LiberaMentre

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LiberaMentre Come una lucciola in una mano



Premessa “La parola mi piace perchè richiama una moralità non passiva, compiaciuta, contemplativa e consolatoria, ma un'attitudine critica da non abbandonare, una tensione continua verso la realtà...” (Stefano Rodotà). Durante il viaggio di ritorno dal mio lavoro, immerso nella musica di Lenny Kravitz, ho rivisto nella mia mente cinque poeti che si trovano in un caffè letterario e amabilmente discutono. Oziano in modo creativo. “Libera...mente” dice uno; “mi piace molto” dice un secondo. Scivolano i discorsi sulle questioni organizzative di un imminente spettacolo. “ Comporre: osservare e astrarre!” dice con voce risoluta il secondo dei poeti. “mi suona” dice il terzo “ mettiamo un sottotitolo, prima uno e poi l'altro!” Cade il discorso sui poeti che quest'anno scriveranno. Con ordine si stila l'elenco dei giovani e meno giovani scrittori...” LiberaMentre!” dice sottovoce il quinto dei poeti. Il Silenzio d'improvviso irrompe...il quarto poeta lo ripete, “LiberaMentre... LiberaMentre!” lo scandisce piano: dopo un repentino scambio di sguardi, incroci di meraviglie, uno schizzo sulla grafica da conferire al titolo, uno dei poeti afferma: “Si, è perfetto, sarà il titolo della raccolta !” Sono soltanto due parole per caso tornatemi alla mente: un verbo, imperativo presente ed una congiunzione temporale. Così nasce la nostra poesia, tra una telefonata al nonno ed una relazione al Comune, tra una lamiera infuocata ed un servizio al tavolo del ristorante. Parole istintive, taglienti e ironiche, dolci e amorevoli sono accostate, messe in fila con grazia soltanto asservite alla costruzione di immagini semplici, pure invenzioni. Più periodi costruiscono magicamente dei versi, che associati al giusto sentimento compongono una strofa, due, tre ed infinite combinazioni in completa libertà. Squilla il telefono, la relazione reclama attenzione, il cliente si lamenta dell'antipasto scarso, un altro tavolo da servire, una nuova lamiera da fondere, un autocarro di banane da caricare. L'attimo creativo non finisce li, perchè entra in circolo, scorre nel sangue, nei discorsi, torna alla men-


te anche se già ha cambiato le sue fattezze primordiali. E’ lui, l'attimo libero che sfugge, ma come un vizio torna in mente. I poeti dell’era del collasso del capitalismo scrivono con il cuore, astraendosi ad ogni respiro, mentre si sporcano le mani come tutti i cristiani di questo tempo di crisi o potrei dire recessione. Questi scrittori di seconda categoria, nonostante la crisi morale ed economica in atto, si inseriscono negli interstizi nascosti dell'anima umana e nelle misteriose curve dello spirito e mettono in risalto ognuno con un suo stile, quel sorriso raro della vecchina, la luce intensa un istante prima dell'alba, l'aria pesante di un tramonto, il respiro affannoso di un uomo dopo l'abbraccio con la sua donna, le fantasie d'amore di una giovane studentessa, il soffio lieve dello Spirito Santo durante l'adorazione. Il poeta disincantato è un artista che vuol comunicare le proprie visioni; è un astratto ritrattista ma molto più concreto che un tempo. Si incontra e si confronta con i propri simili sulla carta e dal vivo in spazi e tempi ridotti al minimo. Dal 2008, per non chiudersi nella più classica torre d'avorio, gli artisti disincantati si impegnano nella diffusione della poesia, si spendono nella costruzione di letture al pubblico per portare la parola raffinata del poeta in mezzo alla gente, tra sorrisi falsi ed applausi sentiti. Un GRAZIE a chi crede in noi ed anche nei giovani. Essi soprattutto prendono coscienza della loro creatività, ne sono sconvolti e posso assicurare che il loro impegno per confezionare un messaggio chiaro e forte alle pagine bianche del nostro libro è stato significativo. Anche quest'anno grazie all'Associazione Città Nuova, a Piazza del Grano di Foligno, le nostre poesie conferiscono nuova linfa al libretto che Voi, O Lettori Onorevolissimi, tenete tra le mani e se avrete voglia di leggerlo potrete provare a sperimentare le sensazioni amplificate dai poeti. E se ci chiederete a cosa potrebbe mai servirvi un libro di poesie noi vi risponderemo: troverete sempre in esso almeno un verso che vi vada a genio, capace di descrivere, o tradurre, o risolvere ciò che avete vissuto. Paolo Pablos Parigi


Davide Calandri

Diciottenne nato a Foligno, vive a Santa Maria di Pietrarossa. Frequenta il quinto anno del Liceo Socio-PsicoPedagogico di Spoleto. È un giovane che ama molto lo sport (da 13 anni pratica judo), ha un predilezione per la lettura , in particolare dei racconti di Edgar Allan Poe e di Lovecraft. Il suo futuro non è molto chiaro, ma probabilmente frequenterà l’Università a Perugia.

Destrezza Colpisci quando il tempo è giusto, muoviti con rapidità, quando si ferma il battito La vita è come un esperto guerriero, saggio e forte, sicuro di sé. Colpisci veloce, sorprendi, innova la tecnica,aggira, cambia prospettiva, cambia te stesso e quando il vecchio guerriero, stupito, abbasserà la guardia

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affonda il colpo con tutta la forza della tua volontà ma ricorda: dalla ferita non uscirà mai sangue.

Dolore Il tuo corpo che, ahimè , ancor scalda si muoveva come volesse crear tempesta Ma l’ora è tarda a dimenticar vorrei solo che al rimando dei giorni amati mostrassi verità È complicata la verità? È una parola, neanche troppo lunga Perché la tua bocca tace? Non la schiudi nemmeno per un casto bacio Oh, povero cuore! Prima candido ora malato che non può più trovar strada se non quella della notte Oh misero cuore!!! Come si spegne l’amore fulminato dal dolore!


Flusso interrotto Supino su un letto di fiume, osservavo lo scorrere limpido dell’acqua cristallina tra i sassi e le radici dei salici L’idilliaca visione comunicava pace e ordine, serenità e silenzio nel mio animo Ma in quell’attimo la mia mente creò un distorto ricordo: un timido flusso d’acqua nera come il buio che piano si prosciuga, richiudendosi in sé, scomparendo dall’umidità della terra senza memoria. Ciò che vidi ora mi è chiaro: l’uomo non è limpido, non scorre sinuoso sulla terra, non sazia la sete e non è ben voluto dalla natura. Noi siamo un flusso interrotto, bevuto dal tempo e inquinato dalle pulsioni

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forse, per chi è fortunato tutto lo scorrere porterà a una corrente sempre più forte, che trascina ogni cosa, fino ad arrivare al salto d’una cascata. Sul fondo, rimane solo poca acqua. Ma presto il fiume dall’acqua cristallina passerà lì, sul fondo, prendendosi cura di ciò che rimane. E anche noi potremmo passare tra i sassi e le radici dei salici, splendendo di luce. speranza di un nuovo riscatto. Il canto del terrore Morte e dolore si incrociano nel cantico del terrore; dove gli uomini nascon deformi, dove le donne piangono sui loro figli morti ora inizia di timpano e contralto l’orchestra nera, ora inizia il sogno d’un'altra era


penombra invade l’estrema valle la musica sale, la musica piange oscurità nelle note infernali. si sparge nello spazio fino alle ore fatali dove al culmine dell’orgia arriva sovrana la voce. “Bestie, demoni, e uomini amici e compatrioti cantiamo insieme, pieni d’amore, il cantico del terrore!!! “Invoco il terrore, ladro della notte e del giorno spirito d’ogni era ed età. Invoco il tuo potere, la tua influenza la tua potenza . Canto la tua forza, la tua saggezza canto il tuo destino grandioso composto dalla vecchia signora; e mai opera fu più letta e odiata. Canto del tuo sorriso che cela la lama fredda di paure ancestrali, fredda di quiete fredda di vuoto canto del tuo passo leggero canto del tuo imponente arrivo canto anche la tua pietà che, per fortuna, è così poca! canto i tuoi incubi le tue metamorfosi, terrene e d’incubo, che allietano il nostro sonno senza ritorno!

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Portami con te, o terrore! Balliamo tutta l’eternità, tormentando la realtà degli stolti amanti dell’amore!!! È arrivata, è ora! Prendici per la gola e scatena la maestosità della paura che precede l’oblio!!! Lode a te lode a te!!” L’applauso dell’oscura folla esplode nella notte: ciò che si era dileguato ora torna dall’ombra. Mille volti sfigurati formano la madre terrore che alta si erge sui suoi domini eterni. Sorridendo senza ridere, si sparge sul mondo colpendo senza rimorso, fa giacere tutti sul fondo, in un ciclo eterno che tutti cattura, che tutti trattiene, nel male o nel bene, in salute o in


malattia, finche vita non vi separi!!!! Sogno L’eco distante risuona cristallino tra alte montagne e ampie vallate coronate da una una lesta aurora Così poco tempo per coglierlo lasciando l’illusione dell’irreale lo sguardo cercava invano di personificare il suono ma si confonde schiacciato tra cielo e terra l’unica certezza era l’infinita bellezza dell’indefinito forse raggiunte le alte colonne potrà vedere cosa c’è oltre l’aurora la conoscenza è la fede più potente che ci sia

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così si avviò tra quelle grandi vallate sotto il cielo arcobaleno non fece più ritorno. ma adesso lo sento anche io quel suono che fluttua nell’ampia vallata sotto l’aurora. Non posso tirarmi più indietro, è il mio destino. La bellezza ci rinchiude in prigioni dorate.


Alessandro Carlini

Nato a Spoleto il 9 agosto 1996 - tra la gioia dei parenti. Cresciuto, coccolato e a volte viziato come tutti i bambini che passano la maggior parte del tempo dai propri nonni. Frequenta la 2° classe del Liceo delle Scienze Umane. Pratica calcio da quando ha 5 anni. Attualmente gioca nella Società Fulginium. Il suo sogno nel cassetto: viaggiare per lavoro, magari giocando a pallone.

Diciamo che sta andando tutto bene Diciamo che sta andando tutto bene, ma come stanno le cose realmente? Mentre il gatto è felice il topo muore, mentre il leone è felice la lepre piange suo figlio, mentre realizzi il tuo sogno quello di un altro è infranto per colpa tua, allora, si può essere veramente felici?

Famiglia Che voi siate due, tre, quattro, dieci, mille non fa differenza. Si potrebbe dir che da soli sarebbe stato meglio. Non è così. Quello strano nodo che unisce tutte quelle persone nate sotto lo stesso albero,

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è radicato dentro ognuno di noi, anima ogni festa e ci spinge a star bene insieme, tutti insieme. Per questo amo questa piccola, ma anche quando si è in pochi, grande parola. L’importante è che il nodo non diventi groviglio, e che la famiglia per il figlio sia sempre più un appiglio.


Cristian Crispini

E' nato a Spoleto il 17 agosto 1993. E’ uno studente del liceo scientifico “Alessandro Volta” di Spoleto, ama la lettura specialmente romanzi fantastici. E’ uno scrittore in erba ma ha una grande voglia di emergere, scrive poesie da quando era bambino anche se non ha mai partecipato ad un concorso poetico, considerava le sue poesie “cosuncole” non adatte ai concorsi. Ora ha pensato bene di crearne di nuove per dimostrare che per scrivere poesie non serve essere già un poeta, piuttosto è necessario cominciare a scrivere come si è, per poterlo diventare un giorno.

Frammenti di anime Nulla è per sempre... Tutto si sgretola, tutto si sfalda, tutto si riduce. Viviamo una vita succubi della follia, la follia di vincere. come castelli di sabbia fronteggiamo l’oceano e sconfitti inneggiamo alla vittoria. La vita è come mordere il vento; non riesci a prenderla e ti secca la gola.

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Mezzanotte Notte accendi la tua luce rubata m’avvolgi,m’abbracci ma non sento tepore, sollievo? Magari … L’hai presa per mano l’hai condotta lontano laddove neanche il pensiero riesce a indagare. Cala la notte come un sipario chiude le tende l’atto è concluso le gettano i fiori anche loro commossi lacrime di rugiada a bagnare la terra. Il tuo abbraccio si scioglie, perde vigore e s’accascia la luce rinasce con te a nuova vita. I grilli non cantano tutto tace, solo una campana alza il suo grido ha terminato questa notte il cuore lo spartito.


Sandro Costanzi

Nato a Spoleto (PG) il 04/05/1981, nel 2.000 consegue la maturità socio-psicopedagogica presso il Liceo Pontano Sansi. Nel 2007 consegue presso l’Istituto Teologico di Assisi , sotto la saggia guida della professoressa Clara Burini De Lorenzi: Tertulliano: L’anima e la sua realtà ( De anima 22). Dal 2007, oltre a esperienze didattiche svolte in scuole di vario ordine e grado, è responsabile e animatore del Centro Culturale Poli d’Arte, per cui ha curato anche la mostra di arte aborigena dell’Australia e la personale del M° William Tode. Nel biennio 2007/2008 ha curato l’Umbria Segreta con l’associazione culturale Musikè: la musica cameristica nelle pievi dimenticate del comprensorio spoletino. Dal 2010 collabora con la rivista online Spoleto Web. E’ socio fondatore dell’associazione culturale Fare Cultura. Sempre nel 2010 ha partecipato al cortometraggio di Alessandro Ciamarra ( autore) e Filippo Titta ( regista) L’amore nelle radici. Nel 2011 ha redatto il testo critico di due composizioni sinfoniche per organo del M° William Tode: La preghiera per un artista e il Prometeo eseguite in prima assoluta presso il Conservatorio di Santa Cecilia in Roma il 20 dicembre 2011. Dittico lirico Ali gemelle Vissero le più recondite voragini della terra anelando squarci di cielo, cercando di rimanere in equilibrio solo su di un’unica ala.

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Le anime che si riconoscono si aggrappano all’ala gemella e si abbracciano sorelle in un volo risorto ... eterno .... domenica 23 ottobre 2011 Il volo delle anime Sfiorano .... E fioriscono radiose gustando il segreto nettare dell’universo... E poi la nostalgia di consonanze recondite nell’attesa di rimanere abbracciate quando la vita … le congiunge … lunedì 24 ottobre 2011 Sezione ermetica Limitare oltre... Metafisico sospendersi di un fulcro unico che limitare oltre... nell’abbraccio informe dell’universo orizzonte... Un volo imprime leggero la volta di cattedrali impalpabili ... La materia non fu... Che un consunto scindersi di atomi esplosi...


Dissolversi nell’Uno ritornando puro ... concetto... venerdì 27 gennaio 2012 Nota introduttiva: Segue una breve, ma compatta silloge di concise poesie ermetiche: volutamente scarnificate e senza titolo, private di qualsiasi data per svincolarle dal tempo. Astrarre essenze Concepire concetti Ossidarsi di albe consunte e radiate in enigmi vissuti ... Sanno di noi... più di quanto sappiamo di loro... le cose disperse in silenzi di polvere... Rarefarsi di giorni in tramonti sognanti …. Fugace freccia tesa e radiata nell’arco di... un giorno... Povera cosa è la vita che ogni dì si polverizza nella stanca luce del meriggio. Dissolversi intellegibile di preghiere ossidate al limitare dell’orizzonte...

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Rifulge ancora... Fanciullo... il titano... Piccola e perfetta mi immergi in spirali di luce pura e compiuta. Si dissolse intangibile tra le cime rarefatte nell’attimo di un volo … Immerso nel bianco e solo ondeggiare in un mare di soli … ... Fu la scintilla di un attimo a ricomporre frammenti di galassie perse nel mito … Universi dischiusi in orizzonti di senso conclusi nell’Uno … Dissolversi originario nell’Uno ritornando l’essenza che fu materia … ... Arcaico respirare orizzonti inediti... ... E trasfigurarsi ... L’universo nell’Uno ... ... Umano irradiarsi... dell’Uno...


Giovanni D’Andrea

Ho una pagina o poco più per dirvi chi sono: mi assale l’idea che tutte le parole del mondo non basterebbero a raccontare Giovanni D’Andrea. Vi potrei dire che per capire davvero da dove vengo io e i miei pensieri, avreste bisogno di leggere le mie poesie. Ma mentirei a me stesso e a voi, perché una poesia non spiega un uomo. Una poesia è un’idea un, lampo che colpisce, un numero sognato nel dormiveglia e scritto appena si è svegli ogni altra, chissà quale grande responsabilità di fronte al mondo. Quando invece in qualsiasi situazione che la vita ci mette davanti basta semplicemente ricordarsi chi si è veramente, senza voler essere qualcun altro. Ho iniziato a scrivere non per amore di grandi portatori di pensieri e parole come Alda Merini o Neruda: ho amato leggerli non per ammirazione riverenziale, ma per curiosità smaniosa di scoprire da solo il messaggio che hanno voluto lasciare. In verità però il motivo vero per cui scrivo è che non riesco a farne a meno. Ogni poesia è un pensiero, ogni pensiero è un foglietto appeso a una grande bacheca, con la speranza che un giorno, rileggendoli tutti, io riesca a mettere in ordire me stesso e riesca a “Vittoria Colonna” – organizzato dall’assessorato alla cultura del comune di Marino (Roma) con le liriche “Morfina” e “Specchi” per giocarselo al superenalotto. Non lo so neanche io chi sono e dove andrò, altrimenti non sareste qui a leggere di me. Posso forse dirvi da dove viene la mia contorta idea di essere vivo. Sono nato più o meno 18 anni fa, da due splendidi genitori che dal primo momento che mi hanno visto hanno dedicato tutta la loro vita a prepararmi per il mondo dei grandi, dandomi lo pag. 19 stesso grande amore che da loro ricevettero le mie due sorelle maggiori. Non appena imparai a radermi la barba poco


dopo il sedicesimo compleanno, dovetti raderla per l’ultima volta alla salma dell’uomo che mi insegnò a tenere in mano quel rasoio. Nella stupidità di un orfano che aveva appena perso suo padre, mi illusi che quella disgrazia richiedesse, di spiegare agli altri chi fosse Giovanni D’Andrea. Mi trovo ancora in quello stesso mondo sospeso tra il sogno e la realtà, appuntando tutti i numeri che vedo: chissà se un giorno lo vincerò questo Superenalotto. Voi intanto leggete i miei pensieri, magari in passato ne saranno passati di simili anche a voi tra un sogno e l’altro. PS: I risultati conseguiti: 3° classificato al concorso “Verseggiando” 2011, con la lirica “Morfina”; 1° assoluto nella sezione studenti scuole superiori alla terza edizione del Premio di poesia biennale .

Io sto ancora cercando Il respiro affannato soffoca nello scenario di un film di sola paura sei nel buio o il buio è in te. Dov’è Dio? Siamo uomini per impazzire? Quando non riesci a parlare con te stesso chiedi alla chiesa, alla scienza, all’amore… ma la risposta non c’è, solo abitudine alla paura. Hai un demonio dentro e temi di incontrarlo fuori. Non abituarti!! Non arrenderti!! I mostri! Le urla! Lo strazio dell’inferno! Non sono davvero sulla tua pelle è la paura nera in te Trova il coraggio cerca le risposte chiedile a Dio, alla ragione,all’amore… Alla vita non va dato per forza un lieto fine. Ma io lo sto ancora cercando.


Ipocrisia dell’emozione Poeti, scrittori, maestri di retorica maestri di vite passate e future ma erranti nell’illusione di far nascere tra noi comuni mortali la loro Venere La poesia è una rapida veloce! E tu gli sei sopra!La poesia è ricordo! È rancore! È sollievo dal dolore! La poesia è puro erotismo della mente! Perché volete scriverla? Per la gloria? Ma è glorioso catturare un animale così raro e metterlo in gabbia? Una poesia una volta scritta è come una lucciola in una mano! Resta bellissima ma non brilla più non lo fa come quando era leggera e volava sopra i profumi del grano caldo dell’estate. Una poesia scritta poi riletta è come Il furto d’un bacio di Venere. Sì, dannazione ! Un viaggio in paradiso! Ogni uomo lo desidera! Ma una volta dato diventa come ogni bacio umano e raggiungibile… Io non voglio ciò che posso raggiungere io voglio di più!

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Mi hanno dato del pazzo Mi hanno dato del pazzo ho creduto di esserlo con tutto me stesso non resto più in una stanza buia ho paura di incontrare le tenebre in me Non ho detto addio a mio padre gli ho fatto una battuta per l’ultima volta lui me ne ha fatta un'altra avrei voluto dirgli TI VOGLIO BENE Ho errato nel dare importanza alla realtà quando era importante cercare dentro tutti son morti tutti moriremo ma pochi eletti sapranno vivere. Morfina Tic toc scorrono lancette passano come treni ore sui binari dei giorni Tic toc bussano e non apri e studi lavori hai dei figli ma più veloce di te lavora il tempo Tic toc ma l’ordine supremo è non pensarci se la vita finisce in ogni giorno che è un giorno in meno Tic toc se ti abbandoni ti rilassi perché c’è chi pensa al posto tuo li hanno inventati per questo giornali e talk show Tic toc e per un attimo nel battito incontri la tua vita glielo hai dato un senso? Perché lo chiedi quando ormai è finita? Tic toc meglio lasciar stare meglio un clic che accende il televisore è la morfina che ti concedono a portata di mano per te malato terminale di rinuncia ad andartene lontano.


Specchi Come vivi? Vivo. Come vedi? Tanto bianco da sembrare nero. A cosa pensi? C’è chi per me pensa Lo lasci fare? Sono distratto da suoni che non mi fanno ascoltare Sei felice? Mi hanno detto che lo sono Il pagliaccio sorride se le mani battono Le mani battono se il pagliaccio sorride La sera? Ho paura del buio potrei incontrare il mio pensiero Accendo la tv per la mia dose giornaliera di morfina Ma il tempo? Finisce col ricordo Allora basta. incontra te stesso. il mondo rispecchia il mondo e ci sembra vero.

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Il pennello e l’amore Te ne sei andato. Non c’eri quando ti chiamavo. Era assordante il rumore del mio urlare il tuo nome adoravo la tua turbolenta anima ma te ne sei andato stufo di una vita non tua. Avanti a me lo sgretolarsi di un’immaginazione. Scompaiono i tratti del tuo viso i tuoi bianchi capelli. Le tue mani di piuma non riescono più a stringer il pennello e l’amore. Te ne vai senza sapere il mio dolore ma resti diverso e la tua arte con me indifferente al soffiare del vento. Tu che eri danza Applausi scroscianti che fuggirono nel tempo successi su successi in ogni palco di mondo migliaia a mazzi rose ed altri fiori

Eleonora Di Girolam o

Eleonora nasce nella primavera del ’93 a Spoleto. Il primo approccio con la poesia avviene tramite suo nonno, pittore umbro che la trasporta sin da bambina nel mondo dell’arte. Partecipa per la prima volta a concorsi letterari nel 2011, presentando al Premio letterario Internazionale “Città di Martinsicuro” e al concorso “Verseggiando” II edizione, la poesia dal titolo “Tu che eri danza”.

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nei tuoi camerini che si riempivano di anni. Strade di trionfi spalancavano i teatri e caloroso il pubblico confondeva per te le differenze di ceto e si colmava l’anima con la tua gioia. Poi venne la tristezza lenta del tramonto inesorabile che tu non sapevi digiuna del sapore ormai del successo e degli applausi l’odore. Era l’arrivo annunciato della morte che col suo abbraccio beffardo ti circondò d’immenso silenzio di squallore. Giunsero ancora fiori dai prati del mondo eroici nella fine più tarda della tua. Sgranati nei petali mille perché della vita e la sua corsa danzata e inesorabile dell’esser stati e disfatti o dell’avere saputo e poi sapere nulla più. Vivere è un ballo strano da immaginare tentando di sentire e poi concludere certi soltanto poter sognare, semmai, di aver visto … Tu stesa come il logoro tuo sogno scarnita ed assuefatta allo sfaldarsi del tutto. E dormi nel sempre coi tuoi occhi ancora tesi alle pareti di una stanza dove oltre te rimane a carezzarti il tiepido ricordo nell’aria che ripete la tua danza.


Paola Gubbini

Nasce a Foligno il 28/09/1986, risiede a Castel Ritaldi fin dalla nascita. La sua prima pubblicazione consiste in dodici delle sue poesie, all’interno della collana antologica “Spiragli 61” , finita di stampare nel dicembre 2005, edita dalla casa editrice “Nuovi Autori”.Pubblica poi in “Emozioni da saltimbanco” e “ Burattinai di parole” editi rispettivamente negli anni 2008 e 2010 da CESVOL. L’anno 2009 l’ha vista vincitrice del primo e fin ad ora unico “Poetry Slam” svolto nella città di Spoleto. Numerosi concorsi hanno notato e selezionato sue poesie anche ai fini della pubblicazione. Possiamo infatti incontrare i suoi versi nei seguenti volumi che prendono il nome del concorso di cui sono il risultato, editi da “b Aletti Editore” nella cronologia che segue: 2009 - “ Parole in fuga” vol.6 ; 2010 - “Tra un fiore colto e l’altro donato” vol. 7 ; 2010 - “Verrà il mattino e avrà un tuo verso” vol. 8 ; 2010- “Habere Artem” La poetessa ha preso parte e partecipa a numerosi recital ed iniziative rivolte alla poesia organizzate nel suo territorio. L’estate dell’anno 2008 a Castel Ritaldi ha ideato e organizzato all’interno del calendario eventi della XX edizione del ” Palio del Fantasma” il recital “ Streghe Ubriache”, un passo a due tutto al femminile, scegliendo come unica duettante la scrittrice spoletina Elisabetta Comastri, accompagnamento musicale a cura di Christian Panetto - Marco Di Battista, coreografia ed interpretazione del balletto curato interamente da Teresa Rospetti. La sua poesia è realtà, trasfigurata quanto ammiccante, quasi mai rivelata ma solo tratteggiata e accennata. Le chiavi di let- pag. 27 tura si percepiscono leggendo i testi con tutti i sensi, lasciando al suono delle parole la possibilità di creare immagini, affinché


possano evocare alcuni dei nostri mondi. Nella sua poesia c’è l’istinto poetico, l’istinto sicuro di chi nasce poeta, di chi è abituato a leggere il mondo in versi ed in versi esprimerlo. Gocce sul vetro Spazio solo per noi per i soli posto non c’è perché non esiste spazio tra noi. D’impatto senz’attesa trovarti qui a pochi millimetri da me distante chilometri dal resto che c’è. Parole nel buio io te e gocce sul vetro sembrano baci dal cielo il mondo è qui io e te lo sguardo ha autonomia mezzo metro. Cristalli circolari simmetrici sembrano custodirci con uno sguardo compatto senza commento dipinti silenti fanno di quadro il nostro firmamento. E ti sento in quello che sento altro è cerchi di fumo che svuota un sospiro mentre qui parla anche il silenzio in cui ti respiro. Sembra strano parole di menta sotto un cielo di vetro sopra il mondo io siedo senza giri di tempo ignoro lancette che perdo nel vento.


E’ come di getto dopo a lungo girare dopo passi lasciati alle spalle intrisi di furto concessi a un deserto è or come un riposo incontrare il mare. Altro non so nulla io chiedo a un incontro che tiene ancora i miei occhi incollati al muro. Dopo ore ingoiando calce che brucia la gola che tinge, brandelli di fumo l’ultima parola. Arriva la pioggia e pulisce tutto da qui è come guardare la città dall’alto di un tetto. Un cono di gocce che asciuga il volto, vittoria o fiducia come limone negli occhi mi brucia per il sapore di un bacio raccolto. Altro non so nulla io chiedo a un incontro che tiene ancora i miei occhi incollati al muro.

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Scivoli E miri scivoli tra le dita come un saluto mai consegnato, una goccia di veleno che corre da una bocca ormai senza fiato. E ti scrivo, perché? Più di prima me lo chiedo anch'io. Ero in un posto che aveva tutte le sembianze d'esser il posto mio. Per un tragitto segnato nel cielo per una carta senza seme disegno su sabbia conchiglie di vetro mentre aspetto un nome per quello che vedo. Conchiglie che calpesto col nudo d'un piede che rimargina e non ne resta disegno perché di vento è la linea che traccio danzando in un castello senza regno. E attimi o parole lente sguardi e domande in un momento in cui già di me non so niente il tempo per noi è già distante. Non avere risposte non fare domande non cercare margini ma sentire il bisogno di saperne di più di aprire le imposte su un libro d'immagini.


E mi dilungo perchÊ non riesco a collegare i puntini di un nuovo disegno già visto. Non lo chiamo imprevisto anzi era scontato il ritorno perchÊ ho volato di dieci anni in un giorno. E risposte non puoi chiedere se risposte non hai quindi taccio su queste parole di scivoli le tracce di quello che sai. Senza filtro Mi hai vestita di niente per trovarmi la pelle per presentarmi le stelle insegnanti di strada per uscire da te mi hai cambiato la mente per portarmi da me. Quella pietra serviva per portarmi alla vita quella pietra è matita che non sa scrivere Nero su bianco senza parole pesanti senza sguardi distratti non vicini e distanti quegli istanti con te. E ora scrivo di fuga di righe non ne hai lasciate di ruga

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ma una nuova che ride ti raggiunge alla nuca con su pezzi di te. Mi hai svestita di gente un foglio scritto di niente carta bianca pretende di vestirsi da sé. E dietro un libero arbitrio cancello ogni video già esente da audio senza gesti eclatanti silenzi importanti giornate di sonno ombra di sveglia un tramonto Che mi riporta un pensiero Ma non ne adopero il siero perché non ha gesti ingombranti Io non ho mai condannato il tuo essere vivo il tuo essere un mostro nel restare pulito e se ti ho biasimato è perché non ho mai capito. Vorrei imparare da te a scrollarmi dal fulcro i respiri di sguardo vorrei fossi d'argento senza chiedere altro. L'unica logica è un sogno senza monili di peltro da portare con sé da ricordare di giorno da raccontare al risveglio senza filtro.


La politica Bla, bla, bla; Bla, bla, bla; bla bla.. Valletto a 'Piramide'. Mente perenne, mai se ne pente;

Iacopo Feliciani

Autore letterario libero e spoletino, profondo conoscitore del mondo del Melodramma, e da sempre affascinato dalle magie della musica Sacra. Collabora con numerosi portali on-line, prediligendo i Festivals, e la stagione lirica, mettendo in risalto la bellezza dellerarità presentate nella Città dei Due Mondi. Nel 2008 è autore insieme a Paolo Parigi di un libretto operistico dal titolo “Fuori dal tempo”. È ideatore del blog “http://www.notitiae.info”. Collabora con “Spoleto 7 giorni”.Negli ultimi anni si è lasciato prendere dalla poesia iniziando a scrivere in occasione delle serate organizzate durante il Festival da una nota Cantina per celebrare il “Rosso di Montefalco”. La sua attività artistica in campo musicale lo vede impegnato come cantore dellaCappella musicale della Cattedrale di Spoleto e come compositore di qualche lirica. Ha partecipato ai reading poetici dell’Associazione “Fare Cultura” presentando il Melodramma in esplicativa ed originale chiave poetico-letteraria. Le poesie presentate sono state ispirate dai meandri più reconditi ed affascinanti della Conoscenza umana, sempre oggetto di approfondimento e studio; rese poi marmo stabile da una perifrasi lineare e descrittiva, ma molto disomogenea. Si ha l’impressione di vedere un quadro con pennellate di colore di intensità sempre diverse e leggermente sfumate, confuse dalla luce del crepuscolo: la luce che l’autore ama maggiormente.

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gira e rigira, sempre raggira; rotola e arrotola, tutto s'accomoda. Sbatte e ribalta, mai la vuol patta; mutua e accumula, è tutto nà cupola; senza virtù, si crede Re Artù. Se fiuta una lira, al volo la pija; senza una mente, meschino non sente; occhio per occhio, somigli a Pinocchio. Alti ruoli ricopre, tutti mariuoli; mai non arriva, si crede una cima; a nulla crede, ma tutto beve. Requiem crepuscolare Tic, tac; tic, tac; il Requiem Aeternam! Tic, tac! Creato il tempo, ...inventato! Tic, tac! A ritmo - ermetico! Simpatico, amato! Studiato e impostato... In media osannato. Nel numero estorto. Tic, tac! Il Requiem Aeternam, sottratto; annullato! Tic, tac!!


Greta Guerrini

Greta Guerrini è nata ad Assisi la vigilia di Natale di 18 anni fa e vive a Spoleto. Frequenta l’ultimo anno del Liceo Scientifico “A.Volta” della sua città ed è appassionata di lettura, scrittura, lingue e pallavolo. Nel 2011 ha ottenuto le prime segnalazioni ai concorsi letterari cui ha iniziato a partecipare, dapprima con il racconto “Il sapore di un giorno d’estate” al concorso letterario “Fame di parole” indetto dalla società italiana di psicologia,sessuologia e criminologia di Napoli, poi con la favola “Il riscatto di Lia” al concorso Tabarrini-Castel Ritaldi “Il paese delle fiabe”. Si è poi classificata terza con la lettera “La vita è amore o no?” al concorso letterario Elisabetta e Maria Chiara Casini di Firenze; Infine ha raggiunto il primo posto assoluto in due concorsi: con la poesia “La culla del mio io” al 2° concorso poetico nazionale “IL CHIOSTRO” di Stradella, Pavia e con la poesia “Il volo” alla 23° edizione di poesia “Sabbatino Circi” di Borbona (RI) .

Alla mia dolce Olivia Dolce sorriso giallo di canditi e caramelle nutre l’anima a chi gioca la vita insieme a te. Manine felici e impertinenti battono al grido di una nuova impresa un applauso che festeggia labbra spalancate ad ospitarti. Piedini che scalciano alla vista di una nuova invenzione di colori e suoni. Occhi vogliosi di conoscere

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scintillano come diamanti medicina per chi non sogna più. Corpicino inesauribile arcobaleno di energia bianchi i dentini come pietre preziose un solo sorriso imburra il cuore e caramella il giorno. Dolci parole suonano in una canzone che solo lei sa cantare, ritornello della vita. Farfallina che vola di fiore in fiore lei balza da un gioco all’altro ad esplorare l’ignoto sapore delle paure l’ animo eroico ancora e volto all’avventura. Ed io che come lei tentai imprese non umane ora mi rispecchio nell’abisso del suo sorriso mi emoziono con la sua energia vivo con le sue avventure un’altra volta stringendole la mano e risentendo viva la mia.

La regina del castello di coperte Dentro ai suoi occhi il verde ch’era acceso da quella azzurra fiamma giovanile si è spenta e insieme quella sua allegria la gioia sua di trottole e canditi. Dentro di sé porta il fardello strano di una famiglia che non è più sua e l’esigenza di diventare grande come magia o grazie ad una maschera che non è sua ma serve per celare il vuoto dentro che riempie sonni e soli. Come combatterla è forse troppo chiaro se… basterebbe il fuoco di un abbraccio di una famiglia che sola può cullarlo. Si sente altrove e lacrime vorrebbe per ritornare ad essere bambina quando le bambole giocavano nei sogni


con la regina del castello di coperte. Fragile è il volo come di farfalla che non si merita ancora di esser donna che non sa ancora decidere il futuro perché il bisogno è vivere i suoi giorni di adolescenza, magari anche un amore. Ma non è dato percepire il grido di una farfalla se non si ascolta il vento che alla coscienza allunga le sue mani e apre la cella al carcere del tempo.

A noi donne basta essere La paura paralizza il corpo ed una morsa agguanta le corde vocali a togliere quel poco di voce che sospira. Si gela l’animo e il cuore slavina Suona impossibile un dolore così immane. Stanca se ne va senza una strada tutta la forza che c’era per lottare la convinzione cucita addosso con un filo d’oro ora è polvere cosparsa al vento. Non c’è una spiegazione amara è la certezza che non c’è. Ogni paura omologa gli effetti e li somiglia a se stessi sia una delusione sia dall’amore sia da un dentro che non vedi Ma c’è sempre anche da spenta quella luce fa rialzare e sciacqua di dosso la polvere. A noi donne basta poco per alzarci al giorno a noi donne basta essere.

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Il motore del mondo In lei forza esplosiva che tempesta di diamanti l’animo e di arcobaleni uragano di rosa determinazione come il fiocco appeso per una sorella nuova. Crudele umanità subisce ai voli e porta il peso della cipria sopra un volto d’angelo che non ne vorrebbe ma copre di paure. Inesauribile energia che permette in lei imprese non pensate per gli umani riscossa motore di un carro armato invincibile e gravido di vita. Un ticchettio fastidioso urla dal forno e il ferro scalpita ai panni appena asciutti ma lei eroina risolve il dramma fatale che sia e nella casa si risolve di tacere. Eppure in lei permane voglia che arde che brucia che esplode di chi ha strozzato idee affogandole nel cuore schiacciando a forza le labbra al cuscino per notti e sogni lunghi come ere. E ancora qualcuna s’attarda a gridare l’affondo agli occhi sordi di chi nega ma sa che siamo donne, ora, motore del mondo.


A cura di Pablos

jONNY (Gionada Battisti)

Crescendo si è accorto che la vita cambia ed oggi alle volte trova rifugio nella carta e nella penna che gli permettono di fantasticare. JONNY come ama firmarsi vive a Sant'Anatolia di Narco, nel cuore della Valnerina. Vive e lavora gestendo il bar di famiglia e il Bed & Breakfast The Old Train, da poco inaugurato. Dopo due anni la sua scrittura ancora mi colpisce con scherzi fulminei che affiorano dall'inconscio. Legge di filosofia ed ascolta la musica di Guccini . E' un grande appassionato di calcio soprattutto giocato. In campo illumina il gioco, così come le sue poesie accendono i riflettori per un istante: poi torna al suo lavoro con tanta dedizione ed amore...e lasciatemelo dire di amore ce ne vuol tanto per sorridere indistintamente a tutti clienti.

In una giornata di neve a Sant'Anatolia di Narco. ... Non so se sono più strano nella mia vita o nei miei sogni … Sarei il mio idolo, se la vita che faccio non fosse la mia. Dubiteresti? Dubiteresti della luna solo perchè non la puoi toccare il vento non lo puoi toccare, eppure esiste, lui ti accarezza...

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sono come il vento... ti sfioro e ti scompiglio i capelli, ti avvolgo con il mio abbraccio invisibile, non mi vedi, ma ci sono sempre. Dialogo tra due poeti a Cesare TROVO LA MIA NATURALE COLLOCAZIONE NELL'IRRAZIONALITA' che trasale dal mio e tuo Io in questa strana irrealtà MI PIACE IL GRANDE ORDINE ED IL DISORDINE estremamente perfetta nel passaggio dall'uno all'altro OGGI...UN GIORNO PUO' NON SIGNIFICARE NIENTE è tempo senza nome, in crisi d'identità apparente. SI PUO' NASCERE O MORIRE, GUARIRE O MORIRE scendere o salire, ridere e soffrire INNAMORARSI, CAMBIARE IDEA giocare e burlarsi della gente ignara LITIGARE, CONOSCERE AMICI PER LA VITA trovare un luogo bello, un punto unico. UN GIORNO NON POTRA' MAI SIGNIFICARE NIENTE urlare per scaricare la rabbia, per poi piangere di felicità. HO BISOGNO DI USCIRE DAI CONFINI DEFINITI per andare nell'infinito spazio dell'universo immenso e buio...buio come una galleria senza luce. Sant'Anatolia di Narco, 10 febbraio 2012. Questo è un esperimento poetico scritto con un amico, una sequenza di versi a voci alternate. Mi sento colpevole di tutto quello che non sono per te.


Il mio amore Il mio amore… è un mendicante cieco, all’uscio del tuo castello vuoto… è il brandello delle tende strappate dal vento… è il contorno inetto della tua ombra stanca… è l’abbozzo imperfetto delle mie tele migliori…

Chiara Mancuso

Nasce a Palermo. All’età di quattordici anni si trasferisce in Umbria per studiare Chitarra Classica al Conservatorio “Morlacchi” di Perugia, si diplomerà, con due anni di anticipo, all’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni . Contemporaneamente si diploma al Liceo Classico di Assisi. A soli quindici anni viene invitata dal comitato “8 Marzo”, a leggere le sue poesie, in qualità di finalista più giovane al concorso letterario indetto dallo stesso comitato. Si classifica terza al concorso nazionale “Una poesia per il Giubileo”, e finalista al concorso per racconti indetto dal comitato culturale “L’Angelo”. Attualmente lavora come insegnante di chitarra classica e moderna e sta completando gli studi di chitarra elettrica presso l’Accademia Lizard.

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è la luce che ti aspetta alla finestra… un sospiro infinito… una nuvola sbiadita… Il mio amore… è l’ospite straniero delle mie notti insonni… è un bambino la mattina di Natale… il tuo sguardo arrossato… un bacio mai dato… un bocciolo mai nato… Il mio amore… è la mano che cerca i tuoi capelli sul mio cuscino vuoto… le mie grida prigioniere che mi straziano in silenzio… le lacrime nascoste… un ossimoro imperfetto… Questo amore… è il tuo ritratto inciso nei miei occhi, il tuo essere che dà vita ai miei pensieri, platonico figlio di povertà e ricchezza… C.M. Marzo 2000


Addio Quello che resta in fondo agli occhi è la tua schiena che si allontana in questo tramonto di sangue e sgomento, in questo viale cosĂŹ lungo e desolato, mentre le ombre si distendono, intrecciando il loro profilo, confondendo le nostre ultime parole, distese anch’esse dietro la luce che trema. Quello che resta, adesso, in fondo ai miei occhi è questo orizzonte liquido, i tuoi passi incerti, che ti portano lontano dalle mie dita, dalle mie braccia, dalla mia pelle imperlata dal sudore, come ragnatele al mattino, segnata

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da rivoli di lacrime, come ruscelli estivi, arginati da deboli rughe, da fragili dita sole come questi rami secchi, già all’ombra. Quello che resta, adesso, è la tua sagoma sfocata da lontano, che si ferma un attimo, mentre un ultimo bagliore brilla sul tuo viso di tre quarti, brilla su questo ultimo addio, su questo viale già al buio, sulle mie mani vuote come questa stanza, dove aleggiano, ancora, le nostre ultime mute parole. Quello che resta stanotte è il nostro addio intrappolato in questa torre di ghiaccio. 14/01/2012


Attesa Lontano dai tuoi occhi, c’è ancora il tuo castello infestato dalle nostre ultime parole, come fantasmi dolenti urlano nelle nostre stanze, strappando le tende che un tempo accoglievano un sole festoso. Lontano dai tuoi occhi, brillano ancora le spade appese alle pareti, dolenti per le battaglie trascorse. Lontano dai tuoi occhi, vola un velo bianco come un vessillo di guerra, come un gabbiano leggero si libra sopra le torri del tuo castello spoglio. Lontano dai tuoi occhi, le onde

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sfiancano ancora gli scogli dove un tempo sfidavi la sorte. Lontano dai tuoi occhi, il mare adagia piano un velo bianco sulla riva, con tenera cura lo sostiene fino alla sabbia asciutta, dove aspetterĂ le tue dita ad afferrarlo. 15/01/2012


Federica Mosca

Nata a Firenze (FI) il 21/06/1991 e iscritta alla facoltà di Psicologia di Chieti – Pescara, ha cominciato a scrivere e fare concorsi letterari all’età di 14 anni debuttando con “Il mistero di Nicola” , racconto popolare inviato al concorso indetto dal comune di Vallo di Nera. Di lì a poco continuerà a partecipare a manifestazioni artistico - letterarie nella sua città a collezionare parecchi riconoscimenti. Amante della poesia decadente e romantica è grande stimatrice di poeti come G. Pascoli ed Emily Dikinson, ma anche della musica di F. de Andrè e Mia Martini ai quali si ispira. Da grande sogna di poter diventare una psicologa-psicoterapeuta per potersi dedicare interamente agli altri e di continuare a scrivere non solo poesie ma chissà, anche un romanzo breve. 2.VIII Si dice Sempre Che le tenebre Rendono ciechi, ma bada - lettore Perchè è il sole diretto Ad accecare gli occhi. Autunno Osserva gli alberi In autunno: vedrai il miglior spettacolo dell’anno. Osserva bene I loro colori: ti mostreranno la Morte. Chissà se Per gli uomini È la stessa cosa?

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A mani spezzate … e quando torni a scrivere dopo che l’abisso del tempo passato ti ha spezzato le mani solo allora ti accorgi che non riesci più a remare... Melograno Lacrime che si sgranano come melograni acerbi a bruciare i tuoi occhi bagnati di sangue. Solo buio attorno perché troppo il dolore ferite da disinfettare per tornare a vedere davanti a quel rosso melograno che è stato fiore. Carnevale I sogni non son altro che coriandoli di luce sparsi a terra. Diamanti che brillano caduti senza ali stanno lì e osservano il cielo sperando solo di non essere calpestati troppo…


Ilaria Nizi

E' una ragazza nata a Spoleto 16 anni fa. Sogna di andare via, lontano dalla sua cittadina, per fare nuove esperienze, conoscere nuova gente, esplorare luoghi diversi; da esperta sognatrice ad occhi aperti quale è, non perde mai di vista i suoi sogni, che le danno ogni giorno la forza e la determinazione che servono per affrontare al meglio ciò che la vita le riserva. Come tutti i ragazzi anche lei ha delle passioni: la musica, il disegno, la lettura e infine la scrittura. Quest'ultima l'ha portata a sperimentare la poesia, dove può esprimere tutta se stessa, le proprie emozioni, i propri sentimenti, i propri pensieri, senza dare troppe spiegazioni." La mia salvezza Alberga in me da sempre. Salvezza immediata. Fedele compagna di un viaggio senza fine non ha fine. Immensa completa piena di tutto. Sottofondo di tante storie sottofondo della mia storia. Di ciò che ero che sono che sarò. Colpisce senza far male accarezza dolcemente l'anima un bambino che sfiora il viso della sua mamma. Musica. Salvezza immediata fedele compagna di un viaggio senza fine. Il bianco della vita Agitazione speranza voglia di emozioni. Intorno a me il bianco il bianco più splendente del mondo. Purezza candore luce libertà la vita che racchiude tutti i colori. L'aria piena di tutto faceva di me l'unica abitante di un mondo lontano un mondo tutto mio dove le bianche note sono mie amiche.

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Ma le note finiscono. Il bianco non c'è più solo fa l'eco un ricordo. Al suo posto un bianco spento cupo come la nostalgia del sole e ubriaco d’amarezza. Ma candidi i ricordi generosi soccorrono sul bianco spento della malinconia. Quando amo Quando amo ho il vizio di credere. Quando amo dono anima cuore testa parole. Quando amo rischio il battito del fegato e respiro con la milza nei polmoni. Quando amo sorrido creo sorrisi. Quando amo mi dispero di conferme. Quando amo piango e viaggio. Quando amo cammino dannatamente vulnerabile dolcemente prepotente, semplicemente me. Quando amo ho paura. Quando amo ho gli occhi accesi da una luce, la stessa luce che è negli occhi di chi guardo ogni giorno. Quando amo amo ed è la vita. In uno sguardo Gli occhi superano ogni barriera ma corazzano il respiro dei pensieri. Si fa fatica a costruirsi un guscio subito distrutto dalle sillabe dell'anima. Gli occhi. E lo sguardo va oltre le parole, che arruffano disguidi e annodano incomprensioni ritagliano maschere beffarde al vero impaurito del cuore. Nessuna parola al posto di uno sguardo Nastro sottile tra due anime al decollo e il destino d'incontrarsi era già scritto in cielo. Nel primo sguardo l'inizio di un tutto quando ancora le parole hanno culla nel ventre prima di nascere al massacro avide dell’impero sul silenzio. Gli occhi sono analfabeti di parole ma lo sguardo racconta a chi sa leggergli la trama più vera.


Pablos Parigi

Nato a Chieri (TO) 36 anni fa. I primi versi stesi nel 1998 sono quelli di una canzone ispirati da una discussione con un'amica. L'attività letteraria è spesso accompagnata dalla composizione di musiche per pianoforte, strumento che suona dall'età di otto anni. L'arrivo a Spoleto nel 2006 favorisce l'attività letteraria ed artistica. Le poesie vengono pubblicate più volte su alcune raccolte dell'Editore Aletti di Roma. Pubblica le sue poesie nei volumi “Emozioni da saltimbanco” 2008 e “Burattinai di parole” 2009. Durante l'estate del 2011, nell'ambito dei festeggiamenti dell'Anno Menottiano è stato impegnato nelle animazioni di numerosi reading per la città di Spoleto. Dal 2007 canta stabilmente nella Cappella Musicale del Duomo di Spoleto. La sua poesia e le attività sono pubblicate sul suo blog www.myspace.com/pablosparigi. Osservo Osservo il viso tuo d'oro colora l'animo ferito lenisce dolori Osservo nel blu profondo disegni di rondini vernine rapide

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immagini Osservo paesaggi antiche civiltĂ oscurate da viltĂ viziose abitudini di un umano meccanismo alterabile quanto il moderno cive privo di pensiero. Schegge di immagini Schegge di immagini rimbalzano impazzite nella mia scatola cranica deformata da fatica cronica Schegge di immagini accelerano la crescita della percezione dell'irrealtĂ che mi trasporta nel pianeta sogno Morfeo accoglie un altro delirante uomo in catalessi da troppo lavoro e per terra rimangono schegge schegge di favole infrante. Schegge di immagini tornano a ferirmi. Foligno, 17 marzo 2012. Ore 00:57.


Sogno di un poeta nottambulo Sento di volare oltre le nuvole blu supero gli ostacoli con le mie fragilità le energie si moltiplicano si espandono nel cervello fiori profumati nascono e Papà, non sai che bello! Sento l'aria fredda che punge il mio corpo vivo infinitesimi a fondo plasmo lo scorrere del tempo stretto stretto lo stringo, tengo il bello di ogni secondo e lascio che m'attraversi nei visceri, Papà cerco dei versi. Sento di saltare il buio mi getto coscientemente contro una coltre biancastra stringo ardentemente i pugni, come un fuco dalla pelliccia tigrata mi scaglio nel giorno o Papà, non sai che sudata! Sento il tuo sguardo placido, ora assai più rilassato mi dice...abbi riguardo dei tuoi sensi, difendi se tutto hai valutato non sei certo codardo!” Tal sogno m'ha destato Papà, e di fame ora ardo! Notizia speciale a papà Luciano

Blocchi di roccia rossi del ferro alterato arancio d'ossido di alluminio su pareti sterili, aridi luoghi

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e la terra vi si aggrappa come l'uomo limitato dove riesce con comodo depreda il diseredato e il morto lascia al romito Massi assai pesanti sotterrano l'impresa appesantiscono il mese ed intollerabile la spesa volatile la domenica impensabile la vacanza lusso della classe politica che senza alcuna reticenza la legge ha reso lesa che attacca le indifese persone di una società tesa da parole ancor più dissonanti. “Blocchi di roccia lucente della miglior miniera ha sepolto quei palazzi della fiera così inaspettatamente son scagliati dalle campagne staccatisi dalle montagne han cementato noti individui vani i tentativi di soccorso”. Rimane un monumento grandioso nel centro della Roma capitale ornato di rosso tenebroso, fangoso ricordo di un tempo immorale Tutto tace non c'è voce nè guida regna il silenzio del lavorare ora il popolo lo celebra, prega e annuncia la sognata rinascita. Così dice l'edizione speciale di un gioioso telegiornale. Foligno, 17/04/2012. Ore 00:40.


La vana speranza Occhi miei che luce non vedono mani mie che dolore non sentono gambe mie stanche di lottare per un sogno irreale speranza ormai andata via come gli uccelli in inverno rose nere sbocciate nella mia testa spine ardenti mi toccano il cuore

Anna Petrova Vineshka

Nata a Montana (Bulgaria) il 10/12/1997 residente a Spoleto dal 2008. Interessi lettura, musica . frequenta la seconda media presso la scuola “PiancianiManzoni”-Spoleto.

Amor che vieni Cuor mio che si riempì di tenebre occhi miei che fuoco accesero bocca mia che tacque e sospir non uscì davanti a quei tuoi occhi neri,grandi come il carbone davanti alle tue mani calde come il sole davanti al cuore tuo rosso come il sangue il mio corpo cadde come occhi che perdono l’equilibrio e cadono su spine dorate

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Il sogno Non ti ho e ti sogno non ti conosco e già ti aspetto sento un peso dentro non respiro e ti sogno mentre sudo mi chiedo dove sei so i tuoi occhi le tue pupille come la cenere ma non conosco la tua anima non ho il tuo cuore sento i suoi battiti forse sarà perché è dentro il cassetto? non portarlo via è il nostro segreto……….shhhhhh Immortale Immortale io sarò immortale io sarò per sentirti ridere ancora immortale io sarò per accarezzarti il viso immortale io diventerò solo per quei tuoi occhi mi siederò un giorno vicino a te per sentirti respirare e mi addormenterò con il rumore del tuo battito. Rivelazioni Aprii la finestra e scoprii che ero l’unica ad aspettare una bicicletta con una ruota bucata un mezzo che non è mai partito.


Marika Ranucci

Nata il 21 maggio 1996 a Spoleto. Frequenta la seconda classe del Liceo delle Scienze Umane. Le sue passioni: leggere, scrivere poesie, ma soprattutto giocare con i bambini di tutte le età. Le piace relazionarsi con le persone, soprattutto con quelle che non si sentono "accettate" e che hanno bisogno di essere accolte.

L’emozione L’emozione si avvicina Cauta come un fantasma, impaurisce quando appare senza avvisarci si appropria della nostra mente e del cuore intenso, strappandoti senza pietà da noi. Lasciando dentro solo il vuoto. I suoi baci Arrivano, mi sfiorano; Sono dolcissimi, proprio come lui. Chiudo gli occhi li sento sul mio viso, sul mio collo, sulla bocca. Piano piano entrano in me, nel profondo, fino al cuore. Provo sensazioni strane:

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brividi caldi, brividi freddi, piacevoli, bellissimi. Mi abbandono,mi lascio andare. Mi sento trascinare da un delicato soffio, che non voglio spezzare mai...


Lorenzo Ricci

Nasce a Spoleto il 21 settembre 1986. Inizia a scrivere all'età di sedici anni, mosso dalla scoperta della letteratura attraverso il libro “Sull'utilità e il danno della storia per la vita di Nietzsche” e dalla scoperta del poeta Neruda. Esprime la sua scrittura attraverso forti immagini che si rifanno alle ballad musicali degli anni ottanta, periodo fiorente di un nuovo modo più duro e figurato per esprimersi. Non mancano le influenze di Neruda e dei poeti maledetti. I suoi scritti variano nelle tematiche dall'amore, alle donne, al personale vissuto, all'erotismo, spaziando su qualunque cosa susciti emozioni il lui. Mare Il rumore assordante della risacca l’odore della salsedine si è scattata la molla voglio tuffarmi nell’acqua potente. Il cielo promette tempesta il mare minaccia con le sue onde. Eppure all’orizzonte si aprono due nuvole quasi come due braccia accoglienti. ORAA!! mi grida il mio spirito. Salto sono sei metri le gelide acque quasi mi prendono tutto il respiro. Resisto continuo anche dopo i colpi sulle rocce affronto il mare

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lo rispetto e lui seppur dolorante mi lascia tornare. Ora sono tornato e col vento che spazza qui sul porto nel dolore del mio costato che batte assaporo davvero quella mezz’ora di … … Libertà. Senza titolo Su questo sentiero di campagna l’acqua cade da un cielo plumbeo e come lacrima sacra profuma l’erba. E’ un profumo inebriante che raffredda l’aria ma ci scalda l’anima e incendia i nostri sensi. I vestiti cadono veloci come la pioggia e noi siamo coperti dai nostri baci dai nostri sensi. La natura ci avvolge siamo parte di lei la nostra unione è quasi un rituale pagano un antico debito pagato alla terra. Ed ora che ci allontaniamo da questo luogo una volta ameno nelle narici ho il romantico odore d’un prato bagnato E sul cuore rimane … … Il tuo profumo. Spoleto 15/04/2012 06:20 p.m.


Parole pensanti, pesanti che viaggiano in ritmi silenti, calanti come concentriche onde storte, distorte contorte, coinvolte in menti perverse, diverse, maldestre di chi è abile,labile,amabile le sfoglia, le spoglia…. …. E le riveste in un verso Per dargli un senso.

Michelangela Martinisi

L’autrice dell’illustrazione di copertina è una giovane artista,che ha frequentato studi inerenti a questo settore,e si è avvicinata al mondo dell’arte sin da bambina,perché solo attraverso questa riesce ad esprimere se stessa e quello che ha da dire. Data la sua sensibilità si è accostata ad altre forme espressive oltre la pittura, quali la recitazione e la poesia.

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Supplemento del periodico Piazza del Grano Autorizzazione dei tribunale di Perugia n. 29/2009 via della Piazza del Grano n. 11 - Foligno e-mail redazionepiazzadelgrano@yahoo.it Stampato presso GPT Srl - CittĂ di Castello maggio 2012


Sono come l’ingombro al centro di un incrocio, dovrei svoltare e l’unica cosa che mi viene da fare è solo ridere

Collana INEDITI di Piazza del Grano


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