Pizza e Pasta Italiana

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apr. 2014

pizza e pasta italiana

I NOSTRI INSERZIONISTI Ambrogi Forni

pag. 51

Avanzini Bruciatori

pag. 95

Cad

pag. 61

Caseificio Sabelli

pag. 33

Ceky Forni

pag. 47

Cibus - Fiera di Parma pag. 114

SOMMARIO

Familia

pag. 81

Eurochef

pag. 19

Etc Group

pag. 13

Italmill

pag. 63

Kuma Forni

pag. 69

a cura di Patrizio Carrer

pag. 106

10 PRIMA PAGINA

Lidia Lilly Codroipo

pag. 77

Margot

pag. 11

Mc Cain

pag. 43

Millberg

pag. 53

Molino Agugiaro e Figna Molino Dalla Giovanna Molino Pasini

pag. 2

12 PIZZA NEWS

a cura di Patrizio Carrer

20 IL RISTORANTE DEL MESE

— Il ristorante Acquacotta alle Terme di Saturnia di Giampiero Rorato

30

pag. 116

Morello Forni

pag. 29

Pavesi Luciano

pag. 90

Rispò

a cura di Patrizio Carrer

pag. 7

Molino Polselli

Refrattari Pavesi Modena

8 BACHECA

pag. 89

pag. 27

Prontofresco Greci

di Giampiero Rorato

pag. 39, 99

Molino Pivetti

Molino Vigevano 1936

6 EDITORIALE

pag. 9 pag. 101 pag. 3

Sanfelici Franco S.r.l

pag. 25

Sitta

pag. 73

Smoki Elettromeccanica

pag. 65

14 L'INTERVISTA

LE CUCINE DEGLI ALTRI

— Il Myanmar

— Carlo

Stil Casa

pag. 115

Techfood

pag. 55, 57

Tecnocrio

pag. 72

Pertini e la cultura dell'alimentazione

Ventidue

pag. 37

di Giampiero Rorato

di Caterina Vianello


p. 5

35 LE PIZZE INNOVATIVE di Pascal Poupon, Valerio Commazzetto e i fratelli Salvo

44 LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE — Il pane dei templari di Giampiero Rorato

48

66 — La birra nella Germania Medioevale di Laura Nascimben

& gastronomia di Gianluca Rorato

92 GIROPIZZA D’EUROPA 92 — di Massa Carrara 94 — di Budapest

— La finalissima del giropizza d'Europa 96

— di Amburgo

— Le fibre alimentari

102 NOVITÀ DALLE AZIENDE 106 CERCASI /OFFRESI

(Terza parte) di Simona Lauri

86 — Turismo

70 IL BAR

106 CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

– Il Maraschino di Gianandrea Rorato

74 QUESTIONE DI GUSTO – Sull'Olio Extravergine d'oliva di Nives Piva

78 LA SCIENZA

107 –113

DELL'ALIMENTAZIONE

52 IL DOLCE — Il panpepato e il pangiallo di Giovanna Allegra

58 VINO — L’Ovadese in bottiglia

– Il mondo degli Oli (Terza Parte) Dott.ssa Marisa Cammarano biologa Nutrizionista

82

di Virgilio Pronzati

62 L'ANGOLO DEL VINO

— Ovada Docg Riserva Nonno Rucchèin 2011

— Cos’hanno in comune il turismo esperienziale ed i Lego?

di Virgilio Pronzati

di Fabio Iacozzilli

— Lazio Rosso IGT Montemaggiore 2011 — Amarone della Valpolicella Doc Classico 2008

SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI

— Tutti i corsi per neo pizzaioli in Italia e all’estero


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

EDITORIALE Questo, per la nostra redazione, ma non solo, è un mese molto importante, perché celebriamo a Parma, capitale europea dell’agroalimentare, il Campionato Mondiale della Pizza, l’avvenimento più importante per tutti i pizzaioli del mondo e per le industrie del settore. Ed è molto importante, perché il Campionato è uno straordinario crogiolo di esperienze, tradizioni, culture, tecniche operative che, giungendo a Parma anche da paesi lontani, dal Giappone, dagli USA, dalla Russia, dal Sudamerica, si arricchiscono nel reciproco confronto e i risultati e le nuo-

di Giampiero Rorato

ve proposte si diffondono poi in tutti i continenti, facendo crescere e migliorare l’intero mondo della pizza. E proprio le presenze internazionali al nostro Campionato mettono ancora più in luce una verità importante. Le frontiere, erette dagli uomini nel corso dei millenni per propria difesa, più volte spostate, a volte divelte e poi rimesse, stanno lentamente scomparendo (come i passaporti), perché stiamo scoprendo – soprattutto le nuove generazioni – che gli uomini sono tutti uguali, hanno gli stessi diritti che nascono dagli stessi doveri, hanno il medesi-

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXV - n. 4 Aprile 2014

mo destino e i medesimi desideri, per cui conviene aiutarsi e collaborare, mettendo decisamente da parte le vecchie divisioni che in Europa, fino alla metà del secolo scorso, hanno causato tante terribili e sanguinose guerre, con milioni di vittime, (e ci sono guerre anche oggi, purtroppo, dove non si è ancora capito che gli uomini sono tutti uguali, indipendentemente dal colore della pelle, dal sesso, dalla lingua, dalla religione, dalle idee politiche, dalla loro ricchezza o povertà). E poiché fra qualche settimana noi europei siamo chiamati a eleggere il nuovo Parlamento

Progetto Grafico Manuel Rigo e Paola Dus — Mediagraf lab Digital Publishing Maura Trolese — Mediagraf lab In copertina illustrazione di Tommaso Vidus Rosin Stampa MEDIAGRAF spa Noventa (Pd)

DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Manuela Pelosin PUBBLICITÀ Manuela Pelosin, Patrizio Carrer, Caterina Orlandi, RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin

Comitato tecnico e redazionale Giovanna Allegra, Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Elsa Emanuela Cugola, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), Emilio Giacometti, Vinciane Giangiulio, David Mandolin, Gianandrea Rorato, Gianluca Rorato, Evelyne Slomon, Evandro Taddei, Federica Zanata, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli

REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

Affiliazioni internazionali Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)

europeo, da queste colonne chiediamo fin d’ora agli eletti di lavorare con impegno e intelligenza per un’Europa migliore, meno burocratica, meno legata all’economia, più attenta ai cittadini e ai bisogni veri della gente, un’Europa che meriti d’essere la vera patria di tutti coloro che ci vivono, quindi anche la nostra patria. Non meno Europa, dunque, ma più Europa, ma un’Europa più seria, più sociale, più solidale e più vicina alle persone. E questo dipende anche da noi.

www.giampierororato.blogspot.com

Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Valeria Vairo (Buongiorno Italia). ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia – TEL 0421.83148 - FAX 0421.81007


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Nessuna come lei

Sai, la gente forse è troppo insoddisfatta. Si perde in congetture, in paure. Crede non esistano più farine che sappiano davvero di farine. Ma poi accade: si accorge di Lei. Sente quel profumo e sente quella materia. Sente che è Lei e che è diversa dalle altre. “Non cambierai e sempre sarai sincera”, i più grandi maestri pizzaioli ne sono certi.

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apr. 2014

pizza e pasta italiana

LA NOSTRA BACHECA

Vinitaly 2014, sempre più International

di Patrizio Carrer

Pasta italiana, export da record

Superata l'asticella dei 100mila m² netti venduti per la 48ª edizione di Vinitaly; potenziato l'incoming di operatori business dai più interessanti mercati, grazie ad investimenti mirati e a Vinitaly International. Il più grande salone internazionale dedicato al vino, in programma dal 6 al 9 aprile 2014, ha avuto richieste di partecipazione che superano anche quest'anno le aree disponibili, per un sold out che premia l'impegno dell'organizzazione a migliorare e aumentare di anno in anno i servizi e le opportunità commerciali per gli espositori e gli operatori in visita.

nel 2013 Sul successo della pasta nel mondo non si discute. Grazie infatti a un indubbio appeal sui consumatori esteri, il prodotto simbolo del Belpaese ha realizzato un export record per 1,8 miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2013, mettendo a segno una crescita del 3,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Arriva la certificazione del Suino senza Antibiotico

Agroali− mentare, Italia prima al mondo... ... per il sistema di controlli nella filiera. In occasione dell'inaugurazione del Museo dei crimini ambientali a Roma, il ministro Maurizio Martina è intervenuto affermando che l'Italia è prima al mondo per il sistema di sicurezza nella filiera agroalimentare. Il museo è ospitato in una struttura a forma di roccia che si estende all'interno su una superficie di 400 metri quadrati.

e Qualità Veg

Federico Francesco

Ferrero è il terzo "Masterchef" italiano

Per rispondere alle esigenze dei consumatori più attenti all'alimentazione e al crescente numero di celiaci, vegetariani e vegani la società italiana di certificazione leader Csqa ha presentato tre standard volontari assolutamente innovativi, 'Suino senza Antibiotico', 'Senza Glutine' e 'Qualità Vegetariana' in occasione del convegno 'La sostenibilità incontra nuovi stili di consumo'.

Lo hanno proclamato in diretta, per la prima volta nella storia del programma, i tre giudici della terza edizione del talent show culinario, Più che un programma, "la storia di un paese che cucina": questo, secondo il giudice Joe Bastianich, è il segreto di 'Masterchef' che, alla terza edizione, è passato da talent a fenomeno di costume, facendo registrare ascolti record di oltre un milione di spettatori a puntata e diventando così il programma più visto di sempre di Sky Uno.

Si chiamerà

Foody la mascotte di Expo 2015 È Foody il nome scelto per la grande mascotte pensata insieme a Disney di Expo Milano 2015. Il nome è stato annunciato ed è stato selezionato tra le oltre 8 mila proposte arrivate da bambini di tutta Italia. Il 'volto' dell'evento è composto da undici piccole mascotte che raffigurano altrettanti alimenti, ognuno dei quali ha ricevuto anch'esso un nome.


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pizza e pasta italiana

PRIMA PAGINA di Patrizio Carrer

Si terrá in italia il congresso mondiale del pomodoro 2014

A

rriva in Italia, dopo le precedenti tappe in Tunisia, Canada, Portogallo e Cina, l’undicesima edizione del Congresso Mondiale del Pomodoro, l’appuntamento mondiale rivolto alla filiera del pomodoro da industria che si terrà a Sirmione (Lago di Garda) dall’8 all’11 giugno 2014. Attesa al congresso la partecipazione di cinquecento operatori provenienti da cinque continenti, congresso che avrà come tema centrale "Dalla terra alla tavola: un impegno comune per il futuro dei prodotti trasformati a base pomodoro". Gli esperti interverranno sulle previsioni di produzione e consumo nelle diverse aree del mondo, sulla sostenibilità e sulla produttività della coltura del pomodoro da industria, disegnando le strategie future per la valorizzazione e la commercializzazione del prodotto. L’evento è organizzato da AMITOM - Assocition Méditerranéenne internationale de la Tomate, dal World Processing Tomato Council e da ISHS, la principale organizzazione mondiale di scienze ortofrutticole operante in cinquanta paesi.

Massimo Bottura vince il Nobel della Gastronomia

È

salito su uno dei gradini più alti della gastronomia internazionale per ritirare il prestigioso White Guide Global Gastronomy Award, il premio arrivato alla sua ottava edizione e conosciuto nel mondo come il Nobel della Gastronomia. A riceverlo è stato Massimo Bottura, chef dell'Osteria Francescana di Modena, tre stelle Michelin e terzo posto nella classifica dei World's 50 Best Restaurants Awards. "Per continuare a innovare una delle cucine più amate del mondo - queste le motivazioni del premio - in continuo dialogo con una tradizione ricca ma conservatrice, Massimo Bottura ha sviluppato un'arte culinaria abbagliante, coprendo una vasta gamma di espressioni, dall'apparente semplicità alla complessità intellettuale".

Se la pizza made in Usa va in crisi Il colosso “Sbarro” verso il fallimento

A

nche la pizza va fallita, certe volte. Secondo il Wall Street Journal, infatti, la catena di ristoranti americani Sbarro si prepara a portare i libri in tribunale, chiedendo la protezione dai creditori per ristrutturare. Sarebbe la seconda volta nel giro di pochi anni, e questo fa nascere dubbi sulla sua capacità effettiva di rilanciarsi. La pizza è il cibo più popolare negli Stati Uniti, da qualche tempo ha scavalcato anche gli hamburger. Sbarro ci ha costruito sopra

un impero, con circa 800 ristoranti in tutto il mondo, di cui la metà nel Nord America. Per chi non la conoscesse, è una catena di fast food di un livello superiore rispetto alle normali pizzerie a taglio che si trovano in strada, e offre anche pasta, insalata, e

altri prodotti della tradizione italo-americana. Il suo modello è entrato in crisi a causa della recessione, che ha fatto diminuire i clienti nelle zone scelte per aprire i ristoranti.


Pizzeria senza canna fumaria?

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apr. 2014

pizza e pasta italiana

pizza

NEWS GI.METAL

inaugura il suo negozio on-line per i clienti italiani ed europei

Gi.Metal, azienda italiana leader nella produzione di carrelli e strumenti per pizzerie e ristorazione, è riuscita a conquistare una posizione di rilievo sul mercato, godendo di una crescita costante negli ultimi 30 anni. Creatività, ricerca e un forte desiderio di miglioramento sono alla base della realizzazione di strumenti concepiti ad ampio raggio ed il desiderio di rinnovamento è alla base del cambio di immagine dell'azienda. Il mese di Febbraio ha aperto un nuovo percorso per Gi.Metal, infatti, è stato inaugurato il nuovo negozio on line. Il nuovo sito ed il nuovo Shop Online pre-

sentano una grafica clean-out ed un approccio altamente interattivo. Inoltre, le modalità di accesso e di registrazione sono guidate e semplificate, per rendere l'invio e l'evasione degli ordini più sicura e veloce. Il nuovo Shop Online Gi.Metal presenta il catalogo generale, aggiornato per il 2014, composto da due sottocataloghi distinti ("Pizzeria" e "Carrelli"), per soddisfare tutte le esigenze dei suoi clienti affezionati e di quelli che lo diventeranno. Lo Shop Online diventa un sistema indispensabile per sfruttare al massimo le potenzialità dell'azienda, consentendo di ottimizzare le tempistiche di gestione degli acquisti e delle consegne. Attivo e funzionante da subito, si può visitare il negozio online Gi.Metal a questo indirizzo: www.gimetal.it/shop

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qualità ed esperienza al servizio della cucina

Krupps, forte dei suoi quasi 50 anni di esperienza nella progettazione e costruzione di lavastoviglie industriali lancia la nuova linea Full, per i ristoratori e pizzaioli che vogliono il massimo. Un marchio sinonimo di garanzia: Krupps ha progettato la linea Full per ottimizzare il lavoro in cucina grazie al controllo elettronico con display touch screen; addolcitore automatico per

assicurare la brillantezza delle stoviglie, con un risparmio di detergenti e brillantanti; ricambio di acqua parziale o su richiesta totale per alcuni modelli; vasca stampata e filtro vasca integrale per una maggiore facilità di pulizia della lavastoviglie. E’ un prodotto dall’utilizzo intuitivo ed immediato grazie all’innovativo EWC System con Energy Saving e alla consolle LCD o Touch Screen, che consente di programmare fino a 4 cicli di lavaggio differenziati a seconda della tipologia di stoviglie e visualizzare più facilmente tutte le informazioni necessarie in qualsiasi momento del ciclo (temperature, manutenzione programmata, avviso ottico di fine ciclo, etc). Una tecnologia di cui dispone anche la nuova lavapiatti elettronica a capotta Koral K1500E con vasca stampata, progettata per ottenere grandi prestazioni. Fornita di cesto 50x60 in grado di lavare diverse tipologie di stoviglie, come piatti pizza, teglie GN 1/1 e pasticceria 60x40, cesti pane, cassette pizza e per macelleria e pentole, riesce a trattare un più elevato numero di stoviglie, grazie alle sue “dimensioni intelligenti”, una profondità tradizionale di 77cm ed una maggiore larghezza di 72cm.


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pizza e pasta italiana

Carlo Petrini IL PERSONAGGIO DEL MESE

e la cultura dell’alimentazione

È fautore del Protcollo di Milano sull’alimentazione pronto per l’Expo 2015, grande e autorevole protagonista della lotta alla fame e della difesa degli ecosistemi

P

er capire la straordinaria importanza di questo personaggio occorre riandare indietro di 25 anni, quando Carlo Petrini, conosciuto dai suoi tantissimi amici come Carlin, nel 1989 lancia dall’Opéra Comique di Parigi il Movimento Internazionale Slow Food e l’anno dopo celebra a Venezia il primo congresso della nuova associazione. Inizia così, dalle radici di Arcigola, un movimento che, per i valori che difende e promuove, in pochi anni conquista l’Italia e l’Europa, diffondendosi progressivamente in tutto il mondo. Carlin ne è l’eccezionale presidente, un impareggiabile e tenace animatore, il cui forte impegno umanitario viene presto riconosciuto a livello internazionale.

Carlo Petrini è, infatti, uno dei convinti sostenitori di una agricoltura “compatibile”, che può svilupparsi offrendo anche rese maggiori delle attuali, specie nei Paesi del cosiddetto “terzo mondo” dove Slow Food sta dando vita a 10.000 orti, lavorando i quali le popolazioni locali possano ottenere molto più cibo di quanto la carità, spesso “pelosa” e sempre ampiamente pubblicizzata dei popoli ricchi riesce a fornire. Per salvare la buona agricoltura ha combattuto e continua a combattere lo strapotere dell’industria agro-alimentare, specie di certe multinazionali, tese esclusivamente al profitto, anche se ciò porta a distruggere le colture ecocompatibili, come purtroppo è già successo anche in Italia. Di Carlin Petrini si potrebbe scrivere davvero molto, ma, per quanti desiderano conoscere meglio questo grande italiano, già definito da Time Magazine “eroe del nostro tempo”, rimandiamo ai suoi numerosi libri, che raccontano il suo impegno, mettendo in evidenza i veri problemi che angosciano ancor oggi una grande parte dell’umanità.

Carlo Petrini è a pieno titolo il nostro “Personaggio del Mese” e qui pubblichiamo l’intervista esclusiva che ha rilasciato a “Pizza e Pasta Italiana”.

di Giampiero Rorato


l’intervista

Dottor Petrini, lei è una delle personalità italiane più conosciute e stimate nel mondo per il suo enorme impegno per una cultura del cibo sostenibile. Vuole illustrare ai nostri lettori, con qualche esempio, gli obiettivi concreti che si è proposto di raggiungere?

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Nei suoi quasi 30 anni di attività, sono molti gli obiettivi raggiunti da Slow Food per cui possiamo andare fieri. Pensiamo solo che proprio quest’anno celebriamo i dieci anni di Terra Madre, la rete mondiale che riunisce le comunità del cibo, e dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. E poi ancora i Presìdi Slow Food, le attività di educazione per adulti e bambini, oggi siamo attivi su moltissimi fronti. Ma non per questo ci sediamo sugli allori, ci mancherebbe.

nella pagina a fianco e sotto

Carlo Petrini

Siamo consapevoli che il lavoro da fare è ancora tanto, perché tante sono le implicazioni sociali, economiche, ambientali legate alla produzione, distribuzione e consumo del cibo. Ecco quindi che abbiamo nuove grandi sfide all’orizzonte, in vista anche degli appuntamenti in agenda nei prossimi anni. Il numero magico sarà 10.000: vogliamo infatti creare 10.000 orti in Africa entro il 2016: orti come simbolo di sovranità alimentare, educazione per le nuove generazioni e aggregazione sociale; unire 10.000 nodi nella rete di Terra Madre e portare 10.000 prodotti a bordo dell’Arca del Gusto, il progetto che segnala i prodotti a rischio di estinzione e tutela la biodiversità. E poi ancora lotta allo spreco, una filiera distributiva più equa, difesa dei beni comuni, dal suolo all’acqua…


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pizza e pasta italiana

L’INTERVISTA Da uomo delle Langhe lei ha saputo guardare verso orizzonti anche molto lontani. C’è un qualche luogo nel mondo cui dovremmo ispirarci anche in Italia per trasformare la cultura dello spreco, piuttosto consistente nel nostro Paese, in cultura della sufficienza alimentare per tutti nella salvaguardia del Creato?

sotto

Orti in Africa

Beh, sicuramente punterei sull’America Latina, il continente che sta vivendo un vero rinascimento gastronomico e non solo. Un personaggio simbolo tra tutti: Regina Tchelly De Araujo Freitas, giovane donna intraprendente che sta lasciando il segno nella realtà gastronomica brasiliana e non solo, con un progetto il cui nome è già un programma: Favela Organica. In concreto, si tratta di piccoli orti biologici realizzati all’interno di alcune favelas, “pacificate” nel corso di un’operazione voluta dal governo Lula per liberare questi luoghi dalla violenza e dal disagio profondo che le contraddistinguevano. Oltre alla produzione di cibo sano, locale e biologico a vantaggio della comunità (chiamata a prendersene cura direttamente), Favela Organica ha l’ulteriore particolarità di praticare una cucina che utilizza i prodotti in tutte le loro parti, inclusi gli scarti, per provare a incidere sulle abitudini alimentari. Così facendo, quindi, si promuove una riflessione sullo spreco alimentare anche nelle realtà più povere, che nell’immaginario collettivo ne sono immuni ma che purtroppo lo vivono ogni giorno. Quello che sta succedendo in America latina sul fronte gastronomico, nella sua accezione più completa, è straordinario. Ci sono moltissimi personaggi attivi. Perché, in un luogo che non è l’Europa, per la prima volta nella storia è proprio la gastronomia che diventa protagonista, oggetto centrale di un cambiamento epocale. E proprio a questo continente dedico parte delle riflessioni contenuto nel mio ultimo libro “Cibo e libertà. Slow Food: storie di gastronomia per la liberazione. (http://store.slowfood.it/cibo-e-libert-9788809785779-360.html )


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Lei sta combattendo per salvare le biodiversità? In tanti anni di generoso e intelligente impegno quali risultati ha raggiunto e, soprattutto, quali realtà, in Italia e all’estero, hanno condiviso il suo impegno?

Vuole parlarci di Terra Madre e di ciò che significano queste due parole?

sotto

Carlo Petrini

Noi di Slow Food da sempre siamo in prima linea per salvare la biodiversità, da quando ancora il termine non era sulla bocca di tutti. Biodiversità significa non solo proteggere razze animali e vegetali, ma anche le culture, i saperi, le tradizioni di tutti i popoli. Prendete uno qualunque dei nostri progetti e vi accorgerete che in qualche modo difendiamo la biodiversità in una delle sue molteplici forme. In questo momento l’attività si poggia su due forti colonne: i 10.000 orti in Africa e l’Arca del gusto. Per quanto riguarda le realtà coinvolte, negli anni abbiamo stretto forti legami con associazioni e realtà presenti a livello nazionale e internazionale, con cui portiamo avanti numerose campagne. Pensiamo solamente alla Task Force per un’Italia Libera da Ogm o al Forum Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori. “Due parole che significano tutto, soprattutto se pronunciate quest’anno, quando spegneremo le sue dieci candeline. Terra Madre è un mondo: una grande rete di comunità del cibo, uomini e donne che lavorano a un progetto comune, pur conservando le loro differenze e tradizioni. È un modo nuovo di intendere la produzione, la trasformazione e consumo del cibo, che trae origine dal passato e dalla storia, ma allo stesso tempo ha uno sguardo proiettato in avanti. Gli incontri biennali delle comunità sono fondamentali per ridare vita alla rete, per rinsaldare il senso di appartenenza, condividere nuove idee che in un solo momento attraversano oceani e continenti. La rete di Terra Madre e i suoi protagonisti sono attivi ogni giorno in ogni parte del mondo, e vi danno appuntamento a Torino dal 23 al 27 ottobre prossimi.”


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

L’INTERVISTA Quali sono le cose concrete più significative fra le tante da lei realizzate in molti anni di lavoro a livello internazionale?

Difficile a dirsi. Credo non stia a me quantificare e qualificare i successi di Slow Food, ma se dovessi indicare i miei fiori all’occhiello, allora sicuramente parlerei dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, con il suo valore umano e professionale, e della rete economica, sociale e culturale che si è creata con la rete delle comunità di Terra Madre, dei Presìdi e sicuramente delle attività che portiamo avanti in Africa, come i 10.000 orti. Guarda tutte le altre foto nell’App ufficiale di Pizza e Pasta Italiana


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

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Alle Terme di Saturnia nel cuore della Maremma Toscana

di Giampiero Rorato

S

aturnia è una minuscola isola di pace nel cuore d’una terra amata e abitata per oltre un millennio dagli Etruschi che qui hanno lasciato tracce importanti della loro stupenda civiltà. Ma c’è molto di più. Saturnia, infatti, in comune di Manciano - vicino a località come Pitigliano, Sorano, Sovana, patria di papa Gregorio VII, le città del tufo e le necropoli etrusche, fra le quali, lì vicino, la stupenda Tomba Ildebranda, tutte mete turistiche di fascino straordinario - sorge su un pianoro di travertino a 294 metri d’altitudine, sulla sinistra del fiume Albegna. La risorsa principale di Saturnia è il turismo termale: qui infatti si trovano la famose Terme di Saturnia, già conosciute nell’antichità, e oggi importanti mete turistiche a livello nazionale. Le acque sulfuree di Saturnia sgorgano ad una temperatura di 37,5 °C e hanno rinomate proprietà terapeutiche. Le principali cascate termali sono le ben note Cascate del Mulino, situate presso un vecchio mulino, meta di tanti amanti dell’acqua termale che qui possono bagnarsi in assoluta libertà.


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

IL RISTORANTE DEL MESE

Il Ristorante Acquacotta

A  sopra

Ritratto dello Chef Alessandro Bocci

ll’interno delle celebri Terme di Saturnia Spa & Golf Resort c’è un ristorante che ha meritatamente acquisito la stella Michelin, grazie anche allo chef Alessandro Bocci, uomo della Maremma ma con una solida cultura gastronomica sia locale che internazionale. Uscito dalla Scuola Alberghiera di Viterbo è entrato subito nelle cucine delle Terme di Saturnia Spa & Golf Resort, trascorrendo poi ampi periodi presso importanti ristoranti, fra i quali il “Da Vittorio” dei fratelli Cerea, gratificato di 3 stelle Michelin. Alessandro Bocci è il responsabile delle cucine dell’Hotel delle Terme, quindi, oltre che dell’Acquacotta, anche dell’Acqualuce, che si apre direttamente sulla sorgente termale. A farmi conoscere questo luogo d’incanti è stato un collaboratore di questa Rivista, Fabio Iacozzilli, personaggio che dedica da anni le sue migliori energie a far conoscere la sua città, Manciano, e l’intera Maremma, uno dei luoghi più fascinosi del territorio italiano che di luoghi di grande attrattiva ne ha davvero tanti.


il ristorante del mese

La cucina

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Ristorante Aqualuce

e radici della cucina di Alessandro Bocci sono naturalmente toscane e soprattutto maremmane, quindi grandissima attenzione alla materia prima locale, scelta con cura fra la migliore, la più sana e la più bella, quindi maniacale ricerca di prodotti biologici e biodinamici, in linea con lo spirito delle Terme che puntano da sempre sul benessere anche futuro di chi le frequenta. Citare le creazioni di Alessandro Bocci non è facile, perché lo chef è in continua sperimentazione, ma possiamo qui ricordare il “Fegato Grasso d’Anatra in Torcione, Mela Verde e Composta di Rabarbaro”, il “Crudo d’Amare” con una selezione di pesci a crudo o appena scottati, i “Pici Spadellati del Buttero con Punta di Filetto e Funghi Porcini”, il “Risotto Mantecato all’Olio La Maliosa, Limone e Capperi con Carpaccio di Gamberi Rossi dell’Argentario”, la sempre gradita “Bistecca alla Fiorentina”, il “Polipo Croccante” accompagnato con verdure di stagione crude e cotte, e infine la “Crème Brûlée al Torroncino con Sorbetto al Mandarino” e la “Crema di Fichi di Chieti con Gelato alla Vaniglia e Tegola al Muscovado”. Cucina da godere, quindi ed è possibile farlo, aperta non solo ai fortunati ospiti delle Terme ma anche agli esterni, ai turisti che visitano la Maremma e le terre degli Etruschi. Poi, a Saturnia, come in tutto il territorio di Manciano, Pitigliano, Sorano, Scansano si hanno ogni volta bellissime e inaspettate sorprese per cui, pur avendo visitato buona parte del globo, dal Canada al Giappone, dal Brasile alla Cina e molti dei Paesi europei, americani ed asiatici sono convinto che un viaggio in Maremma e una sosta rivitalizzante all’Hotel delle Terme, con una cucina pienamente soddisfacente sia da preferirsi a tanti viaggi esotici, troppo spesso in mezzo al nulla.

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L’orto biologico

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pizza e pasta italiana

IL RISTORANTE DEL MESE Ingredienti Per la panzanella 50 g. di pane raffermo; Mezza costola di sedano bianco; Mezzo pomodoro da insalata; 20 g. di prezzemolo

“Tre modi toscani per l’Astice”

Per la “pappa” al pomodoro Un pomodoro rosso 4/5 foglie di basilico fresco; 50 g. di pane raffermo; Sale e pepe q.b.

Per lo “gnudo” di ricotta: 40 g. di ricotta 10 g. di parmigiano 20 g. di spinaci freschi lessati Sale e pepe q.b.

F

a cuocere a vapore un astice e togli la crosta con molta cura, facendo attenzione a lasciarlo intero il più possibile. Prepara successivamente la panzanella: ammolla il pane, aggiungi gli altri ingredienti tagliati molto sottili e con uno stampino tondo forma un cilindro sul piatto. Passa poi alla preparazione della “pappa al pomodoro”: taglia a cubetti il pane

e il pomodoro, fa bollire il pomodoro in un pentolino e aggiungi il pane e le foglie di basilico. Lascia cuocere per circa 20 minuti, sistema con sale e pepe e lascia raffreddare. Quando la pappa sarà fredda e compatta, ripeti l’operazione dello stampino a fianco della panzanella. Prepara successivamente lo “gnudo” di ricotta: in una ciotola piccola, manteca la ricotta, gli spinaci lessati e tritati, il

parmigiano, sale e pepe, poi forma con le mani leggermente bagnate una polpetta e falla cuocere in acqua calda per circa un minuto. Scola lo gnudo e lascialo intiepidire per circa 30 secondi, poi appoggialo vicino alla panzanella e alla pappa. Taglia l’astice sottile e adagiarlo sui tre composti. Condisci con sale e pepe e un po’ di insalata croccante. Servi a temperatura ambiente.



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pizza e pasta italiana

RISTORANTE DEL MESE

Ingredienti

100 g di polpa di coniglio; 150 g di pasta fresca per lasagne; 40 g di polpa di pomodoro; 4 carciofi romani; 1 cipolla; 1 carota; 1 costa di sedano; 1 bicchiere di vino; bianco; sale, pepe nero e olio q.b.

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rita cipolla, sedano e carota e falli rosolare in un tegame basso e largo. Passa al tritacarne la polpa di coniglio e aggiungila alle verdure. Fa rosolare bene il tutto, bagna con il vino bianco e fa evaporare, poi aggiungi il pomodoro e lascia cuocere il ragù per circa 2 ore aggiungendo di tanto in tanto un po’ d’acqua o brodo di carne. Nel frattempo pulisci i carciofi, tagliali

in piccoli pezzi e falli rosolare in una padella con un filo d’olio, sale e pepe. Taglia la pasta a strisce di 3-4 cm di larghezza e poi spezza le strisce in rombi ottenendo così degli straccetti (maltagliati). Fa cuocere la pasta in abbondante acqua leggermente salata e, una volta scolata, falla saltare nel tegame con il ragù e i carciofi. Spadellala bene e servi nei piatti di portata con un filo d’olio e pepe nero.

“Maltagliati di pasta fresca con ragù di coniglio e carciofi”



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pizza e pasta italiana

RISTORANTE DEL MESE

Ingredienti

4 costolette d’agnello; 50 g di granella di nocciole; 80 g di baccelli sbucciati; 1 tuorlo d’uovo; 20 g di cipolla; 20 g di sedano; 150 g di brodo di carne; sale e pepe q.b.

T

rita la cipolla e il sedano e falli rosolare in un pentolino, poi aggiungi i baccelli e falli cuocere aggiungendo di tanto in tanto il brodo. A cottura terminata, frulla il tutto fino a ottenere una crema. Nel frattempo, scotta le costolette sulla piastra da tutti i lati e lasciale

raffreddare. Sala e pepa e spennella le costolette con il rosso d’uovo, poi aggiungi la granella di nocciole creando così una crosta. Finisci la cottura delle costolette in forno a 180 gradi per circa 6-7 minuti e servi con un cucchiaio di crema di baccelli affianco e un filo d’olio extravergine come guarnitura.

“Costolette di agnello in crosta di nocciole e crema di baccelli”


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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI

In Myanmar, di Caterina Vianello

l’ex Birmania, gusti semplici tra pagode e monaci


myanmar

U

n tramonto acceso di arancione e rosa, in cui le sfumature creano armonie e contrasti inattesi. Di fronte agli occhi, una distesa infinita di stupa, pagode e templi, che spuntano silenziosi in una vasta pianura. Bagan, città che diventa meraviglia architettonica, ci svela che siamo in Myanmar. Riservato e discreto, poco appariscente ma capace di rimanere a lungo nell’anima del viaggiatore. Si potrebbe descrivere così il Myanmar (l’ex Birmania, dopo il cambio di denominazione avvenuto nel 1989) e il suo popolo, crogiolo di etnie e “tribù”. Stretto tra Cina ed India a nord, confinante ad est con Laos e Thailandia e ad ovest con il Bangladesh, bagnato a sud dal Golfo del Bengala e dal Mar delle Andamane, attraversato da un fiume, l’Ayeyarwady, (Irrawaddy nella vecchia grafia), che si snoda per oltre 2000 km, il Myanmar dispone di notevoli risorse naturali e agricole sfruttate solo in minima parte e destinate principalmente al mercato interno. La cucina “birmana” rispecchia fedelmente la condizione di un paese dal carattere duplice, suo malgrado, da un lato costretto a sopportare il peso di due superpotenze come Cina ed India (la prima, in particolare, decisamente aggressiva), dall’altro – a causa di un isola-

mento autoimposto – ancora estremamente articolato e definito dal punto di vista etnico e fortemente attaccato alle proprie tradizioni. Se 8 sono i gruppi etnici ufficiali e ben 67 i sottogruppi, non temete: destreggiarsi in cucina è molto più semplice che muoversi tra sarong, turbanti ed abiti tradizionali, tentando di assegnare ad ogni etnia il suo vestito o colore corrispondente. Bamar e Mon da un lato (le due etnie principali) e Cina e India dall’altro, regalano combinazioni gustose di sapori e profumi. Il htamin (riso), coltivato nel vastissimo delta dell’Ayeyarwady, è l’elemento base di ogni pasto e viene consumato insieme a un assortimento di hin (curry) a base di pesce, pollo, gamberi e montone; carne bovina e suina molto raramente compaiono sulla tavola birmana: buddismo da un lato e induismo dall’altro, infatti, ne proibiscono il consumo. I curry bamar sono i più delicati di tutta l’Asia: la masala birmana, infatti, comprende curcuma, zenzero, aglio, sale e cipolle, cui si aggiungono olio di arachidi e pasta di gamberi. Quest’ultima costituisce anche l’elemento base per aromatizzare quasi tutte le portate: chiamata ngapi, è preparata disidratando i gamberi o il pesce, facendoli fermentare e trasformandoli poi in pasta. Un giro al mercato galleggiante del lago Inle, il più esteso del paese, in cui le

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Mohinga qui sotto

Pagode in Myanmar

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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI

lunghe imbarcazioni sono allineate per formare una grande piattaforma colorata e chiassosa, permette di scoprire la notevole ricchezza e varietà di verdure e frutta, utilizzate in cucina per preparare le thouq, insalate leggere e saporite condite con succo di lime, cipolle, arachidi e peperoncini. Le migliori sono senza dubbio la majiyweq thouq, preparata con le foglie tenere dei giovani tamarindi, la shaukthi thouq che prevede l’uso del pomelo, un cedro di grandi dimensioni simile al pompelmo e la lahpeq thouq (di tradizione bamar, molto gustosa nonostante l’aspetto) con foglie di tè verde inumidite e pressate, mescolate a semi di sesamo, piselli fritti, gamberi essiccati, arachidi, cocco e zenzero tostati e altri ingredienti croccanti. Accanto al riso, presenti sulla tavola birmana sono anche i noodles (taglierini), di riso o di grano, consumati in genere come spuntino, e componenti imprescindibili del piatto nazionale del paese.

Preparato con brodo di pesce, bocconcini di pesce gatto, aglio, cipolla e spezie miste, il mohinga si trova ovunque, persino in versione street food. Vale la pena di assaggiare entrambi i tipi di noodles, per coglierne la diversa consistenza. La cucina che li esalta al meglio è quella shan e della zona di Mandalay: provate allora l’oun-no hkauq-sweh, taglierini di riso con pezzi di pollo serviti in una salsa speziata preparata con latte di cocco, la shan hkauq-sweh, zuppa di noodles sottili di grano serviti in un brodo leggero con pezzi di pollo marinato nel peperoncino, la myi shay, variante della precedente in cui i taglierini sono di riso, e il hkauq sen, un piatto in cui i tagliolini di riso, più larghi, sono insaporiti da curry e accompagnati da insalate di pesce. Se i noodles risentono dell’influenza cinese, le zuppe richiamano la cucina indiana. La più apprezzata è la peh-hinye, versione birmana della dhal, la zuppa di lenticchie.

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Lahpeq thouq qui sotto

Oun no hkauq sweh. Un pescatore sul lago Inle, Myanmar



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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI

I legumi sono una componente importante nella cucina del Myanmar, compensando lo scarso consumo di carne. E la creatività birmana li propone in versioni decisamente lontane dalla banalità; a Pindaya e soprattutto nella zona del lago Inle è facile imbattersi, al mercato, in sacchi pieni di ghiottissimi “grissini” bitorzoluti e in schiacciate dalla forma irregolare e dal colore giallo acceso: preparati con farina di ceci e molto saporiti, sono un ottimo snack da viaggio. Un accenno infine ai dolci, piuttosto ripetitivi e dal sapore non molto vario. Apprezzabili sono tuttavia la sanwin makin, una torta di semolino con uvetta, noci e semi di papavero e la saw-hlaing mont, a base di miglio, uva passa e cocco. Per accompagnare i pasti, sappiate che la birra ha un gusto un po’ acquoso: preferite quindi il tè, decisamente più aromatico e profumato.

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Entrata del tempio Myanmar attraverso il mercato qui accanto

Sanwin makin


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PIZZA


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pizza e pasta italiana

PASCAL POUPON: Pizza Innovativa Pascal Poupon, è il titolare di Pizzapero, storica pizzeria di Chalone sur Saone, città centro occidentale della Francia nella regione della Borgogna. Alle spalle ha una lunga carriera iniziata come aiuto pizzaiolo fino poi a ricoprire il ruolo di capo pizzaiolo ed infine ad acquistare l’intero ristorante pizzeria. Si è specializzato in Italia diventando tra l’altro istruttore della Scuola Italiana Pizzaioli. Pascal ha sempre cercato l’innovazione nella sua pizza, il connubio tra cucina e pizza, migliorandosi giorno per giorno nella realizzazione dell’impasto e creando ambiziosi abbinamenti per farcire i suoi piatti. Gli abbiamo chiesto di preparare una pizza innovativa per i lettori di Pizza e Pasta Italiana e, come volevasi dimostrare, è riuscito di nuovo a stupirci utilizzando ingredienti ricercati e dai sapori delicati e decisi al tempo stesso. Pascal ha unito l’acidità della panna alla dolcezza del mascarpone per creare una base, arricchita da vino giallo del Jura, da poi impreziosire con formaggio Morbier – Morbier è un comune francese della regione della Giura che produce un formaggio dal sapore molto particolare –. Ha inserito della mozzarella e poi ha stupito abbinandoci del pesce, l’aragosta. L’aragosta è presentata in due varianti: al naturale e sotto forma di carpaccio. Ha completato con un tocco di colore dato da asparagi verdi e al centro ha impreziosito con una spruzzata di panna montata con spugnole, unendo anche il sapore dei funghi a questo piatto.

di Manuela Pelosin

L’impasto è diretto con oltre 24 ore di lievitazione e maturazione per renderlo leggero, croccante e digeribile.


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pizza e pasta italiana

VALERIO COMMAZZETTO: Pizza Innovativa di Manuela Pelosin

Valerio Commazzetto, nato e cresciuto a Pederobba (TV), è un maestro pizzaiolo che opera da anni a Chamonix, nell’Alta Savoia francese. Ha iniziato la professione di pizzaiolo ancora quand’era in Italia, lavorando sodo e con passione. Si è poi trasferito in Francia per affinare il suo sapere, decidendo poi di farne la sua nuova patria. Oltralpe Valerio ha unito l’italianità della pizza alla cucina francese creando prelibatezze ottime che, oltre che in pizzeria, si potrebbero benissimo trovare sul piatto da portata di un rinomato ristorante. Presentando le pizze novità di alcuni pizzaioli che si sono cimentati in quest’arte, abbiamo attraversato la galleria del Monte Bianco per andarlo a trovare a Casa Valerio. Qui Commazzetto ha preparato una pizza appositamente per i lettori di Pizza e Pasta Italiana. Chiedendogli di descrivercela, ci ha detto: “La ricetta di questa pizza é nata da un piatto in voga negli anni 70. "Avocado con gamberetti." L’ho un po’ rivisitata inserendo gli scampi al posto dei gamberetti. Ho fatto una guachamole con avocado fresco, cipolla, olio d'oliva, un po’ di corizo, pomodoro, pepe e sale e scampi freschi con la propria bisque, che é una riduzione di crostacei, mozzarella fior di latte e piccoli germogli di legumi”. L’impasto è diretto e fatto a regola d’arte, con una lievitazione e maturazione lunga in modo da assicurare un piatto leggero e digeribile. La croccantezza della pasta crea il giusto contrasto con la freschezza del guachamole e la morbidezza degli scampi per un piatto finale davvero particolare. Non resta che assaggiarlo.


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

FRATELLI SALVO: Pizza Innovativa A San Giorgio a Cremano (Na) si trova una pizzeria, condotta dai fratelli Francesco e Salvatore Salvo, che negli ultimi anni è diventata un punto di riferimento per i buongustai. Recentemente ristrutturata, vi ha trovato spazio anche una cantina per permettere gradevoli abbinamenti enologici. Questa è una pizzeria storica, gestita da tre generazioni della stessa famiglia e le pizze sono il frutto di un’esperienza supportata da un impegno continuo alla ricerca. L’impasto e la selezione di prodotti di qualità fanno si che le pizze siano molto buone, fragranti e profumate. Abbiamo chiesto ai due fratelli di svelarci i loro segreti:

nella pagina a fianco

I fratelli Salvo e la loro pizza "Cipollotto e alici"

Spesso ci sentiamo chiedere qual è il nostro segreto e rispondiamo che il segreto è una seria cultura tecnica, l’entusiasmo per il lavoro e l'esperienza che ci tramandiamo da generazioni. Non semplice intuito, quindi, ma lo sforzo continuo per migliorare, imparando dalla cultura culinaria partenopea. Siamo gelosi e orgogliosi di una tradizione familiare consolidata e la portiamo avanti con passione e meticolosità e cerchiamo ogni giorno di perfezionarla grazie all'esperienza che maturiamo e alla passione per la sperimentazione e la ricerca. La semplicità è la nostra chiave di lettura, ciò che ci anima e ci spinge ogni giorno a fare sempre meglio il nostro lavoro e siamo convinti che per fare qualità non è necessario aumentare i prezzi, ma ci vuole ricerca e maestria".


Abbiamo poi chiesto ai fratelli Salvo di realizzare una pizza innovativa e ci hanno presentato la “Cipollotto e alici” che hanno così descritto:

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“Questa pizza riprende un abbinamento del nostro territorio tra cipollotto e filetti di alici fresche, portando il pesce sulla pizza, così come un tempo facevano i signori delle botteghe dei pizzaioli a ridosso del porto. Su una base bianca di mozzarella di bufala dop presentiamo i cipollotti e le alici e la sapidità degli ingredienti viene bilanciata da scaglie di caciocavallo podolico dell’Irpinia, formaggio dal bouquet ampio e dalla pronunciata sapidità. Il tutto è condito con dell’ottimo olio extravergine d’oliva dop delle Valli Trapanesi e con basilico fresco”.

Non ci resta che assaggiarla.

Ecco gli ingredienti della pizza “Cipollotto e Alici” Mozzarella di bufala campana dop Alici fresche spinate Cipollotto nocerino Scaglie di Caciocavallo podolico irpino stagionato 1 anno Olio extravergine d’oliva dop delle Valli Trapanesi Basilico fresco

di Manuela Pelosin


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pizza e pasta italiana

Patapizza: IL NUOVO TREND LANCIATO DA McCain

M

cCain, leader per l’innovazione di prodotto, si distingue anche come azienda all’avanguardia nel proporre vere e proprie soluzioni d’offerta, studiate ad hoc per le diverse categorie di ristorazione. Perché il vero successo, si sa, lo fa chi davvero sa differenziarsi, non solo per la qualità, il servizio e la cortesia, ma anche e soprattutto per quel guizzo di genialità e di ambizione che permette ad ogni gestore di proporre una soluzione d’offerta davvero innovativa, in grado di attirare la curiosità dei suoi clienti . Ecco che McCain presenta la Patapizza, un vero e proprio nuovo trend che conquisterà i consumatori, una proposta realmente mai vista che, per la prima

volta, vede due prodotti, la pizza e le patatine fritte, sposarsi in un piatto unico invitante e bilanciato. Un’idea creativa per contrastare i demoni della crisi, come la concorrenza che aumenta e il flusso di clienti che diminuisce, con un occhio d’attenzione sempre puntato al food cost. La Patapizza sarà il nuovo tema del Concorso McCain 2014 presso la Scuola Italiana Pizzaioli. Il corsista che si distinguerà per la maggiore creatività e cura nel preparare la Patapizza, sarà premiato con il “Kit del Pizzaiolo” firmato McCain. Composizione creativa di ricette uniche e gustose, in grado di stupire i clienti, stuzzicare il palato dei più esigenti, differenziare il locale e… far guadagnare di più!

TUTTI I VANTAGGI: Facile & veloce! TEMPO DI REALIZZAZIONE: 1 secondo (zac!) STRUMENTI NECESSARI: nessuno (basta un taglia pizza o un coltello) PREPARAZIONE/COTTURA: la stessa (farcitura manuale, sistemazione in pala, cottura regolare in forno)

Pizza & fritto insieme: si può fare! TEMPISMO PERFETTO: il tempo medio per preparare una pizza classica è uguale a quello di cottura di una porzione di fritto (solo 3 minuti!) SPAZIO ALLA CROCCANTEZZA: un’area del piatto dedicata alle patatine significa servire un prodotto croccante più lungo.

La novità che piace! Il consumatore premia la novità, il “mai visto”, l’innovazione sfiziosa. Proposta adatta a fasce di clientela trasversali. In quanti piatti ritirati resta almeno uno spicchio avanzato?

COME SI PREPARA LA PATAPIZZA? 1. Stendi la pasta come di consueto.

2. Taglia via una parte della base, a forma di mezzaluna.

3. Aggiungi gli ingredienti e inforna.

4. Quando metterai la pizza sul piatto rimarrà uno SPAZIO DEDICATO per una porzione di fritti, che potrai riempire con il mix di prodotti McCain che preferisci. IDEA! utilizza la pasta in eccesso per sfornare fragranti grissini o focaccine.



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pizza e pasta italiana

LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

XXVIII


la straordinaria storia del pane

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IL PANE DEI CAVALIERI TEMPLARI l’unico alimento sempre presente sulla loro tavola era il pane che aveva un valore sacro

N

ella storia del pane ci sono dei capitoli, magari apparentemente non molto importanti, comunque sempre significativi per capire il valore anche simbolico attribuito nel corso del tempo e da realtà particolari e fra loro diverse a questo fondamentale alimento.

"... è chiaro il valore sacro attribuito al pane e il donarlo ai poveri era un modo per seguire l’insegnamento di Gesù"

i templari In questo capitolo ci soffermiamo sull’impiego del pane da parte dei Cavalieri Templari, la cui grande storia è stata spesso trasformata in leggenda. Pur vivendo per lo più in Terrasanta, i Templari avevano sedi anche in Italia e molte loro chiese, ancor oggi ottimamente conservate, sono dei veri e propri monumenti d’arte e di storia, esempi di uno stile architettonico e iconografico che appartenne loro in esclusiva. Questo ordine cavalleresco medioevale è sorto col nome di "Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone), più conosciuti come Cavalieri Templari o più semplicemente Templari, e fu uno dei primi e più noti ordini cavallereschi religiosi medioevali. Fondato da cavalieri crociati intorno il 1118-1119, subito dopo la prima Crociata, si era dato il compito di proteggere

di Giampiero Rorato

i luoghi sacri cristiani strappati ai saraceni (musulmani), i luoghi che videro la vita terrena di Gesù e i pellegrini che accorrevano per visitarli. Per regolamentare la loro vita, al pari dei monaci benedettini, i Templari avevano un severo manuale che ne codificò lo stile di vita, le cerimonie, lo scorrere giornaliero delle ore ed anche, naturalmente, l’alimentazione, con regole ben precise e analitiche divise in articoli da rispettare.

il cibo I Templari erano nello stesso tempo soldati e religiosi, e per farsi riconoscere rivestivano, sopra l’armatura caratteristica dei cavalieri medioevali, una mantella bianca con l’aggiunta di una croce rossa ricamata sul dorso e sul petto. Per quanto riguarda la loro alimentazione seguivano delle regole codificate fin


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pizza e pasta italiana

dalla loro fondazione. L’art. 10 del loro Regolamento diceva, ad esempio: “La carne per rifocillarvi vi sia sufficiente tre volte alla settimana, ma non ne mangerete nei giorni di Natale, di Pasqua, nella festa di Santa Maria e in quella di Tutti i Santi, perché il troppo mangiar carne guasta la salute del corpo”. Interessante questa indicazione che limita l’alimentazione a base di carne a tre giorni su sette, vietandola nelle feste solenni. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che i Templari svolgevano la loro missione in Terrasanta, Paese normalmente dalle alte temperature, per cui si confaceva di più una leggera dieta a base di pesce che non mancava mai, perché Israele s’affaccia sul pescoso Mediterraneo orientale e perché il pesce era abbondante anche nel Lago di Tiberiade o Genezaret, come ci ricordò l’episodio della pesca miracolosa raccontato dal Vangelo. Non potevano comunque rinunciare alla carne, poiché in tutto il Medioevo era considerata l’alimento dei guerrieri e i Templari lo erano. Dalla Regola e da altri documenti che ci hanno tramandato la vita di questi cavalieri sappiamo che nella loro dieta quotidiana, oltre a carne o pesce, c’erano uova, formaggi, legumi, verdura e frutta,

in sostanza una dieta varia ed equilibrata, come sempre dovrebbe esserci.

santi del pane (il pane di sant’Antonio), è chiaro il valore sacro attribuito al pane e il donarlo ai poveri era un modo per seguire l’insegnamento di Gesù. Sappiamo pure che i Templari mangiavano due tipologie di pane: il pane bigio, fatto con farina di grano e di segale Se, dunque, la dieta dei Templari era ab- mescolate fra loro, che veniva consumato nei giorni feriali e il pane bianco, bastanza varia e il menu cambiava praticamente ogni giorno, l’unico alimento confezionato con farina abburattata di frumento, quindi bianca, per i giorni sempre presente quando si sedevano a festivi. Aggiungiamo, per concludere, tavola era il pane che aveva un signifiqualche breve notizia su quanto prescricato molto importante, come precisato veva la regola per i pasti dei Templari. nell’articolo XV della loro Regola: “SebQuei Cavalieri consumavano i pasti nel bene il premio della povertà, che è il Regno dei Cieli, si debba senza dubbio ai refettorio, su lunghe tavole ricoperte poveri, a voi tuttavia, ordiniamo di dare da tovaglie bianche, tranne il Venerdì ogni giorno al vostro elemosiniere la decima parte del pane”. In virtù di questa regola, i Templari distribuivano ogni giorno delle razioni di pane ai poveri per le strade della città dove si trovavano (Gerusalemme, Betlemme, Gerico, Nazaret, San Giovanni d’Acri). Il pane, dunque, non era soltanto il più importante degli alimenti quotidiani di questi soldati, ma il simbolo della carità (“caritas”, in latino, significa “amore”) verso i poveri insegnata da Gesù. In questo caso, come abbiamo visto il mese scorso anche ricordando i

il pane

"i templari distribuivano ogni giorno delle razioni di pane ai poveri per le strade della città dove si trovavano"

Santo, quando in segno di umiltà, mangiavano sul nudo legno, seduti uno di fronte all’altro, ognuno con la sua scodella di corno o di legno, il calice feriale che era diverso da quello dei giorni di festa, un cucchiaio e un coltello. Essi mangiavano in silenzio, ascoltando una lettura sacra, niente andava sprecato e tutto doveva essere tagliato o spezzato in maniera decorosa poiché gli avanzi spesso venivano dati ai poveri, come prescriveva una regola che non valeva, quindi, solo per il decimo del pane loro servito ogni giorno. A Gerusalemme la loro sede, solida e dalle mura massicce, quasi una fortezza, era tra la residenza del Patriarca latino e la chiesa di San Salvatore, sede della Custodia di Terra Santa dei frati francescani e attualmente è una residenza per ospiti del Patriarcato latino e per pellegrini e chi scrive ha più volte consumato i suoi pasti dove nel Medioevo sedevano i Cavalieri Templari. illustrazioni di Tommaso Vidus Rosin



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pizza e pasta italiana

SCUOLA DI PANIFICAZIONE

L’importanza delle fibre nella corretta alimentazione,

ma attenzione ai marketing fantasiosi Questo articolo, con i due che lo precedono, sempre dedicati alle fibre, conclude un ragionamento scientifico sulla qualità delle fibre stesse, ribadendo che le fibre sono di due tipi: solubili e insolubili e che, purtroppo, l’informazione al riguardo, data da qualche azienda, è poco corretta. L’argomento è comunque così importante che abbiamo voluto affrontarlo in modo abbastanza completo.

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componenti principali, di cui abbiamo scritto il mese scorso, sono concentrati nelle pareti cellulari dell’endosperma amidaceo, nello strato aleuronico, tegumenti esterni (glume e glumette) cioè in quelle parti che identificano la cosiddetta crusca. La fibra insolubile è scarsamente o per nulla fermentabile, ma soprattutto assorbe acqua (azione Aigroscopica) senza sciogliersi quindi si gonfia senza dar origine a soluzioni viscose o gel–forming. Si trova principalmente nella crusca dei cereali, nelle verdure e negli ortaggi e grazie alla sua elevata capacità di assorbire acqua (la cellulosa purificata ne può assorbirne da 5 a 10 volte il suo peso, la crusca invece 25 volte il suo peso) svolge un ruolo dominante e insostituibile nei seguenti processi fisiologico-nutrizionali: accelera il transito della massa nell’intestino tenue e nel colon riducendo il tempo di contatto con la mucosa intestinale di sostanze nocive, previene la stitichezza, aumenta la massa e il contenuto in acqua delle feci, le rende più morbide, è scarsamente fermentata nel colon, viene escreta, non aumenta la viscosità come la solubile, non è digerita nel tenue.

di Simona Lauri Tecnico panificatore GD – Federazione Italiana Panificatori Pasticceri ed Affini Food Italian Products


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Inoltre secondo recenti pubblicazioni la fibra insolubile rispetto alla solubile non svolge un ruolo immunogenico poiché non si sono riscontrati effetti sul potenziamento del sistema immunitario, ma solo sulla regolarizzazione delle funzioni intestinali. Come abbiamo visto una delle maggiori fonti di fibre insolubili è rappresentata proprio dalla crusca dei cereali ponendo l’accento su una problematica alimentare sempre più diffusa riguardante sia le intolleranze sia le allergie soprattutto al glutine. Sotto quest’aspetto e in virtù di queste considerazioni l’alimentazione dei soggetti che seguono una dieta priva di glutine è considerata inadeguata. Nonostante ciò, studi recenti hanno dimostrato che gli pseudocereali quali quinoa, grano saraceno e amaranto sono buone fonti di fibra alimentare, Ca, Mg, Fe, vit. E, riboflavina, acido folico, tiamina ecc. In particolare, il contenuto di fibre alimentari è significativamente più alto nei semi di grano saraceno. Con riferimento proprio a quest’ultimo pseudocereale, è stato rilevato come sia una potenziale fonte di amido resistente (circa 4 – 7%), un tipo di amido che sfugge alla digestione nell'intestino tenue. L’amido resistente è spesso considerato il terzo tipo di fibra alimentare perché possiede alcuni dei benefici della fibra insolubile e altri della solubile svolgendo importanti azioni fisiologiche e nutrizionali intermedie alle due tipologie di fibre.

a fianco

Legumi misti sopra

Semi di amaranto e grano saraceno

Partendo dal presupposto che le vitamine naturali, mostrano una biodisponibilità e assorbimento superiore (anche di 2.5 volte) rispetto alle vitamine sintetiche, la tendenza attuale è quella di cercare di sfruttare il processo ormonale biochimico della germinazione (cereali, legumi, pseudocereali, ecc.) inteso come trasformazione naturale che fornisce un significativo incremento del valore nutrizionale, migliorando la biodisponibilità di alcuni composti nutrizionali.

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pizza e pasta italiana

SCUOLA DI PANIFICAZIONE In relazione proprio alla germinazione del grano saraceno, studi scientifici pubblicati nel 2007 hanno rilevato come, a differenti steps di tempo/temperatura, vi sia una degradazione proteolitica prima delle glutenine e in seguito delle gliadine, mentre la concentrazione delle fibre totali resta costante o decresce durante le prime 96 ore di germinazione. Prolungando il tempo della germinazione invece si ha un sostanziale aumento delle fibre totali con un notevole incremento pari al triplo di quelle solubili rispetto alla percentuale iniziale, mentre la frazione insolubile diminuisce di circa il 50% rispetto alla quantità presente nel seme quiescente.

Ora in virtù delle considerazioni esposte legate non solo a un discorso botanico, fisiologico, nutrizionale, enzimatico, reports scientifici universitari, differente struttura molecolare tra le fibre solubili e insolubili, torniamo al problema e al messaggio pubblicitario iniziale.

dall'alto

Grano saraceno, quinoa

La questione è sorta dalle forti perplessità sulla correttezza di un incipit di marketing, forse un pochino “troppo spinto”: “miglioramento nutrizionale per la trasformazione delle fibre insolubili in solubili”.

Siamo proprio sicuri che quel messaggio di marketing sia scientificamente e nutrizionalmente corretto e non rappresenti solo una “libera, opportunistica e fantasiosa” interpretazione di una poco probabile, per dire quasi impossibile, conversione di fibra insolubile in solubile? A voi …


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IL DOLCE 1 di 4

IL PAMPEPATO E IL PANGIALLO

Due dolci antichi ancora fortunatamente presenti in Italia di Giovanna Allegra

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criviamo in questo mese di due antichi dolci della tradizione regionale italiana con la convinzione che questi prodotti lasciatici in eredità dalle generazioni vissute prima di noi non debbano andare nel dimenticatoio. E li presentiamo, riandando indietro nella storia, dopo una bella serie di dolci per le pizzerie realizzati con indi-

scussa bravura da uno dei personaggi più importanti e competenti del panorama italiano del settore, la dott.ssa Simona Lauri che, come anche i lettori di questa rivista ben sanno, per cultura universitaria, capacità tecnica e operativa, esperienza e docenza a livello internazionale non ha uguali oggi in Italia ed è preziosa collaboratrice di questa rivista.


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il dolce

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il pampepato. Il pampepato o panpepato, è un dolce di forma tondeggiante, tipico dell’Italia centrale (l’Umbria, la Sabina, la Ciociaria, ma anche il Ferrarese). La sua composizione varia leggermente da luogo a luogo, essendo originariamente un dolce di casa, divenuto poi, in tempi più recenti, produzione di fornai e pasticceri. Gli ingredienti caratteristici sono mandorle, nocciole, pinoli, pepe, cannella, noce moscata, arancia e cedro canditi e uva passa, il tutto impastato con o senza cacao, cioccolato, caffè, liquore, miele, farina, mosto cotto d'uva. Il vasto numero dei componenti ci dice poi che nel corso del tempo si è andato arricchendo, tipo le spezie entrate sul finire del medioevo o anche dopo e gli agrumi, arrivati ancora più tardi, come il cacao e il caffè, mentre la frutta secca, il mosto cotto e la farina sono da considerarsi gli ingredienti più antichi. Una volta preparato, il dolce è cotto al forno (meglio se a legna). In passato era dolce tipico di Natale, ma ora lo si trova praticamente tutto l’anno. Se in famiglia resta un dolce natalizio, dove si ha la fortunaSpitfire New Generation è Spitfire Newoggi Generation oggi è Spitfire Spitfire New Generation oggi è oggi New Generation è di trovarlo anche in altri periodi significaancora più potente: 8 lunghezze ancora più potente:di 8 lunghezze di potente: 8 lunghezze di ancora più potente: 8 lunghezze di che li la tradizione non solo ha radici pro- ancora più fiamma differenti da fiamma differenti da utilizzare in utilizzare in fonde - come dovrebbe essere dappertutto fiamma differenti da utilizzare in fiammaqualsiasi differenti da utilizzare in momento! momento! - ma continua a fiorire e produrre quantoqualsiasi qualsiasiqualsiasi momento! momento! di meglio è stato gratuitamente ereditato Grazie al costante contributo di pizzaioli di pizzaioli Spitfire New dal passato. Fra i cultori di questo dol-Grazie al costante contributo tecnici specializzati, Grazie al costante di pizzaiolidi pizzaioli Grazie alecontributo costante contributo ce c’è chi ritiene che derivi dal lontanoe tecnici specializzati, Spitfire New bruciatore a gas Generation, l’innovativo e tecnici specializzati, Spitfire New e tecnici specializzati, Spitfire New Oriente, a motivo delle spezie che lo ca-Generation, l’innovativo per pizzeria, ha ottenuto bruciatore a gas importanti Generation, l’innovativo bruciatore a gas l’innovativo bruciatore a gasil mondo. ratterizzano. In verità, come la storia ci ri- Generation, certificazioni in tutto per pizzeria, ha ottenuto importanti corda, le spezie cominciarono ad arrivare per pizzeria, perha pizzeria, ha ottenuto importanti ottenuto importanti in (STANDARDS tutto ilUL/CSA) mondo. a Venezia poco dopo l’anno 1000 – menocertificazioni certificazioni tutto il mondo. certificazioni in tutto in il mondo. il pepe usato anche dagli antichi roma-(STANDARDS UL/CSA) (STANDARDS UL/CSA) (STANDARDS UL/CSA) ni - e i mercanti veneziani provvedevano CANADA EUROPA CANADA poi a venderle in tutta Europa, Stati della USA ASIA USA penisola compresi, per cui sono arrivate AFRICA anche nell’Italia centrale e inizialmente EUROPA AMERICA CANADA CANADA CANADA EUROPA CANADA CANADACANADA EUROPA acquistate dalle famiglie più facoltose per ASIA USA USA USA ASIA USA USA ASIA USA poi, lentamente, entrare in molte altre AFRICA AFRICA AFRICA famiglie, arricchendo un dolce assai più AMERICA AMERICA AMERICA semplice, composto da frutta secca macinata, mosto cotto – ottimo dolcificante – e farina. Proprio perché di tradizione famigliare ufficiotecnico@spitfire.it • www.spitfire.it • Consulenze gratuite tel. +39 035 525065 non servivano ricette scritte, trasmesse per secoli oralmente da una generazione all’altra, come dire dalle suocere alle nuoMILLBERG_senza_aga.indd 1 15/03/13 re. Le prime tracce della ricetta scritta riufficiotecnico@spitfire.it • www.spitfire.it • Consulenze gratuite tel. +39 035 525065 ufficiotecnico@spitfire.it • www.spitfire.it • Consulenze gratuite tel. +39 035 525065 salgono intorno al 1800. ufficiotecnico@spitfire.it • www.spitfire.it • Consulenze gratuite tel. +39 035 525065

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IL DOLCE 3 di 4

il pangiallo. Anche il pangiallo ha storia antica e lo si trova in diverse aree dell’Italia centrale ed è anche conosciuto come pangiallo romano e si tramanda che la sua origine vada fissata nell'antica Roma e più precisamente durante l'era imperiale. Si racconta, infatti, che era usanza di quei tempi distribuire questi dolci dorati, durante la festa del solstizio d'inverno, in modo da favorire il ritorno del sole. Poi, essendo un dolce molto buono, venne preparato non solo nel cuore dell’inverno ma anche nei mesi successivi. Il pangiallo attuale non è certamente più

quello originale, avendo subito numerose trasformazioni durante i secoli a causa dell'espansione dei confini territoriali e dell'incremento nella comunicazione tra le varie regioni italiane e, soprattutto, della disponibilità di nuovi prodotti uniti alla fantasia delle donne di casa. Tradizionalmente il pangiallo veniva realizzato impastando della frutta secca miele e cedro candito, ricoprendo il tutto con pastella d’uovo e mettendo quindi a cuocere. Fino a tempi molto recenti nella preparazione del pangiallo le massaie romane

mettevano i noccioli della frutta estiva (prugne e albicocche) opportunamente essiccati e conservati, in luogo delle costose mandorle e nocciole. Anche questo dolcetto, come il pampepato, da dolce di casa è diventato prodotto artigianale e ci sono nelle aree tradizionali dei forni che lo preparano anche se i due dolci oggi presentati non hanno raggiunto la fama e la diffusione del loro cugino senese, il “panforte”, realizzato tutto l’anno non solo da forni artigiani ma da vere industrie dolciarie e conosciuto il tutto il mondo.


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IL DOLCE 4 di 4

LA RICETTA DEL PAMPEPATO Ingredienti: mandorle, cioccolato fondente (zucchero 44%), pasta di cacao (51%), burro di cacao (5%), emulsionanti, miele, farina 00, uva sultanina, olio di semi di cotone, scorze di arancia e cedro canditi, noci, nocciole, sale, zucchero, cacao, coriandolo, cannella, noce moscata, macis, chiodi di garofano, pepe (1%), aromi naturali.

Fa rinvenire l'uvetta in acqua tiepida per almeno 20 minuti, quindi riunisci tutti gli altri ingredienti in una zuppiera. Spezzetta noci, mandorle, nocciole e cioccolato. Aggiungi i canditi, un paio di cucchiaini di cannella, uno di noce moscata, un po’ di coriandolo, macis e chiodi di garofano, un'abbondante spolverata di pepe nero e alla fine l'uvetta ben strizzata. Accendi il forno e portalo alla temperatura di 180°C. Prepara una teglia ricoperta con carta da forno. In un pentolino versa il miele e un po’ d’acqua e scalda su fiamma molto bassa e, una volta che il miele risulta diluito, portalo a bollore, quindi versalo immediatamente sugli ingredienti preparati in modo che la cioccolata si sciolga. Aggiungi la farina a pioggia, molto lentamente e girando in continuazione per ottenere un impasto di giusta consistenza per poter modellare dei panini da disporre sulla teglia. Inforna per 10 minuti, poi leva i dolci dal forno e falli raffreddare prima di toglierli dalla teglia.


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OVADESE Bottiglia Mitico pizza e pasta italiana

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DOLCETTO

di Virgilio Pronzati

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ra i pochi vini che hanno il dono di farsi apprezzare quotidianamente, c’è sicuramente il Dolcetto o meglio i Dolcetto. Un vitigno poliedrico che, a seconda delle condizioni pedoclimatiche, da vini con caratteristiche ben diverse tra loro, che si sposano con molti di piatti regionali, nazionali ed esteri. Dopo Barbera e Moscato è il terzo vitigno piemontese. Non solo, in Piemonte da origine a 12 vini Doc e 3 Docg. Un primato, ma anche un disorientamento nel consumatore, in particolare dei Paesi esteri.


il vino

I Dolcetto Doc sono prevalentemente consumati in Piemonte e, in discreta quantità, in Lombardia e Liguria. Solo il 5-8% è venduto all’estero. Il suo nome deriva da “dusset” ossia dosso; rilievo o pendio collinare. Lo troviamo citato in Piemonte e in Liguria sin dal Trecento; in quest’ultima regione, è conosciuto col nome di Ormeasco. Benché 12 Dolcetto siano un po’ tanti, almeno uno, il Dolcetto d’Ovada, dovrebbe portare in etichetta il nome del comune seguito da quello del vitigno (Ovada Doc Dolcetto,ecc.). Meglio ancora, essendo quasi sinonimo dell’Ovadese, poterlo denominare semplicemente Ovada Docg. Parlando del Dolcetto d’Ovada, emergono aspetti contrastanti. Infatti, sebbene sia stato (assieme al Dolcetto d’Acqui) il primo a ottenere la Doc (1972) e nei primi posti nella produzione tra i confratelli, è tra i meno conosciuti dai consumatori del nostro Paese. Eppure storia ne ha. Sin dal 1200 si susseguono compravendite di vigneti e vino dell’Ovadese.

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Nel Trecento il vino di Ovada è anche scambio di merci con Genova (col sale) e Milano. Negli Statuti di Carpeneto del 1458, chi tagliava una vite o un trancio, era punito con multe salate. Nei due secoli seguenti, copiose le cessioni e affitti di terre coltivate a vite e vendite di vino nel Genovesato. Addirittura nel 700 nei trattati bilaterali con Francia e Austria, i soli vini citati erano Dolcetto dell’Ovadese e Barbera del Monferrato. Il Gallesio nei primi decenni dell’Ottocento scrisse che il vino d’Ovada, derivato dall’uva Ovadensis, non poteva essere altro che Dolcetto. Non solo, questo vino lo poneva alla pari con quello dei colli intorno ad Alba. Da almeno vent’anni la qualità del Dolcetto d’Ovada è notevolmente aumentata. Cambi generazionali nelle aziende agricole hanno portato nuove risorse fisiche ed economiche sul territorio. Il nuovo Consorzio di produttori si sta muovendo per valorizzare e diffondere l’immagine del vino soprattutto in Italia.

il Vitigno Dolcetto Le caratteristiche organolettiche generali del Dolcetto d’Ovada

Vigoria vegetativa: leggermente inferiore alla media, richiede una potatura non troppo lunga. Produttività: buona, ma non molto costante. Foglia: piccola, pentalobata, con colorazione rossa in prossimità dell’attacco del picciolo. Grappolo: di forma piramidale, lungo, con acini di media grandezza, rotondi e di colore blu tendente al nero. Epoca di maturazione: metà settembre. Aspetto: limpido, di colore rosso rubino con tonalità violacea da giovane, tende al granato con l’invecchiamento. All’olfatto si presenta fragrante, vinoso e fruttato da giovane, affinandosi diventa intenso e persistente, fine, con sentori di piccoli frutti rossi di bosco (ciliegia e mora mature) e, lieve, di mandorla amara. Al sapore è asciutto e un po’ ruvido da giovane, affinandosi (2-3 anni), diventa secco, sapido, delicatamente caldo, con piacevole vena tannica, pieno e persistente, con gradevole fondo amarognolo. Evoluzione: nelle annate buone, può raggiungere tranquillamente 6-8 anni. Abbinamento gastronomico: congeniale da giovane con primi piatti al sugo di carni bianche, ottimo se affinato con pollame e coniglio in umido, agnello e capretto al forno e formaggi (vaccini e di pecora) leggermente stagionati. Con vinificazione a fermentazione breve, si ottengono dei Dolcetto d’Ovada freschi e fruttati, ideali con i salumi. Conservazione: in cantina idonea (12-14°) in posizione coricata. Modalità di servizio: servirlo a 15-16° (17-18° se affinato alcuni anni) in calici con stelo medio.


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IL VINO

i due disciplinari Dolcetto di Ovada

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada

Il riconoscimento D.O.C. l’ottenne con D.P.R. del 1° settembre del 1972.

Il riconoscimento D.O.C.G. l’ottenne con decreto del 6 luglio 2005 e pubblicazione sulla gazzetta ufficiale n. 1229 del 30 settembre 2008.

Vitigno: Dolcetto. Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 11,5%.

Vitigno: dolcetto 100%. Resa massima di uve per ettaro: 6 tonnellate.

Le due tipologie: Le tipologie previste: — Dolcetto d’Ovada - Resa massima di uve per ettaro: 8 tonnellate. Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 11,5%. — Dolcetto d’Ovada Superiore: Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,5% ed un anno d’invecchiamento. Zona di produzione: Ovada, Belforte Monferrato, Bosio, Capriata d’Orba, Carpeneto, Casaleggio Boiro, Cassinelle, Castelletto d’Orba, Cremolino, Lerma, Molare, Montaldeo, Montaldo Bormida, Mornese, Morsasco, Parodi Ligure, Prasco, Roccagrimalda, San Cristoforo, Silvano d’Orba, Tagliolo Monferrato e Trisobbio in provincia di Alessandria.

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— Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 12,5%. Affinamento minimo: 12 mesi. — Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada riserva: titolo alcolometrico volumico minimo totale 12,5%. Affinamento minimo: 24 mesi. — Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada vigna: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 13%: Affinamento minimo: 12 mesi. — Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada vigna riserva: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 13%. Affinamento minimo: 24 mesi. L’inserimento del nome della vigna, è previsto solo se la vigna ha un’età di almeno 7 anni.


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pizza e pasta italiana

di Virgilio Pronzati

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Azienda Agricola Occhipinti Località Montemaggiore 01010 Gradoli (VT) www.occhipintiagricola.it info@occhipintiagricola.it

L’ Angolo del Vino CATEGORIA Rosso dolce. Vitigno: Aleatico. Bottiglia: 37,5 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 02/12. Bottiglie prodotte: circa 2.000. Prezzo medio in enoteca: € 15,40. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi dolci, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 4-5 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 10°C in calici a tulipano con stelo alto. Abbinamento: panforte, torta di nocciole, torrone morbido, quaresimali, torta Elena, dolci di pastafrolla con cioccolato. Da bere anche conversando. ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore: rubino con orlo tendente all’aranciato. Profumo: intenso, persistente, fine, con netti sentori fruttati, vegetali-balsamici e speziati di confettura di mora di rovo, mirtillo e lampone, erbe aromatiche e balsamiche (alloro ed eucalipto), buccia d’arancia amara, ginepro e pepe bianco macinati. Sapore: molto dolce ma sufficientemente fresco e molto sapido, caldo, con piacevole vena tannica, quasi vellutato, pieno e di molta persistenza aromatica. Retrogusto: dolce e nota fruttata, vegetali-balsamiche e speziata (liquirizia).

CONSIDERAZIONI Molto Buono. Ottenuto da selezionate uve Aleatico di vitigni dell’età media di 17 anni. Vinificazione: le uve raccolte molto mature (vendemmia tardiva) sono pigiadiraspate e fatte fermentare due settimane in botti d’acciaio a temperatura controllata. Dopo la svinatura e i necessari travasi, il vino matura 8 mesi in botte d’acciaio inox. Segue l’affinamento di 6 mesi in bottiglia. La produzione non è costante, siccome sono necessarie particolari condizioni climatiche.

ASPETTO Limpidezza 5. Colore 5. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 5. Finezza 4. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 5. Pienezza 5. Sapidità 5. Acidità/morbidezza 4. Armonia 4. — GRADIMENTO Ottimo 4. PUNTEGGIO TOTALE

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L’ANGOLO DEL VINO

Amarone della Valpolicella Doc Classico 2008

CATEGORIA Rosso secco. Vitigni: Corvina, Corvinone, Rondinella e altre uve autoctone. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 16%. Lotto: 180319. Fascetta Doc AAD 09479917. Prezzo medio in enoteca: € 45,80. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi secchi di medio-lungo affinamento, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 4-6 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 16-17°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: petto d’anatra al vino rosso, oca arrosto, stinco di vitello al forno, maiale in agrodolce, lepre in çivet, provolone piccante stagionato..

ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore: rubino carico con orlo granato. Profumo: molto intenso, persistente, fine, composito e discretamente complesso, con netti sentori di confettura di ciliegia, marasca e mirtillo, mandorla amara, erbe secche ed essenze boschive balsamiche (lavanda), cioccolato, mallo di noce, cannella, cuoio, ginepro e lieve boisé. Sapore: secco, discretamente fresco e saAzienda Agricola Secondo Marco pido, molto caldo, piacevolmente tannico, pieno ma snello, di molta persistenza, con Via Campolongo 9 fondo astringente-amarognolo. Retrogusto: 37022 - Fumane (VR) vena tannica e note fruttate, vegetali-balsawww.secondomarco.it miche e speziate. info@secondomarco.it

Ovada Docg Riserva Nonno Rucchèin 2011

Azienda Agricola Cascina Boccaccio Località Moglia 21 15070 -Tagliolo Monferrato (AL) www.cascinaboccaccio.com cascinaboccaccio@gmail.com

CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Dolcetto. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 15%. Lotto: 06/13. Fascetta Docg AAKS 04792022. Bottiglie prodotte: 1.300. Prezzo medio in enoteca: € 16,50. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti a vini rossi secchi di medio affinamento, ad una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 2-3 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 16-17°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: agnolotti con sugo d’arrosto, ravioli genovesi, involtino di carne al vino rosso, pollo al forno con alloro e patate, coniglio in casseruola, toma di un mese. ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore: rubino carico con orlo porpora. Profumo: intenso, persistente, fine, ampio, composito, con netti sentori fruttati di ciliegia durona, mora, mirtillo e lampone maturi ed un po’ macerati, mandorla quasi secca, erbe montane balsamiche appassite, pepe bianco e lieve boisè. Sapore: secco, sufficientemente fresco e sapido, molto caldo, leggermente tannico, pieno ma snello, persistente, con gradevole fondo amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttate, vegetali-balsamiche e speziate.

CONSIDERAZIONI Molto Buono. Ottenuto da selezionate uve Corvina (50%), Corvinone (30%), Rondinella (10%) e altre uve autoctone (10%), dei vigneti di Fumane d Valpolicella con resa di 80 quintali per ettaro. Le uve dopo un appassimento di circa 4 mesi, sono pigiadiraspate e fatte fermentare e macerare per 40 giorni in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. Segue la maturazione del vino per 2 anni in botti di rovere da 50 ettolitri, altri diciotto mesi in botti di rovere da 8 ettolitri, e un affinamento di 6 mesi in bottiglia.

ASPETTO Limpidezza 5. Colore 5. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 5. Finezza 4. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 5. Pienezza 5. Sapidità 4. Acidità/morbidezza 4. Armonia 4. — GRADIMENTO Ottimo 4.

PUNTEGGIO TOTALE

54 /60 CONSIDERAZIONI Buono. Ottenuto da selezionate uve Dolcetto del vigneto Silvana di 12 anni a conversione biologica. Vinificazione: le uve pigiadiraspate hanno fermentato e macerato per due settimane in botti d’acciaio inox termo-controllate, con frequenti rimontaggi e delestage. Dopo la svinatura e i necessari travasi, il vino matura per un anno in botti di rovere di Slavonia da 10 ettolitri e, per quasi altrettanti mesi, in botti di cemento vetrificato. Seguono sei mesi di affinamento in bottiglia.

ASPETTO Limpidezza 5. Colore 4. — PROFUMO Intensità 5. Persistenza 5. Finezza 4. Armonia 4. — SAPORE Persistenza 4. Pienezza 5. Sapidità 4. Acidità/morbidezza 4. Armonia 4. — GRADIMENTO Ottimo 4. PUNTEGGIO TOTALE

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apr. 2014

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La Birra nella Germania medioevale Dal mitico re Gambrinus ai primi birrifici ed alle aromatizzazioni con rosmarino, ginepro, altre erbe e resine


la birra

Si tramanda in Germania un’antica leggenda che fa risalire l’invenzione della birra al mitico re Gambrinus, come racconta una ballata popolare:

Gambrinus era il suo nome, regnò sulle Fiandre e il Bramante. Dall'orzo estrasse primieramente il malto, che trasformò con brillante arte in birra generosa così che i posteri ne cantassero la gloria orgogliosi d'un re, mastro birraio.

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Che Gambrinus sia esistito o no poco importa, sta di fatto che, secoli dopo, si cominciò a parlare di lui come il sovrano delle terre germaniche che inventò la birra, probabilmente non sapendo o fingendo di non sapere che questa bevanda era già prodotta fin dall’antichità nel Vicino Oriente. Nei secoli del lontano medioevo, nei villaggi immersi nelle selve dell’Europa centrosettentrionale, il riuscire a produrre birra d’orzo sembrava cosa portentosa e per ringraziare il mitico Gambrinus per il dono della birra, i germani del tempo pensarono addirittura si farlo santo, Sanktus Gambrinus, e ne stabilirono addirittura l’esistenza nell’VIII secolo, fissando anche l’anno di nascita, il 750. Questa antica saga ci rivela comunque una verità storica: nei secoli dell’alto Medioevo, quindi molto prima dell’anno Mille, la birra era ben conosciuta e abbondantemente consumata da molto tempo in tutta la Germania. Non era nata in Germania, come abbiamo ampiamente documentato nei mesi scorsi, ma lo scrittore romano Tacito (55-120 d.C.), arrivato nell’89 in Germania con l’incarico di pretore e rimasto fino al 93, ne documenta la presenza. Nei quattro anni in cui rimase lungo il Reno ebbe modo di osservare con disgusto, come scrisse poi nell’opera che lo rese celebre, intitolata per l’appunto “Germania”, i truculenti e rissosi guerrieri galli ingurgitare enormi quantità di quella bevanda, ch’egli definisce "barbaro vino di orzo", sdraiati su pelli d'orso, fino a ubriacarsi indecentemente. E che i Germani fossero dediti a generose bevute collettive di birra, lo attestano altri due scrittori romani, Catone, vissuto tre secoli prima di Tacito (234-139 a.C.) e Plinio il Vecchio


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LA BIRRA

(23-79 d.C.), i quali confermano nelle loro opere che la birra era la bevanda nazionale delle tribù germaniche del tempo. E il nostro re Gambrinus? Naturalmente è personaggio leggendario, anche se viene ricordato ancor oggi, soprattutto nelle birrerie germaniche, dipinto come un omone grassissimo e rubizzo, con una fluente barba, vestito con abiti regali di foggia vagamente romanica, seduto su un sontuoso trono, con il capo cinto da una corona di spighe d'orzo e in mano uno spumeggiante boccale di bionda birra. Non era un re guerriero, non fece alcuna battaglia contro i nemici, come narra la leggenda, poiché amava combattere attorno a tavole imbandite, con attorno botti ripiene di birra mentre tutti ne tracannavano senza ritegno. Se storia e leggenda si intrecciano, facendoci comunque conoscere la vasta presenza della birra nella Germania medioevale, va precisato che proprio in quei lontani secoli si affina e si perfeziona l'arte di preparare la birra; da lavorazione casalinga, diventa progressivamente una preparazione quasi industriale, realizzata in locali appositi e venduta. Si abbandona l'uso del tino di coccio e si comincia ad usare il recipiente di rame che conferisce alla birra caratteristiche più raffinate. Le fabbriche di birra aumentano e si diffondono un po’ ovunque, dalle Alpi al mare del Nord e i villaggi fanno a gara a chi la produce meglio, mentre si diffondono anche le gare fra i beoni che si sfidano per vedere chi ne beve di più, e in tal modo i consumi crescono anche per il migliorarsi della qualità.

Cominciano anche le aromatizzazioni e alla birra pura, come era fino ad allora, vengono aggiunti in infusione rosmarino, ginepro, erbe aromatiche e resine, e soltanto dal 1270 in poi si inizia a utilizzare diffusamente il luppolo, anche se era già impiegato da molto prima ma da pochi esperti. Ogni produttore comunque si regola in materia come meglio preferisce, secondo il gusto personale o la convenienza economica (il luppolo era troppo costoso a quei tempi). Si può dunque affermare che, grazie ai Celti che la producevano già mezzo millennio prima di Cristo, la birra conquistò tutte le popolazioni a nord delle Alpi, dove la vite e il vino arrivarono solo ad opera dei Romani e fu nell’Europa centro settentrionale che la birra si affinò fino a diventare abbastanza simile, seppur meno varia e meno raffinata, di quella che conosciamo attualmente.

di Laura Nascinben



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IL MARASCHINO -

un liquore apprezzato in tutto il mondo, nato in un convento di zara ed ora prodotto da luxardo nei Colli Euganei

di Gianandrea Rorato


il bar

I

l Maraschino è un liquore di origine conventuale dalmata, inizialmente denominato “Rosolio Maraschino”, ottenuto da ciliegie marasche, conosciute anche come amarene o visciole, arrivate in Dalmazia nel corso del XV secolo, provenienti dall’Asia, quindi prodotto a Zara dalla metà del ‘700 da Francesco Drioli e dal 1821 anche dalla famiglia Luxardo.

LA FRANCESCO DRIOLI Colui che ha fatto conoscere all’Europa il Maraschino, prima prodotto solo nei conventi della Dalmazia, è stato il mercante veneto trapiantato a Zara, Francesco Drioli, che aveva appreso a Venezia l’arte della distillazione. Aperta la sua prima distilleria nel 1759, i suoi discendenti continueranno a produrre questo liquore fino ai recenti anni 80, dopo essersi trasferiti subito dopo l’ultima guerra mondiale da Zara a Mira nel veneziano, poiché la distilleria in Dalmazia era stata distrutta dai bombardamenti alleati. Il Maraschino ottenne subito un grande successo, grazie anche ai commerci della Serenissima. Posto in bottiglie di prezioso vetro di Murano, impagliate per poter essere trasportate senza danno con le navi, conquistò addirittura il mercato inglese, tanto che navi di sua maestà britannica approdavano a Zara per poi rifornire i palazzi reali e si tramanda che Giorgio V gradisse averlo sempre a disposizione.

— I LUXARDO La Francesco Drioli concluse la sua storia quasi trent’anni fa, ma un’azienda che continua a produrre ancor oggi con successo il Maraschino è la Luxardo. Il capostipite, fondatore della società Luxardo, fu il patrizio genovese Girolamo (Santa Margherita Ligure, 29 sett. 1784 - Zara, 8 sett. 1865). Egli iniziò svolgendo l'attività di mercante di funi (una delle produzioni tipiche del centro ligure). A Trieste, dove si recò più volte per le forniture delle sue merci alla Marina austriaca, nel 1814 conobbe il fabbricante di rosoli Giacomo Balletti. Dopo un infelice tentativo di commercializzare i prodotti di questo, si legò, sempre a Trieste, alla casa commerciale Swachhofer, poi, nel 1817, si recò a Zara, col titolo di console del Regno di Sardegna, per iniziarvi il commercio di coralli. Si racconta che mentre la Francesco Drioli produceva e promuoveva in Europa e nei Balcani il suo Maraschino, questo liquore fosse prodotto artigianalmente con una ricetta analoga a quella dei frati in alcune case aristocratiche di Zara, fra cui in casa Canevare, una cui ragazza, Maria, andò sposa a Girolamo Luxardo, portando con sé la ricetta e continuando a realizzarla. Intanto, grazie al suo commercio, Girolamo aveva accumulato un buon capitale e, pochi anni dopo il matrimonio, nel 1821, sfruttò il liquore prodotto in casa artigianalmente dalla moglie e decise di costruire una fabbrica destinata alla produzione del Maraschino. Dopo 8 anni di studi e di

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perfezionamenti nel 1829 Girolamo ottenne un privilegio da parte dell'Imperatore d'Austria che gli consentiva la produzione esclusiva di tale liquore per 15 anni. A Girolamo va riconosciuto il merito di aver perfezionato l’antica ricetta artigianale per rendere più fine ed elegante il prodotto, zuccherandolo leggermente per bilanciare il grado alcolico e l’acidità. E questa sua ricetta, inconfondibile, è sempre stata gelosamente conservata e realizzata dai suoi discendenti. Nel 1913, a seguito di un'accorta politica economica, Michelangelo Luxardo, discendente del fondatore, costruì un nuovo moderno stabilimento, uno dei più grandi dell'impero AustroUngarico. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, nel 1940, comportò notevoli restrizioni all'attività industriale e, più tardi nel novembre 1943, la quasi totale distruzione dello stabilimento per pesanti bombardamenti anglo-americani. Successivamente alla ritirata delle truppe italiane e tedesche dalla Dalmazia (1944), ebbe luogo l'occupazione da parte dei partigiani di Tito. Gli abitanti della città furono obbligati a partire esuli verso la penisola, ma molti vennero uccisi: fra essi Pietro Luxardo e il fratello Nicolò con la moglie, annegati nel mare di Zara. L'unico dei fratelli superstiti della quarta generazione fu Giorgio Luxardo che ebbe il coraggio di ricominciare l'antica attività e nel 1947, assieme al giovane Nicolò III, della quinta generazione, costruiva uno stabilimento a Torreglia (Padova), nei Colli Euganei, iniziando così un nuovo capitolo della storia Luxardo che vede ora attiva la sesta generazione di questa storica famiglia.

nella pagina di sinistra

Marasche da cogliere, Luxardo Maraschino a fianco

Zara e il suo centro storico


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apr. 2014

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IL BAR

IL MARASCHINO LUXARDO Attualmente, distillato dalle marasche delle piantagioni di proprietà, il Maraschino viene invecchiato a lungo in tini di frassino finlandese, quindi imbottigliato nelle classiche bottiglie impagliate come nel ‘700. Il Maraschino prodotto da Luxardo è una specialità italiana che da quasi due secoli è presente in tutti i principali paesi del mondo. Una particolarità della tradizione Luxardo consiste nel diretto controllo dell'intero ciclo produttivo, dalla coltivazione delle ciliegie marasche fino all'impagliatura delle classiche e tipiche bottiglie. La selezione delle piante di marasca in un vivaio di tre ettari annesso allo stabilimento, il controllo della fioritura e dell'impollinazione e la cernita del frutto, garantiscono

l'idoneità della materia prima fornita esclusivamente da oltre 20.000 alberi nel comprensorio dei Colli Euganei. Va infine aggiunto che il Maraschino Luxardo 32°, ha trovato nel tempo diverse imitazioni, anche nell’etichetta e un’azienda di Zara (Repubblica di Croazia), la Maraska, sorta nel 1949, continua a produrlo con la medesima gradazione alcolica, definendolo originale. Resta vero che il Maraschino è un ottimo liquore italiano, apprezzato in tutto il mondo, goduto da solo – è un sorso eccellente - e impiegato anche in cucina e soprattutto in pasticceria per la preparazione di dolci e macedonie di frutta o di gelati e si presta pure nella preparazione di interessanti cocktail.

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QUESTIONE DI GUSTO

SULL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA Valorizziamo l’olio extravergine dei frantoi italiani, eliminando da ristoranti, pizzerie, bar e supermercati il tanto olio sofisticato nocivo alla salute e all’economia italiana. di nives piva


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N

on è che il New York Times, scrivendo a metà gennaio di olio extravergine d’oliva italiano sofisticato, abbia avuto tutti i torti. Ma ha distorto comunque la verità. L’olio extravergine d’oliva italiano, prodotto nei frantoi italiani, è vero, autentico, serio, ottimo, puro, ma accanto a questo c’è dell’olio finto extravergine, finto italiano o riciclato in Italia. quindi non è olio extravergine d’oliva italiano, ma un volgare olio taroccato, che costa poco più della bottiglia di vetro che lo contiene. È questo lo scandalo che il NYT ha giustamente denunciato. Metà dell’olio extravergine d’oliva presente in Italia arriva da Spagna, Marocco e Tunisia, mischiato assieme a oli di bassa qualità (il porto di Napoli sarebbe la centrale per l’importazione), quindi sofisticato col beta carotene per camuffarne il sapore ed è poi venduto come italiano, in Italia e all’estero, grazie a leggi ancora troppo permissive. A tutto questo scrive il NYT - si aggiungono le complicità politiche per coprire la truffa, in barba alle forze dell’ordine i cui laboratori di analisi non sono sempre efficaci per svelare la sofisticazione. Il «suicidio», secondo il New York Times, è quello degli stessi produttori di olio che, commerciando olio contraffatto, finiscono per far crollare anche il prezzo del vero extravergine italiano. Purtroppo i frantoiani italiani e, con essi, i Consorzi di Tutela delle tante aree italiane, non sono fin qui riusciti a far distinguere ai consumatori l’olio extravergine italiano a Denominazione di origine protetta (Dop) o a Indicazione geografica protetta (Igp) o comunque l’olio extravergine italiano di sicura qualità, dall’olio anonimo e sofisticato presente anche nei supermercati (quello che costa meno di 5 euro al litro, e ce n’è tanto, oltre a non essere Dop, difficilmente è italiano e se non è italiano, con questi prezzi c’è poco da fidarsi).

Ci sono purtroppo dei criminali che sofisticano l’olio, rovinando l’immagine di tutto l’agroalimentare italiano all’estero, con pesantissime ricadute negative, danneggiando senza scrupolo i tanti seri produttori italiani di olio extravergine d’oliva. Credo sia arrivata l’ora – è già passata ma si può ancora intervenire – perché si passi dalle denunce ai fatti. Le parole, come sempre, scivolano al vento e non lasciano traccia, per cui occorrono atti concreti, che dovrebbero vedere decisamente impegnati sia la politica, che la ristorazione e almeno i supermercati e i negozi italiani.

La politica – Parlamento e Ministero delle Politiche Agricole e Forestali – emanino leggi e regolamenti severissimi, con forti penalità per chi non opera correttamente, tali da rendere sempre più difficoltosa se non impossibile la sofisticazione dell’olio extravergine d’oliva, con ispezioni accurate presso le aziende, soprattutto esportatrici, e con le conseguenti doverose analisi. I produttori seri meritano che lo Stato e le sue istituzioni locali facciano esaminare nei laboratori statali o convenzionati esistenti – che devono saper raccontare totalmente ciò che l’olio contiene – i campioni di olio sequestrati dagli uomini dei NAS e della GdF specie nelle aziende commerciali, sia importatrici che esportatrici, per scoprire le possibili sofisticazioni, mettendo un deciso freno alle esportazioni di oli taroccati. La ristorazione italiana – dai tre stelle Michelin alle pizzerie e alle trattorie di paese, nonché ai bar che servono alimenti – impieghi esclusivamente olio extravergine d’oliva di frantoi italiani, ce ne sono dappertutto, da Trieste a Pantelleria, il maggior costo su un extravergine anonimo è talmente scarso se diviso per i piatti serviti ai clienti e la qualità del piatto finale talmente superiore che è un delitto (o un fatto di ignoranza) non usare l’olio extravergine d’oliva di un frantoio italiano, meglio se l’olio è Dop o Igp.


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pizza e pasta italiana

QUESTIONE DI GUSTO I supermercati, almeno quelli di proprietà italiana, rifiutino di imbrogliare i clienti mettendo in vendita olio extravergine sofisticato o taroccato, definito “mediterraneo” o “comunitario”, quando è risaputo che spesso arriva da non si sa dove, fingendo di credere che si tratti di olio extravergine di frantoi italiani o di seri frantoi stranieri. I responsabili agli acquisti chiedano la documentazione della filiera, quindi la vera origine dell’olio e delle olive da cui è tratto: questa sarebbe onestà e serietà commerciale. Chiedere ai soggetti indicati un maggior impegno a difesa dell’extravergine italiano non è vecchio nazionalismo, ma una doverosa difesa di ciò che è veramente buono (a giusto danno di ciò che non lo è), valorizzando i prodotti di casa nostra - e l’olio extravergine italiano è il migliore del mondo ed è il solo di cui si può conoscere la filiera – difendendo i produttori seri e vendendo all’estero un vero olio extravergine italiano, obbligando il New York Times a pubblicare un prossimo articolo scrivendo che le sue accuse all’olio italiano sono cadute e che il mondo può attingere tranquillamente all’olio extravergine italiano, sicuro che è veramente italiano e sicuramente buono. Utopia? Vorremmo sperare che i ripetuti vergognosi scandali, che purtroppo continuano, sull’olio d’oliva costringano chi ne ha il potere e la facoltà – in primis le istituzioni - di finalmente e seriamente intervenire.



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Campi coltivati a colza

OLI

IL MONDO DEGLI (TERZA PARTE)

OLIO DI SEMI DI ARACHIDI

O

lio di semi di arachide L'olio di semi di arachidi è una sostanza oleosa dal colore giallo.

Dott.ssa Marisa Cammarano - biologa nutrizionista -

Dal punto di vista qualitativo, l'olio di semi di arachidi si pone fra l'olio di oliva e gli altri oli di semi. L'olio di semi di arachidi, a differenza di molti altri oli di semi, può essere utilizzato per friggere, ma ricordiamo ancora una volta che, contrariamente ad una comune credenza, gli oli di semi in genere non sono gli oli più adatti per la frittura; infatti la scelta migliore in assoluto per la frittura è quella dell' utilizzo dell'olio extravergine di oliva.

La sua composizione media in acidi grassi è la seguente: • 18% acidi grassi saturi • 55% acidi grassi monoinsaturi • 27% acidi grassi polinsaturi L'olio di semi di arachide, vista la discreta presenza di acidi grassi monoinsaturi (un olio è tanto migliore quanto più alta è la sua quantità di acidi grassi monoinsaturi) e il suo punto di fumo non bassissimo (230 °C per l'olio raffinato, 160-180 °C per l'olio non raffinato) può comunque essere preso in considerazione come saltuaria alternativa all'olio extravergine. A livello industriale, l'olio di semi di arachide viene utilizzato per la produzione di maionese e, utilizzando determinati trattamenti, è possibile ricavarne il burro di arachidi che normalmente viene invece ottenuto dalla macinatura dei semi.


la scienza dell'alimentazione

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OLIO DI COLZA

L

a pianta della colza appartiene alla famiglia delle crocifere brassicacee (Brassica napus) con fiori gialli o bianchi, in grappolo, silique lunghe a semi nerastri o rosso bruni; è la più importante pianta oleifera coltivata nell’Europa. Dai semi si ricava un olio largamente usato a livello industriale come lubrificante. Dal punto di vista alimentare l'olio di colza è decisamente scadente perché è costituito per circa la metà da acido erucico i cui effetti negativi sulla crescita, sul fegato e sul cuore sono ormai documentati, tanto che per legge tale sostanza non può superare il 5% del totale degli acidi grassi negli oli di semi vari e nelle margarine. Un tempo l'olio di colza era poco adatto al consumo umano (nel tardo Medio Evo veniva principalmente utilizzato come olio da illuminazione). Per permettere l'utilizzo di questo olio molto economico come olio alimentare, c' è stata una selezione delle varietà di colza.

La selezione è stata fatta per ovviare al problema dell'acido erucico ed alla fine degli anni settanta, negli Usa, è stato lanciato l'olio canola, ottenuto da colza geneticamente modificata per abbassare il contenuto di acido erucico, ma anche su quest'olio i dubbi nutrizionali non mancano. Esiste molta documentazione che accusa l'olio canola di causare cancro al polmone, perdita della vista, anemia, disturbi al sistema nervoso centrale, aumento del rischio cardiovascolare; l'effetto sarebbe cumulativo ed i primi sintomi si potrebbero avvertire solo a dieci anni dall' uso. L'olio canola è, comunque, da evitare a causa del processo di parziale idrogenazione e di raffinazione a cui è sottoposto, processi i quali a loro volta, portano la quota di acidi grassi trans a circa il 5%. Ma la cosa peggiore è che questa percentuale aumenta notevolmente fino al 25% quando si usa l'olio canola per friggere.

In base al contenuto di acido erucico e glucosinolati, oggi si distinguono quattro varietà di colza: • doppio alto: alto contenuto di acido erucico e glucosinolati; • 0 o "zero": basso tenore di acido erucico; • 00 o "doppio zero": basso tenore di acido erucico e non più di 5-10 micromoli di glucosinolati per grammo di farina disoleata; • 000 o "triplo zero": basso tenore di acido erucico, basso tenore di glucosinolati e basso tenore di fibra. Il contenuto in olio delle varietà di colza doppio zero e triplo zero è di circa il 40% e dopo l’estrazione, il “panello” residuo può essere utilizzato come cibo ad alto contenuto proteico per gli animali. Attualmente, nel nostro paese l'utilizzo dell'olio di colza alimentare appare limitato all'industria e alla ristorazione commerciale.


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

OLIO DI GIRASOLE L'olio di semi di girasole è un olio che viene estratto dai semi del girasole, una pianta appartenente alla famiglia delle Asteracee ed originaria del continente americano, ma molto diffusa anche nel nostro Paese. Dai semi di questa pianta, come detto, si estrae un olio molto ricco di acidi grassi insaturi, in particolar modo di acido linoleico e di acido oleico; la presenza di acidi grassi saturi è rappresentata dall'acido palmitico e dall'acido stearico. Dai residui dell'estrazione si ottiene un materiale che viene impiegato come mangime per il bestiame. La composizione dell'olio di girasole è pesantemente influenzata sia dalle varietà delle piante che vengono utilizzate sia dalle condizioni ambientali in cui esse si sono trovate a crescere. Nel Nord America sono stati introdotti oli provenienti da girasoli geneticamente modificati con punto di fumo più alto per poterli utilizzare per friggere e per la cucina ad alte temperature.

Sono moltissimi i prodotti alimentari nei quali viene impiegato olio di girasole; la motivazione di questo utilizzo è spesso di carattere economico ed è quindi giusto che il consumatore conosca le principali differenze fra olio di girasole e olio d'oliva, soprattutto quando il primo viene utilizzato come surrogato di quest'ultimo.

Al pari dell'olio di oliva, anche l'olio di girasole raffinato ha, un punto di fumo non bassissimo (attorno ai 220 °C), contrariamente alla credenza comune che si riferisce a oli di girasole biologici ottenuti per spremitura meccanica (anche "a freddo") che hanno punto di fumo molto basso (circa 110 °C) e quindi sono decisamente inadatti a cucinare e possono essere gustati solo freddi. Comunque, anche l'olio di girasole raffinato, a causa dell'alta percentuale di acidi polinsaturi, è particolarmente instabile e andrebbe conservato con cura, lontano da fonti di luce e/o calore. L'olio di girasole può essere usato per cucinare solo se raffinato; ma il processo di raffinazione fa perdere gran parte del contenuto vitaminico (l'olio di girasole è particolarmente ricco di vitamina E) e introduce una piccola quota di grassi trans. Ma il vero problema dell'olio di girasole è costituito dal fatto che i suoi grassi polinsaturi non sono particolarmente di qualità, essendo costituti per gran parte da acido linoleico (ω 6), un acido grasso "in competizione" con i più salutari ω 3. Poiché è molto comune negli alimenti, la quota di acido linoleico che assumiamo rischia di essere eccessiva. Quindi, si deduce che l'olio di girasole deve essere considerato un olio di seconda scelta. L'olio di girasole non viene utilizzato soltanto per scopi alimentari; come nel caso di molti oli vegetali, infatti, l'olio di girasole, ha buone proprietà idratanti, nutrienti ed emollienti che lo rendono adatto all'inserimento nelle formulazioni di prodotti cosmetici. A questo scopo vengono però utilizzate soltanto le varietà ad elevato contenuto di acido oleico la cui conservabilità è maggiore. Oltre ad essere impiegato come emolliente e nelle formulazioni di saponi, l'olio di girasole viene usato come condizionante negli shampoo e in altri prodotti per la cura dei capelli. L'olio di girasole trova impiego anche nel settore delle vernici.


la scienza dell'alimentazione

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OLIO DI SANSA

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Di consistenza simile ad una pasta, la L’olio di sansa è un olio ottenuto dal taglio Segue una filtrazione, che consente di sansa contiene ancora una certa percendi olio di sansa di oliva raffinato e di olio ottenere da una parte le sanse esaurite, e di oliva vergine diverso dal lampante; pos- tuale di olio, che tuttavia non può piĂš dall'altra una soluzione di olio in esano. essere estratta per semplice spremitura. siede un’aciditĂ non superiore all'1%. La Per allontanare quest'ultimo si attua un L'unica strada percorribile per estrarre sansa è il residuo solido che rimane dopo processo di distillazione. Il tempo che questa quota, non irrisoria, di olio è il l'estrazione dell'olio. Dalle sanse è possiintercorre tra l'estrazione dell'olio di oliricorso a mezzi chimici. La sansa viene bile estrarre modeste quantitĂ di olio per va con mezzi fisici e la lavorazione delle miscelata ad un solvente selettivo per la pressatura o mediante centrifugazione. sanse residue con solventi chimici, deve componente lipidica, chiamato esano, L'olio che se ne ricava è chiamato olio di essere il piĂš breve possibile. che solubilizza l'olio residuo. sansa di oliva greggio e non è commestibile. Mediante un processo di raffinazione quest'olio viene purificato ottenendo un olio di sansa raffinato con aciditĂ non superiore allo 0,5%. L'olio di sansa pronto per l'utilizzo è ottenuto mescolando l'olio di sansa raffinato con oli di oliva vergini diversi dall'olio lampante, con aciditĂ non superiore all' 1,5%. Non è previsto un minimo di oli vergini da addizionare. La composizione dell'olio di sansa è simile a quella dell'olio di oliva GIUGNO 2012 rispetto al quale è piĂš ricco di acido linoleico (9,5 -15,5%) ed è presente acido elaidinico (0,2%), un isomero trans dell’acido oleico contenuto anche nel burro e nella margarina. Anche per questo motivo l'olio 9LD ) 6DSRUL &RUSROz 51 7HO )D[ ( PDLO LQIR#SDYHVLOXFLDQR ULPLQL LW ZZZ SDYHVLOXFLDQR ULPLQL LW di sansa è un olio nettamente piĂš scadente e meno benefico dell'olio di oliva.

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apr. 2014

di Fabio Iacozzilli

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Cosa hanno in comune il Turismo Esperienziale ed i LEGO?

TripAdvisor sarà più interessata alle potenzialità del vostro territorio? o alla vostra attività?

L’

ultima volta ci siamo lasciati con l’invito ad immaginare uno scenario in cui la parola d’ordine fosse: “condividere le risorse”. Comprendo sia difficile ripensare la propria “missione aziendale”, e complicato pensare di avviare tale rivoluzione semplicemente incitandovi a cambiare la vostra visione; è vero siamo in un mondo competitivo e spietato, permettetemi perciò di chiarire meglio questi concetti.

Analizzando i cambiamenti del mercato sembra emergere un nuovo paradigma, si sta passando dal “lavorare per se stessi”, al “lavorare per far vincere la propria squadra”, e ciò è complesso tanto quanto chiedere a un ciclista di passare dal vincere le cronoscalate, ad aiutare i compagni a vincere una crono-squadra. Riflettendo un attimo la seconda opzione risulta essere meno complicata da realizzare, poiché si può contare in squadra su più elementi, diversi per caratteristiche, con cui ripartire efficientemente il carico di lavoro.

In questo mese e nel prossimo, nella seconda parte di questo nostro ragionamento, vorrei approfondire il concetto della condivisione riportando il tutto al gioco più utilizzato al mondo, i “mattoncini” colorati, i mitici Lego.


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Chi da bambino era affascinato dalla possibilità che singoli pezzi, con caratteristiche diverse, potessero comporsi per dar luogo ad oggetti complessi quali mezzi meccanici, edifici, ecc.? Mi ha sempre stimolato la possibilità di mettere in relazione risorse in apparenza diverse e ora trasformo in mattoncini qualsiasi cosa, dai componenti elettronici a parti meccaniche, dalle risorse ambientali e storiche alle attività e servizi turistici.

Credo nella fantasia senza confini, e rimango dispiaciuto quando la volontà di mettersi in gioco diviene l’unico ostacolo. L’evitare di rischiare interrompe sul nascere una bella storia, narrata attraverso la realizzazione di un progetto, costruito sulla collaborazione di più attori/mattoncini molto diversi fra loro.

Per giocare prendiamo a modello il settore del Turismo, considerata una delle principali risorse economiche dell’Italia.

“Il Turismo esperenziale crea ricchezza partendo dalle esperienze fruibili, quali luoghi fuori dagli itinerari, enogastronomia locale, trekking, cicloturismo, legando ed amplificando il tutto attraverso esperienze genuine.”


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pizza e pasta italiana

“Dopo molti anni da un viaggio ricordate la stanza dove avete dormito? O il sorriso e la cortesia del personale?” Abbiamo a disposizione un’infinità di possibilità, ma forse è tale abbondanza a frenare ancora molte destinazioni nel decidere che forma dare alla montagna di mattoncini, ancora sparsi sul tappeto. Disponiamo di pezzi dalle forme uniche, tanti quanti i variegati patrimoni artistici, ed i tanti servizi erogati da imprenditori; eppure spesso si sottovalutano le comunità e il suo interfacciarsi con il turista, eppure anch’esse sono un mattoncino, forse il più importante al pari della base che ospiterà l’intero progetto Lego. Voglio citare un episodio nell’intento di rendere il concetto più chiaro.

Poco prima delle feste natalizie con mia moglie siamo stati in Campania, per passare una giornata nella bellissima Sorrento, con i suoi sorprendenti scorci sul mare e sul Vesuvio, dove è impossibile ignorare le belle vie pulite e curate con tanti negozietti. La sera abbiamo dormito a Napoli, dove siamo stati accolti con calore dalla signora di un B&B, la quale ci ha elargito consigli sul mangiare e sulle cose da vedere l’indomani, il tutto mentre ci siamo gustati un “vero” caffè alla napoletana preparato sul momento. La mattina seguente presi accordi con il gentilissimo proprietario di un garage,

per lasciare la macchina fino al tardo pomeriggio, siamo partiti alla scoperta del centro storico di Napoli. Arrivati alla fermata del bus consigliata la sera prima dalla proprietaria del B&B, abbiamo chiesto informazioni alle persone in attesa, ottenendo in cambio preziosi consigli sulle fermate e sulle tante bellezze artistiche. Erano proprio i Napoletani a disdegnare il degrado in cui versava la “loro” città, desideravano farci vedere Napoli e i suoi abitanti sotto una luce diversa, da quella riportata quotidianamente dai media tradizionali.


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“Per Voi è più interessante un albergo con piscina nel nulla? O una camera pronta ed accogliente alla fine di un affascinante tour?” Grazie alle loro indicazioni abbiamo visto le magnifiche gallerie, sicuramente da rivitalizzare con qualche accattivante negozietto/mattoncino, per riportare la gente a “vivere” queste opere d’arte. Nella nostra visita non poteva mancare la bellissima piazza del Plebiscito, un giro per i vicoli degli artigiani dei presepi, ed il folkloristico centro storico dove abbiamo trovato locali gestiti da dinamici giovani/ mattoncini.

Lo scopo di tale descrizione è condurvi per mano analizzando le due differenti esperienze, seppure le due città siano vicine, di Sorrento ricordo i luoghi, i panorami, la brezza, la cura ed una gelateria unica nel produrre un gelato gustoso (su TripAdvisor era, con merito, anni luce avanti a tutti). Di Napoli ricordo il calore della gente, la loro attenzione, la voglia di farmi apprezzare la loro cittadina, evidenziando i “pregi” attraverso la loro conoscenza dei luoghi e del cibo.

A mio avviso l’esperienza turistica di Napoli è stata più completa, gioca sicuramente contro il caos in cui è avvolta la città rispetto alla “cartolina” di Sorrento, ma attraverso la partecipazione dei suoi cittadini mi sono sentito coccolato, per questo ne ricordo con più piacere i luoghi perché le persone hanno “rafforzato” la mia esperienza. Continueremo il nostro ragionamento il mese prossimo e sono certo che chi ha letto fin qui questo articolo sarà desideroso di vedere a quali conclusioni è possibile arrivare assieme.

...continua


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pizza e pasta italiana

TURISMO GASTRONOMIA BINOMIO INSCINDIBILE

S

appiamo tutti che il turismo è una delle più importanti voci positive del PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano, così come il Veneto è la regione più turistica d’Italia (60 milioni di notti nel 2013). Ma ci sono anche dei dati negativi. L'Italia, infatti, è il terzo Paese europeo per numero complessivo di notti (363 mln), dietro Francia (405 mln, +1,1%) e Spagna (387 mln, +1%). Tra i 28 Paesi dell’Unione Europea l’Italia è il Paese che lo scorso anno ha registrato il crollo annuo maggiore con -4,6% di notti. Proprio perché una delle colonne dell’economia italiana il turismo è una

questione nazionale e merita – come scrive spesso questa Rivista – la massima attenzione delle istituzioni e ha diritto a un serio progetto nazionale e non a tanti progettini locali che spesso costano più di quanto renda localmente il flusso turistico. In un moderno “Piano nazionale per il rilancio del turismo in Italia”, contano certamente le infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, aeroporti); l’ospitalità alberghiera, ancora carente in molte aree italiane; la professionalità degli operatori, spesso ancora insufficiente; la possibilità di conoscere facilmente il territorio (città d’arte, musei, mercati locali, ecc.), ma una


turismo e gastronomia

voce importante è rappresentata dalla ristorazione. I turisti stranieri non cercano solo il mare o la montagna, perché, oltre al patrimonio storico, artistico, culturale ed economico dell’area prescelta per le vacanze, cercano anche dei buoni ristoranti dove si possa gustare la vera cucina italiana.

LA CUCINA ITALIANA Sappiamo tutti che la cucina italiana è soprattutto cucina del territorio, formatasi nel corso del tempo grazie ai prodotti del territorio e alla bravura delle donne di casa. Trasferitasi dalle case agli alberghi e ai ristoranti, questa cucina, basata sui prodotti del territorio e delle stagioni, si è ulteriormente evoluta e affinata diventando quella grande cucina che ha saputo conquistare l’ammirazione dei gourmet di tutto il mondo. I turisti cercano questa cucina e i ristoranti che trovano ogni mese spazio in questa rivista dimostrano che di ristoranti di qualità in Italia ce ne sono tanti, ma non sono ancora sufficienti. C’è già un buon numero di turisti gourmet che arriva ogni anno in Italia solo per fare il giro dei ristoranti 3 stelle Michelin o per conoscere i migliori ristoranti di una singola

regione, allora immaginiamo quale flusso avremmo se il livello medio della ristorazione italiana, già molto buono, fosse ancora migliore e ci fossero ovunque, in ogni provincia e in tutte le belle località turistiche marinare, lacustri e montane e nelle città d’arte dei ristoranti stellati. (Ci riferiamo ai ristoranti stellati non perché siano in assoluto i migliori, ce ne sono di ottimi anche senza stelle, ma perché a livello internazionale la Guida Michelin è considerata molto fidabile ed è molto seguita dai turisti gourmet).

LE CARATTE-

d’una casa dell’alta borghesia: ottimamente arredata, tavoli singoli, tappeti per terra, vasi di fiori, bei quadri alle pareti, luci giuste in eleganti lampadari. E, sui tavoli, raffinate tovaglie di lino, piatti e posate eleganti, calici di cristallo. Naturalmente servono poi un’ottima cucina, una ricca cantina e un servizio impeccabile. Questo richiede il turismo d’élite. L’Italia sa rispondere positivamente in tutto lo stivale? C’è, da qualche parte, un dettagliato progetto esecutivo per una seria qualificazione del turismo gastronomico? Il nuovo Ministro del Turismo si preoccupa anche di questi problemi?

RISTICHE DEI GRANDI RISTORANTI La cura di ogni aspetto dell’ambiente è fondamentale per offrire ai turisti un’immediata immagine positiva del ristorante. Diceva Cesare Ritz, il fondatore dei primi grandi alberghi moderni (l’Hôtel Ritz in Place Vendôme a Parigi, aperto il 1 giugno 1898) che la sala ristorante d’un albergo e, quindi, di ogni ristorante deve essere come quella

PROPRIO PERCHÉ UNA DELLE COLONNE DELL’ECONOMIA ITALIANA IL TURISMO È UNA QUESTIONE NAZIONALE E MERITA – COME SCRIVE SPESSO QUESTA RIVISTA – LA MASSIMA ATTENZIONE DELLE ISTITUZIONI...

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di Gianluca Rorato


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pizza e pasta italiana

Un successo asiatico

È

terminata il 27 febbraio scorso Gulfood, la fiera dei record che si è svolta a Dubai a partire da domenica 23 febbraio. Gulfood, letteralmente “il cibo del golfo”, è detta così per le dimensioni che caratterizzano questo immenso Food & Hospitality Show a cui prendono parte espositori provenienti da ogni parte del mondo: 20.000 brand rappresentati da oltre 4.500 aziende del comparto. L’industria alimentare italiana è stata ben rappresentata in ogni comparto. Meritano una particolare menzione torrefazioni come Kimbo, Caffè Moak, Costa D’Oro, Essse Caffè, Diemme Caffè, Poli, Portioli e produttori di macchine per il caffè come Commerciale Adriatica, La Marzocco, Wega, Nuova Simonelli, Gruppo Cimbali. Interessante la presenza della SCAE, l’associazione triestina impegnata a trasmettere la cultura del caffè nel mondo.

sopra

L'inaugurazione della fiera

Una citazione particolare per la presenza di GPE Vendors, a quanto pare unico produttore italiano di distributori automatici presente al Salone di Dubai. E' stata scelta da 250 imprese italiane per far conoscere i propri prodotti in un mercato nuovo e vasto, quello degli Emirati Arabi. Diverse le imprese espositrici, a rappresentanza di differenti prodotti merceologici. Una missione non d'accompagnamento - come quelle recentemente svolte in Germania, Russia e Turchia per citare le più recenti - ma di scouting e di analisi del mercato arabo e delle sue criticità, prima fra tutte "la necessità, da parte delle imprese italiane, di crescere sul fronte della comunicazione", ha commentato Ilaria Franchini, referente di Newexplora per il settore alimentare: "Gli Emirati Arabi Uniti rappresentano da soli l'ottavo mercato per i prodotti italiani fuori dall'Ue e il Made in Italy continua a godere di enorme considerazione, ma le nostre imprese per potersi affermare hanno bisogno in questo momento di riuscire a veicolare un'immagine forte e omogenea che tenga anche in considerazione lo stile di vita e le esigenze del consumatore emiratino"...

sotto

Il salone


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

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lug —PIZZA ago E PASTA 2012 ITALIANA

pizza e pasta italiana STORIA

DEL PANE

VIAGGIO

re al visitatore di assaporare i suoi piatti Gli Emirati Arabi Uniti, Paese ospitante, e prodotti tipici, come il ciaffagnone ed il hanno rappresentato circa ildi30% delle e quando mancava si suppliva chicchi frumento pecorino toscanocon di Manciano, il buglione presenze; le altre provenienze piĂš rappred’agnello e lo sfratto di Pitigliano, il di Fagioabbrustoliti e intinti nell’aceto e l’ebreo, umili sentate sono state India, seppur Arabia Saudita lo cannellino di Sorano, tutti piatti da accondizioni, se aveva un servo e possedeva del pane, e Pakistan nell’ordine (rappresentano aveun compagnare con i vini tipici locali. altro 25%), ma si sono mostrati interessati va diritto al massimo rispetto. L’alta Maremma, con i suoi tanti tesori stoanche operatori provenienti da Iran,che Iraq, Ăˆ interessante e rici, curioso allo stesso tempo notare urbanistici, architettonici e gastrono-fra Egitto, Siria, Sud Africa, Malesia, Kuwait, mici è damolto visitare senzachiedere fretta, godendo gli Ebrei era abitudine diffusa pane in Brasile ecc. appieno anche panorami mozzafi Per prestito, che la donna sposata aveva interessante diritto al ato. pane coUn dato decisamente è rapla sosta ci sono molti ottimi agriturismi e presentato dal 58% miseria di visitatori compiniugale e solo inne tempo di estrema essa si impesegnaliamo uno che sappiamo intereslatori delle schede ma puntoITALY che gnava a vivere con il pane proprio, sapeva che eranon suo sante per piĂš motivi: l’Agriturismo Fattostanno al momento operando con aziende dovere sorvegliare casa e “non mangiare il pane della ria ladell’Orsa Maggiore (www.ursamaior. italiane, segno della forza concreta dell’ia Manciano, dove nel loro Ristoro “Il l’obFipigriziaâ€? e che ilit)niziativa. castigo divino si manifestava con schiottoâ€? sono disponibili i vini aziendali bligo, per le donne, di vendere il pane cotto da loro. da accompagnare con un’ampia selezione

Non si può concludere questo sguardo fugace alla storia del pane in Palestina senza menzionare quello che può essere considerato il fatto centrale della storia umana, la nascita di GesÚ Cristo. Ebbene, come aveva profetizzato

degli ottimi formaggi e salumi locali e carni alla brace. A Pitigliano c’è l’eccellente Michea (5,1) e come confermano cucina di Alessandro e Chiara nel loro ri-i Vangeli di Matteo storante (2,6) eIldiCeccottino Giovanni(www.ceccottino. (7,42), GesĂš, il figlio di Maria e com), e terminare l’itinerario Giuseppe, discendente di reall’Ottava Davide, nacque in una citRima a Sorano (www.cantinaottavarima. che si trova circaselezione dieci chilometri a sud di Geit)tadina dove Nicola con laa sua di rusalemme e che si gli chiama Betlemme. Il fatto sorprenprodotti tipici accoglie ospiti nella suo caratteristico nel tufo, dente è cheambiente il nomericavato Betlemme, in lingua ebraica Beth magari servendo un bicchiere di assenzio. Lehem, significa casa del pane, legando questo fondaInsomma buona esplorazione a tutti! L’Almentale alimento umano a un evento straordinario e ta Maremma è uno scrigno di tesori che misterioso, nascita del figlio di Dio. Vi è dunque nel merita scoprirelae godere!

nome del luogo natale di GesĂš quasi un preannuncio Caterina Orlandi del suodimessaggio: ÂŤIo sono il pane della vita; chi viene Fabio Iacozzilli da me non avrĂ piĂšdifame... e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondoÂť. Ma vedremo meglio, nel prossimo mese, il valore, reale e simbolico, del pane per il popolo ebraico, un valore che appartiene tutt’oggi a questo popolo.

38Ă“ (66(5( 3(5621$/,==$7$ 6,$ ,1 (67(7,&$ &+( ,1 &21%,1$=,21( &21 *,5$552672 2 9$5, $&(6625,

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la fiera dell’agroalimentare si è svolta a città sant’angelo sopra

Il quartiere espositivo sotto

L'inaugurazione della manifestazione

A Città Sant’Angelo, comune di 15.000 abitanti in provincia di Pescara, si è svolta dal 9 al 12 Marzo scorsi la ventitreesima edizione di Saral Food, la fiera dedicata ad alimentazione, ristorazione, gelateria, pasticceria, panetteria e beverage. Oltre 13.000 le presenze registrate nella 4 giorni abruzzese, duecento aziende di settore ad esporre in oltre 10.000mq di quartiere espositivo. Un successo per i visitatori dimostrabile anche nei numeri, come ha detto Giancarlo Gianflone direttore della fiera “ Questa rassegna è stata un successo con tante presenze provenienti principalmente da centro e sud Italia, con ditte estere che hanno potuto far conoscere i loro prodotti ad un pubblico competente e interessato. Siamo molto soddisfatti del riscontro che c’è stato in termini di pubblico e di espositori”. Uno stand è stato anche dedicato alla Scuola Italiana Pizzaioli rappresentata dagli istruttori di zona che hanno riscontrato successo nell’insegnare e far degustare delle ottime pizze classiche e in pala, hanno svelato i trucchi del mestiere e fatto scoprire l’arte del fare la pizza ai tanti interessati che hanno trovato professionisti competenti e sempre aperti al dialogo.


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

main sponsor

sponsor tecnici

2013 | 2014

Massa Carrara

Classifica

cl. pt. cognome nome

pizzeria

località

687

favero daniel

trattoria pizzeria ometto

carrara

685

masson sebastien

pizza ro-ma

680

matarazzo mario

manuno brescia

670

la rsa riccardo

la picea

670

bertolucci alessio

green park

massa

636

de silvestri federico

mammamiachepizza

sarzana

636

sabbatini giorgio

marigio affi

632

lionello salvatore

paradise ortadiatella

631

bruni oscar

ballarò

626

possamai marc

ladel pizza

auriol

619

pennino antonio

pizzeria made in sud

fornaci di barga

10°

602

di paola cristoforo

jungle pizza

dijon (francia)

levanto

tremignon di piazzola sul brenta

favaro veneto

a fianco, da sinistra

Il primo classificato Daniel Favaro. Il secondo classificato, Masson Sebastien e il terzo con la sua pizza, Matarazzo Mario


giropizza d'europa 2014

Classifica L'allievo supera il maestro cl. pt. cognome nome

pizzeria

località

530

lombardo daniele

trattoria pizzeria ometto

carrara

463

de silvestri federico

pizza ro-ma

431

bertolucci alessio

manuno brescia

dijon (francia)

sopra, da sinistra

I primi tre classificati: Lombardo Daniele, De Sil vestri Federico e Bertolucci Alessio con le loro pizze

> Gli altri partecipanti de "l'allievo supera il maestro" in ordine alfabetico: Blondi Pietro, Cardarello Michele, Copertini Michele, De Marchi Marco, D'Ignazio Giorgio, Lombardo Daniele, Mastroianni Massimo, Monticelli Alessandro, Monticelli Alberto, Moresco Marco, Nardin Dario, Parisi Vito Donato, Perera Amal, Stella Cosimo, Visentin Davide.

< Gli altri partecipanti del Giro Pizza di Massa Carrara, in ordine alfabetico: Chiappini Antonio, Corallo Simone, Corsini Matteo, Dall'Amico Nicola, Favero Daniel, Grassi Alessandro, Mancini Massimiliano, Pitanti Lorenzo, Simi Paolo, Tonnarelli Federico.

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apr. 2014

pizza e pasta italiana

2013 | 2014

Budapest

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sponsor tecnici

Classifica cl. pt. cognome nome

pizzeria

località

695

suzter attila

da caterina

budapest

605

mailus adriano

la terrazza

595

benke attila

ciao ciao

590

rigo richard

a presto

585

russo anastasio

la terrazza

nyredjasa

570

besir limani

la torretta

l'aquila

541

cocciolone luca

la torretta

460

concetti fortunato

gloria timilsoara

401

toth zoltan

a presto

nyredjasa budapest

budapest

l'aquila

sopra

I pizzaioli e i giudici del Giropizza di Budapest qui accanto

Il primo classificato, Suztler Attila con la sua pizza

budapest



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apr. 2014

pizza e pasta italiana

ALL’INTERNORGA DI AMBURGO IN GERMANIA 2013 | 2014

Amburgo

Gran Finale del Daniel Favaro a 23 anni ha conquistato

A

mburgo, capitale della gastronomia d'avanguardia e conosciuta per i suoi nuovi concetti ricettivi è diventata per sei giorni il centro dell'attenzione per chi si occupa del settore della ristorazione fuori casa. Più di 1.200 espositori da 25 nazioni sono intervenuti a questa grande fiera per presentare i loro prodotti, le innovazioni e le ultime tendenze del settore. Internorga garantisce infatti ai visitatori professionali e alla stampa specializzata una panoramica completa ed ha confermato ancora una volta la sua

qui a destra

I vincitori della finalissima, da sx Pasquale Corvaglia, Luca Sposetti e Daniel Favaro

posizione come fiera leader del settore. Il 2014, hanno affermato gli esperti, è un anno molto buono in Germania per la ristorazione fuori casa, con un aumento di presenze dell'1.8%. Come per gli anni precedenti a Internorga intervengono soprattutto le aziende che hanno novità da presentare o esprimono in concreto le nuove tendenze della ristorazione internazionale. Quest’anno la pizza, il piatto italiano più diffuso nel mondo, ha rappresentato l’highlight dell’intera manifestazione, dal momento che la pizza è anche in Germania un elemento

fondamentale della ristorazione fuori casa. Resta però vero che il livello qualitativo della pizza in Germania ha bisogno di essere ulteriormente alzato, valorizzato ed anche scoperto da una buona fetta della popolazione. Sono state giornate impegnative, quelle ad Amburgo, che hanno coinvolto la Scuola Italiana Pizzaioli, e soprattutto l’istruttore Mauro Pasini con Maurizio Salgarella, impegnati in varie attività, dalla spiegazione di impasti con farine speciali, alla lezione di pizza con ben 11 food bloggers tedeschi.


giropizza d'europa 2014 - la finalissima

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10° edizione

Giropizza d’ uropa

E

il titolo di miglior pizzaiolo d'

Il Gran Finale del Giropizza d’Europa All’Internorga quest’anno al gran finale del Giropizza d'Europa, evento organizzato da questa Rivista, hanno gareggiato più di 40 campioni pizzaioli per contendersi l’ambito titolo di “Vincitore del Giropizza d’Europa 2013/14”.

Dopo le gare, molto agguerrite, con pizze di alta qualità che hanno obbligato la commissione giudicatrice a un attentissimo lavoro, è risultato vincitore il 23enne Daniel Favero della Trattoria Ometto di Carrara con la sua pizza: “Salute alle Cave”, confezionata con pomodoro, asparagi, porri saltati in padella, lardo e pomodorini datterini. “Sono quasi nato nella farina – ha dichiarato Daniel Favero appena sceso dal podio - i miei genitori hanno una pizzeria in Toscana. Il titolo che ho conquistato è un importante riconoscimento del mio lavoro, sono davvero molto felice della vittoria anche perché ho superato concorrenti molto bravi e ricchi di esperienza.” Al secondo posto si è classificato Luca Sposetti della Pizzeria Acquamarina di Teramo che ha presentato la pizza “Papa Francesco”, realizzata con farina di grano solina tipo 1 macinata a pietra, taleggio, cipolla, rosmarino e arista di suino passita. Il terzo posto se l’è aggiudicato un pizzaiolo italiano che vive e lavora in Germania, Pasquale Corvaglia di “La trattoria“ a Ording, che ha presentato la pizza “Pugliese”, confezionata con cime di rapa, salsiccia e pecorino romano. La gara finale, che ha goduto della collaborazione delle aziende Molino Agugiaro & Figna, Prontofresco Greci, Rinaldi Superforni, Polaris, Lilly

uropa

Codroipo, S. Pellegrino e Brimi e Marana Forni, era naturalmente molto importante, non solo perché è giunta al termine d’un lungo percorso internazionale le cui tappe sono state Colonia, Rimini, Amsterdam, Budapest, Massa Carrara e Riva del Garda, ma perché garantisce ai vincitori, come avviene ormai da dieci anni, una valorizzazione e una promozione che si traduce nel sicuro successo d’immagine, garantendo un accresciuto valore economico per la pizzeria dove lavorano i vincitori. Nella importante gara di Amburgo i concorrenti sono stati valutati da una Giuria internazionale composta da otto esperti che hanno giudicato la preparazione dell’impasto e i topping individuali, presentati da ogni concorrente. Va, infine, aggiunto che alla finalissima hanno partecipato i pizzaioli che erano risultati finalisti nelle gare disputatesi nei mesi precedenti nelle città europee prima ricordate, tutti pizzaioli che hanno già raggiunto un’alta qualifica professionale, come avevano ampiamente dimostrato nelle varie tappe di questa decima edizione del Giropizza d’Europa. Ai vincitori e a tutti i partecipanti alla finalissima di Amburgo vanno i complimenti di questa Rivista e l’augurio di una carriera ricca di soddisfazioni e di ulteriori successi.

qui accanto

Qui accanto Daniel Favaro con da sx Alberts Daniel, responsabile di Internorga e Bjorn Deiwald, responsabile di S. Pellegrino Germania


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

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2013 | 2014

Amburgo

Classifica

cl. pt. cognome nome

pizzeria

località

729

favaro daniel

ometto

massa (ms) - italia

719

sposetti luca

acquamarina teramo (te) - italia

682

corvaglia pasquale

la trattoria

sankt peter - germania

680

masson sebastian

pizza ro-ma

dijon - francia

673

mangione giovanni

pizza mangione

sainte marie aux chenes - francia

666

rossini paolo

pizza e passioni

rimini (rn) - italia

660

de silvestri federico

mammimia che pizza

sarzana (sp) - italia

648

sabattini giorgio

mary giò

affi (vr) - italia

644

morra valentina

il campione

ostia lido (rm) - italia

10°

634

diana nicola

diana

qui a destra

Secondo e terzo classificato festeggiano insieme, le coppe.

bad schwatreet - germania


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

Tutti i partecipanti 2013 | 2014

Amburgo

qui sotto

La giuria all'assaggio, i partecipanti della finalissima.

525 557 617 629 555 560 629 499 539 539 505 617 562 565 585 546 535 616 598 501 604 538 595 624 502 618 581

Bandelli Sergio Chahrour Ali David Mauro Di Antonio Antonio Facci Alessandro Filippi Daniela Giordano Ciro Giustozzi Andrea Hartog Thom Thups Ianni Massimo Ianni Antonio Laporta Valentina Larosa Riccardo Matarazzo Mario Narcisi Roberta Pelle Luigi Pinto Mario Pompetti Gianni Rossi Roberto Saliu Lorenzo Suzter Attila Tedesco Domenico Trinchera Tonio Tonio Trinel Cyril Vardaro Luca Viggiano Vito Villani Matteo

Dolomiti Vof Palladium Pavio Scutarro La Piazza Facci la pizza Diamante La campanella Just and Pizza Allemmaar Pizzizotto Jolly Al posto giusto La pizza Manuno Grani e Braci La Terrazza dei grue O Vesuvio Pizzeria dei Poemi L'Aquila Napoli Da Caterina Pizza Vola Leverano Oh Sapristi! Dal Pizzetaro Overdrive La Civetta

Jt De Goorn - Olanda Kiruna - Svezia Berlino - Germania Teramo TE - Italia Forette di Vigasio VR - Italia Case di Malo VI - Italia Gailingen - Germania Macerata MC - Italia Olanda Orzinuovi BS - Italia Brescia BS - Italia Castelli Caleppio BG - Italia Levanto SP - Italia Brescia BS - Italia Pineto TE - Italia Castelli TE - Italia Cellatica BS - Italia Val Vomano TE - Italia Modena MO - Italia Rovereto TN - Italia Budapest - Ungheria Stoccarda - Germania LE - Italia Cuinchy - Francia Roma - Italia Matera MT - Italia Foggia FG - Italia



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apr . 2014

pizza e pasta italiana

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reata dal sig. Renato Margarit nel 1982 la LILLY CODROIPO è un’azienda leader specializzata nella produzione di attrezzature minute per pizzerie, panifici, ristorazione e fast-food. Le qualità della sua affermazione da oltre trent'anni sono lo stile esclusivamente italiano, l'innovazione tecnologica nel costruire i suoi prodotti e la creatività nella ricerca delle forme. Tutto viene pensato per le esigenze del professionista del settore e curato nel dettaglio della costruzione del prodotto;

i materiali utilizzati sono i più specifici, di alta qualità e a norme alimentari h.a.c.c.p., come l'acciao inox AISI 304, l' alluminio, le plastiche atossiche e ultimo ad essere utilizzato il titanio. La produzione della LILLY CODROIPO conta oltre 400 prodotti con una gran varietà di modelli e misure per tutti i gusti. Pale da infornare, pale per cuocere e sfornare, spazzole per pulizie e accessori per forno, supporti, soluzioni complete, attrezzi minuti per pizzeria, attrezzi minuti vari, attrezzi per cottura, attrezzi

per servire, attrezzatura per pizza da asporto, attrezzi per panificio, attrezzi e morse per salumi. L'ultima nuova pala creata è la Pala Italia 3D, che con la sua leggerezza e praticità valorizza il lavoro del pizzaiolo professionista.

Tutti i prodotti LILLY CODROIPO sono veramente fatti in Italia e li potete trovare o richiedere presso i migliori rivenditori italiani ed esteri.

M.A.M snc Via C. Angiolieri 28, 41123 Modena (IT) tel. +39 059 330219 - fax + 39 059 334521 e-mail: mam@mamforni.it - www.mamforni.it

M.A.M. snc nasce a Modena nel 1952, in origine come azienda metalmeccanica. Negli anni ’60 il fondatore Cav. Aurelio Malaguti, crea il suo primo forno a legna per pizze riscuotendo fin da subito molto successo. Mantenendo inalterata la formula vincente con cui fu progettato il primo forno per pizze M.A.M., l’azienda ha arricchito il proprio portafoglio prodotti aggiungendo vari modelli che soddisfano tutte le esigenze.

Grazie ai risultati, all’esperienza ed a nuove tecnologie M.A.M. ha ottenuto certificazioni europee ed americane, affermandosi come prodotto leader in Italia e nel mondo. Oggi tutta la gamma dei forni M.AM. è disponibile per i propri clienti scegliendo anche tra le bellissime finiture a cupola: questa scelta consente di portare il design nelle pizzerie avendo la possibilità di rivestirla con mosaico, verniciarla a piacere oppure effettuare una finitura a stucco veneziano.


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

Smoki Srl Via E. Romagna, 251, Cattolica, Rimini Tel. 0541.833748 – fax 0541.821441 commerciale@smoki.it - www.smoki.it

NOVITÀ DALLE AZIENDE

Maggio scintillante per Smoki al McCormick Place di Chicago !

C

i eravamo lasciati a gennaio salutando il Nuovo Anno all’insegna dell’ottimismo! E avevamo ragione. Dal 17 al 20 maggio 2014 saremo al NRA Show presso il McCormick Place di Chicago, Stati Uniti dove, oltre ad esporre i nostri prodotti, avremo l’onore di ritirare il prestigioso premio “Innovation Kitchen Award” . Essendo destinatari del premio, avremo il privilegio di esporre in uno stand sopraelevato rispetto alle altre aziende espositrici per dare maggiore visibilità ai prodotti premiati: i nostri abbattitori di fuliggine e grassi e fuliggine certificati cETLus per il mercato Nordamericano.

La National Restaurant Association che ci consegnerà il premio, riconosce e celebra le attrezzature all’avanguardia e le tecnologie che apportano i benefici più significativi agli operatori nel settore della ristorazione, dell’ambiente e della sicurezza. I giudici che hanno deciso di premiare i nostri prodotti, sono presidenti e responsabili di importanti catene di slow e fast food, fra le quali spicca il nome di Mc Donald's, solo per fare un esempio.

Smoki Junior 200 - 250 - 300

Siamo felici di constatare che nonostante la crisi, nonostante tutto, qualità e professionalità continuano a pagare chi opera con impegno e serietà. Ci ritroveremo nel mese di maggio per raccontarvi le emozioni di questa esperienza unica e mostrarvi qualche immagine di questo evento irripetibile. Lo Staff Smoki

Smoki Maxi Grill 250 - 350 - 400 - 500


novità dalle aziende

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Molino Vigevano 1936 Srl Via Grocco 917/919 - 27036 Mortara PV Tel 0384-298479 - fax 0384-299057 molinovi@molinovigevano.it www.molinovigevano.com

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o scorso 23 maggio 2013 il Gruppo Lo Conte ha acquisito Molino Vigevano, storico marchio molitorio italiano ed entra da protagonista nel mondo dell’Horeca, forte anche del prestigio, della tradizione, della qualità e dell’innovazione data da questa azienda. L’obiettivo del gruppo Lo Conte è quello di elevare ancora di più i già elevati standard qualitativi dei prodotti, potenziando la linea Oro di Macina – farine con germe di grano macinato a pietra, secondo un processo brevettato e consolidato. La ricerca è il fulcro del nuovo corso di Molino Vigevano 1936: infatti grazie al centro ricerca e sviluppo di oltre 1500 mq, con 3 tecnici dedicati, unico nel suo genere in Europa, il molino pavese vanta collaborazioni con i più importanti centri ed università di tutto il mondo. Inoltre la distribuzione è supportata da 4 stabilimenti in tutta Italia, che permettono una copertura logistica impeccabile, al servizio di tutti i clienti, in tutta la penisola.

Molino Vigevano 1936, la storia, la continuità e il futuro.

Rinnovato, ma sempre nel segno della continuità, anche il packaging, che offre al marchio Molino Vigevano 1936, un’identità ancora più forte e distintiva.

A maggio inoltre verrà lanciata sul mercato la linea di farine senza glutine professionale per pizza, dolci e pasta, interamente realizzate nel nuovo stabilimento dedicato al gluten free.

Una proposta in più, da parte di Molino Vigevano 1936, per un settore che sempre di più richiede farine di alta qualità, compatibili con le esigenze e con le necessità di un’utenza che secondo i dati del Ministero della Sanità comprenderebbe circa 600mila persone. E' in cantiere un progetto volto a valorizzare i pizzaioli e l'attenzione nella ricerca delle materie prima che utilizzano nei propri locali, partendo dalle farine e fornedo loro strumenti e consulenza per comunicare al meglio con i loro clienti. L'obiettivo è dar valore al lavoro e alla dedizione dei pizzaioli, lavorando con loro e per loro nella realizzazione di un sogno.

“La domanda di materie prime genuine e salutari negli ultimi anni è in costante aumento:” afferma Fabrizio Lo Conte, amministratore delegato di Molino Vigevano 1936 “La gente chiede sempre più qualità e salute nei cibi che mangia. Per questo abbiamo deciso di valorizzare la filiera per cui produciamo le nostre linee: per dare di più. Più cura, più risultati, più novità, più scelta, più servizio. Con queste premesse, è il prodotto a valere di più. Questo è il percorso che stiamo iniziando a fare con Molino Vigevano, un passo per volta con onestà e tanta passione per questo mestiere”.


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

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p. 107

corsi in Italia

CERTIFICATE N째 IT 11/0050

Sede nazionale SCUOLA DI CAORLE istruttori: Graziano Bertuzzo

Mauro Pasini

Angelo Silvestrini

dal 14 al 18 apr. / dal 12 al 16 mag. / dal 9 al 13 giu. info: 0421 83148 I corsi potranno tenersi anche in inglese, francese, tedesco con un numero minimo di 5 iscritti per lingua

Le scuole:

A

ALESSANDRIA ANCONA

AREZZO

BARI

BARI

c/o M.D.L. Arredamenti

Bitonto

Alberobello c/o Matarrese Grandi Imp.

istruttore: Paolo Dal Molin

istruttore: Pierluigi Police

istruttore: Paolo Priore

istruttore: Rosa Casulli

Dal 14 al 18 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 16 mag.

Dal 5 al 16 mag.

dal 12 al 16 mag.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 5 al 9 mag.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 9 al 20 giu.

Dal 9 al 20 giu.

dal 9 al 13 giu.

Dal 9 al 13 giu.

Dal 26 al 30 mag.

Dal 9 al 13 giu.

Dal 7 al 18 lug.

Dal 7 al 18 lug.

info: 348 79 51 419 0421 83148

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Momperone

Senigallia c/o Tiriboco Grandi Cucine

istruttore: Paolo Abbiati

istruttore: Gianni Pompetti

dal 14 al 18 apr.

AOSTA

B


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI

C

BENEVENTO /AVELLINO

BRESCIA

CAGLIARI S. Sperate

CAMPOBASSO

CESENA

c/o Forni Ceky

istruttore: Davide Noventa

istruttore: Marco Amoriello

istruttore: Giuseppe Conte

istruttore: Elio Marongiu

istruttore: Luca Mangino

istruttore: Mirko Bazzocchi

Dal 14 al 19 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 16 mag.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 10 mag.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 9 al 20 giu.

Dal 19 al 23 mag.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 9 al 14 giu.

Dal 16 al 20 giu.

Dal 9 al 13 giu.

Dal 16 al 20 giu.

info: 0437 31169 329 07 80 290 0421 83148

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info: 347 06 666 88 030 99 72 249 0421 83148

info: 329 1327066 0421 83148

Dal 23 al 27 giu. info: 0421 83148 349 47 28 564 num. verde: 800 14 65 69

info: 333 79 599 51 0421 83148

G

L

BELLUNO c/o Ass. Tec Attrezzature

COMO

F

FIRENZE

FOGGIA

Turate

Reggello c/o Forni Valoriani

c/o Daunia Alimenti

istruttore: Mario Signorile

istruttore: Michele Croccia

istruttore: Luca Mangino

istruttore: Roberto De Santis

istruttori: Alessandro Marigliani Carmine Iannicelli

Dal 14 al 18 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 16 mag.

Dal 21 al 25 apr.

Dal 5 al 16 mag. / Dal 9 al 20 giu.

Dal 16 al 20 giu.

Dal 12 al 16 mag.

Dal 9 al 20 giu.

Dal 19 al 23 mag.

info: 02 96 48 91 42 340 42 57 917 0421 83148

Dal 16 al 20 giu.

info: 392 11 60 790 349 47 28 564 0421 83148 num. verde: 800 14 65 69

Dal 16 al 20 giu.

info: 333 27 97 451 - 320 40 37 621 - 0421 83148

info: 055 86 80 69 0421 83148

GENOVA

LATINA Fondi/Terracina

info: 329 911 70 77 0421 83148


Prenotazioni tel. 0421 83148

L’AQUILA

LECCE

LIVORNO

LUCCA

Roccaraso

c/o Mario Pensa Arredamenti

Cecina c/o

Viareggio

istruttore: Giuliano Bucci

istruttore: Tonio Trinchera

istruttore: Pino Ferraro

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 16 mag.

Dal 19 al 23 mag.

Dal 9 al 20 giu.

Dal 16 al 20 giu. info: 339 79 19 152 348 16 84 100 0421 83148

info: 338 21 93 934 0421 83148 num. verde: 800 14 65 69

MASSA CARRARA

MODENA

istruttore: Sandro Batzella

istruttore: Alessandro Gatti

istruttore: Ugo Nalesso

Dal 12 al 16 mag.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 5 al 16 mag.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 9 al 13 giu.

Dal 12 al 16 mag.

Dall’8 al 19 set.

Dal 12 al 16 mag.

info: 329 19 27 776 0421 21 22 23

Dal 9 al 13 giu.

Dal 13 al 24 ott.

Dal 9 al 13 giu.

info: 0584 96 15 19 328 32 46 718 0421 83148

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info: 059 57 45 69 0421 83148

PARMA

PESCARA

POTENZA

Langhirano

c/o Braden Attrezzature

c/o Satriano Arredamenti

istruttore: Salvatore Salviani

istruttore: Gianni Pompetti

istruttore: Paolo Priore

Dal 5 al 16 mag.

Dal 31 mar. al 4 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 9 al 20 giu.

Dal 5 al 9 mag.

Dal 19 al 23 mag.

info: 339 12 38 593 0421 83148

Dal 16 al 20 giu.

Dal 23 al 27 giu.

info: 085 44 61 403 389 68 15 179 0421 83148

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N

P

NAPOLI istruttore: Umberto Fornito

info: 347 75 32 728 0421 83148

istruttore: Marco Amoriello

info: 320 83 38 243 0421 83148

M

p. 109

istruttore: Michele Croccia

info: 339 23 16 342 0421 83148

c/o Forni Pavesi Modena


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apr. 2014

pizza e pasta italiana

R ROMA

ROMA

c/o Terminal Gianicolo 5째 livello

Ostia

Caselle in Pittari

istruttori: Fabrizio Di Leginio

Salvatore Chierchia

istruttore: Michele Croccia

Gianluca Procaccini

T

S

TERAMO

SALERNO

V

VERONA c/o Zanolli Forni

istruttore: Gianni Pompetti

istruttore: Carmelo Oliveri

Dal 14 al 18 apr. / Dal 5 al 9 mag. /

Dal 28 apr. al 9 mag. Dal 26 al 30 mag.

Dal 31 mar. al 4 apr.

Dal 14 al 18 apr.

Dal 9 al 13 Giu.

Dal 26 mag. al 6 giu. Dal 9 al 13 giu.

Dal 5 al 9 mag.

Dal 12 al 16 mag.

info: 340 71 38 445 - 0421 83148 347 49 68 426 - 06 56 99 232

Dal 23 giu. al 4 lug.

Dal 16 al 20 giu.

Dal 9 al 13 giu.

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info: 339 23 16 342 0421 83148

collaborazioni VICENZA

MANTOVA c/o Sanfelici

istruttore: Claudio Perrone

istruttore: Mauro Feroldi

Dal 14 al 18 apr.

info: 0376 65 57 37 0421 83148

Dal 12 al 16 mag. Dal 9 al 13 giu. info: 0444 34 15 55 347 32 21 890 0421 83148


Prenotazioni tel. 0421 83148

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corsi di perfezionamento SCUOLA DI CAORLE

BENEVENTO / AVELLINO

SALERNO Caselle in Pittari

istruttore: Graziano Bertuzzo

istruttore: Marco Amoriello

istruttore: Michele Croccia

Il pane leggero con la pasta della pizza 26 mag.

La pizza senza glutine 5 mag. / 19 mag. / 9 giu./ 23 giu.

La pizza in Pala 27 mag.

info: 0421 83148 Sono riservati ai pizzaioli professionisti ed operatori del settore, per aggiornarsi e specializzarsi sulle nuove tecniche d’impasto, nuove pizze, tecnica della lunga lievitazione e maturazione dell’impasto.

La pizza in Teglia 28 mag. La pizza Napoletana 29 mag. La pizza Soia Dessert 30 mag. La pizza Acrobatica 3 giu. La pasta fresca 4 e 5 giu.

info: 0823 71 12 25 320 83 38 243 0421 83148

La pizza Napoletana Stg 6 mag. / 20 mag. / 10 giu. / 24 giu.

La pizza Napoletana 3 e 4 giu.

info: 339 23 16 342 0421 83148

FIRENZE Reggello C/O Forni Valoriani

LECCE

struttore: Michele Croccia

struttore: Tonio Trinchera La pizza Napoletana 28 e 29 apr. 19 e 20 mag. 23 e 24 giu.

La pizza Napoletana 28 e 29 apr. 19 e 20 mag. 23 e 24 giu.

Al termine verrà rilasciato un attestato di partecipazione istruttore: Marco Amoriello La pizza senza glutine 6 giu.

info: 339 23 16 34 055 86 80 69 0421 83148

info: 0823 71 12 25 320 83 38 243 0421 83148

Per tutte le informazioni scriveteci: info@scuolaitalianapizzaioli.it E seguiteci sulla nostra pagina Facebook:

Scuola Italiana Pizzaioli

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apr. 2014

corsi internazionali

pizza e pasta italiana

SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI NEW YORK istruttore: Paolo Spadaro

USA Can Aus Jap Lus SAN FRANCISCO

OTTAWA

MELBOURNE

TOKYO

STEINSEL

Canada

Australia

Giappone

Lussemburgo

istruttore: Tony Gemignani

istruttore: Carmelo Oliveri

info: (0039) 0421 83148

istruttori: Kazuya Akaogi

istruttori: Giovanni Palumbo

info: (0081) 48 789 7897 (0039) 0421 83148

Giovanni Cuguru

SIDNEY Australia info: +1 (646) 256 7845 (0039) 0421 83148

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Francia

I corsi si svolgono ogni mese, per informazioni sui calendari telefonare agli istruttori o alla sede internazionale di Caorle.

LIONE

LILLE

LA CHAPELLE S. ERDRE

CHALONE S. SAONE

PARIGI

CHAMONIX M. BLANC

istruttore: Olivier Aucelli

istruttore: Ciro Panella

istruttore: Bruno Bertrand

istruttore: Pascal Poupon

istruttore: Gino Jaskula

istruttore: Valerio Commazzetto

info: (0033) 6150 11590 (0039) 0421 83148

info: (0033) 6428 48829 (0039) 0421 83148

info: (0033) 688 581374 (0039) 0421 83148

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i nostri partner


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Scuola Italiana Pizzaioli

in Germania: arriviamo! L

a Scuola Italiana Pizzaioli allarga ulteriormente i suoi orizzonti andando a portare ancora una volta oltre confine il suo know how nella formazione di pizzaioli: lo fa in terra tedesca aprendo una sede vicino a Francoforte presso l’azienda La Bottega Toscana di Jens Hofacker. Mr Hofacker, il titolare dell’azienda, commenta così l’apertura della sede: “Siamo lieti di annunciare la nostra collaborazione esclusiva dalla primavera del 2014 con Scuola Italiana Pizzaioli, che da più di 25 anni sforna pizzaioli in tutto il mondo. Dalla primavera 2014 anche in Germania, vicino a Francoforte troverete i primi corsi con l’utilizzo di un forno a legna. L’offerta di Scuola Italiana Pizzaioli in Germania prevederà inizialmente il corso base di 40 ore formative composto da teoria e pratica”

Per info e prenotazioni Tel. +39 0421 83148 info@scuolaitalianapizzaioli.it Tel. +49 6051 67777 info@labottegatoscana.de

La Bottega Toscana è importatore per la Germania dei forni Valoriani, la storica azienda toscana di Reggello (che ospita già nel suo showroom una sede della Scuola Italiana Pizzaioli) che qui esprime la propria soddisfazione attraverso le parole del titolare, Massimo Valoriani: “Adesso anche in Germania la ditta VALORIANI avrà un forno Modello VERACE nello showroom di Francoforte presso il proprio distributore LA BOTTEGA TOSCANA, che sarà utilizzato per dimostrazioni e corsi per pizzaioli professionisti”

Dalla primavera 2014 quindi via libera ai corsi dando la possibilità agli amici tedeschi di imparare questo splendido mestiere direttamente a casa loro e portando in Germania la vera pizza italiana.


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