A POP Actual

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A POP Actual Corpse,

PIETRO

Objekt,

Rhizoma

PECOVELA



Movements and emergences Conceptual ideas and an envelope

Narrative context Documentary and narrative sequences

Argument ad impromptu to an image, an objekt, and a corpse A consistent plane


L’immagine

POP ACTUAL Il progetto è un vagare vicino e lontano ad una qualunque narrativa, ad ogni immagine, ad un qualunque linguaggio rispetto una qualsiasi rappresentazione. Cosa significa vagare dentro e dietro linguaggi ed immagini? Che cos’è la loro relazione rispetto ad una rappresentazione? Dove si è, cosa ritorno, dove ritorno, di dopo? Dov’è il mio occhio altrui nel buio? Movimenti Da parole in buste con etichette datate, a schizi senza senso e gerundi a-periodici;

La lingua si carica di fango unico rimedio allora ritirarla e rigirarla in bocca il fango inghiottirlo o sputarlo fuori si tratta di sapere se è nutriente e prospettive senza esservi costretto dal fatto di bere spesso ne prendo un boccone è una delle mie risorse lo tengo in bocca un bel momento si tratta di sapere se inghiottito mi nutrirebbe e prospettive che si schiudono non sono brutti momenti metterci impegno eco tutto la lingua esce di nuovo fuori rosa nel fango cosa fanno intanto le mani bisogna sempre vedere cosa fanno le mani ebbene la sinistra come abbiamo visto stringe sempre il sacco e la destra ebbene la destra in capo a un attimo la vedo laggiù in fondo al suo braccio allungato al massimo nell’asse della clavicola se così si può dire o meglio se si può fare che si apre e si richiude nel fango si apre e si richiude è un altra delle mie risorse questo piccolo gesto mi aiuta non so perchè ma so dei trucchetti del genere che mi sono di grande aiuto anche allora quando camminavo rasente i muri sotto il mutevole cielo dovevo già essere un furbacchione non deve essere molto lontana appena un metro ma la sento lontana un giorno se ne andrà da sola sulle quattro dita contanto il pollice perchè ne manca uno ma non il pollice e mi lascerà la vedo che getta in avanti le sue quattro dita come rampini le punte si piantano tirano e così si allontana a piccole trazioni orizzontali perchè mi piace andarmene così a piccoli tratti e le gambe cosa fanno le gambe oh le gambe e gli occhi cosa fanno gli occhi certamente chiusi ebbene no poichè improvvisamente la sotto il fango io mi vedo dico mi come dico io come potrei dire egli poichè la cosa mi diverte Samuel Beckett, Racconti e prose brevi Psichiatria materialistica Se il desiderio produce, produce del Reale. Se il desiderio è produttore, non può esserlo se non in realtà, e di realtà. Il desiderio è l’insieme di sintesi passive che macchinano gli oggetti parziali, i flussi e i corpi, e che funzionano come unità di produzione. Il reale ne deriva, è il risultato delle sintesi passive del desiderio come autoproduzione dell’inconscio. Il desiderio non manca di nulla, non manca del suo oggetto. E’ piuttosto il soggetto che manca che manca al desiderio, o il desiderio che manca di soggetto fisso; non c’è soggetto fisso che per la repressione. Il desiderio e il suo oggetto sono un’unica cosa, sono la macchina, in quanto macchina di macchina. Il desiderio è macchina, anche

Nel corpo-ambiente Le parti della relazione, perchè si parla di parti ed ambienti in relazione, sono: soggetti (people) , luogo (place), oggetti ( objekts). Il soggetto non è tanto un soggetto nel senso in cui ripete atti o azioni, non è un protagonista e agente monodirezionale violento, ma qualcosa di anche violento, di anche detto, di anche persona;

un corpo, una molteplicità di organi e parti, o un gruppo di individui, popolazioni di corpi individuali, di aggregazioni molteplici di macchine di corpi. Su questi non è da presup-

porre nulla, nulla che riguardi una pre-condizione che ne determini una comprensione sociale, all’interno cioè di un socius o di un sistema di capitale. E’ un corpo in un paesaggio, un corpo nel campo all’orizzonte, un corpo di passaggio. Un aggregazione di un corpo, un assemblaggio di corpi su piani. Non è da presupporre nulla che riguardi una condizione umanista, doppia, terza, edipica, triangolata, schizofrenica, scissa; o qualsiasi che sia. Si sia invece attori, popolazioni di attori e attori di popolazioni. La

persona è un corpo, un corpo nomade, anarchico e fattuale, un corpo ontologico, un corpo all’interno di un piano di consistenza, una voce. Un corpo in produzione, in espressione.

Di sistole in diastole, ancora. Allo stesso modo per oggetti e lu-


da forme sintattiche, strappi di scritture automatiche, a movimenti del linguaggio e dell’immagine. Il tempo gerundio, infinito, passato, definiscono la continuità e l’intensità di movimenti al presente, all’attuale; il loro prolungarsi e distendersi nello spazio. Distorcere sfocando ripetuto; allungare avvicinando estratto. Giacio. I corpi, gli oggetti, i movimenti sono allungati, deformati e compressi nel buio. In che modo i movimenti, ed un movimento, è nell’immagine, nella sua attualità? Ancora; in che modo un movimento è legato a piani: piani dell’immagine, piani dei corpi, piani dello sfondo, piani davanti e dietro, sotto e dentro. Un movimento muscolare, perchè sono corpi di persone ad essere in movimento, che produce ed emerge, delle serie e concatenazioni. Dei cerchi di reali, tondi e sensuali come movimenti ed accumuli di coscie, fianchi nel buio, di carne o nelle luci, su ossari. Ondeggiando le tende basculano, la testa in avanti poi indietro. Pende un braccio; si stacca e incolla di nuovo la pelle sotto i capelli con resine e piccoli chiodi. Il nero sfugge, scivolando su linee di fuga e piani inclinati.

l’oggetto del desiderio è macchina collegata, cosicchè il prodotto viene prelevato su del produrre, e qualcosa si stacca dal produrre al prodotto, qualcosa che darà un resto al soggetto nomade e vagabondo. L’essere oggettivo del desiderio è il Reale in se stesso. pag 29 Deleuze-Guattari, Capitalismo e Schizofrenia Poscritto Ciò che dell’essere è necessario che appaia, affinchè l’apparire sia, non è il tutto concreto dell’essere. Chiamiamo “campo per-sintattico” o, semplicemente, “sfondo” questo contenuto necessario dell’apparire. Ma l’essere che appare diviene; ossia dell’essere appaiono determinazioni sempre nuove che si aggiungono e concretano il significato dello sfondo. Chiamiamo “varianti” tali determinazioni. Proprio perchè le varianti sopraggiungono nel contenuto che appare, l’apparire esiste anche prima del sopraggiungere (ossia dell’apparire) delle varianti, le quali dunque non appartengono a quel contenuto minimo (lo sfondo), senza il cui apparire l’apparire, come evento trascendentale, non esisterebbe. Anche se non si è attualmente in grado di determinare concretamente il contenuto dello sfondo, il divenire del contenuto che appare implica essenzialmentela distinzione tra un contenuto necessario dell’apparire, lo sfondo, e un contenuto semplicemente fattuale dell’apparire, le varianti. D’altra parte, il rapporto tra lo sfondo e le varianti può essere di duplice natura: 1.l’apparire dello sfondonon implica necessariamente l’apparire delle varianti, sì che il loro apparire è un fatto; 2. l’apparire dello sfondo implica necessariamente l’apparire delle varianti. Emanuele Severino, Essenza del nichilismo Fallimento IV Vecchia terra, mentito anche troppo, l’ho vista, ero io, con i miei altrui occhi grifagni, è troppo tardi. Sta per essere sopra di me, sarò io, sarà lei, saremo noi, non eravamo mai stati noi. Non sarà domani forse, ma troppo tardi. Sarà presto, quando la guardo, e che rifiuto, quando mi rifiuta, la tanto rifiutata. E’ un anno da maggiolini, l’anno prossimo non ce ne saranno, e neanche l’anno successivo, guardali bene. Torno la notte, volano via; lasciano la mia piccola quercia e se ne vanno, sazi, tra le ombre. Tristi fummo nell’aere dolce. Torno, alzo il braccio, afferro il ramo, mi metto in piedi, entro in casa. Tre anni nella terra, quelli che sfug-

oghi. Ci si trova davanti ed immersi in una complessità e quantità che avvolge, e nello stesso momento risulta imprescindibile. D’altra parte come evitare un qualsiasi ambiente, per quanto anonimo e scarno sia. Come evitare un interazione, un azione relazionale tra ambienti ed oggetti? Si tratta quindi di ricadere nell’imprescinbilità dello stare in un ambiente, che è più complesso che dire solamente stare nello sapzio. Più complesso in quanto con spazio si potrebbe intendere spazio costruito, spazio naturale, spazi specifici per singole qualità. Mentre invece l’ambiente è un attualizzazzione radicale di ogni tipo di spazio presente in quella località topologica. Ed è qui che sopraggiungono le singolarità. Non è solo un corpo quella faccia e quell’occhio; infatti leccano un intonaco calcificato e bicarbonato nella galleria. Non si tratta quindi di oggetti parziali in relazione, ma popolazioni di parti in relazioni ambientali. Ed è l’avvolgente e densa relazione ambientale che ne determina la località, la ri-territorializzazione da qualche parte. Incrostarsi dentro un contesto su un piano, magari dritto, o al rovescio. L’intensità, e il diventare denso, della relazione ambientale è l’essere topologicamente locale: in località e direzionalità. Queste sono relazioni intere e molteplici, concentrate di stato in stato, da passaggio a passaggio. Si tratta di prendere in considerazione successioni di relazioni continue, in continuità. Una decostruzione Partiamo dal corpo. Questo all’interno di una relazione corpo-spazio potrebbe essere definito come un corpo decostruito, cioè sciolto, su



Tentativo, zero, ancora I Sulla schiena un onda di lontano, dietro e bianca, una piccola cisti : Una bocca, cava, morde la sua piega della carne, della terra che risacca nel buio: dense cartilagini e aperture, a succhiare senza sostegni . Sta li che inghiotte, un intreccio grigio e peloso, presto umido, il corpo in diastole, dal sottopelle nudo e scuoiato. Un nomade di ossari, e visi e macchine, che emerge, li senza sfondo, in accumuli e grumi dorsali e calcarei. Nel tentativo, sul dietro, ancora tutto mi sfugge e scivola.


morfo-oro-Genesi L’oggetto e la morfogenesi, o si potrebbe anche dire orogenesi, della rappresentazione sono l’immagine

e il linguaggio narrativo come movimenti dal e sul fondo. La rappresen-

tazione può essere descritta attraverso un processo si figurazione, nel senso di comporre, assemblare ed aggregare immagini per arrivare ad una figura. Questo processo intende anche discutere la sequenza di diverse e differenti figure, la loro relazione. Diventa interessante parlare di figurazione nel momento in cui la si comprende come un processo, ed un insieme di immagini e linguaggi. Dunque si può parlare di morfogenesi della rappresentazione-figurazione in termini di divenire qualunque ed ovunque cosa da parte del linguaggio e delle immagini: un emergere consistente, in forma e segno, di qualunque cosa in qualsiasi deserto. Svuotamento erratico Questo emergere morfogeneticamente è un divenire nel processo, uno sviluppo, dentro il quale non c’è principio ed origine, ma solo catene di successioni e serie di derivazioni; passaggi da un punto ad un altro, da un luogo a qualunque altro luogo, da una mano ad un altra mano, da una cartilagine ad una bocca, da un pavimento ad un invo-

gono alle talpe, poi divorare, divorare, per dieci giorni, quindici giorni, e ogni notte il volo. Sino al fiume, forse, si dirigono verso il fiume. Io accendo, spengo, vergognoso, resto in piedi davanti alla finestra, vado da una finestra all’altra, appoggiandomi ai mobili. Per un momento vedo il cielo, i diversi cieli, poi diventano volti, agonie, i diversi amori, gioie anche, ce ne sono anche state, disgraziatamente. Momenti di una vita, della mia, tra altri, ma sì, dopotutto. Gioie, che gioie, ma che morti, che amori, sul momento lo avevo saputo, era troppo tardi. Ah amare, morendo, e veder morire, gli esseri presto cari, ed essere felici, perchè ah, non vale la pena. No ma ora, solo restare qui, in piedi davanti alla finestra, una mano sul muro, l’altra aggrappata alla camicia, e guardare il cielo, un po’ a lungo, ma no, singulti e spasimi, mare di un infanzia, di altri cieli, un altro corpo. Samuel Beckett, Racconti e prose brevi Le macchine Così la macchina-ano e la macchina-intestino, la macchina-intestino e la macchina-stomaco, la macchina-stomaco e la macchina-bocca, la macchina-bocca e il flusso del gregge (“ e poi, e poi e poi...”). Insomma, ogni macchina è taglio di flusso rispetto a quella su cui si è innestata, ma è essa stessa flusso o produzione di flusso rispetto a quella su cui si è innestata. E’ questa la legge di produzione di produzione. (...) Le catene sono dette significanti perchè sono fatte di segni, ma questi segni non sono significanti di per se stessi. Il codice somiglia meno ad un linguaggio che a un gergo, formazione aperta e polivoca (polyvoque). I segni vi appaiono di natura qualunque, indifferenti al loro supporto (o non è forse il supporto che è loro indifferente? il supporto è il corpo senza organi) Non hanno un programma, lavorano a tutti i piani e in tutte le connessioni. (...) E’ tutto un sistema di spostamenti ed estrazioni a sorte che formano fenomeni aleatori parzialmente dipendenti, analoghi ad una catena di Markov. (...) Questecatene sono incessantemente la sede di stacchi ( détachements) in tutte le direzioni; ovunque delle schize (schizes) che valgono per se stesse e che sopratutto non bisogna colmare. Questo è dunqueil secondo carattere della macchina: tagli-stacchi. (...) Il terzo taglio della macchina desiderante è il taglio-resto o residuo, che produce un soggetto accanto alla macchina, pezzo adiacente alla macchina. E tale soggetto non ha identità specificao personale

cui la domanda “Chi? Che cosa?” si è intaccata; dentro cui è penetrata, e che si spinge dalla decostruzione verso tentativi di costruzione di linguaggi ed immagini. Una decostruzione, anche esplosione ( quindi un movimento da una singolarità), di corpi e femori , di linguaggi (testi) e forme, per poi avere a disposizine cumuli ed accumuli di cose. Oggetti lasciati, rimanenze, schizi laterali defilati sulla destra. Da quale pretesa muove la domanda “chi? Che cosa?” Dentro quale termine fondamentale la persona-corpo può essere definita come solo individuo-corpo, come sola consistenza processuale di produzione? In quali termini, attraverso le domande “come? dove?” lo spazio è reale? Reale in relazione di località? Da quale momento si smette di diventare reale, ma si è cosa Reale? Un Reale come occupazione ed appropriazione di vagabondaggi e derive? Cosa significa reale? La decostruzione parte dall’immagine, dalla rappresentazione e figurazione all’interno del principio di realtà, per poi arrivare all’immagine come intensità, densità, tendenze, sensazioni, in un processo di estetica di percezione intensiva. Immagine-Interpretazione Figurazione Se si vuole parlare di immagine, qualunque essa sia, allora si dovrà necessariamente parlare di interpretazione e figurazione. “Non esistono fatti o immagini, ma solo interpretazioni. Tutto ci si esaurisce tra le dita” . “Per la consistenza di un chi e qui, si, solo intrapercezioni, si... ma da dove viene fuori questo cinema?”. “E allora l’immagine dietro il telo bianco? ieri però era sopra.” “Però qui, quando è strano, è pieno di figure...”





lucro di plastica, un vestito ed una nuvola in PVC. Dunque, da una parola con etichetta e indicazioni sul riciclaggio, a parole senza contenuti, parole erratiche e desertice. Come spiegherebbe Carmelo Bene, non più parole dette, ma da dirsi. Un processo di linguaggi, figurazioni di linguaggi, successioni e desertici svuotamenti. Scivolare; sul fianco a spasso. Un luogo abbandonato, che prima era ospedale psichiatrico, e prima ancora era un manicomio, e ancora prima una residenza aristocratica svenduta ad una neonata provincia per debiti di gioco accumulati dai proprietari, emerge attuale in rappresentazione attraverso la sua stessa immagine e linguaggio. Qui la questione: che linguaggio parla e dove lo parla? Che cos’è quell’immagine passeggiata nel tempo da popoli, persone, oggetti, ed ora da piccioni, ratti e guano? Il suo linguaggio è segno senza significate e con qualunque significante, la sua immagine è pura consistenza, i suoi passaggi sono parti di persone ed oggetti prodotti. L’attuale diventa un accumulo schizofrenico e in movimento di segni di linguaggi, di oggetti e corpi di immagini ( e in immagini). Catene, passaggi, sequenze e movimenti di consistenze reali. Tutto ciò all’interno ed aggrovigliato su parti di corpi, oggetti rimasti

e percorre il corpo senza organi senza spezzarne l’indifferenza, proprio perchè non solo è una parte accanto alla macchina, ma una parteessa stessa divisa, cui toccano parti corrispondenti agli stacchi di catena e ai prelievi di flusso operati dalla macchina. Così esso consuma gli stati attraverso cui passa, e nasce da questi stati, sempre concluso da questi stati come una parte fatta di parti, di cui ciascuna riempie in un momento il corpo senza organi. Deleuze-Guattari, Capitalismo e Schizofrenia Il tutto e le parti Nelle macchine desideranti tutto funziona contemporaneamente, ma negli iati e rotture, nei guasti e colpi a vuoto, nelle intermittenze e corto circuiti, nelle distanze e frammentazioni, in una somma che non riunisce mai le sue parti in un tutto. Deleuze-Guattari, Capitalismo e Schizofrenia La sintesi congiuntiva di consumo Il corpo senza organi è veramente un uovo, attraversato da assi, listato da zone, localizzato da aree o da campi, misurato da gradienti, percorso da potenziali, marcato da soglie. In questo senso crediamo in una biochimica della schizofrenia (collegata colla biochimica delle droghe), che sarà sempre in grado di determinare la natura di quest’uovo e la ripartizione campo-gradiente-soglia. Si tratta di rapporti d’intensità attraverso cui il soggetto passa sul corpo senza organi, e opera dei divenire, delle cadute e dei rialzi, delle migrazioni e degli spostamenti. (...) ciò che succede in esso e su di esso, movimenti morfogenetici, spostamenti di gruppi cellulari, distensioni, corrugamenti, migrazioni, variazioni localidi potenziali. Non bisogna neppure contrapporre un viaggio interno ai viaggi esterni: la passeggiata di Lenz, la passeggiata di Nizinskij, le passeggiate delle creature di Beckett sono realtà efettive, ma ove il reale della materia ha abbandonato ogni estensione, come il viaggio interno ha lasciato ogni forma e qualità per non far brillare più, all’interno come all’esterno, se non pure intensità abbinate, quasi insopportabili, attraverso cui passa un soggetto nomade. Non è un esperienza allucinatoria nè un pensiero delirante, ma un sentimento, una serie d’emozioni e di sentimenti, come consumo di quantità intensive che formano il materiale delle allucinazioni e dei deliri successivi. L’emozione intensiva, l’affetto, è insieme radice comune e principio di differenziazione dei deliri e delle

La decostruzione principia da interpretazioni polivoche. Cioè il momento in cui si deve ancora figurare qualche cosa, il momento in cui non esiste ancora un qualche soggettivo; è quindi il momento preciso in cui un assorbimento intersggettiva gode ancora di infinite possibilità di diramazione. La decostruzione si trova allora nell’istante in cui l’intepretazioni sono a-direzionali, sciolte, attaccate al testo ed al linguaggio attuali, per derivarne la sola e consistente materia di cui è concatenato il fatto. Tutto nello stesso momento, tutto sullo stesso punto. A-poli-direzionalità Condensa in g La decostruzione, e poi la costruzione in un secondo momento, parte dalla raccolta di tutti i resti, segni, codici, iati, contrazioni e tagli, movimenti ed emergenze morfogenetiche, rimasti indietro. Tutti i resti e condense di fatti ; prodotti da passaggi di passaggi, da sfiati di camere dopo la compressione. Di schizofrenici movimenti e derive da uno stato ad un altro, da una gamba ad un guanto da pugile. Pensiamo però al fatto, all’evento. Un evento, in quanto accaduto, ac-cadente, non è altro che la fluttuazione e concretizzazione probabilistica di flussi di attrazioni, forze, oscillazioni, possibilità. Un fatto concreto è un esistere, un consistere. L’essere tutto e tutti in punto; un eventuale punto. E cade; si, si cade. Quindi un linguaggio, un testo; Sisifo esiste, lo sperone su cui si trascina esiste, ed il masso duro di insensatezza esistenziale consiste allo



Objekt IV, a deterritorialized floor in a yellow atmosphere



Schizo



o lasciati, piante e piani distributivi, rossi e blu elettrico, uscite, interstizi d’ acqua, in relazione. Una relazione che intercorre, se e quando intercorre, tra luogo-oggetto-soggetto. Place-Objekt-People

POP

in forma contratta, è uno studio di interazione, relazione e movimento. Che cosa, come e dove è quello che ormai non è più pop, cioè un movimento di assimilazione ( forse anche costrizione e restrizione-repressione capitalistica ambientale) di sfondo, ma POP. Che cosa, dove e com’è la cosa che non è più un oggetto automatizzato, di sfondo, ripetuto, popular, ma emersa singolare e solitaria, gettata in

Dove inizia la deriva schizofreica, labirintica ed anarchica di un oggetto prodotto-in produzione? Chi è una deriva labirintica, cosa è anarchico? Dov’è un soggetto individuale, dove e come è intenso un locale de-territorializzato? Cosa e dove è un movimento rizomatico emergente? Si potrebprimo piano?

be dire, che cosa-dove-come porta la cosa pop a diventare POP; ciò che rende POP è l’essere Actual, attuale. Dunque

allucinazioni. Così si crederebbe che tutto si mescoli in questi divenire, passaggi e migrazioni intense, tutta questa deriva che risale e discende nel tempo - paesi, razze, famiglie, appellazioni parentali, appellazioni divine, appellazioni storiche, geografiche, ed anche fatti di cronaca. (Sento che) divento Dio, divento donna, ero Giovanna d’Arco e sono Eliogabalo, il gran Mogol, un cinese, un pellerossa, un templare, sono stato mio padre e sono stato mio figlio. “Sono Prado, sono il padre di Prado, oso dire che sono Leseps: volevo dare ai miei parigini che amo una nuova nozione, quella di un criminale onesto. Sono Chambige, altro criminale onesto... Ciò che è spiacevole è che, in fondo, ogni nome della storia sono io”. Non si tratta mai tuttavia di identificarsi a personaggi, come a torno si dice di un pazzo che “crede di essere...”. Si tratta di tutt’altro: identificare le razze, le culture, gli dei a campi di intensità sul corpo senza organi, identificare i personaggi a stati che riempiono questi campi, a affetti che balenano e attraversano questi campi. Donde il ruolo dei nomi, nella loro magia propria: non c’è un io che si identifica a razze, popoli, persone, su una scena della rappresentazione, ma nomi propri che identificano razze, popoli e persone a regioni, soglie o effetti in una produzione di quantità intensive. (...) Sulla scarsa realtà, la perdita di realtà, la mancanza di contatto con la vita, l’autismo e l’atimia, si è detto tutto, gli schizofrenici stessi hanno detto tutto - pronti ad immergersi nello stampo clinico atteso. Mondo nero, deserto crescente: il ronzio di una macchina solitaria sulla spiaggia, una centrale atomica installata nel deserto. Ma se il corpo senza organi è proprio questo deserto, lo schizo sorvola allora una sorta di distanza indivisibile, indecomponibile, per essere ovunque venga prodotto del reale, ovunque del reale è stato e sarà prodotto. E’ vero che la realtà ha cessato di essere un principio. Secondo tale principio, la realtà del reale era posta come quantità astratta divisibile, mentre il reale era distribuito in unità qualificate, in forme qualitative distinte. Ma ora, il reale è un prodotto che avvolge le distanze in quantità intensive. L’indivisibile è avvolto, e significa che ciò che lo avvolge non si divide senza cambiar natura o forma. Lo schizo è senza principi: non è qualcosa se non essendo altro. Deleuze-Guattari, Capitalismo e Schizofrenia

stesso modo. Questo è certamente un testo, un libro, ristampato più e più volte, ma per il significato e la possibilità virtuale che la figura effetivamente esista, questo è reso consistente. Il testo ed il linguaggio scorrono quindi su un piano virtuale, in questo esempio, ma consistente. Sottile e denso. Che cosa rimane? Un libro di scarabocchi, una sensazione adiacente il libro; Una scimmia dal pollice opponibile che succhia un dito, li, reale quanto il libro. Un oggetto lasciato li, un corpo lasciato li. Il dubbio del cogito ergo sum viene sostituito da un puro e piano subsisto. Un pensiero o una coscienza non sostanziano; non sostanziano localmente ed oggettivamente, rimangono astrazioni assolute, uno spazio vuoto e non rugoso. E’ la contingenza di trovarsi in una radura vuota dalla foresta, in un deserto rosso, su un pavimento di plastica nel punto g del manicomio che narrano ed esprimono un reale spazio vuoto. Uno spazio di niente, da niente, ma scabroso, striato ed inviluppato, avvolgente. Quindi le implicazioni del consistere contingente ed eventuale sono relazionali; di località, subsisto dove?; di consistenza, subsisto di cosa? Sono insabbiato e umido in una pianura. Goccie di condensa, per passaggi di stati con calore, si accumulano su tele di ragno. Che vanno da qui e la, da sopra a dentro il cono traslucido.

Sto dietro, sotto e dentro. Emergo. Non basta una triangolazione di Io-subconscio-Intepretazione per avere una chiave, una lettura (che Compagnia sia ora subconscio, interconscio, es, id o qualche altro tassello vuoto Giunge una voce a qualcuno nel buio. in una griglia che si muove) : quesS’immagini.



Rhizome, vaporised black


Direction, back-arm










che cos’è e come può essere sviluppata, all’interno di movimenti e serie processuali in relazione, una attualizzazione di immagine? Aktualisace,

“foregrounding is the deautomatization of an act, it is the violation of a scheme”, spie-

ga Mukarowsky. Aktualisace è tradotto con foregrounding, portare fuori, far emergere, portare in primo piano. POP Actual è allora un indagine sulla originale ed

intrinseca relazione tra un

soggetto, inteso come un denso ed intenso rizoma di autonome ed anarchiche molteplicità, ap-

la cosa-oggetto in se, un oggetto dal buio e dietro profondo, inteso erte e multi-direzionali;

come localizzatore, attulizzatore, accumulatore di serie

località, intesa come ri-territorializzazione di un luogo topologicamente locale, come ri-territorializzazione di un linguaggio narrativo, ma anche come semplice territorializzazione (se la si immagina come primitivo passaggio).

reali; ed una

In modo sintetico ed astratto, questo è un processo che

A qualcuno sul dorso nel buio. Ciò glielo comprova la pressione sulle parti posteriori e il modo in cui muta il buio quando serra gli occhi e quando di nuovo li riapre. Solo una minima parte di quanto viene detto può essere verificata. Come per esempio quando sente, Tu sei sul dorso nel buio. Allora non può che riconoscerela verità di quanto viene detto. Ma di gran lunga la maggior parte di quanto detto non può essere verificata. Come per esempio quando sente, Tu vedesti la luce quel tale e tal altro giorno. A volte le due si combinano come per esempio, Tu vedesti la luce quel tale o tal altro giorno e adesso sei sul dorso nel buio. Magari un trucco così che l’incontrovertibilità dell’una guadagni credito all’altra. Eccola dunque la proposizione. A qualcuno sul dorso nel buio una voce racconta di un passato. Così qualche occasionale allusione a un presente e più raramente a un futuro come per esempio, Tu finirai così come ora sei. E in un altro buio o nello stesso un altro a escogitare il tutto per compagnia. Via lasciamolo perdere. Contraddistingue la voce l’impiego della seconda persona. Quello della terza quell’altro canchero. Potesse parlare quello a cui e di cui parla la voce ci sarebbe una prima. Ma non può. Non lo farà. Non puoi. Non lo farai.

Che cos’è una letteratura minore? Trascinare lentamente, progressivamente, la lingua ne deserto. Servirsi della sintassi per gridare, dare al grido una sintassi. Di grande, di rivoluzionario, non c’è che il minore. Odiate ogni letteratura di padroni. Attrazione di Kafka per i servi e gli impiegati - stessa cosa, in Proust, per i servi e il loro linguaggio. Ma, altrettanto interessante, la possibilità di fare della propria lingua - posto che sia l’unica, e che sia, o sia stata, una lingua maggiore- un uso minore. Essere nella propria lingua come uno straniero. Anche unica, una lingua resta un pasticcio, un miscuglio schizofrenico (...). Si faranno giocare i coefficienti di territorialità e deteritorializzazione relaitivi. Anche se maggiore, una lingua può prestarsi ad un uso intensivo che la faccia filare secondo linee di fuga creatrici, un uso che per lento e cauto che sia, formi una deterritorializzazione , assoluta, questa volta. Quanta invenzione, e non solo invenzione lessicale- il lessico conta poco- ma sobria invenzione sintattica, per scrivere come un cane. E vanno

to triangolo sbrodola da tutti i lati. Una parola stampata, detta, una trave, un dito, l’oggetto di mate-

ria, l’oggetto di produzione dal profondo e disteso reale è fatto da densità ed intensità molari e molecolari, che si aggregano e disgregano secondo leggi di forza, tensioni, densità e intensità. Queste sono percepite, quin-

di interpretate, come sensazioni; e si può dire che deformino, alterino, insistano su campi di intensità, piani flussi e sequenze-scene di movimenti. Sento. Ho sentito. Sto sentendo. Sentire. Sento il passo caduto di fondo Da un interpretazione senza regole, da “ogni cosa è un interpretazione”, ad una decostruzione dell’interpretazione, della figurazione di un immagine. Da un “ogni cosa è figurazione di realtà” ad un “ ogni corpo è una produzione e in produzione di realtà”.

Il reale allora rientra da ogni dove, ritorna dalla decostruzione ad una costruzione. Il reale sta sopra e dentro eventi, fatti, consistenze e piani. Il fatto, come concatenazione, aggregazione; come serie di movimenti laterali ed adiacenti di cose reali, consistenze reali.

Con decostruzione dell’immagine non si vuole mettere in evidenza in che modo funzioni l’interpretazione o la loro costruzione, come quindi avviene la lettura di un contesto di relazioni soggettive, ma un decostruire un immagine nel suo valore intersoggettivo. Si sta quindi parlando di una decostruzione delle costruzioni intersoggettive: l’essenziale piano di consistenza della produzione del reale.




Objekt III, a deterritorialized psichiatric room


da una diffusa e dispersa alienazione fondale, maggioritaria, dalla parte del maggiore, conduce ad una locale e nomade appropriazione; un movimento nomade di occupazione minore. (s)fondale Il movimento dal fondo che l’indagine vuole investigare è la relazione tra immagini aperte e le loro specificità: singolarità e densità locali. Questo movimento dal fondo ha come rizomatica radice un movimento che da una condizione di sfondo maggiore (maggioritaria) ed alienata, pop-ular, quotidiana, tende e cerca di portare fuori, rendere attuale, principi ( inizi, preamboli, pronaos ) di realtà, produzioni di realtà.

il movimento processuale dell’indagine potrebbe essere descritto come una emulsione emergente di concrezioni e grumi: concrete, dense e In altri termini

fattuali serie e sequenze aperte di reali.

Il piano Con principi di reali si deve intendere POP come cose dal profondo, POP che da sfondo indistinto vengono portati in primo piano attraverso radicali movimenti di attualizzazione e ri-territorializzazione. Da

un silenzioso e

sempre a finire così le linee di fuga del linguaggio: il silenzio, l’interrotto, l’interminabile, o peggio. (...) Anche kafka è solo “musichetta”, un’altra, ma sempre una musica di suoni deterritorializzati, un linguaggio che fila via con la testa in avanti, facendo capriole. Ecco dei veri autori minori. Una via d’uscita per il linguaggio, per la musica, per la scrittura. E’ quello che si chiama Pop- musica pop, filosofia pop, scrittura pop. Servirsi del polilinguismo nella propria lingua, fare di essa un uso minore e intensivo, opporre il carattere oppresso di questa lingua al suo carattere oppressivo, trovare i punti di non-cultura e di sotto-sviluppo, le zone linguistiche del terzo mondo attraverso le quali una lingua sfugge, un animale si inserisce, un concatenamento si innesta. Deleuze-Guattari, Kafka. Per una letteratura minore.

n, n, n, n, n... Rimane sempre l’affermazione “ogni cosa è interpretazione, non esistono fatti (immagini)” che non sarà possibile smentire, o sarà difficile farlo, ma che comunque non rimane il punto della questione. Nel senso in cui l’anarchica soggettività computazionale esige effettivamente la relatività del reale, come una sorta di parcellizzazione, parzializzazione del reale , in vista di “un po’ di questo per tutti”. Il reale è molecolare. Uno sprawl e una deriva infinita di masse e quantità molecolari. E la molarità?

Le componenti dell’espressione

fatti, nel reale, ciò che vede Y. Ma ciò che vede X è quello che pensa di vedere X? E quello che pensa di vedere o leggere X è quello che pensa di vedere-leggere Y? E se X oltre ad immaginare di vedere quello che vede Y, inizia a vedere 36, poi 57, poi 89 cose differenti? Allora certamente saremo granchi fatti di lsd che rotolano sui fianchi. Forse è meglio discutere e capire cosa si vede. O almeno cercare un concetto per esprimere di che cosa si parla.

Eravamo partiti da opposizioni formali semplici: testa alta-testa bassa, per la forma di contenuto; foto-suono, per la forma di espressione. Si trattava di stati o di figure del desiderio. Risultava chiaro tuttavia che il suono non agisce come elemento formale; esso determina piuttosto una disorganizzazione attiva dell’espressione e, per reazione, del contenuto stesso. Così il suono, con il suo modo di “filare”, comporta una nuova figura della testa alta, che diviene testa in avanti. E l’animale non è soltanto dalla parte della testa bassa ( o della bocca alimentare), che anzi questo medesimo suono, questa stessa tonalità inducono un divenire-animale e lo congiungono con la testa alta. Non ci troviamo quindi di fronte a una corrispondenza strutturale fra due tipi di forme, forme di contenuto e forme di espressione, ma di fronte ad una macchina di espressione capace di disorganizzare le proprie forme, e di disorganizzare le forme di contenuti, per liberare dei contenuti puri che si confonderanno con le espressioni in un unica materia intensa. (...) Il fatto è che l’animale coincide con l’oggetto per eccellenza del racconto secondo Kafka: tentare di trovare una via di uscita, tracciare una linea di fuga. (...) Tutto ciò che Kafka fa nella sua camera è divenire animale, ed è l’oggetto essenziale del racconto. La prima creazione è la metamorfosi. L’occhio di un padre o di una madre non deve vederlo, ma sopratutto non deve vedere l’occhio di una sposa. Una via di uscita, e non la libertà. Una linea di fuga vivente, e non un attacco. In Sciacalli e Arabi, gli sciacalli dicono “Noi non li uccideremo (...) Noi fuggiamo via alla sola vista del loro corpo, in aria più

Ciò che vede X è in parte, nei

Lo scopo di tutto questo non è però decostruendo arrivare al nulla, alla decostruzione sulla decostruzione, cioè una decostruzione ritorta ed inviluppata su se stessa, che giace nella sua aporia; in un hang-over abbastanza opaco e disidratato. Una sbronza che rimane stantia in una epistemologia discorsiva senza uscita, composta di oggetti parziali,astratti e a se stanti, isolati. La differenza è trovarsi davanti ad un parallelepipedo nero in astrazione, ed invece trovarsi davanti un monolite nero in un deserto. Lo stato successivo diventa trovare una via di uscita, una linea di fuga

Objekt II, a thousand white room



Deformed, deterritorialized face, on face I





CwO I, corpse without organs, corpse machines


CwO II, corpse without organs, corpse machines


rappreso sfondo l’indagine cerca di portare fuori, con scivolamenti e diramazioni, dense ed autonome singolarità. Se il punto del processo

è portare fuori, evidenziare e indurre un movimento dal fondo, una prima implicazione è la radicale-reale autonomia, anarchia, an-originalità e densità della narrazione attualizzata; del principio di reale dell’immagine. Quindi se l’ an-origininalità significa non indicare un punto primo di origine, ma enfatizzare l’anarchia e la molteplicità di una parola, un oggetto, un corpo, quindi il suo rizomatico svilupparsi,diramarsi e invilupparsi, allora il movimento di attualizazione genererà da una condizione di nomadismo e sarà rivolto verso una singolarità; una singolarità in piano, su piani. E questi certo sono i differenti e molteplici piani dell’ an-originalità, dell’autonomia, ma anche della singolarità, e soprattutto, sono piani consistenti e reali. In scena, scorrendo la fuga Ora, dall’ immagine di reali, siamo ad immagini e figurazioni narrative non più dal fondo, ma attuali. Il piano, ed i molteplici e differenti piani di consistenza dell’immagine ( e della realtà prodotta-in produzione) sono i luoghi locali

pura, nel deserto, che perciò è la nostra patria”. (...) la lentezza di Kafka. Ricordiamo tuttavia un certo numero di elementi che si riscontrano nei racconti di animali: 1) non è possibile distinguere il caso in cui un animale è considerato per se stesso e i casi in cui si ha una metamorfosi; tutto nell’animale è metamorfosi, e la metamorfosi è in un unico circuito divenir-uomo dell’animale e divenire-animale dell’uomo; 2) in effetti la metamorfosi è come la congiunzione di due deterritorializzazioni, quella che l’uomo impone all’animale costringendolo a fuggire o sottomettendolo da una parte ma anche, dall’altra, quellache l’animale propone all’uomo, indicandogli delle vie di uscita o dei mezzi di fuga ai quali l’uomo non avrebbe mai pensato da solo (la fuga schizo); di queste due deterritorializzazioni l’una è immanente all’altra, la precipita e la spinge a varcare una soglia; 3) ciò che conta non è quindi la lentezza del divenire-animale; in realtà per lento che sia, anzi più è lento, esso costituisce una deterritorializzazione assoluta dell’uomo, in opposizione alle deerritorializzazioni relative che l’uomo opera su se stessospostandosi, viaggiando; il divenire-animale è un viaggio immobile e statico, che può essere vissuto o compreso solo in intensità- varcare soglie di intensità. Il divenire-animale non ha nulla di metaforico. Nessun simbolismo, nessuna allegoria. (...) Il divenre-animale tende verso un divenire-molecolare.(...) In Kafka la molteplicità molecolare tende anch’essa a integrarsi o a far posto a una macchina, o piuttosto ad un concatenamento macchinistico che funziona benissimo pur essendo formato da parti tra loro indipendenti.

dal nulla decostituito, decomposto, disperso e sbrodolato. Il concetto che porta fuori, che spinge verso una fuga è l’irrealtà di oggetti parziali. Non si è oggetto su o dentro una camera bianca, le brillanti e lucide white room, ma si è localizzatori di serie in relazione su camere dense di polveri, depositi e cromie alterate. La tonalità, e l’intensità, attraverso blocchi di oggetti-corpi-località è una linea, sono segmenti. Un divenire una linea, e una serie di linee e segmenti schizofrenici, derivati, accumulati, inviluppati, densi, lenti e direzionali. Si diverrà allora un super magazzino di linee, un accumulo ordinato o disordinato di segmenti; segmentarietà poli-direzionali, poli-tonali, iper reali.

Junkspace

L’ attimo, il momento in cui la ciabatta c’è, ed è sul pavimento, è il momento che interessa, è la condizione intersoggettiva e oltre il pop-actual, che fonda il principio di realtà. Il reale, principio fondante della sensazione, quindi la presenza

Mentre interi millenni hanno lavorato in favore della permanenza, dell’assialitò, dei rapporti e della proporzione, il programma del junkspace è l’escalation.Invece dello sviluppo, esso offre entropia. Proprio perchè è infinto, c’è sempre qualcosa che perde, da qualche parte, nel junkspace; nel peggiore dei casi, portaceneri monumentali raccolgono goccie intermittenti in un brodo grigio... Quand’è che il tempo ha smesso di muoversi in avanti, ha cominciato ad avvolgersi in tutte le direzioni, come un nastro fuori controllo? Dall’introduzione del Real Time tm? Il cambiamento è stato staccato dall’idea di miglioramento. Il progresso non c’è più; la cultura barcolla di lato senza sosta, come un grnchio fatto di Lsd... Il cestino del pranzo contemporaneo è un microcosmo del junkspace: un appassionata semantica della salute can-

Fuga di emergenza Si potrebbe dire “Se sul pavimento c’è una ciabatta, allora c’è almeno un qualcosa!” Un verme, un qualsiasi lombrico ne sentirà la consistenza e la eviterà, su una linea verso la fuga e un uscita. Un cane ne morderà una parte per l’impronta di odore. E un uomo la raccoglierà con la testa in avanti vorticando e scuotendo, e questo è indubitabile, o anche incontrovertibile, inemendabile.

dimostrabile per forza, intensità e densità dell’oggetto, del luogo, del soggetto. Ed è qui il movimento che segue, laterale ed adiacente: il punto di riferimento non è più il soggetto, un singolo sulla cui certezza e sulla cui solidità solipsistica si può distruggere tutto, ma un oggetto, una ciabatta, un testo,



On white movements


Deformed, deterritorialized face, on face II


e topologici su cui si aggira vagabondando il progetto e la scena. Il primo piano, ed i qualsiasi primi piani, sono i luoghi dove striscia, fluttua e cercano consistenza lingue, femori, listelli, ombrelli, finestre, tende. Da piani di fondo, sul buio da dietro, ad un primo piano: un primo piano in sequenza di luce e carne.

Da sequenze fondali alienate a solidi e concreti blocchi di sequenze-scene.

I piani ed i punti di fuga dell’immagine sono allora i molteplici piani su cui insistono le sequenze, sono i punti di attrazione e concentrazione su cui avvengono movimenti. Sono i buchi e le supefici su cui il legno e la plastica densifica, muove, e scorre. E non si parla solo di scorrimento di ciò che è sul piano o nel punto, ma delle linee e delle superfici stesse. Movimenti di scorrimento: uno scorrere laterale ed adiacente per infinite fughe e corridoi, su infiniti punti ( o solo uno) e molteplici direzioni. I punti e i piani costringono a portare fuori, sono gli elementi su cui i movimenti si attuano. Ed ancora, i movimenti portano e vengono fuori con corpi e malte, volti e deformazioni: emerge il movimento delle cose che scendono, vagano e sfuggono su linee di fuga e piani lisci.

cellata al fondo da un biscotto gigantesco. (...) Non risate in scatola, ma euforia in scatola... Per attenuare questa cacofonia, il colore è scomparso, viene usato solo come segnale: rilassatevi, godetevela, state bene; siamo uniti nella sedazione... Perchè non possiamo tollerare sensazioni più forti? Dissonanza? Goffaggine? Genio? Anarchia?... Il junkspace cura, o almeno questo sembra essere il presupposto di molti ospedali. Pensavamo che l’ospedale fosse unico- un universo identificato dal proprio odore- ma ora che siamo abituati alla diffusione universale dell’aria condizionata riconosciamo che non si trattava che di un prototipo; il junkspace è definito dal proprio odore. Spesso di grandezza colossale, progettati con l’ultimo residuo di adrenalina della grande ispirazione del modernismo, gli ospedali sono diventati (troppo) umani. (...) Tutti i dipinti basati su griglie nere sono radunati in un unica stanza bianca. Nell’immenso edificio restaurato, grandi ragni offronodelirio alle masse... Riflessi narrativi che fin dall’inizio dei tempi ci hanno permesso di collegare punti, colamre vuoti, sono ora rivolti contro di noi: non possiamo smettere di osservare: nessuna sequenza è troppo assurda, banale, insignificante,offensiva... (...) Rem Koolhaas, Junkspace Bigness La città generica è l’apoteosi del concetto della plurità di scelta: segni in tutte le caselle, un antologia di tutte le possibilità. Di solito la città generica ha avuto un “piano regolatore”, non nel senso di una organizzazione burocratica preposta a controllarne lo sviluppo, ma come se varie eco, spore, tropi, semi, caduti sul terreno a caso, come in natura, avessero preso il sopravvento grazie alla naturale fertilità del terreno e ora costituissero un insieme; un pool genetico arbitrario che talvolta da risultati stupefacenti. La scrittura delle città può essere indecifrabile, danneggiata, ma ciò non significa che non ci sia una scrittura; può darsi semplicemente che siamo noi ad aver sviluppato un nuovo analfabetismo, una nuova cecità. Rem Koolhaas, Junkspace

qualunque cosa di esterno, di reale. Anche se, chi è interno? dove è l’esterno? è uno o due? Qualsiasi cosa di deterritorializzato diventa oggetto: così una bocca

può diventare un oggetto, una mano può diventare un oggetto. Ciò che qui interessa è il piano di consistenza della bocca, della mano, dell’oggetto de-territorializzato e decostruito; il loro essere reali ed il loro ri-territorializzarsi e ri-costruirsi, ri-aggregarsi in reali, che generano un espressione della cosa e una produzione di reale. Una singolarità, molteplicità di singolarità.

Quello che sussisterà potrà essere una singolarità deterritorializzata verso un resto, un tutto il resto, qualsiasi resto relazionale. Siamo arrivati ad un realismo? Ad un nuovo realismo iper-reale che riguarda l’ evento reale. Come avviene la produzione del reale? quale ruolo ha il reale come emergenza e spostamento residuale dal fondo su un divenire-consistenza-minore-delirante? Come si sta in scena?

Il soggetto non è un potente soggetto demiurgico su cui le cose sono misurate. Che cos’è misurare? Dov’è misurare? Tentando di misurare si ricadrebbe su quell’assoluto, in quella camera bianca davanti ad un parallelepipedo nero da cui siamo usciti per la fuga di emergenza. Sarà allora uno tra tanti soggetti, uno all’interno di una popolazione di possibili soggetti, tra molteplici soggetti, tra molteplici oggetti, tra molteplici località, sottomessi anch’essi a densità, intensità e Il tondo, la pista forze, che saranno poi tradotte in Un tondo spesso delimita il luogo in cui sensazioni, figure, localizzatori, da è seduto il personaggio, ossia la Figura. immagini. Seduto, sdraiato, chino o in altre posizioni. (...) Talvolta è raddoppianto, o sostituito; Sono le figure in immagini ad essciama in piccoli dischi che delineano sere estremamente reali e consis-





Ecologia residuale; grumi di frattaglie L’ordinario ed alienato readyday , la carta del fritto e l’affresco in azzurro, un sacco nero e un telaio, è portata fuori, emerge, e si potrebbe anche dire essere portata dentro. Che cosa rimane allora, che cosa è questo nuovo spazio residuale ed attuale? Oltre la ripetizione, oltre oggetti pop residuali di sfondo, schizofrenici e deliranti accumuli, si è corpo e spazio attuali; come un residuo di post produzione defilata. Come e dove è questo nuovo ambiente ed espressione ambientale narrativa-testuale?

Dove si è rizoma? Come si è da fondale ad attuale di reale? Che cosa è locale? Che cosa è sul e nel corpo? Dov’è la carne? Dove siamo aperto deserto? Come è

un grumo denso e locale? Che cos’è il resto, la rimanenza? Cosa e dove sono i movimenti laterali, movimenti di scivolamento del resto? Attraverso POP Actual, oggetti dal fondo, corpi e località di luoghi, scene e sfondi, sono ridefiniti in sequenze di immagini, in rappresentazioni narrative.

Il linguaggio e la capacità narrativa di aktualisace ridefinisce carne, pelle, volti,

parte del corpo del personaggio, o nei cerchi che orbitano intorno ai corpi. (...) L’importante è che essi ( i procedimenti) non costringano la Figuraall’immobilità; al contrario, devono rendere sensibile una specie di tragitto, una specie di esplorazione compiuta dalla figura in quel luogo o su se stessa. E’ un campo operativo. Il rapporto tra la figura e il suo luogo isolante definisce un fatto: il fatto è..., e ciò ha luogo... E, così isolata, la Figura diviene un immagine, un Icona. Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione Atletismo Solitudine estrema delle Figure, reclusione estrema dei corpi che escude ogni spettatore: la Figura diviene tale solo attraverso questo movimento da cui viene reclusa e in cui si reclude. “Dimora con corpi. Ciascuno va in cerca del suo spopolatore (...). E’ l’interno di un tronco di cilindro basso che misura cinquanta metri di circonferenza e sedici di altezza perchè deve essere armonico. Luce. Debole. Gialla” (Samuel Beckett, lo spopolatore). Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione Il corpo, la carne macellata e lo spirito, il divenire animali Il corpo è la Figura, o piuttosto è il materiale della figura. Soprattutto, non si dovrà confondere il materiale della Figura con la sruttura materiale spazializzante, che resta dall’altro lato. Il corpo è la Figura, non struttura. Inversamente la Figura, essendo corpo, non è volto e neanche ha volto. Essa ha però una testa, perchè la testa è parte integrante del corpo. Può addirittura ridursi alla testa. (...) Le deformazioni cui il corpo è sottoposto sono anche i tratti animali della testa. Non si tratta in alcun modo di una corrispondenza tra forme animali e forme del volto. Infatti, il volto ha peruto la sua Forma subendo le operazioni di pulitura e di spazzolatura, che lo disorganizzano, facendo sorgere in suo luogo una testa. (...) La carne macellata è la zona comune all’uomo e alla bestia, la loro zona di indiscernibilità; essa è quel “fatto”, quel particolare stato in cui il pittore si identifica con l’oggetto del proprio orrore e della propria compassione. Il pittore è un mcellaio, certo, ma egli sta nella macelleria come in una chiesa, con la carne macellata come Crocifisso. Gilles Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione

tenti. Queste generano e inducono la successione e il susseguirsi di stati da stati. Da punto a punti, per campi e vettori di forza. Da divenire corpo, ad essere una figura di cane, a scappare su nuvole di plastica e vapore nel deserto. Soggetti Ormai il soggeto è definito figurativamente e per la sua consistenza; immerso in un sistema di cui non è il soggetto, nè la volontà portante, ne la volontà demiurgica di potenza. Definito nell’esserci e all’interno del principio di realtà, la sua natura è la inemendabile ed incontrovertibile presenza, non appartenenza ad un nulla. La sua presenza non sfocia però nell’eterno, dilatazione all’infinito e metafisica di un tempo a-temporale, ma risuona e si esaurisce nell’attuale. Un attuale divenire. La sua attualità riguarda dunque il corpo e nello specifico la qualunque azione da compiersi, da dirsi. Che cos’è l’azione? Dove e come si diventa corpi animali attuali? Come si è attore? Il soggetto che è sia corpo, sia individuo che animale, ma anche organo, processo metabolico, flusso fisico: da disperso e non circorscritto, cioè come lo si potrebbe pensare, diventa e si attualizza in nomade. Non tanto perchè lo sia stato, o perhè esistano ancora popolazioni nomadi quanto piuttosto per una condizione nomade; nella relazione con il movimento, con una località, con oggetti. L’ essere una presenza in movimento coinvolge attualmente il corpo, e in quanto attuale passa attraverso uno stato di produzione. Questo significa che il topologico locale intorno, dietro e sotto, diventano degli accumulatori, degli attualizzatori; si dis-pongono in stretta relazione di consistenza con quello. Ed ecco che il corpo-divenuto-nomade è un segmento di attore; è una accumulo segmentato,





fisicità, accumuli e dis-cumuli di oggetti, grumi di cose, pavimenti, pareti, intonaci, testi, tessuti, deformazioni, strutture, in movimenti. Ogni movimento, ogni sequenza di movimento, ed ogni immagine, ha una propria anarchica emergenza, una propria densità, direzionalità, intensità, una propria an-originale e multi-laterale narrativa. I corpi, la calce, i parquet esplosi, i rivestimenti superficiali plastici, le cose dal fondo hanno una loro propria espressione e tonalità.

pre-, a-, poli-, disLe sequenze di immagini del progetto tendono a sventrare la mono-direzionalità espressiva-fondale dell’immagine e della figurazione per raggiungere un più ampio piano di consistenza. Per deporre i ridefiniti corpi, carni, intonaci, legni etc. dentro e sopra una piano di consistenza narrativo, immaginario ( legato all’immagine), rappresentativo, e reale, che sia ampio ed aperto, che lasci e si lasci emergere in un grumo. Un grumo di espressione -espressivo che deve, o forse no, essere espressione in figu-

“Point de folie Maintenant !’architecture” Architecture theory had already constructed for itself an account of meaning based on a generalized system -an architectural /angue - understood as necessary for the production and intelligibility of architectural events -parole, the messages, usages, and effects of the generalized code. But the relationship between /angue and parole produces an aporia. The norms and regularities of the language, its structure, are a product of all the prior architectural events; yet each event is itself made possible by the prior structure. There can be no originary event that might have produced the structure -an event comprising, say, a point, a line, and a surface- for such an event is already structurally distributed and arranged. Neither is the structure ever present; there are no full, positive elements of meaning but only differentiation and referral to other elements. A point, for example, can function as a signifier only insofar as it differs from a line and a surface and, moreover, traces those forms, refers to those forms, which it is not. Thus meaning is not a presence but rather is the effect of a generalized economy of absences. Derrida’s term for this generalized absence is differance (differ­ence-differing-deferring), which alludes to the undecidability of this alternation of structure and event and to the nonoriginary origin of meaning’s infinite play. Meaning is not inexhaustible in the sense that there are infinite possible interpretations; rather meanings are maintained in the arrest of unmeaning. An analogous term is spacing, which he uses throughout the following essay. “Differance, then, is a structure and a movement no longer conceivable on the basis of the opposition presence/absence. Differance is the systematic play of differences, of the traces of differences, of the spacing by means of which elements are related to each other. This spacing is the simultaneously active and passive . . . production of the intervals without which the ‘full’ terms would not signify, would not function.’” Bernard Tschumi, La Case Vide: La Villette, essay accompanying “Point de folie-Maintenant !’architecture”, 1985

spezzato, di atti, di fughe, e trasformazioni. Località Localizer are the transported presence of places into other one ...which have been brought to bear on the scene through the relays of various non-human actors Bruno Latour Non si è più solo in qualunque luogo, in qualunque spazio, e nemmeno in uno spazio, ma in quel luogo, dove in un dato momento è attuale, concreta, materiale la sua posizionalità. Se quella ciabatta non fosse lì, sarebbe comunque, quindi esisterebbe, ma non li. Se quell’ auditorium e quelle sedie non fossero state progettate e appoggiate li, allora...Questo produce fondamenta di identità e unicità posizionali, valori posizionali di località: un luogo è un punto di specificità in diretta relazione alla sua ricerca processuale. “è-sono arrivato li-qui”? domanda e affermazione. Al qui è la di ancora, adesso.

A questo punto il luogo può essere ulteriormente definito come logica di situazione. Tale definizione è ecologica; riguarda da una parte l’esistenza, o meglio il momento di esistenza locale, e la sua condizione situazionale ambientale. Ecologia situazionale. Come già detto non basta usare il termine spazio, troppo generico e assoluto, ma il termine locale, topologico e geografico. In questo modo si può parlare di singolarità locali, posizionali ed estremamente legate a relazioni ambientali. Certo si può descrivere lo spazio di questo locale. Descriverlo dunque come vicino o lontano, avvolto o disteso, Second move: in relazione a qualità tattili e visuRedistributing the Local When we talk about an ‘overarching ali ( haptic space), che riguardino framework’, ‘pillars’, ‘infrastructure’, dunque le sensazioni e le forme ‘frame’,we use loosely the technical terms che insistono su queste. Si parla borrowed from architecture, metallur-





razione e linguaggio. Che cos’è dunque l’espressione-l’espres-

Una espressione è un emergenza, un emulsione di una piega, di un grumo, di un accumulo. Una espressisività?

one è nello stesso tempo creazione e produzione da qualcosa di de-territorializzato: una bocca, e un seno su cui si ri-territorializza. Di una mano deterritorializzata e un seno su cui si ri-territorializza. La mano non è parte di un individuo, la mano è nel corpo. La mano è un corpo, e il corpo

La tenda che oscilla nel nero è un agente, un localizzatore, un oggetto di ri-territorializzazione: è l’oggetto di emergenza di aktualisace. Da qui è l’espressione, un espressione pre-narrativa, pre-linguistica. E’ un pre-, un a-, un dis. L’ aktualisace è un movimento polivoco, adiacente e polilaterale che sta sulla scena. Si trova nel piano della scena nel momento in cui ogni cosa si segmenta di movimento, si dirama su fughe polivoche, si deforma.

produce, desidera.

gy,and cinema. Why not take literally what it means for an interaction to frame, to structure, or to localize another? (...) In effect,what has been designated by the term ‘local interaction’ is the assemblage of all the other local interactions distributed elsewhere in timeand space, which have been brought to bear on the scene through the relays of various non-human actors. It is the transported presence of places into other ones that I call articulators or localizers. If, to take a trivial enough example, you sit in a chair in a lecture hall surrounded by well-ordered tiers of students listening to you in an amphitheater, I need only half a day’s work in the university archives to find out that fifteen years ago and two hundred kilometers away an architect, whose name I have found and whose exploratory scale models I have ferreted out, has drawn the specifications of this place down to the centimeter. She had no precise idea that you would be lecturing out loud today, and yet she anticipated, in a gross way, one aspect of such a scene’s script: you will have to be heard when you speak; you will sit at the podium; you will face a number of students whose maximum number, space requirements, etc. must be taken into consideration. No wonder that, fifteen years later, when you enter this scene, you feel that you have not made it all up and that most of what you need to act is already in place. Of course, the space has in fact been tailored for you—the generic you, that is, a large part of you. (...) In many cases, it is fairly easy to establish some continuous connections that are open to scrutiny between the dreams and drawings of someone else, at some other time, in some other place, and whatever you and your students are now doing locally, face-to-face. This local site has been made to be a place by some other locus through the now silent mediation of drawings, specifications, wood, concrete, steel, varnish, and paint; through the work of many workers and artisans who have now deserted the scene because they let objects carry their action in absentia; through the agency of alumni whose generous deeds might be rewarded by some bronze plaque. Locals are localized. Places are placed. Bruno Latour, Reassembling the Social-An Introduction to Actor-Network-Theory

allora di sensazioni ambientali, implicando nel discorso quello che Deleuze chiama affetto. To affect è la capacità intrinseca di entrare in relazione; to affect and be affected. E’ capacità di contatto, ambientali ed ecologiche. Dis-dire,fare Oggetti Da un ecologia locale, si passa poi per oggetti di località. Questi sono localizzaori, attuatori. Attraverso una sedia si può essere localizzati su un tavolo davanti ad un computer. Ed il computer diventa un attuatore di qualunque cosa. Il nomadismo in/per località di oggetti potrebbe essere una delle qualità che li caratterizza. “la ciabatta è li, ma può essere spostata, può spostarsi la” per la ragione appunto per cui può doversi trovare in un altro luogo. E’ una specie di ecologia dell’assenza, come Latour la definisce. Gli oggetti di località, poi di fatto oggetti di scena-sequenza, sono oggetti prodotti o/e in costante produzione: non volendo entrare nella critica di un sistema produttivo, ma ponendo l’accento sul sistema di flusso che produce. Nel senso in cui come un corpo produce movimento, voce, figli, così produce anche oggetti, e da oggetti si passa ad altri oggetti. Attraverso quindi passaggi, variazioni, trasformazioni di ambienti e situazioni. Non c’è un senso in tutto questo, ma movimenti di assenza ed in assenza; movimenti di variazione ed apropriazione-occupazione. La produzione di oggetti produrrà anche resti. Resti lasciati dietro o davanti, che accumuleranno e condenseranno. Che cosa significa oggetto prodotto? oggetto di scena? La costruzione di un oggetto come una qualsiasi costruzione intersoggettiva: decostruiamo l’oggetto. Smontare, de-assemblare, dis-dire, segmentare. Portare allo stremo ed all’estremo un oggetto, un luogo, per variarlo, scandagliarlo, trasformarlo.



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