecuniaria) e via via in Belgio, Lussemburgo, Grecia, Danimarca e Irlanda. La scelta del legislatore nazionale, secondo la Corte, dunque, discutibile fin che si vuole, non può definirsi eccentrica rispetto alle altre legislazioni europee né
fenomeno dell’immigrazione anche alla luce delle continue mutazioni delle politiche degli Stati nazionali e dei riflessi sul piano internazionale. Un dato comunque è certo e ineludibile, quello che le società (moderne) globalizzate non potranno sottrarsi ad individuare linee comuni nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione su nuove e condivise basi. In tale prospettiva, in
appendice al commento delle sentenze della Corte Costituzionale, mi piace aprire una riflessione tra i lettori che trae spunto da un articolo di Sergio Romano, il quale ha affermato: “Gli Stati migliori sono quelli in cui il concetto di cittadinanza e di uguaglianza sono collocati nella scala delle virtù, su un gradino più alto di quello su cui sono le tradizioni ereditarie e le peculiarità etnico-religiose. Se l’identità del gruppo è più importante dell’identità collettiva, è possibile che i singoli gruppi finiscano per avere due patrie e due lealtà”. Allora vorrei stimolare una vostra riflessione su alcune opzioni politicoculturali. Voi siete più favorevoli: - all’assimilazione (descrive il processo che consente all’immigrato di venire gradualmente assorbito dal Paese che lo ha accolto) - all’integrazione (descrive invece uno spazio in cui il nuovo arrivato e la sua famiglia avrebbero vissuto conservando una buona parte delle loro tradizioni e dei loro costumi) - al multiculturalismo (descrive l’organizzazione di una società in cui diversi gruppi etnici e religiosi possono convivere separatamente). O forse Voi pensate che tali categorie siano superflue alla luce del concetto di cittadinanza e uguaglianza collocato nella scala più alta?
solido patrimonialmente. Di seguito ora riassumeremo alcune tipologie dell’assegno bancario che trovano la loro ragione d’essere nel loro utilizzo corrente (purtroppo oggetto di notevole confusione). “Assegno sbarrato”: si tratta della apposizione di due barre parallele apposte sulla parte anteriore. Molti interpretano le barre come “non trasferibile” che è cosa diversa. Le barre indicano che il trattario (banca) può pagare solo ad un banchiere o ad un cliente ben conosciuto (sbar-
ratura generale e\o speciale) pertanto rimane la possibilità della libera circolazione del titolo con girata (attenzione però al limite di importo ai sensi della nuova normativa sulla limitazione del contante e della trasferibilità degli assegni ad oggi pari ad euro 4.999 euro). “Assegno da accreditare”: il traente può vietare il pagamento in contanti del titolo con questa clausola. Il pagamento potrà avvenire solo attraverso un’operazione contabile (ad esempio versandolo sul proprio conto corrente). “Assegno non trasferibile”: l’apposizione di questa clausola incide sulla circolazione del titolo. L’assegno potrà essere pagato solo ed esclusivamente all'intestatario del titolo senza nessuna eccezione. “Assegni di conto personalizzati”: di fatto sono assegni normalissimi, ma a causa del fenomeno delle falsificazioni l’Associazione Bancaria Italiana ne sconsiglia fortemente l' uso. Basta così. Eventuali chiarimenti, se vorrete, potranno essere rivolti via e-mail alla redazione del giornale.
Assegno bancario
Alcune regole e avvertenze per la compilazione e l’incasso in sicurezza ROBERTO FRANCESCHI
Avevo già preannunciato nei precedenti articoli l’argomento che per la sua complessità dovrà essere trattato almeno in più parti. Cercherò inoltre di limitare aspetti strettamente giuridici, un buon legale in caso di effettive esigenze pratiche potrà aiutarvi. L’assegno bancario è un titolo di credito "pagabile a vista". Il “pagabile” necessita di un immediato chiarimento: prendere un assegno non significa aver incassato la somma dovuta, ma questo avverrà solo dopo che la banca su cui è stato tratto il titolo, avrà effettivamente addebitato l'importo sul rapporto di conto corrente. Anche se la casistica più rilevante per il mancato pagamento è l’assenza di fondi o
provvista (aspetto questo non valutabile dal prenditore del titolo), l’assegno potrà essere non pagato anche per altre molteplici motivazioni relative ad esempio alla mancanza dei requisiti dell’assegno bancario (ben valutabili dal prenditore), pertanto l'attenzione alla verifica di questi elementi è da considerare la migliore tutela delle nostre ragioni di credito. Elencheremo quindi i requisiti dell'assegno: - la denominazione di assegno bancario inserita nel contesto del titolo; - l’ordine incondizionato di pagare una somma determinata; - il nome di chi è designato a pagare (trattario); - l’indicazione del luogo di pagamento (tutti aspetti di fatto già prestampati sul titolo); - l'indicazione del luogo e della data dove l’assegno è stato emesso;
- la sottoscrizione di colui che emette l'assegno (traente); - l'indicazione dell’importo in lettere e cifre (in caso di discordanza prevarrà sempre l'importo in lettere). La mancanza di alcuni di questi requisiti rendono il titolo assolutamente non esigibile (ad esempio la mancata sottoscrizione di chi emette l’assegno), altri invece potrebbero essere omessi (vedi il caso della mancanza del luogo di emissione se accanto alla firma di traenza è indicato il luogo del traente ad esempio con timbro della società). Altri aspetti ancora (vedasi data di emissione) incidono sul termine della levata del protesto che sarà di giorni otto se pagabile nello stesso comune di emissione, quindici se pagabile su diverso comune. Necessita una breve nota sulla valenza del protesto: avere insoluto un assegno
non protestato (ad esempio per decorrenza dei termini) non comporta la decadenza dei diritti propri dei titoli di credito (attenzione però l’azione cartolare propria dell’assegno si prescrive in mesi sei) ma non poter aggredire i vari giranti, potendosi rivalere pertanto solo ed esclusivamente sul traente: aspetto assai grave sulla possibilità di un eventuale recupero della somma in quanto si perderà la possibilità di rivalersi su un nominativo girante magari molto
FOLIGNO
Politica ed Etica
AGOSTO 2010
Emergenza legalità Scenari politici inquietanti rendono auspicabile un progetto alternativo LUIGI NAPOLITANO Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad eventi, riconducibili alla maggioranza, che aprono scenari a dir poco sconcertanti. Le dimissioni del ministro dello sviluppo economico, la cui casa pare sia stata in parte pagata da soggetti terzi che avevano rapporti di lavoro con il ministero. Vicenda grottesca, in quanto lo stesso ministro, quando presiedeva il dicastero degli interni in un precedente gabinetto, aveva dovuto dimettersi per aver definito in maniera inqualificabile un collaboratore del Governo colpito a morte da un’organizzazione sovversiva. La nomina di un nuovo ministro che, come primo atto del suo dicastero, invoca il legittimo impedimento a partecipare a un processo nel quale era imputato e, costretto a dimettersi, patteggia la pena, riconoscendosi di fatto colpevole del reato ascrittogli. La creazione e la divulgazione di un dossier infa-
mante per distruggere il candidato alla presidenza di una regione da parte di un’organizzazione diretta dal responsabile regionale dello stesso suo partito di appartenenza, peraltro già indagato per mafia. Il tentativo di introdurre una legge che di fatto costituisce un bavaglio all’informazione, bene essenziale della democrazia e, da ultimo, e non certo per importanza, la scoperta di un comitato funzionale all’affidamento di appalti truccati e al tentativo di condizionamento degli organi di controllo dello Stato, finalizzato ad influenzare il Consiglio Superiore della Magistratura nella nomina di Presidenti delle Corti di Appello e la Corte Costituzionale nella dichiarazione di legittimità del Lodo Alfano. Unica circostanza di rilievo nel mondo politico, che ha dato luogo a un dibattito con qualche conseguenza è stata la presa di distanza del cofondatore del partito di governo che, facendo leva su problemi etici, ha, di fatto, spaccato la coalizione di riferimento provocando
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ste prese di posizione e sul dibattito che ha prodotto circa la possibilità di nuove elezioni, ci sia un effettivo interesse per le sorti del Paese, valuto come inquietante lo scenario politico attuale, soprattutto alla luce della siderale distanza del-
Carlo Carrà, I funerali dell’archico Galli, 1911
come reazione una serie di attacchi giornalistici alla sua persona in una sorta di faida familiare. Avendo dei seri dubbi sulla circostanza che dietro que-
l’opinione pubblica che in tempi non lontani, per analoghi fenomeni, aveva provocato il rovesciamento di un sistema durato oltre quaranta anni e dato inizio
Il “piccolo Luca”, scende in campo Tempi che cambiano Il conflitto di interessi oggi è diventato un diritto SANDRO RIDOLFI
Con questo nomignolo l’ “Avvocato” usava chiamare il giovane Montezemolo quando lo portava con sé a scuola di (da) padrone. Il “giovane Luca”, oramai cresciuto, sembra avere deciso (o almeno sta minacciando) di scendere, anche lui, “in campo”, cioè di entrare in prima persona nella vita politica della nazione. In verità la stirpe degli Agnelli in politica ci è sempre stata: senatore era il nonno Giovanni, il fondatore, senatore addirittura a vita il nipote Gianni, l’Avvocato, senatore il fratello Umberto e parlamentare anche la sorella Susanna, che da bambina “vestiva alla marinara”. Tuttavia, tutti gli antenati del “giovane Luca” hanno sempre avuto l’accortezza di gestire in maniera molto “soffice” (soft in inglese) le loro cariche parlamentari evitando, ovviamente nella forma, di manifestare un potenziale conflitto di interessi tra le loro cariche pubbliche e le eterne necessità di sostegno pubblico al loro zoppicante impero metalmeccanico. A curare i loro interessi presso i politici usavano inviare i loro “fattori”, prima Valletta, poi, tra gli altri Romiti, da ultimo oggi Marchionne, tenendosi attentamente in seconda linea, in un’ombra “abbagliante”.
Venti anni fa (quanti ne sono passati...) un industriale, anche se è difficile attribuire tale qualifica a un palazzinaro e produttore di servizi “eterei”, ha rotto gli indugi ed è sceso di persona “in campo” a difendere, senza più remore e ipocrisie, i propri interessi sia civili che soprattutto penali. Sembra ora che anche la stirpe degli Agnelli stia per rompere gli indugi e, mentre manda il “fattore” a trattare con i capi di Stato di mezzo Mondo, fa scendere in “campo” un proprio rappresentante genealogico. C’è poco da dire: il fatto è estremamente grave, non tanto perché squarcia un velo di sostanziale ipocrisia, quanto perché, in questo modo, finisce per legittimare, quasi legalizzare, la “non resistita” illegittima e illegale condotta dell’altro piccolo uomo, quello delle televisioni. Ma ciò che più disorienta, se si può utilizzare questo termine “soffice”, è che l’evento sia stato salutato da un sincero plauso proprio da coloro, di quella parte politica, storica e culturale, che avrebbe
a quella che, con enfasi forse eccessiva, fu definita la Seconda Repubblica. A rafforzare questa visione pessimistica contribuisce l’atteggiamento di totale astensione nel commentare in alcun modo lo spettacolo al quale assistiamo da par-
dovuto resistere (resistere, resistere...) alla discesa in campo del primo “piccolo”. Un tempo si usava il termine (in ambito politico) “ammucchiata”; forse finalmente ci siamo davvero. Un grande fronte di “solida” opposizione che unisce i resti di quello che fu un grande partito comunista, con il nu-
cleo irriducibile del cattolicesimo politico (Casini, figlioccio e allievo di Forlani), con i nuovi, ma sempre gli stessi, fascisti (Fini, allievo prediletto di Almirante) e, ora, con i rampolli del padronato nazionale per eccellenza. Pensare che una volta dei democristiani si diceva che in parte (in certo senso la migliore) erano “papisti” (An-
dreotti), in parte collusi e anche personalmente mafiosi (Gava e soci); dei fascisti si diceva, semplicemente e schiettamente, che erano fascisti; degli Agnelli (e soci Pirelli, Pesenti, Falck, ecc.) si diceva che erano i “padroni”, naturali avversari della classe operaia. Allora c’era però un grande partito comunista, affiancato da un pessimo ma comunque consistente partito socialista e “provocato” da una diffusa area di sinistra più radicale o rivoluzionaria. Allora l’opposizione, cioè la sinistra, era in grado di produrre non solo grandi idee, progetti ed esempi morali, ma anche, pur senza voler ribaltare il sistema capitalista italiano, validissimi modelli alternativi di produzione e di gestione cooperativistici e sociali, soprattutto nelle eccellenze delle regioni “rosse”. I tempi cambiano, e non in meglio, oggi ci si “eccita” per la discesa in campo del “piccolo Luca”, nel mentre il suo “fattore” Marchionne smobilita stabilimenti, licenzia e prova a cancellare i diritti costituzionali dei lavoratori.
te dei rappresentanti del mondo economico, culturale e professionale, definito sul sito internet dell’associazione vicina all’ex presidente di confindustria “l’as-
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sordante silenzio che si leva dalla società civile” completato dalla mancanza di adeguate reazione dei politici dell’opposizione. Il continuo richiamo da parte dei rappresentanti di questa maggioranza ad una costituzione di fatto, che impedirebbe l’eventuale ma doveroso tentativo del Capo dello Stato, questo si costituzionale, di verificare l’esistenza di un Governo alternativo a quello attuale, la dice lunga sulla considerazione che dello Stato ha la parte politica che oggi governa il Paese e che, se dovesse veder riaffermato il consenso avuto alle ultime elezioni, libera da qualsiasi remora potrebbe stravolgere l’intero sistema statuale. In questo quadro l’unico auspicio che mi sento di formulare è che tutti i rappresentanti di quella parte del Paese che non condivide questo modo di amministrare la cosa pubblica e che non si riconosce in un sistema che ignora emergenze concrete quali la disoccupazione giovanile e il diffuso disagio economico delle classi meno protette, a tacere delle tante altre in essere, prima ancora di discutere su chi debba fronteggiare l’attuale leader della maggioranza, elabori un proget-to che chiarisca al suo elettorato da subito, tentando di riavvicinarlo al voto, quale siano le priorità che intende affrontare e con quale modalità.
Noi, e la Democrazia Un figlio degli Agnelli sarà sempre un Agnelli PALMIRO TOGLIATTI Del tutto disperata, sul terreno di un serio dibattito politico e ideale, mi sembra ormai la situazione di coloro che si propongono di dimostrare che il nostro partito – il partito comunista – è quel nemico della democrazia e della libertà dal quale bisognerebbe proteggere e salvare l’attuale ordinamento politico, perché ne sarebbe il nemico principale. Nella storia ormai non breve della nostra esistenza – dicono che siamo così vecchi! – se davvero fossimo nemici della democrazia e della libertà, un atto, un atto solo che potesse venire portato a sostegno di quest’accusa dovrebbe pur trovarsi. E invece non lo si trova! Per cui sono costretti a dire che siamo antidemocratici e antiliberali perché non siamo d’accordo con loro, il che, veramente, è troppo poco e può anche essere la prova che proprio noi, e non coloro che ci combattono, siamo gli amici della democrazia (...) La controversia di natura filosofica, circa l’affermazione che la storia sia sempre storia della libertà e circa il modo d’intendere questa tesi, fondamentale per l’idealismo di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, non è cosa nuova, per noi (...) Nessuno è libero, in una società divisa in classi, di scegliere la classe cui appartiene. Il figlio di Giovanni Agnelli è
“un Agnelli”, cioè un grande industriale monopolista, non appena apre gli occhi alla luce. Il figlio del proletario sarà proletario: lo può far uscire da questa condizione, in via di eccezione, uno straordinario e fortunato sforzo individuale, in via di sviluppo storico, un’azione rivoluzionaria che crei una società senza classi. E a produrre quest’azione, momenti personali e collettivi di progresso della coscienza e dell’azione e momenti di evoluzione oggettiva contribuiscono e s’intrecciano, in quel processo di azione e reazione che è il tessuto della storia (...) In questo grande quadro la libertà non è e non può essere il “primo”, perché è sempre, invece, una scelta, una aspirazione, una conquista dell’uomo nella lotta contro le forze della natura, da un lato, dall’altro lato contro gli ordinamenti economici e sociali dai quali scaturisce la costrizione, il freno, la tendenza a impedire l’avanzata di tutti gli uomini verso la libertà, nell’interesse di coloro che in quel momento si collocano alla sommità della scala sociale e del potere e vogliono tener soggetti tutti gli altri. La libertà, per gli uomini, esisterà soltanto quando questa costrizione sarà stata superata completamente, cioè in una società di liberi e di eguali, in una società socialista e comunista (...) L’alienazione del lavoratore e dell’uomo non può aver fine se non sulla base di un nuovo ordinamento di tutti i rapporti sociali.
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FOLIGNO
Corrispondenze dal Mondo
AGOSTO 2010
Non è un sogno, ma purtroppo non è Italia Contratto di lavoro a tempo indeterminato, settore no profit VIOLA ANTONINI
Dopo aver accumulato qualche bel titolo di studio ed esperienze formative in Italia e all’estero, ero di nuovo in cerca di un’occupazione. Un infinito numero di CV inviati invano, quando una chiamata dall’Inghilterra mi ha fatto capire che non era arrivato il momento di fermarmi. Colloquio e poi subito via: Londra. Progetto di assistenza a giovani donne senzatetto. Ente finanziatore: il comune… Ed ecco come lo Stato può concretamente aiutare un/a giovane a diventare indipendente. A Dashwood House, un vecchio edificio vittoriano sito a Notting Hill, un team di sei persone (la sottoscritta inclusa) lavora con 26 giovani donne (di età compresa tra i 16 e i 30 anni) che, oltre ad aver bisogno di un tetto, necessitano di un supporto per poter diventare indipendenti. L’essere senza tetto, generalmente, non significa necessariamente che queste ragazze vengano dalla strada, ma spesso semplicemente che, per ragioni di diverso tipo, non possono o non vogliono più vivere con la propria famiglia. E’ a questo punto che si rivolgono all’autorità locale, per chiedere appoggio nel trovare una sistemazione. Sulla carta, una stanza a Da-
shwood House è carissima, costando £206 (circa 240) a settimana, una cifra irragionevole per un qualsiasi lavoratore medio, figuriamoci per una giovane senzatetto! Ma il suo affitto verrà pagato tramite i sussidi per la casa, che, una volta concessi, copriranno gran parte dell’ammontare e la nuova inquilina dovrà sborsare di tasca sua £5 a settimana. Con questo sistema, oltre ad assicurare un tetto alle ragazze, viene assicurato, in parte, il sostentamento del progetto. Per avere diritto ai sussidi per la casa, si deve dimostrare di disporre di un ingresso fisso di denaro, contraddizione che viene subito smentita dal fatto che questo ingresso può anche consistere nei sussidi per la disoc cupazione o per lo studio. Assicurata una base economica per vivere, inizia la strada verso l’autonomia: durante la loro permanenza ogni ragazza viene seguita da una key worker (una sorta di educatrice) che l’aiuterà a individuare aspirazioni ed obiettivi di breve e medio termine, sui quali lavorare insieme. Il tempo di permanenza non è fisso: ogni ragazza esce da Dashwood House nel momento in cui ha trovato un’altra sistemazione ed è in grado di provvedere a se stessa e alla casa. A tal proposito il lavoro di rete con il comune
ed altre istituzioni risulta fondamentale per trovare l’opzione giusta per ogni utente. Le autorità locali, ad esempio propongono diverse opzioni, che si tratti di un council flat (che corrisponde alla nostra casa po-
ton and Chelsea destinato ad assicurare un alloggio alle persone vulnerabili e a garantire un supporto affinché diventino indipendenti. La prima cosa che ho imparato non appena ho messo piede a Dashwood House, è
poi scoperto essere l’ispettore capo mandato dal comune, un simpatico anglo giapponese con humour inglese, ma meticolosità 100% giapponese. Sulla base del QAF (quality assessment frame) che lui aveva fornito,
polare) o di una casa privata con agevolazioni sulla caparra e sull’affitto. Il comune, più precisamente il distretto di Kensington and Chelsea, è la nostra figura di riferimento, essendo, infatti, il finanziatore del progetto: gli affitti delle ragazze rappresentano solo una piccola parte dei fondi, che, per il resto, provengono dal Supporting people, un programma di Kensing-
che, in Gran Bretagna, i progetti con finanziamento pubblico vengono monitorati, revisionati, ispezionati dalla testa ai piedi. Il mio ingresso a Dashwood House è avvenuto nell’ultima fase di preparazione della revisione annuale da parte del team di Supporting People. Sentivo continuamente parlare di una persona con uno strano nome, Hideo, che ho
la mia manager di allora, Amor, aveva preparato un massiccio fascicolo di prove del nostro lavoro per dimostrare l’adeguatezza del servizio agli standard richiesti. Ogni giorno, per una settimana, Hideo ha passato ore ed ore nel nostro ufficio, analizzando pagina per pagina il fascicolo preparato da Amor, sfogliando tutti i fascicoli di tutte le ragazze
per esaminare il lavoro svolto, controllando i registri per le misure di sicurezza, intervistando le ragazze sulla qualità del servizio che ricevono e parlando con lo staff. Il parere delle utenti, il loro grado di soddisfazione e di coinvolgimento nel progetto influiscono sul risultato dell’ispezione più di qualsiasi altro fattore. Al temutissimo risultato farà seguito un piano di azione indicato da Supporting people e destinato a migliorare gli aspetti meno soddisfacenti del progetto. Ora siamo vicini alla prossima revisione ed ho iniziato, stavolta con cognizione di causa, a raccogliere tra i fascicoli delle mie ragazze, le risposte al piano d’azione, che ha indirizzato il lavoro svolto durante l’anno, con l’ambizione di raggiungere i livelli più alti nel QAF ed evitare tagli al progetto. E’ così ovvio: come può un servizio non migliorare se lo si costringe anno per anno ad aumentare le proprie prestazioni, pena la riduzione dei fondi? Certo, che la revisione abbia esito positivo o meno, un taglio ai fondi sarà presto inevitabile, vista la manovra prevista dal nuovo governo… ma questa è un’altra storia, così come lo è l’approccio alla lotta contro la povertà, che sembra a volte un palliativo finalizzato a ridurre il degrado sociale e la criminalità, piuttosto che diretto a motivare i giovani meno abbienti affinché possano diventare parte attiva e consapevole della vita sociale ed economica del Paese.
FARC braccio armato del Partito Comunista colombiano Non sono terroristi ma forze “belligeranti” per la liberazione della Colombia Le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo, in spagnolo Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia Ejército del Pueblo, più note con gli acronimi di FARC o FARC-EP, sono un'organizzazione guerrigliera comunista clandestina della Colombia di ispirazione bolivariana fondata nel 1964. Il movimento ha da sempre basato la sua pratica militare sulla guerra di guerriglia ed ha creato una struttura politica nota come "Partito Comunista Clandestino della Colombia". La nascita delle "Forze Armate" risale al 27 maggio 1964 durante l'"Operazione Marquetalia", una massiccia operazione militare dello Stato colombiano con appoggio statunitense atto a reprimere con la forza le esperienze di autorganizzazione agraria contadina che si erano sviluppate nelle regioni Tolima e Huila, che rappresentavano per il governo un pericolo per l'integrità della nazione definendo le stesse come delle "inaccettabili repubbliche indipendenti". Alla luce della cruenta repressione i sostenitori di quelle esperienze, che sfuggirono sotto la direzione di Manuel Marulanda Velez ad un accer-
chiamento effettuato da migliaia di effettivi dell'esercito, stabilirono che la resistenza e la lotta armata era l'unica strada da percorrere per portare in Colombia il
cambiamento e le riforme strutturali che la popolazione chiedeva. Il loro scopo è sovvertire l'ordinamento statale colombiano per instaurare una democrazia popolare socialista. Le FARC sono tra le più longeve organizzazioni ribelli del mondo ancora esistenti e ad esse aderiscono una forza stimata (al 2008) di 6.000 - 16.000 effettivi e controllano un 15-20 % del territorio
colombiano al 2007. Per il governo colombiano e le autorità degli Stati Uniti e dell'Unione Europea sono un'organizzazione terrorista, inserita nel 2002 in una
lista nera statunitense, assunta in seguito dall'Unione Europea. Per tutti i paesi latinoamericani, fatta eccezione per i governi di Perù e Colombia, non sono un'organizzazione terrorista, ma una forza guerrigliera, così come per l'ONU, nella cui lista le FARC non sono presenti. Le azioni belliche delle Farc, quali attacchi, attentati e sabotaggi, mantengono la Colombia in uno stato
di forte destabilizzazione politica. Sono anche accusate di autofinanziarsi mediante il traffico illegale di narcotici, ma le stesse FARC hanno sempre negato il loro coinvolgimento nel narcotraffico. Nonostante le recenti accuse di terrorismo, le FARC-EP sono state considerate prima del 2002, e continuano a considerarsi, una forza belligerante, con la quale gli stessi governi colombiani si sono più volte seduti al tavolo delle trattative. Sostengono di rappresentare gli interessi dei poveri che abitano la Colombia rurale contro le classi ricche e si oppongono all'ingerenza degli Stati Uniti d'America negli affari interni della Colombia (particolarmente al Plan Colombia), alla privatizzazione delle risorse naturali, alle multinazionali e alla violenza delle organizzazioni paramilitari. Nel gennaio 2008 il Presidente venezuelano Hugo Chávez, recentemente impegnato come mediatore nel sequestro di Ingrid Betancourt, ha avanzato la richiesta al governo colombiano e a tutta la comunità internazionale di riconoscere le FARC come "forza belligerante" di un conflitto ci-
vile e non più come un gruppo terrorista. Questo riconoscimento è considerato un passaggio importante per la conquista della pace in Colombia, perché consentirebbe al governo di effettuare uno scambio di prigionieri tra le due parti in conflitto e riprendere il processo di pace interrotto nel 2002. Nel corso di questi dialoghi, realizzati nella zona del Caguàn, l'allora presidente Andres Pastrana e l'allora comandante in capo delle FARC-EP, Manuel Marulanda, sottoscrissero un'intesa, articolata in dodici punti, chiamata Agenda Comune per il cambiamento verso la Nuova Colombia. Il 31 agosto 2008 il governo
colombiano ha denunciato i contatti esistenti tra il responsabile esteri di Rifondazione Comunista, Ramon Mantovani, e le FARC; il dossier del governo Colombiano definisce i contatti "non solo politici", le informazioni sui contatti con l'organizzazione terroristica sono venute alla luce in seguito al ritrovamento del computer di Raul Reyes (numero due della guerriglia) grazie ai cui documenti sono emersi "appoggi espliciti, raccolta fondi, scambio informazioni". Il PRC ha risposto a questa denuncia chiarendo che i contatti con le FARC sono sempre stati alla luce del sole e avevano l'obiettivo di far riprendere il processo di pace.
FOLIGNO AGOSTO 2010
Cultura/e
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In Cina governa la politica, in Occidente i banchieri Loretta Napoleoni, economista controcorrente, prova a leggere il nostro mondo con gli occhi dei cinesi. Governi democratici che ormai si sono dimenticati cosa vuol dire gestire le nazioni, ma che delegano le decisioni economiche all’alta finanza che non ha nessun pudore e che pensa solo al suo personale profitto. Una banda di super manager che ha portato i ricchi Paesi occidentali sull’orlo del tracollo, dove i lavoratori giorno dopo giorno stanno perdendo i diritti conquistati in più di un secolo. Che cosa abbiamo noi da insegnare ai cinesi? Forse ad esportare la nostra democrazia con le guerre, partendo da presupposti inesistenti come le famose armi di distruzione di massa dell’Iraq? La Cina sta conquistando il mondo non con la guerra ma con la produzione, con il lavoro quello antico, con persone in carne ed ossa che producono merci, mentre in Occidente ormai la falsa ricchezza si crea con giochetti di borsa, accordi tra le banche e speculazioni finanziarie. Dopo la grave crisi finanziaria tutto è rimasto come prima, le rego-
le del gioco non stanno cambiando per niente, e neanche le persone che le gestiscono. La Cina ha avuto un breve trimestre di recessione, ma ora è ripartita a gonfie vele. Si accusa la Cina di non rispettare i diritti civili, di trattare i lavoratori come bestie, di sfruttamento in fabbrica di bambini, di censurare e reprimere il dissenso e così via, eppure, ci rivela la Napoleoni che i cinesi sono contenti, stanno molto meglio di prima, migliorano le loro condizioni giorno dopo giorno e hanno una grande fiducia nel futuro. I cinesi sono grati al Partito Comunista che nel loro sentimento lavora per la gente, o almeno governa l’economia, non lascia il benessere del popolo in mano dell’alta finanza. Crollano le economie dell’Occidente e anche la Russia, che ha abbracciato il neoliberismo occidentale, è al collasso; la Cina, che insiste nel seguire i dettami del marxismo adattandolo ai nostri tempi, sta assistendo
a un grande momento di crescita. Marx non è morto quindi, vive e lotta con i cinesi, la prossima prima potenza mondiale, solo che noi non ce ne accorgiamo, abbiamo la mente obnubilata dal bagno neo-liberista. La Napoleoni ha intervistato intellettuali, professori e gente comune chiedendo il loro giudizio sul governo: i cinesi si fidano dei loro politici che li stanno portando senz’altro a star meglio di prima. Chi può dire la stessa cosa in Occidente? Questi sono solo alcuni dei
tanti concetti e pareri espressi in "Maonomics", un libro complesso e pieno di spunti, tra cui l’analisi delle banche islamiche che condividono con i clienti il rischio d’impresa. Ti costringe a stare incollato alle pagine come fosse un giallo costruito bene, un giallo che svela tante cose nascoste, intrighi e trame non facilmente visibili. Un libro da leggere per capire meglio qual è il futuro che ci aspetta insegnandoci a riflettere con la nostra testa e a metterci nei panni degli altri.
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Te recuerdo Amanda Victor Jara - 1973 Ti ricordo, Amanda, - nella strada bagnata mentre correvi alla fabbrica - dove lavorava Manuel. Col tuo largo sorriso, - della pioggia nei capelli non t'importava, correvi - incontro a lui, a lui, a lui. Sono cinque minuti, - passa una vita eterna in cinque minuti, - suona la sirena, - di nuovo al lavoro, e tu, camminando, - illumini la strada; quei cinque minuti - ti hanno fatto fiorire. Ti ricordo, Amanda, - nella strada bagnata, che correvi alla fabbrica - dove lavorava Manuel. Col tuo largo sorriso, - la pioggia nei capelli non t'importava niente - correvi incontro a lui a lui, a lui, a lui. Che partì per la guerra, - che non fece male a nessuno, che partì per la guerra - e in cinque minuti fu trucidato - Suona la sirena, - di nuovo al lavoro. Molti non tornarono, - come Manuel. Ti ricordo, Amanda, - nella strada bagnata, che correvi alla fabbrica - dove lavorava Manuel.
Canto General Pablo Neruda - 1950
Ricette Immorali Gli orgasmi eno-gastronomici di Pepe Carvalho IOLANDA TARZIA Si assiste ormai da tempo ad un proliferare di romanzi, più o meno interessanti, che raccontano le avventure dei più diversi tipi di investigatori (commissari, avvocati, giudici ecc.). Fra questi quello che più mi ha incuriosito ed affascinato è Pepe Carvalho, investigatore privato nato dall’estro e dalla creatività dello scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán. Le caratteristiche che contraddistinguono il personaggio di Pepe Carvalho sono molteplici e astruse (è un ex agente della Cia, vive nella Barcellona post regime franchista - contro cui si è opposto partecipando alle lotte clandestine –, ama le belle donne, usa i libri della sua amata/odiata biblioteca per accendere il camino (“… come giusto castigo a tante verità inutili e incomplete che conteneva” - Assassinio al Comitato Centrale, Ed. Universale Economica Feltrinelli). Ma ciò che nella lettura delle varie avventure di Carvalho ha sempre particolarmente attratto la mia attenzione rendendo ai miei occhi il personaggio oltremodo intrigante, è la passione smisurata che l’investigatore prova per la buona cucina e il buon vino. Nonostante il cinismo che spesso lo caratterizza e nonostante una vita segnata
dalla delusione per ciò che non è stato, Carvalho è un “godurioso”. Anche nei momenti più difficili e cupi riesce ad estraniarsi dalla realtà, facendosi trascinare in veri e propri orgasmi eno-gastronomici, gustando una pietanza prelibata – che spesso cucina personalmente- o una pre-
uno spirito senza fondo. Quando mi si sazia il corpo, mangio con lo spirito”Quintetto di Buenos Aires, Ed. Universale Economica). Spesso è un rapporto intimo, personale, da non dividere con altri che con se stessi (“… i piaceri solitari gli erano sempre sembrati incomunicabili” – Tatuag-
Kim Basinger in “9 settimane e 1/2” giata bottiglia di vino. Il cibo per lui non è mai nutrizione: può accostare la pietanza più squisita e raffinata al peggior vino da tavola o una pregiata bottiglia di vino ad un piatto semplice. Quello con il cibo e il vino è, per il personaggio creato da Vázquez Montalbán, un rapporto sui generis (“Ho
gio, Ed. Universale Economica); in altre circostante, diversamente, è un momento da dividere con un amico “per ascoltarsi” (Il Labirinto greco, Ed. Universale Economica); o, ancora, può rappresentare “l’antipasto” di un luculliano banchetto di piaceri (“Charo ingollava il cibo come un’adolescente
in via di sviluppo. Era una delle cose che Carvalho approvava di lei. In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia. Charo seppe trovare il momento giusto per smettere di mangiare e dare inizio all’amore…” – Tatuaggio, Ed. Universale Economica). Chi ama il buon cibo e il buon vino e sa gustarli e goderli non può non amare il personaggio di Pepe Carvalho per questo suo rapporto con i piaceri della tavola. Condivide con lui la consapevolezza che il piacere visivo, olfattivo e gustativo che può suscitare una pietanza o un vino in alcuni casi è sufficiente ad appagare ogni propulsione fisico emotiva; in altri, invece, costituisce “l’afrodisiaco” che predispone lo spirito e il corpo ad assaporare altri piaceri. D’altra parte, non poteva che essere “un godurioso” che ama le donne, il buon vino e la buona cucina il personaggio creato dalla fantasia di colui che ha scritto: “Tutti i piaceri sono goduriosamente immorali … E la questione diventa tanto più immorale quando bisogna sommare o combinare due piaceri così definitivi come il mangiar bene e fare bene l’amore … Mangiar bene, e bere ancor meglio, rilassa gli sfinteri dell'anima, sconvolge i punti cardinali della cultura repressiva e prepara alla comparsa di una comunicabilità che non va sprecata” - Ricette Immorali, Ed. Universale Economica). Purché, aggiungo, i commensali abbiano la stessa capacità di perdersi nel piacere.
[...] Pace per i tramonti che verranno, pace per il ponte, pace per il vino, pace per le parole che m'inseguono e mi sorgono nel sangue intrecciando di terra e di amori l'antico canto, pace per la città nella mattina allorché il pane si sveglia, pace per il Mississippi, fiume delle radici: pace per la camicia del fratello, pace sul libro come un timbro d'aria, pace per il grande colcos di Kiev, pace per le ceneri di questi morti e di quest'altri, pace per il ferro nero di Brooklyn, pace per il postino che va di casa in casa come il giorno, pace per il coreografo che grida con un megafono verso i caprifogli, pace per la mia mano destra, che soltanto vuol scrivere Rosario: pace per il boliviano taciturno come un blocco di stagno, pace perché tu possa sposarti, pace per tutte le segherie del Bio- Bio, pace per il cuore lacerato della Spagna guerrigliera, pace per il piccolo Museo del Wyoming dove la cosa più dolce è un cuscino con un cuore ricamato, pace per il fornaio e i suoi amori e pace per la farina: pace per tutto il grano che deve nascere, per ogni amore che cercherà ombra di foglie, pace per tutti quelli che vivono: pace per tutte le terre e tutte le acque. Io a questo punto vi saluto, torno alla mia casa, dentro i miei sogni, torno in Patagonia, là dove il vento scuote le stalle e spruzza gelo l'oceano. Sono soltanto un poeta: vi amo tutti, vado errante per il mondo che amo: al mio paese mettono in carcere i minatori e i poliziotti comandano sui giudici. Ma io amo perfino le radici del mio piccolo paese freddo. Se dovessi mille volte morire là voglio morire: se dovessi mille volte nascere là voglio nascere, accanto all'albero selvaggio dell'araucaria, dinnanzi ai venti marini del sud, presso le campane comprate di recente. Nessuno pensi a me. Pensiamo insieme a tutta la terra, battendo con amore sulla mensa. Non voglio che il sangue torni a bagnare il pane, i fagioli, la musica: voglio che venga con me il minatore, la fanciulla, l'avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole; entrino con me in un cinema ed escano a bere con me il vino più rosso. Io non vengo a risolvere nulla. Io sono venuto qui per cantare e per sentirti cantare con me.
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Appello “Se 60 ore vi sembran poche” Non si può continuare a lavorare tutte fino alla stessa età senza considerare il tipo di lavoro che si svolge, la vita che si fa, e senza pensare al futuro di tante giovani donne. Si può, invece, impostare un sistema pensionistico che contempli la libertà di scelta: andare in pensione tra una soglia minima di età e una massima, in modo da conciliare condizioni di lavoro (innanzitutto quelle con mansioni usuranti) ed esigenze personali. Flessibilità valsa in molte occasioni di ristrutturazione in settori privati e pubblici per ammortizzare i costi sociali e andare incontro alle convenienze dello Stato e delle aziende. Quando si calcolano gli anni di lavoro femminile due più due fa cinque. Dati Eurostat e Commissione Europea (2006-2007) attestano che in media le donne italiane lavorano 60 ore la settimana: sono in Europa quelle che lavorano di più. Sulla somma incide la quantità di lavoro svolto fuori casa che resta maschile nei modi e nei tempi e la mole di impegni di lavoro prestati gratuitamente dalle donne. Questo lavoro gratuito che gli indicatori economici non rilevano tiene in piedi la società la quale, però, restituisce alle donne assai poco rispetto a quanto da loro riceve. E’ una differenza che nessuno può cancellare entro una finta parità. Una differenza che solleci-
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Lavoro
AGOSTO 2010
Pensione più lontana per le donne del pubblico impiego Via libera del Consiglio dei Ministri all’aumento dell’età pensionabile per le dipendenti pubbliche da 61 a 65 anni, come richiesto dall’Unione Europea. ELISA BEDORI
ta una trasformazione profonda per tutti: libertà di scelta, riconoscimento sociale del lavoro di cura e sua redistribuzione tra donne e uomini, efficiente rete di servizi pubblici e nuovi modi di lavorare. Un’altra civiltà. Certo, le donne hanno fatto straordinari passi avanti: oggi più di ieri decidono di sé, della propria sessualità e maternità, hanno più denaro e lavoro retribuito, sono presenti ovunque. Ma, ancora troppi sono gli ostacoli che si frappongono alla possibilità di vivere pienamente in libertà: lavoro precario, carriere intermittenti, redditi più bassi, scarsità di servizi sociali, assenza nelle stanze che contano anche in quelle in cui si decide di mandarle in pensione a sessantasei anni. La parità, così intesa, è una mistificazione che oltre a
non riconoscere i crediti acquisiti dalle donne con il lavoro di cura, chiude la porta al futuro di molte giovani. Fare parti uguali tra diseguali è la cosa più ingiusta del mondo. Facciamo un’operazione “trasparenza”, rendiamo visibile ciò che viene dato per scontato e perciò nascosto. Dichiariamo in tante e pubblicamente tutti i lavori che svolgiamo, retribuiti e gratuiti, produttivi e riproduttivi, obbligati e volontari. E’ il momento di dar vita ad una nuova stagione di impegno per la libertà e l’autodeterminazione delle donne come fondamento di un diverso modello sociale, più giusto e solidale. (Il modulo da compilare e inviare è scaricabile dal sito: http://www.ilmanifesto.it)
Il Governo, presentando un emendamento alla manovra finanziaria per il periodo 2011/2012, ha previsto un brusco innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per le lavoratrici del pubblico impiego. Tale emendamento è stato concepito al fine di ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia europea, emessa in data 13 novembre 2008, che ha condannato la Repubblica italiana per aver mantenuto in vigore nel proprio sistema previdenziale una normativa che consente ai pubblici dipendenti il diritto a percepire la pensione di vecchiaia ad età diverse a seconda che si tratti di uomini o di donne. In verità, già nel 2005 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia proprio perché consentiva ai dipendenti pubblici di sesso femminile di andare in pensione a 60 anni, mentre l’età pensionabile per i colleghi di sesso maschile si innalzava a 65 anni, costituendo così un trattamento meno favorevole per gli uomini, in violazione del trattato CE. Per porre rimedio a tale situazione, il legislatore italiano si è adoperato per attendere alla diffida della Commissione europea con una norma che prevedeva il graduale innalzamento dell’età pensionabile delle donne sino al raggiungimento dei 65 anni nel 2018. Ma la recente sentenza della
Corte di Giustizia europea è servita da pretesto alla Commissione per dare una svolta decisiva alla querelle, polverizzando la gradualità delle tappe ed inducendo in tal modo il nostro legislatore ad introdurre l’emendamento per il collocamento a riposo per anzianità di servizio a 65 anni anche per le donne sin dal 2011. In particolare, stando alle disposizioni contenute nella legge, tra 18 mesi per le donne del pubblico impiego scatterà un blocco delle pensioni di quattro anni. In altre parole: fino al 31 dicembre 2011 basteranno 61 anni di età per andare in pensione; dal primo gennaio 2012 ci sarà il salto e quindi per ottenere la pensione di vecchiaia sarà necessario avere 65 anni. Resta in ogni caso escluso dai calcoli della vecchiaia chi ha 40 anni di contribuzione, poiché potrà andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Anche per l’Inps ha lavorato a sufficienza. Permangono, inoltre, del tutto immutate le vigenti disposizioni per le donne magistrato, ambasciatori, professoresse universitarie che prevedono requisiti anagrafici più elevati. Per quanto riguarda il personale femminile appartenente alle forze armate, l’arma dei carabinieri, il corpo della guardia di finanza, le forze di polizia ad ordinamento civile e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, il limite di età rimane fissato al compimento di 60 anni. Ad ogni buon conto, se l’eliminazione del graduale in-
nalzamento dell’età pensionabile per vecchiaia delle donne del pubblico impiego ci consente, da un lato, di ottemperare alla disposizioni della Comunità Europea, dall’altro, di fatto, non comporterà dei cospicui risparmi nell’erogazione dei trattamenti pensionistici, in quanto l’età media delle donne nella pubblica amministrazione è di poco superiore ai 62 anni per raggiungere l'anzianità contributiva e dunque questo significa che, in linea generale, le donne sceglieranno il collocamento a riposo per limiti contributivi. E comunque, era davvero solo questa l’unica soluzione possibile per garantire l’uguaglianza tra i sessi all’interno del pubblico impiego? Oppure è la soluzione economicamente più vantaggiosa per lo Stato? Per equiparare l’età pensionabile si sarebbe anche potuto abbassare il limite dei 65 anni previsto per gli uomini. In sintesi, questa legge non può bastare, da sola, a cancellare le disparità tra uomini e donne. Forse la parità tanto acclamata dalla Corte di Giustizia europea dovrebbe configurarsi “prima dei 60 anni”, attraverso la predisposizione di una fitta rete di tutele per le donne che garantisca una vera parità nei ruoli familiari e nella carriera, senza che gli impegni a casa arrestino la crescita professionale, oltre a politiche sociali e strutture che supportino la lavoratrice nella cura dei figli e degli anziani. Allora potremo parlare di parità nelle pensioni.
A proposito dell’appello “ Se 60 ore vi sembran poche…”
E' importante prendere parola contro la sciagurata azione del governo in materia di età pensionabile delle donne. E ancor più ci interessa quando viene fatto, come l'appello “Se 60 ore...”, valorizzando argomenti del femminismo sindacale degli anni ’80/90, oggi più che mai di attualità. Allora, l’Intercategoriale Donne di Torino, il Coordinamento donne FLM, fecero dell’intreccio tra “Produrre e riprodurre” la chiave di lettura del lavoro, della condizione materiale delle donne nella fabbrica e nelle relazioni sociali; con questa ottica, le donne della Cgil Piemonte e Sindacato Donna, arrivarono nel 1994 ad elaborare una proposta di sistema pensionistico alternativo! Donne di provenienza e cultura diversa, dentro e fuori il movimento sindacale, riuscirono a segnare il sindacato di quegli anni, con un radicamento nei posti di lavoro e
sociale, dando vita a una rete sempre più consapevole di delegate sindacali che praticava nella contrattazione l’affermazione della “scandalosa differenza”. Oggi prevale la frammentazione: la relazione tra donne di diverse esperienze sindacali è stata persa dentro l’autoreferenzialità delle singole confederazioni, la strategia della divisione sindacale, fino all’arroganza degli accordi separati. Da tempo passa una politica di smantellamento di tutti i diritti, in nome di una parità punitiva, che cancella la soggettività femminile come motore di cambiamento e voce nuova nell’etica del lavoro e nel mestiere di vivere, che consegna il corpo delle donne al destino misero di vecchi e nuovi stereotipi. Non si può tacere, né stare ferme: come metalmeccaniche e donne della funzione pubblica abbiamo lanciato l’allarme già in vista dello sciopero generale Fiom e FP CGIL del 13 febbraio del 2009, quando denunciammo la strategia del governo sull’innalzamento dell’età pensionabile per le dipendenti pubbliche, come un attacco alle condizioni pensionisti-
che di tutte le donne e la strada maestra per una manipolazione dell’intero sistema pensionistico. Di nuovo, in autunno, abbiamo insieme lanciato un appello, chiedendo a donne dentro e fuori i posti di lavoro di rifiutare la manomissione delle condizioni acquisite. E tuttavia, né dai diversi settori di lavoro né dall'insieme della Cgil, né da luoghi di donne fuori del sindacato, si è riuscite a suscitare un movimento, che portasse nelle piazze una decisa opposizione delle donne all’ennesimo sopruso di questo governo. Perché? Le argomentazioni di tale opposizione non mancano, come ricorda anche l'appello “se 60 ore vi sembran poche…”: maggior carico di ore di lavoro e di fatica, discontinuità della vita lavorativa delle donne, che alternano periodi di esclusivo lavoro di cura a periodi di doppio lavoro; maggiore fragilità delle
condizioni di lavoro: le donne rappresentano quasi il 58% del lavoro precario e permangono precarie per il doppio dei loro colleghi maschi; un differenziale salariale che pesa circa il 25% medio, determinando lo scarto di reddito tra i sessi, quindi con in-
cidenza negativa sul montante pensionistico delle donne, l’utilizzo dei permessi di cura che penalizza sul piano contributivo chi ne usufruisce; il blocco delle carriere e la collocazione più frequente in cassa integrazione.
Le più giovani e le lavoratrici migranti nei fatti vedono seriamente compromessa la possibilità di avere una copertura pensionistica, per l’intreccio perverso tra lavoro irregolare, precarietà e abbassamento progressivo delle prestazioni nel sistema contributivo. Condizioni di maggiore povertà e pr e c a r i e tà pensionistica delle donne, più volte denunciate senza né ascolto né risposte serie, neppure negli accordi GovernoSindacati succedutisi nel corso degli anni. Oggi invece governo, opinionisti, e, ahinoi, anche alcuni sindacalisti continuano imperterriti a parlare a sproposito di aspettativa media di vita e di parificazione dell’età pensionabile imposta dalla UE! Sappiamo che non è vero: og-
gi nella UE ci sono ancora 14 paesi ( tra cui Gran Bretagna, Austria, Belgio, oltre l’Italia ) in cui l’età pensionabile rimane diversa tra i sessi senza che la Ue abbia o possa imporre loro alcuna modifica, dato che tale diversità è prevista e compatibile con la legislazione europea, che prevede e sostiene le cosiddette “discriminazioni positive”. Alla sentenza europea si doveva e si poteva rispondere diversamente. Il grande inganno è funzionale invece a una politica europea di progressiva marginalizzazione del sistema pubblico di welfare e dei diritti acquisiti ( vedi libro verde sui sistemi pensionistici), ed è chiaro che l’obiettivo del governo italiano è quello di fare delle lavoratrici pubbliche la testa di ponte per l’innalzamento dell’età pensionabile per tutte e tutti, obiettivo del resto già anticipato nei provvedimenti contenuti nella manovra estiva da 25 miliardi. Come passare da questa consapevolezza a un movimento diffuso e attivo? Un tema che interroga tutte e tutti: incontriamoci per cercare insieme risposte, per dare spazio e forza alle ragioni di tante.
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Lavoro
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Merloni: la vertenza non può andare in vacanza CGIL Umbria, ecco da dove ripartire: nuovo bando, accordo di programma e aiuti europei Il messaggio è chiaro: non si può perdere tempo, anche in agosto bisogna lavorare in tutte le direzioni per sbloccare una delle vertenze più pesanti del Paese per numero di lavoratori coinvolti e per le ricadute che rischia di avere sul territorio, in particolare sulla fascia appenninica umbra. Insomma, la vertenza Merloni “non può andare in vacanza” come ha chiarito stamattina, aprendo la conferenza stampa tenuta presso la Camera del Lavoro di Perugia, il Segretario Generale della CGIL dell'Umbria Mario Bravi. “Ci rivolgiamo alle due controparti che il sindacato e i lavoratori della Merloni hanno in questa vertenza – ha detto Bravi – ovvero il Governo nazionale e la Confindustria. Il primo, che non ha nemmeno un ministro delle Attività produttive, è completamente assente e non sta muovendo un dito per una vertenza tra le più
drammatiche del Paese. La seconda, in particolare quella umbra – ha proseguito il Segretario CGIL - è anch'essa inspiegabilmente alla finestra e non ha nemmeno preso parte al tavolo che la Regione ha costruito lo scorso 27 luglio per affrontare la vertenza”. Bravi richiama dunque Governo e imprenditori umbri alle proprie responsabilità e indica i “tre tasti” da premere per uscire dal pantano di una situazione sempre più critica. Primo: emanare un nuovo bando per l'acquisto, in modo che se vi sono soggetti realmente interessati alla Merloni (ma su questo il sindacato nutre forti dubbi), escano allo scoperto. Secondo: attivare l'accordo di programma siglato ad Ancona lo scorso marzo con gli obiettivi fondamentali della reindustrializzazione dell'area e della salvaguardia dei livelli occupazionali (3mila i posti a ri-
schio su 70mila abitanti della fascia appenninica umbra). Terzo: sfruttare le nuove risorse che arriveranno dalla UE con l'inserimento del territorio di Nocera Umbra tra le aree ammissibili agli aiuti a finalità regionale (“e qui sono le imprese che devono battere un colpo”, ha detto Bravi). Questo il percorso indicato dalla CGIL umbra insieme alla FIOM e ai lavoratori del comitato degli iscritti Merloni, presenti alla conferenza stampa odierna. “Non si possono continuare a illudere i lavoratori – ha detto Francesco Giannini della FIOM CGIL di Perugia – le voci sull'arrivo dei cinesi, dei turchi, degli americani o degli italiani lasciano il tempo che trovano. Noi vogliamo invece ragionare sui fatti e i fatti sono che c'è un accordo di programma da attivare e da riempire di contenuti che permettano di creare lavoro e reindustria-
lizzazione. Per questo chiediamo che Confindustria umbra, come sta facendo quella marchigiana, partecipi ai tavoli e stimoli gli imprenditori a prendere iniziative”. Intanto, i lavoratori della Merloni, ormai da anni in Cassa integrazione, devono fare i conti anche con i ritardi nei pagamenti di quei 650 euro mensili erogati dall'INPS. “Siamo ormai a oltre 10 giorni sul pagamento di giugno – hanno spiegato Luciano Recchioni, Maurizio Tempesta e Maria Stella Traversini – e questo è un dramma per chi ha già grandissime difficoltà a tirare avanti con cifre simili”. Di qui la richiesta all'INPS, scandita con forza da Recchioni, di evitare il ripetersi di situazioni del genere, pena il rischio di reazioni anche molto forti da parte dei lavoratori, esasperati da una situazione al limite. “E' vero che rispetto ad altri lavoratori in lotta non noi sia-
Mario Bravi segretario CGIL Umbria mo ancora saliti su un tetto e non abbiamo occupato un'isola, ma se non ci restano alternative faremo anche questo – ha concluso Recchioni – vorremmo però maggiore rispetto e soprattutto maggiore attenzione. Da parte nostra c'è la volontà di continuare la mobilitazione, anche se tra mille
difficoltà. E chiediamo alle altre organizzazioni sindacali più coraggio per andare, se necessario, anche ad uno sciopero regionale”. Intanto, la CGIL e la FIOM hanno annunciato un'iniziativa a Nocera Umbra, “per verificare lo stato di avanzamento della vertenza” per il prossimo 1° settembre.
Le proposte della CISL per la A. Merloni
Il Comitato dei Lavoratori della A. Merloni
Intervento di Pierpaola Pietrantozzi segretario generale UST CISL Foligno
Difendere l’integrità degli asset Umbria-Marche per collocare lo stabilimento di Colle con il gruppo Merloni
Dallo scorso 19 marzo, giorno in cui fu firmato l’Accordo di Programma per la salvaguardia del gruppo A. Merloni in amministrazione straordinaria, le due regioni, Umbria e Marche, colpite dalla stessa “catastrofe” hanno reagito in maniera diversa. Di fronte ad un forte dinamismo marchigiano, caratterizzato da un’azione mirata di ricerca d’investitori e manager da coordinare e porre in sinergia per costruire progetti credibili e sostenibili, in Umbria non si è colto lo stesso dinamismo, pur avendo a disposizione strutture e professionalità adeguate e pur vivendo uno stato di malessere economico ed occupazionale che è sicuramente della stessa portata di quello marchigiano. Per questo la CISL non può che essere critica rispetto alla strategia tracciata fin qui dalla regione Umbria nell’approccio alla gestione di questa grande crisi aziendale, sicuramente tra le più pesanti a livello nazionale, sia per la dimensione occupazionale che per l'estensione a livello pluriregionale. D’altronde quando i rappresentanti della Regione affermano a un tavolo ufficiale, quale quello dello scorso 26 luglio, che la crisi del comparto del bianco è di tale dimensione e portata, per cui sarà quasi sicuramente inevitabile guardare ad una diversificazione per lo stabilimento di Colle di Nocera, ed un’altra sigla sindacale gli fa sponda, dimostrando evidentemente di concordare in tutto e per tutto con quanto attuato fin qui, questo non può che significare che si è pronti ad abdicare rispetto alla
Il Comitato dei Lavoratori della A. Merloni ribadisce le proprie preoccupazioni per il rischio del frazionamento del sistema industriale Merloni che avrebbe la sicura conseguenza di separare lo stabilimento di Colle di Nocera Umbra, in particolare gli asset Umbria-Marche, escludendo la possibilità di un ricollocamento che ne faccia salva la produttività e l'occupazione. Uno stabilimento industriale della dimensione produttiva e occupazionale quale quello di Colle di Nocera, infatti, non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere se non venisse rilevato da un imprenditore di dimensioni nazionali, se non internazionali. La chiusura irreversibile dello stabilimento costituirebbe una perdita gravissima per l'intero sistema produttivo della nostra Regione, già in gravi difficoltà. Il Comitato dei Lavoratori recepisce pertanto positivamente la decisione della Fiom-Cgil umbra di porre come primo obiettivo da raggiungere la collocazione dell'intero sistema industriale Merloni comprensivo dello stabilimento di Colle di Nocera Umbra, sollecitando la pubblicazione dei bandi di gara da parte dei Commissari. Il Comitato dei lavoratori peraltro da atto alla Fim-Cisl, seppure non a tutti i suoi livelli organizzativi, che ha da tempo anch'essa condiviso le preoccupazioni espresse da questo Comitato, sostenendo l'obiettivo della cessione in blocco degli asset Umbria-Marche. Per questo il Comitato dei
possibilità di continuare a produrre in quel territorio. Per la CISL invece lo stabilimento di Nocera può offrire ancora tutte le potenzialità per inserirsi nel mercato del bianco, anche se non nella stessa misura del passato, ma per fare questo ci vuole impegno e convinzione rispetto a un futuro che bisogna anche essere capaci di disegnare e ricostruire. Per questo giudichiamo necessario e irrinunciabile l’impegno della regione Umbria per un lavoro propositivo e costante di un tavolo tecnico, che cerchi di intercettare imprenditori, risorse e opportunità, facendosi promotore di proposte, possibilmente anche con la Regione Marche, ma cercando di essere protagonista attraverso l’elaborazione di un proprio progetto, creando sinergia tra i singoli e ricercando contatti ed approcci con soggetti finanziatori, invece di attendere passivamente che qualcuno di buone intenzioni si faccia avanti, o peggio ancora, attendere di andare a rimorchio di altri. Insomma, la CISL sottolinea l’urgenza di un’azione da pro-
tagonista per un rilancio che potrà scaturire solo da un lavoro concreto e sinergico tra le potenzialità che in Regione ci sono per attuarlo; il nuovo bando che a breve dovrebbe essere pubblicato potrà offrire alla nostra regione un’opportunità ulteriore per recuperare il tempo perso. Tutto questo per allontanare quanto più possibile l’applicazione della seconda fase dell’Accordo di Programma che di fatto sancirebbe la definitiva perdita di potenzialità industriale per un territorio già provato da una crisi pesante, producendo effetti devastanti in termini occupazionali ed economici collegati (...) Questa è la “ricetta” della CISL per tentare di salvare un gruppo che secondo noi può ancora tornare ad essere un’eccellenza nel nostro territorio, ..., per l'ennesima volta, la CISL ripropone la propria strategia: una grande manifestazione regionale che rappresenti le difficoltà della A. Merloni e della Basell ma anche quelle di tutte le altre piccole industrie del territorio regionale di cui meno si parla ma che ugualmente pesano sull'economia dell'Umbria...
Lavoratori non comprende la polemica insorta tra le due maggiori sigle sindacali su di un punto pienamente condiviso, osservando che le controparti dei lavoratori non sono certamente i sindacati, né le istituzioni regionali che per obbligo costituzionale dovrebbero schierarsi dalla parte dei lavoratori in difesa del fondamentale diritto al lavoro. Il Comitato dei Lavoratori, benché sino ad oggi non sia stato ammesso a partecipare alle riunioni dei tavoli regionali ed interregionali, pur rappresentando un consistente numero di operai dello stabilimento di Colle di Nocera Umbra giustamente interessati della sorte dei loro posti di lavoro, è a conoscenza, anche attraverso il sito internet del Presidente della Regione Marche, della esistenza di un concreto interesse manifestato da parte di una grande impresa cinese di finanziare l'acquisto, il risanamento e il rilancio commerciale del gruppo Merloni, avendo posto la sola condizione della
elaborazione da parte di un partner italiano di un serio piano industriale. Su queste premesse il Comitato dei Lavoratori invita tutte le forze sindacali e le istituzioni locali a fare fronte comune perché venga presa ogni iniziativa e venga fatto ogni sforzo necessario per il raggiungimento dell'obiettivo della collocazione dello stabilimento di Colle di Nocera con il sito Marchigiano. A tal fine il Comitato dei Lavoratori della A. Merloni si fa promotore di un incontro tra tutte le forze sindacali che sicuramente hanno a cuore la sorte dei lavoratori umbri, perché venga concordato e redatto un documento che vincoli le istituzioni locali a difendere in ogni modo e con ogni strumento la sopravvivenza dello stabilimento di Colle di Nocera Umbra, ritiene inoltre che sia necessaria quanto prima una grande manifestazione che coinvolga l'intera Regione. Nocera Umbra 18 Agosto 2010
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Enti locali e servizi
FOLIGNO AGOSTO 2010
Il tribunale di Milano condanna Google Il nuovo Codice della Strada La responsabilità del gestore del provider per le immissioni offensive LORENZO BATTISTI Ancora si discute della battaglia tra il Governo cinese e Google per la censura e l’oscurazione del provider statunitense mentre in Italia il giudice monocratico del Tribunale di Milano ha condannato i responsabili di Google Italy e di Google Inc, in concorso tra loro, per il reato di cui all’art. 167 d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 del (il cosiddetto codice della privacy) per la pubblicazione da parte di un utente di un video che ritraeva un ragazzo down picchiato dai compagni di scuola. In altri termini, riconosciuta la palese natura biasimevole del materiale, la responsabilità preventiva dei contenuti caricati dall’utente è stata fatta ricadere sull’ Internet service provider che non è stato in grado di controllarne il contenuto e, prima, non ha predisposto adeguati avvisi delle potenzialità lesive dell’altrui privacy di quanto andava ad immettere on line. Per i responsabili legali di Google la sentenza è stato “un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet”. Viene ricordato anche che: “I manager italiani della multinazionale hanno so-
stenuto che i tre dirigenti «non hanno avuto nulla a che fare con il video in questione, poiché non lo hanno girato, non lo hanno caricato, non lo hanno visionato”. Hanno anche ribadito che se viene meno il principio che la responsabilità dei contenuti è esclusivamente di chi li carica in rete, cade di fatto la possibilità di offrire servizi su Internet. Per taluni interpreti, sembra che le autorità italiane abbiano cercato di imporre ai rappresentanti di una compagnia privata una censura preventiva dei contenuti. La Sentenza (così SCORZA, Una sentenza piccola piccola, in www.guidoscorza.it e www.puntoinformatico.it) “minaccia di produrre uno "scontro tra culture" e rimette in discussione principi di diritto sui quali riposano gran parte delle dinamiche della comunicazione online sulla base di poco più che considerazioni di peraltro dubbio - buon senso e, in ogni caso, più da buon padre di famiglia e/o da dispensatore di precetti morali che da interprete del diritto”. Il principio fondamentale della libertà di Internet è vitale per le democrazie che riconoscono il valore della libertà di espressione e perciò viene tutelato. Del resto è noto che Inter-
net libero è un diritto umano inalienabile che va tutelato nelle società libere, prestando però grande attenzione agli abusi. Tuttavia, eventuale materiale offensivo non deve diventare una scusa per violare questo diritto fondamentale. Nell'ultimo periodo, il governo ha abbandonato questa linea, manifestando iniziative di tipo censorio. Ora questo clima potrebbe essere rafforzato da una lettura sbrigativa della sentenza e anche da un’eventuale motivazione del tribunale che non tenesse conto della natura della rete. Ogni giorno su YouTube o su Facebook vengono introdotti centinaia di migliaia di contenuti, e questo esclude possibilità di controlli preventivi come quelli previsti su stampa, radio e tv. Il dibattito è tutt’altro che concluso e, se pur auspicabile, un intervento legislativo in tal senso potrebbe soltanto fissare un obbligo di tempestiva rimozione dei contenuti, indipendentemente dalla richiesta di chi si senta leso nei propri diritti o delle autorità. E tale obbligo dovrà essere tanto più stringente e da ottemperare in tempi brevi quanto più evidente si palesi, nei contenuti immessi in rete, una lesione dell’altrui diritto.
Si inasprisce la lotta alla guida in stato di ebbrezza e stupefacenti SILVIA PROSAICI
Oltre 80 articoli modificati e tante novità per neopatentati, conducenti professionali e per chi si mette alla guida di un ciclomotore. E' in vigore da pochi giorni il ddl sulla sicurezza stradale, approvato in via definitiva al Senato con 145 voti favorevoli (Pdl e Lega) e 122 astenuti (Pd, Idv, Udc), che modifica il Codice della strada introducendo molte novità: alcool zero per neopatentati e conducenti professionali, stretta sulle minicar, rateizzazione delle contravvenzioni oltre i 200 euro per i meno abbienti, guida accompagnata a 17 anni, patente a ore in caso di ritiro del titolo di guida (3 ore al volante per andare al lavoro o assistere parenti disabili). Arriva anche una prova pratica per condurre i ciclomotori e un esame per recuperare i punti persi sulla patente. Più controlli per gli over 80 che per ottenere il rinnovo dovranno sottoporsi a una visita medica biennale per accertare i requisiti fisici e psichici. Ecco alcune delle più significative novità in dettaglio. Guida in stato d'ebbrezza E' stata introdotta una norma che punisce alcune particolari categorie di guidatori che hanno assunto bevande alcoliche, in particolare è vietato guidare dopo aver assunto bevande alcoliche a: giovani di età inferiore a 21 anni, anche se alla guida di veicoli che non richiedono la patente di guida; neopatentati nei primi tre anni dal conseguimento della patente B; conducenti che esercitino di professione l'attività di trasporto di persone; tutti coloro che si trovino alla gui-
da di veicoli con massa superiore a 3,5 tonnellate. La conduzione di un veicolo, da parte di una persona appartenente alla categorie indicate, dopo aver ingerito bevande alcoliche in quantità tale da determinare un tasso alcolemico compreso tra 0,0 e 0,5 g/l, costituisce illecito amministrativo e comporta l'applicazione della sanzione pecuniaria da 155 euro a 624 euro. La sanzione è raddoppiata se il conducente ha provocato un incidente stradale. Viene depenalizzata la condotta di chi guida con tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l e non oltre 0,8 g/l, prevedendo la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro.All'accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi e la decurtazione di 10 punti dalla patente. Sono state, inoltre, inasprite le sanzioni previste per chi guida un veicolo con tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l. Guida dopo aver assunto stupefacenti Anche in materia di guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto stupefacenti, si registrano numerose novità. In particola-
re: è aumentato (da tre a sei mesi) il minimo edittale della pena prevista per chi guida in stato di alterazione dopo aver assunto stupefacenti; è disposta la revoca della patente di guida quando il conducente in stato di alterazione abbia provocato un incidente stradale. Rifiuto di sottoporsi al test Quando un conducente rifiuta di effettuare le prove o gli accertamenti sulla persona di cui all'art. 186, commi 3, 4 o 5, C.d.s. (alcol e stupefacenti), è punito con le attuali sanzioni penali: ammenda da 1.500 euro a 6.000 euro, arresto da sei mesi ad un anno), aumentate da un terzo alla metà, nonché con la sospensione amministrativa accessoria della patente di guida da sei mesi a due anni e la confisca del veicolo. Diversamente da quanto previsto per tutti gli altri conducenti che rifiutino l'accertamento alcolimetrico (art. 186, c.7, C.d.S.), qualora la confisca non possa essere applicata perché il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata. (fine della prima parte, il seguito verrà pubblicato nel numero di settembre)
Grandi eventi, nuovi indirizzi applicativi Una “celebrazione” si traveste da “calamità” per andare in deroga
I dati di Google nelle mani della CIA Secondo una ricerca dell'Università californiana di Berkeley, Google Inc è in grado di controllare e tracciare i movimenti di chi usa Internet sul 88,45% della rete. Direttamente, attraverso i suoi siti cult, come il motore di ricerca, il servizio di posta elettronica (gmail. com), Youtube, Google Maps, Picasa. Ma anche indirettamente, grazie a quei software gratuiti usati da milioni di bloggers, gestori di siti e aziende. Il database di Google è il più vasto oggi esistente, e anche quello che contiene il maggior numero di informazioni su un utente unico. E ora è anche sui telefonini. Con Admobile sta invadendo il settore delle applicazioni pubblicitarie per cellulari. Google non chiede mai esplicitamente il consenso
alla raccolta e al trattamento dei dati. Lo fa e basta. Scoprire l'identità di qualcuno che durante la navigazione accede al proprio account di posta elettronica o di Facebook è molto semplice. Un'inchiesta del Wall Street Journal dimostra che navigando sui 50 siti più popolari negli Stati Uniti, ci si ritrova con il computer infestato da 3.180 files specifici per la profilazione, software invisibili capaci in alcuni casi di stilare l'età, il sesso, il codice postale, il reddito, lo stato civile, le condizioni di salute dell'utilizzatore. Google dichiara di utilizzare le informazioni sugli utenti solo a scopi promozionali, ma nel 2006 l’ex agente della Cia Robert David Steele denunciò che Google "is in bed with the Cia", ovvero "va a letto"
con la Cia, accusandola di condividere informazioni private con i servizi segreti americani. Google ha venduto di recente alcuni server alla Cia e alla National Security Agency ed ha fornito ai servizi segreti americani "Intellipedia", un software che permette di gestire e consultare via web un enorme database usato dalle spie di tutto il mondo. Google sfugge a ogni giurisdizione in quanto l'azienda è in California e risponde alle leggi americane. Non può dire dove sono fisicamente i database perché non lo sa neanche lei, polverizzati su 450 mila server sparsi in tutto il mondo. Ora magari sono a Singapore, tra un minuto saranno in Russia. Sempre e comunque nelle mani di Google.
SALVATORE ZAITI
La Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 2010 ha pubblicato la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2010 recante “Indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225”. Il titolo del provvedimento non contribuisce certamente a rendere comprensibile la materia sulla quale è stata posta l’attenzione dell’Organo di governo, ragione, questa, già di per sé sufficiente per sollevare qualche perplessità in ordine alla chiarezza intellettuale di chi tecnicamente ha curato la stesura della Direttiva. Cosa sarebbe cambiato se l’oggetto fosse stato individuato nel seguente: “Indirizzi applicativi per la di-
chiarazione di grande evento”? Ma, tant’è! La Direttiva, quindi, dopo aver dichiarato le proprie finalità - limitare l’impiego delle procedure derogatorie emergenziali alle sole ipotesi strettamente necessarie e pervenire ad una tipizzazione delle situazioni e dei presupposti necessari per procedere alla relativa dichiarazione - introduce la nozione di grande evento. E’ tale quella situazione straordinaria avente potenzialità atte a generare stravolgimenti nell’ordinario sistema sociale e che, pur non essendo propriamente ascrivibile a fenomeni calamitosi, si connota pur tuttavia per un elevato grado di offensività degli interessi primari della collettività. Si tratta cioè di situazioni nelle quali l’inadeguatezza degli enti ordinariamente competenti a superare il contesto problematico che si manifesta è suscettibile di provocarne un aggravamento per impedire il qua-
le si rende perciò improcrastinabile l’intervento dello Stato in via sussidiaria. Il grande evento, quindi, al pari di una calamità naturale, si caratterizza per la sua pericolosità, sì da compromettere addirittura il bene primario della vita, nonché per la inadeguatezza degli Enti e Autorità che in via ordinaria avrebbero il compito di affrontare la situazione. La Direttiva si conclude, poi, con la elencazione dei parametri, cui fare riferimento in sede di dichiarazione, legati alla complessità organizzativa dell’evento e alla esigenza di piani e misure straordinarie. Non possiamo sapere ancora se gli indirizzi dettati dal Presidente del Consiglio avranno realmente l’effetto di limitare il ricorso alle dichiarazioni di grande evento; certo è che associare una situazione celebrativa a una altamente pericolosa per gli interessi primari della collettività, rischia di diventare quasi un ossimoro.
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Salute
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Alimentazione e gravidanza Fibroscan Una dieta corretta per una fisiologica evoluzione Una tecnologia oramai indispensabile della gravidanza, del parto e del puerperio per lo studio delle malattie del fegato PARIDE TRAMPETTI
LEONARDO MERCURI Nel periodo della gravidanza, ogni futura madre deve nutrirsi in modo tale da mantenere se stessa in buona salute e consentire, nel contempo, ai tessuti fetali di formarsi e svilupparsi nella maniera migliore. L'alimentazione corretta rappresenta uno dei presupposti fondamentali per la normale evoluzione della gravidanza e il normale accrescimento del feto: quantità e qualità del cibo e delle bevande vanno scrupolosamente controllate. In parole molto semplici, la donna gravida dovrebbe alimentarsi in modo adeguato alle esigenze proprie e a quelle del figlio. Possiamo dire subito che l'alimentazione in gravidanza non deve discostarsi molto da quella che dovrebbe essere seguita in ogni altro periodo della vita, con la differenza che l'apporto calorico deve essere più alto e che alcuni nutrienti particolari devono essere sempre presenti. Questo non vuol dire che la donna gravida deve "mangiare per due", anzi, il peso corporeo va sempre controllato perché non superi certi parametri rigidamente stabiliti. La dieta è molto importante per la fisiologica evoluzione della gravidanza, del parto e del puerperio. È quindi bene assumere una corretta quantità di calorie e fare una scelta qualitativa degli alimenti, orientata alle particolari esigenze del periodo. È importante conoscere il proprio peso e valutarlo in funzione dell'altezza già prima del concepimento per calcolare il Body Mass Index (peso corporeo in Kg diviso altezza in m2): valori inferiori a 20 depongono per sottopeso, tra 20 e 25 per normopeso, tra 25 e 30 per sovrappeso e superiori a 30 per obesità. Una donna non gravida normopeso e con normale attività fisica necessita di circa 2300 kcal al giorno. Nel primo trimestre di gravidanza le necessità caloriche salgono a 2450 (+150) e nel secondo e terzo trimestre a 2600 (+300). Purtroppo la diffusione di alimenti ipercalorici porta facilmente il consumo giornaliero a superare ampiamente le 3000 kcal e ciò determina eccessivo incremento ponderale con alterazioni del metabolismo glico-lipidico e nei casi più importanti con ripercussioni negative sulla crescita fetale e sul parto stesso. L'incremento ponderale in un soggetto normopeso al concepimento, nei nove mesi di gestazione dovrebbe essere intorno ai 12 13 Kg; se si è invece sovrappeso (BMI > 25) dovrà essere contenuto tra 7 e 11 Kg; nelle donne sottopeso (BMI < 20) è auspicabile un incremento di 14 - 16 Kg. Bisogna prendere l'abitudine di pesarsi sempre sulla stessa bilancia, alla stessa ora
del giorno, preferibilmente al mattino, a digiuno, dopo aver vuotato la vescica. L'eccessivo aumento di peso al momento del concepimento o durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza comporta un affaticamento per la madre e può predisporre al diabete gestazionale (che comporta un accrescimento disarmonico ed eccessivo del feto e un rischio per la madre di sviluppare il diabete di tipo 2 anche a distanza di anni dal parto) e alla gestosi, condizione tossica nella quale compaiono una serie di alterazioni: quali l'aumento della pressione arteriosa, comparsa di notevoli proteine nelle urine, comparsa di edemi. L'eccesso di peso in gravidanza si associa di per sé ad un aumento del rischio di parto prematuro e di ricorso al taglio cesareo. Inoltre può favorire altre condizioni spiacevoli, quali smagliature cutanee e varici alle gambe. Quindi le future mamme non devono mettere in atto strategie fantasiose, ma dovranno solo chiedere al pediatra che, in collaborazione con il dietista, affronterà tutti i dubbi della nuova condizione fisiologica fornendo (il pediatra) e attuando (il dietista) una strategia comportamentale e alimentare adatta a loro e al futuro bambino.
Le malattie croniche del fegato (epatiti virali, alcoliche, steato-epatite non alcolica ecc..) determinano nel tempo la deposizione di tessuto fibrotico nel parenchima epatico. La fibrosi epatica può quindi essere di grado lieve, moderato o severo, a seconda della quantità di tessuto depositato. Nei casi più avanzati si parla di cirrosi epatica quando la struttura epatica è completamente sovvertita e sostituita da tessuto fibroso (fegato duro, bozzuto). Quindi la prognosi e la gestione di questi pazienti dipende dall’accumulo di tale fibrosi e dalla sua progressione nel tempo e le stesse scelte terapeutiche sono condizionate da questo parametro. Da qui la necessità di una diagnosi precoce, per prevenire le complicanze della malattia. Sino a pochi anni fa la BIOPSIA EPATICA rappresentava l’unico strumento di valutazione della fibrosi. Tuttavia la biopsia è una procedura invasiva e ciò può scoraggiare alcuni pazienti a sottoporsi a questa procedura, inoltre è difficilmente ripetibile nel tempo. Per queste ragioni la valutazione della fibrosi epatica con metodi non invasivi ha rappresentato una sfida che ha favorito la ricerca di metodologie alternative. I diversi approcci hanno incluso la ricerca di markers surrogati di fibrosi, cioè markers sierici che, in combinazione fra loro, potessero predire la fibrosi con un alto grado di accuratezza. Tuttavia la maggioranza di essi (fibrotest, APRI, indice di Forms) sono fortemente influenzati da condizioni extraepatiche ed è ben lontana dall’essere ottimale per la valutazione della cirrosi. Per questo è stato sviluppato la misurazione della fibrosi epatica mediante la elastometria ad impulsi (FIBROSCAN) che consente di stabilire in modo non invasivo l’entità della fibrosi, permettendo grazie alla sua accuratezza di seguirne l’evoluzione nel tempo. Il Fibroscan quantifica l’entità della fibrosi mediante la tecnica di elastografia ad impulsi. Esso valuta la fibrosi del fegato misurandone la durezza che viene espressa in kPa . Il dispositivo misura la rigidità di una sezione cilindrica di tessuto epatico di 4 cm di lunghezza e di 1 cm di diametro che si trova ad una profondità di 2 ,5 cm al di sotto delle superficie cutanea .
Queste dimensioni sono all’incirca 100 volte maggiori di un campione bioptico standard e dunque più rappresentative dell’intero parenchima , consentendo così di ridurre l’errore di campionamento. Si tratta di un test facilmente eseguibile che richiede 5 minuti per effettuare almeno dieci misurazioni . Modificando la posizione della sonda , sullo spazio intercostale prescelto si possono effettuare diverse misurazioni della durezza del fegato esplorato. Il Fibroscan presenta alcune limitazioni , infatti la tecnica non può essere utilizzata : in presenza di versamento ascitico perché le onde elastiche non si propagano attraverso i liquidi, nei pazienti con spazi intercostali ristretti e nel paziente obeso , perché il tessuto adiposo attenua sia l’onda elastica che gli ultrasuoni ( è in uscita una sonda adatta ai pazienti obesi) . Il Fibroscan consente una valutazione non invasiva della fibrosi epatica che permette in molti casi di evitare la biopsia epatica. Inoltre il Fibroscan è attualmente il miglior strumento della diagnosi precoce della cirrosi e in questo tipo di pazienti può avere valore prognostico. Considerata l’elevata accettabilità della metodica da parte del paziente, l’elastografia potrà rilevarsi molto utile per il monitoraggio della fibrosi. Attualmente tale strumento, ormai indispensabile nei servizi di epatologia, è presente nella nostra regione presso l’Ospedale di Terni e Perugia. Il Fibroscan dovrebbe essere acquistato anche dall’Ospedale di Foligno, onde evitare scomodi spostamenti a decine di pazienti della nostra ASL affetti da malattie epatiche.
Lo stress ossidativo In farmacia la cultura della prevenzione dei danni causati dai radicali liberi e dell’importanza degli antiossidanti SIBILLA MEARELLI Recentemente si parla molto di specie chimiche ossidanti comunemente dette “radicali liberi”, queste entità chimiche altamente reattive altro non sono che atomi e molecole che, per la loro struttura, possono, per semplice “contatto”, danneggiare, anche irreversibilmente, le cellule del nostro organismo tramite un meccanismo di tipo ossidativo innescando delle lunghe reazioni a catena autoamplificanti. Fortunatamente il nostro organismo è dotato di un vero e proprio sistema an-
tiossidante antiradicalico che è in parte endogeno, cioè prodotto dal nostro organismo, come una serie di enzimi e proteine antiossidanti, e in parte esogeno, cioè introdotto con l’alimentazione, come una serie di vitamine, polifenoli etc. Tuttavia in certe condizioni l’equilibrio tra radicali liberi e sistema antiossidante si rompe e l’eccesso di radicali liberi porta al cosiddetto stress ossidativo che si traduce inesorabilmente in un danno cellulare e tissutale diretto ed indiretto, da cui derivano l’invecchiamento precoce e un maggior rischio di insorgenza di malattie. Quindi i radicali liberi sono
assimilabili ad un vero e proprio fattore di rischio asintomatico e subdolo come il colesterolo e l’ipertensione. I fattori che influenzano la produzione di radicali liberi sono molteplici, tra questi i più importanti sono: lo sforzo fisico intenso e sporadico, eccesso di alcol, di fumo, inquinamento, eccessiva esposizione a radiazioni solari e lampade, uso della pillola contraccettiva oppure la terapia ormonale sostitutiva in menopausa (in entrambi i casi si ha un forte stress ossidativo), stress psicofisico , cattive abitudini alimentari (scarsa assunzione di frutta e verdura), obesità, sedentarietà, stati infiammatori, pa-
tologie, etc. I possibili interventi che si possono mettere in atto per prevenire ed arginare il danno radicalico sono principalmente due: modificazione dello stile di vita, innanzitutto rimuovendo la fonte dei radicali liberi e adeguando l’alimentazione, privilegiando frutta e verdura, ricche in vitamine antiossidanti. Una testimonianza dell’importanza di una “dieta antiaging” deriva anche da studi che hanno dimostrato che alcuni polifenoli antiossidanti, come la curcumina della curccuma longa e l’acido ferulico derivato dal licopene dei pomodori abbiano una potente azione di atti-
vazione dei geni della resistenza allo stress ossidativo detti vitageni. Inoltre è importante praticare anche un blando e quotidiano esercizio fisico, ma quando tutto ciò non è possibile o è insufficiente può essere utile l’assunzione d integratori ad azione antiossidante. Tra questi ne esistono innumerevoli contenenti veri e propri cocktails di molecole antiossidanti che vanno da diversi tipi di moleco-
le, proteine, enzimi, coenzimi (Q10), vitamine (tocoferoli, carotenoidi, ascorbato, etc.) ad antocianosidi, polifenoli e piante officinali, tra cui le più utili, perché più ricche in polifenoli, sono il tè verde, il tè rosso, il mirtillo, l’olivo, inoltre va ricordata anche la propoli e le innumerevoli piante aromatiche e spezie come la cannella, l’origano, il timo, la salvia, il rosmarino, etc..
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Pensieri e Parole
AGOSTO 2010
BUDDHISMO: UNARELIGIONEATEA TAERI SUNIM ...è interessante fare un parallelismo tra il Buddismo e l’epicureismo che ritorna sempre più attuale, soprattutto sul piano etico della vita moderna. L’epicureismo è stato un movimento prevalentemente ateo dato che già il suo fondatore Epicuro, nel IV secolo AC pur confermando l’esistenza degli dei, aveva negato loro la possibilità di intervenire nella vita degli uomini, relegandoli quindi a puri modelli ideali di virtù. Per Epicuro non ha infatti alcun senso rivolgere loro le preghiere o averne timore dato che sono totalmente indifferenti al destino degli uomini... Parallelamente il Buddha, nei suoi vari sermoni mette in guardia i praticanti dal rivolgersi a lui come a una divinità e, contemporaneamente, a non rivolgersi alle divinità del ricco pantheon tradizionale indù con preghiere di supplica dato che queste nulla possono fare per soddisfarle. Gli dei sono posti dal Buddha, al pari di tutti gli altri esseri, nella sfera del Samsara, il ciclo di nascita e morte, quindi in una condizione di impermanenza: anche loro un giorno esaurito il karma positivo rinasceranno in altre sfere di esistenza inferiore. In
questo senso, il loro status è da loro stessi riconosciuto come inferiore a quello del Buddha che, anche se umano, ha trasceso la condizione del divenire... Ma ciò che più è importante sottolineare è l’aspetto etico che accomuna le due filosofie di vita.... La morale epicurea, fondamentalmente consiste nel tentativo di ricercare una felicità terrena senza l’ausilio di un dio. Questa felicità si identifica in quello stato di serenità interiore e equilibrata saggezza che è l’atarassia. L’assenza del dolore fisico e del turbamento (inquietudine) morale deve essere ricercato dal saggio senza superficialità o dissolutezza perché causerebbe più mali che piaceri. Per Epicuro l’atarassia è uno stato di delicato equilibrio interiore che se praticato da tutti può generare una società sana, giusta e armoniosa. ... La piena responsabilità dell’agire umano è data all’individuo proprio come fa il buddhismo, dandogli in tal modo piena dignità. L’inferno consiste nelle angosce e i timori che risiedono nella coscienza. Nel Buddhismo il concetto di Via di Mezzo, il giusto equilibrio fra gli estremi dell’asce-
tismo e del sensualismo, permea i principi etici laici e quindi della sfera mondana. Nel Sigalovada Sutta per esempio il consiglio dato ai laici di praticare il Dharma senza bisogno di rinunciare ai propri beni (come invece è detto nel Vangelo: abbandona tutto e seguimi ) è quello di saperli gestire saggiamente e senza avidità. Nel terzo precetto riguardante la sessualità, non si esige l’astinenza completa o il rapporto sessuale ai soli fini procreativi, ma un rapporto corretto con l’altro/a, preferibilmente accompagnato da sinceri sentimenti d’affetto e rispetto. Nel cibarsi non si consiglia di fare digiuni prolungati o evitare tutto ciò che è considerato “leccornia” ma di mangiare con consapevolezza e moderazione. ... Ciò che rende molto forte e attraente l’etica buddhista, e che la distanzia da altre filosofie è infatti la compassione e la non violenza verso tutte le forme di vita. Quindi in molti punti l’etica buddhista coincide con quella epicurea, soprattutto per ciò che concerne la saggezza mondana, quella che permette di vivere in questo mondo del Samsara in modo meno sofferente possibile.
satira subliminale. Con questo canale vuole dimostrare come nessuno impedirà di mandare in onda quello che si è deciso di trasmettere, soprattutto chiunque abbia idee e volontà di farlo può mandare il proprio video. L’esperienza è partita proprio dal pensiero che rompendo il monopolio televisivo si apriva un canale a tutti quegli utenti che vogliono dare voce e video alle proprie esperienze ma non hanno uno strumento per farlo. Al Gore si è rivolto molto ai bloggers, proprio a chi, fino ad oggi, si è legato alla rete come strumento libero principe per esprimere il proprio pensiero, attraverso tracce del loro passaggio, e che hanno contribuito per fare crescere questa cultura di libera informazione, che finora rimaneva solo a beneficio di chi usa lo stesso mezzo per comunicare o un computer collegato in rete.
SAMANTHA PASSERI Non posso credere di essere rimasta senza il mio lavoro. Prendetela come un piagnisteo, un continuo lamentarsi addosso, ma io faccio ancora fatica ad abituarmi. Eppure di mesi ne sono passati. Per una donna non pensiate che sia facile restare senza niente tra le mani, da un giorno all'altro. Con uno stipendio da fame, riuscire a mettere in piedi un pranzo e una cena, a dare ai miei figli la parvenza di una vita normale. Non pensiate che sia facile dormire la notte, quando la mattina dopo ci si sveglia ed è un altro giorno, identico a quello di ieri e identico a quello di domani. Io sono fuori mercato. Cosa significa? Significa che per questa società io non ho diritto di cercarmi un’occupazione perché non servo più. Io per lo Stato devo accontentarmi dell'elemosina che ricevo, e dire persino grazie mille con gratitudine vera. La cassa integrazione i politici non sanno nemmeno cos'è. Non sanno come si vive con 4 soldi, i problemi che ci
sono, perché non hanno l'umiltà di sentirsi dei privilegiati, non ha il senso della nazione, ma solo quello personale, anche se sentendo queste parole qualcuno farà il finto indignato e minaccerà magari querela, chiedendo soldi ovviamente. Perché gli affamati di denaro non conosco l'anoressia, al massimo sono sempre bulimici. Ho una rabbia dentro che graffia più della puntina del giradischi su un vecchio vinile. Politici, sindacalisti, che mi dite di star calma, di sorridere, di sentirmi fortunata.. Vi prego. Non fatelo più. Vorrei prevalesse dentro di me sempre e solo la speranza e la forza di andare avanti nonostante tutto. Perché se fosse la rabbia a prendere il sopravvento, allora sarebbe davvero finita la possibilità che si crei in un futuro qualcosa di migliore per i nostri figli. Lavoro all'Antonio Merloni da non molti anni. Prima mi avevano detto che le donne non le assumevano e quando è stato possibile ho lottato disperatamente per l'impiego in questa azienda. Anche contro la mia dignità.
Oggi per pagare l'affitto e mantenere i miei figli ho dovuto integrare la cassa integrazione con un lavoro in nero. Faccio la donna delle pulizie e guadagno 6 euro l'ora. Mi spacco la schiena dalla mattina alle 8 per 10 ore , senza nessun diritto lavorativo, ma lo faccio solo per i soldi. All'improvviso.. mi sono sentita immigrata anche io..come le badanti dell'Est. Non mi sentivo più italiana, perché lo Stato c'è solo quando deve chiedermi le tasse, e la politica c'è solo quando ci sono le elezioni per chiedere voti, per strappare promesse. Non chiedo nient'altro se non il mio vero posto di lavoro, nella catena di montaggio a fare frigoriferi. Niente di più. Non un euro di troppo. Sono sfiduciata..lo so le cose non cambieranno...ma chissà che qualcuno domani come me, non vergognandosi di raccontare la sua storia, possa riuscire a smuovere le coscienze di chi dovrebbe aiutarci, di chi dovrebbe rappresentare lo Stato e non abbandonarci. Vado perché è tardi e domani un altro giorno arriverà.
GIUSEPPE GARIBALDI: ATEO EANTICLERICALE
CGIL INFROM@ - BLOG GIOVANI Fra verità e censura: comunicare in libertà per creare nuove coscienze e nuovi valori. Pochi giorni fa ho assistito alla messa in onda del nuovo canale che va per il momento in onda solo su sky al canale 130. Questo progetto, chiamato CURRENT tv è stato creato dall’ex vicepresidente americano Al Gore che, dopo la sconfitta elettorale contro George Bush Jr, ha ricostruito il suo futuro politico guardando alla comunicazioni di massa. Dopo aver portato avanti le sue politiche sull’ambiente e sulla libertaà d’espressione ad oggi si ritiene un “politico convalescente”. Durante la sua intervista fatta a Roma l’8 maggio ha puntualizzato e dimostrato, con la sua emittente, che mettendo insieme libertà, indipendenza e democrazia si può ottenere una logica di sistema che va oltre il coinvolgimento politico e la tendenza classica della
MISERIAE NOBILTÀ
Finalmente si passa da programmi tv stupidi sulla rete alla rete che diventa innumerevoli servizi intelligenti in tv: un bel salto! Oggi la rete ci ha abituato a cercare qualsiasi cosa e, soprattutto nel tempo passato, ci ha fornito un filtro su tutto quello che possiamo cliccare o che vogliamo vedere: dopo i recenti risultati elettorali ci si rende conto di quanto sia importante che ognuno di noi guardi le cose per quello che realmente sono e non invece per quello che vogliono farci arrivare attraverso facili tranelli mediatici. Ancora una volta, poter avvicinare uno strumento di libero pensiero democratico, partecipare attivamente alla costruzione della libera informazione, può dare la percezione che i nostri contributi (in termini di video) possano soppiantare vecchi programmi, vecchie logiche, nuove censure.
Estratto dal testamento di Giuseppe Garibaldi «Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni
turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, di-
sprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada»
...NON FIDARSI È MEGLIO!
LE RICETTE DEL MESE : RISOTTO PERE E TALEGGIO - SPUMA DI BACCALÀ Redazione: Via della Piazza del Grano 11 06034 Foligno (PG) - tel. 0742510520 Mail: redazionepiazzadelgrano@alice.it Autorizzazione tribunale di Perugia n° 29/2009 Editore: Sandro Ridolfi Direttore Editoriale: Sandro Ridolfi Direttore Responsabile: Giorgio Aurizi Direttore Sito Internet: Andrea Tofi Stampa: Grupo Poligrafico Tiberino srl, Città di Castello Chiuso in redazione il 24/08/2010 Tiratura: 4.000 copie Periodico dell’Associazione ”Luciana Fittaioli”
ANTONIETTA STADERINI Risotto pere e taleggio Tempo di preparazione 30 minuti Ingredienti per 6 persone: gr. 600 riso arborio, una cipolla piccola, gr. 200 taleggio, gr. 100 parmigiano reggiano, 2 pere kaiser, un litro di brodo, sale q.b, gr 100 burro. Procedimento: in una casseruola mettere la cipolla tritata finemente con la metà del burro e lasciare appassire, aggiungere il riso. farlo tostare per qualche minuto quindi aggiungere il brodo un poco
alla volta. A metà cottura incorporare le pere precedentemente sbucciate e tagliate a cubetti e il formaggio taleggio sempre tagliato in piccoli pez-
zi, proseguire con la cottura sempre mescolando e aggiungendo qualche mestolino di brodo, aggiustare il sale. A cottura ultimata (circa 20 minuti) aggiungere il burro rimasto e il parmigiano, mescolare e lasciare riposare per qualche minuto il risotto prima di servirlo. Spuma di baccalà su crema di ceci al rosmarino Tempo di preparazione 1 ora Ingredienti per 4 persone: Filetti di baccalà bagnati gr 600, ceci in scatola gr 400, latte l 1/2, aglio 3 spicchi, acciughe sott'olio 4, panna fresca gr 250, olio extra vergine di oliva q.b., sale q.b., patate 1,
parmigiano reggiano gr 100, rosmarino un mazzetto. Procedimento: mettere sulla fiamma media una padella antiaderente con un filo di olio, 2 spicchi di aglio, le acciughe, il baccalà, precedentemente spellato e ripetutamente lavato con acqua fredda, la patata tagliata a fettine sottili, coprire con il latte e, infine aggiungere il parmigiano, lasciare cuocere per circa 30 minuti sino a che il latte non si sarà rappreso, togliere dal fuoco e lasciare intiepidire. Trasferire il composto ottenuto in un frullatore e lavorarlo aggiungendo poco alla volta la panna sino a che non
diverrà spumoso. In una casseruola mettere un filo di olio e uno spicchio di aglio, lasciare riscaldare, aggiungere i ceci scolati, un pizzico di sale, il rosmarino, precedentemente tritato finemente, lasciare insaporire e coprire con 2 bicchieri di acqua, cuocere per circa 20 minuti. Passare i ceci al passaverdure, ottenendo così una crema. Preparare ogni singolo piatto mettendo alla base un mestolo di crema di ceci su cui verrà appoggiato un abbondante cucchiaio di spuma di baccalà e un rametto di rosmarino. Servire a temperatura ambiente.
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Spettacoli ed eventi a cura di Piter Foglietta
Dopo lo straordinario successo della nona edizione, cresce l'attesa per il decennale di CantieDiscanti Grande successo per le “onde mediterranee” di Canti e Discanti. Tra mostre fotografiche internazionali, suggestivi concerti, proiezioni ed incontri enogastronomici, per venti giorni Foligno è stata contaminata dal suo world festival, cresciuto in qualità e quantità di proposte, facendo registrare presenze di pubblibo da tutto il centro Italia. L’appuntamento è per il prossimo anno con l’anniversario dei dieci anni, per un’edizione ancora più ricca. Quello appena concluso è stato un programma particolarmente ricco e stimolante ideato e realizzato dall’Associazione Culturale Platea, con la collaborazione della Regione Umbria, del Comune di Foligno, della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno e della Confcommercio di Foligno - per un festival che ha proseguito il suo processo di multiculturalità attraverso la contaminazione delle diverse forme di espressione artistica e che attraverso i suoni, le immagini e i sapori delle “onde mediterranee” ha unito i vari spettacoli in programma. “Nonostante le ristrettezze finanziarie e gli ingiustificati tagli ai bilanci degli enti locali – dichiara il sindaco di Foligno Nando Mismetti – il Comune continua a sostenere la cul-
tura e pertanto non ha voluto far mancare l’appoggio ad un’importante rassegna che negli anni ci ha sempre accompagnato durante le varie iniziative dell’estate folignate. Un evento che pure in questa edizione ha rappresentato uno dei motivi di orgoglio per la nostra città”. Dopo le congratulazioni del primo cittadino, esprime soddisfazione anche la direzione artistica della rassegna che, con la solita consulenza del cantautore Massimo Liberatori e di Stefano Romagnoli, anche quest’anno è stata di Piter Foglietta, figlio di quel Vincenzo (mai dimenticato cantastorie-musicista folk folignate) a cui fin dalla prima edizione è dedicata la manifestazione. “Il festival – afferma il diret-
tore artistico Piter Foglietta – è ormai maturato e considerando i positivi riscontri di pubblico e critica è in continua crescita. La nona edizione si è rivelata, dopo questi primi anni di vita, un importante punto di arrivo, ma che per noi organizzatori è anche una tappa necessaria per ripresentarci con una decima edizione ancora più ricca”. “Come Amministrazione comunale – dichiara l’assessore alla cultura del Comune di Foligno Elisabetta Piccolotti – non possiamo che ringraziare l’Associazione Platea per il lavoro svolto da tanti anni per organizzare questo festival a cui siamo molto affezionati. Anche in questa edizione la manifestazione ha proseguito con risvolti importanti il suo percorso tra i villaggi d’Italia e
foto di Pierpaolo Metelli
del mondo, continuando una ricerca culturale che si rinnova costantemente attraverso eventi che fanno bene al cuore e alla mente”. Le piazze e tutti gli altri luoghi del festival hanno sempre registrato un tutto esaurito per gli spettacoli in programma. Far vivere i tanti luoghi di Foligno è stato un altro elemento che ha caratterizzato il Festival. Non è stato da meno anche lo scenario di piazza del Grano, uno spazio che per la prima volta è stato trasformato in una grande arena cinematografica all’aperto, una location azzeccata per le proiezioni della sezione cinema di “Canti e Discanti” con i film del regista tedesco di origine turca Fatih Akin, a cui è stata dedicata una retrospettiva, curata da Roberto Lazzerini. Al Ciac (Centro Italiano Arte Contemporanea) due importanti fotografi di livello internazionale, Vanessa Winship e George Georgiou, grazie a “Canti e Discanti” hanno esposto per la prima volta insieme. Una doppia e suggestiva mostra, curata dal fotografo folignate Daniele Mattioli, che affronta il tema “Turchia, identità attraverso un Est ed Ovest in crisi. Le sezioni “Photo” e “Film” del festival sono state pertanto dedicate alla Turchia, una scelta, ricordano gli organizzatori, dovuta anche al fatto che Istanbul nel 2010 è stata nominata “capitale europea della cultura”.
Ginevra Di Marco e Margherita Hack foto di Giovanni Galardini Il cortile di Palazzo Trinci si è poi rivelato ancora una volta spazio importante per gli eventi targati “Canti e Discanti”. Attraverso una bellissima serata che rimarrà nella storia del festival, in questo suggestivo luogo, in collaborazione con il Laboratorio di Scienze Sperimentali di Foligno, è stato presentato uno spettacolo originale e in prima assoluta per l’Umbria. L’incontro tra la scienziata Margherita Hack e la cantante Ginevra Di Marco, ha visto queste due “stelle” indagare, attraverso un mix di parole e musica, su alcune tematiche sociali scottanti quali immigrazione/emigrazione, nuove energie, globalizzazione, lavoro, corruzione. Questa edizione, inoltre, ha voluto offrire qualcosa anche ai più piccoli. Sempre a Palazzo Trinci è stato molto partecipato anche il concerto-laboratorio per bambini, “Il Cantalibro”, tenuto da Paolo Capodacqua in collaborazione con La Locomotiva e l'Assessorato alle Politiche
d'Infanzia. Anche in questa edizione sono stati individuai spazi rappresentativi al di fuori del centro storico come il sagrato della Chiesa di San Giovanni Evangelista a Fiamenga (per l’incontro Umbria-Salento attraverso la musica dei Malicanti, i sapori della Puglia e i vini del territorio) e la Basilica di Plestia a Colfiorito che è stata lo scenario dell’ultimo appuntamento in cartellone. “Canti e Discanti” ha quindi voluto, come da sua tradizione, anche riscoprire le radici, musicali ma non solo, della propria terra. In questo senso il progetto ideato da Canti e Discanti intitolato “Altipiani Sonori”, che ha visto protagonisti il cantautore Massimo Liberatori, i Cantori del Miserere di Colfiorito e la Banda di Annifo, si è dimostrato un appuntamento teso a valorizzare l'ecosistema naturale e culturale dell'Altipiano di Colfiorito, attraverso una giornata di musica, incontri ed enogastronomia.
Il Soprintendente artistico di Segni Barocchi, Massimo Stefanetti, ci introduce la XXXI Edizione del Festival, che si svolgerà tra Foligno e Montefalco dal 28 agosto al 19 settembre La XXXI edizione di Segni Barocchi Festival si apre il 28 agosto con il secondo intervento del progetto di mostre sulla fiaba barocca che quest’anno è dedicato ai racconti fiabeschi di Giambattista Basile (1566 o 15751632), illustrati da Mariella Carbone. La mostra con libro d’artista curato da Emanuele De Donno, verrà inaugurata a Palazzo Trinci di Foligno alle ore 11.00 e resterà aperta fino alla giornata conclusiva del festival. Nello stesso giorno il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto “A. Belli” presenta, in prima assoluta, con la direzione di Carlo Palleschi e con il coordinamento artistico di Michelangelo Zurletti, lo spettacolo multimediale, tra musica, poesia, documenti dal Barocco e oltre, “Dove elce verdeggia” con musiche di Fabrizio De Rossi Re, David Lang, Goffredo Petrassi e con testi di Claudio Monteverdi, Giovan Battista Marino, Car-
lo Emilio Gadda e Alberto Arbasino (Auditorium San Domenico, ore 21.15). Da mercoledì 1 settembre a sabato 18 settembre le librerie di Foligno del circuito “Antiquarian Bookshops of Umbria” (Libreria Carnevali, Editoriale Umbra, Il Formichiere, Il Salvalibro) metteranno in mostra durante l’orario d’apertura di ciascun esercizio, la cultura barocca. Venerdì 3 settembre, l’associazione “Commedia Harmonica” presenta, in prima assoluta, “La barca di Venetia per Padova” (1623) di Adriano Banchieri: uno spettacolo creato e realizzato per Segni Barocchi (Auditorium San Domenico, ore 21.15). La “Notte Barocca”, ideata e progettata da Segni Barocchi, viene realizzata a Foligno, in collaborazione con l’Ente Giostra della Quintana, sabato 4 settembre. Il programma della V edizione prevede le seguenti iniziative:
- alle ore 17.30 nella Sala delle Conferenze di Palazzo Trinci, Raffaele Riccio presenta la conferenza spettacolo con degustazione “Immaginario fantastico e mondo gastronomico della Napoli Barocca: ‘Lo cunto de li cunti’ di Giambattista Basile”; - alle ore 21.00 l’orchestra da camera Notte Barocca Veneziana propone, in costume del settecento, le musiche di Antonio Vivaldi, Tommaso Albinoni, Giuseppe Tartini, Alessandro Marcello; - dalle 21.00 alle 03.30 “Visioni d’incanto” illuminano Piazza della Repubblica e Piazza San Domenico; - dalle 21.00 alle 02.00, in collaborazione con il Laboratorio di Scienze Sperimentali e con l’Associazione Astronomica Antares, sono previsti proiezioni e incontri al Planetario di Via Isolabella; - dalle ore 22.30, con replica alle ore 02.00, la Compagnie des Quidams – Inko’ Nito pre-
senta lo spettacolo itinerante con finale fisso a Piazza della Repubblica “Rêve d’Herbert”; - dalle 23.30, a Largo Carducci, l’Ensemble Terra d’Otranto, propone le tarantelle della Puglia e della Spagna dal XVI al XVIII secolo: musica e parole da ascoltare, ma anche per ballare. Venerdì 10 settembre, alle 17.30 Gabriele Metelli propone la conferenza “Il vino nella società folignate tra Cinque e Seicento (Foligno, Palazzo Trinci, Sala delle Conferenze); Giovedì 16 settembre alle ore 17.30 e 21.30 nella Multisala Supercinema di Foligno viene proiettato il film “Amor nello specchio” di Salvatore Maira. Venerdì 17 settembre il festival si trasferisce a Montefalco con due appuntamenti: - alle ore 18.00 il teatro San Filippo Neri ospita la conferenza di Omar Calabrese “Nuovi concetti neobarocchi;
Ensemble Terra d’Otranto - alle ore 21.15 nella chiesa museo di San Francesco La società dello Spettacolo presenta “1610-2010. Il neobarocco”, rappresentazione teatrale multimediale ispirata alle elaborazioni di Omar Calabrese. Il progetto “La musica barocca nei film” viene dedicato al grande regista russo Andrej Tarkovskij: con la regia del figlio Andrej Andrejevic e la direzione musicale di Stefano Maurizi, l’Auditorium San Domenico ospita la performance multimediale “Sonorità visive” con temi e improvvisi tratti da composizioni di Bach, Pergolesi e Purcell
scelte da Tarkovskij per i suoi film (sabato 18 settembre, ore 21.15). La XXXI edizione di Segni Barocchi si conclude, in collaborazione con “Isole” della Provincia di Perugia, nella chiesa di Santa Maria Assunta di Verchiano, domenica 19 settembre alle ore 18.00; nel terzo centenario della nascita di Giovanni Battista Pergolesi ,l’ensemble con strumenti originali Musica Perduta ricorda il compositore marchigiano eseguendo composizioni inedite contenute nell’archivio musicale del Sacro Convento di Assisi.
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FOLIGNO
www.piazzadelgrano.org
Domenica 29 agosto Fiera dei Soprastanti dalle ore 17.00 alle ore 24.00 Portico delle Conce e vie limitrofe Commedia di Vincenzo Jacobilli “L’Ostessa” - Rione La Mora ore 22.00 Corte di Palazzo Trinci Martedì 31 agosto Palio di San Rocco ore 22.00 Piazza San Domenico Giovedì 2 settembre “Parata Fairy Tales” Gruppo Teatrale Nouvelle Lune ore 22.00 Vie del Centro Storico
Venerdì 3 settembre “Teatro Instabile Urga” e “Arterego” Artisti del fuoco e giocolieri ore 22.00 Vie del Centro Storico Sabato 4 settembre La Bianca Notte Barocca In collaborazione con Segni Barocchi Festival dalle ore 21.30 Centro Storico Domenica 5 settembre “Pony…amo la Quintana a cavallo” e Spettacolo di giocoleria per bambini ore 17.00 Piazza Matteotti Quintanella di Scafali ore 22.00 Piazza della Repubblica
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Mercoledì 8 settembre Gara dei Tamburini ore 22.00 Piazza della Repubblica Giovedì 9 settembre La Staffetta del Popolano ore 21.00 Piazza della Repubblica e vie del Centro Storico “Buffoni di Corte” e “Associazione Culturale Guitti Teatro” Spettacoli itineranti artisti di strada ore 22.00 Vie del Centro Storico e Piazza della Repubblica Palio della Filomé ore 23.00 Piazzetta San Salvatore
Venerdì 10 settembre “Il Draaago” Compagnia Teatro dei Venti ore 22.00 Vie del Centro Storico e Piazza della Repubblica Sabato 11 settembre Lettura del Bando e Benedizione dei Cavalieri ore 21.00 Piazza della Repubblica Domenica 12 settembre
Giostra della Quintana “La Rivincita”
ore 15.00 Campo de li Giochi “Marcello Formica e Paolo Giusti”
supplemento al numero 8 - Anno II - agosto 2010 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org
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Santiago del Cile, 11 settembre 1973, bombardamento del palazzo presidenziale de La Moneda
Lavoratori del Cile: vi parla il presidente della Repubblica. Le notizie che abbiamo fino a questo momento ci rivelano l’esistenza di una insurrezione della Marina nella Provincia di Valparaiso... Abbiate la sicurezza che il Presidente resterà nel Palazzo de La Moneda difendendo il Governo dei Lavoratori... Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes… Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò! Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio
ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione… con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi. Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini… Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le
linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere… Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare, né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi. Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento. Salvador Allende I
Pablo Neruda, il poeta comunista che ha cantato la speranza della libertà
Pablo Neruda con Salvador Allende Pablo Neruda viene considerato una delle più importanti figure della letteratura latino americana contemporanea. Il suo vero nome era Neftalí Reyes Basoalto, usava l'appellativo d'arte Pablo Neruda (dallo scrittore e poeta ceco Jan Neruda) che in seguito gli fu riconosciuto anche a livello legale. Nel 1971 È stato insignito del Premio Nobel per la letteratura. L'abbraccio delle idee comuniste nacque durante la sua permanenza in Spagna dove visse il colpo di stato fascista di Franco. Divenne amico del poeta Federico Lorca, barbaramente assassinato dai fascisti, combattè per la Repubblica e, dopo la vittoria del fascismo, si occupò
della evacuazione dalla Spagna di migliaia di oppositori. Tornato in Cile nel 1945 venne eletto senatore in seno al partito comunista. Nel 1948 nel corso di una seduta del Senato accusò il governo democristiano della violenta repressione di uno sciopero dei minatori del rame, pronunciando il discorso, chiamato in seguito "Yo acuso", in cui lesse all'assemblea l'elenco dei minatori tenuti prigionieri. La reazione dell’allora presidente Vileda fu l'emanazione di un ordine d'arresto contro Neruda, che fu costretto di nuovo all’esilio, mentre il partito comunista cileno veniva messo fuori legge e suoi iscritti dichiarati decaduti dal parlamento. Riuscì a fuggire grazie all’aiuto di Miguel Ángel Asturias, allora diplomatico del Guatemala, e di Pablo Picasso che gli consentì di raggiungere Parigi. Nel 1952, Neruda visse per un periodo in Italia nell’isola di Capri e poi di Ischia (la vicenda è stata narrata nel film di Troisi “Il postino”). Neruda tornò in Cile nell’agosto del 1952, dopo la caduta del presidente Vileda e il ripristino della legalità e lì riprese nel suo impegno politico, prendendo posizione contro gli Stati Uniti durante la crisi dei missili di Cuba e per la guerra del Vietnam. Nel 1970, Neruda fu indicato
come uno dei candidati alla carica di presidente della repubblica cilena, ma si ritirò dalla competizione elettorale appoggiando Allende e aiutandolo a divenire il primo presidente socialista democraticamente eletto in Cile. Per circa due anni e mezzo riprese allora la carriera diplomatica presso la sede di Parigi, che dovette però lasciare per motivi di salute. Il 21 ottobre 1971, ottenne, terzo scrittore dell'America Latina dopo Gabriela Mistral nel 1945 e Miguel Ángel Asturias nel 1967, il Premio Nobel per la letteratura. Al suo primo ritorno in patria, l'anno successivo, venne trionfalmente accolto in una grande manifestazione presso lo stadio di Santiago. Prima di morire assistette al disfacimento del primo governo democratico cileno e al colpo di stato del generale Augusto Pinochet dell'11 settembre, nonché alla morte del presidente Allende, suo amico personale. Insediatasi la dittatura, i militari cominciarono a vessarlo con perquisizioni ordinate dal generale golpista; durante una di queste, Neruda avrebbe detto ai militari «Guardatevi in giro, c'è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia». Mentre attendeva di poter espatriare in Messico, il poeta morì il 23 settembre 1973, assassinato nella clinica santa Maria a Santiago.
Presidente dei Lavoratori
La scuola del terrorismo, dal sud America, all’Iraq e all’Afghanistan
Pinochet, il boia comprato da Nixon per uccidere la democrazia in Cile
II
Falliti i ripetuti tentativi di corrompere l’opposizione politica democristiana e liberale, bensì strenua avversaria del governo social-comunista ma troppo legata al rispetto dei principi della costituzione repubblicana per tradirli, liquidati i vertici storici dell’esercito anch’essi certamente ostili al nuovo governo social-comunista ma ancora rispettosi del principio di lealtà delle forze armate alle istituzioni legittime, gli USA trovarono nel generale Augusto Pinochet il boia che avrebbe assecondato i loro desideri, rovesciando con la forza delle armi il governo legittimo e sopprimendo i diritti costituzionali. A Pinochet, trovatosi al comando dell’esercito in seguito all’allontanamento del generale Pratt, amico e consigliere fidato del Presidente Allende (anch’egli poi ucciso in un attentato terroristico a Buenos Aires dove era riparato dopo il colpo di stato), venne affidato il compito di guidare una giunta militare temporanea che avrebbe dovuto governare il paese per il tempo necessario alla eliminazione fisica dei partiti socialista
e comunista e, quindi, restituire il potere a un governo civile. Pinochet, invece, grazie alla fedeltà dimostrata al padrone nord americano e alla ferocia con cui eliminò fisicamente, con torture e “sparizioni”, decine di migliaia di sostenitori del governo popolare, ebbe in premio dagli USA tutto il potere, che conservò per ben 17 anni. Per tutti questi anni in Cile venne soppressa ogni forma di libertà politica, sindacale e di opinione, mentre le grandi società nord americane tornarono in possesso di tutte le ricchezze del paese la cui economia, anche a causa dell’embargo commerciale e politico opposto da diversi paesi occidentali non anglosassoni, divenne una dipendenza organica di quella USA. Nel 1988, crescendo l’imbarazzo internazionale per l’amicizia degli USA con la dittatura cilena, Pinochet fu costretto a indire un referendum, cercando per tale via di legittimare il suo potere assoluto sotto la parvenza di un consenso popolare. L’esito fu diverso, nonostante l’assenza dei partiti socialista e comunista rimasti al bando, il referendum non passò e alle prime elezioni democratiche del 1990 al potere tornarono i “vecchi” governanti democristiani. Pinochet tuttavia si assicurò per ancora otto anni la carica di comandante dell’esercito e poi quella di senatore a vita per godere dell’immunità par-
lamentare. I tempi stavano però cambiando in tutto il mondo e nel 1998 sembrò profilarsi una “resa dei conti” per il criminale cileno. Era stata appena firmata la “Convenzione internazionale contro la tortura” e il giudice spagnolo Baltasar Garzon, che indagava sulla “operazione condor”, il patto tra le dittature sud americane e gli USA per la repressione terroristica delle opposizioni democratiche nel continente sudamericano, spiccò un mandato di cattura internazionale contro il dittatore cileno che allora si trovava in Inghilterra. Pinochet fu posto agli arresti domiciliari e vi restò per circa cinque anni mentre il parlamento inglese dibatteva sulla richiesta della sua estradizione in Spagna. La richiesta non venne accolta per il debito di riconoscenza che l’Inghilterra aveva con Pinochet per l’appoggio logistico offerto in occasione della guerra delle Falkland. Tornato libero in Cile Pinochet fu di nuovo inquisito dalla magistratura del proprio paese in forza di un rapporto di indagine che aveva accertato circa 35.000 casi di tortura nei primi anni della dittatura. Neppure la magistratura cilena riuscì però a processare il dittatore protetto dall’immunità parlamentare che il Parlamento non consentì mai a revocare. Pinochet è morto all’età di 91 anni nella sua casa a Santiago del Cile senza avere mai risposto dei suoi crimini e scontato un solo giorno di carcere. Non ha avuto il funerale di Stato, ma gli sono stati resi comunque gli onori militari.
A Fort Benning, in Georgia, è aperta dal 1946 la "Scuola delle Americhe" (SOA) che ha "laureato" un grande numero di terroristi, torturatori e dittatori. Da sessantacinque anni la SOA addestra terroristi le cui vittime superano di molto quelle dell'attacco a New York, delle bombe alle ambasciate e delle altre atrocità attribuite, a ragione o a torto, ad al-Qaeda. Tra i suoi "laureati" vi sono molti dei torturatori, omicidi di massa, dittatori e terroristi di stato più famosi del continente sudamericano, come dimostrano centinaia di pagine di documentazione compilate dal gruppo di pressione Soa Watch. Alla Scuola delle Americhe ha studiato il 40% dei ministri che hanno preso parte ai regimi genocidi di Lucas Garcia, Rios Montt e Mejia Victores. Nel 1993 la commissione Onu per la verità sul Salvador ha dato un nome agli ufficiali dell'esercito che hanno commesso le peggiori atrocità della guerra civile. Due terzi di loro erano stati addestrati alla Scuola delle Americhe. Tra loro vi erano gli uomini che hanno ucciso l'arcivescovo Oscar Romero e 19 dei 26 soldati che uccisero i padri gesuiti nel 1989. In Cile, la polizia segreta di Augusto Pinochet e i suoi tre principali campi di concentramento erano diretti da uomini addestrati alla Scuola delle Americhe. I dittatori argentini Roberto Viola e Leopoldo Galtieri, i panamensi Manuel Noriega e Omar Torrijos, il peruviano Juan Velasco Alvarado e l'equadoregno Guillermo Rodriguez, si sono tutti avvalsi dell'addestramento ricevuto in
questa scuola. Altrettanto hanno fatto i capi dello squadrone della morte "Grupo Colina" nel Perù di Fujimori,. Nel 1999 il rapporto del Dipartimento di stato americano sui diritti umani cita due uomini, addestrati in questa scuola, come gli assassini del commissario di pace Alex Lopera. L'Fbi definisce il terrorismo come "atti violenti... miranti a intimidire o a coartare la popolazione civile, a influenzare la politica di un governo, o a interferire nella condotta di un governo", una definizione che descrive precisamente le
“Importante non è vincere, ma partecipare” e quindi... impianti sportivi miliardari, ingaggi di campioni milionari, uso sfrenato di sostanze chimiche, corruzione. Lo sport unisce i popoli, stimola la solidarietà e combatte il razzismo e quindi Zidan arabo, Balotelli negro, ecc. ecc. Ma la cosa più vergognosa di uno sport, divenuto impresa economica e spettacolo da circo, è l’ansia di vittoria che supera ogni sentimento etico. Nel 1976 la squadra italiana di tennis disponeva, per la prima volta, di fuori classe in grado di competere con i mostri sacri USA, Australiani, Svedesi e
quindi di aspirare concretamente alla vittoria del massimo trofeo mondiale: la Coppa Davis. Nel suo girone la squadra italiana riuscì a battere tutti i più forti avversari e a qualificarsi per la finale con il vincitore dell’altro girone. Nell’altro girone la storia era però stata assai diversa: in finale era infatti giunta la modestissima squadra cilena in virtù del fatto che molte delle assai più forti squadre avversarie si erano rifiutate di incontrare la squadra del paese del dittatore Pinochet salito al potere tre anni prima con un colpo di stato sanguinosissimo.
attività della Soa. Le prove che collegano questa scuola alle atrocità che ancora avvengono in America Latina sono più schiaccianti delle prove che collegano i campi di addestramento di al-Qaeda all'attacco di New York. Nel 1996 il governo Usa è stato costretto a rendere pubblici sette dei manuali di addestramento della scuola. Tra gli altri consigli per i terroristi, essi raccomandavano il ricatto, la tortura, l'esecuzione e l'arresto dei parenti dei testimoni. I manuali sugli interrogatori a lungo usati dalla SOA furono resi pubblici dall’Archivio della Sicurezza Nazionale e pubblicati sul sito web dopo
che furono declassificati secondo il Freedom Information Act. Quei manuali descrivevano tecniche coercitive esattamente corrispondenti a quelle utilizzate con i detenuti ad Abu Ghraib. Le tecniche di tortura di Abu Ghraib sono state testate dai diplomati alla SOA. Come ha scritto il dottor Miles Schuman, un medico del Centro canadese per le Vittime delle Torture: “Il cappuccio nero che copre i volti dei prigionieri nudi ad Abu Ghraib era noto nelle camera delle torture guatemalteche e salvadoregne come la “capuchi”. Il letto metallico sul quale i detenuti, denudati e incappucciati, venivano legati in una posizione da crocifissione era la “cama” usata con i prigionieri cileni sotto il regime di Pinochet. Gli elettrodi venivano attaccati alle braccia, alle gambe e ai genitali, così come sono stati attaccati ai detenuti iracheni, poi messi su un box e minacciati con scosse elettriche se cadevano. Gli uomini iracheni venivano legati, nudi, a gattoni sul pavimento e tenuti a guinzaglio da una giovane recluta americana sorridente nello stesso modo già utilizzato degli aguzzini del dittatore americano John Claude (Baby Doc) Duvalier”. Grazie anche alla campagna condotta da Soa Watch, molti membri del Congresso americano hanno cercato di far chiudere la scuola. Sono stati sconfitti per dieci voti. Affermava Mark Twain “non esiste nessuna, differente, classe criminale americana, tranne che il Congresso”.
<<Non vedo alcuna ragione per cui ad un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni pos1976, Coppa Davis all’Italia sano essere lasciati a decidere da soli>> (Henry Kissinger) Una vergogna da non dimenticare
Per comprendere l’importanza storica della breve esperienza del governo popolare in Cile negli anni ’70, e con essa la violenza della ingerenza del governo degli USA nel così detto “giardino di casa” (l’intero continente centro-sud americano), occorre ricordare che in Cile, diversamente dagli altri Stati del centro e sud America, non c’erano mai state dittature militari. Pur afflitto dalla diffusa povertà e diseguaglianza tipica del terzo mondo ed economicamente dominato dalle multinazionali americane che possedevano tutte le risorse naturali del paese e ne controllavano il sistema finanziario col ricatto di un elevatissimo debito estero, il Cile aveva vissuto una condizione di formale democrazia elettorale, con l’esercito in posizione neutrale ed estranea alla vita politica. In Cile, governato sino a prima dell’elezione di Allende da una coalizione democristiana-liberale, esisteva il partito socialista marxista, di cui Allende era stato fondatore 1933, de-
putato, senatore e persino ministro della sanità in un governo di coalizione già nel 1943. Esisteva anche un partito comunista legato all’Unione Sovietica, di volta in volta nel tempo legittimato o represso, al quale aderiva la cosi detta “intellighenzia” cilena, tra cui Pablo Neruda, senatore e per alcuni anni anche ambasciatore. Il Cile godeva, in sostanza, di un’autonomia democratica tollerata dagli USA, almeno sino al 1970 quando, scaduto il secondo mandato del Presidente della Repubblica, il democristiano Eduardo Frei, le elezioni del 1970 furono vinte dalla coalizione di Unità Popolare formata dai socialisti e dai comunisti, che portò alla massima carica dello Stato il primo Presidente marxista del sud America. A trenta anni dal colpo di stato che ha istaurato la lunghissima dittatura militare di Augusto Pinochet, l’apertura degli archivi della Cia ha rivelato l’enorme ingerenza del governo USA (presidente Richard Nixon e consigliere plenipoten-
ziario Herny Kissinger) che investì decine di milioni di dollari per sostenere formazioni terroristiche con il compito di destabilizzare il governo popolare e infine di corrompere l’esercito inducendolo a un colpo di stato in verità (stando almeno alle memorie dello stesso dittatore Pinochet) lungamente resistito. Eletto alla carca di Presidente della Repubblica e capo del governo (il Cile era una repubblica di tipo presidenziale analoga agli USA) Allende avviò una politica di radicale cambiamento del sistema economico e sociale cileno: nazionalizzò le più importanti industrie minerarie ed energetiche espropriando le multinazionali nord americane, annullò (rifiutò di pagare) l’enorme debito estero e soprattutto avviò la riforma agraria smantellando il sistema latifondista, investì nel sociale e nell’istruzione popolare, ma anche, sul piano della politica estera, ruppe l’assedio politico-economico imposto dalla organizzazione degli Stati centro e
sud americani a Cuba, stabilendo forti legami di amicizia e di interscambio con l’isola caraibica. La riforma politica intrapresa da Allende produsse nell’immediato notevoli miglioramenti al sistema economico e sociale cileno, ma già dal secondo anno di governo iniziarono le “contromisure” reazionarie, come detto, finanziate e pilotate dagli USA che, oltre alla perdita di un pezzo del loro “giardino di casa”, temevano un effetto “domino” socialista e anti nord americano nell’intero subcontinente sud americano, costantemente attraversato da colpi di Stato militari e dove crescevano in diversi Stati movimenti guerriglieri. Negli anni 1972 e 1973 il Cile fu interessato di un notevole numero di attentati terroristici che colpirono le infrastrutture energetiche e dei trasporti, finendo col “mettere in ginocchio” un Paese morfologicamente caratterizzato da grandi problemi di collegamenti lungo la dorsale andina. Il colpo di stato che portò alla uccisione del Presiden-
te Allende e alla instaurazione della dittatura militare di Pinochet fu preceduto da almeno un paio di tentativi, compreso un assedio con mezzi blindati del palazzo presidenziale, che tuttavia nell’immediato abortirono a causa della resistenza dell’esercito e della stessa opposizione democristiana e liberale alla violazione delle regole costituzionali. Nel settembre del 1973, tuttavia, gli USA ruppero gli indugi e costrinsero (gli archivi Cia documentano: comprarono) lo stato maggiore dell’esercito a intervenire nella vita politica del paese. La mattina dell’11 settembre l’aviazione bombardò il palazzo presidenziale e le trasmittenti radio isolando il governo dal resto del Paese; poi l’assalto dell’esercito al palazzo dove Allende era coraggiosamente rimasto, rifiutando di mettersi in salvo e lì venne ucciso dai militari golpisti. Seguirono 17 anni di feroce dittatura militare, imprigionamenti, uccisioni e torture di decine di migliaia di so-
stenitori del governo di Unità Popolare, in prevalenza giovani e lavoratori, anche con attentati terroristici mortali ai fuoriusciti, tra quali lo stesso generale Ugo Pratt, predecessore di Pinochet, che aveva rifiutato di obbedire agli ordini USA. Molti governi occidentali non riconobbero mai la dittatura cilena, ma il forte appoggio degli USA e poi dell’Inghilterra della Thatcher, grata dell’appoggio logistico offertole dal Cile nella guerra delle Malvine/Falkland contro l’Argentina, consentì a Pinochet di governare per 17 anni e poi, perso il referendum per la legittimazione elettore della sua carica di Presidente della Repubblica, di godere comunque dell’immunità parlamentare (senatore e vita) e diplomatica sostanzialmente sino alla morte avvenuta all’età di 91 anni. Il Cile è oggi tornato alla democrazia parlamentare ma non sono ancora state risarcite le ferite della lunga dittatura e processati i colpevoli della efferata repressione.
Toccava ora all’Italia la scelta; non ci furono dubbi (o almeno dubbi reali a parte le solite ipocrisie di facciata) e la squadra italiana andò in Cile ad affrontare il debolissimo avversario che sconfisse, come si dice, “senza partita”. Gli incontri vennero giocati nello Estadio Nacional de Chile dove, solo tre anni prima, erano stati concentrati, torturati e ammazzati migliaia di giovani lavoratori e studenti cileni. Una vittoria facile contro un avversario schifato da tutti i paesi civili del mondo libero; una vergogna da non dimenticare. Eppure tre anni prima, nel torneo del 1973, per la prima volta era giunta in finale la squadra indiana. L’avversario quella volta era il Sud Africa, immeritatamente giunto anche lui in finale come il Cile in virtù del rifiuto di molti avversari di gareggiare con la quadra dello stato razzista dell’apartheid. La squadra indiana rifiutò il confronto e lasciò la Coppa Davis, la sola forse della sua storia tennistica, nelle mani dei sudafricani. Nella foto gli “eroi” del tennis italiano Barazzutti, Pietrangeli e Panatta.
III
Pablo Neruda, il poeta comunista che ha cantato la speranza della libertà
Pablo Neruda con Salvador Allende Pablo Neruda viene considerato una delle più importanti figure della letteratura latino americana contemporanea. Il suo vero nome era Neftalí Reyes Basoalto, usava l'appellativo d'arte Pablo Neruda (dallo scrittore e poeta ceco Jan Neruda) che in seguito gli fu riconosciuto anche a livello legale. Nel 1971 È stato insignito del Premio Nobel per la letteratura. L'abbraccio delle idee comuniste nacque durante la sua permanenza in Spagna dove visse il colpo di stato fascista di Franco. Divenne amico del poeta Federico Lorca, barbaramente assassinato dai fascisti, combattè per la Repubblica e, dopo la vittoria del fascismo, si occupò
della evacuazione dalla Spagna di migliaia di oppositori. Tornato in Cile nel 1945 venne eletto senatore in seno al partito comunista. Nel 1948 nel corso di una seduta del Senato accusò il governo democristiano della violenta repressione di uno sciopero dei minatori del rame, pronunciando il discorso, chiamato in seguito "Yo acuso", in cui lesse all'assemblea l'elenco dei minatori tenuti prigionieri. La reazione dell’allora presidente Vileda fu l'emanazione di un ordine d'arresto contro Neruda, che fu costretto di nuovo all’esilio, mentre il partito comunista cileno veniva messo fuori legge e suoi iscritti dichiarati decaduti dal parlamento. Riuscì a fuggire grazie all’aiuto di Miguel Ángel Asturias, allora diplomatico del Guatemala, e di Pablo Picasso che gli consentì di raggiungere Parigi. Nel 1952, Neruda visse per un periodo in Italia nell’isola di Capri e poi di Ischia (la vicenda è stata narrata nel film di Troisi “Il postino”). Neruda tornò in Cile nell’agosto del 1952, dopo la caduta del presidente Vileda e il ripristino della legalità e lì riprese nel suo impegno politico, prendendo posizione contro gli Stati Uniti durante la crisi dei missili di Cuba e per la guerra del Vietnam. Nel 1970, Neruda fu indicato
come uno dei candidati alla carica di presidente della repubblica cilena, ma si ritirò dalla competizione elettorale appoggiando Allende e aiutandolo a divenire il primo presidente socialista democraticamente eletto in Cile. Per circa due anni e mezzo riprese allora la carriera diplomatica presso la sede di Parigi, che dovette però lasciare per motivi di salute. Il 21 ottobre 1971, ottenne, terzo scrittore dell'America Latina dopo Gabriela Mistral nel 1945 e Miguel Ángel Asturias nel 1967, il Premio Nobel per la letteratura. Al suo primo ritorno in patria, l'anno successivo, venne trionfalmente accolto in una grande manifestazione presso lo stadio di Santiago. Prima di morire assistette al disfacimento del primo governo democratico cileno e al colpo di stato del generale Augusto Pinochet dell'11 settembre, nonché alla morte del presidente Allende, suo amico personale. Insediatasi la dittatura, i militari cominciarono a vessarlo con perquisizioni ordinate dal generale golpista; durante una di queste, Neruda avrebbe detto ai militari «Guardatevi in giro, c'è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia». Mentre attendeva di poter espatriare in Messico, il poeta morì il 23 settembre 1973, assassinato nella clinica santa Maria a Santiago.
Presidente dei Lavoratori
La scuola del terrorismo, dal sud America, all’Iraq e all’Afghanistan
Pinochet, il boia comprato da Nixon per uccidere la democrazia in Cile
II
Falliti i ripetuti tentativi di corrompere l’opposizione politica democristiana e liberale, bensì strenua avversaria del governo social-comunista ma troppo legata al rispetto dei principi della costituzione repubblicana per tradirli, liquidati i vertici storici dell’esercito anch’essi certamente ostili al nuovo governo social-comunista ma ancora rispettosi del principio di lealtà delle forze armate alle istituzioni legittime, gli USA trovarono nel generale Augusto Pinochet il boia che avrebbe assecondato i loro desideri, rovesciando con la forza delle armi il governo legittimo e sopprimendo i diritti costituzionali. A Pinochet, trovatosi al comando dell’esercito in seguito all’allontanamento del generale Pratt, amico e consigliere fidato del Presidente Allende (anch’egli poi ucciso in un attentato terroristico a Buenos Aires dove era riparato dopo il colpo di stato), venne affidato il compito di guidare una giunta militare temporanea che avrebbe dovuto governare il paese per il tempo necessario alla eliminazione fisica dei partiti socialista
e comunista e, quindi, restituire il potere a un governo civile. Pinochet, invece, grazie alla fedeltà dimostrata al padrone nord americano e alla ferocia con cui eliminò fisicamente, con torture e “sparizioni”, decine di migliaia di sostenitori del governo popolare, ebbe in premio dagli USA tutto il potere, che conservò per ben 17 anni. Per tutti questi anni in Cile venne soppressa ogni forma di libertà politica, sindacale e di opinione, mentre le grandi società nord americane tornarono in possesso di tutte le ricchezze del paese la cui economia, anche a causa dell’embargo commerciale e politico opposto da diversi paesi occidentali non anglosassoni, divenne una dipendenza organica di quella USA. Nel 1988, crescendo l’imbarazzo internazionale per l’amicizia degli USA con la dittatura cilena, Pinochet fu costretto a indire un referendum, cercando per tale via di legittimare il suo potere assoluto sotto la parvenza di un consenso popolare. L’esito fu diverso, nonostante l’assenza dei partiti socialista e comunista rimasti al bando, il referendum non passò e alle prime elezioni democratiche del 1990 al potere tornarono i “vecchi” governanti democristiani. Pinochet tuttavia si assicurò per ancora otto anni la carica di comandante dell’esercito e poi quella di senatore a vita per godere dell’immunità par-
lamentare. I tempi stavano però cambiando in tutto il mondo e nel 1998 sembrò profilarsi una “resa dei conti” per il criminale cileno. Era stata appena firmata la “Convenzione internazionale contro la tortura” e il giudice spagnolo Baltasar Garzon, che indagava sulla “operazione condor”, il patto tra le dittature sud americane e gli USA per la repressione terroristica delle opposizioni democratiche nel continente sudamericano, spiccò un mandato di cattura internazionale contro il dittatore cileno che allora si trovava in Inghilterra. Pinochet fu posto agli arresti domiciliari e vi restò per circa cinque anni mentre il parlamento inglese dibatteva sulla richiesta della sua estradizione in Spagna. La richiesta non venne accolta per il debito di riconoscenza che l’Inghilterra aveva con Pinochet per l’appoggio logistico offerto in occasione della guerra delle Falkland. Tornato libero in Cile Pinochet fu di nuovo inquisito dalla magistratura del proprio paese in forza di un rapporto di indagine che aveva accertato circa 35.000 casi di tortura nei primi anni della dittatura. Neppure la magistratura cilena riuscì però a processare il dittatore protetto dall’immunità parlamentare che il Parlamento non consentì mai a revocare. Pinochet è morto all’età di 91 anni nella sua casa a Santiago del Cile senza avere mai risposto dei suoi crimini e scontato un solo giorno di carcere. Non ha avuto il funerale di Stato, ma gli sono stati resi comunque gli onori militari.
A Fort Benning, in Georgia, è aperta dal 1946 la "Scuola delle Americhe" (SOA) che ha "laureato" un grande numero di terroristi, torturatori e dittatori. Da sessantacinque anni la SOA addestra terroristi le cui vittime superano di molto quelle dell'attacco a New York, delle bombe alle ambasciate e delle altre atrocità attribuite, a ragione o a torto, ad al-Qaeda. Tra i suoi "laureati" vi sono molti dei torturatori, omicidi di massa, dittatori e terroristi di stato più famosi del continente sudamericano, come dimostrano centinaia di pagine di documentazione compilate dal gruppo di pressione Soa Watch. Alla Scuola delle Americhe ha studiato il 40% dei ministri che hanno preso parte ai regimi genocidi di Lucas Garcia, Rios Montt e Mejia Victores. Nel 1993 la commissione Onu per la verità sul Salvador ha dato un nome agli ufficiali dell'esercito che hanno commesso le peggiori atrocità della guerra civile. Due terzi di loro erano stati addestrati alla Scuola delle Americhe. Tra loro vi erano gli uomini che hanno ucciso l'arcivescovo Oscar Romero e 19 dei 26 soldati che uccisero i padri gesuiti nel 1989. In Cile, la polizia segreta di Augusto Pinochet e i suoi tre principali campi di concentramento erano diretti da uomini addestrati alla Scuola delle Americhe. I dittatori argentini Roberto Viola e Leopoldo Galtieri, i panamensi Manuel Noriega e Omar Torrijos, il peruviano Juan Velasco Alvarado e l'equadoregno Guillermo Rodriguez, si sono tutti avvalsi dell'addestramento ricevuto in
questa scuola. Altrettanto hanno fatto i capi dello squadrone della morte "Grupo Colina" nel Perù di Fujimori,. Nel 1999 il rapporto del Dipartimento di stato americano sui diritti umani cita due uomini, addestrati in questa scuola, come gli assassini del commissario di pace Alex Lopera. L'Fbi definisce il terrorismo come "atti violenti... miranti a intimidire o a coartare la popolazione civile, a influenzare la politica di un governo, o a interferire nella condotta di un governo", una definizione che descrive precisamente le
“Importante non è vincere, ma partecipare” e quindi... impianti sportivi miliardari, ingaggi di campioni milionari, uso sfrenato di sostanze chimiche, corruzione. Lo sport unisce i popoli, stimola la solidarietà e combatte il razzismo e quindi Zidan arabo, Balotelli negro, ecc. ecc. Ma la cosa più vergognosa di uno sport, divenuto impresa economica e spettacolo da circo, è l’ansia di vittoria che supera ogni sentimento etico. Nel 1976 la squadra italiana di tennis disponeva, per la prima volta, di fuori classe in grado di competere con i mostri sacri USA, Australiani, Svedesi e
quindi di aspirare concretamente alla vittoria del massimo trofeo mondiale: la Coppa Davis. Nel suo girone la squadra italiana riuscì a battere tutti i più forti avversari e a qualificarsi per la finale con il vincitore dell’altro girone. Nell’altro girone la storia era però stata assai diversa: in finale era infatti giunta la modestissima squadra cilena in virtù del fatto che molte delle assai più forti squadre avversarie si erano rifiutate di incontrare la squadra del paese del dittatore Pinochet salito al potere tre anni prima con un colpo di stato sanguinosissimo.
attività della Soa. Le prove che collegano questa scuola alle atrocità che ancora avvengono in America Latina sono più schiaccianti delle prove che collegano i campi di addestramento di al-Qaeda all'attacco di New York. Nel 1996 il governo Usa è stato costretto a rendere pubblici sette dei manuali di addestramento della scuola. Tra gli altri consigli per i terroristi, essi raccomandavano il ricatto, la tortura, l'esecuzione e l'arresto dei parenti dei testimoni. I manuali sugli interrogatori a lungo usati dalla SOA furono resi pubblici dall’Archivio della Sicurezza Nazionale e pubblicati sul sito web dopo
che furono declassificati secondo il Freedom Information Act. Quei manuali descrivevano tecniche coercitive esattamente corrispondenti a quelle utilizzate con i detenuti ad Abu Ghraib. Le tecniche di tortura di Abu Ghraib sono state testate dai diplomati alla SOA. Come ha scritto il dottor Miles Schuman, un medico del Centro canadese per le Vittime delle Torture: “Il cappuccio nero che copre i volti dei prigionieri nudi ad Abu Ghraib era noto nelle camera delle torture guatemalteche e salvadoregne come la “capuchi”. Il letto metallico sul quale i detenuti, denudati e incappucciati, venivano legati in una posizione da crocifissione era la “cama” usata con i prigionieri cileni sotto il regime di Pinochet. Gli elettrodi venivano attaccati alle braccia, alle gambe e ai genitali, così come sono stati attaccati ai detenuti iracheni, poi messi su un box e minacciati con scosse elettriche se cadevano. Gli uomini iracheni venivano legati, nudi, a gattoni sul pavimento e tenuti a guinzaglio da una giovane recluta americana sorridente nello stesso modo già utilizzato degli aguzzini del dittatore americano John Claude (Baby Doc) Duvalier”. Grazie anche alla campagna condotta da Soa Watch, molti membri del Congresso americano hanno cercato di far chiudere la scuola. Sono stati sconfitti per dieci voti. Affermava Mark Twain “non esiste nessuna, differente, classe criminale americana, tranne che il Congresso”.
<<Non vedo alcuna ragione per cui ad un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni pos1976, Coppa Davis all’Italia sano essere lasciati a decidere da soli>> (Henry Kissinger) Una vergogna da non dimenticare
Per comprendere l’importanza storica della breve esperienza del governo popolare in Cile negli anni ’70, e con essa la violenza della ingerenza del governo degli USA nel così detto “giardino di casa” (l’intero continente centro-sud americano), occorre ricordare che in Cile, diversamente dagli altri Stati del centro e sud America, non c’erano mai state dittature militari. Pur afflitto dalla diffusa povertà e diseguaglianza tipica del terzo mondo ed economicamente dominato dalle multinazionali americane che possedevano tutte le risorse naturali del paese e ne controllavano il sistema finanziario col ricatto di un elevatissimo debito estero, il Cile aveva vissuto una condizione di formale democrazia elettorale, con l’esercito in posizione neutrale ed estranea alla vita politica. In Cile, governato sino a prima dell’elezione di Allende da una coalizione democristiana-liberale, esisteva il partito socialista marxista, di cui Allende era stato fondatore 1933, de-
putato, senatore e persino ministro della sanità in un governo di coalizione già nel 1943. Esisteva anche un partito comunista legato all’Unione Sovietica, di volta in volta nel tempo legittimato o represso, al quale aderiva la cosi detta “intellighenzia” cilena, tra cui Pablo Neruda, senatore e per alcuni anni anche ambasciatore. Il Cile godeva, in sostanza, di un’autonomia democratica tollerata dagli USA, almeno sino al 1970 quando, scaduto il secondo mandato del Presidente della Repubblica, il democristiano Eduardo Frei, le elezioni del 1970 furono vinte dalla coalizione di Unità Popolare formata dai socialisti e dai comunisti, che portò alla massima carica dello Stato il primo Presidente marxista del sud America. A trenta anni dal colpo di stato che ha istaurato la lunghissima dittatura militare di Augusto Pinochet, l’apertura degli archivi della Cia ha rivelato l’enorme ingerenza del governo USA (presidente Richard Nixon e consigliere plenipoten-
ziario Herny Kissinger) che investì decine di milioni di dollari per sostenere formazioni terroristiche con il compito di destabilizzare il governo popolare e infine di corrompere l’esercito inducendolo a un colpo di stato in verità (stando almeno alle memorie dello stesso dittatore Pinochet) lungamente resistito. Eletto alla carca di Presidente della Repubblica e capo del governo (il Cile era una repubblica di tipo presidenziale analoga agli USA) Allende avviò una politica di radicale cambiamento del sistema economico e sociale cileno: nazionalizzò le più importanti industrie minerarie ed energetiche espropriando le multinazionali nord americane, annullò (rifiutò di pagare) l’enorme debito estero e soprattutto avviò la riforma agraria smantellando il sistema latifondista, investì nel sociale e nell’istruzione popolare, ma anche, sul piano della politica estera, ruppe l’assedio politico-economico imposto dalla organizzazione degli Stati centro e
sud americani a Cuba, stabilendo forti legami di amicizia e di interscambio con l’isola caraibica. La riforma politica intrapresa da Allende produsse nell’immediato notevoli miglioramenti al sistema economico e sociale cileno, ma già dal secondo anno di governo iniziarono le “contromisure” reazionarie, come detto, finanziate e pilotate dagli USA che, oltre alla perdita di un pezzo del loro “giardino di casa”, temevano un effetto “domino” socialista e anti nord americano nell’intero subcontinente sud americano, costantemente attraversato da colpi di Stato militari e dove crescevano in diversi Stati movimenti guerriglieri. Negli anni 1972 e 1973 il Cile fu interessato di un notevole numero di attentati terroristici che colpirono le infrastrutture energetiche e dei trasporti, finendo col “mettere in ginocchio” un Paese morfologicamente caratterizzato da grandi problemi di collegamenti lungo la dorsale andina. Il colpo di stato che portò alla uccisione del Presiden-
te Allende e alla instaurazione della dittatura militare di Pinochet fu preceduto da almeno un paio di tentativi, compreso un assedio con mezzi blindati del palazzo presidenziale, che tuttavia nell’immediato abortirono a causa della resistenza dell’esercito e della stessa opposizione democristiana e liberale alla violazione delle regole costituzionali. Nel settembre del 1973, tuttavia, gli USA ruppero gli indugi e costrinsero (gli archivi Cia documentano: comprarono) lo stato maggiore dell’esercito a intervenire nella vita politica del paese. La mattina dell’11 settembre l’aviazione bombardò il palazzo presidenziale e le trasmittenti radio isolando il governo dal resto del Paese; poi l’assalto dell’esercito al palazzo dove Allende era coraggiosamente rimasto, rifiutando di mettersi in salvo e lì venne ucciso dai militari golpisti. Seguirono 17 anni di feroce dittatura militare, imprigionamenti, uccisioni e torture di decine di migliaia di so-
stenitori del governo di Unità Popolare, in prevalenza giovani e lavoratori, anche con attentati terroristici mortali ai fuoriusciti, tra quali lo stesso generale Ugo Pratt, predecessore di Pinochet, che aveva rifiutato di obbedire agli ordini USA. Molti governi occidentali non riconobbero mai la dittatura cilena, ma il forte appoggio degli USA e poi dell’Inghilterra della Thatcher, grata dell’appoggio logistico offertole dal Cile nella guerra delle Malvine/Falkland contro l’Argentina, consentì a Pinochet di governare per 17 anni e poi, perso il referendum per la legittimazione elettore della sua carica di Presidente della Repubblica, di godere comunque dell’immunità parlamentare (senatore e vita) e diplomatica sostanzialmente sino alla morte avvenuta all’età di 91 anni. Il Cile è oggi tornato alla democrazia parlamentare ma non sono ancora state risarcite le ferite della lunga dittatura e processati i colpevoli della efferata repressione.
Toccava ora all’Italia la scelta; non ci furono dubbi (o almeno dubbi reali a parte le solite ipocrisie di facciata) e la squadra italiana andò in Cile ad affrontare il debolissimo avversario che sconfisse, come si dice, “senza partita”. Gli incontri vennero giocati nello Estadio Nacional de Chile dove, solo tre anni prima, erano stati concentrati, torturati e ammazzati migliaia di giovani lavoratori e studenti cileni. Una vittoria facile contro un avversario schifato da tutti i paesi civili del mondo libero; una vergogna da non dimenticare. Eppure tre anni prima, nel torneo del 1973, per la prima volta era giunta in finale la squadra indiana. L’avversario quella volta era il Sud Africa, immeritatamente giunto anche lui in finale come il Cile in virtù del rifiuto di molti avversari di gareggiare con la quadra dello stato razzista dell’apartheid. La squadra indiana rifiutò il confronto e lasciò la Coppa Davis, la sola forse della sua storia tennistica, nelle mani dei sudafricani. Nella foto gli “eroi” del tennis italiano Barazzutti, Pietrangeli e Panatta.
III
“Qualsiasi governo, se sponsorizza fuorilegge e assassini di innocenti, diventa esso stesso fuorilegge e assassino” (G. W. Bush) Dopo oltre 6 anni di guerra senza motivo Dopo oltre 4 milioni di iracheni sfollati Dopo oltre 1.000.000 iracheni morti Dopo oltre 4.000 soldati americani morti Dopo oltre 3.000 miliardi di dollari spesi per il conflitto
Centro di detenzione e tortura USA di Abu Graib L’11 settembre 2001 due aerei passeggeri fuori rotta colpirono a distanza di pochi minuti i grattacieli del Word Trade Center, le torri gemelle di Manhattan, un terzo aereo – forse – cadde sul perimetro del Pentagono, un quarto aereo – forse – venne abbatto in volo prima dell’arrivo sul bersaglio. In seguito all’incendio provocato dagli aerei – forse – le torri collassarono e crollarono. I quattro velivoli passeggeri – forse – erano stati dirottati da terroristi suicidi islamici addestrati e inviati da Al Qaeda. Nel crollo delle torri gemelle – forse – morirono circa 3.000 persone, ma - forse – anzi sicuramente ne morirono molte di più; il numero non potrà mai essere accertato, c’erano infatti
gli “invisibili”, immigrati clandestini invisibili da vivi e inesistenti da morti perché il solo cercarli o almeno richiederne il corpo avrebbe significato l’arresto e l’espulsione dei familiari e degli amici. A distanza oramai di nove anni da quell’evento restano fortissimi dubbi praticamente su tutto: sorpresa (la Cia sapeva?), organizzazione (erano solo musulmani?), crollo (esplosioni controllate?), altri aerei (caddero davvero?) e, come detto, numero delle vittime (alti, altissimi livelli dirigenziali? Nazionalità religiosa?). Un fatto è però certo, quell’attentato, il primo in tutta la storia a penetrare nel cuore dell’Impero, cambiò radicalmente la strategia politica e militare
degli USA in tutto il mondo, a partire da quella interna agli stessi Stati Uniti. Con la approvazione del Patriot Act venne stabilito il principio secondo il quale la tutela della sicurezza nazionale, se ritenuta in pericolo, superava qualsiasi norma di diritto interno e internazionale. Sul piano internazionale ebbe inizio la strategia della “guerra preventiva” in forza della quale gli USA si riteneva autorizzati ad aggredire, invadere e distruggere qualsiasi paese venisse da loro, e a loro insindacabile giudizio, ritenuto connivente con potenziali terroristi, nonché, o conseguentemente, a catturare, imprigionare, torturare e, all’occorrenza, fare scomparire qualsiasi
essere umano venisse anche solo sospettato di complicità o di prossimità con organizzazioni terroristiche anti americane e questo in qualsiasi parte del mondo, al di sopra del rispetto dei diritti di sovranità di qualsiasi Stato, inclusi quelli occidentali. In questi nove anni dall’attentato alle torri gemelle i 3.000 morti americani di New York hanno germogliato da uno a due milioni di morti non americani negli altri paesi del mondo, una rappresaglia che annichilisce quella nazista. Ancora un aspetto delle conseguenze (e forse delle ragioni) di quell’evento va ricordato. Nel 2003, sulla scia della reazione all’attentato subito e al radicale cambiamento della
propria politica interna ed estera, gli USA invasero l’Iraq con il preteso, poi risultato consapevolmente inesistente, della costruzione in quel paese di armi di distruzione di massa; poi è stata la volta dell’Afganistan; l’una e l’altra occupazione sono ancora in corso e sembrano ben lontane dall’essere esaurite. Con l’invasione dell’Iraq e l’enorme rafforzamento della presenza militare nei paesi del golfo arabico gli USA si sono impadroniti del totale controllo delle risorse petrolifere di quell’area e talune famiglie, inclusa quella del Presidente Bush, di ricchezze personali immense per le cointeressenze nelle principali industrie petrolifere americane beneficiarie
delle conquiste militari. Eppure, nonostante tutti questi anni di guerra senza quartiere e senza regole, il presunto terrorismo islamico non sembra affatto indebolito e il suo oramai “mitologico” capo, Bin Laden, in passato usuale frequentatore della famiglia Bush e non solo, risulta introvabile (davvero?). In Italia, per quanto più direttamente ci può riguardare, a parte e oltre il nostro coinvolgimento nella occupazione prima dell’Iraq e poi dell’Afganistan (e non è poco!), gli USA hanno, o intendono raddoppiare la loro base aerea di Verona, nella quale è istallato un vero e proprio arsenale nucleare (altro che uranio arricchito dell’Iran!).
“Consegne Straordinarie” (Extraordinary Rendition) Adottandonellasessione plenariadelfebbraio2007 larelazioneconclusivadellaCommissionesulleattivitàillegalidellaCIAinEuropa,ilParlamento Europeo hacondannato il rapimento e ladetenzione disospettiterroristisul suolo dell'UE,censurando lamancanzadicollaborazione daparte di talunigoverniedelConsiglioeuropeo.Perglieurodeputati,ilterrorismovacombattutonelrispettodeidirittiumaniedellelibertàfondamentali.
IV
Lottare contro la minaccia terrorista nel rispetto dei diritti umani Il Parlamento ricorda anzitutto che, nel novembre 1990, adottando una risoluzione sul caso Gladio, il Parlamento aveva già messo in evidenza «l'esistenza di attività clandestine che coinvolgevano i servizi segreti e organizzazioni militari sottratti a qualsiasi adeguato controllo democratico». Pur ribadendo che il terrorismo rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza dell'Unione europea, i deputati sottolineano che esso «deve essere combattuto con iniziative legittime e coordinate da tutti i governi europei, in stretta collaborazione con partner internazionali e segnatamente con gli Stati Uniti, seguendo le linee della strategia definita a livello delle Nazioni Unite». La lotta contro il terrorismo, in particolare, «va condotta sulla base dei nostri valori comuni di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali e a tutela degli stessi». In proposito, il Parlamento ritiene che dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, la cosiddetta “guerra al terrore”, «con i suoi eccessi», abbia prodotto «una grave e pericolosa
erosione dei diritti umani e delle libertà fondamentali». E' pertanto necessario che, nel contemperare l'esigenza di sicurezza con i diritti dei singoli in-
Nel prendere atto della dichiarazione del Presidente Bush e di altre testimonianze che hanno confermato le attività della CIA al di fuori de-
re fine alla prassi delle detenzioni e consegne straordinarie. (…) Consegne straordinarie: i governi sapevano
Campo di concentramento e tortura USA di Guantanamo dividui, «siano sempre pienamente rispettati i diritti umani, garantendo quindi che i sospetti terroristi siano sottoposti a processo e condannati nel rispetto delle regole di diritto».
gli USA, il Parlamento chiede al Consiglio e agli Stati membri di mettere a punto una dichiarazione per sollecitare il governo degli USA «in modo chiaro ed energico» a por-
Il programma di consegne straordinarie, ricorda il Parlamento, è una prassi extragiudiziale che contrasta con le norme internazionali vigenti in materia di diritti umani, e se-
condo la quale un individuo sospetto di coinvolgimento in attività terroristiche viene illegalmente rapito, arrestato e/o posto sotto la custodia di funzionari statunitensi e/o trasportato in un altro paese per essere sottoposto a interrogatori, il che, nella maggior parte dei casi, comporta torture e detenzione in "incommunicado". Tra la fine del 2001 e la fine del 2005, i voli effettuati dalla CIA nello spazio aereo europeo o che hanno fatto scalo in aeroporti europei sono stati almeno 1.245. Ad essi va aggiunto un imprecisato numero di voli militari per lo stesso scopo. I deputati condannano le consegne straordinarie quale «strumento illegale» utilizzato dagli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, così come il fatto che, in diverse occasioni, «questa prassi sia stata accettata e tenuta nascosta dai servizi segreti e dalle autorità governative di taluni paesi europei». (…) In proposito, i deputati condannano la consegna straordinaria da parte della CIA del funzionario egiziano Abu Omar, rapito a Milano nel febbraio 2003 e trasportato in aereo verso l'Egitto, «dove da allora viene tenuto in "incommunicado" e torturato». (...) Centri di detenzione segreta Compiacendosi delle indagini
svolte da Human Rights Watch, dal Washington Post e dall'ABC News sull'esistenza di centri di detenzione segreta in Europa, i deputati si dicono profondamente preoccupati per il fatto che, in alcuni casi, questi centri possano essere stati situati presso basi militari statunitensi. Al riguardo, sottolineano che, secondo la Commissione di Venezia, il regime giuridico delle basi militari straniere nel territorio degli Stati membri del Consiglio d'Europa deve consentire agli Stati di esercitare competenze sufficienti per adempiere ai propri obblighi in materia dei diritti umani Il Parlamento esorta poi i paesi europei, quando conducono operazioni militari in paesi terzi, a, garantire che qualunque centro detentivo istituito dalle loro forze militari sia soggetto al controllo politico e giudiziario, vietando la detenzione in incommunicado, e adottare misure positive volte ad impedire a qualunque altra autorità di gestire centri detentivi che non sono soggetti al controllo politico e giudiziario o in cui è consentita la detenzione in “incommunicado”.