Mensile. Numero 78, Natale 2009
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Pausa durante la festa illegale sotto al ponte della tangenziale, foto di Piotr Niepsuj.
PIG magazine 78, Natale 2009 Direttore Editoriale: Daniel Beckerman Direttore Responsabile e Creativo: Simon Beckerman Senior Editor: Sean Beolchini Managing Editor: Valentina Barzaghi (valentinab@pigmag.com) Production Manager & Pr: Stefania Mapelli (stefania@pigmag.com) Fashion: Sean Beolchini (moda@pigmag.com) Ilaria Norsa (moda@pigmag.com) Music: Giacomo De Poli (musica@pigmag.com) Cinema: Valentina Barzaghi (cinema@pigmag.com) Art & Media: Giovanni Cervi (verbavolant@pigmag.com) Design: Maria Cristina Bastante (design@pigmag.com) Books: Marco Velardi (libri@pigmag.com) Videogames: Janusz Daga (jan@pigmag.com) Redazione Grafica: Stefania Di Bello (teffy@pigmag.com) Info: mail@pigmag.com Contributors Gaetano Scippa (musica), Marco Lombardo (musica), Piotr Niepsuj, Fabiana Fierotti (moda), Marina Pierri (musica), Karin Piovan, Caterina Panarello, Brigitte Sire (foto), Rebecca Larsson (moda), Giovanni Galilei, Marko Righo (foto), Roxane Danset (styling), Mkii (moda), Giulio Rojer
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Ghirardi (foto), Alessandro Talker Parlatore (styling), Giulia Torelli (model), Luca Campri (foto), Celine Derrien (model), Brigitte Sire (foto), Harley Weir (foto), Magali Pijpers, Marcello Bellan e Pascal Grob (foto). Special Thanks Bianca Beckerman, Caterina Napolitani, Piera Mammini Giancarlo Biagi, Marco Rapisarda, Stefano Palumbo e la Grinding Halt. Marketing Director & Pubblicità: Daniel Beckerman adv@pigmagazine.it Pubblicità per la Spagna: SDI Barcelona Advertising & Graphic Design Tel +34 933 635 795 - Fax +34 935 542 100 Mov.+34 647 114 842 massi@sdibarcelona.com Gestione & Risorse Umane: Barbara Simonetti Edizioni B-arts S.r.l. www.b-arts.com Direzione, Redazione e Amministrazione: Via S. Giovanni sul Muro 12 - 20121 Milano. Tel: +39 02.86.99.69.71 - Fax: 02.86.99.32.26 Presidente: Daniel Beckerman Pig Magazine: Copyright ©2002 Edizioni B-Arts S.r.l. Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 453 del 19.07.2001 Stampa: Officine Grafiche DeAgostini S.p.A. Corso della Vittoria 91 - 28100 Novara (Italy). Tel: +39 0321.42.21 Fax: +39 0321.42.22.46 Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. Via Bettola 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI).
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LIKE A POLAR BEAR IN A SNOWSTORM. THE CERAMIC 51-30.
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Sommario
Interviste:
110: Celine Foto di copertina di Luca Campri
78: Crocodiles
74: The Big Pink
68: Alex Holdridge
Moda:
66: Tinkebell
Street Files:
86: Roxane
100: Giulia
56: Zurigo
Servizio di Marko Righo
Servizio di Giulio Rojer Ghirardi
Foto di Pascal Grob
Regulars 14: Bands Around 18: Fart 20: Shop: Vintage Delirium 22: Libro: Nakako Hayashi 24: Design 26: PIG Files 32: Moda News 38: Moda: PIG’s Best & the Worst of 2009 52: Photographers of the Month: Jessica Haye & Clark Hsiao 122: Musica: PIG’s Best & the Worst of 2009 134: Cinema: PIG’s Best & the Worst of 2009 140: Libri 142: Whaleless 144: PIG Waves 146: Videogames
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P: RJ SHAUGHNESSY © 2009 VANS, INC.
Bands Around
Foto di Meschina.
Classixx Rocket - Milano Nome? Tyler Blake. Età? 24 Da dove vieni? Los Angeles, California, USA. Che cos'hai nelle tasche? Passaporto, sigarette, 5 euro, chiavi dell’hotel e portafoglio. Qual è il tuo vizio segreto? L'ozio. Chi è l'artista/band più sorprendente di oggi? Siriusmo Crazy Penis aka Crazy P. Di chi sei la reincarnazione? Joe DiMaggio. Che poster avevi nella tua cameretta quando eri piccolo? Minor Threat, Toy machine skateboards. Ci dici il nome di un artista o una canzone italiana? Giorgio Moroder.
Nome? Michael David Età? 24 Da dove vieni? Los Angeles, California, USA. Che cos'hai nelle tasche? Portafoglio, qualche euro e chiavi dell’hotel. Qual è il tuo vizio segreto? Otter Pops (un dessert gelato tipico americano). Chi è l'artista/band più sorprendente di oggi? Dirty Projectors, Tiepie Di chi sei la reincarnazione? Di Mosè. Che poster avevi nella tua cameretta quando eri piccolo? The Smith “Hatful of Hollow“ Ci dici il nome di un artista o una canzone italiana? Happy Song di Baby's Gang
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www.fenchurch.com www.bluedistribution.com
Bands Around
Foto di Sean Michael Beolchini.
Holly Miranda Circolo Culturale Arci La Casa 139 - Milano Nome? Holly Miranda. Età? 27. Da dove vieni? Detroit, ma vivo a Brooklyn. Cosa fai nella vita? Faccio musica, sogni strani e mi piace esplorare. Quale altro lavoro ti sarebbe piaciuto fare? Graphic design o avrei vissuto con le scimmie. Cos’hai nelle tasche? Un grosso plettro arancione, un sacco di euro e un mattoncino. Puoi raccontarmi un segreto? Non ti conosco molto bene… ma una volta ho cercato di andare con i rollerblade sotto un tavolo da ping pong. Fa male. Di quale canzone del tuo iPod ti vergogni? Nessuna. Niente spazio per la vergogna.
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Nome? Tim Mislock Età? 24 Da dove vieni? Washington D.C. Cosa fai nella vita? Faccio musica, aiuto gli amici, lavoro per Vanity Fair, dormo (a volte). Quale altro lavoro ti sarebbe piaciuto fare? Ingegnere o palombaro. Cos’hai nelle tasche? Un accendino, il portafoglio, monete divertenti. Puoi raccontarmi un segreto? A 13 anni non volevo esser altro che un prete. Di quale canzone del tuo iPod ti vergogni? Rich Girl di Hall & Oates.
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Fart uno spazio dedicato al sacro fuoco dell’arte
Di Giovanni Cervi (verbavolant@pigmag.com)
Yasha Young Mi sono sempre chiesto cosa muova le persone che stanno nel mondo dell’arte. Gli artisti è facile, si sa, è il sacro fuoco che li divora. Ma tutti quelli che ci stanno intorno? Galleristi, curatori, critici, agitatori… cosa li spinge? Fart questo mese intervista Yasha Young, gallerista internazionale con occhi che guardano molto lontano. Come sei finita nel mondo dell'arte? E' stato un percorso naturale, ero Junior Manager nel dipartimento creativo di un’importante agenzia di modelle e avevo a che fare con artisti e gente legata al mondo del
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tatuaggio. Poi mi han chiesto di diventare caporedattrice di Tattoo Planet and Gallery e di Large for Tear magazine, che si occupava solo di arte e su cui sono passati artisti con i quali lavoro da 10 anni. Ma non
mi bastava, adoro l'arte e volevo mostrarla all'audience più ampia possibile, così ho cominciato con una piccola galleria a New York, poi arrivarono quelle di Berlino e di Londra.. il mio scopo era di portare l'arte ad essere il più possibile visibile e di incoraggiare lo scambio tra le comunità artistiche emostrare ai visitatori tutte le possibilità che ci sono oggi nel mondo artistico. New York, Londra, Berlino... dove ti senti a casa? Casa è dove sta il cuore. Ho amici in tutto il mondo e quando sto con loro sono a casa. Una bella risata, un letto caldo, una chiacchierata e del buon cibo e mi sento a casa. Mi sento veramente fortunata per tutte queste porte che trovo aperte e i mie amici sanno che le mie lo sono altrettanto. Cosa deve avere un artista per piacerti? Originalità - qualcosa di speciale che mi arriva nello stomaco. Una tecnica può essere eseguita in modo straordinario e comunque l'anima e il cuore del pezzo si perdono nella perfezione. L'imperfezione può essere bellissima, ma ciò non significa che non cerco il mix ideale di perfezione, sentimento e tecnica espressiva. Dopo l'impressione iniziale molto fa anche il feeling con l'artista. Quando lavori tutto il giorno, tutti i giorni, per i tuoi artisti vuoi essere sicura che ci siano le giuste vibrazioni, che ci sia comprensione reciproca sul percorso che si è scelto e il rispetto sul reciproco modo di lavorare e che ci si piaccia come esseri umani. Cosa pensi che ti differenzi dalle gallerie d'arte "normali"? Penso che il nostro approccio di vedere un "movimento" invece che solo un business sia la differenza principale. Il nostro scopo è di educare i visitatori e di aiutare i giovani artisti ad avere una carriera solida dall'inizio, attraverso buyers internazionali e longevità nella collaborazione. Abbiamo un solido programma di scambio con artisti che vivono nelle più importanti città americane ed europee e un network di curatori che coinvolgono i nostri artisti in musei, biennali o altre gallerie. I nostri artisti sono sempre in contatto con noi e tra di loro, spesso collaborano o si ispirano l'uno con l'altro, come succede nel Salon che facciamo in New York ogni 2 del mese. Il segreto sta nel crescere insieme e creare relazioni importanti e significative ed eliminare la dose di "gratificazione istantanea", che è quello che più minaccia il mondo dell'arte oggi. E il mio team internazionale di manager, PR e stagisti che crede nel nostro percorso. www.yashayoung.com www.strychnin.com
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Intervista a Franco Jacassi di Fabiana Fierotti. Foto di Piotr Niepsuj.
Vintage Delirium Franco Jacassi è certamente una persona affascinante. E’ il proprietario di quello che io definirei “il paradiso del vintage”, un posto magico, pieno di arte e abiti unici in ogni angolo. Ma se si trattasse soltanto di abiti, avrebbe già perso l’alone cultuale che lo circonda. È molto, molto di più: stoffe, storia, cappelli, passione, luce soffusa, vetrine piene di oggetti, occhiali, scarpe, borse, amore. Come noterete, sono riuscita a fare ben poche domande perché il signor Jacassi mi ha travolta con un fiume di parole e storie che mi hanno rapita talmente tanto, da non rendermi conto del tempo che passava. Parte tutto da un viaggio in giro per il mondo…
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Partiamo dalle origini. Come ha iniziato a collezionare vestiti vintage? Ho iniziato intorno alla fine degli anni ‘70, come shopper proprio a livello professionale, prima era un interesse personale… negli anni ‘60 si andava a rovistare nei porti di Livorno, di Grosseto, nei grandi magazzini dove arrivavano mille stracci, dai cattolici che organizzavano l'aiuto ai poveri tramite la vendita di abiti… Ecco tutto ciò avveniva a Copenhagen nel 1969. Questo è un antefatto. Ma anche il fatto che mio padre mi costringesse ad andare dal sarto da bambino e che mia cugina stessa era sarta. Tutto mi ha sempre influenzato, io ero la persona più elegante di tutta la scuola… Poi c’è stato il periodo underground, beat , facevo il cantante. In quale gruppo? Di un gruppo piccolo chiamato The Dragsters e quindi frequentavo le discoteche… c’è sempre stato di mezzo lo stile, il modo di vestire diverso dagli altri. Invece da un punto di vista professionale ho avuto la fortuna di abitare in una zona dalle origini tessili, la Sestina, e quindi di aprire una galleria d’arte moderna nel 1974. Le frequentazioni di questi tempi artistici e intellettuali mi hanno permesso di conoscere alcuni personaggi, che poi erano anche miei compagni di scuola, tipo Sergio Loro Piana che mi diede l’incarico di scrivere un libro, che ho composto verso gli anni ’80, sull’eleganza maschile: “Elegance and Style”. Iniziai a viaggiare per il mondo grazie a Sergio, che un pò mi ha cambiato la vita… facendo queste ricerche per il libro mi imbattevo in alcune fabbriche tessili di Lione che stavano chiudendo e compravamo tutti gli archivi. Tutto ciò ovviamente mi ha portato a fare della ricerca e a cercare e cercare delle cose ed andare a vedere cosa c’era dall’artigiano che chiudeva o che aveva chiuso durante la guerra o nei laboratori di maglieria oppure nelle sartorie importanti oppure in vecchie mercerie. Quindi ha viaggiato tantissimo. Si, quello che non interessava direttamente a Sergio iniziai ad acquisirlo io, ad investire una marea di soldi allucinante per l’epoca. Quando mi chiedono "ma lei queste cose dove le ha trovate? Nei mercatini?" Mi viene da rispondere: Ma no! Cioè vi pare possibile? Ma non tanto per quello che si vede, quanto per quello che non si vede, che viene tenuto da parte per clienti speciali. Ieri parlavo con una mia amica e le dicevo che prima o poi devo scrivere un libro intitolato “Il Sognatore”, perchè tutto quello che
ho fatto mi è sempre sembrato molto meno di quello che si sarebbe potuto fare. Ancora oggi litigo sempre perchè non fanno la fiera di Milano dei tessuti... mentre in quegli anni mi veniva dato molto più spazio… per citare qualcuno, ad esempio Beppe Odenese mi ha fatto fare un mucchio di mostre, oppure facevo dei matrimoni strepitosi a Roma con Karl Lagerfeld ed Anna Fendi… erano anni molto più creativi per cui andando avanti anche il rapporto con gli stessi stilisti era diretto! Io ho lavorato direttamente con Jean Paul Gaultier, Gianni Versace, Romeo Gigli, Etro, Mantero… c’era un rapporto più stretto perchè in quegli anni lo stilista faceva lo stilista, non faceva il grande manager come adesso. Essendoci un modo completamente diverso di lavorare, il lavoro del ricercatore utilizzato da questi personaggi è venuto meno. Non esiste più la signora Mila Schon che ti dice “ma Jacassi! questo tulle di seta
hanno la pretesa di vedere ogni mese sempre cose nuove; per fortuna che agendo su diversi livelli, noi cambiamo la sistemazione e quello che c era già 3 anni prima e che loro proprio non avevano nemmeno considerato, viene apprezzato. Quindi gli abiti che ci sono qui da che epoca partono? Tendenzialmente il Vintage parte da un momento in cui l’abito femminile diventa moderno, per cui dal 1912-15, da Paul Poiret, quando rivoluzionò il modo di vestire della donna, liberandola da lacci, lacciuoli e guepiere. Poi si prosegue fino agli anni ’80, che adesso stanno anche chiudendo, e gli anni ’90… Abbracciamo questo arco di tempo… E’ ovvio che chi vuole può trovare qui delle camicette di seta molto belle, degli anni’ 60-‘70 spendendo 35 euro. Una signora di Parigi venerdì scorso era felicissima perchè ha preso una giacca di Yves Saint Laurent a
incredibile nero degli anni ‘30 me lo mandi tutto!” , perchè decideva lei che cosa voleva fare e capiva che quella cosa li non l’avrebbe mai più trovata nella vita e se ne appropriava. Un’altra grande differenza è che una volta gli stilisti compravano gli abiti perchè non volevano che nessun altro li vedesse, mentre adesso li noleggiano, li tengono un mese e dopo li noleggia Calvin Klein che fa la stessa cosa che ha fatto la designer di Marni! Mettici poi la crisi che ha determinato dei tagli spaventosi nei budget… beh credo che adesso la stiate sentendo anche voi. Mah, noi riusciamo a tirare avanti in qualche modo. Non ci facciamo spaventare, ecco… I maiali proseguono. Esatto, PIG prosegue… Ma volevo chiederle, a lungo andare a trovarsi in mezzo a tutto questo splendore di vestiti, di arte… non finisce per rimanere più la passione che... Beh di soldi ne ho fatti tantissimi, ma poi li ho rispesi tutti. Però poi vedi molti giapponesi che entrano qua e chiedono se bisogna comprare il biglietto d’entrata, e capisci che l’aver creato quasi un museo non è roba da tutti… Rimane il fatto che gradualmente il valore dei capi aumenta, perchè è sempre più raro trovare un vestito di Poiret o di Madame Vionnet o di Chanel del 1929… però ecco quando pensi a che cosa hai venduto dici "caspita se li avessi tenuti" invece non è vero perchè vendi quello per comprare degli altri capi. Un lavoro come questo ha continuamente bisogno di capitale fresco, anche perchè gli stilisti che arrivano qua
150 euro… quindi si trovano delle cose belle, ben fatte, a dei prezzi del tutto accettabili. Di certo se uno vuole comprare la Elsa Schiapparelli, la paga 160 mila euro, più i diritti di asta. È chiaro che la nostra ricerca è più indirizzata verso le cose belle, importanti, che hanno segnato decade dopo decade l’evolversi del gusto. Se uno compra un bell’abito importante è come aver comprato un bel quadro di Fontana, invece che un quadro degli anni ‘50 fatto da un pittore qualsiasi… Mi sono stufato di andare al Castello di Belgioioso, della cui esposizione sono stato per altro il fondatore e ideatore, perché da 3 anni è diventato un posto dove arriva la gente e ti chiede perchè questa camicetta costa 130 euro e là la vendono a 10. Questa camicetta è di Valentino, è di seta, mentre quella là è una camicetta del grande magazzino. Queste sono le delusioni della vita, uno lavora per 8 anni ad un progetto che funziona e poi i proprietari della fiera decidono che vogliono espandersi commercialmente. Che gliene frega a loro se arriva il vice direttore del New York Times o Donna Karen con 8 persone a seguito! Insomma, sono scappato via e adirato ovviamente, è per quello che sono così polemico. Mi piacciono le persone polemiche, assolutamente. Via Sacchi, 3 20121 Milano tel. 02/86462076 (riceve per appuntamento) www.vintagedeliriumfj.com
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Books
Intervista di Marco Velardi.
Nakako Hayashi Nakako Hayashi è una piccola gemma nell’editoria indipendente contemporanea. Editrice ma anche giornalista freelance con un’esperienza alle spalle da far invidia a molti giovani editori alle prime armi, ha ritagliato spazio per se stessa a cavallo tra il Giappone e il resto del mondo con “Here and There”, rivista cult, pubblicata una volta l’anno e distribuita da Nieves Books. Per l’uscita del nuovo numero di “Here and There”, l’abbiamo incontrata a Tokyo. Com’è nata l’idea di pubblicare Here and There? La nascita di Here and There fu un processo molto spontaneo. Dopo più di dieci anni come redattore del mensile di moda, Hanatsubaki, pubblicato da Shiseido, mi resi conto che non avevo più la stessa determinazione a lavorare con contenuti di ricerca e moda d’avanguardia. Ciò che m’interessava erano le esperienze personali, le emozioni e l’entusiasmo, per questo decisi di pubblicare il primo numero di Here and There nella primavera del 2002. Da qui a selezionare i tuoi collaboratori, qual è il criterio di scelta? I collaboratori di Here and There sono persone con cui ho un dialogo quotidiano, sia tramite email sia di persona quando posso. Ti occupi di altro oltre a Here and There? Curo una serie di interviste per Kurashi no Techo, una delle riviste più sensazionali mai pubblicate in Giappone. Kurashi no Techo è una rivista di lifestyle e di consigli pratici, e iniziò ad essere pubblicata poco dopo la Seconda Guerra Mondiale. La sua forza sta nel non avere pagine pubblicitarie, sopravvivono vendendo la rivista. Inoltre, sto compilando un libro di testi di Elein Fleiss con tutti gli articoli che ha scritto per riviste Giapponesi in questi anni. Se ti chiedo di darmi una definizione di editoria indipendente? Essere un editore indipendente significa essere liberi da ogni schema. Del futuro dell'editoria indipendente cosa ne pensi? Penso che in un’era in cui molte riviste diventano sempre più inutili e noiose, chi ha il vero dono di saper editare avrà futuro. Un libro che consiglieresti? Sono due: Takehito Koganezawa pubblicatio da Marugame Genichiro- Inokuma Museum of Contemporary Art e Shimabuku 2001 pubblicatio da Kobe Art Village Center. www.nakakobooks.com
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distribuito da ANA. infoline: +39 0733 781322 www.anadivision.com
The Designteller Jungyou racconta storie. E le sue storie diventano oggetti: piccoli, o grandi, semplici o complicati, come sono i sentimenti, o come è la vita. Jungyou, giovanissima designer sudcoreana che vive a Eindhoven, nei Paesi Bassi, parte da quello che le succede, dalla vita di tutti i giorni e poi scopre che spesso e volentieri particolare e universale coincidono. Così progetta nuvole domestiche, lacrime di zucchero, collane di polistirolo, tazze inseparabili. Ed ha un metodo infallibile per chi ha paura che ci sia un mostro nascosto sotto il letto. Jungyou ci piace perché usa materiali poveri e lo fa in maniera originalissima. Perché il suo design è poetico senza essere eccessivo, entra in punta di piedi e stupisce all’improvviso. E perché, come ci ha raccontato, se non avesse fatto la designer avrebbe impastato torte!!! Intervista di Mariacristina Bastante (kikka@pigmag.com) Ciao Jungyou, vuoi provare a descriverti un po’… Mmm… è difficile da dire… Quanti anni hai? 27. Da dove vieni? Dalla Corea del Sud. E adesso dove vivi? Vivo a Eindhoven, nei Paesi Bassi. Che cos’è per te il design? Il design è gran parte della mia vita. Mi da gioia, felicità, speranza e… qualche volta problemi! Pensi che il design debba essere utile? Sì. Sia emozionalmente che fisicamente, ma io penso che deve essere utile.
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Quando hai deciso che saresti voluta diventare una designer? Quando hai iniziato? Quando avevo undici anni ho sentito per la prima volta parlare di design e da quel momento ho desiderato farne parte. La parola “designer” mi si è stampata nel cuore e non ho fatto altro che andare in quella direzione. Qual è stata la prima cosa creativa che hai fatto? Io credo che sia stata un disegno che ho fatto quando ero piccola… ma non me lo ricordo bene… Chi sono i tuoi designer o artisti preferiti? DoHo Suh, Bruno Munari, Michel Gondry e Jurgen Bey.
Quali sono le tue fonti di ispirazione? Le cose che mi circondano, ogni giorno. Qualcosa che vedo mentre vado in bici da casa al lavoro, il cibo che cucino, un film che guardo etc. Che cos’è Joon & Jung? Joon & Jung è uno studio di design a Eindhoven, nei Paesi Bassi. E’ stato fondato assieme da me e dal mio ragazzo Joons Kim (anche lui è sud coreano, ha 27 anni). Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2008, ma abbiamo ufficialmente inaugurato lo studio questa estate. Il nostro motto è: “lavoriamo con le nostre storie e ve le raccontiamo con il nostro lavoro”. Ecco, quest’ultima cosa che hai detto è
molto interessante. Mi piace molto la vostra autodefinizione “designteller”… Joons ed io siamo per forza di cose dei designteller… amiamo condividere le nostre storie e trovare storie in quello che ci circonda. Il design è qualcosa con cui possiamo comunicare. Crediamo che le storie – quelle più belle - oggi sopravvivano nel design. E’ molto poetico. Penso che ci sia un’attitudine poetica in molti dei tuoi oggetti: sono semplici, intimi e qualche volta anche un po’ ironici. In particolare trovo queste qualità in Sweet Tears, City Never Sleeps e Love and Hate. L’ispirazione per questi progetti è arrivata davvero da cose che mi sono accadute, ma si tratta di esperienze comuni anche nella vita di altre persone. Dipende da che cosa fai con le tue emozioni, come paura,
odio, amarezza, amore. E’ qualche cosa che incontri nella vita di tutti i giorni. Come designer, io cerco di catturare una storia da un momento e ricrearla in un oggetto. Rendo le storie visibili. A cosa stai lavorando adesso? Sto preparando una collezione di nuvole domestiche… Tra i progetti che hai già realizzato ce ne è uno che ami in modo particolare? Penso che ogni progetto sia speciale, in modo diverso… In che modo posso comprare i vostri oggetti? In questo momento vendiamo su richiesta, direttamente dal sito dello studio. E se non fossi diventata una designer, che cosa avresti fatto? Sai che non ci ho mai pensato? Ma se non
avessi fatto questo, sarei stata una moglie che impasta torte. In alcuni oggetti hai usato dei materiali poveri (sto pensando, per esempio alla collana 1g)… Per la collana ho usato delle palline di polistirolo di quelle che normalmente di usano per gli imballaggi o per riempire i cuscini. Normalmente nessuno lo considera come un materiale vero e proprio, da utilizzare autonomamente. Ma ha una lucentezza, una forma rotonda ed è così economico che calzava perfettamente a pennello per questo progetto. In ogni progetto cerchiamo di trovare il materiale giusto, partendo dalle cose che abbiamo intorno e arrivando alle cose che nessuno ha mai usato prima. www.joonjung.com
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PIG files
Di Giovanni Cervi
Tetris Life Questa è una poltrona. L'ideatore è Gabriel Cañas, L'ispirazione è il videogioco degli anni '80 e l'architettura decostruzionista. Non ho capito se quando ci si siede forme colorate e squadrate ti piombano in testa o se a un certo punto scatta il "game over" e ci si ritrova per terra. Forse pericolosa ma certo è affascinante. www.coroflot.com/gabo_cs
Trigger Logo
Perfect Depth
Un folle progetto tra architettura e pop art è quello di Dolf Robertus: trasformare i loghi delle corporation più importanti in palazzi. Post consumista, iper contemporaneo, scacciacrisi. Vuoi vivere nel baffo Nike o nella “E” di Diesel? Le metropoli che diventano prodotto, icona. Ma non lo sono già forse? www.dolfrobertus.com
Io ho la casa che esplode. Libri, cd, ninnoli, vestiti, carte, oggettume vario. Per questo mi sono innamorato di "Stuff", un ripostiglio che si gonfia a seconda di quello che ci si mette dentro. Una struttura leggera e un materiale elastico che la ricopre, è questa l'idea semplice e geniale di Marina Ralph. Nella speranza che lo declini anche in altri colori, imperdibile. www.marinaralph.com
Cut your kitchen In un'ottica di "povertà" di materiali, ma non di idee, David Derksen si è inventato una cucina estensibile, con tanto di lavandino in poliestere. Può essere usata per interni o esterni e ci si possono appendere e piazzare numerose chincaglierie. E' anche comoda da trasportare, anche se certo non è per tutti. www.davidderksen.nl 26 PIG MAGAZINE
PIG files
Di Giovanni Cervi
Bunker Soundz Questa è la storia di due giovani designer albanesi e di 750mila bunker di cemento. Gyler Mydyti e Elian Stefa sono giovani laureati del Politecnico di Milano e hanno messo in piedi questo immenso progetto di indagine e progettazione sui "funghi di cemento", costruiti numerosissimi in Albania nel periodo isolazionista pre caduta del muro di Berlino. Raccontano una storia di isolamento, paure e xenofobia, da ascoltare e supportare. blog.concrete-mushrooms.com
Two states Foto di Felipe Ribon & Gilles Belley
Una lampadario che si comporta come un essere vivente, questo è Sleeping Beauty di Nadine Sterk. La luce porta vita, energia, vitalità. Ecco allora che la struttura ha bisogno di spazio per crescere, si espande. Quando è spento invece entra in letargo, si sutoconsuma, diventa più piccolo. Un ciclo continuo, fino alla fine dei suio, o nostri, giorni. www.ateliernl.com
Organic kit Sempre più designer stanno lavorando sul riciclo e sull'uso di materiali organici. Gilles Belley è uno di questi. Un suo progetto è la "fabrique vegetale", elementi per la cucina e l'arredamento realizzati con materiali ricavati da scarti naturali (da legno a compost etc etc). Per una cultura zen del terzo millennio. www.gillesbelley.fr
Tourist baby Ci sono nuovi modi di guardare le città all'orizzonte. Rebecca Lyddon ha ideato una serie di maschere da indossare in determinati punti di Londra per delimitare ma al contempo aumentare la visione di un luogo, sintetizzadolo e rendendo un giro turistico un'esperienza unica, estratta dal contesto. Una sorta di cartolina istantanea. la città non sarà più la stessa.. http://lardesign.blogspot.com/
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Thinking outside the parking box Pubbliredazionale. PIG Mag per Nissan. www.nissan.it Di Marcello Bellan. “Inner city life, inner city pressure”... l'ansia del parcheggio è una delle pressioni più urgenti della vita urbana tanto che spesso si vorrebbe far sparire il mezzo su cui stiamo seduti, oppure miniaturizzarlo fino a farlo entrare nella tasca della giacca. Visto che lo spazio sulla terra diventa sempre più occupato e le auto in circolazione continuano ad aumentare (e visto che l'arte di far scomparire gli oggetti non è divulgabile) ci ha pensato Nissan a spingere sull’innovazione in tema di parcheggi, mettendo al centro il modello Qashqai, urbanproof appunto. Il mese scorso PIG ha intervistato il giurato n1 della competition. I progetti sono arrivati da tutto il mondo (ben 550), sono stati valutati ed infine sono usciti i tre vincitori: poste loro le fatidiche cinque domande non ci resta che sperare, immaginando di vedere presto nelle nostre città palloni aerostatici con automobili sospese, muri di palazzo trasformati in parcheggi verticali e ruote panoramiche con auto al posto di bambini col gelato.
Tanzim Hasan Salim - vincitore 2009 Qual è l'oggetto a cui sei più legato, quello che vorresti ridisegnare? Gli strumenti di trasporto per persone sono il mio tema preferito, sia a motore che a propulsione muscolare, sia veloci che individuali. Dove hai completato la tua formazione di designer? A Dhaka, in Bangladesh; mi sono laureato in Architettura all'Università di Ingegneria e Tecnologia. Dove vivi al momento e perchè hai scelto questo posto? Sto vivendo ad Abu Dhabi, che ha un estremo problema di parcheggi; mi piace vivere qui perchè mi pagano bene. Pensi che la tua città abbia 30 PIG MAGAZINE
bisogno di idee innovative sui parcheggi? Nella mia città, Dhaka, il traffico è orribile e c'è bisogno di idee molto più che radicali sul problema dei parcheggi. Idee non convenzionali ma anche efficaci dal punto di vista dei costi. Puoi spiegarci meglio cosa c'è dietro il tuo progetto per Nissan Design Competition? Qual è stato il tuo punto di partenza? Sono affascinato dagli strumenti meccanici e dal modo in cui sono assemblati. La mia tesi di fine anno aveva come argomento il terminal di scambio per trasporti multi modali (ovvero sistemi di
trasporto comprendenti treni, aerei e ruote. N.d.a) mentre la specializzazione è stata sugli aspetti funzionali e formali delle macchine. Insomma ho partecipato al concorso mosso da una passione naturale. Ogni strumento è unico nella sua simplicità questo è ciò che l'architetto Luis I. Kahn intendeva con "forma" dalla quale partire a "disegnare" Il Ferris wheel (ruota panoramica) è uno strumento che senza interruzioni, anche se non sequenzialmente, è capace di trasportare i passeggeri, e lo fa lasciando poche tracce.
Klaud Wasiak & Yongbang Ho - 2° posto Qual è l’oggetto a cui sei più legato, quello che vorresti ridisegnare? Klaud: L’oggetto a cui sono più affezionato è la poltrona Barcelona di Ludwig Mies van der Rohe. Ha un grande equilibrio tra stile moderno e classico, ha il potere di far girare la testa. Domina qualsiasi stanza in cui viene messa. Non riesco a pensare a oggetti da rinnovare e ridisegnare perchè nel mio lavoro preferisco raccontare una storia attraverso gli oggetti piuttosto che ridisegnarli.
Yongbang: Ho apprezzato molto la concept car Citroen C-Mètisse prodotta nel 2006. E’ un progetto basato sui contrasti e si dichiara con forza. Le sue linee fluttuanti sono eleganti nonostante suggeriscano potenza. E’ uno shock visivo. Dove hai completato la tua formazione di designer? Klaud: Sono uno studente originario del Canada e al momento studio Transportation Design all’Institute of Design di Umea in Svezia. Yongbang: Sono originario della Corea del
Sud e al momento frequento il secondo anno di Transportation Design all’Institute of Design di Umea, in Svezia. Dove vivi al momento e perchè hai scelto questo posto? Tutti e due attualmente viviamo ad Amea, città del nord della Svezia. E’ buio e freddo la maggior parte del tempo, ma in fondo non è una nostra scelta, piuttosto sarebbe più appropriato dire che è stata la città a scegliere noi. Pensi che la tua città abbia bisogno di idee innovative sui parcheggi? Siamo originari di Toronto e Seoul ed entrambi sono centri urbani in cui idee innovative per il parcheggio delle automobili non sono aiuterebbero il traffico ma potrebbero riservare ai cittadini un rapporto più visivo con le strade e la città. Puoi spiegarci meglio cosa c’è dietro il tuo progetto per questa Design Competition? Qual è stato il tuo punto di partenza? La maggior parte del ciclo di vita delle automobili viene speso nell’occupazione di spazio: le auto sono ferme e parcheggiate in un luogo. Capire come recuperare questo spazio è stata l’ispirazione del progetto della Solasis Light Tower. Ci deve essere un’altra funzione per le macchine parcheggiate oltre al fatto di occupare spazio prezioso e nella nostra ricerca ci siamo imbattuti nella Solar Tower di Siviglia, che dimostra come si può immagazzinare energia pulita per reintrodurla nel sistema. Nel mondo dei veicoli si può sviluppare un sistema simile: i veicoli parcheggiati restituiranno qualcosa al ciclo di vita naturale.
Davide Aquini - 3° posto Qual è l’oggetto a cui sei più legato, quello che vorresti ridisegnare? Amo la lampadina ad incandescenza. Oggi sembra tanto un oggetto old fashioned invece il suo fascino è ancora vivo. E’ come un piccolo edificio, una specie di metafora industriale con fili luminescenti e piloni trasparenti, racchiusi in una palla di vetro. L’oggetto invece che vorrei ridisegnare è il paravento. Non è un elemento comune nell’arredo delle case contemporanee ma potrebbe diventarlo: ad esempio nelle case piccole ogni stanza serve a molteplici usi, usare i paraventi renderebbe versatili gli ambienti e la nostra percezione degli spazi. Dove hai completato la tua formazione di designer? Nella mia città natale Venezia c’è una scuola di graphic design e quindi ho iniziato la mia formazione nel design a 14 anni. Dopo la scuola superiore ho lavorato per tre anni in un’agenzia pubblicitaria per poi iscrivermi alla Domus Academy di Milano, che mi ha dato notevoli spunti. Dove vivi al momento e perchè hai scelto questo posto? Al momento vivo a Padova e sono innamorato di questa città, della sua dimensione umana e spaziale. Le strade sono spesso molto strette e ogni pietra può raccontare qualcosa che arriva da un passato lontano. Pensi che la tua attuale città abbia bisogno di idee innovative sui parcheggi? L’Italia nel suo complesso ha un grande bisogno di spazi non convenzionali di parcheggio. La auto parcheggiate ovunque rendono le nostre città d’arte veramente brutte. Puoi spiegarci meglio cosa c’è dietro il tuo progetto per questa Design Competition? Qual è stato il tuo punto di partenza? Quando ho iniziato a lavorare sul briefing di Nissan mi sono concentrato sul modo in cui la gente si rapporta ai parcheggi. I parcheggi sono non-luoghi, passaggi obbligati sulla via delle destinazioni finali come i centri cittadini, i negozi o il luogo di lavoro. Come trasformare i parcheggi in destinazioni a sè stanti, in luoghi dove fare realmente qualcosa? Ho finito per disegnare un garage come superficie su cui scrivere, un muro dove chiunque può lasciare dei segni. Amo l’idea della città che cambia assieme alle attività degli abitanti: vorrei vivere nella Città 2.0
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Feature on Designer: Calla Haynes Intervista di Fabiana Fierotti Ciao Calla, quanti anni hai e di dove sei? Ho 29 anni e sono di Toronto, Canada. Come e quando è iniziata la tua carriera di designer? Ho iniziato a lavorare dopo il mio terzo anno di scuola di design con Olivier Theyskens, da Rochas. Stavo facendo un programma di scambio a Parigi e dovevo decidere se tornare alla Parsons School a New York e laurearmi o se continuare a lavorare con Olivier. Sono molto felice di averlo fatto perchè ho continuato a lavorare con lui per 4 anni e mezzo ed è stata una grandiosa esperienza. A quale ricordo associ la tua passione per la moda e il tuo desiderio di diventare designer? Non c'è un ricordo in particolare ma mi ha sempre incuriosito il modo in cui mi vestiva mia madre. Portavo solo abiti, mai i pantaloni. Parlaci della tua collezione ss10. Si focalizza sulle stampe. Ci sono 7 diverse stampe nella collezione ispirate dai dipinti astratti e dalle texture che abbiamo trovato: pennelate, effetti ossidanti ecc. E' una collezione piccola ma completa, per una donna moderna e creativa. Ho voluto combinare il lusso con la semplicità, ad esempio una t-shirt dal taglio semplice con
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stampe in seta Habotai, rifinita a mano. E' stato importante per me che i capi risultassero non sforzati e facilmente indossabili e comodi. Il fondamento della collezione è il Gaine dress. Sono stata ispirata dalle sottovesti della metà del secolo scorso e da come i sarti dei corsetti utilizzavano le sotto strutture degli abiti. E' stato una sorta di omaggio all' haute couture, riportata alle sue fondamenta e rinventata in una moderna lingerie di tessuti stretch senza le stecche. In questo modo diventa più comoda ma pur sempre elegante. Perchè ti piacciono le donne "coquine"? La donna "coquine" ha molti aspetti diversi. Può essere timida, civettuola, creativa, timida, sexy, divertente e maliziosa. Indosserebbe di giorno la giacca del suo ragazzo e pantaloni stretch di cotone ed il Gaine dress di sera. Penso che tutte le donne abbiano una parte coiquine. Quali sono i progetti futuri per il tuo brand? Vogliamo far crescere il brand lentamente e fare passi ben congegnati ogni stagione. Siamo molto orgogliosi di esserci assicurati importanti punti vendita a Parigi, New York e Toronto. Continuerò a collaborare con altri designer per
quanto riguarda il design di stampe. Penso sia molto importante lavorare con altri, condividere idee ed essere generosi. E’ importante che ogni stagione sia costruita sul passato e rivisiti alcuni classici delle collezioni: Il Gaine dress, la Boyfirend Jacket senza cuciture e le t-shirt stampate. Hai presentato la tua collezione a Parigi? Abbiamo esposto in uno showroom privato a Parigi e abbiamo invitato stampa e buyers. E' stato molto intimo ed un buon modo per parlare faccia a faccia con ognuno. Perchè hai scelto Parigi e non Londra o... New York? Vivo ormai a Parigi da 7 anni. Credo un sacco in questa città e per me è il centro del mondo della moda. Ti piace la città? Sto molto bene a Parigi. L'arte ed il design sono molto accessibili qua, è molto facile trovare ispirazione. Penso che Parigi sia un'ottima città in cui lavorare per le persone creative... non ci sono così tante distrazioni come a New York. Mi piace anche la luce di Parigi, adesso che è autunno la luce riflette sugli edifici e ti porta a guardare in alto e dire wow. Vuoi aggiungere qualcosa? Grazie per avermi fatto queste domande. www.callahaynes.com
Blog of the Month: Them Thangs www.jblyth.com/blog.html - Intervista a Justin Blyth di Fabiana Fierotti. Chi è Justin Blyth? Un designer, art director e fotografo di 30 anni. Da dove vieni? Casa dello Scandalo, la grande e cattiva Los Angeles. Dove ti trovi adesso? Nel mio ufficio ad Amsterdam. Cosa stai facendo? Sto lavorando a varie campagne, progetti freelance, sto disegnado un porta computer per Isis, sto chattando e ovviamente, guardando immagini per il blog. Parlaci del tuo blog: quando l’hai aperto? Perché? Il blog è stato inaugurato meno di un anno fa, semplicemente come ispirazione visiva e collezione di immagini per i miei amici e me. Amo il modo in cui metti insieme le immagini in un tema centrale. Cosa
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ti ispira? A volte raccolgo immagini in un tema molto vario, ma generalmente le cose che mi piacciono rispondono a una certa estetica comune. I temi base, sembrano rimanere sempre costanti; Morte, Passione, Violenza… Con una salutare dose di Ragazze, Stile, Rockstar, Icone, Bikers, Punk Rocker, Impasticcati, ecc… Preferisci le macchine analogiche o le digitali? Analogiche, SEMPRE. Ne ho una piccola collezione. Hai un idolo? Sarebbe impossibile nominarne soltanto uno, dovrei dire mio padre. Hai qualche mania particolare? Posso essere una specie di maniaco, ho degli orari strani, divento più creativo di notte, mi piace dormire,
ecc… Qual è la prima cosa che fai quando ti svegli? Preparo il caffè. E l’ultima prima di andare a dormire? Bacio la mia fidanzata. Qual è la cosa più cool da fare nella tua città? Puoi fare praticamente TUTTO quello che vuoi ad Amsterdam. E la tua preferita? Mi piace andare in giro in bici, scattare foto con la Rolleiflex, bere scotch al malto, guardare film sul divano con la mia fidanzata e comprare rari tesori al Flea Market. Vuoi aggiungere qualcosa? Grazie per l’intervista, continuate ad andare sul blog, e visitate anche il sito con i miei nuovi lavori! www. jblyth.com - www.behance.net/justinblyth
Brand highlight
Foto di Sean Michael Beolchini. Stylist: Fabiana Fierotti.
Le Temps Perdu Sembra passato un secolo dal 1997, anno di nascita del brand Nixon. Di strada ne ha fatta sicuramente tanta, prima nella creazione di orologi e poi allargando la produzione alle cuffie, per il mondo surf, skate, snow e street. Poi con questa nuova linea di orologi super gold si è superato! Mettere insieme un set con carta da parati della zia a fiori, cristalleria a gogo, whiskey e sigari, è stato quasi automatico. Manca solo un gatto. www.nixonnow.com F.F.
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www.fila.com
PIG’s Best & the Worst of 2009
Di Ilaria Norsa
Un altro anno di meraviglie e turpitudini immonde. Sul nostro sito la versione integrale (non che questa sia censurata...). Enjoy!
Best in Fashion Auriel Schmidt (artista della cumpa di Olivier Zahm), Anna Mouglalis (musa di Karl Lagerfeld), Anouk Lepere (storica modella e fidanzata di Jefferson Hack), Joanna Preiss (attrice/modella)... Leonor Scherrer merita un capitolo tutto per sè. Riccardo Tisci l’ha scelta per la sua campagna invernale, ma Leonor non è una modella e, a dirla tutta, secondo me non è nemmeno di questo pianeta. Figlia del couturier francesce JeanLouis Scherrer, Leonor è una bellezza algida, aristocratica, magnetica e un po’ dark.
Model Turned Actress: Complimenti a Lily Cole, protagonista con Heath Ledger, Tom Waits e Johnny Depp del bel film di Terry Gilliam “The imaginarium of Doctor Parnassus”
Tribute:
Guest Stars:
Cool Girls:
Vuitton x Stephen Sprouse.
Lou Doillon x Vanessa Bruno. Lou Reed x Supreme. Jason Schwazman x Band Of Outsiders.
Hot Models: Difficile scegliere tra Malagosia Bela, Iris Strubegger e Abbey Lee.
Muse:
Sunglasses: Round!
Lara Stone. La mia modella dell’anno nel 2007, e poi nel 2008. Non volevo essere ripetitiva quindi quest’anno le ho fatto l’up-grading a “Musa”. L’anno prossimo magari “Leggenda”. Così bella che se la contendono non solo per gli shooting ma anche per le passerelle, nonostante abbia la grazia di un obeso ubriaco in fila al Kentucky Fried Chicken.
Forever:
R.I.P.:
Dash Snow, Irving Penn
Milla Jovovich by Mario Sorrenti x Purple. Come spiegarvi cotanta perfezione senza commuovermi o essere riduttiva? Se non avete visto Purple: A) sentitevi in colpa e un po’ out. B) Non perdete tempo andandolo a cercare perchè la vita è corta, ci sono cose più interessanti da fare come pettinare il gatto o mangiare cioccolato spalmandolo sul divano (e comunque Olivier Zahm è già abbastanza pieno di sè anche senza che rimpinguiate le sue tasche - e tra l’altro i suoi pantaloni son sempre abbassati per trombare qualche modella quindi la questione tasche diventa delicata e non mi sembra il caso di farsene un cruccio o discuterne adesso). C) Dio benedica Google...
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Short Movies:
Love:
Più che di semplici pubblicità direi che si tratta di piccole perle d’autore. Quest’anno i “cortometraggi fashion” sono stati molti e se non li avete ancora visti ecco quelli per cui valga la pena fare una puntatina su YouTube. Chris Cunningham ha firmato lo spot di Flora by Gucci con Abbey Lee (E Cunningham, credetemi, non delude); Stephanie di Giusto un video per Vanessa Bruno con protagonista Lou Doillon; Sara Dunlop ha raccontato per Jonathan Kelsey una storia di vampiri con Joanna Preiss; Sofia Coppola realizzato lo spot di Miss Dior Cherie (lezioso e rosa al punto giusto); Inez&Vinoodh hanno firmato il monologo sensuale di Michael Pitt per YSL mentre, per un profumo della stessa maison, Sophia Grojsman ha diretto Kate Moss in versione sexy Parisienne.
Courtney Love by Hedi Slimane
Fake Commercial:
Movies:
"The September Issue", "Valentino: The Last Emperor"
“Greed - A New Fragrance by Francesco Vezzoli” mini film con Natalie Portman e Michelle Williams firmato Roman Polanski, che pubblicizza un prodotto mai esistito, frutto dell’immaginazione (fervida) del geniale artista Francesco Vezzoli che ha semplicemente replicato l’estetica e le strategie del lancio di un nuovo profumo.
Collaborations: Christopher Kane x Versus. Ben tornato al marchio che è stato uno status symbol degli anni ‘90, ma soprattutto congratulazioni a Donatella per l’ottima scelta: il suo amato Christopher non poteva essere candidato migliore per rispolverare le glorie del mitico Versus. Partito quest’anno con una capsule collection di borse e scarpe - ovviamente superlative - Kane vi stupirà nel 2010 con la prima proposta di abiti per la P/E... Versus é resuscitato, Kane è un genio. Alleluja! Complimenti anche a Jonathan Saunders e Nicholas Kirkwood per aver risollevato l’immagine dell’ormai sbiadito Pollini. Erin Wasson x RVCA non ha fatto miracoli, ma è talmente figa che bastava davvero poco per conquistarci... per esempio un vestitino floreale dal sapore grunge. Sofia Coppola ha disegnato una mini collezione di borse per Louis Vuitton ispirandosi ai propri gusti: non stupisce dunque che il risultato sia sofisticato, elegante e contemporaneo. La collezione di Christopher Kane x Topshop è stata più attesa di Babbo Natale ma al momento buono siamo rimasti delusi dai materiali e dal taglio. Peccato. Quando si parla di collaborazioni Opening Ceremony sa il fatto suo: lo store americano ha bissato il successo della linea disegnata da Chloe Sevigny ed ha esagerato con quella realizzata in collaborazione con Pendleton (una figata). Ma come dimenticare Raf Simons x Fred Perry e Dr Martens, nonché Dr Martens x Jean Paul Gaultier?!
Print: Christopher Kane
Welcome Back: Phoebe Philo x Celine. Si è fatta pregare, inseguire, lusingare, coprire d'oro. Alla fine si è concessa, Phoebe. Quale onore. Non muove il culo da Londra ma a Parigi debutta con la sua rivisitazione dell'ormai esanime Celine per la P/E 2010 (pazzesca devo dire). Il talento non le è mai mancato, e si vede, ma tanto snobismo penalizza... dopo tutto, non ce l'ha solo lei. (Il talento). Accolta invece a braccia aperte con standing ovation e pacche sulle spalle la signora Jil Sander back in the game con Uniqlo che le ha dedicato J+. Gente in fila fuori da negozio e manifestazioni di follia collettiva varie.
No Pictures!
Shirt: Thomsen Paris
Cercate un fotografo, passategli davanti numerose volte finché non è costretto a notarvi e a fotografarvi (se non altro per liberarsi di voi). Appena il malcapitato sta per scattare, alzate la borsetta (o se proprio foste ancora tra i pochi uomini eterosessuali che ci sono in giro, la mano - ma vi confesso che la gag riesce meglio agli altri) e mettetevela davanti al volto sfoderando la vostra migliore espressione infastidita. Perché farsi rubare l’anima (se ancora ce l’avete)?
Top:
Must Have:
Chloe A/W by Hannah Mc Gibbon. Top, appunto. Peccato costi 1340 euro.
Un cappotto color cammello (MaxMara)
Velvet:
Dress: Lanvin's S/S
Shorts&Blazer:
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Hair: Peccato avere solo 12 pagine. Sarebbe il caso di organizzare un seminario a riguardo. Un comizio. O un summit mondiale. Quest’anno Miuccia li ha voluti fizzy, molto fizzy per le ragazze: il crespo non è mai stato così cool, because Miuccia said so (sexy no, ma non si può avere tutto). Sul versante maschile barba, capelli e basette sono cresciuti in modo insolito e sorprendente sull’onda del successo di quel look un po’ wild-trasandato tipico dell’artista del Lower East Side (Devendra Banhart & Edward Sharpe docet). Rustico o bohemienne in ogni caso va bene, ma ricordate che l’abito non fa il monaco e che una folta criniera e due kg di barba non necessariamente vi rendono interessanti se non lo siete. Comunque il capello lungo funziona, inutile negarlo, e io mi sento di sponsorizzarlo che si tratti di una cosa anni ‘70 (anni in cui less non era more e più roba c’era lì sopra meglio era: capelli, baffi, barba, basette. Tutta salute) o della versione anni ‘90 (alla Sebastian Bach per intenderci ma con meno ciuffo, meno moine e pantaloni meno attillati sul pacco). In pratica cari miei sbizzarritevi pure sfoggiando folte criniere e parrucconi. Ben vengano tagli alla Ronnie Wood o Rod Stewart (prima maniera, cioè versione lunga, 70s - forget gli anni 80 e i colpi di sole Johnny, non è roba per te, metti via quell’acqua ossigenata) e tutte le varianti del periodo sfoggiate da Led Zeppelin e Pink Floyd.
Hair Dye:
Hats: Decolorate come se non ci fosse domani! Lasciate perdere il fucsia (non volete finire come Avril Lavigne, Pink, Lily Allen nei giorni peggiori o qualche poverona emo). Andate su toni più delicati, come il glicine, il rosa slavato e l'albicocca.
Meglio andarci piano coi copricapo se non vi chiamate Anna Piaggi, ma se non potete farne a meno andate sul sicuro con Benoit Missolin (per i cerchietti con orecchie e applicazioni varie) e Federica Moretti (per i cappelli).
High Boots:
Shoes: Se dovessi dirne una, Nina Ricci. Se dovessi dirne due la cage di YSL. Se dovessi anticiparvi una proposta per il 2010.. Mc-Genious-Queen! Se dovessi dirle tutte ci vorrebbe molto tempo. Se dovessi comprarle... un fidanzato immobiliarista o un sei all’enalotto.
God Bless: Anna Dello Russo. Perché? Perchè è la creative director di Vogue Japan? O forse perché si narra che non mangi dal '92 per essere così straordinariamente in forma? O sarà perché Jak&Jil l'ha definita "A fashion Week of her own"? O perché ad ogni sfilata questa donna sfoggia look studiati nei minimi dettagli e mise da gran sera anche se sono le 9 del mattino (quando i comuni mortali hanno ancora in faccia i segni del cuscino...)? Comunque sia Anna Dello Russo è tutto un programma, e incontrarla è sempre un'esperienza.
Shoe Designers: Nicholas Kirkwood; Chrissie Morris; Charlotte Olympia (by Charlotte Dellal, moderata sorella di Alice), Tabitha Simmons (osannata editor di Vogue Uk convertitasi recentemente allo shoe-biz), Atalanta Weller; Alain Quilci (l'orgoglio de noantri), Natacha Marro (responsabile dei vertiginosi capolavori per Charles Anastase) . 40 PIG MAGAZINE
Blogs:
Vade retro Satana. I blog sono la piaga del XXI secolo. Lo strumento del demonio. Più spaventosi dei Dari. Più pericolosi della suina. Quando ci penso sudo freddo ma per onor di cronaca devo preneder atto della Loro potenza e menzionarne un paio di quelli validi. Solo un paio. Advanced Style (esilarante compilation di street files di allegri vecchietti); il bellissimo jjjjound (jrsrules.blogspot.com) e il vagamente satanico Them Thangs (portfolio by Justin Blynth, tutto whisky orologi e cocaina...Se non fosse anche appassionato di occultismo, heavy metal e motociclette direi che è uno yuppie. Maracaibo…)
70s: Dolcevita, pellicce, panta zampa, stivaletti e camicie floreali.
Bling Bling: Chi ha detto che “less is more”? Caricate pure vecchi miei, più ce n’è meglio è. Oro, argento, latta e cianfrusaglie; bene anche i braccialetti messicani e i cordini della fortuna brasiliani (quelli che poi stramaledici perchè non si staccano nemmeno con la fiamma ossidrica e se sei superstizioso è un casino); anelli come se piovessero (le dita sono dieci, non siate avari). Madonnine, mani di Fatima, occhi di Allah, teschi, croci, Ganesh, cornetti, zampe di coniglio e via dicendo. Sono tempi duri e dovete essere più attrezzati di Lino Banfi in “Occhio Malocchio Prezzemolo e Finocchio”. E ricordate amici: un orologio solo non è mai abbastanza, non si sa mai cosa può succedere. Unica avvertenza: se dovete prendere l’aereo partite tre ore prima da casa… c’è la remota possibilità che litighiate col metal detector.
Watch:
Jewellery Designers:
Earring:
Dovendone scegliere proprio solo uno, che sia d'oro.
Delfina Delettrez ha sparecchiato con la sua skeleton hand (come si suol dire, una “sciocchezza”); ma come non citare gli orecchini di Damiani x Jil Sander, le moderne creazioni di Maria Francesca Pepe e i macabri gingilli di Pamela Love?! Bando all’avarizia! P.S. tenete d’occhio Dominic Jones ed Emanuele Bicocchi perché sentirete parlare di loro...
L'orecchino con piccola croce appesa. Mai più senza.
Avantgarde: Il worldwide broadcast organizzato a ottobre da Showstudio.com per “Plato’s Atlantis” (sfilata S/S 2010 di McQueen), ha tenuto incollati allo schermo del computer milioni di spettatori increduli. Un’esperienza unica, sia per chi quel giorno a Parigi c’era, sia per chi ha seguito lo show in diretta (nonché per quanti di voi ripareranno all’eventuale mancanza appena terminata la lettura). Il progetto - cui ha contribuito anche la giustissima Lady Gaga prestando il suo attesissimo e fino ad allora inedito singolo “Bad Romance” per il finale dello show - è nato dalla collaborazione tra lo stilista inglese e il fotografo Nick Knight, fondatore di Showstudio.
Book: "Juergen Teller, Marc Jacobs Advertising 1998-2009"
Bride: La sposa couture di Christian Lacroix
Go Gaga! Best, capperi, best! E chi ha qualcosa in contrario dovrà passare sul mio cadavere! Diamo a Cesare quel che è di Cesare: The lady’s got a vision! Per i capelli posticci, il video di “Paparazzi” e le pose da fatalona; per la convinzione, il talento e le uscite con teiera e tazzina; Perché si chiama Stefani Germanotta e faceva la spogliarellista; perchè è davvero pop e ha la faccia come il culo; perché “Poker Face” è una figata; per aver presentato “Bad Romance” in occasione della sfilta di McQueen; per la memorabile performance splatter dei VMA con tanto di occhi iniettati di sangue; perchè è culo e camicia con Nicola Formichetti; perchè ha solo 23 anni e ne dimostra 40; perchè si è vestita di ranocchi in peluche e altra robaccia strana; per i tributi a Hello Kitty e quelli a David Bowie; per l’uso ed abuso di McQueen, Chalayan, Margiela e Gaultier e perché ama Thierry Mugler; perché è un’icona gay e un baraccone; perché ha guest starred in un epidsodio di Gossip Girl; perché non gliene frega niente di essere nella classifica delle peggio vestite di UsWeekly ma ci resterebbe davvero male se Karl Lagerfeld le desse della brutta megera. Per questo e molto altro Gaga è un best gigante.
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Fashion Pubblications:
Self Service, Purple, Lula, Love, Interview, i-D, Fanzine 137, Dazed, V, Another Magazine, W, Vogue Paris.
Men’s Pubblications:
New Magazine:
I can’t get enough...
Arena Homme +, Fantastic Man, Vogue Hommes Japan.
I Love You (me too!)
Nude look/color cipria.
Denim Shirt:
Sexy Magazine:
Cool Pubblications:
Jacques, una raffinata guida a tette e culi vari secondo il bravissimo Jonathan Leder, amico e collaboratore di PIG.
Sang Bleu (dal 2004 un must per gli amanti dei tatuaggi, e non solo!), Apartamento (Everyday Life Interiors).
Cover:
Fringes:
Cropped Tops:
Cycling Shorts:
Feathers:
Denim Shorts:
i-D by Francesco Vezzoli feat. Miuccia
Casual Shoe:
Glasses:
Sebago&co.
Mr. Fifties’ back in town!
Sneakers:
Fragrance: Lola by Marc Jacobs. Con una boccetta così e lo zampino di Juergen Teller credo che l'avrei comprato anche se avesse profumato di capperi al vapore o cacca muffita. D'altra parte sono vittima del marketing, del packaging, del sistema, dell'effetto serra, della mia generazione. E se mi tenti, io abbocco.
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Vans
Body:
Studs:
Beauty Ads: Dolce&Gabbana make-up by Mert & Marcus starring Scarlett Johansson; D&G Anthology fragrances by Mario Testino: Top, in tutti i sensi.
Hot Photographers:
Mark Borthwick: applausi per un old schooler (sulle pagine di Purple dal primo numero) che non è mai sceso a compromessi. Il nostro cuore batte forte anche per Alasdair McLellan: onesto, diretto e infallibile, Alasdair è un mago dei casting... facile innamorarsi dei suoi soggetti, che vengano dalla strada o dallo show-biz (straordinaria la sua Lily Allen per i-D e il suo Ed Westwick per Arena Homme+). Cheapeau anche all’ottimo Ryan McGinley.
Huge Photographers: Sono tre le forze che muovono l’universo. Il resto non dico sia fuffa, ma sta un gradino sotto. Juergen Teller è Juergen Teller. Che faccia le campagne di Marc Jacobs, quelle di Vivienne Westwood o un intero numero di Self Service. Mert&Marcus quest’anno hanno raggiunto picchi di perfezione celestiale con Kate Moss (per W e per Love) e Lara Stone (per W e Vogue Paris); firmato le campagne di MiuMiu (sempre perfette salvo lo scivolone con Katie Holmes...d’altra parte non si può lottare contro la natura); realizzato quella A/W di Givenchy (do you know what I mean?!); risollevato un brand altrimenti deboluccio come Longchamp con due ad consecutivi eccellenti (Kate Moss & Sasha Pivovarova); Regalato a Dolce e Gabbana la miglior campagna di cosmetici che forse abbiano mai avuto (facendo scintillare Scarlett Johansonn); dato a Vogue Usa qualcosa di cui vantarsi (l’editoriale “Into the Woods” con Natalia Vodianova e Grace Coddington) e reso meno odioso anche Dsquared con Lara Stone. A questo punto credo che non ci sia niente che non possano fare. Anche Inez&Vinoodh sono una garanzia: che si cimentino nelle leggendarie campagne manifesto per YSL (ma anche in quelle per Chloe, Gaultier, APC, Isabel Marant); nei nudi in b&w per Purple e Self Service; nelle copertine per Interview o negli editoriali Vogue Paris, questi due ne sanno una più del diavolo.
Bow, Wow Wow! Fiocchi tra i capelli!
All Time Brand:
Lookbooks:
Hussein Chalayan “Earthbound A/W09” by Amy Troust; Sophomore NYC A/W09 by Cass Bird; Prada A/W09.
Ads:
And the winners are: Givenchy A/W by Mert&Marcus. YSL S/S & A/W (dopo Naomi e Kate con Claudia (Schiffer) e Christy (Turlington) Inez&Vinoodh si sono davvero superati). Da Lanvin ci sono piaciuti: sia con l’A/W Hitchcock inspired di Meisel che con la campagna maschile by Andreas Larsson. Marc Jacobs con Juergen Teller è in una botte di ferro, sempre e comunque (figurati con Ryan McGynley come modello). E come dimenticarsi della bucolica Stella McCartney A/W by Ryan McGinley e della censurata campagna Calvin Klein Jeans?! Tenera quella di Bruce Weber per Moncler e carina quella per APC featuring Ciro Petrone di Gomorra (che diciamocelo, è un bel punto di domanda). E ancora: Calvin Klein S/S by David Sims; Dior Homme A/W by Karl Lagerfeld; Balenciaga A/W con Jennifer Connelly by Steven Meisel (ma anche la S/S non era niente male); l’A/W di Nina Ricci e Prada nonché quello di Chloe, sempre by Inez&Vinoodh (con parrucco indimenticabile).
Photography’s Rising Talents:
Tenete d’occhio: Ruvan, Lina Scheynius, Rj Shaughnessy, Linus Bill, Kuba Dabrowski, Nacho Alegre, Mathias Sterner, Paul Herbst, Romain Bernardie James, Andrew Baltimore, Youyoungkyu, Maciek Pozoga.
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Designers:
Bye Bye Baby:
Stefano Pilati; Riccardo Tisci; Nicholas Ghesquiere; Rick Owens; Raf Simons; Alber Elbaz; Consuelo Castiglioni; Marc Jacobs; Dries Van Noten; Olivier Theyskens; Alexander Wang; Charles Anastase; Azzedine Alaia & Miuccia of course
Olivier Theyskens... ci sono cose che non riesco ad accettare: che Chanel non faccia scarpe del 35, che Johnny Depp sia sposato, che Amy Winehouse si sia rifatta le tette e che Olivier Theyskens sia stato silurato da Nina Ricci.
Special K:
Standing Ovation: Hannah McGibbon x Chloe. Il suo A/W 09 è un capolavoro. Esattamente il tipo di vestiti che desidero indossare. Non avrei cambiato nemmeno un bottone.
Raf you make me sweat!
Revival: Clark's
Ovvero Kaiser Karl, il codino più famoso del fashion system, quello che tutti gli altri stilisti vorrebbero con un piede nella fossa e l'altro sulla saponetta. Ma lui non molla e alla faccia dei maligni dice che da Chanel ci morirà. E io ci credo... anzi no, perché secondo me Karl è anche immortale. E ci seppellirà tutti. Nel frattempo si diletta con la fotografia, con la quale però, fatte le dovute eccezioni (come l'editoriale Newton inspired per Purple e la campagna di Dior Homme) non raggiunge risultati particolarmente entusiasmanti (ma non diteglielo per carità).
Brits:
Design’s Rising Talents:
Cosa mangiano gli inglesi da piccoli, pane e avanguardia? Alla Saint Martins li dopano? Ce li hanno tutti loro: Christopher Kane, Roksanda Ilincic, Markus Lupfer, Marios Schwab, Mark Fast, Peter Pilotto, Richard Nicoll.
David Koma, Holly Fulton, Natascha Stolle, Patrick Ervell, Gabriele Colangelo, Komakino, Risto Bimbiloski, Rachel Comey, Sergio Zambon, Gemma Slack
Partners In Crime:
Watch Out For... Queste tre CSM graduates del 2009: Chary Westberg, Oksana Bondarenko e Virva Launo!
Italian’s Do It Better: Super & Volta!
Riccardo Tisci&Panos Yiapanis: che il primo fosse un genio l’abbiamo sempre saputo, che il secondo non scherzasse affatto anche. Ma cosa succede se due delle più audaci menti creative del nostro secolo diventano inseparabili compagni di merende? Per esempio questo: un incredibile servizio sul numero di Muse “Natascha Obsessed” fotografato da Panos e styled da Riccardo!
Basic Brand: Lanciato qualche tempo fa dal gruppo H&M, COS - Collection of Style - rappresenta l’Haute Couture del basic. Gusto essenziale, linee impeccabili, tagli sartoriali, tessuti di qualità e prezzi contenuti. Una bomba. Sembra dunque che voi, piccoli fashion victims che fingete di non esserlo, possiate apparire straordinariamente cool senza farvi dissanguare. Ma aspettate a rompere il salvadanaio giovani amanti del minimalismo e fan di Raf Simons. C’è un intoppo: COS non è ancora arrivato in Italia e per comprarlo dovrete volare a Londra o Parigi. Ma vale la pena sacrificarsi per la causa, perché una volta rientrati in patria sprizzerete concettualismo da tutti i pori sarete l’invidia della vostra bionda amica Giuseppe. 44 PIG MAGAZINE
Gentlemen’s favourites: Dries Van Noten, Marni, Band of Outsiders, Our Legacy, Margaret Howell, Patrick Ervell, Casely Hayford, Adam Kimmel, Engineered Garments, Woolrich Woolen Mills, Needles, Yuketen shoes.
French Touch: APC, Isabel Marant, Vanessa Bruno
Couples: Charlotte Kemp Muller & Sean Lennon: recentemente fotografati su Purple citando un celebre scatto di Yoko e John, non si perdono un sfilata e presenziano a tutti i party che si rispettino; insieme nella brutta campagna di Zadig&Voltaire, sono inseparabili anche artisticamente. Sean - tralasciando il patrimonio genetico - è più famoso per le sue conquiste in fatto di modelle e per i suoi buffi outfit (inquietante la serie dei suoi papillon) che per la musica; Charlotte - diventata popolare grazie a un succinto scatto di Richard Kern - quando entra in una stanza è preceduta dalle sue labbra, più grandi solo del suo ego. Terry Richardson & Jenn Brill: Terry la sa lunga e infatti non si è scelto la solita modella "pretending-to-be-something-more-than-just-a-model" con aspirazioni da cantante, artista o fotografa (e zero talento). No, Jenn è anche bella, ma non solo: it girl, socialite e guru del marketing, metà australiana e metà cinese sarà la futura signora Richardson! Altra coppia dell'anno è senza dubbio quella formata da Madonna e il suo "toyboy"Jesus Luz (professione: indossatore di mutande). La signora Ciccone si è scelta un bel Bronzo di Riace (poco più che maggiorenne) e quel vecchio sporcaccione di Steven Klein ha consacrato l’unione ritraendoli per un chiacchierato, e bellissimo, servizio su W. Last but not least, e a costo di sembrare ripetitiva, non posso non citare una coppia rodata come quella formata da Jack White e Karen Elson, che di tanto in tanto ci regala ancora qualche apparizione sulle passerelle (solo se l'occasione merita, come nel caso di Givenchy).
Best or Worst? Models / It Girls: Sembra che le "figlie di", vadano per la maggiore quest'anno: il mondo della moda se le litiga tra campagne pubblicitarie, editoriali, copertine, interviste e compagnia bella. Katie Grand ha addirittura dedicato loro il secondo - e casualmente insipido - numero di Love. Tutti a riempirsi la bocca con Coco, Pixie, Alice, ecc.. Mi chiedo per quali talenti si distinguano queste fanciulle in erba... Sono intercambiabili come le figurine Panini! Peaches e Pixie Geldof fanno cagare, e basta. Daisy Lowe (figlia illegittima di Gavin Rossdale nonché portatrice sana di tette incredibili, apparsa nella campagna di Marc by Marc Jacobs) è ok. Alice Dellal poverina è vittima dell'inflazione d'immagine che l'ha colpita già nel 2008 e adesso risulta un po' difficile da digerire. Come i peperoni: buona ma pesante. Coco Sumner (musicista e modella figlia di Sting e Trudie Styler) non è neanche pessima ma ha fatto la campagna di Burberry l'anno scorso e adesso non ce la leviamo più di torno (figurati dopo una copertina di Love). Le figlie di Bruce Willis e Demi Moore... come si chiamano? Ecco, appunto. Che schifo. E poi c'è la figlia di Carine, Julia Restoin Roitfeld, e ce la dobbiamo spupazzare come testimonial del nuovo profumo Jil Sander. Vabbeh. Ma la lista è troppo lunga e le uniche due su cui valga la pena soffermarsi sono: Georgia May Jagger (stupenda figlia di Mick e Jerry Hall, già volto di Hudson, Rimmel e nuova testimonial di Versace) e Dree Hemingway (giustissima nipote del premio Nobel alla letteratura che quest'anno non si è fatta mancare niente: dalla passerella di Givenchy a Self Service, da Purple a W e V mag).
Models / It Boys: Jeethro Cave è un comune esemplare di figlio d'arte adottato dal fashion system ma "senza arte, nè parte". Altrimenti noto come: una deludente faccia da schiaffi. Lo stesso, anche se attenuato da un comportamento più schivo e meno irritante rispetto al primo, si può dire per Louis & Claude Simonon. In comune questi tre ragazzi hanno l'essere figli naturali di leggende della musica (Paul Simonon dei Clash e Nick Cave - mica Mino Reitano e Remo Remigi) e l'essere stati adottati da un premurosissimo Hedi Slimane, sempre in prima linea quando si tratta di scovare nuovi avvenenti adolescenti (...). I Simonon, scelti da Miuccia per la campagna estiva di Prada firmata Slimane, hanno retto bene al tormentone mediatico: in parole povere, non ci hanno nauseato. Del piccolo e gasatissimo Cave, indegno erede di Nick, non possiamo purtroppo dire lo stesso. E' passato da "nessuno", a "helloo, sono il tenebroso e mega cool figlio di Nick Cave, fotografato da Slimane col trucco in faccia e tutto sporco di pennarello nero. Sono super richiesto dagli stilisti ma a me non importa mi piace un sacco drogarmi e far lo scemo con gli amici", a "Torna pure da dove sei venuto. Sei libero." La domanda sorge spontanea: se si fossero chiamati Caccamo saremmo qui a parlarne? Ai posteri l'ardua sentenza.
Xoxo: Gossip Girl. La questione certo è spinosa: non sono cose da prendere alla leggera. Ci ho riflettuto lungamente, mi sono consultata con degli specialisti e ho analizzanto ogni singola sfaccettatura di quest'insidioso argomento. Le componenti sono molte ed è facile farsi confondere dal potpourri di cose accettabili e turpitudini immonde... i disgustosi cerchietti di Blair o le sue Louboutin; Le prodigiose espressioni alla Chuck Bass, i suoi inquietanti pulloverini a rombi e la mitica sciarpetta della prima serie andata a ruba in tutti gli States (e questo miei cari è significativo); gli irritanti outfit sciattoni-bohemienne-siennama-vorrei-kate-che-palle-sparati-con-quella-cravatta-molle-al-collo-sei-una-sfigata della Serena prima serie che nella seconda si trasforma in bomba del sesso tutta strizzata in tubini Herve Leger; la verosimiglianza delle mise impeccabili da Upper East Side di Lily Bass, con tanto di Kelly e collane Van Cleef; Quella monnezza di Vanessa; l'insopportabile piccola Jenny conciata fuori e dentro il set come un'hendicappata - quale è - col peggior taglio di capelli d'America e quel look cheapettone rock che una non dovrebbe mai sfoggiare (nemmeno a 16 anni e nemmeno per fiction); il gioco delle coppie fuori e dentro il set; le limousine; le fregnacce; il culone di Hillary Duff (Hillary Duff!!??); e il costumista, che credo si faccia di speed ma a cui va di sicuro riconosciuto il merito di aver incollato allo schermo milioni di persone con le sue scelte più o meno discutibili (ma sicuramente interessanti da un punto di vista prettamente scientifico). Fuori dal set...una noia. Molto rumore per nulla direi, ma se Terry Richardson ha fotografato il cast al completo per il servizio di copertina di Rolling Stone USA e Arena Homme + ha messo Ed Westwick in copertina forse un motivo ci sarà (probabilmente solo che Ed Westwick è bono...).
Old School Iconography: Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare: gente che aveva tatuato Casper e lo scudetto del Milan e che improvvisamente, da un giorno all’altro ha sfoggiato tatuaggi che nemmeno in vent’anni di galera; Tribali misteriosamente scomparsi sotto ad ancore gigantesche; Pin up cresciute laddove prima c’erano solo ideogrammi giapponesi e stelle da emo; Rondini che se potessero volerebbero via... Ma chi volete fregare? L’iconografia old school è indubbiamente una figata, ma diventando così di moda ha messo in moto una macchina infernale, trasformandosi in un tormentone più tarocco del mago Otelma, più finto delle tette di Simona Ventura, più fastidioso di una zanzara a gennaio. Se le ancore vi piacciono io vi consiglio quelle gioiello di Ugo Cacciatori e del giovane Simone El Rana. 45
Worst in Fashion We had enough of:
Esci da questo corpo! Rihanna! Esci da questo corpo! Chiamate l’esorcista. E’ un cassonetto che cammina. Un prosciuttone ambulante strizzato dentro a improbabili, grottesche e pirotecniche mise. Un brutto scherzo della natura. Al peggio non c’è limite, ma qualcuno dovrebbe fermare questo scempio: la situazione le è sfuggita di mano! E quando pensi di aver toccato il fondo ecco che il vecchio rihannone ti tira fuori un nuovo hairstyle coi fiocchi. Non possiamo farla rapire dagli alieni?
Hipsters, posers, "sartorialisti" &co. Adesso si va alle sfilate per sfilare. C'è grande convinzione nell'aria. E anche gente che si è messa in coda a Milano per farsi firmare il libro da Scott Schuman. Mah.
BalmainMania:
Le collezioni disegnate da Cristophe Decarnin per Balmain sono sicuramente la cosa più sopravvalutata degli ultimi anni (tacky, cheap e scontate); Purtroppo l’incomprensibile entusiasmo sviluppatosi intorno al fenomeno ha generato una serie di spaventosi "effetti collaterali”, di seguito elencati: le mega spalle anni ‘80 (decisamente inopportune); la giacca militare (assolutamente improponibile. E poi, ancora? No, dico sul serio, ancora? Ho passato l'ultimo anno a chiedermi se fosse una presa per il culo); gli harem pants meglio noti come i pantaloni "a cagone" (non ci pensate nemmeno! Capirei se stessero bene - no, non capirei lo stesso fanno troppo schifo - ma per farvi sembrare una specie di sacco della spazzatura?! No, no); la Minigonna-o-gonna? Più che altro la domanda è: perchè? Decarnin dovrebbe andare in galera per istigazione a delinquere.
Zebra-a-ah-ha: Sempre colpa di Decarnin!
Gli aspirapolvere: Ovvero l’esercito dei risucchiatori di guance aka fanatici dello zigomo pronunciato aka beccati questa “magnum”.
Ads&Guests Stars: Ci sono cose che mi gettano nello sconforto più totale: Anna Tatangelo x John Richmond è una di queste. Restando in tema di esperimenti mal riusciti - o più prosasticamente di figura di merda - ecco a voi Lily Allen x Chanel: sembra mia nonna! Con solo tre foto il vecchio Karl è riuscito a rovinarla più di dieci anni di droga. E dulcis in fundo, nella classifica del meglio del peggio non poteva mancare l’affezionatissima Katie Holmes immortalata da due desolati Mert&Marcus per la campagna estiva di Miu Miu (Miuccia probabilmente era ubriaca o quelli di Scientology le hanno fatto il lavaggio del cervello). Vogliamo parlare di Hogan? No, non credo.
Gli aspira tutto: Aka Kate & Lily aka Gianni e Pinotto. La coppia dell'anno, non c'è dubbio.
Status Symbol: Non vado a cena perché risparmio per comprarmi il bauletto di Vuitton. Non vado dal dentista da 12 anni per mettere da parte i soldi per il bauletto di Vuitton. Non vado in vacanza dal ‘97 per il bauletto di Vuitton. Però ne vale la pena, dopotutto è il preferito da Melissa Satta, Alessia Fabiani e Maddalena Corvaglia, e con lui una passeggiata in via Montenapoleone con french manicure appena fatta non ha prezzo.
Fatti una domanda, datti una risposta: Se vuoi Pam te le consiglio io: "Sarà il caso a 40 anni suonati di sfilare in passerella in mutande per Richie Rich e Vivienne Westwood agitandomi come un'ossessa con tutto l'ambaradan davanti e dietro che rimbalza?" "No, non lo è". "Sarà il caso di presentarsi a un vernissage di art Basel Miami in mutande sbattendo le chiappe in faccia a tutti i presenti?", "No, non è il caso". "Sarà furbo rimettersi il costumino che mi ha resa famosa ormai vent'anni fa per una sfilata di moda con fotografi e telecamere presenti", "No, in effetti no". Pam, io ti amo, nessuno sarà mai come te e metterei la firma per avere il tuo culo tra vent'anni, ma fattene una ragione: hai un'età. Gallina vecchia per me è solo vecchia. 46 PIG MAGAZINE
I’m a (real?) wild one: Rock'n'roll (fake) attitude ovvero il look alla "Cercasi Susan disperatamente" meets "Sono tutta sesso droga & rock'n'roll" ma in realtà non so suonare nemmeno le maracas e vorrei disperatamente fare amicizia con qualche ragazzo "rock" possibilmente dandola via prima a tutti i suoi amici poi a lui. Aka sono proprio una bad girl mi strappo le calze di Walford in punti strategici, mi sbavo il rossetto, mi rovino lo smalto nero, faccio finta di essere strafatta, la dò via veramente, scollego qua e là ripetutamente, mi addormento in casa di tutti perché a me non me ne frega niente sono punk (o forse casa mia fa schifo infatti non invito mai nessuno). Faccio quella che delle responsabilità se ne frega (è facile non andare a lavorare quando un lavoro vero non ce l'hai); mi drogo con i soldi di mia mamma che si rompe il culo per farmi studiare fashion design; limono con il mio migliore amico gay; mi strappo ancora un po' le calze qualora sembrassero troppo precise. Metto solo la giacca di pelle nera anche se nevica o ci son 38 gradi all'ombra, faccio finta di ascoltare i Joy Division, sono rock, sono dark, ho il mascara sbavato, mi vanto di essere tossica, passo 7-8 ore davanti allo specchio ma poi cerco disperatamente di dare l'impressione di aver passato la notte fuori (tra l'altro non ho capito da quando essere sgualdrina è diventato di moda... mah). Scherzo col demonio (e lascia perdere che s'incazza), mi strappo i jeans, vado da H&M a comprare un po' di borchie, ho la maglietta bucata, mi sdraio per terra in mezzo alla strada, mi piace il nero, aspetta che mi vado a sbavare ancora un po' il trucco e intanto che limono il mio amico gay in bagno mi scatto anche una foto e già che ci sono mi faccio una riga.
Can’t stand:
Emo: No dai
Anche no:
Pixie&Peaches
Ragnatela style. Curiosi capi d'abbigliamento con buchi o strappi studiati ad hoc, dall'ispirazione vagamente punk e dal gusto decisamente discutibile. Da ricondursi generalmente alla categoria "Rock'roll (fake) attitude" sopra descritta trattandosi dell'evoluzione del concetto di calza a rete rotta e maglietta bucata. Come direbbe Christian de Sica: "Na Cafonata!"
Se ne sentiva proprio il bisogno... Di altri djs naturalmente! Everybody's a dj, let's celebrate! Probabilmente l'unica che non sa nemmeno usare il video registratore sono io (se penso di trovarmi davanti a una cosa con più di tre bottoni, che non sia un citofono, mi sento male). Ma c'è di che rallegrarsi perché tutti gli altri sembrano essere maghi della consolle, intenditori di musica e sperimentatori di sound. Dalla minimal a Toto Cutugno ai canti gregoriani ognuno ha da dire la sua. Come se ce ne fregasse qualcosa. Prendiamo orgogliosamente atto del fatto che la razza umana, all'alba del 2010 si è antropologicamente evoluta in modi straordinari e inaspettati. Il giovane uomo del XXI secolo sa fare tutto e contemporaneamente: l'artista, il creativo, il fotografo, il dj, il poeta, il performer, lo stylist, il filantropo, l'editor, il filosofo, l'art director, lo scrittore, il talent scout, il blogger, il designer, il buyer, il pr, il consulente, il dispensatore di saggezza, il pensatore. Adesso capisco perché il mondo finirà nel 2012: perché tanto sappiamo già fare tutto! Siamo "imparati"! Se me l'avessero detto prima non avrei nemmeno sprecato tempo laureandomi in lettere. Potevo andare anch'io a darla via in giro con le calze strappate. Porca vacca.
Giant arms: O Hillary Duff è stata ingoiata da un gorilla albino oppure quest'anno s'è magnata l'anima de li mortacci. Metti via quel panino vecchia culona! Chiamate il nutrizionista.
Uscire in mutande:
Not good!
Psicosi collettiva da dj:
Che classe:
Si stava meglio quando si stava peggio. A me Steve Aoki fa paura, e anche un po' senso. E se mi buttano in mezzo a una mischia di magliette fluo, sneakers giganti, occhiali da sole colorati, grafiche e cappellini probabilmente mi viene una crisi epilettica.
Megan Fox!
Autoscatto & home made shootings:
Mandals:
Se non lavorate per una rivista l’unico utilizzo della parola “shoot” che vi è concesso è quello riferito a una pera di eroina. E qualcuno mi spieghi perchè il luogo preferito per l’autoscatto è il bagno. E già che ci siete spiegatemi perchè ci si auto-scatta. Grazie.
Aka man's sandals. Aka una pessima scelta, soprattutto se sei etero sessuale.
Worst item:
Not sure:
Fake boobs:
Infraboots. Insuperabili, davvero straordinari. Visto che non c'erano li hanno dovuti inventare. Il mondo adesso è un posto migliore.
Rolled up trousers. Trying too hard? Ragazzi andateci piano con le caviglie all’aria, occhio a non prendere freddo.
Mettiamo una taglia sulla testa del chiururgo che ha approfittato della povera, e ormai incapace d'intendere e volere, Amy Winehouse. Chiamate Lorenzo Lamas, Dog the Bounty Hunter, qualcuno!
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Hair:
Capitolo rasature: delicato, molto delicato. Mi viene già l'orticaria. C'è da aprire una parentesi e fare le dovute distinzioni. Listen and repeat. La rasatura è ok, se è totale. A nessuno piacciono i lavori lasciati a metà, giusto? Allora cara perchè ti rasi solo una parte della testa? Ti dimentichi l'altra? Sei uscita di corsa? Si è rotta la macchinetta? Eri ubriaca o fatta di metanfetamine? Alice Dellal è una cosa, ma è mio dovere ricordarti che lei è una miliardaria modella brasiliana, tu no. Se lo fai per ribellione giovanile vai a praticare atti di vandalismo nella tua parrocchia, lascia perdere i tuoi capelli. Se non puoi fare a meno di rasarti parzialmente la testa rovinandoci la giornata hai tre, anzi quattro possibilità: 1- Trasformarti in una Gabber/HardcoreWarrior rasando i capelli sui due lati e lasciando una striscia nel mezzo da ingellare o meno (a tua scelta) e indossando poi una tuta Kappa (o Australian o Cavello), un bel paio di Air Max e un Bomber. 2 - Raver/Punkabbestia: rasando tutto e lasciando un ciuffo solo nel punto in cui sta peggio in assoluto, poi decolorandolo e colorandolo tutte le volte che puoi intonandolo alle tonalità delle tue visioni finchè non ti cade (in alternativa puoi farti prestare un vecchio avanzo di dreadlock dalla tua amica che non lo "usa" più, attaccarlo come ciuffo posticcio e portarlo in giro come un trofeo). 3 - SkinGirl: rasa tutto tranne un ciuffo in corrispondenza della frangia e delle basette (non sarai la più figa del ballo della scuola ma di sicuro la più originale). 4 - Last but not least (sconsigliato se vieni da una famiglia di conservatori, se il papà soffre di cuore o altre insufficienze e se vuoi cuccare) il taglio rasato a metà aka l'avvenente proposta di Rick Owens per l'inverno 2009. Ma passiamo ora a quella che in un anno di ricerca sul campo ho individuato come la peggior piaga sociale del nostro secolo: il mefitico taglio corto sui lati e più lungo sopra, con ciuffo variabile. Apriti cielo. Li riconoscerei in mezzo a mille, condividono tutti lo stesso attitude: si sentono moderni. La generazione ignoranza. Venuti dal nulla per sfoggiare orgogliosamente il nulla. Il taglio è già abbastanza inquietante sugli uomini (la categoria li vuole rigorosamente efemminati con manie di potenza, dente avvelentato, presunta laurea in fashion qualcosa e amica party girl zoccola a seguito), ma le donne...che sciagura! Per quelle che l'hanno fatto volontariamente, temo non ci sia più niente da fare. Fiato sprecato. Mi appello invece a coloro che sono cadute nella trappola su consiglio di terzi e che hanno sacrificato una fulgida chioma per immolarsi alla fregnaccia dello styling. A mali estremi estremi rimedi. Procedete come di seguito: 1- Cercate un esorcista. 2- Tagliate via tutto o per lo meno quell'eccesso di capelli che vi sta appoggiato sulla testa tipo gatto morto (non parliamo nemmeno del ciuffo che forse tristemente vi avanza sul davanti... mi si spezza il cuore). Se per qualche motivo non potete tagliare via tutto correte a comprarvi una parrucca (anche quella di Moira Orfei è meglio di quella merda). 3- Rigate la macchina di chi vi ha convinto a ridurvi così. 4Togliete il saluto a tutti quelli che vi hanno detto che stavate bene. Detto questo ai ragazzi consiglio, come regola generale, di preferire un barbiere che parla di calcio e figa a un hair stylist con le sopracciglia spinzettate abbonato a Vogue Italia.
Hippie hairstyle: Siete autorizzati ad intervenire con la violenza
Hairhat: cosa mi metto stasera? Un bel topo morto in testa! Stop her! Posso solo esclamare: Madonna che O perché no, un bel cane lupo!
muscoli! Ma un po’ di meditazione? Un bel libro no?
Fringe Boots: Lasciate perdere queste boho-stronzate.
Stop him! Cesare Paciotti, il designer di scarpe preferito dalle soubrette sgallettate. Quest'anno Cesarone ha dedicato uno chiccosissimo mocassino paillettato a David Beckam in persona; ma la sua creatività non si limita solo alle calzature, bensì anche ai gioielli di cui è fortunatissimo testimonial Bruce Willis. Il simbolo della "maison" è un pugnale: per fare harakiri?
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I nuovi mostri: Amber Rose e consorte. Nessuno è al sicuro. Fuori legge: Katy Perry. Una compilation di errori raccapriccianti.
Perbacco:
Bloggers takeover: Sono a piede libero.. sul web, sui giornali e in prima fila alle sfilate (con la crisi nel mondo mi domando perchè non ci mettano i buyers in prima fila). Ci sono miliardi di tipi di blog, che fortunatamente ignoro, ma i peggiori sono quelli spudoratamente autoreferenziali, tenuti da ragazzine dementi che si fotografano freneticamente sfoggiando look diversi ma pose ed espressioni sempre uguali (gambe in dentro, sguardo in basso – un must). Immagino ritengano dei essere dei modelli da seguire o che a qualcuno gliene freghi di come diavolo vanno vestite al supermercato.
Baby bloggers:
Baby monsters:
Get a life! Tavi (quest’anno sulla copertina di Pop e Love) e Charles Guislain, a rispettivamente 13 e 16 anni sono già star nel mondo della moda. Ma un pò di sano petting adolescenziale no?!
Suri Cruise usa le scarpe coi tacchi e ha un guardaroba stimato 3 milioni di dollari, un milione per anno. Noah Cyrus a 9 anni si veste come una baldracca di periferia. Ottimo.
Collaboration:
Brands:
Jimmy Choo x H&M. Altro oscuro fenomeno di psicosi collettiva che ha portato al caotico assalto degli store della catena svedese per accaparrarsi un orrendo sandalo borchiato o una pochette zebrata da zoccola. Se già la versione originale del brand era cheap non oso immaginare quella cheap del cheap. Sarà mica cheap?
Kontatto, Joe Marmellata New York, ChiccoChoc, Hello Spank. Semplicemente straordinari.
Petizione 2009:
L’abbiamo persa:
Aiutiamo Miley Cirus a fare pace con il cervello. Non ho ben capito chi cavolo sia sinceramente, e di certo non intendo documentarmi, ma il poco che ho visto mi ha fatto venire la pelle d'oca. So solo che si veste da zoccola e ha a che fare con Topolino: le due cose per me non vanno bene insieme.
Tutto in tinta (anche il cane): Scarpe in tinta con la felpa in tinta con l'elastico in tinta con lo smalto in tinta col cappellino in tinta col fidanzato in tinta con la borsetta. E il cagonolino.
Mukluks: Io sinceramente non capisco bene cosa sono e perchè hanno disturbato i poveri nativi d'america con sta schifezza.
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Kate Moss è ingrassata. Avrà mangiato troppe luganeghe o avrà ridotto i pippotti? Televotate.
Qualche mese fa la deformatissima Lindsay Lohan - che a furia di plastiche e serate ormai sembra una di quelle vittime dei cristalli di meth che si vedono sul web - ha debuttato a Parigi come stilista di Ungaro. Ah Ah. E' stato un bagno di sangue, anche molto peggio di ciò che ci si aspettava. Praticamente se l'avessi disegnata io da ubriaca o sonnanbula avrei fatto meglio. Quasi quasi mi propongo.
Ragazze in tuta:
Forget it: Panama Hat
Se non sei una gabber o un oro olimpico non va bene, mai.
I Dari: "Distruggere le menti delle nuove generazioni, è questo che cercate di fare pezzi di merda?! (…) Andate a lavorare caxxo! Ma un pò di vergogna non ce l'avete caxxo? Un po’ di dignità? Figli dei Tokyo Hotel". Parole sante, by Pino Scotto.
Watch: Oiw, l’ orologio più amato dai tronisti. Eh già.
Per carità:
Photographers of the Month: Jessica Haye & Clark Hsiao www.thecollaborationist.com - A cura di Sean Michael Beolchini.
Come ormai avrete capito, ogni mese ci piace girovagare alla ricerca di fotografi. Ci perdiamo tra librerie, nelle infinite comunità online e nei fotoblog con temi affascinanti. Dopo ore di belle figliole, paesaggi mozzafiato e tanti maghi di photoshop, ci imbattiamo spesso in piccole gemme di fotografia amatoriale, che non dovreste lasciarvi sfuggire.
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Come vi chiamate? Jessica Haye e Clark Hsiao. Di dove siete? Jessica è nata nella California del nord. Clark è nato a Taiwan. Dove vivete? A Los Angeles, CA. Che lavoro fate? Lavoro sporco. Ci campate con la fotografia? Diciamo che con la fotografia riusciamo a pagare alcune delle nostre bollette. Quanti anni avete? Jessica 35. Clark 30. Quanti anni vi sentite? Jessica cerca di non pensarci. Clark si sente quindicenne. Come vi siete incontrati? Ci siamo incontrati quando studiavamo all' Art Center College of Design a Pasadena, in California. Amanti? Amici? O ex amanti? Tutto questo e di più - um, eccetto la parte "ex"... Jessica cosa ti piace di più di Clark? E' disposto a mettere tutto in discussione - niente è dato per scontato. Mi piace questo e apprezzo il suo modo di vedere le cose diverso dal mio. Clark cosa ti piace di più di Jessica? Lei è più intelligente di me. Lavorate sempre in squadra? Si, da due anni. Allo stesso tempo scattiamo ed esploriamo anche indipendentemente. Quali sono i pro e i contro di lavorare insieme? Il pro è che c'è sempre qualcuno con cui discutere sul lavoro (non solo dei nostri lavori personali, ma anche della fotografia in generale). Spesso, le conversazioni si spostano dallo specifico della fotografia che stiamo facendo a temi più ampi ed eventi mondiali che sono oltre il nostro controllo. Lo scopo delle nostre discussioni ci fa tenere conto di passato e futuro- alcune ci informano su quello che faremo, ed altre sono puri disaccordi. Le conseguenze delle discussioni sono a volte i contro, ci troviamo ad avere opinioni divergenti che portano a scontrarci. Pensiamo che forse è il prezzo da pagare per avere qualcuno con cui potere essere così onesto... Come descrivereste
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le foto che fate? Le nostro foto sembrano parte della nostra quotidianità. Siamo partecipanti attivi della vita e dei mondi che fotografiamo e creiamo. Indipendentemente dallo scenario, cerchiamo la sincerità. Qual è la vostra "big picture"? Speriamo di essere capaci di espandere la nostra rete di straordinari collaboratori con i quali abbiamo avuto il piacere di lavorare e fare un lavoro che conta (magari solo per noi e per i nostri amici e famigliari, ma c'è la possibilità che ci siano molte persone come noi e come il nostro clan là fuori, giusto?!). Cosa altera le vostre percezioni? Incontrare nuove persone, imparare cose nuove. C'è sempre qualcuno o qualche evento che salta dentro e soffia sulle nostre menti - il mondo è pazzo quanto la gente dice. Qual è il vostro fotografo preferito? Non riusciamo a scegliere un preferito - ci sono tante persone là fuori che hanno fatto e continuano a fare lavori che ammiriamo. Ci piace Araki, Wolfgang Tillmans, Stephen Shore, William Eggleston, Ari Marcopoulos, Torbjorn Rodland, Joel Sternfeld, Wallace Berman, Robert Frank, August Sander e molti altri ancora - ci sono così tante persone incredibili passate e presenti che ci entusiasmano e da cui cerchiamo ispirazione. Che tipo di macchine fotografiche usate? Usiamo tutti i tipi e formati, dal digitale al 110, 35mm in tutti i modi fino al 4x5. Che macchina vorreste utilizzare? Tutto dipende da cosa stiamo fotografando. Ogni macchina la sentiamo in modo diverso in base al tipo di foto. Dipende molto dal nostro stato d'animo. Quale sarà il vostro prossimo progetto? Non ne siamo certi. Forse faremo uno shooting per un brand di scarpe interessanti - la loro politica è che se compri un paio di scarpe il ricavato viene devoluto ai bambini dei paesi sottosviluppati - sono un buon esempio d'azienda socialmente attiva - siamo ispirati e onorati di far parte di progetti come questi.
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Nome? Lisa Mettier. Età? 23. Da dove vieni? Dalle montagne. Chi è il tuo eroe? Wonderwoman. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Mi diverto. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Un diamante. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Fare in modo che le donne non siano più oppresse. Facebook, Myspace o Twitter? Tutti. Per trovare amore.
Street Files. Zurigo - Foto di Pascal Grob.
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Nome? Pascal Grob. Età? 20. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Ogni persona in grado di trasformare la propria passione in una professione. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Faccio il “cacciatore di stili”. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Una macchina fotografica. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Vorrei dire alle persone che mi sono care di ricordarmi con un sorriso. Facebook, Myspace o Twitter? Facebook e Twitter. Perché tutti utilizzano Facebook e con Twitter puoi esprimerti in tempo record!
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Nome? Victoria Steiner Età? 19 Da dove vieni? Lucerna Chi è il tuo eroe? Lykke Li Cosa ci fai oggi a Zurigo? Studio. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Una lettera d’amore. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Essere un uccello e volare via. Facebook, Myspace o Twitter? Myspace, troppa immondizia su Facebook e non uso Twitter.
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Nome? Sarah Lauener Età? 23 Da dove vieni? Lucerna Chi è il tuo eroe? Mia madre. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Lavoro. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Un libro. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Morire felice. Facebook, Myspace o Twitter? Facebook, perchè ce l’hanno tutti.
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Nome? Valentina Ehnimb. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Il pianista Keith Jarrett e l’artista Renè Magritte. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Vado in giro godendomi l’atmosfera. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Una tela vuota, pronta per essere dipinta. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Che tutte le persone che amo riescano a ricordarmi nei loro pensieri. Facebook, Myspace o Twitter? Nessuno.
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Nome? Kelsang Tamnyen. Età ? 20. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Sua Santità , il quattordicesimo Dalai Lama. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Shopping. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Un orologio da lavoro. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? I diritti umani per tutto il mondo. Facebook, Myspace o Twitter? Facebook per essere aggiornata sugli stati dei miei amici.
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Nome? Pierre Lumineau. Età? 23. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Dio. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Studio. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Una scultura. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? La pace nel mondo. Facebook, Myspace o Twitter? Facebook, perché posso mantenere i legami.
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Nome? Anna Meier. Età? 19. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Mia madre. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Studio. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Un vaso di vetro. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Riuscire a dire addio a tutti. Facebook, Myspace o Twitter? E perché? Li odio tutti! Ma utilizzo Facebook.
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Nome? Gilda Balass. Da dove vieni? Zurigo. Chi è il tuo eroe? Quelle persone che riescono a svolgere attività che possono aiutare molte persone. Cosa ci fai oggi a Zurigo? Io ed il mio migliore amico ci stiamo godendo il sole autunnale, le nostre vite ed i nostri pensieri. Se fossi un oggetto, che oggetto saresti? Una telecamera, perché raccoglie immagini e suoni. Se dovessi esprimere il tuo ultimo desiderio cosa diresti? Rivivere tutti i momenti preziosi che ho vissuto nella mia vita. Facebook, Myspace o Twitter? Facebook, non saprei dirti perchè.
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Tinkebell Tinkebell ha avuto una folla urlante alla sua porta (virtuale), per aver trasformato il suo gatto morto in un borsellino. L’odio virtuale suscitato è stato raccolto ed è sfociato in un progetto d’artista, Dearest Tinkebell. Ha anche fatto un distributore automatico di biancheria intima da teenager. Questo è il punto. Tinkebell stimola la riflessione sull’ipocrisia e sa bene come far uscire pazza la gente. Intervista di Magali Pijpers.
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Che cosa stai cercando? Cosa sto cercando? Uh? Sì, Nella vita. Nelle tue tasche. Dove vuoi! Beh, non lo so esattamente. Ma potrei dirti che sono sempre dietro a interrogarmi sulle cose. Ad esempio… quando ero bambina nella mia scuola tutti erano fan di Madonna, e io mi rifiutavo di farmi piacere qualcosa che piaceva a tutti gli altri. E non trovavo nulla di interessante in lei. Così se c’era la sua musica in giro mi infilavo le dita nelle orecchie. Mi hanno pure regalato un vestito firmato da lei che non ho mai voluto indossare perché tutti lo volevano – probabilmente vale parecchio oggi. Ero così per parecchie cose. Poi a 16 anni mi hanno regalato una cassetta di Madonna, l’ho ascoltata e mi sono pentita subito di averla ignorata nei 10 anni precedenti! Mi metto sempre in discussione. Sempre. Devi essere abbastanza stanca di ascoltare domande su Pinkeltje (il gatto a cui hai spezzato il collo prima di trasformarlo in un borsellino). Sì. Sì lo sono. Lo immaginavo. Ma per compiacere i lettori che non hanno mai avuto la possibilità di spezzare il collo a un animale, mi puoi dire a cosa lo paragoneresti? E’… facile? E’ stato facile perché era davvero malata, molto debole. Ma non è facile, devi girare e tirare nello stesso momento. Mi sono esercitata con un tubo di cartone. Sono passati un po' di mesi da quando hai fatto uscire Dearest Tinkebell (in collaborazione con l'artista/designer Coralie Vogelaar), nessuno ti ha fatto causa? Hai ricevuto più hate mail? Sì, sicuramente più hate mail, ma nessuna azione processuale. Siamo state fortunate. Di solito tu agisci nel campo del design o delle installazioni, quella era la tua prima volta nel mondo editoriale; hai altri libri in mente? Veramente sì. Ora sono impegnata con un progetto intitolato How We Could Have Saved the World (Come avremmo potuto salvare il mondo N.d.T.). E' sull'abbattimento selettivo dei topi muschiati in Olanda, dal 1987 ne vengono uccisi 320.000 all'anno. I topi muschiati sono stati introdotti in Europa da un conte Ceco, erano i primi anni del '900. Ne importò 8 da aggiungere alla sua collezione di animali da pelliccia. Dopo 10 anni erano diventati 14 milioni, invadendo l'europa come una piaga biblica. Lì cominciò tutto quanto. Molte nazioni ancora li usano per fare pellicce, ad esempio Belgio e credo anche in America, dove li mangiano (sono chiamati conigli d'acqua e si ritiene siano una prelibatezza). In Olanda c'è una gran lotta per contenerne il numero, perché dan-
neggiano le coltivazioni di grano, scavano buchi negli argini dei fiumi e si riproducono a ritmi folli. Così questi animali sono cacciati, catturati, uccisi e inceneriti, come fossero spazzatura. Non hai permesso di trattarli in altro modo. Il mio progetto è su come si potrebbero utilizzare in modo diverso. Cioè? Beh, per il momento ho un team di persone che mi stanno aiuatndo con le idee. Ma per esempio ci potremmo nutrire facilmente un villaggio in Africa. O incrementare l'industria pellettiera in Olanda, che molte persone vogliono rendere illegale; sembra che la pelliccia dei topo muschiati si addirittura di migliore qualità rispetto a quella dei visoni. Ciò produrrebbe più lavoro, più indotto, più soldi.. Tu sei nota per lavorare molto sulla mercificazione degli animali. Cosa pensi del possederne uno? Dici che è sbagliato? No. Ma penso che sia strano. Qual è la tua posizione rispetto all'attivismo animalista? Non sono un'attivista. Gli animalisti dicono che le persone sbagliano sempre, che noi facciamo le cose nel modo sbagliato. Io penso che la gente sia strana, che siamo pazzi. E' molto diverso. Possedere animali è bizzarro e inutile, non serve a nulla. Gli animali sono nati per essere selvatici, la gente non gli permette più di essere secondo natura. Tagliano le ali agli uccelli per non farli volare via, mettono unghie finte ai gatti così non graffiano. Folle. Tu ne hai? Ho tre gatti. E trasformerai in borsellini anche loro? No (ride). Beh, non si sa mai però. Ma non ora. Sono veramente gatti in salute e felici i miei. E la biancheria intima da teenager? Dove l’hai trovata? Ognuno ha le sue risorse (ride). Posso solo dirti che non hai idea di quante cose vengono butatte via. Poi tutti gli adolescenti crescono e non gli va più bene quello che indossavano prima. Nel futuro lavorerai ancora su temi animalisti o ti muoverai in direzioni diverse? Provo sempre cose nuove. Su cosa ti concentrerai? Beh, forse ci saranno ancora gli animali, è sempre uguale e diverso. Sarà sull'empatia, sui modelli doppi, sull'ipocrisia. Sul come le persone si comportano. E' sempre sulla gente. Non sugli animali. Entro un paio di anni farò un progetto dal titolo Save the Family (Salva la famiglia N.d.T.). per ora so solo il titolo e la famiglia. Idee su come salvarla? E’ su come le persone abbiano sempre piani
e idee ma poi non ci vadano in fondo. Il padre, ad esempio, pensa di essere molto furbo e di sapere tutto, ma non legge. Nulla. Così gli comprerò un abbonamento a un quotidiano. La madre dice di interessarsi alla letteratura e alla scrittura, ma nella realtà scrive solo in stile SMS. Così le faro avere un dizionario o le regalerò un corso di scrittura. Il figlio afferma di essere un grande fan di Dalì, ma non è mai entrato in un museo, così lo porterò alla Biennale. Cose così. Concordi sul fatto che l'arte usata come provocazione ha sempre dei limiti, dei confini? E' facile sfidare l'audience e farli riflettere per un po' di tempo, ma poi? Fino a dove si arriva? Il cambiamento è un'idea elusiva? Esatto. E' lì che spesso si fermano le cose. L'arte ha quel limite, è la sua impossibilità di resistere al tempo che passa. Ci sono altre sfide per gli artisti? Sfide? Essere un artista è una sfida di per sè. E' orribile. Il lavoro più duro che si possa fare. Perché? Per l'incertezza. Un artista può fare dei quadri che piacciono a tutti ma poi ti chiedi: è arte o semplicemente un'immagine carina? Quando sei sempre al limite, sul confine, ai margini come me è terribile. Incertezza assoluta. Quali sono le più grandi influenze sul tuo lavoro? C'è qualche artista in particolare che ti ha ispirata? Le notizie sono le mie fonti ispirative primarie. Per quanto riguarda gli artisti forse Sophie Calle, è francese. Oltre a far arrabbiare le persone tu sei anche conosciuta perché ti vesti quasi sempre di rosa. Da quanto tempo ti ci dedichi? Quando ero bambina avevo tutto rosso. A sedici anni cominciai a frequentare una scuola di grafica pubblicitaria e lì cominciai a studiare i colori e il loro significato. Ho scoperto che il rosa è l'unico colore che non ha connotazioni negative in nessuna cultura al mondo. Ho anche imparato che se vuoi che le persone si ricordino di te devi avere sempre qualcosa di uguale, che non cambi mai. Così ho cominciato ad avere tutto rosa. Se tu non fossi un'artista che faresti? In realtà avevo un lavoro in municipio. Era un lavoro part time e l'ho fatto per due anni e mezzo. Lì ho scoperto che sono una buona cittadina. Sono brava a lavorare per la comunità. E' quello che faccio ancora. Se tu avessi una commissione artistica pazzesca, con totale libertà e tutta finanziata, che faresti? Comprerei tonnellate di candele. E le scaricherei tutte in Africa. Con un aereoplano. www.tinkebell.com
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Alex Holdridge Intervista di Valentina Barzaghi. Foto di Brigitte Sire.
Alex Holdridge, regista di “In Search of Midnight Kiss”
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Alex Holdridge, classe 1975, è il regista di “In Search Of A Midnight Kiss”, il film che si è preso di diritto il podio per il Best Indipendent Movie di quest’anno di PIG. Originario di Austin, Texas, Alex è migrato ad L.A. dopo una relazione andata male. Senza un lavoro, senza macchina (distrutta nel viaggio verso la città degli angeli), sulla soglia della depressione, Alex ha vagato per le strade di L.A. assaporandone l’atmosfera, quella voglia di un contatto umano difficile da raggiungere, il cuore stretto in una morsa, ma vivo e pronto ad amare di nuovo. Tutta la sua dissaventura e i sentimenti di allora sono stati messi in questa piccola perla in bianco e nero costata solo 25000 dollari, un racconto che gli è servito per dirsi che era finita, che era guarito. Non a caso, che venga dal suo profondo, traspare in ogni dettaglio: dalla caratterizzazione dei personaggi ai dialoghi poeticamente reali sebbene a tratti logorroici, dalle situazioni che oscillano di continuo dal divertente al commovente alla downtown cittadina che diventa personaggio integrante della narrazione per l’effetto di solitudine che produce su chi ci vive. Al suo terzo lungometraggio Alex, che sta già lavorando ad altre pellicole che lo vedranno sia solo come sceneggiatore sia anche dietro alla macchina da presa, con questo film fa molto più che una promessa al cinema mondiale.
Ciao Alex! Buongiorno! "Bona sera". Dopo mesi che ti inseguo nel disperato tentativo di dire un giorno che sono stata la prima a intervistarti per l'Italia, dimmi... sono ancora la prima vero? (ride, ndr) Sì, per l'Italia è la mia prima e grazie per la pazienza che hai avuto. Pensa che mio cognato, che compare anche nel mio film, è un ristoratore italiano e ha ben due ristoranti italiani a L.A. , quindi quando verrai a trovarmi andremo a cena lì. Non c'è nulla di italiano qui. Lui è di un piccolo paese del nord che si chiama San Giovanni, credo. Tutti i miei nipoti parlano italiano e trascorrono l'estate in Italia. Spero anche di venirci di persona, magari in occasione della presentazione del mio prossimo film. Spero anch'io per te, ma in quel caso il ristorante lo scelgo io. Facciamo un passo indietro... Come stai? Sto molto bene, anche se mi trovi nel bel mezzo di un trasloco. Un po' faticoso, ma per tutto il resto va alla grande. Ma quindi dove ti trovi ora? Sono sempre a Venice, California e... lo sapevi che sto lavorando al mio prossimo film? Ah, sei già al lavoro, ti immaginavo ancora alle prese con promozioni varie... Mi puoi già anticipare qualcosa? L'anno scorso ho lavorato alla scrittura di diverse sceneggiature. Una si chiama Frank and Cindy, sarà l'adattamento di un documentario di G.J. Echterkamp. La Zoetrope lo sta producendo e il regista di videoclip
Mark Maguire invece lo sta girando. Ho lavorato anche a qualche script per gli Studios e la cosa più grande è che ho scritto il mio prossimo film, un noir che girerò a Parigi l'anno prossimo. Ho anche pronta una commedia che invece è ambientata a New York che per ora si chiama 500 Reason. E adesso da dove partiamo? Va beh... Faccio fare a te... Riesci-puoi entrare un po' di più nel dettaglio di tutto? Perché hai scelto Parigi per un tuo lavoro? Quando vivevo a Londra ero solito mettermi a lavorare in un bar e per un incidente di percorso sono finito ad attraversare l'Europa e a trascorrere un po' di tempo a Parigi. Ritengo che la nostra generazione sia meno nazionalista di quelle prima. Sembra che siamo più propensi a trattarci gli uni gli altri come esseri umani, tralasciando però il legame forte che ci unisce al posto dal quale veniamo; questa cosa mi è sempre piaciuta un sacco. Comunque, secondo me tutti ci influenziamo ormai sotto più aspetti, dalla musica alla moda, così ho voluto realizzare un film che parla di un gruppo di amici di nazionalità diverse, un po' come quello che avevo anch'io a Londra, che decidono di fare un viaggio insieme a Parigi e che si cacciano nei guai nel quartiere di Pigalle. A Parigi fra l'altro c'è un'interessantissima scena musicale che mi ha sorpreso l'ultima volta che ci sono stato. Ho voluto cogliere questa moltitudine di persone che viene da tutto il mondo, che ho vissuto di persona, e raccontarlo. Poi mi ricorda anche un sacco di cose
che ho vissuto anche a Los Angeles. Così ho scritto una commedia romantica, ma allo stesso tempo minacciosa su questi giorni a Parigi. Il film Il Terzo Uomo è stata la mia più grossa influenza per la sua capacità di trattare il tema in chiave sentimentale, cinica e dark, ma poi facendo risultare il tutto molto romantico. Questo film ambientato a Parigi per ora è intitolato Last Night in Paris. 500 Reason invece è una commedia su un tipo che medita il suicidio da quando in pratica è ancora sperma. Non vedo davvero l'ora di mettermi all'opera su questo progetto. Ottimo, hai davvero un sacco di progetti in ballo, vedo il tuo 2010 molto occupato... Hai iniziato a dirmi qualcosa sulla musica, sul fatto che Parigi ti ha colpito anche per il suo scenario musicale contemporaneo. Anche in In Search of a Midnight Kiss la musica ha un certo rilievo, la soundtrack è molto carina. A te che musica piace ascoltare? Ascolto veramente un sacco di generi diversi. Io sono originario di Austin, Texas, dove c'è davvero un grosso scenario musicale. Sono stato completamente assorbito dal mondo della musica indie, anche perché molti dei miei più cari amici sono musicisti, gli stessi che mi hanno aiutato a scegliere e a realizzare la soundtrack per i miei film. Il più importante è Okkervil River che ho usato moltissimo per In Search of a Midnight Kiss. Il frontman del gruppo, nonché il cantante, si chiama Will Sheff ed è un grandissimo
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Scoot McNairy, nel film è Wilson
amico, che qualche anno fa ha lavorato anche a New York con Lou Reed, che aveva ascoltato qualche suo lavoro e l'ha subito contattato. Quando Will è venuto a Los Angeles per qualche giorno di svago, stava a casa mia e l'ho reclutato per la realizzazione di qualche pezzo per il mio film. Mi ha consegnato un po' di demo per vedere se potevano andare per la nostra collaborazione e anche quelle per il potenziale lavoro con Reed a New York. Ne ho usate due per il mio film. Quando Vivian piange in metropolitana dopo lo schiaffo, c'è una delle sue canzoni. E' bellissima e pura, mi sono sentito davvero onorato quando ha deciso di darla a me. Non gli ho nemmeno detto ancora che ho usato la canzone proprio quando siamo stati premiati a New York. Credo che ne sarebbe davvero felice. Oltre a lui anche Brian McGuire (Jacob nel film) ha scritto due canzoni per il film così come Robert Murphy (the D.P.). La band di Robert, Sybil, ha scritto tre tracks. Un altro mio buon amico, Paleo, ha lavorato alla colonna sonora come i miei amici Shearwater, tutti grandi musicisti. La cosa più importante era creare
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un "tema" che si adattasse alle emozioni e che fosse in grado di amplificarle visivamente il più possibile, in modo da rappresentare il gruppo di amici e che avesse un significato. La musica è una delle parti portanti di un film, del mio film, anche perché è un pilastro della mia vita visto che la gran parte del mio mondo sono i miei amici. Mi hai parlato molto della musica di In Search e quindi non approfondirò oltre, ma se ti dovessi chiedere chi sono le tue band - i tuoi artisti preferiti? Diciamo che internet ha un po' cambiato tutto. Ovviamente mi piacciono Okkervil River, Sheartwater, Sybil e Brian McGuire, perché oltre a bravi musicisti sono ottimi amici, ma ogni giorno le persone mi fanno conoscere qualcosa di nuovo. Townes van Zandt ha per sempre chiuso il mio cuore così come Willie Nelson. La settimana scorsa mi hanno fatto ascoltare Andrew Bird, che si è guadagnato il posto come mio miglior itunes di sempre. Mi trovo ad ascoltare una quantità di musica davvero straordinaria, da Medoza a Edith Piaf, da Django Reinhadt a Iam o Ben Len. Capisci che è difficile rispondere
a questa domanda? Solo una cosa ancora sulla musica riguardo Paleo che ho accennato... Vorrei dire un sacco di cose, ma lui l'anno scorso ha completato un progetto spettacolare: ogni giorno scriveva una canzone e la metteva sul suo sito. Magnifico! Una domanda ancora in generale e poi entrerei nel vivo del tuo film. Hai chiamato i tuoi film: In Search of Midnight a Kiss e Last Night in Paris. C'è qualcosa della notte che ti affascina particolarmente? In verità è stata una pura coincidenza. Mi piacciono i nomi classici, soprattutto quando l'attitudine invece è moderna e riflette le caratteristiche della tua generazione. Uno stile che riesca a fondere "old and romantic" è quello che mi interessa. Come ti dicevo mi piacciono quei film come The Third Man o Casablanca. Quella era l'epoca filmica del romanticismo estremo, ma non quello sdolcinato o meschino come invece lo è ora, dove mi sembra che il tutto venga un po' troppo realizzato e soggiogato dai numeri. Così "romance" è diventato quasi un brutto termine, ma poi... chi non vorrebbe essere sulle strade, nel mezzo della notte
e non ammettere che una nuova, vera e intensa storia d'amore non sia una cosa del tutto impossibile? A me è piaciuto un sacco il tuo film perché in verità penso sia una love story, ma non romantico (nel senso più melenso e trescone, come accennavi tu prima)... Credo che moltissime persone si possano identificare con i protagonisti o con la narrazione in generale. Grazie mille, è una buona cosa quella hai detto, anche se per me è stato veramente "reale". Tutto ciò che c'è nel film è vero e sono contento che i miei amici abbiano voluto aiutarmi a realizzare questa piccola pellicola, facendola diventare realtà. La storia del viaggio a Los Angeles dopo un brutto incidente in macchina mi è accaduta davvero (la foto dell'automobile ribaltata del film è vera. E' successo durante il viaggio da Austin a Los Angeles).
hanno aiutato a ritrovare fiducia. A volte quando vedi buio pesto è difficile nutrire speranza, soprattutto negli altri. Ora che va tutto bene, a volte non ci faccio caso quando sono a cena con amici ad esempio, ma le prime volte qui anche solo un minimo contatto con qualcuno, mi sembrava la cosa migliore da desiderare. Mi piacerebbe captare di più queste cose nella mia testa ora. Ma quindi Los Angeles che cosa rappresenta per la tua vita? Los Angeles è una valigia disordinata. In alcuni momenti credo che sia la città più eccitante in cui sia mai stato perché c'è un sacco di musica, soprattutto per lo scenario indie è in continuo movimento e credo si trasformerà in qualcosa di davvero speciale nel giro di una decina d'anni. La città ora è anche set di un sacco di film tanto che più che un posto in cui vivere, sta diventando luogo in cui fare shoot. Probabilmente il
le scarpe sono della mia ex fidanzata, a cui ho chiesto se potevo usarle. Diciamo che era solo un progetto che amavo. Ad ogni modo la struttura è abbastanza semplice e la cosa del capodanno mi è successa veramente, è stata importante per me: lavoravo davvero in un video noleggio e guardavo la gente che entrava. Mi capitò di vedere alcune stars di Hollywood completamente sole, a noleggiare film per poi chiudersi in casa. Mi ha fatto pensare che il capodanno sia il momento che più faccia riflettere le persone sulla propria vita. Le persone si abbracciano o fuggono lontano. Oppure tentano di reagire ai fatti accaduti durante l'anno passato, pensando a che punto sono della loro vita e cosa hanno ottenuto fino a quel momento. A L.A., ma credo che sia comune nella nostra generazione, le donne spesso iniziano a pensare di avere un figlio e quali sono le cose davvero importanti nelle proprie vite.
Del fatto che tu fossi Wilson qualcosa si intuiva, soprattutto per come vengono raccontate le situazioni, non so come dirti... credibili, sentimentali... Dopo la rottura con la ragazza con cui stavo da quattro anni (lei si è trasferita in Giappone), ero a pezzi e non riuscivo a trovare un lavoro che mi salvasse la vita. Vivendo a Los Angeles senza soldi, una macchina e un lavoro sono entrato in depressione. Non avendo nulla a cui aggrapparmi ho iniziato ad occupare il mio tempo andando ovunque, passeggiando per le strade. Inoltre ho cominciato a sentirmi con una ragazza che avevo conosciuto online: mi sentivo solo e avevo bisogno di una connessione, qualcuno che mi potesse capire. A volte ti riesci a dimenticare di come sei stato a pezzi, di come non riuscivi a fare il passo che ti riportasse sulla giusta strada, e ti giuro che ho incontrato un sacco di persone che ci sono riuscite anche grazie al web. Ognuno d'altronde ha un circolo di amici che a volte è davvero piccolo e internet ti permette di muoverti anche tra altri diversi piccoli circoli. Questa però è solo una delle fasi, quella in cui saresti disposto a toccare anche il fondo. Ma fortunatamente, sono riuscito ad esorcizzare tutto ciò, facendoci un film due anni dopo. Ci ho messo davvero tutti i dettagli della vicenda. Quella di Brian McGuire è davvero la mia vecchia camera da letto. La scena dove gli amici aiutano Wilson a vestirsi per l'appuntamento accadde nello stesso identico modo. Una cosa non mi dimentico però: nei giorni più bui riconoscevo le piccole cose che mi potevano sollevare, i piccoli gesti che mi
mio film non è riuscito davvero a riflettere ciò che accade qui: credo che siano altri i film girati qui negli ultimi anni che riflettono il vero lato indie di L.A.. New York, Parigi, Roma... hanno sempre avuto una corrente di film girati nelle strade, ma L.A. fino ad ora non aveva mai conosciuto il movimento low budget e sono sicuro che abbia preso piede e continuerà ad esistere perché ci sono un sacco di registi innovativi. Ti dirò... quando sono arrivato qui odiavo la città. Stavo per chiamare il mio film "If L.A. fell in the Ocean I Wouldn't Miss It", ma poi ho realizzato che mi ci stavo affezionando. La questione è che qui arrivano sia un sacco di persone con le peggiori intenzioni sia un sacco di talenti con dei sogni. Ma l'impressione che ha questo posto dall'esterno è falsa, non garantisce successo. Odio questa inautenticità, anche se il tutto sta cambiando e gli studios si stanno ritirando in proporzione inversa di quanto invece si sta riversando sulle strade. Il movimento neorealista italiano, i cui film venivano girati con una 16mm, è stupendo e mi ha ispirato. Spero che la nostra generazione guardi questo tipo di film, insieme a quelli francesi anni '60 e U.S. anni '70, ma anche quelli anni '90 americani. Dalle tue parti si stanno davvero sviluppando un sacco di generi-correnti. Vedi il tuo film che ormai si trova alla voce mumbelcore, genere low budget nato proprio nelle strade di L.A. Tu sei riuscito a realizzare In Search con soli 25000 dollari... come hai fatto a far quadrare tutto? Accomunata a un genere o meno per me rimane fiction, solo i dettagli miei e dei miei amici fanno parte della mia vita. Le foto del-
Gli attori nel film sono particolarmente spaventati perché sono arrivati al dunque, alle risposte di tutto quello che si sono chiesti e hanno perseguito fino a quel momento. Ho molti amici che si pentono di aver superato i trent'anni senza figli e conosco persone che si struggono per non aver lottato abbastanza per ciò che volevano. Ma torniamo a quello che mi hai chiesto... Abbiamo iniziato le riprese del film che avevo sulla mia carta di credito 3000 dollari. Una volta cominciato e definito che era un buon attore, Scoot McNairy ha messo a disposizione anche la sua carta, così in tutto abbiamo raggiunto 12000 dollari. Nessuno di noi è stato pagato, volevamo solo realizzare un piccolo film dal nostro minuscolo angolo di mondo. Una volta che la preview era stata accettata al Tribeca Film Festival, la nostra famiglia e altri amici hanno contribuito con altri 13000 dollari per finirlo. Questo è quello che è accaduto e spero che altri giovani filmmakers non pensino di aspettare soldi per provarci, ma piuttosto che investano sull'acquisto di una Canon 7D o una Red Scarlet (entrambe le camere costano 3000 dollari circa) e che coinvolgano i loro amici nello shoot. E' l'unica strada per cominciare a raccontare storie. Credimi, noi volevamo perseguire la tradizionale via dei finanziamenti, ma può diventare uno scherzetto che ti fa perdere 10 anni, quindi tanto vale non aspettare e girare quello che puoi. Come mai la scelta del bianco e nero? La storia è moderna e il linguaggio usato è reale, ma un po' rozzo allo stesso tempo, così ho volevo un contrasto teso tra qualcosa di naturale e di volgare con una sen-
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sibilità classica per arrivare a una patina romantica. Ed ecco la scelta del bianco e nero e le riprese da vecchio film (con limitazioni dovute al budget ovviamente). Molti film di qualche anno fa hanno questa estetica da documentario, che personalmente non amo, ma ho deciso di usare per pagare il mio tributo e rispetto ai film hollywoodiani, ma anche a tutto quel filone indipendente che è emerso qui diventando però spesso una meteora nel panorama cinematografico generale. Quale aspetto del personaggio di Vivian ami di più come uomo? Lei è corazzata, divertente, senza ambizioni. E' anche un tantino vulnerabile, ma è terrorizzata dall'idea che traspaia, nonostante poi si dimostri forte ad ammettere le proprie debolezze. Ha una dolcezza che si rifiuta di far vedere. E' l'impersonificazione di una piccola diva, ricorda una versione "economica" di Eve Harrington (personaggio di All About Eve). L'ho trovata accattivante. Inoltre lei rimane una figura onesta per tutta la durata del film, o comunque lo diventa sempre più col procedere della narrazione. Mi piace quando quando parla di cose che si avvicinano al patetico come l'idea di stare su un palco perché è reale, è abbastanza stupido. E' come prova le cose e molti attori potrebbero timidamente confessarti che la vedono allo stesso modo. Ora... domanda difficile... qual è il personaggio che invece ti piace di meno? Se io dovessi dirti la mia, probabilmente opterei per Min, perché incarna molti degli aspetti negativi che le persone innescano nelle dinamiche di coppia: civetteria, tradimento, individualismo, opportunismo... ma forse sta sulle palle proprio perché ognuno di noi odia se stesso perché ci si rivede inevitabilmente... Beh, io non posso odiare Min perché lei ha recitato quella parte proprio alla fine di una sua relazione, capisci la difficoltà. Come te però, sono stato molto preoccupato per la figura di Min. L'ho chiamata così in ricordo di mia nonna Mini Aspes, che ho amato profondamente. Sapevo che se l'avessi chiamata Min, avrei pagato l'attenzione che le ho riservato, tentando di umanizzare le sua azioni. Volevo intraprendere la strada narrativa di quelle persone che arrivano al suicidio perché non sanno come liberarsi da una relazione non andata a buon fine. Lei ama ancora Jacob, è stata la sua ombra per due anni. Non è ancora pronta a lasciarlo, ma nel suo inconscio sa che dovrebbe. Così tenta di fare qualcosa che possa risolvere il
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problema al posto suo. Ho visto un sacco di persone lavorare sul proprio subconscio in questo modo. Quello che voglio dire è che qualche volta le persone recitano, modificando la giusta prospettiva delle cose, per poi non sapere più uscirne, come Min e Jacob. Penso che Jack, l'ex di Vivian sia una figura reale, uno stronzo ignorante. Ragazzi come lui esistono in Texas. Hanno una ragazza stupenda che ti domandi come faccia a stare con loro, ma la loro storia è talmente lunga e profonda che restano insieme fino ad una rottura violenta. Mi racconti un episodio divertente accaduto durante le riprese? Il primo giorno di riprese i vicini del piano sotto stavano facendo sesso proprio mentre cercavamo di riprendere l'ultima scena del film, così abbiamo dovuto attendere per poter continuare. Certo, non avevano la minima idea di cosa stessimo facendo noi. L'intera sessione di riprese comunque è stata abbastanza comica essendo tutti amici intimi, in un appartamento, ma soprattutto nelle esterne dove non avevamo permessi e quindi giravamo con i microfoni nascosti sotto le giacche. Alla gente che chiedeva dicevamo che stavamo girando un filmino per un matrimonio. Ovviamente ci credevano: due persone, una camera molto piccola e dei microfoni wireless. Ma tu hai fatto qualche scuola di cinema o ti sei inventato regista? Nessuna scuola, ho studiato Letteratura Inglese. Ho imparato a girare film con i miei amici. Non posso che farti i complimenti... vediamo un po'... se avessi trovato il genio della lampada e potessi esprimere 3 desideri, cosa diresti? Onesto... probabilmente sarebbero sessuali, ma cercherò di resistere. Quindi: 1) Vorrei avere i soldi per il mio prossimo film; 2) Mi piacerebbe un sacco conoscere Bill Hicks (un comico di Austin che mi ha influenzato molto); 3) Vorrei la pace nel mondo e che sia risolto il problema della fame, ma so che è una cosa troppo grossa per un semplice desiderio e quindi vorrei che tutti possano ricevere da altri un gesto gentile. Se dovessi rappresentare il termine "indipendenza", solo con un'immagine, quale useresti? Una corda lunga legata con del nastro adesivo. Se non fossi diventato un regista, quale altro lavoro ti sarebbe piaciuto fare?
Mi sarebbe piaciuto fare l'architetto perché puoi creare qualcosa che poi molte generazioni utilizzano nella loro vita di tutti i giorni, riuscendo a toccarle senza una reale intrusione. Come ti vedi tra dieci anni? Un entusiasta e miserabile che vuole girare film. Perché miserabile? Sii ottimista suvvia... non saremmo qui a parlare se non si credesse nelle tua potenzialità. Ogni film è una sfida. Ho iniziato a fare film dodici anni fa e ho finito ora la mia terza collaborazione, ma mi piace ancora e mi sento un diciottenne con una nuova idea e la stessa voglia di iniziare il prossimo film ogni volta. Questo credo sia quello che provo: quello è come un luogo confortevole e familiare dove far volare la mia mente ogni volta che mi importa talmente tanto di una cosa che non vorrei fosse poi smentita. Capisco. Dunque preferisci essere pessimista per non portarti sfiga... Bene... Ora dimmi la domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui ti piacerebbe rispondere. Mmmh... difficile. "Chi non sa nulla di come girare un film, può farlo lo stesso?". Questa cosa non mi viene mai chiesta da nessuno e invece credo sia un passaggio necessario. Il processo può essere davvero umiliante e scoraggiante, nonché pieno di momenti di vero fallimento, ma se rimani attaccato all'idea che vuoi riuscire a fare il tuo film al meglio, continuando a girare e montare, se c'è il tuo cuore in tutto quello a cui lavori, farai comunque una bella figura. Fondamentalmente, mi piacerebbe vedere cose nuove che escono dalle persone che provano a buttarsi. Cosa farai dopo questa intervista? Incomincerò il trasloco nel nuovo appartamento. Oggi la giornata si preannuncia delirante. Mentre parlo con te sono circondato da scatole e paranoico perché devo parlare del mio film, per non contare che le scatole contengono tutte le note di regia e spezzoni in 16 mm di In Search che devo tentare di non rovinare e chissà cos'altro... E' un gran giorno diciamo: stiamo facendoci una chiacchierata in tutta tranquillità ora, ma poi dovrò mettermi di buona lena nello spostamento. Beh, allora ti lascio andare che poi non vorrei farti far tardi, tanto qui sono le 21.30 e potrei pensare di lasciare l'ufficio... Buona giornata Alex! Ciao e buona serata. Ti aspetto a L.A. che dobbiamo andare al ristorante di mio cognato.
Il cast al completo di “In Seach of Midnight Kiss” 73
The Big Pink Intervista di Marco Lombardo. Foto di Harley Weir.
La stampa inglese li ha definiti la band più “immanicata” in circolazione. I Big Pink, in effetti, qualche conoscenza ai piani alti dell’industria discografica devono essersela fatta in questi anni. Non tanto per quello scapestrato di Robbie Furze, fondatore della Hate Channel – misconosciuta label noise - e un tempo chitarrista di Alec Empire. Quanto piuttosto grazie a Milo Cordell, l’altra metà del gruppo, che oltre a trasudare coolness è il fondatore della Merok e occasionalmente talentscout infallibile. Il signor Cordell infatti non solo ha scoperto e fatto esordire sulla sua minuscola etichetta - sussidiaria del colosso indipendente Beggars Banquet - gruppi del calibro di Crystal Castles, Klaxons, Salem e Telepathe ma è stato anche fondamentale nella trattativa che ha portato gli Horrors alla XL Recordings. Non è difficile immaginare quindi come un curriculum del genere, associato a un innegabile talento musicale, abbia spalancato al duo londinese le porte della 4AD. La storica etichetta d’oltremanica che ha pubblicato “A Brief History Of Love”, il loro album d’esordio, uno dei più interessanti del 2009. Ne abbiamo parlato al telefono con Robbie.
Ciao Robbie come va? Tutto bene grazie (con voce stropicciata). Dove ti trovi in questo momento? Sono a Londra, in studio. Stai lavorando? In realtà stavo parlando con la mia fidanzata su Skype. Partiamo subito con l’intervista allora, così ti lascio tornare a cose più piacevoli. Nessun problema. Raccontami di come vi siete incontrati tu
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e Milo. Ci siamo conosciuti la notte di Capodanno del duemila ad un rave qui a Londra. Un party incredibile, su un barcone in riva al Tamigi. La mattina dopo, completamente distrutti, siamo andati a casa insieme, a piedi, attraversando la città deserta. Durante il tragitto abbiamo parlato di musica e la sintonia è stata immediata: stessi gusti, stessi ascolti, stessa visione. Entrambi eravamo ossessionati dal noise. Ognuno ha seguito
la sua strada per un po’ ma siamo sempre rimasti in contatto. Nel 2007 abbiamo deciso di unire le forze e sono nati i Big Pink. In che zona di Londra siete cresciuti? Tutti e due in West London, in Hammersmith, anche se non ci siamo mai incontrati sino all’età di diciotto anni. Facevamo parte di questa folle comunità underground di rave illegali, a base di musica hardcore. Giravamo l’Europa insieme, seguendo gli itinerari delle feste più assurde. Ci siamo
divertiti parecchio in quel periodo. Cosa avete studiato? Non credo di averlo mai chiesto a Milo. Io ho frequento la scuola d’arte Saint Martins ma mi hanno cacciato in fretta. Ero più un tipo da strada e squat occupati. Perché avete scelto il nome The Big Pink? Sono cresciuto ascoltando i The Band e in particolare l’album Music from the big pink. I miei genitori erano dei grandi fan del gruppo canadese. Mi hanno addirittura dato il nome Robbie in omaggio a Robbie Robertson. Milo fornirebbe una versione diversa. Lui è affascinato dall’immagine fisica evocata dal nome, qualcosa di molto più punk: quella di un grande pene. Avete iniziato sporcandovi le mani con sonorità industrial e noise. Come siete arrivati al suono di oggi? Da giovani eravamo totalmente immersi nella musica noise, in tutte le sue forme, soprattutto la deriva digital hardcore. Poi siamo cresciuti, sia come persone che come musicisti, e le melodie hanno iniziato ad affascinarci tanto quanto il rumore. Oggi credo che i Big Pink abbiano raggiunto il perfetto equilibrio tra le due passioni. Non è cambiato molto dal punto di vista compositivo. E’ la nostra sensibilità ad essersi evoluta. Ci tenete a definirvi una soul band mentre spesso venite accostati al fenomeno shoegaze. Cerchiamo di stare alla larga dalle definizioni. Il termine “shoegaze” è estremamente limitante. Apprezziamo alcune delle band che all’epoca rientrarono in quel calderone ma non ci riconosciamo nel mood generale evocato da quei gruppi, ne tanto meno nella loro estetica. Parliamo di soul music perché in quello che suoniamo c’è un’altissima partecipazione emotiva. Sotto le varie stratificazioni di rumore e di chitarre è presente una profonda connessione con la tradizione della musica Soul. E’ un genere che comunica in modo diretto e passionale, ha poche sofisticazioni, va dritto al cuore delle cose. Come siete arrivati ad incidere per la 4AD? Durante uno dei nostri primi show abbiamo notato tra la folla i ragazzi dei Tv On The Radio. Dopo il concerto sono venuti nel backstage per farci i complimenti e anticiparci che la 4AD, la loro etichetta, era interessata a quello che stavamo facendo. Il giorno seguente alcuni discografici si sono presentati nel nostro studio e ci hanno offerto un contratto. Immagino siate orgogliosi di pubblicare con l’etichetta che ha lanciato i Pixies e i Cocteau Twins. Puoi dirlo, è un onore. Siamo fortunati a la-
vorare con una label del genere e, cosa ancora più importante, siamo entusiasti di fare parte del gruppo Beggars Banquet: l’unica vera struttura indipendente alternativa al monopolio delle major discografiche. Non avete mai pensato di fare uscire i vostri dischi sulla Merok, l’etichetta di Milo? No perché quella struttura funziona come un laboratorio sperimentale con tirature molto limitate, che non superano mai le cinquecento copie. Sarebbe stato troppo impegnativo dover gestire ogni singolo aspetto della promozione legata ai Big Pink. Volevamo un’etichetta solida alle spalle che si occupasse di tutti i dettagli al di fuori della musica. Cosa significa per voi la parola noise? E’ un espressione di libertà assoluta. Il suono quando diventa rumore infrange ogni barriera, si trasforma in un magma indistinguibile. L’assenza di note lascia spazio alla sperimentazione più genuina e si affida a un linguaggio non più decodificato, matematico, ma basato sul flusso delle emozioni e la loro interazione con l’ambiente circostante. E’ il modo più onesto e puro di esprimersi. Come descriveresti la musica dei The Big Pink? Future primitive pop. Possiamo considerare A brief history of love un concept album attorno al significato della parola amore? No. Un concept album implica un’elaborazione dei contenuti ragionata: cosa che non è assolutamente avvenuta. La scrittura dei testi è stata istintiva. E’ un disco che parla di sofferenze, di stupide follie, di amori purissimi ma allo stesso tempo anche distorti, insani, malati. Non c’è solo l’amore per l’altra persona ma anche quello per se stessi, per le droghe, l’alcol, la natura, la vita in generale. Qual è l’idea dietro la copertina del disco e chi è l’autore? La foto è tratta dal repertorio di immagini di Vaughan Oliver e della sua compagnia la 23 Envelope. Negli anni ottanta si sono occupati di tutte le copertine originali del catalogo 4AD. In particolare quello scatto è stato fatto da un fotografo francese alla sua fidanzata dell’epoca. Nessuno ci ha saputo dire come si chiamassero o se siano ancora vivi. Quali sono le principali differenze tra i Big Pink dal vivo e quelli su disco? Dal vivo siamo decisamente più aggressivi, tendiamo a perdere il controllo, a mostrare le nostre radici noise e una certa predisposizione al nichilismo. Siamo quattro o cinque persone sul palco. Il suono si fa più potente e massiccio. Mentre Robbie parla sento sullo sfondo la
suoneria dei messaggi in entrata di Skype. Risponde alle mie domande e allo stesso tempo chatta con qualcuno. La copertina del singolo Too young to love è intenzionalmente provocatoria. Chi è l’autore e perché avete scelto di usare una foto in cui si consuma un triangolo erotico omosessuale? Credo sia una foto stupenda, altamente poetica anche se disturbante. Troviamo quell’immagine di Dennis Cooper semplicemente perfetta nella sua composizione e l’abbiamo utilizzata senza preoccuparci di valutare se avrebbe offeso qualcuno. Tre uomini che fanno sesso insieme. Cosa c’è poi di così sconvolgente? Da un punto di vista strettamente musicale come vi dividete i ruoli tu e Milo? Ci chiudiamo in studio e ci dedichiamo totalmente alla musica. E’ come fare l’amore. Non c’è alcuna separazione di ruoli. Ognuno si dedica a fare quello che gli piace. Lasciamo tutto al caso e alla spontaneità del momento. Avete prodotto A Brief History Of Love da soli tranne il singolo Dominos, che vede in cabina di regia Paul Epworth (già al lavoro con Bloc Party, The Rapture, Primal Scream, Florence and The Machine). Perché questa scelta? Non potevamo permetterci un produttore a tempo pieno. Il suono dell’album poi era già stato praticamente definito ed elaborato prima di volare a New York a registrarlo. L’aggiunta di un elemento esterno sarebbe stata superflua. Volevamo però fare un esperimento che non sconvolgesse la natura del disco e allo stesso tempo valorizzasse una delle canzoni più orecchiabili, Dominos. Così abbiamo chiamato Paul, che conosciamo e apprezziamo da tempo, e ovviamente ha fatto un ottimo lavoro. Tra l’altro Epworth ha anche prodotto il singolo Stop The World. Per quale motivo non è stato incluso nell’album? Odiamo quella canzone. Non ha mai funzionato dal vivo. Non siamo riusciti a renderla omogenea e compatta. Non ci rappresenta davvero. Quali sono i gruppi che vi hanno maggiormente influenzato? Le guitar band degli anni novanta come Sonic Youth e Dinosaur J, l’hip hop americano dello stesso periodo, il trip-hop di scuola Bristol, la musica industrial, il noise, i Ministry, il primo Brit-pop, in particolare gli Stone Roses, e tutta la discografia degli Smashing Pumpkins sino ad Adore. In quale stato d’animo siete più ispirati? Durante il down emotivo che segue una notte di festeggiamenti selvaggi. Qual è stato sinora il momento più impor-
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tante della vostra carriera? Suonare a Glastonbury e incontrare la mia ragazza a New York, durante le registrazioni del disco. Sento in lontananza una breve risata femminile, compiaciuta, e capisco che non siamo soli mentre facciamo questa intervista. Abbiamo un’ospite inattesa. Robbie mi spiega che è la sua fidanzata in collegamento da New York… Presto andrete in tour con i Muse. Vi piace la loro musica? Siete preoccupati di affrontare una vetrina così importante, almeno da un punto di vista numerico di pubblico? Non vediamo l’ora di andare in giro con i Muse, apprezziamo la loro musica. Suoneremo nelle arene davanti a un sacco di persone. Siamo in fibrillazione, non abbiamo assolutamente paura. Il palco è il nostro habitat naturale. C’è qualcuno in particolare con cui vi piacerebbe collaborare? Jimi Hendrix, peccato sia un sogno irrealizzabile, e Brian Eno. Siete stati remixati da alcuni dei nuovi
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artisti più interessanti in circolazione: Van Rivers & The Subliminal Kid, Mount Kimbie, Delorean, Gang Gang Dance. Mi racconti i retroscena legati a queste collaborazioni? Li abbiamo contattati chiedendo di rielaborare alcune tracce… Puoi aspettare un secondo? Suonano alla porta. Ho dimenticato che mio padre sarebbe passato a trovarmi. (Sparisce per qualche minuto, non prima di aver rassicurato la sua fidanzata con un “arrivo subito tesoro”)… Rimango in attesa provando ad immaginare l’aspetto del padre e mi domando se per caso Robbie stia indossando delle pantofole. Se sì, di che colore? Rosa? La sua voce poi mi riporta alla realtà. Eccomi di ritorno, scusa ancora. Nessun problema. In realtà non abbiamo ancora avuto occasione di incontrare quegli artisti straordinari. Siamo tutti troppo impegnati o troppo distanti. Gli unici che ho incrociato di recente sono i Mount Kimbie. Abbiamo fatto quattro chiac-
chiere seduti su una panchina in un parco, sono ragazzi molto gentili e di grande talento. Van Rivers & The Subliminal Kid hanno fatto uno splendido lavoro di produzione e di rifinitura del suono nell’album di Fever Ray, che adoriamo. Eravamo affascinati dall’idea che mettessero le mani su un nostro pezzo. Voi invece vi siete cimentati nel remix di 22 di Lily Allen. Come mai? E’ una mia amica da tempo. Pur non apprezzando particolarmente il brano originale abbiamo trovato molto intrigante il fatto di lavorare a un suo pezzo, destrutturarlo e renderlo più sporco, secco e rumoroso. Ci affascinano le sfide. Conosci qualche artista italiano? No, non credo proprio. Di recente però Mark Ronson mi ha chiesto di cantare un suo nuovo brano influenzato da sonorità Italo-Disco. Ci sono alcuni film o registi che hanno influenzato il vostro immaginario? Sicuramente Werner Herzog, David Lynch e Oliver Stone. Poi Dario Argento e Ken Russell. Qual è il primo gruppo di cui ti sei innamorato?
I Guns N’ Roses e subito dopo i Metallica. L’ultimo film che hai visto? Tesoro qual è stato l’ultimo film che abbiamo guardato? Si consultano un attimo… Antichrist di Von Trier che ho trovato intrigante anche se molto deprimente e 500 days of Summer, che mi ha fatto schifo. Hai un video preferito? In questo momento è Run this town di Rihanna e Jay-Z. Il mio preferito di tutti i tempi invece è Mary Mary dei Run DMC. Adoro ogni canzone che cita il nome Mary. Si lancia in una sviolinata sulla bellezza di quel nome e immagino, senza troppa perspicacia, che la sua fidanzata si chiami proprio così. Sento lo schioppo di qualche bacio mandato via Skype e faccio finta di nulla. In quale film ti sarebbe piaciuto recitare? Terminator 5 (esplodiamo a ridere, Mary inclusa). Cosa ti spaventa di più come persona? Che mi cada il pene. Non scherzo! (Delirio di risate. Mary in prima linea).
Cosa vi spaventa di più come band invece? Andare in tour con i Razorlight (ride soddisfatto) La tua serie tv preferita? True Blood. Se non fossi un musicista cosa vorresti essere? Vorrei essere ricco. Non c’è nessuna speranza che riesca a diventarlo facendo questo lavoro. Sei religioso? No. Sei innamorato? Follemente! Vuoi dire ciao alla persona che amo? Ovviamente! Che domande! Inizio una serie di convenevoli con Mary: come stai, cosa stai facendo, che tempo fa, come vi siete conosciuti (per la cronaca il giorno dell’intervista a New York pioveva). Per un istante rifletto sulla natura della nostra conversazione. Due computer che comunicano attraverso un telefono. Chissà cosa avrebbe pensato mio nonno… Quando è stata l’ultima volta che hai
parlato con i tuoi genitori. Cosa vi siete detti? Ieri sera. Ho chiesto a mia madre di cucire un buco in un paio di pantaloni. Mio padre è appena passato a prenderli. (Ride divertito ma ho come il sospetto che non stesse scherzando). Di solito qual è l’ultima cosa che fai prima di andare a dormire? Mi masturbo (serissimo questa volta). Il primo pensiero che hai avuto questa mattina appena sveglio? Fare sesso con la mia ragazza. Non potevo e mi sono masturbato. Suggeriscimi tre nuove band da intervistare. Cold Cave, Salem e Teengirl Fantasy. Hai già scritto una canzone d’amore dedicata alla tua fidanzata? Ho un intero album nel cassetto ma non so se verrà mai pubblicato. Come s’intitolerà? “Mary” ovviamente! Sento del miele caldo scorrermi sul collo. Sei un romanticone? Puoi dirlo, sono innamorato pazzo! Mary deve essere felice in questo momento.
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Brandon & Chuck Photography: SEAN MICHAEL BEOLCHINI Styling: ILARIA NORSA Asstnt Phtgrphy: GIOVANNI GALILEI Asstnt Styling: FABIANA FIEROTTI Special Thanks: Marco Rapisarda, Stefano Palumbo, tutti i membri dei Crocodiles, la ragazza di Chuck e la Grinding Halt.
Brandon: camicia APRIL77, giacca vintage - Chuck: camicia APRIL77
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Per questo numero di PIG abbiamo realizzato un servizio di moda con due “modelli” d’eccezione, Brandon e Chuck: i Crocodiles, di cui potete anche leggere l’intervista tra qualche pagina.
Chuck: camicia SURFACE TO AIR, jeans DIESEL
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Brandon: camicia APRIL77, jeans LEVI’S, scarpe vintage - Chuck: camicia APRIL77, jeans DIESEL, scarpe CLARKS
Brandon: camicia FOLK
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Brandon: camicia APRIL77, jeans LEVI’S, scarpe vintage
Brandon: golf APRIL77, jeans LEVI’S - Chuck: camicia SURFACE TO AIR, pantaloni APRIL77, scarpe CLARKS
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Brandon: camicia FOLK
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Chuck: maglia APRIL77, jeans DIESEL, scarpe CLARKS - Brandon: camicia APRIL77, jeans LEVI’S, giacca vintage
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...Crocodiles
Intervista di Marina Pierri.
Hanno infestato l’estate del 2009 con feedback e distorsioni da fare sanguinare le orecchie e l’hanno fatto con un album chiamato, peraltro, “Summer Of Hate” (leggete l’intervista per scoprire perché hanno scelto il nome). Tra le loro fonti e influenze citano Spacemen 3, Jesus And Mary Chain e Velvet Underground, ma mettete su il loro fortunatissimo singolo “I Want To Kill” e scoprirete una citazione delle Crystals, il girl group. Vengono da San Diego e se la fanno con i migliori nomi dell’anno: Wavves e No Age. Sono stati stroncati e coccolati in uguale misura dalla critica americana ed europea, ma vedono un aspetto positivo anche nelle recensioni pessime. Hanno poco più di venticinque anni e un entusiasmo spaventoso. Sono i Crocodiles. E qui di sotto Charles Rowell, voce e chitarra della band – dallo Spazio 211 di Torino - ci racconta i per che e i per come della loro avventura nel favoloso regno dell’hype. Ciao. Oh, ciao. Ti disturbo? No, affatto, ma fammi andare in camera, così non c’è tanto chiasso in sottofondo. Siete a Torino? Si, siamo a Torino. State per suonare allo Spazio 211, se non ho capito male. Si, esatto. Mi dicono che sia una delle migliori venue d’Italia, anche se non ci sono mai stata. A me sembra fantastica! Allora, come forse saprai, quest’intervista è per PIG Magazine… Si, si abbiamo fatto il photoshooting oggi pomeriggio. Persone bellissime, Sean e gli altri. Domani ripartite? Si, andiamo a Ravenna. E poi dopo passiamo da NYC. Oh, grande, andate a suonare a NYC, sono appena tornata. Dove? Oh no, non ci fermiamo, facciamo solo scalo, perché siamo diretti a Seattle. Iniziamo il tour americano con una band che non so se conosci, i Raveonettes. Certo che li conosco! Però a NYC abbiamo suonato di recente, alla Music Hall of Williamsburg. Con gli Horrors. Scusa, non ti ho chiesto… ma sei Charles o Brandon? Sono Charles. Ok Charles, ti va di presentarti? Certo! Vado? Vai. Sono Charles Rowell dei Crocodiles e ho 27 anni e sette giorni (il mio compleanno è stato una settimana fa). Oggi è il 27 di ottobre e sono a Torino, dove suonerò questa sera. E…. vengo da San Diego! Bene. Tu e Brandon Welchez, prima dei Crocodiles, suonavate assieme in una band punk chiamata The Plot To Blow Up The Eiffel Tower. Come è avvenuta la transizione? Non così dolcemente come avremmo voluto. Quando i PTBUTET si sono sciolti io e Brandon abbiamo lavorato a due altri progetti per conto nostro. Nel frattempo, però, è successa ogni sorta di sfortuna. Nessuno dei due stava facendo un minimo di successo con la musica, poi un nostro amico è morto e abbiamo avuto anche un lutto in famiglia. È stato un periodo davvero difficile. Devi sapere che io e Brandon
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siamo molto affezionati: abbiamo scoperto che le cose non funzionavano soprattutto perché noi due non funzionavamo bene lontano uno dall’altro. Allora abbiamo fatto un patto. Abbiamo deciso che avremmo ricominciato a suonare insieme. E sono nati i Crocodiles. Si, era l’anno scorso, il 2008. Non volevamo continuare a suonare punk: eravamo abbastanza consci del fatto che quella musica venisse da un luogo oscuro, dove, dopo tutto quello che era successo, non ci piaceva più tanto avventurarci. Non ci sembrava più giusto scrivere soltanto quando avevamo sentimenti fortissimi, o negativissimi. Volevamo scrivere anche quando stavamo bene e, soprattutto, cantare e fare musica non soltanto per chi stava male. Perciò abbiamo provato a dare vita a qualcosa di evoluto, che non lasciasse andare del tutto quelle sensazioni estreme ma fosse anche, beh, più pop. Ok: pop. Si. Del resto, lo sai, non riuscirei mai ad ascoltare continuamente le stesse cose che ascoltavo quando esistevano i PTBUTET. Ero più piccolo. Lo saprai anche tu. Una determinata musica costituisce una determinata fonte di ispirazione in un determinato periodo della tua vita. Poi i periodi si succedono. E quella determinata musica non ti interessa più. Con i Crocodiles abbiamo tentato di trovare una via di mezzo tra le chitarre acustiche, o comunque un suono più intimo e le cose che amiamo e ci portiamo dietro come eredità. Per esempio i Birthday Cake o i Bauhaus. Ma anche i Beatles, o i Pixies, o i Kinks. A proposito di pop. Sono sicura che moltissime persone vi avranno fatto notare che l’incipit di I Want To Kill ricorda molto da vicino quello di And Then He Kissed me delle Crystals. (ride, NdR) Si, quell’unico riff si, molte persone ce l’hanno fatto notare. Beh, l’abbiamo fatto apposta. È una canzone, del resto, e come tutte le canzoni esce da una “fabbrica”, la fabbrica del pop. A noi è sembrato abbastanza normale inserire un mini-rimando, un aggancio. Anche i Ramones l’hanno usato… e molte altre. Quel pezzo è un classico. Oh, ma io adoro quel pezzo, e adoro che voi abbiate scelto di usarlo… così fuori contesto poi… non voleva affatto essere una domanda polemica, o una critica.
Aaaah, bene! Pheeeew (ride, NdR) Ci hanno criticato tantissimo per questa storia di And Then He Kissed Me. Sai come sono i giornalisti, no? (ride di nuovo, NdR) Siamo stati davvero riempiti di merda per la scelta. Assolutamente, mai passato per la testa. La canzone è fantastica e, ripeto, decontestualizzare il riff in quella maniera ha un “effettocitazione” notevole. Mi piace da matti. Grazie, davvero. Anche se in realtà ce ne siamo pentiti moltissimo. Ci siamo chiesti se avessimo esagerato, se avessimo, quasi, giocato col fuoco. Molti l’hanno sentita come un’eresia, persino come una mancanza di rispetto perché, sai, la canzone delle Crystals è una canzone d’amore e la nostra, beh, il titolo si spiega da sé direi. Ma era il nostro modo di omaggiare i girl group, Spector, una parte di pop che ci è immensamente cara. Quindi mi pare di capire che non avete avuto vista facile con la critica. Non sempre. Anzi, più no che si. Il che mi porta – e scusami se suono brusca – alla cattivissima recensione che avete avuto su Pitchfork (4.1/10, NdR). Si, davvero una pessima recensione! Non solo nel voto. Pitchfork ha preso, diciamo, una posizione molto precisa nei nostri confronti. Come hai preso la faccenda? Ovviamente all’inizio l’abbiamo presa male. Poi abbiamo visto che molta gente veniva ai concerti apposta per quella recensione o ci conosceva grazie a quella. E abbiamo imparato a vedere il lato positivo di una brutta cosa. Leggete spesso Pitchfork? Come lo vivono i musicisti americani? Beh, con timore ma anche con ironia, o sarcasmo. Ormai, voglio dire, lo sapete anche in Europa che a una band basta avere un ottimo voto su Pitchfork perché il cachet dei live lieviti di tre volte, per dirne una. Essere più di un’otto vuol dire avere un’esposizione molto speciale, essere invitato ai loro festival tra i migliori talenti, essere intervistati mille volte e potere avere un parere ascoltato da tutti. Non si scappa dall’effetto-Pitchfork, se sei un musicista americano. E avere una recensione come la nostra equivale un po’ ad essere ostracizzato. Ostracizzato ma anche… al di fuori della massa. Esatto, assolutamente. Conosco un sacco di band che hanno avuto recensioni tiepide, su Pitchfork - ma non solo - e la cosa è terribil-
mente frustrante. Avere un quattro ti fa almeno emergere. Tutti si ricordano di te, come ti dicevo. Eppure, io credo che si tratti di una critica di “reazione” e non di “ricezione”. Voglio dire: quando è uscita la recensione avevate già fatto un giro assurdo di blog ed eravate stati promossi da gruppi, peraltro, molto celebrati dallo stesso Pitchfork, come Wavves e i No Age. Lo credo anche io; mi sembra che abbiano reagito all’hype e scusa se magari pecco di immodestia. Non so se ci sia stata malignità, ma non credo. Hanno semplicemente creduto che fossimo poco originali e il nostro seguito fosse ingiustificato. Così l’hanno scritto. Del resto, tutto quello che concerne un prodotto e un pubblico, può non essere amato, o accettato: e chi produce deve tenere in considerazione che la possibilità si concretizzi. No? Quindi non è cambiato nulla per voi, dopo la recensione? Assolutamente no. Anzi: ognuno ha un’opinione su di noi! Siamo diventati un argomento di conversazione che va al di là del “mi piace” e “non mi piace”, che è davvero una conquista per una piccola band di San Diego. Lo diceva anche Madonna [ride, NdR]: “bad press is good press”. Cambiando argomento: domanda banale ma sempre efficace… come siete finiti su Fat Possum? È l’etichetta di Wavves, vostro amico. Ha avuto qualcosa a che fare con la cosa? Non so se sai che all’inizio avevamo solo video, non canzoni da ascoltare. Avevamo quest’idea assurda di poter “pilotare” le immagini nella testa di chi ci prestava un orecchio. Beh, abbiamo imparato una lezione preziosa: non si possono pilotare le immagini nella testa di nessuno. Così abbiamo smesso e ci siamo rassegnati. Abbiamo iniziato a incidere come facevano tutti gli altri. Alla fine abbiamo fatto benissimo. E cos’è successo poi? È successo che a dicembre del 2008, circa, abbiamo deciso di mettere I Wanna Kill su MySpace. Abbiamo ceduto. Non sono sicuro, a dire la verità, che Nathan (Williams, cioé Wavves, NdR) abbia dato un’imbeccata all’etichetta o altro, sta di fatto che dopo pochissimi giorni la Fat Possum si è fatta viva e ci ha chiesto quanti soldi ci servivano per sfornare un disco intero e che tipo di contratto avremmo voluto. Abbiamo detto subito di si. Per rispetto della Fat Possum che conoscevamo benissimo, naturalmente, ma anche perché nessun altro ce l’aveva chiesto! Tra l’altro ha un roster fantastico, molto variegato. Oh si… c’è Andrew Bird, ci sono i Fiery Furnaces, gli Heartless Bastards, i Dinosaur Jr, gli Heavy Trash… anche nomi non necessariamente legati al “piccolo” indie-rock americano se capisci cosa intendo. Di solito sono le band che rincorrono i discografici. Mi pare che nel vostro caso sia stato il contrario.
Esatto, siamo stati davvero fortunati sotto questo punto di vista. Senti, ma parlando ancora di Wavves. Saprai che è uno dei personaggi più controversi dell’anno; ed è di San Diego, come te. Siete amici o vi conoscete, che so, di vista? Oh si, conosciamo Nathan da tantissimo tempo. Voglio dire lui è giovanissimo ora, ma io lo ricordo quando era davvero giovanissimo! Cosa pensi di quello che è successo sul palco del Primaverasound Festival di Barcellona? (il “meltdown” che ha portato alla cancellazione del tour europeo, NdR) È una situazione-medaglia, direi. È stata una fortuna e una sfortuna allo stesso tempo. Voglio dire, se fosse successo su un palco più piccolo e non in Europa, nel bel mezzo del primo tour internazionale, certamente si sarebbe chiusa lì e non staremmo qui a parlarne. Invece è dovuto succedere in quel momento, quando due continenti quasi interi avevano gli occhi puntati su di lui, sul suo successo e tutto il resto. Io penso che la gente del suo entourage abbia esagerato: nulla è stato fatto senza il suo consenso, ma come ti dicevo è giovane e quella quantità assurda di date si è tradotta, nel suo caso, in una quantità inimmaginabile di stress. Lo difendi, dunque? Non credi che annullando tutte quelle date si sia comportato in maniera non professionale, indipendentemente dalla sua età? Lo difendo per forza, perché è mio amico. Quando é tornato a casa e gli ho chiesto cosa diavolo avesse combinato era blu in faccia come se avesse fatto la più orribile delle azioni, ma ha tagliato corto. Mi ha detto “mi stavo divertendo un po’ troppo” e io ho capito che era successo tutto per il mix assurdo di robe (droghe) che aveva ingoiato. Anche quello, però, è causato dallo stress. Non voglio fare Matusalemme, ma come ti dicevo prima parlando di TPTBUTET, quando si è più piccoli si è più familiari con una serie di sensazioni e desideri estremi. Io credo che lui fosse talmente stanco da non voler sentire niente, non vedere niente, solo andare a casa. Il batterista poi; tra loro c’era una bomba pronta a scoppiare. Se anche la faccenda del “meltdown” non fosse successa, forse sarebbe successo di peggio, perché i due non si tolleravano neanche lontanamente, e da tanto. Per esperienza ti dico che non puoi fare buona musica con una persona con la quale non sei affatto in sintonia. Non va. È come una chitarra scordata: senti la nota, ma è tutta sbagliata. Per il resto, si, si è comportato in maniera davvero poco professionale, non sto a scusarlo. Non l’avrei fatto al suo posto. Ma Wavves ora sta meglio, no? Si, decisamente. Abbiamo suonato da poco assieme ed è stato incredibile: non faccio per dire, ma era una tripletta da paura. Noi, lui e i No Age. Abbiamo tirato giù il club! Non stento a crederlo! Ma parlando di No Age… So cosa stai per chiedermi: il singolo di Neon Jesus, la loro promozione…? Vero? Oddio, sono troppo prevedibile!
A dire il vero speravo che volessi chiedermelo perché credo che abbiamo un debito non ancora estinto con loro e mi fa piacere parlarne. Magari, non so, in Italia non sono molto famosi? Oh no, sono famosi in Italia, certo. Se ne parlava parecchio fino a qualche mese fa. Beh, per noi è cominciato tutto, davvero grazie a loro. Pensa che parlarono di noi tra i loro migliori singoli del 2008, su Stereogum. E parlando di voci che non si possono ignorare nella musica americana, saprai meglio di me che Stereogum è una di queste. Poi c’è stato il SXSW: ci hanno presentato, portato ovunque… davvero… grazie No Age! Parli del SXSW 2009? Si. Sai che siamo in tour da allora, più o meno ininterrottamente? E quest’anno ci torniamo! Porterete in tour un nuovo album? Si, esatto! Al momento siamo davvero pieni di adrenalina. Non ci sediamo in uno studio da tantissimo e non vediamo l’ora di farlo. Il programma è fare tutto entro gennaio/febbraio ed essere belli pronti per marzo, appunto. Quindi non siete il “classico” tipo di musicisti che odiano andare in tour, diventano isterici dopo un po’ eccetera? No, al contrario. L’unico problema è che Brandon ha una famiglia vera e propria e io una fidanzata. E ci mancano. Per il resto la vita per strada non ci dà nessun fastidio. A dire il vero conto i giorni prima del prossimo SXSW! È il festival musicale più bello del mondo e lo so perché ci vado ogni anno da cinque anni. Non potrei essere più d’accordo per noi è una vera festa. Lo aspettiamo tutto l’anno. L’ultima volta ci hanno anche intervistato per il New York Times. Ok, ultima domanda, o quasi: perché avete deciso di chiamarvi Crocodiles e perché il disco si chiama Summer of Hate. Allora. Summer of Hate è una referenza molto chiara, ma non so perché non la nota nessuno! È che io e Brandon siamo veramente appassionati di tutto quello che è 60s e, insomma, hai presente la celebre Summer of Love? Ah, giusto. È vero. Non ci avrei pensato. Ecco siccome noi siamo forse più ispirati al lato buio degli anni Sessanta, allora abbiamo cercato un effetto “specchio”… tutto il contrario, l’inverso. E il nome, invece? La spiegazione per quello è molto più banale. Ti ho detto che abbiamo sempre amoreggiato, o comunque siamo più legati a un certo tipo di emozioni profonde, a un certo tipo di rock… Non ti ho chiesto nulla su Velvet Underground e Jesus and Mary Chain perché penso sia fin troppo ovvio il vostro legame con loro. Bene, anche perché probabilmente ti avrei risposto che “il nostro legame con loro è fin troppo ovvio!” ... dicevi. Nulla, abbiamo scelto un nome aggressivo. Eccolo. I coccodrilli. Soddisfatta? Direi di si!
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Roxane Photographer: marko righo Model and stylist: roxane danset Thanks to: Mkii - www.claptonisgood.com
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Giacca in pelle senza maniche vintage
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Vestito by ROXY
Vestito by Sessun, stivaletti by Minnetonka 113
Sciarpa by Roxy
114 PIG MAGAZINE
115
116 PIG MAGAZINE
Poncho by adidas
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Giacca vintage, maglietta SIXPACK, jeans DIESEL
118 PIG MAGAZINE
Giacca SESSUN, cappello vintage
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Body by American Apparel
120 PIG MAGAZINE
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PIG’s Best of Music 2009
Di Depolique
La Extended Version presto online su pigmag.com
Album
Edward Sharpe & The Magnetic Zeros - Up From Below (Rough Trade) Ascoltato e riascoltato, consumato. Esplorato in ogni dove, imparato a memoria. Non se n’è parlato tanto in giro dell’esordio di Alex Ebert e della sua numerosa ciurma. Poco male, lo celebriamo per bene qui. Una dozzina di neo hippies a spasso per gli States su un vecchio scuola bus, cantano storie che sanno di folk e psichedelia e si avvicendano l’un l’altra con grande naturalezza, tanto da farsi ricordare e alla lunga aggrapparsi dentro al cuore.
The xx - s/t (XL) Romy, Oliver, Jamie e Baria: vent’anni di Londra, vent’anni di ascolti. Una piccola rivelazione, una piccola rivoluzione che arriva in punta di piedi. Una boccata d’aria fresca, vitale dopo tanto frastuono. Più che le canzoni (a ciascuno la sua) a colpire è l’atmosfera che caratterizza questo esordio: i suoni e i colori. I sospiri. Ma soprattutto lo spazio lasciato a noi da riempire.
Fever Ray - s/t (Rabid Records) Se Silent Shout era la prova Fever Ray è la conferma. Karin Drejer, in famiglia, da sola o coi suoi alter ego, è artista tra i più espressivi e sorprendenti in circolazione. Fever Ray è lento, oscuro e seducente, costruito attorno alla sua voce unica. Un album che cresce esponenzialmente sulla lunga distanza integrandosi e completandosi con i numerosi e pregevoli remix che lo accompagnano.
Animal Collective - Merriweather Post Pavillon (Domino) Monopolizza i mesi che lo precedono e quelli antecedenti la sua uscita. L’opera più “facile” degli Animal Collective è caso dell’anno e tra i dischi del decennio, il loro il nome di cui riempirsi la bocca, l’allucinata euforia elettrica di MPP, il nettare di cui riempirsi le orecchie. Chi li ama da tempi non sospetti non può che gioire.
122 PIG MAGAZINE
Phoenix - Wolfgang Amadeus Phoenix (Loyauté) Nell’anno di stanca dell’electro transalpina fanno capolino i Phoenix. Redivivi o meglio Re. Con l’aiuto di un Zdar, altro big della vecchia scuola, mettono insieme il loro miglior disco.
Tiga - Ciao! (PIAS) Da dj a icona, dalla techno a MTV. Senza vendere l'anima al Diavolo. Tiga indossa la sua day version e con l'aiuto del suo entourage mette la freccia e supera di slancio Sexor sulla corsia del pop. Si ferma alle colonne d'Ercole: non plus ultra. Cosa succederà domani?
Jack Peñate Everything Is New (XL) Da anonimo menestrello a romantico esploratore Peñate veleggia sotto la guida di Paul Epworth verso nuovi mondi. Dal continente nero ai Caraibi non è poi così lunga, se sai bene dove andare. Adesso abbiamo imparato anche noi.
Taken By Trees East Of Eden (Rough Trade) La regale Victoria vola in Pakistan, sfidando paure ed evidenti avversità, spinta dal desiderio sposare la sua canzone con una musica che l’ha sempre affascinata. Insomma portare un altro mondo nel suo mondo. Missione compiuta.
jj n° 2 - (Sincerely Yours) Da un costola dei Tough Alliance (o almeno così sembrerebbe) un viaggio tutto luci e ombre lungo da Manchester alle coste svedesi passando per spiagge baleariche che vive tanto di momenti romantici e rurali quanto di slanci chimici.
King Midas Sound - Waiting For You (Hyperdub) La brutalità di The Bug sostituita dal sentimento del lovers rock. I KMS ci riportano ai fumi di Tricky e Massive Attack, ma il loro trip guarda oltre, alle radici del dub e della canzone, per scavare nei meandri emotivi di passione e sofferenza dove la realtà è uno stato ipnotico permanente. G.S.
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Songs
Edward Sharpe & The Magnetic Zeros - Home Jade e Alexander, un po’ per ciascuno, cavalcano fianco a fianco questo incalzante duetto in chiave country folk. Basta un attimo e siamo lì anche noi, spettatori della loro storia, con il cuore in gola e la pelle d’oca.
Animal Collective - My Girls Anthem annunciato già da fine 2008 il manifesto di MPP, ad oggi è il caleidoscopico inno del terzo millennio.
jj - Things Will Never Be The Same Again Bucolica e colorata, malinconica e piena di vita: una fiaba in versione dance.
+
The xx - Intro Intro risucchia all’istante nell’universo xx. Come fosse un motivo alieno che innesca reazioni inaspettate: una tempesta di immagini e sensazioni. Medicina per il corpo e per la mente.
Phoenix - Lisztomania I Phoenix sanno cavalcare il tempo e riportarlo indietro. Come ci riescano è un mistero, ma all’improvviso ci ritroviamo teenager. Lisztomania apre le danze.
Bat For Lashes - Daniel Atmosfera spettrale e taglio eighties, come una festa disco nel salone da ballo di un antico castello. Sul palco Natasha che canta con voce vellutata il suo primo vero hit.
Fever ray - Triangle Walks Il brano più “facile” dell’esordio di Fever Ray monta piano piano, come un sole che sorge e resta lì a galleggiare, squarciando la notte con lampi di luce. Ma solo per un po’, prima di riassopirsi.
Jack Peñate - Tonight’s Today Afrobeat spinto e ritornello scioglilingua, Tonight’s Today è stato anthem tra i più trasversali: buono per l’FM quanto per il dancefloor.
Tiga - Shoes Punto di equilibrio tra slancio pop e muscoli Shoes è il singolo naturale di Ciao!. Se poi nei club la gente leva anche le scarpe al cielo...
Jon Hopkins - Light Through The Veins Anthem pop in technicolor che, in nove minuti di elettronica ambient, progredisce fino all’estasi balearica mettendo d’accordo Ulrich Schnauss e i Coldplay. G.S.
Zomby - Tarantula, El Perro Del Mar - A Change Of Heart, Fuck Buttons - Surf Solar, Delorean - Seasun, Trailer Trash Tracys - Candy Girl, Julian Casablancas - 11th Dimesion, Dead Man's Bones - My Bodies is a Zombie For You, Lily Allen - Not Fair, Leonard Cohen - Tower Of Song (Live In London 2008), Holy Ghost - I Will Come Back...
124 PIG MAGAZINE
Remix
Florence & The Machine - You’ve Got the Love (Jamie xx rework feat. The xx) Più che un remix un re-edit o forse una cover. La cover di una cover. Qualunque cosa sia gli xx la svuotano e la ricantano, poi la voltano 2-step. Sembra tutto così semplice, ma il cuore va fuori giri.
La Roux - In For The Kill (Skreams Let’s Get Ravey Remix) Skream porta la rossa giù da “basso” e poi la abbandona nella “giungla”, sola con brutti ricordi e cattivi pensieri. Che poi sono il nocciolo della questione.
Fever Ray - When I Grow Up (Dan Lissvik Remix) Il mago Lissvik armato di chitarra e flauto di Pan trasforma uno degli incubi di Fever Ray in un sogno ambientato sulle Ande.
The xx - Basic Space (Pariah Remix) Il giovanissimo producer narcotizza l'asso dei coetanei. Tutti a spasso come sonnambuli tra le luci all'improvviso sfuocate e i ritmi della metropoli londinese.
Franz Ferdinand - No You Girls (The Grizzl AKA Claude Von Stroke Remix) Claude Von Stroke si diverte con l'inutile singolo dei Franz Ferdinand. Il risultato è un funk preistorico sbilenco con il povero Karpanos a inseguire, preso per il pitch manco fosse Fred Flinstone.
Jack Peñate - Pull My Heart Away (From The Beach Remix) Agrodolce come una summer romance questa versione balearica (sotto sotto c'è Paul Epworth?) mette il fuoco alla ballatona dell'album di Peñate. Epica.
Phoenix - Lisztomania (Classixx Remix) I Classixx portano i Phoenix in vacanza: anthemone estivo per eccellenza.
The Big Pink - Velvet (Van Rivers & The Subliminal Kid Remix) VR e SK spogliano l'hit dei Big Pink. Liberata dagli eccessi, trade mark del duo Brit, Velvet galleggia come aspirina effervescente liberando in un crescendo tutta la carica drammatica.
Friendly Fires - Skeleton Boy (Air France Remix) Summer breeze firmata Air France. E la vita cambia colore. I Friendly Fires, miracolati, come l'anno scorso con gli Aeroplane, ringraziano.
Doves - Kingdom Of Rust (Still Going Remix) Cala la notte nel "Regno Della Ruggine" e il paesaggio si fa ancora più desolante. La title track dell'ultimo Doves centrifugata da Still Going diventa un cocktail straniante di vuoti e riverberi. 125
PIG’s Worst of Music 2009 David Guetta Il re del pattume house quest’anno ne ha combinate di cotte e di crude. Non bastava un tormentone, ci voleva per forza un album e chissà quanti singoli… Tanti singoli implicano tanti video. E che video… “Il più grande DJ del mondo”, “il più grande creatore di musica house francese”, le etichette tragicomiche che gli hanno appiccicato, non aiutano, ma lui, non pago, si è reso pure complice di I Gotta A Feeling dei Black Eyed Peas. Qualcosa gliel’avremmo anche perdonato, ma quando è troppo è troppo.
Gossip - Heavy Cross nella pubblicità della TIM
Dovremmo essere contenti che i nostri amici Gossip riescono a portare a casa un po’ di soldini; d’altronde oggi i dischi non si vendono più e in qualche modo bisogna arrangiarsi. Dovremmo anche essere contenti che la TIM ha scelto loro invece dell’ennesimo parto di Vasco o del Mika di turno. Dovremmo. Ma quando parte lo spot e sentiamo Heavy Cross sopra De Sica e la Rodriguez la sensazione è una sola: fastidio.
Wavves @ Primavera Sound Festival: Va bene l’entusiasmo tipico dei vent’anni, l’inesperienza, l’emozione e qualche vizietto (chi di noi non ha mischiato Xanax, Ecstasy e Valium almeno una volta prima di un appuntamento importante?), ma il teatrino e successivo tracollo che ha coinvolto Nathan “Wavves” Williams quest’estate al Primavera Sound di Barcellona è stato un autogol che ha rischiato e rischia di mandargli a monte la carriera. Di sicuro gli ha fatto saltare un tour europeo. Sarebbe un peccato più che altro per lui, perché noi della sua musica possiamo fare tranquillamente a meno.
Oasis Provo sempre un gran piacere quando chi non ha più nulla da dire si fa da parte. Specie se si tratta di gente che da quasi quindici anni non combina niente di buono. Ma c’è modo e modo; andarsene così, a tre date dalla fine del tour, e lasciare a bocca asciutta migliaia di fan (Parigi, Costanza e Milano), probabilmente tornati in anticipo dalle vacanze, è comportamento deprecabile, irrispettoso e da maleducati. Ma che i fratelli Gallagher non fossero due personcine a modo già lo sapevamo. Attendiamo spazientiti la regnino. Speriamo ci risparmino la reunion.
Vasco Rossi - Ad Ogni Costo (cover di Creep dei Radiohead) Come violentare una delle canzoni più belle di sempre. C’è tutto Vasco in questa cover: il solito testo da prima elementare del Vasco nazionale, un’interpretazione comatosa e quel sapore hard rock stagnante. Darei l’ergastolo a tutti quelli che hanno contribuito a questo scempio: casa discografica, editore e clan di Rossi, che poverino manco saprà chi sono i Radiohead.
Special Guests: Non ho memoria di indimenticabili album farciti di ospiti speciali. Se quello che hai da offrire è scarso non c’è guest, cover o packaging che tenga. Anzi, il più delle volte sono indici del contrario. Quest’anno ci sono cascati in molti; un nome su tutti? Basement Jaxx. Scars, che non vi abbiamo consigliato, è tutto featuring e niente arrosto. Prendete She’s No Good,con l’ottimo Eli Paperboy Reed, praticamente la nuova Mambo No. 5. Aiuto!
126 PIG MAGAZINE
Mika We’re Golden Dopo il “caso Relax” si conferma furbo tra i furbi. Con il nuovo tormentone We’re Golden è riuscito a riunire Walking On Broken Glass di Annie Lennox, Heaven Is A Place On Earth di Belinda Carlisle e Livin’ On a Prayer di Bon Jovi. Praticamente un mash-up. Se questo non è talento...
Il ritorno della new age, della musica chill out e lounge: E’ realtà. E il peggio deve ancora arrivare. Il rigetto verso certo baccano elettro e il revival balearico hanno sciaguratamente riportato in auge questo fenomeno soporifero che grazie al cielo si era assopito. Musica per chi non sa cosa vuol dire. Dischi per chi non ne possiede.
Overhyped: The Virgins + Girls Tra le band più chiacchierate di questo 2009 The Virgins e Girls hanno raccolto probabilmente più di quanto seminato. Se i primi si sono ritrovati in prima pagina prima ancora di uscire con il disco - college rock USA paraculo circa 1993 - grazie alle amicizie giuste e al look stiloso, dei secondi non si può dire lo stesso. Il loro Album, celebrato in ogni dove, è passato dalle orecchie di tutti. Un buon disco, ok - anche se a me continuano a ricordare un incrocio tra Ariel Pink e i Pulp -, ma non riesco a darmi ragione di tutto questo clamore…
PIG’s Rest Guilty Pleasure: Shakira - She Wolf (singolo + video).
Woman: Karin Dreijer Andersson (Fever Ray)
Woman: Menzione speciale per Silvia (Ah, Wildness!) Foto di Romain Bernardie James
Foto di Tony Hart
Quel contagioso groove di basso in levare, la chitarrima funky e quel ritornello che si apre come un fiore. E poi arriva Shakira, fasciata da quella tutina invisibile, imprigionata in una gabbia dorata che ulula, si dimena e porta a spasso il suo “best of” come solo lei sai fare… Chiedo perdono perché ho peccato.
Album, canzone, remix e video: Karin piglia tutto. E avrei aggiunto pure live (se non fosse per il buon vecchio Leonard). Si perché Fever Ray non può prescindere dalla sua messa in scena, un momento intensissimo, quasi religioso. Dark, magnetica, severa, intrigante e al tempo stesso inquietante: protagonista assoluta di questo 2009.
(A)Live: Leonard Cohen Leonard Cohen, 21 settembre 2009, Barcellona, nel giorno del suo settantacinquesimo compleanno. Data conclusiva di un tour europeo che potrebbe essere l’ultimo (così ha detto lui salutandoci). Per chi non ha mai avuto la fortuna di vederlo c’è un Live In London 2008, registrato e filmato all’inizio di questa interminabile tournée e uscito a marzo, che immortala alla perfezione un evento che a parole è difficile restituire. Per chi non lo conosce c’è una discografia che vale la pena di essere esplorata. Gentiluomo, prima di tutto, poeta e tra i più grandi cantastorie di sempre.
Gli Ah, Wildness! ci sono e si faranno, di questo sono sicuro. Nel frattempo la scena è tutta per Silvia, la loro chitarrista/cantante. Mai vista da queste parti una fanciulla armata di chitarra tanto sexy e grintosa. Sul palco pare un amazzone timida: un piacere per gli occhi e per le orecchie.
Man: Dan Lissvik Già amatissimo per il suo lavoro insieme a Rasmus Hägg come Studio e per il suo disco solista, lo svedese Dan Lissvik quest’anno ha voluto esagerare. Oltre al disco come The Crêpes con Fredrik Lindson (The Embassy), uno zampino nel disco di Lake Heartbeat e alla produzione del nuovo El Perro Del Mar, tra le cose più eleganti uscite quest’anno, portano la sua inconfondibile firma il missaggio East Of Eden di Taken By Trees e il remix di When I Grow Up di Fever Ray entrambi nel nostro meglio.
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Foto di James Pearson-Howes
Foto di James Pearson-Howes
Piglist:
Per questo numero speciale di Natale le piglist sono curate da due dei nomi di punta della compilation 5 Years Of Hyperdub, la nostra raccolta dell’anno.
James Young (Darkstar)
Kevin Martin (King Midas Sound)
Se i Darkstar sono l'anima pop dell'Hyperdub, James Young è l'anima elettronica di buon gusto dei Darkstar.
Il passato sonico violento di Kevin Martin (The Bug/King Midas Sound) cerca una spiegazione nell'afrofuturismo e la redenzione definitiva nel dub con un biglietto di sola andata per Kingston.
Darkstar - Aidy's Girl Is A Computer, Zomby -
Ras G & The Afrikan Space Program - 3am Downtown LA,
Migraine Skunk, Nite Jewel - What Did He Say,
Mark Pritchard - Elephant dub, Demdike Stare - Symbio-
Actress - Purple Splash, Zackey Force Funk - Bombs, The
sis, Intrusion - Seduction of silence, Flowdan - Original
xx - Shelter, Darkstar - Gold, Nochexxx - Sinbliss, Kode9
Dan, Disrupt ft. Soom T - Dirty Money, A.R.Kane - 69,
- Black Smoke, Lee Fields And The Expressions - My
Black Chow - Wonderland/Danger, Mala - Miracles, The
World Is Empty Without You, Zomby - Urgh
Bug ft Flowdan/Hitomi - Run/Out of Control/Control dub
128 PIG MAGAZINE
DISARONNO OJ, EASY TO MAKE, EASY TO SHARE
1/3 Disaronno 2/3 Orange Juice more cocktails on www.disaronno.com
Musica Album del mese Di Marco Lombardo e Gaetano Scippa.
Local Natives - Gorilla Manor (Infectious) Grizzly Bear, Fleet Foxes, reminiscenze dei Radiohead, mescolate a quel percussivismo ritmico che va per la maggiore ultimamente. E’ possibile amalgamare tutti questi elementi e suonare ancora originali e credibili? I Local Natives ci riescono. Pubblico immaginario, prego, applausi scroscianti. Certo c’è molto hype, inutile nasconderlo, ma anche tanta sostanza, di quella che suscita un entusiasmo genuino. Siamo di fronte a uno dei nuovi fenomeni musicali della stagione, c’è da scommettere. Vengono da Silverlake e vivono a Los Angeles. Sono in cinque, uno più figo dell’altro, oltre a essere talentuosi e tecnicamente impeccabili. Citano i Talking Heads nella cover Warner Sign, ricordano i Byrds, Crosby Still & Nash, e quando accelerano, arrivando a lambire territori post-punk, insidiano le acque dei Vampire Weekend e degli Strokes prima maniera (provate ad ascoltare Camera Talk restando fermi). Cuore, energia, passione, divertimento. E se fossero qui per restare? M.L.
Robot Koch - Death Star Droid (Robots Don’t Sleep) Producer di bassi e glitch per Jahcoozi e The Tape vs. RQM, Robot Koch non dorme mai. FlyLo gli ha chiesto un podcast, lui ha risposto con un mix di afro folk e jazz sghembo. DSD, che segue il mini Aftershocks, è il punto d’unione tra dubstep e wonky hop. Seguendo la tradizione dei mixtape, senza impastare suoni trendy, Robot colleziona un album esplosivo ma al contempo godibile e melodico, grazie all’uso di vocalist e strumenti acustici che toccano le corde emotive. Gli echi al velluto di Away From dopo lo schiaffo dubstep iniziale sono come una carezza nineties in chiave jazz al sapor di trip hop. Il cuore si stringe nell’emblematica Hard To Find: al filtraggio e trattamento hypersoul della voce si uniscono in stop-and-go note di chitarra, archi, fiati e tastiere analogiche. Una cover digidub di People Are Strange dei Doors precede While, ballata elettronica con il timbro struggente di Manya, mentre i bassi di Groom Sen rotolano fino alla chiusura, distensione elettroacustica per riappacificarsi col mondo. G.S.
130 PIG MAGAZINE
Musica Album del mese
Di Depolique, Marco Lombardo e Gaetano Scippa.
Julian Casablancas - Phrazes For The Young
Matias Aguayo - Ay ay ay (Kompakt)
Devendra Banhardt - What Will We Be
(SonyBMG)
Matias Aguayo è nato in Cile ma musicalmente
(Warner)
Ultimo sfogo nella marcia di avvicinamento
è cresciuto nella Colonia degli anni novanta,
Ormai tra i big della nuova canzone folk a stel-
al nuovo Strokes previsto per il 2010, arriva il
quella che ha dato i natali alla Kompakt. Pro-
le e strisce Devendra Banhardt dopo anni di
solo di Julian Casablancas. Mancava solo lui,
prio sulla label tedesca ha esordito nel 2002, in
“indie-pendenza” sbarca su major. Tanta carne
dopo le uscite di Hammond Jr., Moretti (Little
compagnia di Dirk Leyers, con i Closer Musik,
al fuoco in questo nuovo viaggio tiepido lungo
Joy) e Fraiture (Nikel Eye) e le collaborazioni
esperimento cerebral pop di pregevole fattu-
la panamericana. New Orleans e il jazz di Chi
di Valensi. PFTY è un buon disco - il migliore
ra. Oggi torna in versione solista con un funk
Chin & Muck Muck, le atmosfere tropicali di
tra i side project e il più vicino all'originale - e
elettronico sensuale e terzomondista. Anello
Brindo, suol, rock e psichedelia. Nessuna con-
potrebbe dare un'idea dell'evoluzione musicale
di congiunzione ideale tra l’eleganza formale
cessione al committente ma soltanto un po’ più
del gruppo (vedi le contaminazioni elettroniche
mitteleuropea e l’imprevedibilità africana o su-
di ordine e sintesi. Succede che What Will We
11th Dimension o perché no tradizionali, Lu-
damericana. Loop etnici e circolari s’innestano
Be, disco apparentemente senza picchi e che
dlow St.) ma non riesco ancora a capire se per
su strutture ritmiche minimali, compiendo il
probabilmente ai puristi non piacerà, conquisti
meriti suoi o per la voce da leone di peluche di
miracolo. M.L.
lentamente, proprio grazie alla sua calma e al
Julian, vero trade mark della band. D.
suo calore. D.
Four Tet - There Is Love In You (Domino)
Delphic - Acolyte (Chimeric)
2020Soundsystem - Falling (2020Vision)
Il quinto LP di Four Tet è frutto dell’esperienza
Vengono da Manchester e dalla città, un tem-
Percorso inverso rispetto alla maggior parte
accumulata con gli altri progetti in cui è coinvol-
po popolata di gente abituata a fare festa 24
delle band che abbracciano sonorità elettro-
to l’artista, tra cui il duo con Steve Reid e quello
ore su 24, ereditano l’amore per la pista da
niche (dai Soulwax o gli LCD Soundsystem in
post-rock a tinte kraut dei Fridge. Di quest’ulti-
ballo. Una passione che si esprime con sonorità
giù) per i 2020Soundsystem. Proprio perché
mo si sente subito impronta nelle reiterazioni di
plumbee ed industriali, prodotte a puntino da
Ralph Lawson, Danny Ward e il duo argentino
Love Cry, pezzo progressivo che ipnotizza per
Ewan Pearson. Nelle dieci canzoni che com-
dei Silver City (Fernando Pulichino e Julian
quasi 10 minuti, aperto da Angel Echoes che
pongono questo album di debutto troviamo
Sanza) hanno concepito il progetto dall’alto di
invece sembra il naturale proseguo del recente
i New Order e l’Hacienda ma, senza andare
un palco e non tra le mura di uno studio.I brani
split con Burial. Armonizzazioni elettroniche e
troppo indietro nel tempo, incontriamo anche i
di Falling, secondo lavoro dopo No Order, più
vocali, innesti acustici percussivi e fruscii accom-
Block Party, i Chemical Brothers più rockettari,
che canzoni sono ipnotiche jam session super
pagnano crescendo sintetici e ritmici per tutto
gli Underworld e ovviamente gli Stone Roses. I
deep che attraversano territori disco, funk e
il disco, ed è amore al primo ascolto. Sì Kieran,
singoli non mancano come i momenti più epici
house dall’inconfondibile sapore brit condite
noi amiamo la tua musica. G.S.
e riflessivi. Thumbs up! M.L.
da morbide parti vocali. D.
132 PIG MAGAZINE
Shackleton - Three EPs (Perlon)
Beach House - Teen Dream (Bella Union)
Premesso il consiglio di ascoltare questo triplo
C’è una casa sulla spiaggia dove non batte mai
Letting Up Despite Great Faults - Letting Up Despite Great Faults (Self released)
disco su vinile, riteniamo che sia il lavoro più
il sole. Qui s’incontrano fantasmi adolescenti
I Letting Up Despite Great Faults sono in quat-
esaustivo e strutturato di Sam, approdato in
senza passato. Anime in controluce che par-
tro -tre maschi e una femminuccia- e vengono
casa di Villalobos per assecondare il tiro metro-
lano d’amore e di speranza. Giocando a carte
da Los Angeles. Chi l’avrebbe mai detto… Non
nomico del suo minimalismo techno e lasciare
con il destino, senza fissarlo mai negli occhi. Si
tanto per quell’aria da musicisti di provincia:
alle spalle le sperimentazioni marchiate Skull
accarezzano leggeri. Lo sguardo rivolto verso la
è la loro musica a suggerire altre location.
Disco. Percussivi e a tratti opprimenti, anche
finestra. La mano sull’anima. Victoria Legrand e
Lontane dalle luci di Hollywood e dalla confu-
se più “suonati” che meccanici, i suoi loop a
Alex Scally disegnano paesaggi sonori sospesi,
sione del Sunset Boulevard. Li immagineresti
richiamo mantrico trovano ampio sfogo e po-
con grazia impalpabile. Luoghi onirici abitati
originari della campagna inglese o del Midwest
tenza nelle sincopi di Moon Over Joseph’s Bu-
da spettri malinconici, che evocano Mazzy Star,
più rurale. Come dei Radio Depth cresciuti nel
rial, nelle derive orientali di Mountain Of Ashes
Galaxie 500 e Velvet Underground. Fermando
posto sbagliato o dei Postal Service in attesa di
e Something Has Got To Give, e nel mood
il tempo e i battiti del cuore.
una giornata di pioggia. Che tempo fa? Autun-
ansiogeno di There’s A Slow Train Coming.
File under: Soulgaze. M.L.
nale direi. M.L.
Ben Frost - By The Throat (Bedroom Community)
AAVV - If This Is House I Want My Money
Dopo Theory of The Machines, il produttore australiano di base islandese torna a stupire con un lavoro di straordinaria intensità e bellezza emotiva. Definirlo artista elettronico sperimentale è riduttivo, poiché Ben Frost è capace di sviscerare suoni armonici e melodici puri (Leo Needs A New Pair Of Shoes con le corde di Amiina), droni perforanti (Killshot) e musica concreta, che arriva a introdurre elementi esterni come l’ululato di lupi affamati o il ringhiare di leoni (The Carpathians). Musica terrificante, magari ottenuta con la sola distorsione di un contrabbasso, di certo elevata e immaginifica. G.S.
Sempre care le compilation della Permanent
Capolavoro. G.S.
Lone - Ecstasy & Friends (Werk) Con questo lavoro meticoloso Matt Cutler prosegue la ricerca di groove e materia soul nei beats contemporanei. Uscendo con garbo dalla fanghiglia hip e trip hop, esplora nuovi poliritmi tra cui boogie e funky house. Se in precedenza il focus era sul campionamento, Lone è ora più interessato al flusso cui arriva con il calore di synth raggianti e spaziali (Endlessly), il groove di un Prince futurista (Waves Imagination) o i riverberi di una luce che si spegne al crepuscolo (The Twilight Switch). Punto di incontro tra FlyLo, Dam-Funk e Zomby, E & F è il luogo dove svernare nello scialo, senza inibizioni né sensi di colpa. G.S.
Back (Permanent Vacation) Vacation. Niente stranezze psichedeliche questa volta bensì quello che gli amici di Monaco sanno fare meglio. Si comincia piano piano con i grooves balearici di Roots Unit che lasciano il passo a sonorità disco che montano in un crescendo house. Salgono BPM e temperatura in un trionfo di claps, cowbell e tastiere. Highilights: Hunee, Precious System e il gioiellino di casa, l’uomo del momento, lo spagnolo John Talabot, prima con i beats tribali di Naomi, poi con il suo remix remix bollente per Zwicker. D. 133
PIG’s Best & the Worst of 2009 Best Film
Di Valentina Barzaghi
Ed eccoci di nuovo a tirar le fila dell’anno che sta volgendo al termine. Il 2009 è stato un’ottima annata per il cinema mondiale, che ci ha riservato sia importanti promesse per il futuro sia grandi conferme (da gennaio ad oggi moltissimi big hanno fatto uscire le loro pellicole, ovviamente indimenticabili, da Eastwood ad Aronofsky, da Tarantino a Howard, dai Coen ad Allen...). Escluderne alcuni a favore di altri è stata una decisione davvero sofferta, ma allo stesso tempo dovuta e dettata dal gusto personale.
Inglourious Basterds Revolutionary Road Di Sam Mendes. Probabilmente se dovessi cercare un podio lo darei a questo film. Perché Sam Mendes non mi era mai piaciuto tanto, perché il film è tra i più struggenti, emozionanti, reali, che abbia visto quest’anno. Perfetto nella costruzione del dramma, calzante a pennello su due attori in una delle loro migliori interpretazioni. Magnifico!
Di Quentin Tarantino. Partendo dal dato oggettivo che sono una "Tarantino addicted", mi sono più volte fatta un esame di coscienza, per poi arrivare sempre alla medesima conclusione. Inglourious Basterds è il film più bello di Tarantino dopo Pulp Fiction, un manuale di cinema e tecnica, che solo un genio cinefilo come lui poteva realizzare, permettendosi anche di ribaltare e usare la storia a sua piacimento. Sceneggiatura, trama, personaggi, regia, colonna sonora... non c'è un tassello fuori posto.
Lasciami Entrare
The Wrestler
Di Tomas Alfredson. Alfredson è riuscito a raccontare questa profonda storia d'amicizia e devastante poesia con la naturalezza e la semplicità di un abbraccio che avvolge e ti fa sentire meno solo, che protegge e consola. Sicuramente il film rivelazione dell'anno, semplicemente perfetto.
Di Darren Aronofsky. A differenza di altri “famosi-premiati”, che ho volutamente tralasciato, The Wrestler ho deciso di farlo rientrare perché è una bellissima storia a cui viene fatta aderire una regia impeccabile (quasi invisibile nel suo continuo seguire il personaggio, ma per questo perfetta), nonostante non sia un film ad alto budget.
134 PIG MAGAZINE
District 9 Di Neil Blomkamp. Considerando che è il lavoro di un esordiente, considerando che film di fantascienza decenti (un po’ come l’horror) ormai se ne vedono solo col binocolo, Blomkamp ha costruito una pellicola interessante e audace, che fa propria la storia cinematografica di genere in tutte le sue sfaccettature (la rappresentazione dell’alieno visto come “il diverso” da combattere nella cinematografia made in U.S.A.) per affrontare in chiave moderna un problema sociale quanto mai attuale: il razzismo. La cosa sorprendente è che il giovane scoperto da Peter Jackson non inciampa e il risultato non può che lasciarci soddisfatti.
Drag Me To Hell Di Sam Raimi. Si aspettava da talmente tanto tempo il ritorno dello zio Sam nella sua veste horror trash, che quando finalmente si ripresenta con un film come Drag Me To Hell non si può che alzarsi a battergli le mani. Sì, perché Raimi, conosciuto dai più come "quello che ha fatto Spider Man", prima di tutto rimane il creatore di chicche quali La Casa, L'armate delle tenebre, Darkman... ma se allora non era nessuno e lavorava low budget, ora è "quel Sam Raimi" e se già allora ci si alzava sulle poltrone urlando di godimento, ora si salvi chi può.
Looking For Eric
Where the Wild Things Are
Di Ken Loach. Una piccola perla di tenerezza, divertimento, commozione... Ken Loach non si allontana dalle periferie inglesi desolate a lui care, ma questa volta regala il momento della rivalsa al suo protagonista, il classico “povero cristo di turno” dei suoi film che ha come consigliere lo spirito del suo eroe di tutti i tempi: Eric Cantona. Il film della maturità di Loach, un’imperdibile storia di amicizia e affetti.
Di Spike Jonze. Lontano dalle tematiche di follia nate dalla sua collaborazione con il genio Kaufman, Spike si cimenta nella materializzazione video del celebre e omonimo libro illustrato di Sendak. Il risultato è stupefacente, di un candore che rompe il fiato. La più bella favola di quest'anno, che però non saranno in molti ad amare. Jonze non ha accettato compromessi e ha fatto “il suo film”. Onirico? Non basta. Visionario? Forse. Indubbiamente fantastico.
Two Lovers DiJames Gray. Passato pressoché inosservato alla sua uscita in sala, Two Lovers è stato accolto dalla critica in generale come uno dei film più belli del 2009. Quella di James Gray è una pellicola fondamentalmente triste, che riesca a rivoltare in cuore dello spettatore nella sua rappresentazione scomoda della realtà dei sentimenti di coppia, ben giocata utilizzando un classico triangolo amoroso (lei ama lui, lui ama un'altra che a sua volta ama un altro). Il regista di Little Odessa ci ammalia ancora e conferma il suo talento narrativo.
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Worst Film Chi ha detto che a Natale siamo tutti più buoni? Siamo arrivati al momento che preferisco, quello dello sfottò pubblico, della messa alla gogna di quelle pellicole che mi sono dovuta subire durante l’anno, contorcendomi sulla poltrona a volte per non ridere isterica altre per piangere una delusione di qualcosa in cui credevo rivelatosi un’impietosa porcheria. Let’s start! (N.B. Tutti gli anni mi si dice “ma i Vanzina & co?”. Gente, il Non Classificato per me non è contabile nemmeno come delusione).
Antichrist Di Lars Von Trier. Supponente e pretenziosa porcheria. Dopo anni in cui Von Trier ci ha frullato i maroni con il suo Dogma, lo abbandona per sbatterci in faccia che è uno psicopatico e scopiazzando Lynch per sembrare più intellettuale, ma visto che non lo è, aggiunge pupazzi che parlano come nei peggiori film della Disney, per non parlare del fatto che tenta di scandalizzare (più che altro vomitare) con scene di sesso esplicito e membri doloranti... son capaci tutti (e fanno un po’ l’effetto “scoreggia alla Boldi”, che fa ridere ma è pur sempre una scoreggia). E poi... L’omaggio a Tarkosky come a dire “visto che faccio i film come te”... ma vaff...
S. Darko Di Chris Fisher. Gli americani avevano capito tutto, facendolo uscire solo in dvd, invece noi no... sembrava l'evento dell'anno, si è trasformato in uno dei sequel più brutti che abbia mai visto, tant'è che l'ideatore di Donnie Darko, Richard Kelly, ai tempi prese subito le distanze dicendo che non si era letto manco lo script. Risultato è il crollo di un mito, di una pellicola dalla travagliata storia che finalmente poi aveva trovato un suo spazio tra i cult del cinema contemporaneo (soprattutto tra i giovani), ridotta a un surrogato da post Buona Domenica. Se quello che ci aveva colpito di Donnie Darko era lo stile, le amosfere dark e surreali, la trama che non permette cedimenti d'attenzione, ma non li fa nemmeno accusare, qui si rischia di scivolare sulla poltrona con tanto di candela al naso dopo mezzora. E i più temerari che terranno il sonno, staranno lì a domandarsi dove vuole andare a parare... vi risparmio la fatica: da nessuna diavolo di parte!!!
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Elegy - Lezioni d’amore Di Isabel Coixet. Non avrei mai pensato di far finire la Coixet nei worst (La Vita Segreta delle Parole è una pellicola davvero stupenda), soprattutto nel momento in cui fa una trasposizione di un romanzo come L'animale morente di Roth. Come nei suoi precedenti lavori, la Coixet gioca anche qui con tematiche esistenzialistiche quali amore, morte, malattia, vecchiaia, solitudine e inadeguatezza, ma finisce per calcarci un po' la mano. L'impressione che un'estimatrice della regista, tra cui mi schieravo fino a ieri, ha uscita dalla sala è che la Coixet abbia tentato di rimanere fedele a se stessa, volendo però essere fedele anche a Roth: non funziona. I suoi silenzi, le atmosfere ovattate, i suoi personaggi enigmatici e timidi, collidono con il tormentato e purpureo mondo di Roth. Una cocente delusione che non posso perdonare.
Iago
Verso l’Eden
Di Volfango De Biasi. Il film da deridere a vita. Di film davvero pessimi, soprattutto ad un regista italiano, può capitare di farne, ma essere un recidivo che comunque continua a venire finanziato per tediarci con l’ennesima pellicola con Vaporidis protagonista (che fra l’altro è brutto come la peste bubbonica) e riesumare addirittura Shakespeare per farne una pop boiata mi sembra eccessivo! Sarà pure dedicata ai giovani (italiani ovvio), ma il fatto davvero grave è che usciti dal cinema si incomincia a rivalutare Moccia, che almeno non tenta di darsi un tono proponendo Shakespeare e chiamando i suoi personaggi Otello, Desdemona e Iago, in un contesto talmente stridente che suonano come una presa in giro.
Di Constantin Costa Gavras. Altro film autobiografico da buttare nel cestino. Il regista di Z - L’orgia del potere, ci fa vivere una moderna Odissea, il viaggio della speranza che molti emigranti affrontano ogni giorno nel tentativo di raggiungere la propria idea di paradiso terrestre, un luogo dove lavorare per sfamare le proprie famiglie, essere al sicuro dalla politica dittatoriale del proprio paese o semplicemente per realizzare un sogno. E fin lì... ma l’emigrante del caso è Scamarcio, poco credibile dato che poi, visto che è un belloccio, naufragato in un villaggio vacanze tromba come un riccio parlando come la caricatura di un vucumprà. Va beh...
Il grande sogno Di Michele Placido. Placido dice di aver costruito un film autobiografico e allora ci viene da domandargli come diavolo è riuscito a rimanere così tanto sulla linea del blando trattando un tema scottante come il ‘68 in Italia (tra l’altro poteva diventare interessante la prospettiva del poliziotto convertito... ma non da un pelo di f. cavolo!). E poi tutti sti figaz - da Scamarcio ad Argentero messi in prima fila per rendere più appetitosa una pellicola che, a me che non ho vissuto quegli anni, non tramanda nulla. E poi... il triangolo amoroso che occupa il 70% del film (cioè... trombano anche durante l’incursione della polizia nell’università), la storia col padre di lei trascinata, il finale improponibile... Michele: no, no, no!
Il caso dell’infedele Klara
Killshot
Di Roberto Faenza. "La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre". Shakespeare non poteva creare una metafora migliore per descrivere questa piaga dell'animo umano. Poche parole. L'altro lato della medaglia è Faenza, a cui invece non basta un film per sviluppare bene il tema. Inoltre... quand'è che prendono Laura Chiatti a fare la velina così ce la leviamo dai maroni? Peccato per Santamaria, che secondo me qualcosa da dire ce l'ha ben lungi dalle sue ultime scelte professionali.
Di John Madden. Un campanello d’allarme che mi poteva far sospettare che fosse una porcheria, è che nonostante il cast gigante - Diane Lane, Mickey Rourke, Rosario Dawson, Joseph Gordon-Levitt - e la regia importante - Madden è quello di Shakespeare in Love per dirne uno - , nessuno gli avesse prestato attenzione. Killshot è un inconcludente film già visto, ridondante nel suo non raccontare nulla. Se uno qualsiasi presentasse un soggetto del genere prenederebbe dei sonori sberloni, invece ha avuto finanziamenti. I misteri della produzione...
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Best Animation
Quest'anno l'animazione ha fatto da padrona indiscussa quando si parla di buon cinema, quello con la C maiuscola, fatto di belle storie, ben realizzate, curate nell'estetica e in grado di emozionare, divertire, commuovere, spaventare (e davvero!) lo spettatore. Scegliere tra il capolavoro dark Coraline di Selick, Ponyo del genio Myiazaki o Up, conferma della bravura di casa Pixar, sarebbe stato troppo difficile, anche perché diversi nella loro bellezza. Parimerito meritato.
Best Discovery
Alexis Dos Santos è cresciuto tra Argentina, Patagonia, Spagna e Gran Bretagna. Quest'anno ha portato sugli schermi europei (non qui in Italia ovviamente, dove è passato solo dal Milano Film Festival, dove l'abbiamo incontrato e intervistato - prossimamente in PIG) Unmade Beds, il racconto di due giovani anime che seppur vivendo sotto lo stesso tetto non si incontrano, vivendo due storie parallele di affetti perduti e ritrovati. Una scoperta, perché Alexis al di là del suo fare assolutamente fuori dagli schemi, di talento ne ha da vendere e ci promette altri grandi sorprese per il futuro.
Best Soundtracks
Sono stata indecisa, ma alla fine ho optato per un dovuto parimerito. Da una parte infatti, I Love Radio Rock, con la sua selezione di brani “vintage” d’autore non può lasciarci indifferenti come soundtrack “non originale”, mentre dall’altra Karen O & The kids sono riusciti a tradurre magnificamente in musica sentimenti e storia dell’ultima pellicola di Spike Jonze (Where The Wild Things Are).
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Best Videoclip Directors
Questa è stata senza dubbio la decisione più difficile. Se avessimo dovuto parlare dei video più belli di quest'anno non saremmo andati a casa più e quindi ho deciso che la premiazione sarebbe andata a quei tre registi il cui lavoro globale è stato ottimo, per originalità e stile, durante tutto l'anno, con una mozione speciale. Patrick Daughters: geniale nella sua semplicità narrativa www.thedirectorsbureau.com/ bio.php?director_id=33. Andreas Nilsson: per Peter, Bjorn e John ha realizzato i video più originali dell'anno www.nixonnoxin.com/Johan Renck: è stato amore a prima vista, ora diventato una storia consolidata www.75.tv/category/johan-renck. Mozione speciale: Paparazzi di Lady Gaga, directed by Jonas Akerlund. Trash, trash, trash... e ci piace così (N.B. Akerlund sarebbe ora che rinunciasse a fare film e si dedicasse solo ai video musicali, i primi gli vengono uno schifo, mentre i secondi sono davvero degni di nota).
Best Movie Surprises
Ho deciso di mettere questi film separati dalla lista dei best perché non sono perfetti, ma nel panorama generale hanno mostrato quell’originalità, sia registica che di storia, che ha catturato la mia attenzione e mi ha coinvolto, oltre che essere quasi tutti lavori di registi non noti alle masse. (500) Days of Summer di Marc Webb. Una non-love story romantica, tenera e divertente. La più originale. The Strangers di Bryan Bertino. Uno dei migliori (se non il migliore) horror-thriller di quest’anno. Jennifer’s Body di Karyn Kusama. Una delle migliori sceneggiature originali (non tanto per trama, quanto per battute e situazioni - ovviamente young) dell’anno. Firmata Diablo Cody, ho detto tutto.
Best Indipendent
Con i suoi 25000 dollari di budget raccimolati tra fondi di carte di credito, amici e parenti, In Search Of a Midnight Kiss vince sbaragliando la concorrenza la categoria del Miglior Film Indipendente dell'anno. Reale, malinconico, divertente, drammatico, poetico, la pellicola di Alex Holdridge, supportata dal candore del bianco e nero, non può non lasciare turbati cuore e sentimenti, forse perché è un'avventura personale che il regista ci ha voluto raccontare. Compratelo, prestatelo ai vostri amici... in sala non lo vedrete mai (Per saperne di più potete leggere l'intervista ad Alex fatta su questo numero di PIG).
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Libri
Di Marco Velardi
Prada Vi sareste mai immaginati il mondo di Prada stampato in un unico volume di 700 pagine? Personalmente avrei pensato ad almeno il doppio, se non più volumi, ma il duo Michael Rock e Sung Joong Kim, dell’agenzia di New York 2x4, ha saputo racchiudere e confezionare il tutto con lo stesso stile impeccabile e minuzioso con cui un commesso di Prada vi impacchetterebbe un abito. Il risultato è un piccolo scrigno, che raccoglie 30 anni di sogni di Miuccia Prada e il com-
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pagno di viaggi Patrizio Bertelli. Il volume prova a unire il mondo privato e quello pubblico del marchio, con due sezioni Inside e Outside, raccontando il percorso da moda e accessori per arrivare a fotografia, campagne pubblicitarie, eventi, interior design, industrial design, sviluppo tecnologico, architettura, editoria e commissione/collezione ed esposizione di opere d’arte, compreso il progetto ancora in fase di realizzazione per la nuova Fondazione Prada. Che altro dire?
Non abbiate paura e lasciatevi emozionare. www.prada.com Titolo: PRADA Autore: Michael Rock, Miuccia Prada, Patrizio Bertelli Casa editrice: Prada Anno: 2009 Dimensioni: 23,5 x 30,5 cm Prezzo: 100 €
Titolo: Nomadic Furniture Autore: Victor Papanek, James Hennessey Casa editrice: Schiffer Publishing Ltd Anno: 2008 Dimensioni: 27,7 x 21,6 cm - Prezzo: 29,99 $
Nomadic Furniture Il trend del DIY o se vogliamo chiamarlo all’Italiana, il fai-da-te, è ormai una costante tra i giovani designer. Forse per questo la casa editrice american Schiffer ripubblica in un unico volume Nomadic Furniture 1 e 2, scritti negli anni 70 da Victor Papanek e James Hennessey. Sfogliando Nomadic Furniture ci si rende conto di come non sia così indispensabile dover andare all’Ikea il sabato pomeriggio per riempirsi di oggetti e mobili che dovremmo farci da soli, o almeno potremmo. Ma Papanek e Hennessey non avevano intenzione di farci diventare tutti falegnami, infatti, il loro scopo fu di dimostrare come esistano mobili e oggetti in commercio adatti a chi ha necessità di spostarsi di frequente, senza dover perdere in stile e qualità . Certamente alcuni dei progetti proposti non sono più così attuali, e il fatto che i volumi siano stati scritti quasi interamente a mano può essere un po’ limitante, ma forse è proprio questo il loro fascino.www.schifferbooks.com
Buenos Aires + São Paulo All’età di 71 anni Daido Moriyama è inarrestabile. Pensare di poter aver ogni suo libro è impossibile, non tanto perché siano tutti introvabili, ma perché li sforna ad una velocità incredibile che diventa difficile starci dietro. Persino la bibliografia sul sito di Moriyama stesso fatica a rimanere aggiornata. E tanto per cambiare, proprio quest’anno Kodansha ha pubblicato due ri-edizioni in formato tascabile di Buenos
Aires e São Paulo, che a essere sinceri non saranno così facilmente disponibili sul mercato Europeo, probabilmente Amazon Japan sarà una delle fonti migliori, ma possiamo darvi la certezza che cercarli ne varrà la pena. In questo nuovo mini formato le immagini di Moriyama scorrono come fossero diapositive davanti ai vostri occhi e non potrete fare altro che fermarvi, facendo avanti e indietro; perdendovi tra i
suoi mondi.
www.kodansha.co.jp Titolo: Buenos Aires + São Paulo Autore: Daido Moriyama Casa editrice: Kodansha Anno: 2009 Dimensioni: 18 x 11,1 cm Prezzo: 2,000 yen (per libro)
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Whaleless
A Cura di Giovanni Cervi. Contatti e info: verbavolant@pigmag.com
Un mondo senza balene. Inquinamento e pratiche di pesca insostenibili stanno mettendo a serio rischio la sopravvivenza dei grandi cetacei. Questo è uno spazio dedicato a chiunque voglia esprimere la propria indignazione, rabbia, vergogna, incredulità, preoccupazione… con ogni mezzo espressivo, dall’illustrazione alla canzone, dall’animazione alla fotografia e oltre. Visitate i siti internet www.whaleless.com e www.myspace.com/whaleless per ulteriori
Titolo opera: G.M.
informazioni e per visionare la gallery dei lavori giunti fino ad ora. Be creative, save a whale.
Aurélien Police Hai mai visto una balena? Mai, ahimè. Che rapporto hai col mare? Un mix di paura e fascinazione, che comunque sono due emozioni complementari. Se tu potessi sceglie-
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re di trasformarti in un abitante marino, quale sceglieresti? E perché? Poseidone o il Kraken, per cambiare in meglio un po' di cose. D'altro canto mi piacerebbe essere un
Limulus Polyphemus per prendere in giro gli altri pesci dicendogli che ho 500 milioni di anni. Qual è il tuo elemento preferito tra aria, acqua, terra e fuoco? Perché? Forse Terra perché è un elemento che uso come texture nei miei lavori. Pensi che l'arte sia fine a se stessa o che debba avere un messaggio o un riflesso su chi guarda? E' difficile rispondere a questa domanda in modo conciso... e ho anche meno spazio per rispondere se scrivo che è una domanda difficile alla quale rispondere perché richiede molti ragionamenti e punti di vista diversi. E' un dilemma... così... diciamo che avere un'emozione guardando l'arte è il messaggio. Come descriveresti il mondo nel quale viviamo? Una gigantesca montagna russa con un buco nel punto più alto del giro della morte. E come lo immagini tra 20 anni? Immagino che i vagoni abbiano raggiunto il buco e che ci saranno molte grida. Ci dici qualche parola da associare al tuo modo di fare arte? Esitazione. Andata e ritorno. Triturato. Immersione. Scolpire. Sollievo. Oblio. Come hai realizzato questa balena? Con la stessa tecnica che uso in tutti i miei lavori: mixed media digitale. In altre parole è un insieme di foto, disegno e texture. Ad esempio la texture della balena è presa dalla foto di un uccello coperto di petrolio e la sabbia sul terreno è vera sabbia. A cosa stai lavorando ora? Ho appena finito di illustrare il mio primo libro per bambini, Sam, scritto dall'autore francese Jérôme Noirez. Uscirà il cinque novembre, per chi voglia dare un occhio, Sam ha la sua pagina Myspace. Sto anche lavorando a un progetto basato su una sorta di guida urbana immaginaria della mia città, le Mans e sto prendendo appunti per il prossimo libro che illustrerò... Hai un sogno/incubo ricorrente? Mentre dormo dici? No, nessuno. Ma moltissimi quando sono sveglio. http://aurelienpolice.com www.myspace.com/sametlesdecoupules
beejaydesign.it
PIG Waves
A Cura di Giovanni Cervi. Contatti e info: verbavolant@pigmag.com
All images by TakashiMurakami
Pig Waves è un flusso di immagini e parole che segue una parola chiave: Japan. Tra mostri e mostriciattoli, tradizione e futuribile.
“Bussa al cielo e ascolta il suono!”.
“Dì una parola con la bocca chiusa!”. 144 PIG MAGAZINE
www.visualkei.com - “Se tu desideri la grande quiete, preparati a sudare bianche perle”.
it.wikipedia.org/wiki/Felice_Beato - “Sia il discorso che il silenzio trasgrediscono”.
www.godzillatemple.com - “Il vero miracolo non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra”.
www.mistykeasler.com - “Il mondo è la propria magia”.
www.neonoclockworks.com - “Una buona azione non comporta ricompensa”. 145
Videogames
Di Janusz Daga (jan@pigmag.com)
PIG’s Most Played. Il Natale è sempre più Rock. Brutal Legend_PS3 Se nomi come Manowar, Dio, Iron Maiden e Black Sabbath hanno significato qualcosa per voi, compratelo. Questo piccolo gioiello presentato e doppiato da Jack Black lancia la sfida alle Boy Band e alle patetiche scuole di Rock televisive. Un calcio agli Emo e uno ai Pop, dritto dove non batte il sole. Colpi di ascia e riff chitarra per salvare il mondo. Let’s Rock baby!
Guitar Hero 5_Wii Imperdibile quinto capitolo. Queen, Dire Straits, Bon Jovi, Iron Maiden, Beastie Boys, Rammstein. Ho detto tutto.
Call of Duty: Modern Warfare 2: Spec Ops_Xbox360 I giochi del terzo millennio nasceranno grazie ai social network. Robert Bowling di Activision ci spiega come Twitter sia stato decisivo per lo sviluppo del titolo più atteso del 2009: «Twitter è stato fantastico durante lo sviluppo. Comunico con i nostri amici di Twitter nello stesso modo con cui lo farei con i miei amici in ufficio, quando succede qualcosa lo scrivo subito, le opinioni cominciano ad arrivare e dialoghiamo”. Imperdibile.
New Super Mario Bros_Wii
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A bordo di una DeLorean rossa arriva questo capolavoro di retrofuture. Platform a scorrimento orizzontale per quattro giocatori scatenati. Mario, Luigi e i 2 Toad che tutti insieme fanno un bel casino di roba che si muove. Nuovi personaggi e nuovi costumi (il berretto/elica è super) e livelli stupendamente disegnati. Gran finale con castello e bandierina, come da originale! Mammamia!
Mario&Sonic ai Giochi Olimpici Invernali_Wii Tutti i personaggi di Mario e Sonic riuniti per la grande sfida olimpionica. Fino a quattro giocatori per 35 specilaità su ghiaccio –o neve-. Se avete la balance board ancora meglio, lo snowboard è fenomenale. Altrimenti mega sfida a Hokey o discesa a velocità folle con gli scii. Perfetto per organizzare una torneo di capodanno aspettando la mezzanotte!
Borderlands_PS3 Ambientazione Mad Max per un FPS in cell shading-cartoon gustosissimo. Non aspettatevi nulla di complicato, malgrado la componente GDR con punti exp e missioni il succo del gioco sarà la distruzione di ogni forma di vita sul pianeta. Grandi soddisfazioni per gli amanti del sangue con numerose scene splatter.
© 2009 Nintendo. TM, ® and the Wii logo are trademarks of Nintendo.
Con la nuova avventura di Mario, il divertimento è per tutti… contemporaneamente! Mario è tornato per dare il meglio di sé! Con una nuova avventura nel Regno dei Funghi e la possibilità per ben quattro giocatori di farsi avanti! All’inizio sarà facile, ma le tante sfide e livelli renderanno presto l’impresa titanica! Per fortuna non rimarrai mai bloccato: se le cose si mettono male lasciati guidare dal gioco, o chiedi aiuto ai tuoi amici!
Modalità libera
Caccia alle monete
Divertiti un mondo con i tuoi amici! Collabora con loro per aumentare il punteggio, oppure ostacolatevi a vicenda!
Non si risparmia nessuno! Preparati a raccogliere più monete possibili: una sfida all’ultima moneta fino a un massimo di quattro giocatori!
Nuovi costumi Mario e i suoi amici hanno nuovi e incredibili accessori! Vola in alto con la Tuta Elica, oppure indossa la Tuta Pinguino e scivola via alla massima velocità!
Nuovi controlli
Nuova modalità aiuto
Tante nuove mosse per Mario grazie a Wii! Inclina il telecomando per cambiare l’angolazione di piattaforme speciali, o scuotilo per fare una piroetta!
Non riesci a superare un livello difficile? Chiedi aiuto con la nuova modalità Super Guida. Luigi apparirà sullo schermo e ti guiderà fino alla fine del livello!
www.newsupermariobroswii.it
PIG’s Best & the Worst of 2009 Best Videogames
Di Janusz Daga (jan@pigmag.com)
Welcome back: Sega Megadrive Console. Con poco più di 30 euro potremo rispolverare le vecchie cartucce del Megadrive. Tutte precaricate e pronte all’uso! Golden Axe, Altered Beast, Shadow Dancer e altri dodici retro indimenticabili.
Best Magazine: Made in England: EDGE & Big in Japan: Famitsu.
Never give up! Senza il mercato delle cartucce R4 dove finiranno i poveri studenti senza una lira? A dimostrazione di questa tesi resistono moltissimi negozi che le vendono per la strada e online (a Osaka addirittura nelle Vending Machine). Contrastati da Nintendo che le considera –giustamente- vere e proprie opere di pirateria, le schedine sono di fatto un danno enorme per il mercato e uccidono anche gli sviluppatori indipendenti che si vedono tagliare gli esigui profitti. Ma io dico. Escono per DS migliaia di titoli ogni anno, è impossibile comprarli tutti. Per contrastare il fenomeno, suggeriamo un sistema DSiWare di test sui giochi in uscita. Così uno si prova il gioco online e se gli piace se lo compra. Evitando così di infrangere la legge e il diritto d’autore. Così diciamo tutti!
Best Blog: Per il quarto anno consecutivo, Brian Crecente e il suo Kotaku Team si portano a casa la coppa come miglior blog di videogames. Il ragazzo di Denver non sbaglia un colpo. www.kotaku.com
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Mammamia! Quando esce un nuovo gioco di Mario siamo sempre in apprensione. Sarà all’altezza dei predecessori? Sarà quello di cui abbiamo veramente bisogno? New Super Mario Bros per Wii risponde positivamente a tutti i requisiti. Compreso il più importante. E’ divertente. Giocare in quattro in un unico schermo condiviso è l’aspirina perfetta dopo una giornata di stress e caffè.
Must Have: Aspettiamo con ansia il primo adattatore Nintendo NES per iPhone e segnaliamo con entusiasmo le Aero Spider di Takara Tomy. Macchine telecomandate con un raggio laser capaci di correre in verticale sulle pareti di casa. Per l’ufficio, cravatta a parte, consigliamo lo spara dardi a ripetizione Nerf Drum Raider Magazine Blaster. Unstoppable!
Let the battle begin. Modern Warfare 2 spacca. Tutti i COD hanno sempre spaccato, ma questo spacca di più. Graficamente superiore a qualsiasi altra cosa vista negli FPS degli ultimi tempi –non parlatemi di Operation Flashpoint che avrei voluto farmi ridare i soldi-. Gameplay a dir poco strepitoso. Missioni favolose e storia coinvolgente. Gli scenari da quarta guerra mondiale con i russi che invadono gli USA sono qualcosa di fulminante. Se non vi basta, la parte online è come sempre al top. Fare di meglio è missione impossibile.
Worst Videogames Ma vai a lavorare!
God is my Hero:
Per i tamarri che sognano folle di ragazzine davanti alla console arriva la risposta elettro-plastica: DJ Hero si classifica nella scala di Darwin ben al di sotto della dignità umana. Stesso discorso vale per i travestimenti iPhone sfoggiati a carnevale.
Dopo Rockband e l’imperdibile Guitar Hero 5 esce Guitar Praise. Solid Cristian Rock. Croce al collo, chitarra di olivo e plettro a forma di ostia. Noi non abbiamo più parole, ma forse per questo esiste la Bibbia. What
can I say, people like cats: Va bene che avete preso la toxoplasmosi e amate i gatti, ma non vi sembra di esagerare? Sukeban Shacho Rena Wii è fatto da cani!
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