PIG Mag 91

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Mensile. Numero 91, Aprile 2011

Italia €5 - U.K. £6,50 - France €8 - Germany €9,30 Spain €8 - Greece €7,70 - Finland €8,50 - Malta €5,36 Japan ¥2.250 - Austria €8,90 - Portugal €6,40

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THE DIESEL ISL AND ARMY PREPARING FOR BATTLE. (Against Costa Rica, the only country in the world without an army.)

Land of the Stupid, home of the Brave.


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Sommario

Interviste:

74: James Blake

78: Banjo Or Freakout

68: Panda Bear

82: Russy Foto di copertina di Rafa Castells

62: Canada

60: Eddie Cruz

Interviste

Moda:

Street Files:

58: Fabio Quaranta

94: Sky to sea

50: Lancio della rivista Studio

Foto di Jennilee Marigomen

Foto di Piotr Niepsuj

Regulars 14: Bands Around: La Sera e Teengirl Fantasy 20: Shop: Scandinavian 22: Publisher: Zak Kyes 22: Design: Di luce propria 28: PIG Files 30: Moda News 40: Fashion: Flower Power 42: Photographer of the Month: Maia Akiva 110: Musica 116: Cinema 120: Books and So 122: Whaleless 124: Videogames

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Shave your style. “La vita è la tua tela.” Emil Kozak, 29, Artista

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150 Anni dell’Unità d’Italia. Auguri da PIG! (Piatto preparato al Pont De Ferr)

PIG Mag 91, Aprile 2011 Publishers: Daniel & Simon Beckerman

Management Editor in Chief, Creative Director: Simon Beckerman

Advertising adv@pigmag.com Human Resources Barbara Simonetti Victoria Ebner

Executive Editor: Valentina Barzaghi Assistant Creative Director: Piotr Niepsuj

Editorial Music: Giacomo De Poli (Depolique) Fashion: Fabiana Fierotti Cinema: Valentina Barzaghi

Contributors for this issue Marina Pierri, Michela Biasibetti, Alba Yruela, Andrew Laumann, Paul Herbst, Patrick Romero, Rafa Castells, Mei Larosa, Russy, Maria Pratts, Ulijona Odisarija, Yashica T4, Jennilee Marigomen, Redia Soltis, Jennine Banks, Patrick Conn, Luca Massaro (stagista). Special Thanks Bianca Beckerman, Caterina Napolitani, Piera Mammini, Giancarlo Biagi, Matteo Convenevole.

Design, Art and New Media: Giovanni Cervi Design: Maria Cristina Bastante

Edizioni B-arts S.r.l. www.b-arts.com

Books: Rujana Rebernjak

Direzione, Redazione e Amministrazione Ripa di Porta Ticinese, 21 - 20143 Milano. Tel: +39 02.36.55.90.90 - Fax: 02.36.55.90.99

Videogames: Janusz Daga

Contributing Editors Sean Michael Beolchini: Contributing Editor

PIG Magazine: Copyright ©2002 Edizioni B-Arts S.r.l. Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 453 del 19.07.2001

Ilaria Norsa: Contributing Fashion Editor Gaetano Scippa: Contributing Music Editor Marco Lombardo: Contributing Music Editor

Magazine Layout: Stefania Di Bello

12 PIG MAGAZINE

Sviluppo foto Speed Photo, via Imbriani 55/A - 20158 Milano Stampa: Officine Grafiche DeAgostini S.p.A. Corso della Vittoria 91 - 28100 Novara (Italy). Tel: +39 0321.42.21 Fax: +39 0321.42.22.46

Distribuzione per l’Italia SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. Via Bettola 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI). Tel: +39 02.66.03.01 Fax: +39 02.66.03.03.20 Distribuzione per l’estero S.I.E.S. S.r.l. Via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo (MI). Tel. 02.66.03.04.00 - Fax 02.66. 03.02.69 - sies@siesnet.it PIG all’estero Grecia, Finlandia, Singapore, Spagna, Inghilterra, Brasile, Hong Kong, Giappone, Turchia, Germania. PIG è presente anche nei seguenti DIESEL Store Berlino, Londra, Parigi, Tokyo, Milano, Roma e Treviso. PIG Magazine è edita da B-arts editore s.r.l. Tutti i diritti sono riservati. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, disegni non si restituiscono anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati dall’uso improprio delle informazioni contenute. Le immagini sono copyright © dei rispettivi proprietari. Prezzo del numero 5 Euro. L’Editore si riserva la facoltà di modificare il prezzo nel corso della pubblicazione, se costretto da mutate condizioni di mercato. Errata Corrige: (pag.33 di PIG 90) l’intervista a Walter Pfeiffer sarà sul numero doppio estivo (Luglio-Agosto) di PIG.

Visita il nuovo sito web di PIG! E’ molto bello. www.pigmag.com


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Bands Around

Foto di Piotr Niepsuj

La Sera Rocket, Milano Nome? Katy Goodman (La Sera). Età? 26. Da dove vieni? Los Angeles, CA. Cos’hai nelle tasche? Al momento non ho tasche. Di solito, plettri e tappi per le orecchie. Qual è il tuo vizio segreto? Burrocacao Chapstick. Qual è l’artista / la band più sorprendente oggi? Abe Vigoda e Cold Showers. Di chi sei la reincarnazione? Giovanna d’Arco. Che poster avevi nella tua camera quando eri un teenager? Un inserto dei Minor Threat perché avevo una cotta per Lyle Preslar. Ci dici il nome di un artista o di una canzone italiana? Raw Power.

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Bands Around

Foto di Piotr Niepsuj

Teengirl Fantasy Rocket, Milano Nome? Logan Takahashi. Età? 21. Da dove vieni? New Jersey. Cos'hai nelle tasche? Passaporto, portafoglio, accendino al profumo di mojito, un grande accendisigari con disegnato sopra "#1". Qual è il tuo vizio segreto? Troppo internet. Qual è l'artista-la band più sorprendente d'oggi? Light Asylum, Blondes. Di chi sei la reincarnazione? Un animale di qualche tipo, forse un gufo. Che poster avevi nella tua camera quando eri un teenager? Tanti poster di skateboard . Anche una matita gigante. Ci dici il nome di un artista o di una canzone italiana? Ennio Morricone, Luigi Russolo.

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Nome? Nick Weiss. Età? 21. Da dove vieni? Los Angeles. Cos’hai nelle tasche? Un portamonete marocchino, una collezione di carte di credito, il passaporto. Qual è il tuo vizio segreto? P!nk. Qual è l’artista-la band più sorprendente d’oggi? Light Asylum, .., Blondes, Kingdom, Physical Therapy, Total Freedom. Di chi sei la reincarnazione? Posso solo pensare a idoli di cui mi piacerebbe essere parte.. Arthur Russel per esempio. Che poster avevi nella tua camera quando eri un teenager? Poster XXL di Snopp Dogg e Tupac. Ci dici il nome di un artista o di una canzone italiana? Mr. Master - A Dog In The Night.



Fart uno spazio dedicato al sacro fuoco dell’arte

Di Giovanni Cervi (verbavolant@pigmag.com)

Roberta Fiorito Mi sono sempre chiesto cosa muova le persone che stanno nel mondo dell’arte. Gli artisti è facile, si sa, è il sacro fuoco che li divora. Ma tutti quelli che ci stanno intorno? Galleristi, curatori, critici, agitatori… cosa li spinge? Fart questo mese intervista Roberta Fiorito, gallerista rimpatriata a sud. Anni fa l’avresti mai detto che saresti entrata

za” io, insieme ai miei collaboratori, abbiamo

ministrazioni sensibili, una forte vocazione alla

nel mondo del commercio?

smesso di progettare e siamo passati all’azio-

sperimentazione in ambito socioculturale.

Il fattore commerciale nel mondo dell’arte è

ne.

Che differenze trovi tra la tua città e il mon-

di certo fondamentale, probabilmente poco

Aprire uno spazio londinese a Bari, follia?

do?

romantico, ma di primaria importanza. Se devo

Beh! Aprirlo a Londra sarebbe stato scontato,

Qui passiamo agli svantaggi del lavorare in

essere sincera quando si è fatta più concreta la

no?! La mia percezione del mondo è quella di

provincia. Bisogna faticare di più per farsi com-

possibilità di aprire una galleria dedicata all’ar-

una rete fra luoghi e persone legate da un co-

prendere, per non essere semplicemente eti-

te iper-contemporanea, ciò che mi ha mosso

mune sentire. Siamo la generazione di internet,

chettati come gli “stravaganti”. Abbiamo con-

è stata la necessità e la voglia di fare cultura e

apolidi per una necessità che diventa virtù. E

quistato e incuriosito un pubblico assolutamen-

ricerca.

così, dopo varie peregrinazioni adesso vivo a

te vario e trasversale, poi c’è da lavorare molto

Mi racconti il tuo percorso sin qui?

Bari, ma sono quotidianamente in contatto e

con i collezionisti, ancora un po’ prevenuti.

Il mio percorso è stato labirintico. Mi sono

lavoro con persone che abitano a Roma, Bolo-

Sogni e/o incubi, per il futuro?

appasionata all’arte sin da piccola, ho poi

gna, Berlino…

Che domanda marzulliana mi fai, Giovanni?

studiato arti visive all’università di Bologna,

Certo è che la scelta di intraprendere quest’av-

Risposta altrettanto in stile. I desideri e i sogni

contestualmente mi sono dedicata alla conser-

ventura nella mia città ha per me un senso mol-

non si confidano, rischiano di non avverarsi!!.

vazione dei beni culturali e lavorato in diversi

to forte. Bari non si è mai caratterizzata come

Gli incubi invece sono troppi, finirei per dare

cantieri come restauratrice.

“centro” dell’arte contemporanea ma negli

un tono troppo dark a questa intervista.

E poi un po’ per gioco, un po’ per “incoscien-

ultimi anni ha dimostrato, grazie anche ad am-

www.fabricafluxus.com

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N

MIN

ES

IVE SHO AT

GANDA PA

RY OF PRO IST

IVE SHO AT

C I S S A L C I C S T N S N A A T O L S S C N R I E T F F N E N J A T E O H S S T N R I E F F E J HE

T

KEEP IT LITE

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N

ES

MI

STRY OF NI


Shop

Intervista a Mike Goreski di Fabiana Fierotti

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Scandinavian Mod Scandinavian Mod è uno shop online dedicato al meglio del modernariato danese. Al suo interno potrete trovare quei pezzi di design unici, che sempre avete sognato, e spesso vi ritroverete a pensare: “Ma perchè non l’ho scoperto prima?”. Ciao Mike, come stai? Benissimo! La primavera sta per arrivare qui in Canada, quindi fa un po' meno freddo. Come hai passato la tua giornata? Oggi ho spedito un pezzo ad un cliente a Parigi, ho aggiunto qualche foto al sito e ho risposto alle mail di richiesta di alcuni clienti. Che ruolo hai all'interno di Scandinavian Mod? Sono il proprietario, ma faccio praticamente tutto. Oltre all'imballaggio dei pezzi, mi occupo anche di restauro, tappezzeria e in più assolvo compiti associati agli affari, come la selezione e l'acquisto di nuovi pezzi, le foto e la gestione del sito. Una specie di superuomo! E dimmi, quando hai aperto lo shop online? Siamo formalmente operativi ormai da tre anni, vendiamo pezzi online da cinque, e li collezioniamo da sette. Dove vi trovate esattamente? A Winnipeg, in Canada, ma facciamo spedizioni in tutto il mondo. Qual è il vostro principale obiettivo?

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Facciamo di tutto per fornire i nostri i clienti con il meglio dell'arredamento scandinavo, soprattutto design danese, inclusi alcuni pezzi fatti da designer e oggetti che rappresentino al meglio il concetto di design di questi paesi. Cerchiamo anche di mostrare ciò che vendiamo al meglio, visto che vediamo attraverso le foto. Avete dei prezzi abbastanza abbordabili e una qualità eccellente. Come fai ad avere entrambi senza perdere l'uno o l'altro aspetto? Cerco davvero di mantenere i prezzi giusti. Non siamo economici, ma nemmeno eccessivamente cari. Posso riuscire in questo perchè vendiamo solamente online e oltre quello, abbiamo solo da pagare l'affitto del magazzino e dello studio. In più, essendo un grafico, mi occupo io del design del sito come vi dicevo prima. Ci sono un sacco di rivenditori, specialmente negli Stati Uniti, che caricano eccessivamente il prezzo e non credo sia giusto. Mi piace di più l'idea di vendere bei pezzi che la gente può permettersi.

Com'è nata la tua passione per il design e il modernariato? E' iniziato tutto quando io e mia moglie abbiamo ereditato un tavolo da pranzo danese con le sedie, dalla sua famiglia. Mi è piaciuto subito il modo in cui i pezzi erano disegnati, la qualità della costruzione e i materiali usati. In generale mi piace molto l'aspetto minimal del design scandinavo, lo puoi abbinare con tutti gli stili. Qual è la tua era preferita per il design? Nonostante amiamo il design degli anni '30, il nostro vero amore sono i classici dagli anni '50 agli anni '70, specialmente dalla Scandinavia. www.scandinavianmod.com 1. Peter Hvidt/Orla MØlgaard Nielsen SØborg Teak Dining Chair 2. Rosengren Hansen #38 Brande Rosewood Sideboard 3. Peter Hvidt-Orla Molgaard-Nielsen France & Son Teak Daybed 4. Arne Jacobsen Fritz Hansen Teak Dining Table



Publisher

Intervista di Rujana Rebernjak.

Zak Kyes Art director, curatore e già da due anni anche editore: Zak Kyes, a soli 28 anni, è entrato nella storia. Per incontrarlo sono andata fino a Londra, dove nel contesto brutale del Barbican Center, ho scoperto qualche suo segreto. Com'è iniziata la tua collaborazione con l'Architectural Association? Ho iniziato la mia attività come Art Director della AA nel 2006. La scuola, al suo interno, ha uno studio di design ed una casa editrice AA Publications - dove ho lavorato ai progetti editoriali e alla creazione dell'immagine della scuola. Perché hai sentito l'esigenza di fondare la Bedford Press, dato che all'interno della AA esisteva già una casa editrice? Quando sono arrivato ho cominciato a visionare tutte le pubblicazioni realizzate all'interno

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della scuola, a partire dal 19° secolo; questo è stato uno stimolo per iniziare a sperimentare con gli studenti del corso che tenevo. Di conseguenza, abbiamo comprato una stampante Risograph, inizialmente solo per stampare piccoli progetti e pubblicazioni legate all'attività della scuola. Gradualmente, con la stampa di alcuni piccoli libri, abbiamo deciso di fondare la Bedford Press come imprint della AA Publications. Come vengono scelte le pubblicazioni? Le pubblicazioni vengono decise assieme a Wayne Daly, co-fondatore della Bedford Press,

e il direttore della scuola. Le pubblicazioni create dalla Bedford cercano di bilanciare i libri pubblicati dalla AA Publications, solitamente libri monografici di architettura, attraverso progetti creati in collaborazione con artisti interessati all'architettura oppure proponendo vari progetti interdisciplinari. Quali sono gli ultimi progetti che avete realizzato? Pochi giorni fa abbiamo presentato il nuovo libro di Sara MacKillop Modern Art in Everyday Life. Uno degli ultimi progetti è stato anche Translated By, curato da Charles Arsène-Henry e Shumon Basar, che accompagna l'omonima mostra. Inoltre, stiamo portando avanti una serie di conferenze con vari editori, artisti e grafici. Stampate i vostri libri all'interno della scuola? Stampiamo alcuni libri internamente, dato che abbiamo la stampante Risograph. Però, cerco di distanziarmi da questa tendenza, sia perché la Riso non è adatta per tutti i tipi di prodotti editoriali, ma anche perché non mi piace il feticismo che ultimamente si sta creando attorno a questo tipo di stampa. Non mi piace quando le persone prendono in considerazione un libro solo per il modo in cui è stato realizzato. Cosa ne pensi dell'interesse per l'editoria indipendente che ultimamente sta crescendo sempre di più? Trovo interessante questo rinnovato interesse per la produzione che si sta sviluppando in risposta alla digitalizzazione che abbiamo affrontato negli ultimi anni. Quindi ritengo che una non escluda l'altra, ma piuttosto che l'editoria stia cercando di produrre quello che è impossibile ottenere nella versione digitale. Penso che sia normale che con lo sviluppo esponenziale di qualunque attività, ci si trovi davanti a pochissimi prodotti di qualità nella marea di cose che vengono realizzate; trovo sia una cosa che riguardi qualsiasi aspetto della vita, non solo l'editoria. D'altronde esiste anche un pubblico che incoraggia questo tipo di produzione. A parte le pubblicazioni, la Bedford organizza anche molte mostre e conferenze: come possono coesistere queste due realtà? Penso siano complementari. Le mostre dovrebbero cercare di creare un'esperienza diversa da quella che può essere trovata su internet o in un libro, e non semplicemente tradurre lo stesso contenuto su di un altro mezzo. www.bedfordpress.org


Sour

OPEN

THE

POSSIBILITIES

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1 part Disaronno 1 teaspoon of sugar half lemon squeezed and crushed ice


Intervista a Moritz Waldemeyer di Mariacristina Bastante (kikka@pigmag.com)

Flos Flower Lights

Design

Di luce propria

Luce, tecnologia, libertà. Di cambiare, di pensare oggetti, installazioni, ambienti sensibili, passando per la moda, la fotografia e l’architettura. Senza fare caso a chi (ancora) distingue tra design e arte. Moritz Waldemeyer – tedesco di origine, londinese di adozione – dice, per esempio, che il design è un modo creativo per risolvere i problemi. E non teme le collaborazioni eccellenti, perchè i buoni progetti vengono fuori dopo una bella conversazione, dopo un incontro che non ti aspetti. E luce, il suo materiale preferito, fa il resto. Tra le sue mani diventa ogni volta un soggetto differente, poetico, ipertecnologico, sempre straordinario. Ecco che cosa ci ha raccontato. Dimmi qualcosa di te. Descriviti in tre parole. Curioso, socievole, nerd… forse? Quanti anni hai? 37. Dove vivi adesso? A Londra. Com’è il tuo studio? Un MacBook, una macchina fotografica, un piccolo set di strumenti per fare i prototipi e la cosa più importante: una connessione internet veloce… Che cos’è il design per te? Il design è un problem solving creativo. Per

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me è una delle forme più alte di espressione. Allora pensi che il design debba essere utile? La differenza tra design e arte è che il design include una funzionalità. Per fortuna però i confini sono molto molto sfumati e non dovremmo preoccuparci ancora troppo a lungo delle definizioni. Quali sono le tue fonti di ispirazione? L’ispirazione arriva da tante parti: internet, le persone che vedo, i materiali, i processi di produzione e qualche volta gli incontri inaspettati…

Chi sono i tuoi designer o artisti preferiti? Mi piacciono quelle storie in cui la creatività arriva da posti insoliti, come quel gruppo di ragazzi di Croydon che ha inventato il dub step. Hai collaborato con architetti e designer molto noti (Ron Arad, Zaha Hadid, Hussein Chalayan), Puoi raccontarci qualcosa di queste esperienze? Mi piace lavorare con altri creativi, ognuno ha il suo modo di fare, le sue preferenze, i materiali che ama di più. E’ una conversazione ispirata quella da cui escono fuori i progetti migliori.


Immagina di non essere un designer. Che cosa staresti facendo adesso? Ogni tanto mi capita di dover lavorare tutta la notte per finire un progetto, oppure di ritrovarmi alle quattro del mattino che monto un’installazione… ecco allora immagino che potrebbe esserci una vita parallela più divertente. Di solito mi vengono in mente due alternative: fare il Dj o il pilota da corsa Tra i progetti che hai già realizzato ce ne è uno a cui sei più affezionato? Ogni progetto è speciale a modo suo, altrimenti non mi lascerei neanche coinvolgere! Forse il Wushu project spicca tra tutti: ho dovuto coordinare e combinare alcune cose di cui sono molto appassionato in un unico progetto: ho usato il design elettronico per far sì che uno dei maggiori maestri di arti marziali potesse creare alcune fotografie per me incredibili. E poi, il top: il cliente mi ha fatto viaggiare con il suo jet privato! Hai realizzato un progetto per Bombay Sapphire che è molto particolare, perchè avevi a che fare con un’idea di gusto, che è molto difficile da rendere… Dovevo creare un design che comunicasse un particolare processo chiamato infusione a vapore. In pratica l’alcool è vaporizzato e passa attraverso un cestino di rame che contiene dieci essenze. Ho stilizzato tutto questo con una colonna di vetro e uno schermo al LED. Lo schermo che è trasparente mostra il passaggio del vapore e le persone possono toccare con le loro mani le essenze. Spesso il tuo lavoro è descritto come una fusione di arte, design, tecnologia. Che ne pensi? E che cosa ne pensi dell’attuale contaminazione tra design e arte contemporanea? Io amo la libertà di esplorare i vari ambiti della creatività e di poter innovare attraverso nuove e inusuali combinazioni. A causa di questo “approccio” non sono troppo preoccupato dei confini tra design e arte. Architettura, moda, fotografia, artigianato, ingegneria… per me sono tutte parti di un’arte più estesa. Ecco, mi piace un approccio alla Leonardo da Vinci! Lavori con la luce. Che cosa ti piace di questo “materiale” così particolare? Mi piace come la tecnologia mi permetta oggi di manipolare la luce in una maniera che era davvero impossibile nel passato. E forzare i confini per creare una nuova estetica: si può fare sia con la luce pura, che con i circuiti elettronici che con gli oggetti che emettono luce. Mi diverte molto il cambiamento tecnologico che la luce può rappresentare. www.waldemeyer.com

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SMEG S.p.A. Tel. 0522 8211 www.smeg50style.com

Frigoriferi FAB28R


PIG files

Di Giovanni Cervi

Poison Ivy Sghemba, sfacciata, apparentemente insicura, tremula. Questa è Ivy, la libreria di Thomas Bernstrand che sta mietendo premi in tutto il nord Europa. Lineare come il classico design svedese, spiazzante come quello latino: un matrimonio perfetto da prendere come esempio. Si prevedono terapie di design di coppia. www.bernstrand.com

Pen-drive Victim

Nuclear Suite Questo doveva essere un breve testo sul futuro, ma è drammaticamente attuale. Nella foto un esoscheletro anti radiazioni dell’artista giapponese Yanobe Kenji. La sua visionarietà degna di Gundam l’ha portato a Chernobyl, con un triste filo rosso che lega la storia giapponese a quella russa. Onorate le vittime del Sol levante. Guardate il cielo. www.yanobe.com - www.yamamotogendai.org

Il tessile sta arrivando anche nella tecnologia. Come un blob colorato lo vedremo ricoprire i nostri “giocattoli postmoderni” con sensazioni tattili e vari colori. Prime movers sono le chiavette 8icons di Maikiibox. Anche l’USB needs style. www.maiworld.com

Paper follie La follia generatrice. Quando una ossessione ti spinge verso la creatività che brucia. Michael Hansmeyer crea architetture partendo da algoritmi che poi applica al cartone. In questo caso colonne talmente compesse che sebbene il diametro massimo sia 50cm la circonferenza totale è di 8 metri! www.michael-hansmeyer.com 28 PIG MAGAZINE

Foto di Tomas Svab


Light forest Ha qualcosa della vite (Vitis vinifera) che porta verità, o dell’edera col dna mescolato a quello delle lucciole (Lampyris noctiluca) o qualunque altra pianta rampicante postcontemporanea. Ontwerpduo sono due giovani designer olandesi, ricchi di fantasia e concetti matematici. Da non sottovalutare. www.ontwerpduo.nl

Underwater combo Ego semi submarine. Queste sono le tre parole del futuro post 2012, se è vero che ci saranno cataclismi e inondazioni, questa produzione coreana sarà la 500 del boom dei trasporti marini tra qualche anno. Un pensierino va fatto, a prescindere! www.raonhaje.com

Primordia Le luci di Nacho Carbonell hanno qualcosa di primordiale, ancestrale, atavico. Come se Dio le avesse usate per la creazione. Come se l’uomo di Cro Magnon ci illuminasse le caverne e le tende d’inverno. Una sorta di “stone punk” degno degli Antenati, come se racchiudessero tecnologie così antiche che sono state dimenticate. Al passato che ritorna al futuro. nachocarbonell.com

Luce Chimica Già in passato avevamo presentato reazioni chimiche che avevano luce come conseguenza. E non capisco come non sia una strada più battuta dai designer. Manon LeBlanc lo ha fatto, con solo qualche goccia d’acqua, carbone e polvere di magnesio crea luce d’ambiente con un vago stile retrò. E luce fu! www.manon-leblanc.com

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Feature on Designer: Bless www.bless-service.de - Intervista di Michela Biasibetti

Ines e Desirèe hanno fondato BLESS più di dieci anni fa. Benchè si destreggino nell’invisibilità tipica dell’Europa del Nord, per il mondo della moda indipendente sono diventate una potenza riconosciuta, affermata e in espansione. Coerenti in ogni decisione, hanno trasformato il brand in un punto di riferimento per chi cerca la novità o semplicemente un pò di freschezza. Com’è nata la vostra unione? Ci siamo incontrate ad un concorso di moda a Parigi, vi partecipavamo entrambe. Al tempo Ines studiava ad Hannover e io a Vienna. Come siete arrivate alla nascita di BLESS? Instaurammo un’amicizia. Ci scrivevamo e decidemmo di dare vita ad un piccolo progetto estivo, invece di passare il nostro tempo semplicemente andandocene in giro. Da lì continuammo a fare progetti e ognuno di essi si chiamava BLESS. Qual è il vostro background? I nostri genitori sono lavoratori in proprio e indipendenti. Entrambe veniamo dalla classe media della Germania del Sud. Siete partite con BLESS nel 1997 e un anno dopo è arrivata la collaborazione con Martin Margiela. Com’è andata? E’ stata più o meno una sua richiesta quella di produrre le parrucche fatte di pelliccia

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apposta per la sua sfilata. Abbiamo preso la cosa abbastanza seriamente da creare un’azienda e firmare il contratto con lui. Da questo punto di vista gli dobbiamo molto. Come mai la decisione di unire abbigliamento e oggetti di arredamento? E’ stato un passaggio naturale, proveniente da un sentimento che avevamo entrambe. Il fatto che non ci siano solo i vestiti nelle nostre vite, che si deve trattare di qualcosa di più. Di solito cerchiamo di fare ciò che vogliamo, in relazione a quella che è la nostra vita personale. In base a quelli che sono i nostri desideri, bisogni e idee; tutto diventa più flessibile e possiamo concederci di creare qualsiasi cosa. Presentate le vostre collezioni a Parigi; come mai la decisione di creare delle performance invece di normali sfilate? E’ una sorta di sentiero senza fine nel quale proviamo a trovare il modo esatto per

presentare i nostri lavori; un percorso lungo il quale a volte nasce qualcosa di migliore rispetto ad altro. In entrambi i casi ogni presentazione contribuisce ad arricchire il nostro bagaglio personale e l’esperienza nel campo. Qual è la vostra idea di comunicazione per BLESS? Dalla nostra esperienza, ogni cosa che abbiamo forzato non ha mai funzionato. Lasciamo semplicemente che le cose arrivino a noi e come tattica funziona. Potremmo essere classificate come troppo calme o invisibili ma dall’altro lato sentiamo che sia più salutare procedere in questo modo. Ho sempre trovato BLESS coerente, cosa al momento piuttosto difficile osservando vari brand. Quali sono i piani per il futuro? In questo momento il nostro desiderio e traguardo fondamentale è diventare più consistenti, costanti e presenti.


Blog of the Month: Nerd Boyfriend nerdboyfriend.tumblr.com - Intervista a Roxana Altamirano di Fabiana Fierotti

Nerd Boyfriend è a tutti gli effetti una guida per vestirsi con gusto, dedicata agli uomini. Roxane sceglie grandi personalità, soprattutto appartenenti al passato e ripropone i loro look in chiave moderna, con una scelta di capi impeccabile. Quand'è nato Nerd Boyfriend? Il mio primo post risale al 27 Gennaio del 2009. Nel tuo blog proponi un personaggio del passato, ricomponendo il suo look con abiti contemporanei. Come ti è venuta questa idea? All'inizio volevo solo lanciare un photoblog di persone che ammiro. Ma dopo ho realizzato quanto fossero fighi quegli uomini e l'evoluzione verso il blog di moda è stato naturale. Quanti anni hai? 33. Dove vivi? Los Angeles.

Lavori? Si, ho un lavoro full time nel mondo dello spettacolo, che spiega la mancanza di post ogni tanto. Il tuo post preferito finora? Andrew W.K., il rocker quando era prep (nerdboyfriend.com/2009/02/andrewwk/ ) Chi è il tuo ragazzo dei sogni? Ne ho molti, mi piace Corbusier per la sua classe, Indiana Jones per la sua rudezza e Jim Henson per la sua gentilezza e il suo essere bambino dentro. Puoi suggerire ai nostri lettori il perfetto outfit primaverile secondo i tuoi gusti?

WA Chino Shorts di Opening Ceremony, la Mexican Tee di Paul Smith e dei sandali Maison Martin Margiela. Cosa ne pensi del menswear contemporaneo? Molte persone pensano che sia limitato e offra poca scelta. Io la penso in modo decisamente diverso e rimango piacevolmente sorpresa, specialmente in questo momento, dalla varietà di brand che gli uomini hanno a disposizione; preppy, elegante, rude, workwear, 80s, 90s, ce n'è veramente per tutti i gusti. Quali sono i tuoi designer preferiti? Mi piacciono Kolor, Our Legacy, Hermès, Rodarte e Yuketen.

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Brand highlight

Di Fabiana Fierotti. Foto di Piotr Niepsuj

Mark your territory Durante la presentazione della nuova collezione aw11 di Wrangler Blue Bell, abbiamo incontrato Alessandro Viganò, direttore creativo, e Adam Kakembo, direttore marketing del brand. E’ stato piacevole chiacchierare con due giovani che come noi credono nelle possibilità e nelle sfide che la vita ci lancia ogni giorno. Abbiamo parlato dei cambiamenti di un marchio storico come Wrangler e della loro voglia di renderlo sempre più attuale e impegnato su vari fronti: questa volta tocca all’arte e precisamente a David Buckingham, astro nascente dell’arte contemporanea. Quando siamo arrivati in studio da Wrangler, eravamo convinti di trovarci davanti i soliti manager che non hanno tempo da perdere in chiacchiere e vanno subito al sodo, portando gli argomenti dove loro vogliono che

notare come Alessandro ed Adam non solo siano giovanissimi per le posizioni che ricoprono all’interno dell’azienda, ma si lascino ancora trasportare da uno spirito appassionato e piacevolmente naif che li ha portati

Ultima sfida/non sfida del brand – non sfida perchè ci sembra talmente perfetta per la storia di Wrangler da non mettere in dubbio la sua validità - è stata accostare alla linea Blue Bell il nome di un artista contempora-

vadano. È stata invece un’assoluta sorpresa

a credere in progetti non sempre scontati.

neo. Si tratta di David Buckingham, ex pub-

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blicitario con sede a Los Angeles, il cui stile è direttamente riconducibile alla pop art ; cresciuto a pane e Pulp Fiction, Buckingham realizza le sue opere in un modo del tutto

no, “Visto che quando siamo a Londra sono sempre costretto a parlare in inglese!”), ci ha illustrato interamente lo spirito con cui si è occupato della direzione creativa di que-

per le moto che i due condividono, anche per l’approccio al lavoro. Il suo modo di fare marketing è tutto volto al digitale, così, alla fine della nostra chiacchierata, gli abbiamo

singolare: ritaglia lastre di metallo da carcasse di automobili abbandonate nel deserto, carriole o segnali stradali, trasformandole in grandi sculture da muro. Blue Bell lo ha scelto come simbolo della stagione fw11, non solo per il suo approccio alla materia artistica, ma anche per il suo abbigliamento da lavoro e il suo essere non proprio “sociale”. E chi meglio di Tony Ward poteva rappresentare questo aspetto un po’ rude? Nella nuova campagna, lo troviamo alle prese con sega e saldatrice, nel bel mezzo del deserto infuocato. Davvero notevole. Ma tornando ai ragazzi di Wrangler, Alessandro Viganò, italianissimo e oseremmo dire orgoglioso di esserlo (ci teneva tantissimo all’intervista fatta in italia-

sta nuova collezione ed è stato veramente illuminante. Avere a che fare con qualcuno che crede davvero nel lavoro che fa e lo fa con passione e trasporto, ti fa capire quanto è bello essere soddisfatti di ciò che si produce, con i propri sforzi e il proprio estro. Del resto Alessandro non è proprio un novellino: ha iniziato nel 1992 nel mondo del Jeanswear, passando per Napapijri e D&G e finendo a Wrangler nel 2008. La chiave del suo approccio al brand è mantenere autenticità e storicità, con un occhio a ciò che è avanguardia, per non rischiare di scadere nello scontato, cosa che molti marchi “heritage” fanno spesso. In questo senso far coppia con Adam Kakembo è una scelta giustissima, oltre che per la passione

chiesto cosa ne pensasse della presunta “morte” della carta stampata, aspettandoci commenti negativi e nefasti, e invece abbiamo ricevuto una risposta sorprendente e confortante. Secondo Adam la carta è tutto fuorché morta, anzi, nella sua visione del futuro, l’editoria diventerà un universo elitario, in modo più evidente e costruttivo. Possedere una rivista, significherà avere in mano un volume ricco di contenuto, da collezionare e tenere nella propria libreria, come un bel libro. Lasciandoci con queste parole, che a noi suonano dolcissime, abbiamo dato un’occhiata alla collezione e, che dire, sembra che stiano andando proprio nella direzione giusta. www.wrangler.com

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The Loved One

The Loved One, brand di lingerie dall'estetica vintage, ha appena fatto il suo ingresso nel mondo della moda. Dietro questo progetto troviamo Hannah Kristina metz, artista e blogger based in Brooklyn e Elvia Lahman, designer e appassionata di vintage based in Los Angeles. Essendo agli inizi, la prima collezione consiste di tre coulottes e un completino, interamente realizzati a Pasadena, in California. Potete trovarli su thelovedone.bigcartel.com F.F.

Erin Kleinberg La passione per la moda di Erin nasce durante uno stage da W Magazine, sotto la guida di Alex White. Dal 2008 ha lanciato il suo brand, il cui obiettivo è cercare di fornire al pubblico ciò che sta a metà tra il pret-àporter e l’haute couture, in materia di top, t shirts e cardigan. Pare che tutte le modelle e hit girls dei giorni nostri ne vadano pazze, ma non fatene il vostro motivo di attenzione please! www.saks.com - www.erinkleinberg. com F.F.

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Something about me Manuel Bolano tiene a definirsi "artigiano della moda". Il suo brand è nato nel 2008, a Barcellona, e riporta molte caratteristiche dell'infanzia del designer. Per la stagione ss11, si torna indietro alle estati passate con la nonna in campagna, tanto da percepire, attraverso gli abiti, il sole che acceca riflesso nella piscina, le domeniche in chiesa, il caldo. www.manuelbolano.com F.F.


Shadows and other signs of life Won Hundred nasce dalla volontà di Nikolaj Nielsen, veterano del denim, di dare al pubblico danese un brand che costituisca una valida e autorevole alternativa alla tradizione. Iniziando con il menswear, si è poi allargato anche al womenswear, con un approccio che rimane molto vicino alla moda maschile. Per la stagione ss11, la collezione è ispirata alla proiezione delle ombre, durante le giornate estive, quando tutti sembriamo dei watussi, in chiave minimal. www.wonhundred.com F.F.

Dopo vent’anni passati da un'azienda all'altra (Ralph Lauren, Armani, Banana Republic), Thomasine Dolan ha deciso di lanciare il suo brand di womenswear. La sua estetica unisce silhouette maschili, gusto vintage e una passione per il beachwear anni '60, in un risultato molto femminile e delicato. Per la collezione ss11 la designer ha voluto usare solo i materiali migliori, per mantenere alta l'autenticità del marchio. www.thomdolan. com F.F.

Foto di Ani Berberian

Thom Dolan

A.B.K Custom Leather Craft Quando abbiamo chiesto ad Alya Kazakevich, designer di A.B.K, informazioni sul suo brand, lei ci ha risposto che è troppo fuori dalle dinamiche della moda per avere delle collezioni o un comunicato stampa. Se ci pensate, in effetti, questo è un modo per “umanizzare” un campo che purtroppo è in mano a gente che si è totalmente dimenticata cosa significhi Fare la moda. Le sue creazioni sono vere e genuine, fatte a mano da Alya nel suo studio a Brooklyn e racchiudono uno spirito country che non passa inosservato. abkny.blogspot.com F.F.

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Minnow Bathers Visto che l'estate sarà presto alle porte, ecco un altro piccolo suggerimento per i costumi da bagno. Minnow Bathers, brand canadese con sede a Toronto, ha quell'estetica fresca che tanto ci piace e quel tocco di sicurezza che alle donne di tanto in tanto manca. La collezione ss11 è ispirata alle ribellioni adolescenziali, pur mantenendo dei tagli classici, riconducibili agli anni '50. Potete comprarli sul sito del brand: www.minnowbathers.com F.F.

Patouf Patouf è già alla sua settima collezione, ispirata al libro "Kafka on the shore", del nostro amatissimo Haruki Murakami. Il brand svedese, fondato nel 2007 dalla designer Anna Angseryd, per la stagione estiva ha puntato sull'oro, il pesca, il cipria, con un tocco di blu. Il mood anni '70 viene accentuato da tagli ad hoc, dall'uso di viscosa e del lurex. Fate un giro sul loro shop online: www.patouf.se F.F.

Know Your Shoe Dal 2007 Osborn cerca di creare delle scarpe che uniscano ottima qualità ed estetica. Per questo, tutte le creazioni sono realizzate a mano in Guatemala, in modo da aiutare anche il popolo guatemalteco, esaltando le grandi qualità artigianali che da sempre lo caratterizzano. Potete acquistare il modello che più vi piace (perchè ce ne sono centinaia) su www.osborndesign.com F.F.

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72 Hours Trunk NyThan James è un ragazzo di New York, creatore di un sito web che lui stesso definisce: "Una filosofia che ha a che fare con la natura della bellezza, dell'arte, del gusto e l'apprezzamento e creazione di essa". Ora ha presentato la sua prima collezione di bauli e borse; la 72 Hours Trunk è, secondo noi, il pezzo forte. www.nythanjames.com M.B.

Redemption Rye Opening Ceremony ft. Levi’s Si, ok, ormai sembra quasi ripetitivo. Opening Ceremony ce l'ha fatta di nuovo. La nuova capsule collection in collaborazione con Levi's, nel suo ritorno alle origini, ha del divino. I due brand si uniscono ancora una volta sotto un'unica parola chiave: "Chambray". Tutti i pezzi sono infatti realizzati in chambray giapponese e leggerissimo denim del più puro e originale color indaco, in un'estetica all'insegna del workwear americano. Potete trovare tutto su www. openingceremony.us F.F.

Per molti uomini bere whiskey è quasi un rito. Si siedono sul loro divano, dopo cena, e lo sorseggiano poco alla volta, assaporandone ogni nota. C'è chi si accontenta della solita bottiglia comprata sotto casa e chi, invece, vuole solo il meglio. Redemption Rye è un bourbon speziato e leggero e poi ha una bottiglia che è davvero il massimo. www.redemptionrye.com F.F.

The North Face Goes Floral Sarebbe stato perfetto per la style page di questo mese e invece ci teniamo a consigliarlo agli uomini. Non fatevi ingannare dall'apparenza girly, è giustissimo. www.thenorthface.com F.F. 37


Mihara Yasuhiro Lo avevamo intervistato, Mihara Yasuhiro, altro designer d’eccellenza, regalo del Giappone. Sulla scena da più di dieci anni, dopo essere stato designato nel 2009 uno tra i designer da tenere d’occhio secondo Menstyle, ci propone una collezione estiva che mette in evidenza jeans e calzature con un tocco di look ivy league. Il tutto seguendo la tradizione asiatica di qualità e design. www.miharayasuhiro.jp M.B.

Bleu de Paname Bleu de Paname è un brand francese con una certa passione per la storia del denim. Jeans e camicie sono i capi basilari della collezione, tutta giocata sui toni naturali dell’indaco. Una linea rigida e solida, grazie al materiale utilizzato; e nonostante la vita del brand sia breve, è già in arrivo una collaborazione con Comme des Garçons. www.bleudepaname.com M.B.

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UNDFTD x PUMA Clyde Con la nuova direzione artistica di Husseyn Chalayan, PUMA ha decisamente fatto una gran bella mossa. Questo mese esce infatti l’ultima collaborazione del marchio con il brand UNDFTD, una rivisitazione dello storico modello anni ‘70 Clyde. La scarpa è fatta della migliore pelle bianca e presenta un dettaglio dorato sul retro, che gli conferisce un tocco di luxury in più. A pag. 60, potrete trovare l’intervista ad Eddie Cruz, direttore di UNDFTD, che ci racconta meglio di questa esperienza e della sua vita a LA. www.puma.com - www.undftd.com F.F.



Flower Power

1

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Fashion

3

Di Fabiana Fierotti

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7 5

6 8

10 11 9

1-2.D&G 3.Erdem 4.Dolce & Gabbana 5.Vanessa Bruno 6.Obey 7.Rochas 8.Girl By Band Of Outsiders 9.Dr. Martens 10.Sessun 11.D&G

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11

1.Charles Anastase 2.Rebecca Taylor 3.Charlotte Ronson 4.Julien Macdonald 5.Opening Ceremony 6.Rodarte x Opening Ceremony 7.Dr. Martens 8.Mary Katrantzou 9-10.Topshop 11.Antonio Marras

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Photographer of the Month: Maia Akiva maia-moon.com - A cura di Sean Michael Beolchini

Come ti chiami? Maia Akiva. Di dove sei? Sono del freddo, ma adorabile Michican, negli U.S.A. Dove vivi? Vivo ancora in Michigan. Ci campi con la fotografia? Non ancora! Quindi cosa lo fa? Tante piccole cose.

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Quanti anni hai? Quasi 18. Quanti te ne senti? Qualche volta 8, altre 18, altre 25. L’età è variabile. Quando hai iniziato a fotografare e perché? Ho iniziato a fare fotografie all’inizio della prima superiore. Mi sono iscritta ad un corso di fotografia e da lì il mio interesse è decollato.

Si tratta più di estetica o del senso delle cose? Mi piace un misto tra i due. Ma il significato secondo me è davvero importante. Come descriveresti il tuo modo di fotografare? Sognatore e magico. Qual è la tua big picture? Non saprei. Cosa altera le tue percezioni? Le fotografie di altre persone alterano la mia


Maia Akiva, meglio conosciuta come Maia Moon, è una specialista nel catturare i piccoli istanti della vita. In questo modo ha messo insieme una collezione di lavori tormentata, incantevole e spesso inquietante. Queste foto, nonostante siano state scattate nei suoi anni d’adolescente, ancora minorenne, hanno una visione incredibilmente matura.

percezione delle cose. Una fotografia davvero grandiosa, una conversazione, o un film, lo fanno allo stesso modo. Cosa non ti piace della fotografia oggi? Molte persone usano Photoshop per nascondere una brutta fotografia (e ancora Photoshop). Cosa ami della fotografia oggi? Le molte fotografie che mi ispirano e sono bellissime, che vedo ogni giorno. Anche il

modo in cui mi fa sentire. Segui qualche regola? Se sì, quali? Nessuna regola. Solo scattare, scattare, scattare. Oh, anche sperimentare con la mia macchina fotografica. Chi è il tuo fotografo preferito? Davvero tanti, tra cui Francesca Woodman, Hellen Van Meene e Cindy Sherman. Che tipo di macchina fotografica usi? Canon AE-1, Nikon FM2 e Yashica Mat-124. E altre che ho sparse in giro.

Che macchina vorresti usare? Mi piacciono quelle che sto usando ora. Chi ti piacerebbe scattare in topless? Chloë Sevigny: è bellissima. Chi dovrebbe essere il nostro prossimo fotografo del mese? Kara Krause. Le sue foto sono soft e mozzafiato, mi ispiara tutti i giorni. Quale sarà il tuo prossimo scatto? Qualcosa di grande!

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Nome? Rafael Rozendaal. Età? 30. Che fai? Artista. Sei innamorato? No. Hai bisogno di un iPad? No. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Non bevo. Qual è il tuo progetto? Focus. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? 40 minuti fa. Cosa fa rima con "Studio"? Sussudio. Http://www. newrafael.com

Street Files: Lancio della rivista Studio Siamo andati alla festa di lancio del primo numero, svoltasi a Milano. Ecco alcune delle persone che abbiamo incontrato.

Milano - Foto di Piotr Niepsuj. Special thanks to: Fabiana Fierotti

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Nome? Dimitra Louana Marlanti. Età? 21. Cosa fai nella vita? In questo periodo sto preparando la mia tesi in fashion communication allo IED, mentre studio architettura al politecnico. Sei innamorata? Sono innamorata della mia gatta, è un persiano bianco, si chiama Anabel. Hai bisogno di un iPad? Hmm, non penso di averne ancora bisogno, ma forse arriverà presto il giorno in cui sarà un "must have". Qual è il miglior rimedio da un hangover? Non ne ho idea, aspetto di vedere cosa risponderanno gli altri, per trovare la mia salvezza. Qual è il tuo progetto? Per ora, il mio piano è una sezione. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? Sto controllando proprio ora. Cosa fa rima con "Studio"? Non sono brava con le rime, ma parlando di media, radio può essere una rima, penso.

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Nome? Oisin Orlandi. Età? 23. Che lavoro fai? Lavoro come graphic designer per un magazine e faccio qualche illustrazione da freelance. Sei innamorata? Sì, lo sono. Hai bisogno di un iPad? Sono sicura di non averne bisogno, ma non so se ne voglio uno. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Mia madre mi ha insegnato che bloody mary e coca-cola sono i migliori, ma io preferisco paracetamolo, succo di pera e pane. Molto pane! Qual è il tuo progetto? Soldi e fama. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? Durante la pausa pranzo. Cosa fa rima con "Studio"? Ripudio? Http://www. oisinorlandy.com

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Nome? Jaleel. Età? 27. Che fai? Sto pensando ad un vigile di nome Antonio. Sei innamorato? Ogni momento. Hai bisogno di un iPad? No. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Acqua e aspirina. Qual è il tuo progetto? Finire quello che stavo facendo quando Antonio mi ha interrotto bruscamente. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? Il meno possibile. Cosa fa rima con "Studio"? Audio.

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Nome? Anna Grassi. Età? 26. Che lavoro fai? Lavoro in una casa di produzione a Milano. Sei innamorata? Sempre. Hai bisogno di un iPad? Ne ho già uno. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Dormire sulla scrivania al lavoro. Qual è il tuo progetto? Andare in Brasile con Discovery Channel. Quand’è stata l’ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? Un’ora e 33 minuti fa. Cosa fa rima con “Studio”? Iodio.

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Nome? Giallo Concialdi. Età? 25. Che fai? Sono un artista. Sei innamorato? No. Hai bisogno di un iPad? No. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Aulin. Qual è il tuo progetto? Nessuno al momento. Cosa fa rima con "Studio"? Suicidio. http://padiglionepompeiano.tumblr.com/

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Nome? Erika Basilio. Età? 21. Che lavoro fai? Lavoro come graphic designer per un fashion magazine. Sei innamorata? No. Hai bisogno di un iPad? No,ma se vuoi regalarmene uno, grazie! Qual è il miglior rimedio da un hangover? Mhh... Prendere un’aspirina prima di andare a letto. Qual è il tuo progetto? Piano di oggi: finire il rullo di pellicola iniziato a Roma. Proseguendo per quello settimanale: organizzare il mio compleanno (26 Marzo). Piano a lungo termine: non ho ancora un piano, vorrei solo organizzare un bel viaggio a Settembre. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? Ora. Cosa fa rima con "Studio"? Faggio

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Nome? Davide Coppo. Età? 24. Che fai? Lavoro a Studio e da American Apparel. Sei innamorato? Sei mai stato innamorato di qualcuno di cui non dovresti esserlo? Hai bisogno di un iPad? Sicuramente. Qual è il miglior rimedio da un hangover? Estremismo islamico. Qual è il tuo progetto? Provare a rispondere alla domanda numero 4, e spero davvero che Studio diventerà uno dei migliori magazine in Italia, di sempre. Quand'è stata l'ultima volta che hai controllato il tuo account Facebook? 27 secondi fa. Cosa fa rima con "Studio"? Ambizione, cultura, innovazione, baffi e barba. Http://www.rivistastudio. com, ovviamente.

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Fabio Quaranta Fabio Quaranta è uno dei pochi designer di casa nostra che riesca a ricevere consensi pur creando una linea di menswear in contrasto con le tendenze del mercato. La sua storia come designer inizia nel 2003, con il lancio della sua prima linea FQR. Arriva poi la partecipazione al laboratorio creativo MOTELSALIERI, dove grazie all’amicizia con Antonio Salieri, Fabio inizia a prendere a parte a numerosi progetti. Nel 2010 arriva il primo riconoscimento ufficiale: la vittoria del contest Who is on Next, organizzato annualmente da Pitti Immagine Uomo, gli dà un imput a continuare la sua strada nel menswear design. Nonostante possa sembrare un personaggio schivo e di poche parole, Fabio sa innegabilmente il fatto suo e lo ha dimostrato creando una linea che presenta dei dettagli e una storia davvero interessanti. “The Hallucinatory Mountain”, oltre ad essere un disco dei Current 93, è il punto di partenza da cui muove l’estetica della nuova collezione aw11, in cui il sodalizio con il fondatore del gruppo è stato decisivo e fondamentale. Intervista di Fabiana Fierotti. Foto di Piotr Niepsuj Ciao Fabio, mi piacerebbe se per comin-

del marchio è ancora presto.

ciare, ci parlassi un po' di te. Dove sei

La tua nuova collezione si chiama "The

nato? Quanti anni hai? Dove vivi adesso?

Hallucinatory Mountain" e trae ispirazio-

Romano. Mancino. Fortemente astigmatico.

ne dal disco dei Current 93. A proposito

'77. Sposato con Grace. Padre di Fabiolita

del gruppo, David Tibet, fondatore della

Guillermina. Vivo e lavoro all'Esquilino a

band, ha curato le grafiche di alcuni capi.

Roma.

Come vi siete conosciuti? E come siete ar-

Puoi raccontarci qualche aneddoto della

rivati a questa collaborazione?

tua adolescenza? Tipo... la prima esperien-

Ci siamo conosciuti circa un anno fa, in

za "sentimentale"?

occasione di una sua personale al MOTEL-

Domanda originale: Liù (o Gaja) era la nipote

SALIERI, pian piano è nata l'amicizia e da qui

della mia professoressa di matematica. Per

la decisione, da me sempre desiderata, di

lei sentii il primo "mal di pancia"… per me

collaborare ad un progetto.

lei risolse un "difficile problema".

Le grafiche sono state il pretesto più sempli-

Nel 2003, hai esordito nella "moda",

ce ed allo stesso tempo efficace per tradurre

reinventando un classico: le All Stars, in

il suo immaginario artistico all'interno della

vinile. Contemporaneamente hai lanciato

collezione; l'averlo conosciuto è stato al-

FQR, linea di abbigliamento maschile e

trettanto indispensabile per la scelta di tanti

sei entrato a far parte di MOTELSALIERI,

dettagli, come ad esempio le impunture a

laboratorio creativo. Puoi parlarci di quel

croce ed i materiali con cui i capi son stati

periodo e dei singoli progetti?

realizzati.

MOTELSALIERI è nato subito dopo le All

Altro sodalizio è quello con Diego Manfre-

Stars. Al suo interno coesistono Antonio

da, head designer di 5PW Wardrobe, che

Salieri che si occupa di "immagini", lo store

si è occupato di stampare a mano tutte

di abbigliamento e accessori per uomo, la

le grafiche. Che tipo di rapporto avete?

collezione FABIO QUARANTA (per alcuni

Siete entrambi romani, vi conoscete da

anni FQR) e il progetto "Guest At" (www.

tempo?

motelsalieri.org/guestat) con i suoi "ospiti

Diego è stato da sempre un frequentatore

speciali". Imminente l'apertura di uno spazio

del nostro spazio, ma ci siamo "parlati" solo

limitrofo che ospiterà il lavoro del designer

recentemente.

austriaco Carol Christian Poell.

Per questa stagione di FABIO QUARANTA

Nel 2010, è arrivato il primo riconoscimen-

non solo ha fatto le notti per stampare a

to. La vittoria di Who is On Next, di Pitti

mano le t-shirt ma è stato fondamentale per

Uomo. Quanto ha influito sul tuo lavoro e

la riuscita dell'intera collezione . Direi "una

sul successo del marchio?

mano dal cielo". Oggi anche lui “vive” al

Ha influito sicuramente sul mio lavoro. Mi ha

MOTEL.

ridato la voglia e la possibiltà. Per il successo

Osservando la tua collezione, i dettagli

che più saltano all'occhio sono la mancanza totale di bottoni nelle giacche e grosse cuciture, oltre ad una vestibilità che anche solo alla vista sembra super confortevole. Qual è stato il tuo approccio estetico al tutto? The less there is the better it is. In generale, cosa ti influenza e ti ispira di più nella vita quotidiana? Gli uomini persi. E nel menswear, quali sono i designer che maggiormente apprezzi? L'uomo di Helmut Lang continua ad essere un emozionante ricordo. Immagino che avrai un grande passione per la musica. Potresti suggerirci una playlist di 5 canzoni? New Partner - Palace Brothers Devil Got My Woman - Skip James Not Because the Fox Barks - Current 93 Waiting Around to Die - Townes Van Zandt What Can I Say, What Can I Sing - Jandek Puoi consigliarci un posto poco conosciuto ma bello e suggestivo di Roma? (i posti meno conosciuti sono sempre i migliori...) Non te lo dico. Qual è stato il tuo ultimo viaggio (nel senso di vera e propria vacanza)? Wilrijk. A casa di mia suocera. E quale sarà il prossimo? Berchem. La suocera si è trasferita da poco. Se è vero che esiste la reincarnazione, cosa ti aspetteresti dalla tua prossima vita? Che sia comunque diversa. www.fabioquaranta.it www.motelsalieri.org

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Eddie Cruz Il mese scorso PIG è stato invitato alla fiera di abbigliamento Project di Las Vegas. Qui abbiamo incontrato Eddie Cruz, creatore del brand Undftd insieme al socio James Bond, che ci ha mostrato in anteprima (il lancio ufficiale è previsto per aprile) le nuove Clyde, realizzate in collaborazione con PUMA. Inutile dire che parlare con Eddie è stata un’esperienza abbastanza unica. Abbiamo ripercorso la sua storia tra New York e Los Angeles, partendo dagli inizi...

Intervista di Simon Beckerman. Edit Fabiana Fierotti. Foto di Patrick Romero. Special Thanks to: Michela Biasibetti e Luca Massaro.

Quanti anni hai? Intorno ai 40. Davvero? Sembri più giovane! E quanti te ne senti? Circa 28. Come definiresti il tuo lavoro? Sono un rivenditore-stilista e direttore creativo. Quindi non ti senti un imprenditore? Certamente, ma è meglio lasciare tutti questi affari di mercato alle persone che si occupano di questo: ho un contabile molto bravo. Così mi concentro sull’essere creativo nel marketing e cose del genere. Penso sia una buona formula per il successo. Prima di fare il venditore cosa facevi? Faccio il venditore da sempre, dal 1985. Ho iniziato con brand come Comme Des Garçons, Matsuba, e ho conosciuto gente come Jean Michel Basquiat e Keith Haring che ogni tanto passava da Soho a salutarmi. E poi ti sei trasferito a Los Angeles... Sì mi sono trasferito innanzitutto per amore. Poi, per le opportunità di mercato. Perché quello che volevo fare a New York lo stava già facendo il mio partner James Bond che era proprietario di Union, dove io facevo il manager. Ma questa sede di New York ora è chiusa e non è nel mercato da vent’anni. E io sono stato colui che ha trovato a LA brand come Fact, Freshjive, Erik Brunetti, Extralarge, 4 Stars, Chocolate. Poi sono andato a San Francisco e ho incontrato Tommy Guerrero perché Supreme stava per nascere, intorno al 1993/94. Poi a LA amavo lo stile di vita rilassato. La scena hip hop era in crescita: quello che ascoltavamo a NY stava arrivando a LA, come Cypress Hill, House Of Pain ... Sapevo che qualcosa era nato, ma nessuno aveva pensato al livello commerciale e per questo ho trasferito lì un negozio Union. E come ci si vestiva in quegli anni? Compravamo le Clyde da Mum&Pop’s Sneaker Shop e nel Bronx e non in altri quartieri, perché lì ero nato e conoscevo la zona. Por-

tavo James in queste aree malfamate, sulla 149° strada e i ragazzi lì usavano tutti roba PUMA. Soho era un mondo a parte... Alle scuole superiori sono cresciuto molto, quando mi sono laureato a metà anni ‘80, il modo di vestire era tutto incentrato sulle Clyde. I ragazzi si vestivano con pantaloni a zampa e ci facevano dei disegni sopra, come piccoli graffiti. Qual è la differenza tra le nuove Clyde realizzate da Undefeated e l’originale edizione di PUMA Clyde? Quale il valore aggiunto? PUMA ci ha lasciato sperimentare, togliere la striscia del logo, fare in pelle delle scarpe che sono sempre state scamosciate. Poi penso che faremo qualche collaborazione per lanciare il prodotto con artisti, tatuatori, giovani... Quanti negozi venderanno le nuove Clyde? E’ incerto, questo progetto vuole allontanarsi dall’idea del “Oh mio Dio, devo avercele in esclusiva”, sarà un’edizione esclusiva nel senso che saranno vendute solo nei nostri migliori negozi. E penso che in Italia ci sarà una buona distribuzione. In Italia come sta andando la vendita delle Clyde? Purtroppo non molte persone si ricordano di questo grande giocatore… Giocava negli anni ‘70 e come Michael Jordan, si è ritirato. I più giovani magari non ne sapranno nulla... È forse questa la ragione della collaborazione con Undefeated. Si sentiva il bisogno di qualcosa di contemporaneo. Il concept è essenziale e forse non tutti sanno che Clyde è stata la prima firma su scarpe per un giocatore di NBA. Clyde ha dato un tocco di classe alle scarpe. Si vestiva in modo creativo. Oltre allo sport era attento anche alla moda. Lui creava la moda, non si limitava a seguirla. Il vantaggio di questa nostra unione non è soltanto il seguire il mercato ma anche di crearne uno nuovo in una direzione differente. Avete lavorato a lungo con Clyde? Non tanto. Cioè, ovviamente ha visto tutto, ho parlato con lui qualche giorno fa.

Un’esperienza interessante. E’ cool, gli piace parlare di sport. Ho parlato con molti atleti, ma lui è una leggenda. Qual è il tuo negozio preferito in Europa? Foot Patrol. Hanno appena riaperto, Michael è un buon amico. Sono molto contento per lui. E’ da tanto che non vedo il suo negozio, ma il mio partner James Bond c’è stato di recente... Quanti negozi avete? Quattro in America, due in Giappone, ma quelli in Giappone sono solo rivenditori autorizzati. Aprirai nuovi negozi? Non c’è un progetto, ma il sogno c’è. Sarebbe bello aprire un negozio Undefeated a NY, magari uno o due in più in California, dai due ai quattro in più in Giappone, si parla anche della Cina. Con l’Europa è diverso. Lo volevamo fare insieme a Slam Jam, ma è difficile. Attualmente stiamo cercando di collaborare con Henry Allen, un ottimo interior designer. Ha progettato un negozio a NY e il negozio per Supreme a LA. Ha capito la nostra estetica e le nostre sensazioni; pur non provenendo dal nostro mondo, ha un buon gusto, semplice, e ha capito quello che volevamo. L’abbiamo inserito nella compagnia e si occuperà di tutto il “POP” e dei prodotti in uscita, e magari qualcosa anche in Italia. Quanto influisce la musica sui tuoi progetti? A parte i classici, mi piace Jack White come musicista, amo Bjork ovviamente, gli Arcade Fire, i Kings of Leon. Sono sempre in cerca di nuova musica. Lo faccio dall’89. E’ importante tenersi attaccati al passato, alla giovinezza. Sono molto aperto musicalmente. Mi piace dare opportunità ai giovani, ad esempio a dj che trovo possano avere del potenziale, offro di suonare a una festa. Poi a LA si sta diffondendo una scena che unisce elettronica ed hip-hop, ad esempio Flying Lotus, Gaslamp Killer... www.undftd.com www.puma.com

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Canada Intervista di Valentina Barzaghi. Foto di Alba Yruela

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I CANADA sono: Luis Cerveró, Nicolás Méndez e Lope Serrano, tre trentenni di Barcellona, che per affinità di background hanno deciso di unire le loro forze ormai qualche anno fa. Definirli come semplici filmmakers, potrebbe essere riduttivo, perché i CANADA non sono solo registi, ma cercano l’arte in ogni progetto video che intraprendono: dal collage video ad una ricerca d’immagine surreale, fino all’animazione. Pensare, che il loro incontro è stato pressoché casuale e lontano da ambienti di settore, tra le vie della città che amano. I tre amici, hanno richiamato l’attenzione internazionale su di sé grazie soprattutto a due videoclip: “Bombay” di El Guincho ed “Invisible Light” degli Scissor Sisters. Li abbiamo intervistati proprio a ridosso di quest’ultimo lavoro, quello che probabilmente aprirà loro le porte verso successi sempre più grandi. Ai CANADA però, non piace tanto entrare nello specifico di ogni singolo video perché, come loro stessi dicono, più che di progetti singoli, la loro è una ricerca atta a scovare e rappresentare la bellezza e la verità. Direi che a proposito, stanno facendo uno splendido lavoro. Ciao ragazzi, piacere di conoscervi. Come state? Nicolás Méndez: Ho appena terminato di filmare il mio primo cartone animato quindi, come puoi immaginare, sono la persona più felice sulla Terra. Lope Serrano: Bene, grazie. Un po’ stanco. Ieri sera ho lavorato fino a tardi. Luis Cerveró: Stanco, ma bene, grazie. Quanti anni avete? NM: 37 LS: 34 LC: 37. Qual è la cosa migliore di essere voi stessi? NM: Che faccio cartoni animati. LS: I miei baffi. LC: La cosa migliore è essere sposato con 63


mia moglie. E la peggiore? NM: Che sono troppo vecchio per farli. LS: Che li ho rasati l’altra notte. LC: Non riuscire a vedere lei o qualsiasi cosa al mondo senza occhiali. Sono quasi cieco. Mi dite come avete iniziato la vostra carriera cinematografica? NM: Ho iniziato a scrivere serie tv e shows quando avevo 20 anni, mentre studiavo storia dell’arte. Dopo ho realizzato qualche corto e video musicale. LS: Io ho studiato “Teoria del Film” all’Università e poi ho cominciato a lavorare in una tv locale, facendo qualsiasi cosa per sopravvivere. Probabilmente la mia passione per il cinema è nata a casa, aspettando il film settimanale del sabato sera alla TV. Mi ricordo chiaramente The Towering Inferno, The Great Race o The Party. LC: Ho frequentato per tre anni una scuola di cinema a Madrid. Penso sia iniziato tutto da lì. In quale ambiente siete cresciuti? NM: Il migliore possibile. Mia madre dipinge, mio padre scrive e cucina e vivono in due differenti case. In quella di mia madre ci vive lei, i miei nonni, due zii, i miei due fratelli più grandi e un cane. Mangiamo sem-

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pre tutti insieme. Mio padre ha un ristorante e sta lì la maggior parte del tempo, quindi quando sto con lui, sono per molto tempo da solo e guardo gli stessi dieci VHS che ha di continuo o leggo comics zozzi. LS: I miei genitori erano più giovani degli altri. A casa mia c’erano musica rock, radio e tv. La mia città era fredda d’inverno e calda d’estate, nel mezzo del nulla, ma la mia scuola era grandiosa, proprio nel bosco. Mi piace spesso ricordare la mia infanzia. Com’è Barcellona (e la Spagna in generale) per un giovane filmmaker che vuole iniziare a lavorare nel cinema? LS: Spagna e Barcellona non sono nulla più che la mia casa e quindi penso che sia una domanda difficile a cui rispondere. Non so se qui sia più facile o difficile che da altre parti. D’altronde, non mi ritengo più così giovane e forse il cinema non è esattamente il mio ambiente originario. Quello che posso dire è che sono circondato da un sacco di ottimi e brillanti colleghi. E ora la Spagna sta subendo una sorta di recessione economica paralizzante. LC: Vivo qui da circa undici anni, al momento. Mi sono divertito, conosco ogni angolo, mi sono rotolato per terra dal ridere, ho pianto come un bambino, mi sono sentito

sano e sexy, e brutto e miserabile, ho avuto amici e nemici, ho incontrato un sacco di belle donne e vissuto la città in ogni modo possibile. Quindi è come se Barcellona rappresentasse la mia vita dai 26 anni fino ad ora. Lope, se dovessi descrivere la parola “amore” usando una sola immagine, come lo faresti? LS: Con una pantera che vola tra le fiamme. Che lavoro avresti voluto fare da piccolo? LS: Di sicuro il calciatore. Luis, se invece a te chiedessi di rappresentare la follia usando solo un’immagine, quale sceglieresti? LC: Un gruppo di ragazzi vestiti di bianco che camminano come papere uno dietro l’altro. Qual è il tuo ricordo più bello di quando eravate piccoli e andavi al cinema? NM: Mia madre mi portava sempre a vedere film. Avremmo potuto vedere anche tre film alla volta. Guardando Singing in the Rain, una coppia del pubblico si alzò dalle sedie e iniziò a fare una bellissima danza nel corridoio. Mi piaceva andare in questa sala, che aveva il soffitto dipinto con tutti i volti di attori famosi e di personaggi classici del cinema. Da Buster Keaton a Bugs Bunny.


Lo fissavo prima che le luci si spegnessero, cercando di nominarli tutti. LC: Ne ho molti. Goonies, Gremlins, Indiana Jones mi mandavano tutti fuori di testa. Penso che il picco sia stato guardare come Han Solo cieco fosse capace di sfuggire alla morte all’inizio del Ritorno dello Jedi. Quella sequenza mi ha mandato fuori di testa, e saltavo letteralmente sulla sedia. Come spieghereste ad un bambino qual è il lavoro dei CANADA? LC: Facciamo “immagini in movimento” e proviamo a divertirci ogni singolo giorno. Come vi siete incontrati? LC: Ho incontrato Lope 11 anni fa. Ero terribilmente triste e solo, seduto su una scalinata. Si è semplicemente avvicinato e mi ha offerto di andare a prendere una birra o qualcosa del genere. L’ho amato da allora. Ho incontrato Nicolàs ad un ristorante illegale gestito da una tra le nostre amiche preferite, Juana Jimènez. Stava cucinando e noi stavamo mangiando e abbiamo fatto una breve chiacchierata. Il giorno dopo ci siamo rincontrati per qualche affare e l’ho trovato un ragazzo simpatico. Lope, mi daresti una tua definizione di arte? LS: E’ qualcosa di inaspettato e più chiaro di

qualsiasi altra cosa. Come organizzate il vostro lavoro? NM: Davvero male. LS: E’ una sorta di caos organizzato, tra picchi di divertimento e profonde vertigini. Cosa avete in comune? NM: Condividiamo lo stesso gusto per parecchie cose. Lope, mi diresti cosa ami di più dei film di Luis? LS: E’ chiaro, lucido, espansivo e accurato. Ma dietro tutto questo, è capace di trovare una bellezza ed uno humor dolce allo stesso tempo. Il suo senso di cosa sia la bellezza e la verità per me è davvero centrato. E tu Nicolas di Lope? NM: Di certo il senso di far vivere le cose non concluse. E tu Luis di Nicolas? LC: Beh penso che sia la passione che mette nei suoi progetti. E’ totalmente ossessionato dall’inquadratura e da molti dettagli riguardo alla ripresa, e lo puoi dire guardando i suoi lavori. Non che sia un maniaco del controllo o un perfezionista, è solo che è completamente svitato, filma proprio come il suo cane rosicchia un osso. Un artista che ti ha ispirato particolarmente, Nicolas?

NM: Adoro i film con Adam Sandler. Nicolas, mi racconteresti come è nata l’idea per il video Bombay di El Guincho? NM: Pablo (El Guincho) mi ha raccontato di come la canzone fosse come una lettera per una ragazza con cui era stato. Ma anche di come il concept girasse tutto attorno al concetto di Alta Fedeltà nel suono. Questo ha portato l’idea del disco d’oro, come immagine simbolica di quell’alta fedeltà, mentre la lettera ci ha condotti alla figura del gold-plated audiovisual disc lanciato con il Voyager 1 nel 1977, insieme ad un sacco di immagini e suoni che avrebbero raccontato il mondo, in caso gli alieni lo avessero trovato. Dunque sembrava una buona idea avere Pablo che registrava un sommario video sul mondo in una cassetta d’oro e che la spedisse a una ragazza d’oro. E per Invisible Light? NM: Ho da sempre voluto riprendere una ragazza ipnotizzata e mostrarne tutte le contraddizioni. Questo era un modo per farlo. La “invisible light” potrebbe essere la rivelazione della verità, attravero le immagini sovrapposte. Usi spesso i tuoi incubi per i concept dei tuoi video? NM: Certo. Il mio sogno più ricorrente è

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che non posso tornare a casa. In molti modi. Qualche volta è qualcosa che mi impedisce di avvicinarmi alla porta, altre volte è la porta che non esiste. Guardando i tuoi video Nicolas, mi è spesso sembrato di vedere una “videopoesia”, ovvero un mix tra testo e musica, come se traducessi in immagini le sensazioni che la musica ti dà... E’ una pippa mentale? NM: No. Mi approccio molto seriamente ai video musicali e apprezzo un casino la tua interpretazione. Quale camera usate solitamente? NM: Qualsiasi 16mm o 35mm. Dipende dal budget e dal progetto stesso. Abbiamo smesso di usare una Arri SR3 con lenti Cooke. Personalmente adoro la Aaton. LC: Io una Arriflex SR3. Ho intervistato abbastanza registi indipendenti e la maggior parte di loro dice di lavorare con budget ridotti. E’ anche il vostro caso? Qual è per voi il significato di “indipendente” nell’arte? LC: Sì, vale lo stesso per noi. Indipendente significa non dover ascoltare l’opinione di nessuno riguardo a quello che stai facendo. Quale credi sia il migliore lavoro che hai fatto fino ad oggi, Lope?

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LS: L’ultimo, girare un commercial. E’ stato il meglio perché ero coivolto in un sacco di decisioni e abbiamo saputo prenderle. E il tuo Luis? LC: Il video musicale Alegrìas del Incendio. Il video è venuto bene, e lì ho incontrato la mia futura moglie. Mi dite come nasce un vostro video? LS: Qualche volta è una scintilla che non puoi prevedere quando arriva, qualche volta vorresti sempre più tempo. LC: Beh, comunque tutti, o il 98%, nascono perché qualcuno ci ha chiesto di farli. Con chi vi piacerebbe lavorare? NM: Qualsiasi progetto in cui siano coivolti Jack White, Nick Cave o Ray Davies. Perché sono compositori. LC: Lindsay Lohan. La amo così tanto. Artisti/registi da cui traete ispirazione per i vostri lavori? LS: Jean Luc Godard, David Lean, Steven Spielberg, Eric Rohmer, Harmony Korine, FF Coppola... ce ne sono un mucchio! LC: Vittorio de Sica, Jean Luc Godard, Jonas Mekas, Kenneth Anger, Harmony Korine, David Fincher, Roman Coppola, Russ Meyer. Nicolaz, se potessi, che tipo di lungometraggio di piacerebbe realizzare?

NM: Qualcosa di simile a Bambi. Il miglior videoclip di tutti i tempi? LC: Heroes di David Bowie. E’ semplice, iconico e lo puoi guardare dieci milioni di volte senza stancartene. Certamente la canzone aiuta molto. Quali sono oggi le difficoltà per giovane di talento nel fare un film? Pensate che una persona possa fare un film senza aver mai usato una cinepresa o frequentato una scuola di cinema? LC: Bisogna affrontare se stessi. Sapere se le tue idee sono buone o cattive. E sì, chiunque può fare un film. Siete felici? NM, LS e LC: Sì, certo. Cosa farete dopo questa intervista? NM: Non lo so, ti posso dire tutto quello che avrei da fare: finire dei trattamenti/comperarmi delle mutande/anche dei calzini/rispondere alle mail/portare a spasso il cane/ tagliarmi i capelli/sistemare il mio telefono rotto/chiamare mia madre/chiamare mio padre/tagliarmi ancora i capelli/andare in banca/trovare un nuovo appartamento. LS: Lavoro, purtroppo... LC: Ho 46 mail in inbox. Quindi leggerle, immagino. www.lawebdecanada.com


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Panda Bear Su come vadano divisi i meriti, i crediti, per quella meravigliosa creatura cresciuta a vista d’occhio anno dopo anno, album dopo album, nata a Baltimora e divenuta nel giro di un decennio una delle realtà più innovative e autorevoli della scena musicale internazionale e che risponde al nome di Animal Collective, non oso esprimermi. Sicuramente al ballottaggio, senza nulla togliere al rientrante Deakin e a Geologist, vanno Noah Lennox (Panda Bear) e Dave Portner (Avey Tare). Mi piace pensare che la parte del leone - si passi il gioco di parole - vada proprio a Panda. Vuoi per la maggiore prolificità in ambito solista, per una certa affinità del suo materiale con quello del Collettivo o semplicemente per una certa simpatia per l’animale panda. Come del resto i suoi compari, destreggiandosi sempre tra chitarre, tradizione folk e sperimentazione elettronica, con un occhio alla canzone e uno all’avanguardia, Noah, ha sviluppato col tempo uno stile unico, personale che ha raggiunto il suo apice con il suo terzo lavoro solista, “Person Pitch”, salutato paradossalmente - in quanto album solista - come il miglior disco degli Animal Collective pre “Merriweather Post Pavillon”. A “Tomboy”, recensito nel numero scorso, l’ingrato compito di succedergli. Per quanto intricata, confondente e poco immediata possa apparire la musica di Panda Bear (e compagni), Noah è una persona estremamente disponibile e di una semplicità disarmante; l’abbiamo raggiunto dall’altra parte dell’oceano, mentre muoveva con la band i primi passi sulla strada del nuovo lp, alla vigilia dell’uscita del suo. Intervista di Depolique. Foto di Andrew Laumann

Ciao Noah è tanto tempo che sentiamo parlare di Tomboy. Poi tra rumours, notizie e singoli vari ci è sembrato ancora di più… Effettivamente quanto tempo gli hai dedicato? Ho lavorato a questo progetto nel corso degli ultimi tre anni; ma ho iniziato a registrare solamente l’anno scorso. Puoi spiegarmi il significato di questo titolo (che in italiano potremmo tradurre con maschiaccio)? Dopo aver scritto quattro o cinque pezzi ho notato che molte canzoni riguardavano qualcosa che era in conflitto con se stessa… O avevano a che fare con due cose opposte. E’ così che è arrivato Tomboy, una sorta di immagine, di espressione di riferimento per tutto ciò. Conosci il produttore danese Tomboy (Tomas Barfod, batterista tra l’altro degli WhoMadeWho)? Mi dispiace ammetterlo, ma devo dire di no. Spero comunque che non si arrabbi perché ho usato questo titolo.

Come mai hai deciso di “lasciare” i suoni campionati per passare ad un uso maggiore degli strumenti? Volevo solo fare qualcosa di diverso. La cosa che più mi interessa è sempre stata sperimentare e cercare di lavorare, se possibile, in un modo nuovo. A parte questo, ci sono state differenze sostanziali nell’approccio a Tomboy rispetto ai tre album precedenti? Ero partito con l’idea di fare le cose in modo diverso e provando a spingermi in nuove direzioni, ma l’approccio al disco è stato uguale agli altri. Devo dire però, che nell’insieme mi sono concentrato maggiormente e ho lavorato in modo più meticoloso per questo album. Considerando l’”enorme” successo di Person Pitch ti sei sentito sotto pressione o influenzato in qualche modo? Person Pitch è andato molto meglio di quanto avessi previsto; non mi aspettavo potesse arrivare ad un tale numero di persone. In un certo senso ho voluto ripagare

tanto interesse facendo qualcosa che considerassi migliore, almeno sotto qualche aspetto. E’ stato molto importante per me sentire che stavo lavorando il più duramente possibile per fare del mio meglio. Se non sbaglio Tomboy inizialmente sembrava dovesse uscire dopo l’estate, poi l’uscita è stato rimandata un paio di volte, da cosa è dipeso? Avevo individuato una data d’uscita che poi non sono riuscito a rispettare. Non ho finito in tempo e, come dicevo prima, visto che volevo davvero che tutto fosse fatto nel modo migliore possibile mi sono preso circa quattro mesi in più. Ci ho messo molto più tempo di quanto avessi immaginato. Ma penso ne sia valsa la pena. Spero che questo non abbia infastidito nessuno ovviamente. Non pensi che la scelta di anticipare l’uscita con una serie di singoli abbia di fatto “sminuito” l’insieme come lp? Forse invece era questa l’idea…? Se no,

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“Per me il vantaggio di potere pubblicare la mia musica appena è finita e quello di poter lavorare gradualmente su qualcosa e concentrarsi intensamente su ogni singolo brano, ha più importanza di ridurre l’impatto potenziale dell’album intero una volta fuori”.

puoi spiegarci il perché di questa “frammentazione”? Capisco cosa intendi. Ma per me il vantaggio di potere pubblicare la mia musica appena è finita e quello di poter lavorare gradualmente su qualcosa e concentrarsi intensamente su ogni singolo brano, ha più importanza di ridurre l’impatto potenziale dell’album intero una volta fuori. In più, spero che ci saranno persone che ascolteranno il tutto senza aver sentito prima i vari singoli, per cui questo rappresenti una novità assoluta. A dire il vero avevo seguito un processo simile anche per il disco precedente e ho molto apprezzato come questo mi abbia permesso di concentrarmi su ogni canzone. Hai registrato a Lisbona, mixato a Brooklyn e masterizzato a Londra, come hai scelto queste tappe del processo? Ho registrato a Lisbona perché è lì che vivo. E’ stato mixato a Brooklyn perché Sonic Boom era in buoni rapporti con uno studio che conosceva e di cui si fidava. Poi l’abbiamo masterizzato a Londra perché Abbey Road è uno di quei pochi posti che fa su vinile la masterizzazione DMM (Direct Metal Mastering) che cercavamo. Ma devo dire che il CD successivamente è anche stato masterizzato a Brooklyn. Immagino tu abbia scelto Sonic Boom per un qualche tipo di affinità, giusto? Ho scelto Sonic Boom dato che Dave (Avey Tare) e Josh (Deakin) degli Animal Collective non potevano. Ci ho messo più tempo di quanto avessi previsto e nel momento in cui ero pronto per il loro missaggio, non loro potevano più; avevano altre cose in ballo. Sonic Boom mi aveva scritto proprio quel giorno per altri motivi, così gli ho chiesto se fosse disponibile a mixare l’album e lui ha accettato. Penso che tutto abbia funzionato come dovrebbe sempre avvenire e sono contento per questo. Direi che le cose hanno la tendenza ad andare bene, se si presta la giusta attenzione. Come ti trovi a vivere a Lisbona? Si sta benissimo. E’ un posto poco movimentato, almeno rispetto a quello a cui ero abituato.

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Lisbona è una città soleggiata e luminosa il più delle volte. Quali sono le cose che preferisci del Portogallo? Mi piace il ristorante Dom Pedro V, il Benfica, le spiagge e il clima. Mi piace l’aspetto antico di questo mondo. E della vita in Europa? Per me è molto difficile generalizzare sull’Europa dato che mi sembra che ogni paese sia molto diverso dagli altri. Ci sono cose che mi piacciono dell’America e cose che mi piacciono dell’Europa. Ma non posso dire di amare incondizionatamente entrambi i posti. Hai imparato il portoghese? Quasi… Diciamo che sono ancora a un livello elementare. Dovrei parlare molto meglio di quello che sono in grado di fare. In realtà è piuttosto imbarazzante. Cosa ti manca degli States? La pizza, il cibo d’asporto, gli sport americani, gli amici, la famiglia e le grandi strade. Chi sono le band in circolazione che stimi maggiormente? Ariel Pink’s Haunted Graffiti. Sul versante elettronico invece chi ti piacerebbe citare? Zomby. Chi è che senti più vicino al tuo modo di fare? Avey Tare. Hai mai suonato come DJ? Sono un pessimo DJ. Mi diverto a farlo ma sono proprio un imbranato; infatti nessun altro degli Animal Collective vuole fare il DJ con me. C’è qualcosa che trovi realmente interessante e innovativo nella musica di questi tempi? Spesso si dice che certi dischi non hanno tempo, che sono immortali... Penso che i due album di Burial siano molto emozionanti e per me nulla si è avvicinato a quel livello da quando sono usciti. C’è un brano intitolato Benfica tra i nuovi pezzi; immagino ti piaccia il calcio… Giusto? Molto. Vai spesso allo stadio?

Di solito ci vado tre o quattro volte durante la stagione. Anche se di fatto erano “rivali” del tuo Benfica cosa pensi dei portoghesi più famosi al mondo in ambito calcistico, Cristiano Ronaldo e José Mourinho? Josè Mourinho è una persona di grande ispirazione per me e penso che sia un allenatore fantastico; uno dei migliori del mondo direi. Cristiano fa cose straordinarie ed è certamente un grande atleta. Ma perché un atleta mi colpisca davvero, c’è bisogno di una certa connessione emotiva. Cosa pensi del disco di Avey Tare? E’ il mio cd preferito dello scorso anno. Sai cosa pensa lui del tuo? No, in realtà no. L’altro giorno ho trovato e comprato a caro prezzo il tuo esordio solista: cosa provi riascoltando quel disco? Ti piace ancora? Mi fa sentire abbastanza a disagio. Ero molto più giovane quando l’ho fatto e oggi mi sento incredibilmente lontano dalla persona che ha fatto quella musica e faccio terribilmente fatica a sentirlo mio, se capisci cosa intendo. Ne sono orgoglioso, ma per me è difficile entrarci in sintonia. Sono pochi i brani che ancora mi piacciono. Comunque mi dispiace, avrai speso un sacco di soldi... Se ne avessi avuto uno tra le mani te lo avrei regalato io. Avresti mai pensato, quando hai cominciato, quando avete formato gli Animal Collective, che sareste diventati una band di riferimento mondiale? No, assolutamente. Non so bene cosa ci aspettassimo, ma certamente non prevedevamo quello che è successo. Che effetto ti fa al tempo stesso essere ancora una band di grandissimo culto? Non credo di ritenermi parte di una band di culto, ma ti ringrazio per il complimento. Posso solo dire che proviamo a fare quello che abbiamo sempre fatto: musica che ci emozioni. Guardi mai i discorsi e i commenti dei vostri fan sui forum? Può essere utile e costruttivo fare attenzione a quel tipo di cose, direi... Ma solo fino a un certo punto.


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Mi sembra che ogni tipo di commento così appassionato sia fuorviante. Sia esso positivo o negativo. Le opinioni che trovo più importanti sono quelle della mia famiglia e dei miei amici. E’ difficile essere realmente oggettivi riguardo al parere di una persona di cui non sai letteralmente nulla. Secondo molti Merryweather Post Pavillon è stata una specie di punto d’arrivo di una presunta evoluzione in direzione pop del suono della band; la vedi in questo modo? In un certo senso. Ogni album sembra un’evoluzione dell’ultimo, come puoi immaginare. Ma secondo me non è più pop di molti altri nostri album. Cosa potrebbe riservarci il prossimo disco? E’ troppo presto per dirlo. Avete già qualche idea? Sì. Stiamo lavorando da gennaio e le cose stanno procedendo in maniera regolare. Ho sentito dire che ultimamente state suonando molto insieme… Non abbiamo registrato nulla ma stiamo scrivendo alcuni pezzi nuovi e preparando un nuovo live set. Abbiamo quasi finito ora. Quali sono le tue passioni oltre alla musica? Lo sport. Ho visto che hai lavorato con la tua compagna (la designer portoghese Fernanda Pereira) ad una linea di magliette e felpe… Sei soddisfatto del risultato? Ci sarà un seguito per questo progetto? Sono soddisfatto del risultato, ma non del fatto che non abbiamo continuato con il progetto. Non abbiamo ancora deciso come muoverci in futuro. Pensi che il mondo finirà nel 2012? Non penso. Direi che se c’è qualcosa di vero in queste profezie, è il fatto che ci sarà un importante cambiamento intorno al 2012. Credo che il mondo sia molto più resistente di quanto molte persone ritengano. Da un certo punto di vista è straordinario che il mondo non cada nel caos ogni giorno. Il fatto che tutto più o meno funzioni è piuttosto sorprendente, no? Hai mai pensato a questa cosa? Certo, sempre. Come ti vedi tra dieci anni? Credo che starò ancora facendo musica, ma scommetto che non sarò un musicista professionista. Probabilmente passerò la maggior parte del tempo con mia moglie e i miei figli.

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James Blake Ormai non si contano più i fenomeni nati in rete, lanciati col passaparola nel tempo di un disco, un brano, o semplicemente un video. Ci sono però anche talenti che da Internet emergono senza la consapevolezza di esserlo, destinati a far breccia nei cuori infranti delle nuove generazioni e, nella migliore delle ipotesi, a durare nel tempo. James Blake sembrerebbe uno di questi. Il malinconico video di “Limit To Your Love” è stato visto quasi quattro milioni di volte – nel momento in cui scriviamo – su YouTube, mentre il disco omonimo uscito a febbraio, un’implosione “soulstep” di ibridazioni elettroniche, silenzi ed emozioni vocali, ha convinto chiunque.

Testo di Gaetano Scippa. Foto di Paul Herbst e Ulijona Odisarija

Ma come è nato questo talento? James Bla-

E pensare che, solo due anni fa, il ragazzo

Mitchell (“Al secondo anno di università

ke è un ragazzo qualunque di ventidue anni,

era virtualmente uno sconosciuto. Eppure

ho messo il suo disco Blue tutti i giorni per

cresciuto nel tranquillo e alberato quartiere

proprio il 2009 è stato un anno importante,

sei mesi consecutivi”), scopre le corde di

di Enfield a nord di Londra, figlio unico di

anzi fondamentale nella storia personale di

Justin Vernon/Bon Iver e Will Oldham/Bon-

padre musicista (James Litherland di Colos-

Blake. In quest’anno della svolta il novello

nie “Prince” Billy, quindi la disco mutante

seum e Mogul Trash, del quale campiona

pianista dagli studi classici, totalmente

di Arthur Russel e infine il minimalismo di

segretamente Where To Turn nel singolo

estraneo al mondo della musica elettronica,

Satie, del quale apprezza “un tipo di ascolto

The Wilhelm Scream) e madre designer gra-

viene proiettato dagli amici nel più moder-

diverso, la sensazione che un unico suono

fica di successo. I genitori assecondano la

no, affascinante, rumoroso e sotterraneo

possa durare molto a lungo senza diventare

sua propensione alla musica fin da piccolo,

ambiente del Plastic People. E’ alle serate

noioso”. Tutti musicisti che, in un modo o

forgiandone il carattere e insegnandogli il

del FWD>> che Blake si sblocca, scopre il

nell’altro, avranno una grande influenza sulle

significato di determinazione e libertà di

dubstep e avverte l’esigenza di fare musica

future composizioni di Blake, sia per l’uso

scelta. Diventa così un “prodotto della sua

con i bassi. “Avevo circa 19 anni, quindi mi

della voce sia per la concezione di armonia.

generazione”, che già a sei anni impara le

sono avvicinato all’elettronica piuttosto tar-

note della tastiera: “Il piano è il mio pri-

di”, spiega. “Dopo aver ascoltato e assor-

Dal dubstep, invece, apprende il concetto

mo e unico strumento musicale, su cui ho

bito pezzi come Haunted di Digital Mystikz

di spazio e l’utilizzo delle pause nella mu-

imparato anche a cantare”, ci racconta in

o Airlock di Pinch ho sentito il bisogno di

sica come sulla pista da ballo, le tecniche

un’intervista telefonica. Come predestinato,

fare quella musica. In realtà più che i singoli

maniacali di produzione (in parte mutuate

a quindici anni si diploma in pianoforte e a

pezzi è stata quell’atmosfera a colpirmi, le

dalla scena hip hop/R&B, con riferimento

ventuno ottiene la laurea alla Goldsmiths

diverse sensazioni che provavo di volta in

principalmente ad Outkast e R. Kelly), la

con specializzazione in popular music. Oggi

volta. Così mi sono procurato Logic e ho

voglia di diventare un DJ e sentirsi parte di

James Blake è il nome sul quale sono pun-

iniziato a comporre i miei pezzi”.

un movimento (multi)culturale tanto diverso

tati tutti i riflettori dello showbiz. A partire

e coinvolgente. “Cerco di dedicare il mag-

dalla BBC, che nel proprio pool d’ascolto

A differenza dei suoi coetanei, Blake fino a

gior tempo possibile a suonare come DJ,

degli artisti più promettenti, quest’anno lo

quel momento ascolta musica più colta e

praticamente ogni fine settimana. Non solo

posiziona in cima alla classifica tra Jessie J e

adulta, a cavallo tra classica, jazz, soul, vec-

a Londra e Manchester, ma anche all’este-

The Vaccines. Un posto riservato preceden-

chi dischi della Motown e gospel. Prima si

ro”. Mentre parla delle serate più esaltanti,

temente a personaggi in lizza per il premio

impegna a raggiungere le estensioni vocali

come al DMZ, James ci rivela che fare DJ-

Mercury come La Roux e Marina and the

di Stevie Wonder e Sam Cooke, poi impaz-

set davanti a tanta gente gli dà molta sod-

Diamonds.

zisce letteralmente per la limpidezza di Joni

disfazione, anche se è un’esperienza diversa

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“Di Antony Hegarty ce n’è già uno. Spero di diventare me stesso e so che ce l’avrò fatta quando un domani si dirà di qualcun altro: ‘Sei il nuovo James Blake’. “

dal suonare dal vivo con la band (messa

ricerca sonora. Siamo ormai in territori post-

mente riuscito, la cui delicatezza e potenza

in piedi con il produttore Airhead e altri

dubstep, o forse lo siamo stati dal principio

pare abbiano fatto ingelosire gli autori, Feist

compagni di scuola) e ancor di più dalle sue

senza accorgercene. Di fatto il suono di

e Chilly Gonzales. Blake racconta di aver

registrazioni solitarie in studio, ovvero nella

Blake si fa sempre meno avviluppato, sulla

realizzato la sua versione senza chiedere il

sua cameretta. Il fatto di produrre da sé e

scia degli amici e colleghi Mount Kimbie

consenso alla songwriter canadese e senza

per sé fa emergere qualche contraddizione

(che remixa e con cui suona in tour) e Jamie

preoccuparsi di eventuali paragoni. “Non ci

nel suo racconto, tra obiettivi egoriferiti

degli xx, verso i quali si dimostra affettuoso

vuole mica il permesso per fare una cover.

(“faccio musica soltanto per me stesso”) e

e riconoscente: “Tanto Jamie xx quanto i

Solo quando uno ha successo accade che

ambizioni collettive a largo raggio: “vorrei

Mount Kimbie mi hanno facilitato notevol-

la gente se ne preoccupa. L’ho fatto solo

creare musica dance che unisca le persone

mente le cose. Hanno aperto la strada ad un

perché mi piace molto questa canzone e mi

nel modo in cui lo farebbe un disco soul, e

nuovo modo di ascoltare e intendere la mu-

piace lei come artista. Dal mio punto di vista

che parli alle persone con la stessa umanità

sica elettronica. Siamo molto amici, li rispet-

è un omaggio nei suoi confronti. Spero dav-

di un disco folk”.

to profondamente e adoro la loro musica”.

vero che non se la sia presa a male, in que-

Blake confessa di essere ossessionato dalle

Quel che Blake ama di più nella musica è

quello sperato. E comunque non si possono

emozioni al punto da essere erroneamente

il processo compositivo, nel suo caso del

fare confronti: se una canzone è bella non si

considerato una persona spirituale, nono-

tutto improvvisato e spontaneo, il fatto di

può dire se sia meglio o peggio, può piace-

stante sia attratto dagli scritti di un altro

cercare nuove soluzioni e modi di lavorare

re o meno. Molti preferiscono la versione di

Blake (William). I suoi testi, che scorrono

attraverso la scrittura, il suono del piano e

Feist e continueranno a farlo, altri si saranno

per sottrazione di pari passo con la musica,

il canto. Quest’ultimo è la vera novità, la

quantomeno incuriositi alla mia, che ha un

sono elaborati dopo le sue serate nei club,

chiave di lettura dell’album di debutto di

suono diverso, senza chitarra ma con l’elet-

magari in corsa notturna su un treno, con

Blake, che fino a questo momento non si è

tronica”. Il video che accompagna Limit To

lo sguardo permeato da nichilistiche scorie

mai sentito sicuro delle proprie qualità ca-

Your Love contribuisce non poco ad animare

adolescenziali. “Sono testi estremamente

nore. Le voci presenti nei singoli sono per lo

gli entuasiasmi per questa canzone, e per

personali, parlano di certe situazioni che ho

più campionate, mischiate con la sua che è

tutta l’opera prima di Blake. Il regista Martin

vissuto durante la mia crescita e all’univer-

accuratamente processata o comunque resa

De Thurah (Mew, Fever Ray, Röyksopp) è

sità. Esperienze più che altro del passato,

irriconoscibile all’ascolto. Nel primo disco

stato convocato dall’entourage Universal e

anche perché le ho scritte nel 2010 e nel

sulla lunga distanza, invece, Blake esce allo

dallo stesso James per il suo modo di lavo-

frattempo mi sono laureato, ho scoperto

scoperto, con la sua voce candida e strug-

rare piuttosto eccentrico. “Mi sono divertito

nuove cose, ho viaggiato. Si provano sem-

gente, definita da alcuni “senza sesso e

a girare il video e non ho faticato perché

pre emozioni, a vent’anni come a cinquanta,

senza età”. “Che cazzo significa?”, si altera

non ho dovuto recitare, mi sono limitato

basta poco per farsi ispirare”.

improvvisamente. “E’ la cosa più ridicola

a cantare. Tra l’altro non mi aspettavo che

che abbia mai sentito”. Nemmeno quan-

riscuotesse tutto questo successo in rete”,

I turbamenti del giovane Blake finiscono nel

do viene descritto come il nuovo Antony

racconta un Blake finalmente rilassato.

suo primo singolo, Air and Lack Thereof. Il

sembra contento del paragone: “Di Antony

12” esce nel 2009 per la Hemlock di Jack

Hegarty ce n’è già uno. Spero di diventare

Sa benissimo che la sua vita non sarà più la

Dunning (Untold), che non ha esitazioni a

me stesso e so che ce l’avrò fatta quando un

stessa, ma preferisce non pensarci. Nono-

pubblicarlo dopo averlo sentito su Rinse FM

domani si dirà di qualcun altro: ‘Sei il nuovo

stante la sopraggiunta popolarità, secondo

a un set di Distance, altro rispettato produt-

James Blake’. Vedremo”.

lui tutto è come prima. Ride ostentando

sto caso avrei ottenuto l’effetto contrario a

tore dubstep. Come per contrappasso, nel

apparente tranquillità e sicurezza, e alla

2010 l’(auto)isolamento come “guilty plea-

A questo punto la conversazione tocca un

domanda su come si senta in questo mo-

sure” di James si tramuta in una fortunata

altro nervo scoperto, la cover del brano Li-

mento della sua vita, se sia nervoso per le

serie di singoli ed EP per la R&S (CMYK e

mit To Your Love di Feist che il nostro inter-

pressioni, risponde laconico: “Ho finito il

Klavierwerke) e la Hessle Audio (The Bells

locutore ha magistralmente riscritto in chia-

mio album e non devo fare nient’altro. Non

Sketch), caratterizzati da una continua e a

ve elettronica, usando per la prima volta la

mi aspetto nulla, spero solo che alla gente

tratti bizzarra – secondo i canoni dubstep –

sua voce in modo pulito. Un pezzo perfetta-

piaccia”.

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Banjo Or Freakout Intervista di Marco Lombardo. Foto di Piotr Niepsuj

Metti un italiano a Londra... Il suo nome è Alessio Natalizia, in arte Banjo Or Freakout. Amico di Four Tet, Caribou e James Holden, corteggiato dalla DFA, coccolato dalla stampa inglese. Con i Walls, il progetto elettronico in collaborazione con Sam Willis degli Allez Allez, è riuscito addirittura a far perdere la testa a quelli della Kompakt. E poi si dice che l’Italia non sia in grado di sfornare talenti di caratura internazionale. 78 PIG MAGAZINE


Ti sei trasferito nella capitale inglese tre anni fa per amore. Eri un ragazzo di provincia sconosciuto, originario di Vasto, in Abruzzo, emigrato a Torino. Ora sei reduce dal tuo primo tour italiano. Com’è andata? Tornato da vincitore? Ahahaha, beh sì dai son soddisfazioni. E’

stato un test importante per preparare il tour americano e vedere di persona le reazioni della gente alle nuove canzoni. Sono contento di questa settimana italiana. Il pubblico non è stato forse quello delle grandi occasioni ma è sembrato molto attento e coinvolto. Un giorno poi siamo

addirittura andati al mare, vicino alle Cinque Terre. In quanti siete sul palco in questa versione live di Banjo or Freakout? Siamo in tre. Credo sia la formazione ideale per proporre il disco dal vivo. All’inizio della mia carriera ero da solo e non ti nascondo che a volte trovavo la cosa abbastanza deprimente, soprattutto quando c’era da andare a suonare in giro. Poi siamo passati a due elementi per arrivare a un massimo di quattro. La veste attuale rappresenta il giusto equilibrio. Era da un po’ che lavoravi a questo disco. So che avevi a disposizione più di cento bozze. Come hai selezionato i brani che poi sono finiti sull’album? In realtà di tracce complete ce ne saranno state una trentina. Volevo realizzare un disco pop, fatto di canzoni vere e proprie. Ho scelto i brani che più si adattavano all’idea generale che mi ero fatto. Un lato A, molto accessibile e melodico, un lato B più sperimentale e dilatato. Perché la scelta di tenere fuori dalla scaletta definitiva i singoli (Upside Down e Left It Alone) che hanno preceduto l’uscita di questo esordio? Non volevo ripetermi e registrare di nuovo alcuni brani che avevo già pubblicato. Da ascoltatore amo i gruppi che propongono materiale sempre nuovo, senza ripetersi. Trovo sia molto più stimolante anche per i fan. Come è cambiato il tuo approccio alla scrittura rispetto agli inizi del progetto Banjo Or Freakout? Non credo sia cambiato molto, a parte una maggiore consapevolezza dei miei mezzi. Cerco di scrivere nella maniera più personale possibile. All’inizio forse l’approccio era più sperimentale e con il passare del tempo mi sono avvicinato a una forma canzone più canonica. Il disco è stato prodotto da Nicolas Vernhes (Animal Collective, Bjork, Spoon, Dirty Projectors). Com’è nata questa collaborazione? Ho scritto una lista di persone con cui mi sarebbe piaciuto lavorare al missaggio del disco. Dopodiché ho iniziato a mandare qualche mail in giro per stabilire i primi contatti. Nicolas era tra queste e siamo subito entrati in sintonia. Qualche chiacchierata più tardi ed ero a New York nel suo studio di registrazione. Mi sono fermato un paio di settimane ed è nata una vera e propria collaborazione a due. Siamo diventati amici e abbiamo prodotto il disco insieme. Nico-

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las suona diversi strumenti e ha partecipato anche a qualche backing vocals. C’è stato un solo problema. E’ impegnatissimo. Infatti ci sono voluti sei mesi per avere i master con il missaggio finale. Una lunga attesa, ma ne è valsa la pena. Rientrerei in studio con lui domani. Inoltre negli Stati Uniti l’album è uscito sulla sua etichetta personale, la Rare Book Room. C’è qualche ospite sul disco? Ci sono un paio di tracce con Matt Tong dei Bloc Party alla batteria. Abitavamo nello stesso isolato ed è amico di Nicolas, così durante la mia permanenza a New York ci siamo frequentati spesso. Quali sono gli artisti che più hanno influenzato la realizzazione di questo album? Molti parlano di Atlas Sound e Deerhunter, in realtà i miei ascolti sono altri. Il punk rock e la scena hardcore di Washington con i Fugazi in testa. In seguito sono arrivato al krautrock di Can, Harmonia, Neu!. E poi Arthur Russell, uno dei miei artisti preferiti di sempre. Ti faccio una domanda un po’ spinosa. Rispondimi più onestamente che puoi. Come hai reagito alla stroncatura di Pitchfork? Ahahaha… Ci sono rimasto male. E ho pensato: questo non capisce un cazzo, il disco non l’ha nemmeno ascoltato. Ho contattato il mio ufficio stampa in America e ho chiesto spiegazioni. Loro mi hanno detto che in redazione era piaciuto, ma lo hanno assegnato alla persona sbagliata. Non ho condiviso la critica principale: la mancanza di canzoni. Mi è sembrata frutto di un approccio superficiale, approssimativo. Ma in fondo va bene così. Ho cercato di scrivere un album che potesse durare nel tempo, che non si esaurisse a un primo ascolto. Il giorno che è uscita quella recensione ero in tour con Caribou. Mi ha detto di non prendermela, che prima di glorificarlo lo avevano stroncato per anni. Da nerd quale sono è già stata una soddisfazione vedere il mio nome su quelle pagine. Ti espone a un pubblico enorme che spero abbia la curiosità di sentire l’album ed esprimere un proprio giudizio. Magari al prossimo giro mi daranno un 8.4. D’altronde sono voti abbastanza random. Massacrano la maggior parte dei gruppi inglesi, per poi osannare qualunque cosa venga fuori dalla scena dubstep. Seguono meccanismi che hanno poco a che fare con la musica, o almeno al modo in cui la intendo io. Come sei entrato in contatto con Mem-

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phis Industries, l’etichetta inglese che ha pubblicato il disco? Come mai alla fine hai scelto loro tra tutte le label che ti hanno corteggiato? Per un po’ ho pensato di pubblicarlo da solo, con un’etichetta tutta mia per poi affidarmi a una distribuzione internazionale. Tendenzialmente non volevo legarmi a una label per troppo tempo, avere dei vincoli contrattuali. Poi mi sono reso conto che era una cosa complicatissima. Proprio mentre stavo ultimando il disco mi è arrivata una mail dai ragazzi della Memphis Industries. Sono entrato in contatto con varie case discografiche ma loro mi sono sembrati i più entusiasti. Anche in termini contrattuali mi hanno presentato l’offerta più vantaggiosa. Abbiamo un accordo su un solo album, poi si vedrà… Non si parlava anche di DFA e XL Recordings? La DFA è stata in assoluto la prima etichetta che mi ha contattato: mi hanno aiutato a credere nella validità del progetto Banjo Or Freakout. Per ragioni di vendite hanno smesso di pubblicare album indie e si sono concentrati solo su prodotti dancefloor. Sono regolarmente in contatto con Jonathan Galkin, l’”uomo ufficio” dell’etichetta. Mentre con James Murphy ci siamo sentiti pochi mesi fa per un remix degli Ndf. La XL Recordings invece era parzialmente coinvolta nei miei primi Ep su Half Machine, una label satellite, gestita da uno dei loro addetti stampa. Cosa ti aspetti dal tour americano? Dove suonerai? E’ un sogno che diventa realtà. A parte un concerto a New York e lo showcase al SXSW dello scorso anno, sarà la mia prima esperienza negli States. Abbiamo un calendario molto intenso. Quattrodici date in quindici giorni, da New York a San Francisco. Calcherò palchi storici che da ragazzino potevo solo immaginare: Knitting Factory a New York, Emo’s ad Austin, Black Cat a Washington. Non vedo l’ora… Riesci a vivere di musica? Diciamo che me la cavo. Tra concerti, remix, produzioni altrui e i Walls, riesco a sopravvivere… Ecco raccontami del progetto Walls. Avete bruciato le tappe… E’ nato tutto all’epoca dell’Allez Allez remix di Sam Willis, il mio partner nei Walls, per il brano Upside Down di Banjo Or Freakout. Da lì ci siamo promessi di fare qualcosa insieme. Un paio di tracce, niente di più. La Kompakt però ha sentito quegli esperimenti

e ci ha spinto a fare un disco. A sei mesi dal nostro primo incontro avevamo già pubblicato un album… E stiamo pianificando il prossimo, che dovrebbe uscire nell’autunno del 2011. Questa volta sarà decisamente più club oriented. Vicino alle nuove sonorità di Four Tet e alla Border Community di James Holden, uno dei più grandi talenti del panorama musicale contemporaneo. E’ una scena che sto frequentando molto ultimamente, soprattutto grazie a Sam, che era il coinquilino di Nathan Fake. Il tuo primo gruppo, i Discodrive, invece che fine ha fatto? E’ incredibile quanta gente, durante questi giorni in Italia, mi abbia fatto la stessa domanda. La cosa non può che lusingarmi. Abbiamo del materiale da parte. L’intenzione di pubblicare qualcosa insieme c’è. Bisognerà solo trovare il momento giusto. Viviamo in tre città diverse. La logistica non ci aiuta. Adesso penso a Banjo Or Freakout, poi sarà il turno del secondo disco dei Walls, dopodiché potrebbe essere il momento giusto per il nuovo album dei Discodrive… Ti ritrovi a fare il giornalista per un giorno. Chi ti piacerebbe intervistare? Robert Wyatt, uno dei miei artisti preferiti in assoluto, Bob Dylan e Scott Walker, oppure Wolfgang Voigt e Michael Mayer di Kompakt. Gruppi italiani che secondo te meriterebbero la ribalta internazionale? Sicuramente gli A Classic Education di Jonathan Clancy e poi un gruppo che ho prodotto di recente, i Drink To Me. Anche i Going Places, la nuova band di Jacopo dei Discodrive, promettono bene. Putroppo però la situazione non mi sembra così rosea. E’ come se l’Italia musicale si fosse fermata a vent’anni fa. Le band più o meno sono sempre le stesse. Penso ai Massimo Volume, che tra l’altro adoro. E’ un po’ triste che le cose più interessanti vengano da realtà che hanno iniziato negli anni novanta. Mai pensato di tornare a vivere in Italia? No, non ancora, magari quando avrò cinquant’anni... Anche se mi manca spesso, soprattutto il calore della gente. Sembra un’ovvietà, ma le differenze con gli inglesi sono enormi. La gente qui parla pochissimo, è molto chiusa. Stai già lavorando al prossimo disco? Di tracce ne ho, anche molto diverse tra loro ma non ho ancora deciso quale sarà la prossima direzione. Non mi dispiacerebbe muovermi in territori più upbeat. E’ ancora troppo presto per fare previsioni, anche perché non smetto mai di scrivere…


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Russy Photographer: RAFA CASTELLS Stylist: MEI LAROSA Model: RUSSY (Uno Models) Assistants: ALBA YRUELA e MARIA PRATTS

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Shorts vintage adidas

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In alto: Cappotto STINE GOYA. In basso: abito stylist own

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Jacket vintage LEE

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Abito FREDDY

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Camicia Denim, abito e cintura LEE

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Camicia EL DELGADO BUIL

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In alto: t-shirt EL DELGADO BUIL, shorts vintage adidas. In basso: t-shirt e shorts VANS

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Cappello DEENA&OZZY, gonna stylist own

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Total look EL DELGADO BUIL

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Sky to sea Photography: JENNILEE MARIGOMEN (www.jennileemarigomen.com) Styling: REDIA SOLTIS (www.zero1magazine.com) Assistant: JENNINE BANKS Model: PATRICK CONN

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Maglione STUSSY, maglia STANFIELD, guanti STUSSY, jeans OUR LEGACY, zaino PENFIELD, cappellino KLAX ON HOWL, fionda OLD FAITHFUL SHOP

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Cappellino ARC’TERIX, giacca DANA LEE, camicia PENDLETON, jeans CORPUS, stivali vintage DANNER, zaino HERSCHEL SUPPLY CO, borsone TEMPLE BAGS, cuffie URBANEARS, coperta HUDSON BAY CO

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Collane BECKY BRISCO, maglia RVCA, pantaloni REIGNING CHAMP, stivali vintage

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Giacca VANS, jeans RVCA

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Coperta HUDSON BAY COMPANY

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Giacca VANS, jeans RVCA

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Coperta HUDSON BAY COMPANY

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Cappellino STUSSY, maglia WINGS + HORNS, t shirt REIGNING CHAMPS, pantaloni WINGS + HORNS, stivali vintage RUBBER

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T shirt VISVIM, felpa REIGNING CHAMP, cappellino e jeans RVCA, scarpe CONVERSE

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Top VANS, felpa con cappuccio REIGNING CHAMP, shorts DANA LEE

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Maglione STUSSY COWICHAN, maglia STANFIELD, guanti STUSSY, jeans OUR LEGACY, zaino PENFIELD, cappellino KLAX ON HOWL

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sensazione del revival house è pronta per il disco di debutto previsto per l’estate. Direttamente dal Canada, ecco le playlist firmate e raccontate da tutti i membri del progetto Azari e III: produttori e voci.

Foto di Dave Gillespie

PIG List:

Dopo un’ascesa impressionante costruita con una manciata di pezzi irresistibili e remix di pari livello, la nuova

Dinamo Azari & Alixander |||

Starving Yet Full & Fritz

1. Egyptrixx - Bible Eyes “Dark rave disco”.

1. Pet Shop Boys - King of Rome "Li ho visti in concerto.. e mi sono innamorato di questa canzone". 2. Laid Back - White Horse "Canzone da after party". 3. Felix Da Housecat - Madame Hollywood "Electro Clash Felix al suo meglio". 4. R Kelly - I Believe i Can Fly "SYF canta una bella versione.. meglio dello stesso Mr. Kelly". 5. Miss Kitten - Frank Sinatra "Suck my dick, lick my ass" e ho detto abbastanza. 6. Virgo - Do You Know Who You Are "Un classico". 7. Tesla Boy - Fire "Un mio amico dalla Russia, amo la loro musica". 8. Charles Webster - Ready "E' una delle mie preferite, nella mia playlist negli ultimi 6 anni". 9. Bjork - Unravel "Questa canzone mi ricorda il mio primo viaggio in Europa quando camminavo per strada di notte con il mio ipod". 10. Smashing Pumpkins - Mellon Collie And The Infinite Sadness "Mi sembra che sia il momento giusto per iniziare ad ascoltare di nuovo l'album".

2. Jori Hulkonen - Weaknesses “Il tuo potere è la tua debolezza”. 3. In Flagranti - Worse for Wear “I get hot, I get high - Fill me up”. 4. M.A.D.A. - Feel Like Jumpin “NY darlings vs Chi-town hip house”. 5. Hunt with a Cat - Wrapped In Rope “Voi venite dal futuro, noi dal passato”. 6. Dixie Yure - Disk That You Paint “Amo dei pazzi flussi di coscienza, Troxler forse al momento è il re in questo ma anche questo è droga”. 7. Kevin Yost - Jan 82 “Amo dei pazzi bongo acid”. 8. Zepp001 - The Warm “Niente è come l’odore dello sciroppo per la tosse di mattina”. 9. Justin Berkovi - Industry 101 “Mi piacciono le Roland 101, Turbo Records ha creato un’industria dal suono di questo strumento”. 10. Munk - Violent Love “Recentemente sto sperimentando l’asfissia erotica, non autoerotica, con un partner. Dà qualcosa di extra per l’O.

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Musica Album del mese

Di Gaetano Scippa

Kode9 and The Spaceape - Black Sun (Hyperdub) E’ ancora fumata nera per il nuovo album del boss dell’Hyperdub, attesissimo seguito di quel Memories of the Future che cinque anni fa ci fece rimanere in apnea, sotto un cielo plumbeo e minaccioso. Il paesaggio astratto e claustrofobico descritto allora oggi è uno scenario globale post-apocalittico. Afflitti da fughe radioattive che provocano loro mutazioni fisiche, popoli di diversa estrazione si ritrovano ad affrontare quel che resta di un mondo annientato da economie al collasso, politici corrotti e rivolte fallite. Le esalazioni acri dei roghi che si stagliano all’orizzonte introducono l’incedere inquietante di tamburi (Black Smoke), come un esorcismo che scandisce un percorso infernale tra relazioni intrecciate (Promises) e dilemmi spirituali (Neon Red Sign). E’ fiction,

certo, ma l’immaginazione di Steve Goodman e Spaceape si è spinta così in là da aver quasi profetizzato il recente cataclisma giapponese. Carico dell’esperienza maturata dall’MC sul fronte live, l’assalto verbale di Spaceape è immediato e pulito, dal crunk di Am I al funk spinoso di The Cure, una delle quattro tracce accompagnate dalla più rassicurante voce dell’indonesiana Cha Cha. Musicalmente il disco presenta più sfaccettature rispetto al precedente, catatonico, lavoro. A conferma della direzione intrapresa dall’etichetta, le atmosfere riprendono colore, velocità e vibrazione soprattutto grazie ai synth nei pezzi infusi di house come Love is the Drug, Green Sun e la nuova Black Sun, ancor più asciutta e ballabile rispetto alla versione del 2009. La chiusura

strumentale senza beat è affidata alla cura carpenteriana di Flying Lotus: le fiamme sono ancora lì, ma per fortuna sembrano sul punto di spegnersi.

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Musica Album del mese

Di Depolique, Marco Lombardo, Gaetano Scippa e Marina Pierri.

Alexander - s/t (Rough Trade) Percorso tormentato quello del nostro amato songwriter losangelino Alex Ebert. Caduto male con gli Ima Robot e resuscitato grazie a Edward Sharpe & The Magnetic Zeros, vero e proprio salvagente nato dalla love story tra Edward - il suo mistico alter ego evocato e giunto in soccorso nel momento più buio - e Jade. Dopo l’indimenticabile esordio e la fine della storia con la bella folksinger è tempo di side project pare per tutti. Scritto e suonato in solitaria, Alexander (a noi l’ennesimo io) è una raccolta di canzoni folk struggente e insieme scanzonata che cita Dylan (Awake My Body), Cash e pure Otis Redding (Glimpses) che consolida la posizione di Alex nei nostri cuori, come ce ne fosse bisogno, e lo proietta alle spalle di Devendra nella top five dei nuovi menestrelli. D.

Panda Bear - Tomboy (Paw Tracks) Atteso, posticipato e poi diluito in una serie di singoli che hanno finito per svelarne più della metà del contenuto, ecco il nuovo Panda Bear, seguito del pluricelebrato Person Pitch. Tutto tranne che immediato, come ogni produzione legata alla casa madre Animal Collective, Tomboy vede loop e sample lasciare programmaticamente il posto a chitarre e synth, rivelandosi ad un primo ascolto diverso, quasi spigoloso. Se sia la conclusione di un iter personale e “collettivo” che segue relazioni fin troppo intime con la tecnologia, non è dato saperlo oggi. Certo è che alla lunga emergono sia l’effervescenza sintetica di Person Pitch sia il triste canto tribale di Young Prayer - forse grazie anche al missaggio di Sonic Boom e alla masterizzazione fatta ad Abbey Road, che finiscono per enfatizzare gli elementi di continuità con il passato - ed è quasi come tornare a casa dopo un lungo viaggio... D.

The Strokes - Angles (Sony Music) Is This It ? è uscito dieci anni fa. Solo qualcuno aveva una connessione in casa e quelli che ce l’avevano stavano svegli la notte per scaricare una sola canzone. Insomma, si può dire che gli Strokes (e noi con loro) abbiano vissuto appieno la transizione musicale più importante della nostra epoca. Eppure, nonostante venga da chiedersi se oggi quel disco avrebbe avuto lo stesso hype forsennato oppure no, sono riusciti a galleggiare fino al 2011, pure con risultati alterni. Ed Angles rientra nel quadro. È un buon disco, peraltro “innovativo” (l’uso massiccio del reggae, i suoni vintage) rispetto agli ultimi due e soprattutto nella prima parte. Ma non riesce ad essere il disco che avremmo voluto. Perché molti di noi desiderano che gli Strokes tornino a essere la band migliore del pianeta. E molti di noi dovranno aspettare ancora. M.P.

Gatto Fritto - s/t (International Feel) Apostrofato come l’album che apre le porte all’estate, l’esordio del produttore made in UK Ben Williams esce per la cult label uruguagia International Feel, celebre per essere la nuova casa dell’idolo DJ Harvey. Altrimenti noto per Invisible College, favoritissima dei barbuti di ogni dove, più che per un remix dei connazionali Franz Ferdinand, Williams disegna paesaggi immaginari che poco hanno a che fare con il tran tran londinese, ma piuttosto con l’arcinota meta balearica preferita dagli inglesi. Un misto (fritto…) di electronic disco, atmosfere lenitive e suoni abbronzatissimi, percussioni e fughe senza meta. Denso ma leggero, naturale più che animale, utile soprattutto a chi non ha la pazienza di raccogliere pietre preziose sparse sui 12”. D.

Boxcutter - The Dissolve (Planet Mu)

Holy Ghost - Holy Ghost (DFA) Amici dai tempi delle elementari, Alex Frankel e Nick Millhiser, giungono dopo anni di sperimentazioni in ambito hip hop al disco d’esordio con il moniker Holy Ghost, outfit nu disco che si portano dietro dal singolo Hold On del 2007. Dopo l’album fallimentare del 2004 come Automato, sempre su DFA, e una lunga gavetta in studio al fianco di James Murphy e Tim Goldsworthy, il duo di New York sfoggia finalmente le sue carte migliori puntando tutto su un electro pop di stampo neworderiano. Cut Copy, Giorgio Moroder e i Phoenix sono dietro l’angolo mentre le ritmiche invitano insistenti a guadagnare il centro della pista. In fondo non ci stancheremo mai dei riflessi impazziti di una mirror ball. M.L.

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Boxcutter è un producer mutante. E tra i più dotati, stilisticamente. Ne ha dato prova esplorando i bassi da angolazioni sempre originali e diverse, prima dub poi dubstep. Barry Lynn, che in confidenza ci dice di essersi appassionato alle colonne sonore di film porno (ma anche anime, vedi Ken e Ryu di Cold War), tira fuori un disco spiazzante, a caccia di groove. Dominato da tastiere e bassi funk (Panama, Zabriskie Disco), drum machine, echi e chitarre impastate nell’H-pop (Passerby, TV Troubles), The Dissolve è una vera sorpresa anche per l’ottima voce di Brian Greene su tre pezzi, a partire dalla titletrack. G.S.


Radiohead - The King Of Limbs (Autoprodotto) Anche l’ottavo album dei Radiohead fa discutere. E’ un’operazione di marketing? Sì, sebbene non ai livelli roboanti di In Rainbows, di cui TKOL sembra la prosecuzione. Ora il gruppo di Oxford sorprende più sui tempi di uscita improvvisi che sull’offerta del prodotto. E’ un bel disco? Qui la risposta è meno immediata: solo otto tracce di musica ibrida, in cui si sente il peso dello Yorke solista di The Eraser, sclerotizzato sull’elettronica di Four Tet e Burial (con cui sta per uscire uno split). Il video di Lotus Flower diverte e Codex è una ballata degna del loro nome, però mancano un po’ di cuore e il colpo di genio. G.S.

Lykke Li - Wounded Rhymes (LL Recordings) Siamo stati tra i primi a scommettere su di lei all’epoca di Youth Novels, il suo album d’esordio del 2008. Oggi, a tre anni di distanza da quel disco fragile e sensuale, ci troviamo di fronte una giovane donna che il tempo ha trasformato in un’artista di fama internazionale. Wounded Rhymes, l’atteso ritorno sulle scene, fotografa Lykke Li in una fase di passaggio della sua carriera, dove consapevolezza e tenacia si mescolano all’inquietudini di sempre. Un album sofisticato e maturo ma interlocutorio che mette a fuoco le intuizioni del precedente senza sconvolgerne la sostanza, con canzoni che vivono di ritmiche scarne, a tratti tribali, e melodie influenzate dalle girl band anni’60. Per ora una piacevole conferma. Al prossimo giro vogliamo il capolavoro. M.L.

Hard Mix - Defaults (Dovecote Records) Diffido sempre degli album in free download. Il mio cervello, nonostante anni di peer to peer illegale, collega ancora il termine gratis a mancanza di qualità. Una reazione anacronistica e in fondo un po’ ipocrita. Che a volte viene smentita da dischetti come Defaults, opera prima di questo giovane nostalgico elettronico del Sud Carolina, scaricabile liberamente dal sito della Dovecote Records. Un album ricco di perle minori (Memories, Now Her, For me) che mischiano soul e chillwave, post dubstep e funk e che si presenta come un piccolo Bignami del sample vocale creativo. Memore della lezione seminale di Burial, Hard Mix cala le sue hit from outer space in una terra di confine tra James Blake e Washed Out. E per assistere a tutta questa meraviglia non vi chiede neanche un euro. Occasione. M.L.

Wolfram - Wolfram (Permanent Vacation) Parata di ospiti per il nuovo progetto di Wolfram Eckert, conosciuto ai più come il deus ex machina dietro Sally Shapiro o nella versione italodisco Diskokaine. Il produttore e musicista svizzero si circonda di stelle minori del clubbing mondiale e confeziona un album devoto alle sonorità euro disco. Eccolo così rispolverare un improbabile Haddaway nella languida Thing Called Love oppure sfoggiare il pezzo da novanta in Fireworks con gli Hercules & Love Affair al completo. Tutti suoni rigorosamente analogici. Tutto pensato e immaginato come se il tempo si fosse fermato tra il 1985 e il 1994. Quando la ricerca diventa ossessione e il citazionismo prende i connotati di una nuova forma d’arte. M.L.

Hype Williams - One Nation (Hippos In Tanks) Un velo di mistero serpeggia attorno al collettivo di base a Berlino guidato dal londinese Roy D. Blunt e dalla russa Inga Copeland. Precursori involontari del pop ipnagogico, gli HW fanno della propria “stupefacente” fantasia artistica l’unica arma di evasione di massa. Giunti al terzo album, raggiungono un minimalismo lo-fi estremo e al tempo stesso romantico, autoironico (di humor nero), quasi beffardo. Non sappiamo se ci stiano coccolando dopo una delusione d’amore o prendendo in giro in un momento di nostalgia, fatto sta che la loro musica da afterparty crea dipendenza, colpendo fin quasi alla commozione. G.S.

Rick Wilhite - Analog Aquarium (Still Music) Rick Wilhite era uno degli agitatori della Detroit anni ’80, un produttore e DJ storico che animava le serate (deep) house della città creando ponti con la scena di Chicago. Era anche il proprietario del famoso negozio Vibes, chiuso nel 2008. Ma, soprattutto, era ed è tuttora il cuore dei 3 Chairs, progetto in cui militano Kenny Dixon Jr., Theo Parrish e Marcellus Pittman. Sembra incredibile, ma “The Godson” non aveva ancora pubblicato un album. Analog Aquarium è il suo debutto di mestiere, vellutato e stiloso in abbondanza, con la partecipazione proprio di Parrish (Blame It On The Boogie) e Pittman (Dark Walking). G.S. 113


Musica Varie

Di Depolique, Marco Lombardo e Gaetano Scippa

Primal Scream - Screamadelica (Sony-BMG) CD Ristampa Considerato a ragione il meglio degli anni ‘90, in occasione dei suoi vent’anni viene ristampato e rimasterizzato. Qui il rock ha incontrato l’elettronica. Serve altro? PS L’edizione limitata è da bava alla bocca. D.

Kenton Slash Demon - Daemon 12” (Tartelet) Terzo capitolo della Schwarzschild Solution Trilogy per il promettente duo danese. Dopo Matter ma soprattutto Sun, uno dei nostri inni del 2010, arriva Daemon una nuova epica cavalcata nella galassia. D.

Gold Panda - Marriage EP (Ghostly International) Parata di up-and-coming star per il nuovo singolo di Gold Panda. Tra Baths, Star Slinger, Forest Swords e Halls la spuntano i primi con il loro morbido elettrico rework. D.

Nottee - Don’t Waste Your Light On Me/Share

AAVV - Back And 4th (Hotflush) 3x12” Raccolta celebrativa dell’innovativa etichetta di Scuba che, più di altre, ha contribuito a lanciare talenti dubstep. Tra pezzi e remix di Mount Kimbie, Untold, Pangaea e 2562 anche dieci inediti tra cui la meravigliosa Regret di FaltyDL. G.S.

AAVV - Xl Versions Of Black Noise (Rough Trade) LP Il maxi singolo Stick To My Side, con i cinque remix del brano di Panda Bear e la cover di Pantha Du Prince, viene ora integrato con altri cinque remix da Black Noise ad apera di Moritz Von Oswald, Animal Collective e The Sight Below. G.S.

Blawan - Bohla EP (R&S) Incrocio futuribile tra dubstep e techno costellato di innesti acid e ritmiche abstract, l’esordio di Blawan su R&S spinge l’asticella ancora un po’ più in su. Chi sarà il prossimo a superarla? M.L.

AAVV - Dolphyn Surround Compilation Ambiziosa raccolta tricolore omaggio al gigante del free jazz anni ‘60 Eric Dolphy. I beat più riusciti arrivano da Bain Mass, Kappah, Digi G’Alessio, UXO, Smania Uagliuns e Grovekingsley. passionjunkies.bandcamp.co G.S.

This 7”(Emotion) Prodotto da Henning Furst dei The Tough Alliance, il nuovo singolo dell’ex bassista dei Lo-Fi-Fnk la vede in veste di novella Carly Simon. Pronta a conquistare i dancefloor primaverili. M.L

Becoming Real - Closer/Antarctic City 12” (Cold War Industries) Adagiate ossessivamente su sample vocali monolitici ed extra-terrestri le due tracce in questione immaginano un’improbabile jam tra Timbaland e Zomby. Assistiamo in adorazione. M.L. 114 PIG MAGAZINE


18th International Festival of Advanced Music and Multimedia Art www.sonar.es

June

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Film del mese

Di Valentina Barzaghi

The Ward Di John Carpenter. Il film di Carpenter l'ho visto al Torino Film Festival, ma era stato presentato in anteprima allo scorso Festival di Toronto. Di quella sera mi ricordo la neve (forse l'atmosfera adatta) e la coda interminabile arrivata a rendere omaggio al maestro dopo una lunga assenza dagli schermi. The Ward è un film su cui molti si sono scagliati adirati, alcuni etichettandolo come “film ridicolo, da vedere direttamente in dvd” (SlashFilm), aspettandosi forse un capolavoro mancato. Non è lo stesso che ho pensato io uscita dalla proiezione di Carpenter, perché sì, la storia che porta sullo schermo è narrativamente lineare, forse già vista in alcuni passaggi di trama, ma il suo modo di mettere in scena è comunque magistrale, già dai titoli di testa, scenicamente tra i più emozionanti visti ultimamente. E' il 1966. Dopo essere stata arrestata per aver provocato l'incendio di una casa (non si capisce per quale motivo), la giovane e bella Kristen viene portata e rinchiusa in

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un ospedale psichiatrico. Non si ricorda cosa sia successo, ma in quel posto non si sente al sicuro. In reparto con lei ci sono altre quattro ragazze che le si dimostrano da subito parecchio ostili. Kristen non capisce perché debba restare chiusa lì e la sua voglia di evadere si fa sempre più spazio in lei, soprattutto quando capisce che ci sono delle forze oscure e maligne che arrivano con la notte. Le ragazze non sono le uniche pazienti del reparto e man mano che, una alla volta, le altre iniziano a sparire, Kristen dovrà comprendere una verità ancora più terrificante di quanto lei avesse mai potuto immaginare. The Ward non è il film che ci ricorderemo come quello che racchiude la vera essenza del cinema di Carpenter, anche perché ad esempio qui non lo troviamo né alla sceneggiatura né alla colonna sonora. Di The Ward però si può dire tutto fuorché che non sia un horror classico, girato con tutti quei piccoli accorgimenti stilistici che hanno fatto di lui un autore cult e un esper-

to nel giocare con la paura (a differenza dei tanti che ci provano senza estro alcuno). La nuova pellicola del maestro non verrà ricordata come altri suoi capolavori, da Distretto 13: Le Brigate della Morte a Halloween: La Notte delle Streghe, fino a Grosso Guaio a Chinatown o Il Seme della Follia, ma ha il merito di caricare una trama semplice e “telefonata” di tensione e curiosità. The Ward è uno psico-thriller più che un horror, un film torvo che non ve la farà fare nelle mutande, ma che vi inquieterà a sufficienza per uscire dalla sala di sasso. Credo che lo andrò a rivedere alla sua uscita in sala, non per capire dei passaggi narrativi sfuggiti (quello no, ci siamo e ci siamo stati istantaneamente), ma per studiare ogni minimo dettaglio-inquadratura della sua messa in scena. Sono mesi che ormai ho visto questo film e parlandone a mente fredda, mi sembra ancora meglio di quando ero uscita dalla proiezione torinese. Di pareri diversi dai miei ne sentirete eccome, ma qui sta il bello di tutte le arti.


Cinema

Poetry Di Lee Chang-dong. Il titolo del film del coreano Chang-dong esprime appieno la filosofia di linguaggio dietro al suo ultimo lavoro. Poetry è la storia di una candida donna, un po’ sui generis, che vive in una piccola città di provincia insieme al nipote sedicenne che la figlia le ha lasciato da crescere. Iscrittasi ad un corso di poesia, ha da scrivere un componimento in poco tempo, durante il quale saranno alcuni avvenimenti legati alla vita del nipote che scombussoleranno il suo animo, rendendolo incapace di trovare quei sentimenti dolci a cui ispirarsi. Come si fa ad unire un dramma con tanto di omicidio e quindi crime story con la delicatezza della poesia? Il regista coreano ce lo dimostra con sapienza e delicatezza, mai facendo un passo falso sia in regia sia in sceneggiatura. Alla protagonista l’arduo compito di mostrarci in cosa consista la contemplazione, da cosa arrivi l’ispirazione, da come la ricerca psicologica che deve precedere, stia nel non farsi distrarre, ma di cercare la bellezza partendo anche da quello che, in certi momenti, ci risulta insignificante per scoprirne poi un valore più profondo.

Balada Triste De Trompeta Di Alex De Ia Iglesia (ITA. Ballata dell’Odio e dell’Amore). Guerra Civile Spagnola: è durante uno spettacolo circense che due pagliacci vengono arruolati nelle forze repubblicane. Uno di loro, dopo aver tenacemente combattuto contro i franchisti, viene catturato. Da qui facciamo un salto temporale al 1973 (ultimi giorni della dittatura di Franco): il figlio di quel pagliaccio inizia a lavorare in un circo, rassegnandosi al ruolo di Pagliaccio Triste, deriso e umiliato dal pagliaccio Tonto, con cui condivide l’amore per la bella Natalia, l’acrobata. Da qui s’innescherà il solito deleterio triangolo amoroso da cui solo uno dei due pagliacci potrà uscire vincitore. Un dramma con connotazioni di grottesco quello del sempre controverso De Ia Iglesia, che questa volta inscena una storia d’amore triste sulle note di – come lo dice il titolo stesso – una delle ballate dell’artista Raphael, ma che è la scusa per parlare di una delle pagine più tristi della Storia spagnola.

Boris - Il Film Di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo. Lo so che questa frase sembra una di quelle “banalità da critici”, ma è difficile trovare un film italiano da recensire e consigliare. Non è il caso di Boris – Il film, nato già sotto la buona stella del telefilm e non fatto inesorabilmente tramontare con la sua versione cinematografica. Come la serie era uno sfottò della tv italiana, Boris al cinema diventa una presa per il culo di tutti quei meccanismi “settari” che stanno dietro alle produzioni per il grande schermo, elemento ancora più evidenziato dal romanzo su cui uno sconfortato Renè Ferretti mette le mani: La Casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Così come lo faceva per la tv, Boris ironizza sul cinema italiano, sul pubblico italiano (che vuole solo cinepanettoni) e sul livello di interessi-cultura dell’italiano medio. Lo fa con intelligenza, divertendo, ma senza dimenticarsi un linguaggio tagliente. Chi non ha visto la serie non capirà tante allusioni e non riconoscerà quei personaggi che vengono schierati al completo e a cui ci siamo affezionati sul piccolo schermo. Boris – Il film è un prodotto riuscito, peccato che lo sia mettendo in scena un ritratto grottesco del cinema nel nostro paese.

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Dvd

Di Valentina Barzaghi

In Un Mondo Migliore Di Susanne Bier. Vincitore del Golden Globe come Miglior Film Straniero e candidato nella cinquina in gara per la stessa categoria agli Academy Awards di quest'anno, l'ultimo lavoro di Susanne Bier è un film educativo e commovente. La regista poggia il suo racconto su una dualità tanto nota ed esplorata cinematograficamente, forza fisica vs. intelligenza umana, quanto raccontata perfettamente. Anton e Marianne, lui “medico senza frontiere” che esercita in Africa lei dottore in un ospedale, hanno un rapporto che sta collassando e uno dei due figli, Elias, che giornalmente subisce atti di bullismo da parte di alcuni compagni di scuola. La storia sembra non aver fine, ma un giorno nella

sua classe arriva Christian, ragazzino severo con se stesso e incattivito con la vita, a cui è appena mancata la madre e che si trova a vivere con un padre a cui addossa delle colpe che non ha e per questo detesta. Sarà lui che mostrerà ad Elias come nella vita non si può sempre porgere l'altra guancia, come l'educazione familiare del ragazzo d'altro canto vorrebbe, ma che bisogna reagire, perché la forza è l'unico mezzo per ottenere rispetto. Purtroppo però, i due ragazzini, non hanno fatto i conti con le conseguenze dannose a cui spesso questa filosofia porta. Scandendo i ritmi dell'azione con l'ansia di un thriller, ma senza farci mancare i nodi alla gola come solo i buoni drammi riescono a fare, la Bier

mette in scena una storia complessa, in cui esplora il difficile stato psicologico in cui vivono i suoi protagonisti, in un perenne oscillare tra passato e presente. Mai banalmente, ci racconta il destino infausto e l'età difficile in cui i suoi piccoli protagonisti navigano, ancora attraccati a valori familiari, ma con la convinzione di farcela già da soli a trovare un proprio posto nel mondo. In quel mondo che, come recita il titolo stesso, spereremmo fosse sempre migliore, ma in cui invece bisogna imparare a sopravvivere. In Un Mondo Migliore è senza dubbio un film da vedere e da far vedere, nonostante la crudeltà d'impatto, anche ai più giovani, per la sua importanza umana e civile. www.cghv.it

Tornando a casa per Natale Di Bent Hamer. Il norvegeste Ben Hamer (Factotum, Il Mondo di Horten) mette in scena una commedia delicata, ma che non manca di avere spunti riflessivi. Forse questo non è il momento più adatto per promuovere un film di questo tipo (la primavera si avvicina e il Natale lo vediamo come qualcosa di lontano), ma è bello averlo, per risfoderarlo al giusto momento. Hamer mette in scena una raccolta di racconti brevi di Levi Henriksen, che ha scelto in un secondo

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momento di collocare temporalmente a ridosso del periodo natalizio, visto che gli stessi non erano ambientati in un perido preciso. Tutte le vicende raccontate hanno in comune il fatto di essere ambientate nella stessa piccola cittadina norvegese e delineano una serie di vicende umane che vanno dal comico al grottesco, sfociando talvolta anche nel triste. Tutti i personaggi avranno modo di cercare la loro strada con il procedere della narrazione, ma alla fine, la

morale e il concetto che ne esce vincente, è che solo l'amore (nella sua accezione più ampia) sia l'unica strada che allevia le nostre esistenze. L'unica cosa che ci fa grattare la testa dubbiosi è che, proprio la scelta di ambientare il film a Natale, rischia di far diventare la morale banalotta e un po' trita, perché se è vero che ciascuno nella vita può affrontare un percorso per migliorare se stesso, credenza comune è che “a Natale si è tutti più buoni”. www.bolerofilm.it


Serial Box

Di Marina Pierri

Anche a noi piacciono le serie tv e da questo mese, ci dedicheremo uno spazio.

Arriva “Game Of Thrones” Tutti i nerd del pianeta Terra la stanno aspettando (noi, ovviamente, inclusi): è la nuova serie prodotta dal marchio-di-garanzia HBO, Game Of Thrones. Il nome, dal sapore vagamente medievale, mantiene quel che promette, perché il telefilm non è altro che l’adattamento del ciclo di novelle fantasy A Song of Ice and Fire di George R.R. Martin, cominciata nell’ormai lontano 2007 e pronta a sbarcare sugli schermi delle case d’America il 17 aprile 2011. Per ricostruire la complicatissima trama fatta di rivalità tra regni, tradimenti shakespeariani e creature spaventose pare che non si sia badato a spese e il serial promette di essere una sorta di Signore degli Anelli per la tv. Cominciamo col dire che il protagonista sarà Sean Bean, l’attore che si è attirato le antipatie di chiunque interpretando Boromir nella trilogia di Peter Jackson.

A big, big love Ci sono i libri da classifica, come i thriller di John Grisham o Dan Brown, e i libri più di nicchia, che, nel migliore dei casi, aprono una finestra su un mondo che abbiamo sempre e solo immaginato. È la stessa cosa per le serie televisive, cosa credete? C’è CSI e ci sono cose come Big Love, la serie prodotta da Tom Hanks, protagonista la fashionista Chloe Sevigny, che indaga le vicende di una famiglia di mormoni. O quasi: una frangia estrema di mormoni, i poligami. Se non avreste mai pensato che un focolare a quattro potesse essere eccellente oggetto di un telefilm, ripensateci e recuperate le tre serie. Al momento negli USA sta andando in onda la quinta, che purtroppo sarà anche l’ultima. Spoiler: la Sevigny, qualche tempo fa, si è rifiutata di andare avanti a meno che il tutto prendesse una piega più “femminista”. Ovviamente, produttori e sceneggiatori l’hanno accontentata.

PIG consiglia:

Parks and Recreation È difficile mettere in piedi una sit com che faccia ridere e pensare, ma va bene anche solo ridere, a volte. È per questo, forse, che negli anni se ne contano così poche: da Seinfled a Friends, fino ad How I Met Your Mother la strada è stata breve, almeno fino all’avvento della regina indiscussa della commedia americana Tina Fey, ha conquistato il cuore di milioni di americani con 30 Rock. Eppure, in città c’è una nuova eroina e si chiama Amy Poehler. Non vi sorprenderà sapere che è una collega della stessa Fey e, come lei, ha creato un telefilm che sta facendo piazza pulita: Parks and Recreation è mockumentary (finto documentario) sulle vicende politiche di una piccola città dell’Indiana, ma la semplicità della trama è compensata da una galleria di personaggi niente meno che… vividi. Dategli una chance: riderete. E tanto. 119


Books and So

Di Rujana Rebernjak

Printing at Home Ormai da un po' di tempo tutti ci sentiamo designer, grafici, falegnami e stampatori. Da quando abbiamo riscoperto il piacere della creazione delle cose con le proprie mani, dopo la distrazione causata dai computer, si assiste ad una proliferazione dei libri DIY. Per non tornare sempre sui miei passi, anche se la tentazione è fortissima, non ho citato "Autoprogettazione" di Enzo Mari in questa piccola raccolta di libri 'fai da

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te', ma ho ceduto il posto a questo libro di Xavier Antin che emozionerà sia gli hacker dell'elettronica che i piccoli stampatori in cerca di una tipografia. L'autore offre una serie di soluzioni per potenziare la propria stampante a getto d'inchiostro, sia aggiungendo le patate come mezzo di stampa, che mettendo alla prova le capacità della stessa, facendole stampare un foglio di carta continuo. Data la qualità

di produzione di questo piccolo libretto d'istruzioni, mi viene da credere che una di queste stampanti effettivamente funzioni. Autore: Xavier Antin Titolo: Printing at Home Casa editrice: auto prodotto con l'aiuto di Ditto Press Anno: 2010 Prezzo: 18 euro www.xavierantin.fr


Toy Weapons Certe volte è difficile parlare con ironia di alcuni temi. Martì Guixé è però riuscito con estrema intelligenza ed ironia a trasformare uno dei problemi quotidiani in un libro divertente. Le armi giocattolo create con i comuni appendiabiti metallici, materiale che guardiamo con estrema noia ed irritazione

perché non sappiamo cosa mai cosa farne. Una serie di forme iconiche che nascono con estrema semplicità, piegando fili di ferro. Una balestra, fucili da caccia, archi, sciabole, stiletti e perfino un mitragliatore, spiegati in dettaglio attraverso pochi segni fatti a penna, perché in fondo è l'immagina-

zione che li fa diventare speciali e le istruzioni sono solo una piccola introduzione. Autore: Martì Guixé Titolo: Toy Weapons Casa editrice: Corraini Anno: 2005 Prezzo: 20 euro www.corraini.com

Handcrafted Playgrounds Non mi ricordo come ho trovato questo libro, ma penso che non abbia alcuna importanza. Appena l'ho visto sono stata proiettata in un passato, nemmeno tanto lontano, quando costruivo piccole case sull'albero con l'aiuto di mio padre. La nostalgia è tanta, e vorrei mettermi do-

mani a segare il legno, piantare chiodi e legare corde per dopo poter contemplare tutta la miriade di strutture fantastiche illustrate in questo libro. Piccoli e grandi castelli, vari labirinti, casette sull'albero, reti e scivoli, disegnati con una semplicità tale da farmi sperare che domani potrebbe nascere

una piccola città di legno e corda proprio dietro casa mia. Autore: M. Paul Friedberg Titolo: Handcrafted Playgrounds Casa editrice: Random House Anno: 1975 www.randomhouse.com

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Whaleless

A Cura di Giovanni Cervi. Contatti e info: verbavolant@pigmag.com

Un mondo senza balene. Inquinamento e pratiche di pesca insostenibili stanno mettendo a serio rischio la sopravvivenza dei grandi cetacei. Questo è uno spazio dedicato a chiunque voglia esprimere la propria indignazione, rabbia, vergogna, incredulità, preoccupazione… con ogni mezzo espressivo, dall’illustrazione alla canzone, dall’animazione alla fotografia e oltre. Visitate i siti internet www.whaleless.com e www.myspace.com/whaleless per ulteriori informazioni e per visionare la gallery dei lavori giunti fino ad ora. Be creative, save a whale.

BioCity

Che rapporto hai col mare? Adoro l’odore della salsedine, il rumore delle onde, la sensazione dell’acqua sulla pelle nell’immersione totale, perdere l’orizzonte guardando sopra le onde. Se tu potessi scegliere di trasformarti in un abitante marino, quale sceglieresti? E perché? A volte mi piacerebbe essere un delfino perché è intelligente e dedito al gioco, in altri momenti vorrei essere un pomodoro di mare (Actinia equina) che sta fermo su uno scoglio a filtrare cibo dall’acqua. Che bella vita! Qual è il tuo elemento preferito tra aria, acqua, terra e fuoco? Tutti gli elementi sono importanti. In acqua sono un “pesce”, ho sempre nuotato tantissimo. Mi hanno raccontato che a poche settimane di vita sono cascato in una piscina

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e sono riapparso dopo aver percorso alcuni metri sott’acqua per prendere aria e tornare in apnea. E’ consigliato iniziare il prima possibile a relazionarsi con gli elementi. Attenzione però, verso i 10 anni si diventa piromani.. Ci dici qualche parola da associare al tuo modo di fare arte? Faccio ricerche su temi a me cari (scienza, biologia, anatomia, religione, alchimia, ecologia, urbanistica, georisorse, filosofia, danza, teatro..) e cerco di canalizzare l’irrazionalità che mi spinge a creare in qualcosa di tangibile. Come hai realizzato questa balena? Questa installazione mi è stata commissionata da Mili Romano, curatrice del progetto di Arte Pubblica “Cuore di pietra”. L’opera ha previsto un percorso partecipativo di 60 me-

tri con gli abitanti di Pianoro, località in cui si trova il dipinto, e un seminario all’Accademia di Bologna. BioCity si basa sull’idea di una convivenza armoniosa tra l’uomo e la balena. Nelle vicinanze di Pianoro sono stati ritrovati i resti di una balena fossile e da pochi mesi sono state inaugurate le nuove case popolari che a quanto pare sarebbero state realizzate secondo i principi della bioedilizia. A cosa stai lavorando ora? Ad un progetto che integra competenze scientifiche e artistiche, mi prenderà più di un anno di lavoro e conto di finirlo per dicembre 2011 per quando tornerò in Italia da New York. Sto anche lavorando ad un progetto con Allegra Corbo per quest’estate e ad una mostra personale per settembre. www.andreco.org


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Videogames

Di Janusz Daga (jan@pigmag.com)

PIG’s Most Played. Nothing says Kicking Ass like a Superhero with... a machine gun. Hard Corps Uprising _ Xbox 360 Sviluppato da Arc System Works e prodotto dalla Konami è uno shoot-em-up vecchio stile con grafica "anime" curata nei minimi dettagli. Azione frenetica, armi laser di ogni tipo, otto cattivissimi livelli di pura azione orizzontale. Vista la difficoltà del giochino e visto che siamo viziati dai checkpoint, non siamo più abituati a soffrire e vi consigliamo di giocare in coppia con un amico. I livelli sono notevoli e sparare migliaia di proiettili addosso a giganteschi robot non ha prezzo, per tutto il resto c'è il buon vecchio lanciagranate atomico. Attenzione ai raptus: questo gioco mette a dura prova la pazienza, ancorate bene l'Xbox al tavolo! Marvel vs Capcom 3 _ PS3_Xbox 360 Finalmente dopo dieci anni la Capcom si decide e pubblica il sequel del picchiaduro più amato dai fumettari di mezzo mondo. La storia è sempre la stessa: ci si deve picchiare selvaggiamente utilizzando una serie infinita di tasti e combinazioni mano-punta-taccobottone. La bellezza della grafica applicata ai personaggi Marvel è qualcosa di esaltante e a parte i grandi classici come Wolverine e Capt. America, sono stati sviluppati alla grande altri beniamini dello schermo come Dante di Devil May Cry e il piccolo Viewtful Joe. Tonnellate di combo e fondali da urlo per un tranquillo pomeriggio tra amici. Avete già provato l'X-Factor? No, Facchinetti non serve. X-Men: The Arcade Game _ Xbox 360 Un altro grande classico coin-op degli anni '90 riproposto da Microsoft per i suoi fan. Il cabinato era gigantesco e permetteva ben

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sei giocatori in contemporanea. La grafica cartoon è rimasta tale e quale a quella di allora e Magneto, Mystique e Juggernaut sono ancora i cattivi che hanno rapito il professor X. Per giocare in 6 basta connettersi online e darsi alla pazza gioia, ma anche da soli è piuttosto gustoso. Anche se non siete X-Men-Maniaci questo è un gioco da avere assolutamente nella vostra collezione, adesso aspettiamo con ansia The Simpson arcade. Ghost Trick _ DSi I programmatori di Ghost Trick hanno fatto un miracolo su DSi. Lavorando sulla tecnica del rotoscoping, la stessa del primo Prince of Persia, hanno creato il rompicapo perfetto. Se pensate che sia solo un'avventura vi sbagliate, GT è un gioco di enigmi e personaggi fuori di testa, una storia di spiriti misteriosi e dialoghi assurdi, supportata da una perfetta esecuzione. Difficile annoiarsi, una volta passato il doveroso tutorial per capire come utilizzare al meglio il proprio "spirito" la cosa si farà molto intrigante. Dieci ore di stile. Bionic Commando Rearmed 2 _ PS3 _ Xbox 360 Arnold Schwarzenegger amerebbe questo shoot-em-up-adventure. Bombe, fucili, pallottole e tanta roba militare che esplode. Ben 24 livelli da superare con tanto di Boss finali e power-up da recuperare in giro per lo schermo. I livelli però non sono solo spara-spara ma sono basati sull'esplorazione e sulla soluzione di alcuni piccoli rompicapo che servono per aprire porte e schiacciare interruttori. La grafica non è sempre all'altezza, ma questo mese è giusto fare il pieno di parallasse!


PERSONAGGI MII FACILI DA CREARE Scatta una foto della persona e lascia che la console crei il suo Mii

OBIETTIVO INTERNO Gioca con la tua immagine

PAD SCORREVOLE Muoviti con grande precisione

2 OBIETTIVI ESTERNI Fai foto in 3D e interagisci con loro

TOUCH SCREEN Tocca il gioco con un dito

SCHERMO PANORAMICO Guarda immagini in 3D senza occhiali

REGOLATORE DI PROFONDITA’ 3D Scegli il livello di 3D che preferisci

TASTO HOME Passa da un’applicazione all’altra mentre il tuo gioco rimane in attesa

CONNETTITI E CONDIVIDI Una comunicazione Wi-Fi tra le console consente di interagire e condividere contenuti con altri utenti - anche quando non si gioca

SCOPRI UNA NUOVA DIMENSIONE PER MAGGIORI INFORMAZIONI E PER UN USO CORRETTO DELLA MODALITÀ 3D, FATE RIFERIMENTO AL SITO INTERNET UFFICIALE

WWW.NINTENDO-3DS.IT

Disponibile in due colori: Aqua Blue e Cosmo Black

Nintendo 3DS is a trademark of Nintendo. © 2011 Nintendo.


Videogames

Di Janusz Daga (jan@pigmag.com)

Why Minecraft is so Damn Popular?! Il gioco “indie” che ha sbancato l’industria del videogame si prepara per la grande Mela. Avete mai fatto un trasloco? Quando riaprite gli scatoloni non vi capita di trovare oggetti inaspettati? Ecco, Minecraft è più o meno così: uno scatolone dimensione Mery Poppins con dentro un infinito numero di oggetti strabilianti. Se Einstein non avesse già formulato la teoria della relatività e Steven Hawking non fosse già comparso nei Simpson, si potrebbe dire che il creatore di Minecraft, Markus Persson ha per la prima volta unito i due lembi dell’universo creandone uno parallelo. Altro che Afterlife e quella robetta da ragazzini impauriti, qui la puzza di “nerd” –come ama definirsi lui stesso- si sente lontano un chilometro. Sarà il freddo come dice mio nonno... fatto sta che dal nord arrivano spesso questi piccoli capolavori di modestia pronti a cambiare le regole del gioco. Dando un altro rapido scossone alla scatola, facciamo saltar fuori una piramide egizia in scala 1:1, l’Enterprise

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con il suo capitano Kirk, la città di New York isole comprese, un allevameto di maiali, un castello medievale, montagne russe in movimento, statue di ogni forma e dimensione, un aggeggio per l’escavazione su scala industriale, una miniera grande come la Liguria. Troppa roba? Il fatto è che su questo pianeta gli oggetti che potete costruire non hanno limite di grandezza. Ma iniziamo con ordine. La prima impressione è che si tratti di un’emerita cazzata ma dopo un minuto, una strana forza invisibile vi spingerà a dare un’occhiata in giro. Sembra un normalissimo shooter in soggettiva, solo con una grafica da Commodore 64. Humm.. Al posto della pistola uno strano ammasso di pixel che dovrebbe sembrare un martello. Dovrebbe... Proprio da qui nasce tutto, fulgido nella sua semplicità otto bit. Minecraft è esattamente quello che sembra: un simulatore di minatore con una pessima grafica.

O se preferite, un FPS con protagonista un costruttore/minatore. Scegliete voi la definizione che volete. Impossibile chiuderlo in una parola. Il pianeta da esplorare e picconare è abbastanza grande, otto volte il pianeta terra in dimensione reale, e lo si può percorrere tutto a piedi –se lo fate, avvisatemi che mi metto la vostra foto in camera- ma il vero scopo è quello di costruire e sopravvivere alle numerose sfide che questo ambiente ostile ci presenta giorno per giorno. Si può iniziare abbattendo qualche albero per ricavarne il legno, poi magari si piccona sotto terra per cercare qualche metallo utile alla costruzione e chissà, magari da tutto questo se ne potrebbe tirar fuori una barca, o una bussola. Così, per orientarsi. In alternativa si possono catturare polli e galline, maiali e mucche per poi ricavarne altri oggetti preziosi da utilizzare nella nostra personale Piramide di Cheope. Meglio


una buca gigantesca? Forse. Attenzione a non esagerare però, una partitina di pochi minuti potrebbe durare tutta la notte. Siete avvisati! Se poi le texture non vi piacciono, esistono centinaia di siti dai quali scaricare gratuitamente materiali di tutti i tipi: una comunity di piccoli operosi fans ha già prodotto milioni di pagine web da saccheggiare a piacimento. Si perchè questo giochino programmato da una sola persona, nel sottoscala, quasi per noia, ha venduto più di un milione di copie solo attraverso il sito internet ufficiale. Un milione a quasi 20 euro a copia, possiamo ben immaginare il

modello di Bentley che Mr. Persson sta scaldando con il suo Real-didietro. Ma il suo è un successo sano! Meritato! Segno che se un gioco è buono non serve tanta pubblicità, segno che in quest’epoca di giochi spazzatura c’è ancora bisogno di usare la testa e il cuore e che una pessima grafica si può rivelare vincente. Ci troviamo di fronte ad un ragazzo che da solo ha dimostrato al mondo che la community –quella vera, non quella di plastica che ci stanno costruendo su Faccialibro- funziona benissimo ed è più attiva che mai. Tutti segnali positivi che ci fanno ben sperare. Nominato miglior gioco

dell’anno è solo il primo della serie. Il Danese dagli occhi di ghiaccio ha molti sogni nel cassetto, tra gli altri una rivisitazione del mitico Elite –commercio intergalattico super nerd- e un gestionale di calcio in stile Sims ma fantasy. Per fortuna solo lui si capisce. Aspettando queste nuove meraviglie, per quelli che non hanno un PC è in arrivo Minecraft su iPad. Se non lo provate almeno una volta, ve ne pentirete per tutta la vita, se invece ci siete già dentro, scrivetemi che vi passo il numero del mio psicologo. Ne sono quasi uscito. Quasi.

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Indirizzi

55DSL

Dolce & Gabbana

Joe Rivetto

Our Legacy

Stussy

www.55dsl.com

www.dolcegabbana.it

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www.ourlegacy.se

www.stussy.com

72 Hours Trunk

Dr. Martens

Julien Macdonald

Patouf

SUPER

www.nythanjames.com

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www.julienmacdonald.com

www.patouf.se

www.retrosuperfuture.com

A.B.K.

EASTPAK

Klaxon Howl

Paul Frank

Temple Bags

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www.eastpak.com

www.klaxonhowl.com

www.paulfrank.com

www.templebags.com

adidas

Element

Lee

Pendleton

The Loved One

www.adidas.com

www.elementskateboards.com

www.lee.com

www.pendleton.se

thelovedone.bigcartel.com

Antonio Marras

Ecko

Mary Katrantzou

Penfield

The North Face

www.antoniomarras.it

www.ecko.com

www.marykatrantzou.com

www.penfieldusa.com

www.thenorthface.com

Arc’teryx

El Delgado Buil

Manuel Bolano

PUMA

Thom Dolan

www.arcteryx.com

www.eldelgadobuil.com

www.manuelbolano.com

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www.thomdolan.com

Bless

Energie

Miss Sixty

Rebecca Taylor

Topshop

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Bleu de Paname

Erin Kleinberg

Mihara Yasuhiro

Redemption Rye

Urbanears

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www.miharayasuhiro.jp

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Carhartt

Erdem

Minnow Bathers

Reigning Champ

Vans

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www.minnowbathers.com

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www.vans.it

Charles Anastase

FILA

New Era

Reef

Vanessa Bruno

www.charlesanastase1979.com

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Charlotte Ronson

Franklin & Marshall

Nike

Rochas

Visvim

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www.visvim.tv

Converse

Fred Perry

Nixon

Rodarte

Volta

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Corpus

Freddy

Obey

RVCA

WeSC

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Dana Lee

Girl By Band Of Outsiders

Old Faithful Shop

Sessun

Wings + Horns

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Diesel

Herschel Supply Co

Opening Ceremony

Skechers

Won Hundred

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www.wonhundred.com

Danner

Hudson Bay Company

Osborn

Stanfield’s

Wrangler

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