Settembre 2011

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Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 9 - settembre 2011

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anni!

MAURA DONATI Due anni fa nasceva Piazza del Grano ed entrava in punta di piedi nel tessuto socioculturale e politico del territorio. Pensato volutamente come free-press da distribuire gratuitamente nei luoghi di incontro e socializzazione delle città del comprensorio folignate, nasceva come amplificatore delle idee, delle riflessioni e dei ragionamenti intorno al vivere quotidiano che si sprigionavano appassionati dalle menti di un piccolo gruppo di “pensatori”, in alcuni casi inguaribili ottimisti. Lentamente ma felicemente accolto nel sociale come nuova e provocatoria voce in un mondo troppo spesso silenzioso e immobile, si è fatto conoscere e apprezzare fin da subito come luogo di incontro e piazza “virtuale” aperta a tutti coloro che hanno voglia di mettersi in gioco con maturità e senso critico, di contribuire al pensiero civile e all’arricchimento culturale senza l’intenzione di imporre le proprie idee ma solo con la consapevolezza di partecipare attivamente e nel proprio piccolo alla crescita sana e responsabile della società. La redazione si è ben presto ampliata di nuove voci ed è cresciuta di numero e di sostanza. Il giornale stesso, in formato cartaceo e volutamente di distribuzione mensile per apportare contributi di approfondimento e analisi da leggere e ragionare tranquillamente e senza imminenti scadenze temporali, si è evoluto assecondando le necessità del “lettore contemporaneo”. Dal formato lenzuolo o broadsheet degli storici quotidiani nazionali è passato al formato tradizionale del tabloid inglese, tipico dei periodici e decisamente più maneggevole e fruibile in tutti i contesti del vivere quotidiano. Da 8 pagine si è allargato lentamente e in maniera progressiva a 16 e, poi, definitivamente a 20 pagine. Quest’ultimo traguardo include l’inserimento, al centro del giornale, di un inserto (in quattro pagine) di informazioni storiche, approfondimenti, rubriche e immagini di repertorio nato e strutturato per essere conservato nella biblioteca di casa come riferimento culturale e momen-

to di riflessione su temi specifici, tra cui la storia della Cgil a Foligno, le migrazioni del popolo italiano all’estero, le prime amministrazioni della città di Foligno, la guerra in Iraq ma anche le guerre che hanno visto l’Italia in prima linea. Piazza del Grano ha saputo poi migliorarsi nel tempo anche in termini di qualità di stampa, numero di copie rese disponibili e di comuni entro cui avviene la distribuzione del mensile. Oggi, ritenendosi soddisfatta dei traguardi raggiunti ma convinta che solo l’impegno in un’evoluzione continua e responsabile possa contribuire alla crescita sana della società, la redazione di Piazza del Grano è pronta a fare un ulteriore passo in avanti proponendosi anche come nuovo soggetto di informazione, confronto e dialogo on-line. Da giovedì 15 settembre 2011, sarà infatti disponibile al sito internet http:// news.piazzadelgrano.org il nuovissimo giornale “PdG News” con approfondimenti e foto del nostro territorio e una rassegna stampa delle notizie più interessanti, costruttive e coinvolgenti. L’obiettivo di questo nuovo sito on-line è quello di aprire una nuova finestra sul mondo dell’informazione di qualità senza nessuna presunzione di confronto-scontro con gli altri siti già attivi. La volontà rimane quella di rappresentare un nuovo punto di riferimento sociale e dare un valore aggiunto e un arricchimento in termini di contenuti e immagini da poter reperire e gestire con libertà nel mare magnum di Internet. Come già accade per il mensile cartaceo Piazza del Grano, anche per “PdG News” sono piacevolmente attesi alla e-mail redazione@piazzadelgrano.org gli interventi e i contributi di tutti i cittadini che ritengono di voler esporre il proprio punto di vista sugli argomenti trattati oppure richiamare l’attenzione su vicende, iniziative ed eventi del territorio. Intanto, come ha insegnato il fratello maggiore in formato tabloid, anche “PdG News” si avvia in punta di piedi verso questa nuova avventura con l’augurio di raggiungere un livello di partecipazione sociale sempre maggiore.

Questo Parlamento opera nell’interesse del popolo? LUIGI NAPOLITANO Giustizia ritardata è giustizia negata, a queste parole di Montesquieu, forse, si è ispirata l’attuale maggioranza parlamentare quando ha ritenuto improrogabile una decisione sulla durata dei processi e presentato il disegno di legge n.1880 intitolato “Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi”. La proposta prevede, sostanzialmente, la prescrizione dei processi in corso in primo grado per i reati inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione, se sono trascorsi più di due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero senza che sia stata emessa la sentenza, limitando temporalmente in tale ultimo periodo la durata del dibattimento. A distanza di soli due anni, la stessa maggioranza ed il medesimo governo sono riusciti a mettere in cantiere una ulteriore proposta denominata “processo lungo”, nominalmente ed apparentemente antitetica alla prima, con la quale si sottrae all’esame di legittimità del giudice l’apparato probatorio del processo, consentendo alla difesa dell’imputato di impor-

re un illimitato numero di testimoni la cui audizione potrebbe far sforare i tempi previsti dalla prima norma. Per assurdo, come è stato sostenuto, per un reato commesso allo stadio nel corso di una partita, si potrebbero chiamare a testimoniare tutti gli spettatori. Ulteriore elemento previsto, l’impossibilità di considerare come prova definitiva in un processo la sentenza passata in giudicato in un altro processo. Di fatto, le due proposte vanno in una unica ed evidente direzione. Costituiscono la negazione del concetto stesso di Giustizia inteso come l’ordine virtuoso dei rapporti umani in funzione del riconoscimento e del trattamento istituzionale dei comportamenti di una persona secondo la legge della comunità in cui vive, comportamenti soggetti, in caso di violazione delle norme, all’azione di un organo giudicante abilitato a irrogare la pena. Altrettanto imbarazzante per la delegittimazione sociale del parlamento, che sembra allontanarsi vertiginosamente dalle persone, favorevoli da anni in misura vicina all’80% all’autodeterminazione sulle modalità del morire, l’approvazione della legge sul testamento

biologico. La nuova legge, se possibile peggiore di quella sulla procreazione assistita, anziché assecondare l'ineluttabile ed inevitabile destino del paziente, si arroga il diritto di decidere della vita e della morte degli altri, impone precise direttive circa la continuità forzata di sopravvivenza che devono essere rispettate al di là del-le richieste avanzate dal soggetto interessato e, laddove contrarie all’imposizione legislativa, ignorate. Questa legge calpesta i diritti dei cittadini e obbliga le persone, anche coloro che hanno indicato di non volere essere mantenute in vita, a subire cure traumatiche per legge negando loro la dignità del morire. E’ sufficiente che il medico documenti per quale motivo la pensa diversamente dal paziente. La legge approvata, più che dall’interesse dei cittadini e dalle convinzioni di chi la ha votata, sembra dettata da uno spirito vendicativo che mira a chiudere la fase aperta dalla Cassazione con la sentenza Englaro e dalla pretesa di sottomettere le vite altrui a convincimenti fortemente condizionati da forze esterne. Del pari avvilente è la solerzia con la quale la stessa maggioranza ha

Rassegna s tampa di Piazza del Grano

bocciato la possibilità di considerare come aggravante di un reato (non come reato in sè) l’omofobia, motivando la scelta nell’incostituzionalità della norma che introdurrebbe un discrimine in favore degli omosessuali. L’aggressione e, se del caso, l’assassinio di un omosessuale solo in quanto tale, deve essere punita, dunque, come aggressione o come assassinio, essendo irrilevante la causa che ha dato origine al reato. La motivazione è indice di una conoscenza molto approssimativa della Costituzione, la scelta è un preoccupante segnale della regressione culturale che ci circonda e ha un elevato valore simbolico che nega cittadinanza a qualsiasi forma di diversità. Tutte queste scelte, ascrivibili sicuramente ad una maggioranza ben individuata, ignorano i trattati di Maastricht e di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, le scelte di tutti i paesi dell’Occidente più sviluppato e progredito nell’ambito dei quali pretendiamo di essere annoverati, ci allontanano dalla realtà e ci relegano in un contesto sempre più gretto, incapace di qualsiasi confronto che, pure, è il sale della Democrazia.

da giovedì 15 settembre all’indirizzo internet news.piazzadelgrano.org notizie dal nostro territorio approfondimenti rassegna stampa

DISTRIBUZIONE GRATUITA

Fuser


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Lo smobilizzo dei crediti NADIA FRANCESCHI

Lo sconto cambiario, l'accredito di portafoglio salvo buon fine, l'anticipo su fatture, sono operazioni di smobilizzo crediti alle quali può ricorrere un'azienda che presenta temporanee esigenze di liquidità. La banca sostanzialmente interviene per rendere disponibili all'impresa dei crediti in anticipo rispetto alla scadenza, concedendo un affidamento utilizzabile a fronte di presentazione di documenti probatori del credito: effetti, ricevute bancarie, fatture. La clausola salvo buon fine, nelle citate operazioni di smobilizzo crediti, permette alle banche, in caso di inadempienza da parte del debitore alla scadenza, di recuperare l'importo anticipato dal proprio cliente affidato. Lo sconto cambiario è la forma più antica, nata da quando fu inventata la cambiale che rappresenta appunto l'oggetto dello sconto. Mediante questo contratto un'impresa cede ad una banca i propri effetti cambiari non ancora scaduti e la banca, previa deduzio-

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Leggi e diritti

ne di un compenso (sconto) in proporzione al tempo (intercorrente dalla data di esecuzione dell'operazione alla data di scadenza dell'effetto) anticipa il valore attuale degli stessi crediti all'impresa che li cede. Per essere ammessi allo sconto gli effetti devono presentare dei requisiti, detti "di bancabilità" (presenza di almeno due firme solvibili, natura commerciale, assenza di clausole limitative, scadenza non superiore a quattro mesi) in assenza dei quali essi vengono respinti o scontati a condizioni più onerose, o presentati al salvo buon fine. Qualora l'operazione non abbia un buon esito, l'effetto protestato viene riaddebitato al cliente. L'onerosità legata all'utilizzo delle cambiali nei regolamenti commerciali differiti, legata soprattutto al bollo (12 per mille del valore facciale), ha portato ad una loro progressiva sostituzione attraverso: - ricevute bancarie (Ri.Ba.), ossia documenti di natura non cambiaria emessi dall'azienda creditrice a carico del debitore e con scadenza predefinita; tali ricevute bancarie vengono consegnate all'azienda di credito che

ne cura l'incasso inviando un avviso al debitore; in caso di mancata riscossione non è possibile elevare protesto nei confronti del debitore in quanto la Ri.Ba. non ha natura di titolo esecutivo; - fatture commerciali: la banca accetta le fatture entro la capienza del fido (castelletto) valutando anche il nominativo dell'impresa debitrice e la scadenza; l'importo anticipato è pari all'ammontare delle fatture previa deduzione di uno scarto pari al 20/30 %; a scadenza, l'anticipo sarà estinto dall'impresa debitrice o, in caso di mancato pagamento, dall'impresa cedente. Rispetto all'operazione di sconto, l'anticipo salvo buon fine accredita il valore nominale degli effetti o delle Ri.Ba. con valuta successiva rispetto alla loro data di scadenza. Permette inoltre di anticipare effetti non ammessi allo sconto oltre alle suddette ricevute elettroniche. Negli ultimi tempi, l'aumento dei casi di insolvenza nelle transazioni commerciali, sta riportando le aziende verso l'utilizzo della tradizionale cambiale che, avendo natura di titolo esecutivo, disincentiva, almeno in parte, il mancato pagamento.

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Codice del Turismo (parte 2) Più tutele e meno pubblicità ingannevole SALVATORE ZAITI Il Codice del turismo, approvato con Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79 ed entrato in vigore il 21 giugno scorso, ha introdotto rilevanti modifiche anche al Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206). L’adempimento, imposto in attuazione della Direttiva europea 2008/122/CE, ha riguardato in particolar modo il contratto di multiproprietà. E’ tale il “contratto di durata superiore ad un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione”. Con questa definizione il Codice pone fine alla “prassi” di pubblicizzare tali contratti come forma di investimento tanto da in prescrivere, modo secco e perentorio, che “una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine non sono commercializzati o venduti come investimenti”. Norme più puntuali vengono, poi, dettate per garantire la massima trasparenza ed informazione al consumatore prima che questi assuma vincoli contrattuali. Viene così imposta la consegna di appositi formulari mediante i quali devono essere assicurate, in maniera chiara e comprensibile, informazioni accurate e sufficienti su tutti gli aspetti che incidono sul rapporto contrattuale. Non solo, quindi, la descri-

zione del prodotto e del prezzo, ma anche dei costi supplementari obbligatori, la sintesi dei servizi fondamentali e delle strutture a disposizione con i relativi importi che il consumatore deve corrispondere, l’eventuale possibilità di scambio e relative condizioni. Le informazioni sui costi connessi al contratto di multiproprietà devono essere accurate indicando l’esatta ripartizione di essi fra i consumatori e di come e quando tali costi possono aumentare, il metodo di calcolo del-

l’ammontare delle spese relative all’occupazione del bene, le spese obbligatorie (ad esempio imposte e tasse), le spese amministrative generali (ad esempio gestione, manutenzione e riparazioni) e le relative modalità con cui sono organizzate specificando se e come i consumatori possono influire e partecipare alle decisioni in materia. Inoltre, se il contratto riguarda un bene immobile specifico in costruzione, le informazioni aggiuntive dovranno indicare: lo stato e il termine di comple-

La Cassazione su autovelox e contestazione differita La Suprema Corte conferma alcuni principi, ormai consolidati in materia di violazione del Codice della Strada, nel caso di eccesso di velocità accertato con autovelox ELISA BEDORI

Con l’ordinanza del 7 luglio 2011, n. 15042, infatti, la Suprema Corte affronta i temi dell’omologazione del modello di apparecchiatura e di contestazione differita, ribadendo, in quest’ultima ipotesi, il principio per cui, in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità compiuto mediante apparecchiature di controllo, l'indicazione nel relativo verbale notificato di una delle ragioni, tra quelle indicate dall'art. 384 del regolamento di esecuzione del codice della strada, che rendono ammissibile la contestazione

differita dell'infrazione rende ipso facto legittimi il verbale medesimo e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento da parte del giudice di merito, cui è inibito il sindacato sulle scelte organizzative dell'Amministrazione. L’altro principio su cui sofferma l’ordinanza n. 15042 del 2011 riguarda l’omologazione del tipo di apparecchio che rileva la velocità. Infatti, la Cassazione ribadisce quanto già affermato in precedenza in merito alla necessità di omologazione riferita al modello di apparecchiatura di rilevazione automatica e non al singolo esemplare, al fine della validità

del relativo accertamento. In particolare, il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti

organi ministeriali attiene non a un arco di tempo durante il quale l'apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il

quale tale utilizzazione non è più legittima, ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore. I giudici del Palazzaccio evidenziano che in tema di rilevazione dell'inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli per mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada (art. 142, comma 6), né il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il ver-

bale di accertamento dell'infrazione debba contenere, a pena di nullità, l'attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l'uso, giacché, al contrario, l'efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva,

tamento dell’alloggio e dei servizi che lo rendono pienamente fruibile; il numero della licenza edilizia e nome e indirizzo dell’autorità competente; la garanzia quanto al completamento dell’alloggio o al rimborso di ogni pagamento effettuato qualora l’alloggio non sia completato. Altre tutele in favore del consumatore vengono poste mediante il riconoscimento espresso del diritto di recedere, senza specificare il motivo, dal contratto di multiproprietà entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto definitivo o preliminare. In tale periodo è fatto divieto di versare acconti sotto qualsiasi forma. Allo stesso modo, l’esercizio del diritto di recesso dal contratto di multiproprietà da parte del consumatore comporta automaticamente e senza alcuna spesa la risoluzione di tutti i contratti di scambio ad esso accessori e di qualsiasi altro contratto accessorio, ivi compresi eventuali contratti di credito ai consumatori per far fronte all’acquisto del prodotto. Il consumatore che esercita il diritto di recesso non deve sostenere alcuna spesa, non è tenuto a pagare alcuna penalità, né è debitore del valore corrispondente all’eventuale servizio reso prima del recesso. Il sistema di garanzie si chiude con la dichiarazione di nullità di quelle clausole contrattuali di rinuncia del consumatore ai propri diritti o di limitazione delle responsabilità previste a carico dell’operatore.

in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all'idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell'attrezzatura a pregiudicarne l'efficacia Nel caso specifico un automobilista aveva superato i limiti di velocità - con la rilevazione effettuata tramite autovelox - ricevendo a casa il verbale di accertamento di infrazione. L’opposizione proposta dallo stesso automobilista viene accolta così come viene respinto l’appello presentato dal Comune. Le questioni sollevate, come visto, si fondavano sulla mancata contestazione immediata dell'infrazione e l'omessa produzione del certificato di omologazione dell'autovelox. La Corte, infine, ha accolto il ricorso presentato dal Comune, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato l’opposizione proposta dall’automobilista.


ANNO III - N. 9

Politica ed Etica

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Capitalismo privato e capitalismo di Stato

...direbbero Marx e Gramsci... SANDRO RIDOLFI

Popolo-principe e dittatura del proletariato MANLIO MARINI

Il numero di luglio di “Piazza del Grano”, riservato, in particolare, alla Cina e al Partito Comunista Cinese dell’era di Mao, mi ha stimolato una riflessione. Il suggestivo editoriale del direttore Sandro Ridolfi, accostando la teoria del Principe di Macchiavelli al socialismo reale del Partito Comunista sovietico e del Partito Comunista Cinese attraverso la chiave gramsciana per la “costruzione della società armonica” con la simbiosi ConfucioMarx, merita una pur modesta mia considerazione. Non voglio qui rievocare i macroscopici costi di vite umane di quel teorema del popolo sovrano, cioè “popoloprincipe”, ovvero “dittatura del popolo” e i bagni di sangue di staliniana e maoista memoria. Pur appartenendo a quella formazione politica cattolica rivendico la mia inflessibile connotazione di antifascista e come tale ho sempre avuto il massimo rispetto e la profonda considerazione di due giganti del passato: Carlo Marx e Antonio Gramsci. Ma proprio per questo ho trovato particolarmente interessante un articolo sul Corriere della Sera del 10 maggio scorso di Antonio Carioti riferito proprio al socialismo reale (leggi: Comunismo) attribuendo a questo in un certo senso la responsabilità di avere tradito il pensiero marxista (o meglio in chiave economica, mar-

xiano) sulla condanna del capitalismo, perché Marx (e credo anche Gramsci) ripudiava il capitalismo non solo quello privato, ma anche quello statale perché il “popolo sovrano” era non soggetto, ma oggetto di imposizione del palazzo. La rivoluzione culturale in Cina voleva significare un ulteriore protagonismo del popolo sovrano, ma in realtà era finalizzata al rafforzamento del potere centrale del P.C.C. Fece scalpore nei primi anni 80 il distacco del socialista Bettino Craxi dall’ideologia leninista trovando approvazione tra i riformisti (e anch’io condivisi quel pensiero); a mio avviso però trovai esagerato, soprattutto da parte di un socialista la sostituzione del pensiero di Marx con quello di Proudhome. Per avvalorare la mia, indubbiamente confutabile, opinione circa l’avversione al capitalismo del pensiero marxiano e gramsciano statale o privato

porto un esempio meno ideologico e più di politica estera. Ricordiamo tutti alla fine degli anni 70 (si era in piena guerra fredda tra i due blocchi contrapposti) l’invasione delle truppe sovietiche in Afghanistan, dove l’URSS subì una cocente sconfitta dai talebani naturalmente armati e finanziati dagli USA. Oggi sono gli Stati Uniti e i suoi alleati a subire sovente lo scacco matto da parte dei talebani (e qui, naturalmente non intendo esaltare gli attentati e i massacri di civili, donne e bambini innocenti, tutt’altro), come a dire: dittatura del proletariato (che è poi quella del partito) e dittatura del capitalismo (che è poi quella della globalizzazione, delle multinazionali, degli USA e del mondo occidentale). URSS e USA a braccetto dunque nel voler imporre rispettivamente le proprie ragioni. Ma Marx e Gramsci non avrebbero qualcosa da ridire?

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Riceviamo e pubblichiamo con grande piacere il contributo che ci ha voluto inviare Manlio Marini, apprezzato ex Sindaco della nostra città per i suoi pregi di correttezza, pacatezza e disponibilità al confronto anche con le posizioni politiche diverse dalla propria. Nello stesso spirito e in coerenza con i principi ispiratori di questo giornale, pensato anche come strumento di provocazione al dibattito politico e culturale, accettiamo il confronto anche se, in questo caso, fortemente conflittuale con la linea politica del giornale. Non vogliamo qui aprire una polemica diretta, punto per punto, in ordine alle affermazioni che non condividiamo dell’articolo del Sindaco Marini. Non sarebbe corretto avendo noi il vantaggio dell’ultima parola. Rimettiamo il giudizio ai nostri lettori invitandoli a leggere e confrontare le diverse tesi sostenute da questo giornale non solo nel numero di luglio, dedicato alla Cina, ma in tutti i numeri precedenti nei quali, di volta in volta, abbiamo esposto i temi salienti dell’ideologia, della cultura, della pratica e della morale comunista. Abbiamo l’ambizione di confidare in un risultato del confronto vincente. Alcune brevi note, di precisazione e di metodo, riteniamo tuttavia di doverle rappresentare per chiarezza e correttezza sia nei confronti del Sindaco Marini, che in generale di tutti i nostri lettori. Un punto di chiarezza anzitutto: il Sindaco Marini unisce in un unico riferimento l’espe-

rienza del socialismo reale sovietico e quella della via cinese al comunismo. Sono due esperienze totalmente differenti che debbono essere analizzate e giudicate separatamente. Questa diversità ha costituito un punto centrale del nostro articolo sul Partito Comunista cinese e chiediamo che se ne tenga conto. Due osservazioni, invece, essenzialmente di metodo. La prima è un invito “forte” a non abusare delle affermazioni quali “macroscopici costi di vite umane”, “bagni di sangue” e simili. E’ fuori discussione che la storia dei rivolgimenti politici ed economici, soprattutto se radicali e rivoluzionari, è stata caratterizzata anche da aspetti violenti e persino “sanguinari”. Ma se dovessimo premettere a ogni confronto ideologico una pre-giudiziale di violenza non storicizzata (cioè non letta nel contesto storico di riferimento) non potremmo, ad esempio, neppure parlare dell’illuminismo e della nascita della democrazia moderna, se dovessimo coprire la lettura della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino francese con il rumore del lavoro incessante della ghigliottina; così come non potremmo neppure leggere la Dichiarazione di Indipendenza degli Usa sotto il fragore degli spari e delle urla dei massacri dei nativi; così come ancora non potremmo mai parlare di Dio, qualunque esso sia, se dovessimo anche solo per un attimo considerare gli immensi massacri e le inaudite violenze che le religioni (tutte) hanno causato all’umanità. Evitiamo le “pre-giudiziali” (le considereremo poi, se del

caso) e dibattiamo nel merito. Peraltro, sempre per chiarezza, non sono mai esistiti i “bagni di sangue” staliniani; epurazioni certamente e certamente molte ingiuste, frutto di un eccessivo innalzamento dello scontro ideologico e politico, ma non “stragi” di popolo. Quanto alla Rivoluzione Culturale Cinese stragi non ce ne sono proprio state e non è corretto affermarlo. La seconda osservazione concerne la consuetudine di “sublimare” i padri delle ideologie (tanto più se avversarie), per poi poter demonizzare i loro figli accusandoli di avere tradito l’insegnamento dei maestri. Per citare solo uno dei “padri nobili”: Antonio Gramsci, va affermato che non era un filosofo illuminato, mite e riflessivo. Gramsci era in rivoluzionario costretto a scrivere di teoria perché rinchiuso in carcere. Prima e fuori dal carcere Gramsci avrebbe abbracciato il fucile e avrebbe incitato (come in effetti fece durante le occupazioni delle fabbriche nel biennio rosso) a prendere le armi, a rivoluzionare il sistema e istaurare la dittatura del proletariato. E’ per questo che il fascismo lo ha condannato a morte lenta in prigione, mentre molti dei futuri padri dell’Italia post fascista, da Enrico De Nicola, a Giovanni Gronchi, sino allo stesso Alcide De Gasperi, votavano i poteri speciali a Mussolini e la legge elettorale truffa che consentì l’ascesa del partito fascista al potere. Cosa direbbero allora oggi Marx e Gramsci? Direbbero: dittatura del proletariato e capitalismo di Stato! (sul termine capitalismo torneremo in un’altra rubrica di questo giornale).

quello di educatore. Il mio augurio è che genitori, docenti e rappresentanti tutti delle agenzie socializzanti avvertano l’importanza della funzione e la svol-

gano con inflessibile determinazione perché è questa la scelta giusta per il trionfo della cultura della legalità.

Per la cultura della legalità SALVATORE MACRÌ

Ho assistito di recente ad un’interpretazione dell’Antigone di allievi di un liceo delle Calabria. La tragedia oltre a risvegliare il ricordo dei miei trascorsi studenteschi, con tutta la nostalgia che accompagna il pensiero dell’adolescenza, mi ha spinto a riflettere sul valore di un bene senza tempo e senza spazio, quale la legalità, e sull’importanza dei processi educativi nella sua diffusione. La passione e l’entusiasmo con cui i ragazzi calabresi lanciavano il messaggio Sofocleo oltre a rimarcare l’esigenza di una legalità fondata su principi etici, primo tra

tutti la dignità della persona, hanno esaltato la forza dell’educazione che decide il progetto di vita dell’umanità in fieri. Il pathos che si respirava sulla scena e tra il pubblico era di sincera ammirazione per le leggi che per essere tali, ossia fondamento del bene comune, non possono che radicarsi nell’amore. In me, calabrese per nascita e per cuore, l’impegno di quei giovani e di quella scuola ha alimentato l’orgoglio dell’appartenenza ad una terra che per cultura viscerale non ha nulla da spartire con le barbarie della ndrangheta a cui ingiustamente spesso la si associa. Il messaggio della Grecia antica ha risuonato attraverso le voci dei tanti ragazzi, eredi

di una tradizione grande e magnifica, con la potenza dei processi educativi che per loro e grazie a loro prendevano vita. E’ importante non sottovalutare i condizionamenti esercitati dal nostro tempo che esaltando l’apparire più che l’essere alimentano i disvalori sollecitati dal male di vivere che rischia di travolgerci. I ragazzi sono la nostra risorsa più preziosa e le agenzie educative, facendo rete in direzione legalità, potrebbero segnare la svolta. Percorriamo assieme i piccoli passi che segnano un cammino erto ma decisivo per il trionfo della civiltà. Un percorso che richiede costanza e coerenza, sacrificio e impegno, coraggio e determinazione. Non deroghia-

mo dal rispetto delle regole, non scadiamo nell’iperprotezionismo, offriamo sani modelli di riferimento e garantiamo i riconoscimenti necessari alla strutturazione dell’autostima che condurrà a conoscere e valorizzare i propri talenti. Ogni adulto significativo nell’ambito del proprio ruolo, prenda a cuore il compito di guida delle giovani generazioni e si sforzi di offrire i riconoscimenti necessari alla strutturazione di identità saldamente ancorate ai principi della giustizia. Il compito più bello e arduo che si gioca nell’ambito delle dinamiche comunitarie è


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dalle Città

I fiori di Ground Zero DANILO SANTI

Che emozione entrare nella mostra e vedere l'impatto emotivo della esposizione allestita dalla Galleria Polidarte delle opere di Gabriella Giurato; quelle sfere, quei ritagli incollati con sapiente e raffinata manualità, quasi esibita, quei collage e quella grafica rigorosa che comunica dolore ma anche una inesauribile vitalità, quelle mani che reggono con amorevole materna femminilità un mondo fatto da due sfere che da solo esprimono indignazione e sopravvivenza. Tutta l'indescrivibile misteriosa natura della condizione umana trovano il loro apice nella celebrazione dolorosa di quell'evento che ha condizionato e condizionerà gli anni che verranno; parliamo della tragedia delle Torri Gemelle che nell' 11 settembre del 2001 capovolse il mondo che fino da allora avevamo conosciuto velandolo di una patina di pessimismo e melanconia. Tutto l'afflato fenomenologico che si sprigiona dalla esposizione cerca allora di trovare un punto di sfogo nella ricerca delle motivazioni, ovviamente d'impeto artistico e non cosciente, di quello che è successo, mettendo in primo piano ritagli di immagine, che lungi dalle espressioni della pop art, vuole mettere in evidenza quello che 'dovremmo poter vedere, se avessimo occhi più acuti e cuori all'erta.....' (Francesca Brandes, critica d'arte) Già da due anni Gabriella aveva prenotato lo spazio espositivo

della Galleria Polidarte e per due anni ha lavorato a questo tema drammatico e sempre attuale, volendo offrire a questa 'città delle anteprime', Spoleto, l'Anteprima di queste opere così sentite e travagliate' (Annamaria Polidori, curatrice della Mostra). La prima impressione che mi è venuta in mente durante la visita è la straordinaria forza vitale di questa artista che si manifesta nelle sue opere; queste

cognita fondante è la sua volontà. Le sfere poi sono un inno alla visione multidimensionale dell'universo che ci fanno intuire ciò che c'è oltre la vista sensoriale perché tutti quei ritagli e quelle immagini sono l'emblema del mondo che stiamo vivendo, ma senza la forza creatrice dell'artista che le ricompone e compone in immaginicollage non potrebbero richiamare sensazioni dal nostro inconscio.

infatti tendono a travalicare i puri limiti della bidimensionalità o della tridimensionalità; basta guardare come un ritaglio valichi il limite della cornice esponendosi all'aria aperta', come a voler uscire dagli stretti vincoli di questo mondo limitato dai sensi, o come le composizioni tridimensionali sono girevoli oppure con varchi che fanno intravedere l'interno introducendo la quarta dimensione della visione soggettiva e mutevole dell'uomo, la cui in-

Per non parlare poi delle sovrapposizioni grafiche dei grattacieli dall'afflato onirico. Ciò che però colpisce sempre però è la forza vitale che viene sprigionata dall'artista che ci insegna ad andare oltre i nostri sensi e a guardare, per esempio, dei grattacieli da cui sbocciano fiori e ortaggi come un indizio per continuare la nostra ricerca del significati della vita e della sofferenza e a non perdersi nella misera finitezza di questo mondo.

bria Terni, ne ha limitato lo spopolamento rispetto ad altri comuni della Valnerina. Il Santo Patrono è S. Giovanni Battista, si festeggia il 24 giugno e durante si svolge la sagra dell'acqua cotta. Le principali frazioni sono: Castiglioni, Vallecupa, Palombare, Rosciano, Casteldilago, Bonacquisto, Tripozzo, S. Angelo. Il Sindaco si chiama Loreto Fioretti, come sempre invio il mio saluto e i migliori auguri di buon lavoro per la sua comunità. L'economia locale è costituita da piccole aziende legate all'agricoltura (in particolare lavorazione di carni bovine e suine,produzione di olio , lavorazione del tartufo e pesce di acqua dolce) e ad una industria manifatturiera (infissi in legno, imballaggi). La curiosità del comune che

Città Nuova e la Pace Nel corso dei suoi 25 anni di vita,il centro culturale “Città Nuova” di Spoleto ha praticato costantemente la cultura della pace, della fratellanza e della giustizia, aderendo, fin dalla sua nascita, alla Marcia della Pace Perugia-Assisi e successivamente, quando è sorta, alla Tavola della Pace. Nella nostra città le iniziative miranti a promuovere la pace e la nonviolenza sono tante e significative. In collaborazione con il Comune di Spoleto, le istituzioni scolastiche, le associazioni e i gruppi giovanili si sono tenuti incontri nelle Scuole Secondarie di I e II grado, con intere classi o rappresentanze dei consigli di classe e d’istituto, che hanno determinato la crescita sociale e civile dei ragazzi e dei giovani della città,testimoniata,agli inizi del 2000,dalla nascita del Centro giovanile del Comune di Spoleto,ove sono stati realizzati Corsi per operatori di pace,promossi con la Tavola della Pace,con l’intervento di Flavio Lotti ed esponenti della Tavola di ogni parte d’Italia (Roma,Livorno,Genova,Perugia) e delle Istituzioni (Comune, Provincia, Regione). Questi corsi hanno avuto una significativa ricaduta: -immediata, perché gli operatori hanno partecipato a campus estivi di bambini migranti presenti sul territorio; -successiva, perché oggi, a distanza di alcuni anni, quegli operatori organizzano corsi di lingua italiana per i giovani migranti provenienti dal centro Africa,seguendone la loro vicenda umana. I giovani del centro giovanile hanno partecipato ad alcune edizioni della Marcia della Pace ed organizzato un concerto in preparazione della Marcia ne-

gli anni ’90 con la lettura di poesie riguardanti la pace. Le politiche giovanili del nostro Comune vedono una nuova stagione con l’attuale amministrazione comunale tramite la Giunta e l’Assessorato alla Pubblica Istruzione. Il Centro da anni partecipa a tutti gli incontri preparatori della Marcia della Pace e a tutti gli eventi. Da ricordare i vari incontri di Assisi nell’anniversario dell’ONU con la partecipazione di Luca Carboni,il meeting delle scuole italiane, gli eventi riguardanti le varie crisi israelo-palestinesi, culminati con la diretta in collegamento da Gaza,dove abbiamo sentito per l’ultima volta la viva voce di Vittorio Arrigoni. Nel 1998 è venuto a Spoleto, patrocinato dal Comune, il Prof. Rocco ALtieri, che ha presentato la sua pubblicazione sul tema “La rivoluzione nonviolenta – Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini”, con una significativa presenza delle Istituzioni e dei cittadini nella sala consiliare del Comune. Nel 2003, nella sala Monterosso di Villa Redenta a Spoleto, è intervenuta la Prof.ssa Patrizia Sargentini che ha presentato il volume da lei curato con Luisa Schippa dal titolo “Aldo Capitini poe-

ta”, con letture di alcuni versi a cura di Marina Antonini e Maurizio Armellini. La dolce e struggente lirica di Capitini ha affascinato gli intervenuti. Città Nuova, in occasione dei 25 anni del Centro, che coincidono con i 50 anni della Marcia della Pace, ha evidenziato nel suo poster l’evento del 25 Settembre 2011 - a 50 anni precisi da quel 24 Settembre 1961 – e i 150 anni dell’unità d’Italia. Il nostro pacifismo viene testimoniato in ogni luogo, dalle grandi manifestazioni di Perugia e di Terni per la tutela della dignità del lavoro, a quelle di Roma, promosse dal Movimento per la Pace 1991 con lo slogan “L’Italia ripudia la guerra”, in occasione della guerra in Iraq (ma poi la democrazia nel Kuwait e in Iraq è mai arrivata?), dalla FIOM e dalle donne del movimento “Se non ora quando?”, a riprova che siamo profondamente convinti, come ha affermato il New York Times, che la seconda potenza mondiale è il movimento pacifista, che come un fiume carsico compare, scompare e ricompare nella storia degli uomini, destinato ad eternarsi fin quando, come afferma il Foscolo, “il sole risplenderà sulle sciagure umane”.

Progettare con la scuola

Arrone Parto da Cerreto di Spoleto l'ultimo comune descritto, e mi dirigo ad Arrone. E' sufficiente costeggiare il fiume Nera a favore di corrente, oltrepassare Ferentillo e in 15 minuti circa si arriva. Il suo nome deriva dal nobile romano Arrone che su un promontorio roccioso vi costruì un castello, inizialmente ligneo poi in muratura. Tutto il borgo centrale mantenne poi una originale struttura medievale, con mura e stretti vicoli. E' sito a 243 m s.l.m. si estende per circa 40km2, quasi completamente lungo la riva del Nera ed arriva ad affacciarsi sul lago di Piediluco. La popolazione è di circa 2.900 abitanti (arronesi), abbastanza stabile considerato che nel 1861 era di 2.000 ed il picco massimo fu raggiunto nel 1951 con 3.637 abitanti. Sicuramente la vicinanza alla seconda città dell'Um-

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mi ha particolarmente interessato è l'associazione di volontari "gruppo campanari di Arrone", che dopo il restauro della chiesa di San Giovanni (dopo il sisma del 1997) si è prefissa l'intento di suonare le campane a mano (oltre naturalmente la promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale, musicale e artistico del territorio). Come altre volte le mie notizie sui comuni descritti sono volutamente particolarmente brevi... spero però di incuriosirvi per programmare una prossima visita ad Arrone.

Oggi, in Italia, dati statistici mostrano come oltre un quarto dei bambini e dei ragazzi manifesta varie tipologie di disagio emotivo-comportamentale a più livelli. Una delle forme di canalizzazione di tali problematiche è la relazione con il proprio corpo e i suoi bisogni. Le possibili risposte a queste, forse, inconsapevoli ed indirette domande di sostegno sono gli interventi psicologici sulla promozione di stili di vita adeguati, atti a mantenere ed implementare il benessere psicofisico, attraverso il lavoro diretto insieme alla persona. I tre progetti “Alla scoperta dei cinque sensi”, “Alla scoperta del cibo”, “Bilancia: amica o nemica” potrebbero essere una proposta alle scuole del territorio umbro per raggiungere alcuni fondamentali obiettivi psico-educativi: i momenti scolastici, infatti, sono contesti ade-

guati di percorsi formativi e costituiscono luoghi di crescita sia culturale che personale. Il filo conduttore che collega questi tre approcci è l'attenzione alla persona, al gruppo e al contesto socio-culturale di riferimento. In particolare, si cerca di fornire gli strumenti per sensibilizzare e rendere competenti i ragazzi riguardo le proprie problematiche specifiche circa la consapevolezza di se stessi, della relazione con l'altro e della relazione con il mondo che li circonda. Ragionando su un piano di prevenzione primaria e secondaria si andrebbe a lavorare su vari obiettivi, fra i principali: esprimere le proprie sensazioni ed emozioni attraverso il linguaggio verbale e non verbale; potenziare l'osservazione dell'ambiente circostante ed aprirsi ad una conoscenza più approfondita degli “oggetti” che ci

circondano; prevenire l'isolamento sociale; favorire la costruzione di una immagine di sé che non si basi unicamente sull'aspetto fisico, etc. Formarsi a tali attività, imprescindibili nella vita, vuol dire scoprire di essere un nodo di una rete sociale di relazioni. Lo spunto che vede la progettazione come una vera e propria decisione di crescita comune conduce anche all'interno di un processo esplorativo e di ricerca che coinvolge transazioni tra diversi soggetti con gli obiettivo formativi di istituire nuovi legami, ridisegnare nuove opportunità di azione. Il compito dei processi formativi, dunque, è quello di cercare le qualità generative delle azioni, ossia di ristrutturare ciò che è abitudinario per viverlo come creativo. Romina Ferracchiato Loredana Mancini Vittoria Nicodemo


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dalle Città

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Ritmi dell’anima di Antonella Fasano “Bere il sole, scaldarsi al dal 4 al 18 settembre a Foligno nella chiesa chiaro di luna”

di Santa Maria di Betlem in via Umberto I Si avvicina il terzo appuntamento del 2011 per “Ritmi dell’Anima” di Antonella Fasano. Questo ciclo di opere polimateriche realizzate con materiali di recupero su tavola e su tela realizzate dall’artista nel 2010 - 2011 si rinnova attraverso un percorso di mostre personali che stà facendo conoscere l’artista Folignate agli appassionati di arte del territorio e non solo. L’abbiamo seguita fin dal primo evento 2011 tenutosi presso lo spazio ex Arredocasa in via Umberto I a Foligno all’inizio dell’anno, poi a seguire l’esposizione nell’Abbazia di Sassovivo nel periodo estivo giugno - luglio in cui l’artista ha continuato a produrre nuove opere in contemporanea alle attività espositive. Tra l’altro, quest’ultimo evento è visibile, insieme ad una breve recensione, all’indirizzo http:// www.jesuscaritas.it. Nel ciclo di settembre, Antonella propone nuovi lavori su tela da cui la di-

sposizione sequenziale permette una lettura dei suoi “paesaggi interiori” attraverso la novità di “continuità” delle forme e dei colori. Il nuovo appuntamento di settembre è a Foligno nella splendida cornice della chiesa di Santa Maria di Betlem in via Umberto I, gentilmente concessa dal Comune di Foligno insieme al suo Patrocinio. Non poteva avere migliore continuità questa ricerca di contatto fra tradizione ed innovazione evocata attraverso “Ritmi dell’Anima” a partire da Sassovivo. In questo nuovo spazio settembrino, accanto al Barocco esuberante di “Moti dell’Anima”, ancora una volta l’Arte contemporanea sembra cercare un punto di contatto ideale. La struttura con la sua pianta circola-

Il progetto estivo per “Robe da Favola” ANGELA CONTESSA

re ed i suoi altari adorni di dipinti sembrano accogliere benevolmente in un abbraccio suggestivo le composizioni di Antonella. L’evento “Ritmi dell’Anima” si svolge a Foligno durante il periodo della Quintana, precisamente dal 4 al 18 settembre prossimi, con inaugurazione domenica 4 settembre alle ore 18. Apertura mostra, tutti i giorni tranne il lunedì con orario: la mattina 10,00 – 12,00; il pomeriggio 16,00 – 19,30. Orario diverso per il sabato e la domenica: pomeriggio 16,00 – 19,00, sera 21,00 – 22,30.

Robe da favola è un gruppo di lavoro aperto, ideato alla fine del 2010 e formalmente costituitosi in associazione culturale nel Marzo 2011. Ciascun membro del gruppo è idealmente e professionalmente associato agli altri nel desiderio di condividere con adulti e bambini la ricchezza del patrimonio tradizionale di fiabe e leggende, come anche del potenziale creativo di storie e racconti sempre nuovi. Il progetto è quello di percorrere tre direzioni fondamentali di lavoro e di gioco: Acuerdo, Pic-Art, Epta. “Acuerdo”: la via del cuore; è la strada della favola che si trasforma in mediazione e terapia ar-

tistica. Musica, immagine, movimento, recitazione, fotografia, portano ritmo e fantasia nei luoghi dell'educazione, della prevenzione, della cura. “Pic-Art”: la via del pensiero; è la nostra Col-

lana Editoriale per rileggere, elaborare, approfondire, fare memoria e offrire futuro ai testi, creati da noi e dai nostri lettori. “Epta”: la via della manualità e dell'artigianato; per coivolgere

artisti ed artigiani nell’ integrare le proposte dei laboratori con i loro prodotti: fondali, maschere, costumi, oggettistica. Le proposte di Robe da Favola si sono concentrate, per l’estate 2011, nel ciclo di sette appuntamenti “Bere il sole, scaldarsi al chiaro di luna”. Sono occasioni di incontro, in diversi luoghi naturalisticamente interessanti dell’Umbria, che offrono agli adulti spazi di silenzio, di creatività, di confronto con le proposte e i metodi della mediazione e della terapia artistica, attraverso la pittura e la musica A sabati alterni, fino al 1 Ottobre, gli appuntamenti si susseguiranno con ritmo quindicinale, e orario dalle 17 alle 23. Per tutte le informazioni e per prenotazioni: angelacontessa2@gmail.com

Un’estate di estremi Attack Festival 2011: la realizzazione di un sogno VALERIA ROANI L’associazione culturale Attack è cresciuta. Il sogno di realizzare un festival, interamente dedicato alle tematiche della urban-art, è diventato realtà. Nata a Foligno nel 2004, allo scopo di sensibilizzare la comunità a nuove forme d’arte e d’espressione, Attack, ha sviluppato una lunga serie di contatti con alcuni degli artisti, italiani ed europei, più importanti, costruendo le fondamenta per una sfida che , ora, a settembre 2011 diventa tangibile. Il programma è denso di eventi; tre giorni, 1, 2 e 3 settembre, vedono la città di Foligno cornice perfetta di live-painting, performance teatrali itineranti e due mostre. Foligno si anima e, passeggiando per le sue strade,

I temporali di luglio non fermano la siccità Agosto rovente LUISITO SDEI

capita di trovarsi di fronte ad una gigantesca testa di cavallo, ad uno stoccafisso di grandi dimensioni o, perfino, ad un viso di bambino che dorme. Questi i soggetti che Ericailcane, Sten&Lex, Achille e Hitness, con il patrocinio del comune di Foligno, hanno dipinto sulle facciate di edifici dismessi, come l’ex fabbrica Stoccafisso Pambuffetti in via Flavio Ottaviani, senza intaccare minimamente il profilo della cit-

tà. Tra i protagonisti del festival folignate, arricchiscono l’elenco due performers locali, Achille, focalizzato sullo sviluppo pittorico di grandi superfici murali e i Kindergarten, una coppia di giovani artisti, fortemente concentrati sull’arte visuale, con un curriculum fitto di presenze ai più importanti festival italiani ed europei e quest’anno presenti alla 54° edizione della Biennale di Venezia.

Ci dispiace per quanti hanno scelto la seconda metà di luglio per andare in ferie, ma le precipitazioni eccezionali registrate in Umbria in quel periodo, le più intense dal 1955 per il mese di Luglio, sono valse solo molto parzialmente a rimediare alla situazione di pesante deficit pluviometrico che si propone fin dal mese di gennaio. Se, come tutto lascia credere, il mese di Agosto si chiudesse senza precipitazioni, avremmo registrato dall’inizio dell’anno circa 320 mm contro i circa 425 attesi per il periodo gennaio-agosto: staremmo quindi “sotto” di circa il 25%. Un’enormità, in termini meteorologici. Dal punto di vista termico, se Giugno si era chiuso in media, Luglio evidenzia senz’altro un’anomalia negativa: nelle stazioni amatoriali di www.folignometeo. org le temperature sono state inferiori di circa 1,4°C ai valori attesi per il periodo. Una situazione nella norma si profila invece per Agosto, con temperature allineate sino ad ora alle medie del periodo (anche se prevedibilmente si chiuderà qualche decimo di grado sopra, dato il caldo atteso anche nei giorni successivi a quello in cui

scriviamo). Fra parentesi, l’ondata di calore in atto fra il 16 ed il 27 agosto presenta si valori elevati, ma in Umbria destinati a restare ampiamente al di sotto, per lunghezza del periodo e per punte estreme, a quelli registrati in analoghe circostanze del 1998, 2000, 2003, quando i 40 gradi furono raggiunti anche per dieci giorni consecutivi. Alla fine dei giochi, quindi, questa Estate 2011 dovrebbe passare agli atti, nel suo insieme, come una stagione lievemente più fresca della norma, con precipitazioni ad essa allineate, nel loro insieme. Sono tutte medie e dati cumulati che non esprimono adeguatamente i tanti estremi di una stagione certamente problematica, composta,

come spesso accade per le estati mediterranee, di estremi: onde di calore che seguono a periodi molto freschi, temporali improvvisi e problematiche siccità. Le falde acquifere proseguono la loro parabola discendente. Rasiglia passa dai 328 litri/secondo di un anno fa agli attuali 250; Acquabianca si riavvicina ai minimi storici con 31 litri al secondo; un anno fa era a quota 54. Non possiamo quindi che chiudere con la speranza che l’autunno ci porti le sue piogge. Le previsioni stagionali della NOAA ce le promettono, almeno per settembre (che dovrebbe venderne più della media) e per ottobre (nella media). Le attendiamo con una certa impazienza e con molta speranza.


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Cultura/e

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“Lasciate ogni speranza o voi Diavolo di un santo! ch’entrate” Il fantastico mondo di Padre P. di Bruno Magno

IOLANDA TARZIA “In mezzo alla piazza si ergeva uno strano monumento, alto quasi quanto le case, e, nell’angustia del luogo, solenne ed enorme. Era un pisciatoio: il più moderno, sontuoso, monumentale pisciatoio che si potesse immaginare;[…] Quale bizzarra circostanza, o quale incantatore o quale fata poteva aver portato per l’aria, dai lontani paesi del nord, quel meraviglioso oggetto, e averlo lasciato cadere, come un meteorite, nel bel mezzo della piazza di questo villaggio, in una terra dove non c’è ne acqua né impianti igienici di nessuna specie, per centinaia di chilometri tutto attorno?” (Carlo Levi – Cristo si è fermato ad Eboli) Da tempo immemore quella che, con grande fantasia, viene chiamata “Autostrada A3” è l’incubo di coloro che si prefiggono di raggiungere l’estremo Sud dell’Italia. I cosiddetti lavori di “ammodernamento”, che da anni interessano l’A3, hanno reso, se possibile, ancora più pericoloso e disagevole percorrerla. La presenza dei cantieri, i chilometri a una sola corsia, le interruzioni e gli svincoli improvvisi, l’assenza di corsie di emergenza e di aree di sosta, trasformano il percorso della A3 in una vera avventura ai limiti della sopravvivenza. Chi imbocca l’A3 non sempre è consapevole che tutto può succedere in quelle interminabili ore che lo separano dalla destinazione. Sarebbe

Scherza coi santi... prefazione di Margherita Hack opportuno, per precauzione, consigliare una vera e propria profilassi contro i malesseri da A3. Si dovrebbe redigere il “Manuale del viaggiatore sull’A3”. Idonei pannelli segnaletici dovrebbero invitare i viaggiatori a: dotarsi di certosina pazienza; approvvigionarsi di viveri e bevande; fare carburante; fare sosta alla toilette; rifornirsi di giornali e passatempi vari per combattere la noia delle lunghe soste in coda; fare scorta di CD, perché anche sintonizzarsi su una frequenza radio può essere impresa ardua; dotarsi di ventilatore in assenza di aria condizionata. Sarebbe, inoltre, consigliabile la presenza di un copilota che coadiuvi il guidatore nell’avvistamento tempestivo delle deviazioni che all’improvviso articolano il percorso. E attenzione alle mucche! In uno dei tratti già “modernizzati” della A3, infatti, è installato un cartello che segnala la presenza di mucche. Si potrebbe pensare che il cartello sia stato posto lì per scherzo o per errore. Vi sbagliate! Nel 2008 una mucca che pascolava sulla A3 causò un grave incidente automobilistico. Eppure, come si legge nel sito dell’ANAS, “L'autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria rappresenta la principale arteria di scorrimento che

collega la Sicilia e le estreme regioni meridionali tirreniche alla grande rete autostradale europea allacciandosi al Corridoio 1 che collega Palermo a Berlino”. Arteria di scorrimento? Si, ma solo del sangue di chi rimane coinvolto nei numerosi incidenti che avvengono su quella strada. Perché sulla A3 le vetture spesso si schiantano. La A3 non collega la Sicilia e le regioni meridionali alla grande rete autostradale europea; è, invece, il simbolo per eccellenza dello “scollegamento” dell’estremo Sud dal resto dell’Italia. Allora, come risolvere il problema? Semplice, si realizza un bel ponte sullo stretto di Messina. Il ponte, infatti, ridurrebbe drasticamente i tempi di collegamento fra la Calabria e la Sicilia. Poco importa, poi, se percorso il ponte continueranno a non esistere le strade per proseguire il viaggio verso sud o verso nord. Il Sud d’Italia, finalmente, avrebbe il più moderno, sontuoso, monumentale ponte che si potesse immaginare. Come il pisciatoio in mezzo alla piazza di Gagliano, il ponte, seppure inutile, sarebbe comunque un “meraviglioso oggetto” lasciato cadere, come un meteorite, da un incantatore o una fata in mezzo allo stretto di Messina.

Fedeli pii o bigotti invasati. E’ sempre questione di punti di vista quando si parla di devozione dei santi. E nel favoloso mondo che gira intorno a Francesco Forgione, in arte Padre Pio, e alla sua irresistibile ascesa di punti di vista ce ne sono davvero tanti, a partire da quello puramente spirituale passando per l’altro – molto più terreno, ma assai più redditizio in questo mondo – rappresentato dal business economico dietro la figura del Santo da Pietrelcina. A raccontare luci e ombre della storia del frate pugliese e della devozione al limite del fanatismo dei suoi fedeli in Diavolo di un santo! – il fantastico mondo di Padre P. (edizioni Memori, collana Cassetti) è Bruno Magno, grafico nella comunicazione politica, insegnante di Grafica editoriale alla Rome University of Fine Arts e qui in veste di scrittore esordiente alla sua prima prova letteraria. Costruito in gran parte su avvenimenti, situazioni e miracoli così come appaiono descritti nei racconti resi dai media, dai protagonisti o dai tanti

www.memori.it

“biografi” del Santo (tra i quali il Santo stesso), il libro è - per dirla con Margherita Hack che firma la prefazione al volume - “la storia romanzata, in chiave satirica, del fanatismo religioso

suscitato dalle stimmate e dagli altri presunti miracoli di Padre Pio. E’ un susseguirsi di scenette di vita contadina, di superstizione religiosa, descritte con benevola ironia“. Ironia benevola, certo. Che non manca però di sottolineare la comicità del tutto involontaria di chi ha contribuito a rendere un semplice e burbero frate di uno sperduto paesino del Sud d’Italia uno dei santi più venerati, amati e redditizi nel Paese e nel mondo. Un racconto

che passa dalla contadina la cui gallina sforna con dolore un uovo dotato dell’effige del Santo in rilievo, al bambino ammalato che sovrappensiero disegna con il pane il volto del frate nel sugo mentre si produce in una terrenissima “scarpetta” e subito guarisce da un brutto febbrone; dalle lotte del francescano a base di ciabattate contro il demonio sotto forma di ragno, all’esilarante vicenda dell’ultrasettantenne che in attesa di essere operata per una frattura dell’anca viene tempestivamente soccorsa dall’unico medico in sede guarda caso un ginecologo allertato del miracolo in corso da un sospetto sentore di violetta - proprio mentre sta partorendo. Nel mezzo, una guida al corretto utilizzo delle immagini e delle reliquie del santo, un ritratto del “devoto medio” e un accenno a quello che al momento appare come l’unico miracolo di Padre Pio comprovato. Quello economico fatto di alberghi, trattorie e ristoranti, bar e attività commerciali spuntate come funghi a San Giovanni Rotondo e a Pietrelcina, luoghi di culto evidentemente graziati dal Santo che non conoscono crisi.

Appunti per un’autobiografia intellettuale di Arturo Schwarz

Philippe Halsam, Dalì making his skull of nudes Scrivo poesie per dare una forma duratura alle mie emozioni. Scrivo poesie per la stessa ragione che mi fa respirare: per continuare a vivere. Scrivo poesie per conoscermi. Scrivo poesie per capire cosa governa la mia filosofia della vita... Mi hanno chiesto spesso quali sono gli scrittori che mi hanno aiutato ad elaborare la mia visione della vita. Eraclito e Lao

Tzu hanno avuto un‘immensa influenza sul mio modo di pensare e, quindi, di scrivere. Entrambi hanno denunciato il carattere fallacce delle antinomie, postulando che il rapporto apparentemente contraddittorio tra due proposizioni ha un carattere complementare e non conflittuale. Questo mi ha condotto ad evitare ogni forma di dogmatismo, a

capire che non esiste una verità assoluta, a privilegiare persino un certo grado di inconseguenza. Essere sempre, e in ogni circostanza, conseguenti con se stessi, porta all’intolleranza e al fanatismo. L’inconseguenza è fonte di tolleranza ed equivale al riconoscimento della complessità e delle contraddizioni del quotidiano. Il mondo dei valori non è governato dalla polarità della logica. L’inconseguenza è anche un tentativo di ingannare la vita che ci pone di fronte a situazioni alternative senza, apparentemente, vie di uscita. Bisogna sapere accettare le contraddizioni dell’esistenza, e anzi, trarre forza dalle loro tensioni. Altrettanto importante è stato per me è stato l’insegnamento di Baruch Spinoza. Egli ha colmato lo iato tra creatore e creatura proponendo una visione olistica del tutto per cui esiste una sola sostanza, un’unica natura che è creatrice “naturante” e alternativamente creata, “naturata”. Questo implica l’abolizione di ogni categoria gerarchica e, di riflesso,

del principio d’autorità. Spinoza anticipa l’essenza stessa del pensiero anarchico. E’ opportuno ricordare che l’anarchia esige la fine dei rapporti gerarchici – come conferma l’etimologia del termine (anarchos) – e quindi il rifiuto del principio d’autorità. Siddhartha Gautama, il Buddha, e cioè l’Illuminato, riconosceva in questo rigetto dell’autoritarismo, la condizione stessa dell’individuo pensante quando predicava sii la tua stessa lampada, aggiungendo, se incontri Buddha per la strada, uccidilo!... Ho segnalato prima che la stessa etimologia della parola anarchia rivela che questa, lungi dall’essere – come definita dai dizionari – sinonimo di confusione, caos e disordine, aspira, al contrario, a tornare ad un ordine naturale e spontaneo che permetterebbe a ognuno di godere di una più compiuta libertà. Il rigetto della struttura gerarchica comporta infatti sia il rifiuto del principio d’autorità, sia la prevaricazione esercitata sull’individuo. In breve, l’anarchia è

sinonimo di armonia tra gli esseri e tra questi e la natura. L’Armonia va raggiunta con la condivisione della conoscenza e non con la violenza. Per l’anarchico il fine non può mai giustificare il mezzo, tan-

to più se il mezzo – la violenza – è in totale contraddizione con il fine; dovrebbero ricordarselo quelli che, in nome di una ideologia della fratellanza, seminano invece la morte e l’odio.

Ebreo errante... ebreo errante ho vagato tutta la vita lungo il labirinto della mente ricorrendo il senso del Tutto beffato dalle anguste apparenze schiavo delle strettoie della ragione prigioniero della gravità ma quando mi ritrovo nell’aranceto profumato del tuo amore il labirinto si apre come fiore immenso le stelle s’inginocchiano sui sentieri il mio corpo dimentico della morale newtoniana diventa rondone e nidifica tra i tuoi capezzoli leggeri e mentre si alzano le tue ciglia la certezza del nostro amore nasce dal fondo dei tuoi occhi e ricordo che il desiderio è la ricerca del tutto ora posso fermarmi la libertà avanza nei suoi stivali dalle sette leghe per annunciare l’indicibile armonia.


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Così è, se vi piace MARIA SARA MIRTI Non mi sono mai posta il problema di quale fosse l’abito giusto da indossare, né tantomeno quale abito preferirei indossassero le persone che incontro; in effetti gli unici quesiti che di solito mi pongo rispetto a un abito riguardano la sua vestibilità (che sia della mia taglia o più grande) e la sua sopportabilità (pesante o leggero, pulito). Credo che siano soltanto gli sguardi ad avere il compito sociale di essere rassicuranti o d’incutere timore, e comunque non riesco a memorizzare nemmeno i dettagli dei volti: in fondo quanto potrà mai incidere il colore degli occhi, o la forma delle labbra, sul carattere di qualcuno? È davvero così necessario abbinare tra loro gli elementi di cui siamo, casualmente, composti? Quando anche l’insieme ne risultasse più armonico, rimarrebbe comunque il problema della vestibilità e della sopportabilità del nostro, non casuale, carattere. Molte persone possiedono il dono di emanare la propria personalità anche attraverso il più sofisticato travestimento, anche attraverso i

propri innati difetti, altre no, e questo è tutto. Una volta qualcuno rimproverò a Prometeo di non aver apposto sul petto degli uomini, al momento della loro creazione, una finestrella da cui fosse possibile osservare direttamente il cuore umano e discernere così l’amico dal nemico, ecc. Mi chiedo, se davvero esistesse una finestra sul nostro petto, con quale criterio si sceglierebbe il gradevole e lo sgradevole, che cosa si cercherebbe, cosa ci si aspetterebbe di trovare? Se anche avessimo libero accesso alla visuale del nostro cuore, non ci sarebbe comunque modo d’interpretarne la qualità a partire dalla forma, o dal colore, o magari dal suo ritmo. I colori non ci appartengono, e le impressioni fingono soltanto di esistere, in realtà non ci possiedono, né all’interno né all’esterno, ci vengono addosso semplicemente, seguono la scia delle nostre tracce, confondendoci e creando un misto inestricabile d’identità: bastano del succo di mirtillo e del rossetto rosso sul viola della cannuccia, ed ecco che tutto, con il sole allo zenit, diventa di un imperscrutabile violaceo oltremare; è così che si mescolano tra loro sensi e colori.

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Cultura/e

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Hasta Siempre Carlos Puebla - 1965 Abbiamo imparato ad amarti sulla storica altura dove il sole del tuo coraggio ha posto un confine alla morte. Qui rimane la chiara, penetrante trasparenza della tua cara presenza, Comandante Che Guevara. La tua mano gloriosa e forte spara sulla storia quando tutta Santa Clara si sveglia per vederti. Basta poco e tutto si confonde. Paolo Mantegazza scrive: “L’eterna storia dell’egoismo e del cuore si può tutta ritrarre colle leggi dell’ottica. I cuori degli uomini si possono tutti dividere in quattro classi, cioè in bianchi che riflettono sempre, in neri che sempre assorbono, in trasparenti che lasciano passare la luce, ed in grigi che assorbono e riflettono; e questi sono i più.” (P. Mantegazza, ”Fisiologia del piacere”, Casa Editrice Mandella, Sesto S. Giovanni, Milano, 1913, p. 151) Non riesco a dargli torto: pensati separati dal resto i cuori, rossi come sono, sembrano piccoli e inutili,

niente più di una geniale, e tuttavia limitata, meccanica esistenziale. Inoltre, il bianco, il nero e il grigio, indossati, danno una maggior sicurezza, e giocare con le trasparenze permette di ampliare ogni possibile confine ed affrontare ad armi pari tutte le forme. Il rosso invece, pur nelle sue diverse sfumature, è quantomeno scomodo, pretende certamente l’esclusiva, una certa originalità nell’essere esibito. Ma è anche vero che, se parliamo di cuori, il rosso è l’unico colore possibile, l’unico che rimane indifferente a mode e pregiudizi, fedele solamente a se stesso.

Qui rimane la chiara ... Vieni bruciando la nebbia come un sole di primavera, per piantare la bandiera con la luce del tuo sorriso. Qui rimane la chiara ... Il tuo amore rivoluzionario ti spinge ora a una nuova impresa dove aspettano la fermezza del tuo braccio liberatore. Qui rimane la chiara ... Continueremo ad andare avanti come fossimo insieme a te e con Fidel ti diciamo: Per sempre, Comandante!

“… le parole veraci … del mio calzolaio” CRISTIANO DELLA VEDOVA

Il mio calzolaio. “La parola “vergogna” non la spreco: non ne capireste il proposito./ Mi dispiace, cari non amici miei!/ Non siete riusciti ad amare…/ non ce l’avete fatta ad apprezzare l’alba… ma siete bravi a gridare “assassino”!... ”assassino”... senza sapere./ Le vostre priorità non le considero!/ False sicurezze vi danno una forza inconsistente …/ mai arguti né taglienti./ Beati voi!/ Sei miliardi di persone non esistono,/ l’incontaminata letteratura non esiste,/ il calore di una carezza non esiste,/il sole di un sorriso non esiste,/ e non esiste l’essere,/ ma solo il vile allineamento…/ La noia è sconosciuta,/ la cordialità un relitto./ O antico rispetto!... quanto mi manchi,/ ma lo so:/ non morirai mai./ Io cerco senza sosta e/ cercherò sempre… senza sosta!/ Beati voi, che senza reali prospettive ignorate che la vera rivoluzione/ è assorbire,/ osmoticamente e con giovane leggerezza,/le parole veraci …/ del mio calzolaio!” Una giornata come tante. Quelle che certamente non si ricordano. Quelle di cui nemmeno ti rendi conto che sono state anonime e piatte, finché qualcosa o qualcuno non te lo fa pensare… e ti fa cambiare assolutamente idea. Un evento così semplice da potersi considerare straordinario. Un’ora del tuo tempo che ti offre spunti

di riflessione, che ti fa pensare di stare bene proprio quando non te l’aspettavi. Uno scambio di opinioni così autentico da meritare, nella tua mente a volte addormentata, qualche “sgangherato” verso. Così, per gioco, dopo aver tirato un gran sospiro di sollievo, ho voluto fermare quel confronto… quelle parole dell’inconsapevole Giorgio, il mio calzolaio. La scoperta della meraviglia di ciò che ti circonda rie-

sce a innescare la miccia di un equilibrio vacillante o a consolidare quello in fase di raggiungimento. E non credo che occorra una particolare predisposizione o impostazione mentale per vedere ciò che normalmente non vediamo, perché occultato dai frenetici ostacoli del quotidiano. Basta solo avere un po’ di pazienza ed essere ben avviati sulla strada del “dubbio”. Credo che la ricerca della coerenza e di una stabilità interiore, parta proprio da un approccio profondamente umile e autocritico nei confronti dell’altro, dei suoi sentimenti e delle sue idee. Ovviamente, il rischio di incappare nella banalità di

idee e parole inflazionate è davvero elevato in questa propensione verso un mondo spesso vigliacco e così difficile da comprendere. Ma questo è un rischio sano, che vale la pena correre, per crescere, per migliorare. Forse in maniera più lenta, ma di certo più compiutamente. Tanta gente è concentrata solo nel “suo tutto”. Osservando i comportamenti automatici e i tic quotidiani ti accorgi che in realtà

porre l’attenzione solo sul “proprio tutto” equivale a farlo sul niente. Ci sarà un motivo perche sulla Terra siamo sei miliardi di persone, o no? Forse la ragione sta proprio nel fatto che dobbiamo cercarci, scoprirci, rispettarci. Ed è questo il viatico verso una vita dignitosa per tutti. Semplicemente per tutti. Il ragionamento non vuole condurre a una scontata promozione dell’altruismo. Un altruismo troppo spesso spento e fonte di insegnamenti retoricamente tramandati. Vuole solo sottolineare come la volontà di costruire la propria personalità, ha bisogno di traguardi molto più esigenti della costruzione

di un benessere chiuso e spiccatamente interiore. Le nostre energie, la nostra rabbia, attendono solo di essere utilizzate per un miglioramento comune e totale. Per la creazione di un futuro che non sia la banale ripetizione del presente. Ed è proprio la ricerca di una sintonia critica con il nostro “intorno” che ci fa sfuggire al rischio di omologarci a esso e allinearsi al comune sentimento. La piccola rivoluzione quotidiana muove da questa consapevolezza: ognuno di noi può essere con il proprio atteggiamento attivo e propositivo un “cavallo di Troia” all’interno della realtà; un virus sano in grado di “sbugiardare” le false sicurezze che qualcuno vuole darci e che molto, troppo!?, spesso vengono accettate passivamente, o contrastate solo quando è troppo tardi; ciò, con la convinzione che la vita migliore sia quella del flusso favorevole e tranquillo. E va bene allora: se la vita può essere facile, che lo sia per tutti! Altrimenti qualcosa va assolutamente cambiato. Cominciamo intanto a guardarci intorno. A sentire intorno. Ad accogliere i messaggi che la nostra realtà ci invia e che troppo velocemente cancelliamo. Se mentre cammino per strada, butto il mozzicone spento della sigaretta nel cestino dei rifiuti anziché per terra, non voglio essere guardato con stupore, come se facessi chissà che… perché mi sto solo “guardando intorno”.

In Due Sto cercando una casa nuova... la mia l’ha spazzata via l’uragano… Tra le sue macerie cerco me stessa e non mi ritrovo… Diversa, impaurita e spaesata insieme. Per quaranta anni… ho camminato insieme a lui, per lui, a volte contro di lui… ma sempre insieme. A volte lo ami il tuo compagno, in altri momenti lo sopporti, in altri non puoi fare a meno di lui, in altri… in altri… e via via, come un fiume che attraversa pianure verdi, rapide turbolente, anfratti nascosti… Così è la vita in due… ma condivisa sempre nel bene e nel male, Così è stata la nostra… Oggi da sola non mi riconosco e cerco appigli per vivere, sopravvivere e soprattutto ricominciare a vivere: I figli, i nipoti, Gli amici… pochi, i fratelli… uno… E la mia barca va in questo mare in burrasca, ogni giorno faticosamente, finché viene sera… Ed io stanca di remare… mi addormento. mariella


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ANNO III - N. 9

Economia

UNA NUOVA RUBRICA La dichiarazione di dissesto dell’economia USA ci rivela due grandi “verità” sinora sottaciute dalla politica e dalla finanza nostrana e mondiale: 1) la crisi economica che sta vivendo l’Occidente è strutturale e quindi irreversibile (ciò non vuol dire che il capitalismo stia finalmente morendo, è questa fase di economia finanziaria globalizzata che ha esaurito il suo ciclo); 2) non è vero che da questa crisi, nonostante le sue dimensioni planetarie, ci si salverà tutti insieme; al contrario, solo alcuni potranno salvarsi e ciò avverrà a condizione che gli altri affondino. Le conseguenze finali di questa crisi capitalista non colpiranno tuttavia tutto il mondo, in parte perché in condizioni di degrado economico tali da non poter ulteriormente peggiorare, in parte perché oramai di fatto “sganciato” dal sistema economico occidentale e in grado di vivere una propria vicenda economica autonoma. La crisi riguarda i due grandi contendenti omologhi: gli USA e l’Europa. Uno dei due inevitabilmente affonderà, l’altro potrà sopravvivere, purché riesca a ripensare il proprio sistema economico e sociale. La guerra economica tra gli USA e l’Europa è in corso da alcuni anni, come sanno (ma

non dicono) i vertici della finanza e dell’economia mondiale, della BCE e della sua antagonista Federal Reserve USA. Pur odiando motivatamente il capitalismo i comunisti non possono in nessun caso augurarsi il “tanto peggio, tanto meglio” e, quindi, non si può che “tifare” per la sopravvivenza dell’Europa nella quale viviamo. Più che un tifo emozionale va detto che, in verità, ci sono presupposti più che ragionevoli per la sua salvezza e la conservazione della qualità della vita sin qui conquistata dai lavoratori europei. Per immaginare come ciò potrà accadere occorre però preliminarmente conoscere la situazione economica attuale e le cause del suo collasso. Da questo numero abbiamo quindi deciso di dedicare una pagina ai temi dell’economia, cominciando dall’abbecedario degli strumenti interpretativi di base; via via approfondiremo gli innumerevoli aspetti della complessa economia capitalista. Assumiamo un presupposto: l’economia è la cosa più intuitiva del mondo poiché tutti noi la pratichiamo nella vita quotidiana; tra l’economia domestica e quella mondiale c’è solo una differenza di dimensioni, i principi e le regole sono le stesse.

SETTEMBRE 2011

LA TEORIA MARXIANA DEL “PLUSVALORE”- COME E DA DOVE NASCE IL CAPITALISMO Il “capitale” non nasce né dalla circolazione delle merci, né dalla sua evoluzione circolazione del denaro. La circolazione delle merci di per sé, per la natura propria delle stesse, non produce aumento di valore in quanto è destinata al consumo e si scambia con altra merce parimenti destinata al consumo e, dunque, il valore complessivo, a consumo avvenuto, pareggia e torna a “zero”, sino alla creazione di nuove merci da scambiare. Anche la circolazione del denaro, che da mezzo di intermediazione (la merce si vende per denaro ed il denaro ricavato serve a comprare merce) può divenire il punto di partenza e di arrivo della sua stessa circolazione (denaro per acquistare merce che viene venduta per altro denaro), non muta la sua “quantità” alla fine del ciclo, perché equivarrà sempre al valore della merce comprata e venduta che, come detto, dopo il consumo sarà sempre “zero”. Facciamo due esempi: merce contro merce e merce contro denaro contro merce. Un pescatore scambia un pesce pescato con una forma di formaggio prodotta da un

allevatore. Il pescatore mangia il formaggio e il pastore il pesce. Le merci scambiate sono state consumate e ciò che residua è “zero”, fino a che non ci saranno nuovi pesci e nuove forme di formaggio da scambiare e consumare. Lo stesso ragionamento vale anche se il pescatore non riceve in cambio del pesce il formaggio ma una “piastra di metallo” (una moneta) con la quale acquista da un fornaio del pane. Il fornaio a sua volta scambia la piastra di metallo con l’allevatore per una forma di formaggio. Il pescatore ha consumato il pane, l’allevatore il pesce, il fornaio il formaggio, la piastra (la moneta) è tornata al suo punto di partenza e il risultato dopo il consumo è tornato a “zero”. Perché alla fine della “circolazione” (sia che si tratti di merce-denaro-

merce o denaro-merce-denaro) il denaro si accresca ed ecceda il valore delle merci scambiate, così diventando “capitale”, occorre che in questo percorso intervenga un’altra merce (più precisamente una componente necessaria per la produzione delle merci) che possa essere acquistata a un valore inferiore a quello della sua produzione. Per produrre la merce pesce occorre una barca, una rete e il lavoro del pescatore. Ugualmente per produrre una forma di formaggio occorre una pecora, un secchio e il lavoro dell’allevatore e così via per il pane: farina, forno e lavoro del fornaio. La barca, la rete, la pecora, il secchio, la farina, il forno hanno un costo (prezzo) fisso, cioè uguale per tutti; il lavoro del pescatore, dell’allevatore e del fornaio hanno, invece, un costo (prezzo) variabile in quanto dipendente dalle condizioni del contesto nel quale viene acquistato e venduto; può valere di più o di meno a seconda del luogo di “acquisto”, dei rapporti di forza politici e sociali, dei bisogni dello stesso venditore della “forza lavoro”. E’ questa merce, la “forza lavoro”, la sola che può essere scambiata al di sotto del suo costo e che quindi può esse-

re acquistata, e poi rivenduta incorporata nel prodotto finale, a prezzi differenti. “Economizzando” su questa componente del prodotto finale il proprietario dei mezzi di produzione (che è poi il proprietario del denaro necessario ad acquistare tali mezzi) realizza una “differenza”. Questa differenza, questo “di più” del valore di produzione e di scambio delle merci si chiama “plusvalore”. Il “plusvalore” sottratto al costo reale della “forza lavoro” è la sostanza del “capitale”. Non è dunque né la quantità, né la qualità, né la velocità di circolazione delle merci o del denaro che genera il “capitale” (o se vogliamo chiamarla: la ricchezza). Il “capitale” nasce in occasione del percorso della produzione e della circolazione delle mercidenaro, ma è “dentro” lo sfruttamento che in tale percorso di produzione e di scambio viene fatto della componente “merce lavoro” che si realizza concretamente. Il capitalismo non nasce, non si fonda, non si sviluppa dalla capacità di redditività del “capitale-denaro”, che di per sé non produce “frutti”, ma dallo sfruttamento del lavoro umano. Il capitalismo è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

di riserva. Nel 1971, a causa dell’enorme costo della guerra del Vietnam, gli Stati Uniti iniziarono a emettere più valuta delle proprie riserve auree, acquistando merci delle altre Nazioni che non avrebbero mai potuto restituire per equivalente di valore in oro. Fu allora che presidente Nixon annunciò la fine della convertibilità dei dollari in oro anche per le Nazioni, in sostanza ammettendo lo stato di bancarotta del Governo americano ma, in quello stesso momento, gli USA si autodichiararono un Impero obbligando il mondo ad accettare e accumulare dollari senza alcuna prospettiva di restituzione per equivalente di valore. L’imposizione passò attraverso l’accordo tra USA e Opec (l’organizzazione degli stati produttori di petrolio) che stabilì nel dollaro americano l’unica moneta per gli scambi petroliferi. Il dollaro divenne quindi l’equivalente del petrolio, legando il suo valore di scambio a quello di quel prodotto che tutti gli Stati avrebbero comunque dovuto comprare e che, non a caso, venne denominato l’ “oro nero” e per converso il suo mezzo

di acquisto venne chiamato “petrodollaro”. Dal momento che il mondo aveva bisogno di quantità crescenti di petrolio e i prezzi del petrolio aumentavano, la domanda di dollari poteva solamente crescere e quindi gli USA potevano emettere moneta indifferentemente dalla capacità del loro sistema economico di restituirne l’equivalente di valore, ma solo per consentire la circolazione del petrolio. In termini molto semplici potremmo dire che gli USA emettevano, come un gestore di Casinò, delle fiches di nessun valore che, tuttavia, i giocatori dovevano comprare per poter partecipare al gioco; il punto era farse rimborsare al termine della partita. Dal 2000, prima “timidamente” l’Iraq, pagandolo con la duplice invasione USA, e poi l’Iran e ora la Russia e il Venezuela hanno iniziato a diversificare le monete per la vendita del petrolio e in genere delle risorse energetiche. I paesi produttori di petrolio, inoltre, hanno iniziato a muovere le loro ingenti riserve di dollari investendoli nella finanza degli stessi USA (i così detti Fondi Sovrani). La Russia e la

Cina, forti di una enorme eccedenza di dollari USA, li stanno investendo in altri paesi alleggerendo le loro riserve. Di conseguenza la quantità di dollari USA in circolazione è aumentata, mentre la loro domanda è diminuita al punto che gli stessi sono sempre meno accettati come moneta di scambio. Per approvvigionare le merci di cui hanno bisogno gli USA stanno dunque svalutando la propria moneta per “abbattere” il proprio debito con l’estero, con l’ulteriore intento di emetterne ancora nuova moneta. La dimensione delle riserve mondiali della moneta USA (l’ultimo dato del deficit americano indica la cifra iperbolica di 10,6 trilioni di dollari) rende improbabile un abbandono imminente del dollaro da parte degli Stati che ne hanno maggiori riserve che verrebbero enormemente deprezzate. Paradossalmente è proprio l’inaffidabilità del dollaro che tiene ancora in piedi l’economia USA. L’altra faccia, ovviamente, è quella della potenza militare degli USA ancora in grado di sottomettere e saccheggiare le economie di buona parte del mondo.

COSÈ IL DENARO E PERCHÉ IL VALORE DEL DOLLARO USA SCENDE Il denaro nasce come mezzo di intermediazione nella circolazione delle merci. Superato il sistema primordiale del baratto (merce contro merce), il denaro (una conchiglia rara, una piastra di metallo, una moneta coniata) ha semplificato il processo di scambio, facendo viaggiare un bene “universale”, cioè valido per l’acquisto di qualsiasi merce, non deperibile e facilmente frazionabile. Perché però il venditore della merce sia disposto ad accettare una moneta in cambio della sua merce occorre che egli abbia la certezza che altri accettino a loro volta quella moneta in cambio di merce propria. Per capire come viene garantita la affidabilità di una moneta facciamo un esempio elementare. Se una persona possiede un immobile del valore di 100 e ha bisogno di comprare merci (alimenti, vestiti, ecc.) può rilasciare ai venditore dei titoli (ad esempio: assegni o cambiali) che questi ultimi accetteranno solo se saranno sicuri che, nel momento in cui chiederanno al debitore di restituire merce di valore equivalente a quella venduta, se non saranno soddisfatti, potranno rivalersi sul valore dell’immobile. Quando ad emettere la moneta è una nazione la affidabilità della stessa da parte dei terzi (altre nazioni o privati) dipende dal rapporto di capienza (corrispondenza) tra la quantità della moneta emessa dalla nazione e la sua ricchezza interna. Se

la moneta emessa eccede quantitativamente la ricchezza della nazione, la moneta di quella nazione non viene più accettata. Può subentrare allora un meccanismo di riequilibro: per cedere la stessa quantità di merce i venditori pretenderanno una maggiore quantità di moneta dell’acquirente il cui valore, conseguentemente, scenderà (si svaluterà) sino a riportarsi in equilibrio con la ricchezza della nazione che la ha emessa. Una moneta forte, dunque, è una moneta che ha un equilibrato rapporto con la ricchezza della nazione che la ha emessa; viceversa una moneta è debole, o diventa debole, quando il rapporto ricchezza/quantità di moneta in circolazione è squilibrato in negativo. Nel nostro caso elementare il proprietario dell’immobile ha emesso titoli per un importo superiore a quello del valore del proprio immobile, nessuno li accetterà più, non potrà più acquistare la merce di cui ha bisogno, verrà aggredito dai creditori che lo spoglieranno del proprio immobile. E’ il fallimento; in inglese finanziario è il “default”. Gli USA hanno emesso una quantità di dollari enormemente superiore alla loro ricchezza e quindi non potranno mai onorare i loro debiti; tecnicamente sono in situazione di default. In verità gli USA sono in tale situazione da oltre 40 anni, eppure sino a oggi non sono falliti. Cerchiamo di comprendere le ragioni per cui

gli USA non sono ancora falliti nonostante il default quarantennale e perché forse, almeno per un poco di tempo ancora, non falliranno. Per comprendere ciò bisogna inquadrare storicamente e politicamente il ruolo e il peso che gli USA hanno avuto, e in parte ancora hanno, nella politica e nell’economia mondiale. Uno Stato-Nazione tassa i propri cittadini, mentre un Impero tassa gli altri StatiNazione. La storia degli Imperi insegna che l'economia di un Impero si basa sulla tassazione delle altre Nazioni. Storicamente la tassazione è stata sempre diretta: lo Stato assoggettato consegnava direttamente le merci all'Impero. Per la prima volta nella storia gli USA sono stati in grado di tassare le Nazioni suddite indirettamente, attraverso l'inflazione. Ecco com’è successo. All'inizio del 20° secolo, l'economia USA iniziava a dominare il mondo e il valore del dollaro era allineato con quello dell'oro. Dal punto di vista economico, tuttavia, gli USA non erano ancora un Impero in quanto il valore fisso del dollaro non permetteva agli stessi di trarre vantaggi economici dalle altre Nazioni fornendo loro dollari convertibili in oro. Economicamente l'Impero americano è nato con gli accordi di Bretton Woods nel 1945. I dollari americani vennero resi convertibili in oro solo per i governi stranieri, i quali furono obbligati ad acquistare e conservare i dollari come unica valuta


ANNO III - N. 9

Aggiornamento sui certificati di malattia on line

Alcune nuove regole per le pensioni

LORETTA OTTAVIANI

LORETTA OTTAVIANI

Il prossimo 13 settembre, finendo il periodo transitorio e entrando a pieno regime la trasmissione telematica dei certificati di malattia, in conformità alla legge 183/2010, la certificazione medica è inviata per via telematica direttamente dal medico (o dalla struttura sanitaria che la rilascia) all’INPS. Sia il lavoratore che il datore di lavoro da quel momento potranno prendere visione dell’attestato di malattia, solo sul sito web www.inps.it tramite il proprio codice fiscale, il numero di protocollo del certificato fornito dal medico e registrandosi preventivamente al sito web dell’Istituto. Di conseguenza, dal 13 settembre 2011, il datore di lavoro non potrà più richiedere al proprio lavoratore, assente per malattia, la copia cartacea dell’attestazione di malattia, ma dovrà entrarne in possesso esclusivamente attraverso i servizi informatici messi a diposizione dall’INPS ovvero viene comunicata all'azienda dall'INPS nei seguenti modi:

Il decreto legge del 6 luglio 2011 n.98 ovvero la cosiddetta manovra economica estiva ha apportato, tra le altre cose, modifiche al sistema pensionistico non di poco conto, se non nel breve almeno nel medio periodo, ma in grado di ridisegnare il quadro previdenziale in modo sostanziale da qui ad alcuni anni, al punto che per le giovani generazioni si prospetta un’età pensionabile intorno ai settant’anni di età L’intervento è stato attuato su due direttrici principali: l’innalzamento dell’età per andare in pensione e lo stop temporaneo agli adeguamenti annuali per le pensioni in essere. Vediamo in sintesi alcune delle principali novità. L’art. 18 della manovra prevede un graduale percorso di allineamento dell’età pensionabile (requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia) delle lavoratrici del settore privato ai livelli già previsti per le lavoratrici del settore pubblico (in corso di progressivo innalzamento) e per la generalità dei lavoratori, fino al raggiungimento di 65 anni, secondo un meccanismo degli scalini che scatterà dal

mediante accesso al sistema INPS tramite apposite credenziali che sono rese disponibili dall’INPS medesimo, come descritto nella Circolare INPS n.60 del 16 aprile 2010; mediante invio alla casella di posta elettronica certificata indicata dal datore di lavoro, come descritto nella Circolare INPS n. 119 de17 settembre 2010; per tramite dei propri intermediari ovvero i consulenti del lavoro, come individuati dall'articolo 1, commi l e 4 della legge 11 gennaio 1979, n. 12. I datori di lavoro potranno accedere al sito www.inps.it previa attribuzione di un apposito codice PIN.

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Lavoro

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2020, quando il requisito ritarderà di un mese, nel 2021 si aggiungeranno 2 mesi e così via fino ad arrivare al 2032, in cui il requisito per l’età pensionabile supererà i 67 anni. Gli incrementi dovranno rispettare l’innalzamento dell’età anagrafica basato sull’aumento dell’aspettativa di vita in vigore dal 2013: si tratta dell’applicazione della regola, che aggancia l’età per andare in pensione alla «speranza di vita» calcolata dall’Istat. Viene anticipato, così, al 2013 (anziché dal 2015) il termine di inizio dell’aggancio delle pensioni di anzianità, di vecchiaia e per ottenere l’assegno sociale, agli incrementi della speranza di vita. Pertanto l’Istat a partire dall’anno 2011 renderà annualmente disponibile entro il 31 dicembre dell’anno medesimo il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita all’età corrispondente a 65 anni. La manovra modifica anche i successivi termini di adeguamento rispetto al programma originario, (che dovevano scattare dal 2019), pertanto gli step successivi al 2013 saranno il 1 gennaio 2016 e poi ogni tre anni. L’incremento dei requisiti per l’anno 2013, già accertato dall’Istat, è di

3 mesi. Questo meccanismo di incremento graduale, però, sembra potersi applicare solo agli uomini, perché per le donne occorre combinare anche l’innalzamento dell’età pensionabile e per questo occorre attendere chiarimenti, in quanto la norma che innalza dal 2020 l’età pensionabile, fa salva la parallela disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita, dato che la contemporanea applicazione delle regole determinerebbe, ad un certo punto, un’età anagrafica delle donne per andare in pensione superiore a quella degli uomini e quindi occorre capire come la legge intenda applicare i due meccanismi. Il meccanismo non tocca, per ora, il diritto al pensionamento sulla base del requisito di 40 anni di anzianità contributiva che prescinde dall’età anagrafica: si potrà andare in pensione col raggiungimento del solo requisito dei 40 anni di contribuzione. Ma la novità, per questa categoria di

pensioni, riguarda la decorrenza: è mantenuto il requisito dei 40 anni per andare in pensione di anzianità, prescindendo cioè da quello anagrafico, ma il diritto alla decorrenza è posticipata di un mese (13 mesi totali) per chi matura il diritto nell’anno 2012, 2 mesi nel 2013 (14 mesi totali) e così via. La manovra blocca transitoriamente anche il meccanismo di rivalutazione delle pensioni a seconda dell’importo della pensione: per il biennio 2012-2013 scatta un vero e proprio giro di vite sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici, non più prevista per la fascia di importo delle pensioni superiore a cinque volte il trattamento minimo Inps e mantenuta, sia pure nella misura del 70%, per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo e quindi l’adeguamento automatico annuale sarà mantenuto regolarmente e senza contrazioni per le pensioni di importo fino a 3 volte il trattamento minimo.

Merloni, tramontate le ipotesi cinese e iraniana Proseguono le trattative di cessione parziale e frammentata da parte dei commissari straordinari; si fa sempre più concreto il rischio dello smembramento del Gruppo Il primo agosto scorso è apparsa sulla stampa specializzata milanese, diffusa da Mediobanca che assiste la procedura di Amministrazione Straordinaria della A. Merloni, una comunicazione rilasciata dei commissari straordinari all’esito dell’incontro con il Ministro dello Sviluppo Economico. In particolare, i commissari avrebbero comunicato di non avere ricevuto rinnovate manifestazioni di serio interesse né dall’impresa cinese Otto Italia, né da quella iraniana Mmd, aggiungendo che sarebbero tuttavia “attualmente in corso concrete trattative con un gruppo industriale che prospetta un impegno diversificato su un perimetro industriale ampio e con una risposta occupazionale che, pur essendo allo stato ancora insoddisfacente, potrebbe pervenire a risultati comunque interessanti e in linea con l’attuale condizione economica complessiva”. Al riguardo i commissari straordinari prevedono che tale proposta potrebbe “pervenire a maturazione nel corso del mese di settembre”. A parte questa nuova offerta di rilievo parziale del com-

plesso industriale, i commissari straordinari informano altresì dell’esistenza di ulteriori trattative per la cessione di singoli asset che “potrebbero dare ricadute occupazionali aggiuntive”. Nei giorni successivi la stampa locale marchigiana ha reso note ulteriori indiscrezioni sui contenuti dell’incontro svoltosi l’1 agosto a Roma tra i commissari straordinari e il ministro, presenti peraltro le organizzazioni sindacali nazionali, che sembrerebbero confermare l’intenzione dell’avvio del progetto di smembramento del Gruppo. A detta della stampa locale, infatti, i commissari straordinari, dopo avere confermato il mancato versamento della cauzione di gara da parte della cinese Otto Italia e il ritiro di quella già versata dalla iraniana Mmd (la cui proposta di acquisto sarebbe stata comunque condizionata all’acquisizione della Daewoo da parte della controllante dell’offerente e caratterizzata dalla previsione di impiego di manodopera non superiore a 500 unità complessive ma solo al quinto anno dalla acquisizione), quanto alle

altre possibili offerte di acquisto parziale avrebbero stato fatto il nome dell’industriale Giovanni Porcarelli. Infine, ha concluso la stampa locale, a detta dei commissari straordinari la proposta Porcarelli non sarebbe l’unica in quanto sarebbero “altresì in corso trattative per la

degli ammortizzatori secondo le previsioni legislative” ferma restando “la possibilità di attivare gli strumenti dell’accordo di programma per l’area umbro-marchigiana siglato il 19 marzo 2010”. Sulla questione è intervenuto il Comitato dei Lavoratori della A. Merloni dello sta-

Il Presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca con gli operai della Merloni

valorizzazione di alcuni asset della società che, pur essendo ceduti in discontinuità rispetto alla missione industriale originaria, potrebbero comunque dare ricadute occupazionali aggiuntive”, affermando che l’esistenza di queste trattative consentirebbe, a parere degli stessi, “la prosecuzione temporanea della procedura e la fruizione

bilimento di Colle di Nocera Umbra chiedendo, tra l’altro, precisi chiarimenti in merito alla circostanza del ritiro della cauzione di gara da parte della Mmd e, in particolare, se la rinuncia del gruppo iraniano sia stata la conseguenza del mancato rilascio delle garanzie promesse dalle Regioni interessate, Umbria e Marche, e dal Governo

Nazionale, circa la messa a disposizione delle risorse economiche previste dall’Accordo di Programma per sostenere l’acquisizione e il rilancio dell’intero perimetro industriale. Nei mesi precedenti infatti, prosegue il comunicato del Comitato dei Lavoratori, era stata diffusa la notizia che la Mmd, citata in giudizio per presunte irregolarità nell’acquisizione della Tecnogas di Reggio Emilia, avrebbe denunciato pubblicamente azioni di disturbo nella trattativa già avviata per rilevare anche la Ardo, minacciando in tal caso di rinunciare alla seconda acquisizione. Quanto infine alle ipotesi di cessione del Gruppo industriale in “discontinuità”, cioè alla rinuncia alla riattivazione dei complessi esistenti e alla frammentazione degli interventi economici a sostegno di nuove iniziative di così detta “reindustrializzazione”, il Comitato dei Lavoratori evidenzia come, a distanza di quasi due anni dall’Accordo di Programma, non risulta presentato alcun progetto concreto di nuovi iniziative industriali tali da garantire realmente la salva-

guardia dei posti di lavoro. Nessuna notizia ufficiale è stata più diffusa sullo stato e sulla consistenza delle trattative menzionate dai commissari straordinari, mentre proprio negli ultimi giorni sono apparsi sulla stampa locale umbra dei comunicati sindacali che sembrano dare atto dell’avvio dell’ipotesi della frammentazione del Gruppo industriale prospettando “vie d’uscita” occupazionali frazionate e fortemente territorializzate, tutto ciò nella totale mancanza di coinvolgimento dei lavoratori in cassa integrazione. A questo punto non resta che attendere la ripresa dell’attività di settembre da parte dei commissari straordinari, con riferimento ai quali il Comitato dei Lavoratori si sta facendo promotore della convocazione di una assemblea pubblica, alla presenza delle rappresentanze istituzionali dei Comuni territorialmente interessati, presso lo stabilimento industriale di Colle di Nocera Umbra, un incontro al quale possano finalmente partecipare anche i diretti interessati, i lavoratori.


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Idee, opinioni,contributi

SIAMO ALLE SOLITE

IL VOLTO OSCURO DI UNA SOCIETÀ VIOLENTA

VINCENZO LAZZARONI Siamo alle solite! Il paese deve subire l’ennesima manovra finanziaria per far quadrare i conti, ridurre il debito pubblico, evitare il rischio Grecia e a pagarla saranno sempre i più deboli. La dobbiamo subire per l’incapacità di questo governo ad affrontare seriamente e tentare di risolvere i veri problemi. Primo fra tutti l’evasione fiscale che ammonta a 200 miliardi; pensate ben oltre quattro manovre come quella che ci stanno propinando. Lo Stato incassa ogni anno circa 150 miliardi di tasse dei quali 136 miliardi provengono dai lavoratori dipendenti e pensionati (pari al 91 %) e solo 14 provengono dal lavoro autonomo. L’evasione dunque rappresenta il 57% dell’intero gettito fiscale di cui questo paese potrebbe disporre e, tenuto conto che lavoratori dipendenti e pensionati pagano fino all’ultimo euro, questo 57% è a carico esclusivamente del lavoro autonomo. Dei 23 milioni di lavoratori in Italia, 17 milioni sono dipendenti pari al 74% e 6 milioni sono autonomi. Dunque il 74% dei lavoratori e i 17 milioni di pensionati, che insieme non detengono più del 50% del reddito imponibile, pagano il 91% delle tasse incassate dallo Stato; se non ci fosse evasione questo dato scenderebbe al 38%. Ma una seria riforma fiscale non si fa! Non si rende, ad esempio, penalmente perseguibile il reato di evasione fiscale; né si consente al consumatore di detrarre l’IVA pagata su ogni bene acquistato o lavoro commissionato o prestazione professionale pagata, sì da fare in modo che il consumatore sia indotto a richiedere la fattura o lo scontrino fiscale che faciliterebbe i controlli incrociati ed eviterebbe evasione sia di IVA che di IRPEF. Gli Stati Uniti d’America sono spesso portati ad esempio; mai quando si parla di sistema fiscale. Secondo problema: i costi della politica. Tra questi il finan-

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PAOLO AZZARELLI

ziamento pubblico dei partiti; poi le retribuzioni dei circa mille tra senatori e deputati, dei ministri e sottosegretari e i loro benefit vari, vitalizio compreso. Ma la riforma dell’ordinamento della Repubblica , ed in particolare delle camere non si fa. Se solo si dimezzasse il numero dei parlamentari, 300 deputati anziché 630 e 150 senatori anziché 315, si risparmierebbero secondo un calcolo molto approssimativo dei soli redditi, senza benefit, circa 165 milioni di euro l’anno. Tra i costi della politica inoltre ci sono anche le 110 Province con i loro Presidenti, Assessori , Consiglieri provinciali, Direttori generali e Dirigenti; più volte e da più parti dichiarate inutili e quindi eliminabili in campagna elettorale, ad ogni legislatura restano tranquillamente al loro posto. Un ragionamento sui molteplici risparmi che si potrebbero ottenere dalla loro cancellazione e dal trasferimento delle funzioni e del personale ad enti come i Comuni sarebbe troppo lungo da affrontare in questa sede, ma anche in questo caso si tratterebbe di svariati milioni di euro. Ma in parlamento, qualche giorno fa, anche la sinistra si è astenuta sull’abolizione delle Province. A proposito di Comuni, sono 8100 in Italia e di questi 5683 (il 70,2 %) hanno una popolazione inferiore a 5.000 abitanti e anche loro sono un costo. Si potrebbe pensare ad un loro ridimensionamento mediante accorpamento con il comune limi-

trofo più grande ed ad una complessiva riorganizzazione territoriale. Per non andare a disturbare altre realtà basta guardare in casa nostra per chiedersi che necessità c’è di avere Comuni come Bevagna, Spello, Trevi, Montefalco, che da Foligno distano tra i 5 e gli 8 chilometri, che con Foligno non hanno più soluzione di continuità tra abitazioni e zone industriali e artigianali. Più che utili a volte addirittura costituiscono un ostacolo ad un corretto sviluppo industriale artigianale e commerciale del territorio, senza parlare di un coerente assetto urbanistico ed edilizio. Non si potrebbe avere un unico Comune e magari delle vere circoscrizioni territoriali con uffici periferici solo per i servizi essenziali ai cittadini? Ma la riforma del titolo quinto della parte seconda della Costituzione non si fa! Invece cosa si fa? Si mettono le mani nelle tasche dei 34 milioni di lavoratori dipendenti e pensionati, e gli si chiede di fare altri sacrifici. Fare le questue non risolve i problemi, li allevia solo temporaneamente, governare così sono buoni tutti, non ci vuole una scienza. Viceversa fare scelte che cancellino privilegi, che ridisegnino l’assetto territoriale del Paese, sopprimano Enti, rendano più efficace ed efficiente la macchina pubblica e ne riducano i costi, attuino una fiscalità equa e giusta, ci vuole il coraggio che questo governo ha dimostrato di non avere. Ma solo questo governo?

A dieci anni Thomas Bishop viene internato in una clinica psichiatrica dopo aver ucciso la madre che lo seviziava da sempre. Quindici anni dopo, evade dall’istituto e dà inizio a una fuga sanguinaria sul cui cammino sono ancora le donne a cadere. Un omicidio, due, poi saranno decine; Bishop tortura e uccide spostandosi da Las Vegas a Chicago, a New York. Un personaggio infero ma straordinariamente umano, del quale Shane Stevens è cronista implacabile raccontandone nel dettaglio l’infanzia e gli anni di reclusione, le quotidiane strategie di sopravvivenza e la ferocia omicida. Ne emerge un indimenticabile ritratto della follia, di quel concatenarsi di storie, incontri o mancati incontri che conducono un uomo a cedere alla violenza, all’orrore, alla distruzione dell’altro e di sé. E accanto a questa ombra che ferisce a morte le grandi metropoli del continente, emerge il volto oscuro dell’America degli anni Settanta, restituiJack Nicholson in Shining to attraverso il racconto di una caccia all’uo- se la sua necessità di cromo che coinvolgerà tutti, naca nera. L’autore regala poliziotti e giudici, politici al lettore questa eredità ine giornalisti, beffati dal- vestigativa, cruda, facinol’astuzia dell’assassino e rosa e autodistruttiva enincatenati, loro malgrado, trando in connessione con alla sua testarda, deviata il protagonista che è antaumanità. Trovarsi tra le gonista della società stesmani il libro di Shane Ste- sa nella quale vive e dalla vens “Io ti troverò”, è quale si sente un outsider. Il libro si apre con l’immaun’esperienza nuova, sia per l’aura di mistero che gine di una donna che viecirconda l’autore, di cui ad ne bruciata, la donna in oggi non si conosce la vera questione è la madre delidentità, (sembra che sia l’assassino. Un’overture morto nel 2007, ma la no- impudente che non teme tizia non è sicura; di certo di rivelare fin dalle prime è autore di altri cinque ro- battute il contenuto accat-

CRISTO CRUCIFICADO Calamai asciugati di fresco Sono le pupille stanotte. L’inchiostro e’ morto in una rima d’amore O in un’eresia letteraria. Cosa importa,in questa notte Inutili sono gli affanni. Ecco il relitto di un poeta Accasciato al suo sudario. Un bel Marat assassinato Vela sbiancato in rivoli rossi Nell’aria sparsa di fogli morsi. Una penna d’oca sfiatata inchiodata alle mani riverse Nell’umida terra natale. Nessun orgasmo, signori Uccise più dolcemente. Carlo Trampetti

tivante e spietato del volume. La storia di “Io ti troverò” (dal titolo originale “By reason of insanity”), si dipana dalla vera storia di Caryl Chessman, noto pluriomicida definito “il bandito della luce rossa”, per le dinamiche utilizzate nei suoi crimini. Ai tempi non si parlava così spesso di serial killer, quella di Chessman sembra un’esistenza dedita al crimine. La vera storia di questo uomo che fu giustiziato nella camera a gas smosse l’opinione pubblica sulla pena di morte e diede il via a quella corrente oppositrice sulla pena capitale. Nel romanzo il figlio illegittimo dello stesso Chessman sarà il protagonista della serie di delitti che tormenteranno l’America di quegli anni. Le indagini della polizia saranno affiancate da un giornalista investigativo del “Newstime” che porterà avanti indagini parallele. Evasioni, identità rubate, stratagemmi per nascondere le proprie tracce si alterneranno alla visione distorta e malata del killer Thomas Bishop, che sentirà l’esigenza di uccidere per perpetrare la memoria dell’uomo cui crede di essere figlio. Il tono “cronistico” e poco romanzato rischia di allontanare l’attenzione dalla dinamicità della storia, ma sono solo momenti dettati dall’abile mano di Stevens, che, quando è il momento, riporta la vicenda su un punto di vista più personale, puntando l’attenzione sul personaggio. Forse Shane è da considerare precursore dei tempi odierni riuscendo a mettere sotto i riflettori, come accade oggi, i killer, i quali occupano le prime pagine delle testate giornalistiche o i talk show nazionali.

S POLETO F ESTIVAL A RT 2011

novità. Negli spazi dell’Expo in anteprima si potranno ammirare alcuni disegni inediti sulla Fervono i preparativi per Resistenza, di Renato la prossima edizione Guttuso, pittore italiano dell’Esposizione Spolesociale e impegnato, tra toFestivalArt 2011. La i più rappresentativi del serie di manifestazioni Novecento. Oltre a porteranno una importanti artisti itaventata di freschezliani e internazionali za e novità culturanelle numerose sale, li a Spoleto ed in sarà allestita una perUmbria. Nell’antico sonale di William Toconvento agostiniade, pittore e scultore no di San Nicolò, cubo-futursita italiacentro culturale del no, di origini tedecomprensorio sposche. Tutti gli amanti letino, si svolgerà dell’arte sono invitati dal 23 al 26 Settema Spoleto dal 23 al 26 bre l’esposizione di Settembre, nelle locaarte moderna e contions del Chiostro di temporanea. Ideata San Nicolò, Teatrino dal Professor Luca delle Sei e dell’Ex MuFilipponi, Presidenseo Civico, per apte dello Iefo e delprezzare le diverse l’Associazione Gio- Opere di Bini, Bizzarri, Tode, forme di creatività. vani Europei, è or- Guttusso, Trotti, Mulè, Dupon

ALESSANDRO CIAMARRA

UNA PENNA D  OCA

manzi), sia per il “peso” non solo figurativo del volume, perché circa 800 pagine fanno di questa opera un vero e proprio scrigno di storia americana: in esso vi è rappresentato uno spaccato societario degli Stati Uniti tra gli anni ’50 e ’70. Il paese delle grandi opportunità si trasforma in questo testo in un caleidoscopio di malvagità e fanatismo. Il livello di tensione si mantiene alto per tutto il narrato, approfittando delle dinamiche che avvengono nella mente del killer, Thomas Bishop, il lettore è solo lo strumento attraverso il quale Stevens decise nel lontano ’79, quando concepì il volume, di renderlo testimone di quella crudeltà, esacerbando for-

ganizzata in collaborazione con il direttore artistico Maestro Alessandro Trotti e l’artista Maestro Sandro Bini, ideatore del manifesto. Nell’edizione 2011 infatti sono previste alcune


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Salute

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Chirurgia mini-invasiva percutanea dell’avampiede STEFANO FERRANTI

La Chirurgia negli ultimi anni ha fatto passi da gigante e se una volta il chirurgo era costretto ad operare “de visu”, cioè a cielo aperto al fine, una volta individuata la causa di una determinata patologia, di poter intervenire su siti piuttosto vasti con lunghe ferite e conseguenti lunghi periodi di degenza, oggi molto spesso si usano strumenti che permettono un minimo accesso chirurgico e una rapida guarigione. Anche in campo ortopedico da alcuni anni la microchirurgia non invasiva viene con succes-

so applicata nelle principali patologie del piede, quali: Alluce valgo, Alluce rigido, Metatarsalgie, Dito a martello, Piede reumatoide, Piede diabetico, Piede neurogeno, Recidiva di deformità all’avampiede già trattate con altre metodiche, Neuroma di Civinini Morton. I vantaggi sono notevoli poiché il paziente può affrontare un intervento di breve durata, in anestesia locale, può subito camminare, riducendo sensibilmente il rischio di complicanze post-operatorie, il tutto poi in regime di day hospital, fattore da non sottovalutare anche per il positivo impatto sociale determinato da un notevole risparmio economico.

Naturalmente è importante che l’operatore abbia la cosiddetta “mano sicura” e sia pratico della metodica, che di per sé è semplice, ma deve essere eseguita con perizia e precisione. Tra coloro che per primi hanno adottato tale tecnica innovativa e che, a ragione, può esserne considerato un precursore il Centro di Chirurgia del Piede dell’Ospedale di Foligno. Il Centro vanta infatti al suo attivo una vasta casistica : durante gli ultimi nove anni sono stati sottoposti ad interventi mini invasivi circa 2.500 pazienti con ottimi risultati nell’87% dei casi e solo qualche lieve complicazione in una minima percentuale, co-

munque sempre risolta con successo. L’Ospedale di Foligno è considerato all’avanguardia per l’attività svolta in questo delicato settore ortopedico specialistico di chirurgia del piede e rappresenta pertanto

Metabolismo lipidico ed esercizio fisico LEONARDO MERCURI

La lipolisi, avviene quando una molecolari trigliceride viene scissa in una molecola di Glicerolo e tre molecole di acidi grassi. Questa scissione (mobilizzazione) dei grassi è favorita da una serie di condizioni caratterizzate da un aumentata richiesta energetica, queste condizioni sono: esercizio, dieta ipocalorica, digiuno, ipotermia. Gli acidi grassi, rilasciati dai trigliceridi dei siti di accumulo adiposo (i nostri magazzini del grasso), o dai depositi lipidici intramuscolari, possono essere riversati nel circolo sanguineo e raggiungere i nostri muscoli sotto forma di FFA o Acidi Grassi Liberi (Fat Free Acid). Questi acidi grassi liberi, costituiscono ora, una fonte facilmente utilizzabile attraverso il processo di beta-ossidazione e perciò possono contribuire attivamente alle richieste energetiche dell’eventuale esercizio fisico. In intervalli di tempo ristretti di esercizio con intensità da lieve a moderata, l’energia che si utilizza è fornita approssimativamente, ed in egual misura, dall’ossidazione (metabolismo) dei carboidrati e dei lipidi. Se invece lo sforzo è protratto per un ora o più, vi è un progressivo incremento della quota di lipidi utilizzata a scopo energetico. Nell’esercizio di ulta-endurance, i lipidi (soprattutto gli acidi grassi liberi o FFA) possono arrivare a fornire oltre l’80% dell’energia richiesta. Tale fenome-

no ha origine da una probabile e modesta diminuzione del glucosio circolante nel sangue, e dal conseguente aumento del Glucagone (e quindi decremento di Insulina) rilasciato dal Pancreas. Queste modificazioni ormonali non fanno altro che stimolare la mobilizzazione dei lipidi ed il loro successivo utilizzo come carburante per l’esercizio fisico, infatti il consumo di FFA cresce progressivamente in modo esponenziale nel corso di un esercizio fisico “moderato” protratto fino a 4 ore. Il processo di lipolisi (mobilizzazione dei grassi) è favorito dall’esercizio fisico, ma avviene solo in maniera graduale, inoltre esso non cessa immediatamente al termine dell’esercizio fisico stesso. Infatti una volta interrotto il nostro lavoro muscolare, mentre il consumo di FFA si arresta quasi bruscamente, la stimolazione lipolitica persiste, determinando un apprezzabile incremento della concentrazione nel sangue di

FFA, anche a sessione di allenamento abbondantemente conclusa. A dispetto delle limitate riserve di carboidrati nel corpo umano, le scorte lipidiche sono abbondanti e, in termini di quantità disponibili, non limitano la performance nell’esercizio prolungato. Il grasso è una fonte di energia più efficiente dei carboidrati se consideriamo unicamente la quantità di energia rilasciata per ogni grammo di substrato. La completa ossidazione dei lipidi nel corpo frutta 37-39kJ g-1 laddove l’energia ottenuta dall’ossidazione dei carboidrati è solamente 15-16kJ g-1. Tuttavia tenendo conto dell’energia prodotta per litro di ossigeno consumato, l’ossidazione dei grassi fornisce una quota energetica dell’ 8-10% inferiore a quella riscossa dai carboidrati . il principale problema associato all’utilizzo dei lipidi come fonte energetica per l’esercizio fisico non è rappresentata, come si pensa, dalla disponibilità fisica dei

grassi come substrato energetico, quanto dalla quantità di lipidi che il muscolo può prelevare ed ossidare esoergonicamente (con liberazione di energia). In altre parole l’ossidazione dei lipidi può fornire energia (ATP) solo ad una quota sufficiente per mantenere l’intensità dell’esercizio pari a circa il 60% del VO2max (la limitazione principale è rappresentata dalla quota di ingresso di lipidi nel mitocondrio). Per generare energia (ATP) ad intensità superiori di esercizio fisico, devono necessariamente essere utilizzati i carboidrati, sia con la via ossidativa che con la glicolisi anaerobia, l’utilizzo dei carboidrati fornisce ATP ad una velocità superiore a quella dell’ossidazione lipidica. Ovviamente, maggiore è la quantità di lipidi che può essere utilizzata come fornte energetica, maggiore sarà il risparmio delle limitate riserve glucidiche e, quindi, l’esercizio potrà essere ulteriormente prolungato.

un significativo punto di eccellenza della Sanità nella Regione Umbria. Al Centro molto spesso accedono anche pazienti da altre Regioni con piena soddisfazione sia per i ridotti tempi di attesa, dovuti all’alacre at-

A

tività del personale tutto, che vi opera con alto senso di abnegazione e professionalità, e sia per i risultati più che soddisfacenti sempre ottenuti aldilà di ogni possibile previsione od aspettativa.

“M EDICINA I N P ILLOLE ” CURA DI PARIDE T RAMPETTI

Il Sole Fa bene alla psoriasi? L'esposizione ai raggi solari può essere un valido alleato per i pazienti affetti da psoriasi, ma non un sostituto delle cure tradizionali. Del resto una delle cure per la psoriasi, la fototerapia, si basa sulla parte “buona” dei raggi ultravioletti. Il sole va però preso con precauzione per evitare scottature ed eritemi, senza dimenticare che in una piccola quota di ci di psoriasi (circa 5%) peggiora con una eccessiva esposizione solare. - cause. La psoriasi esiste in diverse forme. La più comune è la psoriasi volgare (80% dei casi), caratterizzata da chiazze arrossate a limiti netti, rivestite da squame biancastre sfaldabili. Non è contagiosa ed è conseguenza di un'accelerazione del ricambio delle cellule della pelle, sostenuta da fenomeni immunitari e infiammatori. I fattori che attivano questo processo sono in gran parte sconosciuti, ma sono assodate una predisposizione genetica e l'influenza di alcuni fattori di rischio ambientali, che possono incidere sul decorso della malattia, fra questi: fumo, abitudini alimentari, sovrappeso, stress importanti, alcune infezioni e alcuni farmaci (litio, beta bloccanti). - malattia. La psoriasi è una malattia cutanea, ma tra le persone che ne sono affette c'è una elevata frequenza di condizioni concomitanti, anche se non sono ancora chiari i fattori coinvolti. Tali condizioni si manifestano in genere a distanza di anni dall'esordio della malattia cutanea e non riguardano tutti i malati. Le principali sono: artrite psoriasica, malattie metaboliche e cardiovascolari (aumento di colesterolo e trigliceridi, aumento del rischio di diabete ed infarto). Vanno poi menzionate le ricadute negative sulla qualità della vita, legate all'impatto visivo della malattia che può pregiudicare i rapporti interpersonali. Conoscere e individuare queste condizioni è fondamentale per valutare meglio il “peso” della malattia psoriasica e adottare strategie di gestione multidisciplinari. Terapia: nei casi più lievi si hanno buoni risultati con trattamenti locali (come creme a base di derivati della vitamina D, cheratolitici e cortisonici). Nelle forme medio-gravi si opta per medicinali da assumere per bocca come ciclosporina, metotressato e acitretina. In alcune forme è indicata la fototerapia (con particolari lampade Uvba banda stretta o Puva). Infine , nei pazienti che non rispondono a queste terapie o che presentano controindicazioni al loro utilizzo, può essere preso in considerazione l'utilizzo dei nuovi farmaci biologici che, anche nelle forme più gravi, possono ottenere ottimi risultati. Fa bene all’acne? L'acne molto spesso migliora al sole, ma a patto che il sole sia preso in un clima secco e che non sia eccessivo. L'acne infatti è un disturbo infiammatorio della pelle e l'eccesso di sole in un clima umido può portare ad una recrudescenza del problema. Inoltre bisogna scegliere il prodotto solare giusto, prediligendo quelli specifici per pelli grasse. Infine nei mesi estivi è bene concordare con il medico l'eventuale sospensione dei prodotti per l'acne perché possono creare irritazioni o produrre sensibilizzazioni.


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Pensieri e Parole

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PASSIONE O RAZIONALITÀ? SCELTE UNIVERSITARIE E POSSIBILITÀ OCCUPAZIONALI ARIANNA BOASSO

La domanda che affligge da anni coloro che dopo la scuola superiore vogliono continuare con gli studi universitari è sempre la solita: in che facoltà iscriversi?! Assecondare le proprie passioni e inclinazioni o perseguire la razionale logica delle maggiori possibilità occupazionali? Lasciarsi guidare dal cuore o dalla mente? Non credo che la risposta sia semplice, anzi, direi che la soluzione al-

l’amletico dubbio non esiste; la risposta arriverà negli anni, a seconda di quale direzione prenderà la vita di ciascuno. Il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea fornisce basi documentarie e di verifica per aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro e offre informazioni relative alle varie facoltà delle 64 Università che hanno aderito al consorzio. AlmaLaurea e Istat, da un’indagine svolta nel 2009, dicono che i laureati in Ingegneria sono coloro che hanno maggiori possibilità occupazionali addirittura a un

anno dalla laurea, al secondo posto si classificano i laureati in Chimica farmaceutica, poi quelli in Economia, e in Odontoiatria; i dottori in Medicina e Giurisprudenza impiegano più tempo per entrare nel mondo del lavoro dopo la laurea, in quanto impegnati in corsi di specializzazione e in praticantato. Riguardo all’Università degli Studi di Perugia gli ultimi dati AlmaLaurea risalenti a marzo 2011, relativamente alla facoltà di Giurisprudenza, riportano che i 321 laureati del collettivo selezionato

“A PROPOSITO DI SCRIVERE POESIE” MAO TSE-TUNG Della qualità poetica dei versi di Mao Tse-tung è quasi impossibile parlare: la nozione di poesia, il suo significato sociale, le sue consonanze tradizionali sono, in Cina, tanto diverse dalle nostre che alla impenetrabilità propria a tutte la lirica orientale si aggiunge qui la nostra incapacità ad intendere il rapporto, certo importantissimo e probabilmente decisivo, che l’autore deve avere teso tra l’atto cerimoniale di scrivere versi secondo canoni secolari e la volontà di innovazione che è ben sua, tanto come massimo capo di una delle maggiori rivoluzioni umane di tutti i tempi quanto come teorico dell’attività letteraria. Ma è necessario avvertire il lettore che egli vedrà nelle pagine seguenti non tanto una traduzione, quale potrebbe avere da una delle lingue occidentali, quanto piuttosto una trasposizione, apparentemente sospesa fuor della storia. È altrettanto necessario metterlo in guardia contro il facile scetticismo col quale potrebbe accogliere questi versi. Via, si dirà, che Mao Tse-tung sia un grande uomo politico e rivoluzionario, non se ne dubita: ma voler fare di lui un poeta somiglia troppo alle adulazioni, antiche e recentissime, che i potenti tanto facilmente subiscono e accettano... No, anzitutto perché in Cina non è mai esistita l’opposizione tipica del medioevo cristiano fra il letterato e l’uomo di azione, mentre servizio civile ed esercizio della letteratura si identificano nel ceto mandarino. Ora è ben vero che Mao Tse-tung vive in una dimensione di cultura e di azione che non potrebbe essere più lontana da quella dei funzionari imperiali; ma è anche vero che egli conosce, e quanto, i classici del romanzo e della poesia cinese. Sa che l’esercizio delle tradizionali forme di poesia, cui egli si attiene, è una prova di eleganza e di forza, di quella aristocrazia dell’animo che non solo

deve conciliarsi con la democrazia dell’azione ma che né è la ragione medesima... Si leggano questi versi, scritti da uno degli uomini più segreti e più pubblici, più severi e più interrogativi del nostro secolo, per quel tanto di diretto e di immediato che la loro veste italiana può conservare... Da diecimila e diecimila “li” di distanza, dipinte con l’antico inchiostro rituale da una mano fraterna e moderna, ci vengono così alcune parole dell’immenso discorso di lavoro e di gioia, di pena e di speranza che anche per noi, avviliti e distratti, pronunciano in quei versi i popoli della Cina comunista.

hanno impiegato in media 5,6 anni di studio e di questi già lavora il 36,7%, il 37,4% pensa che la propria laurea sia stata efficace, mentre il 25,2% invece sostiene il contrario. Per quanto riguarda la facoltà di Lettere e Filosofia sono 909 i laureati del collettivo selezionato, il 40.6% lavora, il 37,9 % fa un uso ridotto delle competenze acquisite con la laurea e il 24,8% invece le utilizza in maniera elevata. Ciò che è meglio scegliere non può dirlo nessuno, nemmeno le tante percentuali e dati che sono stati pubblica-

Neve E’ in questo il paesaggio delle terre del Nord: centinaia di leghe strette nella morsa del ghiaccio, migliaia di leghe sotto la neve roteante. Ai due lati della Grande Muraglia È tutto immenso quello che vedete. dalla sorgente alla foce del grande fiume gelida è l’impetuosa corrente, ghiacciata. Le montagne scivolano via come serpenti d’argento gli antipiani ondeggiano come bianchi elefanti di cera; sembra che col cielo vogliano gareggiare in altezza. Ma basta un giorno di sole, e un drappo purpureo gettato sopra il bianco susciterà nuovi, più dolci incanti. Son tanti gli eroi che si sono inchinati, in omaggio, davanti alla grande bellezza di questa natura; ma quali eroi, ahimé! – Chin Shin Huang e Wu Ti erano uomini di ben scarsa cultura; e molto mancavano di talento letterario i primi imperatori delle stirpi Tang e Sung. Genghis Kan, l’adorato Figlio del Cielo, sapeva solo tendere il suo arco contro le aquile dorate. Ora tutti sono passati, lontani nel tempo; per trovare uomini veramente grandi, di nobile cuore, noi dobbiamo cercare nel nostro tempo presente. Di questa poesia fece una personale traduzioneinterpretazione Bertolt Brecht Sotto di me, come un quadro, il paesaggio del Nord dieci mila miglia di neve in fuga, immobile, da tale altezza il Fiume Giallo non appare più furioso. Tra il fiume e noi cumuli di nuvole lievi come un alito, di bianco e di porpora; pascoli e campi da entrambe le parti della Grande Muraglia. Quanti li bramarono inchinandosi davanti a loro! Tutti i meschini re delle dinastie Tsh’in ed Han nella loro ignoranza! E i Tang e i Sung così leggeri di carattere! Anche il superbo Gengis Khan più che tendere l’arco non sapeva fare. Tutti, tutti sono morti. Ma oggi ancora guardate quei grandi signori; come sempre sono pieni dell’antica crudele bramosia.

matura, senza troppi condizionamenti; la società dovrebbe dare a ognuno la possibilità di spendere la propria laurea nel miglior modo possibile, senza sprecare intelligenze e conoscenze acquisite da anni di studio.

L'ULTIMO RABDOMANTE PENSIERI INTORNO ALLA POESIA DI VINCENZO COSTANTINO SAMANTHA PASSERI

(Prefazione di Franco Fortini al volume delle Poesie di Mao Tse-tung pubblicato nel 1959 dalle Edizioni Avanti!)

ti, e occorre superare il cliché degli ultimi tempi secondo il quale un laureato in lettere automaticamente sinonimo di “sfigato”. Sarebbe opportuno che ognuno facesse la propria scelta universitaria da solo, ragionata e il più possibile

Nel 2000 di colpo si apre l'era senza eroi. Finiscono i santi, i profeti, tramontano gli interpreti del pop, del rock, e chi non è morto prima del 1999 lo sta facendo adesso, come i residui del sapone che restano attaccati nonostante tutto ai bordi del lavandino, e scivolano via più lentamente. Comincia la selvaggia epoca delle icone. Dove è solo l'immagine a fare la sostanza. A fanculo Bukowski e il suo “se non ti esce tutto da dentro che lo fai a fare?”. Basta una penna e un taccuino costoso a fare lo scrittore. Uno stile dimesso, un po' di malinconia e falsa incomprensione. Un conto paterno in banca da aprire per attutire le paracadutistiche cadute della vita. Celebrazioni postume, autocelebrazioni in vita. La boriosa presunzione dei vecchi rimasti, l'inconsistenza sostanziale dei nuovi nati. Si può ancora credere nell'arte in tutto ciò?Si può sperare di trovare la poesia? Più l'ho cercata agli angoli delle strade, nella puzza delle cucine dei poveri, nell'arroganza degli ignoranti, nella falsità dei sentimenti, meno l'ho trovata. Sembrano gli anni del disincanto, dove anche la vista di un tramonto si chiama insonnia. Eppure l'incontro casuale. Eppure l'insistenza di un amico, il regalo di un libro. Ho conosciuto così Vincenzo Costantino. Per me l'ultimo rabdomante. Non lo posso chiamare poeta, oggi sarebbe insultarlo. Voi cari lettori che sempre arrivate colti e preparati all'appuntamento con la lettura, al contrario di me, di certo non avrete bisogno di spiegazioni circa la rab-

domanzia. Ma io voglio lo stesso farvi capire perchè Cinaski è rabdomante e non poeta. E' il terzo uomo e non l'artista. Il rabdomante è colui che scopre sorgenti sotterranee, trova l'acqua fonte di vita, o i giacimenti minerari fonti di ricchezza. Ci riesce usando una bacchetta biforcuta che si crede amplifichi i movimenti del corpo generati dalle radiazioni emesse da ciò che si ricerca. Il Cinaski scrittore me lo immagino così. Con la penna che vibra per le strade di Milano, a scoprir pozzanghere che giocano a fare i cieli con la luna, i lampioni stelle elettriche a illuminare la vita vera, la “vita bona”, a ritrovare

i relitti di una città sommersa dentro i bar, i sentimenti e le passioni dove gli altri vedono solo metallo e odore di alcool e a riflettersi in tutto questo, senza la vergogna di chiamarlo specchio. Il terzo uomo che contempla un paradiso domestico chiamato miseria dalla cieca società. Tutto ciò è per me Vincenzo Costantino. Speriamo solo non si offenda. E voi se siete scettici e increduli di fronte a queste mie parole e vi fidate solo delle televendite in tv, vi consiglio di provare di persona. Perchè Vincenzo non è solo capace di scoprire per sé, non è rabdomante solo di se

stesso e qui sta la sua vera forza. Quella di lasciare che altri bevano dalle fonti che scopre o si arricchiscano di ciò che trova. Aprite “Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare”. Provate a seguirne le vibrazioni, a dissetarvi tra le righe, a scovare nuovi mondi prima celati. Anche per questo ho definito il Cinaski, l'ultimo tra i rabdomanti. L'ultimo perchè è davvero l'ultimo, the last one, ad insegnare quest'arte. Noi che siamo dopo possiamo imparare, fortuna non da poco. Mi viene da pensare se dopo la sua lezione avremo la forza di continuare a cercare o ci culleremo nell'ipocrisia di aver già trovato. Nella mia personale esperienza di lettrice posso dirvi che ho sempre visto nei libri che più ho amato una casa a cui tornare, un luogo a cui riandare per superare lo shock del quotidiano. Negli scrittori ho visto una famiglia contraddittoria a cui appartenere. Ma dopo aver “incontrato” Vincenzo Costantino, so che ci sarà tempo per queste sensazioni, ma che di certo non è ora. Ho imparato che per amare il ritorno bisogna prima viaggiare. E oggi se apro un libro è come se obliterassi un biglietto del treno. Esco e vado subito a cercarmi una stazione. “(...)trova un amico e comincia la/ condivisione/vai a caso/ lascia le tue lacrime sul cuscino/incontrati con la vita/scontrati con il dolore/ruba l'amore/non avere una meta ma cento/prova a ritornare/perché il ritorno da senso al viaggio(...)”. da “Le cento città”, “Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare”, Vincenzo Costantino, casa editrice Marcos y Marcos .


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Rezwan La minaccia maoista Esistono molte teorie per interpretare la ribellione maoista che ha una lunga storia alle spalle. Mentre alcuni come Raunaq Pradhan pensano si tratti di una battaglia per la libertà, altri la considerano una specie di lotta di classe. I problemi di fondo sono quelli classici della povertà e della disoccupazione. I Maoisti sono concentrati nelle foreste del Chhattisgarh, del Jharkand e dell'Orissa, ovvero l'area ribattezzata ‘Corridoio Rosso'. Questi luoghi sono abitati principalmente da gruppi tribali e indigeni. Anche se l'India vanta alti tassi di crescita e sta salendo sulla scala dello sviluppo internazionale,

queste persone non hanno ricevuto quasi nessun beneficio dalla prosperità economica delle grandi città. Sono ancora oppresse dai burocrati e sfruttate dai politici. Hanno ricevuto solo il lato negativo dell'economia liberalizzata: terre sottratte dalle compagnie private, sfruttamento delle risorse naturali e per di più l'indifferenza del governo. Il problema della lotta tra Maoisti e capitalismo hindu è semplice: un gran numero dei nostri industriali e politici, ufficiali (governativi e della polizia) si sono riuniti per diventare una mafia criminale. Il loro potere è rinforzato dalle milizie ufficiali chiamate ‘forze speciali' e dalle milizie non ufficiali come Selwa Judum che han-

no dato inizio all'attuale tragica catena di violenza. E perché il Maoismo sta prosperando? Perché raccoglie il favore dei poveri promettendo loro una società egualitaria, libera dallo sfruttamento. Shantanu Dutta cita Vishal Mangalwadi analizzando la popolarità dei Maoisti - i leader maoisti scelgono di “identificarsi con i senza terra, gli sfollati e i gruppi tribali emarginati”, così facendo portano un'immagine di positività tra i poveri e gli oppressi. Da quello che vedo intorno a me, a Calcutta, sembra di vivere sotto l'ombra di una violenza che si sta man mano avvicinando. Una guerra civile, dove chi non ha nulla si rivolta infine contro chi detiene la ricchezza. Una volta

scoppiato qualcosa del genere, saremo coinvolti in spargimenti di sangue sempre più feroci. La vita in India diventerebbe come quella di chi vive in Afghanistan o in Iraq. Aspetti quali educazione, assistenza sanitaria, diritto a una casa, acqua potabile, impianti igienici, trasporti pubblici., uguali opportunità per tutti indipendentemente dalla propria situazione socioeconomica, non è quello che vedo all'orizzonte, anzi, è il contrario. Il governo indiano sta cercando strategie per domare i Maoisti. Ha fatto scattare l'offensiva con la polizia e le forze speciali, senza combinare granché. Gli ufficiali dell'intelligence indiana non sono in grado di decifrare le informazio-

ni criptate inviate dai Blackberry o di intercettare chiamate su Skype per avere informazioni sui Maoisti. L'idea di proibire questi servizi suona più come ‘tagliare la testa per curare il mal di testa'. I Maoisti non sono i soli che si stanno preparando a combattere l'India capitalista; gran parte dei poveri sta assumendo posizioni radicali, siano esse legate all'Islam, alle divinità indiane o alle guerriglie maoiste. Non inviando le truppe militari contro i Maoisti, il governo ha agito in modo saggio; può darsi infatti che i soldati debbano presto difendere le nostre metropoli dagli oppressi, che si stanno finalmente ribellando contro il capitalismo criminale indiano.

Namita Singh Piattaforma on line contro corruzione e tengenti In India la corruzione, soprattutto politica, dilaga, ed è vista come un fatto normale con il quale i cittadini si ritrovano faccia a faccia ogni giorno. Il fenomeno causa gravi ingiustizie sociali e può arrivare a influenzare la sopravvivenza stessa della gente. Nel recente New Tactics dialogue on corruption, Shaazka Beyerle, consigliere dell'International Center on Nonviolent Conflict, fornisce l'esempio di una vedova che non può avere da mangiare attraverso il sistema di distribuzione pubblica perché il funzionario governativo pretende una tangente per concederle una tessera per la razione di cibo. Alcuni cittadini non possono permettersi di pagare e soffrono per ingiustizie come questa, mentre altri non hanno altra scelta che cedere alla corruzione. La rabbia e la frustrazione contro questo sistema vanno aumentando, ma al tempo stesso vi è anche un elevato livello di tolleranza. Alcuni cittadini

pagano abitualmente tangenti in cambio di servizi, perpetuando ulteriormente il malcostume. Il sito I Paid A Bribe [Ho pagato una tangente] cerca di affrontare questa complessa questione che sta rovinando la società indiana. Incoraggia la gente a non subire l'abuso di potere dei funzionari e a riportare le storie di corruzione per “svelare il prezzo di mercato delle tangenti”. Si può denunciare il pagamento di una tangente o al contrario raccontare di quando non è stato chiesto loro di pagare, narrando le vicende su un modulo online, scrivendo su un apposito blog, pubblicando un video. Quest'iniziativa, organizzata da Janaagraha, è stata lanciata il 15 agosto 2010 (il giorno dell'Indipendenza dell'India). T.R. Raghunandan, un ex-alto funzionario pubblico e ora coordinatore dell'iniziativa, spiega che l'obiettivo è “costruire un'istantanea dello scenario della corruzione in India.” Janaagraha ha sviluppato una tattica innovativa. L'idea è di concentrarsi meno sull'azione contro gli spe-

cifici dipartimenti segnalati dalle relazioni dei cittadini, per ricorrere piuttosto alla sistematica identificazione delle aree più gravemente compromesse. Raghunandan osserva che “ogni società è ben cosciente della corruzione al suo interno”, ciò che si rende necessario è quindi una migliore comprensione di come e perché dilaghi il malcostume. Le relazioni pubblicate sul sito vengono poi aggregate e indagate. Queste analisi rivelano i dipartimenti più corrotti, le scappatoie utilizzate dai funzionari per chiedere tangenti, le situazioni in cui queste vengono richieste, e così via. Dopo l'identificazione delle situazioni e dei processi suscettibili di corruzione, Janaagraha contatta i dipartimenti e il governo per prendere provvedimenti. L'illustrazione seguente rappresenta tale procedura. L'intento di I Paid a Bribe è anche di incoraggiare e rendere i cittadini sempre più in grado di diffondere storie ed esperienze personali per contribuire ad alimentare una maggiore consapevolezza.

Aparna Ray La questione dell’eutanasia La società indiana si è divisa sulla sentenza della Corte Suprema che ha respinto la richiesta di sospensione delle cure presentata dalla giornalista Pinki Virani per conto di Aruna Shanbaug, donna accudita e mantenuta in vita da 37 anni nell'ospedale KEM di Mumbai. Nel lontano 1973 Aruna Shanbaug venne aggredita nel seminterrato dell'ospedale da un infermiere che legò una catena da cane attorno al collo e mentre lei soffocava, privata del necessario afflusso di sangue al cervello, la sodomizzò. Il giorno successivo, Aruna venne trovata svenuta in una pozza di sangue da un addetto alle pulizie. L'aggressione e la conseguente asfissia data dalla catena le avevano provocato una cecità corticale, e a causa delle lesioni del tronco cerebrale e del midollo cervicale, era rimasta anche muta e paralizzata. L'infermiere venne condanna-

to a 7 anni per tentato omicidio e furto. Da quel giorno, Aruna Shanbaug si trova in 'stato vegetativo' in una corsia dell'ospedale KEM. La sua famiglia ha perso ogni speranza di un suo possibile recupero e per questi 37 anni è stata accudita e mantenuta in vita dalle infermiere dell'ospedale. Il suo ricordo si era sbiadito nella memoria dell'opinione pubblica fino al 1998, quando la giornalista Pinki Virani scrisse ‘Aruna's Story‘, libro che la riportò alla memoria della coscienza pubblica. La questione controversa a tutt'oggi. Pinki Virani, per conto di Aruna, ha presentato alla più alta Corte dell'India la richiesta di porre fine alla vita di Aruna e di consentire l'interruzione dell'alimentazione forzata della donna. La richiesta è stata ammessa davanti alla Corte Suprema nel dicembre del 2009. I dottori e le infermiere dell'ospedale KEM, nonché il governo indiano, si sono opposti fortemente. Il 7 marzo

2011 la Corte Suprema ha respinto la richiesta di eutanasia per Aruna, ma, in quella che è stata vista come una sentenza storica, ha consentito l'eutanasia passiva in casi eccezionali, decisi dalle Alte Corti caso per caso. Il caso ha riacceso il dibattito sull'eutanasia nella società indiana, dove i cittadini hanno espresso reazioni miste riguardo il verdetto. Si sono alimentate moltissimo anche le conversazioni online, con gli internauti che ne discutono su Twitter, Facebook, nei blog e nei forum. Pinki Virani, da parte sua, ha attirato su di sé numerose critiche nei social media, in primo luogo per avere avanzato una richiesta del genere. Coloro i quali si sono opposti sostengono che, dal momento che lei non è né una parente, né una badante a lungo termine, non ha nessun diritto di presentare una richiesta di eutanasia per Aruna, così come non ha nessun diritto di chiedere che non venga più alimentata

Rezwan Il sari non è indumento da terroristi L'ambasciatrice indiana negli Stati Uniti Meera Shankar è stata trattenuta mentre aspettava il controllo di sicurezza all'Aeroporto Internazionale di Jackson-Evers, in Mississippi, ed è stata costretta a sottoporsi a una perquisizione completa da parte di un agente della Transport Security Administration (TSA). Il 4 dicembre 2010, la Shankar era prossima all'imbarco di un volo verso Baltimora dopo aver partecipato a un programma della Mississippi State University e, nonostante non avesse fatto scattare i metal detector dell'aeroporto, è stata fermata in quanto indossava il sari, l'abito tradizionale indiano. L'ambasciatrice ha fatto riferimento al suo stato diplomatico, ma questo non ha impedito l'umiliazione di fronte agli altri passeggeri. L'incidente ha acceso forti proteste in India. Anche la blogosfera è in pieno fermento all'emergere di nuovi dettagli. Le reazioni delle autorità americane sono miste. Il Dipartimento di Stato degli Stati

Uniti ha contattato l'ambasciatrice esprimendo rammarico per l'incidente. Tuttavia, secondo alcune notizie, la TSA ha difeso le proprie azioni facendo riferimento al fatto che i diplomatici non sono esenti dai controlli e la Shankar è stata “controllata secondo le linee e procedure di sicurezza della TSA”. Bisogna ricordare che non tutti i passeggeri sono soggetti a perquisizioni ma solo quelli che fanno scattare il metal detector, e “la signora Shankar era passata attraverso la cornice metallica senza far suonare l'allarme”. La regola d'eccezione che riguarda le perquisizioni alla frontiera americana afferma che l'agente deve avere ragionevoli sospetti o essere al corrente di precedenti informazioni per ritenere che il controllo rivelerà rischi o contrabbando, e potrebbe avere bisogno di uno standard più elevato o di un mandato approvato da un giudice per alcuni dei controlli più invasivi. L'ambasciatrice si è sentita visibilmente umiliata per essere stata controllata pubblicamente all'interno di una cabina trasparente.

Aparna Ray Ergastolo a un attivista per i diritti umani

due anni erano stati lanciati numerosi appelli per la sua liberazione, da Amnesty International, Noam Chomsky e molte altre figure di rilievo, tra le quali 22 vincitori del premio Nobel. La nuova condanna ha scatenato l'indignazione degli attivisti per i diritti umani di tutto il mondo. Anche i netizen hanno reagito alla notizia. Gli utenti di Twitter sono comunque divisi nelle loro posizioni. Da un lato c'è chi scrive a sostegno di Sen. Dall'altro lato c'è chi pensa che, in quanto simpatizzante dei maoisti, il dottor Sen sia stato giustamente punito dallo Stato Indiano e che i media sbaglino a dipingerlo come una vittima. Ma allora, in ultima analisi, chi è Binayak Sen? Un dottore che lavorava instancabilmente per i più poveri tra i poveri, o un criminale che non solo simpatizzava per maoisti e naxalisti, ma faceva anche da corriere tra le due organizzazioni, aiutandole a rafforzare la loro rete? Solo il tempo potrà dirlo, dal momento che la sua famiglia sta preparando un appello alla Corte Suprema contro il verdetto del tribunale.

Rezwan Tragedie di confine I bengalesi sono rimasti scioccati dalla pubblicazione di svariate fotografie del cadavere di una ragazza di 15 anni appesa alla recinzione di confine fra India e Bangladesh. La ragazza, di nome Felani, è stata uccisa dalla Polizia Indiana di Frontiera (BSF) ad Anantapur mentre tentava di attraversare illegalmente il confine con il padre per tornare in Bangladesh. Il padre è riuscito ad attraversare il filo spinato, ma i vestiti di Felani vi sono rimasti impigliati. Ha cominciato ad urlare in preda alla paura. La BSF ha sparato e un proiettile l'ha colpita. Ma lei non è morta subito, la BSF ha aspettato quattro ore per essere sicuri che finisse di urlare “acqua, acqua” mentre era impigliata nel filo spinato; alla fine la BSF ne ha riportato il cadavere in Bangladesh come se fosse una mucca morta. In un rapporto pubblicato in seguito, intitolato “Trigger Happy: eccessivo uso della forza delle truppe indiane al confine col Bangladesh”, la Human Rights Watch ha scoperto numerosi casi di uso indiscriminato di violenza, detenzione arbitraria, tortura e uccisioni da parte della Poli-

zia Indiana di Frontiera, senza indagini o punizioni adeguate. L'organizzazione per i diritti umani dei bengalesi Odhikar sostiene in un rapporto che la BSF uccide un bengalese ogni quattro giorni. Negli ultimi dieci anni oltre 1.000 bengalesi sono stati uccisi dalla BSF nelle regioni di confine. Rahnuma Ahmed, in un post intitolato “Killing thy Neighbours”, spiega perché nonostante tutte queste minacce la gente continua ad attraversare il confine tra Bangladesh e India, legalmente e illegalmente: la recinzione divide e separa villaggi, terreni agricoli, mercati, famiglie, comunità. Via SMS possiamo allegramente diffondere l'informazione che il capitano di cricket del Bangladesh Shakib Al Hasan è stato venduto all'asta della Premier League indiana per 30 milioni di Taka ($425000). Le nostre casalinghe continueranno a guardare serie TV indiane e versare lacrime durante scene tragiche. Ma non riusciremo mai a versare lacrime per una nostra sorella massacrata così crudelmente al confine. Pronunceremo appena parole magiche come pappagalli: “Lunga vita all'amicizia fra India e Bangladesh”.

L’attività scolastica non ha ancora ripreso il suo corso normale e quindi utilizziamo nuovamente la pagina a lei dedicata per trattare altri argomenti. Restiamo sui blog e questa volta ci rivolgiamo a un altro continente emergente: l’India. Va precisato che in questo caso la ricerca dei materiali è stata più laboriosa e più avara, forse perché i testi nascono già in lingua inglese, circostanza che riduce la disponibilità di traduzioni in italiano. Una sola osservazione che sottoponiamo all’attenzione dei nostri lettori. Benchè l’India sia oramai considerata parte del nostro sistema economico e culturale occidentale, appare notevole la differrenza delle problematiche che interessano le nostre realtà. Onestamente ci sono sembrati molto più familiari gli argomenti trattati dai “blogger” cinesi.

Il 24 dicembre scorso, nel corso di una sessione del Tribunale di Raipur nello Stato Indiano di Chhattisgarh [it], il dottor Binayak Sen è stato giudicato colpevole di eversione e complotto. L'uomo, noto attivista a sostegno dei diritti civili, è stato condannato all'ergastolo con l'accusa di complicità con i ribelli maoisti. Il dottor Sen è pediatra e vice presidente dell'associazione People's Union for Civil Liberties. La sua figura è molto popolare tra le comunità tribali di Chhattisgarh; è dal 1981 che il dottore si batte per l'estensione dell'assistenza sanitaria anche alle popolazioni tribali e rurali più povere. Il 14 maggio del 2007 era stato arrestato con l'accusa di fare da corriere tra Narayan Sanyal, leader dei naxaliti detenuto in carcere, e l'uomo d'affari Piyush Guha, anche lui accusato di complicità con i maoisti. Sen, che ha trascorso in cella due anni, era stato rilasciato su cauzione nel 2009 in seguito a una decisione della Corte Suprema. Nel corso di quei


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ANNO III - N. 9

Corrispondenze, oroscopo e cucina

SETTEMBRE 2011

OROSCOPO DI SETTEMBRE DI SARA DONATI

ROMANITÀ Traggo lo spunto per questo articolo, dalla conversazione avuta con l’Editore, durante un lieto convivio. Non ricordo l’argomento di cui si discuteva, quando il discorso è andato su Roma antica. Come solito il direttore ha mostrato “rancore” verso questa antica civiltà, affermando che la Civiltà romana non è stata niente di importante e significativo, perché in quel periodo non è stato “inventato nulla” (testuali parole). Premesso che personalmente non capisco da che cosa sia dettato l’astio che il nostro Direttore mostra per i Romani. Forse i comunisti sono antiromani per ideologia? Forse questa avversità è dovuta al fatto che il fascismo si è rifatto in maniera “macchiettistica” all’impero romano? Non riesco a capirlo. Se guardiamo la storia molti imperi nel passato hanno preso come punto di riferimento l’Impero Romano. Il primo fu l’Impero Romano d’oriente che fino al 700 D.C. ne fu il naturale successore; per poi ellenizzarsi in maniera definitiva. Comunque la sua storia, terminata nel 1453, è stata costellata da innumerevoli tentativi, mai riusciti, di riconquistare l’Italia e Roma per ri-

costituire il vecchio impero. Maometto II, a capo degli Arabi, dopo aver conquistato Costantinopoli (1453) si dichiarò Imperatore dell’Impero Romano, e tentò l’unificazione dello stesso, con l’invasione dell’Italia. Avanzò verso Roma, ma fu sconfitto ad Otranto dagli eserci-

ti papali e napoletani (1480). La notte di Natale dell’800, il franco Carlo Magno fu incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero e da allora i successivi imperatori fu-

rono considerati come gli eredi dei veri imperatori romani. Tra essi ricordiamo Federico Barbarossa, e Federico II una delle menti più brillanti e “moderne” del Medioevo e dell’Umanità. Il titolo Imperatore del Sacro Romano Impero è rimasto in vigore fino al 1806, quando Napoleone costrinse l’Imperatore Francesco II a rinunciare al titolo e a diventare “solo” Imperatore d’Austria. Il Rinascimento è pervaso dalla Romanità, fino alla Rivoluzione Francese. Prima del Fascismo fu la Rivoluzione Francese a trovare nel fascio littorio il simbolo della Repubblica. Tutto il Risorgimento Italiano si rifà alle fonti romane e la latinità è presente negli inni e nei motti risorgimentali. I padri della Costituzione Americana si rifecero apertamente alle istituzioni repubblicane di Roma antica. In un modo o nell’altro tutta la storia dell’Occidente vive dell’idea della classicità. Per non parlare della religione, della filosofia, del diritto, anche esse indissolubilmente legate al mondo greco-romano. Lo stesso Karl Marx non avrebbe potuto ideare il Comunismo se in precedenza non fosse esistita la civiltà greco-romana. pt

Nota dell’Editore “O Roma, o Orte” si domandarono i due avanguardisti fascisti impersonati da Gassman e Tognazzi nel film “La marcia su Roma” trovandosi davanti alla ferrovia che congiungeva, appunto, le due città. Indubbiamente il fascismo fu per certi aspetti un penosa parodia della storia imperiale romana che si immaginava di replicare nel futuro “millennio fascista” interrottosi solo dopo 20 anni. Ma il fascismo non fu affatto una parodia, fu un ventennio di barbarie iniziato con i massacri dei popoli africani e precipitato nel baratro della seconda guerra mondiale. Così come non furono e non sono (perché ancora ce ne sono) parodie gli

imperi e gli imperatori (anche se investiti della carica di Presidente) che hanno “appestato” la storia dell’umanità evocando grandiosità che di grande avevano (e hanno) soltanto la violenza della sopraffazione dei più forti (pochi, pochissimi) sulla infinita moltitudine dei più deboli. Impero, lo stesso nome evoca ingiustizie, soprusi, violenze, perché non c’è ponte, acquedotto, anfiteatro o basilica che valga a giustificare i costi di vite umane che furono necessari per la loro edificazione (vite intese non solo nel senso di vita o di morte, ma di qualità della vita, se tale poteva considerarsi). Ancora oggi c’è un Impero, assai più grande e più forte di quello ro-

mano, che domina il mondo seminando guerre, fame e ingiustizie a beneficio di corti imperiali sempre più ristrette e sempre più fameliche e spregiudicate. Se le origini di questo Impero si fondano su quello romano, sarebbe bello poter tornare indietro nel tempo e cancellare quella storia. La storia è sicuramente un filo continuo nel quale il “dopo” trae necessariamente la sua fonte dal “prima”, ma anche l’uomo di Neanderthal è stato nostro predecessore necessario, tuttavia non ne abbiamo nostalgia perché pensiamo di essere progrediti, anche se una incalcolabile strada la dobbiamo ancora fare per essere realmente considerati esseri umani.

Anche questo mese sarebbe meglio fare tutto senza strafare; Saturno è ancora opposto e questo comporta un periodo altalenante in cui l’ottimismo si alternerà al pessimismo, soprattutto per i nati della seconda decade, molto meglio invece tutti gli altri. Nei rapporti, di qualsiasi tipo, potreste essere brontoloni e aggressivi e forse anche arroganti: controllatevi! Se ancora non siete andati in vacanza, cercate di trascorrerle nel modo più tranquillo possibile.

Giove, il pianeta della fortuna, è già da un po’ nel vostro segno e ci resterà ancora molti mesi; e i suoi effetti si sono iniziati a far sentire, al momento per i nati di aprile. In amore questo sarà un mese più sereno del precedente: chi è in coppia sarà più affettuoso e sensibile nei confronti del partner; per chi è single invece potranno presentarsi novità da prendere in considerazione. Per le vacanze meglio scegliere mete piacevoli in cui conciliare divertimento e relax.

Non sarà un mese vivace come il precedente ma considerando che Saturno è ancora in trigono, il miglior aspetto esistente, dovreste sfruttare questo aggancio per consolidare quanto avete ottenuto finora. Nei rapporti sarete un po’ critici con partner e famigliari, e nei nuovi incontri non sempre disposti ad allacciare nuove amicizie… migliora la seconda parte del mese. Se ancora dovete andare in vacanza, puntate su conoscenze collaudate e fate bene i conti!

Continua la scia positiva di agosto, anche grazie ad un ritrovato ottimismo. Nella prima metà del mese, nelle questioni sentimentali, migliora la situazione sia per chi è in coppia sia per chi è single, per cui potrebbe partire la storia giusta; nella seconda parte del mese invece dovrete tenere a bada la gelosia e se siete single meglio puntare sull’amicizia. Se possibile scegliere, meglio organizzare vacanze avventurose nella prima parte del mese e più tranquille nella seconda.

Anche questo periodo si apre per voi in maniera trionfale. In quest’ultimo mese estivo sarete radiosi, com’è già nella vostra natura, e quindi se possibile lo sarete ancora di più. Nei rapporti affettivi sarete affettuosi e capaci di ravvivare qualsiasi rapporto; mentre se siete liberi potete aspirare praticamente a ciò che volete. Anche per ciò che riguarda le vacanze, potete organizzarle di qualsiasi tipo ma la seconda parte del mese sarebbe meglio che siano tranquille.

I pianeti lenti sono tutti a favore e vanno a bilanciare quelli veloci che qualche disturbo possono crearlo; ma in generale, così come il precedente, anche questo mese sarà più che positivo per voi. Per ciò che riguarda gli affetti, qualsiasi sia la vostra situazione, non può che migliorare. Anche in vacanza approfittatene per rilassarvi e recuperare al meglio le energie… dove, comunque, potete scegliere qualsiasi meta e fare come vi pare e piace.

Per quanto vi riguarda, è proprio il caso di dire che in questo mese dovrete cercare un punto di equilibrio! In una situazione astrale di alti e bassi, dovrete cercare di non essere troppo permalosi o aggressivi se siete in coppia né essere precipitosi se siete single e fare così la scelta sbagliata; migliora la seconda parte del mese. Le vacanze è meglio sceglierle tranquille, unendo a dei momenti piacevoli la possibilità di fare nuove amicizie.

Con Giove in opposizione, altro mese da vivere con calma, cercando di riposarvi il più possibile. A differenza di agosto però, settembre ha in serbo per voi un cielo generoso. In coppia sarete più affettuosi e attenti nei confronti del partner; se single invece potreste trovarvi di fronte a novità interessanti, da prendere in considerazione. Piacevoli e divertenti saranno anche le vacanze se le organizzerete in questo periodo… e non dimenticate il relax!

Con solo Saturno che vi sostiene e attenua i passaggi non troppo favorevoli dei pianeti veloci, in questo mese, cogliete l’occasione per riposarvi e per rimettervi in forma. Dopo un agosto che vi ha visto teneri e pronti al dialogo con il partner e disponibili alle nuove amicizie, in questo mese avrete modo di verificare se ciò che avete costruito è destinato a durare. Per fare delle vacanze tranquille sarà meglio aspettare la seconda parte del mese.

Giove è positivo e va ad attenuare Saturno in quadratura, il che comporta una maggiore serenità sia nell’umore sia nel modo di porsi. La prima metà del mese è favorevole ad un miglioramento dei rapporti; poi invece tornano le incomprensioni e i malumori, mentre se siete single sarà meglio seguire il detto “meglio soli che male accompagnati”. Con Marte opposto meglio puntare a rilassarvi, evitando situazioni traumatiche e curando la salute e la bellezza.

Il cielo prosegue sulla scia del mese precedente, e cioè presenta un aspetto ambivalente: Saturno in trigono, il miglior aspetto che c’è, vi sostiene mentre Giove è in quadratura e quindi disarmonico. Nei rapporti ciò significa che alla carenza di tenerezza dovrete sostituire il buon senso e tenere un basso profilo, e lo stesso vale per chi è single; la situazione migliora un po’ nella seconda parte del mese. Le vacanze meglio se tranquille e il più rilassate possibile.

In vista di un autunno che si prospetta piuttosto impegnativo, sarà bene sfruttare quest’ultimo mese estivo per recuperare al massimo le energie, e afferrare quel pizzico di fortuna che vi regala Giove in sestile. Già da fine agosto Venere è in opposizione e ciò comporta una certa insofferenza o vittimismo, insomma difficoltà nei rapporti, di qualunque tipo, perciò: prudenza! Organizzate le vacanze nel minimo dettaglio e nella maniera più tranquilla possibile.

RICETTE DEL MESE TOZZETTI - RISOTTO AGLI AGRUMI Redazione: Via del Grano 11 06034 Foligno - tel. 0742510520 redazionepiazzadelgrano@alice.it Autorizzazione: tribunale di Perugia n. 29/2009 Editore: Sandro Ridolfi Direttore Responsabile: Maura Donati Direttore Sito Internet: Andrea Tofi Stampa: Del Gallo Editori Srl loc. S. Chiodo - Spoleto Chiuso: 28 agosto 2011 Tiratura: 3.500 copie Periodico dell’Associazione “Luciana Fittaioli”

ANTONIETTA STADERINI Tozzetti Ingredienti: kg 1 farina, 6 uova intere, gr 3oo burro, gr 400 zucchero, gr 400 mandorle, 1 limone, 4 bustine di vanillina,  bustina di lievito per dolci, gr 50 zucchero a velo. Procedimento: disporre la farina a fontana e, al centro aggiungere le uova, il burro, precedentemente lavorato con una spatola per farlo ammorbidire, lo zucchero, le mandorle tritate, la buccia del limone grattugiata, la vanillina, il lievito,

impastare velocemente tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo. Con la pasta formare dei rotoli del diametro di circa cm 3 e mettere in forno a 180° per circa 12 minuti; togliere dal forno e subito tagliare in obliquo e per la larghezza di cm 1 circa. Ripassare i tozzetti in forno per pochi minuti per farli biscotare

oppure lasciarli qualche minuto in più durante la cottura, se si desidera che non diventino troppo duri. Servire con un buon vino passito. La dose data è per 20 persone, circa. Risotto agli agrumi

Per 6 persone. Ingredienti: gr 500 riso arborio, gr 50 burro, 1 cipolla piccola, 2 arance, 1 limone,  bicchiere prosecco, gr 50 parmigiano reggiano, un mazzetto di prezzemolo, brodo q.b., sale q.b. Procedimento: in una casseruola mettere la metà del burro con la cipolla tritata finemente, passare sulla fiamma, dopo brevissimo tempo aggiungere il riso e lasciarlo tostare, mescolando perché non si attacchi, versare il vino, continuando a mescolare e iniziare la cottura aggiungendo qualche mestolo di brodo. A metà

cottura aggiungere il succo e la scorza grattugiata del limone e di un arancio. Completare la cottura con il brodo, infine a fiamma spenta, aggiunger il burro e il parmigiano, lasciare mantecare pochi istanti, il risotto deve risultare cremoso, non troppo asciutto. Decorare con prezzemolo tritato e fette di arancio.


ANNO III - N. 9 SETTEMBRE 2011

Emozioni di Quintana

La Mora

Croce Bianca

RICCARDO VITALI CHIARA ZUCCARI Basta uno sguardo per far scoccare l'intesa. Il popolo verde del rione La Mora fa di accoglienza e allegria le sue colonne portanti. Nei vicoli e in taverna si vivono momenti unici e l'atmosfera è davvero calorosa. Merito dei rionali, i moraioli, capaci di ricreare uno spaccato barocco dai mille sfarzi. Chiunque, per scelta o per caso, ha avuto l'occasione di trascorre una serata a Le Cantine del Gelso difficilmente resta indifferente a quel clima di festa e di goliardia che si respira in via Colomba Antonietti. E' un po' questo lo spirito che anima i rionali e che rispecchia la missione del frutto generoso. Non c'è dubbio che a fare la differenza, al rione La Mora, sia il lavoro di squadra, l'amicizia che lega i contradaioli, il valore che viene dato alle cerimonie e ai rituali che, costanti, si ripetono ma sono al contempo nuovi di volta in volta, di anno in anno. La Mora infatti vive tutto l'anno in attesa di quelle trepidanti settimane che precedono, a giugno e a settembre, l'attesa tenzone al Campo de li Giochi. Non è facile descrivere quello che significa essere moraiolo, però un fatto è certo: il rione del Gelso è votato all'abbraccio. E in effetti non sono pochi i semplici avventori per i quali una serata in taverna ha fatto sbocciare l'amore per il Gelso. Inevitabile, quando all'euforia contagiosa e all'entusiasmo dei popolani si uniscono la bontà dei piatti tipici della migliore tradizione culinaria locale. Materie

Giotti ALFREDO DONI

Nel 1982 misi piede per la prima volta nella taverna del Giotti. Era una freddissima sera d’inverno, le scuole erano chiuse per le vacanze di Natale e un mio caro amico mi portò al rione. Lui, a sua volta, era stato “introdotto” da un altro ragazzo che aveva iniziato a vestire i panni di taverniere durante la Quintana precedente. Varcato il portone di quella che poi scoprii essere la Locanda del prete di Rostoviglio, mi trovai di fronte un piccolo esercito di folignati, di varie fasce d’età, che tra una risata e l’altra eseguivano lavori di piccola muratura. Qualcuno si voltò per darmi un’occhiata, un saluto di sfuggita. Pochi minuti dopo mi resi conto di essere stato arruolato e il mio primo incarico ufficiale fu quello di prendere una ra-

prime selezionate con cura sono alla base del ricchissimo menu proposto anche in questa edizione dallo staff della taverna. Infatti la lista dei cibi vanta oltre ai sei antipasti e ai sette primi, ben dodici secondi piatti, divenuti celebri in tutta la città grazie alla loro generosità - ne è un esempio la celeberrima “tamanta”, una bistecca di maiale del peso di 1 kg! - nel pieno rispetto dello spirito rionale. Così nel periodo quintanaro il rione La Mora diventa una macchina dagli ingranaggi perfetti, una macchina che spinge i suoi motori al massimo. Un'impresa che può sembrare colossale ma che si trasforma in una splendida realtà solo grazie alla passione dei moltissimi popolani del rione, uomini e donne di tutte le età accomunati da un grande amore che diventa il collante delle lunghe serate trascorse in taverna a pulire, sistemare e preparare, affinché allo scoccare dell'ora di Quintana tutto sia perfetto e impeccabile. Così ogni anno la magia si rinnova e la passione che accomuna persone diverse, per età, interessi, sensibilità sopraffà tutto e si impone, al punto che le sere di taverne non bastano a soddisfare la voglia di stare insieme. E' per questo che il rione La Mora non chiude mai. E' per questo che l'intero

anno è puntellato da appuntamenti, entrati oramai nella tradizione rionale, che accomunano e accompagnano i moraioli tra una Quintana e l'altra. Basti pensare al Capodanno o all'Accademia del Porco – con il motto “porci sacra fames” – nel mese di gennaio, con un'intera giornata dedicata alla lavorazione delle carni del maiale e, naturalmente, alla loro degustazione. Ma pure nei momenti goliardici il rione La Mora non dimentica le cause sociali, così spesso la leggerezza di una serata da trascorrere tra amici di fronte a un buon piatto diventa l'occasione per sostenere una causa importante. Uno dei momenti più attesi e imminenti resta infine la straordinaria cena propiziatoria che apre la stagione settembrina del rione: Più di quattrocento persone. Un tavolo imbandito lungo oltre ottanta metri. Colorati drappi verdi e gialli che, attraversando via Colomba Antonietti raggiungono Piazza della Repubblica mettendo in mostra l'energia dei popolani che anima una serata all'insegna della musica e dell'allegria. Tutto questo e molto altro è il popolo del Gelso. Ma l'unico modo per scoprirlo e viverlo, magari condividendo questa passione, è venirci a trovare. L'unico rischio è innamorarsi e non poterne più fare a meno.

schietta, salire su una piccola impalcatura e iniziare a togliere la calce dalle pareti. Il vecchio intonaco nascondeva infatti le meravigliose pietre con cui, qualche centinaio di anni prima, mani ignote avevano costruito l’intero edificio. Intorno a me c’era gente che conoscevo a mala pena di vista, magari incontrata al corso durante lo struscio o a Porta Romana dove tutti i ragazzi di Foligno, quando avevano finito di studiare e aspettavano l’ora di cena, erano soliti ritrovarsi. Una pratica che, incredibile a pensarci oggi, riusciva alla perfezione senza l’utilizzo dei telefonini (che ovviamente non esistevano) o di facebook. Comunque, tornando a parlare di Quintana, la sera dopo e l’altra ancora seguitai diligentemente a staccare intonaco dai muri della taverna. Ovviamente non c’era solo da faticare, si chiacchierava, qualcuno raccontava barzellette, si beveva una birra, si giocava a carte. Ma soprattutto si formava un

grande gruppo di amici, la vera anima del Giotti. Un esercito di rionali che sotto l’ala del priore Amedeo Ciancaleoni sarebbe poi cresciuto e avrebbe preso in mano la contrada. Gli anni Ottanta hanno rappresentato sia per la Quintana che per il Giotti in particolare, il punto massimo sin qui toccato dal punto di vista della partecipazione popolare. All’epoca non c’erano molti altri modi per divertirsi, per passare il tempo libero. Internet per fortuna non esisteva, i cellulari nemmeno. Ai ragazzi i genitori davano sicuramente meno corda rispetto a quelli di adesso, per cui il rione e la Quintana rappresentavano un punto di approdo quasi scontato. Si formavano così queste meravigliose “tribù” di ra-

Il Rione Croce Bianca è da sempre molto attivo nel contribuire alla crescita della principale manifestazione cittadina, consapevole di far parte di uno straordinario veicolo di diffusione della conoscenza di Foligno e dell’intera Regione, anche oltre i confini strettamente nazionali. Se l’obiettivo primario del Priore, dei Consiglieri, e di tutti i contradaioli biancorossi è indiscutibilmente quello di vincere la Giostra e di primeggiare nelle varie manifestazioni collaterali, come il Corteo Storico e il Gareggiare dei Convivi, altrettanta attenzione viene catalizzata sul ruolo educativo derivante dallo straordinario contatto che la nostra manifestazione riesce a creare, tramite la vita rionale, con centinaia di giovani volontari. Da qui l’impegno costante, nella vittoria o nella sconfitta, di trasmettere alle nuove leve i valori della sana competizione: lealtà, correttezza, umiltà, rispetto per l’avversario, solidarietà e duro lavoro. Tutto ciò è possibile soprattutto grazie ad un grande gioco di squadra che vede coinvolte persone di molteplici generazioni e con un variegato bagaglio culturale, lavorativo e sociale. Per questo noi Quintanari siamo tenacemente convinti che la vita Rionale sia un’esperienza unica ed assolutamente da non perdere; è qui che si impara la cosiddetta “arte dell’arrangiarsi”. In questo meraviglioso contesto, che vede nel volontariato la sua linfa vitale, ci si improvvisa cuochi, camerieri, falegnami, muratori, elettricisti ed

gazzi e ragazze che durante le due settimane di Quintana, a settembre (e solo a settembre), si divertivano da matti in taverna (pur lavorando sodo) e trascorrevano quelle magiche notti scorrazzando da un rione all’altro, cantando accompagnati da una chitarra e tirando così sino all’alba. L’ansia cresceva man mano che si avvicinava la Giostra, perché era lì e solo lì, al Campo de li

idraulici, ma anche sarti, facchini, lavapiatti, stallieri e attori, tutti mossi dall’intento di migliorare in ogni edizione, convinti ogni anno che quella più bella sarà la prossima. Ma il Rione non è solo fatica e duro lavoro, è anche cultura, arte e svago. E così grazie alla Quintana si impara a conoscere la storia della nostra città ed il periodo barocco, che ha caratterizzato il ‘600 Folignate. L’organizzazione di ciascuna giostra impegna le varie commissioni in un lavoro senza so-

sta che si snoda per tutto l’anno; un chiaro esempio ne è la sartoria, concentrata nello studio delle fonti storiche per approfondire le conoscenze su questo periodo. Per non parlare del cuore pulsante del rione: la scuderia, ovviamente! Un gruppo di tenaci ragazzi si prende cura, con amore e rispetto, dei nostri cavalli, spartendosi le levatacce e le feste “comandate” perché, come si dice da noi, i cavalli non conoscono feste e sono lì che ti aspettano puntuali ogni giorno per mangiare, ricevere cure ed essere allenati per partecipare alle Giostre. Altri ragazzi si occupano invece della manutenzione e dell’allestimento di tutte le splendide sale della Sede e della Taverna, per renderle sempre più affascinanti, accoglienti e funzionali. Di grande importanza sono

Giochi, che il quintanaro poteva incassare il premio per le sue fatiche e quelle dell’intera “tribù” a cui apparteneva con fedeltà e devozione assoluta: il Palio. Ricordo le volte (troppe…) che siamo tornati in lacrime, delusi, amareggiati, sconfitti. Ma ricordo che, comunque, finita la “battaglia” ci sedevamo intorno a una lunga tavolata per sfogare tra un piatto di pasta e un bic-

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inoltre le varie iniziative che i Rionali organizzano a scopo benefico e sociale, come cene, spettacoli teatrali, tornei sportivi ed altro. Il Rione Croce Bianca è infatti da sempre in prima fila per dare il proprio contributo, morale ed economico, alle varie associazioni cittadine a sostegno della ricerca medica. Infine non è da sottovalutare l’importanza del progetto “Quintana a Scuola”. Tutti gli anni i Rionali Storici si recano nelle aule delle scuole per insegnare ai bambini quello che è il vero mondo Quintanaro. Ebbene i risultati di questo progetto sono sotto gli occhi di tutti. Centinaia di bambini negli ultimi anni si sono avvicinati alla Quintana, affollando la nostra Taverna, mostrando grande interesse e passione per la manifestazione. E che l’ambiente sia sano se ne stanno rendendo conto i genitori stessi che non esitano più a lasciare i propri figli in Taverna, dimostrando grande fiducia nei responsabili Rionali. Insomma, noi non ci sentiamo né santi né eroi, ma soltanto una frangia della società civile che coltiva una sana passione, sempre e comunque per il bene della nostra città, che equivale in fondo al nostro stesso bene. La nostra più grande soddisfazione è vedere ogni anno decine di nuovi piccolissimi contradaioli, col fazzolettone al collo o legato al passeggino, che magari non hanno ancora imparato a reggersi perfettamente in piedi da soli, ma sanno urlare bene a squarcia gola: Forza Croce! Loro sono il nostro bene più prezioso, il nostro più importante investimento, il nostro futuro.

chiere di vino tutta la nostra rabbia. Prevaleva il forte senso di unione, l’amicizia si cementava proprio condividendo il “dolore”, come del resto accade nella vita. Poi per fortuna sono arrivati anche i trionfi, a cominciare da quello indimenticabile del 1987 (il secondo nella storia del Giotti dopo quello del 1963) e via via tutti gli altri fino all’ultimo, il decimo, quello di giugno 2011. Vincere la Quintana è l’aspirazione di ogni popolano, di ogni consigliere, di ogni priore. Ho avuto il privilegio di vivere tutte queste emozioni, ma soprattutto ho avuto la fortuna di essere quintanaro, ovvero di entrare in un meraviglioso mondo fatto di persone che amano stare insieme, condividere momenti belli e altri meno felici. Il rione è una casa in cui vive una famiglia allargata, molto allargata, con tutti i suoi problemi, le sue ansie ma anche con le storie meravigliose di gente comune.


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ANNO III - N. 9 SETTEMBRE 2011

Bye Bye Zio Sam

Adesso tocca a te!


supplemento al numero 9 - Anno III - settembre 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org

FUSER

Non scrivi più e non ti sento più, so quel che fai e un po' ho paura, sai. Son senza sole le strade di Rosario, fa male al cuore avere un figlio straordinario: a saperti là sono orgogliosa e sola, ma dimenticarti... è una parola... bambino mio, chicco di sale, sei sempre stato un po' speciale, col tuo pallone, nero di lividi e di botte, e quella tosse, amore, che non passava mai la notte; e scamiciato, davanti al fiume ore e ore, chiudendo gli occhi, appeso al cuore. O madre, madre, che infinito, immenso cielo sarebbe il mondo se assomigliasse a te! Uomini e sogni come le tue parole, la terra e il grano come i capelli tuoi. Tu sei il mio canto, la mia memoria, non c'è nient'altro nella mia storia; a volte sai, mi sembra di sentire la "poderosa" accesa nel cortile: e guardo fuori:"Fuser, Fuser è ritornato", e guardo fuori, e c'è solo il prato. O madre, madre, se sapessi che dolore! Non è quel mondo che mi cantavi tu: tu guarda fuori, tu guarda fuori sempre, e spera sempre di non vedermi mai; sarò quel figlio che ami veramente, soltanto e solo finché non mi vedrai. (Roberto Vecchioni, dedicata a Celia de la Serna, madre di Ernesto Guevara de la Serna, il Che)

“Furibondo Serna”, Ernesto Circa 45 anni fa i sicari inviati dagli Stati Uniti d’America uccisero Ernesto Guevara de la Serna, il Comandante “Che”. Lo uccisero a sangue freddo dopo averlo catturato in combattimento ferito, gli amputarono le mani come a un toro ucciso nell’arena si tagliano le orecchie e seppellirono il corpo in una fossa comune dove venne ritrovato molti anni più tardi. Pensavano di avere ucciso la mente della guerriglia antiamericana e invece crearono il “mito”. Da decenni oramai, senza mai affievolirsi, il “guerrigliero eroico” è diventato il simbolo della lotta all’oppressione americana in ogni parte del mondo. Molti, dalla Costa d’Avorio al Nepal, forse neppure sanno chi è quel personaggio che appare sulle immagini incollate ai paraurti dei camion o impresse su fazzoletti rossi come veroniche di un eroe senza tempo. Pochi sanno chi era veramente, pochi conoscono a fondo la sua storia, la sua azione, il suo pensiero. Guevara è stato un personaggio straordinariamente poliedrico che ha sviluppato la teoria marxista leninista tentandone una applicazione pratica assoluta-

mente innovativa e, purtroppo, avveniristica per il suo tempo. La drammaticità della sua uccisione ha enfatizzato il profilo dell’eroico guerrigliero, mettendo in secondo piano le sue non minori doti teoriche e politiche. A questo parziale “oscuramento” ha indubbiamente concorso la situazione geopolitica mondiale dell’epoca e di molti decenni a seguire. Il mistero del suo allontanamento da Cuba, della sua rinuncia a tutti le cariche e compiti politici, in verità non ha nulla di misterioso. Guevara detestava il pragmatismo dell’Unione Sovietica krusceviana e rifiutava la logica della immodificabilità della divisione del mondo tra le due grandi potenze. Era un rivoluzionario ma, come profondo comunista, era tutt’altro che irragionevole e impulsivo. Comprendeva bene che la sopravvivenza di Cuba era legata al compromesso tra i due grandi della terra. Cuba aveva conquistato sorprendentemente il diritto di esistere e vivere fuori dal dominio USA, ai margini di quel Sudamerica all’epoca ancora intoccabile “giardino di casa” dei nordamericani; ma questo era tutto, era il massimo, oltre

non si poteva andare e anzi si doveva vivere nel costante terrore della rottura di quell’equilibrio e della fine della libertà. Il “primo Stato libero d’America” era imprigionato nella gabbia del compromesso molti anni prima sancito negli accordi di Yalta. Guevara non poteva tollerarlo, ma comprendeva che non c’era alternativa. Quel compito toccava a Fidel, col senno dell’oggi indubbiamente uno dei più grandi statisti della storia moderna, che è stato in grado di sottrarre Cuba alla violenza nordamericana, ispiratrice, finanziatrice e protettrice di tutte le più feroci dittature sudamericane, africane e orientali. In questi 50 anni innumerevoli sono stati i fallimenti dei tentativi di emancipazione dei popoli del terzo mondo, sempre soffocati dai sicari degli Usa, quando non direttamente dallo stesso esercito nordamericano. Se Cuba è sopravvissuta indenne questo lo si deve alla abilità politica di Fidel, che Guevara riconosceva, comprendeva e ammirava profondamente anche se, non riusciva a farla propria. La “crisi dei missili”, con l’accordo Kennedy-Kruscev raggiunto sopra la testa dei cubani, fu il

sigillo di queste regole. A Fidel il compito, pesante e amaro, di governare il compromesso, a Guevara il sogno di accendere i mille focolai di rivolta capaci di rompere la gabbia della divisione del mondo. Fidel è riuscito nel suo compito salvando il suo paese anche dal crollo del sistema sovietico, “miracolosamente” aiutato dal crescere della rivolta antiamericana nel centro e nel sudamerica e dal prepotente ingresso sulla scena mondiale del colosso comunista cinese. Guevara invece non è riuscito nel suo sogno e ha visto soffocare uno dopo l’altro i focolai di rivolta che si erano accessi in particolare nell’Africa sia araba che nera. E proprio in quell’Africa rischiò di vedere finire la sua vicenda anzi tempo, se non fosse stato l’attento intervento cinese a salvarlo nella ritirata dal Congo. Guevara detestava l’Unione Sovietica krusceviana e aveva, forse per primo, scoperto le promesse del comunismo cinese. Sorprendenti sono nei suoi appunti (l’Ideario del quale pubblichiamo stralci in quarta pagina) le similitudini con l’insegnamento di Mao, che prefigurano persino l’evoluzione pragmatica di

Deng Xiaoping e la sua teoria del “colore del gatto”. “Il socialismo” - scrive Guevara - “non è una società di beneficenza, non è un regime utopico basato sulla bontà dell'uomo come uomo ... Il socialismo è un sistema sociale che si basa sull'equa distribuzione delle ricchezze della società, ma a condizione che tale società abbia ricchezze da spartire ... nella misura in cui aumentiamo quei prodotti per distribuirli fra tutta la popolazione andiamo avanzando nella costruzione del socialismo.” Occorrerà tornare, e lo faremo, su questa ricchezza ideologica e politica del marxistaleninista Guevara. In que-

sto inserto vogliamo invece offrire ai nostri lettori il lato più immediato, ma più profondo dell’uomo, anzi del ragazzo che a 18 anni parte alla scoperta delle ingiustizie del mondo e appena a 30 anni vive l’esperienza straordinaria di partecipare alla creazione di uno Stato libero e nuovo. Il padre di 5 figli, il figlio di due genitori non comuni, l’amico di “gitani”, di eroi del popolo, di geni della politica. L’Ideario di quarta pagina vuole essere un “assaggio” degli ulteriori aspetti che ci proponiamo di approfondire in futuri inserti ancora dedicati al “mito” del XIX, del XX e dei tanti secoli a seguire.

I


Bisogna essere duri senza dimenticare la tenerezza Ai figli Camilito, oggi ho parlato con il mio amico Pepe il Caimano e gli ho raccontato che non ti piace molto andare a scuola e che sei un pochino maleducato. Lo abbiamo fotografato nel momento in cui mi stava dicendo che potevi venire alla sua, che ti avrebbe insegnato molte cosa interessanti. Un abbraccio e uno scapaccione dal tuo vecchio. Papà Aliusha, piccolina, stavo guardando le gazzelline correre nella savana e mi sono ricordato di te. I leoni ci sono soltanto qui, così nel nostro paese le gazzelline potranno correre senza che nessuno le insegua. Continua ad andare a scuola e dai un bacino da parte mia al tuo nuovo fratellino. Un bacio da papà Cara Hildita. ti scrivo oggi ma la lettera ti giungerà molto dopo la tua festa; ma voglio che tu sappia che mi ricordo di te e spero che tu stia passando un compleanno molto felice. Ormai sei quasi una donna e non ti si può scrivere come a una bambina, rac-

contando stupidaggini e piccole bugie. Devi sapere che sono lontano e starò molto tempo distante da te, facendo ciò che posso per lottare contro i nostri nemici. Non che sia granchè, ma é sempre qualcosa e credo che potrai essere sempre orgogliosa di tuo padre come io lo sono di te. Ma ricordati che occorreranno ancora molti anni di lotta e che anche se sei una donna, dovrai anche tu fare la tua parte. Nel frattem-

po devi prepararti, essere molto rivoluzionaria, il che alla tua età significa imparare molto, quanto più è possibile ed essere sempre pronta ad appoggiare le cause giuste. Poi, obbedisci alla mamma e non credere di poter far tutto prima del tempo. Verrà anche per te il giorno. Devi lottare per essere fra le migliori a scuola. Migliore in tutti i sensi e sai quello che intendo dire: nello studio e nell'attitudine rivoluzionaria, cioè devi avere buona condotta, serietà, attaccamento alla Rivoluzione cameratismo, ecc. Io non ero così quando avevo la tua età, ma vivevo in una società diversa in cui l'uomo era nemico dell'uomo. Oggi tu hai il privilegio di vivere in un'altra epoca e devi esserne fiera. Non ti dimenticare di dare un'occhiata a casa per vigilare sugli altri bambini ed esortarli a studiare e a comportarsi bene, specie Aleidita che ti ascolta molto come sorella maggiore. Bene, cara, e ancora, passa un felice compleanno. Abbraccia la mamma e Gina, ab-

Ai genitori

1° parile 1965 Angelo Branduardi)

II

Padre da molto tempo non scrivevo più.. sai che un vagabondo oggi è qui e domani là. Già dieci anni fa io vi scrivevo addio... per una volta ancora riprendo il mio cammino. Padre da molto tempo non scrivevo più... gli anni sono passati ma io non sono cambiato. Forse qualcuno potrà chiamarmi avventuriero, fino alla fine andrò dietro le mie verità. Padre da molto tempo non scrivevo più... la morte non l'ho mai cercata, ma questa volta forse verrà. Vorrei farvi capire che io vi ho molto amato... per voi non sarà facile,ma oggi credetemi. Padre da molto tempo non scrivevo più... mi sento un poco stanco mi sosterrà la mia volontà Abbraccio tutti voi, un bacio a tutti voi e ricordatevi di me ed io ci riuscirò.

Cari vecchi, una volta ancora sento i miei talloni contro il costato di Ronzinante: mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio. Sono passati quasi dieci anni da quando vi scrissi un’altra lettera di commiato. A quanto ricordo, mi lamentavo di non essere un miglior soldato e un miglior medico; la seconda cosa ormai non mi interessa, come soldato non sono tanto male. Nulla è cambiato, in sostanza, a salvo il fatto che sono molto più cosciente, il mio marxismo si è radicato e depurato. Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi, e sono coerente con quello che credo. Molti mi daranno dell’avventuriero, e lo sono; soltanto che lo sono di un tipo differente: di

biti un grande e fortissimo abbraccio che deve valere per tutto il tempo che non ci vedremo. Papà Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto, se un giorno dovrete leggere questa lettera, sarà perché io non sono tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccoli non ricorderanno nulla. Vostro padre è stato uno di quegli uomini che agiscono come pensano e, di sicuro, è stato coerente con le sue convinzioni. Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale nulla. Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un rivoluzionario. Addio, figlioli, spero di vedervi ancora. Un bacione ed un grande abbraccio da Papà

quelli che rischiano la pellaccia per dimostrare le loro verità. Può darsi che questa sia l’ultima volta, la definitiva. Non la cerco, ma rientra nel calcolo logico delle probabilità. Se così fosse, eccovi un ultimo abbraccio. Vi ho molto amati, ma non ho saputo esprimere il mio affetto; sono, nelle mie azioni, estremamente drastico, e credo che a volte non abbiate capito. Non era facile capirmi, d’altra parte: credetemi almeno oggi. Ora, una volontà che ho educato con amore d’artista sosterrà due gambe molli e due polmoni stanchi. Riuscirò. Ricordatevi, ogni tanto, di questo piccolo condottiero del XX secolo. Un bacio a Celia, a Roberto, a Juan Martìn e a Pototìn, a Beatriz, a tutti. A voi un grande abbraccio di figliol prodigo e ostinato Ernesto

Canzone per il Che Francesco Guccini Un popolo può liberare se stesso dalle sue gabbie di animali elettrodomestici ma all’avanguardia d’America dobbiamo fare dei sacrifici verso il cammino lento della piena libertà. e se il rivoluzionario non trova altro riposo che la morte, che rinunci al riposo e sopravviva; niente o nessuno lo trattenga, anche per il momento di un bacio o per qualche calore di pelle o prebenda. I problemi di coscienza interessano tanto quanto la piena perfezione di un risultato lottiamo contro la miseria ma allo stesso tempo contro la sopraffazione Lasciate che lo dica mai l rivoluzionario quando è vero è guidato da un grande sentimento d’amore, ha dei figli che non riescono a chiamarlo, mogli che fan parte di quel sacrificio, suoi amici sono “compañeros de revolucion”. Addio vecchi, oggi è il giorno conclusivo; non lo cerco, ma è già tutto nel mio calcolo. Addio Fidel, oggi è l’atto conclusivo; sotto il mio cielo, nella gran patria di Bolìvar la luna de Higueras è la luna de Playa Giron. Sono un rivoluzionario cubano. Sono un rivoluzionario d’America. Signor Colonnello, sono Ernesto, il “Che” Guevara. Mi spari, tanto sarò utile da morto come da vivo Vieja Maria Dedicata dal Che a una vecchia messicana nell'Ospedale di Città del Messico nel dicembre 1954 Vecchia Maria, stai per morire, voglio dirti qualcosa di serio: La tua vita è stata un rosario completo di agonie, non hai avuto amore d'uomo, salute e denaro, soltanto la fame da dividere coi tuoi; voglio parlare della tua speranza, delle tre diverse speranze costruite da tua figlia senza sapere come. Prendi questa mano di uomo che sembra di bambino tra le tue, levigate dal sapone giallo. Strofina i tuoi calli duri e le pure nocche contro la morbida vergogna delle mie mani di medico. Ascolta, nonna proletaria: credi nell'uomo che sta per arrivare, credi nel futuro che non vedrai. Non pregare il dio inclemente che per tutta una vita ha deluso la tua speranza. E non chiedere clemenza alla morte per veder crescere le tue grigie carezze; i cieli sono sordi e sei dominata dal buio, su tutto avrai una rossa vendetta, lo giuro sull'esatta dimensione dei miei ideali tutti i tuoi nipoti vivranno l'aurora, muori in pace, vecchia combattente. Stai per morire, vecchia Maria; trenta progetti di sudario ti diranno addio con lo sguardo il giorno che te ne andrai. Stai per morire, vecchia Maria, rimarranno mute le pareti della sala quando la morte si unirà all'asma e consumerà il suo amore nella tua gola. Queste tre carezze fuse nel bronzo (l'unica luce che rischiara la tua notte) questi tre nipoti vestiti di fame, sogneranno le nocche delle tue vecchie dita in cui sempre trovavano un sorriso. Questo sarà tutto, vecchia Maria. La tua vita è stata un rosario di magre agonie, non hai avuto amore d'uomo, salute, allegria, soltanto la fame da dividere coi tuoi. E' stata triste la tua vita, vecchia Maria. Quando l'annuncio dell'eterno riposo velerà di dolore le tue pupille, quando le tue mani di sguattera perpetua riceveranno l'ultima, ingenua carezza, penserai a loro... e piangerai, povera vecchia Maria. No, non lo fare! Non pregare il dio indolente che per tutta una vita ha deluso la tua speranza e non domandare clemenza alla morte, la tua vita ha portato l'orribile vestito della fame e ora, vestita di asma, volge alla fine. Ma voglio annunciarti, con la voce bassa e virile delle speranze, la più rossa e virile delle vendette, voglio giurarlo sull'esatta dimensione dei miei ideali. Prendi questa mano di uomo che sembra di bambino tra le tue, levigate dal sapone giallo, strofina i tuoi calli duri e le nocche pure contro la morbida vergogna delle mie mani di medico. Riposa in pace, vecchia Maria, riposa in pace, vecchia combattente, i tuoi nipoti vivranno nell'aurora, LO GIURO


Cohiba Daniele Silvestri C'è, in un'isola lontana, una favola cubana che vorrei tu conoscessi almeno un po' C'è un'ipotesi migliore, per cui battersi e morire e non credere a chi dice di no perché c'è C'è un profumo inebriante che dall'Africa alle Ande ti racconta di tabacco e caffè C'è una voce chiara ed argentina, che fu fuoco e medicina come adesso è amore e rabbia per me C'è, tra le nuvole di un sigaro, la voce di uno zingaro che un giorno di gennaio gridò C'è, o almeno credo ci sia stato, un fedelissimo soldato che per sempre quella voce cercò e che diceva Venceremos adelante o victoria o muerte Venceremos adelante o victoria o muerte C'è, se vai ben oltre l'apparenza, un'impossibile coerenza che vorrei tu ricordassi almeno un po' C'è una storia che oramai è leggenda, e che potrà sembrarti finta e invece è l'unica certezza che ho C'erano dei porci in una baia, armi contro la miseria solo che quel giorno il vento cambiò C'era un uomo troppo spesso solo, e ora resta solo un viso che milioni di bandiere giudò e che diceva Venceremos adelante o victoria o muerte L'america ci guarda non proprio con affetto apparentemente placida ci osserva ma in fondo, lo sospetto che l'america, l'america ha paura altrimenti non si spiega come faccia a vedere in uno stato in miniatura questa orribile minaccia por esto Venceremos adelante o victoria o muerte Venceremos adelante o victoria o muerte Ad Alberto Granado La mia casa ambulante continuerà a viaggiare su due gambe, i miei sogni non avranno frontiere... almeno finché le pallottole non avranno l’ultima parola. Gitano sedentario, ti aspetto quando si sarà dissolto l’odore degli spari. Un abbraccio a tutti voi. Che

Che, Fratello della mia anima, ho ricevuto il tuo messaggio, vedo che Fidel ti ha messo a dirigere la scuola militare, sono molto contento perché in futuro potremo contare su soldati di prima categoria. Quando mi hanno detto che saresti venuto a “farci il regalo della tua presenza” non mi ha fat-

to molto piacere. Tu hai svolto un ruolo fondamentale in questa lotta, se abbiamo bisogno di te adesso il questa fase di insurrezione, più ancora ne avrà Cuba quando la guerra sarà finita; perciò fa bene il Gigante (Fidel) a prendersi cura di te. Vorrei essere sempre al tuo fianco, sei stato per molto tempo il mio capo e lo

Ognuno di noi, da solo, non vale nulla Fidel, in questa ora mi ricordo di molte cose, di quando ti ho conosciuto in casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire, di tutta la tensione dei preparativi. Un giorno passarono a domandare chi si doveva avvisare in caso di morte, e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi sapemmo che era proprio così, che in una rivoluzione, se è vera, si vince o si muore, e molti compagni sono rimasti lungo il cammino verso la vittoria. Oggi tutto ha un tono meno drammatico, perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento che ho compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio. Faccio formale rinuncia ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Niente di giuridico mi lega a Cuba; solo rapporti di altro tipo che non si possono spezzare come le nomine. Se faccio un bilancio della mia vita, credo di poter dire che ho lavorato con sufficiente rettitudine e abnegazione a consolidare la vittoria della rivoluzione. Il mio unico errore di una certa gravità è stato quello di non aver avuto fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente ra-

sarai sempre. Grazie a te ho la possibilità do sentirmi più utile. Farò l’impossibile per non deluderti. Il tuo eterno chicharron (adulatore) Camilo In morte di Camilo Quest’opera è dedicata a Camilo Cienguegos, che avrebbe dovuto rileggerla e correggerla, ma il desti-

pidità le tue qualità di dirigente e di rivoluzionario. Ho vissuto giorni magnifici e al tuo fianco ho sentito l'orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi. Poche volte uno statista ha brillato di una luce più alta che in quei giorni; mi inorgoglisce anche il pensiero di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare e di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi. Altre sierras nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. Io posso fare quello che a te è negato per le responsabilità che hai alla testa di Cuba, ed è arrivata l'ora di separarci. Lo faccio con un misto di allegria e di dolore; lascio qui gli esseri che amo, e lascio un popolo che mi ha accettato come figlio; tutto ciò rinascerà nel mio spirito; sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l'imperialismo dovunque esso sia;

no glielo ha impedito. Queste righe e quelle che seguono possono considerarsi un omaggio all’Esercito Ribelle e al suo grande Capitano, al più grande capo guerrigliero della rivoluzione, al rivoluzionario senza macchia e all’amico fraterno... Non bisogna però pensare a Camilo come a un eroe solitario che compie imprese straordinarie spinto solo dal suo istinto geniale, ma come un’espressione del popolo stesso che lo forgiò... Camilo viveva la lealtà come religione; era un suo devoto, tanto alla lealtà personale nei confronti di Fidel, che incarna come nessun altro la volontà del popolo, quanto in quella nei confronti del popolo stesso, il popolo e Fidel marciano uniti e allo stesso modo marciava la dedizione del guerrigliero invitto... Camillo e gli altri Camilo (quelli che non riuscirono ad arrivare e quelli che verranno) sono la dimostrazione della forza del popolo, sono l’espressione più alta di quello che può riuscire a offrire una nazione per la difesa dei suoi ideali... Nella sua rinascita continua e immortale, Camilo incarna l’immagine del popolo. Che

questo riconforta e guarisce in abbondanza di qualunque lacerazione. Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità tranne da quella che emanerà dal suo esempio; se l'ora definitiva arriverà per me sotto un altro cielo, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e in modo speciale per te; ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e per il tuo esempio a cui cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni; mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e continuo a

farlo; dovunque andrò sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò; non lascio a mia moglie e ai miei figli niente di materiale, ma questo non è per me ragione di pena: mi rallegro che sia così; non chiedo niente per loro perché lo Stato gli darà il necessario per vivere e per educarsi. Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che le parole non sono necessarie e che non possono esprimere quello che io vorrei dire; non vale la pena di consumare altri fogli. Che

Transamerika Modena City Ramblers Sei partito alla grande con Alberto e con la moto Siam venuti tutti quanti a salutarvi Con un augurio, un abbraccio, una risata e una bottiglia E le ragazze una lacrima ed un bacio Nel bagaglio avevate due coperte e un po' di mate Una chiave del 10 e fil di ferro Una mappa, qualche libro, un paio di indirizzi Hermanos, vayanse con Dios! Hai parlato con gli indios rassegnati ed impassibili Ai mineros dai polmoni avvelenati Ai lebbrosi sepolti in ospedale giù all'inferno E li hai portati nel ricordo con te Addio, non perderti Resta allegro come sei Dalle piste di Temuco Alle vette di Abancay Tieni gli occhi sempre aperti Custodisci l'ultima idea Noi ci prepariamo a seguirti Ho sentito che da allora sei diventato grande Comandante vittorioso e poi ministro Che hai sfidato dittatori e per anni li hai beffati E che adesso tutto il mondo ti conosce. Ma a noi piace ripensare alla tua voglia di partire Alla moto caricata all'impossibile Agli scherzi di Alberto, alla sete di avventura E' un bel modo per dire libertà Addio, è il capolinea So che non ritornerai Ti aspettavano i macellai Ti hanno mostrato ai giornalisti Hanno detto "Eccolo, è lui" Regna l'ombra su Valle Grande Addio, dormi tranquillo Perché non finisce qui L'avventura è ripartita Resta intatta l'ultima idea E da qualche parte del mondo C'è qualcuno come te Che prepara un nuovo viaggio Transamerica

III


Ideario Ogni nostra azione è un grido di guerra contro l'imperialismo, è un appello vibrante all'unità dei popoli contro il grande nemico dei popoli: gli Stati Uniti d'America.

Il rivoluzionario La prima cosa che deve fare un rivoluzionario che scrive la storia è tenersi aderente alla verità come un dito in un guanto. La Rivoluzione si fa attraverso l'uomo, ma l'uomo deve forgiare giorno per giorno il suo spirito rivoluzionario. ... A volte noi rivoluzionari siamo soli, perfino i nostri figli ci guardano come si guarda un estraneo. I dirigenti della Rivoluzione hanno figli che ai loro primi balbettii non imparano a chiamare il padre; mogli che devono essere parte del sacrificio generale della loro vita per portare la Rivoluzione alla sua destinazione; la cerchia degli amici corrisponde rigidamente alla cerchia dei compagni della Rivoluzione. Non esiste vita al di fuori di essa. L'uomo che va avanti spinge gli altri a raggiungerlo, attira gli altri verso il suo livello molto più di colui che da dietro spinge solo con la parola. Il miglior indottrinamento rivoluzionario che possa esistere è mostrare, per via d'esempio, il cammino del compimento del dovere. Noi siamo il presente che sta costruendo l'avvenire per i nostri figli e sempre dobbiamo guardare in avanti, verso l'avvenire e distruggere anche il più piccolo rimasuglio del passato al massimo. L'uomo nuovo Le cose più banali e più noiose si trasformano, sotto l'egida dell'interesse, dello sforzo interiore dell'individuo, dell'approfondimento della sua coscienza, in cose importanti e sostanziali, in qualcosa che non può smettere di fare senza sentirsi male: in ciò che si chiama sacrificio. E il non fare il sacrificio si converte per un rivoluzionario nel vero sacrificio. In questo periodo di costruzione del socialismo possiamo vedere l'uomo che sta nascendo. La sua immagine non è ancora finita; non potrà esserlo mai poiché il processo cammina parallelamente allo sviluppo di forme economiche nuove. ... Dobbiamo lavorare per il nostro perfezionamento interno quasi come un'ossessione, come una pulsione costante; ogni giorno analizzare onestamente ciò che abbiamo fatto, correggere i nostri errori e tornare a incominciare il giorno appresso.

IV

La pace La pace degli uomini che la desiderino con tutte le loro forze, che sono disposti a giovarsene al massimo per la felicità del loro popolo, ma che sanno che non possono mettersi in ginocchio per conquistarla, che sanno che la pace si conquista a colpi di audacia, di coraggio, di incrollabile pertinacia, e che così si difende, e che la pace non è una condizione statica ma qualcosa di dinamico al mondo, e che quanto più forte, unito e belligerante sia un popolo, più facilmente potrà mantenere la pace cui aspira.

Il Socialismo Noi socialisti siamo più liberi perché siamo più integri; siamo più integri perché siamo più liberi. Non è solo lavoro la costruzione del socialismo, non è solo coscienza la costruzione del socialismo: è lavoro e coscienza, sviluppo della produzione, sviluppo dei beni materiali mediante il lavoro e sviluppo della coscienza. ... Sempre abbiamo definito il socialismo come la creazione dei beni materiali per l'uomo e lo sviluppo della coscienza; e in questo compito della creazione dei beni materiali è imprescindibile la cifra della produttività del lavoro. La tecnica è la base perché l'industria possa svilupparsi e l'industria, che fa la produzione, è la base del socialismo. Il socialismo è un fenomeno economico e anche un fenomeno di coscienza, ma deve realizzarsi sulla base della produzione. Senza una produzione importante non c'è socialismo. ... Stiamo costruendo il socialismo, dobbiamo dare alla gente secondo il suo lavoro ... Il socialismo non è una società di beneficenza, non è un regime utopico basato sulla bontà dell'uomo come uomo. Il socialismo è un regime al quale si arriva storicamente e che ha come base la socializzazione dei beni fondamentali di produzione e l'equa distribuzione delle ricchezze della società, entro un ambito in cui vi sia produzione di tipo sociale. Il socialismo è un sistema sociale che si basa sull'equa distribuzione delle ricchezze della società, ma a condizione che tale società abbia ricchezze da spartire, che vi siano macchine per lavorare e che quelle macchine abbiano materie prime per produrre quanto è necessario per il consumo della nostra popolazione. E nella misura in cui aumentiamo quei prodotti per distribuirli fra tutta la popolazione andiamo avanzando nella costruzione del socialismo. La Gioventù L'argilla fondamentale della nostra opera è la gioventù: in essa poggiamo la nostra speranza e la prepariamo a prendere dalle nostre mani la bandiera. La consegna del momento per tutta la nostra gioventù è di non arrestarsi un attimo nell'impegno culturale, andare sempre avanti, imparare sempre qualcosa di nuovo ed essere sempre disposta a dare questo nuovo che si è appreso a beneficio di tutti. Questo è uno dei compiti della gioventù, dare impulso, dirigere con l'esempio della produzione dell'uomo di domani e in quella produzione e nella direzione è compresa la produzione propria, perché nessuno è perfetto né molto meno di ciò, e tutti devono andar migliorando le proprie qualità mediante il lavoro, i rapporti umani, lo studio profondo, le discussioni critiche: tutto questo è ciò che va trasformando

la gente. Il dovere di un giovane rivoluzionario in questa fase di costruzione del socialismo è quello di superarsi tutti i giorni; non far passare un solo giorno senza superare un poco le sue nozioni, senza che nella coscienza di ciascuno si aggiunga qualcosa, senza giungere alla fine della giornata con la soddisfazione di registrare i progressi che giorno dopo giorno si vanno facendo. La Rivoluzione La Rivoluzione non è, come pretendono alcuni, standardizzatrice della volontà collettiva, dell'iniziativa collettiva, ma esattamente tutto il contrario, è liberatrice della capacità individuale dell'uomo. ... Non dobbiamo avvicinarci al popolo per dire: "Siamo qui. Veniamo a farti la carità della nostra presenza, a insegnarti con la nostra scienza, a dimostrarti i tuoi errori, la tua incultura, la tua mancanza di nozioni elementari". Dobbiamo andare con ansia di ricerca e con umiltà di spirito a imparare da quella gran fonte di sapienza che è il popolo. La donna Il proletariato non ha sesso: è l'insieme di tutti gli uomini e donne che, in tutti i luoghi di lavoro del paese, lottano conseguentemente per uno scopo comune. Così era il nostro paese: la donna non aveva alcun tipo di diritto egualitario; la si pagava meno per un uguale lavoro, la si discriminava così come nella maggior parte dei nostri paesi americani. dentro l'Esercito Ribelle, fra quanti combatterono e si sacrificarono in quei giorni angosciosi, vivrà in eterno la memoria delle donne che, correndo quotidiani rischi, resero possibili le comunicazioni in tutta l'isola. Teoria rivoluzionaria Non il lavoro soltanto ci permetterà, mediante la concrezione dei prodotti, di costruire il socialismo e impiantare la società socialista; contemporaneamente al lavoro deve anche esistere l'approfondimento della coscienza, l'approfondimento dei motivi ideologici che portano il lavoratore a difendere la sua Rivoluzione, a lanciarla in avanti e a farne un esempio per tutti. Non possiamo ricorrere al metodo di occultare i nostri errori perché non si vedano. Non sarebbe né onesto né rivoluzionario. Anche dai nostri errori si può imparare; dai nostri errori potranno imparare tutti i nostri compagni d'America e di altri paesi d'Asia e d'Africa che lottano per la loro indipendenza. ... Essere apolitici significa stare alle spalle di tutti i movimenti del mondo, alle spalle di chi sarà presidente o mandatario della nazione di cui si tratti, è stare alle spalle della costruzione della società o della lotta perché la società nuova che si annuncia non sorga e in ognuno dei due casi si è politici.


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