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IN QUESTO NUMERO
Nella ristorazione italiana (e internazionale) e soprattutto in pizzeria, il pomodoro svolge un ruolo molto importante... continua a pag. 34
SOMMARIO 6 EDITORIALE
8 PRIMA PAGINA
22
10 BACHECA
IL RISTORANTE DEL MESE
di Giampiero Rorato a cura di Patrizio Carrer
a cura di Patrizio Carrer
12 SPECIALE APP
— Il ristorante "Cielo" a Ostuni di Giampiero Rorato
— App: una questione di orientamento di Manuel Rigo e Paola Dus
14 MADE IN ITALY
34 SPECIALE — Il pomodoro
— L'agroalimentare italiano è in assoluto il migliore di Giampiero Rorato
di Gianandrea Rorato
— Parliamo di pomodoro di Patrizio Carrer
42 IL PIZZAIOLO DEL MESE — Paolo Priore di Caterina Orlandi
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46 LA STORIA DEL PANE
82 IL BAR
§ 12 —Il pane nella Bibbia
— Il Wisky
di Giampiero Rorato
di Gianandrea Rorato
116 SCADENZIARIO FISCALE
52 IL DOLCE
88 QUESTIONE DI GUSTO
a cura di C.O.
— A proposito di inquinamento acustico nei grill delle autostrade
118 NOVITÀ DALLE AZIENDE
— Dolci baci di olio passione alla menta e cioccolato di Giovanna Allegra
di Nives Piva
114 LE FIERE
— Arthemia — Zanolli
92 RISTORAZIONE: CRISI ED EVOLUZIONE — Nuove proposte in ristorazione di Luigi Russolo
58 SCUOLA DI PANIFICAZIONE
— Il lievito di pasta acida naturale contiene il lievito industriale? di Simona Lauri
66 CAMPIONATO DEL MONDO
— Primo classificato pizza classica di Caterina Orlandi
98 SCIENZA
DELL’ALIMENTAZIONE
— La sindrome metabolica Dott.ssa Marisa Cammarano, Biologa Nutrizionista
SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI
— Tutti i corsi per neo pizzaioli in Italia e all’estero.
104 IL CAMPIONATO EUROPEO DELLA PIZZA
— A Roma per la 15a edizione
69 NOVITÀ DALLE AZIENDE — Italforni — Molino dalla Giovanna
72 IL VINO
108
— Pigato metodo classico in cave? No. in grotta
GIROPIZZA
di Virgilio Pronzati
— Ripartiamo alla grande
78 L'ANGOLO DEL VINO — Cannonau di Sardegna Doc Riserva 2008 — Montefalco Sagrantino Docg 2008 — Orcia Rosso Doc 2008
126 –130
ENGLISH TEXT 120
–124 NEW!
— All texts with the blue asterisk are translated into english in the abstract start from page 106.
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pizza e pasta italiana
Editoriale
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lessere generale. Le persone i lasciamo alle illuminate, ma lo stesso buon spalle un’estate senso ci dicono che possiache ha obbligato mo competere alla pari con anche noi a rii grandi Paesi se diventiamo flettere seriamente sulla un grande Paese. Se diventiasituazione dell’economia mo un’Europa politicamente italiana, europea e monforte, unita e guidata da leadiale e sta emergendo ders autorevoli e stimati. Se il sempre più in tutti, andi Giampiero Rorato Parlamento Europeo diventa che nella gente comune, la consapevolezza che i problemi dell’e- il vero Parlamento di tutti gli europei ed emaconomia, delle banche, della produzione na leggi valide per tutta l’Unione Europea. Se industriale, dell’import-export, dell’arti- avremo un forte Governo europeo con un’ugianato, del commercio, del turismo, del- nica politica economica e fiscale, un’unica lo sviluppo culturale e della ricerca non politica estera, un unico esercito. Credere dipendono più, in esclusiva, dai singoli nell’Europa non significa solo sventolare la Paesi ma da realtà più vaste. I nostri pic- bandiera azzurra con le dodici stelle d’oro, coli Paesi europei hanno di fronte colossi ma, pur nella doverosa salvaguardia delle come gli USA, il Brasile, la Cina, l’India, gi- identità nazionali e locali, operare concretaganti dell’economia che decidono le linee mente per una progressiva e solida unione dello sviluppo economico e quindi delle politica ed economica dei popoli europei, cenuove tendenze anche culturali e scien- dendo anche quanto serve di sovranità, unico tifiche, secondo i loro interessi e le loro modo per tornare a essere protagonisti veri convenienze. E l’Italia? Abbiamo ormai della nostra storia e continuatori della nostra tutti compreso che fare da soli, ritenendo civiltà. Ed occorre fare presto, perché altre di essere autosufficienti, significa esse- scelte non esistono. re emarginati, anche economicamente, accrescendo le situazioni di crisi e il ma- — www.giampierororato.blogspot.com
PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXIII - n. 8 Settembre 2012 Spedizione in abbonamento postale - 45% D.C.I. PD - Tassa pagata / Taxe-perçue DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ Manuela Pelosin, Patrizio Carrer RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it
Progetto Grafico Manuel Rigo e Paola Dus —Mediagraf Lab In copertina illustrazione di Enrico Salvador Foto crediti ecc. Stampa MEDIAGRAF spa Noventa (Pd) Comitato tecnico e redazionale Maurice Abboudi (Gran Bretagna), Giovanna Allegra, Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Dino Ciccone (U.S.A.), Elsa Emanuela Cugola, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), Emilio Giacometti, Vinciane Giangiulio, Sari Innanen (Finlandia), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Gianluca Rorato, Evelyne Slomon, Evandro Taddei, Federica Zanata. Affiliazioni internazionali Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.) Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao
Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Sara Cipolletti (Buongiorno Italia) ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia – TEL 0421.83148 - FAX 0421.81007
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PRIMA PAGINA a cura di Patrizio Carrer
Apre a Roma EATALY
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ell’ex area dell’air Terminal di Roma, ha aperto Eataly, la nuova cittadella del gusto dedicata alle eccellenze del cibo nostrano. L’area che ricopre un territorio di 17mila metri quadri si pone come principale punto di riferimento per l’enogastronomia: i numeri sono da record, un’area congressi con più di 500 posti, dedicata agli incontri enogastronomici. I punti vendita sono aperti da apposite aree tematiche che raccontano il prodotto in vendita, un’idea per sensibilizzare ed “educare” i clienti all’acquisto e impreziosire ulteriormente il valore del vino, del pesce, della pasta e delle oltre 40 aree disseminate sui 4 piani di Eataly. I ristoranti tematici sono 19 e toccano specialità dolci e salate, dalla pizza al cioccolato, dalla pasta al pesce, il tavolo dei 10 fortunati è invece uno showcooking, riservato a cene, il cui incasso verrà devoluti in beneficenza. Infine il ristorante Italia, vera e propria galleria di arte e cucina che, oltre ad un menù curatissimo di 20 piatti (uno per regione d’Italia), espone 3 opere del maestro Modigliani.
Arrivano i tricolori, la linea di pomodori di Selezione Casillo
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asce la nuova linea di pomodori pelati e polpa di pomodoro firmati Selezione Casillo, i “Tricolori”, destinati al settore delle pizzerie, della panificazione e del food service. Oltre all’ampia gamma di sfarinati, da oggi gli operatori del settore, che intendono garantire qualità e gusto alle proprie produzioni, potranno avvalersi del valore aggiunto offerto dalla sicurezza alimentare e dal sapore dei pomodori Selezione Casillo. I “Tricolori” si propongono quindi come componenti essenziali per assicurare alla pizza genuinità e gusto e per mantenere il legame con i sapori del nostro Paese. In questo contesto “globalizzato”, oggi si avverte particolarmente la necessità di garantire il Made in Italy, alla fine di scongiurare possibili alterazioni alla qualità delle produzioni: a questa esigenza risponde la linea “Tricolori” di Selezione Casillo, la cui materia prima è costituita da pomodori freschi prodotti in Puglia e lavorati da aziende del settore leader a livello nazionale, con qualità certificata Made in Italy.
Sisma Emilia, esauriti gli acquisti solidali
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ono andati esauriti la maggior parte dei prodotti messi in vendita dalle aziende agricole colpite dal terremoto che hanno partecipato a Bologna al primo mercato di Campagna Amica a loro dedicato dalla Coldiretti. Una dimostrazione concreta di solidarietà per aiutare la ripresa di un territorio dove si produce quasi il 10 per cento dell’agricoltura italiana e dal quale partono
verso l’Italia ed il resto del mondo le piu’ prestigiose produzioni agroalimentari nazionali, dal Parmigiano Reggiano all’aceto balsamico di Modena, dal prosciutto di Parma fino al Lambrusco. Non mancano tuttavia le difficoltà denunciate da molte aziende a cominciare dalla necessità di semplificare le norme urbanistiche di riparazione e di ricostruzione degli edifici rurali. L’intenzione degli imprenditori di riavviare al più presto l ‘attività viene anche limitata dalla difficoltà di ottenere finanziamenti, a causa dell’attuale congiuntura economica. (Fonte Coldiretti)
Seminario: l'arte bianca gastronomica
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Chianciano terme dal 16 al 17 ottobre 2012 presso il Pala Montepaschi si terrà il seminario di approfondimento su “ L’ Arte Bianca Gastronomica” della Pizza indirizzato agli Operatori Professionali della durata di 5 ore. Il programma inizierà alle 14.00 con insegnamenti teorici, come l’approfondimento su cereali, qualità delle farine e il W, lievito e la lievitazione, gli altri ingredienti dell’impasto e insegnamenti pratici, come dimostrazione dell’impasto a breve lievitazione con degustazione. Alla fine della giornata verrà consegnato un attestato di partecipazione. Per partecipare all’evento è necessario inviare una mail entro il 10 ottobre a: artebiancagastronomica@gmail.com
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pizza e pasta italiana
LA NOSTRA BACHECA a cura di Patrizio Carrer
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Monvin Il vino alla spina di qualità, il nuovo brand interamente dedicato a questa linea. Il consumatore potrà così associare Monvin al migliore vino sfuso, mentre Montelvini rimanderà immediatamente alle bottiglie. Un nuovo marchio più eco friendly: il vino alla spina implica meno consumi di tappi, capsule e cartoni e quindi meno dispersione ambientale.
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Pelè si inventa pizzaiolo
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I Pizza Nasce I Pizza, dal web una nuova opportunità di business per le pizzerie: con un click sarà possible conoscere quali sono i locali più convenienti in ogni luogo d’Italia. I Pizza è un app gratuita scaricabile da Apple Store e Android. Un’opportunità in più per le pizzerie che potranno farsi conoscere e valorizzare la propria offerta. I Pizza è disponibile sul sito www.lifebettercompany.com
Il più famoso e celebrato calciatore del Mondo alle prese con ordini e servizio d’asporto, mentre telecamere e giornalisti lo inseguono per le vie della città. Non sono gli effetti della crisi, ma un’iniziativa pubblicitaria del club calcistico Santos, - squadra di cui O Rei è stato bandiera-. I panni di pizzaiolo sembrano piacere al Campione che, sulla pizza appena servita afferma “L’ho fatta io ed è buonissima…”
Crisi:
spending review La spending review taglia il valore dei buoni pasto per la pubblica amministrazione di 2 euro, una soluzione che non piace a molti, compresa a Fipe – Confcommercio. “Ridurre da 7 a 5,29 euro il valore dei buoni pasto significa contrarre i consumi e penalizzare le famiglie […] La fiducia dei consumatori è ai minimi storici, e questo taglio non aiuta ad aumentarla.” Dice Stoppani, Presidente della Federazione Pubblici Esercizi.
Panitaly Panitaly, marchio di Délifrance Italia, punta a diventare leader nel mercato dell’horeca entro il 2015. L'offerta Panitaly si articola su una pluralità di linee: Ciabatta, in varie versioni, Grilly, pretagliato, Tartaruga, per panini classici, Morby, al latte. Molta attenzione al packaging, per valorizzare al meglio un'offerta, quella dei panini al bar, non sempre ben presentata.
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pizza e pasta italiana
Cambiare il punto di vista con il quale osservate la rivista vi introdurrà ad un nuovo mondo di contenuti multimediali aggiuntivi.
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App: Una questione di orientamento di Manuel Rigo e Paola Dus
Orientamento verticale Naviga normalmente tra le pagine della rivista
Rotazione di 90° Ove segnalato, per ottenere maggiori informazioni su ciò che state visualizzando.
Orientamento orizzontale vi darà accesso ai contenuti multimediali aggiuntivi.
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l giorno d’oggi quasi non esiste rivista che si rispetti che non abbia una declinazione digitale per tablet, ma quello di cui certamente vi sarete accorti è che leggere un’intera rivista su schermo non è proprio la stessa cosa che sfogliarla dal vivo e toccarla con mano; ecco perchè lo scopo di uno strumento digitale che permette di sfogliare una pubblicazione pur non avendo tra le mani la carta deve essere ben più ampio di una semplice trasposizione. Le parole chiave per le nuove riviste digitali sono: usabilità, multimedialità, interattività; fondamenti che noi teniamo ben in considerazione per comprendere il vero senso di queste tecnologie e sviluppare strumenti pienamente efficaci. Per tutti i motivi sopra citati non aspettatevi quindi una banale app con la classica rivista “sfogliabile” bensì un sistema innovativo pensato ad hoc per sfruttare appieno le potezialità che offrono i devices moderni e che si articola in due passaggi molto semplici:
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Tablet in verticale: In questa modalità si potrà consultare la rivista pagina per pagina, questo consente di avere i testi della pagina a dimensioni sufficientemente grandi da garantire una buona lettura anche senza zoom
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Tablet in orizzontale: La rotazione del dispositivo di 90° vi permetterà, dove consentito, di accedere ad una pagina contenente contenuti multimediali aggiuntivi quali photogallery, video, indirizzi, schede tecniche e molto altro.
Basterà riportare l’ipad in verticale per tornare normalmente alla navigazione della rivista.
e non solo:
What’s next? Altre grandi novità sono in arrivo! Controlla di frequente app e webapp per rimanere aggiornato.
Molti altri pulsanti vi consentiranno inoltre di accedere ad un elenco dei contenuti laterale, piuttosto che ad un indicizzazione delle miniature della varie pagine (vd. immagine sopra) per darvi in qualsiasi momento l’idea di dove vi trovate all’interno della pubblicazione. Pizza e Pasta Italiana dimostra di essere ancora una volta orientata al futuro facendo continui passi avanti nella ridefinizione di una rivista che, sia nel suo lato cartaceo tradizionale sia in quello dei nuovi media digitali, riscuote sempre più successi e si prepara a stupirvi nuovamente con le nuove features introdotte.
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L’agroalimentare italiano è in assoluto il migliore Il suo impiego va privilegiato poiché esalta e valorizza la ristorazione italiana in patria e nel mondo MADE IN ITALY di Giampiero Rorato
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on c’è dubbio che i prodotti agroalimentari italiani sono i migliori a disposizione della cucina e la ristorazione italiana, se vuole essere di seria e autentica qualità, può ricorrere a buoni prodotti esteri solo se non trova quelli italiani di qualità. Non è un ragionamento sciovinista, essendo ben nota l’altissima eccellenza delle produzioni italiane come il pane, la pasta, la pizza e i dolci prodotti con farine italiane, il riso nelle sue diverse varietà, le carni ben allevate, il pesce dei nostri mari e dei moderni allevamenti, la grande varietà di frutta, ortaggi ed erbe aromatiche prodotti dall’Alto Adige alla Sicilia e alla Sardegna, l’olio extravergine d’oliva, i quasi 500 tipi di formaggi, i prosciutti e i salumi, l’aceto balsamico tradizionale, i vini e altro ancora. Se riflettiamo un attimo, se conosciamo davvero i prodotti dell’agroalimentare italiano, sappiamo anche che con essi si realizza una
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cucina che non ha confronti nel mondo per bontà e alte caratteristiche salutistiche.. Certo, non ignoriamo che anche all’estero si trovano stupende eccellenze, come, fra l’altro, le carni bovine di Austria e Francia, la frutta esotica, lo Champagne, ma con i prodotti italiani, quelli veri, quelli non taroccati, la cucina italiana ha conquistato invidiabili primati qualitativi, riconosciuti a livello mondiale. Quanto andiamo scrivendo non intende essere un’acritica esaltazione del cosiddetto Km Zero, siamo infatti convinti che ogni cucina italiana, dopo aver opportunamente e sapientemente privilegiato i prodotti del proprio territorio, debba spaziare lungo tutta la penisola per trovare quanto le serve e quanto la arricchisce. Al Nord, per fare un esempio, sarebbe stolto non acquistare le lenticchie di Castelluccio o gli agrumi di Sicilia solo perché prodotti in terre un po’ lontane; così come a Roma e a Palermo nessuno si sogna di rifiutare il Parmigiano-Reggiano perché prodotto in Emilia o le mele della Valle di Non perché prodotte nel lontano Trentino. Infatti questi e altri prodotti viaggiano da sempre tranquillamente per tutta la penisola.
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La rivalutazione dell’identità In questa fase storica, contrassegnata da una crisi dell’economia che obbliga a una maggiore sobrietà anche nelle scelte alimentari, c’è in tutti la convinzione che conviene tornare ai prodotti del territorio; accorciare, per quanto possibile, la filiera distributiva, con conseguente abbassamento dei costi e rivalutare i piatti della tradizione, debitamente affinati e ingentiliti, ma senza snaturarli. Senza poi trascurare non solo quant’altro di buono e di interessante si produce nel territorio italiano, ma anche alcune delle grandi specialità straniere, come, ad esempio, il foie-gras. Di conseguenza, occorre fare molta attenzione e scegliere prodotti il più possibile (quindi non esclusivamente) italiani, proprio perché i migliori anche sotto il profilo igienico-sanitario. È noto, ad esempio, che oltre la metà dell’olio extravergine d’oliva, venduto in Italia con nomi italiani, in verità italiano non lo è. Per esserlo deve riportare in etichetta la dizione “da olive italiane” o “italiano” o simili (quindi, ad esempio, non “olio mediterraneo” che non significa niente), in modo che il consumatore non sia ingannato da una fascetta tricolore fasulla o dal nome di un vecchio marchio italiano acquistato da stranieri. Se poi il costo di un litro d’olio extravergine d’oliva è inferiore ai 7-8 euro (gli scaffali dei supermercati di quest’olio sono pur
troppo ricolmi) qualcosa non va: si tratta quasi sempre di un falso extravergine italiano o comunque di un olio piuttosto scadente. Lo stesso potrebbe dirsi delle confezioni che contengono conserva di pomodoro, pelati e simili: oltre la metà di esse contiene prodotti non italiani, quando sappiamo che di pomodori italiani ce n’è in abbondanza e sono di alta qualità. Troppe volte ciò che arriva dall’estero (si pensi ai giocattoli cinesi), entra nel nostro Paese evitando i controlli doganali, per cui spesso non si sa da dove arriva quella confezione alimentare o il suo contenuto, come questo sia stato prodotto e cosa realmente contiene quella confezione.
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L’alimentazione è importante Quando ci si riferisce alla cucina sia di casa che di ristorante si intende la nostra alimentazione quotidiana e tutti sappiamo che la nostra salute dipende in massima parte da come ci alimentiamo. Ed avere grande attenzione per la propria alimentazione è un’esigenza fondamentale di ogni persona di buon senso, per cui conviene controllare sempre, quando si va al supermercato o dal grossista, ogni singolo prodotto, preferire, per i freschi, quelli stagionali di casa nostra e per le confezioni quelle di aziende serie, capaci di garantire l’italianità dei prodotti (dopo aver attentamente letto l’etichetta). Avere questa attenzione è dovere primario di ciascuno di noi, come anche e, soprattutto, di albergatori, ristoratori, cuochi, pizzaioli. Dedicare la dovuta attenzione a questi problemi,
acquisire una seria educazione alimentare, scegliere con intelligenza, privilegiare il territorio e la stagionalità sono elementi importanti per tutti e caratterizzanti la professionalità degli operatori – albergatori, ristoratori, cuochi e pizzaioli - e, fortunatamente per tutti noi, in Italia sta crescendo la consapevolezza dell’importanza di queste tematiche alimentari e si va sempre più verso una cucina gastronomicamente di eccellenza e nel contempo sempre più attenta alla salute.
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pizza e pasta italiana
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Il Ristorante
Cielo A
OSTUNI
DI GIAMPIERO RORATO
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il ristorante del mese
La Puglia
sta vivendo un suo momento magico, come fosse in controtendenza con quanto sta ancora accadendo in Italia. In questa stupenda regione c’è, infatti, da un po’ di tempo, un interessante risveglio generale e la stampa italiana e internazionale stanno sempre più interessandosi a quello che merita d’esse definito il “fenomeno” Puglia. Come ha recentemente scritto su “L’Espresso” (n. 28 del 12 luglio, pagg. 146-47) Emanuele Coen, la Puglia è ormai considerata, per suo merito, un “Paradiso gourmet”, potendo offrire all’alta gastronomia italiana e internazionale prodotti di assoluta qualità, avendo come punti di forza, fra gli altri, una pasta straordinaria, ottimi prodotti da forno, conserve alimentari, formaggi, frutta, ortaggi, olio extravergine d’oliva, vini di alta qualità. E con questi
prodotti i cuochi della regione stanno ulteriormente lanciando nel firmamento gastronomico internazionale la propria cucina, da sempre una delle più ricche, interessanti, godibili e preziose del nostro Paese. Tutto questo rappresenta poi una importantissima attrattiva per il turismo e non solo per il turismo-gourmet, dal momento che la buona cucina ha sempre esercitato una forte attrazione per quanti ricercano luoghi deliziosi per le proprie vacanze. E la Puglia sta infatti diventando protagonista anche nel settore del turismo sia balneare che culturale. —
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a sinistra
La Sommità vista dall’alto. in questa pagina
Una bella immagine degli interni del Relais.
Ostuni Ostuni, la “Città Bianca”, in provincia di Brindisi, dalla prima metà del secolo scorso è il principale polo turistico del brindisino e una delle mete turistiche più ricercate e visitate della Puglia. Ben organizzata anche come alberghi, B&B, ristoranti, è stata più volte premiata con la Bandiera Blu per la qualità e la pulizia delle spiagge. La città è vicina alla costa (8 km) e attorno s’estendono vigneti e uliveti, che, assieme al turismo, rappresentano una delle principali voci dell’economia locale. E in questa città si trova il Relais La Sommità, un elegante albergo 5 stelle, nel cui ristorante Cielo opera lo chef Sebastiano Lombardi. Ha scritto Emanuele Coen: “A Ostuni, la fondazione Dieta Mediterranea promuove attraverso eventi e concorsi gastronomici internazionali la cultura alimentare del Mare Nostrum. Un patrimonio di valori che Sebastiano Lombardi conosce bene.
Lo chef del ristorante Cielo, nella “Città Bianca”, quest’anno ha conquistato la prima stella Michelin. Ha convinto i critici con l’Acquasale, tipico piatto povero a base di pane raffermo, acqua tiepida e ortaggi, Alla ricetta originaria Lombardi ha aggiunto il pesce azzurro. «Ho voluto dare un sapore in più – ha dichiarato Lombardi a Coen – che per le famiglie di un tempo era un lusso. La Puglia è una miniera d’oro di ingredienti, sta a noi cuochi diffondere la cultura di questa terra.»” Sebastiano Lombardi Come non dar ragione a Sebastiano! Questo chef ha voluto innanzi tutto far propria la cucina della tradizione, la cucina povera delle vecchie masserie di campagna che ha saputo interpretare in chiave moderna per raccontare attraverso i piatti la storia della sua gente. “La mia
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cucina evoca ricordi lontani – dice – e procede verso spazi del gusto non ancora esplorati; è un viaggio sensoriale tra il passato e quel futuro vincente che arriverà quando il vero sapore della nostra terra, superate le tante fantasiosità emerse negli ultimi anni, tornerà ad essere il grande protagonista della cucina pugliese.” Il bravissimo e intelligente chef del Cielo ha maturato le sue convinzioni e affinato la sua preparazione grazie a un curriculum molto prestigioso. Fin da piccolo ha scelto di diventare cuoco e ha frequentato con successo l’Istituto Alberghiero di Melfi, poi è andato ad apprendere l’arte della cucina in uno dei ristoranti italiani più prestigiosi, il Pellicano di Porto Ercole, il celebre due stelle Michelin dell’Argentario (GR), con lo chef Antonio Guida, personaggio straordinario e vero maestro a tanti giovani cuochi. Successivamente è entrato nelle cucine di un altro famosissimo ristorante, il Mosaico, del Terme Manzi Hotel di Ischia, dove ha lavorato con un altro chef due stelle Michelin, il bravissimo Nico Di Costanzo, col quale ha ancor più arricchito i suoi saperi e la sua già solida cultura operativa. Ritenendosi finalmente pronto, è tornato in Puglia ed è entrato nelle cucine del Cielo, il ristorante del Relais La Sommità di Ostuni, conquistando lo scorso autunno la stella Michelin, facendo velocemente conoscere il ristorante e l’hotel ben fuori dai confini nazionali. C’è voluto del tempo perché le guide gastronomiche si interessassero con la dovuta serietà del Relais e del ristorante diretto da Sebastiano Lombardi, ma l’intelligenza gastronomica dello chef, la sua personale bravura, una seria e accurata preparazione professionale,
unite alla decisa volontà della proprietà di collaborare a innalzare ancor più l’immagine gastronomica della Puglia e del Sud Italia, fondata su prodotti che il mondo ci invidia, hanno consentito ad Ostini di presentare al mondo un biglietto gastronomico di assoluto valore che si traduce in grande e meritato prestigio e in vantaggio sociale ed economico per la Città Bianca e l’intera Puglia.
sopra
Sebastiano Lombardi a fianco
Colazione al Relais la Sommità
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Acqua Sale tra Tradizione e Innovazione
Ingredienti: Barattieri (tipo di cetriolo pugliese), Cipolla Rossa, Arance, Cima di Cicoria, Pomodoro Leccino, Acciughe, Basilico, Aglio, Acqua, Frisella d’orzo, Aceto Bianco, Succo di Limone, Germogli di Basilico, Burrata, Pomodorino Regina Pesce (lo chef consiglia pesci poveri): Alici, Calamaretti, Sgombro, Allattarata, Luvero, Gamberi Bianchi, Merluzzo.
di Mare Preparazione: Prepara un dressing (condimento) di acqua e sale con: acqua, pomodoro leccino, arance, basilico, frisella, aglio tritato, cipolla rossa, acciughe, olio extravergine, aceto, succo di limone. Prendi l’acqua, scaldala e mettici tutti gli ingredienti. Lascia il tutto in infusione per 3 ore circa. Dà un colpo
con un frullatore ad immersione. Dopo filtra e recupera il composto liquido. A parte prepara tutte le verdure: il cetriolo, la cipolla, l’arancio, la cima di cicoria, il pomodorino confit, il sedano croccante e la frisella d’orzo a pezzi. Scotta i pesci ridotti in piccoli pezzi in una padel-
la antiaderente . Per il merluzzo invece, fallo cuocere velocemente in olio di semi a 55° per 3-4 min. Sala il tutto con sale al limone Disponi le verdure nel piatto, quindi i pesci e, infine, il sedano croccante e, per completare, il dressing di acqua e sale.
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RISTORANTE DEL MESE RICETTA
Fagottelli di pasta all’uovo Ingredienti: Per la pasta all’uovo: 700 g di farina ’00, 300 g di semola, olio extravergine di oliva, sale, 500 g di tuorli d’uovo. Impasta bene gli ingredienti, copri con la pellicola e lascia riposare in luogo fresco.
Per le cime di zucchine: ricotta marzotica salentina, fiori di zucchina, calamaretti, bottarga di muggine, pomodoro fiaschetto, aglio, peperoncino, scalogno. Fa lessare le cime di zucchina e passale in padella con aglio, olio e peperoncino. Lascia scolare bene e trita al coltello.
Preparazione: Aggiungi al composto di zucchine della ricotta salata, grattugiata e con questo composto prepara i tortelli. A parte prepara una crema di zucchine, lessate, scolate e insaporite con dello scalogno. Fa cuocere i tortelli in acqua non molto salata, metti nel piatto delle
zucchine crude marmotte. Metti sopra i fagottelli la crema, quindi i calamaretti a spillo leggermente scottati, i fiori di zucchina passati in farina per renderli croccanti e, infine, una grattugiata di bottarga di muggine con un filo di olio extravergine d’oliva leccino.
con Cime di zucchine, Calamaretti Spillo, Ricotta Marzotica salentina e Bottarga di Muggine
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RISTORANTE DEL MESE
Coniglio e Agostinelle
RICETTA
con Mandorle, Ingredienti: 1 coniglio intero, funghi porcini, lardo, sale, pepe, mandorle di Toritto, scarola riccia, agostinelle (triglie piccolissime, fritte si mangiano intere con il pane raffermo), menta, scalogno.
scarola riccia e funghi porcini Preparazione: Disossa il coniglio, ottieni il carrè con le cotolette ben pulite e disossa coscia e spalla. Scotta una padella e fa rosolare coscia e spalla, quindi metti in buste da cottura sottovuoto con aromi misti (pepe, alloro, aglio, olio e burro). Chiudi la busta con all’interno il coniglio e gli aromi e fa
cuocere in forno a vapore a 62°C circa per 24 ore. Apri le buste, sfilaccia il coniglio, condisci con fondo di carne ed erbe tritate e metti sotto pressa in una placca. Poni in frigo e, quando si è rappreso ed è diventato duro, taglialo a quadrati. A parte pulisci bene la costoletta
e con il pane e le mandorle prepara una panure (miscuglio di pane grattugiato ed erbe aromatiche) sulla quale passare la costoletta. Nel frattempo prepara una crema di scarola riccia, lessala ed insaporiscila con un fondo di scalogno. Frulla il tutto per
ottenere una crema densa. Fa rosolare i quadrati da entrambe le parti. Rosola la costoletta avvolta nella panure e adagiala su di un piatto di portata, metti la crema di scarola riccia e i funghi saltati con olio extra vergine d’oliva. E in fine, le agostinelle passate e fritte nella semola.
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RISTORANTE DEL MESE RICETTA
Bianche Tentazioni
Ingredienti: Primo elemento: Ingredienti per il pan sottile all’olio extravergine di oliva: 250 g di uova intere, 300 g di zucchero, 350 g di farina 00, 45 g di strutto, 350 g di latte, 175 g di olio extravergine di oliva, rapatura di limone Monta le uova con lo zucchero, poi aggiungi setacciati la farina e lo strutto, quindi, a seguire, il latte tiepido e, infine, l’olio e la rapatura di limone. Amalgama bene, disponi quanto ottenuto in una placca infarinata e fa cuocere a 170°C per 30 minuti.
dessert dedicato alla Città Bianca Per la farcia interna. Una volta cotto il pan soffice, taglialo a metà e all’interno metti la farcia preparata con 250 g di ricotta di bufala, 250 g di panna montata e 100 g di crema pasticcera. Una volta distribuita la farcia chiudi a sandwich.
Secondo Elemento: Mandarini cinesi cotti nello sciroppo di zucchero: 300 g di zucchero. Fa bollire quindi raffreddare lo sciroppo di zucchero, poi unisci i mandarini cinesi e lasciali in infusione con delle foglie di menta. A parte preparare la ricotta vaccina, morbida, con del lime.
Terzo Elemento: Mousse con formaggio caprino preparata con 150 g di zucchero, 150 g di caprino, 125 g di tuorli, 180 g di farina, 250 g di albumi montati a neve. Amalgama il tutto, aggiungendo alla fine gli albumi.
Preparazione: Taglia un rettangolo di pan soffice farcito e posizionalo sul piatto, con una leggera salsa allo yogurt. A seguire 5 rondelle di Kurwat con sopra una quenelle di ricotta vaccina e lime e, a seguire, il cono precedentemente fatto con il caprino, Su di esso posiziona una sfera farcita con della ganasce al mandarino cinese. Finisci con dei lamponi freschi e menta.
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il Pomodoro di Gianandrea Rorato
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speciale il pomodoro
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Hernàn Cortés e l’arrivo in Europa
La bella storia d’un ortaggio che ha cambiato la cucina europea prima parte
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N
ella ristorazione italiana (e internazionale) e soprattutto in pizzeria, il pomodoro svolge un ruolo molto importante e, seppur diventato in Italia un prodotto alimentare solo in tempi recenti, non si potrebbe capire la cucina italiana d’oggi prescindendo dal pomodoro. Per un certo tempo è stato anche definito oro rosso, per la sua grande importanza nell’alimentazione nelle aree dove viene coltivato e in queste note desideriamo ricordare subito che la sua terra d’origine è il Centro-Sud America e la parte meridionale del Nord America, la vasta area che si trova tra il profondo Sud degli Usa, il Messico e il Perù. Gli Aztechi lo chiamarono xitomatl. Il termine tomatl indicava vari frutti simili fra loro, in genere sugosi e sappiamo che furono gli Aztechi a valorizzarlo per
primi, come sappiano che la salsa di pomodoro divenne parte integrante nella cucina di quella popolazione precolombiana. Abbiamo ricordato i nomi con cui il pomodoro era chiamato dagli Aztechi, ma come giunse in Europa gli furono dati nomi doversi, come pomme d’or, probabilmente per il suo colore giallo più o meno brillante, quindi simile all’oro; poi, più romanticamente, i francesi lo chiamarono pomme d'amour, "pomo d'amore", perché si diceva possedesse proprietà afrodisiache (per diffonderlo si ricorse anche a questo stratagemma). Altri affermano, invece, che questo nome gli fu dato da Sir Walter Raleigh, il lord inglese che avrebbe donato una bella pianta di pomodoro carica dei suoi frutti alla Regina Elisabetta, battezzandola col nome di apples of love (pomo d'amore).
A scoprire questa solanacea (il suo nome scientifico lo vedremo nella scheda) in Messico furono gli Spagnoli i quali, capitanati da Hernàn Cortés (1485-1547), avevano conquistato il territorio azteco (151922) e quando il conquistatore del Messico rientrò in Spagna nel 1523, nel suo pingue bottino c’era anche il pomodoro. In Italia venne conosciuto nel 1544; nella prima metà del ‘500 arrivò in Francia; nella seconda metà del secolo in Svizzera e in Olanda e alla fine del secolo anche in Inghilterra. Nel 600 gli Spagnoli lo portarono in Marocco e da lì si diffuse lentamente in altri Paesi africani. Gli Spagnoli, nei decenni immediatamente successivi alla scoperta di Cristoforo Colombo (1492) avevano notato che nel Nuovo Mondo il frutto di questa pianta era molto consumato dagli indigeni, che i conquistatori chiamavano col nome generico di “indios”, ma ai soldati spagnoli non piaceva. La pianta, ricca di frutti, era però molto bella e appariscente e la portarono in Europa soprattutto per i suoi pregi estetici. Arrivata in Italia, il grande studioso di botanica Pierandrea Mattioli la cita nel 1544, ma col nome di “mala insana”, quindi non adatta al consumo (stessa sorte toccherà alla melanzana), considerandola fra le specie velenose. Esattamente un secolo dopo, nel 1644, un altro studioso, Vincenzo Tanara, autore de “L’economia del cittadino in villa”, la cita solo di sfuggita tra gli ortaggi, ritenendola più idonea a figurare come pianta ornamentale dei giardini. Quindi, alla metà del 600 il pomodoro non era ancora considerato un prodotto alimentare. Il pomodoro ancestrale Si ritiene che la forma spontanea originale del pomodoro sia il Lycopersicum cerasiforme che cresce ancor oggi allo stato spontaneo in alcune aree del continente americano (Perù, Antille, Texas) e da questo sarebbero poi derivate, attraverso un lungo susseguirsi di selezioni e incroci, le numerosissime cultivar oggi esistenti nel mondo. Va comunque detto che in anni recenti c’è stata una riscoperta e un rilancio del Lycopersicum cerasiforme, anche se l’attuale “pomodoro ciliegino” come anche il “datterino”, non sono gli originali, bensì frutto di attente selezioni e di quell’ingegneria genetica che, senza ricorrere agli “ogm” (organismi geneticamente modificati), sa riscoprire, rivalutare e riproporre quanto di buono e di utile la natura ha saputo donarci nel corso dei millenni.
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Parliamo di Pomodoro Colloquio con Lorenzo Bazzana responsabile ortofrutta della Coldiretti In Italia il pomodoro occupa un ruolo molto importante sia nella produzione che nel commercio e, conseguentemente, in cucina. Per saperne di più abbiamo sentito uno dei massimi esperti del settore, il dott. Lorenzo Bazzana, responsabile del settore ortofrutta della Coldiretti, la vivace Associazione degli imprenditori agricoli che segue da anni con grande attenzione tutto il settore agroalimentare, difendendo, valorizzando e promuovendo i prodotti italiani. A lui abbiamo chiesto, per cominciare, di inquadrare per i nostri lettori l’attuale situazione produttiva del pomodoro in Italia.
“Precisiamo innanzitutto – ci ha detto - che pomodoro da industria e pomodoro da consumo fresco sono due mondi differenti, pur ruotando attorno allo stessa bacca rossa. La differenza è data principalmente dalle tipologie varietali e, ovviamente, dalla destinazione. Il pomodoro da mensa, nella stragrande maggioranza dei casi, poco si adatta alla trasformazione industriale; il pomodoro da industria, può anche essere consumato fresco, ma ha caratteristiche differenti da quello da mensa. La produzione 2011 di pomodoro da industria è risultata pari a 53.308.000 q, dati Istat, suddivisi tra 17.598.402 q prodotti in Emilia-Romagna, 16.822.482 q in Puglia, 5.079.595 q in Lombardia, 2.827.532 q in Campania, etc. In sostanza una buona campagna. Il prodotto destinato al consumo fresco è suddiviso tra quello coltivato in pieno campo e quello coltivato in serra. In pieno campo sono stati prodotti 6.193.851 q, di cui 1.358.291 in Sicilia, 708.510 in Campania, 656.000 in Umbria, 604.770 nel Lazio, etc. La produzione in coltura protetta (serre e/o tunnel) è risultata di 4.371.488 q, con il primato della Sicilia che ha prodotto 1.789.192 q, seguita dalla Campania con 764.944, dal Lazio con 485.962 e dal Veneto 387.650 q.”
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p. 37 Coppola SpA Via De Risi, 13 - 84018 Scafati (SA) Tel 081.863.1996 - 081.863.3370 - Fax 081.863.5579 info@coppolaspa.it - www.coppolaspa.it
Specializzazione, Innovazione, Qualità e Affidabilità…
una storia lunga 50 anni.
L
a Coppola S.p.A, con sede a Scafati, è un’azienda conserviera presente nel settore agroalimentare ormai da 50 anni; è nel 1960, infatti, che Domenico Coppola dà inizio alla lunga e consolidata storia della Coppola S.p.A., riuscendo negli anni a fare dell’azienda una delle più affidabili ed accreditate dell’intero comparto. La chiave del successo è tutta nella costante dedizione a quest’attività da parte dei suoi titolari, oggi alla seconda generazione, e nella scelta di diversificare la propria produzione, specializzandosi in due settori, quello del pomodoro e quello della frutta, da agricoltura convenzionale e, soprattutto, da agricoltura biologica. Non solo, dunque, pomodori pelati, passata e polpa di pomodoro, filetti, pomodorini di collina e polpe speciali per pizza, ma anche frutta trasformata in semilavorati per le più importanti aziende europee produttrici di Baby Food, Succhi e Confetture di Frutta. Produzioni diverse, tutte programmate all’insegna di una politica per la qualità che l’azienda segue da sempre e che nel tempo si è concretizzata nelle più importanti certificazioni: ISO 9001, ISO 14001, IFS, BRC, BIO, DEMETER, KOSHER. Tuttavia la cultura per la qualità non è dettata solo dalle norme di sistema, seguite con rigore, ma scaturisce da una “vision” aziendale che ha tra i suoi primi obiet-
tivi quello di continuare a proporre sul mercato prodotti di qualità, nel pieno rispetto della salute del consumatore e dell’ambiente. Ciò viene garantito attraverso un’accurata selezione delle zone
di provenienza, un monitoraggio costante delle materie prime, e controlli continui in tutte le fasi della lavorazione e del confezionamento, in modo da poter assicurare la consegna solo di prodotti di “prima scelta”. La Coppola utilizza per
le sue produzioni pomodoro e frutta esclusivamente italiani, provenienti prevalentemente dall’area meridionale, la più vocata, per le favorevoli condizioni climatiche e la fertilità dei suoi campi, alla produzione agricola, mirando da sempre alla valorizzazione del prodotto tipico. Qualità e Specializzazione, ma anche innovazione, ampia possibilità di scelta ed esclusività come la produzione in “bags” che, con la Pomizza, una polpa di pomodoro nata per la pizza, ma ideale per la preparazione di qualsiasi piatto, ha aperto la strada ad altri prodotti esclusivi come: il “Pelatone”, una delicatissima polpa realizzata solo con pomodori lunghi pelati; i Cubetti di Pomodorini, ottimi per bru-
schette, pizze e sughi freschi; la Passata di Pomodorini, e tante altre novità da scoprire e assaggiare. La Coppola è un’azienda viva, gestita da imprenditori dinamici, attenti anche a problematiche che vanno oltre la vita quotidiana dell’impresa. E’ infatti con lo stesso impegno che sostiene attivamente. da tanti anni, l’associazione Trame Africane Onlus (www.trameafricane.org) che, attraverso il Machaka Project, sta realizzando una serie di iniziative finalizzate ad aiutare persone che vivono in situazioni di estremo disagio, in particolare nella regione del Meru (Kenya), a riprendere in mano il proprio destino. Passione, costanza e nuove idee, nel lavoro come nel sociale, sono per l’azienda gli strumenti fondamentali per proiettarsi con ottimismo nel prossimo futuro con un solo obiettivo: “lavorare divertendosi”.
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SPECIALE POMODORO 3 di 3
Ma in Italia arriva anche molto pomodoro estero. “Le dico subito che al pomodoro da mensa italiano è riconosciuto il primato nel sapore, ma purtroppo, soprattutto presso i canali moderni, prendono sempre più piede prodotti di importazione, soprattutto a causa di una migliore organizzazione distributiva e commerciale. Le previsioni per il 2012 so http:// www.shutterstock.com/subscribe.mhtml no difficili, ma le aspettative, visto l’andamento climatico (caldo e siccitoso), sono per una contrazione della produzione, con prodotto di buona qualità. Lo stesso andamento climatico dovrebbe portare a una ripresa dei consumi. L’Italia ha importato nel 2011 2.137.658 q di derivati del pomodoro, soprattutto semilavorati, essenzialmente concentrato triplo, equivalenti a circa 15.000.000 q di pomodoro fresco destinato all’industria.” Da quali Paesi proviene il pomodoro che importiamo? “Le principali provenienze sono riconducibili alla Cina (1.338.310q), agli USA (424.048q), alla Spagna (258.968). Le nostre esportazioni assommano a 18.652.065 q di derivati del pomodoro (pelati, polpe, passate, sughi, etc.), di cui 3.708.928 q destinati negli USA; 3.121.661 q in Gran Bretagna, 1.603.687 in Francia, etc. Gli scambi commerciali di pomodoro da mensa fanno registrare 1.299.159q di importazioni (448.528 q dalla Spagna, 431.762 q dall’Olanda, 211.512 q dalla Francia) e 1.056.371 q di esportazioni (311.667 q verso la Germania, 169.459 q in Austria, 92.464 q in Inghilterra).”
Il consumo del pomodoro nel mondo è in crescita o in diminuzione? “I consumi mondiali di pomodoro trasformato sono in crescita e oscillano tra i circa 30 chilogrammi pro-capite degli Stati Uniti a meno di 1 kg pro-capite dell’Asia, che produce pomodoro da industria (la Cina è il secondo produttore mondiale), ma consuma ancora poco (anche se, come detto, i consumi sono anche qui in crescita). In Europa i consumi oscillano attorno ai 20 chilogrammi pro-capite all’anno. In Italia siamo attorno ai 31 chilogrammi di derivati del pomodoro all’anno per famiglia (circa 12 kg di pelati, 11 kg di passate, 5 kg di polpe/pezzetti, 3 kg di concentrati ed altro).I consumi apparenti di pomodori da mensa (produzione + import - export) sono attorno ai 17 kg . Si tratta del secondo ortaggio consumato in quantità dopo le patate, il primo in termini di valore. Il trend ha visto una leggera contrazione dei consumi, ma l’innovazione varietale con il rilancio di vecchie varietà (ad esempio il Cuore di bue) e la selezione di nuove tipologie (ad esempio il datterino), stanno cercando di rivitalizzare il mercato. Può darci, dott. Bazzana, qualche dato sulla filiera del pomodoro in Italia? “I numeri della filiera del pomodoro da industria sono i seguenti: 170 industrie di trasformazione, con una interessante prevalenza al nord di cooperative di autotrasformazione, circa 6.500 aziende agricole, 20.000 persone occupate complessivamente, un valore della produzione che supera i 2 miliardi di euro. Le aziende agricole che producono pomodoro da mensa sono circa 30.000, con numeri imprecisati nell’indotto. Il valore della produzione al dettaglio lo possiamo stimare in oltre 3 miliardi di euro.” I dati che emergono dalla conversazione con Lorenzo Bazzana, uno degli uomini di punta della Coldiretti nazionale, mostrano quanto sia importante, sia sotto il profilo produttivo, che commerciale, che alimentare, questo particolare settore. Viste poi le enormi quantità di pomodori importati – sia freschi che lavorati – è da ritenere che ci sia ancora spazio in Italia per aumentare la produzione del pomodoro, una bacca preziosa e ormai caratterizzante appieno la cultura alimentare italiana.
a cura di Patrizio Carrer
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Scheda Tecnica
— CLASSIFICAZIONE, BIODIVERSITÀ E VALORI DEL POMODORO Il pomodoro non era ancora riconosciuto come pianta alimentare, essendo ancora quasi esclusivamente ornamentale, quando nel 1753 il medico e naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus, che, diventando nobile, prese il nome di Carl von Linné, italianizzato in Carlo Linneo (1707-1778), ne fece la prima classificazione in genere Solanum, chiamandolo Solanum lycopersicum (il termine “lycopersicum” appartiene alla lingua latina e significa “pesca dei lupi”). Al genere solanum appartengono anche altre piante, come la patata e la melanzana e la cosa indusse pochi anni dopo, nel 1768, un altro botanico, lo scozzese Philip Miller (1691-1771), a modificare in parte il nome scientifico e, infatti, chiamò il pomodoro Lycopersicon esculentum. Il nuovo nome ebbe un notevole successo, ma gli studiosi lo ritennero un nome non corretto e allora intervenne il botanico tedesco Hermann Karsten (1817-1908) che nel 1881 corresse quello che diversi studiosi consideravano un errore e diede al pomodoro il nome di Lycopersicon lycopersicum. In anni recentissimi, gli studiosi, avvalendosi delle tecniche di biologia molecolare, fecero un ulteriore cambiamento, in linea con le vere caratteristiche biologiche della pianta e chiamarono il pomodoro Solanum lycopersicum, proprio come aveva fatto oltre due secoli prima Carlo Linneo, anche se in diverse pubblicazioni si trova ancora il
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nome dato da Miller. Questo per quanto riguarda il nome. Va subito precisato che le varietà coltivate nel mondo sono moltissime, ma la più conosciuta e coltivata è quella a frutto rosso, la cui bacca si presenta nelle forme più diverse. I frutti del pomodoro possono tuttavia presentarsi anche in altri colori. Si va dalle cultivar di colore bianco (white queen, white tomesol) a quelle di gialle (douce de Picardie, wendy, lemon), rosa (thai pink), arancioni (moonglow), verdi anche a maturazione (green zebra), e persino violacee (nero di Crimea, purple perfect). In alcune cultivar la buccia è leggermente pelosa, simile alla pelle di una pesca. Anche relativamente alla forma le diversità non sono poche. Esistono, infatti, pomodori lunghi (San Marzano), rotondi e molto grossi (beefteak), a forma di ciliegia, riuniti in grappoli (reisetomaten), e persino cavi all'interno (tomate à farcir) e ancora, divenuti di moda, i pomodori datterini, così chiamati perché simili ai datteri. In questi ultimi anni l’ingegneria genetica sta producendo di continuo nuovi cultivar, per rendere le piante produttive anche in aree particolarmente torride, o prive d’acqua, o molto ventose, ecc., riuscendo a ottenere delle bacche finalizzate a usi ben precisi: crudi da insalata, più o meno teneri secondo i gusti, cotti, da farcire, adatti ad essere seccati, a diventare pelati, conserve, doppio concentrato, ecc. Ci sono nel mondo molti laboratori che operano in questo settore, distribuendo poi in tutti i continenti i nuovi cultivar. Il pomodoro crudo ha un modesto valore alimentare (l’acqua rappresenta infatti oltre il 90% del peso); le proteine sono meno dell’1% e gli zuccheri sul 4-5%. Le Calorie per 100 g sono sulle 23-34; 100 g contengono 1 mg di vitamina A, 30 mg di vitamina C e poco altro. Abbondante è invece il licopene (specie nel pomodoro cotto) considerato prezioso per la sua capacità di combattere i radicali liberi.
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Scheda Tecnica
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— MODELLO DEL POMODORO
Il frutto del pomodoro è costituito da tre parti: - la buccia esterna, detta Epicarpo - la parte più consistente, detta Mesocarpo, carnosae ricca di succo di sapore dolce-acidulo
inserzione peducolare cavità seminale (loggia) con tessuto placentare
- l'Endocarpo, o parte più interna, suddiviso in logge contenenti tessuto e succo placentare nel quale sono immersi i semi, più o meno numerosi, piccoli, discoidaliovoidali-schiacciati, ruvidi, di colore gialliccio, ricchi di sostanze oleose.
asse stiliare mesocarpo o polpa fasci fibrovascolari
endocarpo semi
picciolo
epicarpo o buccia
apice
— LE VARIETÀ DEL POMODORO
Nella bacca partendo dall’esterno verso l’interno si distinguono i seguenti tessuti: Epicarpo (buccia), Mesocarpo (polpa) questa parte è carnosa e ricca di succo, dal sapore caratteristico dolce-acidulo. Endocarpo: è suddiviso in cavità (2 o più logge) contenenti un liquido mucillaginoso (succo placentare) nel quale sono immersi piccoli semi, discoidali-ovoidalischiacciati, ruvidi, di colore giallastro e ricchi d’olio. Sia i grassi che le proteine sono contenuti nei semi e pertanto non sono disponibili per l’alimentazione umana. Il pigmento rosso licopene presente nel prodotto maturo sostituisce in modo graduale
il pigmento clorofilla, responsabile del colore verde iniziale. Il contenuto in sostanza secca dei frutti aumenta con il progredire della maturazione e può variare dal 3% al 8%. Il tenore di zuccheri (fruttosio e glucosio) e in acidi (acido citrico e acido malico) varia sensibilmente con la varietà, con lo stato di maturazione dei frutti e con le condizioni dell’ambiente pedo-climatico e colturale. Il succo di pomodoro che si ottiene dalla triturazione e dalla setacciatura delle bacche dopo l’eliminazione di bucce e semi, rappresenta una sospensione di polpa.
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IL PIZZAIOLO DEL MESE
Paolo Priore Professionista serio e preparato del mondo della pizza
L
a Puglia sta salendo sempre più alla ribalta nazionale ed internazionale e sembra abbia ingranato una marcia in più per essere grande protagonista non solo nel turismo ma anche in tutti i settori della gastronomia e dell’enologia, oltre ad essere conosciuta come grande regione produttrice di ottimo olio extravergine d’oliva. Per questo motivo se, in altra parte della rivista, presentiamo il ristorante Cielo di Ostuni, del quale si parla positivamente anche lontano dalla Puglia e oltre i confini italiani, qui rivolgiamo la nostra attenzione su Bitonto, dove vive ed opera il Maestro Istruttore Paolo Priore, un professionista dotato di grande preparazione e dal forte carisma. L’abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare brevemente la sua vita professionale. “Sono cresciuto nell’azienda di famiglia, che opera nel settore delle farine e della pasta lievitata e qui ho compiuto le mie prime esperienze imparando a conoscere molto bene le farine”. Intanto va a scuola, frequenta le superiori e conquista il diploma di ragioniere alla fine degli anni novanta, quindi
sotto Una realizzazione di Paolo Priore.
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paolo priore - il pizzaiolo del mese
comincia a “ragionare” sui conti di casa, aiutando la famiglia nel commercio. Ma ben presto il nostro Paolo rimane travolto dal fascino della cucina e si appassiona alla pizza, complice anche il territorio pugliese, che, come tutti i buongustai ben sanno, non è per nulla avaro in fatto di cibo, godendo di ottimi prodotti della terra e di una tradizione gastronomica che assomma in sé diverse tradizioni: greche, bizantine, longobarde, normanne, sveve tra le altre. Una cucina straordinaria che ha fatto innamorare nei secoli generazioni di appassionati della buona tavola e di turisti. Una volta scoperti i propri interessi, Paolo Priore decide di frequentare i corsi organizzati dalla Scuola Italiana Pizzaioli, conosce “due grandi personaggi del mondo della pizza, che hanno cambiato per sempre la mia vita: Nicola Demo, noto tecnico degli impasti e delle farine, collaboratore di Molino Agugiaro per la linea Cinque Stagioni e Graziano Bertuzzo, pilastro della più affermata scuola internazionale di pizza (Scuola Italiana Pizzaioli)”. Una volta apprese le varie tecniche di impasto e acquisita una solida esperienza operativa, Paolo si prepara a diventare a sua volta insegnante e frequenta un corso organizzato dalla Scuola Italiana Pizzaioli con sede a Caorle per Master Istruttori, dalla quale esce ancor più convinto delle proprie scelte. Successivamente apre una scuola professionale per pizzaioli a Bitonto con il nome
“La bottega dei mestieri”, dove ogni mese da molti anni ospita ragazzi da tutto il mondo che vogliono imparare l’arte di fare la pizza. Paolo, prima che maestro di pizza in proprio, è insegnante serio, in possesso di una moderna didattica, capace di comprendere le esigenze di ogni suo allievo. Ama spiegare i metodi di impasto, di lievitazione e di maturazione del panetto di pasta acida in modo preciso e scientifico e per questa sua scrupolosità nella docenza e, quindi, nella conoscenza di tutti gli aspetti della pizza, viene spesso chiamato quale giudice nei concorsi di pizza di levatura mondiale, fino ad approdare oltreoceano
sotto Bitonto (Bari, Puglia, Italy).
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IL PIZZAIOLO DEL MESE
e proprio questâ&#x20AC;&#x2122;anno è stato fra i giudici nel famoso Pizza Challenge di Las Vegas. Gli abbiamo chiesto di preparare per i nostri lettori una sua pizza originale ed ha scelto un impasto maturato 48 ore, con utilizzo di lievito di birra, farina â&#x20AC;&#x2122;00, con lâ&#x20AC;&#x2122;aggiunta di un pizzico di farina di semola dura tipica della Puglia. Come farcia ha utilizza prodotti a km 0, cioè tutti prodotti che trova attorno a casa: carciofi, peperoni gialli e rossi, profumatissimo origano, mozzarella fior di latte, come richiede la tradizione e olio extravergine dâ&#x20AC;&#x2122;oliva di Bitonto. Prima di concludere il nostro colloquio e gustare assieme la pizza che qui presentiamo, Paolo Priore ha voluto aggiungere una sua considerazione. â&#x20AC;&#x153;Per apprendere qualsiasi professione in modo corretto, per conoscerne le regole di base e per far propri i segreti del mestiere occorre frequentare una scuola. E lo è anche per poter esercitare con serietĂ e bravura la professione di pizzaiolo. La mia esperienza ormai abbastanza ampia mi dice però che per quanto riguarda le scuole occorre fare attenzione. Ce ne sono di molti tipi e non tutte si prefiggono lâ&#x20AC;&#x2122;interesse degli allievi. Credo che ormai non sia piĂš difficile rendersi conto di come
funzionano le Scuole, anche quelle per pizzaioli e penso che debbano essere scelte quelle che si contraddistinguono per serietĂ , trasparenza, e chiarezza operativa.â&#x20AC;? Concordiamo pienamente con Paolo; egli riesce a garantire ai suoi corsisti, avvalendosi anche di unâ&#x20AC;&#x2122;ottima e solida organizzazione alle spalle, una adeguata assistenza sia prima, che durante, che dopo il corso, dando la possibilitĂ ai diplomati che lo desiderano di frequentare successivamente dei Master di specializzazione e quindi distinguersi nella propria professione per capacitĂ e bravura, in grado quindi di attirare sempre nuovi clienti nelle proprie pizzerie.
di Caterina Orlandi
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La straordinaria storia del Pane
XII IL PANE NELLA BIBBIA Nel racconto di Luca, contenuto nel Nuovo Testamento, il pane è un grande protagonista, come lo è da allora nella religione cristiana. di Giampiero Rorato
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asta sfogliare le pagine di un volumetto scritto un po’ prima dl 70 d.C. da un medico di Antiochia di Siria, di nome Luciano, abbreviato in Luca, per capire come nella vita e nell’insegnamento di Gesù di Nazaret il pane svolga un ruolo fondamentale. Nel 6° capitoletto del suo Vangelo, Luca racconta l’episodio del passaggio di Gesù e dei suoi discepoli, in giorno di sabato, per un campo di grano e ricorda come allora solo i sacerdoti avevano il privilegio di mangiare il pane di sabato. Ecco già una prima immagine che rimanda alla sacralità di questo alimento. Poi, mentre era nei dintorni di Cafarnao, alle tante persone che erano accorse per ascoltarlo, per far capire che gli uomini si comportano in modo diverso di fronte alla parola di Dio, Gesù racconta la parabola del Seminatore e afferma che, in quel suo racconto, “il seme di grano è la parola di Dio” che viene accolta se chi l’ascolta è come la terra buona che riceve la semente e la fa fruttificare. Di fondamentale importanza, anche per la nostra storia, è la preghiera che Gesù insegna un giorno ai suoi discepoli, il “Padre nostro”, in cui c’è la richiesta: “Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano”. Molti si sono chiesti nel corso dei secoli che cosa volesse intendere Gesù col termine “pane”. Forse un pane spirituale, un pane della vita che elimina la morte, un pane mistico, o
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In tempi di crack... i piatti vincenti fanno crock!
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STORIA DEL PANE 2 di 3 supersostanziale o il pane d’ogni giorno, il primo e più importante degli alimenti? Gesù predicava in aramaico e si rivolgeva a uomini e donne semplici, ai contadini, ai pastori e ai pescatori della Galilea e della Giudea. Per capire il significato della parola “pane” nella preghiera cristiana conviene ascoltare quegli studiosi che, fin dall’antichità, hanno sostenuto che il termine che indica il pane nel vangelo di Luca è hapax, parola greca coniata per rappresentare un’espressione aramaica per cui non c’è equivalente in altre lingue. Qualcosa che indica “ciò che è necessario all’esistenza”, quindi l’alimento per eccellenza e Gesù naturalmente sapeva che anche in quel tempo il pane era il più importante dei cibi, oltre che il più sano. Infine, sempre nel modesto (per quantità, non certo per valore) libricino di Luca c’è il racconto di quella che è conosciuta come “L’ultima Cena”, consumata da Gesù il giovedì antecedente la Pasqua in quella casa di Gerusalemme conosciuta ancor oggi come “il Cenacolo” e visitata da quanti si recano pellegrini in Terra Santa. L’episodio è stato riproposto in tele e affreschi da numerosissimi artisti, a cominciare da Leonardo da Vinci, la cui “Ultima Cena”, databile al 1494-98, è conservata nell’ex refettorio del convento adiacente al Santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano. Scrive Luca: “Poi, preso un pane rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me»”.Qui il pane si transustanzia e diventa il vero corpo di Gesù e questa verità è per i cristiani un dogma di fede, basato sulle parole stesse di Gesù che prende il pane non come sua immagine ma, ancor oggi, una volta benedetto ripetendo le sue parole, diventa il suo vero corpo che vive nella sua Chiesa e che è ricevuto dai cristiani mediante l’Eucaristia. In una storia del pane incontrare un uomo che è stato riconosciuto come figlio di Dio e Dio lui stesso, per ciò che ha fatto nei suoi 33 anni di vita terrena e per ciò che ha affermato e insegnato, è davvero straordinario. Con Gesù di Nazaret il pane diventa non immagine ma il corpo stesso del Figlio di Dio per i miliardi di uomini che da allora hanno seguito e seguono la sua religio-
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STORIA DEL PANE 3 di 3 ne. Con Cristo il pane assume il suo massimo valore simbolico, un elemento sacro per ogni religione. In verità, il pane fin dalla più lontana antichità, come abbiamo ricordato anche nelle nostre precedenti puntate, quando l’uomo iniziò a produrlo con i cereali spontanei raccolti dalle donne nelle immense pianure e negli altopiani orientali e africani, quindi pestati, impastati e cotti, è stato sempre considerato qualcosa di sacro e in molte civiltà, anche nella nostra, fino a prima che iniziasse il periodo del benessere, malamente rovinato dall’ingordigia di molti, era talmente rispettato che gli avanzi venivano sempre riutilizzati e mai gettati. Il pane ha, nella cultura occidentale, questo significato e questo valore e tanti scrittori l’hanno sottolineato nelle loro opere – come nel bellissimo volume di Predrag Matvejevi�, “Pane Nostro” (Garzanti) - e credo sia utile che anche le presenti generazioni ne abbiano chiara coscienza. Il libro di Luca, scritto il lingua greca quasi due millenni or sono, si conclude con un episodio che ha ancora una volta come protagonista il pane. Nel pomeriggio del lunedì dopo la sua resurrezione, due discepoli di Gesù lasciano Gerusalemme e vanno a piedi verso il villaggio di Emmaus, distante circa sette miglia, addolorati per la morte del loro Maestro. Essi avevano sentito, ma dubitavano della sua resurrezione e, mentre camminano, s’avvicina loro un uomo cui raccontano quanto era accaduto nella settimana precedente. Essi avevano conosciuto il Maestro ma, come scrive Luca, “i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo”. Giunti infine a Emmaus, quell’uomo finge di proseguire, ma i due lo invitano a cenare con loro in una taverna. “Resta con noi perché si fa sera e il sole ormai tramonta”, gli dicono. Prosegue Luca: “Egli entrò per rimanere con loro. Or avvenne che mentre si trovava a tavola con loro prese il pane, pronunciò la benedizione, lo spezzò e lo distribuì loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero.” Davvero il pane è un alimento sacro e lo è per tutti, anche per chi è padrone di molte cose e lo è ancora di più per chi non ha nulla. Questi ultimi hanno più di altri il sacro diritto di avere ogni giorno il loro pane quotidiano e l’umanità ha il dovere di garantirlo.
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“baci di dama” sono un dolcetto tradizionale del Piemonte, risalente all’Ottocento, che ha subito nel corso del tempo poche variazioni. Si afferma comunemente che sia originario di Tortona, ma ricordiamo che in Italia i dolci denominati “baci” sono piuttosto numerosi e tutti hanno in comune una dimensione abbastanza piccola. Il nome ha diverse spiegazioni e una deriva proprio dal fatto che questi biscottini sono così piccoli che è possibile mangiarli con un piccolo movimento delle labbra simile a un bacio. Secondo un’altra versione il nome deriva dal fatto che le due semisfere di pasta si uniscono come due bocche d’innamorati
Dolci baci di olio passione alla menta e cioccolato DI GIOVANNA ALLEGRA
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il dolce
che nel bacio gustano il piacere dell’incontro, nel nostro dolcetto rappresentato dalla crema di cioccolato. La cosa bella è che, nel corso del tempo, il vero significato del nome di questa delizia tortonese s’è quasi smarrito, mentre il dolcetto è più vivo che mai, non più solo piemontese ma diventato italianissimo. E qui ci sia consentita una riflessione. Dopo l’unità d’Italia, avvenuta oltre 150 anni fa (un po’ meno per il Nord-est e per Roma) si è avuta all’interno della penisola italiana una lenta “globalizzazione” delle tradizioni gastronomiche, indipendentemente dal ricettario di Pellegrino Artusi (18201911) intitolato “La Scienza in cucina e
l’Arte di mangiar bene”, pubblicato la prima volta nel 1891. Le migrazioni interne, a seguito anche del servizio militare obbligatorio (dal sud verso il nord e viceversa) e lo spostamento di funzionari statali, di carabinieri, di polizia, ecc. spesso con le loro famiglie da una regione all’altra, hanno fatto emigrare anche la cucina con indubbio vantaggio di tutti gli italiani che hanno visto arricchirsi le proposte alimentari e gastronomiche a loro disposizione. Certo, più dal Sud verso il Nord, ma i “baci di dama” dimostrano che anche da una regione settentrionale, il Piemonte, sono partite delle ricette verso altri lidi, con grande gioia di chi le ha ricevute.
Dalla ricetta originale di Giuseppe Capano
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IL DOLCE 2 di 3
L’evoluzione
La ricetta che presentiamo in questo mese ci è stata data da un personaggio molto conosciuto fra i gastronomi e i gourmet italiani: Giuseppe Capano. Molto consultato il suo blog: giuseppe-capano.cucinanaturale.it; come il suo sito web: www. cucinaesalute.com, e noi siamo lieti di poter proporre ai nostri lettori una modernissima e interessante evoluzione del dolcetto di Tortona, realizzato dal nostro esperto all’insegna della cucina salutistica, con un’attenzione particolare ai prodotti piemontesi. In questo caso ci piace sottolineare come, rispetto al passato, ci sia una crescente attenzione per i problemi connessi a una sana alimentazione anche se di strada da percorrere ce n’è ancora molta. Mangiare bene significa alimentarsi in modo da stare bene, non assumere calorie superflue, grassi nocivi ed ecco che intelligenti operatori gastronomici, come Giuseppe Capano, stanno sperimentando piatti e dolci in linea con le più attuali ricerche dietetiche, vale a dire con le indi-
cazioni degli esperti che ci aiutano a star lontani da medici e farmacie. La cultura alimentare moderna non è quella dei sifoni, delle spume, delle fantasiosità di certi cuochi anche stellati e ampiamente decantati da certi media (nessuna preoccupazione: è la moda!), ma quella che ci garantisce il piacere e le emozioni della tavola nel rispetto della salute. E il dolcetto realizzato da Giuseppe Capano che presentiamo in questo mese è rispettoso di questo sano principio, per cui lo si può tranquillamente godere senza alcun problema.
Giuseppe Capano.
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IL DOLCE 3 di 3
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Ricetta
Ingredienti per 8 persone 4 cucchiai di sciroppo di menta di Pancalieri, 50 g di farina di mandorle o nocciole tostate, 100 g di farina bianca, 50 g di farina integrale, 50 g di farina di riso, ½ bustina di cremortartaro, 4 cucchiai di zucchero di canna, 4 cucchiai di olio extra vergine da olive Taggiasca, 60 g di buon cioccolato fondente extra al 70 %, 1 cucchiaio di extra vergine da olive coratina, carta da forno
Preparazione 1. Allunga lo sciroppo di menta con 6 cucchiai di acqua, se non pronta prepara la farina di mandorle (semplicemente mandorle o nocciole frullate, se fatta in casa è consigliabile frullare la frutta secca con una parte di zucchero per non compromettere il risultato finale e irrancidire i grassi naturali dei frutti). 2. Su una spianatoia mescola le tre farine, il composto di mandorle, il cremortartaro e lo zucchero di canna formando una fontana con un largo buco centrale. 3. Aggiungi lo sciroppo di menta diluito e l’olio di oliva ligure; impasta con cura e una volta formata una pasta omogenea avvolgila in pellicola trasparente e lasciala riposare in frigorifero per 30 minuti. 4. Rivesti una teglia con carta da forno. Prelevando poco impasto per volta forma delle palline grandi come delle nocciole, schiacciale parzialmente e stendile nella teglia e falle cuocere nel forno caldo a 180°C per 10 minuti abbondanti.
5. Nel frattempo spezzetta il cioccolato fondente e scioglilo a bagnomaria. Quando è pronto aromatizzalo con alcune gocce di olio d’oliva pugliese intenso, mescola e lascia rapprendere momentaneamente in luogo fresco. 6. Raffredda i biscotti e uniscili due a due farcendoli con la crema di cioccolato rappresa (deve avere la consistenza di una crema spalmabile, se lasciata troppo al fresco indurisce e bisogna di nuovo scaldare parzialmente). Disponili in singoli pirottini di carta e servili dopo 10-15 minuti.
Note Tempi di preparazione: 30’. Tempi di cottura: 10’. Difficoltà: scarse. Costo: minimo. Dolcetti senza uova e latticini.
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Facciamo chiarezza su basi scientifiche su un argomento spesso malamente trattato che interessa direttamente panificatori, pizzaioli, produttori di dolci e pasticceri
IL LIEVITO DI PASTA ACIDA NATURALE CONTIENE IL LIEVITO INDUSTRIALE?
Un panetto di lievito madre.
di Simona Lauri
L
’argomento lievito di pasta acida è tornato alla ribalta prepotentemente da un anno a questa parte; tutti ne parlano, scrivono, fanno convegni ecc., ma in realtà non rappresenta certo la scoperta del secolo. Gli egiziani già lo conoscevano e già avevano compreso, con le pur limitate conoscenze di allora, che conservando un pezzo di pasta e utilizzandolo nella lavorazione dell’indomani, il prodotto era migliore sia in termini di conservazione sia di caratteristiche organolettiche. La stessa cosa si può dire, in termini di storia, del blastomicete S. cerevisiae di cui Pasteur alla metà del 1800 aveva già identificato e studiato come essere vivente e responsabile della fermentazione alcolica. L’utilizzo delle due tipologie differenti di azione microbica sull’impasto ha creato non pochi stravolgimenti nella panificazione dall’inizio del 1900 cioè da quando s’iniziò a produrre il S. cerevisiae su larga scala per la panificazione. Il S. cerevisiae, se paragonato al lievito di pasta acida, presenta una serie di vantaggi dovuti
alla facilità di utilizzo, alla miglior standardizzazione, ai ridotti tempi di lavoro, ma il prodotto presenta una conservazione molto limitata nel tempo rispetto a una lavorazione più complessa e sotto certi aspetti laboriosa. Il pregio invece dell’utilizzo del lievito di pasta acida naturale consiste nella conservazione molto più lunga del prodotto, digeribilità, migliori sensazioni organolettiche, ecc. Per anni si sono identificati questi due lieviti con una nomenclatura leggermente differente: il S. cerevisiae come lievito di birra, compresso, industriale, ecc. e il lievito di pasta acida naturale come: lievito naturale. La confusione in proposito era abbastanza notevole soprattutto perché questa nomenclatura era fonte d’innumerevoli discussioni, fraintendimenti, perizie, interpretazione ecc. Da una parte il S. cerevisiae è una cellula eucariota che, da
un punto di vista strettamente microbiologico e scientifico, può vantare il titolo di essere realmente e correttamente identificato come “lievito” o blastomicete proprio perché lo è, anzi scientificamente appartiene alla classe Ascomycetes, ordine Endomycetales, famiglia Saccharomycetaceae, specie cerevisiae, inoltre, è stata la prima cellula eucariota ad avere il genoma sequenziato nel 1996. Dall’altra, in assenza di una definizione legale, era opinione comune diffusa e terminologia
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tecnica chiamare “lievito naturale” una massa di farina, naturalmente contaminata, e acqua nella quale si sviluppa una microflora specifica, casuale, contaminante, autoctona in costante evoluzione e in competizione nutrizionale. Nello stesso modo in cui, è gergo e opinione comune, tra i professionisti artigiani utilizzare la frase vado a fare i lieviti per dire vado a fare le bighe… Personalmente sono stata interpellata in più di un’occasione per cercare di dissipare quest’aggrovigliata matassa di malintesi e poca chiarezza e le domande … il lievito industriale è un lievito naturale? o ancora … il lievito industriale compie una lievitazione naturale? oppure… il lievito di pasta acida naturale contiene lievito di birra? O ancora… Io, il lievito industriale non lo considero lievito! Sembrano ancora, per alcuni, i misteri del secolo. Chi dice di NO… Chi SI, arrivando a discussioni molto accese e qualche volta poco rispettose e maleducate da parte di qualche personaggio che, ergendosi a giudice, pontifica sulla sentenza. Personalmente non ho la presunzione di fare “chiarezza” su quest’argomento, ma semplicemente di esprimere, come sempre, una modesta opinione personale sull’argomento documentando la mia tesi con reports universitari e pubblicazioni scientifiche e non ultimo con il sano e
mai abbastanza lodato buon senso da parte di chi lavora quotidianamente sia con l’uno sia con l’altro. Scrissi circa un anno fa proprio un articolo su quest’argomento ribadendo che, per il fatto in cui il S. cerevisiae, lievito di birra, compresso, industriale che dir si voglia sia un essere vivente (si nutre, cresce, si duplica, muore, opera un metabolismo, ecc.) di fatto è “naturale” e pertanto, a mio parere, aveva tutti i diritti di essere chiamato lievito naturale, cosi come la massa di farina e acqua costituita da una microflora selvaggia di batteri lattici, acetici e lieviti, autoctona, artigianale e specifica aveva gli stessi diritti. Entrambi erano “lieviti naturali” in grado cioè di compiere una lievitazione biologica naturale. E’ chiaro che tecnicamente, praticamente e microbiologicamente (generi, specie, UFC/g di lieviti, UFC/g di batteri, ecc.) sono completamente differenti, ma comunque in ogni caso formati da esseri viventi entrambi e pertanto, di fatto, entrambi tecnicamente e correttamente in grado di operare proprio una lievitazione biologica naturale. Da un punto di vista microbiologico la specie microbica presente quasi come coltura pura nel lievito di birra, industriale, compresso è rappresentata unicamente dal Saccharomyces cerevisiae in una concentrazione pari a circa 108 UFC/g cioè in un solo grammo di lievito compresso vi sono circa 10 miliardi di cellule vive e attive cioè in grado di crescere, riprodursi, compiere metabolismi e morire. Nel lievito di pasta acida naturale artigianale invece la microflora è eterogenea, selvaggia, casuale, unica, autoctona, in continua evoluzione microbica e dipende a sua volta da fattori sia endogeni (carica microbica
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Pagnotta di lievito madre. sotto
Alveolatura vista in sezione.
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Simona all’opera.
delle materie prime utilizzate, accumulo metaboliti secondari, competizione nutrizionale, presenza di particolari sostanze nutritive, iterazione microbica, ecc.) sia esogeni (temperatura, U.R., pH, presenza di cloruro di sodio, presenza/assenza di ossigeno ecc.). In letteratura, si trovano innumerevoli lavori di differenti Autori sia italiani sia stranieri che dimostrano quali siano le specie microbiche identificate all’interno di madri artigianali; tra i batteri lattici sono state identificate più di 50 specie appartenenti al genere Lactobacillus. Pediococcus, Leuconostoc, ecc. e più di 20 specie di lieviti appartenenti al genere Saccharomyces, Candida, Torulopsis, Pichia tra i quali proprio la specie Saccharomyces cerevisiae oltre a S. exiguus, Candida Krusei ecc. Come si evince dall’identificazione microbiologica delle madri, il S. cerevisiae non è in coltura pura come nel lievito di birra, compresso, industriale, ma convive alla presenza di altre specie microbiche in un ecosistema naturale. Può essere l’unica specie rappresentativa dei blastomiceti nelle madri cosi come convivere con altre specie di lieviti e comunque, in ogni
caso è presente con un valore espresso in UFC/g inferiore al lievito di birra, industriale, compresso (indicativamente 108 UFC/g per il lievito compresso fresco). Inoltre l’identificazione microbica delle madri, dalla quale dipendono tutte le caratteristiche tecnologiche, reologiche, sensoriali, conservative, nutrizionali, microbiologiche, ha sempre riportato come la coltura dei batteri lattici sia indicativamente maggiore rispetto ai lieviti di circa 2 ordini di grandezza anche se ultimamente in alcune madri i batteri lattici e i lieviti sono risultati dello stesso ordine di grandezza. Nelle madri artigianali quindi il S. cerevisiae è stato trovato anche se in quantità minore, in relazione microbica con altre specie, con crescita, sviluppo e metabolismi modificati, utilizzo di substrati fermentativi modificati ecc. ecc. e pertanto mi sento di affermare che, valutati i reports universitari su tale argomento e le analisi microbiologiche effettuate e pubblicate sulle maggiori testate scientifiche nazionali e mondiali, nella madre artigianale o lievito di pasta acida naturale, il lievito compresso, industriale, di birra, tecnicamente e in con-
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Il pane prodotto da Simona.
creto … è presente quindi C’E’! E’ chiaro che siamo in due contesti differenti, in due realtà distinte, ma la sua presenza mi pone alcune personali riflessioni dettate anche dal famoso buon senso. E’ doveroso e sacrosanto a mio parere informare correttamente il consumatore della presenza comunque di S. cerevisiae nel lievito di pasta acida naturale poiché la madre è sempre gestita, rinfrescata e lavorata all’interno di un panificio artigianale che è “contaminato” da spore di S. cerevisiae, le quali a loro volta daranno origine alla forma vegetativa nella madre stessa, è ubiquitario, sporigeno, non patogeno, ecc. La maggior parte dei consumatori, dei medici, dei dietologici, degli operatori di settore, ecc. invece pensa che non sia presente! In funzione della sempre crescente insorgenza di patologie legate ad allergie e/o intolleranze alimentari (vere o presunte non entro in merito!), in conseguenza delle attuali scarse informazioni biomediche se vi sia o no una concentrazione minima del blastomicete (UFC/g) in grado di scatenare nell’individuo la risposta immunitaria, oppure in assenza di conoscenze certe su quali siano i componenti del S. cerevisiae in grado di scatenare le reazioni immunomediate e non (forse una particolare sequenza amminoacidica di alcuni
carriers di membrana) e non sapendo la gravità dell’allergia/intolleranza, mi sento in obbligo di informare scrupolosamente il consumatore della presenza e dell’eventuale rischio che cellule di S. cerevisiae siano presenti nella madre. In ogni caso, a parte il discorso importante delle allergie/intolleranze, delle caratteristiche organolettiche e della conservazione migliore dei prodotti non capisco, dove sia il problema di utilizzare il S. cerevisiae o di birra, industriale, compresso che dir si voglia per fare il pane, la pizza ecc. ma soprattutto non riesco a comprendere quest’ attacco mediatico e questa demonizzazione nei confronti di un blastomicete che svolge un ruolo estremamente importante e insostituibile nella reologia e tecnologia dell’impasto da pane, pizza, ecc. Personalmente… un’ idea me la sono fatta!
di Simona Lauri
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Il Campione del Mondo di Pizza Classica è un italiano di Costabissara in provincia di Vicenza. Un grande esempio di umiltà e dedizione.
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ristian Bertoldo, pizzaiolo a Costabissara (VI), si è aggiudicato il ventunesimo campionato Mondiale della Pizza a Salsomaggiore Terme, tra oltre 400 maestri dell’impasto con pomodoro e mozzarella provenienti da tutto il mondo. Bertoldo che è pizzaiolo da 15 anni, è proprietario dal 2003 di una pizzeria da asporto “Pizza e Pizza “ che gestisce con tutta la famiglia. Cristian ha iniziato la sua carriera di pizzaiolo nel 1989, mentre frequentava la scuola superiore per essere indipendente dai genitori, scoprendo da subito una passione innata per la pasta lievitata. Il vero impasto per la pizza glielo ha insegnato, quando si trovava a militare, un suo commilitone di Reggio Emilia, che
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campionato del mondo
oltre a fare la pizza gli ha insegnato a fare il piatto tradizionale emiliano, la piadina. Bertoldo ci ha provato per quattro anni e stavolta è riuscito a conquistare il titolo più ambito, quello dedicato alla categoria della pizza classica. La sua proposta vincente è la pizza Gioale, dedicata ai suoi due figli, farcita con ingredienti di alta qualità ma al contempo semplicissimi come, pomodoro fresco marinato, basilico, aglio, mozzarella italiana fiordi latte, crudo di Parma doc, porcini, pomodori datterini,
Parmigiano Reggiano. Il vincitore, dopo la vittoria ha affermato: “Sono contento della mia vittoria, soprattutto perché ho vinto con ingredienti semplici ma molto curati e di alta qualità. …che dire? Una soddisfazione infinita”. Doppia soddisfazione per il maestro vicentino perché non solo si aggiudica il primo premio nella categoria pizza classica ma si aggiudica anche il premio speciale Parmigiano Reggiano, sponsorizzato dallo stesso consorzio del celeberrimo
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Campionato DEL monDo
Villa Palladiana La Rotonda
formaggio dop. Cristian consiglia a tutti i ragazzi che vogliono avvicinarsi al mondo della pizzeria, di scegliere a priori ed attentamente il percorso formativo da intraprendere, di valutare molto bene le varie tipologie di corsi offerti. Secondo l’opinione del maestro vicentino, è fondamentale frequentare una scuola di pizza per svolgere al meglio la professione del pizzaiolo, perché la teoria è di vitale importanza per comprendere a pieno i processi chimici che avvengono all’interno dell’impasto. Altrettanto importante poi è mettersi in gioco, proprio come ha fatto Cristian, iscrivendosi a competizioni come quella di Salsomaggiore Terme, perché non si finisce mai di imparare e le critiche sono indispensabili per crescere. Cristian, a oggi è ancora incredulo della sua vittoria, sostiene di aver partecipato al Campionato del Mondo, come al solito in modo serio ma mai avrebbe sperato in una vincita, che a detta sua gli ha cambiato la vita. È sempre bello celebrare un campione del mondo, che con umiltà e fatica si è aggiudicato il primo gradino del podio. Cristian è la testimonianza di un fenomeno che sta avendo luogo negli ultimi anni, tra crisi e recessioni economiche, la pizza è diventata sempre più un alimento gourmet. I pizzaioli
dunque sono diventati chef, anzi ci sono chef che sono diventati pizziaoli. È la rinascita della pizza, fra eventi e discussioni, fra sperimentazioni e severe scelte di ingredienti. Non dimentichi del fatto che la pizza è uno dei pilastri della dieta mediterranea, e dunque anche della prevenzione alimentare. Nonostante ciò, e quella di Cristian ne è l’esempio emblematico, la pizza ha raggiunto una eccellenza e una qualità tutte nuove, anche grazie a competizioni internazionali come il Campionato Mondiale della Pizza.
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Pigato Metodo ClassiCo in Cave?
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in questa foto
Laura e Antonio Basso allâ&#x20AC;&#x2122;interno della grotta di Santa Lucia inferiore, impegnati nel riempimento dei gabbioni metallici. a destra
Antonio e Laura Basso tra le barriques.
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no. in gRotta
di Virgilio Pronzati
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e qualcuno pensa che i vitivinicoltori liguri siano poco dinamici ed ancorati alla tradizione, si sbaglia digrosso. Dal levante al ponente ligure sono nate iniziative che hanno fatto e faranno parlare. Dopo l’exploit dello spumante di Pier Luigi Lugano fatto maturare in mare, ecco un’altra interessante e curiosa notizia. Antonio Basso vigneron d’Ortovero, centro tra i più vocati per il Pigato, ha realizzato col popolare vitigno uno spumante metodo classico. A questo punto vi domanderete dove è la novità ? Sta nelle suggestive grotte di Toirano, annualmente meta di ben 100.000 visitatori. Antonio Basso, cinquantaquattrenne e da 25 anni titolare dell’azienda Durin, fondata anni fa da nonno Dorino (Durin in ligure), ha avuto la brillante idea di fare maturare ed affinare
il suo spumante all’interno delle famose grotte. Le ragioni sono molteplici, e spaziano dai motivi tecnici a quelli di marketing. Condizioni ottimali per lo spumante, in quanto la temperatura costante delle grotte è di 15°C, con un’umidità del 90%. Ma non basta. Se produrre prodotti di qualità è ovviamente un merito, venderlo è assolutamente necessario. Il valore aggiunto è dato dal carisma del prodotto
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ottenuto da una mirata ed originale immagine, che attiri la curiosità e soddisfi le aspettative del cliente consumatore. Un mezzo che gli porterà maggiore notorietà anche in ambito nazionale, ma che consolida quella già acquisita, esportando i vini in Giappone, Stati Uniti (California, New York ed Alaska), Canada, Malta ed in Europa, nei seguenti stati: Germania, Olanda, Inghilterra, Repubblica Ceca e Polonia. Due le partite di spumante contenute in gabbioni metallici sigillati, deposti all'interno della grotta di Santa Lucia inferiore, visibili nel percorso che compiono i visitatori all'interno delle grotte. La prima di spumante bianco dell’annata 2007 è composta di 6.665 bottiglie da 75 cl, di cui la presa di spuma è avvenuta a settembre 2010. La seconda di spumante rosato dell’annata 2010 è composta di 3.406 bottiglie da 75 cl, 80 magnum e 780 bottiglie da 37,5 cl, con presa di spuma nel giugno 2010. Per lo spumante bianco, contrariamente a quanto si può pensare, Antonio Basso ha utilizzato uve pigato di vigneti dell’età
media di 40 anni, situati nelle zone vocate d’Ortovero, Ranzo, Pieve di Teco e Rialto. Il vino base è ottenuto da uve pigiadiraspate lasciate in criomacerazione per 20 ore alla temperatura iniziale di 10°C e terminata a soli 2°C. E’ seguita la pressatura molto soffice delle uve, e la fermentazione del mosto con lieviti selezionati, protrattasi per non meno di venti giorni in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Mentre per lo spumante rosato, Basso ha utilizzato uve rossesse, ormeasco e granaccia di vitigni dell’età media di 24 anni. Il vino base è stato ottenuto svinando il mosto delle uve pigiadiraspate quando si è alzato il cappello. È seguita la fermentazione con lieviti selezionati per circa 20 giorni in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Entrambi saAntonio Basso col suo pigato.
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ranno nature, cioè senza aggiunta della liqueure. La durata di maturazione sui lieviti sarà di oltre 24 mesi sia per il bianco che per il rosato, tranne un terzo di quest’ultimo, che sarà messo in commercio in occasione della Pasqua del 2012.Al termine del periodo previsto, le bottiglie d’entrambi gli spumanti saranno trasportate in cantina e poste sulle pupitre dove subiranno il remuage. Poi ritorneranno nelle grotte per il naturale affinamento sui lieviti. L’operazione ideata e realizzata da Basso (con l’aiuto della simpatica e dinamica moglie Laura) è globalmente positiva. Oltre il suo meritato guadagno, c’è una sicura valorizzazione ed immagine di tutto il comprensorio d’Ortovero e non solo. Un vero e proprio marketing del territorio Ingauno. Ad avvalorare ed aggiungere credito all’iniziativa, il sollecito permesso del Ministero dei Beni Archeologici per utilizzo delle Grotte di Toirano e, non meno importante, l’invio di un ispettore del Ministero per le Politiche Agricole, per il controllo delle varie fasi dello spumante.
Antonio e Laura Basso con i piccoli vignerons.
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L’ Angolo del Vino a cura di Virgilio Pronzati
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CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: cannonau. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 0111. Bottiglie prodotte: 6.600. Prezzo medio in enoteca: euro 21,70. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi di medio-lungo affinamento, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 2-3 anni. Evoluzione: giovane ma già di buon equilibrio. Servizio: mescere a 16-17°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: malloreddus (gnocchetti) con sugo carne, porceddu (porcellino) arrosto, stufato di capra, pecorino sardo di 6-8 mesi. ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido, Colore: rubino vivo con orlo violaceo. Profumo: intenso, persistente, molto fine, con bouquet ampio e composito che amalgama sentori floreali, fruttati, balsamici e speziati, dove emergono la rosa selvatica, mora e mirtillo maturi ed un po’ macerati, mirto, erbe aromatiche e balsamiche mediterranee, e lieve ginepro, tabacco e boisé. Sapore: secco ma morbido, sufficientemente fresco, sapido, molto caldo, di equilibrata tannicità, pieno ma snello, di buona persistenza, con gradevole fondo amarognolo. Al retrogusto: vena astringente e note floreale, fruttata, balsamica e speziata.
CONSIDERAZIONI Note: Molto Buono. Ottenuto da scelte uve omonime di vitigni di 40 anni situati nell’antica Valle di Oddoene nel territorio di Dorgali. Vinificazione: le uve diraspate e pigiate fermentano e macerano per circa 4 settimane in piccole botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Dopo la fermentazione malolattica il vino matura 24 mesi in barriques di rovere francese. Segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia.
ASPETTO Limpidezza 5. Colore 4. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 4. Finezza 4. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 5. Pienezza 5. Sapidità 4. Acidità/morbidezza 4. Armonia 4. — GRADIMENTO Ottimo 4. PUNTEGGIO TOTALE
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L’ANGOLO DEL VINO
Montefalco Sagrantino Docg 2008 Azienda Montioni Frantoio&Cantina Viale della Vittoria, 34 - 06036 Montefalco (PG)
CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: sagrantino. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 03/2011. Fascetta Docg AAA 06952186. Bottiglie prodotte: 7.000. Prezzo medio in enoteca: euro 32,50. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi di medio-lungo affinamento, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 4-5 anni. Evoluzione: giovane ma già di buon equilibrio. Servizio: mescere a 17-18°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: pici con sugo di lepre, coniglio in porchetta, manzo in umido, stufato di cinghialetto, provolone stagionato e ragusano. ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido, di colore rubino molto carico con orlo ancora violaceo. Al naso si presenta molto intenso, persistente, fine, ampio, discretamente complesso, con netti sentori fruttati, vegetali e speziati di confettura di piccoli frutti rossi selvatici, mandorla secca, erbe e fieno di montagna, cioccolato amaro, e lieve tostato e boisé. In bocca è secco ma morbido, sufficientemente fresco e sapido, molto
Orcia Rosso Doc 2008 Azienda Agrituristica La Canonica 53020 San Giovanni d’Asso (SI)
CATEGORIA Rosso secco. Vitigni: sangiovese (90%) e colorino (10%). Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14%. Lotto: 1/2011. Bottiglie prodotte: 2.500. Prezzo medio in enoteca: euro 11,80. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi di medio-lungo affinamento, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 3-4 anni. Evoluzione: giovane ma già di buon equilibrio. Servizio: mescere a 17-18°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: pappardelle col ragù di lepre, filetto alla Rossini, terrina di quaglie col tartufo, pecorino toscano stagionato 5-6 mesi. ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore: rubino carico con orlo porpora. Profumo: intenso, persistente, fine, ampio, con netti sentori floreali, fruttati, speziati e balsamici di violetta, piccoli frutti rossi selvatici maturi ed un po’ macerati (mora, lampone e ribes nero), e lieve d’umori boschivi (erbe secche di montagna) e pepe nero macinato. Sapore: secco, abbastanza fresco, sapido, caldo, giustamente tannico, pieno ma snello, molto persistente, con gradevole fondo amarognolo. Al retrogusto: vena
caldo, con netta ma piacevole astringenza, pieno ma snello, di molta persistenza, con gradevole fondo amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttata, vegetale e speziata. CONSIDERAZIONI Note: Ottimo. Ottenuto da scelte uve sagrantino di vitigni dell’età media di 11 anni, pigiadiraspate e fatte fermentare e macerare in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Seguono la maturazione del vino per 24 mesi in barriques, e un affinamento di 8 mesi in bottiglia. ASPETTO Limpidezza 4. Colore 5. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 4. Finezza 5. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 5. Pienezza 5. Sapidità 4. Acidità/morbidezza 5. Armonia 4. — GRADIMENTO Eccellente 5. PUNTEGGIO TOTALE
55 /60 tannica e note floreale, fruttata, balsamica e speziata (goudron-liquirizia). CONSIDERAZIONI Ottimo. Ottenuto da scelte uve sangiovese (90%) e colorino (10%) dell’età media di 8 anni, pigiadiraspate e fatte fermentare e macerare per 20 giorni in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Dopo la fermentazione malolattica, il vino è maturato 18 mesi in barriques e tonneaux d’Allier di media tostatura ed altri 6 in botti d’acciaio inox. Segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia. E’ in commercio dall’aprile 2012. ASPETTO Limpidezza 5. Colore 5. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 5. Finezza 4. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 5. Pienezza 5. Sapidità 4. Acidità/morbidezza 4. Armonia 4. — GRADIMENTO Eccellente 5. PUNTEGGIO TOTALE
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IL BAR 1 di 3
Q u n d i s t i l l at o di antica storia
Il WIsky di Gianandrea Rorato
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icordando nei mesi scorsi l’opera missionaria di san Patrizio e di san Colombano, svolta in Irlanda e in Europa tra il IV° e il VI° secolo, abbiamo fatto cenno a una delle bevande più famose delle isole britanniche e del mondo, il whiskey o whisky (le due grafie, come vedremo subito, indicano due diversi luoghi di produzione). E un interrogativo ha sempre accompagnato gli studiosi di questo straordinario distillato di origine cerealicola: dove e chi ha inventato il whisky? La paternità se la attribuiscono sia gli irlandesi che gli scozzesi, nessuno tuttavia ricordando quando ciò sia avvenuto e chi ne sia stato l’autore, ma fra le due tipologie (irlandese e scozzese) ci sono delle differenze, a cominciare proprio dal nome che per gli scozzesi è “whisky”, mentre per gli irlandesi è “whiskey”. Avevamo ricordato come in Irlanda si attribuisca idealmente a san Patrizio l’origine del whisky (noi useremo questa grafia), indicando addirittura l’anno, il 432 d.C., appena il santo vescovo era ritornato dal suo pellegrinaggio in Terra Santa, ma questa è soltanto una pia e simpatica tradizione. In realtà i documenti che si riferiscono a questo distillato iniziano a partire molto dopo, cioè dal 1494 e il primo riguarda la consegna ad un monaco irlandese di 8 buratti di orzo per la distillazione di 12.000 bottiglie di “uisge beata”, cioè whisky e da allora di documenti che citano questo distillato ce ne sono tantissimi. Dunque, a prescindere dalle leggende, si può ritenere che un liquido alcolico ottenuto dalla fermentazione di cereali esistesse anche nel Medioevo, ma lo whisky come noi lo conosciamo oggi viene prodotto a partire dall’età moderna, probabilmente tra il XV e XVI secolo.
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IL BAR 2 di 3
la materia prima Pur limitandoci ad alcuni semplici cenni, lasciando agli amanti e agli studiosi più impegnative ricerche, ricordiamo che la materia prima da cui partire per la produzione di whisky sono i cereali, in particolare orzo, frumento e avena. Di fondamentale importanza sono l’acqua di torba impiegata per l’ammostamento dei cereali, i lieviti di fermentazione selezionati in proprio da ogni distilleria, la torba usata per alimentare il fuoco impiegato per tostare l’orzo germogliato, la dimensione degli alambicchi, il tipo di legno delle botti e il luogo dove viene invecchiato e basta questo elenco per comprendere come ogni distilleria produca un whisky che è diverso da tutti gli altri. Ci sono poi distillerie che lasciano le botti appena riempite all’aperto, sulla spiaggia, per alcuni giorni, prima di accatastarle nelle cantine; altre le depositane in cantine sotto il livello del mare; altre ancora lasciano che nelle cantine si infiltri l’acqua marina nelle alte maree.Ma, come vedremo subito, è la torba l’elemento caratterizzante il whisky, impiegata per affumicare e seccare il malto nei forni a lamine traforate.
la produzione La produzione del whisky inizia mettendo l’orzo maturo a bagno nell’acqua dove germoglia in pochi giorni, mentre l’amido contenuto nel chicco si trasforma in maltosio, che è uno zucchero semplice che serve per alimentare il germoglio. Dopo sette giorni la germinazione viene fermata affumicando il malto verde con getti di fumo caldo ottenuto bruciando la torba. Questi getti sono immessi all’interno di lamine traforate contenenti il malto, dosando l’affumicatura in modo da dare al malto il profumo torbato voluto. Una volta seccati i chicchi di orzo vengono privati dei germogli e macinati ottenendo una farina che viene addizionata con acqua e portata alla temperatura di 65°C per favorire lo scioglimento degli zuccheri. A questo punto si aggiungono al liquido non ancora fermentato, chiamato wort, i lieviti selezionati e si ha – come avviene nel mosto d’uva dopo la pigiatura – la fermentazione. Il liquido fermentato, che assomiglia alla birra ed è chiamato wash, ha una gradazione sui 5-6 gradi alcolici; viene quindi portato sui 20°C e immesso in cisterne di fermentazione, dopo essere stato filtrato (il residuo della filtrazione consiste nei resti della farina ed è usato come mangime animale).
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IL BAR 3 di 3
la distillazione È arrivato il momento della distillazione, anzi della doppia distillazione. Con la prima si ottiene un liquido alcolico sui 20-24 gradi, che, nuovamente distillato, dà un whisky di base sui 60-70 gradi alcolici, più fine e delicato, destinato all’invecchiamento. Qui inizia una fase delicata, per garantire al prodotto finito le caratteristiche organolettiche tipiche della casa produttrice. Il disciplinare dispone che lo whisky abbia un minimo di 3 anni di invecchiamento prima della sua immissione sul mercato; i single malt hanno un invecchiamento minimo di 5 anni, ma i grandi produttori immettono questi whisky sul mercato con almeno 7 anni di invecchiamento. Dalla distillazione all’immissione sul mercato spesso ci sono altri importanti processi che è interessante conoscere e, per su questi aspetti, ritorneremo il prossimo mese.
z���� ����v di Gianandrea Rorato
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A proposito di inquinamento acustico nei grill delle autostrade
QUESTIONE DI GUSTO
di Nives Piva
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egli ultimi anni percorrendo le autostrade d’Italia si incontrano numerose aree di ristoro rinnovate e sapientemente ammodernate, più facilmente accessibili, più ospitali, in grado di meglio rispondere, rispetto al passato, alle molteplici esigenze dei viaggiatori. Ma in un punto non sono cambiate e, in questo, le nuove aree di sosta, ampie, luminose, moderne, assomigliano ai vecchi, anche a quelli minuscoli, costruiti tanti anni fa assieme all’autostrada, in contiguità con gli uffici e le bottegucce dei distributori di carburante. Alludo all’antipatico rumore che s’espande negli ambienti da dietro il banco dove indaffarate banconiere preparano e dispensano i caffè. C’è, troppo spesso, un batter di tazzine e di piattini, spesso al limite dell’inquinamento acustico, cui non si è ancora ovviato. Chi viaggia e si ferma negli autogrill per qualche minuto di relax, per un buon caffè, a volte per un veloce panino, ha bisogno di un clima che sia riposante, comunque sereno, non certo stressante come può essere guidare o stare in macchina per ore. E invece no! Il viaggiatore, come entra nell’autogrill non lo infastidisce tanto la ressa, né la fila alla cassa, ai bagni o al bancone, questo lo sa,
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questione di gusto
è ancora purtroppo normale, specie nelle strutture più vecchie e in quelle minuscole (queste aree di ristoro sono state costruite pensando a molti meno viaggiatori degli attuali). A infastidirlo è quel continuo, incessante sbattere di piattini e di tazzine che gli irritano l’udito, quell’inquinamento acustico che quasi lo spinge ad uscire. L’Italia è (era) il “bel paese dove il sì suona”, come disse Dante Alighieri e ormai non disturba neppure il suono di altre lingue. Lungo le autostrade si incontrano in tutti i mesi dell’anno turisti che vengono a godere le bellezze del nostro Paese; ci sono immigrati arrivati in Italia in cerca di ospitalità e di lavoro e tutto questo è positivo; senza turisti e senza lavoratori immigrati staremmo assai male, quindi ben vengano. Le aree di sosta sono spesso il primo impatto dei turisti con il nostro Paese, soprattutto di coloro che arrivano con le loro automobili o in pullman e accoglierli bene, mostrando la civiltà esistente anche in questi locali, cui si bada purtroppo non a sufficienza, è fondamentale perché poi il viaggio prosegua sereno e felice e ci sia quindi un positivo incontro con il nostro Paese. Non si creda che l’inquinamento acustico che caratterizza purtroppo un buon numero di aree di
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QUESTIONE DI GUSTO sosta sia un problema trascurabile o irrisolvibile. Come spesso succede è questione di organizzazione, di una corretta posizione e disposizione delle macchine da caffè, di una adeguata dimensione del bancone, della professionalità e del numero del personale addetto. Negli ultimi anni si è investito molto in nuove aree di ristoro e si dovrà continuare a investire, dal momento che di vecchiotte e superate, anche molto brutte e inadeguate, ne rimangono molte. Il mio è un sommesso invito ai responsabili delle autostrade, ai titolari degli immobili e agli architetti specializzati in autogrill ad aver presente, nel realizzarne di nuovi, non solo la capacità di accoglienza, ma anche un’organizzazione del lavoro che garantisca sia il personale che i viaggiatori. Eliminare l’inquinamento acustico prima ricordato rappresenta un passo in avanti nella civiltà dell’accoglienza e, con i tempi che corrono, l’Italia ha bisogno di crescenti presenze di turisti, ma anche noi, clienti delle autostrade, che abbiamo necessità di fermarci per qualche momento di riposo, vorremmo non essere aggrediti dall’incessante sbattimento delle tazzine di caffè.
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RISTORAZIONE: CRISI ED EVOLUZIONE
L’attuale crisi economica modifica il tradizionale panorama ristorativo e sollecita l’inventiva e la fantasia di cuochi e ristoratori.
Nuove Proposte in Ristorazione
di Luigi Russolo
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li effetti di quella che viene chiamata la crisi economica, che interessa tutto il mondo occidentale, sta negativamente colpendo, non solo in Italia, anche il vasto mondo dell’ Horeca: alberghi, ristoranti, catering, caffè e locali simili. I ristoranti di mezzo soffrono più degli altri. Molti caffè e bar hanno pensato di far quadrare il bilancio preparando già da anni a mezzogiorno pranzi veloci e a costi ridottissimi, soprattutto insalatone o panini di vario contenuto, per impiegati e altri clienti costretti a pranzare fuori casa. I problemi esistono e vanno crescendo, poiché le spese fisse – luce, gas, acqua, telefono, lavaggio, personale, ecc. – sono in costante aumento, mentre i ricavi sono in diminuzione. Nessuno, come è ben noto, possiede la bacchetta magica per risolvere i problemi che hanno pesantemente colpito il settore e, per intanto, occorre prendere coscienza che nel mondo ristorativo-alberghiero sono avvenuti dei grandi cambiamenti, una vera rivoluzione
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RISTORAZIONE:
CRISI ED EVOLUZIONE
e, quello che più è chiaro, indietro non si torna più. E allora occorre cambiare. Già un buon numero di ristoranti per non restare vuoti e resistere alla crisi ha deciso di aprire un angolo pizza. Alcuni lo fanno nascondendo il forno in cucina per tema di essere (erroneamente) considerati di bassa ristorazione; altri, invece, ponendo il forno in bellavista, facendo immediatamente conoscere a chi entra che, oltre ai piatti preparati dalla cucina e scritti nella Carta, ci sono anche delle ottime pizze fumanti, gradite soprattutto dai bambini quando, qualche volta, va a pranzo o a cena tutta la famiglia. Questo è già un cambiamento avviato e, a quanto risulta, con esiti soddisfacenti. Oltre al ristorante che si arricchisce di pizzeria, ci sono altre esperienze positive. Un buon numero di ristoranti, infatti, anche stellati, anche pluristellati (più stelle ci sono più alti i costi di gestione) hanno aperto accanto, ma ben distinta dalla sala vip, una saletta-osteria, di fatto un ristorante per impiegati, operai e lavoratori fuori casa o persone di passaggio a costi molto contenuti e quindi possibili. E la sera questi locali ospitano gruppi di giovani, formazioni sportive al termine dell’allenamento per una spaghettata o piatti simili, sem plici e poco costosi. Uno dei primi esempi del genere è stato l’Antica Pesa
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RISTORAZIONE:
CRISI ED EVOLUZIONE
di Fabio Tacchella, a Stallavena di Grezzane (Verona), chef e team manager della Nazionale Italiana Cuochi. Tacchella aveva voluto accanto al suo ristorantino di alta classe, naturalmente con ingresso diverso, un’altra sala per una ristorazione sempre di qualità ma a costi molto contenuti, tanto che questo secondo ristorante manteneva il primo. Oggi questo tipo di organizzazione duale si è molto diffuso, anche per recuperare tutti quei clienti che, trovandosi fuori casa e non potendo pagare quanto solitamente chiedono i ristoranti eccellenti o similtali, trovano comodo sedersi in una sala ristorante più sobria e consumare un pasto a meno di 13-15 euro. In Friuli-Venezia Giulia, il primo a sperimentare questo sistema, in anni non sospetti è stata la famiglia Canton di san Quirino (PN), che, accanto al ristorante stellato “La Primula”, ha aperto l’Osteria delle Nazioni, dove si servono i piatti della tradizione friulana a prezzi assai contenuti. Chi invece desidera gustare l’alta cucina preparata da Andrea
Canton in un ambiente elegante e raffinato, con un servizio eccellente, assaggiando ottimi vini, entra da un altro ingresso e si trova a “La Primula”. Quelle che abbiamo raccontato sono due proposte di successo e, chi viaggia per l’Italia, ha modo di vedere una straordinaria fioritura di nuove esperienze, molte episodiche e di breve durata, altre destinate a creare nuovi interessanti filoni meritevoli d’essere imitati. Quello che in questa fase è comunque vietato alla ristorazione è restare ferma perché l’immobilismo nel settore è l’anticamera della chiusura. Resta poi vero che ogni situazione è diversa dalle altre per cui spetta ai titolari dei ristoranti in situazione difficile valutare al meglio il contesto in cui si trovano e individuare, magari con l’aiuto di esperti del settore, la soluzione migliore per un possibile rilancio.
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LA SINDROME
METABOLICA 2 3
UN LIVELLO SUPERIORE A QUELLO NORMALE DI TRIGLICERIDI nel sangue, un tipo di grasso presente nel sangue.
LA SCIENZA DELL’ ALIMENTAZIONE
UN LIVELLO PIÙ BASSO DEL NORMALE DI COLESTEROLO HDL nel sangue. HDL è considerato colesterolo buono perché riduce le probabilità di patologie cardiache. Bassi livelli di HDL ne aumentano invece le probabilità.
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e cinque condizioni elencate di seguito sono fattori di rischio metabolici per il sistema cardiocircolatorio. Una persona può sviluppare uno qualsiasi di questi fattori di rischio di per sé, ma spesso essi tendono a presentarsi insieme. La sindrome metabolica viene diagnosticata quando una persona presenta almeno tre di questi fattori di rischio di patologie cardiache:
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UN LARGO GIROVITA. Questa condizione è anche definita come obesità addominale: l’eccesso di grasso nella zona addominale è un fattore di rischio per le malattie cardiache maggiore rispetto al grasso in eccesso in altre parti del corpo, come ad esempio sui fianchi.
IPERTENSIONE ARTERIOSA. La pressione sanguigna è formalizzata con due numeri; il primo, corrispondente alla pressione sistolica, misura la pressione nel sangue quando il cuore batte, il secondo, corrispondente alla pressione diastolica, misura la pressione nel flusso sanguigno tra i battiti del cuore quando il cuore è rilassato.
Un livello elevato di colesterolo LDL; il fumo. Anche un unico fattore di rischio aumenta la probabilità di problemi cardiovascolari e viceversa ogni fattore di rischio dovrebbe essere eliminato per ridurre il rischio. La probabilità di sviluppare la sindrome metabolica è strettamente legata al sovrappeso o all’obesità e ad una mancanza di attività fisica. Un’altra causa è l’insulino-resistenza, una condizione in cui il corpo non può utilizzare la sua insulina in modo appropriato: l’insulina è un ormone che l’organismo utilizza per favorire la conversione dello zucchero nel sangue in energia. La resistenza all’insulina può portare ad alti livelli di zucchero
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LIVELLI DI GLICEMIA A DIGIUNO PIÙ ALTI DEL NORMALE. Un livello di glicemia lievemente elevato può essere un segno di allarme precoce del diabete.
Quanti più fattori di rischio sono presenti, tanto maggiori saranno le probabilità di sviluppare patologie cardiache, diabete o un ictus. Anche altri fattori di rischio, oltre a quelli della sindrome metabolica, aumentano la probabilità di patologie cardiache:
Dott.ssa Marisa Cammarano - biologa nutrizionista -
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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE 2 di 3
nel sangue ed è strettamente collegata a sua volta con il sovrappeso o l’obesità. Normalmente l’apparato digerente scinde alcuni degli alimenti che mangiamo in zucchero (glucosio); il sangue trasporta il glucosio ai tessuti corporei, dove le cellule lo usano come substrato energetico facendolo entrare con l’ aiuto dell’ insulina. Nelle persone con insulino–resistenza le cellule non rispondono normalmente all’ insulina ed il glucosio non può entrare nelle cellule con la stessa facilità. Il corpo reagisce rilasciando sempre più insulina per aiutare il glucosio ad entrare nelle cellule, ma il risultato è la presenza di livelli più alti del normale sia di insulina che di glucosio nel sangue. Anche se forse non elevato abbastanza per definirsi diabete, un elevato livello di glucosio interferisce con i processi corporei: l’insulina elevata innalza i livelli dei trigliceridi e di altri lipidi nel sangue ed interferisce anche con il modo in cui lavorano i reni, provocando un innalzamento della pressione arteriosa. Questi effetti combinati dell’ insulinoresistenza espongono al rischio di patologia cardiaca, ictus, diabete e altre condizioni patologiche. Coinvolge una varietà di fattori genetici e ambientali, si pensa infatti che alcune persone siano geneticamente predisposte all’ insulino-resistenza, ereditando questa tendenza dai genitori. Comunque l’essere in sovrappeso ed inattivi sono i principali fattori.
Ulteriori cause dello sviluppo di questa sindrome sono: Età. La prevalenza della sindrome metabolica aumenta con l’età, colpendo meno del 10% delle persone nella terza decade di vita e il 40% delle persone nella settima decade di vita. Alcune ricerche mostrano che circa uno su otto studenti presenta tre o più componenti della sindrome metabolica, un’altra ricerca ha identificato un’associazione tra la sindrome metabolica dell’infanzia e patologie cardiovascolari dell’adulto decenni più tardi. Razza. Gli ispanici e gli asiatici sembrano essere maggiormente a rischio di sindrome metabolica rispetto alle altre razze. Obesità. Un indice di massa corporea (BMI), una misura della percentuale di grasso corporeo basata sull’ altezza e sul peso, superiore a 25 aumenta il rischio di sindrome metabolica. Storia del diabete. È molto più probabile avere la sindrome metabolica in caso di familiarità per diabete di tipo 2 o diabete durante la gravidanza. Altre malattie. Anche una diagnosi di ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari o da sindrome dell’ovaio policistico, un problema metabolico che colpisce la donna ed il sistema riproduttivo, aumenta il rischio di sindrome metabolica.
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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE 3 di 3
Sintomi Avere la sindrome metabolica significa soffrire di diversi disturbi metabolici contemporaneamente, tra cui: Obesità, in particolare intorno alla vita, Ipertensione, Un elevato livello di trigliceridi nel sangue di grassi e un basso livello di colesterolo HDL, Resistenza all’insulina, un ormone che aiuta a regolare la quantità di zucchero nel corpo. Avere una componente della sindrome metabolica significa avere più probabilità di presentarne altre e, più componenti sono presenti , maggiori sono i rischi per la salute.
Diagnosi Anche se il medico non è in genere alla ricerca della sindrome metabolica, le linee guida considerano a rischio se si hanno tre o più dei tratti associati a questa condizione. Circonferenza vita elevata, superiore a 88 cm per le donne e 102 per gli uomini. Alcuni fattori di rischio genetici, come la familiarità per diabete o l’origine asiatica, abbassano il limite della circonferenza vita. Elevato livello di trigliceridi pari a 150 milligrammi per decilitro o superiore, o se comunque si è in trattamento per alti livelli di trigliceridi. Ridotte quantità circolanti di HDL (inferiore a 40 mg/dl negli uomini o inferiore a 50 mg/dl nelle donne).
Pressione arteriosa oltre i 130/85 o in caso di trattamento farmacologico per l’ ipertensione. Elevata glicemia a digiuno (100 mg/dl o superiore), od anche se tenuta sotto controllo con farmaci.
Cura e terapia Trattare uno dei fattori di rischio della sindrome metabolica è già difficile, ma occuparsi di ognuno di essi potrebbe sembrare impossibile; tuttavia un cambiamento dello stile di vita e, in alcuni casi, i farmaci possono migliorare tutti i fattori della sindrome metabolica. Fare più attività fisica, perdere peso e smettere di fumare contribuiscono a ridurre la pressione sanguigna e a migliorare i livelli di colesterolo e zucchero nel sangue. Questi cambiamenti sono fondamentali per ridurre il rischio. Esercizio. I medici raccomandano di svolgere dai 30 ai 60 minuti di esercizio fisico di intensità moderata, come camminare di buon passo, ogni giorno. Perdere peso. Perdere anche solo dal 5 per cento al 10 per cento del peso corporeo può ridurre i livelli di insulina e la pressione sanguigna. Mangiare sano. La dieta mediterranea, come molti regimi alimentari per mangiare sano, limita i grassi non salutari a favore di frutta, verdura, pesce e cereali integrali. Smettere di fumare. Fumare sigarette aumenta la resistenza all’insulina e peggiora le conseguenze sulla salute della sindrome metabolica. Parlate con il vostro medico se avete bisogno di aiuto
per eliminare quest’ abitudine. Se non siete in grado di raggiungere i vostri obiettivi attraverso i cambiamenti dello stile di vita, il medico può anche prescrivere farmaci per abbassare la pressione sanguigna, per controllare il colesterolo o per favorire la perdita di peso. Si possono prescrivere farmaci insulino-sensibilizzanti per aiutare il corpo a usare l’ insulina in modo più efficace e la terapia con aspirina in alcuni casi può contribuire a ridurre il rischio di infarto e ictus.
Prevenzione È possibile prevenire o ritardare la sindrome metabolica soprattutto con cambiamenti dello stile di vita: uno stile di vita sano è un impegno permanente, controllare con successo la sindrome metabolica richiede quindi uno sforzo a lungo termine ed un lavoro di squadra con il proprio medico curante. Impegnarsi in una dieta sana, mangiare molta frutta e verdura, scegliere tagli magri di carne bianca o pesce invece che carni rosse, evitare alimenti conservati o fritti in abbondante olio, eliminare il sale da tavola e sperimentare altre erbe e spezie. Muoversi, fare molta attività fisica regolare e moderata. Programmare regolari visite di controllo, controllare la pressione sanguigna, il colesterolo ed i livelli della glicemia a intervalli regolari.
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sett. 2012
pizza e pasta italiana
Il Campionato Europeo della Pizza a
ROMA
per la 15° edizione Dopo i Cesari e i Papi questa affascinante e millenaria città sarà teatro di una disfida all’ultima…pizza! La competizione che premia i pizzaioli d’Europa si terrà durante la fiera Pabogel il 29 e 30 ottobre 2012. Il Campionato Europeo è l’appuntamento che da anni mette a confronto i pizzaioli di tutta Europa con diverse tipologie di gare. Le competizioni sono: pizza classica, che si svolgerà nella giornata di lunedì 29 Ottobre; gara di velocità e larghezza che si svolgeranno nella giornata di martedì 30. Per la gara di pizza classica il pizzaiolo dovrà portare tutti gli ingredienti per la realizzazione del prodotto (impasto, prodotti di farcitura, piatto o tagliere per presentare la pizza), la sua pizza sarà valutata da un’attenta giuria in base a gusto e cottura con un punteggio compreso da 1 a 100. La gara di larghezza consiste nell’allargare il più
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Campionato Europeo della Pizza
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PAGINA A SINISTRA
Un'illustrazione di Enrico Salvador. A FIANCO
La Città di Roma, panorama.
possibile una pallina d’impasto da 500gr in un tempo massimo di 5 minuti. Un giudice misurerà il diametro nei due punti più larghi, poi verrà fatta la media. La gara di velocità consiste nell’allargare il più velocemente possibile 5 palline d’impasto su delle retine con diametro di 30 cm. Per queste due gare l’impasto sarà fornito dall’organizzazione. Al termine di ogni giorno di gara saranno resi noti i Campioni Europei di specialità. NON SONO AMMESSE per la gara di cottura le pizze in teglia, in pala e dessert. I primi tre classificati nella gara di pizza classica andranno a partecipare di diritto anche alla finalissima del Giropizza d’Europa e avranno diritto di
info Le iscrizioni sono aperte, chiuderanno al raggiungimento della quota massima di partecipanti. Ci si può iscrivere solo telefonicamente chiamando i numeri 0421 21.22.23 / 0421 83.148 sede nazionale di Caorle (Ve). Le gare sono a pagamento.
prelazione per l’iscrizione al Campionato Mondiale della Pizza 2013. Per i maestri della teglia, in collaborazione con il Consorzio del Pecorino Romano, domenica 28 Ottobre ci sarà il “1° Trofeo Pecorino Romano” dove si concorrerà esclusivamente con la pizza in teglia. Ogni concorrente avrà a propria disposizione un forno elettrico per presentare la propria specialità (obbligatorio l’inserimento del Pecorino Romano nella pizza) e tutta la minuteria per lavorare al meglio. Un’attenta giuria valuterà gusto e cottura della pizza presentata con un punteggio compreso da uno a cento. A fine giornata verrà eletto il campione assoluto della specialità, premiato direttamente dai responsabili del Consorzio.
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pizza e pasta italiana
Ripartiamo alla grande!
T
ra poco riprenderà quota la nona edizione del Giropizza d’Europa, la gara più amata dai pizzaioli, che andrà a proclamare la pizza più buona della casa! Questa competizione vede come protagonista la pizza che realizzate ogni giorno nella vostra pizzeria, quella che avete inventato per soddisfare i palati più esigenti dei vostri clienti. Anche quest’anno cominceremo un tour lungo alcune delle fiere più importanti d’Italia e d’Europa alla ricerca di nuovi talenti pizzaioli oltre che di conferme della professionalità raggiunta da molti altri: la gara più amata ed ambita all’interno della quale potrete sviluppare dunque le vostre competenze, il vostro talento e, perché no, la vostra fantasia.
sopra
I partecipanti di una delle scorse edizioni di Giro Pizza.
Ecco come funziona: al Giropizza concorre solo la pizza della casa presente sul menù del vostro locale. Dovrete realizzare la pizza portando da casa l’impasto, gli ingredienti e il piatto o l’eventuale coreografia sulla quale presentarla alla giuria. La valutazione della giuria sarà inappellabile e andrà a comporre la classifica. I primi dieci classificati di ogni tappa accederanno di diritto alla finalissima dove dovranno obbligatoriamente portare la pizza presentata nella gara in cui si sono qualificati.
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giropizza d’europa 2012-2013
Da quest’anno inoltre un’importante novità: i primi 5 classificati di ogni tappa avranno un diritto di prelazione all’iscrizione al prossimo Campionato Mondiale della Pizza edizione 2013! Diritto di prelazione che poi dovranno confermare entro una data che comunicheremo più avanti.
ecco le prime tappe Hoventa Budapest, 17 ottobre Hospitality Genova, 5 novembre sigep Rimini, 21 gennaio exporivaHotel Riva del Garda, 28 gennaio
le iscrizioni sono già aperte. nella pagina seguente troverete il modulo d’iscrizione da compilare (prima di farlo leggete il regolamento per l’anno 2012/2013) in ogni sua parte e che dovrà essere inviato in redazione almeno 20 giorni prima della data della tappa prescelta. dovrete poi telefonare alla redazione a conferma dell’avvenuta iscrizione per verificare la disponibilità dei posti. per ulteriori informazioni potete visitare il sito www.pizzaepastaitaliana.it o telefonare al numero 0421 83148.
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pizza e pasta italiana
GIROPIZZA D'EUROPA
Regolamento Giropizza d’Europa 2012 | 2013
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L’iscrizione al Giropizza d’Europa 2012/2013 sarà a pagamento. Si dovranno versare in loco € 30,00 che saranno interamente devoluti in beneficenza. L’iscrizione al Giropizza d’Europa 2012/2013 sarà accettata solo se effettuata in modo corretto tramite: compilazione tagliando virtuale in internet (www.pizzaepastaitaliana.it), compilazione del tagliando che trovate su Pizza e Pasta Italiana e telefonata in redazione per conferma, telefonata in redazione con richiesta d’iscrizione. Il tagliando di iscrizione dovrà essere compilato in ogni sua parte comprensiva di dati del pizzaiolo e della pizzeria, tappa in cui si vuole gareggiare e ingredienti della pizza in gara, in caso contrario la domanda non verrà presa in considerazione. Sarà la redazione di Pizza e Pasta Italiana, tramite sorteggio, a stabilire
l’ordine di partecipazione dei concorrenti, non verranno ammessi cambi numero o scambio di posto. La redazione pubblicherà sul sito internet www.pizzaepastaitaliana.it l’ordine dei concorrenti alcuni giorni prima della gara, a coloro che si iscriveranno dopo tale pubblicazione verrà assegnato il primo numero di gara. Non sarà possibile iscriversi direttamente in fiera. Ci si dovrà presentare allo stand di Pizza e Pasta Italiana al massimo un’ora dopo l’apertura al pubblico della fiera in corso per ritirare il proprio numero di gara ed espletare le ultime formalità dell’iscrizione, pena l’eliminazione della competizione a chi si presenterà dopo tale orario in stand. I primi dieci classificati di ogni tappa accederanno di diritto alla finalissima dove dovranno presentare la stessa pizza realizzata alla prima gara, pena l’esclusione dalla finale.
SCHEDA DI PARTECIPAZIONE
COMPETITION FORM /FICHE DE PARTECIPATION Da inviare almeno 20 giorni prima della data della tappa scelta e telefonare al numero 0421.21.23.48 per avere conferma dell'iscrizione avvenuta.
Nome /Name /Nom ................................................................. Cognome /Surname /Prénom .......................................................................... Tel. - Cell. /Phone number /Numero de telephone....................................................... E-mail ......................................................................... — Pizzeria /Name of the Pizzeria /Nom de Pizzeria .............................................................................................................................................. Indirizzo /Address /Adresse.................................................................................................................................................................................. Località /Town /Lieu .............................................................................................................................................................................................. Cap /Post-code /Code Postal ......................................................................................... Provincia /District /Province ................................... Tel. /Phone number /Numero de telephone ................................................................ E-mail ..........................................................................
desidero partecipare alla tappa di /competition in / competition de ...................................................................................................................................................................................................................................
ricetta della pizza della casa /pizza recipe / pizza du chef Nome della pizza /Pizza name /Nom de Pizza ................................................................................................................................................... Ingredienti /Ingredients /Ingrédients ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................
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Fiere dal 5 al 8 Settembre
dal 27 al 30 Ottobre
dal 27 al 30 Gennaio 2013
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Pabogel
Expo Riva Hotel
— Riga, Lettonia La più importante fiera alimentare dell’est europeo Italian Fair Service
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Dal 16 al 18 Ottobre
dal 4 al 7 Novembre
Hungexpo
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— Hoventa – Budapest
— Genova, Italia Fiera di Genova S.p.A.
dal 19 al 20 Febbraio 2013
Vásár és Reklám Zrt. H-1101 Budapest, Albertirsai út 10. Tel.: (+36 1) 263 64 86 www.hungexpo.hu www.specialityfood.com
dal 17 al 21 Ottobre
Piazzale J.F. Kennedy 1 16129 Genova Tel. + 39 010.53911 Fax + 39 010.5391309 - 270 fiera@fiera.ge.it www.fiera.ge.it
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dal 21 al 25 Ottobre
dal 19 al 23 Novembre
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Igeho
— Parigi, Francia Saloni Internazionali Francesi S.r.l.
— Basilea, Svizzera Fiera del settore alberghiero e catering
Hostelco — Barcellona, Spagna Información general
A celebration of Wine — Gainesville, Florida Sue Wagner swagner@wuft.org Tel: 352-392-5200
dal 24 al 27 Febbraio 2013
Tema — Copenhagen, Danimarca Bella Center www.bellacenter.dk
dal 3 al 7 Marzo 2013
Tirreno CT
Tirreno Trade s.r.l.
Via Caradosso 10 - 20123 Milano Tel: 0039/02/43.43.53.25 Fax : 0039/02/46.99.745 www.salonifrancesi.com
Messe Basel - Messel Platz, CH 4005 Basea – Svizzera www.igeho.ch
dal 19 al 23 Gennaio 2013
Sigep + AB Tech Expo — Basilea, Svizzera Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria e Panificatori Artigianali Rimini Fiera Spa - Via Emilia, 155 47900 Rimini - www.sigep.it
Centro Direzionale Olidor Via Dorsale 9 - scala 9/c int.29 54100 Massa (MS) Tel. + 39 0585.791770 - Fax + 39 0585.791781 info@tirrenotrade.it - www.tirrenoct.it
dal 25 al 29 Maggio 2013
Siab — Verona, Italia Ente Autonomo per le Fiere di Verona V.le del Lavoro 8, 37135 Verona Tel. 045 8298111 www.siabweb.com
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LO SCADENZIARIO FISCALE — di Settembre
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lunedì LIBRO UNICO scadenza delle registrazioni relative al mese precedente ADDIZIONALI Versamento addizionali regionali/ comunali su redditi da lavoro dipendente del mese precedente.
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venerdì DICHIARAZIONE ICI presentazione (ove previsto) della dichiarazione ICI per l’anno 2012 (termine ultimo per i soggetti che presentano Unico 2012). DICHIARAZIONE IRAP Termine per la presentazione della dichiarazione annuale IRAP in forma autonoma.
CONTRIBUTI INPS MENSILI Versamento all’INPS da parte dei datori di lavoro dei contributi previdenziali a favore della generalità dei lavoratori dipendenti, relativi alle retribuzioni maturate nel mese precedente. RITENUTE Versamento ritenute su redditi da lavoro dipendente e assimilati, lavoro autonomo, provvigioni nonchè su corrispettivi per contratti d’appalto nei confronti dei condomini (mese precedente).
DICHIARAZIONE IVA Termine per la presentazione in via telematica della dichiarazione annuale IVA da parte dei contribuenti che non presentano la dichiarazione annuale unificata DICHIARAZIONE UNIFICATA (redditi-IVA) Trasmissione telematica diretta (contribuente) o tramite intermediario abilitato della dichiarazione unica annuale delle persone fisiche e delle società di persone e dei soggetti IRES relativamente all’esercizio chiuso nel 2011.
IVA LIQUIDAZIONE MENSILE Liquidazione nonché versamento dell’imposta eventualmente a debito relativa al mese precedente. IVA DICHIARAZIONE D’INTENTO Invio telematico all’Amministrazione finanziaria dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento ricevute nel mese precedente.
24 lunedì ELENCHI INTRASTAT Riepilogativi mensili relativi alle operazioni intracomunitarie del mese precedente.
GESTIONE SEP RATA INPS Versamento da parte dei committenti e degli associanti del contributo previdenziale sui compensi corrisposti nel mese precedente.
ADEGUAMENTO IVA DA PARAMETRI Versamento dell’IVA dovuta sui maggiori ricavi/ compensi per i soggetti che si adeguano ai parametri per il 2012. BLACK LIST comunicazione telematica delle operazioni effettuate con operatori economici aventi sede, residenza o domicilio nei paesi cosiddetti BLACK LIST.
LOCAZIONI: IMPOSTA DI REGISTRO Versamento, per parti contraenti di contratti di locazione e affitto, dell’imposta di registro sui contratti di locazione e affitto stipulati in data 03/09/2012 o rinnovati tacitamente a decorrere dal 03/09/2012.
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l nuovo forno a tunnel Synthesis 12/80 rappresenta l’evoluzione dei già apprezzati forni Zanolli. Esternamente si presenta con una linea semplice e funzionale, a partire dalla grande porta di ispezione che facilita le operazioni di pulizia e di estrazione del prodotto qualora ce ne fosse la neces-
sità. Il quadro comandi è in posizione ottimale ed in zona riparata da sorgenti di calore, garanzia di alta affidabilità delle componenti elettriche impiegate. Le funzioni di comando sono semplici ed immediate a tutto vantaggio dell’utilizzatore finale. Sia per gli esterni che per gli interni la struttura è interamente in
acciaio inox a garanzia della massima qualità costruttiva. La tecnologia della nuova linea Synthesis è quanto di più raffinato oggi sia disponibile sul mercato, a cominciare dal sistema di raffreddamento delle superfici esterne e dalla grande silenziosità meccanica di funzionamento, nel pieno rispetto delle normative per la sicurezza e la salubrità dell’ambiente di lavoro. Attenzione particolare è stata data per razionalizzare i flussi d’aria all’interno della camera di cottura, ottimizzando l’utilizzo della potenza del forno in funzione della massima resa produttiva, con un incremento superiore del 40% rispetto al modello precedente. Si arriva poi all’evoluzione del rendimento dei forni mediante la possibilità di parzializzare indipendentemente la
potenza al cielo e alla platea nelle versioni elettriche, ad esclusivi sistemi di controllo della temperatura, fino al miglioramento del rendimento dei bruciatori nei forni a gas con sistema Nozze-Flame in grado di assicurare un’affidabilità superiore ai bruciatori premiscelati, con costi di manutenzione irrisori e massimo risparmio energetico. Nella movimentazione dei “tappeti” rete è impiegata la migliore tecnologia con motori Brushless, esenti da manutenzione ed a garanzia della migliore affidabilità. Tutte le combinazioni dei forni prevedono la loro sovrapposizione fino ad un massimo di 3 moduli cottura sia nelle versioni a gas che elettriche, nella piena armonia dell’ergonomia di lavoro.
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pizza e pasta italiana
ENGLISH TEXT 6 EDITORIAL
by Giampiero Rorato We leave behind a summer that has forced us to seriously think about the situation of the Italian, the European and the worldwide economy and it is increasingly emerging in all of us, even common people have the awareness that the problems of the economy, banking, industrial production, import and export trade, craft, tourism, cultural development and research no longer depend, exclusively, by individual countries but by larger groupings. Our small European countries are facing giants like the USA, Brazil, China, India, giants of economy that set the lines of economic development and new trends, including cultural and scientific realities, according to their interests and their conveniences. And Italy? We all now understand that trying to be self-sufficient, means to be marginalized, even economically, thus increasing the economic breaking down and a general sense of malaise. The enlightened people and even common sense tell us
that we can compete with the more powerful countries if we become a great Country. If we become a politically strong, united and led by influential and respected leaders Europe. If the European Parliament becomes the true Parliament of all Europeans and enacts laws valid throughout the European Union. If we have a strong European government with a single European economic and fiscal policy, a single foreign policy, a single army. Believing in Europe is not just waving a blue flag with twelve gold stars, but, despite the duty of safeguarding national and local identities, working effectively for a progressive and strong political and economic union of European people, giving in some extent to sovereignty, the only way to get back to being real protagonists of our history and followers of our civilization. And it needs to be done soon, because there are no other choices. www.giampieroroarato.blogspot.com
34 TOmATO
The beautiful story of a vegetable that has changed the European cuisine By Gianandrea Rorato
In Italian and international restaurants above all pizza restaurants, tomato plays a very important role and, although in Italy it has become an eaten food only in recent times, no one could understand today’s Italian cuisine without considering tomato. For a short time it was also called red gold, for its great importance in areas where it is grown and in these notes we want to point out that its homeland is Central and South America and the southern part of North America, the vast area that lies between the deep South of the U.S., Mexico and Peru. The Aztecs called it xitomatl. The term tomatl identifies various similar fruits, usually juicy and we know that the Aztecs were the first to promote it, as we know that tomato sauce used as food became an integral part of the pre-Columbian population. We remembered the names with which tomato was called by Aztecs, but as it arrived in Europe, it has been given different names such as pomme d’or, probably for its yellow colour more or less brilliant, and like gold, then, more romantically, the French called it pomme d’amour, “love apple”, because it was said to possess aphrodisiac properties (in order to spread its usage, people have resorted to this ploy). Other people state however, that this name was given by Sir Walter Raleigh, the English lord who would have donated a beautiful tomato plant to Queen Elizabeth, christening it with the name of apples of love. Hernán Cortés and the arrival in Europe Spaniards were to discover this solanaceae (its scientific name we will see the card) in Mexico who, led by Hernán Cortés (14851547), had conquered the Aztec territory (1519-22) and when the conqueror of Mexico returned to Spain in 1523, in his rich booty there was also a tomato plant. In Italy it became known in 1544, in the first half of the ‘500 it arrived in France in the second half of the century in Switzerland and the Netherlands and at the end of the century in England.
In ‘600 the Spaniards took it to Morocco and from there it spread slowly to other African countries. Spaniards, in the decades immediately following the discovery of Cristoforo Colombo (1492) had noted that in the New World, the fruit of this plant was very used by the natives, the conquerors called by the generic name of “Indians”, but the Spanish soldiers did not like it. The plant is rich in fruits, however, was very nice and flashy, and took it to Europe mainly for its aesthetic qualities. Once arrived in Italy, the great scholar of botany Pierandrea Mattioli quotes it in 1544, but as “mala insane”, therefore not suitable for consumption (the same fate will befall the eggplant), considering it among the poisonous species. Exactly a century later, in 1644, another scholar, Vincenzo Tanara, author of “Economy of the citizen living in a villa,” mentions only in passing among the vegetables, considering it more appropriate to be included as an ornamental plant for gardens. Thus, in the mid-600 the tomato was not yet considered a food. The ancestral tomato It is believed that its spontaneous form is the original tomato Lycopersicum cerasiforme that still grows in the wild in some areas of the Americas (Peru, West Indies, Texas) and the numerous cultivars existing today in the world derive from a long succession of crosses and selections. It should be said that in recent years there has been a rediscovery and revival of Lycopersicum cerasiforme, although the current “cherry tomato” as well as the “plum”, are not the originals, but the result of careful selection and of genetic engineering that knows how to rediscover, revive and re-evaluate what is good and what nature has been able to give us over the millennia, without resorting to the “GMO” (genetically modified organisms), (Part one)
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English Text
01 TECHNICAL SHEET
CLaSSIfICaTIoN, aNd bIodIvErSITy vaLuES of TomaTo Tomato was not yet recognized as a food plant, being still almost exclusively ornamental when in 1753 the Swedish physician and naturalist Carl Nilsson Linnaeus, who, becoming noble, took the name Carl von Linné (1707-1778), made the first classification of the genre Solanum, calling it Solanum lycopersicum (the term “Lyco-persicum” belongs to the Latin language and means “wolf peach”). Also other plants belong to the genre solanum, such as potato and eggplant, and it led a few years later, in 1768, another botanist, the Scotsman Philip Miller (1691-1771), a partial change of the scientific name, in fact, he named the tomato Lycopersicon esculentum.
The new name had a notable success, but scholars believed it a wrong name and then the German botanist Hermann Karsten (1817-1908) had his say, in 1881 he corrected what different scholars considered a mistake and gave tomato the name of Lycopersicon lycopersicum. In recent years, scholars, using the techniques of molecular biology, made a further change, in line with the real biological characteristics of the plant and called tomato Solanum lycopersicum, just as it did over two centuries before Carlo Linneo, although in different publications is still the name given by Miller. This is all as far as the name is considered. We have to clarify that the varieties grown around the world are many, but the best known and cultivated is the red-berry, which comes in various shapes. Tomato fruits, however, also occur in other colors. They range in color from white cultivars (white queen, white tomesol) to those yellow (Douce de Picardie, wendy, lemon), pink (thai pink), orange (Moonglow), green even when ripe (green zebra), and even purple (black Crimea, perfect purple).In some cultivars the skin is slightly hairy, like the skin of a peach. Even with regard to the shape differences are many. There
are, in fact, long tomatoes (San Marzano), round and very large (beefsteak), cherry-shaped, in clusters (reisetomaten), and even cables inside ( tomato a farcir) and again become fashionable, the cherry tomatoes, so called because they are similar to cherries. In recent years, genetic engineering is constantly producing new cultivars, to grow productive plants in particularly hot areas, or deprived of water, or very windy, etc.., Managing to get some berries aimed at very specific uses: raw salad, more or less tender to taste, cooked, to be stuffed, suitable to be dried, to become peeled, canned, double concentrate, etc. There are many laboratories in the world operating in this area, then spreading to all continents of the new cultivar. The raw tomato has a low nutritional value (the water represents more than 90% by weight); proteins are less than 1% and 4-5% sugar. The calories are about 23-34 per 100 g, 100 g contains 1 mg of vitamin A, 30 mg of vitamin C and little else. Rather abundant lycopene (especially in cooked tomato) considered valuable for its ability to fight free radicals.
02 TECHNICAL SHEET
TomaTo varIETIES In the berry from the outside inwards the following tissues can be distinguished: • epicarp (peel) • mesocarp (pulp) of this part is fleshy and full of juice, sweet-tart flavor characteristic • Endocarp: it is divided into the cavity (2 or more lodges) containing a mucilaginous liquid (placental juice) in which there are embedded small seeds,
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discoidal-flattened-ovoid, rough, yellowish in color and rich oil. Both fat and proteins are contained in the seeds and therefore are not available for human nutrition. The red pigment lycopene present in the mature product replaces gradually the pigment chlorophyll, responsible for the initial green color. The dry matter content of the fruits increases with the ripening process and can vary from 3% to 8%. The content of sugars (glucose and fructose) and acids (citric acid and malic acid) varies significantly with the varieties, with the ripeness of the fruit and the pedo-climatic conditions of the environment and culture. The tomato juice obtained by crushing and sieving of the berries after removal of the skins and seeds, is a suspension of pulp.
58 SCHOOL OF BAKING
To clarify on a scientific basis a subject often treated badly that directly affects bakers, pizza makers, pastry and cake producers
Does natural sour dough contain industry baking yeast? by Simona Lauri
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pizza e pasta italiana
ENGLISH TEXT The topic of sourdough is overwhelmingly back in the limelight by a year now, everyone is talking, writing, holding conferences, etc. but in reality it’s not exactly the discovery of the century. Egyptians already knew and had already understood, even with their limited knowledge, that preserving a piece of dough and using it in processing the next day, the final product was better both in terms of preservation and of organoleptic characteristics. The same can be said, in terms of history, about the blastomicete S. cerevisiae which Pasteur in the mid-1800, who had already identified and studied as living and responsible for alcoholic fermentation. The use of two different types of
microbial action on the dough has created many distortions in bakery since the beginning of 1900 , in other terms since when they started to produce S. cerevisiae on a large scale for bread making. S. cerevisiae, when compared to sour dough yeast, presents a number of advantages due to the ease of its use, and better standardization, with reduced working time, but the product has a very limited conservation in time with respect to more complex processing aspects. The advantage of using yeast instead of natural sour dough is much longer in the preservation of the product, digestibility, best organoleptic sensations, etc.. For years these two yeasts were identified with a slightly different nomenclature: the S. cerevisiae as yeast, compressed, industrial, etc. sourdough and yeast as natural: natural yeast. The confusion in this regard was quite remarkable especially because this nomenclature was a source of endless discussions, misunderstandings, expertise,
interpretation, etc.. On the one hand, S. cerevisiae is a eukaryotic cell which, from a microbiological and scientific point of view, can boast the title of being truly and properly identified as “yeast” blastomicete precisely because it scientifically belongs to the class of Ascomycetes, Endomycetales order, Saccharomycetaceae family, cerevisiae species, moreover, it was
the first eukaryotic cell to have the genome sequenced in 1996. The other, in absence of a legal definition, was in a common and widespread technical terminology called “sourdough” a mass of flour, naturally contaminated, and water in which you develop a specific microflora, random, contaminant, native in constant evolution and competing nutrition. In the same
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pizza e pasta italiana
ENGLISH TEXT way, it is common opinion among professional craftsmen to use the sentence I’m going to make yeast to say I’m going to make some biga… Personally, I have been requested on several occasions to try to dispel misunderstandings and answer questions such as… is industrial yeast a natural yeast? or even ... is industrial yeast capable of making sourdough? Or ... , I do not consider the industrial yeast as yeast! For some, this is the mystery of the century. Who says NO ... who says YES, reaching very heated discussions and sometimes rude and disrespectful, standing in court, pontificating on the judgment. Personally, I do not have the presumption to “clarify” this subject, but simply to express, as always, a modest opinion on the subject of my thesis with reports documenting academic and scientific publications, and not least with the healthy and never sufficiently extolled common sense by those who work daily both with the one being with the other. About a year ago I wrote an article on this subject saying that, for the fact that the S. cerevisiae, brewer’s yeast, compressed, industrial, whatever you want is a living thing (it feeds, grows, duplicates, dies, by metabolism, etc..) is in fact “natural” and therefore, in my opinion, had all rights to be called sourdough, as well as the mass of flour and water made up of a wild microflora of lactic acid bacteria, yeasts and acetic acid, indigenous craft had the same specific rights. Both were “natural yeasts” ie, capable of performing a biological natural leavening. It ‘clear that technically, practically and microbiologically (genera, species, CFU / g of yeast, CFU / g of bacteria, etc..) , they are completely different, but in each case formed by living beings both, and therefore, in fact, both technically able to operate correctly and precisely a natural biological
leavening. From a microbiological point of view the microbial species present almost as pure culture in yeast, industrial, compressed is represented solely by the Saccharomyces cerevisiae in a concentration equal to about 108 CFU / g that is, in one gram of compressed yeast there are about 10 active lives and billions of cells that can grow, reproduce and die making metabolisms. In yeast instead of sourdough artisan natural microflora is diverse, wild, random, single, native, evolving microbial and in turn depends on factors both endogenous (microbial load of raw materials, secondary metabolite accumulation, nutrient competition, the presence of particular nutrients, microbial iteration, etc.). both exogenous (temperature, relative humidity, pH, presence of sodium chloride, presence / absence of oxygen, etc..). In literature, there are countless works of various authors, both Italian and foreigners who demonstrate the extent of microbial species identified in mothers craft; between lactic acid bacteria were identified more than 50 species belonging to the genus Lactobacillus. Pediococcus, Leuconostoc, etc.. and more than 20 species of yeasts belonging to the genus Saccharomyces, Candida, Torulopsis, Pichia including just the species Saccharomyces cerevisiae as well as S. Exiguus, Candida krusei, etc.. As can be seen from the identification of microbiological mothers, S. cerevisiae is not in pure culture as in yeast, compressed,
industrial, but it coexists with the presence of other microbial species in a natural ecosystem. It may be the only representative species of blastomiceti in mothers as well as live with other species of yeasts and, in any case, there is a value expressed in CFU / g less than the yeast, industrial, compressed (approximately 108 CFU / g for fresh compressed yeast). Moreover, the identification of microbial mothers, from which all depend on the technological characteristics, rheological, sensory, conservation, nutrition, microbiology, has always reported as the cultivation of lactic acid bacteria and yeasts approximately greater than about 2 orders of magnitude, although lately in some mother lactic acid bacteria and yeasts are the results of the same order of magnitude. In handmade mothers then S. cerevisiae was found although in smaller quantities, in connection with other microbial species, with growth, development and metabolism altered, using fermentative substrates modified and therefore I would say that university evaluated the reports on this matter and microbiological analyzes performed and published in major national and world scientific journals, the mother craft or natural sourdough yeast, compressed yeast, industrial, beer, technically and in practice exists. It is clear that we are in two different contexts, in two distinct realities, but its presence makes me ask you some personal reflections also dictated by the famous common sense. It must be said, in my opinion that the consumer must be properly informed of the
presence of S. Cerevisiae. However, cerevisiae yeast in sourdough as the natural mother has always managed, refreshed and worked in a bakery craft that is “contaminated” with spores of S. cerevisiae, which in turn will give rise to the vegetative form in the mother itself, is ubiquitous, sporeforming, non-pathogenic, etc.. Most consumers, doctors, dietary, and experts think it does not exist! Depending on the growing outbreak of illness linked to allergies and / or food intolerance (real or alleged no later than on!), as a result of current biomedical little information whether there is or not a minimum concentration of blastomicete (CFU / g) in can trigger the immune response in the individual, or in the absence of certain knowledge as to what are the components of the S. cerevisiae can trigger immune-mediated reactions and not (perhaps a particular amino acid sequence of some membrane carriers) and not knowing the severity of allergy / intolerance, I feel obliged to inform the consumer of the presence and scrupulously to the risk that cells of S. cerevisiae are present in the mother. In any case, apart from the important speech of allergies / intolerances, the organoleptic characteristics and better conservation of the products do not understand, where the problem is to use the S. cerevisiae or beer, industrial, compressed, if you prefer to make bread, pizza etc.. but most can not understand this’ media attack and this demonization against a blastomicete which plays an extremely important and irreplaceable role in technology and rheology of the dough for bread, pizza, etc.. Personally, I have figured it out!
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Prenotazioni tel. 0421 21 22 23
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corsi in Italia
Sede nazionale SCUOLA DI CAORLE istruttori: Graziano Bertuzzo
Mauro Pasini
Angelo Silvestrini
dal 10 al 14 set. / dallâ&#x20AC;&#x2122;8 al 12 ott. / dal 5 al 9 nov. / dal 3 al 7 dic. info: 0421 21 22 23 / 0421 83 148 I corsi potranno tenersi anche in inglese, francese, tedesco con un numero minimo di 5 iscritti per lingua
Le scuole:
A
B
ALESSANDRIA AOSTA
AREZZO
BARI
BARI
BELLUNO
Momperone
c/o M.D.L. Arredamenti
Bitonto
Alberobello c/o Matarrese Grandi Imp.
c/o Ass. Tec Attrezzature
istruttore: Paolo Abbiati
istruttore: Paolo Dal Molin
istruttore: Pierluigi Police
istruttore: Paolo Priore
istruttore: Rosa Casuli
istruttore: Davide Noventa
dal 10 al 14 set.
dal 17 al 21 set.
dal 24 al 28 set.
dal 17 al 28 set.
dal 17 al 28 set.
dal 10 al 21 set.
dal 5 al 9 nov.
dallâ&#x20AC;&#x2122;8 al 12 ott.
dal 15 al 19 ott.
dal 15 al 26 ott.
dal 15 al 26 ott.
dal 15 al 26 ott.
info: 348 79 51 419 0421 21 22 23
dal 5 al 9 nov.
dal 19 al 23 nov.
dal 19 al 30 nov.
dal 19 al 30 nov.
dal 5 al 16 nov.
info: 329 95 030 65 0421 21 22 23
info: 339 13 24 235 0421 21 22 23
info: 392 11 60 790 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
info: 347 56 27 934 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
dal 3 al 14 dic. info: 329 07 80 290 0421 21 22 23
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pizza e pasta italiana
SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI
C
BENEVENTO /AVELLINO
BRESCIA
CAGLIARI S. Sperate
CAMPOBASSO
CATANZARO
c/o Forni Ceky
istruttore: Marco Amoriello
istruttore: Ugo Nalesso
istruttore: Elio Marongiu
istruttore: Luca Mangino
istruttore: Antonio Russo
istruttore: Mario Signorile
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 21 set.
dal 17 al 21 set.
dal 26 al 30 nov.
dal 15 al 19 ott. info: 02 96 48 91 42 340 42 57 917 0421 21 22 23
Turate
dal 12 al 16 nov.
dall’8 al 12 ott.
dal 26 al 30 nov.
dal 26 al 30 nov.
info: 0823 71 12 25 320 83 38 243 0421 21 22 23
dal 19 al 23 nov.
info: 329 1327066 0421 21 22 23
info: 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
info: 333 99 40 495 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
G
L
COSENZA
info: 347 06 666 88 030 99 72 249 0421 21 22 23
F
FIRENZE
FOGGIA
Reggello c/o Forni Valoriani
c/o Daunia Alimenti
istruttore: Michele Intrieri
istruttore: Luca Esposito
istruttore: Luca Mangino
istruttore: Roberto De Santis
istruttori: istruttori: Alessandro Marigliani Carmine Iannicelli
dal 10 al 21 set.
dal 17 al 21 set.
dal 10 al 21 set.
dal 17 al 21 set.
dal 15 al 26 ott.
dal 15 al 26 ott.
dal 26 al 30 nov.
dal 15 al 19 ott.
dal 26 al 30 nov.
dall’8 al 12 ott.
dal 12 al 23 nov.
dal 12 al 23 nov.
info: 377 30 82 680 num. verde: 800 14 65 69 0421 21 22 23
dal 26 nov all’1 dic
info: 392 11 60 790 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
dal 12 al 16 nov.
info: 333 27 97 451 320 40 37 621 0421 21 22 23
info: 333 27 97 451 320 40 37 621 0421 21 22 23
info: 055 86 80 69 0421 21 22 23
GENOVA
COMO
dal 10 al 14 dic. info: 329 911 70 77 0421 21 22 23
LATINA
LATINA
Fondi/Terracina
Fondi/Terracina
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Prenotazioni tel. 0421 21 22 23
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M
L’AQUILA
LECCE
LECCO
LIVORNO
LUCCA
Roccaraso
c/o Mario Pensa Arredamenti
Merate
Cecina c/o New Chef Service
Viareggio
MASSA CARRARA
istruttore: Giuliano Bucci
istruttore: Tonio Trinchera
istruttore: Cristian Marasco
istruttore: Pino Ferraro
istruttore: Sandro Batzella
istruttore: Alessandro Gatti
dall’10 al 14 set.
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 14 set.
dal 17 al 21 set.
dall’8 al 19 ott.
dal 10 al 14 dic.
dal 26 al 30 nov.
dal 12 al 23 nov.
dal 12 al 16 nov.
dal 22 al 26 ott.
dal 5 al 16 nov.
info: 339 79 19 152 348 16 84 100 0421 21 22 23
info: 338 21 93 934 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
info: 348 30 11 489 0421 21 22 23
info: 329 19 27 776 0421 21 22 23
dal 19 al 23 nov.
dal 3 al 14 dic.
info: 0584 96 15 19 328 32 46 718 0421 21 22 23
info: 328 47 64 621 0421 21 22 23
P
MESSINA
MODENA
PARMA
PESCARA
POTENZA
POTENZA
Giardini Naxos
c/o Forni Pavesi Modena
Reggio Emilia c/o Techfood
c/o Braden Attrezzature
c/o Satriano Arredamenti
c/o Satriano Arredamenti
istruttore: Giuseppe Santoro
istruttore: Mirko Bazzocchi
istruttore: Salvatore Salviani
istruttore: Gianni Pompetti
istruttore: Paolo Priore
istruttore: Maria Carmela Tarantino
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 21 set.
dal 10 al 21 set.
dal 26 al 30 nov.
dall’8 al 12 ott.
dall’8 al 12 ott.
dal 12 al 16 nov.
dal 26 al 30 nov.
dal 26 al 30 nov.
info: 0421 21 22 23
dal 5 al 9 nov.
dal 12 al 16 nov.
dal 3 al 7 dic.
dal 10 al 14 dic.
info: 059 57 45 69 0421 21 22 23
info: 339 12 38 593 0421 21 22 23
info: 085 44 61 403 389 68 15 179 0421 21 22 23
info: 392 11 60 790 340 53 56 975 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
info: 392 11 60 790 340 53 56 975 0421 21 22 23 num. verde: 800 14 65 69
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settembre 2012
pizza e pasta italiana
SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI ROMA
R
S
T
ROMA
SALERNO
c/o Terminal Gianicolo 5° livello
Ostia
Caselle in Pittari
istruttori: Fabrizio Di Leginio
Gianluca Procaccini
istruttore: Michele Croccia
istruttore: Gianni Pompetti
istruttore: Carmine Leocata
Salvatore Chierchia
TERAMO
TORINO c/o Ascom Torino
dal 10 al 14 set. / dall’8 al 12 ott.
dal 17 al 28 set.
dal 10 al 14 set.
dal 15 al 19 ott.
dal 10 al 14 set.
dal 5 al 9 nov. / dal 3 al 7 dic.
dal 15 al 26 ott.
dal 15 al 19 ott.
dal 10 al 14 dic.
dall’1 al 5 ott.
info: 06 68 40 331 - 06 68 40 33 25 340 71 38 445 - 0421 21 22 23
dal 19 al 30 nov.
dal 12 al 16 nov.
info: 06 56 992 32 347 49 68 426 339 83 40 789 0421 21 22 23
dal 10 al 14 dic.
info: 389 68 15 179 0421 21 22 23
dal 3 al 7 dic.
V
VARESE
VERONA
Castiglione Olona
c/o Zanolli Forni
istruttore: Giuseppe Falzone
istruttore: Carmelo Oliveri
istruttore: Claudio Perrone
dal 10 al 20 set.
dal 10 al 14 set.
dal 10 al 14 set.
dal 15 al 25 ott.
dal 19 al 23 nov.
dal 12 al 16 nov.
dal 12 al 22 nov.
info: 045 858 15 00 347 424 11 88 0421 21 22 23
info: 0421 21 22 23
info: 339 324 55 39 0421 21 22 23
VICENZA
info: 339 23 16 342 0421 21 22 23
dal 5 al 9 nov. info: 011 55 16 111 0421 21 22 23
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16-AUG-12 17:15:52
Prenotazioni tel. 0421 21 22 23
corsi di perfezionamento
corsi serali
SCUOLA DI CAORLE
BENEVENTO / AVELLINO
SCUOLA DI CAORLE
Sono riservati ai pizzaioli professionisti ed operatori del settore, per aggiornarsi e specializzarsi sulle nuove tecniche d’impasto, nuove pizze, tecnica della lunga lievitazione e maturazione dell’impasto.
istruttore: Marco Amoriello
dal 10 al 14 set.
p. 129
dall’8 al 12 ott. dal 5 al 9 nov. dal 3 al 7 dic. info: 0421 21 22 23
Il pane leggero con la pasta della pizza 17 set. La pizza in Pala 18 set. La pizza in Teglia 19 set.
La pizza senza glutine 8 ott. / 5 nov.
La pizza Napoletana 20 set.
info: 0823 71 12 25 320 83 38 243 0421 21 22 23
La pizza Soia Dessert 15 ott. La pizza Acrobatica 16 ott. La pasta fresca 17-18-19 ott. info: 0421 21 22 23 - 348 16 84 100 Al termine verrà rilasciato un attestato di partecipazione
collaborazioni MANTOVA
TUSCANIA
c/o Sanfelici
c/o Boscolo Etoile Academy
istruttore: Mauro Feroldi
istruttore: Michele Croccia
dal 10 al 14 set.
info: 0761 44 51 60 0421 21 22 23
dal 24 al 28 set. info: 0376 65 57 37 0421 21 22 23
i nostri partner
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p. 130
16-AUG-12 17:15:47
settembre 2012
corsi internazionali
pizza e pasta italiana
SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI NEW YORK istruttore: Paolo Spadaro
USA Can Aus Jap Lus SAN FRANCISCO
OTTAWA
MELBOURNE
TOKYO
STEINSEL
Canada
Australia
Giappone
Lussemburgo
istruttore: Tony Gemignani
istruttore: Carmelo Oliveri
info: (0039) 0421 83148
istruttori: Kazuya Akaogi
istruttori: Giovanni Palumbo
info: (0081) 48 789 7897 (0039) 0421 83148
Giovanni Cuguru
SIDNEY Australia info: (0039) 0421 83148
info: (001) 510-8818878 (001) 510-4276979 (0039) 0421 83148
info: (001) 613-983-6946 (0039) 347 4241188 (0039) 0421 83148
info: (0039) 0421 83148
per la programmazione visita il sito www.italianpizzaschoolusa.com info: (00352) 33 93 13 / 69 11 80 665 (0039) 0421/212223
Francia
I corsi si svolgono ogni mese, per informazioni sui calendari telefonare agli istruttori o alla sede internazionale di Caorle.
LIONE
LILLE
LA CHAPELLE S. ERDRE
CHALONE S. SAONE
PARIGI
CHAMONIX M. BLANC
istruttore: Olivier Aucelli
istruttore: Ciro Panella
istruttore: Bruno Bertrand
istruttore: Pascal Poupon
istruttore: Gino Jaskula
istruttore: Valerio Commazzetto
info: (0033) 6150 11590 (0039) 0421/212223
info: (0033) 6428 48829 (0039) 0421/212223
info: (0033) 688 581374 (0039) 0421/212223
info: (0033) 6864 04433 (0039) 0421/212223
info: (0033) 1423 64028 (0039) 0421/ 212223
info: (0033) 6839 03069 (0039) 0421/212223
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16-AUG-12 19:07:53
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