Speciale Vietnam
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pagine di inserto
Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana FIttaioli - Anno II, n. 1 - Foligno, gennaio 2010
Draghi e lucertole
N
ella nuova rubrica dedicata alla Politica e all’Etica, che abbiamo aperto in questo primo numero del 2010, abbiamo voluto ricordare la figura politica di Enrico Berlinguer; torneremo ancora sull’argomento per approfondire e discutere la storia del Pci. Enrico Berlinguer è stato un personaggio politico molto discusso nel suo tempo all’interno della sinistra comunista extra parlamentare; mai tuttavia è stata messa in discussione la sua dirittura morale.Fu Berlinguer a porre al primo posto della vita politica la “questione morale” in un momento assai difficile per l’Italia. Nel suo monito Enrico Berlinguer non si riferiva alle ruberie di craxiana memoria, ma a una visione dell’impegno politico inteso come servizio ai propri ideali e alla società e non come esercizio di un potere presuntuoso ed arrogante o, persino peggio, come impiego di sopravvivenza. Si attribuisce a Mao una denuncia che recita: «Abbiamo seminato una stirpe di draghi, stiamo raccogliendo lucertole». Oggi guerrigliere dei diritti civili dapprima si strappano le vesti per la libertà del popolo tibetano poi, finite le olimpiadi di Pechino e in vista dell’esposizione internazionale di Milano con la Cina ospite d’onore, dimenticano il Dalai Lama ricordandosi che in fondo qui siamo cattolici, non disdegnando personali candidature a governatorati. Altri accendono fiaccole in difesa delle popolazioni in fuga dalle guerre etniche del Darfur, del Kurdistan, della Somalia e tante tante altre e poi approvano, o comunque ipocritamente “tollerano”, i respingimenti in mare di quegli stessi fuggiaschi per non dispiacere a un elettorato incattivito da una gravissima crisi economica e occupazionale. Escort, viados e statuette di metallo riempiono le prime pagine dei nostri quotidiani e delle televisioni. Certamente “questa” politica e “questi” politici giustificano un sentimento sempre più diffuso e crescente di disillusione e persino di rifiuto della politica come “cosa sporca”. C’è però un detto che potremmo così parafrasare: “non domandarti cosa fa la politica per te, chiediti piuttosto cosa fai tu per la politica”. La politica comincia dalla propria casa, quartiere o posto di lavoro. Bisogna tornare a fare politica, tutti! Le elezioni cadono oramai ogni anno, ma nulla cambia nella vita politica se non cambia la partecipazione attiva e quotidiana del popolo.
Il cuore di S. Eraclio
Dal castello dei Trinci al Carnevale dei ragazzi, simboli di un territorio ricco di grandi richezze umane e architettoniche specchio di una comunità eterogenea in cui l’individuo rappresenta il vero “tessuto sociale” per guardare al futuro in senso positivo MAURA FRANQUILLO E’ quasi impossibile non aver mai attraversato le strade di S.Eraclio… magari velocemente o senza un occhio curioso ma credo che ognuno abbia avuto questa possibilità! Non è una periferia e neanche una borgata ma un territorio che ha grandi ricchezze: umane, architettoniche, ambientali che meritano di essere conosciute. Il cuore del territorio accoglie il Castello dei Trinci un elemento di grande pregio architettonico e di elevata rarità, dato che in Europa è uno dei pochissimi esempi di Castelli circolari in pianura, La Chiesa di San Marco, la Fontana di Papa Paolo III, che rappresentano la storia pulsante da molti secoli. Questi beni architettonici sono posti in maniera che, data la loro posizione, generano in modo naturale una piazza che ha il compito di accogliere e di aggregare. Storicamente infatti, la piazza ha da sempre rappresentato, il luogo fisico e simbolico sia del dialogo sia del confronto, dello scambio economico, religioso e culturale. Così se anticamente
la piazza era lo spazio vitale della comunità, teatro dell’amministrazione collettiva del sapere, delle relazioni interpersonali ed economiche, negli ultimi anni essa non è più considerata come il territorio di una comunità definita e statica, ma un elemento in evoluzione e crescita di culture diverse ove rendere possibili l’incontro e lo scambio tra i diversi saperi che possono solo arricchire il tessuto culturale già esistente. Così, prestando attenzione alla “piazza” di S.Eraclio che è punto di riferimento per molti, ci si può rendere conto che spesso la semplicità di un pallone è in grado di generare il “rumore festoso” di ragazzi i quali giocano insieme abbattendo i muri delle divisioni culturali e sociali. Se poi si ha la possibilità di conoscere il lavoro che costantemente svolgono gli educatori e i volontari dell’”Oratorio don Mariano”, nel cercare di dare gli elementi di base per rendere “libera” ogni persona, ci si può rendere perfettamente conto di quanto sia importante la storia, la cultura di ognuno, di quanto sia necessario dare una possibilità ad ogni singolo, per poi
guardare al futuro in modo meno incerto dell’oggi. L’incertezza dell’oggi purtroppo è entrata prepotentemente anche nelle case di alcune famiglie che con fatica guardano al domani, nei giovani, che dopo aver concluso il ciclo di studi si trovano di fronte alle assenze o alle difficoltà lavorative, negli artigiani e nei commercianti che offrono un valido servizio per tutti. Ma il domani ci sarà, non è ancora, ma ci sarà! Pertanto credo sia necessario applicare strategie di “attenzione” e di “presenza” del pubblico come del pri-
vato, del singolo come di ogni Amministrazione o Ente. Insieme, con coraggio e fiducia reciproca possiamo risolvere le problematiche che stanno entrando sempre più profondamente nel nostro tessuto sociale. Così la piazza di S.Eraclio diventa sempre più lo specchio di una comunità eterogenea in grado di mettere in luce storie diverse, desideri, domande, saperi che non possono rimanere “senza suono” ma hanno il diritto di essere ascoltati per essere poi tradotti in possibilità. La piazza, una volta all’anno assume la ca-
ratteristica di un luogo dove poter attivare processi di crescita sociale attraverso il “Carnevale dei ragazzi”, che da ben 49 anni crea momenti di forte condivisione cercando così di essere portavoce di un messaggio di esaltazione allegorica di concetti sociali, valorizzando così le risorse, la creatività e l’espressione di ognuno. Pertanto, i coriandoli del Carnevale, non sono altro che la testimonianza di un territorio vivo, che riconosce la persona e che cerca di guardare ad un futuro migliore dell’oggi.
All’interno Processo penale breve: improbabile la punibilità
pag. 2
Politica ed Etica: una questione morale
pag. 3
Patologi Oltre Frontiera
pag. 4
Teatro Lirico Belli: tradizione ed innovazione
pag. 5
Verso il Congresso: “La Cgil che vogliamo”
pag. 6-7
Connessione Internet a “banda larga”: come risparmiare
pag. 8
AFAM: bilancio sociale e diversificazione
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Lettere alla redazione: sanità umbra non solo “eccellenze”
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Gli appuntamenti teatrali
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Antonio Merloni spa: si aggrava la crisi aziendale
pag. 12
21 Investimento finanziario Rischio, come gestirlo garantendo una rendita finanziaria solida
Leggi e diritti
FOLIGNO GENNAIO 2010
E’ tempo di cittadinanza Costituzione Italiana: dai diritti di “tutti” ai diritti dei “cittadini”
ROBERTO FRANCESCHI
SANDRO RIDOLFI
Chi decide di effettuare un investimento deve valutare per quale motivo lo sta facendo: avere un reddito per innalzare lo stipendio o la pensione? Per aumentare il capitale o salvaguardare l'attuale valore? Purtroppo le tre domande hanno risposte molto diverse fra di loro e le soluzioni non sempre sembrano rispondere alle aspettative. Proveremo a trovarle insieme. Rischio e rendimento, parole così diverse, sono esattamente le facce della stessa medaglia. Per rischio intendiamo la possibilità che l'investimento risulti ben differente dalle aspettative e per rendimento possiamo affermare che non esiste rendimento privo di rischio. Una prima risposta pertanto non è come evitare il rischio, ma come gestirlo. Un investimento finanziario che viene utilizzato per incrementare il proprio reddito, purtroppo non tiene conto dell'inflazione, che seppur contenuta, erode il capitale significativamente (un'inflazione al 2% riduce un capitale di euro 50.000 in cinque anni ad euro 45.300 circa e al 5%, sempre in cinque anni ad euro 39.200 circa). Per salvaguardare il valore attuale una valida soluzione è ricapitalizzare il flusso cedolare di una rendita finanziaria, reinvestendo gli utili o ricorrendo a prodotti finanziari che automaticamente consolidano il rendimento ed accrescono il montante che potranno produrre interessi su interessi (ad esempio polizze di capitalizzazione o in alcuni casi titoli a zero coupon, anche se molto dipenderà sia dalla durata che dallo specifico prodotto). Per avere infine un effettivo aumento del capitale (dedotta l'inflazione) quasi sempre dovremo avvicinarsi a prodotti e\o titoli il cui grado di rischio purtroppo si innalza in modo significativo (investire pertanto su mercati azionari e\o obbligazioni emesse da società, ma ricordiamoci di Cirio, Parmalat, bond argentini). Come avrete ben compreso non esiste una soluzione veramente infallibile, tante e troppe sono le variabili, spesso del tutto inaspettate ed imprevedibili che riassumiamo in tre parole “durata, rendimento, rischio”. Mi sento però di dare un modesto consiglio: consultate sempre un buon consulente della vostra banca ed evitate il fai da te. Ma attenzione, per buon consulente intendo la persona che non si esprime con il classico “fidati è un affare” o “tranquillo ci penso io, rischio zero”. Il buon consulente è colui che veramente ti fa comprendere ciò che stai acquistando, indipendentemente dalla tua preparazione finanziaria (se non hai ben compreso il più delle volte non ha capito neppure lui). Alla larga da prodotti eccessivamente sofisticati (dai rendimenti astrusi) ed in ogni caso diversificare, diversificare, diversificare . Chi vorrà potrà sottoporre qualche domanda via e-mail alla redazione, mi raccomando domande “facili” e non aspettatevi la risposta magica.
Il diritto è una scienza, una scienza politica. Come tutte le scienze, le arti, le professioni e i mestieri il diritto utilizza degli strumenti che a seconda della loro precisione e della capacità dell’utilizzatore determinano la qualità del prodotto finale. Nella produzione di leggi questi strumenti sono le parole, singole o nelle loro concatenazioni logico-espositive. Negli ultimi anni abbiamo assistito a produzioni legislative realizzate con assai scarsa perizia, dove parole ed intere frasi cambiavano di significato anche nel corso dello stesso testo normativo, ingenerando confusione, incertezza e scarsa comprensibilità della volontà del legislatore. Così non è stato per la legge “principe” del nostro ordinamento normativo: la Costituzione della Repubblica Italiana. L’alta qualità culturale e professionale dei nostri costituenti ha fatto sì che nel testo della Costituzione ogni parola ed ogni frase avesse un significato univoco, chiaro e costante. Nella Parte Prima della Costituzione, dedicata ai diritti e doveri, i costituenti hanno utilizzato due parole per definire due diverse categorie: “tutti” (o il suo negativo: “nessuno”) e “cittadini”. Con “tutti” i costituenti hanno inteso individuare gli uomini e le donne presenti in un determinato
momento nel territorio della Repubblica Italiana e per tale fatto oggettivo soggetti alle sue leggi. Con “cittadini” i costituenti hanno invece individuato quella più ristretta comunità formata dai titolari dello status giuridico di cittadini italiani ovunque residenti, quindi anche al di fuori del territorio nazionale. A “tutti” la Costituzione riconosce il diritto alla libertà personale (art. 13), alla inviolabilità del domicilio (art. 14), alla libertà e alla segre-
tezza della corrispondenza (art. 15), alla libertà di professione religiosa (art. 19), alla libertà di manifestazione del pensiero (art. 21), alla tutela da discriminazioni politiche (art. 22), al ricorso alla tutela giudiziaria (art. 24); sempre a “tutti” la Costituzione assicura il diritto alla salute (art. 32) e quello alla istruzione (art. 34); infine e da ultimo a “tutti” la Costituzione impone l’obbligo di concorso alle spese pubbliche (imposte) (art. 53). Ai soli “cittadini”, invece, la
Costituzione riconosce gli ulteriori diritti: alla circolazione sul territorio nazionale e all’espatrio (art. 16), alla riunione (art. 17), alla associazione (art. 18); ancora ai soli “cittadini” è riconosciuto il diritto all’assistenza sociale (art. 38) e, infine, il diritto di voto (art. 48), di associazione politica (art. 49) e d’impiego pubblico (art. 51), col dovere della difesa della Repubblica (art. 52). Nel 1947 il riferimento costituzionale a “tutti” aveva
indubbiamente un elevato valore morale e culturale dopo gli anni delle discriminazioni razziali, ma la grande novità della Repubblica nata dalla caduta del fascismo e dalla cacciata dei re piemontesi insisteva nell’affermazione della nuova categoria dei “cittadini” della quale venivano chiamate a far parte, per la prima volta, anche le donne che, solo 60 anni fa, vedevano riconosciuta la loro piena dignità umana con la concessione del diritto di voto. Non molti anni sono passati da allora, ma molti e molto importanti sono stati gli avvenimenti che hanno, o stanno rapidamente cambiando il volto dell’Italia. Quei “tutti”, cioè i “non cittadini”, oggi sono veramente numerosi e sono sempre più essenziali per la vita stessa del nostro Paese, restandone tuttavia, per i tanti aspetti sopra elencati, esclusi e menomati. E’ forse giunto il tempo di cambiare, non certamente la Costituzione Repubblicana che mantiene intatta la sua completezza ed attualità etica e politica, quanto il diverso concetto ordinario di “cittadinanza”, slegandolo dalla medioevale regola della “linea di sangue”, per cui è italiano il figlio nato da un maschio italiano, e coniugandolo invece alla vita reale, per cui è italiano l’uomo o la donna che vive e lavora in Italia contribuendo con il proprio lavoro alla crescita dell’inte-
Processo penale breve Csm: il DDL 1880 rende del tutto eventuale la punibilità MARCO MARIANI Il processo penale breve, secondo lo schema del DDL 1880 approvato dal Senato, è quello che non può durare più di due anni in ciascuna fase di giudizio di primo, secondo e terzo grado e l’istituto trova applicazione per i reati in cui la pena edittale è inferiore nel massimo ai dieci anni di reclusione. La conseguenza del superamento dei termini è l’estinzione del processo stesso (il non doversi procedere). La critica più incisiva all’idea che attraverso la fissazione di termini astratti e generali, si possa statuire una volta per tutte la durata dei processi in relazione ad alcune tipologie di reati, muove dal rilievo che tale soluzione non prende in alcun modo in considerazione la variabilità e l’imprevedibilità di ciascuna vicenda processuale (numero degli imputati, numero delle contestazioni, natura degli accertamenti probatori ecc) fattori questi che rendono
di fatto indeterminabile il decorso temporale. Anche se, bisogna precisare, che la durata del processo se non determinata in senso assoluto è comunque determinabile, computando correttamente i termini che il codice di rito assegna allo svolgimento della giurisdizione (termini di comparizione, termini a difesa, termini di deposito dei provvedimenti ecc.) La nostra costituzione all’art. 111 secondo comma si limita a prevedere che la legge debba assicurare la “ragionevole durata del processo”. L’art. 6 comma 1 della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) stabilisce che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata ..entro un termine ragionevole”. Il Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) ha espresso un parere fortemente critico sul processo breve che introduce una prospettiva di un’inedita prescrizione processuale destinata ad affiancare la disciplina della prescrizione del rea-
to ai sensi degli artt. 157 e seguenti de c.p.p.. L’improcedibilità dell’azione penale, allo spirare del termine biennale con efficacia di giudicato, rappresenta ad ogni effetto la novità di maggior impatto della riforma in questione. Di per sé la individuazione di termini non potrebbe dirsi in contraddizione con alcun parametro di ragionevolezza, tuttavia ci si domanda se l’attuale organizzazione del sistema giustizia sia in grado, da subito, a Milano come a Napoli o Reggio Calabria, di adeguarsi ai nuovi termini di durata massima dei processi, che invero troverebbero applicazione anche per i processi in corso alla data di entrata in vigore della legge. Il Csm ha correttamente osservato che la nuova prescrizione del processo rendenderebbe puramente eventuale la punibilità. Volendone rimarcare l’offensività e la connessa soglia di allarme sociale, il CSM sottolinea che il nuovo istituto trova applicazione: nei pro-
cessi per fattispecie di corruzione di cui gli artt. 318322 del c.p.; dei delitti contro al P.A.; dei delitti contro l’amministrazione della giustizia (art. 361 e ss del c.p.); dei delitti contro la fede pubblica (art. 543 e ss. c.p); di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art 570 c.p) e di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.); di lesioni volontarie anche se gravi; di omicidio e le lesioni personali colpose; di truffa; di appropriazione indebita, di ricettazione;di bancarotta; dei reati in materia di imposte dirette, iva e dei reati societari. Non è un elenco lieve né si è
in presenza di fattispecie criminali semplici il cui accertamento poterebbe essere collegato ad indagini complesse anche in sede processuale dibattimentale. Ultima, non in ordine di importanza, è la critica (politica) al disegno di legge sul processo breve per essere studiato, articolato e pensato come legge ad personam e in quanto tale incapace di corrispondere al bisogno dell’ordinamento di trovare, entro i canoni della generalità e dell’astrattezza, una disciplina più avanzata a corrispondere al principio di ragionevolezza della durata del processo penale.
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LUIGI NAPOLITANO Il termine politica ha etimologia greca, è legata alla polis come comunità dei cittadini e indica secondo Aristotele l’arte di governare uno Stato, governo che fin dall’epoca greca poteva realizzarsi, secondo il pensiero del filosofo, in varie forme quali: la democrazia ossia il governo del popolo, l’oligarchia ossia il governo di pochi, la monarchia ossia il governo di un sol uomo. Nell’accezione comune la politica indica anche l’attività dell’opposizione, ossia di coloro che, confrontandosi con i governanti e proponendo soluzioni alternative, finalizzano le loro iniziative a sostituirsi a questi ultimi. Un’ulteriore nozione della politica, sviluppata nell’umanesimo, vede in essa un valore, la concepisce come la modalità più autentica dell’agire umano e implicita nella formula aristotelica dell’uomo “animale politico” che esalta e contrappone la vita attiva alla vita contemplativa. La vita attiva si realizza oggi per la maggioranza delle persone esclusivamente mediante l’esercizio del voto che una legge, quanto mai improvvida e approvata nell’indifferenza di coloro che vi si sarebbero potuto e dovuto opporre, ha limi-
tato alla scelta dello schieramento, negando la possibilità di valutare all’interno dello stesso le persone più meritevoli e di creare con loro un opportuno, se non necessario, patto di fiducia. Un esempio di vita attiva va senz’altro individuato nella manifestazione svoltasi a Roma il 5 dicembre 2009 che, senza alcun supporto da parte delle strutture classiche del mondo della politica, grazie agli strumenti tecnologici che hanno rivoluzionato il mondo delle comunicazio-
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Politica ed Etica
vita pubblica dello Stato. Tuttavia, da tempo, si avverte diffusamente in tutti i contesti relazionali, rispetto alla politica, un senso di disagio, se non di fastidio. Sensazione che trova il suo fondamento nello spettacolo a cui assistiamo quasi quotidianamente allorquando i nostri rappresentanti istituzionali, democraticamente eletti seppur scelti dagli apparati partitici, si confrontano su argomenti che dovrebbero essere, ma non sempre, anzi quasi mai sono, di interesse generale. Sembra-
La politica oggi
no in questo contesto quanto mai opportuni i continui inviti da parte delle più alte cariche dello Stato ad abbassare i toni di un confronto tra le parti mai stato tale, anzi divenuto scontro violento e dalla natura endemica, che certamente non costituisce un buon viatico per affrontare serenamente le prossime elezioni di marzo, le annunciate riforme del sistema giudiziario e fiscale da parte del governo in carica e l’approvazione di tutta una serie di leggi in tema di famiglia, di bioetica, di scuola, di università, di integrazione e di lavoro. Il nostro sistema che può definirsi di democrazia compiuta, basato in quan-
to tale sulla pluralità dell’offerta politica e, dunque sull’alternanza, non può prescindere dal sentimento di appartenenza alla comunità nazionale che trova il suo momento politico più alto nella approvazione della Carta Costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio 1948 che, a distanza di oltre sessanta anni nei quali il mondo è cambiato vertiginosamente, necessita di alcuni fisiologici ritocchi che consentano un miglior funzionamento della nostra macchina statale dando agilità alle decisioni politiche e trasparenza alla gestione del potere. Tali modifiche non possono, ovviamente, riguardare in alcun modo i diritti delle persone e le
regole costituenti le fondamenta della nostra democrazia, nè le organizzazioni costituzionali nella loro funzione di controllo. Al fine di rendere democraticamente compiuto il quadro degli schieramenti che si contendono il potere ed essendo ad oggi quanto mai chiara la posizione dello schieramento governativo, sembra opportuno che l’opposizione, abbandonando un terreno di scontro sterile per il bene comune ed una conflittualità interna ai più incomprensibile, renda conoscibili le sue offerte politiche palesando un progetto chiaro sulle tante questioni relative alla gestione dello Stato e della società.
no finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. … La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'ammi-
nistrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. … Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude. .. il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. … Noi sostenemmo che il
consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. ... quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'opera-
ni e non solo, ha radunato in piazza un popolo che, in modo assolutamente pacifico, ha manifestato le proprie istanze. La funzione più autentica della politica resta, comunque, la gestione del potere e costituisce, di fatto, una necessità il cui fine ultimo dovrebbe essere il bene comune realizzato nel rispetto delle norme e dei sistemi che regolano la
L’etica sempre ENRICO BERLINGUER Da una intervista a «La Repubblica», 28 luglio 1981 Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". …I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali …
Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti. … I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. --- Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e pos-
Raffaello: La scuola di Atene sibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata. … Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi. … Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si so-
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dal Mondo
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Santa Tecla - El Salvador Progetto realizzato dalla cooperazione internazionale sud-sud con l’appoggio fondamentale dei Municipi, per combattere le disugualianze sociali ed i maltrattamenti alle donne a seguito degli eventi bellici e catastrofi naturali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Rafforzamento delle Commissioni di protezione civile per l’allerta “rapida” in caso di nuovi eventi OSVALDO GUALTIERI Il CISS (Cooperazione Internazionale Sud-Sud) è presente in El Salvador già dal 1992 con più di 22 progetti, fondamentalmente centrati nei settori dello svantaggio sociale, dei maltrattamenti alle donne, delle popolazioni sfollate in seguito ad eventi bellici e naturali, dei giovani in situazioni di rischio sociale e dei progetti di sviluppo locale e rurale. El Salvador è uno dei paesi del mondo maggiormente vulnerabile alle calamità naturali di tipo idro-geologico, metereologico, vulcanico e sismico a causa della sua localizzazione nel Cinturón de Fuego del Pacifico. Il periodo compreso tra il 1968 e il 2000, è stato caratterizzato da una maggiore crescita urbana. Tale periodo ha coinciso con il verificarsi di diverse calamità sociali e naturali: guerra civile, terremoti, uragani e inondazioni. La crescita urbana è avvenuta in modo disordinato producendo un forte impatto am-
bientale alle falde del vulcano San Salvador e aumentando le situazioni di rischio per le popolazioni ivi residenti. Nonostante sia responsabilità del Governo promuovere l’uso delle risorse del paese, non si era mai riusciti a dare una risposta adeguata e in forma centralizzata alle necessità e alle domande dei Municipi, i quali non hanno provveduto a dotarsi di funzioni e strumenti necessari per gestire e pianificare in forma decentralizzata il proprio territorio, la popolazione e le risorse. Nel Municipio di Santa Tecla, con la vittoria elettorale del FMLN (Frente Farabundo Martì par la Liberacion), la nuova amministrazione ha dato subito priorità alla pianificazione urbana e alla protezione dalle calamità naturali. Il Municipio di Santa Tecla è situato nel dipartimento di La Libertad, nella zona conosciuta come Area Metropolitana de San Salvador (AMSS), situato nella pianura ai piedi del vulcano di San Salvador a un’altitudine media di 789 m. sul livello del mare.
Ha una popolazione di circa 165 mila abitanti ed è in condizioni di estrema povertà. IL CISS porta avanti un progetto di emergenza finanziato dall’Ambasciata d’Italia in El Salvador, indirizzato a rafforzare la capacità di risposta e di coordinamento nella gestione dell’emergenza del Municipio di Santa Tecla, con particolare riferimento alle calamità naturali, ambientali e sanitarie in area urbana e urbano-marginale. Le attività definite per il raggiungimento degli obiettivi proposti sono: - il rafforzamento del sistema di allerta rapida delle Commissioni di Protezione Civile Municipale; - la dotazione di veicoli, sistemi radio, materiali e attrezzature al Centro di Emergenze Municipale; - la realizzazione della simulazione con la comunità di una situazione d’emergenza; - la produzione di materiali informativi e di sensibilizza-
zione sulla prevenzione dei disastri naturali; - la dotazione di attrezzature mediche, materiali e medicinali alla Clinica Municipale; - la realizzazione di una campagna di prevenzione del dengue, MRA, MDA e AIDS; - la realizzazione di uno studio-diagnostico delle principali malattie ed epidemie nel Municipio; - la costruzione e l’allestimento di 2 nuovi rifugi urbani per sfollati; - la ristrutturazione, l’ampliamento e l’allestimento di 4 rifugi per sfollati. Tutte le attività del progetto, con l’appoggio determinante da parte del Municipio, vengono realizzate con la diretta partecipazione della comunità. In questo percorso viene data massima attenzione alla partecipazione delle donne in tutti i processi di formazione e sensibilizzazione della popolazione. La durata del progetto è di 4 mesi ad iniziare da dicembre del 2009.
In alto una frana provocata dal terremoto del 2001. A fianco un!immagine dei volontari arrivati in El Salvador per prestare soccorso ed aiutare la popolazione colpità dalla catastrofe.
“ Patologi oltre frontiera” L’utilizzo della telepatologia nella prevenzione e nella cura delle malattie più diffuse nei paesi in via di sviluppo, risolve così il problema dell’assenza o della scarsità di patologi. Altro obbiettivo dell’associazione Onlus è quello di formare medici specialistici per rendere i centri diagnostici locali autosufficienti. FRANCA BUTTARO I “patologi oltre frontiera” sono un gruppo di medici patologi che credono nel volontariato come impegno sociale e che hanno deciso di portare la loro esperienza personale nei paesi in via di sviluppo. Costituiscono un organizzazione, senza fini di lucro nemmeno indiretto, apartitica, apolitica e aconfessionale. L’associazione, sicuramente poco conosciuta nel nostro paese, se non agli addetti ai lavori, si prefigge di operare concretamente in attività assistenziali, scientifiche, ma soprattutto formative ed educative nell’ambito sanitario, con particolare riguardo all’Anatomia Patologica, l’istocitopatologia, e le tecniche correlate, e si adopera nella prevenzione secondaria dei tumori, nei paesi in via di sviluppo. La Mission di tale Onlus, nata nel 2000, per iniziativa di alcuni Patologi italiani, è quella di potenziare o costruire laboratori di Anatomia Patologica e si avvale della collaborazione di migliaia di specialisti,non solo medici, ma anche biologi e tecnici che lavorano in questa specialità, totalmente
assente in molti paesi dell’Africa sud occidentale o al limite con una decina di patologi in Tanzania e uno soltanto in Zambia. Il primo progetto del neonato gruppo è stato il restauro di un laboratorio abbandonato dagli inglesi a Mwanza, in Tanzania. Il braccio operativo dei Patologi oltre frontiera è costituto da decine di volontari impegnati per risolvere la necessità immediata di disporre di una diagnosi istologica e citologica ma soprattutto per formare personale locale, medico e tecnico, nella prospettiva di
renderlo autonomo. Dal 2000 oltre alla Tanzania numerosi sono i progetti attivati: Cuba, Zambia, Kosovo, Palestina, Egitto, Madagascar, Congo, Mozambico, Benin. Ogni progetto ha una specificità ma tutti hanno un comune denominatore: l’utilizzo della tele patologia come supporto fondamentale per risolvere il problema contingente dell’assenza o scarsità di patologi. Un altro problema affrontato e risolto felicemente è quello della prevenzione del carcinoma del collo dell’utero, raro alle nostre lati-
tudini ma prima causa di morte per tumore nelle donne dell’Africa sud occidentale dove si registra la più alta incidenza al mondo di tale malattia. Sia la metodica di prelievo che quella di allestimento dei preparati sono semplici e poco costosi quindi esportabili anche in paesi economicamente svantaggiati, ma il vero problema è la mancanza di personale in grado di interpretare il vetrino, per cui sono stati addestrati giovani tecnici locali ai quali è stata affidata con successo la conduzione del laboratorio. Essi hanno anche imparato ad allestire preparati istologici. Naturalmente non essendo in grado di selezionare le aree diagnostiche, riversano in un server i file e da qualsiasi parte del mondo è possibile vedere i preparati connettendosi mediante un collegamento satellitare a banda larga. Un organizzato gruppo di patologi volontari garantisce la diagnosi istologica entro quattro giorni dalla scannerizzazione del caso e i tecnici hanno la possibilità di consegnare la diagnosi definitiva di patologie per noi alquanto inusuali nelle mani del chirur-
go. Chiaramente lo scopo ultimo è quello di riuscire a formare medici specialisti patologi locali da inserire nei laboratori per rendere autonoma l’attività
diagnostica. Solo cosi potremmo consideraci veramente soddisfatti e affermare che abbiamo fatto crescere quel paese qualsiasi esso sia.
Redazione: Via della Piazza del Grano 11 06034 Foligno (PG) tel. 0742510520 Mail: redazionepiazzadelgrano@alice.it Autorizzazione tribunale di Perugia n° 29/2009 Editore: Sandro Ridolfi Direttore Editoriale: Sandro Ridolfi Direttore Responsabile: Giorgio Aurizi Impaginazione e grafica: Andrea Tofi Stampa: Iacobelli srl V. Catania 9 Pavona di Albano – Roma Chiuso in redazione 18/01/2010 Tiratura: 5.000 copie Periodico dell’Associazione ”Luciana Fittaioli”
Mail: associazionefittaioli@yahoo.it
FOLIGNO GENNAIO 2010
Un libro di Alberto Burgio
“Per Gramsci” Crisi e potenza del moderno
Ricominciamo dal punto più alto del pensiero comunista italiano, ricominciamo da Antonio Gramsci l’ispiratore dei Consigli di Fabbrica torinesi ed il fondatore del Partito Comunista Italiano. La misura della grandezza del pensiero comunista di Antonio Gramsci è testimoniata dalla enorme diffusione che i suoi scritti e i suoi insegnamenti hanno avuto e hanno sempre più nel mondo dove le edizioni dei
suoi libri in lingua straniera hanno superato quelle in lingua italiana. A Gramsci si ispirano le scuole e i partiti comunisti e socialisti del sud America, a Gramsci si ispirano i partiti comunisti indiani ed ancora a Gramsci, alla sua teoria dell’egemonia politica e culturale, si è ispirato il Partito Comunista Nepalese Maoista che dopo dieci anni di guerra rivoluzionaria ha assunto, anche se brevemente, il governo nepalese con uno straordinario successo elettorale. Gramsci è stato dimenticato, quasi dolosamente rimosso in Italia dalla involuzione politica e culturale che ha cancellato il Partito che lui stesso aveva contribuito a fondare. Già allontanato dalla dirigenza stalinista nell’isolamento degli ultimi anni del carcere fascista, il suo pensiero è stato ritenuto vecchio, superato, non più attuale da quanti, ex comunisti, folgorati del mito della globalizzazione, hanno can-
cellato idee, simboli e persino memoria. E invece Gramsci, il suo pensiero, il suo insegnamento, sono sempre più vivi ed attuali. Il libro del compagno Alberto Burgio espolora la modernità e l’attualità dell'analisi della "crisi organica" della società borghese come temi centrali dei "Quaderni del carcere". Il libro ne approfondisce alcuni nuclei teorici fondamentali, mettendo in risalto il carattere dialettico del pensiero di Granisci. L'analisi del fascismo italiano sullo sfondo della complessità strutturale della società contemporanea; la teoria del cesarismo; il nodo dell'egemonia indagato alla luce dell'ubiquità delle dinamiche egemoniche, sono passaggi cruciali di una lettura delle note gramsciane in cui si rivela essenziale il duplice volto della crisi: da un lato, irreversibile processo degenerativo responsabile dello scollamento dei corpi sociali, della delegittima-
zione delle leadership e della regressione autoritaria dei regimi politici; dall'altro, luogo di costituzione di soggettività critiche e di potenti istanze di trasformazione. Sullo sfondo dell'ambivalenza della crisi del "mondo moderno" si sviluppa quella ricerca di nuove forme di relazione sociale che rappresenta la più preziosa eredità dei "Quaderni". “Viviamo una grave crisi democratica” è l’incipit lapidario e drammatico del libro di Burgio che cresce d’intensità nella analisi degli effetti della “regressione neo-oligarchica che tende a dissolvere l’essenza stessa della cittadinanza smantellando sistemi di tutela, cancellando diritti fondamentali”. Ma la crisi è anche origine di “instabilità, di conflitti e di più o meno potenti dinamiche progressive”. La vittoria del capitalismo è dunque solo transitoria come lo fu, nel pensiero di Gramsci, quella del fascismo.
Le attività del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto “A.Belli” - Teatro Lirico dell’Umbria
Tra tradizione e innovazione Una sfida esaltante CLAUDIO LEPORE Le attività del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto “A.Belli” fondato nel 1947 si irradiano ormai da anni a livello regionale, nazionale e internazionale con una precisa strategia di politica culturale: operare in ambito locale (Spoleto, come base principale operativa) per poi svolgere un’attività di diffusione della cultura musicale a livello regionale, senza mai perdere di vista opportunità di carattere internazionale (Giappone, Paesi Arabi, Germania, Russia ecc.) in quanto l’attività culturale e il “mercato” culturale sono da sempre transnazionali. Una politica culturale, un progetto culturale teso ad offrire l’opportunità a giovani artisti di talento (cantanti, maestri collaboratori, professori d’orchestra, direttori d’orchestra) di esibirsi e iniziare la carriera a Spoleto e in Umbria “sperimentando” le proprie doti e capacità affinate nei lunghi periodi di perfezionamento a Spoleto per poi essere lanciati nel mondo dello spettacolo. Contemporaneamente il nostro teatro intende da anni contribuire alla diffusione della cultura musicale del nostro territorio offrendo non solo spettacoli d’opera, concerti e recital, ma anche l’opportunità ad un pubblico per vari ragioni solo potenziale e lontano dal teatro di
avvicinarsi o riavvicinarsi al mondo della musica anche attraverso azioni di coinvolgimento diretto, come nel caso dei giovani con il progetto “Chi è di scena?, Le Scuole all’Opera”. Le scuole di Spoleto in un primo momento, ma ormai da qualche anno anche scuole provenienti da varie città della regione, partecipano ad alcuni spettacoli per poi essere protagonisti di un concorso annuale. Il concorso culmina con la consegna dei premi assegnati ai migliori elaborati (disegni, relazioni, temi). Cerchiamo di offrire i nostri spettacoli ad un pubblico sempre più variegato provando a raggiungere tutti coloro che per varie ragioni non partecipano o non possono partecipare alla vita culturale. Con questo presupposto siamo entrati in rapporto diretto con i detenuti del Carcere di Maiano di Spoleto per elaborare insieme l’opera “Rigoletto” di Giuseppe Verdi andata in scena nel 2008 e per riallestire nel 2007 “La Bohème” di Giacomo Puccini, con scene e costumi creati dai detenuti di Dublino e Spoleto. Siamo entrati anche nei centri sociali anziani presentando nelle loro sedi concerti e recital invitandoli poi ad andare o ritornare all’opera a prezzi simbolici. Stessa opportunità è stata offerta ai centri giovanili della città e della periferia: incontri tra giovani e cioè con i nostri giovani artisti,
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Cultura/e
concerti e successivo invito all’opera. E faremo ancora di più con RealityOpera@, il progetto che vedrà protagonisti i giovani nella stesura di testi (ispirati a “Gomorra” di Roberto Saviano, alla strage della Thyssenkrupp di Torino e al reality “L’Isola dei Famosi”) che saranno poi musicati da compositori affermati. L’organico strumentale che realizzerà poi l’“opera” dovrà prevedere anche la presenza di una band giovanile emergente che potrà es-
sere rock, pop, metal, punk… Le funzioni del Teatro Lirico di Spoleto “A.Belli”- Teatro Lirico dell’Umbria sono quindi molteplici: preparare alla carriera i giovani artisti in un contesto professionale, contribuire a diffondere il teatro musicale nella nostra regione in modo capillare, non dimenticando di avvicinare anche quel pubblico troppo spesso non considerato e non sensibilizzato, presentare i titoli della tradizione
Power Of Soul Jimi Hendrix - 1970
Abbatti alcuni degli aeroplani che hai guidato, Specialmente quelli che stanno volando troppo bassi. Abbatti alcuni di quegli aeroplani, Specialmente quelli che stanno volando troppo bassi. Torna sulla terra amica mia, Torna con me. Abbiamo tutti attraversato la notte, baby. Cara, dolce carezza di verità. Con la forza dello spirito Tutto è possibile. Tutto è possibile. Volare così tanto con un giocattolo, piccola È una via di fuga per la terra lontana. È così eccitante fluttuare ogni tanto, Anche una medusa te lo direbbe. Ho detto che fluttuare è eccitante e facile. Anche una medusa sarebbe d'accordo. Sì, ma quella vecchia medusa è stata a fluttuare così a lungo e mollemente, Signore, senza neanche farsi un osso nella sua schiena gelatinosa. Fluttuando giorno e notte Spingendosi in alto, nonostante il rischio. A volte non è quello giusto. Con la forza dello spirito Tutto è possibile.
operistica, ma anche sollecitare la creatività e la contaminazione di più linguaggi sia dal punto di vista interpretativo che dal punto di vista compositivo. Non a caso negli anni la nostra Istituzione ha coinvolto nel suo percorso per la regia personaggi come Giancarlo Corbelli, Luca Ronconi, Giorgio Pressburger, Daniele Abbado, Antonello Aglioti, Sandro Sequi e recentemente Pippo Delbono (con cui stiamo pensando ad una nuova avventura). Quest’anno Paolo Rossi darà la sua impronta registica a “Il Matrimonio Segreto” di Domenico Cimarosa. Giovani direttori, alcuni dei quali ormai lanciati a livello internazionale, dopo l’esperienza dello “Sperimentale”, si alternano e si sono alternati a direttori d’orchestra affermati; ricordiamo Spiros Argiris, Bruno Aprea, Massimo De Bernart, Enrique Mazzola, Ivo Lipanovic, Marcello Panni, Carlo Palleschi. Tra i giovani direttori spesso lanciati proprio dallo “Sperimentale” sui palcoscenici più importanti ricordiamo Giampaolo Bisanti, Massimiliano Stefanelli, Christopher Franklin, Vito Clemente, Laurent Campellone. Oltre alle opere del repertorio tradizionale prodotte e presentate in Umbria e all’estero tra cui negli ultimi anni “La Traviata” di Giuseppe Verdi (2003-2004), “La Bohème” di Giacomo Puccini (2005-2007), “Il Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini (2006-2007), “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi (2007), “La Cenerentola” di Gioachino Rossini (2008), “Rigoletto” di Giuseppe Verdi (2008-2009) si è sempre cercato di offrire titoli ingiustamente poco frequentati o spesso dimenticati tra cui “Il filosofo di campagna” di Baldassare Ga-
luppi nel 2002, “Cleopatra” di Domenico Cimarosa nel 2005, “Didone abbandonata” di Baldassarre Galuppi nel 2006, “La Dirindina va a Teatro” di Domenico Scarlatti e “Pimpinone” di Tomaso Albinoni nel 2007, “Don Falcone” di Niccolò Jommelli nel 2008 e “Il Cuoco e la Madama” di Giuseppe Sigismondi nel 2009. Il repertorio tradizionale, quello dimenticato e riproposto e il nuovo. Il nuovo significa per il Teatro Lirico Sperimentale la messa in scena delle opere vincitrici del Concorso per Nuove Opere di Teatro Musicale da Camera “Orpheus”.Il Concorso promosso dallo Sperimentale nel 1993 sotto gli auspici del Mastro Goffredo Petrassi ha visto Luciano Berio Presidente della Giuria Internazionale e animatore dell’iniziativa sino alla sua morte. Le ultime due edizioni sono state presiedute da Louis Andriessen, uno dei maggiori compositori viventi. La formula del Concorso è semplice: giovani compositori a livello internazionale presentano un progetto per un’opera di teatro musicale. I migliori tre progetti vengono selezionati e premiati. I compositori finalisti completano le opere. La Giuria ne sceglie una che viene poi allestita in prima mondiale a Spoleto dal Teatro Lirico Sperimentale. Vincitrice dell’ultima edizione del Concorso “Orpheus” è stata l’opera “Obra Maestra” di Giovanni Mancuso messa in scena nel 2007 in modo “travolgente” da uno dei più creativi e irriverenti autori e registi della scena teatrale: Pippo Delbono. Questa la nostra attività tra tradizione e innovazione, questa la nostra idea di Teatro e di Teatro Musicale nello specifico.
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paginone lavoro a cu
Operatori call center Le società italiane di telefonia stanno spostando i call center nell’Europa dell’est Saranno 4.000 i lavoratori italiani del settore in meno
Ormai capita spesso: chiami da Torino, Roma o Catania e ti rispondono da Tirana o da Bucarest. Le società di telefonia e in parte anche le Tv italiane stanno dirottando all’estero una gran fetta dei call center, dislocandoli in Albania, Romania, Tunisia e Argentina. Wind ha già 400 lavoratori all’estero, Telecom 600, la “3 200, Fastweb 50 e anche Sky ha operatori in Albania. Le previsoni parlano di un passaggio a breve da 1.500 a 4.000 operatori telefonici impiegati all’estero, a scapito
dei call center italiani e di migliaia di giovani che almeno sopravvivevano pur con stipendi miseri. La crisi porta le aziende telefoniche a creare posti di lavoro all’estero dove la manodopera costa la metà, il tutto senza che il nostro governo intervenga. Ci sono poi altri risvolti, oltre quelli occupazionali, che riguardano il servizio alla clientela. Perchè sta emergendo un fatto anomalo. Se a chiamare è un cliente che spende tanto, il numero viene dirottato a un call center di serie A, ovvero in Italia, con
La Cgil che
personale più pronto e qualificato. Quando a chiamare invece è un cliente che spende poco e che fa poche telefonate, viene instradato verso un call center estero, dove operano lavoratori volenterosi, che parlano un discreto italiano, ma che offrono un servizio più scadente. La H3g, ad esempio, quella dei telefonini “3 per capirci, ha un sistema a stellette come gli alberghi: lo giustificano ritenendo legittimo fornire un servizio migliore ai clienti più assidui. Chi non cerca un rapporto stabile e usa poco la “3 finisce per parlare con un romeno, insomma.Telecom fa lo stesso, ma si giustifica sostenendo che il servizio è appaltato a società esterne e se una di queste apre un call center in Tunisia o in Albania, non è una cosa che li riguardi. I sindacati ora però intendono interpellare il Garante della privacy, in quanto i dati privati finiscono automaticamente in altri Paesi e accade che ora dall’estero certe utenze italiane siano chiamate per proporre l’acquisto di prodotti italiani.
Precari in linea E’ nato un nuovo Blog: precarinlinea@gmail.com per ascoltare e creare un movimento con tutti coloro che si sentono vittime della “Legge 30” Il nuovo Blog dei precari e delle precarie dei Call Center. Pensiamo di essere un punto di vista particolare, quello di una generazione che, diversamente dalle precedenti, è segnata dalla completa incertezza del presente e dalla certezza della precarietà nel futuro. Ciò che sta accadendo alle migliaia di lavoratrici e lavoratori precari dei call-center di Cagliari è solo un aspetto di quella condizione ingiusta di disagio materiale e morale in cui è costretta a sopravvivere la nostra società nell’Era della legge 30. Viviamo in mezzo a continui controlli di produttività, abbiamo perduto il diritto ad avere una casa e una famiglia. Le uniche cose che vanno al di là dei pochi soldi che riceviamo, sono le incertezze sull’oggi e sul domani, e in molti casi anche il mobbing. Questo lavoro nella sua maschera più infame è molto usurante, con rischi psicologici e fisici ancora non definiti per la salute. Riusciamo ad avere solo occasioni di lavoro poco qualificate, poco retribuite, poco stabili e poco tutelate, con ricorrenti e prolungati periodi di totale assenza di lavoro e di reddito. Adesso, è giunto il momento di reagire, costruire e sviluppare un forte movimento del-
Inter vista a Gianni Rinaldini segret rilasciata a “Il manifesto” 19 ottobr
le lavoratrici e dei lavoratori precari telematici. La nostra lotta sta nel capire e ascoltare i bisogni e le necessità dei nostri colleghi, delle persone che si trovano nelle nostre stesse condizioni di vita lavo-
rativa, perché dove si compete è inevitabile che ci siano quelli che vincono e quelli che perdono e attraverso questo Blog, vogliamo dare voce a tutti quelli che si sentono perdenti.
Due milioni di disoccupati «ufficiali», più gli «invisibili». Cassa integrazione record, operai sui tetti. Dicono che il peggio è passato. E' vero? Io non vedo segnali positivi, almeno se si assume il lavoro - non la borsa - come indice di riferimento. Basta guardarsi attorno. L'assurdo è che si pensa di poter ripartire come prima, puntando sulle esportazioni, competendo sul costo del lavoro, tagliando il welfare per ridurre il debito pubblico (gonfiato per salvare la finanza). Il governo, poi, estende le precarietà - reintroduce il lavoro a chiamata - mentre scemano le tutele, come per le pensioni, che diminuiscono fino al 4% per il calo del montante contributivo, calcolato sul Pil. Il sindacato dovrebbe rispondere mettendo in discussione tutti gli accordi di un'era concertativa cancel-
lata dalla politica di governo e dalla crisi economica. E invece balbettiamo, sperando nella Confindustria «buona» contro quella «cattiva». Perché è vero che i padroni sono divisi, ma è una divisione che andrebbe usata alzando il livello del confronto, con uno sciopero generale che unifichi tutti i conflitti aperti, perché la crescita di tante esasperazioni «separate» e sempre più individuali non promette nulla di buono. In questo panorama la Cgil va divisa al congresso: non c'è il rischio che i lavoratori non capiscano? Per rispetto dei lavoratori eviterei di usarli a sostegno di questa o quella posizione. Il problema è come vogliamo presentarci di fronte a loro: sarebbe grave se si volesse rappresentare il dibattito democratico come una sorta di lacerazione dell'organizzazione, argomento da sempre usato a sinistra per impedire il confronto. Salvo poi implodere, a
un certo punto. Non c'è libertà di confronto in Cgil? Dobbiamo stare tutti molto attenti: se non si concede piena dignità a ogni posizione - facendo trasparire che le ragioni altrui non sono di merito, ma di altra natura - si rischia la degenerazione del confronto e questo è un problema di pratica democratica: si deve poter discutere e votare liberamente sul merito delle proposte. Un congresso unitario non sarebbe stato più utile per trovare le risposte sindacali alla crisi? Sicuramente avrebbe rassicurato le burocrazie. Ma non ci sarebbe stata nessuna reale discussione, come per lo scorso congresso che fu un'autocelebrazione. Non si rischia la lacerazione? Si parla di «scissionismo» Ho letto un'intervista della segretaria generale della Flai fatta solo di congetture e insulti, come se ci fosse chi lavora per la Cgil e chi
ura di Gianluca Tofi
e noi vogliamo
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I numeri della crisi in Umbria La Cgil regionale stima che in un anno siano stati bruciati circa 200 milioni di euro di redditi da lavoro. Presentati tutti i dati aggiornati sulla situazione occupazionale
I dati della Cgil Andamento trimestrale
Settembre 2009dicembre 2009
-/+
Aziende in crisi Dipendenti occupati Dipendenti coinvolti
231 16.004 10.620
235 17.744 12.334
+5 +1.740 +1.747
6.144 2.222 1.137 634 274
7.053 2.934 1.170 705 291
+939 +712 +33 +71 +17
Di cui Cig ordinaria Cig straordinaria Mobilità-Licenziamento Cig in deroga Acc. Az. Contratti di solidarietà
Cassa integrazione guadagni in deroga Accordi in regione Aziende interessate
6.076 768
8.000 1.100
+1.924 +332
Di cosa si nutre la crisi economica che ha colpito e continua a colpire duramente l’economia del Paese? Prevalentemente si nutre di redditi: nel 2009 nella piccola Umbria si è mangiata qualcosa come 180-200 milioni di euro di salari da lavoro. Come ha fatto? Semplice: su un salario da 1.200 euro la cassa integrazione comporta una riduzione di reddito di circa 5mila euro all’anno, mentre chi non è tutelato e
mobilità. Se a settembre infatti erano 10.620 i lavoratori umbri interessati dagli ammortizzatori sociali, a dicembre il numero è salito a 12.334, con un incremento di 1.747 unità, pari al 16,5%. Tra il 2009 e il 2010 non c’è soluzione di continuità, la profondità e la strutturalità della crisi hanno segnato il 2009 e segneranno purtroppo anche il 2010. Lo scorso anno si sono consumate quasi 10 mi-
va in disoccupazione può perdere fino a 15mila euro all’anno. E in questa situazione si trovano decine di migliaia di lavoratori umbri, sono circa 20mila quelli coinvolti a vario titolo. L’aggiornamento al mese di dicembre 2009 della rilevazione trimestrale sulla crisi sottolinea come continui ad incrementare il numero di lavoratori posti in cassa integrazione o nelle liste di
lioni di ore cassa integrazione, il numero di disoccupati è passato da 17mila a 26mila, mentre gli occupati sono scesi da 370 a 360mila. Solo nel manifatturiero è stato perso qualcosa come 15mila posti lavoro, quasi un quinto dell’intero comparto. Sono dati che danno il senso della pervasività di questa crisi che è destinata a non finire presto e a proiettarsi nel 2010.
tario generale della Fiom-Cgil re 2009: basta con la concer tazione! che su una pubblicazione dello Spi che noi vogliamo sciogliere quel sindacato, una falsità che non sta scritta da nessuna parte. La realtà è che siamo tutti della Cgil e noi non vogliamo nemmeno costituirci in area programmatica, né durante, né dopo il congresso. La Cgil dovrebbe preoccuparsi di chi reagisce in quel modo al confronto democratico che dovrebbe, invece, essere elemento costitutivo per un'organizzazione che vuole rappresentare milioni di persone. Quale è lo scopo del documento «La Cgil che vogliamo»? Aprire una discussione a tutto campo sul futuro del sindacato, considerando conclusa la fase della concertazione. Epifani dice che il solo conflitto non basta. Questa è un'ovvietà. Il problema è se si costruisce il conflitto a partire da un'analisi e un'elaborazione autonoma del sindacato - che ha
il voto dei lavoratori come unica legittimazione - o se si plasma la pratica sindacale sulle compatibilità definite da altri, cioè da governo e Confindustria. La Cgil ha questa colpa? La concertazione svaniva ogni giorno di più e noi continuavamo a inseguirla. E questo mentre Cisl e Uil facevano una scelte precise: dall'accordo separato al via libera allo scudo fiscale di Tremonti. Insomma, non abbiamo preso atto che si è costituito un asse governo-ConfindustriaCisl-Uil analogo a quello dei tempi del Patto per l'Italia e dell'attacco all'articolo 18. Pensare poi di recuperare un ruolo contrattuale con una logica emendativa, con gli accordi delle singole categorie, rischia di scardinare la Cgil, se viene meno un sistema contrattuale universale. Che deve fare la Cgil? Innanzi tutto avrebbe dovuto contrastare radicalmente l'applicazione dell'accordo
separato e non lasciarne la gestione a ciascuna categoria, con esiti tra loro diversi. Il problema non era solo Federmeccanica. Come si è visto il problema è nell'asse governo-Confindustria, nell'esito finale della concertazione di cui sono rimasti solo i vincoli: se gli aumenti devono stare dentro i limiti posti dal governo, il lavoro paga tutto, tutto è predeterminato (al ribasso), i lavoratori non possono decidere su nulla e la democrazia scompare. Quel che serve è ritrovare una pratica rivendicativa nelle categorie e a livello confederale. Cosa vuol dire, ad esempio, «contrattazione territoriale» se vengono già predefiniti vincoli insuperabili? Per rilanciare il ruolo della confederazione nei territori devi promuovere vertenze in un rapporto stretto tra camere del lavoro e categorie. Serve più confederalità, non meno.
Epifani giudica un pericolo per la confederalità le firme di tre leader di categoria (Fiom, Fp, Fisac) al documento n.2 La confederalità non si costruisce in termini gerarchici. Quella è un'idea di Cisl e Uil che riducono le categorie a un ruolo corporativo, con gli enti bilaterali sotto la gestione politica della confederazione. Nella storia della Cgil la confederalità è una pratica generale che vale per tutti, non è una divisione burocratica delle funzioni e vive nelle categorie. Del resto se vogliamo un sindacato davvero generale, di tutto il lavoro subordinato («atipico» incluso), serve una comunità di intenti e di pratiche a partire dall'estensione dei diritti - compreso l'art.18 -, dalla riduzione delle precarietà, con l'abolizione dell'interinale e dei Co.Co.Pro. Insomma, una svolta nel merito. Questi sono i termini del confronto congres-
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Enti locali e servizi
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Class Action
Banda Larga
In attesa di regolamenti ecco come cambia la Pubblica Amministrazione. Utilità e aspettative dalla nuova normativa.
Utilizzare la connesione per risparmiare sulle bollette telefoniche grazie alla tecnologia VOIP, che converte il traffico telefonico in traffico internet
SALVATORE ZAITI Ancora novità nell'ambito dei rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione. Il 2009, infatti, si è concluso con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (n.303 del 31/12/2009) del decreto Legislativo 20/12/2009, n.198 in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, meglio conosciuto come class action pubblica. La nuova azione si colloca all'interno del disegno riformatore di valorizzazione dell'amministrazione di risultato che trova il suo fondamento nel canone costituzionale di buon andamento e nella rinnovata affermazione della cultura della responsabilità che il nostro legislatore intende cosi perseguire. Di cosa si tratta?
Associazioni e comitati di consumatori o utenti e singoli cittadini potranno rivolgersi al giudice amministrativo (TAR) per chiedere di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio in caso di violazione di termini, di obblighi contenuti nelle carte dei servizi ovvero di standard qualitativi ed economici o quando non vengano emanati atti amministrativi generali obbligatori non aventi, però, contenuto normativo. La richiesta al giudice dovrà essere sempre preceduta dalla notifica di una diffida all'amministrazione o al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati. Soltanto nel caso in cui gli enti non provvedano ad eliminare la situazione denun-
ciata, sarà allora possibile proporre il ricorso. Inoltre, sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati dovrà essere data pubblicità del ricorso, della sentenza e delle misure adottate in ottemperanza. Il giudice, se accerta la violazione, l'omissione o l'inadempimento, ordina di porvi rimedio entro un congruo termine nei limiti, però, delle risorse strumentali,finanziarie e umane concretamente a disposizione delle amministrazioni che non potranno, comunque, essere condannate al risarcimento dell'eventuale danno. Una ultima annotazione. La class action sarà concretamente esercitabile solo ad avvenuta emanazione di alcuni decreti attuativi. Come dire: la casa è pronta, ma manca il certificato di abitabilità!
INARCO AMMENTI L'uso di una connessione a Banda Larga nella modalità offerta da ICT Valle Umbra può rappresentare per la famiglia cha abiti in città o in zona rurale o montana l'opportunità per migliorare la propria qualità della vita ed entrare in contatto con la società dell'informazione via Internet. Ma anche un'occasione di un rilevante risparmio sui costi delle bollette. Per cominciare si risparmia tempo, rispetto all'Internet utilizzata sulla linea telefonica tradizionale o ISDN: in assenza di ADSL si viaggia, quando va bene, a meno di un centesimo della velocità di una connessione a larga banda: da 33 a 64 Kbps invece di 4 o 6 Mbps del servizio Internet a banda larga. In tal modo utilizzare servizi bancari o scaricare un file di dimensioni ridotte anche a pochi Mbyte può richiedere molta pazienza e decine di minuti. Il tempo è denaro, e comunque c'è sempre un'alternativa migliore per impiegare il proprio ( invece di aspettare davanti ad un computer). Le fonti di informazione su Internet sono poi così tante che ci consentono ad esempio di non comprare il quotidiano, ma di leggerlo su Internet, di scaricare dei classici della letteratura o spartiti musicali invece di acquistarli in libreria, di scambiare con altri utenti contenuti dei generi più diversi, avere con Youtube un jukebox universale di musica e filmati sempre a disposizione. Inoltre si può risparmiare sui costi del traffico telefo-
nico. I sistemi adottati da ICT Valle Umbra per realizzare la rete di distribuzione Internet a Banda Larga sono di tecnologia Cisco e Motorola, due indiscussi leader mondiali di apparati Internet e di sistemi Radio, e sono stati scelti per la loro capacità di trasportare senza ritardi anche il traffico telefonico convertito in traffico Internet, ossia il cosiddetto VOIP (voice over IP). Si può perciò telefonare con una connessione Internet di lata qualità, mantenendo il proprio numero telefonico (il trasporto sulla connessione a Banda Larga avviene in tre settimane) o utilizzando nuovi numeri col prefisso del proprio distretto telefonico. Tutto ciò proprio in virtù della liberalizzazione del cosiddetto “ultimo miglio” e delle disposizioni dell'Autorità Garante per la concorrenza nelle Comunicazioni. Il traffico telefonico poi, data la forte concorrenza tra gli operatori su Internet, costa molto meno che dall'o-
peratore tradizionale: meno di due centesimi al minuto verso i numeri di telefonia fissa in Italia, Europa, Stati Uniti e meno di 15 centesimi al minuto verso i cellulari italiani. Ma soprattutto non si paga lo scatto alla risposta (che a seconda dell'operatore e della direttrice va da i 6 ai 15 centesimi). E tutte le telefonate fatte (e ricevute) sono visionabili sul sito Internet dell'operatore Voip con il loro costo: come avere un bolletta sempre aggiornata e on-line e senza sorprese. In conclusione la rete wireless che collega ad alta velocità alla fibra ottica rovescia completamente il percorso dell'ADSL e supera i limiti fisici del filo di rame; mentre ADSL estende il servizio telefonico per farci passare l'Internet sopra, il servizio wireless a larga banda collega alla fibra ottica e consegna una Internet così veloce da farci passare anche il telefono. Ma in più arriva anche dove i fili telefonici e l'ADSL non arriveranno mai.
3.3.2009 è stato poi istituito un registro dei cani morsicatori e con problemi di comportamento presso i servizi veterinari della Asl. I proprietari dei cani iscritti nel registro devono obbligatoriamente stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile e applicare contestualmente guinzaglio e museruola al proprio animale quando si trovano in aree urbane e nei
luoghi aperti al pubblico. La norma de qua contiene dunque due distinti precetti: l’obbligo di vigilanza e l’obbligo di stipula di polizza assicurativa. Il primo dei suddetti comandi altro non è che una sorta di rinvio (o mera ripetizione?) alla figura speciale e aggravata di responsabilità aquiliana regolata nell’art. 2052 c.c. che testualmente dispone: “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. La ratio della responsabilità ex art. 2052 c.c. è individuata nel dovere di custodia sull’animale. Al termine “custodia”, in particolare, è attribuito il significato di “disponibilità di fatto dell'animale”. L’obbligo della assicurazione per la responsabilità civile ha quindi lo scopo di garantire agli eventuali danneggiati il tempestivo risarcimento del danno subito.
Patentino per i cani Corsi di formazione per i proprietari dei cani LORENZO BATTISTI Sono ormai trascorsi diversi mesi dall’entrata in vigore dell’ordinanza sulla «tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani», ma ci si continua a chiedere se esistano cani pericolosi o, piuttosto, proprietari incapaci e più pericolosi dei loro animali. L’ordinanza, infatti, non è altro che una risposta ai recenti episodi di aggressione da parte di cani che, in realtà, erano stati male addestrati (anche per combattimenti clandestini) e poi abbandonati. Ebbene, le amministrazioni comunali hanno ora l’obbligo di organizzare corsi di «formazione» per proprietari di cani, soprattutto quelli di grande taglia o di razze selezionate per la guardia. Tali percorsi formativi so-
no volti a favorire la formazione e l’acquisizione di adeguate cognizioni sulla corretta detenzione di un cane e per la prevenzione di danni o lesioni ad altri. Previsto al termine del percorso il rilascio di specifica attestazione denominata “patentino”, obbligatori per i proprietari di “cani impegnativi” identificati a livello territoriale. Come è noto, è stata eliminata la black list di razze pericolose mirando alla responsabilizzazione dei proprietari. In particolare, gli obblighi gravanti sui proprietari e detentori di cani sono indicati negli artt. 1 e 2 dell’ordinanza. La prima norma (art.1 ) introduce l’obbligo di utilizzare sempre il guinzaglio di misura non superiore a mt. 1,50 per i cani condotti nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico (fatte
salve le aree per cani individuate dai Comuni) e di avere sempre con sé la museruola (rigida o morbida) da applicare in caso di potenziale pericolo, nonché l’obbligo di affidare il proprio animale solo a persone in grado di gestirlo. Il successivo art. 2 conferma il divieto di addestramento che esalti l’aggressività del cane e alle operazioni di selezione e incrocio con lo stesso fine. No anche al doping, agli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia dell’animale (dalla recisione delle corde vocali al taglio delle orecchie e della coda), fatti salvi gli interventi curativi del veterinario. Obbligatorio per chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con sé strumenti idonei alla raccolta. Il proprietario e il detento-
re devono anche assumere informazioni sulle caratteristiche fisiche ed etologiche del cane e sulle normative in vigore. Il proprietario di un cane, infatti, è sempre responsabile del benessere e del controllo del proprio animale e risponde civilmente e penalmente dei danni o delle lesioni che il cane arreca a persone, animali o cose. Con l’art. 3 dell’ordinanza
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La dieta dopo le feste: cinque pasti light al giorno
Perdere fino a 3 kg in un mese PARIDE TRAMPETTI Archiviati i cenoni, ecco il consiglio per perdere due o tre chili in un mese seguendo una dieta elaborata da Massimo Valz Gris. Non deve essere, però, una dieta da “fame” perché il corpo, se viene privato del nutrimento necessario, brucia i muscoli per trovare energia, con il risultato che diminuirà la massa muscolare invece di quella grassa. Via libera allora alle verdure crude e soprattutto mangiare poco, ma più volte, nel corso della giornata. La dieta per perdere 2,5/3 kg nel giro di un mese prevede cinque pasti equilibrati al giorno, per far si che il metabolismo sia sempre attivo e per non arrivare mai troppo affamati a pranzo e cena. Vanno banditi dolci e alcool (al massimo un bicchiere di rosso). Quanto ai condimenti è permesso solo l’olio di oliva extravergine, a crudo e con moderazione. Uova, formaggi e affettati vanno mangiati ciascuno non più di tre volte la settimana, mentre le verdure (meglio se crude) vanno
previste in entrambi i pasti principali. Per il resto lo schema alimentare concede libertà di scelta. Ecco un programma indicativo ( per chi è in buona salute):
• colazione: una tazza di latte (150-200 ml) con tre biscotti secchi o altrettante fette biscottate oppure due cucchiai di cereali; • spuntino di mezza matti-
na: un frutto di stagione o uno yogurt magro o un pacchetto di cracker integrali o una spremuta o un succo di frutta; • pranzo (intercambiabile con la cena): una bistecca di carne bianca o rossa o pesce ai ferri; una porzione di verdura (250 g) o 80 grammi di insalata; una patata bollita o un panino integrale; un frutto di stagione; • spuntino di metà pomeriggio: come quello di metà mattina; • cena (o pranzo): 80 grammi di pasta o riso, meglio se integrali con un condimento leggero, per esempio a base di pomodoro. Una porzione di verdura o insalata, 90 grammi di formaggio, oppure uova o qualche fetta di prosciutto cotto o crudo oppure bresaola; un frutto di stagione. In alternativa allo schema con primo e secondo , nei due pasti principali si può scegliere un piatto unico, per esempio 80 grammi di pasta con del ragù di carne (senza soffritto) o un sugo di pesce, oppure un minestrone di verdure con 30 grammi di pasta o riso. Dopo il piatto unico un frutto.
Lo sport migliora la vita Un’attività fisica regolare e calibrata in base alle esigenze, aiuta a prevenire lo stress. LEONARDO MERCURI Da tempo si è scoperto che l’attività fisica giova alla salute generale della persona. La vita d’ufficio, le comodità e la conseguente riduzione del movimento quotidiano, sono due nemici dello stare bene e del poter sperare in una lunga vita. Non si pretende certo che per mangiare si debba andare a caccia nei boschi, ma non si può nemmeno limitare il nostro movimento al “salire e scendere dall’auto”. Questa concezione, per ragioni di cultura e per mancanza d’ informazione, nel nostro Paese stenta a prendere piede, ed ecco allora che la chimica viene in aiuto della nostra debole forza di volontà: Ingoia la pillola miracolosa e ti eviti la noia di arrivare al supermercato a piedi o di fare qualche rampa di scale. Ma chi fa parte di questa folta schiera di indolenti allora deve rassegnarsi? Per perseguire l’obiettivo dello “stato di salute” è necessario tuttavia che l’attività sia sapientemente personalizzata e giustamente calibrata in base alle caratteristiche dell’individuo, dobbiamo superare l'idea che a più lavoro corrisponda un maggiore beneficio. Quando ci alleniamo sottoponiamo il nostro organismo ad uno stress e affinché questo sia positivo deve equilibrato rispetto al riposo. Perciò dobbiamo essere attenti a non fare poco ma an-
che a non esagerare. Il concetto di salute rappresenta infatti cose diverse per persone diverse. I’organizzazione mondiale della sanità definisce la “salute” come una stato di benessere fisico e mentale, e sicuramente uno dei modi, se non il più importante, per migliorare il proprio stato di salute è intraprendere una regolare attività fisica. Questo può voler dire mutare il proprio stile di vita. Ma in pratica cosa significa che l’attività fisica può aiutarci? E cos’è che ci può regalare una “regolare” pratica dell’attività fisica? Avere più energia, diventare più forti, perdere grasso corporeo, respirare più facilmente, migliorare le capacità motorie, contenere il rischio di malattie e infezioni, diminuire il rischio di incidenti, diminuire il livello di stress. L’attività fisica regolare, diminuisce il livello di stress, che scatena sentimenti come la paura, la preoccupazione e lo scoraggiamento. Controllare lo stress è la chiave per superare e sfruttare le situazioni positive e negative della vita di tutti i giorni. Questa lista della "qualità di vita" potrebbe allungarsi all’infinito, a seconda delle condizioni personali di salute e degli obiettivi di attività fisica. Non importa quali siano questi obiettivi: iniziare un programma di attività fisica e seguirlo con costanza ha comunque un effetto positivo. Una volta iniziato un pro-
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Salute
gramma, questo dovrebbe diventate parte integrante della propria vita. Così facendo sarà sorprendente accorgersi di come sia necessario poco tempo per trasformare un obbligo in un momento piacevole che ci aiuta ad eliminare la tensione accumulata ogni giorno, riducendo ove possibile e salvo diversa indicazione del proprio medico, il ricorso ai farmaci. Basterebbero infatti 18 mesi di attività fisica regolare per contrastare efficacemente l’ipertensione, addirittura se questa venisse abbinata ad una alimentazione povera di grassi animali e ricca in fibre, come è stato valutato in alcuni importanti studi scientifici, i valori pressori potrebbero registrare un decremento superiore a quello rilevato con i farmaci specifi-
ci. Tutto ciò senza nessun effetto collaterale né a breve né a lungo termine, cosa che nessun farmaco è in grado di assicurare. Tutto questo dovrebbe far riflettere anche chi combatte contro la chiusura dei centri storici: non si può pretendere di arrivare avanti al negozio con la macchina, e non si può nemmeno pensare che i nostri concittadini siano così pigri da evitare le attività commerciali nelle zone pedonali. Diamo a tutti il beneficio del dubbio, non consideriamo gli altri in base alle nostre necessità, insegnamo ai nostri figli la cultura del camminare e del muoversi, e un giorno potranno scoprire di essere veramente in “salute” in una Foligno a misura di famiglia e non di macchina.
Innovazione e diversificazione Nel bilancio sociale dell’AFAM Spa le attività svolte in favore degi utenti
La farmacia di Porta Romana
ALESSANDRO D’INGECCO L’AFAM, società pubblica del Comune di Foligno, ha confermato la sua vocazione all’innovazione e alla diversificazione dei servizi, attraverso la redazione del Bilancio Sociale, nel quale sono evidenziate le attività svolte a favore degli utenti. In particolare, in un periodo storico caratterizzato da eventi negativi, sotto il profilo economico e finanziario, l’Azienda realizza risultati positivi e superiori all’anno precedente re-distribuendo tali margini in una serie di servizi gratuiti. Si tratta, quindi, di un risultato conseguito in un contesto fortemente vincolato anche sul versante del pricing e non solo normativo. Infatti, l’Azienda adotta prezzi, relativi a prodotti che generano più di metà del fatturato di farmacia, imposti da attori esterni (AIFA, vale a dire il Governo, per quanto attiene i farmaci etici). In questa situazione, se necessario, risulta ancor più evidente il significato di “fine sociale” attribuito alle farmacie comunali; infatti, il C.d.A., ritiene che il fine sociale si consegua attraverso l’erogazione di servizi utili ai cittadini, non necessariamente a pagamento. Preme, a tal punto evidenziare che, in un siffatto contesto, un’azienda pubblica, ente strumentale dell’ente locale, la cui mission istituzionale è quella di erogare servizi alla comunità, operi con logiche imprenditoriali in grado di “trasformare” i fattori della produzione in servizi offerti ai cittadini da questi richiesti. Infatti l’AFAM si è sempre impegnata a ricercare le modalità più efficaci per implementare ed aumentare la gamma dei servizi in farmacia a favore dei
cittadini (es. ampliamento degli orari, potenziamento dei servizi per celiaci, analisi della densitometria ossea), e ad arginare la “preoccupazione” storica che anima AFAM, fin dalla sua origine, che è l’educazione sanitaria. L’educazione sanitaria consiste in una voce che, apparentemente, non balza agli occhi di quanti analizzano il bilancio, ma che, al contrario, riveste una sua reale importanza per i costi e la complessità organizzativa che l’Azienda deve sostenere. L’educazione alla salute ed alla prevenzione costituisce il patrimonio genetico delle farmacie comunali ed il profondo rispetto, il clima positivo che si respira all’interno dell’Azienda contribuisce a migliorare le performances di una realtà pubblica che investe in capitale umano, in formazione del personale e nella ricerca di soluzioni adeguate ai bisogni della comunità e dei singoli cittadini. In un contesto di profondi cambiamenti normativi ed economici, sembra opportuno, ricercare sinergie e collaborazioni, all’interno e al di fuori del territorio provinciale. A tal fine è stato stipulato l’accordo per l’acquisto di farmaci e parafarmaci di cui AFAM è uno dei principali attori con le farmacie comunali dell’Umbria e dell’Abruzzo. E’ questa una direzione intrapresa dal C.d.A. che, seppure non evidenziata nei dati di bilancio, testimonia un ruolo propositivo, di stimolo e di coordinamento che AFAM intende svolgere e che gli interlocutori hanno dimostrato di apprezzare. Anche in questa azione, AFAM evidenzia il ruolo di ente strumentale del Comune, esecutivo e al contempo propositivo, dimostrandosi una risorsa per la città e potenzialmente per l’intero territorio.
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Curiosità e Corrispondenza
La musica per unire Un progetto musicale promosso da Don Luigi Filippucci per facilitare l!integrazione e la comunicazione tra le varie etnie. E non solo
Il 6 gennaio, si è tenuto nella chiesa di San Marco, un concerto musicale, che ha visto esibirsi un gruppo di giovani di Sant’Eraclio, 7 elementi di età compresa fra i 14 ed i 20 anni, Federico Piermatti – Alen Salvatore Galante – David Costarelli – Gabriele Gentili – Samuele Settimi – Maria Silvestri – Alessandro Roman, e la collaborazione di Andrea Giansiracusa. L’opera dell’oratorio “Don Mariano” ha portato a sviluppare molte idee, una delle più importanti: La musica come mezzo di unione e comunicazione; I ragazzi avendo ben chiaro questo concetto, hanno permesso in breve tempo la
realizzazione di un progetto da lungo tempo sognato. La differenza di età, di influenze musicali, fra i membri del gruppo ha contribuito a dare un importanza ancora più rappresentativa al concerto. Un piccolo problema tecnico ha sciolto il velo d’imbarazzo per la loro prima esibizione, permettendo ai musicisti di fare la cosa più importante, divertirsi, così da contagiare anche il pubblico, facendo sentire tutti come a casa. Comunicando con un linguaggio universale al di sopra di ogni pregiudizio, si intende raggiungere non solo l’unione tra etnie, colori della pelle, luoghi d’origine, religioni, ma anche il rafforzare i rapporti fra amici, e genitori-figli. La “presenza” di questi ragazzi nel paese, il loro “dono” alla comunità, sono da monito per i piccoli che verranno e fanno aprire le menti all’immaginazione dei più grandi. Non una conclusione, bensì un inizio.
CINEMA E NON SOLO
“L’ONDA” La nascita di una dittatura è possibile? CINCINNATO Dopo le atrocità ormai ben note dell’Olocausto e la cecità inspiegabile di una generazione che ha accettato le follie del nazifascismo, sarebbe possibile il formarsi di una nuova simile dittatura? Potrebbe accadere di nuovo? E come potremmo essere ancora fuorviati? Per spiegare la genesi di una dittatura un professore mette in atto un singolare esperimento. Una classe di una trentina di studenti viene indotta a forme di cameratismo attraverso l'uso della disciplina, dell'uniforme, e di un gesto di riconoscimento (l'onda per l'appunto). La situazione però gli sfugge di mano e si trova a dover arginare una vera e propria fazione di stampo nazifascista. Il film vuole dimostrare come la società odierna sia ben lontana dall'aver rigettato i dogmi fondativi della dittatura, ma che anzi può essere convinta a sottostarvi in modo facile e banale. Presumere che le attuali così dette democrazie occidentali siano in grado di cancellare la spinta verso la sopraffazione degli “altri” è profondamente sbagliato e ancor di più pericoloso, perché ci rende incapaci di riconoscere il problema perfino se lo abbiamo sotto gli occhi.
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LETTERE A PIAZZA!DEL GRANO Si fa presto a dire “eccellenza” Dicono che la sanità umbra è a livelli di eccellenza, che il nuovo ospedale di Foligno è il massimo della modernità. Se questo è vero le altre regioni sono davvero in condizioni terribili. Mio padre aveva urgenza di sottoporsi a un importante esame diagnostico; lista di attesa 6 (!) mesi, data l’urgenza ridotta a 3 mesi. Nella sanità privata l’attesa è a settimane, costa ma se è davvero necessaria può salvare la vita. Sono andata di persona a ritirare l’esito dell’esame alla scadenza del termine e allo sportello indicato nella ricevuta. Dell’esame di mio padre nessuna traccia nel sofisticato sistema informatico dell’ospedale. Sono stata quindi indirizzata al reparto per una più approfondita ricerca. Non è stato facile districarsi nel labirinto del nuovo ospedale, ma alla fine ho scovato lo sportello del reparto. Due addette allo stesso, dopo lunga e vana ricerca, alla fine mi hanno dato il numero di cellulare del medico di base che aveva prescritto l’esame. Grazie! Quello lo avevo già. Un’ultima osservazione. Ho letto tempo addietro gli importi degli stipendi dei vertici dell’ospedale di Foligno; se considero la situazione e il costo della sanità pubblica e penso alle condizioni attuali dell’occupazione privata, non penso che quegli stipendi siano tanti o troppi, penso che siano immorali. Lettera firmata
Chiusura del centro storico Le dure critiche dell’Associazione commercianti,in seguito alla chiusura al traffico in alcune ore della giornata lungo le principali vie del centro storico, assunta dal Comune di Foligno mi sembra senza dubbio eccessiva ed inopportuna, soprattutto da parte di coloro che dicono di amare questa città. Se oggi il centro, che dovrebbe essere l’anima pulsante non funziona, le colpe secondo me vanno divise in egual misura fra l’amministrazione comunale che non è stata in grado di capire le esigenze della città,
facendo sviluppare nuove insediamenti al di fuori delle mura non preoccupandosi di risanare e rivitalizzare il cuore della città, e i commercianti stessi che non hanno assunto alcuna funzione propositiva, anzi sono stati tra i primi a fare le valigie e spostare residenza ed attività altrove. Io credo che la ripavimentazione e la conseguente chiusura del centro storico supportate da servizi funzionali e gratuiti (parcheggi, navette di collegamento, aiuti per l’avvio di nuove attività pertinenti con la nuova realtà cittadina) rappresenteranno la salvezza di Foligno, ma ci vorrà del tempo e l’impegno da parte di tutte le parti interessate. Un cittadino
Obbligo di analisi sul lavoro L'attacco portato ai lavoratori e ai loro comportamenti privati con la strategia di accusarli
di comportamenti "illegali" tramite analisi delle urine coinvolge molti paesi occidentali. In molti paesi le aziende sottopongono chi cerca lavoro ad analisi per accertarsi di non assumere donne in gravidanza, sieropositivi e consumatori di stupefacenti, o semplicemente per avere un arma di ricatto in più contro i lavoratori. Nonostante lo statuto dei lavoratori vieti questo genere di indagini alle aziende private, talvolta queste vengono compiute, con la scusa della sicurezza nei posti di lavoro. Come se i 1500 morti di lavoro e il quasi milione di infortuni annui potessero essere addebitati ai comportamenti privati dei lavoratori e non alle logiche di profitto dei padroni che aumentano i ritmi e diminuiscono le condizioni di sicurezza. In Val d’Aosta alcune ditte sono state condannate per avere eseguito analisi illegali.Anche in Umbria assistiamo alla stessa logica repressiva: a Terni la Thyssenkrupp
vorrebbe effettuare analisi obbligatorie su tutti i lavoratori addetti alla movimentazione delle mercima questo tipo di analisi sono solo un ulteriore strumento padronale per intervenire sulla vita dei lavoratori. Perché le analisi delle urine non definiscono lo status del lavoratore in quel momento, ma quello che ha fatto, nella sua vita privata, nelle ultime due o tre settimane. Ci saremmo aspettati che le analisi fossero quelle che riguardano le nostre condizioni di salute e di lavoro, per controllare magari quanto materiale nocivo abbiamo assorbito in questi anni di lavoro. Noi una proposta provocatoria ce l’abbiamo: guardando come si comporta l'azienda riguardo alla salute e alla vita degli operai consiglieremmo di controllare il tasso di alcool e stupefacenti dei responsabili della produzione e del personale: padroni e amministratori delegati Confederazione Cobas-Terni
LA RICETTA DEL MESE "La nascita di una nuova dittatura è impossibile, perché ne conosciamo le conseguenze", dichiara uno dei ragazzi protagonisti del film, per poi contraddirsi nello spazio di poche scene disprezzando chi non la pensa come lui e arrivando a giustificare la violenza nei suoi confronti. Tra i motivi che, secondo i ragazzi, concorrono all'affermazione di un regime dittatoriale, spiccano crisi economica e aumento della disoccupazione, senso di insicurezza tanto nel presente quanto per il proprio futuro, diffidenza nei confronti del diverso, straniero o di un'altra fede che sia, delusione nei confronti della classe politica. Non sembrano problematiche così lontane dall’attuale situazione italiana.
Tortino di pecorino con mele glassate ANTONIETTA STADERINI Difficoltà: ** Tempo di preparazione:1 h Ingredienti per 6 persone: Latte l 1/2, burro gr 150, farina gr 50, pecorino romano gr 100, parmigiano reggiano gr 50, pere kaiser 2, miele di acacia 1 cucchiaio, sale q.b., uova 4, stampini di alluminio. Procedimento: In una casseruola piccola far sciogliere gr 50 di burro aggiungere la farina e mescolare bene sino ad ottenere un composto omogeneo, versare il latte caldo e un pizzico di sale, continuare a mescolare per circa 10 minuti facendo attenzione che
non si formino grumi, ottenuta la salsa besciamella aggiungere ad essa i formaggi grattugiati continuando a mescolare fino a che non sa-
ranno completamente amalgamati, incorporare infine le uova. Imburrare gli stampini e versare il composto a ¾ del-
la loro altezza; cuocere a bagnomaria in forno preriscaldato a 180° per circa 30 minuti. I flan saranno cotti quando, infilando in essi uno stecchino, esso risulterà ben asciutto. Lavare le pere e tagliarle a spicchi sottili, passarle poi in padella con il burro fuso, aggiungere il miele e cuocere per circa 10 minuti a fiamma vivace, le pere dovranno risultare ben colorite da entrambe i lati e non troppo morbide. Per la composizione, stendere su piatti piani alcune fettine di pera formando dei piccoli ventagli, versare su di esse il loro fondo di cottura e infine appoggiare il flan, spolverare leggermente il piatto di pepe nero.
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Spettacoli ed eventi a cura di Piter Foglietta
“ Il Carnevale dei Ragazzi ” 49a edizione a Sant’Eraclio della manifestazione organizzata dall’omonima Onlus Se è vero che Febbraio è il mese del Carnevale, è altrettanto vero che il Carnevale da noi è S.Eraclio, così abbiamo deciso di incontrare nel caleidoscopico ed effervescente laboratorio-carri il Presidente del “Carnevale dei Ragazzi” Raimondo Palazzi, per scoprire e farci raccontare l’imminente 49a edizione.
Dire che per noi è Carnevale tutto l’anno non è un eufemismo, di fatto iniziamo a parlare della manifestazione dalla fine di settembre dell’anno precedente, mentre la chiusura ci impegna per altri due mesi. La costruzione dei carri inizia già ad ottobre, perché essendo un’associazione di volontariato, i tempi sono molto lunghi.
Quale è il soggetto che si occupa dell’organizzazione del Carnevale dei Ragazzi di S.Eraclio? Il “Carnevale dei Ragazzi” di S. Eraclio è organizzato e curato dall’Associazione omonima, che è una Onlus ed è costituita da 49 anni. La costituzione del primo comitato risale infatti al 1961 ad opera di Don Luciano Raponi, su sollecitazione dei ragazzi dell’Azione Cattolica. Una prima embrionale esperienza venne messa in piedi dall’allora assessore Alessandri, che durò dal 1954 al 1957, con lo scopo di mantenere in vita la tradizione carnascialesca, le cui prime notizie risalgono al 1542. Attualmente l’Associazione è costituita da un presidente, da un comitato direttivo e da una assemblea. E’ membro permanente dell’Associazione, l’assessore alla Cultura del Comune di Foligno. La realizzazione di questo evento è reso possibile grazie ai fondi messi a disposizione del Comune di Foligno, della Fondazione Cassa di Risparmio, degli sponsor privati e dagli utili dell’Osteria del Carnevale.
Quali sono i soggetti coinvolti che collaborano attivamente insieme a voi? Sicuramente la Parrocchia di S. Eraclio, oltre ad essere socio fondatore, è un soggetto che costituisce le fondamenta del Carnevale, di sua proprietà è il terreno in cui attualmente è il laboratorio carri, nonché i locali in cui viene allestita l’Osteria. Importante partner è anche l’Istituto comprensivo di S. Eraclio Galileo Galilei, che tutti gli anni realizza il “Progetto Carnevale”, con laboratori sulla maschera e sulla cartapesta per i ragazzi e rappresenta sicuramente un costante investimento per il futuro, cercando di formare le nuove leve. Oltre a ciò fa da intermediario coinvolgendo i genitori ad arricchire le mascherate. Quest’anno anche la scuola elementare di Sterpete ha adottato un carro e relativa mascherata. La Cooperativa “La Locomotiva” collabora con il cantiere 51 (uno dei sei cantieri del Carnevale) allestendo e partecipando alla sfilata sopra il proprio carro. La novità dell’anno è la collaborazione con Mediaset, da cui il Carnevale dei Ragazzi ha ricevuto l’esclusiva per l’Italia sui diritti d’immagine del cartone animato Blue Dragon, che sarà appun-
Quando iniziano per voi i preparativi per il Carnevale?
to ispirazione per uno dei carri. Durante il Carnevale verranno distribuiti gadget del cartone, che tra l’altro è oggetto di un concorso in cui sono coinvolte le scuole di Foligno, di Campello e di Sploleto. Quali sono i temi che hanno ispirato la realizzazione dei Carri? Ci saranno in tutto sei carri, ispirati sia ai temi legati al mondo dei ragazzi, che alla stringente attualità. I titoli sono: Blue Dragon, Peter Pan, Bacco Tabacco e Venere, Alice nel paese delle meraviglie, Maschere Italiane, e Il sultano d’Arabia. Ci sono degli eventi collaterali alla sfilata? La sfilata dei carri sarà apera
dal gruppo/mascherata “Gli uccelli del Paradiso”, a seguire le majorette e poi la banda. Contemporaneamente all’interno del Castello, durante tutta la giornata, ci sarà la rappresentazione teatrale di “Perseo e Medusa” in forma itinerante. Negli spazi e nei tempi liberi dalla sfilata, il pubblico verrà intrattenuto dall’Accademy Circus, la scuola di arti circensi sostenuta dal Carnevale. Inoltre dal 28 gennaio al 16 febbraio (dalle ore 19.30) sarà aperta l’“Osteria del Carnevale”, in cui le ricette della gastronomia umbra al faranno da padrona. La chiusura avverrà con il fantasmagorico spettacolo pirotecnico “La Gabbia di Fuoco”. Un’altra occasione per vedere S. Eraclio come non l’avete mai
vista: in fiamme. Il Prossimo anno ricorre la cinquantesima edizione del “Carnevale dei Ragazzi”, c’è un desiderio che vorrebbe vedere realizzato per questo importante traguardo? Per la cinquantesima edizione vorrei vedere il trasferimento ed il completamento del nuovo laboratorio carri, nel terreno qui adiacente, cosa che permetterebbe un salto di qualità ulteriore al nostro apprezzato Carnevale. Sicuramente anche dal canto nostro per raggiungere questo importante traguardo ci sarà uno sforzo ulteriore, affinchè vi sia un adeguato festeggiamento per questi primi cinquanta anni di attività.
AUDITORIUM
Musica d’autore a Foligno talizio, di sole 4 repliche, effettuato nell'inverno 2008 in luoghi sacri, come Chiese e Cattedrali. Il successo dell'iniziativa ha poi suggerito l'opportunità di proseguire con altri concerti per registrare un cd e proporre ad un pubblico ancora più vasto un progetto di innegabile spessore artistico fra poesia e musica. E' un live nel quale arie classiche e canzoni di Vecchioni trovano il denominatore comune nei temi eternamente presenti nell’uomo: l’interrogarsi sull’esistenza, l’amore tra gli uomini, il rapporto con l’eternità, il sentimento del divino. Il Tour 2010 Nell’intento di unire musica leggera e musica classica, versi d’autore e di tradizione, melodie classiche e poesia contemporanea, Vecchioni, che non è nuovo a contaminazioni a prima vista improbabili, affronta la ricerca di un linguaggio che attraversi e travalichi i confini di culture
e tradizioni diverse, “…non certo con l’arroganza di chi crede di potersi permettere qualsiasi cosa, ma con l’umiltà di uno che scrive canzoni da un bel po’ ma che si permette delle incursioni nella musica importante solo alla maniera di un cantastorie come me, lasciandosi cioè guidare dal cuore.” Nell'album gli ascoltatori sentono fluire assolutamente naturale il passaggio da arie classiche a canzoni popolari e moderne, fra canzoni di Vecchioni e poesie tratte da libri suoi o di altri autori. Seguendo questa idea, Roberto Vecchioni, con il supporto del Nu-Ork String Quintet e accompagnato da Ilaria Biagini al flauto e ai cori, interpreterà dal vivo le une e le altre con lo stile del cantautore e artista straordinario che tutti conoscono. La sua sarà la voce cantante e narrante del concerto, che prevede ad esempio "Vissi d’arte” di Puccini, una versione jazz del canto natalizio “Jingle
GIOVEDÌAL CINEMA Rassegna cinematografica al Politeama Clarici curata da Roberto Lazzerini. 22 gennaio - qui e altrove AI CONFINI DEL PARADISO di Fatih Akin Si è stranieri all’estero come in casa, all’ovest come all’est. Auf der Anderen Seite è infatti il titolo originale del secondo film del regista de La sposa turca. Nejat, professore di tedesco, disapprova la relazione fra il suo anziano padre e Yeter, prostituta di origine turca, che invia soldi alla figlia Ayet, rimasta in Turchia per gli studi. In seguito ad un dramma, Nejat parte per la Turchia in cerca della ragazza, che invece, perseguitata politica, compie il movimento inverso. Destini ineludibili. 29 gennaio - memorie INVINCIBILE di Werner Herzog Presentato a Venezia nel 2001 e solo ora apparso nelle sale, il film di Herzog, tratto da una storia vera ma ricostruita creativamente, racconta di Zishe, giovane fabbro ebreo, partito da un villaggio di campagna alla volta di Berlino, nel 1932. La forza sovrumana ne fa l´attrazione dello spettacolo di Hanussen, un ciarlatano, che sogna di diventare ministro dell’Occulto nel futuro governo Hitler. L’arrivo del fratello minore indurrà Sigfrido a diventare Sansone per il suo popolo in pericolo. 5 febbraio - qui e altrove MACHAN di Uberto Pasolini All’esordio, il cineasta italiano Pasolini (Uberto) sceglie come set lo Sri Lanka, una bidonville a Colombo, per una commedia istruttiva. Senza soldi e senza prospettive, due giovani disperati, Manoj e Stanley, trovano in un torneo di palla a mano in Baviera l’occasione di un biglietto verso l’Occidente. Senza la più pallida idea di palla a mano, allestiscono un’improbabile nazionale dello Sri Lanka con amici, creditori, poliziotti. Ma non è facile giocare e vincere. 12 febbraio - qui e altrove ODGROBADOGROBA di Jan Cvitkovic Miglior film ai Festival di San Sebastián e Torino nel 2005, distribuito nelle sale soltanto ora, questo film dell’archeologo Jan Cvitkovic, che ama i libri e si annoia al cinema, oscilla tra il dramma e la commedia, tra Kusturica e Kaurismäki. Al suo terzo lungometraggio il regista sloveno racconta la storia di Pero, trentenne che si guadagna da vivere scrivendo discorsi funebri nel cimitero del paese, con la guerra dei Balcani ormai lontana ma presente nei corpi e nell’aria.
Inizierà dall’Auditorium San Domenico il Tour 2010 di uno dei migliori cantautori del panorama musicale italiano Roberto Vecchioni sarà a Foligno insieme alla sua band dal 14 al 19 febbraio 2010 per preparare il suo nuovo tour che lo vedrà impegnato nelle maggiori città italiane. Il luogo non poteva che essere l’Auditorium San Domenico che si conferma meta prediletta dai grandi artisti per la preparazione dei loro concerti. De Gregori, Alex Britti e Ivano Fossati sono gli artisti che in questi ultimi due anni si sono esibiti sul palco dell’Auditorium grazie alle gestione CO.S.I.F. che sta proponendo la splendida struttura cittadina come punto di riferimento per tutte le grandi agenzie di produzione del panorama nazionale. Ora è la volta di Roberto Vecchioni che si esibirà il 19 febbraio 2010 alle ore 21. L’artista presenterà L'album In-Cantus, uscito il 30 ottobre scorso su etichetta Universal, ha origine da un breve e coraggioso tour na-
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Bells”, la “Patetica” di Chajkowskij, il “Concerto N°2 in Do Minore” di Rachmaninoff (che ha conosciuto nuova popolarità a fine anni ’90 grazie al film Shine di Scott Hicks), versi recitati su musica classica rielaborata per l'occasione, canzoni di Roberto Vecchioni riarrangiate per pianoforte e quintetto d’archi, fra le quali Luci a Sansiro, Blumun, Sogna Ragazzo
Sogna, Le Rose Blu, Milady, nonchè alcuni pezzi parlati per i quali Vecchioni non esita a citare altri grandi autori come Gassman, Neruda o Borghes. A Foligno è già attiva la prevendita presso Trabalza in Corso Cavour (tel.0742 350329). Gli altri luoghi delle prevendite già attive nelle altre città sono consultabili sul sito www.ticketitalia.com.
19 febbraio - Israele Israele SOTTO LE BOMBE di Philippe Aractingi Nel 2006, il regista franco-libanese Philippe Aractingi realizza, in Libano, un film in mezzo alla guerra, appena dopo il cessate il fuoco tra l'esercito israeliano e i militanti Hezbollah. Una donna, Zeina, parte da Dubai alla ricerca disperata della sorella e del figlio. Incontra un tassista, Tony, disposto a condurla per trecento dollari nel sud del paese. Un viaggio di due persone in una terra devastata dalle guerre in cui imparano a conoscersi e a guardare all’incerto futuro, nonostante lo scacco.
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Movimenti e lotte
FOLIGNO NOVEMBRE 2009
Mobilitazioni, manifestazioni ed occupazione degli uffici della sede di Fabriano
Antonio Merloni spa Si aggrava la crisi aziendale che ha colpito il gruppo fabrianese, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro
Il 14 ottobre 2008 il Ministero dello Sviluppo Economico ha riconosciuto la rilevanza sociale economica ed occupazionale della Antonio Merloni SpA, ne ha evitato il fallimento e l’ha ammessa alla Amministrazione Straordinaria. A un anno di distanza da quella importante ed impegnativa decisione istituzionale mancano ancora soluzioni in grado di dare sostegno al territorio e ciò determina un rischio di collasso per l’intera economia della fascia appenninica umbro-marchigiana sul quale insistono le maggiori attività della Merloni con una prospettiva emergenziale del tessuto sociale. Attualmente è a rischio anche la prosecuzione della procedura di amministrazione straordinaria, in quanto i commissari nominati dal governo non sono riusciti a trovare gli strumenti necessari al rilancio dell’Azienda che consisteva nella vendita di alcuni settori di produzione e al riassetto degli attività invendute. Nei primi giorni del mese di Novembre 2009 alcuni operai dell’Antonio Merloni (anche sindacalizzati) avevano deciso di intraprendere un’iniziativa forte e decisa occupando gli uffici della direzione del gruppo fabrianese per chiedere informazioni chiare ed impegni precisi soprattutto dai rappresentanti sindacali delle segreterie nazionali, denunciando come la loro presenza sia del tutto insufficiente: «Non basta fare un comunicato ogni due mesi, devono starci più vicino e mettere nero su bianco impegni e date; che non ci lascino morire così, con un assegno di 700 Euro al mese
che è buono solo a rinviare la nostra fine» è questa la dichiarazione di Andrea Giacobelli delegato Fiom che ha partecipato a quei giorni di occupazione. A fianco dei lavoratori sono scesi in piazza anche gruppi autonomi del movimento studentesco e non solo, «un momento storico per il nostro territorio, hanno affermato: la loro battaglia è la nostra. Ciò che gli unisce operai della A. Merloni, gli studenti, i migranti e i militanti dei centri sociali è la lotta contro la precarietà della vita, la lotta per la dignità.Tutto ciò rappresenta una rivendicazione dei propri diritti, in primis quello di esistere, di far ascoltare la propria voce, reclamare reddito, il diritto alla casa, la possibilità di autodeterminare la propria esistenza anche
attraverso un lavoro non alienante, sono esigenze imprescindibili che ci sentiamo di condividere in totale con gli operai della A. Merloni. È giunto il tempo che tutto il territorio si mobiliti, verso un percorso di generalizzazione del conflitto sociale: dalle fabbriche, passando per le scuole fino alle città». In seguito allo scossone provocato dall’occupazione di Novembre le tre sigle confederali nazionali decisero di indire una manifestazione il 17 dicembre dello scorso mese a Fabbriano per chiedere al Governo ed alle autorità locali di mettere a disposizione le risorse necessarie affinché già a gennaio si stipuli un accordo di programma, volto a determinare le condizioni di una riorganizzazione e di una riconversione industriale del Gruppo che sia in grado di individuare le soluzioni per salvaguardare l’occupazione e il sistema industriale delle regioni interessate. La presenza alla manife-
Striscioni di solidarietà da parte del movimento studentesco e dei centri sociali di Fabriano In basso La manifestazione del 17 dicembre scorso a Fabriano e un!occupazione dei binari
stazione dei segretari generali della Cgil, Guglielmo Epifani, e della Cisl, Raffaele Bonanni, il segretario confederale della Uil,
Carmelo Barbagallo, i presidenti delle Regioni Marche e Umbria, Gian Mario Spacca e Maria Rita Lorenzetti, rappresentanti della Regione Emilia-Romagna evidenziano ancor di più il carattere nazionale che ha assunto la vertenza del gruppo Merloni, che occupa circa 3500 dipendenti ed interessa un indotto di quasi 10000 lavoratori. Secondo il Segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, l'unico modo per salvare i posti di lavoro del gruppo elettrodomestico Antonio Merloni è «un intervento pubblico deciso affinchè continuino gli ammortizzatori sociali. Ma servono strumenti, risorse e un piano industriale ha detto -il leader sindacale- il problema è trovare imprenditori disposti a intervenire. Bisogna favorire questa ricerca». Secondo Epifani «se non si muove il pubblico è difficile trovare una solu-
zione e invece una soluzione va trovata». E’ trascorso circa un mese da quella manifestazione, ma nulla di nuovo è successo, non ci sono certezze sulla ripresa delle attività produttive che slittano di settima in settimana, i giornali e la Tv non ne parlano, come non parlano di altre gravi crisi come quelle che investono la Fiat, la Fincatieri, gli stabilimenti di Portovesme (Carbonia-Iglesias) e Fusina (Venezia) che fanno capo all’americana Alcoa, la fabbrica della Yamaha con sede a Gerno di Lesmo, i lavoratori della Gros Market licenziati via Fax, per non parlare poi delle vertenze della Phonemedia di Monza, dei dipendenti del Gruppo Omega ed Agile Servizi, dell’Omnia Network di Torino e tante altre realtà di cui non si sente mai parlare. Per fortuna che stiamo uscendo dalla crisi.
supplemento al numero 1 - Anno II - gennaio 2010 di Piazza del Grano
Quando David sconfisse Golia Dos, tres, muchos Vietnam Sono passati ventun anni dalla fine dell'ultima guerra mondiale e molte pubblicazioni, in lingue diverse, celebrano l'avvenimento, di cui è simbolo la sconfitta del Giappone. Un clima di apparente ottimismo regna in molti settori degli avversi campi in cui è diviso il mondo. Ventun anni senza guerre mondiali, in questo tempo di grandi contrapposizioni, di scontri violenti e di trasformazioni repentine, sembrano molti. Ma, senza analizzare i risultati pratici (miseria, degradazione, sfruttamento sempre più intenso di enormi settori del mondo), di questa pace per la quale tutti noi ci dichiariamo disposti a lottare, bisogna chiedersi se essa è reale… …Esiste una penosa realtà: il Vietnam, questa nazione che rappresenta le aspirazioni, le speranze di vittoria di tutto un mondo arretrato, è tragicamente solo. Questo popolo deve sopportare i colpi della tecnica nord-americana quasi incontrastata nel Sud, con alcune possibilità di difesa nel Nord, ma è sempre solo. La solidarietà del mondo progressista con il popolo del Vietnam ha lo stesso sapore di amara ironia che aveva per i gladiatori del circo romano l'incitamento della plebe. Non si tratta di augurare la vittoria all'aggredito, ma di condividere la sua sorte, andare con lui alla morte o alla vittoria. Quando analizziamo la solitudine vietnamita, ci assale l'angoscia per questo momento illogico dell'umanità… …Come possiamo non guardare a un futuro luminoso e vicino, se due, tre, molti Vietnam fioriranno sulla superficie della terra, con il loro prezzo di morte, con le loro immense tragedie, con il loro eroismo quotidiano, con i reiterati colpi all'imperialismo, costretto così a disperdere le sue forze sotto l'urto dell'odio crescente dei popoli del mondo?
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Vietnam: la “sporca” guerra
La storica foto dell!elicottero sul tetto dell!Ambasciata USA a Saigon che raccoglie gli ultimi cittadini americani in fuga
La guerra degli USA fu il proseguimento del conflitto indocinese che oppose la Francia colonialista al Vietminh, la Lega comunista per l'indipendenza del Vietnam fondata e guidata da Ho Chi Minh e già protagonista della resistenza contro i giapponesi. La Francia non riconobbe la Repubblica Democratica del Vietnam presieduta da Ho Chi Min, reinsediando nel sud del paese, a Saigon che ne divenne capitale, il precedente imperatore Bao Dai. Nella primavera del 1954 i vietminh attaccarono Dien Bien Phu, nel Vietnam del Nord. Dopo 55 giorni di assedio i francesi si arresero (8 maggio 1954) e, lo stesso giorno, nell'ambito della conferenza internazionale riunita a Ginevra le parti si accordarono per una tregua e la tempora-
nea divisione del paese lungo il 17° parallelo, con il nord ai comunisti e il sud sotto il controllo del governo di Saigon. Sia gli Stati Uniti sia il governo di Saigon dichiararono di non sentirsi vincolati dagli accordi di Ginevra e, dopo il ritiro francese dall'Indocina, a Saigon, deposto l’imperatore Bao Dai, nel 1955 venne creata la Repubblica del Vietnam del Sud presieduta Ngo Dinh Diem. A partire dal 1957 i militanti comunisti (vietcong), trasferitisi a nord all'indomani della divisione del paese, cominciarono a ritornare a sud in numero sempre maggiore, per alimentare una guerriglia antigovernativa con il sostegno del governo nordvietnamita. Nel dicembre 1961 il presidente Kennedy diede inizio
all’invio di truppe regolari USA a sostegno del governo Diem, poi rovesciato da un colpo di stato militare nel 1961 e sostituito dai generali Nguyen Van Thieu e Nguyen Cao Ky. L'escalation militare USA prese il via nel 1964 durante la presidenza Johnson con la pratica dei bombardamenti a tappeto estesi anche alle città del Vietnam del Nord. Nell’inverno 1967-68 lo stratega nordvietnamita generale Vô Nguyen Giap lanciò una vasta azione offensiva (conosciuta come "offensiva del Tet", dal nome del capodanno secondo il calendario vietnamita), costituita da una serie di attacchi coordinati su più di cento obiettivi del Vietnam del Sud che ebbe devastanti effetti psicologici sul morale delle truppe statunitensi e soprattutto
dell'opinione pubblica: gran parte dei cittadini americani era ormai giunta a convincersi che non fosse possibile vincere la guerra. Nel 1969/70 il successore di Johnson, Richard Nixon con il suo consigliere Henry Kissinger, diede avvio, all’insaputa e senza l’autorizzazione del parlamento USA, alla strategia della così detta vietnamizzazione del conflitto estendendo il campo di guerra agli Stati confinanti del Laos e della Cambogia. La nuova campagna bellica culminò con i bombardamenti del dicembre 1972 delle città di Hanoi e Haiphong nel Vietnam del Nord, definiti la più devastante azione bellica aerea della storia, destinata a provocare un fortissimo sconcerto nell'opinione pubblica americana e internazionale. I bombardamenti tuttavia non piegarono la resisten-
Un carro Viet Cong entra nel palazzo presidenziale di Saigon, oggi Ho Chi Min - 30 aprile 1975
za vietnamita e la sera del 23 gennaio 1973 il presidente americano annunciò che era stato finalmente raggiunto l'accordo per il cessate il fuoco, che prevedeva anche il ritiro di tutte le forze statunitensi e alleate entro sessanta giorni dalla firma Alla fine di marzo 1973 il ritiro del contingente americano (eccetto quello che presidiava la capitale Saigon) venne pressoché completato, ma gli USA continuarono ancora a fornire aiuti ed armi al gover-
no del sud. Il 30 aprile 1975 i partigiani Viet Cong entrarono in Saigon e la Repubblica del Vietnam del Sud si arrese incondizionatamente al governo provvisorio rivoluzionario. Il 2 luglio 1976 venne proclamata la riunificazione dei due Vietnam sotto il nome di Repubblica socialista del Vietnam. Il conflitto provocò tra i vietnamiti più di 2 milioni di morti, 3 milioni di feriti e 12 milioni di profughi; 50 mila i morti tra i soldati USA.
Immagine della prima pagina de l!Unità all!indomani della liberazione del Saigon - 30 Aprile 1975 -
Manifestazioni pacifiste proVietnam a sinistra - Jane Fonda nel Vietnam del nord 1972
“Genocidio” Usa nel Vietnam
“Agent Orange”
Il tribunale Russel, instituito per giudicare i crimini di guerra USA nel Vietnam, Usata la diossina come arma ha condannato gli americani per violazione dei diritti internazionali dei popoli di distruzione di massa dagli Usa
II
L' “International war crimes tribunal” venne presentato da Bertrand Russell (già promotore della Bertrand Russell peace foundation) in una conferenza organizzata a Londra nel novembre 1966; il Tribunale nasceva per giudicare i crimini commessi dagli Stati Uniti d'America durante il conflitto in Vietnam. Nella sede della Conferenza di Londra venne redatto uno statuto per rendere formali le modalità di svolgimento dei lavori del Tribunale e i suoi scopi: creare un mezzo di diffusione imparziale della verità da rendere nota all'opinione pubblica mondiale. Il Tribunale era presieduto, oltre che dallo stesso Russell, da Jean-Paul Sartre e Vladimir Dedijer; tra i membri della giuria comparivano Wolfgang Abendroth, Günter Anders, Lelio Basso, Simone de Beauvoir, Laurent Schwartz. Compito del Tribunale era rispondere in modo impar-
Il filoso Betrand Russel
ziale e documentato a cinque quesiti: 1) il governo Usa ha violato il diritto internazionale con atti di aggressione; 2) l'esercito Usa ha utilizzato armi sperimentali o vietate dal diritto di guerra; 3) sono stati presi di mira obiettivi esclusivamente civili; 4) vi sono state rappresaglie contro i civili o contro i prigionieri di guerra; 5) la popolazione ha subito deportazioni o atti di sterminio.
La prima Sessione del Tribunale si tenne a Stoccolma dal 2 al 10 maggio 1967; in tale sede l'esame del Tribunale si concentrò su due dei cinque quesiti: il primo (in cui rapporti di natura giuridica esaminarono l'eventuale violazione degli accordi di Ginevra) e il terzo (basato su testimonianze dirette). Il rapporto conclusivo venne presentato da Lelio Basso l'8 maggio; nella sentenza, emessa al termine della Sessione, si affermava la responsabilità americana e del governo del Sud Vietnam nella violazione degli accordi di Ginevra con la condanna, seppur simbolica, al governo statunitense (che non aveva mai accettato, nonostante i ripetuti inviti, di inviare una delegazione per sostenere le proprie posizioni). La seconda Sessione del Tribunale si tenne a Copenaghen (21-30 novembre
1967), dove si affrontarono i restanti quesiti, oltre all'analisi degli sviluppi delle questioni trattate a Stoccolma, dell'intensificazione dei bombardamenti su popolazioni e obiettivi civili e dell'espansione della guerra nei paesi limitrofi (Laos e Cambogia). Al termine delle due sessioni il Tribunale arrivò alla conclusione che la guerra portata avanti dagli americani era stata svolta secondo modalità contrarie al diritto internazionale e ai principi fondamentali dei diritti dei popoli: la politica americana nel Vietnam venne giudicata come "genocidio" (secondo la definizione della Convezione per la prevenzione e repressione del delitto di genocidio del 1948), per il fatto di aver scelto una politica di aggressione nei confronti di una popolazione che si ribellava all'oppressione, senza aver tentato una politica di pace.
“Agent Orange” era il nome in codice, usato dall'esercito statunitense, per indicare un erbicida usato ampiamente dagli Stati Uniti durante la Guerra del Vietnam, tra il 1961 e il 1970. L'Agente Orange è un liquido incolore: il suo nome deriva dal colore delle strisce presenti sui fusti usati per il suo trasporto. L'impiego militare ufficiale era per rimuovere le foglie degli alberi e negare la copertura ai Viet Cong. Si scoprì che l'Agente Orange ha come sottoprodotti delle diossine altamente tossiche ritenute
responsabili di malattie e difetti alla nascita sia nella popolazione vietnamita che nei veterani di guerra statunitensi. Si è anche scoperto che ha proprietà cancerogene, che colpiscono principalmente le donne, e teratogene. Un rapporto dell'aprile 2003, finanziato dall'Accademia Nazionale delle Scienze, concluse che durante la guerra del Vietnam, 3.181 villaggi vennero irrorati direttamente con erbicidi. Tra i 2,1 e i 4,8 milioni di persone "sarebbero state presenti durante le irrorazioni".
Non riteniamo opportuno pubblicare foto degli effetti dell’ “agent orange” sui bambini vietnamiti. Chi se la sente può visitare Google immagini digitando “agente arancio”
Enrico Berlinguer ed il Vietnam Intervento di Berlinguer nella seduta della Camera del 18 luglio 1968, presieduta da Sandro Pertini, in cui il segretario del Pci incita le masse popolari italiane a dare sostegno alla giusta causa del popolo del Vietnam contro l’aggressione americana E’ con profonda emozione che pronuncio il mio primo intervento in quest'aula proprio sul tema del Vietnam. Una emozione che deriva dal contatto diretto che ho avuto l'onore e la fortuna di prendere qualche tempo fa con la realtà della resistenza vietnamita contro i massacranti bombardamenti sul nord Vietnam. Ella comprende certo, signor Presidente, come simile contatto possa aver creato in me un legame di affetto e anche un impegno morale di natura del tutto particolare. Tutti i colleghi conoscono, del resto, i sentimenti che suscita nell'animo di tutti i comunisti la lotta del popolo vietnamita, in corrispondenza con le nostre convinzioni internazionalistiche e con il ruolo decisivo che noi riteniamo essa abbia nel quadro dell'avanzata del moto di emancipazione delle classi lavoratrici e dei popoli del mondo intero. Non solo noi comunisti, del resto, in Italia e nel mondo, siamo portatori di queste convinzioni e di questi sentimenti, ma anche forze politiche e correnti di opinioni le più diverse, masse sterminate di milioni di uomi-
ni, che comprendono anche milioni di cittadini del paese da cui è partita e viene condotta l'aggressione. «Il nemico », ha dovuto riconoscere il Presidente degli Stati Uniti, «è riuscito a trasferire la battaglia nel cuore degli americani», dimenticando tuttavia di aggiungere che questa battaglia nel cuore degli americani l'ha portata prima di tutto la giusta causa per la quale i vietnamiti si battono; l'ha portata quella combinazione indissolubile e nei nostri tempi, diciamolo pure, assai rara di fermezza fino ai sacrifici estremi, di civile saggezza, di spirito di assoluta indipendenza e di realismo politico che sono tipici della condotta etico-politica dei dirigenti vietnamiti; l'hanno portata i grandi movimenti di pensiero e di opinione pubblica sollevatisi nel mondo intero a favore della cessazione della strage e del ripristino del diritto violato in quella parte del mondo. Il «nemico» di cui Johnson ha parlato non è quindi solo il popolo vietnamita, ma un movimento ramificato ed esteso nel mondo intero, un movimento dai mille volti e perciò un movimento im-
battibile.Ci è pervenuto da Hanoi solo tre giorni fa il più recente documento statistico della commissione d'inchiesta sui crimini di guerra americani nel Vietnam. Ricavo dal dettagliato docu-
mento questo semplice dato: mentre nei mesi di gennaio, febbraio e marzo il numero delle incursioni aeree su tutto il nord Vietnam oscillava tra le 1.800 e le 2.500 per mese, nel periodo successi-
John Fitzgerald Kennedy
vo al discorso di Johnson del 31 marzo tale numero saliva a 3.500 in aprile, a 4.700 in maggio, fino a raggiungere nel giugno le 5.200 incursioni.Circa la natura di queste incursioni mi limito ad elencare in ordine le terribili armi di sterminio usate nei cosiddetti bombardamenti limitati: bombe ad altissimo potenziale esplosivo, bombe a scoppio ritardato, bombe a biglia, missili Shrike a frammentazione cubica, proiettili da 20 millimetri, bombe subacquee; armi destinate unicamente alle persone, alla distruzione, che in effetti ormai è pressoché totale, di ogni opera civile. Sono dati di fatto inconfutabili e da nessuno confutati. Ma la questione che noi solleviamo non è solo e non è tanto di diritto. Se chiediamo un riconoscimento della repubblica democratica del Vietnam e la ricerca di un contatto con il Fronte nazionale di liberazione del sud Vietnam è soprattutto perché siamo convinti che ciò può rappresentare un importante contributo alla causa della pace e che è nell'interesse del nostro paese. Si tratta inoltre di un atto doveroso verso un popolo
generoso e di antica civiltà, che ha dato anche recentemente prove ripetute di sincera amicizia e di rispetto per il nostro popolo. Sarebbe infine un atto di grande valore politico per lo sviluppo delle relazioni fra il nostro paese e tutte le nazioni in via di sviluppo del terzo mondo. In pari tempo noi ci rivolgiamo ancora una volta da questa tribuna alle grandi masse popolari, ai giovani, ai cittadini di ogni orientamento politico, che si sono battuti in questi anni nel nostro paese per la causa della libertà e della pace del Vietnam, e tutti chiamiamo a dare nuovo slancio e vigore alla loro battaglia. E poiché proprio in questi giorni è in visita nel nostro paese, accolta ovunque da appassionato calore popolare, una rappresentanza delle eroiche donne del Vietnam, desideriamo anche da questa tribuna chiedere a queste nostre amiche e compagne che portino nel loro paese la nostra certezza che il popolo italiano saprà dare un contributo sempre più grande alla vittoria della giusta lotta del popolo del Vietnam.
Cassius Clay
Tra diritti civili e terrorismo internazionale, una storia tutta da scrivere
L’attraente immagine fisica, la capacità di comunicativa, il gossip familiare, la brevità del suo mandato presidenziale interrotto dalla tragica morte, seguita non molti anni dopo da quella del fratello Robert, hanno fatto di John Kennedy una icona positiva che ha impedito di fare una seria analisi storica e politica di un personaggio, invece, estremamente controverso. Nato da una famiglia ricca e potente, legata alle lobby dell’acciaio, titolare quasi per successione ereditaria della carica di senatore dello Stato del Massachusetts, John F. Kennedy si è accreditato agli occhi dei progressisti, anche europei, quale fautore della integrazione razziale che ancora negli anni ’60 stentava ad affermarsi nei democratici Stati Uniti. Questo non risponde a verità. Invischiato nelle
crociate anticomuniste e fondamentaliste di McCarthy, ripetutamente si fece dapprima fautore di legislazioni progressiste ed antirazziste, per poi fare marcia indietro al punto di essere accusato dai sostenitori dei diritti umani di utilizzare l’immagine antisegregazionista a soli scopi elettorali. In politica estera il triennio del suo mandato presidenziale fu caratterizzato da almeno tre episodi che ne tradiscono una immagine tutt’altro che democratica e pacifista. Il primo episodio è l’aggressione alla giovane repubblica cubana con l’organizzazione e il sostegno allo sbarco dei mercenari, addestrati ed armati negli USA, alla baia dei Porci nel 1961. La sottovalutazione della capacità di resistenza della milizia volontaria cubana ed il consenso popolare di cui il nuovo governo comunista godeva risolsero l’invasione in un totale fallimento; da allora tuttavia l’amministrazione Kennedy diede vita ad una intensa campagna terroristica, denominata “Operazione Mongoose” (mangusta), che provocò in 14 mesi ben 5.780 azioni terroristiche e 716 sabotaggi alle infrastrutture economiche cubane.
Il secondo evento fu la così detta “crisi dei missili”, quando la marina militare USA pose l’assedio all’isola di Cuba dove erano in corso di istallazione postazioni missilistiche sovietiche, portando il mondo sull’orlo di una terza guerra mondiale potenzialmente atomica. La crisi fu risolta con un ac-
cordo con l’Unione Sovietica che acconsentì a ritirare le proprie postazioni missilistiche da Cuba in cambio del ritiro di quelle USA installate in Turchia ai confini con la stessa Unione Sovietica. Il terzo e forse più grave evento, per le lunghissime conseguenze che provocò nel sud est asiatico, fu l’inizio della guerra del Vietnam. Fu infatti Kennedy, dopo la caduta del regime fantoccio di Diem insediato nel sud del Vietnam dopo la ritirata della Francia sconfitta dai comunisti del Vietnam del Nord, ad inviare i primi significativi contingenti militari in quella regione con l’intento, anche questo poi fallito, di contrastare l’avanzata del comunismo.
Il 4 marzo 1960 due grosse deflagrazioni nel porto di L'Avana provocarono l'esplosione della nave mercantile francese La Coubre. Quello fu il primo attentato terrorisico organizzato dalla C.I.A. ai danni della giovane repubblica comunista di Cuba. I morti nell'esplosione furono ottantuno e i feriti duecento. Il giorno successivo Fidel Castro decise di organizzare una cerimonia di commemorazione delle vittime, alla quale prese parte Che Guevara, all'epoca Ministro dell'Industria del governo cubano. In quella occasione il fotografo Korda scattò la foto che è poi divenuta l!immagine più nota e diffusa del Che.
Giochi Olimpici di Roma - Cassius Clay medaglia d!oro
“non ho niente contro i vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro” Muhammad Ali (nato Cassius Marcellus Clay Jr.; Louisville, 17 gennaio 1942) è sicuramente il pugile più famoso e apprezzato nella storia di quello sport. Ha vinto l'oro Olimpico ai Giochi di Roma nel 1960; come pugile professionista ha detenuto il titolo mondiale dei pesi massimi dal 1964 al 1967, dal 1974 al 1978 e per un'ultima breve parentesi ancora nel 1978, guadagnandosi il soprannome di “The King”, il Re. Nel 1967 rifiutò di andare in Vietnam, a combattere una guerra di dominazione “imperiale”, sbagliata e ingiusta perché combattuta contro un intero popolo, e non solo il FLN nazionalista
che la combatteva in armi. Fu arrestato, condannato e degradato, privato vergognosamente, per una persecuzione politica, di un titolo mondiale che gli spettava per averlo conquistato e difeso sul ring. Dopo quattro anni di galera, ritornò sul quadrato, sconfiggendo via via tutti gli avversari, per il massimo titolo, per poi riconquistarlo contro Frazier alla rivincita, e anche nella “bella”, dopo avere perduto la prima sfida. Fu di nuovo The King. Egli fece onore al Black People cui apparteneva, e non solo come campione sportivo, ma anche come leader morale.
III
Il Robespierre indocinese
La strana vicenda del “mostro” Pol Pot nella Cambogia “civile” di oggi E’ stato detto che nel breve periodo di circa cinque anni del governo della Repubblica della Kampuchea Democratica, sotto la guida di Pol Pot, vennero sterminati circa 3 milioni di cambogiani. Le stime più recenti, fornite da istituzioni internazionali anche vicine agli Usa, parlano oggi di circa 700.000 morti. La drammatica gravità di quei fatti non cambia certamente per il minor numero dei morti o dei torturati e resta la condanna incondizionata. Indagare sulla verità dei fatti assume, tuttavia, una estrema importanza se davvero si vuole che quegli eventi, o altri simili, non accadano più. Per comprendere le ragioni di ciò che è realmente accaduto in Cambogia occorre allora ricostruirne il contesto storico, politico e culturale nel quale quei fatti terribili si sono svolti. La Cambogia è un piccolo stato, scarsamente popolato, ai confini sud-occidentali del Vietnam. All’epoca della guerra americana del Vietnam la Cambogia era guidata da Norodom Sihanouk, dapprima re e poi, dopo l’abdicazione spontanea, primo presidente della Repubblica. Sihanouk, di cultura e costumi europei, era riuscito a tenere la Cambogia fuori dalla guerra del Vietnam, reprimendo l’ancora
piccolo Partito Comunista cambogiano all’epoca legato al Partito Comunista del Vietnam del Nord. Nel 1970 gli Usa diedero inizio ad una impressionante campagna di bombardamenti delle regioni orientali della Cambogia al confine con il Vietnam, nel tentativo di tagliare il famoso “sentiero di Ho Chi Min”, una pista all’interno della giungla lungo la quale venivano trasportati, di fatto a mano, i rifornimenti dal Vietnam del Nord ai partigiani Viet Cong del sud. E’ stato stimato che quei bombardamenti eseguiti con napalm, defolianti ed agenti chimici (“Agent Orange”, cioè: diossina), causarono circa 600.000 morti tra la popolazione civile cambogiana, senza peraltro riuscire ad interrompere il collegamento tra i due Vietnam. L’aggressione Usa allo Stato neutrale della Cambogia, all’epoca negata e confessata solo molti anni più tardi, ebbe l’effetto di destabilizzare il governo di Sihanouk che, rimpiazzato da un generale fantoccio americano Lon Nol, passò dalla parte dei comunisti che nel frattempo avevano creato l’esercito partigiano dei Khmer Rossi. Finita la guerra in Vietnam con la disfatta degli Usa, ben presto cadde anche il governo fantoccio di Lon Nol e i Khmer Rossi conquistarono
da una famiglia ricca e aveva frequentato la corte di Sihanouk; quindi si era trasferito in Francia a studiare nell’Università parigina della Sorbonne. E’ a Parigi che Pol Pot scoprì il comunismo apprendendolo dalla frequentazione di Jean Paul Sartre e, soprattutto, scoprì la rivoluzione francese divenendo un fanatico ammiratore del suo personaggio più estremo: Massimiliano Robespierre l’ “incorruttibile”. Tornato in Cambogia ed assunta la guida dapprima dell’esercito dei Khmer Rossi e poi del governo della Repubblica Democratica di Kampuchea Pol Pot, nella “tabula rasa” politica, economica e sociale lasciata dalla invasione americana, si avventurò nel sogno utopico della creazione del mondo nuovo e dell’uomo nuovo. Dopo avere guidato il ripopolamento delle zone rurali, abbandonate durante i bombardamenti americani, vuotando le città sovraffollate dai rifugiati, come prima inevitabile misura per la ricostituzione di una economia agricola di sopravvivenza, tentò di spezzare, con un solo colpo, quei principi “cardinali” che, sin dalle prime forme di organizzazione politica e sociale dell’umanità, avevano permesso e sostenuto la generazione delle di-
Saloth Sar noto con il nome di battaglia di Pol Pot
seguaglianze tra gli uomini “nati uguali”. Pol Pot abolì così la proprietà, la religione, il denaro ed infine anche la famiglia come idea di un nucleo chiuso potenzialmente conflittuale con la società aperta degli uguali. Come era accaduto nella rivoluzione francese, alla quale pure si deve la nascita degli Stati moderni con l’affermazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il fondamentalismo della scelta estrema di Pol Pot dege-
nerò nella coercizione, nella violenza e nel “terrore” di memoria giacobina. Pol Pot fu certamente ideologicamente un comunista, così come lo erano stati in fondo, ben prima di Marx, i padri della “liberté, egalité, fraternité” francese. Ma Pol Pot è prima di tutto figlio dell’occidente, della sua cultura fondamentalista che nasce dalla radice del monoteismo, del solo vero dio, sia che si tratti di un dio religioso del cielo o di un dio laico della terra.
Il Vietnam comunista dopo la liberazione
La Cambogia moderna e la finta democrazia
L’alfabetizzazione e la forza lavoro rappresentano uno slancio per la crescita economica del paese
Corruzione e mancato rispetto dei diritti umani sono simboli di un paese in cui l’illegalità è consuetudine
Vietnam, panorama
IV
Phnom Penh riportando al potere il presidente Sihanouk. La convivenza tra l’ex re ed i Khmer Rossi durò poco e, deposto Sihanouk, nel 1976 venne fondata la Repubblica Democratica di Kampuchea; primo ministro divenne Pol Pot. Il governo dei Khmer Rossi a Phnom Penh durò sino al 1979 quando la Cambogia venne invasa dall’esercito vietnamita che insediò un nuovo governo filosovietico sostenendolo con una occupazione militare durata dieci anni. Diversamente dal Vietnam legato all’Unione Sovietica, la Cambogia di Pol Pot infatti si era avvicinata alla Cina e, nel quadro della guerra fredda che ancora divideva i due blocchi, aveva ottenuto il riconoscimento e l’appoggio politico anche degli Usa, che ne difesero a lungo il seggio all’Onu, e quello logistico della confinante Thailandia. Crollata l’Unione Sovietica i Khmer Rossi vennero lasciati alla loro sorte, anche se riuscirono a resistere nelle regioni occidentali della Cambogia sino al 1996, e solo allora, improvvisamente, venne esibito all’opinione pubblica occidentale il “mostro” Pol Pot che, 15 anni prima, aveva diffuso il terrore in Cambogia. Ma chi era Pol Pot? Saloth Sar, questo era il vero nome di Pol Pot, era nato
In Vietnam, che conta oltre 80 milioni di abitanti, tutte le scuole sono state nazionalizzate dopo la riunificazione del paese e l'istruzione è stata resa obbligatoria e gratuita. Le università più importanti sono quella di Hà N!i e quelle di H" Chí Minh e Buôn Mê Thu!t; all'inizio degli anni 90 si contavano
nel paese oltre cento università e istituti di istruzione superiore ai quali erano iscritti circa 129.600 studenti. Il 94% della popolazione adulta è alfabetizzata. In Vietnam sono presenti numerosi parchi nazionali, tra cui il Parco nazionale di Con Dao. Il Parco nazionale di
Phong Nha-Ke Bang è stato designato come patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, insieme alla Baia di Ha Long, il Santuario di M# S$n, al Complesso dei monumenti di Hué e all'Antica città di Hoi An. Sono anche presenti sei riserve della biosfera. Il Prodotto Nazionale Lordo è di 3.025 $ pro capite (124º posto della classifica mondiale) mentre la disoccupazione è di circa il 4%. Dal 1986 il Vietnam ha cercato di convertire la propria economia prevalentemente agricola, aprendosi ai mercati esteri nel tentativo di dare impulso ad un'industria che sembra avere grandi potenzialità, emulando le altre economie asiatiche: nel 2005 il Vietnam ha avuto un tasso di crescita economica del 8,4%. Una grande abbondanza di forza lavoro giovanile, una buona scolarità e una disciplina di stampo asiatico, unita a una vivace cultura commerciale fanno del Vietnam uno dei paesi con le migliori prospettive di crescita economica del prossimo decennio.
Norodom Sihamoni re della Cambogia
La Cambogia, che conta circa 14 milioni di abitanti, è classificata il secondo paese più corrotto del Sud-Est Asiatico, superato solo dal Myanmar. Nel 2005 la BBC riporta che la corruzione è dilagante nel mondo politico, nell'esercito e nella magistratura cambogiana; sempre nel 2005, la banca mondiale ha minacciato addirittura di sospen-
dere i milioni di dollari di aiuto umanitario verso la Cambogia poiché tali soldi vengono illegalmente trasferiti in conti privati. Amnesty International afferma che un diritto inadeguato e le gravi deficienze nel sistema giudiziario fanno sì che in Cambogia vi sia una sistematica mancanza di protezioIns e r t o a c ur a di Sa ndr o R idolf i
ne dei diritti umani. Secondo l'Unicef la Cambogia è uno dei paesi con i peggiori problemi di traffico di bambini al mondo. Spesso sono gli stessi genitori (o i parenti in caso di orfani) che vendono i bambini spinti dalla povertà, dalla fame, dal degrado e dall'ignoranza. I bambini oggetto di sfruttamento vengono obbligati a vendere per strada, a prostituirsi (sono 100 mila le prostitute minorenni e il 42% di esse ha contratto il virus dell'HIV) o vengono storpiati per costringerli ad elimosinare; altri vengono venduti dai propri genitori alle coppie sterili occidentali, che arrivano a pagare 2000 dollari per un bambino (il numero di adozioni è aumentato da 59 nel 1995 a 600 nel 2001, ma i numeri reali sono sconosciuti e le agenzie intermediarie sono moltissime). Poiché molte nascite non vengono registrate all'anagrafe è impossibile stabilire il numero di minori venduti dai propri genitori.