Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana FIttaioli - Anno II, n. 2 - Foligno, febbraio 2010
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pagine pagine di inserto
Critica e autocritica Nella storia dei popoli e dei governi è accaduto alcune volte che eventi negativi straordinari hanno travolto le pur ottime capacità e l’onesto impegno dei responsabili del governo. Altre volte è persino accaduto che grazie alla capacità ed all’onestà di certi governanti tali eventi negativi hanno avuto conseguenze di minore gravità. Queste però sono state sempre eccezioni. La “regola” che ci ha insegnato la storia è stata quella di governanti modesti nel gestire la normalità e del tutto incapaci di gestire l’emergenza. Nella cultura comunista, che non conosce né l’assoluzione garantita del pentimento né la dannazione eterna per l’imperdonabile, la vita sociale e politica viene governata con gli strumenti della critica e della autocritica. La prima per indagare sulle ragioni degli eventi, comprenderne cause e conseguenze per correggere l’errore e migliorare il futuro; la seconda per accertare le responsabilità, riconoscerle ed ammetterle per diventare migliori e nuovamente utili. Diceva il Presidente Mao: “Siamo al servizio del popolo, perciò non abbiamo paura quando gli altri notano e criticano le nostre manchevolezze. Siamo pronti ad accettare la critica dei nostri difetti da chiunque. Se hanno ragione loro, ci correggeremo. Ogni proposta diretta a migliorare il benessere del popolo sarà da noi accettata”. L’Italia sprofonda in una crisi economica gravissima che certamente viene da lontano, ma che ha trovato nel nostro paese un terreno fertile preparato da politiche di governo dell’economia insensate e l’Umbria non si sottrae a questa crisi e critica. La regione “ex bella” sta degradando rapidamente verso una diffusa meridionalizzazione economica, sociale e culturale, sempre più aggrappata a sussidi e ad opere pubbliche troppo spesso inutili, scoordinate e fini a se stesse. Una dopo l’altra cadono le “eccellenze” e soprattutto si va dissolvendo la struttura portante della produzione meccanica di qualità che sin dall’inizio del novecento aveva fatto di questa piccola regione un punto di riferimento nazionale. In pochi anni si sta disperdendo un enorme patrimonio, sia economico che culturale, faticosamente accumulato in decenni di buon governo comunista. Abbiamo di recente assistito ai confronti delle “primarie” che ha (ri)portato alla ribalta personaggi che stanno dimostrando una longevità politica che insegue da vicino il record di Andreotti che sino a ieri sembrava irraggiungibile. Eppure non s’è sentita l’eco di una sola critica, tanto meno di pentimenti e meno che mai di autocritiche.
Sportella Marini
Un quartiere vasto e articolato: dal parco fluviale alla collina, dalle Officine al Centro Servizi Una piccola città di diecimila abitanti che cambiano di età e di nazionalità PAOLO GUBBINI
Sono più di 10.000 gli abitanti dell’estensione territoriale che va dalla frazione di S. Paolo passando per i due grandi quartieri Ina Casa, impiantato intorno agli anni ’50, e Flaminio, realizzato intorno agli anni ’70, fino ad arrivare alla frazione storica di Uppello. Un elevato numero di abitanti distribuiti all’interno di un’area piuttosto grande dove vi sono degli agglomerati urbani ad alta intensità di popolazione che si alternano ad aree meno affollate o semivuote. Un territorio vasto e diversificato composto da un tessuto sociale non omogeneo con prevalente popolazione anziana e con una presenza importante di extracomunitari, che rappresenta una realtà con una moltitudine di esigenze, ma anche di risorse. Questi anni di attività amministrativa hanno richiesto particolare impegno per trovare soluzioni concrete alle numerose necessità, ma anche dato in cambio soddisfazioni, grazie al raggiungimento di molti degli obiettivi prefissati e al lavoro di sinergia tra l’Amministrazione Comunale e la Circoscrizione che sono riuscite a coinvolgere le realtà presenti nel territorio (parrocchie, scuole associazioni). Vista la presenza di barriere naturali come il fiume Topino ed artificiali come le linee ferroviarie Foligno-Ancona e Foligno-Terontola in questi anni si è lavorato molto per cer-
care di far uscire questa zona dall’isolamento con il resto della città. Ne sono testimonianza la realizzazione del sottopasso pedonale sotto la stazione, il sottopasso pedonale e ciclabile di Porta Ancona, il ponte pedonale e ciclabile sul Fiume Topino all’altezza delle ex Fornaci Hoffman, l’allargamento dei ponti di via Montello, via Isonzo, di Ponte Antimo e la previsione di un ponte carrabile in via Garigliano, e l’avvio dei lavori nel 2009 della cosiddetta Variante Nord che ultimati collegheranno via Campagnola con San Giovanni Profiamma e quindi i quartieri di Sportella Marini e Prato Smeraldo. La previsione di complanari in entrata ed in uscita in via Campagnola permetteranno di avere un collegamento diretto con la S.S. Flaminia per gli abitanti di Belfiore, Vescia, S. Paolo e S. Marini. Con queste opere si andranno a potenziare i collegamenti intra ed extra quartiere, e con l’eliminazione dei passaggi a livello (via Serena e viale Ancona e Grandi Officine) entro il 2011 tale isolamento, durato per decenni, si risolverà in maniera significativa. Inoltre il collegamento delle navette per il Centro Storico e l’ospedale, prima inesistenti, contribuiscono in modo tangibile a completare il quadro viario. Tra gli obiettivi più importanti raggiunti vorrei ricordare i più importanti: il trasferimento da San Paolo dell’obsoleto insediamento ELFGAS indu-
stria insalubre di I^ classe a rischio di incidente rilevante; l’opposizione ferma e decisa alla riattivazione dell’ex deposito di munizioni militare di Uppello come deposito di esplosivi in una zona che il P.R.G. del Comune di Foligno fin dal 1984 ha classificato l'area come “Parco Pubblico” denominato “Parco Monte di Pale – Sassovivo” a confine con un luogo SIC (Sito di Interesse Comunitario); l’ampliamento della scuola elementare di “Sportella Marini”, ristrutturazione e adeguamento delle scuole dell’infanzia, dell’asilo nido ed elementare dell’Ina-Casa; l’insediamento di importanti servizi per la comunità come l’Ufficio Postale, la Farmacia, la Banca, supermercati e negozi; l’animazione bambini post-scuola e animazione estiva; il potenziamento della pubblica illuminazione, la realizzazione delle asfaltature e la regimentazione delle acque meteoriche; la riqualificazione di Piazza Risorgimento; l’apertura presso la ex sede della
Circoscrizione di una Sala di Lettura - Centro di vita culturale ove è presente l’Università Popolare con un proprio calendario didattico, corsi di inglese ed informatica; la sistemazione dei parcheggi pubblici di via Sicilia, via Trasimeno, via dei Preti e nella frazione di Uppello; la riqualificazione delle aree verdi di via Tiziano, via Sicilia, via Mancini, via Ombrone, via Mancinelli; la metanizzazione, asfaltatura e ridefinizione del parcheggio nella frazione di Uppello, sistemazione dell’ex-scuola media con realizzazione di spazi per il Centro Sociale ad Uppello; la rinascita dell’ex Centro Fiera (area dismessa); realizzazione di un parcheggio pubblico con il collegamento con la stazione FS, edilizia residenziale, sede provinciale Inail ecc.. Gli obiettivi raggiunti, ridefiniscono gli aspetti che qualificano un territorio come il “luogo in cui vivere” con servizi, collegamenti, strutture e impianti idonei a garantire una qualità della vita dignito-
All’interno Patti Chiari: trasparenza bancaria Essere comunista: lettera a un amico Benetton: la terra del popolo Mapuche “La passeggia”: un racconto tra i boschi Presidio alla Merloni: “diario di bordo” Stato di Emergenza: per eludere le regole Papilloma: strategie di prevenzione Cucina: due ricette facili Spettacoli: Antonio Merloni spa? non c’è fretta
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sa e che prevengano i rischi di marginalizzazione, di disagio e scollamento sociale. Molto è stato fatto in questi ultimi anni per uno sviluppo sostenibile del territorio. Per non disperdere quanto prodotto, occorre dare continuità al progetto ideato in modo che possa essere completato il quadro dei servizi, degli spazi aggregativi e sociali, valorizzando il patrimonio culturale, storico e associativo per una migliore qualità della vita. Politiche concrete per realizzare la società che vogliamo: individuazione dei servizi della ASL da convenzionare con le due Farmacie AFAM presenti nei quartieri; zona archeologica di Via Rubicone; coinvolgimento dell’Amministrazione Comunale e della Soprintendenza dell’Umbria per la realizzazione di un parco archeologico: tale progetto costituirebbe un importante polo di attrazione turistica oltre a rappresentare un vanto per tutta la città; potenziamento e regolamentazione degli impianti sportivi e delle aree verdi con forme di gestione integrata e adeguate alle esigenze pubbliche e del territorio; apertura della sede della ex Circoscrizione diversi giorni della settimana per un “Centro di vita culturale” con l’ausilio del volontariato; riqualificazione del II° stralcio di Viale Ancona e riqualificazione di Via Piave; individuazione di idonee pensiline presso le fermate della “navetta”; costituzione delle Consulte di Quartiere…
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Leggi e diritti
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Patti Chiari Diritti di “asilo” e di “rifugio” La banca deve garantire al cliente Il rispetto dei principi costituzionnali può “cedere” all’opportunismo la trasparenza sui tempi di lavorazio- della politica internazionale. Un caso emblematico: “Apo” Ocalan ne delle richieste, altrimenti risponde Stato". SANDRO RIDOLFI per responsabilità professionale La concessione dell’ “asilo”
Roma, il palazzo della Banca d!Italia di via Nazionale
ROBERTO FRANCESCHI “Patti Chiari” è il consorzio che lavora per semplificare l'uso dei prodotti bancari, definendo regole che tendono a migliorare la qualità del rapporto banche clienti. Quindi da una banca che aderisce a “Patti Chiari” si dovranno ottenere informazioni semplici e comparabili per una molteplicità di servizi ad esempio: condizioni per conti correnti e mutui, trasferibilità del mutuo, utenze, depositi titoli, sicurezza per operazioni on-line, tempi medi di risposta sul credito alle piccole imprese. L'argomento trattato sarà quello dei tempi medi di risposta. Per non apparire prevenuti o essere troppo critici, bisogna dare atto che in molti aspetti specifici sono stati effettuati miglioramenti epocali (gestione utenze, pagamenti elettronici, sicurezza, ecc.) pur tenendo conto che il livello di partenza era da ritenere assai modesto e che molti dei miglioramenti sono stati effettuati sulla “spinta” di provvedimenti legislativi, vedasi la trasferibilità del mutuo, o obblighi normativi conseguenti all’uso dell'euro (bonifici esteri, ecc.). Ora però andiamo ad indicare cosa dovrebbe fare una banca che aderisce a “Patti Chiari” per i tempi di risposta al credito: a) pubblicare sul proprio sito o a consegnare allo sportello l'elenco dei documenti necessari per richiedere un fido; b) rendere noto il nome della persona e/o funzione incaricata di seguire la tua pratica; c) informare sull'esito della richiesta; d) pubblicare sul sito www.pattichiari.it il prospetto dei propri tempi medi di risposta, per regione, per tipologia di impresa, per importo. Sembrano cose relativamente facili, che quasi ci domandiamo perché debba essere stato istituito un consorzio per sapere e/o ottenere cose logiche e scontate. Ma la risposta purtroppo è triste… i tempi di risposta erano e purtroppo lo sono ancora, legati al rapporto di forza che si instaura fra cliente e banca. In altre parole, meno si conta e più si aspetta. Sembra quasi che il fattore “tempo” sia una variabile ininfluente, insignificante, senza tener conto che spesso è più importante dello stesso importo; basti pensare ad un affare che sfuma, una scadenza programmata che rimane inevasa con conseguenze a volte devastanti per la vita di un’impresa. Purtroppo sono infinite le segnalazioni ricevute per comportamenti al limite della ragionevolezza da parte di istituti locali o meglio ex locali e del sistema in genere. Qualche piccolo miglioramento, ma molto in lontananza, sembrerebbe intravvedersi, ma purtroppo ad oggi c’è tanta strada da percorrere e spesso non resta che subire o cercare di tutelarsi, con le molte associazioni di consumatori che sono presenti, con l'arbitrato bancario o al limite anche alla magistratura; non dobbiamo mai dimenticare che le banche sono operatori qualificati e non basta la sola diligenza del buon padre di famiglia per esimersi dalle proprie responsabilità (un buon avvocato potrà meglio consigliarvi). Il sistema bancario dotato di risorse, competenze, professionalità dovrebbe capire che proprio dal miglioramento della propria efficienza potrebbe contribuire ad aumentare la qualità della propria clientela, senza per questo diminuire le doverose valutazioni sui criteri di affidabilità. Come sempre concludo: chi vorrà potrà sottoporre qualche domanda via e-mail alla redazione, mi raccomando domande “facili” e non aspettatevi la risposta magica.
L’art. 10, comma terzo, della Costituzione recita: "Lo straniero al quale sia impedito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni della legge”. La giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sezioni Unite del 12.12.199626.05.1997, n. 4674) ha chiarito che la norma costituzionale ha natura precettiva ed immediatamente operativa e non meramente programmatica, tale dunque da vincolare l’autorità giudiziaria civile anche in assenza di una disciplina attuativa. Ugualmente la Cassazione ha chiarito la distinzione concettuale tra la nozione di “asilo” e quella di “rifugiato” ricavabile dalla Convenzione di Ginevra del 1951: la prima è legata a criteri di natura oggettiva (la mancanza di libertà democratiche nel paese di origine), la seconda a presupposti di natura soggettiva (il timore individuale di persecuzione). A mente della “Dichiarazione sull’Asilo territoriale”, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1967, inoltre "la concessione da parte di uno Stato dell’asilo a persone che possano invocare l’art. 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo costituisce un atto pacifico e umanitario che, in quanto tale, non deve essere considerato un atto ostile nei confronti di un altro
prescinde dunque non solo da eventuali ragioni di “opportunità” di politica estera nazionale, che comunque non possono interferire sulle autonome attribuzioni dell’ordinamento giudiziario, ma anche dalla circostanza di regolari relazioni diplomatiche tra l’Italia e lo Stato di origine dal richiedente il diritto di asilo che, di per sé, non escludono il giudizio dell’esistenza in quel Paese di “impedimenti” all’esercizio delle stesse libertà democratiche godute dai cittadini italiani. La previsione costituzionale dell’asilo politico va infine integrata e completata con quella sul divieto di estradizione dello straniero per motivi politici, dettata dall’art. 10, comma quarto, della Costituzione; divieto successivamente ribadito sul piano internazionale dalla Convenzione Europea di estradizione di Parigi del 1957 che stabilisce, ad ulteriore garanzia dell’estradando, che l’estradizione non verrà concessa nel caso in cui ricorrano "seri motivi di credere che la domanda, pur motivata da un reato di diritto comune, sia stata presentata per perseguire o punire un individuo per considerazioni di razza, religione, nazionalità ed opinioni politiche, oppure che la situazione di detto individuo rischi di essere aggravata da una qualsiasi di queste ragioni”. Il 4 ottobre 1999 il Tribunale Civile di Roma ha emesso la sentenza di riconoscimento del diritto di asilo in favore di Abdullah Ocalan, noto con il soprannome di
Abdullah Ocalan, presidente del Partito Kurdo del Lavoro “Apo”, leader del Partito Kurdo del Lavoro (PKK) rifugiatosi in Italia inseguito in tutto il mondo dalla polizia politica turca. Il Tribunale di Roma ha fatto applicazione di tutti i principi sopra descritti ritenendo in particolare, sulla base dell’esame degli innumerevoli documenti raccolti dal Parlamento Europeo sulle gravissime violazioni umanitarie commesse dal governo turco ai danni della minoranza etnica curda, che le attività illegali imputate ad Ocalan muovevano da un progetto di azione politica “certamente degna di considerazione sia nell'attuale contesto (della lotta per il riconoscimento dei diritti del popolo curdo, dirit-
ti fino ad ora contestati e conculcati) che in una prospettiva storica - funge da contrappeso all'entità delle offese arrecate". Purtroppo al momento del deposito della sentenza Ocalan non era più in Italia, da dove era stato rapidamente allontanato, era stato consegnato alla polizia segreta turca dall’ambasciatore greco a Nairobi, dove si era rifugiato, era stato infine trasferito in Turchia dove lo attendeva una condanna a morte, poi convertita in ergastolo per l’intervento della comunità internazionale. In quel tempo in Grecia governava il socialista Papandreu, in Italia l’ex comunista D’Alema.
Nuova riforma della legge 241/90 E’ obbligatorio rispondere alle domande dei cittadini La P.A. sarà tenuta a risarcire il danno per il ritardo nella risposta MARCO MARIANI Senza ombra di dubbio la l. 241/90 rappresenta una delle principali riforme nel campo del diritto pubblico apprezzata e conosciuta non solo dagli operatori del diritto ma anche dai cittadini Questa legge come è noto detta specifiche disposizioni in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti. Proviamo ad esaminare in questa sede le più recenti modifiche alla l. 241/90 introdotte dalla la l. 18 giugno 2009 n. 69 senza dubbio ispirate ai principi di semplificazione e velocizzazione dell’azione della pubblica amministrazione, in linea con l’aspirazione a un’evoluzione nel senso di una maggiore democraticità dei rapporti tra cittadino e poteri pubblici.
Tale profilo si coglie nel nuovo intervento operato sulla disciplina dei termini massimi di durata del procedimento. La novella del 2009, ha ripristinato nuovamente il termine “ordinario” di trenta giorni ( art. 2 comma 2 ) entro cui il procedimento deve essere concluso eliminando il termine più lungo di novanta giorni in precedenza introdotto. Tale termine è espressamente riferito ai soli procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali; a ciò si aggiunge la fissazione di termini massimi anche per i procedimenti autonomamente disciplinati a livello regolamentare dalle varie amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali, che comunque non possono essere superiori a 90 giorni (art. 2 comma 3). Il sistema è completato dal com-
ma 4, che consente la previsione di termini superiori a 90 giorni in caso di procedimenti di particolare complessità. Ci si domanda allora cosa succede se la P.A. non rispetta i predetti termini ovvero viola l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso nei termini indicati. Orbene con riguardo agli effetti dell’inosservanza dei termini l’innovazione principale introdotta dalla l. n. 69/2009 è costituita dalla previsione della risarcibiltà del danno ingiusto causato da tale inosservanza (c.d. danno da ritardo); infatti l’art. 2 bis della l. n. 241/90 espressamente sancisce l’obbligo della P.A. di risarcire tale danno, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle relative controversie e la prescrizione quinquennale del diritto al
risarcimento. Accanto al riconoscimento esplicito della risarcibilità del c.d,. danno da ritardo, nella segnalata prospettiva di incremento dell’efficienza e delle garanzie degli amministrati, deve segnalarsi l’espressa previsione secondo cui i predetti ritardi possono essere causa di responsabilità dei dirigenti amministrativi. Il novellato art. 2 l. n. 241/90, al suo ultimo comma, prevede infatti che la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. Tale previsione introduce una nuova e ulteriore ipotesi di responsabilità dirigenziale destinata ad operare per il solo fatto dell’inosservanza dei termini che sarà interessante verificare sul campo con le prime applicazioni pratiche.
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La politica
Il ricatto del “Piano Marshall” La nascita dell’imperialismo USA PALMIRO TOGLIATTI
“Il Piano Marshall”, editoriale di “Rinascita”, Anno IV, n. 6, giugno 1947 (…) Ora gli Stati Uniti fanno precedere la proposta Marshall da clamorose dichiarazioni del loro presidente, in cui si dice che si propongono di imporre al mondo il loro sistema economico, che essi chiamano della “libera impresa”, ed è in realtà quello del più sfacciato e incontrollato potere dei grandi monopoli privati. Gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra in tutto il mondo al movimento comunista, cioè a quel movimento che in modo più conseguente combatte per una riforma democratica e socialista delle strutture economiche. Gli Stati Uniti, dopo avere annunciato di voler particolarmente aiutare la Grecia, hanno invaso quel paese di armi e lo hanno spinto verso la guerra civile. Gli Stati Uniti hanno una stampa nella quale quotidianamente si parla di guerra contro l’Unione Sovietica come di una necessità della politica estera americana.
Renato Guttuso, I funerali di Togliatti, 1972
Gli Stati Uniti si sono rifiutati, sino ad ora, di mettere fuori legge le armi atomiche; continuano anzi a tenere il mondo intero sotto l’incubo dell’impiego di questo strumento di distruzione della nostra civiltà. Gli Stati Uniti non ostante
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Politica ed Etica
le loro grandi tradizioni democratiche, si trovano in un periodo della loro storia in cui i più reazionari ed aggressivi dei loro gruppi monopolistici tendono a prendere il sopravvento sulle forse democratiche. Gli Stati Uniti, infine, non
ostante il loro spaventoso rafforzamento economico, anzi precisamente a causa di esso, sono minacciati a non troppa lunga scadenza da una crisi economica altrettanto spaventosa, ed evidentemente la loro preoccupazione è oggi
quella di assicurarsi condizioni economiche internazionali favorevoli, anche a scapito dell’interesse degli altri paesi. Sono quindi oramai chiari per noi quali sono i veri problemi che stanno al fondo del dibattito attorno al “piano” Marshall. Le forze che sono state mobilitate attorno alla proposta americana si muovono secondo una linea che porta: a) alla creazione di un blocco di paesi legati ad una politica ostile all’Unione Sovietica; b) alla divisione permanente dell’Europa in due blocchi divisi da quello che gli americani chiamano il sipario di ferro; c) all’intervento di un gruppo di grandi potenze per controllare la vita economica degli altri paesi; d) e infine come ultima conseguenza a quell’intervento politico negli affari interni dei paesi europei di cui l’esempio più tragico è la Grecia, ma di cui ha fornito un esempio, purtroppo, anche l’Italia, quando da parte dei reazionari americani è stata pretesa l’esclusione dal governo dei comunisti. Orbene, non vi è nessuno di questi punti che sia accettabile da chi voglia una politica estera italiana dettata esclusivamente dai nostri interessi nazionali. Esiziale sarebbe per noi tanto la creazione di un blocco contro l’Unione Sovietica, quanto la divisione dell’Europa in due blocchi. L’una cosa e l’altra ci farebbero perdere le nostre possibilità di sviluppo indipendente. Esiziale per noi un controllo che significhi, come inevitabilmente significherebbe, subordinazione
L’etica La delusione della Grande Guerra La nascita del fascismo ITALO FITTAIOLI Amico carissimo, come prevedevo già nella mia lettera precedente, noi combattiamo in campi avversi, ma questa constatazione non diminuisce per nulla in me il sentimento di affetto e di stima che ho sempre sentito per te e voglio sperare che anche tu non cesserai di ricordarmi con simpatia. Questa colleganza deriva dalla comune lotta per un unico ideale: il bene dell’umanità e quindi anzitutto la patria, l’elevazione morale e materiale degli uomini. Io sono attratto dalla concezione comunistica della società, aborro la violenza individuale e collettiva come mezzo normale di lotta: sono rivoluzionario e idealista in quanto ritengo la tattica riformistica dan-
nosa e ritardatrice delle nostre finalità. Concepisco quindi la rivoluzione come atto finale di sollevamento di tutte le classi soggette e degli uomini onesti contro una società basata su ingiusti ed errati principi. Amo la patria come parte dell’umanità e quindi rispetto ed apprezzo l’amore per le patrie altrui. Ricordo ancora il grido dell’anima tua che mi soffiasti all’orecchio il giorno del nostro distacco e che mi fece fremere tutto: quel grido “viva l’Italia” sono pronto a ripeterlo anche oggi io pure. Combattei lealmente in guerra perché mi illudevo che si lottasse veramente per la fine dell’ingiustizia fra le Nazioni libere nei loro naturali confini, legate tra loro da vincoli di solidarietà pel trionfo dei santi principi sociali. Non posso oggi essere per
l’esaltazione della nostra vittoria, perché essa ci ha portato risultati apprezzabili quali la liberazione di territori italiani, è mancata però quanto alle finalità più ampie, più elevate. Non rinnego però l’opera mia ispirata ad una fede sincera. Sono anche io un fedele della religione del dovere, pratico il rito del lavoro che da tutti dovrebbe essere compiuto. Opino che la lotta sociale ristretta a quella fra capitale e lavoro (manuale) sia troppo meschina e non rispondente ai tempi presenti. La lotta è tra sfruttati e sfruttatori, intesa questa espressione non nel senso volgare e astioso della parola. Fra gli sfruttati comprendo naturalmente e principalmente i lavoratori intellettuali. Non vedo differenza fra
Italo Fittaioli, iscritto al Partito Comunista d’Italia dalla fondazione nel 1921, Sindaco della Città di Foligno dal 1946 al 1964 specie e specie di lavoratori. Nego il merito individuale perché non credo al libero arbitrio. Ogni individuo
presta quell’opera che per nascita e per condizioni di ambiente è costretto a prestare. Deve farsi in modo che
della nostra economia agli interessi di potenze imperialistiche il cui potenziale industriale supera di gran lungo il nostro e che ci obbligherebbero a vivere sui margini della loro espansione e del loro benessere. Esiziale infine l’intervento politico nei nostri affari interni, ché esso apre l’Italia a prospettive che ogni italiano respinge. Da che cosa viene dunque l’infatuazione per le proposte americane e francoinglesi di una parte della stampa italiana? Da che cosa derivano le posizioni, per lo meno imprudenti e avventate, prese in proposito dal governo italiano? L’infatuazione giornalistica viene senza dubbio, in prima linea, dagli stipendi che ricevono gli autori degli scritti esaltatori. Essa viene poi, quando si tratta di persone oneste, dalla speranza segreta che il piano Marshall sia la prima pietra di una nuova “Santa Alleanza”, che questa volta sarebbe la Santa Alleanza di tutte le forze reazionarie contro la democrazia e il socialismo. Quanto alle posizioni prese dal governo, fatta la debita parte alla vanità personale di un ministro degli Esteri particolarmente vanaglorioso, esse ci dicono ancora una volta quanto già sapevamo, e cioè che il governo attuale è scarso di spirito nazionale, e che anche per i ministri democristiani, la tentazione di prendere parte alla creazione di una nuova Santa Alleanza è più forte di qualsiasi considerazione degli interessi preminenti della Nazione.
ogni essere esplichi quelle attività per cui è predisposto. Combatto la graduazione delle estimazioni degli individui, mentre solo l’opera può essere soggetta a maggiore o minore considerazione. Non nascondo che per ottenere la diffusione di questi principi occorrerà del tempo, non solo, ma che nella pratica si riscontreranno ostacoli o manchevolezze; ma credo che per istradare la collettività alla adesione a questi cardini fondamentali del vivere sociale, il potere deve essere assunto da coloro che legalmente e sinceramente lottano per essi e li riconoscono giusti. Finché il potere politico è tenuto direttamente o indirettamente da coloro che o non accettano o ritengono a sé dannosi tali principi, noi non potremo mai celermente avvicinarci alla realizzazione di questa forma sociale perfetta o per lo meno più rispondente ai veri principi di giustizia. Non posso condividere la tua simpatia pel fascismo anche per le sue manifestazioni di violenza incoraggiate e protette dal potere dominante. E dovrai riconoscere con me che la violenza del forte è la cosa più obbrobriosa che si possa concepire. (…) Foligno 10 aprile 1921
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Corrispondenze dal Mondo
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India: la sfida dei comunisti maoisti Sorti all’indomani dell’indipendenza dall’Inghilterra i ribelli naxaliti si sono radicati nelle regioni più povere dell’India feudale Il movimento naxalita, così denominato perché fece la sua comparsa alla fine degli anni ‘60 nel distretto bengalese di Naxalbari, ha lontane origini. Nacqe quando gli inglesi lasciarono l'India, e gli Stati del nord-est rifiutarono l'invito di Nehru a entrare nell'Unione indiana. Attivo in Assam, Nagaland, Manipur e Mizoram dove, alleati del gruppo indipendentista di Angami Zapu Phizo, agivano come squadra di guastatori per la Naga Army secondo il motto: “Il potere politico scaturisce dalla canna del fucile”. Col tempo hanno cambiato di segno per diventare ufficialmente i difensori dei diritti dei poveri e delle caste basse nelle zone rurali. Il movimento di ispirazione maoista, negli anni ‘80, si insedia nella cittadina di Naxalbari, nel Darjeeling, la cittadina, cioè, da cui il movimento prende nome e in cui troneggia ancora un busto di Charu Mazumdar, padre ideologico dei moderni guerriglieri maoisti e filosofo dell’“annientamento selettivo”. I Naxaliti si propongono in sostanza di instaurare il governo del popolo nella Repubblica indiana e, praticamente, forniscono appoggio alle rivendicazioni dei contadini e dei gruppi tribali degli
stati in cui operano. In pochi anni, complici povertà e privilegi dei ricchi duri a morire nelle zone rurali, prendono piede un po’ dappertutto nel misero Bihar, dove contrastano efficacemente i thakur sena, i temibili eserciti dei latifondisti e si battono contro i privilegi di casta, arrivando fino a fondare un governo parallelo che in pochi anni, con azioni armate e con i suoi "tribunali istantanei", elimina qualche migliaio di “sfruttatori della classe contadina”. Altrettanto è successo ai movimenti Naxaliti in Orissa e nel confinante Madhya Pradesh. Dove negli anni Ottanta le divise verdi maoiste promisero ai contadini, in gran parte tribali e fuoricasta, che non sarebbero stati più presi alla gola dai “caporali” per una misera paga di ottanta paisa (più o meno cinquanta centesimi) al giorno. La minaccia bastò a far promettere al governo un piano di risanamento rurale da 7,35 miliardi di rupie. Ma Delhi non mantenne la parola e i guerriglieri dei poveri ottennero l’appoggio dei compagni del confinante Andhra Pradesh. Dove la rivoluzione armata era iniziata già nel 1968, quando letterati e scienziati si univano ai
guerriglieri nascosti nelle foreste di Srikakulam. I Naxaliti hanno organizzato i contadini in efficienti grama rakshak dal o squadre di difesa del villaggio, e ogni dal fa riferimento a un Comitato contadino che gestisce le attività economiche della comunità. Per molto tempo, i guerriglieri maoisti sono stati considerati poco più che banditi, bande di disperati che assaltavano granai e caserme della polizia per ottenere cibo o visibilità: ed è stato un errore fatale. Forti di un
braccio politico, di solide basi ideologiche e del controllo capillare del territorio, i gruppi Naxaliti hanno fondato dei veri e propri governiombra. E, nel 2004, è stato compiuto un salto di qualità. Il Maoist Communist Centre of India (Mcc) e il Communist Party of India (Marxist-Leninist) People’s War (noto anche come People’s Guerriglia Group o Pwg) si sono uniti dando vita al Communist Party of India-Maoist (Cpi-M) superando divisioni ideologiche e conflitti interni. Oggi i Naxaliti non sono un
gruppetto di nostalgici in vena di malinconie. Il nuovo Cpi-M comprende difatti circa settemila guerriglieri armati di tutto punto, forti di armi da fuoco di vario genere e, perfino, di mine e della tecnologia necessaria per riparare le armi e assemblare granate. I guerriglieri del popolo sono difatti una vera e propria struttura militare, gerarchicamente organizzata in “Commissioni” (Centrali, Statali, di zona, di distretto e di area) e in “Squadre combattenti di guerriglia.
Il Cpi-M sta cercando, inoltre, di estendere le sue attività ad altre regioni dell’India del nord in modo da creare una Compact Revolutionary Zone (Crz) che dal Nepal, attraversando il Bihar arrivi via via attraverso l’India centrale fino all’Andhra Pradesh, al sud. E non manca poi moltissimo perché la Crz diventi una realtà. Il Cpi-M è legato al Liberation Army of Peru e al Kurdistan Workers Party, ed è in ottimi rapporti, di proficuo scambio, con l’Ltte, le Liberation Tigers of Tamil Eelam che operano nello Sri Lanka. Fa parte inoltre della Coordination Committes of Maoist Party and Organisations che comprende nove partiti estremisti dell’Asia del sud (Bangladesh, Nepal, Sri Lanka). Ma, soprattutto, il Cpi-M è ormai fortemente radicato sul territorio e ne fanno parte non soltanto contadini o tribali, ma anche intellettuali, laureati, borghesi. E, sempre più spesso, donne. La povertà, la rabbia e l’insoddisfazione di contadini, tribali e degli strati più disagiati della popolazione in genere, unite alla pressoché totale latitanza delle istituzioni nelle regioni in questione, hanno fornito ai Naxaliti una solida piattaforma su cui operare sfruttando e acuendo abilmente le diseguaglianze sociali ed economiche della popolazione. E di programmare, secondo gli analisti, una vera e propria strategia a lungo termine che dovrebbe portare, nelle intenzioni dei ribelli, a risultati analoghi a quelli ottenuti dai maoisti nepalesi.
Patagonia argentina: genocidio etnico dei Mapuche Benetton, i nuovi “conquistadores” italiani, denaro al posto delle armi. Una lettera del Premio Nobel per la Pace Perez Esquivel a Luciano Benetton in difesa dei diritti del popolo Mapuche Nel 1991 l’impresa italiana Benetton acquista per 50 milioni di dollari il controllo della Compagnia di origine britannica Tierras De Sur Argentino, la più grande proprietaria terriera del paese con 900 mila ettari di terreno, 884 mila dei quali in Patagonia. La maggior parte di queste costituiscono il territorio ancestrale degli indigeni Mapuche argentini, che vengono sfollati dalle terre sulle quali hanno da sempre vissuto. Le comunità indigene Mapuche si mobilitano contro la multinazionale italiana e oppongono resistenza, iniziando il recupero delle loro terre. Nelle terre di Benetton vengono allevati 260 mila capi di bestiame, tra pecore e montoni, per la produzione di 1 milione 300 mila chili di lana da esportare ogni anno in Europa, oltre all’allevamento di 16 mila bovini destinati al macello. L’impresa italiana investe inoltre 80 milioni di dollari in altre attività, tra le quali la realizzazione di una stazione turistica, l’installazione di commissariati per il controllo della zona e la creazione del Museo Leleque per raccontare e conser-
vare la memoria della Patagonia e degli abitanti originari Mapuche. Nel suo piano d’investimento, che prevede anche progetti di riforestazione con alberi il cui legno viene utilizzato nella costruzione di mobili, Benetton riceve sussidi da parte del governo argentino. L’acquisizione delle terre da parte della Benetton implica lo sradicamento delle comunità Mapuche, sgomberate giornalmente dalle terre ancestrali, con gravi minacce per la loro sopravvivenza basata sull’agricoltura e l’allevamento. Il piano di riforestazione del Gruppo Benetton non considera l’impatto della piantagione di alberi non autoctoni, come i pini esotici, che alterano la biodiversità del territorio Mapuche. La chiusura dei callejones, strade di campagna, rende difficile la comunicazione tra le diverse località e impossibile l’accesso ai diversi corsi d’acqua e alle riserve Mapuche. Il lavoro che Benetton offre agli abitanti della zona non rispetta le condizioni e i diritti minimi dei lavoratori, facilitando inoltre discriminazione sul lavoro nei confronti dei Mapuche.
Lettera di Perez Esquivel, Premio Nobel per la Pace, a Luciano Benetton, 14 giugno 2004 Mi accingo a scriverle la presente, che penso legga attentamente, tra lo stupore e il dolore di sapere che Lei, un imprenditore con una notevole visibilità internazionale, si è avvalso del denaro e della complicità di un giudice senza scrupoli per togliere le terre a un’umile famiglia di fratelli Mapuche, nella provincia del Chubut, nella Patagonia argentina. Vorrei ricordarle e informarla che Mapuche significa “uomo della terra” e che esiste una comunione profonda tra la nostra Pachamama “la Madre terra” e i suoi figli tribù.
Tra le braccia della Pachamama si trovano le generazioni che hanno vissuto e che ora riposano nei tempi della memoria: gli antenati illuminano il presente delle nuove generazioni: la sua identità, valori e tardizioni culturali. Deve sapere che togliendo le terre alle popolazioni indigene le si condanna a morte: o le si riduce alla miseria e all’oblio. Ma esistono sempre i ribelli che non zoppicano di fronte alle difficoltà e lottano per i loro diritti e per la loro dignità come persone e popolazioni. Continueranno a reclamare i loro diritti sulla terra perché sono i proprietari legittimi, di generazione in generazio-
ne, anche se non possiedono i documenti che un sistema ingiusto chiede loro e che aggiudica i terreni a colui o coloro che possiedono denaro; li cacciano dai loro siti rubando loro la terra, le stelle e i venti che portano con sé le voci degli antenati. E’ difficile comprendere quello che dico, se non sa ascoltare il silenzio, se non da percepire le voci del silenzio; l’armonia dell’universo con le cose più semplici della vita. Qualcosa che i soldi non potranno mai comprare. Quando sono arrivati i conquistatori “los huincas” (i bianchi), hanno massacrato migliaia di tribù a ferro e fuoco, commettendo un genocidio
e un etnocidio per impossessarsi delle loro ricchezze e rubando le terre e la vita. Sfortunatamente questo saccheggio senza pietà continua al giorno d’oggi. Sig. Benetton, Lei ha comprato 900.000 ettari nella Patagonia argentina, per aumentare le sue ricchezze e potere e agisce con la stessa mentalità dei conquistatori: non ha bisogno di armi per raggiungere i suoi obiettivi: però uccide ugualmente utilizzando i soldi. Vorrei ricordarle che “non sempre le cose legali sono giuste e non sempre le cose giuste sono legali”. (…) Vorrei farle una domanda sig. Benetton. “Chi ha comprato la terra da Dio?”
FOLIGNO FEBBRAIO 2010
“La Passeggiata” Passò la tessera magnetica nell’apposita fessura; sul display comparve la scritta “uscita”. Scese velocemente le scale dell’ospedale, inforcò la bicicletta e via, a casa, finalmente un pomeriggio libero! Pranzò di fretta, solo insalata; prese il guinzaglio, scese in garage, seguito dal suo cane, mise in moto l’auto, partì. Si diresse in collina, con il suo cane sul sedile di fianco, con la prospettiva di una bella passeggiata nel bosco. Arrivato, parcheggiò l’auto, fece scendere il cane, e insieme, come al solito, si incamminarono per il sentiero, che tante volte avevano percorso. Il camminare in quei luoghi solitari e antichi, era per lui la cosa più distensiva che potesse esistere. Camminava, mentre il cane gli correva intorno, in quel annusare continuo, in quell’andare e venire incessante, sempre però tenendo d’occhio il suo padrone, senza mai allontanarsene troppo. Camminò lungo il torrente, salì la stradina nel bosco, costeggiò l’antica abbazia, attraversò la strada incatramata; finalmente si immise sullo stretto viottolo pianeggiate, circondato da alberi e boscaglia che impedivano la visuale verso la valle. Gli piaceva molto quel luogo, gli ricordava l’infanzia, quando con gli amici lo percorreva d’estate partendo dalla vecchia casa di campagna nei pressi. Ora quella casa non era più sua, ma quei luoghi erano rimasti sempre “suoi”. La stradina era stretta, lasciava passare solo una persona per volta; la vegetazione era fitta ed alta, guardando in alto si riusciva a vedere solo uno spicchio di cielo. Il cielo prima azzurro e luminoso, era ora grigio, la temperatura era discesa. Era inverno, cominciava a farsi sera.
Si inoltrava nel sentiero solitario, senza in realtà rendersene conto, un passo dietro l’altro. Una leggera nebbia cominciava a salire dalla boscaglia, l’atmosfera si faceva sempre più ovattata e surreale. I rami degli alberi sporgevano come braccia tese verso il cielo bianco. Camminava con passi leggeri, mentre i pensieri si affollavano e si dissolvevano nella sua mente. Pensava alla cose più stupide che gli venivano in mente, alla sua squadra di calcio prima in classifica, alla prossima gita in bici, agli impegni che l’aspettavano il giorno dopo, agli appuntamenti di lavoro dei prossimi giorni… ma tutto passava, come scivolasse dolcemente sul suo cervello. Improvvisamente un pensiero prese il sopravvento, spiazzando tutti gli altri; pensò a se stesso, alla sua persona, a se come individuo, alla propria esistenza. In un momento si rivide bambino, ragazzo, uomo. Pensò ai momenti sereni e tristi, ripensò ai suoi cari, ormai scomparsi, come faceva spesso. Vide le loro sagome, come fotogrammi di un vecchio film che scorreva di fronte ai suoi occhi. Pensò con soddisfazione alla sua famiglia, a sua moglie ai figli ormai grandi. Un’idea gli baleno in testa: “ la vita è bella, era valsa la pena viverne tutti i momenti anche i più difficili”. Pensò che in fin dei conti questa gli aveva riservato più cose belle che brutte, che si poteva ritenere un uomo fortunato. Fortunato sia per il suo vissuto, sia per come aveva saputo affrontare gli avvenimenti e le situazioni. Si era accontentato, aveva vissuto questi ultimi anni sentendosi appagato dagli avvenimenti, accogliendo tutto
Sì, ancora avrebbe potuto competere con uomini molto più giovani di lui. Ma no, ormai basta, il tempo che rimaneva voleva viverlo in pace, tranquillo, con calma, un sorso dopo l’altro, assaporandolo fino in fondo, come quando si gusta un buon bicchiere di vino, a piccoli sorsi, lentamente, cercando di apprezzarne le più piccole sfumature. Sì, avrebbe fatto così, un sorso per volta, un bicchiere per volta, fino alla fine della bottiglia, senza mai ubriacarsi. Anche nel lavoro, pur avendo raggiunto una buona posizione, non aveva fatto a gomitate, come tanti suoi colleghi. Il suo buon carattere lo aveva aiutato; aveva avuto molte soddisfazioni, curando i suoi pazienti, cercando sempre di dare il suo massimo, e tutto era filato liscio. Camminava, la nebbia si faceva sempre più fitta, il sentiero si apriva avanti ai suoi occhi, sempre più diafano. Passo dopo passo procedeva. Il silenzio era assoluto, il sentiero sempre più lungo… La strada che di solito, dopo circa due chilometri, virava bruscamente a destra per salire verso la montagna, questa volta sembrava procedere dritta, senza curve, senza fine; la boscaglia sempre più folta sopra di lui. Il cane che fino ad allora gli aveva camminato al fianco era scomparso; ma lui non se ne curava, camminava avvolto dalla nebbia e dalle sue considerazioni. Era la prima volta che gli venivano in mente quelle cose e non provava un senso di angoscia, ma era contento. Camminava, mentre l’aria intorno a sé era immobile, il tempo era come se non passasse. Camminava, la sera non sopraggiungeva, la luce rimaneva sempre viva. Passo dopo passo procedeva sul viottolo, senza stanchezza, le gambe si muovevano leggere. Sentì un senso di benessere invaderlo, quasi una leggera euforia, come quando era pic-
Camminava come solito stando attento a dove mettere i piedi sul fondo sconnesso. Uno sguardo al cane, uno alla strada e via. La mente era libera, riposata, lontano dagli impegni e dalla convulsione della città e del lavoro. Gli piaceva camminare solo. In quei momenti riusciva ad estraniarsi dai problemi quotidiani, riusciva a volare con la mente, a pensare a cose reali, ma spesso a immaginare cose fantastiche.
quello che di bello gli era capitato come un dono, con serenità con il sorriso in volto. Perché dannarsi l’anima per avere una macchina più bella, una casa più bella, un vestito più bello, quando le cose che in realtà lo appagavano erano una passeggiata, un buon film, una gita in bicicletta, una cena con gli amici? Sì, aveva ragione lui, aveva una bella famiglia, due figli meravigliosi, una buona salute, un buon fisico malgrado ormai avesse superato i 50 anni.
colo la sera di Natale. Camminava guardando avanti, mentre piano piano i pensieri si dissipavano e la mente si alleggeriva. Improvvisamente dinanzi ai suoi occhi, in mezzo alla nebbia, in lontananza comparve una flebile luce. Come un faro reso indistinto dalla nebbia. Mano mano che si avvicinava, la luce diveniva sempre più forte e viva. Lui camminava verso essa, leggero, con la mente sgombra, era come se galleggiasse
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Cultura/e
nell’aria. Ecco ormai era vicino, era come un cerchio luminoso, che lo attirava, lo chiamava. Lui non poneva resistenza, era portato dalle gambe verso di esso; ecco ormai era vicino. Lo sguardo fisso, il cervello sgombro, pervaso da una sensazione che mai aveva provato, come se stesse arrivando ad una meta che da sempre inconsciamente aveva cercato, ed ora finalmente era riuscito ad raggiungere. Ecco mancavano pochi passi. Improvvisamente sentì una strana sensazione sul braccio destro, come se qualcuno lo stesso toccando, trattenendolo, fu una sensazione fugace, come una piuma che sfiora la pelle. Volse lo sguardo a destra, per poi di nuovo volgerlo avanti, fisso verso il centro del cerchio luminoso. Non si fermò, oltrepassò la luce, ormai quasi galleggiando nell’aria e scomparve. La casa era immersa nel silenzio, solo dalla camera da letto veniva un brusio sommesso, quasi un lamento. La grande camera era fioca-
mente illuminata, sul letto giaceva un vecchio, pallido, come sfinito da una inutile lotta. Era circondato dai suoi cari, i più giovani, i figli, in piedi chini su di lui, una signora anziana, la moglie, seduta al suo fianco, gli occhi gonfi dal pianto. Una mano stringeva un fazzoletto, l’altra era appoggiata sul braccio del vecchio. Lo assistevano negli ultimi momenti della vita. Il vecchio respirava affannosamente, il viso contratto, la mente lontana. L’unico rumore nella stanza era il gorgogliare dell’ossigeno sulla testata del letto e i singhiozzi sommessi degli astanti. Ad un certo punto il respiro si fece più leggero, regolare, tranquillo. I lineamenti del volto si distesero, una luce particolare comparve negli occhi stanchi del moribondo, come se stesse vedendo qualcosa di inaspettatamente bello di fronte a sé. Gli astanti si avvicinarono, mentre la vita stava uscendo dal corpo del vecchio. La moglie gli strinse il braccio destro, come per trattenerlo; lui fece un impercettibile movimento degli occhi verso di lei, mentre la bocca si atteggiava ad un tenue sorriso. Fece un ultimo profondo respiro e rimase così immobile, con aria distesa e lo sguardo fisso su un punto della parete, mentre un lampo di luce gli illuminava gli occhi. Fu solo un bagliore, come un lampo, poi lo sguardo si spense, fissando un punto indefinito sulla parete della camera fiocamente illuminata.
Nati per leggere Un progetto per apprendere l’amore per la lettura, dedicato ai bambini da 0 a 6 anni GIUSEPPINA ROMAGNA La Biblioteca Comunale di Foligno “Dante Alighieri”, insieme all’Assessorato alle Politiche dell’Infanzia, anche quest’anno ha aderito al progetto Nati per leggere, facendo dello slogan “apprendere l’amore per la lettura attraverso un gesto d’amore: un adulto che legge una storia” il punto di riferimento per ogni iniziativa. Lo scopo del progetto è da sempre quello di promuovere la lettura ad alta voce, a bambini da 0 a 6 anni; questo perché leggere ad “alta voce” un libro è una esperienza preziosa, che arricchisce sia la sfera cognitiva che affettiva, apportando così grandi benefici, accertati inoltre da numerosi studi.
Il progetto nasce attraverso la collaborazione di pediatri e bibliotecari. La Biblioteca, in particolare la Sezione Ragazzi, fornisce ai genitori tutte le informazioni necessarie per aiutarli, non solo nella scelta dei libri, ma anche a familiarizzare con la biblioteca stessa. Gli appuntamenti di Nati per Leggere sono previsti una domenica al mese. La prossima lettura si terrà domenica 14 marzo alle ore 16, 30, con la storia di Fagiolino: scritta da Ambra Cenci e Giuseppina Romagna, interpretata da Walter Romagnoli, musica di Paolo Giri e speciale collaborazione dell’Associazione Spazio Danza. Un grazie particolare va alla FulginART per la realizzazione del progetto.
The House Of The Rising Sun Eric Burdon & The Animals C'è una casa a New Orleans la chiamano il sole nascente ed è stata la rovina di più di un povero ragazzo e, Dio, so di essere uno di loro mia madre era una sarta cucì i miei blue jeans nuovi mio padre era un giocatore d'azzardo giù a New Orleans ora l'unica cosa di cui ha bisogno un giocatore d'azzardo è una valigia e un bagagliaio ed l'unica volta che è soddisfatto è quando è completamente ubriaco oh mamma dì ai tuoi figli di non fare quello che ho fatto io passate la vostra vita nel peccato e nella miseria nella casa del sole nascente beh, ho un piede sulla banchina e l'altro piede sul treno sto tornando a New Orleans per mettere quella palla al piede beh, c'è una casa a New Orleans la chiamano il sole nascente ed è stata la rovina di più di un povero ragazzo e, Dio, so di essere uno di loro
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paginone lavoro a cu
Buongiorno... dalla fabbrica!
Voci dal presidio «Dormire su di una brandina da campeggio da giorni per un lavoro che sino a ieri odiavo per quanto era logorante» ORE 6:30, la sveglia suona. Bisognerebbe togliere le tele dagli angoli di questo soffitto. Magari passare una mano di bianco alle pareti. Qua dentro in tutto ci sarò entrato 10 volte da quando lavoro qui. Nemmeno il tizio che dorme nella branda vicino alla mia, lo conoscevo prima di entrare in questa stanza. E' un mio collega. Sto ancora fissando il soffitto. E' tutta la notte che lo faccio. Credo che sia perché ho dormito talmente scomodo che ho i muscoli del collo atrofizzati. Non l’avrei mai creduto. Di ritrovarmi così, eh. Qualche anno fa, mi ero cercato un lavoro per comprare una casa, mettere su famiglia, cose così insomma. Mi sono guadagnato tutto fino all'ultimo centesimo. Sono entrato nell'azienda Merloni che ero un ragazzo. La catena di montaggio mi ha massacrato. Frigoriferi, lavatrici. E metti una vite, mettine due, cento, mille. Per 8 ore al giorno. La prima settimana pensavo di morire. E tutti i miei colleghi li vedevo come dei marziani, non credevo fosse umanamente possibile resistere a un lavoro come questo. Però il tempo passava, i guadagni erano ottimi. E i tendini rovinati non li sentivo più. Di notte ormai non ci facevo più caso. E’ un lavoro di merda, intendiamoci bene. Quindi oggi mi chiedo: come mai sono qui a difenderlo? Perché da tre giorni dormo in una branda da campeggio, chiuso dentro a una stanza e a svegliarmi invece dell'odore dei cornetti caldi c'è quello dell'inchiostro delle fotocopie appena stampate? Bella domanda. Complimenti. Io direi che c’entra la dignità. Sì, sì è così. C’entra l'orgoglio di sentirsi onesti, in questo Paese di furbi. All'inizio della crisi, quando guardavo in televisione operai di altre aziende protestare per mantenere il loro posto di lavoro, scuotevo la
testa e non mi sapevo spiegare il perché di tanto casino... che poi le cose non cambiano mai. Ora che tocca a me alzare la voce, capisco tutto. Capisco l'intima esigenza che si ha, quando all'improvviso ci si sveglia e si tocca il fondo della nostra umanità. Io ho lavorato tutta la vita, e lo ripeto e sarò ripetitivo nel dirlo. Ho lavorato onestamente, senza chiedere niente a nessuno, senza rubare, senza delinquere. Poi guardo la società e mi accorgo che quelli come me, lavoratori, non solo sono quotidianamente derisi e presi in giro dalla politica, ma l'immagine che c’è di noi nei programmi televisivi, sui giornali, è pure peggio della derisione. C'è l'indifferenza. Ed ecco, quindi, che io sono qui ad occupare questa stanza della mia azienda, l’Antonio Merloni di Colle di Nocera Umbra, non più soltanto per mantenere quello che è un mio diritto cioè il posto di lavoro che ho sudato e meritato con la fatica, in tutti questi anni, ma sono qui anche per dire a tutta la gente di tutta l'Italia, il mondo, l'universo, a Dio stesso che avrò fatto pure la terza media e sarò un ignorante totale, un cosiddetto cittadino medio, ma di ciò che sono stato, sono e sarò non mi vergogno. E ai miei figli, se un giorno ne avrò, potrò guardarli negli occhi. Se avranno da mangiare solo il pane lo potranno mangiare con orgoglio, perché il loro padre non ha rubato mai e si è guadagnato fino all'ultima briciola, pagando fino l'ultima tassa a questo Stato infame. Quanti figli potranno fare lo stesso? Quanti potranno non vergognarsi dei loro padri? Per tutto questo ho accettato di essere qui ad occupare questa stanza dell’azienda Antonio Merloni. Lavoro, diritti, dignità. Ora mi faccio un caffè, ci sono ancora 120 volantini da stampare.
Riflessioni a cuore aperto di un operaio filosofo
L’inizio vuol sempre la sua parte
Il rispetto della dignità dell’uomo, in una società in cui bisogna lottare ogni giorno per sopravvivere per non sentirsi come una merce scaduta e da gettare Il nostro Paese, l'Italia, è stato la culla delle arti letterarie per secoli. Dante,Petrarca, Boccaccio, Foscolo, Leopardi, D'Annunzio, Pascoli, Pasolini. E non solo. Una serie infinita di storie, racconti, poesie. Una serie di nomi da brivido che nella mente dei più forse evocano solo numeri: 2, 5, 4,
Le conseguenze della crisi
Papà, tu che lavoro fai?
0. Insomma i voti di scuola, quelli che si prendevano più volte in un anno e contribuivano a rendere la pagella scolastica una schedina del totocalcio. Oggi, in Italia, non c'è posto per questi nomi. Perché? Perché nell'attuale presente italiano è inconcepibile che una letteratura libera da qualunque interesse (economico, politico...), con diritto, racconti della realtà. In Italia ci sono storie che non si possono scrivere. E i motivi portano sempre un nome e un
Quando l’innocenza di una bambina mette in difficoltà un uomo già logorato dalla realtà della cassaintegrazione Siamo a Colle di Nocera Umbra, Azienda Antonio Merloni. Un tempo tanti papà di questa zona dell'Umbria lavoravano in questa fabbrica per costruire il futuro dei loro figli. «Era un onore lavorare lì. Lo potevi dire a testa alta, in giro, al supermercato, nei negozi di abbigliamento, dal parrucchiere, dal pescivendolo...Potevi aprire una finestra e urlarlo forte: «io sono un operaio della Merloni», era meglio di un posto da statale... Non si poteva dire il contrario. Lo stipendio era ottimo, il lavoro abbondante e poi e poi sì c'erano le cene aziendali, mio Dio un vero spettacolo, un evento. Era una tradizione, un appuntamento fisso, tutta la popolazione aspettava le cene di Mer-
loni che cadevano nel periodo natalizio. Ci si comprava il vestito nuovo, le scarpe perfettamente lucide, si mettevano a posto i capelli per quella serata». E i regali? Si ricevevano persino quelli e non solo per gli operai ma soprattutto per le loro famiglie: orologi, biciclette... Mai visto nulla di simile. Lavorare all'Antonio Merloni era come vincere alla lotteria. O molto, molto di più. «... io sono sposato da 24 anni, ho 3 figli, di 20, 15 e 9 anni. Cassaintegrato dell'Antonio Merloni. Guadagno circa 800 euro al mese. L'altra sera mia figlia più piccola mi ha chiesto: "Ma tu papà che lavoro fai? Perché resti a casa la mattina, mentre gli altri papà vanno a lavora-
re?" io l'ho abbracciata forte la mia principessa, ma poi sono uscito e non le ho risposto e ho pianto, forse per la prima volta di dolore e vergogna in 48 anni». «Chissà se un giorno i miei figli potranno perdonare il fallimento di loro padre... Se riusciranno ad avere un futuro nonostante tutto...». «Mia moglie è straordinaria e non abbassa mai la testa, perché dice che “almeno noi questi soldi anche se pochi ce li siamo guadagnati senza rubarli, senza evadere le tasse, senza fare i furbi”. E quando la guardo imbandire la tavola come se fosse un giorno di festa nonostante i soldi per la spesa non ci siano, e i
prodotti siano quelli del discount, mi sento, malgrado tutto, fortunato. E penso che se sopravvivo è solo grazie alla forza e alla speranza che un giorno, non troppo lontano, restituirò ai miei cari l'orgoglio di avere un padre e un marito che di mestiere fa l'operaio».
cognome. O magari più di uno. Forse anche in questo diario molte cose parteciperanno di questo silenzio all'italiana. Come mai? Non lo dico, per vergogna. La vergogna di un'italiota vera. Tuttavia, la realtà che troverete in queste elettroniche parole, sarà vera. Dura e reale. Realtà reale, come prima tappa per riappropriarci di un Paese che sembra non appartenerci più. «Io che tutti i giorni lotto e sopravvivo. Autobus in panne, tasse da pagare, il bancomat che non funziona, un lavoro
da cercare. Un lavoro dove morire, senza dignità, perché mio padre era nessuno, una nullità. Nessuno sono io, per questo Stato senza nome, per i politici “cazzari”, per la pubblica opinione. Fuori. Fuori dalla casa pignorata. Fuori dai cancelli dell'azienda. Fuori dalla vita. Senza mercato, come una merce scaduta, un oggetto inanimato. Ma io sono un eroe. Io che tutti i giorni lotto e sopravvivo. Quando cantate l'inno naziona-
Le foto accanto sono immagini scattate dagli operai della Merloni che presidiano lo stabilimento di Gaifana, in occasione dell!incontro avvenuto a Roma tra Governo, Regioni e parti sociali l!8 febbraio scorso, per ratificare l!accordo di programma per il rilancio di un piano industriale che possa salvare l!azienda oramai prossima al collasso. La forza d!animo che stimola la tenacia di queste persone è encomiabile: riescono a trovare un sorriso in una situazione difficile come questa, malgrado anni ed anni di cassa integrazione e di continue illusioni, nella speranza che la vertenza si sblocchi in positivo aspettando magari i cinesi o chiunque altro sia in grado di acquistare l!azienda commissariata.
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ura di Gianluca Tofi
FEBBRAIO 2010
Il documento presentato a febbraio dal comitato dei lavoratori
«Ora basta»
La situazione alla Antonio Merloni è diventata drammatica: se nel mese di maggio non verranno trovate soluzioni ci sarà il rischio concreto del fallimento. Un gruppo di operai ha deciso di presidiare in modo permante lo stabilimento GIANLUCA TOFI
Accettare o respingere l’opportunità Quadrilatero
Gli scenari futuri
I retroscena di un’operazione difficile da comprendere e da poter condividere se non per prolungare l’agonia. Il giorno in cui sono venuto a sapere che nell’ incontro avvenuto fra Regione e rappresentanze sindacali, l’unica società che era interessata all’ Antonio Merloni era la “Quadrilatero”, società misto pubblico-privata che progetta e realizza infrastrutture qualche dubbio in testa onestamente mi è sorto. Mi sono domandato che cosa potesse farci di un’azienda che produce elettrodomestici, la Quadrilatero che principalmente fa strade; ho provato a darmi una risposta, dato che i nostri rappresentanti sindacali non sono in grado di darmela. Capisco che a Maggio c’è il
serio rischio del fallimento ma questa opportunità che permetterebbe di aggirare ostacoli per la prosecuzione del commissariamento avuto inizio il 14 ottobre 2008 per qualche mese, onestamente mi sembra un po’ troppo vincolante in quanto nel momento in cui l’azienda viene messa nelle mani della Quadrilatero, quest’ultima avrebbe sempre la possibilità dietro la presentazione di un piano industriale più o meno fittizio di fare il bello ed il cattivo tempo, in quanto l’unico settore di interesse è quello di individuare aree per nuovi insediamenti produttivi e non ri-
vitalizzare e ristrutturare gruppi industriali in crisi come quello Umbro-Marchigiano della Merloni. Io spero che come è successo per Termini Imerese, in cui ci sono state manifestazioni d’interesse anche qui prima o poi arrivino industriali disposti ad investire in un settore come il nostro, cioè quello dell’elettrodomestico; francamente penso che sia opportuno rilanciare bandi d’interesse pubblico come già fatto nei mesi scorsi e valutare altre ipotesi, come quella ipotizzata da alcuni giornali nazionali di una holding cinese, purché si tratti di una risposta seria e duratura e non solo un palliativo.
A 16 mesi dall’ammissione all’Amministrazione Straordinaria la situazione dell’Antonio Merloni, si è aggravata al punto tale che oggi l’unica prospettiva è il “fallimento”. Nessuno è capace di dare risposte concrete ai migliaia di lavoratori coinvolti in questa vertenza. Gli operai che lavorano all’interno del gruppo Umbro-Marchigiano sono circa 3500, più ci sono tutti coloro che fanno parte dell’indotto e che secondo alcune stime si aggirano intorno alle 4-5000 unità. Nei giorni scorsi a Termini Imerese dove sono coinvolti 2000 dipendenti(1300 Fiat, circa 700 dell’indotto), in seguito alla decisione della Fiat di dismettere l’attività produttiva del sito dal 2012, alcuni operai della Delivery & Mail (società esterna che lavorava all’interno dell’azienda), licenziati per la cessazione del contratto, hanno deciso di occupare simbolicamente la fabbrica salendo sul tetto dello stabilimento, ottenendo anche delle denunce da parte della Fiat. Ma la rilevanza che i media hanno dato a questa vicenda ha permesso loro di ottenere delle risposte concrete da parte anche degli organi di Governo. Nel confermare la nostra piena solidarietà ai colleghi di Termini Imerese, quello che chiediamo è che un’azienda come l’Antonio Merloni che potenzialmente occupa circa 8-9000 dipendenti, quindi di dimensioni molto superiori a quelle dello stabilimento siciliano non sia lasciata morire così!!! Ci domandiamo come mai in pochi giorni per lo stabilimento della Fiat si sono trovate varie ipotesi di interessamento anche riconvertendo il sito e per la Merloni non sono bastati 16 mesi di amministrazione controllata per avere un minimo barlume di speranza? Non vogliamo essere trattati come operai di serie “B”, tutti meritiamo risposte perché il nostro futuro sia meno incerto, soprattutto in un periodo di “crisi” come quello che ci sta colpendo. Il “nostro presidio” permanente di uno stabile all’interno dello stabilimento di Gaifana è stato una conseguenza dell’esasperazione degli operai in seguito alla manifestazione del 17 gennaio, in cui ci fu il vano tentativo di bloccare la via Flaminia ostacolato dalle forze dell’ordine. Ciò che ci stupisce è sicuramente la posizione presa dalle tre organizzazioni sindacali di riferimento FIOM-FIMUILM (Rsu e non solo), che stanno ostacolando la nostra iniziativa dissuadendo tutti coloro che vorrebbero aggregarsi al gruppo del Comitato dei lavoratori della Merloni, quando l’unica soluzione prospettata al momento è il “fallimento”; nel caso di Termini Imerese e in molte altre ver-
tenze i sindacati hanno capito e appoggiato le iniziative intraprese dagli operai esasperati dalla situazione e in cerca di risposte concrete sul proprio futuro! Per la seconda volta in due mesi siamo costretti a un’iniziativa così forte (la prima risale ai primi di novembre presso gli uffici di Fabriano), per ottenere semplicemente il diritto di sapere che cosa ci sta succedendo e quali sono le nostre proIl Sindaco di Gubbio Orfeo Goracci - è stato spettive. Non era nelle nostre uno dei primi ad incontrare gli operai del presidio no, già duramente provate dal intenzioni bloccare l’attività terremoto del 1997. produttiva di tre giornate pre•Chiediamo inoltre ai sindavista per il mese di febbraio cati nazionali CGIL-CISL-UIL di (capiamo l’esigenza dei lavoraconsiderare la vertenza Merlotori di rientrare al lavoro per ni, vista la presenza dei segrenon sentirsi emarginati dal tari nazionali il 17 Dicembre processo produttivo), ma se scorso durante la manifestanon avremo certezze sul nozione a Fabriano, al pari delle stro futuro, siamo pronti a altre vertenze nazionali quali continuare nel presidio e a l’Alitalia ieri, la Fiat oggi. mettere in atto ulteriori iniziaFacciamo appello a tutti gli tive, senza escludere l’occupaorgani istituzionali di compezione dello Stabilimento, pertenza affinché si trovi una via ché sia salvaguardato il diritto di uscita in cui non siano gli al lavoro sancito nel primo aroperai dell’Antonio Merloni e ticolo della nostra Costituziodelle aziende dell’indotto a pane! gare le conseguenze dell’inca•Chiediamo che venga finalpacità manageriali della promente firmato l’accordo di prietà prima (come denunciaprogramma tra Regione e mito dagli stessi commissari nelnistero per lo Sviluppo Econola relazione introduttiva all’inmico, mettendo così NERO SU domani dell’ammissione alBIANCO le risorse economiche l’amministrazione straordinadisponibili e le date certe per ria del 14 ottobre 2008) e dei la concretizzazione del Piano tre commissari poi che non sodi Ristrutturazione, affinché le no riusciti a trovare soluzioni future iniziative imprenditoconcrete per questa vertenza, riali possano salvaguardare ritenendo valido esclusivatutti i posti di lavoro, garanmente il ricorso al FALLIMENtendo inoltre la prosecuzione TO! degli ammortizzatori sociali necessari per la sopravvivenza di migliaia di famiglie dell’Appennino Umbro-Marchia-
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Enti locali e servizi
La “performance” della P. A.
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Bollette telefoniche esose e disservizi
N u o v e n o r m e i n m a t e r i a d i o t t i m i z z a z i o n e d e l l a L’utente può ridursi la bolletta con addebiti non dovuti Procedura di conciliazione avanti al Corecom regionale produttività del lavoro pubblico SALVATORE ZAITI Il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n.150, meglio conosciuto come "Decreto Brunetta", detta nuove norme in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Gli obiettivi espressamente dichiarati dal legislatore sono: - la migliore organizzazione del lavoro; - il rispetto degli ambiti riservati alla legge e alla contrattazione colletiva; - il raggiungimento di elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi; - l'incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera;
- il riconoscimento di meriti e demeriti; - la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati; - il rafforzamento dell'autonomia, dei poteri e della responsabilità della dirigenza; - l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico; - il contrasto alla scarsa produttività e all'assenteismo; - la trasparenza dell'operato delle amministrazioni pubbliche. Il decreto, posti tali obiettivi, individua gli strumenti mediante i quali le amministrazioni dovranno assicurare il loro raggiungimento. La misurazione, valutazione e trasparenza della performance organizzativa e individuale costituiscono, quindi, i punti cardine dell'intero sistema che fissa al centro di ogni attenzione il soddisfaci-
mento dell'interesse del destinatario dei servizi e degli interventi; in altre parole il cittadino deve essere posto da ogni amministrazione al centro della programmazione e della rendicontazione attraverso un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati. Proprio per raggiungere tali risultati le amministrazioni hanno l'obbligo di redigere un Piano triennale di performance nel quale vengono elencati gli obiettivi strategici ed operativi, sempre misurabili in termini concreti e chiari. Annualmente le amministrazioni presentano una relazione sui risultati ottenuti, evidenziando gli obiettivi raggiunti e motivando gli eventuali scostamenti, nel rispetto della più ampia trasparenza. L'intero processo si conclude con il sistema di valutazione non soltanto organizzativa, ma anche individuale dei dirigenti e dei dipendenti, in un quadro di promozione del merito attraverso sistemi premianti selettivi. Il progetto è ambizioso; di certo lo è per le amministrazioni statali, meno per quelle locali che da anni, ormai, agiscono e si confrontano con strumenti analoghi. Sarà, comunque, la prossima esperienza a rivelare i risultati conseguiti dal nuovo modello di Pubblica Amministrazione.
LORENZO BATTISTI Al fine di snellire il carico processuale dei vari giudici e per promuovere una politica transattiva tra le parti, è stata ideata una procedura conciliativa ad hoc, recepita e regolata dalla delibera n. 182/02 Cons. emanata dall’Autorità garante per la correttezza delle comunicazioni. In essa si indica nel Corecom, Comitato regionale per le comunicazioni, competente per territorio, l’organo conciliativo presso cui «gli utenti singoli o associati, ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato, o dalla norma in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’autorità e che intendono agire in giudizio, sono tenuti ad esperire un tentativo di conciliazione». Ebbene, allorché l’utente di servizi di comunicazione elettronica (telefonici, tv a pagamento, etc..) ravvisi un addebito di costi non dovuto o lamenti un disservizio, può effettuare la contestazione mediante raccomandata a.r. e pagare, se del caso, solo la quota che ritiene legittima. Per il gestore invece sussistono precisi limiti alla possibilità di interrompere il servizio a seguito del mancato pagamento (parziale o totale) di una fattura. Laddove, poi, non arrivasse
Rilancio dell'attività edilizia o "Piano casa"? Le due facce di una stessa medaglia dedicata alla "casa" GIUSEPPE LORENZETTI Nella seduta dell'1/04/2009 della Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed Autonomie locali si è raggiunta un'intesa "...per il rilancio dell'economia attraverso l'attività edilizia..." che scaturì dall'esigenza di "...individuare misure che contrastino la crisi economica in materie di legislazione concorrente con le regioni, quale quella relativa al governo del territorio...". L'accordo si pone l'obiettivo di fronteggiare la crisi mediante un riavvio dell'attività edilizia favorendo altresì lavori di modifica del patrimonio edilizio esistente nonché prevedendo forme di semplificazione dei relativi adempimenti secondo modalità utili ad esplicare effetti in tempi brevi nell'ambito della garanzia del governo del territorio. L'intesa, raggiunta nella seduta del "tavolo tecnico" del 31/03/2009, è finalizzata a: favorire iniziative volte al rilancio dell'economia; rispondere anche ai bisogni abitativi delle famiglie; in-
trodurre incisive misure di semplificazione procedurali dell'attività edilizia, ed è stata formalizzata mediante l'approvazione di un documento. (cfr. G. U. n. 98 del 29 aprile 2009) Tale documento pone in capo alle regioni l'impegno di approvare leggi con gli obiettivi di: - regolamentare interventi finalizzati a "...migliorare anche la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenzia-
li uni - bi familiari..." fermi restando dei tetti massimi di consistenza e fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; - disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabi-
li e secondo criteri di sostenibilità ambientale, ferma restando l'autonomia legislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento; Sempre in base all'intesa, gli interventi: non possono riguardare edifici abusivi o ricadenti nei centri storici o in aree con inedificabilità assoluta; si demanda alle Regioni l'individuazione di ulteriori siti nei quali detti interventi possono essere esclusi o limitati con particolare riferimento ai siti sottoposti a tutela come beni culturali o be-
una risposta ufficiale (o non la si ritenesse soddisfacente), si ritiene che l’azione ordinaria in giudizio dovrebbe essere preceduta dal tentativo obbligatorio di conciliazione. Ciò vale anche per i gestori, tranne per il recupero del credito per prestazioni effettuate e non contestate dall’utente. Occorre quindi individuare il sito del Corecom della propria regione e compilare il relativo modulo (Formulario UG) da inviare secondo le modalità suggerite; il Comitato procederà ad informare l’utente della data fissata per il tentativo di conciliazione a cui prenderanno parte, oltre all’utente (che può farsi rappresenta-
re anche da altro soggetto, non necessariamente un avvocato), un rappresentante del gestore e un conciliatore del Corecom. Il conciliatore ha il compito di favorire l’accordo, senza entrare nel merito della controversia. Se un accordo viene raggiunto, si stila un verbale che diventa vincolante per le parti. Il tentativo di conciliazione deve avvenire entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza. Se entro tale termine l’udienza non si tiene, l’utente può rivolgersi alla giustizia ordinaria (Giudice di Pace, per le controversie di valore non superiore ad euro 5.000,00 o Tribunale).
ni paesaggistici, Nella parte conclusiva del documento, oggetto dell'accordo, si rileva che il Governo, "…confermando integralmente gli impegni assunti con l'Accordo sottoscritto con le regioni in merito al sostegno dell'edilizia residenziale pubblica…" assume l'impegno ad avviare con gli altri soggetti sottoscrittori "…uno studio di fattibilità per un nuovo piano casa…" per reperire le risorse finanziarie. pubbliche e private, necessarie "…per soddisfare il fabbisogno abitativo delle famiglie particolari categorie, che si trovano nella condizione di più alto disagio sociale e che hanno difficoltà ad accedere al libero mercato della locazione…". A ben vedere l'intesa affronta due diverse problematiche: il rilancio dell'economia mediante quello dell'attività edilizia, favorendo anche il recupero edilizio, ed un sostegno dell'edilizia residenziale pubblica. Mentre, però, per la prima vengono forniti, alle Regioni, principi generali di riferimento (il governo del territorio è materia concorrente tra Stato e Regioni in base all'art. 117 della Costituzione) e tempistica (90 giorni dall'intesa) per l'emanazione delle leggi regionali, nella seconda si affermano solo dei principi in ordine al reperimento delle risorse finanziarie.
Siamo quindi di fronte a due diversi e distinti scenari anche se, nell'informazione mediatica, ma anche tecnica, la disciplina sul rilancio dell'attività edilizia viene fatta transitare come il "Piano casa" pur trattando fattispecie del tutto diverse: la prima è rivolta a chi una casa (o un immobile) ce l'ha e il secondo dovrebbe dare risposte a chi, invece, la casa non ce l'ha. La Regione Umbria ha tenuto fede all'impegno assunto nell'intesa ed ha varato le norme sul rilancio dell'attività edilizia, incluse quelle per incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, con gli articoli dal 33 al 38 della legge regionale 26 giugno 2009, n. 13. Informazioni di carattere tecnico e procedurale sono consultabili nel sito internet del Comune di Foligno (www.comune.foligno.pg.it) seguendo il percorso "Area Governo del Territorio News e avvisi" e quindi "Rilancio attività edilizia (Piano Casa). Quelle che invece si vorrebbero porre all'attenzione del lettore sono alcune considerazioni rispetto alle valutazioni, sovente negative, degli effetti e delle ricadute della legge regionale, dovute forse anche ad una scarsa conoscenza, quando non derivino da contestazioni pretestuose. (continua nel prossimo numero)
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Salute
Il papilloma virus e il carcinoma del collo dell’utero
La pelle specchio della salute
Strategie di prevenzione: vaccinazione e screening Pap test e test HPV
I segreti della dermocosmesi in farmacia
FRANCA BUTTARO Il carcinoma del collo dell’utero rappresenta in Europa la seconda causa di morte,dopo il cancro della mammella, tra le donne di età compresa tra i 15 e 44 anni e la prima nei paesi in via di sviluppo,dove è anche il tumore femminile più diffuso. Questa neoplasia è la prima ad essere riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile ad un’infezione. La sua insorgenza è infatti causata dal papilloma virus umano(HPV), capace di infettare le cellule dell’esocervice e di trasformarle in cellule neoplastiche. Oltre a provocare il carcinoma del collo uterino, l’HPV è la causa di un’ampia gamma di lesioni genitali ed extragenitali che vanno da forme benigne, ma fastidiose e difficili da trattare, come i condilo-
mi ano genitali, alle lesioni cervicali iniziali. Tale infezione è molto frequente: si stima che il virus infetti oltre il 75% della popolazione sessualmente attiva, con picco negli adolescenti e giovani adulti. I papilloma virus, sono un gruppo eterogeneo di virus che comprende più di 100 tipi virali, detti anche genotipi, dei quali circa la metà predilige la pelle causando le cosiddette verruche, mentre l’altra metà infetta le mucose ano-genitali. Questi ultimi vengono classificati a loro volta in: a basso rischio oncogeno e associati a lesione benigne (condilomi), e ad alto rischio oncogeno associati al carcinoma cervicale Le infezioni da HPV sono acquisite in seguito a contatti intimi interpersonali, in modo particolare durante rapporti sessuali. L’uso del preservativo offre una protezione sempre im-
portante, ma parziale a differenza delle altre malattie sessualmente trasmesse. Il profilattico infatti può non proteggere completamente dall’infezione in quanto le zone colpite possono essere fuori dell’area da esso protetta. In genere il tumore ha inizio da un’alterazione cellulare indotta dal papilloma virus: le cellule infettate cominciano a moltiplicarsi senza controllo, fino ad evidenziarsi come lesioni che vengono classificate in CIN1-CIN2CIN 3 indicativi del rischio di progressione in carcinoma invasivo. Da qualche anno al PAP TEST si è aggiunto un ulteriore e più sofisticato test: la caratterizzazione ed identificazione molecolare dei ceppi di HPV presenti nel tratto genitale. In parole più semplici il PAP TEST ci avverte se ci sono alterazioni cellulari indotte da eventuale HPV, la ti-
pizzazione molecolare è in grado di dire se tali alterazioni sono effettivamente indotte da HPV e inoltre da quale ceppo, se a basso o alto rischio. Ultimamente si sta molto parlando della prevenzione primaria. Esistono in effetti due tipi di vaccino utilizzabili su bambine dai 12 anni in su, che non siano mai venute in contatto con il virus. I test clinici, effettuati su ampia popolazione, hanno dimostrato che la protezione clinica esiste, che il vaccino è di efficacia profilattica, che la memoria immunitaria rimane presente, ma tuttavia, l’introduzione del vaccino non deve essere interpretata come un superamento del PAP TEST, al quale ogni donna deve sottoporsi con regolarità ogni 3 anni. Concludendo sia la vaccinazione, sia lo screening con Pap test e test HPV, continuano ad essere strumenti essenziali per combattere il cancro del collo dell’utero. Il vaccino, somministrato in ragazze giovani, può potenzialmente prevenire l’insorgere di molte infezioni ma bisogna comunque tener presente: - che la protezione complessiva offerta dal vaccino HPV non e’ completa, in quanto esistono 15-20 tipi di virus oncogeni e i vaccini proteggono dai ceppi principali; - che le ragazze non sono completamente protette se hanno contratto un’infezione ad alto rischio prima del vaccino; - che la durata dell’efficacia del vaccino al momento non è nota, quindi non si sa se sia necessaria una dose di richiamo.
WALTER ROMAGNOLI Il processo di invecchiamento cutaneo, detto “skin aging” è il risultato di due processi involutivi che interessano simultaneamente tutti gli strati costitutivi della pelle stessa. Il primo è un decadimento interno o “chronoaging” che dipende dallo scorrere del tempo e riguarda tutte le cellule e tutti gli organi. Il secondo è l'invecchiamento estrinseco o “photoaging” che interessa il rivestimento cutaneo esterno continuamente sottoposto all'insulto dei fattori aggressivi esterni, primo dei quali è l'irraggiamento da raggi ultravioletti. In maniera più o meno rilevante i due elementi concorrono al progressivo deterioramento della pelle ed allo sviluppo delle rugosità. I nemici della pelle sono numerosi: stress, invecchiamento, sole, vento, fumo, alcol, inquinamento ambientale, fonti artificiali di raggi UV (lampade). I danni provocati sulla pelle sono molteplici: diminuzione del film idrolipidico protettivo, disidratazione progressiva, degradazione del collagene, perdita di elasticità, comparsa di rugosità e macchie pigmentate. La cura della pelle richiede l'adozione di uno stile di vita basato su una corretta alimentazione, una costante idratazione, il rispetto dei bioritmi ed un riposo adeguato, l'eliminazione a livello cutaneo delle impurità e delle cellule morte. L’esposizione prolungata e ripetuta ai raggi UV, in spiaggia o in alta montagna, può comportare numerosi rischi. L'uso
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FRANCESCA VENTURA
di filtri solari è un valido mezzo di protezione, in quanto riduce la quantità di radiazioni ultraviolette che penetrano nella pelle. I filtri solari vengono utilizzati anche per le creme anti-aging che sono prodotti a base di sostanze idratanti, utilizzate per la prevenzione della disidratazione cutanea, della formazione di rughe e della perdita di elasticità cutanea. Durante l’esposizione al sole va evitata l'assunzione di farmaci fotosensibilizzanti quali cortisonici, diuretici ed alcuni tipi di antibiotici. L’uso frequente di saponi e tensioattivi rimuove il film idrolipidico che protegge la pelle, riducendo la sua capacità di trattenere acqua, pertanto va preferita una abituale detersione corretta che rimuova secrezioni ed impurità, rispettando il film idrolipidico protettivo. In presenza di fattori esterni piuttosto aggressivi, come l'esposizione a sole e vento è preferibile utilizzare detergenti adatti non aggressivi, come i cosiddetti “saponi non saponi” e creme o latti idratanti e rigeneranti risultato della ricerca der-
L’alimentazione negli atleti Più proteine, più carboidrati, più integratori, più sali minerali; tra mito e realtà LEONARDO MERCURI La grande confusione che regna nel mondo degli sportivi è sulla propria alimentazione, più proteine, più carboidrati, più integratori, più sali minerali, “piu”...! Questa è la parola in cui spesso molti atleti sembrano ritrovarsi; ma sarà davvero così? La comunità scientifica è concorde nell’affermare che le raccomandazioni dietetiche per gli atleti sono molto simili a quelle per la popolazione generale per ciò che riguarda le proteine e per i lipidi, ma differiscono per quanto concerne i liquidi, gli elettroliti e i carboidrati. Le proteine per gli atleti dovrebbero rappresentare dal 10 al 20% delle calorie totali, mentre i grassi il 30% (nella popolazione generale le proteine si fermano al 15% e i lipidi al 25%). Mentre gli atleti impegnati in allenamenti intensi, affaticanti e prolungati nel tempo, necessitano di sup-
plementi di liquidi, di elettroliti e di carboidrati fino al 70% delle calorie totali; poi ci sono gli atleti cosiddetti del “fine settimana” che richiedono approssimativamente carboidrati per il 50-60% delle calorie totali. Reintegrazione dei liquidi e degli elettroliti La reintegrazione dei fluidi durante l’esercizio fisico, pari ad almeno il 50% del previsto calo di peso è sufficiente per prevenire i colpi di calore. Nell’atleta la sete non è considerata un buon indicatore delle necessità idriche. Il consumo di bevande contenenti carboidrati durante esercizi fisici prolungati tende a mantenere stabili i livelli di glicemia e a risparmiare il glicogeno muscolare, la deplezione del quale sembra essere il principale fattore limitante della fatica durante l’attività fisica prolungata in aerobiosi. Questo può essere d’aiuto per favorire la re-
sistenza in un’attività fisica che duri 60 min. o più. I carboidrati: essi rappresentano la principale fonte di energia per l’attività muscolare. In generale la dieta dovrebbe essere costituita per il 60-65% delle calorie totali da diverse fonti di carboidrati. Un carico di carboidrati o “riserva di glicogeno” a livello muscolare può essere utile per atleti che pratichino sport di resistenza per più di 80 min. Attualmente si raccomanda agli atleti di seguire una dieta iperglicidica durante tutto il periodo di allenamento. L’attività fisica dovrebbe essere gradualmente ridotta a partire da circa 7 giorni prima di una competizione di resistenza, con completo riposo il giorno prima della stessa. Nelle 72 ore che precedono la competizione l’atleta dovrebbe consumare il 70% delle calorie in forma di carboidrati complessi. Mentre nei giorni successivi a una
competizione è molto importante il ripristino delle scorte di glicogeno muscolare. Le proteine Gli atleti dovrebbero consumare dal 10 al 20% delle calorie giornaliere sotto forma di proteine. Come detto precedentemente molti atleti sono convinti che diete iperproteiche aumentino la massa muscolare. Gli atleti che desiderano aumentare la massa muscolare dovrebbero dapprima soddisfare le loro richieste energetiche, attraverso un adeguato apporto di carboidrati. La quantità di proteine della dieta necessaria per ottenere la massima deposizione proteica è di 1,5 g per kg di peso corporeo. Inoltre, quando l’apporto proteico supera la quantità necessaria al mantenimento dei tessuti corporei, le proteine vengono utilizzate come fonti di energia o possono essere convertite in grassi e accumulate come tessuto adiposo. Diete iperproteiche contenenti car-
ni e prodotti caseari ricchi in lipidi possono fornire un’aumentata percentuale di calorie derivante dai grassi. Lipidi Questi apportano elementi fondamentali agli atleti, ma necessitano di una certa conoscenza pratica in quanto i cibi grassi provocano un rallentamento dello
svuotamento gastrico, e possono causare nausea e disturbi digestivi, se assunti poco prima della gara. Inoltre bisogna sapere che diete iperlipidiche e iperglicidiche tendono ad impoverire le scorte epatiche e muscolari di glicogeno e quindi a compromettere la resistenza e la forza muscolare di un atleta.
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Notizie e Corrispondenze
CONVEGNO
CINEMA E NON SOLO
Abitare nella crisi Firenze 12-13-14 marzo 2010
Non è un film Trama Un ragazzo di colore si prepara a lasciare il suo villaggio per andare a cercare lavoro lontano. Prepara una piccola valigia di cartone nella quale ripone alcuni indumenti, una foto in bianco e nero della famiglia con i genitori e tanti fratelli minori, una foto di una ragazza sorridente, qualche piccolo oggetto e un amuleto di buona fortuna datogli all’ultimo momento dalla madre. Un lungo viaggio per strade polverose e sabbiose con ogni mezzo di fortuna, una burrascosa traversata in mare su un barcone sovraffollato. Ora il ragazzo è in mezzo a campi rigogliosi di frutta e di verdura piegato a raccogliere velocemente i prodotti della terra in mezzo a tanti altri ragazzi, del suo e di altri colori. Viene la sera e il ragazzo, stanco, sudato e coperto di polvere e terra, si ritira per passare la notte in un grande capannone abbandonato. All’interno una moltitudine di persone di tanti colori e diverse lingue che si accal-
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ca, seduta o sdraiata su grandi pezzi di cartone poggiati in terra, con fili tesi dai quali pendono indumenti dei più variegati colori, e tanti piccoli fuochi accesi per scaldare zuppe di verdure, legumi e cereali racimolati durante la giornata di lavoro. Scende la notte e il silenzio. Nel capannone non c’è elettricità, né acqua corrente, né servizi igienici. All’improvviso un grande rumore di motori all’esterno. E luci abbaglianti e grida e uomini in divisa irrompono nel capannone: è un fuggi fuggi generale nel caos totale.
Il ragazzo corre veloce, senza guardarsi indietro, col fiato grosso, nel buio, in mezzo ai campi arati. Di nuovo interno del capannone ora vuoto. Fuochi spenti, cartoni rovesciati, indumenti e oggetti sparsi ovunque. La macchina stringe su una piccola valigia di cartone abbandonata con il suo misero contenuto. A questo punto il regista dice «stop, macchina indietro». L’obiettivo si allarga a tutta la scena. Non siamo nella Louisiana degli anni ’50, siamo nel 2010 a Rossano Calabro in Italia e non è un film.
Razzismo Su questa traccia di discussione e a partire da questi temi, lanciamo un appello aperto per costruire insieme un convegno nazionale che immaginiamo articolato in tre diverse giornate, con tavoli di lavoro, momenti di formazione, assemblee utili ad approfondire analisi, collegare esperienze concrete, elaborare strumenti e percorsi nuovi da praticare. Dove sia dato spazio tanto alla produzione del dibattito, quanto alla costruzione e attivazione di eventi artistici, culturali, performativi. Le case occupate del Movimento di Lotta per la Casa di Firenze ed il CSA Next Emerson ospiteranno le iniziative ed i partecipanti. Il programma è aperto a proposte e contributi tematici. Per info, adesioni, proposte, contattare: abitarenellacrisi@insiberia.net
Abitare al tempo della crisi. Significa fare i conti con le conseguenze del “libero” mercato della casa, con gli affitti e i mutui alle stelle, con gli sfratti ed i pignoramenti. Abitare contro la crisi Significa organizzare comitati contro le cementificazioni e le “grandi opere”, per il diritto alla salute e la difesa dei beni comuni. Sembra non possa esserci fine al saccheggio della ricchezza sociale delle nostre città e dei nostri territori da parte della rendita immobiliare, delle banche, del padronato e di una classe politica subalterna e corrotta. Ma queste città sono ancora luoghi che noi abitiamo in comune, sono ancora luoghi di relazione e condivisione, di festa e di creatività, di lotta e di autodeterminazione. E’ proprio attraverso la lente dei percorsi di autogestione, delle resistenze contro le speculazioni,
delle lotte per la casa e per il reddito che possiamo guardare oltre i confini di queste città, riversando addosso ai responsabili della crisi i nostri desideri di libertà, giustizia sociale, la ricchezza delle nostre diversità dl donne e di uomini di tutto il mondo. Per questo intendiamo mettere al centro di una riflessione orizzontale ed inclusiva i temi della crisi e dell’abitare al tempo della crisi; provare insieme a fare il punto sulle lotte in corso, condividendo ricchezze, difficoltà e differenze proprie delle diverse realtà locali; individuando nessi ed immaginando possibili connessioni e battaglie comuni. Abbiamo individuato tre ambiti tematici principali che proponiamo alla discussione: - reddito e Lavoro nella Crisi - la Città in Comune contro la Città Merce - resistenza Sociale alla Repressione, al Controllo al
resistere e sperare ancora nel domani. Un giornale, un locale di ritrovo, uno spazio aperto attrezzato, un concerto sono sicuramente qualcosa, anche se sono davvero poco se si apre lo sguardo oltre i ristretti circoli delle enoteche e delle “happy hour” verso una periferia sempre meno happy e a concreto rischio etilico (e non solo). Peggio è solo polemizzare su di una vagina o uno scroto. Per quel che può servire vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai ragazzi di “Grassetto”.
Michelangelo Buonarroti, David, particolare
NOTA DELLA REDAZIONE
Sesso stampa e politica Anche a Foligno sembra che sia scoppiata una guerra del sesso. Abbiamo letto in questi giorni sulla stampa locale che un giornale giovanile di recentissima distribuzione avrebbe causato un subbuglio nella maggioranza che governa il nostro Comune. La ragione: la pubblicazione della riproduzione artistica di due organi sessuali che sarebbero
esposti (le opere artistiche non gli organi) nel Museo d’Arte contemporanea di Foligno. Non abbiamo avuto modo di vedere direttamente il numero del giornale incriminato e quindi non possiamo valutare la “offensività” delle audaci riproduzioni delle parti anatomiche che, chi più chi meno, siamo stati tutti abituati a conoscere e riconoscere sin dai primi anni, se non di primi mesi, della nostra vita. E’ ben difficile quindi comprendere come mai l’esibizione di nudi, peraltro artistici, possa avere
leso la sensibilità di taluni assessori al limite di minacciare una crisi di giunta. Quel che più ancora stupisce (e rattrista) è che tra i tanti problemi, tutt’altro che piccoli, che colpiscono oggi la nostra città tanti amministratori, liberi pensatori e uomini di fede abbiano tempo da perdere in questioni così modeste, per non dire meschine. Molto più importante potrebbe essere sapere come vivono i giovani della nostra città, come vedono il loro futuro tutt’altro che roseo, come possono essere aiutati e stimolati a
LA RICETTA DEL MESE
Due facili pietanze: polentine e crostoncini ANTONIETTA STADERINI Redazione: Via della Piazza del Grano 11 06034 Foligno (PG) tel. 0742510520 Mail: redazionepiazzadelgrano@alice.it Autorizzazione tribunale di Perugia n° 29/2009 Editore: Sandro Ridolfi Direttore Editoriale: Sandro Ridolfi Direttore Responsabile: Giorgio Aurizi Impaginazione e grafica: Andrea Tofi Stampa: Iacobelli srl V. Catania 9 Pavona di Albano – Roma Chiuso in redazione 18/02/2010 Tiratura: 5.000 copie Periodico dell’Associazione ”Luciana Fittaioli”
Mail: associazionefittaioli@yahoo.it
Polentine con funghi porcini e salsiccia in bianco Difficoltà * Tempo di preparazione: 30 minuti Ingredienti per 6 persone Farina di mais precotta gr 300 (può essere sostituita da quella di grano saraceno), funghi porcini freschi gr 600 (possono essere utilizzati anche i surgelati), salsicce n. 6, aglio uno spicchio, crema di latte (panna fresca) l ½, sale q.b., prezzemolo un ciuffo, olio extra vergine di oliva ½ bicchiere, vino bianco ½ bicchiere. Procedimento In una casseruola a bordi alti mettere a bollire l’acqua, precedentemente salata, necessaria per la cottura della polenta. In una padella mettere l’olio e l’aglio,
far scaldare e aggiungere le salsicce tagliate ciascuna a metà, lasciare rosolare per qualche minuto, aggiungere il vino bianco e far cuocere ancora pochi minuti, incorporare quindi i funghi, precedentemente puliti, infine la crema di latte, salare e lasciarla cuocere
sino a che non si rapprenderà appena. Portare a cottura la polenta che dovrà risultare abbastanza soda, disporla al centro di ogni singolo piatto piano e condirla con la salsa ottenuta e una spolverizzata di prezzemolo tritato finemente.
Crostoncini con guanciale alla salvia con aceto balsamico Difficoltà * Tempo di preparazione 30 minuti Ingredienti per 6 persone Pane raffermo n. 6 fette, guanciale gr 100, foglie di salvia fresca, aceto balsamico ½ bicchiere. Procedimento Dopo aver tagliato a metà le fette del pane lasciarle tostare in forno a 180° gradi per pochi minuti. Preriscaldare una padella antiaderente, disporvi le fettine di guanciale e lasciare che diventino croccanti, aggiungere le foglie di salvia e l’aceto, cuocere per qualche attimo. In ogni singolo piatto disporre due mezze fette di pane, su di esse il guanciale, la salvia e infine la salsina ottenuta dal fondo di cottura, servire ben caldo.
FOLIGNO FEBBRAIO 2010
Spettacoli ed eventi a cura di Piter Foglietta
Ispirato allo sport lo spettacolo dell’équipe Kataklò Athletic Dancer Theatre al Clarici
“Play”, importante serata per la Prosa umbra Importante appuntamento per La Stagione di Prosa venerdì 12 marzo 2010 ore 21al Teatro Politeama Clarici, in collaborazione con UMBRIAinDANZA; la compagnia Kataklò Athletic Dance Theatre presenterà PLAY L’inconfondibile stile della travolgente compagnia Kataklò è al centro dell’assoluta spettacolarità di Play, una coreografia di straordinaria sensibilità artistica firmata da Giulia Staccioli, fondatrice e direttore artistico dal 1995 dell’ineguagliabile équipe tutta italiana Kataklò Athletic Dance Theatre. È un lavoro ispirato allo sport e appositamente ideato per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi della Cultura di Pechino 2008 su invito del Ministero della Cultura cinese e con l’alto patrocinio del Ministero per gli Affari esteri, dell’Istituto Italiano di cultura e dell’Ambasciata italiana.
Lungo una linea immaginaria di corpo e mente, Play dà una scossa all’anima. Strutturato a quadri, ha la capacità di fagocitare lo spettatore in un incantesimo. Ipnotico. Immaginario. Come certe fiabe. Una corsa irrompe in scena, ruba il silenzio, il buio e il tempo diventano puro ritmo. Intuizioni geniali alludono al mondo acquatico di creature fantastiche che guizzano come sirene immerse in atmosfere lunari. Senza passi falsi due ballerine si fronteggiano. Un duello in punta di fioretto pronto a tirare una stoccata. Le forze in gioco esaltano una ballata beffardamente drammatica. Le coreografie orchestrano scenari inaspettatamente comici ma anche poeticmente evocativi. Gli artisti in scena giocano a costruire storie. Azioni e ambientazioni sono istantanee sotto l’effetto di ripresa e montaggio. Affascina la rilettura arguta
di oggetti d’uso comune: bastoni, palloni, biciclette, occhiali e scarponi da sci. L’ordine delle cose si perde e si ricrea. Una porta da calcio, che incornicia l’azione divertente di un arbitro bizzarro, è l’attrezzo di aggancio per un portiere sospeso a testa in giù. Non ci si stupisce di vedervi motivi che si prefigurano all’esordio della compagnia in Indiscipline (1996). Sono idee forti nel repertorio di Kataklò. Tuttavia con Play, dichiaratamente e senza perdere di vista il passato, si insinua una vena artistica che apre a una stagione inedita, maggiormente volta alla ricerca teatrale. Per i ruoli danzati Staccioli si è avvalsa della preziosa collaborazione di Jessica Gandini. La raffinata colonna sonora, appositamente realizzata dal noto compositore Ajad, crea un filo conduttore musicale saldamente connesso allo sviluppo dello spettacolo,
burgo (6 marzo), l’appuntamento di Pasqua (30 marzo) con Eugenio Allegri e Ramberto Ciammarughi con un lauda per frate Francesco e un tributo a Rossini con i solisti dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia (10 giugno). Il cartellone si conclude domenica 5 dicembre con il concerto di chiusura dell'Umbria Art Ensemble. Il Consiglio Direttivo è costituito da: Ambretta Ciccolari-Micaldi, presidente; Grazia Roberti Gentile, presidente onorario; Grazia Biagini e Gianfranco Faramelli (teso.riere), vicepresidenti; Lucio Cerquetti, Mario Coccetti, Donatella Cugini, Sergio Gentili, Davide Giannini, consiglieri. Direttore artistico: Marco Scolastra. Ufficio stampa: Maria Pia Fanciulli La Stagione concertistica 2010 è inziata il 23 gennaio scorso e proseguirà fino al 5 dicembre 2010.,
Gli appuntamenti in calendario
sostenendone la forza evocativa; mentre gli splendidi costumi di Sara Costantini valorizzano le coreografie, di cui il disegno luci di Andrea Mostachetti coglie ogni riflesso. Elementi questi di una spettacolarità che raccoglie gli entusiasmi di un pubblico vasto e internazionale e dalla quale è difficile rimanere immuni.
Performer Maria Agatiello, Elisa Bazzocchi, Paolo Benedetti, Eleonora Di Vita Leonardo Fumarola, Serena Rampon, Marco Ticli, Marco Zanotti Ideazione e regia Giulia Staccioli; coreografie Giulia Staccioli in collaborazione con Jessica Gandini; musiche originali Ajad; Costumi Sara Costantini
Sabato 6 marzo, ore 21,00 Auditorium San Domenico “Le otto stagioni” Salzburg Chamber Soloists. Lavard Skou-Larsen, direttore e violino solista; Giampaolo Bandini, chitarra; Cesare Chiacchieretta, bandoneon Musiche di: Vivaldi, Piazzolla. Alle ore 21.00 Domenica 14 marzo Teatro delle Muse - Ancona Ore 16,00 “Don Giovanni”, Dramma giocoso in due atti con musiche di Mozart e libretto di Lorenzo Da Ponte Orchestra Filarmonica
Marchigiana - Coro Lirico “Vincenzo Bellini” Asher Fisch, direttore - Pier Luigi Pizzi, regia. Per informazioni e prenotazioni: Donatella Cugini, tel 338 6779434. Martedì 30 marzo Auditorium San Domenico ore 21,00 “Concerto di Pasqua” Eugenio Allegri, voce recitante; Ramberto Ciammarughi, pianoforte Ciammarughi: Una lauda per Frate Francesco Il concerto è dedicato a Dina Domenica Lilli Turrioni
Trenta anni di attività degli “Amici della Musica” Appuntamenti di jazz, musica popolare colta e lirica Opera comica in due atti Musica di Gaetano Donizetti, libretto di Felice Romani Esecuzione in forma di concerto, Solisti, Orchestra e Coro del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto Daniel Martìnez Gil de Tejada, direttore Ottobre (data da definire) Auditorium San Domenico Vincitore concorso artistico “Alessandro Casagrande”, Terni 2010 Domenica 14 novembre Alle ore 17,00 presso l’Auditorium San Domenico “Omaggio a Zeffirelli” Presentazione del libro di Gina Guandalini "Franco Zeffirelli. Eleganza in scena" (Editore Curcio Musica) Ingresso libero
Domenica 9 maggio Alle ore 17,00 presso l’Auditorium San Domenico “integrale di trii” di Schuman e Brahmas Secondo concerto Trio Modigliani: Mauro Loguercio, violino; Francesco Pepicelli, violoncello; Angelo Pepicelli, pianoforte Giovedì 10 luglio Auditorium San Domenico, ore 21,00 “Soiree musicale Rossinieffe” Concerto d'onore per gli ospiti dell'associazione "Valle Umbra Terra di Emozioni" Accademia Nazionale di Santa Cecilia Artisti di "Opera Studio"
GIOVEDÌAL CINEMA 26 febbraio - qui e altrove PA-RA-DA di Marco Pontecorvo (Italia 2008, 100’) […] Il direttore di fotografia Marco Pontecorvo (figlio di Gillo), all’esordio cinematografico, racconta la vera storia del clown di strada Miloud Oukili, del suo arrivo in Romania nel ’92, dopo la fin di Ceausescu, e del suo incontro con i boskettari, i bambini dei tombini, che vivono randagi, dormono nel sottosuolo di Bucarest, nelle condotte dove passano i tubi per il riscaldamento e sopravvivono con furti, accattonaggio e prostituzione. Parada è la storia commovente della loro amicizia […]
Una ricca stagione concertistica Alla soglia dei trenta anni di attività, l’Associazione si propone con una Stagione Concertistica 2010 dove i 14 appuntamenti in cartellone spazieranno dalla musica classica al jazz, dalla musica popolare colta, alla lirica con una trasferta fuori regione. Il primo appuntamento si è svolto sabato 23 gennaio, con il Duo CortesiVenturi, per la presentazione della Stagione 2010 alla città, poi l’inaugurazione vera e propria è avvenuta sabato 30 gennaio, con l'Orchestra Sinfonica Abruzzese. La Stagione è proseguita poi domenica 14 febbraio con il concerto dedicato a Chopin in occasione del 200° anniversario della nascita. Trasferta ad Ancona domenica 21 marzo per assistere all’opera Don Giovanni al Teatro delle Muse. Da ricordare il concerto dei solisti di Salis-
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Sabato 19 giugno Auditorium San Domenico “Il salotto parigino di Rossini” alle ore 21 Pamela Villoresi, voce recitante; Sergio Patria, violoncello; Elena Ballario, pianoforte Testo di Michele Di Martino Domenica 5 agosto, Corte di Palazzo Trinci ore 21,00 “Musicamania” Filarmonici di Belfiore - Modern Voices Ensemble Marco Pontini, direttore; Mauro Presazzi, maestro del coro Songs, concertati, corali dai più celebri musicals Lunedì 27 settembre Auditorium San Domenico ore 20,30 “L’elisir d’amore”
Domenica 5 dicembre Auditorium San Domenico ore 17,00 “Concerto di chiusura” Umbria Art Ensemble Giuseppe Garbarino, direttore Musiche di: Chabrier, Garbarino, Dvoràk INFORMAZIONI Associazione Amici della Musica di Foligno Piazza Don Minzoni, 2 06034 Foligno (Pg) tel. e fax: 0742.342183 cell: 338.9223675 e-mail: info@amicimusicafoligno.it I tesseramenti per la Stagione Concertistica 2010 si possono effettuare il giorno della presentazione presso l'Auditorium e tutti i martedì e giovedì dalle 10.30 alle 12.30 presso la sede dell'Associazione
5 marzo - qui e altrove RIPARO di Marco Simon Puccioni (Italia 2007, 100’) […] al secondo lungometraggio (dopo Quello che cerchi 2001) Puccioni realizza un bel dramma da camera. Al ritorno da una vacanza in Tunisia, Anna (Maria De Medeiros) e Mara (Antonia Liskova) si accorgono che un giovane immigrato, Anis (Mounir Ouadi), attratto dall’Europa come migliaia di suoi coetanei, ha viaggiato con loro. Comincia così un moto di relazioni, che cambierà la loro vita tranquilla, romperà l’equilibrio precario ma certo in cui credevano di esercitare il controllo […] 12 marzo - qui e altrove RACCONTI DA STOCCOLMA di Anders Nilsson (Svezia-Germania 2007, 133’) […] Anders Nilsson racconta, unificandole sotto lo stesso schema concettuale, al di là delle differenze apparenti, tre storie di rottura del silenzio sulla violenza, tre storie, non intrecciate, che formano un trittico: i destini, impediti nella felicità, di Leyla, figlia di una famiglia mediorientale, cresciuta secondo un rigido codice; di Carina, madre generosa e giornalista, umiliata dalle percosse di un marito geloso, e di Aram, giovane proprietario di un locale, innamorato di uno degli uomini della sicurezza […] 19 marzo - qui e altrove ONCE di John Carney (Irlanda-USA 2007, 87’)
[…] a Dublino il regista irlandese Carney realizza un musical eccentrico, giratocontagliodocumentaristico,cameraamanoe lucidiscena limitate, cast formato da attori nonprofessionisti.Unbusker(suonatore ambulante) canta l'amore perduto e sogna il contratto discografico e una vita a Londra. Incontraunagiovaneimmigrataceca,lavoratrice, ragazza madre responsabileepianistaditalento.Uncasto amore e la passione per la musica liunisceacomporreildiscodellaloro anima profonda […]
26 marzo - qui e altrove CORAZONES DE MUJER di D Sordella e Pablo Benedetti (Italia 2008, 85’) […] lo pseudonimo dei due registi e produttori, Kiff Kosoof (parola araba che sta per eclisse) investe una tensione narrativa rivolta all’asse nord –sud, Torino-Marocco in questo caso. Il film racconta la storia vera di un sarto, Shakira, travestito di origine marocchina, e Zina, una promessa sposa, cui deve cucire l’abito da sposa, che ha perso la verginità. Se sposarsi così, Zina non può, saliranno allora al volante di una vecchia spider, da Torino fino in Marocco, per salvare l’onore perduto e la vita […]
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Movimenti e lotte
FOLIGNO FEBBRAIO 2010
Ancora un nulla di fatto è scaturito dall’incontro al ministero e senza nemmeno un rinvio
Merloni? Non c’è fretta Al dicastero di via Molise si prende tempo e non si firma l’accordo di programma per il salvataggio degli impianti e dei lavoratori DANIELE NALBONE
Ennesimo nulla di fatto per la firma dell’Accordo di programma destinato a salvare i lavoratori della Merloni Spa. L’incontro di lunedì 8 febbraio scorso presso il ministero dello Sviluppo economico si è concluso con un rinvio, «e stavolta senza nemmeno una data certa» hanno commentato i circa 1500 operai che, giunti in massa a Roma da Umbria, Marche ed Emilia Romagna a bordo di pullman, hanno dato vita al corteo che ha raggiunto il Ministero dopo aver paralizzato le vie del centro della capitale. La nota diffusa dal ministro Scajola recitava «Entro febbraio sarà sottoscritto l’accordo di programma che ha come obiettivo quello di favorire il riutilizzo industriale degli immobili e degli impianti del gruppo presenti in Italia e di promuovere nuovi insediamenti produttivi nei territori interessati dalle attività dello stesso gruppo». Incredibilmente lo stesso ministro, alla fine, ha disertato l’incontro in cui si sarebbe dovuta decidere, appunto, la sorte dell’industria Antonio Merloni spa, che, calcolando l’indotto, dà lavoro a oltre 6mila persone in tre regioni. Ma «al di là dell’assenza del ministro che ho comunque stigmatizzato» ha commentato Maria Rita Lorenzetti, presidente della Regione Umbria, «è proprio nel contenuto dell’incontro e dell’accordo paventato che non ci siamo». Sono troppe, infatti, le incertezze che, secondo la governatrice, il governo italiano non è riuscito a dissipare, «sia in riferimento alle risorse che intende mettere a disposizione, sia in relazione alle norme che dovrebbero dar vita a un serio progetto di re-industrializzazone». Anche il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, si è detto «molto preoccupato» per le idee, poche e con-
Colle di Nocera Umbra, un momento dell!assemblea di giovedì 18 febbraio
fuse, che il governo ha mostrato nell’incontro di ieri. «Noi, insieme alla Regione Marche» ha concluso la presidente della Regione Umbria «abbiamo riconfermato la totale disponibilità a fare la nostra parte. Anche in termini economici. Ora attendiamo chiarezza dal governo». Per tutta le durata dell’incontro, in via Molise gli operai della Merloni hanno presidiato l’ingresso del ministero dello Sviluppo Economico per poi salutare con una selva assordante di fischi “casa Scajola”. «Siamo delusi, per non dire altro» commentano i lavoratori dello stabilimento di Fabriano accompagnati a Roma da diversi cittadini “qualsiasi”. «Torniamo a casa a mani vuote e sempre più spaventati non dal mancato accordo» spiega invece Paolo Frilli, delegato sindacale del sito di Colle di Nocera Umbra «ma da tutta la gestione della vicenda». A rilevare la Merloni, infatti, dovrebbe essere la società Quadrilatero Spa, partecipata dalle due regioni, Umbria e Marche, dalle provincie di Macerata e Perugia, dalle camere di commercio di
Macerata, Perugia e Ancona e da Anas Spa. Una società che si occupa di infrastrutture, in particolare del “quadrilatero” viario Foligno Civitanova Marche – Perugia - Ancona. «Ma la Merloni costruisce lavastoviglie e frigoriferi» sottolineano dal Comitato Lavoratori Merloni «non si occupa di strade, cavalcavia o gallerie». Il timore dei lavoratori, quindi, è che questo passaggio di consegne in una spa «nella quale, inoltre, ha quote la stessa Merloni», sia solo una soluzione “tampone” per prendere tempo fino a una nuova alienazione dell’azienda. «Siamo stanchi di aspettare» spiega Gianluca Tofi, del Comitato Lavoratori Merloni: «da circa sedici mesi, caratterizzati solo da ricorsi alla cassa integrazione guadagni, attendiamo una risposta concreta che non arriva e l’unica possibilità che ci viene offerta è entrare a far parte di un’azienda, la Quadrilatero spa, che non garantisce tutti i lavoratori in quanto assolutamente incapace di riassorbire al suo interno l’intera forza lavoro rappresentata dalla Merloni».
La paura, quindi, è che il caso Merloni si riveli, alla fine della fiera, «l’ennesima speculazione finanziaria fatta sulla pelle di noi lavoratori». Si chiedeva chiarezza nell’incontro di ieri ma alla fine la situazione è sempre più confusa: «l’impegno a firmare l’Accordo di programma entro febbraio era un primo importante risultato ma non la soluzione definitiva» ha commentato Maurizio Landino, segretario nazionale della Fiom-Cgil. «Obiettivo comune di tutte le parti, infatti, deve essere la salvaguardia dei livelli occupazionali e la riqualificazione delle attività e delle vocazioni industriali dei territori interessati». Per questo negli stabilimenti della Merloni si svolgeranno assemblee con i lavoratori per valutare la situazione e decidere le prossime iniziative. Come avevano promesso i lavoratori non sono stati con le mano in mano. Giovedì 17 a Colle di Nocera Umbra il Comitato dei lavoratori ha tenuto una nutrita assemblea alla quale hanno partcipato un centinaio di
persone tra cui le rappresentanze dei comuni di Nocera Umbra, Gubbio, Foligno, Bevagna, Fossato di Vico, Sigillo, alle quali si è era chiesta una presa di posizione sull’eventuale ipotesi di “accordo di programma”. Assenti invece le rappresentanze sindacali alle quali il Comitato dei lavoratori aveva chiesto un confronto democratico sulle divergenze d’opinione in merito all’accordo di programma. All’indomani dell’assemblea, in un comunicato, il Comitato ha ribadito ulteriormente la propria posizione nel chiedere di prolungare il commissariamento dell’azienda e della Cig affinché si possano indivi-
duare efficaci soluzioni capaci di rilanciare l’attività della Merloni e al contempo garantire l’attuale forza lavoro anche indotta. Il Comitato, ha ringraziato per le iniziative di solidarietà morale e materiale attivate verso i lavoratori in lotta. «In particolare - recita il comunicato - apprezziamo l’iniziativa di “Arancia Metalmeccanica” che costituito una cassa di resistenza a sostegno economico del presidio di Colle di Nocera. A Fabriano intanto, venerdì 18 oltre 5500 operai hanno bloccato le strade di ingresso e di uscita dalla città protestando contro i ritardi della firma dell’accordo di programma.
No, non dobbiamo lasciarli soli Nella crisi che attanaglia l’industria italiana condurre una battaglia a difesa del proprio posto di lavoro nell’immaginario collettivo sembra aver assunto un valore di normalità, di consuetudine, come vedere i figli andare a scuola o al cinema. Quando la lotta si fa dura i duri cominciano a divertirsi. Non è sempre così. Per i lavoratori della Merloni di Colle di Nocera Umbra quando la lotta si fa dura iniziano i problemi. Fra i tanti quello di avere un aiuto solidale dalla gente; e questo deve essere innanzitutto di comprensione e condivisione delle ragioni di questi lavoratori. I ricercatori dell’Ispra di Roma, quelli della Yamaha ancor prima, i metalmeccanici dell’Alcoa e tanti altri ancora non hanno esitato a salire sui tetti o sulle gru per denunciare lo stato di “abbandono” della sorte della loro azienda. Ad Anagni (Fr) i lavoratori della Videocon minacciano di strappare, alla vigilia delle elezioni regionali, i loro certificati elettorali se le autorità non interverranno con azioni concrete atte a salvaguardare il loro posto di lavoro. E non ultimo, tantomeno unico, l’estremo gesto di un trentacinquenne bergamasco suicida per essersi fortemente sentito solo dopo aver perso la propria occupazione. Chi lotta nella fabbrica per il lavoro e per i diritti, lo fa difendendo indirettamente anche quelli degli altri. E il risultato, come sempre, dipende dalla forza di cui questi lavoratori dispongono. Per questo i lavoratori in lotta chiedono solidarietà alla popolazione affinché le battaglie a difesa dell’occupazione abbiano il sostegno delle masse. Quando si perde la battaglia per il lavoro oltre al dramma economico che questo comporta sopraggiungono altri effetti collaterali quali la depressione e la solitudine con conseguenze sociali spesso terribili. E’ per questo che i lavoratori in lotta hanno bisogno di noi tutti e della nostra solidarietà attiva. Non lasciamoli soli.
supplemento al numero 2 - Anno II - febbraio 2010 di Piazza del Grano
Giù all’Ovest Il lato oscuro dell’impero Dal rischio omologazione alla costruzione dell’Europa unita Sin dall’immediato dopoguerra ci hanno costantemente ripetuto che gli Stati Uniti erano il nostro futuro; che dovevamo guardare a loro, che ci precedevano di qualche decennio, per sapere cosa sarebbe accaduto, prima o poi, anche a casa nostra. Scienza, tecnologia, consuetudini, cultura e politica ci sarebbero arrivati dagli Stati Uniti e noi, alleati “minori”, non avremmo potuto che omologarci. Per fortuna i profeti di sventura non hanno avuto ragione, o almeno non l’hanno avuta del tutto. L’Europa occidentale, benché succube del potente alleato d’oltre oceano, ha mantenuto una sua identità sino ad immaginare, trainata dalle più evolute socialdemocrazie nordiche, il progetto di una identità propria, sociale e solidale. Destreggiandosi come poteva (a volte dignitosamente a volte subdolamente) nello scontro tra i due grandi della terra USA ed URSS, l’Europa ha costruito un progetto unitario diverso, se non
persino antagonista sia a quello americano che a quello sovietico (o meglio a quello “russo” dopo la fine della rivoluzione d’ottobre). Una unità “plurale” è stata quella prefigurata dai fondatori dell’Europa Unita. Una unità tra tanti diversi che mantenevano le proprie peculiarità culturali, storiche e linguistiche. Una unità nella quale gli Stati tradizionali si sarebbero dissolti per dare vita ad un nuovo soggetto fatto di popoli e non di nazioni. E’ stato detto: una unità di Comuni. La dissoluzione dell’Impero russo ha posto improvvisamente fine alla divisione in due del mondo e l’Impero USA è sembrato invincibile. Travolta sotto le macerie del “muro di Berlino” l’Europa ha abbandonato il progetto politico dell’unione dei popoli ed è rapidamente scivolata verso una unione esclusivamente monetaria, finanziaria e commerciale, incapace di comprendere ed intercettare le nuove grandi realtà emergenti al di fuori del perimetro del
controllo dell’Impero americano. A questo punto i profeti di sventura hanno avuto ragione e l’America è piombata nelle nostre case esportandoci la sua devastante crisi economica, culturale e morale. L’Europa incapace di produrre una propria politica estera autonoma si è accodata alle guerre del petrolio, nascoste dietro le finte guerre al terrorismo, imposte dal potente alleato americano, vedendo in prima fila proprio quei paesi e quei partiti che più degli altri avevano combattuto l’ingerenza, quanto meno culturale e morale, degli USA. Anche in Europa l’etica della politica, anche quella più ipocrita, ha ceduto alla potenza dell’immagine e del successo personale, lo Stato sociale sta franando lasciando campo aperto al nuovo far west della legge del più forte, al mito del “privato”. In questo inserto non pretendiamo di descrivere i tanti aspetti del gigante americano, cercheremo solamente di trattarne alcuni
Bombardamento USA della città di Falluja in Iraq (estate 2005) - Il materiale lanciato dagli elicotteri è “fosforo bianco”, arma di distruzione di massa che disintegra i corpi umani ma conserva i “beni”.
scegliendoli tra quelli che maggiormente dovrebbero metterci in guardia dalla profezia dell’omologazione. Certamente l’America è molto di più di quello che descriveremo e molto migliore, avendo ben presente la distinzione che c’è tra governanti e governati, essendo pienamente convinti che non è vero che i popoli me-
ritano sempre i governi che si sono dati o che gli sono stati imposti (anche se questo lo affermiamo - onestamente - magari proprio guardando a “casa nostra”). I dati, i fatti, i riferimenti in genere contenuti negli articoli dell’inserto risentono sicuramente dell’impostazione ideologica dichiarata dall’editore, ma trovano
tutti riscontro preciso, puntuale e pienamente verificabile anche con semplici ricognizioni in internet. Diverse o contrarie testimonianze, informazioni e precisazioni saranno sicuramente recepite da questo periodico che offrirà il giusto spazio al confronto, purché corretto e soprattutto documentato.
La Guardia Nazionale e l’Esercito del Popolo
Da New Orleans allo Sichuan Modi diversi di affrontare le emergenze: l’utilizzo dell’esercito e delle armi per ripristinare la sicurezza da parte del Governatore statunitense; la pala, il piccone ed ogni altro mezzo utile per prestare soccorso da parte del primo ministro cinese Nell’agosto 2005 uno dei più grandi uragani della storia si è abbattuto sulle coste meridionali dell’est degli Stati Uniti penetrando nelle regioni interne fino a colpire e devastare la città di New Orleans. In verità quando Katrina ha raggiunto New Orleans aveva già perso la maggior parte della sua forza e quindi si è trattato di un urgano di medie dimensioni. Tuttavia, il pessimo stato di manutenzione del sistema di protezione fluviale che circonda la città ha ceduto, sommergendo d’acqua e fango l’intera New Orleans. L’arrivo dell’uragano era stato annunciato per tempo al momento della sua massima potenza e quando era oramai prevedibile la rotta. Molti abitanti di New Orleans avevano quindi asciato la città per rifugiarsi altrove in attesa del passaggio di Katrina. Molti, ma non tutti, anzi forse assai pochi. Non si era trattato, infatti, di una evacuazione programmata ed ordinata, bensì del
New Orleans - Militari schierati con le armi verso i civili
solo allontanamento spontaneo da parte di quegli abitanti che avevano mezzi e destinazioni ove andare. La maggior parte degli abitanti di New Orleans sono dunque rimasti non per incoscienza o disinformazione ma solamente perché non sapevano come e dove andare; decine di migliaia si sono rifugiati in un impianto sportivo, il Superdome, dove sono rimasti
imprigionati per diversi giorni. I morti nella sola città di New Orleans sono stati circa 1.600. L’uragano ha colpito New Orleans il 29 agosto, ma ci sono voluti almeno 5 giorni prima che in città arrivassero i primi aiuti. In verità non si è neppure trattato, come primo arrivo, di veri e propri aiuti ai sopravvissuti, ma di militari della Guardia Nazionale ac-
corsi nella città per domare rivolte e saccheggi dei disperati in cerca di acqua pulita e di cibo. I giornali e le televisioni americane di quei giorni hanno dato un risalto esagerato alla situazione della sicurezza pubblica al punto che il governatore dello Stato ha annunciato l’arrivo di truppe speciali ritirate dal fronte dell’Iraq o dell’Afganistan con l’ordine di sparare: “Hanno M16 e sono pronti e carichi. Queste truppe sanno come sparare e uccidere e mi aspetto che lo facciano”. Tre giorni sono trascorsi dall’evento prima che il presidente degli Stati Uniti, Bush, si decidesse a interrompere le proprie vacanze e a sorvolare a bassa quota l’area devastata a bordo del suo Air Force One per rendersi conto del disastro. Katrina ha messo a nudo, per chi ancora non voleva rendersene conto, non solo l’esistenza di interi Stati in condizioni di estrema povertà a livello del terzo mondo all’intero dei ricchissimi Stai Uniti, ma soprat-
Sichuan - I soccorsi dell!esercito del Popolo dopo il terremoto
tutto la disumanità del sistema di potere americano capace di dissipare somme incredibili nelle guerre di conquista ed occupazione nelle più disparate regioni del mondo ed incapace, o meglio del tutto disinteressato a proteggere i propri cittadini più poveri da eventi climatici, bensì anche gravi, ma assolutamente prevedibili e monitorabili. Il 12 maggio 2008 uno dei più violenti terremoti della storia cinese ha colpito una regione molto estesa e intensamente abitata dell’interno della Cina, lo Sichuan. Le vittime hanno raggiunto la enorme cifra di circa 9.000 morti e decine di migliaia di feriti. Poche ore dopo la scossa l’Esercito del Popolo, il più numeroso del mondo, era in marcia verso la zona del sisma con deci-
ne di migliaia di sodati “armati fino ai denti” ma di pale e picconi e di ogni mezzo necessario al soccorso della popolazione. E’ stato detto che si è trattata della più grande operazione di soccorso civile della storia. Alla testa delle truppe di c’era anche il primo ministro Wen Jibao, anche lui intento a scavare, aiutare e soccorrere. Certamente si è trattato di un messaggio politico, ma quanto diverso da quello di un presidente che sorvola a 3.000 metri di altitudine l’area allagata o di quello (più basso) che in doppio petto blu e sorriso da spiaggia consegna un ventina di chiavi di mini appartamenti spendendo solo per la cerimonia l’equivalente del costo di almeno 4 o 5 di quelle modeste abitazioni.
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Il Muro dell
Condizioni drammatiche per i clandestini
La rivoluzione promessa da Obama è fallita, le lobby detengono il potere
Il far-west del lavoro La fine del “sogno” americano Negli USA i lavoratori clandestini sono considerati criminali, ma nessuna sanzione è prevista per i datori di lavoro
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Si calcola che negli Stati Uniti vi siano circa 12 milioni di lavoratori clandestini, il dato è però assolutamente approssimativo sia per la difficoltà di censirli che per l’enorme tourn over. La legge americana, infatti, punisce i clandestini con cinque mesi di carcere, quindi a fine pena, procede alla deportazione oltre i confini. Nessuna sanzione è invece prevista per i datori di lavoro anche quando sono a conoscenza della irregolarità dei loro dipendenti. Una indagine sul lavoro clandestino, pubblicata sul New York Times nel maggio 2008, ha denunciato condizioni di lavoro drammatiche subite dai clandestini sotto la minaccia della denuncia e della deportazione. Si parla di 14 ore di lavoro al giorno, anche con turni completi notturni, paghe di poche centinaia di euro e nessuna assistenza. E’ noto che in diversi casi sono proprio le ditte statunitensi, specialmente quelle che necessitano di lavoratori stagionali come alcune aziende agricole, ad organizzare il trasporto di questi lavoratori, o comunque ad assumerli anche se a conoscenza del fatto che i documenti di questi non sono in regola, spesso approfittando della
cosa per pagarli meno di quanto dovuto chiudendo poi anche un occhio sull’applicazione delle norme di sicurezza. D’altro canto molte di queste aziende dipendono da questo tipo di manodopera, in mancanza della quale potrebbero diventare economicamente meno convenienti. E’ stato avanzato il sospetto che siano proprio i datori di lavoro a denunciare periodicamente la presenza dei clandestini, magari in occasione di riduzioni anche stagionali del fabbisogno, in modo di liberarsi a costo zero dei lavoratori in eccesso, salvo poi a riassumere al bisogno nuovi disperati entrati o rientrati clandestinamente. Il Washington Post nel mese di maggio 2009 ha dato la notizia di un “giro di vite” da parte dell’amministrazione Obama che sta ampliando un programma avviato dalla precedente amministrazione Bush per identificare gli immigrati clandestini detenuti nelle carceri locali, al fine di allontanarli dagli Stati Uniti. Il segretario per la Sicurezza Interna Janet Napolitano è stata “molto chiara” nell’affermare che la priorità dell’amministrazione è quella di allontanare dal Paese i clandestini.
48 milioni di poveri senza assistenza sanitaria, tassi di analfabetismo tra i più elevati del mondo, mortalità infantile a livello della Malesia, sono questi i dati più rilevanti di una società che si definisce esempio di “democrazia” Il disastro negli Stati Uniti non è arrivato con l'uragano Katrina. Il disastro era già là. Dalle acque stagnanti di New Orleans sono emerse, oltre ai cadaveri, anche le reliquie di una società già costretta in ginocchio ben prima di venire colpita dalla furia della natura. Tassi di analfabetismo tra i più elevati; criminalità in aumento; omicidi in crescita del 7%; un sistema scolastico in cui nel 2004 10mila bambini su 60mila (il 96 per cento afroamericani) sono stati sospesi da scuola. I cittadini delle periferie più avvilite hanno avuto a che fare per anni con povertà e disoccupazione cronica, e per anni sono stati ignorati da tutti i livelli di governo. Nel rapporto delle Nazioni Unite del 2005 sulla povertà nel mondo vengono individuate ampie regioni degli Stati Uniti povere quanto un Paese del Terzo Mondo. Il rapporto dipinge il cupo scenario di un pianeta dove i Paesi più poveri sono assai più poveri di 15 anni fa, a dispetto dei roboanti proclami elencati dalla Nazioni Unite nei cosiddetti “obiettivi del millennio”: dimezzare la povertà; ridurre di due terzi la mortalità infantile; fermare il contagio dell'Aids. Mentre alcune nazio-
ni stanno progredendo verso tali obiettivi in molti tra gli Stati più poveri le condizioni di vita si sono aggravate e questo, contro ogni pronostico, è successo anche negli Usa. Il documento è un pungente atto d'accusa della politica, nazionale ed estera, degli Stati Uniti contro la povertà, accusati di perseguire una strategia militare ipertrofica e una strategia per lo sviluppo umano inconsistente. L'indicatore più significativo è dato dal tasso di mortalità infantile. Fino al 2000 gli Usa hanno assistito ad una sua progressiva diminuzione, ma da allora il trend si è invertito, ed il tasso è aumentato anziché diminuire, raggiungendo il livello di quello di Paesi come la Malesia. Inoltre, pesanti disuguaglianze gravano sui nuovi nati della società americana. I bambini di colore hanno infatti il doppio di probabilità dei bianchi di morire prima del compimento del primo anno di vita. Sebbene per la sanità gli Usa spendano pro-capite il doppio di altri Paesi sviluppati, la spesa sanitaria è enormemente sbilanciata a favore dei bianchi. Altri dati contenuti nelle accuse dell'Onu che evidenziano forti disuguaglianze sociali sono: la probabilità doppia di
una madre di colore di far nascere un figlio sottopeso, rispetto ad una madre bianca; la mancanza di servizi sociali e assistenza medica per una persona ogni sei; infine, l'aumento del 20 per cento della povertà infantile. Negli Stati Uniti sono 43,6 milioni le persone senza assistenza sanitaria, pari al 15,2% della popolazione. Di questi circa 8,5 milioni sono bambini e adolescenti. Gli Stati Uniti sono il paese occidentale con il più alto numero di poveri, ed essendo anche la prima potenza mondiale, questo dato, nella sua crudezza, apre la porta ad una riflessione sul rapporto tra economia di mercato e stato sociale, che negli USA, notoriamente, vede la prima prevalere sul secondo. I tassi di povertà riflettono anche un elemento di discriminazione etnica (sono più alti per la popolazione afro-americana e per quella di origine ispanica e asiatica) e colpiscono ben il 17,6% della popolazione con meno di 18 anni. A questi dati va aggiunto un altro elemento importante che è il numero di persone che si trova appena sopra la linea di povertà. Sono 12,5 milioni le persone che superano di poco la linea di povertà e sono definite come “near poor”, cioè quasi po-
veri. Sono persone che vivono in famiglie generalmente monoreddito, per le quali un evento critico (un divorzio, una malattia, un infortunio) può determinare un rapido peggioramento delle condizioni di vita. Se sommiamo le persone economicamente povere con quelle vulnerabili arriviamo ad una stima di 48,4 milioni di persone che versano in precarie condizioni economiche. Nonostante le grandi promesse elettorali e il grande clamore internazionale l’amministrazione Obama ha visto bocciato il piano di estensione dell’assistenza sanitaria ad una parte della popolazione più povera. Benché non si trattasse di un vero e proprio sistema sanitario nazionale come lo conosciamo in Europa, ma di una modesta assistenza sanitaria pubblica di pura emergenza e marginalità le lobby farmaceutiche non hanno impedito l’approvazione ribaltando i risultati delle prime votazioni del Congresso. Se ciò non bastasse proprio negli ultimi giorni del mese di gennaio 2010 lo stesso Congresso ha deliberato un forte taglio alla spesa pubblica che certamente colpirà i servizi sociali visto che, al contrario, l’impegno militare all’estero è persino stato incrementato dal “premio nobel per la pace… a futura memoria”.
la Vergogna
Il muro di TiJuana provoca almeno due morti al giorno, dal 1994 ad oggi infatti secondo l’American Civil Liberties Union le vittime circa 5600. Per Obama “non è una priorità della amministrazione USA” La barriera di separazione tra Stati Uniti e Messico, detta anche Muro messicano o Muro di Tijuana, è una barriera di sicurezza costruita dagli Stati Uniti lungo la frontiera con il Messico. Il suo nome ufficiale in Messico è quella di Muro della vergogna. Il suo obbiettivo è quello di impedire agli immigranti illegali, in particolar modo messicani e centroamericani, di oltrepassare il confine statunitense. La sua costruzione ha avuto inizio nel 1994, secondo l'ottica di un triplice progetto antimmigrazione: il progetto "Gatekeeper", conosciuto anche come "Operacion Guardian" in California, il progetto "Hold-the-Line" in Texas e il progetto "Safeguard" in Arizona. Secondo alcuni esperti queste operazioni sarebbero solo una manovra per convincere i cittadini statunitensi della sicurezza e impenetrabilità dei confini, mentre l'economia continuerebbe a beneficiare del continuo flusso di forza lavoro a basso costo in arrivo da oltre frontiera. La barriera è fatta di lamiera metallica sagomata, alta dai due ai quattro metri, e si snoda per chilometri lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Il muro è dotato d’illuminazione ad altissima intensità, di una rete di sensori elettronici e di strumentazione per la visione notturna, connessi via radio alla polizia di frontiera statunitense, oltre ad un sistema di vigilanza permanente, effettuato con veicoli ed elicotteri armati. Il confine tra Sta-
ti Uniti e Messico, lungo 3,140 km, attraversa territori di diversa conformazione, aree urbane e deserti. La barriera è situata nelle sezioni urbane del confine, le aree che, in passato, hanno visto il maggior numero di attraversamenti clandestini. Il risultato immediato della costruzione della barriera è stato un numero sempre crescente di persone che hanno cercato di varcare illegalmente il confine, attraverso il Deserto di Sonora, o val-
icando il Monte Baboquivari, in Arizona. Questi migranti hanno dovuto percorrere circa 80 km di territorio inospitale prima di raggiungere la prima strada, nella riserva indiana Tohono O'odham. L’American Civil Liberties Union calcola che dal 1994 a oggi siano morti 5.600 clandestini e accusa il governo degli Usa di una sostanziale ipocrisia: la barriera e i controlli in sostanza servirebbero soprattutto da alibi, perché poi l’economia della
California e di altri Stati del Sud continua a dipendere dal lavoro sottopagato dei migranti che riescono ugualmente a passare. Le autorità americane dichiarano di avere respinto, nel solo 2005, più di 1 milione e 200 mila persone (più di 520 mila nel 2009). Il presidente del Messico Felipe Calderon, in occasione di un incontro con il Presidente Obama, avvenuto nell’agosto 2009, ha chiesto “il rispetto” da parte degli Stati Uniti “dei diritti
Il “welfare” all’americana Sussidi di 200 euro a termine per i disoccupati; “carte di credito” per i poveri da 400 euro con i quali fare la spesa per mangiare Contro la disoccupazione, attualmente al 10,2 per cento, gli Stati Uniti impiegano un ”cuscino temporaneo” costituito da sussidi governativi pari in media a 300 dollari al mese (poco più di 200 euro!) per la durata di 79 settimane, un’ancora di salvezza per chi, rimasto senza lavoro, deve mettere insieme il pranzo con la cena mentre cerca un altro impiego. Secondo quanto scrive il New York Times nella attuale situazione di gravissima recessione il sistema è saltato. Molti disoccupati infatti restano tali più del numero delle settimane in cui ricevono i sussidi, e secondo le stime del National Employment Law Project (NELP) entro il 2009 il
numero dei lavoratori disoccupati senza alcun reddito avrebbe raggiunto la cifra di un milione e mezzo. Attualmente i sussidi per la disoccupazione vengono erogati a 9 milioni di persone. A causa dell’attuale emergenza la durata dei sussidi è già stata prolungata dal Congresso, ma di fronte alla prospettiva di milioni di persone indifese contro povertà appare inevitabile un prolungamento del periodo di erogazione del sussidio, specialmente in Stati dove i senza lavoro stanno raggiungendo percentuali drammatiche, come in Michigan, dove sono il 15,2 per cento. Il termometro più concreto di come l’economia in crisi stia
mettendo sul lastrico le famiglie americane è l’amaro successo dello Snap. Per la gente e i giornali si chiamano sempre “food stamps”, buoni federali per l’acquisto di cibo, ma il governo Bush un anno fa decise di chiamare il piano di assistenza federale per bisognosi Supplemental Nutrition Assistance Program. Stamps o Snaps che siano, queste tesserine caricate elettronicamente sono la versione del nuovo millennio delle tessere sanitarie di guerra introdotte da Franklin Delano Roosevelt dal 1939 al 1943, poi riesumate da Lyndon Johnson con la sua Great Society negli Anni 60. In disgrazia nell’America reaganiana, quando chi li utilizzava pas-
umani e del lavoro degli immigrati” messicani e dei loro familiari negli Stati Uniti. L’Ambasciatore USA in Messico ha replicato che la questione “non è nelle priorità” della “nuova” amministrazione Obama. Il 9 novembre 2009, durante la celebrazione del ventennale dell’abbattimento del “Muro di Berlino”, il Presidente Obama, non potendo intervenire di persona, ha inviato un video messaggio proiettato sui maxischermi
della Porta di Bradeburgo nel quale ha esaltato la caduta del Muro che “ci ricorda come il destino é determinato da quello che fanno i popoli”, e come “nonostante la violenza e la repressione i tedeschi dell'Est hanno vinto perché credevano che il mondo poteva cambiare”. I tedeschi, non i messicani! La cosa peggiore è che a festeggiare con Obama in video e con la Clinton di persona c’erano anche molti ex comunisti di casa nostra.
sava per un pigro che non aveva voglia di lavorare, hanno ripreso vita sotto Clinton e anche sotto il conservatore “compassionevole” George Bush. Ora, con Obama e la disoccupazione al 10,2 per cento associata al record di ex proprietari che hanno perso la casa, i buoni «nutrizionali» sono tornati in auge. Sempre più richiesti, e sempre meno bollati come una vergogna personale, tanto larga è diventata la loro diffusione. Gli aventi diritto sono i nuclei familiari con reddito inferiore al 130 per cento del livello di povertà fissato dal governo: una famiglia di quattro persone in questa condizione ottiene una somma mensile di 500-580 dollari (circa 400 euro). Le cifre variano perché possono essere combinate con altri piani di welfare, come gli aiuti ai minori e ai ricoveri di emergenza. Il numero di chi riceve i food stamps ha fatto un balzo di nove milioni
dal dicembre 2007, mese ufficiale di avvio della recessione, arrivando a 36,5 milioni. Un americano su otto va ora al supermercato con la “carta di credito” firmata dal governo e si calcola che, nelle case, un bambino su quattro benefici del sussidio. Le statistiche del fenomeno, rilevato da un’inchiesta del New York Times su base nazionale, illustrano un ricorso squilibrato su base etnica ai food stamps: li chiede il 12,5 per cento degli americani, che però sono per l’8 per cento bianchi, il 28 per cento neri, il 15 per cento latinos. Non tutti i bisognosi però hanno fatto domanda: si calcola che solo i due terzi degli aventi diritto l’abbia fatta e dunque ci siano almeno altri 15-16 milioni di persone che hanno titolo. Il Missouri ha il record nazionale di aventi diritto: in 21 contee dello Stato un bambino su due mangia grazie ai buoni.
III
Spionaggio, intimidazioni e minacce di licenziamenti vengono usati per impedire la formazione di sindacali aziendali
«Negli USA la condotta antisindacale è legale» Un dirigente può arrivare a guadagnare fino a 500 volte lo stipendio medio di un dipendente comune Legislazioni deboli e impunità diffusa per gli abusi, sistematiche campagne di disinformazione e d'intimidazione: sono questi i principali fattori che hanno permesso alle grandi aziende americane di sviluppare, in particolare nell'ultima decade, pratiche antisindacali sofisticate capaci di minare l'unità e la forza dei lavoratori. Il fatto che i sindacati coprano, attualmente, il 12,4% della forza lavoro negli Usa non è dunque fatto casuale ma è la logica conseguenza di un sistema che, soprattutto nel settore privato, impedisce ai lavoratori di aderire ai sindacati. Il gruppo di ricerca sul mondo del lavoro presso la scuola di relazioni industriali dell'Univesità di Cornell ha denunciato l'intensificazione dell'ostilità da parte delle aziende nei confronti delle organizzazioni sindacali. Lo studio, diffuso dall'Epi (Economic Policy Institu-
te) e dal Fondo Americano per i diritti all'educazione del lavoro, analizza una serie di problemi esplosi in tutta la loro gravità durante la compiacente amministrazione Bush. La ricerca dimostra come i lavoratori del settore privato, negli Usa, siano sottoposti a una serie di pressioni che ne impediscono l'associazione: “I datori di lavoro - si spiega nel rapporto - stanno usando un arsenale di tattiche legali e non legali per interferire con i piani dei dipendenti che vogliono organizzarsi; tutto ciò avviene, ovviamente, in un quadro di totale impunità”. Lo studio, che si basa sui documenti del National Labor Relations Board (NLRB), fa riferimento a rapporti redatti dalle stesse compagnie, a interviste realizzate con i lavoratori e a investigazioni indipendenti su pratiche di intimidazione. I risultati sono allarmanti: il 63% delle aziende ingag-
gia degli addetti specializzati a investigare le predisposizioni sindacali dei singoli dipendenti attraverso colloqui obbligatori e personali. Gli stessi addetti, in molti casi, hanno anche la possibilità di organizzare delle vere e proprie sessioni antisindacali. Il 57% delle aziende, inoltre, minaccia i lavoratori paventando la chiusura delle fabbriche mentre il 47% minaccia i dipendenti con tagli di stipendio e benefit. Il numero dei datori di lavoro che usano più di dieci tattiche di coercizione è, infine, duplicato negli ultimi anni. E' interessante notare come, in generale, le compagnie si affidino a tattiche sempre più aggressive, che prevedono tagli e licenziamenti, piuttosto che promettere premi, incentivi, o anche “regali” per non aderire ai sindacati. Le aziende insomma si trasformano nel vero Grande Fratello dei lavoratori spiando-
Andrea Sacco e Bartolomeo Vanzetti - Due emigrati italiani degli anni venti giustiziati sulla sedia elettrica il 23 Agosto 1927 con l!accusa di essere stati autori di una rapina a South Baintree in cui morirono due persone. Dall!accusa vennero scagionati nel 1977 dal governatore del Massachusettes che riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria dei nostri compatrioti, la cui unica colpa era stata quella di aver partecipato come protagonisti a degli scioperi per chiedere migliori condizioni lavorative e salari più alti (Sacco fu precedentemente arrestato nel 1916 proprio con l!accusa di propaganda politica).
ne i comportamenti e influenzandone le azioni. E’ stato accertato un clima di opposizione antisindacale fatto d'interrogatori e di sorveglianza, di minacce e di abusi con il fine di convincere gli impiegati che aderire a un sindacato è rischioso. Si calcola che negli Stati Uniti ci siano almeno 30.000 azioni illegali da parte delle compagnie ogni anno nei confronti dei propri dipendenti. Ma è da sottolineare che la maggior parte delle azioni
Diritto di associazione sindacale Ancora oggi un “sogno” per milioni di lavoratori americani “Lo sciopero” - dipinto di Robert Koheler pubblicato il 1° maggio 1886
IV
L' “Employee Free Choice Act” è una proposta di legge sulla libertà sindacale negli Stati Uniti elaborata dalle Organizzazioni Sindacali americane, che l'hanno presentata nel 2007 e che oggi, nonostante le promesse elettorali di Obama, ha ben poche possibilità di essere accolta dal Congresso americano nel marasma della crisi economica in corso. L'obiettivo del disegno di legge era quello di "istituire un sistema più semplice per permettere ai lavoratori di costituire orga-
nizzazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale; ... per attivare obbligatoriamente provvedimenti contro le condotte anti sindacali che si verificano durante gli sforzi organizzativi; ..... per permettere ai dipendenti di decidere liberamente se vogliono sindacalizzarsi e negoziare salari equi, tutele e condizioni di lavoro, senza il timore di minacce, molestie, punizioni e paura di perdere i loro mezzi di sussistenza". La legislazione americana
attualmente in vigore prevede una procedura molto complessa che passa attraverso le elezioni tra i lavoratori affinché vi sia il riconoscimento della rappresentanza sindacale e quindi del diritto alla contrattazione collettiva che si sviluppa a livello di singolo luogo di lavoro. Il meccanismo funziona così: per attivare il processo, un lavoratore chiede la "blank card" a un'Organizzazione sindacale; questa card (adesione sindacale) deve essere firmata dai suoi colleghi/e; quando almeno il
30% della forza lavoro presente in azienda (inteso come luogo di lavoro) ha firmato la card, il datore di lavoro può decidere di riconoscere il sindacato in azienda o indire elezioni a scrutinio segreto chiedendo ai lavoratori se vogliono sindacalizzarsi. Nella pratica, il processo di riconoscimento del sindacato avviene solo quando il 50% + 1 dei lavoratori firma l'adesione sindacale. Se il datore di lavoro indi-
antisindacali sia perfettamente legale. Negli ultimi trent'anni, l'ineguaglianza fra i profitti delle aziende e i guadagni dei lavoratori è cresciuta minando il potere di acquisto delle persone. L’economia americana infatti ha puntato tutto sull'aumento della produttività mettendo in secondo piano la capacità dei lavoratori di beneficiare a livello salariale delle migliori performance industriali. Un dato estremamente elo-
quente emerge dall’enorme divario, in fortissimo aumento, tra i salari dei dipendenti comuni ed i dirigenti di alto livello, divario che ha raggiunto negli ultimi anni quota 500 a 1. La stampa ha riportato il paragone emblematico di un dirigente della Walt Disney che percepisce un reddito di 9.000 (novemila) volte superiore alla retribuzione di una sarta messicana che cuce i vestiti delle bambole dei personaggi della stessa Walt Disney
ce le elezioni e la maggioranza dei lavoratori si esprime a favore (50%+1), la legge prevede una procedura che certifica che quel sindacato - in quel luogo di lavoro - è riconosciuto ed è il soggetto titolato ad avviare la contrattazione collettiva. Nella pratica indire le elezioni tra i lavoratori non è un processo semplice, a causa dell'opposizione delle aziende che fanno di tutto per ostacolarle: spesso addirittura il clima è ostile, caratterizzato da intimidazioni, paure e ritorsioni da parte dei datori di lavoro, al punto tale che le OOSS americane sostengono che le elezioni siano uno strumento anti democratico. Infatti la legislazione prevede che le imprese possano licenziare i lavoratori nella fase di sindacalizzazione e possono mettere in campo ogni azione che ritengono opportuna per ostacolare l'iscrizione al sindacato, prima e durante le elezioni. Anche quando le elezioni sanciscono il consenso, le aziende possono contestare i risultati e invalidare i voti e quindi ritardare per anni non solo il riconoscimento sindacale ma soprattutto l'avvio deiconfronti sindacali. Spesso queste controversie finiscono al Tribunale del Lavoro, con feroci battaglie legali che richiedono anche un grande esborso economico da parte dei lavoratori e dei Sindacati che hanno indetto le elezioni. L'ultima versione della proposta dell'Employee
Free Choice Act prevede che: le elezioni non si svolgeranno, se la maggior parte dei lavoratori firma l'adesione sindacale; il diritto a indire elezioni a scrutinio segreto viene riconosciuto ai dipendenti, nel caso in cui l'adesione al sindacato è firmata da una minoranza dei lavoratori e non dalla maggioranza; al datore di lavoro non viene più riconosciuta la possibilità di indire elezioni a scrutinio segreto; abolisce la complessa procedura di certificazione della rappresentanza sindacale e del diritto alla contrattazione collettiva; vengono stabilite sanzioni nel caso in cui il datore di lavoro pratica condotte anti-sindacali quando i lavoratori si stanno sindacalizzando attraverso la firma della card; sono previste procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione delle controversie (senza dover più ricorrere al tribunale del lavoro). Quand’anche dovesse approdare al Congresso molto probabilmente il testo attuale della bozza di legge non sarà votato nella sua forma attuale a causa dell'opposizione dei Senatori Repubblicani e dei Democratici più conservatori. Infatti, anche se sono solo 40 i senatori repubblicani, i sostenitori del Free Choice Act non hanno ad oggi i 60 voti al Senato necessari affinché la legge venga approvata. Lo Statuto dei Lavoratori, ma persino la “famigerata Legge Biagi” sono solo un “sogno” nei democratici Stati Uniti.
Ins e r t o a c ur a di Sa ndr o R idolf i