Biagio Moliterni
LO ZODIACO DEL PURGATORIO DI TORTORA
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Per il Gal Allba Il
Presidente
Christian Merli
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Presentazione C’è un modo molto nobile di registrare la Memoria, riportando in evidenza le tracce della storia, elencandole in maniera ordinata e comprensibile, lasciando che sia la loro stessa struttura a parlarci del passato. Biagio ci propone, in più, di interpretarle, le tracce, invitandoci a ragionare proprio come chi le ha prodotte. Riflette sulle idee e le rende attuali con la stessa artigianalità che le ha rese vive. I segni sono per lui interpreti di una collettività che attraverso i segni stessi si rivolgeva certo, ai contemporanei, ma anche con un occhio a chi sarebbe venuto tanti anni dopo. Il senso di certi dettagli, di improponibile lettura fuori da certi contesti colti di allora, si spiega forse con la voglia di riferire a qualcun altro un antico sapere? Alla maggior parte della gente bastava probabilmente la parte più concreta del racconto, il riferimento ai tempi, alle stagioni, al comportamento quotidiano. Ma è soltanto una parte, della lettura alla quale Biagio ci invita. 5
E appare un mondo meticoloso, sapiente, che non lascia niente al caso, che ha imparato a spiegarsi tutto della natura e che assegna ad ogni oggetto una ragione, un motivo per la sua esistenza. Biagio va oltre la banalità di una lettura superficiale, ripropone riferimenti a origini e significati che ancora oggi sono in grado di raccontare: - la capacità collettiva ed originale di chi è stato testimone della propria epoca, - l’orgoglio consapevole di essere depositario di antiche sapienze, - l’ambizione di volerle proiettare nel futuro. La stessa voglia di conoscenza, insomma, che contribuisce oggi ad evidenziare aspetti affascinanti e ancora poco consapevoli del patrimonio della Valle del Noce. Patrimonio che appare sempre più ricco. E che appare dove meno te lo aspetti, rivelando un Capitale sedimentato di relazioni, di tradizioni, di esperienze, di codici di comportamento, di norme e procedure, di valori condivisi e di antiche sapienze.
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In un contesto che conta appassionati astrofili e che esprime valenti astrofisici, che vanta un cielo tra i meno inquinati d’Europa e pertanto una visibilità d’eccezione, e che da qualche anno sperimenta un’attenta ricerca delle proprie radici storiche, non guasta certo una contaminazione tra astronomia ed archeologia. Discipline che interagiscono in modo costruttivo, a quanto pare. E che producono tanto fascino quanto ne basta per avvicinare anche i più distratti e a ricordare loro che sono eredi di una grande tradizione. Tradizione che può trasformarsi di nuovo in risorsa. Soprattutto quando questa, nella sua dimensione collettiva, esprime capacità e culture che sono sedimentate nel tempo e che possono ancora rappresentare ricchezza per tutti. Negli ultimi decenni l’esodo dalla Valle, mai cessato dagli inizi del secolo scorso e pur diminuito nelle quantità, ha assunto dimensioni sociali e qualità preoccupanti in quanto mina la permanenza stessa dei caratteri tradizionali locali. 7
Interessa infatti i giovani scolarizzati che partono per non tornare più. Questi non riconoscono all’area la capacità di riferimenti culturali forti e di livello tale da costituire un’alternativa alle suggestioni della società “globalizzata”. Non ne riconoscono i caratteri di identità e sono convinti di non partecipare ad alcuna forma di cultura per la quale valga la pena di restare. Sono orfani di una storia e di una tradizione che invece è ricca e complessa, ma che è stata per molto tempo negata o travisata. Il Gal Allba ha assunto l’impegno a ricostruire le ragioni stesse del riferimento alle proprie radici. Impegno che intende perseguire anche attraverso il sostegno agli studi e alle ricerche che si rivelano capaci di riscoprire capacità e conoscenze dimenticate. E che hanno dignità tale da garantire un interesse che va al di là dei confini della Valle. Giuseppe Di Fazio, architetto
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Se guardo il cielo, opera delle tue mani, la luna e le stelle che vi hai posto, chi è mai l’uomo perchÊ ti ricordi di lui? Salmo 8
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Lo zodiaco del Purgatorio di Tortora
La cappella del Purgatorio Tra i reperti dell’ambiente monumentale calabrese, merita una particolare attenzione la simbolica espressa nel portale di una chiesetta di Tortora, chiamata «Cappella delle Anime del Purgatorio» ma meglio nota come «Il Purgatorio». L’area in cui sorge è tuttora denominata «mballatùrru», ossia «ai piedi della torre», in riferimento al torrione del vicino palazzo feudale, posto in origine a protezione dell’accesso al nucleo antico del paese. La cappella, dunque, fu costruita al di fuori della cinta muraria cittadina, e solo
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in seguito all’espandersi del centro urbano finì inglobata nell’abitato. Allo stato attuale delle conoscenze, il più antico riferimento, sia pure indiretto, alla piccola chiesa sembra essere contenuto in un rogito del 1554, quando conservava ancora la sua intitolazione originaria a Santa Caterina d’ 1 Alessandria . 1
Cfr. G. CELICO, Peregrinazioni storiche, Pellegrini Editore, Cosenza, 1972, p. 33. Sulla cappella di Santa Caterina e su quella di San Sebastiano, site entrambe a «piede la Torre», e sulle altre di Santa Maria Capo Le Scale (o dell’Annunziata) e di San Rocco aveva il patronato l’Università di Tortora, che nell’agosto 1575 vi rinunciò in favore dell’Ordine francescano dei Frati Minori Osservanti della Provincia di Basilicata, impegnato nell’erezione del Convento dell’ Annunziata, come si legge in un documento conservato in copia nell’archivio parrocchiale di Tortora e precisamente nella prima parte – p. 9 – della Tavola alfabetica di tutti gli Censuarij, e Censi delle tre Cappelle filiali del Conv. della SS. Nunziata di Tortora cioè della Cappella di San Sebastiano Martire, della Cappella di S. Catarina Vergine, e Martire e della Cappella di 11
S. Rocco Confessore. Jus Patronati dell’Università di Tortora, e dalla med.ma donati alla Conf.ta della SS. Nunziata per servizio de Religiosi locali come per publico Strom.to à 4 marzo 1580. Non a caso, nel primo altare di destra del Convento dell’Annunziata si conserva una tela seicentesca della Madonna delle Grazie che allatta il Bambino, con ai piedi le sante Agata e, appunto, Caterina di Alessandria. La corrispondenza della cappella del Purgatorio con quella di Santa Caterina è attestata in una Platea del 1633-1655 della chiesa di San Pietro Apostolo di Tortora, conservata nell’archivio parrocchiale, nella quale, a p. 66, si legge che «Per la casa di Zirdonia Ponzo a S. Catarina grana quindici li paga Rosa Melazzo». Il fatto che, sopra le parole «a S. Catarina», una mano diversa, evidentemente successiva, inserì la dicitura «oggi si dice il Purgatorio», conferma il cambiamento di intitolazione, avvenuto nella seconda metà del XVII secolo, di cui si ha conferma nella relazione di stima del feudo di Tortora, redatta dal regio «tabulario» Gennaro Sacco nel 1692 - nella quale si legge che «avanti il largo del Castello», accanto alla chiesetta di San Sebastiano, vi era la cappella delle Anime del Purgatorio, e non più quella di Santa Caterina (Cfr. A. FULCO, Memorie storiche di Tortora. Con uno studio critico 12
La struttura L’edificio è composto da un’unica navata, a pianta quadrata quasi perfetta (circa 8 metri per lato), prolungata nella parte settentrionale da una piccola abside rettangolare. Tra la navata e l’abside è collocato l’altare, alla cui base c’è un fregio che sembra riprodurre la croce cosmica degli equinozi e dei solstizi. Nella nicchia che lo sovrasta è custodita la statua della Madonna del Carmine, di scarso valore artistico e certamente di più recente fattura rispetto alla tela settecentesca che, incastonata nel soffitto in legno, raffigura le anime del purgatorio nell’atto di implorare l’intervento salvifico della Vergine. Le pareti interne sono lisce e prive di immagini, tranne uno strano segno a sull’antica Blanda, ristampa dell’edizione del 1960 a cura dell’Amministrazione Comunale di Tortora, Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali, Soveria Mannelli 2002, p. 69.
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forma di farfalla tratteggiato sopra l’acquasantiera, a destra dell’ingresso. Di fronte, a sinistra dell’altare, è infisso un portalampada in ferro. Al centro del pavimento è rimasta l’impronta della botola di una delle fosse comuni (almeno tre) che in passato furono adibite a luogo di sepoltura. Numerose ossa umane sono state rinvenute negli scavi che in varie riprese hanno interessato l’esterno della cappella. La facciata si apre sul lato meridionale dell’edificio, di fronte all’abside, e mostra una sobria tipologia “a capanna” culminante nel piccolo campanile a vela. Questo è caratterizzato dalla croce infissa in una sfera (simile alla cosiddetta croce di Saint Die), piantata sulla sommità, e dalla girandola solare disegnata sul lato destro, opposto a quello occidentale, nel quale è invece visibile, sia pure con difficoltà, un’iscrizione. Potrebbe trattarsi di lettere dell’ alfabeto ebraico oppure, più sem-
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plicemente, della data (1701?) in cui l’edificio fu verosimilmente ristrutturato. Le tracce di un rifacimento si notano infatti nella diversa fattura della muratura dell’abside, che mostra peraltro i segni di una sopraelevazione e della chiusura di un arco, attualmente segnato da una strana croce. La parete orientale è stata completamente intonacata in tempi recenti, mentre quella opposta si è conservata intatta. Qui era la porta secondaria della cappella, oggi murata e in parte visibile. Ăˆ rimasta invece la finestra, che si caratterizza per essere spostata verso destra rispetto al centro della parete.
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La facciata e il portale L’elemento architettonico più interessante della cappella del Purgatorio è, senza dubbio, la facciata. La parte superiore, in origine di colore ocra, è ornata da un cornicione grigio e da numerosi fregi che si richiamano ai disegni della geometria sacra, quali il fiore della vita e alcune girandole solari. È dominata da un’edicola centrale, stretta tra due finestre, che lascia ancora intravedere lacerti di un dipinto murale, raffigurante la Vergine del Carmelo col Bambino, e sulla cui lunetta sovrastante si scorgono a malapena le tracce di uno stemma. Al di sotto si apre il portale di ingresso, con porta lignea datata «1688», al quale si accede attraverso cinque alti gradini e il cui arco, composto da sei conci, è racchiuso in una riquadratura recante due fregi nei vertici superiori. Scolpito in un micro-conglomerato a ciottoli carbonatici, non in uso nella zona, il manufatto è considerato l’unico 16
esemplare di arte basiliano - calabrese esistente sul versante tirrenico dell’Italia meridionale.
A giudizio del medioevista Biagio Cappelli, fu realizzato nella seconda metà del XII secolo, in epoca normanna, e rappresenta una sintesi dell’arte dei popoli che nella seconda metà del primo
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millennio si erano contesi il dominio della Calabria nord-occidentale, ossia Bizantini, Longobardi e Arabi2. Ma l’aspetto sicuramente più affascinate che caratterizza il portale del Purgatorio è il complesso simbolismo nascosto nelle figure, altrimenti incomprensibili, che l’ignoto scalpellino volle imprimervi. Arcani significati si celano già dietro la curvatura a ferro di cavallo e dietro l’immagine del quadrifoglio, elementi che compaiono in entrambi i “capitelli” o,
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B. CAPPELLI, Recensione all’elenco degli edifici monumentali LVIII-LX, in ASCL X (1940), pp. 168-170. A giudizio dello studioso, sul portale vi sarebbe qualche richiamo all’opera di alcuni maestri scalpellini settentrionali, mentre la tecnica di schiacciare il rilievo troverebbe riscontro, oltre che nel bacino messinese, nei portali della chiesa di San’Adriano a San Demetrio Corone, nelle placche in gesso del Museo Nazionale di Reggio Calabria, nel frammenti del Battistero di Santa Severina e nella chiesa della Panaghia di Rossano. 18
piÚ precisamente, nei due conci di imposta dell’arco. Immagini che nel Medioevo simboleggiavano rispettivamente l’utero e il mondo vegetale, con le quali lo scultore volle probabilmente ricordare che la potenza di Dio si manifesta attraverso le forze della natura e attraverso il mistero della vita.
Si tratta di un insegnamento spirituale, non specificamente cristiano e forse 19
gnostico, e a quale ogni uomo è invitato ad attingere mediante la ricerca esoterica. Gli stessi gradini di accesso alla cappella sembrano sottolineare la necessità di un certo grado di iniziazione per coglierne l’esatto significato. Solo così, si suggerisce, si potranno avere gli strumenti necessari per scoprire il profondo insegnamento impresso sulle pietre, insegnamento che è spirituale e scientifico insieme. Un invito, dunque, a volgere lo sguardo verso il cielo, inteso non solo come luogo metafisico, oggetto di speculazione filosofica, ma anche come campo di indagine scientifica.
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Le porte celesti Alla base di entrambi i piedritti compaiono due leoni accovacciati, con la coda girata sul dorso, che, fronteggiandosi, sembrano posti a guardia del portale che sorreggono. Il leone di destra, meno consumato dall’usura del tempo, ha le fauci aperte e rivolte verso l’alto, conserva ancora un occhio ed è sovrastato da un fiore elicoidale, scolpito sul pilastro, i cui sei petali hanno una rotazione antioraria.
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Questo elemento decorativo è, a prima vista, assente sul lato sinistro, e questa circostanza farebbe pensare a una sostituzione del pilastro originario, anche perchè l’attuale appare costituito da due blocchi di pietra affiancati. In realtà, da un primo confronto con il restante materiale, anche il pilastro sinistro risulta risalire alla stessa epoca. Qui il simbolo, che non compare di fronte, come ci si aspetterebbe per simmetria con l’altro pilastro, è invece nascosto in forma 22
diversa nella parte basamentale interna del piedritto, dove, sebbene visibile solo ad un’osservazione laterale, s’intravede una specie di ruota contenente un cerchio radiante, simbolo che fa pensare a un sole stilizzato. La ruota si trova in corrispondenza di quella che era la testa del leone, quasi che l’animale la stesse divorando, aiutandosi a tenerla ferma con le zampe anteriori. Per comprendere qualcosa di questa complessa e arcana simbologia occorre richiamare l’immaginario costruito intorno al simbolo del leone, in particolare nel Medioevo, quando si credeva che questi animali dormissero con gli occhi aperti, vigilando così gli ingressi anche nelle ore notturne. Questa convinzione traeva origine da un antico un mito egizio, secondo cui gli Akeru – ovvero i due leoni Sef (ieri) e 23
Duau (oggi), manifestazioni del dio della terra Aker - erano i custodi delle due porte celesti attraverso le quali il Sole passava per sorgere e per tramontare3. Non a caso, il leone era considerato un simbolo solare. L’astro, dopo aver trascorso la notte nel mondo inferiore, usciva, il mattino, dalla porta dell’orizzonte orientale, per poi rientrare, la sera, attraverso quella posizionata sull’orizzonte opposto. I due leoni, posti rispettivamente a guardia dei due ingressi, simboleggiavano perciò il perenne alternarsi del giorno e della notte. Con il passare del tempo, però, furono anche elevati a veri e propri difensori contro le forze del male. Le loro immagini cominciarono a essere collocate negli ingressi dei palazzi, a protezione dei vivi, e dinnanzi alle tombe, a protezione dei morti. 3
Cfr. la pagina internet www.egittologia.net/portals/0/schededuat/AED1 5Aker.pdf. 24
È curioso notare come la scena riprodotta sul portale del Purgatorio sembri espressione proprio di questa concezione. È coerente con quest’interpretazione la tesi che il fiore scolpito sul pilastro destro sia una sorta di girandola solare. Rappresenterebbe il Sole che sorge a oriente, tanto è vero che i suoi “petali” hanno una rotazione est-ovest, secondo la traiettoria seguita dalla nostra stella nel suo apparente percorso diurno. L’assenza del simbolo solare sul pilastro opposto può essere giustificata dal fatto che l’ovest è il luogo del tramonto. L’astro, infatti, non è più visibile. Proprio per questo, come abbiamo visto, lo troviamo inciso nella parte interna del pilastro, in corrispondenza della bocca del leone. A conferma della plausibilità di questa ipotesi c’è da sottolineare che la cappella è orientata in modo tale che i due pilastri
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si trovano esattamente lungo la direttrice est-ovest. Inoltre, la girandola solare, disegnata sul lato destro del campanile, è posizionata in modo da essere illuminata dai primi raggi del Sole sorgente dal monte Calìmmaru, toponimo che deriva chiaramente dal greco “calimèra” e vuol dire “buon giorno”.
L’intera facciata in definitiva sembra realizzare, nell’insieme, una Meridiana, cioè un orologio solare 26
Le costellazioni Nella trama simbolica dipanata sul portale del Purgatorio, l’arco rappresenta dunque la volta celeste percorsa dal Sole. Quella stessa volta che nelle notti limpide e serene ci appare punteggiata da miriadi di stelle di diversa magnitudine. A questo proposito è opportuno ricordare che, sin dalla più remota antichità, gli uomini divisero il cielo in raggruppamenti stellari aventi una forma ben definita. In questo modo le stelle divennero maggiormente riconoscibili sia ai sacerdoti, che poterono compilare più facilmente i loro calendari, sia ai marinai, che furono in grado di orientarsi meglio nella navigazione notturna. Poiché l’operazione di raggruppamento è puramente arbitraria, le forme delle costellazioni e il numero delle stelle che le compongono variano da una cultura all’altra, oltre che da un’epoca all’altra.
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L’attuale catalogo ufficiale, redatto nel 1922/30 dall’Unione Astronomica Internazionale, ne enumera ben 88, della quali 45 già note nell’antichità e classificate nella “vulgata” tolemaica, matrice indiscussa dell’astronomia occidentale. Le più importanti e conosciute sono le costellazioni dello Zodiaco, che si trovano lungo l’eclittica, la regione celeste apparentemente percorsa dal Sole durante l’anno. Chiunque sfogli un moderno manuale di astronomia nota però che la forma delle costellazioni è solo vagamente somigliante agli animali e agli oggetti che si vorrebbero rappresentati, e che spesso è necessaria una buona dose di fantasia per riuscire a coglierne le fattezze4. 4
Le mappe stellari prese in considerazione in questa sede sono tratte dal testo di I RIDPATH e WIL TIRION, Guida delle stelle e dei pianeti. 138 fotografie/42 disegni, Franco Muzio editore, Padova 1984, che mostra la struttura di tutte le costellazioni, segnalandone le stelle più piccole fino alla magnitudine di 5,5 e, in alcuni casi, 28
Se però si collegano quegli stessi astri in modo diverso, ci accorgiamo, non senza sorpresa, che il cielo sembra improvvisamente animarsi di figure straordinariamente simili a quelle impresse sui sei conci del portale del Purgatorio, caratterizzate, per di più, dall’assenza totale di stelle visibili a occhio nudo al loro interno. I conci raffigurano perciò altrettante costellazioni zodiacali che, partendo da sinistra, sono individuabili nel Leone, nell’Ariete, nello Scorpione, nei Pesci, nel Sagittario e nel Cancro-Gemelli.
anche quelle con ancora minore intensità luminosa. 29
Il Leone, Il Leone del primo concio è alato e potrebbe essere perciò un adattamento della figura di un grifone, il mitologico animale con il corpo di leone e con la testa e le ali d’aquila.
Secondo un antico mito5, si tratterebbe del leone Nemeo, ucciso da Èracle nel
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Di alcuni miti greci esistono varie versioni. Nel seguito saranno presi in considerazione quei racconti che trovano maggiore corrispondenza con le figure del Purgatorio. 30
corso della prima delle sue dodici “fatiche”. Ricordiamo che Eracle, Ercole per i romani, fu il più forte e valoroso degli uomini, essendo nato dall’unione tra Zeus-Giove e la bella Alcmena. Per vendicarsi dell’infedeltà del marito, Hera-Giunone non solo tramò affinché il trono di Micene, al quale il piccolo era stato destinato, passasse a Euristeo, ma fece sì che l’eroe finisse al servizio di quest’ultimo. Eracle, infatti, reso pazzo da Hera, uccise la moglie e i figli e, per purificasi dalla colpa, dovette sottoporsi alle prove impostegli proprio da Euristeo, il quale escogitò per lui le imprese più ardue. Eracle, tuttavia, riuscì a superarle tutte e a guadagnare l’immortalità. Nella prima “fatica” combatté, appunto, contro il feroce leone Nemeo, che Hera aveva inviato a devastare l’Argolide.
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La costellazione del Leone per l’astrologia di oggi ha una conformazione decisamente “semplificata”.
Se però si uniscono con continuità le stelle dello stesso settore, il disegno assume “spessore” e la configurazione diventa assai simile a quella del rispettivo concio dell’arco. Infatti la sua immagine si può ricostruire sulla volta celeste, unendo le stelle oggi appartenenti al Leone, al Leone Minore, alla Vergine, al Sestante e all’Idra.
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È sufficiente dare contrasto all’interno del disegno perché compaia un segno più verosimile, e soprattutto praticamente sovrapponibile a quello del concio.
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Cancro e Gemelli Eracle nella seconda “fatica” dovette affrontare l’Idra di Lerna, un mostro dal corpo di cane e dalle innumerevoli teste. Anche in questa occasione Hera tentò di ostacolarlo. La terribile moglie di Zeus, infatti, si servì di un Cancro, ossia di un granchio, al quale affidò il compito di mordere Eracle nel corso del combattimento. Il crostaceo però finì miseramente schiacciato dal piede del figlio di Alcmena. A titolo consolatorio, la dea ottenne dal marito che il Leone e il Cancro fossero collocati in cielo. Non è pertanto un caso che i due animali compaiono insieme nel sesto concio, seguiti da un secondo leone, di cui è visibile la sola parte anteriore del 34
corpo e le cui fattezze sono comunque assai simili al primo, tale da sembrare un suo “gemello”. Il disegno rappresenta quindi il segno dei Gemelli, con in mezzo un Cancro. Anch’esso è riproducibile sulla volta celeste. Anche questa volta bisogna partire dalle moderne rappresentazioni zodiacali, che prevedono, nell’ordine, Leone, Cancro e Gemelli.
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Adattando al nuovo raggruppamento la figura del Leone ottenuto in precedenza e continuando a unire le stelle alla sua destra, compare l’immagine del Cancro. Il disegno si sviluppa tra le odierne costellazioni del Leone, del Leone Minore, della Lince, del Cancro, dell’Idra, del Cane Minore e dei Gemelli. Se poi si considerano altre stelle dei Gemelli, dell’Auriga, del Cane Minore, dell’Unicorno e di Orione, si ottiene l’immagine del secondo leone, il “gemello”. L’immagine è ottenuta, anche qui, collegando tra loro tutte le stelle effettivamente visibili.
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E anche questa volta la linea è continua e collega tutte le stelle, nessuna esclusa.
Dal suo negativo passiamo di nuovo alla sua raffigurazione sul concio.
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Questa volta però l’analogia non è immediata, probabilmente a causa di un errore…. tipografico, simile a quello che per noi oggi è provocato dal copia-eincolla di un qualunque programma di video-scrittura. In effetti nella pratica corrente l’ideatore delle immagini non è necessariamente lo stesso artigiano scalpellino. Anzi, il più delle volte quest’ultimo è soltanto un esecutore, e può anche non conoscere affatto il significato delle immagini che gli viene chiesto di riprodurre. L’immagine viene comunque riportata su di una tavoletta, e su questa il perimetro del disegno viene bucherellato con piccoli fori successivi. La tavoletta è poi appoggiata sulla faccia del concio in pietra e viene spruzzata una vernice che attraverso i forellini lascia sul concio stesso il contorno dell’immagine.
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Basta seguirlo con lo scalpello per riprodurre l’immagine sulla pietra. Ma se per avventura si capovolge la tavoletta, lo scalpellino può non accorgersi dell’errore e riproduce un’immagine che è speculare rispetto a quella originale. Nella figura del sesto concio, probabilmente, è accaduto proprio questo.
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Infatti, è sufficiente “specchiare” opportunamente il concio per annullare l’errore e ottenere un’immagine di nuovo decisamente simile al negativo che è derivato dalle stelle. Ristabilito l’orientamento esatto, il nuovo confronto rivela anche questa volta una congruenza convincente.
Nell’insieme si riconoscono il Leone, il Cancro e di nuovo il Leone, a simboleggiare i Gemelli, nella consueta 40
successione dei segni, che è esattamente quella determinata dallo Zodiaco.
Lo Scorpione Eracle non fu l’unico eroe inviso a Hera. Anche il bellissimo e valente cacciatore Orione, molto amato dalla dea della caccia Artemide - Diana, fu vittima della moglie di Zeus, che ne provocò la morte facendolo pungere da uno Scorpione. Entrambe le dee chiesero che i loro protetti fossero posti tra le stelle. Zeus le accontentò, ma accanto allo Scorpione collocò il Sagittario, con l’ordine di uccidere l’animale nel caso in cui avesse tentato di usare nuovamente il suo velenoso pungiglione contro il valoroso cacciatore. La costellazione dello Scorpione è riprodotta nel terzo concio.
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Come al solito, la conformazione “ufficiale” della costellazione appare molto confusa, ed è difficile attribuire all’insieme una pur vaga rassomiglianza al segno zodiacale. Ma anche qui basta unire con continuità le stelle della Bilancia, della
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Vergine, del Serpente, dell’Idra, dello Scorpione, di Ofiuco, del Sagittario e dello Scudo, per ottenere un’immagine che si avvicina a quella del rispettivo concio dell’arco.
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L’enorme figura ingloba dunque anche le stelle della Bilancia, così come avveniva presso i greci e fino al tempo dei romani, i quali, rifacendosi alla tradizione mesopotamica ed egizia, provvidero a separare i due segni. Ciò vuol dire che lo zodiaco di riferimento dello scultore del Purgatorio era composto da undici segni.
Il Sagittario Un particolare interessante, presente nel terzo concio, è che in direzione della coda dello Scorpione, sede del mortale pungiglione, s’intravede la punta della freccia che il Sagittario gli rivolge contro per adempiere all’ordine ricevuto da Zeus. La freccia è pienamente visibile nel quinto concio, dedicato al Sagittario, dove compare, insieme con l’arco, tra le zampe anteriori di un quadrupede, dietro al quale è impresso il “fiore della vita”.
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L’arco con la freccia si configura tra le attuali costellazioni del Sagittario, dello Scorpione, della Corona australe e del Telescopio. mentre il fiore della vita in quelle del Lupo e del Centauro.
Il quadrupede si distende invece tra lo Scorpione, il Telescopio, la Squadra e l’Altare, fino a raggiungere l’estremità meridionale del Centauro, della Croce del Sud, della Mosca, del Camaleonte, del Pavone, dell’Uccello del Paradiso e addirittura, sia pure marginalmente, dell’Ottante.
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La consueta operazione consente prima la realizzazione di un’immagine corrispondente a quella impressa sul concio.
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Solito riempimento e solita conferma della verosimiglianza con il relativo concio dell’arco.
L’Ariete Il secondo concio riproduce la costellazione dell’Ariete, l’animale alato dal vello d’oro che salvò Frisso ed Elle, figli di Nefele, da una cospirazione ordita dalla loro matrigna Ino, la quale voleva offrirli in sacrificio per scongiurare una carestia da lei stessa provocata.
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Purtroppo, la sorte si accanì contro Elle, che cadde dalla groppa dell’animale durante il sorvolo dello stretto dei Dardanelli, un tratto di mare che in suo ricordo fu chiamato Ellesponto, cioè mare di Elle. Frisso, invece, fu portato in salvo nella Colchide, l’odierna Georgia, dove sacrificò l’Ariete a Zeus e ne inchiodò il vello d’oro ad una quercia. Il suo recupero sarà il frutto delle gesta degli Argonauti, capeggiati da Giàsone. Nefele volle ricordare il sacrificio dell’Ariete ottenendo da Zeus che la sua immagine fosse posta in cielo, ma, poiché l’animale era stato scuoiato, la costellazione risultò poco luminosa. L’immagine zodiacale dell’Ariete appare oggi essenziale e poco riconoscibile, al contrario di quella del Purgatorio che, oltre all’attuale costellazione dell’Ariete, comprende alcune stelle della Balena, del Toro, di Perseo e del Triangolo.
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Dopo la consueta operazione collegamento delle stelle‌.
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di
‌ appare di nuovo simile al concio, con gusto e grafica medievale,
naturalmente.
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I Pesci Nelle immediate vicinanze dell’Ariete è la costellazione dei Pesci. L’immagine, riprodotta nel quarto concio, nonostante sia abbastanza degradata, richiama alla mente il mito di Afrodite-Venere ed Eros-Cupido. Nel corso della guerra contro gli dei, i Titani misero in campo il terribile mostro Tefeo, figlio di Gea (la Madre Terra) e di Tartaro (il dio dell’oltretomba). Per sfuggire alla sua furia devastatrice, Afrodite e il figlio Eros si tramutarono in pesci e si congiunsero per la coda, in modo da rimanere uniti nel corso di quell’avventura.
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La corrispondente immagine stellare si ottiene unendo alcune stelle oggi appartenenti ai Pesci, all’Ariete, alla Balena, ad Andromeda e a Pegaso.
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Il Capricorno L’idea di compiere questa metamorfosi era venuta dal dio della campagna Pan, noto per il suo aspetto caprino. Pan stesso si tuffò nel fiume Eufrate e, per nuotare meglio, trasformò la parte posteriore del corpo in pesce, dando così origine al Capricorno: un essere con la coda di pesce e con la testa, il busto e le zampe anteriori di capra. Solo Zeus decise di affrontare Tefeo, ma ebbe la peggio, perché il mostro riuscì a recidergli gli arti, i cui tendini affidò alla custodia della sorella Delfine. A salvare il capo degli dei intervenne Pan, terrorizzando la donna con un terribile urlo (da Pan deriva il termine “panico”), mentre Ermes-Mercurio le sottraeva i tendini per riattaccarli alle membra di Zeus. Questi poté riprendere vittoriosamente la lotta e, per sdebitarsi con Pan, ne collocò l’immagine in cielo. Sembra che anche lo scultore del Purgatorio avesse voluto rendergli 53
omaggio, mimetizzandolo nel capitello sinistro, accanto al quadrifoglio, con le corna rivolte verso l’esterno e con la coda che fa da cornice alla curvatura a ferro di cavallo della pietra.
Anche in questo caso l’ immagine stellare è diversa da quella adottata dal moderno Zodiaco
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Il capricorno è a ridosso del Sagittario
e dello Scorpione, con i quali condivide in parte lo spazio
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Opportunamente ruotata, l’immagine è sovrapponibile al simbolo scolpito sul capitello.
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L’esatto ordine dei conci e l’ambiente in cui furono realizzati Il segno del Capricorno, fissato sul capitello sinistro, che può essere preso come riferimento per ordinare le altre costellazioni rappresentate nell’arco. Infatti, ricordando che l’elencazione dei dodici segni zodiacali incomincia convenzionalmente con l’Ariete, l’esatto ordine di enumerazione dei conci del Purgatorio, partendo da sinistra e quindi dal Capricorno, viene a essere il seguente: Sagittario, Scorpione, Leone, CancroGemelli, Ariete e Pesci, con quest’ultimo blocco poggiato sul capitello destro. E che la disposizione originaria dei conci fosse proprio quella appena enunciata, sembra confermarlo il fatto stesso che i due pilastri, soprattutto il destro, presentano i tipici segni provocati dall’uso di una leva. Chiaro indizio, questo, che il portale è stato rimosso da una precedente sede e
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forse rimontato in modo alquanto casuale sulla facciata della cappella tortorese. L’epoca nella quale fu scolpito e gli influssi dell’arte araba e bizantina in esso presenti fanno supporre che il portale sia stato realizzato in ambiente colto e iniziatico, forse templare. La stessa tradizione locale ricorda che un gruppo di crociati avrebbe edificato la chiesa di «S. Mariae cum hospitali» di Scalea6, località limitrofa a Tortora, che figura negli itinerari medioevali quale tappa lungo la strada costiera tirrenica che conduceva a Reggio Calabria, punto d’imbarco per la Terra Santa7. 6
G. CELICO, Scalea tra duchi e principi mercanti filosofi e santi, Soneria Mannelli 2000, pp. 15-17. Tra il 1130 e il 1137 la «Ecclesia S. Mariae cum hospitali» di Scalea fu donata dall’antipapa Anacleto II all’Abbazia benedettina della SS. Trinità di Cava dei Tirreni. La donazione fu riconfermata nel 1149 da papa Eugenio III. 7 Che Scalea si trovasse lungo tale itinerario sembra emergere indirettamente «anche da notazioni su alcuni siti costieri contenuti in una “guida” del XII secolo incorporata da Ruggiero 58
E come si sa, uno dei compiti affidati ai Cavalieri del Tempio era proprio quello di proteggere i pellegrini in visita al Santo Sepolcro. Anche Santa Caterina d’Alessandria, alla quale fu originariamente intitolata la cappella del Purgatorio, era molto venerata dai Templari, così come a loro potrebbero essere riferibili alcuni dei simboli presenti sulla facciata, quali la croce infissa sulla sfera che sovrasta il campanile, la croce disegnata sul retro dell’abside, i segnacoli dipinti sugli architravi delle finestre della facciata, nonché il quadrifoglio e la curvatura a
di Hoveden nella sua relazione cronachistica sui viaggi dei re d’Inghilterra e di Francia per e dalla terra Santa del 1090-91. […] La miscellanea di varietà di cose ritenute degne di osservazione è notevole: pesci volanti in mare, una bella stanza sotterranea a Scalea, dove Lucano era solito studiare…» (Tratto da D. MATTHEW, I Normanni in Italia, Editori La Terza 1997, pp. 133-134). 59
ferro di cavallo che compaiono in entrambi i capitelli8.
La disposizione attuale deiconci conci La disposizione attuale dei
L’esatta disposizione dei conci e il verso di lettura del portale
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Sui simboli impressi su chiese e monumenti templari cfr. A. GIACOMINI, Il libro dei segni sulle pietre, Carmagnola, 2001. 60
L’Acquario Un ulteriore campo di indagine riguarda la possibilità di ricostruire l’immagine dei segni zodiacali non rappresentati sul portale. A tale proposito è interessante rilevare che nello spazio stellare esistente tra due dei segni zodiacali del Purgatorio, i Pesci e il Capricorno, si può riprodurre l’immagine di una figura in volo. Questa ha in mano un vaso dal quale versa acqua, o miele, e si presenta perciò con le tipiche caratteristiche attribuite dalla tradizione antica al giovane Ganimede, usualmente preso a simbolo dell’Acquario. Pur non trovando riscontro in alcuna scultura del Purgatorio, è tuttavia assai significativo che la figura ottenuta si incastri perfettamente tra le immagini stellari del Capricorno e dei Pesci. Si pone così in quella che è la posizione comunemente attribuita all’Acquario e contribuisce a realizzare un continuum di disegni che si snoda, 61
praticamente senza soluzione di continuità , dall’Ariete fino allo Scorpione.
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Le stelle sparse al di sotto dell’orlo della brocca sono ‌. le gocce di acqua che fuoriescono ?
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Interrogativi ancora aperti A conclusione restano ancora alcune domande aperte. La prima riguarda il motivo per il quale non tutti i segni dello zodiaco sono rappresentati sul portale della cappella tortorese. Oltre alla costellazione della Bilancia, che però, come s’è detto, è inglobata nello Scorpione, mancano infatti le figure del Toro, della Vergine e dell’Acquario. La loro esclusione potrebbe essere dovuta al fatto che lo scultore, sulla base della diversa estensione delle costellazioni zodiacali del Purgatorio rispetto a quelle attualmente in uso, volle forse riprodurre solo i segni riferiti ai cambi di stagione, senza escludere che il suo intento fosse quello di rappresentare il fenomeno della precessione degli equinozi. Una seconda domanda attiene alla cultura di riferimento delle figure
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rappresentate, che potrebbe essere molto antica. È infatti poco plausibile che le immagini siano state create sulla scorta di miti già noti da decine di secoli. La complessità delle figure, realizzate unendo centinaia di stelle contigue, a volte assai difficilmente visibili a occhio nudo, induce invece a credere che sia avvenuto l’esatto contrario, e cioè che i miti siano stati plasmati su pregresse immagini stellari. In tal caso, però, l’origine delle figure del Purgatorio andrebbe retrodatata di alcuni millenni e sorgerebbe un ulteriore interrogativo riguardo alle conoscenze stellari dei loro realizzatori. Si tratta naturalmente di ipotesi che vanno approfondite, così come vanno verificati l’effettivo significato da dare all’iscrizione che compare sul campanile e la possibile presenza di una meridiana nella parte superiore della facciata, con lo gnomone infisso sul campanile e con le ore segnate sui vari fregi che la adornano.
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Un particolarissimo orologio solare, quindi, costituito dalla facciata nel suo insieme Anche le proporzioni dell’edificio e l’asimmetrico posizionamento delle finestre potrebbero avere un significato ben preciso, ancora da scoprire. Un chiarimento su questi punti potrebbe essere utile in vista dell’imminente conclusione dei lavori di consolidamento che hanno interessato la cappella, in seguito ai ripetuti terremoti degli ultimi decenni.
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APPENDICE La ricerca appena presentata riprende, in parte, quella consultabile nella pagina degli ospiti del sito internet www.archaeoastronomy.it. Il sito è gestito dagli archeoastronomi Henri De Santis e Mario Codebò9 che, dopo averle verificate, hanno acconsentito a pubblicare le immagini del Leone, dell’Ariete, dei Pesci, dello Scorpione e della freccia del Sagittario.
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In questa sede non si tiene conto dell’articolo Lo “zodiaco” della cappella del Purgatorio di Tortora, apparso sul primo numero della rivista «Esperide», I semestre (gennaio-giugno) 2008, pp. 4-19, che per un equivoco della redazione uscì inspiegabilmente a firma congiunta con Monica De Marco e il cui contenuto risultò assai diverso, nel testo e nelle immagini, da quello inviato dallo scrivente, venuto a conoscenza dell’uscita del giornale per puro caso, senza peraltro aver avuto la possibilità di correggere le bozze. 67
La ricerca è stata poi trasmessa in visione ad alcuni importanti esperti del settore. Alcuni, come Graham Hancock e Roberto Volterri si sono dimostrati interessati all’ipotesi prospettata10, mentre altri l’hanno considerata priva di fondamento. È il caso del dottor Elio Antonello11 e del professor Giulio Magli12, i quali 10
Messaggio di posta elettronica inviato da Graham Hancock: «Dear Biagio, Thank you for your mail. Your discovery looks extremely interesting but I am unable to comment in detail because I cannot read Italian. Is your text available in English by any chance?? Warm best wishes. Graham». Purtroppo non è stato possibile inviare la versione inglese del testo al famoso giornalista e ricercatore. 11 Messaggio di posta elettronica ricevuto dal dottor Elio Antonello: «Egr. Sig. Moliterni, ho letto il suo lavoro sulla cappella delle anime del Purgatorio. La sua interpretazione in termini di raggruppamenti di stelle e' debole perché, come lei stesso nota, prende in considerazione stelle di luminosità molto bassa. È facile connettere con linee le stelle (più bassa è la luminosità limite, e più stelle ci sono) e creare figure a 68
basano il loro giudizio negativo essenzialmente sul fatto che, scegliendo proprio piacere; in altre parole, per riprodurre profili che “somigliano” più o meno a quanto scolpito basta scegliere di connettere opportunamente punti in un modo piuttosto che in un altro. Questo problema di metodo è molto comune, e rende poco credibili molti lavori di persone che si interessano di archeoastronomia, lavori che si basano sull'associazione fatta a occhio di asterismi con profili dipinti o scolpiti dall'uomo. Ciò detto, anche se considero poco credibile la sua ricostruzione con mappe celesti, ritengo comunque interessante il suo sforzo di interpretare le figure mitologiche della cappella, e la invito ad approfondire tale studio. Cordialmente. Dr. Elio Antonello». 12 Messaggio di posta elettronica inviato dal prof. Giulio Magli: «Caro Biagio, La ringrazio del materiale che mi ha mandato. Il monumento è interessante e senz'altro da salvaguardare; per quanto riguarda l'individuazione delle costellazioni, capisco il suo entusiasmo ma è sempre possibile “mappare” nel cielo una mappa o un disegno pur di scegliere stelle opportune. Tenderei dunque, in mancanza di altri riscontri, ad attribuire i disegni alla fantasia dell’artista che li ha realizzati. Cordialmente. G. Magli».
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le stelle a proprio piacimento, sarebbe possibile creare qualsiasi figura sulla volta celeste. A questa contestazione si può tuttavia obiettare che le immagini dei segni zodiacali mostrate in precedenza, oltre a somigliare in modo impressionante a quelle scolpite sul portale del Purgatorio, presentano due caratteristiche assai peculiari. La prima è che ogni segno può essere riprodotto esclusivamente nella relativa costellazione di riferimento, sia pure, a volte, con invasioni negli spazi delle costellazioni contigue. La seconda, ancora più distintiva, è che le figure sono vuote al loro interno, ossia sono prive di stelle non visibili ad occhio nudo, fatto che rende praticamente impossibile la realizzazione di un falso. In questa sede si è deciso di pubblicarne le rimanenti figure, che completano la serie dei conci del portale. Si tratta di immagini che, pur prive di avallo scientifico, consentono però la 70
visione di un continuum di disegni che si snoda, praticamente senza alcuna soluzione di continuità, dall’Ariete fino allo Scorpione. Ciò può significare che l’intera fascia dell’eclittica era stata decorata con le undici figure dello zodiaco, come sembra confermare la realizzazione dell’immagine dell’Acquario proposta in precedenza. Non va perciò esclusa la possibilità di ottenere anche i lineamenti degli altri due segni non presenti sul portale, vale a dire il Toro e la Vergine. Così come potrebbe essere possibile la riproduzione di immagini raffiguranti alcune costellazioni poste al di fuori dell’eclittica Anche quella parte di cielo, infatti, sembra essere nota ai creatori dello Zodiaco del Purgatorio, i quali, come s’è visto, potrebbero averla utilizzata per delineare la figura del Sagittario13. 13
Chi volesse contribuire a svelare ulteriormente i misteri tuttora nascosti di questo 71
insolito e finora sconosciuto luogo di culto della Calabria settentrionale di ponente possono scrivere al mio indirizzo di posta elettronica biagio67@interfree.it. Per il momento il mio sentito ringraziamento va a quanti hanno collaborato in vario modo alla ricerca, in particolare a Fedele Candia, a Mario Riente, a Pino Gabriele, a Giovanni Moscara, a Carlo Perretti, a Roberto Volterri, a don Giovanni Mazzillo e a Giovanni Celico, nonché all’amico Pippo Di Fazio che ha voluto e curato la presente pubblicazione per il Gal Allba. Uno speciale ringraziamento va all’archeo astronomo Henry De Santis, sia per aver ospitato questo scritto nel sito internet www.archaeoastronomy.it che gestisce insieme con il collega Mario Codebò, sia per i suoi preziosi suggerimenti che mi hanno permesso di migliorare la prima versione del testo, apparsa, con il titolo : La Cappella delle Anime del Purgatorio di Tortora, nel volume Luoghi di culto e di mistero, Grafiche Zaccara 2003, pp. 115-174, scritto insieme con Giovanni Celico, che in quella occasione si era invece occupato de “Il Santuario rupestre della Madonna della Grotta di Praia a Mare”, pp. 7114.
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Tutte le costellazioni scolpite nell’arco del portale rappresentano quelle dello zodiaco, che si trovano lungo l’eclittica, la regione celeste apparentemente percorsa dal Sole durante l’anno. La loro posizione reciproca corrisponde alla sequenza che si riporta, perfettamente congruente con le risultanze della ricerca.
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