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N°7 AGOSTO/ SETTEMBRE ‘16
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CREATIVITÀ IN CUCINA
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pizza e pasta italiana
AZIENDE Avanzini Bruciatori
pag. 77
Cad – David Forni
pag. 67
Ds Food
pag. 89
Eredi Malaguti
pag. 63
Eurial
pag. 51
Familia
pag. 62
Farmfrites
pag. 65
Fiera di Catania, Ristorahotel Sicilia
SOM 6 EDITORIALE
di Giampiero Rorato
8 PRIMA PAGINA 10 PIZZA NEWS
pag. 69
Fiera di Rimini, Beer Attraction
pag. 55
Fiera di Milano, HOST
pag. 37
12 — Difendiamo l'agroalimentare italiano
Fiera di Roma, Pabogel
pag.22
di Giampiero Rorato
Forni Pavesi Rimini
pag. 44
Gi.Metal
pag. 79
Greci
pag. 91
Lidia
pag. 46
Liner
pag. 59
Fiera di Dubai, Gulfood Manufacturing pag. 87
Lira Matteo Basta Forni Molino Agugiaro & Figna Molino Pasini
pag. 7 pag. 99
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pag. 45
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pag. 43
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pag. 47
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pag. 52
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pag. 27
Pizzamaster
pag. 81
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30
pag. 29, 83
Molino Polselli
— Il riso nella cucina veneziana di Caterina Vianello
pag. 49
pag. 57
Rispo Surgelati
18
pag. 71
Molino Pivetti
Rio Mare
26
— Breve viaggio nel mondo del riso di Giampiero Rorato
24
— La farina di riso di Caterina Orlandi
pag. 3 pag. 17 pag. 100
Rinaldi Superforni
pag 55
Saloni Francesi, SIAL
pag. 10
Sanfelici Conserve
pag. 33
Sitta
pag. 11
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pag. 15
Vecogel
pag. 21
Ventidue
pag. 23
— Il risotto patrio di Gualtiero Marchesi di Giampiero Rorato
34 IL RISTORANTE DEL MESE
— Ristorante pizzeria Antica Sicopoli di Giampiero Rorato
37 OSSERVATORIO HOST di Patrizio Carrer
MARIO 38 IL DOLCE — Il Tiramisù
64
di Laura Nascimben
40 LA SCIENZA DELL' ALIMENTAZIONE
— Dal latte al formaggio: l'intolleranza al lattosio
di Laura Nascimben
70 NOVITÀ
48 NOVITÀ DALLE
DALLE AZIENDE
AZIENDE
— Gi.Metal — Ventidue
L A M B— I C Riomare
— Brunnen — MB forni — Eurial
72
ALE
52 LA BIRRA
IL TURISMO
—Alla ricerca del bello lungo la penisola
della dott.ssa Marisa Cammarano Biologa Nutrizionista
15°
27°
76 DAL CAMPIONATO DEL MONDO DELLA PIZZA
— Il Campione 2016 della pizza più veloce: Giovanni Vecchiesso di Caterina Orlandi
84 DAL CAMPIONATO DEL MONDO DELLA PIZZA — I Nostri sponsor:
30°
L A G E R DAL CAMPIONATO
6°
—Le famiglie birrarie di Alfonso dal Forno
56 L'ANGOLO DEL VINO — Barolo Docg Altenasso 2011 — Barolo Docg San Lorenzo 2011 — Barbaresco Docg Ausario 2012
di Virgilio Pronzati
DEL MONDO DELLA PIZZA
— Il Campione Mondiale della Pizza in Teglia 2016 è Giuseppe Lapolla
— Il Giropizza d'Europa 2016 - 2017 — Il Gluten Free Pizza Trophy 2016
di Caterina Orlandi
74
— Chiediamo i sani e buoni prodotti alimentari italiani
— Da Sarzana a Parma Federico De Silvestri: a tu per tu col campione Mondiale 2016 della categoria "Gluten Free"
di Nives Piva
di Patrizio Carrer
60 QUESTIONE DI GUSTO
— Castelli Forni — PizzaMaster — Gi.Metal —Bitburger
92 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI
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pizza e pasta italiana
EDITORIALE
C’
è un tema che ci sta molto a cuore da sempre, promuovere nel mondo le eccellenze della cucina italiana. E credo che siamo tutti d’accordo nel riconoscere che le eccellenze non sono solo quelle segnalate dalle guide mediante stelle o voti alti o da certi importanti associazioni come Le Soste, gli JRE, il Buon Ricordo, o quelle che fanno parte di gruppi interessanti ma ristretti come Identità Golose o Slow Food. Di eccellenze ce ne sono molte altre, sparse in tutto il territorio nazionale, dove cuochi seri e preparati conservano e tramandano con intelligenza le tradizioni locali con un felice tocco innovativo; dove bravi pizzaioli realizzano pizze anche innovative, senza sbrodolarsi chiamandole impropriamente “gourmet”, come se le altre buone pizze fossero da cestinare. Di ottimi operatori in Italia ce ne sono davvero tanti, ma quello che non rende ancora la cucina italiana grande protagonista a livello internazionale non è una sua non eccellente qualità, ma la divisione in troppi gruppi, clan, associazioni che viaggiano ciascuno per proprio conto, quasi se gli altri non esistessero. Manca un legame serio e solido fra gli operatori capace di dare alla gastronomia italiana quella forza capace di obbligare il mondo a guardare con più attenzione all’Italia della ristorazione e ai suoi prodotti. Perché, non dimentichiamolo, una grande ristorazione – e quella italiana lo è – nasce certamente dalla bravura degli operatori, ristoratori, cuochi, pizzaioli, personale di sala, ma anche dalla materia prima italiana, attentamente scelta, impiegata nelle cucine: farina, pasta, riso, carne, salumi, formaggi, ortaggi, olio evo, vini, ecc., tutti prodotti made in Italy che meritano di essere valorizzati e promossi con forza sia in Italia che all’estero, ignorando con convinzione li tanti scarsissimi prodotti offerti dal mercato. E, purtroppo, ce ne sono tanti. Quello che ancora manca è dunque quel coordinamento che il Ministro Martina ha cercato di impostare già all’Expo, ma ci vuole il concorso convinto delle Regioni, delle Camere di Commercio, delle Associazioni di Categoria, senza cui ogni progetto è destinato al naufragio. La ristorazione italiana è una bandiera prestigiosa, aiutiamola a sventolare sul mondo e ne trarremo tutti ottimi vantaggi.
PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXVI - n.7 Agosto/Settembre 2016 Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ Patrizio Carrer, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it
COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Valeria Vairo (Buongiorno Italia).
ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA
PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo e Paola Dus
PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia
— Mediagraf lab DIGITAL PUBLISHING Maura Trolese — Mediagraf lab IN COPERTINA illustrazione di Sara Ciprandi STAMPA MEDIAGRAF S.p.A.
TEL 0421.83148 - FAX 0421.81007
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pizza e pasta italiana
pizza
NEWS Trofeo pulcinella Ad Acerra, Napoli il 27 ed il 28 giugno si è tenuta la seconda edizione del Trofeo Pulcinella, che ha incoronato il migliore pizzaiolo delle tre categorie: pizza classica, pizza verace e pizza senza glutine. L’evento, che non racchiudeva solo il concorso di pizza, ma tanto altro, è stato organizzato dall’associazione Manidoro di cui massimo esponente Attilio Albachiara, coadiuvato a Nino Panella, giovane promessa del mondo della pizza. Moltissimi gli iscritti da tutta Italia. Hanno sponsorizzato l’evento: Molino Agugiaro & Figna, Marana Forni, Caseificio Beneduce, Pomodoro La Fiammante, Olio Sapio e l’azienda Meking per le attrezzature.
In Cina la pizza e il food made in Italy sugli scudi Italian Food & Wine festival in Cina, evento organizzato dal 27 maggio al 5 giugno a Pechino e Shanghai dalla catena internazionale della ospitalità di lusso IHG – Intecontinental Hotel Group insieme alla società di consulenza P&D consulting, ha visto la partecipazione di importanti ambasciatori del Made in Italy. Giulio Scialpi Campione del Mondo della Pizza 2014, e lo chef Massimiliano Esposito hanno fatto da portabandiera della cucina italiana, proponendo rispettivamente la pizza gourmet e primi piatti tipici della tradizione italiana. Un’opportunità per il pubblico di Pechino e di Shangai di vedere, provare ed assaggiare sul campo, la migliore espressione del Made in Italy. Tante le istituzioni presenti: tra cui una delegazione del Parlamento Italiano presieduta dall’Onorevole Mario Marazziti, il Console Generale di Shanghai dott. Stefano Beltrame, il Console Giovanni Brignone della Ambasciata d’Italia di Pechino, il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai dott. Alberto Manai ed il Vice Presidente della Camera di Commecio Italiana in Cina, dott. Marco Gasparroni.
Place a la pizza, appuntamento a Parigi con Velma – Pastaline Dal 17 al 19 settembre si svolgerà a Nanterre, cittadina a nord ovest di Parigi la manifestazione “Place a la Pizza”. Nella cornice del quartiere delle Defense, ci sarà l’oppurtunità di vedere i pizzaioli all’opera, con la possibilità di assaggiare ad un prezzo popolare un menù a base di pizza ( nella proposta è compresa anche una piccola offerta). Per fare tante buone pizze non basta però l’abilità del pizzaiolo, ma anche
un forno all’altezza: Velma – Pastaline, metterà a disposizione il proprio forno di punta E100 Pastaline, per garantire a tutti i concorrenti pizzaioli che parteciperanno alla manifestazione di poter lavorare in condizioni ottimali, come nella propria pizzeria se non meglio. Il concorso coinvolgerà il pubblico, in combinazione con il voto di una giuria di esperti.
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pizza e pasta italiana
di Giampiero Rorato
D I F E NDIAMO L’AG R O A L IME N TARE I TA LIAN O — con proposte, fatti concreti e non solo con parole
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P
artiamo da alcuni dati ufficiali, comunicati da Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, la Federazione dell’Industria alimentare italiana. (vedi Intervento sul Corriere della Sera del 18.4.16, dati ripetuti durante il recente Cibus a Parma). Afferma Scordamaglia che le industrie alimentari italiane sono oltre 54.000, con 132 miliardi di fatturato, 37 miliardi di export agroalimentare in costante aumento e un’occupazione diretta e indiretta di 1.200.000 lavoratori. E aggiunge: “Non facciamo prodotti in serie, ma produciamo ogni giorno esperienze enogastronomiche uniche. Non vendiamo solo confezioni, ma destinazioni e territori. La nostra industria è in grado, partendo da una materia prima che il resto del mondo fatica a valorizzare, come il latte, il grano o la carne, di ottenere prodotti finali unici, dal Parmigiano reggiano al culatello alla pasta. Qui il valore aggiunto è conferito dalla trasformazione, un plus che è dieci volte quello dei nostri colleghi tedeschi.”
I dati comunicati dal presidente delle industrie alimentari italiane sollecitano alcune considerazioni. Quasi un terzo della produzione delle industrie alimentari italiane prende la strada dell’estero e, come afferma Scordamaglia, l’esportazione è in aumento, significando che il prodotto italiano – quello vero – piace sempre di più all’estero e questo è indubbiamente un fatto molto positivo. C’è poi un’altra affermazione interessante di Scordamaglia: “Una grande fiera agroalimentare italiana deve mantenere una sua forte identità, così come Cibus e Vinitaly fanno da anni”. Come dire: l’esportazione dei prodotti italiani trasformati dall’industria può aumentare se conserviamo e potenziamo le due grandi vetrine – Cibus a Parma e Vinitaly a Verona – che si sono ormai imposte all’attenzione del mondo, dei buyer, delle grandi aziende estere distributrici, della ristorazione internazionale, attirando a ogni edizione migliaia di operatori stranieri.
Non si può che essere d’accordo con il Presidente di Federalimentare, auspicando che, per motivi campanilistici o di interessi particolari non si offuschi l’immagine di queste due straordinarie realtà espositive, conosciute in tutto il mondo come vetrine di alta e altissima qualità.
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pizza e pasta italiana
I PRODOTTI DI BASE —
C
i sono tuttavia dei problemi che non possiamo dimenticare. Innanzi tutto il fatto che certe produzioni siano in calo come, per fare un esempio, le arance. Per rendersi conto del problema basta leggere i dati Ismea e il prezzo pagato la scorsa primavera ai produttori di agrumi italiani che è stato in forte progressivo ribasso e viene da pensare che i nostri agrumi, vanto del Sud Italia, nel corso degli anni non siano stati valorizzati per quanto meritano, nonostante siano straordinariamente eccellenti. Soffermiamoci poi sull’olio extravergine d’oliva e scopriamo che l’Italia è letteralmente invasa da olio straniero anche di bassa e bassissima qualità e messo in vendita nei supermercati a prezzi inconcepibili (come se si trattasse di una semplice bibita). Perché questo? La Federalimentare ha a cuore l’industria olearia italiana, quella seria – non quella che lavora con miscele d’importazione, spesso di scarsa qualità – quella che trasforma in olio extravergine le olive prodotte in Italia? È vero che l’olio d’oliva prodotto in Italia, tolto quello esportato con successo nel mondo, è meno di un terzo di quanto richiedono le famiglie e la ristorazione italiana. E allora perché restare pigri – dalle istituzioni alle associazioni di categoria – e non impegnarsi a incrementare la pre-
senza degli uliveti in tutta la penisola e favorire la nascita e la vita di cooperative fra produttori aggiungendo la necessaria doverosa educazione alimentare – la Rai non è forse un servizio pubblico? E perché si limita quasi sempre a insulsi cabaret pseudogastronomici? – in modo da far crescere in Italia un’agricoltura di alta qualità, garantendo un giusto reddito a chi lavora in campagna e in collina, mettendo a disposizione un olio evo buono alle famiglie quindi una corretta alimentazione, lasciando lontano l’olio a volte nauseabondo che arriva nei nostri porti? Scordamaglia cita la pasta ponendo l’accento sul valore aggiunto dato alla farina (in gran parte d’importazione) dalle tecniche italiane di trasformazione e lavorazione. Tutto vero, ma non è proprio possibile avere più pasta di filiera italiana, quindi da grani coltivati in Italia, molto migliori e più sicuri se autoctoni, elevando al massimo la qualità del prodotto finito non solo per trasformazione ma per materia prima impiegata? Non si producono forse ancora grani veramente italiani, come, per limitarci a qualche esempio, il Khorasan nel Sud Italia (o Saragolla Lucana), il Timilia siciliano, il Graziella Ra, il Senatore Cappelli, meritevoli di essere incrementati per avere farine italiane di corta filiera?
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L’ALIMENTARE TOTALMENTE MADE IN ITALY —
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uesta rivista è da sempre dalla parte del vero made in Italy, dei veri prodotti agroalimentari italiani, consapevole che molti prodotti agroalimentari italiani, come l’olio extravergine d’oliva e la farina di grano, sono insufficienti per rispondere alla richiesta delle famiglie e della ristorazione, nonché delle industrie agroalimentari. Eppure, restando all’olio d’oliva, c’è quasi ovunque in Italia molto spazio per aumentare il numero delle piante d’olivo coltivate, per cui è possibile in Italia produrre una quantità maggiore di olio d’oliva di qualità, soprattutto extravergine, se le istituzioni e le associazioni di settore ci credono. Ricordo solo un esempio: il Comune di Cappella Maggiore nel Trevigiano. Il suo sindaco, Mariarosa Barazza, è impegnato da anni con intelligenza e serietà a diffondere l’ulivo nel suo territorio, e quel comune ha ora tutti i titoli per diventare “Città dell’Olio”. Dunque, se ci si sveglia, caro Scordamaglia, l’industria agroalimentare italiana può essere ancora più forte e far giungere in ogni continente gli ottimi prodotti italiani, con indubbio vantaggio per tutti gli italiani.
Ma serve la volontà e la capacità di realizzare sinergie tra istituzioni, produttori, industrie alimentari, fiere agroalimentari: Ministero delle Politiche Agricole, Assessorati regionali e comunali all’agricoltura, Industrie di trasformazione dell’agroalimentare, Mulini, Associazioni dei produttori. Divisi non si va da nessuna parte, uniti si può conquistare il mondo perché l’Italia è davvero un grande Paese, produttore di un agroalimentare di assoluta qualità.
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pizza e pasta italiana
Breve viaggio nel mondo del Riso O
dall’antica cucina cinese ai giorni nostri il riso è uno dei grandi protagonisti dell’alimentazione umana
di Giampiero Rorato
rmai lo sanno tutti: il riso è uno dei cereali in assoluto più importanti, coltivato e prodotto in tutto il mondo. È originario dell’Asia, dove da millenni entra in tutte le situazioni della vita, della religione, delle ricorrenze familiari e dove permea ogni avvenimento sociale, politico e militare. Nel lontano Oriente è, da sempre, l’alimento principale, presente in quasi tutte le tavole, in quasi tutti i giorni dell’anno. L’Oryza Sativa (questo è il suo nome botanico) sarebbe comparsa per la prima volta più di sette-ottomila anni fa o nell’isola di Giava; oppure, secondo un’altra ipotesi, nella zona dei laghi cambogiani. Una controprova, che eliminerebbe ogni dubbio sulla “patria” estremo-orientale della specie, viene dall’archeologia: alcuni scavi dimostrerebbero che in Cina, già settemila anni fa, si coltivava e si consumava riso. I resti fossili nella valle dello Yang Tze offrono un’altra conferma: tre o quattro mila anni fa in quella regione le risaie erano già una realtà. I reperti rinvenuti in India, nelle grotte di Hastinapur situate nello stato di Uttar Pradesh, dicono poi che già allora le popolazioni di quelle lontane contrade si nutrivano di riso.Pur essendoci fin dall’antichità delle comunicazioni e dei rapporti di scambio fra luogo e luogo, l’arrivo del riso in Europa è avvenuto molto tardi e lo si trova menzionato in Grecia solo a partire dal 5° secolo a C dal poeta tragico Sofocle che lo definì alimento nutriente e costipante per l’intestino e, per sua testimonianza, era portato in Grecia dall’Etiopia. Dopo di lui ne parla anche il commediografo Aristofane che scrive di un involtino di riso. Altro autore antico, il geografo e storico greco Strabone, vissuto nel primo secolo a.C si sofferma più a lungo dei precedenti su questo cereale.
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c’erano ancora resistenze. Così, con un altro decreto del 1533, la Repubblica garantiva a quanti coltiveranno il riso di non gravarli di alcuna tassa e da quell’anno le risaie si moltiplicarono in tutta la terraferma. Da allora il riso è sempre stato ingrediente fondamentale nell’alimentazione delle popolazioni del Nord Italia, sottoposto di continuo a selezioni e incroci fino ad arrivare, con il controllo dell’Ente Nazionale Risi, che tutela e promuove il riso italiano, alle varietà attuali, fra le quali ricordiamo Carnaroli, Arborio, Baldo, Originario, Roma, Sant’Andrea, Vialone Nano, Ribe, Venere, ecc.
Le ricette più famose Oltre che dai Greci il riso era conosciuto anche dai Romani, che lo usavano con estrema parsimonia e in polvere, come una spezia e aveva quindi un uso molto limitato, poi con il declino di Roma il riso scomparve dall’Italia. Ritornò nella nostra penisola portato dagli Arabi in Sicilia attorno al IX secolo d. C. Si trattava di riso pronto importato dal Nord Africa e dalla Spagna, perché gli Arabi (così erano chiamati coloro che avevano invaso la Sicilia dal Nord Africa) non si interessarono a realizzare delle risaie. Occorre attendere la conquista di Napoli e dell’Italia meridionale avvenuta nel 1282 da parte degli Aragonesi perché si realizzino le prime risaie, e ciò avverrà molto dopo, per volontà di Alfonso d’Aragona (1394-1458), nelle aree acquitrinose attorno a Paestum. E sarebbero stati proprio gli Aragonesi a far giungere il riso nel Nord Italia, in occasione del promesso matrimonio di Isabella d’Aragona (che allora aveva due anni) con Gian Galeazzo Sforza (che aveva quattro anni), promessa fatta nel 1472 e da allora il riso iniziò a essere coltivato nelle aree umide lungo il Ticino e zone d’attorno. Anni dopo, sul finire del 1400, quando era già prodotto nelle risaie del Ducato di Milano, gli Sforza ne regalarono diversi sacchi al Duca di Ferrara e da quel momento le risaie si diffusero in tutta l’area del Delta del Po e dai primi decenni del Cinquecento, per volere della Repubblica di Venezia, anche in tutto il Veneto fino a Verona e nelle terre dei Gonzaga, attorno a Mantova. All’inizio la trasformazione dei terreni agricoli in risaie fu molto osteggiata dalle popolazioni locali, poiché attribuivano alle acque stagnanti la proliferazione della malaria e ci volle un decreto della Repubblica di Venezia del 1527 per sostenerne la coltivazione, ma
Se è vero che oggi Venezia e il Veneto sono considerate la patria della cucina di riso – si dice che in questa regione si può realizzare un risotto diverso per ogni giorno dell’anno – è altrettanto vero che, nonostante la diffusione della pasta, considerata per eccellenza il primo piatto degli italiani, il riso ha suoi fedeli amatori in tutta la penisola. È ormai assodato che in Italia il più antico piatto di riso è l’arancino siciliano che nasce nel periodo della dominazione saracena in Sicilia, quando durante i banchetti era usanza disporre al centro della tavola un ricco vassoio di riso aromatizzato allo zafferano e condito con verdure e carne. Si può ragionevolmente supporre che la più antica versione dell’arancino sia stata un semplice timballo di riso, naturalmente senza pomodoro che arriverà in Italia dalle Americhe molti secoli dopo. Nel corso del tempo questo timballo è andato assumendo la forma di piccole arance, la cui pianta fu anch’essa introdotte in Sicilia dagli Arabi, presentandosi con una sua piacevole croccantezza. Sembra che questa evoluzione sia avvenuta al tempo dell’imperatore Federico II (1194-1250) cui piacevano tanto gli arancini da farseli portare dai suoi servitori anche durante le battute di caccia. Sarebbe dunque in quegli anni che è stata realizzata la fragrante panatura dell’arancino, ideale per rendere trasportabile questo delizioso timballo che ha sfidato i secoli, ancor oggi preparato non solo in Sicilia ma addirittura nelle regioni del Nord Italia. Un’altra ricetta fra le più antiche è il sartù realizzato dagli Aragonesi. Si dice che i napoletano non amassero il riso e lo chiamassero sciacqua panza o anche sciacqua budella, perché il riso veniva usato più come medicamento che come alimento, dal momento
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pizza e pasta italiana
che la Scuola Medica Salernitana lo prescriveva in bianco per le malattie e disfunzioni intestinali. Allora gli Aragonesi, per farlo apprezzare dal popolo, vi aggiunsero carni e ortaggi e così preparato fu accolto perché, finalmente, saziava la fame che nelle classi popolari era sempre tanta. Ma il nome sartù arrivò più tardi, quando la nobiltà partenopea chiamò nelle cucine dei propri palazzi dei cuochi francesi, chiamati monsù e furono questi a rendere molto piacevole e gustoso il riso arricchendolo di sugo rosso (il pomodoro era già arrivato), piselli, carne macinata, ponendo queste prelibatezze “sopra” il piatto di riso, cioè sur tout, da cui il nome con cui il piatto è oggi conosciuto. Altro piatto celebre è il risotto alla milanese, con lo zafferano, del quale lo scrittore Carlo Emilio Gadda ha dettato una ricetta letteraria nella rivista “Il gatto selvatico” del 1959, ma un piatto simile lo si realizza anche nel Molise grazie all’importazione dello zafferano dalla Spagna nel XIII secolo a cura del frate domenicano Santucci originario da Navelli, dove si continua a produrre lo zafferano. Un altro piatto famoso è tipicamente veneziano: i risi e bisi che dal Cinquecento il doge serviva alla sua tavola in occasione del pranzo ufficiale nella festa del Patrono san Marco, il 25 aprile e questo piatto continua a caratterizzare la cucina veneziana in occasione della festa del Santo Patrono. Non possiamo poi dimenticare un piatto popolare molto antico e molto diffuso, ancor oggi preparato in numerose famiglie, soprattutto in campagna, seppur assai meno che in passato, è il piatto dei risi e latte, una minestra particolare diffusa anche in Spagna, arricchita a volte da un pizzico di zucchero e una spolveratina di cannella. Oggi l’arte del risotto, piatto tipicamente italiano, è diffusa in tutto il mondo della ristorazione e in tantissime famiglie, anche perché il risotto accetta come compagno – comunque sempre uno solo – ogni altro ingrediente: erbe spontanee di primavera, verdure dell’orto, carni e sughi d’ogni tipo, molluschi, crostacei e pesci, vini e spumanti, formaggi e quant’altro la bravura dei cuochi e casalinghe se unire al riso per esaltare la tavola italiana, anche per questo considerata la più varia e la più interessante del mondo.
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Il risotto patrio di Gualtiero Marchesi —
di Giampiero Rorato
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ualtiero Marchesi resta il grande Patriarca della ristorazione italiana, non tanto per età, visto che è, come sempre, molto attivo e creativo, ma per l’autorevolezza che ha saputo meritarsi dai suoi colleghi, dai critici gastronomici seri e dai buongustai internazionali in tanti anni di professione per la qualità del suo lavoro innovativo, per la capacità di trasferire, nei lontani anni ’70, dalla Francia all’Italia, i principi di una cucina in linea con le nuove esigenze nutritive, con il mutare dei gusti, con l’imporsi della dieta mediterranea, con il sorgere di nuove regole anche estetiche, senza mai tradire la vera tradizione italiana legata ai prodotti agroalimentari italiani.
Il risotto che presentiamo, sicuramente innovativo e in linea con le caratteristiche dello stile Marchesi, usa prodotti italiani – riso, burro, pecorino, scalogno, vino, fumetto di pesce – con l’aggiunta, come avveniva nei grandi banchetti rinascimentali di un pizzico di zenzero e polvere d’argento. Questo piatto Gualtiero Marchesi lo ha dedicato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per i 150 anni della nascita dello Stato italiano ed è sicuramente un piatto che resteerà nella cultura gastronomica italiana.
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Riso nero argento —
Per 4 persone: 240 g di riso Carnaroli 20 g di burro 40 g di pecorino grattugiato 5 g di scalogno trito 1 dl di vino bianco secco 1 lt di brodo di pesce sale 100 g di nero di seppia polvere d’argento profumo allo zenzero
Fa tostare il riso in una casseruola con 10 g di burro e poco vino e portalo a cottura con il fumetto di pesce. Prepara un burro bianco con lo scalogno trito, il vino rimasto, fa evaporare e monta con 10 g di burro, filtra e tieni da parte. Quando il riso è cotto al dente, manteca con pecorino, il burro bianco e aromi di zenzero.
Presentazione del piatto: Stendi il riso sul piatto e spolveralo con la polvere d’argento.
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Il riso nella cucina veneziana di Caterina Vianello
Un inno a minestre e risotti all’onda
S
eduti in un ristorante veneziano, in attesa che il cameriere arrivi a prendere la vostra ordinazione, scorrete con attenzione il menu, e con attenzione l’elenco dei primi piatti. Se compare un risotto, in particolare con ortaggi di primavera come piselli o carciofi, o di pesce (molluschi di Laguna) saprete di trovarvi nel posto giusto. Ingrediente fondamentale della cucina della città lagunare, il riso ha contribuito a definirne il carattere a partire dalla metà del ‘500, trasformandosi nel corso dei secoli da cibo d’elite a diffuso alimento popolare. Importato dal Levante – sono gli Arabi a introdurne la coltivazione in Sicilia e in Spagna - il riso viene inizialmente venduto nelle spezierie, in chicchi, ma più frequentemente ridotto in farina. A cavallo tra prodotto medicinale, del quale si lodano le diverse virtù terapeutiche, e ingrediente gastronomico (usato in particolare per
rendere più dense le minestre), il riso inizia ad essere coltivato in Veneto verso il 1520, estendendosi all’area della bassa veronese e padovana, a cominciare, per iniziativa dei Duchi d’Este, dal Polesine e dal Delta del Po (dove la coltura era strettamente legata alla bonifica che permetteva di accelerare il processo di utilizzazione dei terreni salsi da destinare poi alla rotazione colturale. Una legge della Repubblica Veneta del 1594 proibisce la concessione dell’acqua a questa coltura e dà la possibilità di coltivare il riso solo “per valli ed altri luochi sottoposti alle acque, stimati impossibili di asciugarli in tutto e di rendersi ad alcuna cultura”). Attore primario, come dicevamo, il riso conquista lentamente ma inesorabilmente la tavola e il palato. Se economicità e versatilità sono i suoi punti di forza, è pur vero che la mano dei veneziani non si è certo limitata a farne semplice accompagnamento per le verdure provenienti in
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particolare dagli straordinari orti lagunari (Sant’Erasmo è l’isola più nota, famosa in particolare per le sue “castraure”, il primo piccolo e tenero carciofo che nasce all’apice della pianta) o per la fauna ittica (come pure per la carne), ma ha saputo esaltarne la resa nel piatto, in una moltiplicazione di consistenze che ne fanno ora risotto, ora minestra, ora versione “all’onda”, non spiegabile a parole. Chi ci viene in soccorso allora è un illustre veneziano, Elio Zorzi, che nel suo “Osterie Veneziane”, scritto un secolo fa, svela il sottile discrimine tra la consistenza liquida delle minestre e l’ondosità dei risotti: “In genere le minestre in brodo si usano fare dense (fisse), ed i risotti invece piuttosto fluidi, cosicché il divario di densità tra le due specie di minestre non è molto grande. Naturalmente questa regola va intesa cum grano salis, e il riso non deve mai arrivare a quello stato di disfacimento, che si suol chiamare venezianamente i risi longhi”.
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Isola di Sant’Erasmo - Venezia
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protagonisti, per chi ama il teatro, di una delle più celebri commedie di Carlo Goldoni, Sior Todaro Brontolon, nella quale il riso veniva fatto bollire tre ore, per averne massima resa.“ Il teatro e la letteratura sono fonte inesauribile e attendibile di informazioni circa i gusti e le usanze dei veneziani, che non sono cambiate poi così tanto dal 1700, il secolo che vede affiancate piccola borghesia e popolo, case e trattorie. La tradizione, ancora oggi, ci fa scoprire una vastissima varietà di primi piatti a base di riso. Carni, pesci, verdure e legumi moltiplicano all’infinito la scelta: ed ecco allora i “risi e bisi” (piatto dogale per eccellenza, consumato il 25 aprile in onore della festività di San Marco, patrono della città), i “risi in cavroman” (riso con carne di castrato caprino), “risi con la castradina” (carne di montone che si mangia in occasione della festività della Madonna della Salute, il 21 novembre), con le “secoe” (minuscole striscioline di carne da ricavare con pazienza dalle vertebre di manzo già spolpato); ecco la minestra di risi in brodo con il sedano, quella di risi con la luganega, quella di risi con le verze (di origine ebraica), di risi e fagioli; e ancora la densità ondosa del “risoto de cape”, di quello con i peoci (cozze), con le sepoline (seppioline), con il bisato (anguilla), con
gli scampi, alla bechera (con pezzettini e frattaglie di pollo, oltre a carne di vitello), alla sbirraglia (solo con pollo e rigaglie), di zucca, di carciofi, di finocchi…Si potrebbe continuare all’infinito, in un elenco goloso che accosta al riso praticamente tutti i prodotti di terra e di mare. Il bello è che le sperimentazioni dei cuochi veneziani del Cinque e Seicento, abituati nelle cucine dei palazzi ad offrire ai loro padroni piatti sempre nuovi a base di riso, sono poi emigrate in terraferma, nei luoghi ove d’estate, come ci ricorda Carlo Goldoni, i patrizi godevano la villeggiatura e dalle ville sparse nel territorio questi tanti e vari piatti di riso sono entrati nelle case
dei borghesi e, pian piano, anche in quelle dei mezzadri, sicché il riso è diventato l’assoluto sovrano dei primi piatti veneziani e veneti fino all’arrivo, nella seconda metà del secolo scorso, della pasta. Anche per questo, quando scegliete Venezia come vostra meta gastronomica, non accontentatevi: laddove troverete varietà di ingredienti capaci di valorizzare il riso e laddove leggerete, in menu, piatti in dialetto, legati alla stagione o a una festa cittadina particolarmente sentita, saprete di avere davanti a voi un ristoratore che non solo conosce storia e tradizioni gastronomiche, ma che ama la sua città riproponendole orgogliosamente a tavola.
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Carlo Goldoni qui a fianco
L’entrata del Ristorante Antico Martini di Venezia
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LA FARINA DI RISO —
Essendo senza glutine, questa farina sta trovando sempre nuove applicazioni
di Caterina Orlandi
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O Farine naturalmente senza glutine —
ltre alle farine ricche di glutine, ne esistono altre che non ne hanno naturalmente, quindi farine ideali per chi soffre di intolleranze alimentari: farina di riso, di soia, di mandorle, di grano saraceno, di castagne e molte altre. Il glutine sta alla base della buona riuscita di tutti i prodotti lievitati quali pane, pizze e brioche perché solo questa sostanza è in grado, attraverso la formazione della maglia glutinica, di trattenere l’anidride carbonica prodotta durante la fermentazione nell’impasto: questa capacità unita a quelle di coesione, omogeneità, visco-
elasticità e tenacia permette di avere un prodotto soffice ed elastico, gradevole al palato. Quando manca il glutine, prodotto dall’intreccio delle due proteine insolubili, gliadina e glutenina, le farine risultano prive di forza ed elasticità ed il lavoro dell’artigiano o dell’industria si complica. Tuttavia gli artigiani degli impasti, nel corso degli anni hanno sviluppato, grazie a ricerche tecniche e a sperimentazioni sul campo, la capacità di produrre degli impasti, ottimi anche per la pizza, con farine senza glutine, ottenute da riso, mais e altri cereali o pseudocereali.
Esistono farine che in natura sono senza glutine ed ecco allora la farina di riso, la farina di riso glutinoso, la farina di soia, la farina di mandorle, la farina e amido di mais, la farina di grano saraceno, la farina di castagne, la fecola di patate, la farina di manioca, la farina di tapioca e tutte quelle farine che si ottengono da cereali senza glutine (quinoa, amaranto, miglio e tutti i legumi).
Tutte queste farine sono reperibili in commercio, tuttavia i celiaci non possono acquistarle liberamente, poiché devono prima accertarsi che nel processo produttivo non siano venute a contatto anche con la farina di frumento, o con cereali che contengono glutine. Per un acquisto sicuro dà un valido aiuto il c.d. Prontuario degli alimenti senza glutine. redatto dall’Associazione italiana celiaci.
• Farina di riso: idonea per infarinare carne e pesce, addensare le salse (crema pasticcera, besciamella), preparare le pastelle per friggere, che saranno molto leggere e delicate. Può essere utilizzata da sola o con altre farine naturalmente senza glutine per la preparazione di dolci soffici come torte, cake dolci e salati, crêpes, frittelle tipo Waffel e Gauffres e tutti quegli impasti che richiedono farine leggere e presentano un impasto piuttosto liquido o comunque cremoso. La farina di riso ha un sapore delicato ed è molto leggera, tuttavia tende a rendere secco il prodotto finale. Pertanto, è sempre opportuno miscelarla alla fecola di patate e alla farina di tapioca per migliorarne la resa. Se proprio non è possibile reperire la farina di tapioca: miscelare solo farina di riso e fecola di patate. Con la farina di riso, oppure delle miscele che la contengono si possono fare delle ottime pizze. Se ad esempio in una pizzeria si fanno sia pizza con glutine che senza, si consiglia di utilizzare la farina di riso, come farina da spolvero.
• Farina di riso glutinoso: si tratta della farina che deriva dalla macinazione del riso glutinoso, particolarmente ricco di amido e perciò molto “colloso”. L’appellativo “glutinoso” non si riferisce in alcun modo al glutine del grano, deriva piuttosto da “glue=colla” per ribadirne la natura collosa. Per questa sua qualità il suo impiego è utile in alcuni mix di farine senza glutine per accentuarne l’effetto aggregante e la malleabilità senza il rischio di frantumazione, secchezza e sbriciolamento dell’impasto. Tuttavia è opportuno non usare questa farina da sola e sempre nelle quantità richieste o comunque in piccole dosi, altrimenti il prodotto risulterà umidissimo e colloso. È idonea in aggiunta ad altre farine per la produzione di pasta all’uovo, crostate, biscotti e tutti quegli impasti che vanno tirati in modo sottile, che così difficilmente si romperanno. • Amido di riso: si tratta dell’amido estratto dal riso e come tutti gli amidi (di mais e di patata) ha proprietà addensanti, quindi utile per budini, creme, salse come la besciamella.
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Pizza d’estate — Per l’impasto: Mix di farine senza glutine di cui in prevalenza farina di riso, mais ed emulsionante lecitina Idratazione 70% Olio evo 3% Sale 2% Lievito fresco 2 g.
Una volta fatto l’impasto tempo di riposo della massa 30’, poi formare le palline ricordandosi di ungere bene le mani, tempo di riposo in tegame 1h a 27°C Eseguita con precottura per non alterare gli ingredienti di farcitura.
Per la farcitura: Base bianca con mozzarella e formaggio cremoso vegano di mais Verdure fresche cotte a bassa temperatura (asparagi, broccoli) Guarnito con peperoncini “dolce lacrima”, un tipo di peperoncino dolce che viene dal Perù e che conferisce un tocco molto esclusivo alle pietanze.
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Prodotti alimentari di Alta qualità distribuiti da più di trent’anni alle migliori aziende del settore sono la garanzia della competenza e dell’assoluta serietà dell’azienda Sanfelici. Rispettando i più elevati standard qualitativi l’azienda affida la produzione dei suoi prodotti a realtà specializzate in grado di selezionare e controllare personalmente le materie prime, di altissima qualità, che verranno trasformate in ottimi prodotti gastronomici distribuiti da Sanfelici direttamente a ristoranti, bar, trattorie, pizzerie, osterie. Più di tremila contatti in continua crescita sottolineano la professionalità e la puntualità di una ditta che con un ottimo rapporto qualità/prezzo cerca di promuovere giornalmente la cultura del food & beverage nel mondo. Accurata selezione e continua ricerca sono le parole chiave per il successo di Sanfelici.
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IL RISTORANTE DEL MESE
RISTORANTE PIZZERIA C’
è, nella Campania felix, un luogo della memoria che continua a raccontare, con voce moderna, la propria antica storia, invitando, chi vi arriva, a conoscere le tante civiltà che qui hanno sedimentato la loro cultura e le loro tradizioni: è Sicopoli, città fondata dai Longobardi sulle alture che costeggiano il fiume Volturno. Siamo nel lontano Alto Medioevo e correva l’anno 841 e la nuova città, inizialmente eretta con case di legno, fu poi chiamata Sicopoli in onore del vescovo Sicone che l’aveva voluta quale nuova sede dell’antica Contea di Capua. Oggi la località si chiama Triflisco, ed è una borgata in comune di Bellona (Caserta) e proprio in queste colline Fernando Di Grazia ha realizzato un sogno a lungo cullato: realizzare un ristorante-pizzeria bello e accogliente, ben radicato nella tradizione locale, in linea che le richieste degli aitanti della zona e dei turisti internazionali e, nel contempo, intelligentemente innovativo. La storia ha inizio quando il signor Di Grazia, dopo utili esperienze maturate nel mondo della ristorazione, sentendo una forte passione per il food, decide di dar vita a qualcosa in cui potesse realizzare il proprio progetto. Egli si sentiva attratto dalla natura e il forte rapporto sempre avuto col territorio e con i prodotti della sua terra lo indirizzò alla realizzazione un’attività ristorativa di “ricercata semplicità”.
sopra Cesare Di Grazia qui a destra Sala del ristorante in alto a destra La chef Carmela Di Matteo
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ANTICA SICOPOLI di Giampiero Rorato
Egli sapeva che la ristorazione più seria deve partire dai migliori ingredienti reperibili e quelli della sua terra, oltre ad essere buoni, igienicamente puri, sani e genuini, hanno anche il pregio di essere frutto di una cultura accumulata dalle tante generazioni vissute prima di lui a Sicopoli e nelle colline d’attorno. Matura professionalità, amore per il lavoro, radicamento nel territorio ecco dunque i valori cui si è ispirato Fernando Di Grazia, impegnato anche a trasmetterli a chi gli era accanto nel lavoro quotidiano e in particolare al figlio Cesare. Attualmente il Ristorante-pizzeria Antica Sicopoli si distingue per la creatività della cucina, sempre basata sugli ottimi prodotti locali .E c’è dell’altro. Maestria e creatività si integrano costantemente tra cucina e pizzeria per un risultato che punta sempre all’eccellenza come si vede nel menù: un gustoso percorso gastronomico che spazia dagli antipasti ai dolci alla pizza, tutto rigorosamente prodotto con ingredienti attentamente selezionati. Una produzione “Made in Antica Sicopoli”, in cui le ricette tradizionali sapientemente rivisitate esaltano il piacere del buon cibo, e parlano di una vera metamorfosi del gusto che, partendo dalle materie prime, si concretizza nel piatto finale conservando la singolarità di ciascun sapore.
UNA REALTÀ FAMILIARE INNOVATIVA, FONDATA SULLO STUDIO, GIUSTE CONSULENZE E SERIA SPERIMENTAZIONE
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IL RISTORANTE DEL MESE
LE COLONNE DEL SUCCESSO
LA PIZZA ANTICA SICOPOLI La pizza qui quotidianamente prodotta si inserisce in una realtà culinaria ricercata, dove l’arte dei fornelli si integra con quella del forno a legna. La pizza ha il suo segreto nell’impasto, uguale solo a se stesso, in cui il lievito madre è l’ingrediente principale mentre l’abbinamento a scelte farine del molino Pasini rappresenta un valore aggiunto, per un prodotto finale dal sapore autentico, un impasto morbido, privo di ogni traccia di gommosità, e altamente digeribile, grazie alla lunga lievitazione. “Un’emozione che nasce mordendo il cornicione” si potrebbe dire mentre si gusta la “Pizza Antica Sicopoli”, che racchiude le caratteristiche di questo prodotto: un cornicione alto ma leggerissimo nell’impasto, una fragranza che si assapora evocando l’odore del pane del passato, una sofficità che diventa gusto grazie a un impasto morbido che si scioglie in bocca, un’alta digeribilità che lascia il sapore del buono conservandone la leggerezza morso dopo morso. Si potrebbe definirla “Pizza da chef” o, come oggi piace, “Pizza gourmet”, perché si colloca in un panorama enogastronomico completo e d’alto livello in cui abbinamenti a birre e vini con specifiche proprietà sono ora possibili. Ma soprattutto perché vanta farciture e abbinamenti realizzati dagli chef di Antica Sicopoli in cui accostamenti arditi di ingredienti di prima qualità e creatività affiancano la tradizione in un’ ideale sintesi tra pizzaiolo e chef, tra forno e fornelli.
Chi conosce l’Antica Sicopoli sa che è un locale di successo che si basa sul rispetto della tradizione, con contemporanea attenzione all’innovazione, in un incontro equilibrato che si integra in maniera forte con la passione tramandata da padre a figlio, felicemente estesa ai collaboratori. Tradizione e innovazione sono dunque, le due facce della stessa medaglia, rappresentate rispettivamente dal papà Fernando e dal figlio Cesare, esperto della pizza Antica Sicopoli, due persone che hanno unito le loro competenze e i loro saperi per un solo obiettivo: innovare per rafforzare la tradizione. Da questo incontro di persone e di intelligenze ha preso vita il progetto Pizza Antica Sicopoli, un progetto da cui non nasce semplicemente una pizza diversa dal solito, bensì un nuovo concept della pizza che assume un altro volto, raccontando una propria storia.
Il risultato di questa importante esperienza formativa è un prodotto d’eccellenza che nasce da materie prime semplici quali acqua, farina, lievito madre, ma che porta con sé il valore dell’innovazione in tutte le sue fasi di lavorazione: dall’impasto agli abbinamenti della farcitura che regalano nuove sensazioni al palato con gusti prelibati e “avvolgenti”. I risultati raggiunti, certificati da una crescente presenza di clienti che giungono anche da lontano, sono dovuti anche alla preziosa e fruttuosa collaborazione col dott. Alessandro Bertuzzi, tecnologo alimentare e riconosciuto grande esperto di impasti e lievitazioni, come sono il frutto di un profondo impegno e un’attenta formazione fatta di studio ed esperienze sul campo. Alla base del successo c’è dunque un metodo collaudato che ha permesso alla famiglia Di Grazia di conquistare così, step by step, un’elevata professionalità che oggi esprime con entusiasmo e soddisfazione valorizzandola e condividendola quotidianamente con i suoi collaboratori e con i tanti affezionati clienti. Ed è così, come avviene col Ristorante-Pizzeria Antica Sicopoli, a Triflisco in comune di Bellona, Caserta, che si eleva la qualità del vasto mondo della pizza, ormai apprezzato e indiscusso protagonista nella grande famiflia dell’alta ristorazione internazionale.
aspettando host 2017
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Host Milano, a 15 mesi dal via, 800 aziende hanno già aderito.
15 mesi dalla prossima edizione, Host – il salone internazionale dell’accoglienza registra la partecipazione già di oltre 800 aziende che hanno riconfermato la propria presenza. Si stanno quindi rapidamente riempiendo gli spazi a disposizione, che nel 2017, quando aprirà l’International Hospitality Exhibition numero 40, occuperanno 16 padiglioni. “Host rappresenta una punta di diamante del nostro portafoglio manifestazioni. – spiega Corrado Peraboni, Amministratore Delegato di Fiera Milano – la forte rappresentatività del Salone Internazionale dell’Ospitalità Professionale all’interno del territorio in cui si svolge, l’eccellenza che esprime la tradizione e l’altissimo livello dell’ospitalità professionale in Italia, sono caratteristiche valorizzate davanti a una platea globale. […]”.Host è Fiera leader nei prodotti e servizi dedicati al vastissimo mondo dell’out of home, diventando un hub, dove le aziende di tutto il mondo vengono per fare business, e dove buyer di alto profilo trovano innovazione e qualità legate a 3 aree dedicate: Ristorazione Professionale - Pane-Pizza-Pasta; Caffè - Tea, Gelato-Pasticceria; Bar, Macchine Caffè e Vending; e Arredo e Tavola. Un respiro internazionale confermato dalla provenienza delle aziende già iscritte, che sono per il 40% estere, provenienti da 38 Paesi; si riconferma una presenza importante dalle maggiori nazioni produttrici: prima fra tutte la Germania, con il 15% delle aziende che si sono già assicurate uno spazio, seguita a breve distanza dalla Spagna con il 14%, da Francia e Stati Uniti con il 7% e da Paesi Bassi e Svizzera con il 6%. Per l’edizione 2017 Host, oltre a concentrarsi sui mercati storici, ha individuato in particolare tre mercati, Stati Uniti, Canada e Medio Oriente, che hanno suscitato l’attenzione sempre più marcata delle aziende espositrici. Una vocazione che si esprime attraverso una fitta programmazione di eventi. Erano oltre 400 nell’edizione 2015, tra workshop e seminari, show-cooking ed esibizioni. Per il 2017 si prevede un programma come sempre ricco e diversificato, che coprirà tutte le filiere. Ma ci sono già delle riconferme. A partire dai campionati mondiali Cake Designers World Championship e World Trophy of Pastry, Ice Cream and Chocolate in collaborazione con FIPGC - Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria, per i quali sono già partite le selezioni. Sul fronte del Bar, confermata la presenza di Scae - Specialty Coffee Association Europe, WCE - World Coffee Events e ALTOGA - Associazione Lombarda Torrefattori, Importatori di Caffè e Grossisti Alimentari, e di FIPE, Federazione Pubblici Esercizi. L’appuntamento dunque è per il 20 ottobre 2017. Fino a quella data, a scandire il tempo e orientare la variegata platea che vede in Host un punto di riferimento, un ricco percorso di avvicinamento fatto di incontri, dati, osservatori.
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IL TIRAMISÙ
pizza e pasta italiana
facciamo chiarezza sulle leggende che circondano questo splendido dolce nato a treviso
I
di Laura Nascimben
n questi ultimi tempi è ritornato all’attenzione di gastronomi, studiosi, giornalisti e affabulatori il celebre dolce trevigiano, il ben noto Tiramisù, probabilmente oggi il dolce italiano più diffuso nel mondo. E, nel presentare una ricetta di questo dolce, frutto di recente elaborazione, ci piace ricordare quanto ebbe a scrivere l’intellettuale e gastronomo trevigiano – oltre che scrittore, autore di testi teatrali, regista, attore, interprete delle commedie del Ruzante e di Carlo Goldoni – Giuseppe Maffioli. Nel 1981 il nostro autore, all’interno di un articolo dedicato ai “dolci bavaresi al caffè”, arricchito da numerose ricette, ebbe a scrivere: “Tutte le ricette su esposte appartengono ad un repertorio più frequente nella cucina mitteleuropea di Trieste e tuttavia con stretta parentela con quella veneziana, che per lungo tempo è stata influenzata dagli immigrati asburgici. È nato recentemente, poco più di due lustri orsono, un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticciere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro
in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia.” Il luogo esatto dove sarebbe stato confezionato per la prima volta e lanciato è il Ristorante Beccherie di Treviso, della famiglia Campeol, quando dirigeva la cucina dove operava il cuoco Loly la signora Ada Campeol, mentre il marito Ado riceveva gli ospiti e dirigeva la sala.
ma è proprio così? La storia raccontata da Giuseppe Maffioli è stata considerata valida fino a tempi recentissimi, non avendo nessuno da contrapporre storie diverse e il tiramisù trevigiano, pur nelle sue varie evoluzioni – come ha raccontato il nostro direttore anche nel suo libro “Dolci & Biscotti delle Tre Venezie” (De Bastiani Editore, 2012) – è sempre stato considerato un dolce trevigiano. Ora, un autore di libri riguardanti la gastronomia, afferma che la verità storica sta da un’altra parte e cioè che il tiramisù è nato quasi contemporaneamente a Tolmezzo, in Carnia (provincia di Udine) e a Pieris (provincia di Gorizia) e a tal proposito accampa documenti. Non certo per partigianeria, ma, come vedremo fra poco, le favole hanno le gambe corte quando le si vuole barattare per verità e credo abbia invece ragione Giuseppe Maffioli.
Nel Veneto si è mosso anche il presidente della Regione, Luca Zaia, a difendere la verità storica e altri studiosi e giornalisti del settore sono intervenuti sulla stampa locale con alcuni probanti elementi a sostegno della loro tesi. In primo luogo è stato citato l’accademico italiano della cucina dott. Pietro Adami, originario di Raveo, in Carnia, che sulla cucina carnica ha scritto due densi volumi – pubblicati dall’editore Muzzio – il primo nel 1985 con prefazione dell’accademico Giuseppe Maffioli, rigoroso studioso della cucina veneta e italiana (vedi la sua “Storia piacevole della gastronomia” Bietti, 1976), e il secondo nel 2009, con prefazione di Renzo Mattioni, delegato dell’Accademia Italiana della Cucina di Udine, un volume scritto non solo a seguito, come il precedente, di un’indagine personale dell’autore valle per valle, paese per paese, ma anche consultando tutta la documentazione storica conservata negli archivi (documenti analiticamente citati in prefazione). L’altro elemento a suffragio della tesi veneta è il volume di Gianni Cosetti, per anni cuoco patron al Roma di Tolmezzo, dove, secondo le voci, sarebbe nato il tiramisù. Il suo volume si intitola “Vecchia e Nuova Cucina di Carnia”, Arti Grafiche Friulane, 1995. In nessuno dei tre volumi citati, documentatissimi, scritti da carnici, si cita il tiramisù, dolce evidentemente del tutto ignoto in Carnia. Per quanto riguarda Pieris, chi si fosse fermato in quel comune negli scorsi decenni non avrebbe mai trovato questo dolce. E il lettore ne tragga le conclusioni.
il dolce
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una bella storia Come è stato scritto da diversi autori, il tiramisù, in virtù dei suoi ingredienti, può benissimo essere uno dei tanti figli o nipoti di un altro dolce storico italiano e più precisamente emiliano, la zuppa inglese, che nel corso del tempo ha dato vita, a seconda dei luoghi, dei gusti, dei prodotti disponibili, delle tradizioni locali ad altri dolci, con aggiunte e varianti, fra cui uno composto da savoiardi, crema di mascarpone, caffè e cacao e non più alchermes. Nulla vieta che qualche cuoco carnico (abitante della Carnia) e bisiacco (abitante dell’area della provincia di Gorizia tra l’Isonzo e il Lisert)
abbia preparato in passato un dolce probabilmente molto calorico dandogli un nome simile o addirittura uguale a quello di cui stiamo scrivendo, ma di questi supposti dolci, salvo qualche foglio scritto e qualche simpatico racconto, non esiste da decenni alcuna traccia. Quello che è certo e non possiamo che essere d’accordo col Governatore del Veneto, è che il dolce chiamato tiramisù, conosciuto in Italia e nel mondo, è esattamente quello nato a Treviso fra gli anni 60 e 70 del secolo scorso, nel Ristorante Beccherie della famiglia Campeol, e con questo nome
si intende in via primaria il dolce che ha soprattutto gli ingredienti, oltre alla forma del dolce di casa Campeol. Da allora ci sono state delle evoluzioni, come quella che qui presentiamo, come sempre è successo nella storia che ha visto evolversi i piatti originari per adattarli ai gusti che cambiano, alle mode, alle richieste come anche alla fantasia o alla creatività dei pasticcieri. Non ci resta allora che augurare ai nostri lettori di gustare questo dolce, non importa se nella forma originaria, elaborato o innovativa, perché comunque si tratta di un vero gioiello dell’arte pasticcera italiana.
la ricetta di Domenico Longo, vicecampione mondiale di pasticceria, chef del Relais Monaco di Ponzano, Treviso Ingredienti: Per la crema tiramisù: 6 tuorli, 150 g di zucchero semolato, 50 g di acqua, 250 g di panna fresca, 250 g di mascarpone, caffè solubile, vaniglia. Per il pan di spagna al caffè: 5 uova, 120 g di zucchero semolato, 100 g di farina 00, 2 g di baking powder, 2 g di polvere di caffè. Per la bagna al caffè: caffè espresso, zucchero, . Per la guarnizione: 3 fragole fresche, menta fresca, crema tiramisù profumata al caffè, cacao amaro.
Prepara il pan di spagna montando le uova con zucchero e vaniglia, unisci a mano con la frusta la farina, la polvere di caffè e il lievito setacciati. Versa in un composto imburrato e infarinato e fa cuocere in forno caldo a 180°C per 20 minuti. Prepara la crema tiramisù mettendo a bollire per 5 minuti lo zucchero con l’acqua, poi versa a filo sui tuorli e monta con la frusta
fino a raffreddamento. Monta il mascarpone e la panna semimontata. Fodera una pirofila col pan di spagna tagliato a fette, inumidiscilo con la bagna di caffè fredda e rivestilo di un primo strato di crema tiramisù. Ripeti la stessa operazione e termina in modo da avere due strati con la crema tiramisù.
Fa rassodare in frigo per almeno 3 ore e servilo porzionandolo con l’apposito attrezzo. Spolverizza con il cacao amaro, guarnisci con fragole, menta e la salsa al caffè ottenuta diluendo una parte di crema tiramisù con caffè espresso freddo.
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pizza e pasta italiana
DAL LATTE ... AL FORMAGGIO
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L’INTOLLERANZA AL LATTOSIO
CONCLUDIAMO LA PRESENTAZIONE DELL’ARGOMENTO CHE CI HA ACCOMPAGNATO NEI DUE MESI PRECEDENTI, SOFFERMANDOCI SU UN TEMA DI CRESCENTE ATTUALITÀ, VALE A DIRE L’INTOLLERANZA AL LATTOSIO. A CHIUSURA VENGONO BREVEMENTE DESCRITTI I PRINCIPALI DIFETTI DEI FORMAGGI E LA LORO PREVENZIONE.
IL LATTOSIO E IL PROBLEMA DELL'INTOLLERANZA — L'intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di latte e latticini provoca una reazione non allergica che si manifesta con disturbi gastrointestinali come gonfiore, dolore crampiforme e saltuaria diarrea. La colpa è da attribuirsi alla mancanza o alla riduzione degli enzimi deputati alla digestione del lattosio, cioè dello zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati. Questi enzimi, presenti nell' "orletto a spazzola" delle cellule intestinali e chiamati lattasi, sono deputati alla scissione del lattosio nei due zuccheri che lo costituiscono: il galattosio ed il glucosio. Il primo è essenziale per la formazione delle strutture nervose nel bambino, il secondo rappresenta il substrato energetico primario dell'organismo. Per essere digerito, il lattosio deve necessariamente esse-
Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista
re scisso in queste due unità più semplici. Si ritiene che l'ipolattasia nell'adulto sia una condizione primitiva, poi modificata dall'introduzione dell'agricoltura e della pastorizia nel periodo neolitico. Non a caso, la persistenza di lattasi in età adulta (considerata in tal senso la "vera" anomalia) è tipica delle aree geografiche in cui si è sviluppata la pastorizia (come il Nord Europa); al contrario si registra un'elevata incidenza di intolleranza al lattosio nel Sud-est Asiatico e nel Sudafrica, aree in cui il consumo di latte è tradizionalmente ridotto o assente. In alcuni e rari casi, l'intolleranza al lattosio può essere dovuta non tanto alla carenza di lattasi, quanto alla deficienza degli enzimi proteolitici necessari alla digestione delle proteine del latte.
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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE
SINTOMI In presenza di un deficit congenito o acquisito di lattasi, lo zucchero del latte non può essere digerito e, a livello intestinale, essendo osmoticamente attivo, si accumula richiamando liquidi; questo effetto, associato alla sua fermentazione da parte dalla flora microbica locale, dà origine ai fenomeni tipici dell'intolleranza al lattosio (meteorismo, flatulenza, diarrea, nausea, spossatezza ecc.); tali sintomi compaiono rapidamente nel momento in cui si ingeriscono cibi che contengono questo zucchero (latte, ma anche creme, panna, burro non chiarificato, formaggi freschi e bevande a base di latte). L'intolleranza al lattosio può essere primaria oppure secondaria e transitoria. Nel primo caso l'organismo non produce le lattasi per un difetto genetico, per questo motivo i sintomi dell'intolleranza si manifestano già nella prima infanzia. Quando tale deficit non sussiste l'organismo può comunque soffrire di una intolleranza transitoria, detta secondaria, per la temporanea perdita dell'enzima. Infezioni o lesioni del tratto gastrointestinale e mutazioni dietetiche repentine sono i più comuni fattori causali alla base di tale condizione. La lattasi, infatti, è considerata un enzima inducibile, capace cioè di aumentare numericamente in rapporto alla stimolazione del suo substrato. In altre parole, quando la dieta prevede soltanto una modesta e saltuaria introduzione di latte e latticini, la stimolazione alimentare può rappresentare uno stimolo insufficiente per una sintesi di lattasi adeguata alle temporanee necessità. Anche una celiachia non diagnosticata, a causa del processo
degenerativo che interessa la superficie intestinale deputata all'assorbimento dei nutrienti, può essere alla base di una intolleranza al lattosio. Qualora si sospettasse un'intolleranza al lattosio, questa può essere facilmente smascherata dal cosiddetto test del respiro o breath test (UNICI SCIENTIFICAMENTE RICONOSCIUTI). Tramite questo esame si valuta la concentrazione di idrogeno nell'aria espirata dopo un carico di lattosio. Dal momento che la fermentazione dello zucchero non digerito produce idrogeno che viene prontamente riassorbito dalle pareti intestinali ed eliminato con la respirazione, in caso di intolleranza al lattosio si osserva un picco di concentrazione di idrogeno nell'aria espirata. In presenza di una intolleranza secondaria al lattosio il primo approccio è quello di consumare latte e latticini in piccole quantità, per poi aumentarle progressivamente in modo da stimolare la produzione di lattasi. Per consentire l'utilizzo di latte anche a tutti coloro che soffrono di intolleranze nei suoi confronti, in commercio sono presenti latti delattosati in cui il lattosio si trova, per la maggior parte (70-75%), già scisso in glucosio e galattosio. In alternativa, ci si può "accontentare" del latte di soia o di quello ricavato dal riso. Anche lo yogurt, grazie alla fermentazione del lattosio operata dai fermenti che contiene, è generalmente ben tollerato. Infine, chi soffre di intolleranze al lattosio, può beneficiare del consumo di alimenti probiotici (yogurt "speciali" o particolari fermenti lattici liofilizzati).
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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE
I PRINCIPALI DIFETTI DEI FORMAGGI E LA LORO PREVENZIONE I formaggi sono spesso soggetti a difetti e alterazioni che li trasformano in maniera più o meno profonda, arrivando nei casi più gravi ad annullarne quasi completamente il valore commerciale . I difetti dei formaggi possono derivare da vari fattori: alimentazione errata degli animali o utilizzo di latte derivato da soggetti malati (per esempio latte mastitico); utilizzo di latte inquinato o inquinamento dello stesso, nel corso della lavorazione; tecniche di lavorazione errate; utilizzo di locali non idonei alla lavorazione del latte, alla maturazione e conservazione dei formaggi. È comunque da sottolineare che una delle cause più frequenti è la scarsa igiene sia nei luoghi di produzione del latte (ovili) che nelle strutture di trasformazione e maturazione.
I difetti più comuni sono: i gonfiori, le muffe, i sapori amari o acidi, la gessosità della pasta sino ad arrivare ai distacchi della stessa. Il gonfiore è il difetto più grave che si può riscontrare in caseificio: si presenta con un arrotondamento della forma dovuto alla produzione di gas, quali l'anidride carbonica e l'idrogeno generati da microbi gasogeni. Il gonfiore si dice precoce o tardivo a seconda che si manifesti nei primi giorni dopo la fabbricazione o nel corso della stagionatura. Il gonfiore precoce, presente sia nei formaggi molli che in quelli duri o semiduri, è originato da inquinamenti del latte con microbi del gruppo dei Coli Aerogenes, che attaccano il lattosio producendo acido lattico ma soprattutto quantità rilevanti di anidride carbonica o idrogeno. La pasta diventa spugnosa, non permette lo spurgo ed acquista sapori ed odori sgradevoli.
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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE La prevenzione più ovvia è la cura dell'igiene durante la mungitura e di tutte le attrezzature che vengono a contatto con il latte. L'utilizzo di colture pure di fermenti lattici, contribuisce a creare un ambiente sfavorevole per lo sviluppo dei Coli presenti nel formaggio. Al contrario, la presenza di antibiotici nel latte favorisce indirettamente lo sviluppo dei Coli, che non possono essere contrastati dai batteri lattici sensibili a queste sostanze. Nel caso il gonfiore precoce si manifesti con frequenza, si può attuare la pastorizzazione del latte, che elimina o riduce drasticamente il problema. I Coli infatti non resistono ad un innalzamento della temperatura a 65 gradi centigradi per 30 minuti. Il gonfiore tardivo è invece un difetto caratteristico dei formaggi cotti ed a stagionatura prolungata, compare dopo che il lattosio è stato trasformato in acido lattico e può manifestarsi dopo 15 giorni o mesi. Gli agenti di questo difetto sono microbi del genere Clostridium tyrobutirricum, che attaccano i lattati dando origine ad acido butirrico, anidride carbonica e idrogeno. Il formaggio si presenta con occhiature irregolari, la forma si gonfia a pallone e si formano spaccature e sfogliature nella pasta, che può cambiare consistenza ed assumere sapore rancido. E' da sottolineare che le spore di Clostridium resistono alla pastorizzazione. Per prevenire questo difetto è necessario evitare al latte inquinamenti di terra o insilati dove si trovano i Clostridi ed abbassare il pH con fermenti lattici a livelli tali da impedirne lo sviluppo. Il sapore amaro della pasta è dato dalla degradazione della caseina da parte di lieviti e micrococchi: queste fermentazioni anomale sono causate da uno spurgo incompleto della cagliata. La gessosità ed i distacchi di pasta sono causati dalla eccessiva acidità della cagliata per un errato apporto di fermenti o per uno sviluppo troppo elevato di questi batteri acidificanti. La pasta assume un aspetto gessoso, friabile, di colore troppo chiaro e di sapore acido. Le muffe si possono prevenire ed eliminare con un migliore spurgo della cagliata, una giusta salatura (il sale ha una azione inibente) ed, infine, con l'uso di sorbato di potassio come antimuffa. (3 – fine)
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NOVITÀ DALLE AZIENDE
Bolton Alimentari S.p.a. Via Einaudi 18/22 - 22072 Cermenate (CO) Tel.: 031 779111 Fax : +39 031 779302 www.riomare.it
Da oggi la qualità di Rio Mare è anche nel fuori casa La novità per il 2016 è il rilancio di una gamma completa di prodotti
interamente dedicata al mondo della ristorazione. Rio Mare in Italia e in Europa è il marchio italiano leader nel mercato delle conserve ittiche che coniuga da sempre qualità e gusto. La missione di Rio Mare è la ricerca dell’eccellenza a tutti i livelli: dalla selezione delle materie prime, ai controlli scrupolosi fino alla costante attività di ricerca e sviluppo che permette al brand di adeguare velocemente la propria offerta alle richieste del mercato, con una gamma sempre più vasta di prodotti gustosi, sani e facili da usare. I parametri fondamentali di controllo della materia prima (colore, sapore e consistenza) hanno standard molto rigidi, e si aggiungono ad un doppio passaggio di pulitura del tonno (a differenza del 70% dei prodotti sul mercato che ne prevede solo uno) che garantiscono ai ristoratori ed ai consumatori un prodotto buono, sicuro e di altissima qualità. Anche l’olio di oliva utilizzato è di alta qualità perché accuratamente selezionato e lavorato in Italia, da olive del Mediterraneo. L’alto standard è garantito inoltre da rigorosi controlli e analisi sia sulle materie prime che sui prodotti finiti, attraverso laboratori d’analisi certificati. Ogni prodotto è inoltre tracciabile lungo tutta la filiera. Da sempre consapevole della propria responsabilità nei confronti delle persone e dell’ambiente, Rio Mare ha lanciato nel 2011 il suo progetto di Corporate Social Responsibility
“Qualità Responsabile”, che esprime l’impegno aziendale per una Qualità a 360° perseguita responsabilmente, nel rispetto dell’ambiente e delle persone, lungo tutta la filiera. La gamma di prodotti Food Service La novità di Rio Mare per il 2016 è il rilancio di un’intera gamma di prodotti Food Service interamente dedicata al mondo della ristorazione. Rio Mare offre oggi ai professionisti del settore un portafoglio ampio e appositamente studiato per soddisfare tutte le esigenze diventando l’alleato perfetto nelle cucine dell’intera ristorazione perché è un ingrediente versatile, adatto a tantissime ricette e idoneo per ogni occasione di consumo. Sono disponibili diversi formati: dalle pratiche monoporzioni (da 80gr e 120gr), ideali per tenere sotto controllo i costi, ai formati da 160gr e 240gr, che garantiscono grande versatilità di impiego, fino ad arrivare ai formati Maxi (500gr, 1kg e 2kg), il tutto con la garanzia della qualità e del gusto del Tonno Rio Mare.
Importante accordo commerciale Ora la storica azienda leader nel mercato delle conserve ittiche ha siglato un importante accordo di sviluppo commerciale per il mercato della ristorazione con il leader nel Food Service Riso Gallo. La partnership tra Rio Mare e Riso Gallo, si fonda su valori comuni quali alta professionalità, qualità, gusto, versatilità, sicurezza alimentare e sulla forza e l’esperienza di due brand conosciuti e apprezzati dai consumatori, elementi che permetteranno di fornire soluzioni innovative a oltre 300.000 operatori professionali (hotel, ristoranti, bar, pub, pizzerie e gastronomie). «Siamo orgogliosi di aver avviato questa importante collaborazione che ci permetterà di entrare per la prima volta nel segmento dell’out of home con un partner di eccellenza come Riso Gallo», afferma Bolton Alimentari, società proprietaria del marchio Rio Mare. Riso Gallo presiede infatti il canale con una divisione dedicata al “Food Service”, composto da una capillare rete vendita di agenzie che coprono l’intero territorio italiano, area manager, un National e un reparto di Trade Marketing, in grado di garantire un servizio esclusivo ai professionisti dell’Horeca e una rapida penetrazione del mercato. Questa importante collaborazione permetterà a Rio Mare e a Riso Gallo di lavorare in modo sinergico su temi di comune interesse e di supportare gli operatori del settore out of home nella gestione e organizzazione della loro attività, attraverso l’inserimento di prodotti di eccellenza nei loro menu.
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novità dalle aziende
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Si dice che nel mercato la concorrenza faccia bene, ecco a voi Troncotto il tronchetto professionale ottagonale proposto da Brunnen Industrie: un prodotto interessante ed efficace che sbarca sul mercato per cuocere la pizza nel forno a legna. Nel formato da 16 kg, che lo rende più pratico e leggero, Troncotto genera un potere calorifico di 19, 65 MJ, semplificando e ottimizzando il lavoro del pizzaiolo al forno. Troncotto è prodotto con pura farina di faggio vergine, e il contenuto idrico del prodotto finito è costantemente inferiore al 6% questo permette di sprigionare un potere calorifico più alto del normale, con meno cenere e fuliggine all’interno del forno.
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NOVITÀ DALLE AZIENDE
ESTATE 2016, LE PROPOSTE PER LA PIZZERIA, CON MAESTRELLA.
Eurial, azienda francese leader nella produzione di mozzarella per pizza con il marchio Maestrella, propone due ricette per l’estate 2016, per arricchire l’offerta del menù nel proprio locale. Ingredienti semplici e freschi, abbinati con Maestrella, la mozzarella ad alta resa, protagonista in cucina come in pizzeria.
PIZZA FANTASIA FRUTTI DI MARE E NOCI Ingredienti per la farcitura: Salsa di pomodoro condita con aglio, olio extravergine di oliva, sale, erba cipollina, timo al limone, gamberetti, formaggio caprino by Merci Chef!, noci, gamberoni, mozzarella Maestrella al 40% di grassi. Suggerimenti: una volta preparata la base ( consigliato un impasto diretto con maturazione 24 ore) della pizza con salsa di pomodoro e Maestrella al 40% di grassi, mettete il formaggio caprino Merci Chef! a fine cottura, assieme ai frutti di mare, già precedentemente saltati con il timo al limone. Il sapore delicato del caprino esalterà i sapori freschi del pesce. Le noci invece ricche di omega 3 – acidi grassi indispensabili in una corretta alimentazione - conferiranno una nota di sapore più deciso alla pizza, per cui si consiglia l’abbinamento con un vino bianco fresco e leggero ma dalle note acidule e sgrassanti (Chardonnay).
PIZZA ALTERNATIVA VEGETARIANA Ingredienti per la farcitura: Salsa di pomodoro già condita con olio extravergine di oliva, aglio, sale e basilico, cipolline bianche, cuori di carciofo marinati, peperone, pomodorini confit, broccoli, taccole, mozzarella Maestrella al 47% di grassi, funghi freschi champignon e olive nere. Suggerimenti: La base di questa pizza può essere realizzata sia con farina 00 che integrale (maturazione anche in questo caso non inferiore alle 24 ore). Le cipolline bianche dovranno essere cotte precedentemente in forno, aromatizzate con timo, olio evo e sale. Broccoli e taccole saranno sbollentati in acqua salta, e saltati con il peperone tagliato a dadini. L’aggiunta dei funghi champignon e delle olive nere è a discrezione. La mozzarella Maestrella al 47% di grassi oltre che sulla base, puo’ essere aggiunta anche in finale di cottura.
Eurial è la seconda cooperativa lattiero – casearia in Francia, con più di 4000 addetti e 6450 allevatori, un fatturato di 2,4 miliardi di euro e più di 20 stabilimenti di produzione presenti in Francia, Belgio, Spagna e USA. Eurial rappresenta una delle realtà più importanti Oltralpe ma è anche uno dei più grandi produttori di formaggi di capra nel mondo. Sul mercato italiano, la cooperativa francese è presente da oltre 15 anni, con una forza vendita in crescita che copre tutto il territorio. I clienti di Eurial sono a 360°: industria, food service, grossisti importatori, GDO, stagionatori, ai quali viene offerta un’ampia gamma di prodotti che spazia dalla Mozzarella ai formaggi surgelati in IQF, caprini o vaccini, stagionati o non stagionati, a dadini o a fette, di vari diametri e pesi.
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LAMBIC
Le famiglie birrarie ALE
N
on è facile diventare esperti di birre, trattandosi di un mondo non solo complesso, ma in continua evoluzione, tenuto conto anche dell’apporto dei tanti birrifici artigianali che hanno la possibilità di condurre esperimenti anche innovativi. Ma, dopo i tanti articoli fin qui apparsi in questa rivista, ci sembra utile porre un punto fermo, per aiutare quanti amano questa bevanda ad avere le idee chiare anche sulle loro scelte. E iniziamo approfondendo la conoscenza delle birre presenti sul mercato. Di solito la prima domanda che ci si pone è quella riguardante le varie tipologie esistenti e alla possibilità di poterle raccogliere in diverse categorie, così come accade nel vino con i rossi, i bianchi e i rosati. Un criterio utile per distinguere le diverse tipologie di birre è quello che fa riferimento alla fermentazione, distinguendola in bassa, alta e spontanea.
di Alfonso Del Forno
15°
27°
30°
LAGER
6°
Le birre di “bassa fermentazione” Sono caratterizzate dall’utilizzo di lieviti Saccharomyces Pastorianus (ex Carlsbergensis). Questi lieviti sono definiti di “bassa” perché a fine fermentazione, in generale, si depositano sul fondo del fermentatore, lavorando a temperature comprese tra i 6 e i 15 gradi centigradi. Le birre che appartengono a questa famiglia sono definite Lager, nome derivante dal fatto che tradizionalmente avevano una maturazione lunga in depositi (lager) utilizzati solo per questo scopo. Una caratteristica che
contraddistingue queste birre è l’utilizzo di acqua dolce, poco dura, con gradi francesi molto bassi, quindi poco residuo fisso e limitato contenuto di carbonati, solfati, cloruri e nitrati di calcio e magnesio. Queste caratteristiche dell’acqua permettono, insieme alla lunga maturazione a basse temperature, di avere birre molto pulite e semplici da bere. Le lager sono birre notoriamente associate alle produzioni tedesche, ma trovano terreno fertile in tutti i paesi dell’Europa centro-orientale.
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LA BIRRA
6°
Le birre di “alta fermentazione” sono definite così per il caratteristico affioramento dei lieviti nella parte alta dei fermentatori alla fine della fermentazione primaria. I lieviti di questa famiglia, i Saccharomyces Cerevisiae, hanno una fascia di temperatura di lavoro più alta rispetto ai lieviti di bassa, partendo da 15°C per arrivare fino ai 27°C e, in alcuni casi, anche oltre i 30°C. Poiché la fermentazione primaria avviene a temperature più alte, molti di questi lieviti sviluppano degli aromi, chiamati esteri, che caratterizzano il prodotto finito. Questa proprietà dei lieviti è presente in alcuni stili birrari, dove riusciamo a trovare un filo conduttore comune nelle produzioni di birrifici anche diversi tra loro. Le birre
15°
di “alta” sono comunemente identificate con l’appellativo di Ale, nelle varie declinazioni che spesso identificano la nazione in cui sono prodotte o le caratteristiche che le contraddistinguono. Tra queste abbiamo le English Pale Ale e le Belgian Strong Ale che identificano sicuramente il territorio (Inghilterra e Belgio) e poi alcune caratteristiche della birra: nel primo caso si evidenzia il colore più chiaro (pale), mentre nel secondo caso si esalta l’alto grado alcolico (strong). I paesi dove storicamente sono prodotte queste birre sono Regno Unito e Belgio, con alcune eccezioni nelle produzioni tedesche.
Le birre a fermentazione spontanea Le birre a fermentazione spontanea sono definite così perché non viene inoculato nessun lievito nel mosto, ma gli zuccheri presenti in esso vengono digeriti da lieviti selvaggi presenti nel birrificio o nei dintorni dello stesso. Oggi si produce questa tipologia di birra in una zona ben precisa del Belgio, il Pajottenland, una piccola area a sud-ovest di Bruxelles in cui sono presenti birrifici che producono il Lambic, la più rappresentativa tra le birre a fermentazione spontanea. Sono diverse decine le famiglie di lieviti selvaggi che fanno partire la fermentazione spontanea di un mosto e la combinazione di queste determina l’aroma e il gusto di queste birre, definite anche “acide”.
27°
Il viaggio tra le famiglie di birre, distinte per le diverse fermentazioni, e la possibilità di scoprirne anche le sovrapposizioni, ci permetterà ci conoscere da vicino le caratteriste delle singole birre, apprezzandone aroma, gusto e abbinamento al cibo. Non ci resta che assaggiarle. Cheers!
30° Illustrazioni di Antonella Manenti
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L’ Angolo del Vino
Barolo Docg Altenasso 2011 Azienda Agricola Cavalier Bartolomeo www.cavalierbartolomeo.com info@cavalierbartolomeo.com
CATEGORIA Rosso secco.
ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 4 Persistenza 4 Finezza 4 Armonia 4
ESAME ORGANOLETTICO
SAPORE Persistenza 4 Pienezza 5 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4
Limpidezza: limpido. Colore rubino con orlo granato. Profumo: abbastanza intenso, persistente e fine, con sentori di mirtillo e prugna nera giustamente maturi, e lievi di buccia d’arancia candita, mandorla secca, umori boschivi e boisè Sapore: asciutto, appena fresco ma sapido, molto caldo, ancora tannico, di buona struttura e persistenza con fondo tannico-amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttate, vegetali e speziate.
GRADIMENTO Ottimo 4
CONSIDERAZIONI Buono. Ottenuto da scelte uve Nebbiolo di vitigni di settant’anni situati nella vocata località Altenasso del comune di Castiglione Falletto. Vinificazione: le uve pigiadiraspate fermentano e macerano per circa venti giorni in botte d’acciaio inox a temperatura controllata. Maturazione del vino: oltre due anni in botte di rovere, seguiti da almeno un anno d’affinamento in bottiglia.
PUNTI TOTALI
50
di Virgilio Pronzati
Vitigno: Nebbiolo. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 231/14 - Fascetta Docg AAIX 05144637. Bottiglie prodotte: circa 8.500 - Prezzo medio in enoteca € 28,00. Conservazione: in cantina, in posizione coricata sui ripiani adibiti ai vini rossi di lungo affinamento, a una temperatura tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 10 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 18°C in calici leggermente panciuti e con stelo medio. Abbinamento: brasato al Barolo, lepre in çivet, cinghiale in umido e arrosto, bra stagionato.
/60
C
M
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CM
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CY
CMY
K
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L’ANGOLO DEL VINO
Barolo Docg San Lorenzo 2011
Barbaresco Docg Ausario 2012
Azienda Agricola Cavalier Bartolomeo
Agricola Molino
www.cavalierbartolomeo.com
www.molinovini.com
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ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 4 Persistenza 5 Finezza 4 Armonia 4 SAPORE Persistenza 4 Pienezza 4 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI
50
/60
CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Nebbiolo. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 231/14 - Fascetta Docg AAIX 05155788. Bottiglie prodotte: circa 1.200 - Prezzo medio in enoteca € 55,00. Conservazione: in cantina, in posizione coricata sui ripiani adibiti ai vini rossi di lungo affinamento, a una temperatura tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 10 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 18°C in calici leggermente panciuti e con stelo medio. Abbinamento: manzo stufato, brasato al Barolo, terrina di beccaccia, anatra arrosto, castelmagno stagionato.
ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore: rubino con orlo granato. Profumo: abbastanza intenso, persistente e fine, con sentori di mora di rovo, ribes nero e corbezzolo maturi, e lievi di rosa leggermente appassita, vegetale balsamico, liquirizia e pepe bianco. Sapore: asciutto, sufficientemente fresco, sapido, molto caldo, giustamente tannico, pieno ma snello, discretamente persistente con fondo piacevolmente amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttate, vegetali-balsamiche e speziate.
CONSIDERAZIONI Buono. Ottenuto da scelte uve Nebbiolo di vitigni dell’età media di quattordici anni situati nella vocata località San Lorenzo del comune di Barolo. Vinificazione: le uve pigiadiraspate fermentano per circa venti giorni in botte d’acciaio inox a temperatura controllata. Maturazione del vino: oltre due anni in botte di rovere, seguiti da almeno un anno d’affinamento in bottiglia.
ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 5 Persistenza 5 Finezza 4 Armonia 4 SAPORE Persistenza 4 Pienezza 4 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 5 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI
52
/60
CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Nebbiolo (Lampia). Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14%. Lotto: BA 01/16. Fascetta Docg AANL 05795904. Bottiglie prodotte: 1.800. Prezzo medio in enoteca € 33,00. Conservazione: in cantina, in posizione coricata sui ripiani adibiti ai vini rossi di medio-lungo affinamento, a una temperatura tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 4-5 anni. Evoluzione: quasi pronto. Servizio: mescere a 18°C in calici leggermente panciuti e con stelo medio. Abbinamento: taglierini col sugo di lepre, fagiano su crostone di polenta, coniglio ruspante al Barbaresco, filetto di vitello con funghi porcini, bra di 3-4 mesi.
ESAME ORGANOLETTICO Limpidezza: limpido. Colore rubino intenso e vivo. Profumo: intenso, persistente, fine, con sentori di mirtillo, mora e corbezzolo maturi, e lieve di umori boschivi balsamici, pepe nero, rabarbaro e boisé. Sapore: secco, abbastanza fresco, sapido, caldo, ancora giustamente tannico, pieno e persistente, con fondo astringente-amarognolo. Retrogusto: sapido, un po’ astringente, con note fruttate, vegetale-balsamiche e speziate.
CONSIDERAZIONI Molto buono. Ottenuto da scelte uve da vitigni di 46 anni della collina Ausario raccolte mature e fatte fermentare per circa due settimane in botte d’acciaio inox alla temperatura di 28-30°C. Segue una maturazione di oltre tre anni in botte di rovere e un buon affinamento in bottiglia.
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
QUESTIONE DI GUSTO
i o m a i d e i Ch e buoi n sa rodotti ni p entari m i l a iani l a t i uola
c S a l i l t e n d a t o t i i e p r m e o c c s o n o e c i r l a o f c i è r g a tesorientari del alim o Paese nostr
questione di gusto
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di Nives Piva
C
apita spesso, è capitato a me e sono certa anche a voi, di trovare nelle trattorie e nei ristoranti anche del nostro territorio dei prodotti arrivati da lontano, non perché più buoni di quelli prodotti da noi, ma perché meno costosi. Badare all’economia, a non sperperare, a non fare spese fuori luogo è una virtù molto apprezzabile, ma la salute e la soddisfazione dei commensali unite alla difesa e valorizzazione del nostro patrimonio agroalimentare dovrebbero essere considerati non solo il primo dovere ma la prima ambizione di ogni ristoratore. Eppure, se si getta lo sguardo oltre la sala da pranzo, nelle cucine e nei magazzini, quanti prodotti stranieri di incerta o vergognosa origine si trovano, a cominciare dal pane surgelato che arriva dai Balcani, dalla conserva di pomodoro e dai broccoli che arrivano dalla Cina, da arance, fragole e melagrane che arrivano dall’Egitto, dall’olio di palma considerato molto pericoloso, e altro ancora. L’elenco è piuttosto lungo, se si aggiungono anche le tante contraffazioni che gli organi istituzionali dello Stato perseguono senza tregua. Ma di aziende senza scrupoli ce ne sono tante.
Il bisogno di certezze Con una consapevolezza che è cresciuta nel tempo, gli italiani – ancora pochi, per la verità - hanno iniziato a leggere le etichette dei prodotti esposti negli scaffali dei supermercati e scartano quando ci capiscono poco o quando contengono coloranti (cioè composti chimici) non ben precisati o severamente proibiti, ad esempio, come il carbone vegetale in panificazione, pizze e grissini compresi o quando trovano fra gli ingredienti l’olio di palma che, per fortuna, i supermercati hanno quasi totalmente eliminato dai loro prodotti. C’è un forte bisogno di sapere, di conoscere ciò che si mangia, perché c’è ancora troppa porcheria in giro, perché le tante intolleranze e allergie cresciute negli ultimi tempi sono dovute anche a cibi che il corpo non riesce ad accettare. Per diecimila anni, da quando è nata l’agricoltura, e probabilmente da molto prima, ci cibiamo di cereali e fino a qualche decennio fa i semi dei cereali mietuti nelle nostre campagne potevano essere riseminati e così di seguito. Ora non più: i semi dei cereali che raccogliamo nei nostri campi sono quasi tutti sterili, perché così sono programmati dalle multinazionali. Ma sono accettati dal nostro corpo o sono causa delle moderne intolleranze?
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
QUESTIONE DI GUSTO
Il sano agroalimentare italiano L’invito a privilegiare, per quanto possibile, i prodotti agroalimentari italiani – italiani fin dal seme – diventa allora una necessità. Ed è anche per questo che molti mulini stanno promuovendo nel loro territorio il ritorno degli antichi grani italiani o dell’antico mais, quello precedente alla diffusione del mais delle multinazionali, cioè quello sterile. Questa rivista l’ha scritto altre volte da varie firme: abbiamo uno splendido grano Khorasan italiano, abbiamo il Saragolla, il Gentil Rosso e tanti altri e non servirebbe proprio ricorrere ai grani programmati dalle multinazionali. È vero che i nostri antichi grani producono meno quintali per ettaro, ma danno prodotti eccellenti e difendono la nostra salute. Un piccolo costo in più ci allunga la vita, e non è poco! Ecco quello che sarebbe doveroso insegnare nelle scuole fin dalle primarie e poi anno dopo anno fino alle superiori: l’Italia ha un patrimonio di prodotti di altissima qualità; va difeso e promosso e deve essere la base della nostra alimentazione, anche nei ristoranti e nelle trattorie. Ma se nessuno o pochi si preoccupano dell’educazione alimentare e lasciamo alle TV di farla, al posto di insegnare a mangiare meglio e più sano si insegna a inseguire le fantasie che fanno spettacolo e poi, come conseguenza, aumentano le allergie e le intolleranze. Credo sia dovere di tutti pensarci e, per primi ristoratori e cuochi, per garantire a quanti siedono nei ristoranti, nelle trattorie e nelle pizzerie italiane una cucina sana, buona, bella e godibile, nel segno di una tradizione antica che ci ha lasciato in eredità prodotti e piatti di insuperata qualità. C
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
IL TURISMO
Alla ricerca del bello lungo la penisola — Ci sono nuove interessanti forme di turismo culturale che vanno sostenute e valorizzate. —
L
e grandi città italiane continuano ad attirare un flusso crescente di turisti e spesso succede che risultano intasate, come si vede quasi ogni giorno a Venezia. È pur vero che tutti hanno diritto di vedere la straordinaria bellezza della città dei dogi, ma è altrettanto noto che Venezia è un museo diffuso e, come in tutti i musei, sarebbe doveroso pagare il biglietto che non risulterebbe certo inibitorio, ma aiuterebbe a migliorare l’accoglienza, la sicurezza e l’ospitalità.
Eppure ci sono in Italia, ovunque, in ogni regione, città e luoghi d’arte – impropriamente chiamati minori, ma solo rispetto ai grandi centri – che offrono altrettanta bellezza e ricchezza culturale e regalano ai turisti attenti un fascino inappagabile, ma sono meno conosciuti e, conseguentemente, meno visitati.
di Laura Nascimben
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
IL TURISMO Le città (minori) che lungo la Penisola regalano bellezza e fascino sono davvero molte, anche perché in esse l’ingegno degli abitanti si è mirabilmente fuso con la bellezza della natura.
Si pensi, per esempio, alle Cinque Terre in Liguria, luogo incantevole, patrimonio dell’umanità dell’Unesco: Qui, nel corso dei secoli, l’opera degli abitanti ha modellato il territorio costruendo i ben noti terrazzamenti sui declivi a mare, permettendo di utilizzare al meglio il terreno per finalità agricole e ottenendo in tal modo uno dei più belli e caratteristici paesaggi della Liguria, dove si respira aria buona, aria di libertà, mentre l’occhio spazia su panorami mozzafiato, allungandosi sulle pescose acque del mar Ligure.
In Lombardia, pur ricca di città e borghi attraenti, gioca un primato assoluto la città di Mantova che, assieme a Sabbioneta, fa parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. La città dei Gonzaga è uno dei centri più interessanti e preziosi del Rinascimento italiano e, quest’anno, “Capitale italiana della cultura”. A Mantova hanno lasciato le loro opere grandissimi artisti, come Andrea Mantegna e Giulio Romano e dall’estero arrivano molti turisti attratti dal fascino della struttura urbana, delle tante chiese, dei palazzi nobiliari e di una cucina fra le più interessanti d’Italia.
Nel Veneto molto ammirata è Asolo, la “città dai cento orizzonti” (così la definì Giosuè Carducci che ne era innamorato), con l’antica Rocca romana e il Castello della Regina Cornaro. Amata dalla grande attrice Eleonora Duse, da poeti come Robert Browning, musicisti come Francesco Malipiero e Igor Stravinskij, scrittori e letterati come Pietro Bembo ed Ernest Hemingway, esploratori come la scrittrice e viaggiatrice inglese Freya Stark, è ancor oggi una città a misura d’uomo, dove tutti si conoscono, dove l’arte è di casa, dove si mangia bene. Non lontano da Asolo ci sono Possagno, la patria di Antonio Canova con la sua Gipsoteca e Maser, con una delle più belle ville di Andrea Palladio. In questa parte di Veneto il paesaggio è straordinario, con le colline abbellite da ordinati filari di Prosecco, splendidi uliveti, e, a primavera, una straordinaria fioritura di ciliegi e poi borgate antiche, ville rinascimentali e, poco oltre, la grande ruga del Montello, protagonista della prima guerra mondiale.
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
IL TURISMO In Emilia Romagna i luoghi belli sono davvero molti, a cominciare da Ravenna, anch’essa patrimonio dell’umanità, sede degli ultimi imperatori romani, poi dei primi re cosiddetti barbari, quindi dell’Esarca bizantino, ultima propaggine in Italia dell’Impero Romano d’Oriente. A Ravenna merita fermarsi più giorni e sono da vedere e godere il Mausoleo di Galla Placidia, il Battistero degli Ortodossi, il Battistero degli Ariani, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, la Cappella di Sant’Andrea, il Mausoleo di Teoderico, la Basilica di San Vitale e la Basilica di Sant’Apollinare in Classe. E poi ci sono altri siti di interesse artistico e archeologico che contribuiscono alla ricostruzione dell’antica storia della città, come la Domus dei Tappeti di Pietra e l’Antico Porto di Classe. E c’è la tomba del sommo poeta Dante Alighieri. In questa regione ogni città grande e piccola ha stupendi tesori da mostrare al turista che cerca la bellezza. Da Rimini a Faenza, da Ferrara col possente castello dei duchi d’Este a Modena, a Fidenza, tappa obbligata lungo la via Francigena, da SantArcangelo di Romagna a Sarsina, c’è di chi perdersi, attratti dai richiami dell’arte e della cultura. E poi i luoghi di Giuseppe Verdi da Roncole a Busseto e poi i paesi della Bassa, come Brescello, reso famoso da Giovanni Guareschi e il non vasto territorio dove nasce lo stupendo “culatello”, uno dei vertici sommi dell’arte gastronomica italiana, da Polesine Parmense, a Soragna, Zibello, Roccabianca, Colorno, tutti luoghi che hanno da offrire molto altro, come l’Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense, la Reggia dei Farnese a Colorno, ora Alta Scuola di Cucina, diretta da Gualtiero Marchesi, il Castello e l’antica Sinagoga ebraica a Soragna.
In Friuli Venezia Giulia, oltre a Trieste, città stupenda che mostra per intero la cultura urbanistica asburgica con l’esplosione del liberty, con Piazza Libertà d’Italia, una delle più belle piazze che danno sul mare, ci sono Gorizia, città autenticamente mitteleuropea che ha tutto per ridiventare autorevole punto d’incontro delle tante cultura dell’Europa; Cividale del Friuli, primo ducato longobardo in Italia col suo Mittelfest, dedicato alla musica, alla prosa, alla danza; San Daniele del Friuli, altro luogo di grande fascino culturale e artistico, anche se la sua fama nel mondo è dovuta soprattutto ai suoi buonissimi prosciutti.
Ci siamo limitati a pochi e veloci accenni relativi ad alcune città e cittadine del Nord Italia – ma il nostro viaggio continuerà per far vedere come siano tantissime, fino all’estremo Sud della penisola, le località che regalano bellezza e che meritano di essere visitate – convinti che se l’impegno sia pubblico che privato si farà sempre più consapevole del valore di tanti tesori incastonati ovunque in Italia il turismo non si concentrerà quasi solo, come ora avviene, nelle grandi città ma s’espanderà in tutto il territorio, portando ovunque beneficio e aria nuova, facendo conoscere, prima agli italiani e quindi agli stranieri che l’Italia è davvero un enorme scrigno di bellezze che affascina quanti hanno la gioia d’esplorarlo, uno scrigno che attende solo d’essere scoperto.
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ago—set 2016
pizza e pasta italiana
NOVITÀ DALLE AZIENDE
Gi.Metal Srl Via Croce Rossa 1 - 51037 Montale (PT) inform@gimetal.it Tel.: +39 0573 1943680 www.gimetal.it
IL NUOVO CATALOGO GI.METAL E TUTTE LE NOVITÀ 2016 Il 2016 segna per Gi.Metal un traguardo importante: 30 anni di attività (1986-2016) nel settore Ho.Re.Ca., caratterizzati dalla produzione di strumenti professionali destinati ai maestri pizzaioli.
Durante questi anni Gi.Metal ha conosciuto anni di crescita e continui miglioramenti che le hanno permesso di essere oggi l'azienda che è: moderna, strutturata, con due filiali internazionali, negli Stati Uniti e in Brasile, modello gestionale e d'impresa che celebra il Made in Italy e lo esporta con orgoglio in tutto il mondo. In questo anno così significativo Gi.Metal introduce il Nuovo Catalogo 2016, ricco di interessanti Novità. In questo numero Gi.Metal vi propone due nuovi prodotti del suo catalogo COLTELLO SPECIALE INOX Un coltello sagomato progettato per rendere più facile e scorrevole il taglio della pizza.Eccellente su teglia, vassoio, cartone, tagliere. Lama 14 cm in acciaio inox temperato riaffilabile. Codice Art. AC-CLP.
ROTELLE PIZZA PROFESSIONALI DUE ROTELLE DIVERSE: UNA PER IL TAGLIO E UNA PER IL PRETAGLIO. La prima (Codice Art. AC-ROP6) permette un taglio netto e senza sforzo, grazie all'estrema scorrevolezza della lama, e al manico ergonomico. La seconda (Codice Art. AC-ROP7) è ideale per la consegna di pizze da asporto: incide la pizza senza staccare completamente gli spicchi, evitando la sovrapposizione degli stessi e perdite di condimento durante il trasporto. Lama inox temperato smontabile e riaffilabile. La comoda impugnatura è adatta anche alle mani più piccole, rendendo ogni movimento agile e confortevole.
Trovate tutte le novità Gi.Metal nello shop online http://www.gimetal.it/shop/index.ph e nel Nuovo Catalogo 2016, consultabile e scaricabile su: http://www.gimetal.it/catalogo.php .
Ventidue Srl Via M. G. Babolin, 13 - 35024 Bovolenta (PD) Tel. +39 049 5855295 - Fax. +39 049 9774133 www.ventiduegroup.com
Basta davvero poco per dare ad un locale un nuovo volto, in linea con le stagioni o le festività, sono infatti i dettagli che fanno la differenza. Questi ed altri plus li offre Ventidue azienda specializzata nella produzione di tovaglioli e tovaglie monouso per la ristorazione professionale. Grazie all’ampia gamma di design e colori, Ventidue sviluppa e propone collezioni che rispondono alle più esigenti tendenze del mercato. Ventidue realizza tutti i suoi prodotti con un particolare tessuto non tessuto dotato di particolare morbidezza, resistenza e capacità di assorbimento in grado di eguagliare la qualità tessile. Tutto è puntato su innovazione e ricerca per
offrire un servizio al cliente sempre al top. Ventidue propone inoltre la linea “BIO PRODUCT” con diverse collezioni e varianti colori di tovagliato “biodegradabile e compostabile”, pensata per un prodotto a “zero impatto ambientale”, rispondente alle normative UNI EN 13432:2000 e UNI EN 14995:2007. Ventidue è un’Azienda certificata UNI EN ISO 9001:2008.
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ago—Set 2016
pizza e pasta italiana
DA OLBIA A PARMA
IL CAMPIONE MONDIALE 2016 DELLA “PIZZA IN TEGLIA” È GIUSEPPE LAPOLLA di Caterina Orlandi
dal campionato mondiale della pizza
G
iuseppe Lapolla a soli trent’anni sta inanellando una vittoria dopo l’altra, dalla categoria senza glutine primato conquistato nel 2015 al Campionato Mondiale della pizza, al Giropizza d’Europa, tutte gare organizzate da questa Rivista. I titoli che conquista anno dopo anno parlano da soli, ma il campione di Budduso, provincia Olbia-Tempio, porta in sé tutta l’umiltà e la grandezza del popolo sardo. Questo straordinario ed eclettico campione non si ferma unicamente alla pizza da degustazione ma ha anche vinto, sempre al Campionato Mondiale della Pizza, tenutosi a Parma ad aprile scorso, nella categoria Free Style, stile libero e un suo video è diventati virale con più di 7 milioni di visualizzazioni da tutto il mondo. Questo è il potere della pizza, se alle spalle c’è un vero campione. Giuseppe lavora da anni nella pizzeria Da Serafino di proprietà di Serafino Berlini a Canniggione, nota alcova della Costa Smeralda situata nel comune di Arzachena. Il proprietario, Serafino, a 75 anni lavora ancora in pizzeria ed è il braccio destro di Giuseppe.
Il nostro eccellente pizzaiolo propone tutte le pizze con cui ha vinto i suoi numerosi titoli e nella Lista della pizzeria sono indicate sotto il titolo di Pizze Stellate. In pizzeria Giuseppe utilizza prodotti della zona, come quelli utilizzati per la pizza in teglia realizzata al mondiale. Nella Pizzeria da Serafino si fanno sia pizze normali, tra cui classica, pala e teglia che pizze senza glutine, altra ricetta dove Giuseppe eccelle. Nel suo locale c’è un’area dedicata solo alla pizza senza glutine così come un forno riservato alla delicata cottura nonché alla manipolazione di questo impasto privo di glutine, per le persone che seguono una dieta celiaca, ma anche per quanti vogliono gustare questo suo piatto. È stato chiesto a Giuseppe cosa lo rende così abile, dal momento che un tal numero di vittorie importanti deve avere una spiegazione, un qualche importante comun denominatore.
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Giuseppe mi guarda e non risponde, perché gli ingredienti che impiega sono gli stessi di tanti suoi colleghi. Ma una risposta c’è ed è l’umiltà, la perizia nell’osservare i grandi e la spinta, il desiderio a provare e proporre ciò che ha imparato e portato a casa, non solo dal punto di vista del saper fare la pizza, perché conta molto anche tenere perfettamente pulito il luogo di lavoro, le attrezzature, il forno e soprattutto la persona che lavora davanti al forno e quelle che lavorano in sala perché l’immagine che il pizzaiolo dà ai clienti racconta anche la qualità del suo lavoro e la sua professionalità. E se proprio gli si chiede di definirsi, Giuseppe Lapolla afferma che gli piacerebbe essere considerato un tecnico di pizzeria, in altre parole un pizzaiolo e questo è quello che deve essere, perché il banco di prova è ogni giorno il locale e i clienti che si portano a casa un ricordo, che merita di essere sempre positivo.
Ricetta —
La ricetta proposta da Giuseppe Lapolla IMPASTO: Farina nazionale 00’ Preimpasto 24 ore con rinfresco quindi portato a maturazione Idratazione 100% Lievito fresco (compresso) FARCITURA: Mozzarella fior di latte Porcino reale sardo delle montagne dell’entroterra della Sardegna cotto sotto vuoto a bassa temperatura, condito con pepe, sale e olio evo Salsiccia fresca artigianale In uscita scaglie di Parmigiano Reggiano Giuseppe ha pensato anche di abbinare un vino della sua terra: Zurria, Azienda Vitivinicola Masone Mannu, Isola dei Nuraghi IGT
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giu—lug 2016
pizza e pasta italiana
DA SARZANA A PARMA
FEDERICO DE SILVESTRI: A TU PER TU COL CAMPIONE MONDIALE 2016 DELLA CATEGORIA “GLUTEN FREE”.
di Patrizio Carrer
dal campionato mondiale della pizza
F
ederico De Silvestri, di Grezzana in provincia di Verona è stato il vincitore della categoria “Pizza senza Glutine” dell’edizione 2016 del Campionato Mondiale della Pizza. Un premio ambito ed importante, ma non unico, De Silvestri, infatti, si è aggiudicato altri importanti riconoscimenti durante la manifestazione tenutasi a Parma lo scorso aprile, facendo letteralmente collezione di premi. Federico ha infatti conquistato il podio più alto per il premio speciale “Aceto Balsamico di Modena IGP”, il 2° posto nella gara di Pizza Thriatlon, il 3° posto nella gara di pizza in Pala e infine ancora il gradino più alto nel podio per il migliore Pizza Team, la squadra “Mani in Pasta” composta da Gianni di Lella, Luca Nanni, Yuri Passerini, Ernesto e Sara Palmieri e appunto Federico De Silvestri. Una cinquina di podi che premia l’impegno di questo bravo pizzaiolo.
Federico De Silvestri è sposato e padre di due figli, Thomas e Aurora, e la sua storia professionale è caratterizzata da una continua crescita professionale: nel 2009 comincia a frequentare il primo corso per pizzaioli e due anni dopo apre a Sarzana ( La Spezia) la sua prima pizzeria d’asporto. Da qui comincia un lungo percorso di gare e di attività che portano De Silvestri tra l’Olimpo dei pizzaioli. Quando apre a Verona la pizzeria–focacceria Quattrocento, Federico, decide dei mettere a frutto la sua esperienza, proponendo non solo pizza classica, ma anche focacce, pizze in pala e soprattutto gluten free. Una scelta coraggiosa, perché nel locale di Federico la disponibilità di impasti senza glutine è costante. “Alla pizzeria focacceria Quattrocento” dice con orgoglio Federico “ nessuno
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deve preoccuparsi di prenotare la pizza senza glutine, quando viene la trova sempre. […] Avere una zona dedicata alla pizza gluten free è impegnativo e costoso, ma dà grandi soddisfazioni. Purtroppo c’è ancora poca sensibilità per questo tipo di problema”. L’impegno è una costante nell’esperienza professionale di Federico: “All’inizio, quando ho incominciato a cimentarmi con gli impasti del senza glutine, ho trovato enormi difficoltà’: dalla ricerca delle materie prime, al rischio di contaminazione durante la lavorazione dell’impasto. Ho superato queste difficoltà impegnandomi a fondo nella ricerca di nuovi prodotti e con un occhio di riguardo importante alle normative igienico - sanitarie e garantendo sempre un ambiente incontaminato”.
Ricetta —
La ricetta proposta da Giuseppe Lapolla IMPASTO: mix fatto da Federico con farina di riso, farina di mais, farina di grano saraceno integrale bio, sale ,olio extravergine di Oliva del Garda, certificato Vegano e patata Viola. FARCITURA: vellutata di porri, pomodorini del Piennolo rossi e gialli, strachicco (mozzarella vegana di riso) zucchine grigliate fresche e glassa di aceto balsamico di Modena IGP.
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giu—lug 2016
pizza e pasta italiana
IL CAMPIONE 2016 DELLA PIZZA PIÙ VELOCE:
GIOVANNI VECCHIESSO di Caterina Orlandi
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hiarano è un piccolo comune in provincia di Treviso, attraversato da un ramo residuo del fiume Piave, denominato Piavon e costellato da numerose ville venete fatte erigere nel lontano passato dal patriziato veneziano. Fra queste, non lontano dal centro, ci sono due ville importanti: Villa Zeno, accanto alla chiesa, appartenuta ad una delle più importanti famiglie dogali veneziane e Villa Benzon-Piovesana, sia in via Benzona, dove d’estate arrivava in villeggiatura la nobildonna Marina Querini Benzon, la celebre “Biondina in gondoleta”, nota soprattutto per i suoi amori e la sua vita sentimentale molto tumultuosa. Oggi quell’antico correr di cavalieri e cicisbei in villa Benzon non c’è più; il paese è calmo e tranquillo; c’è comunque un importante panificio, dove un bravo artigiano sperimenta nuove farine puntando a prodotti di altissima qualità; ci sono le solite osterie (oggi dette “bar”, con parola latina); ottimi produttori di vino e poco altro. E, nel poco altro di importante, c’è sicuramente Giovanni Vecchiesso che a Parma è diventato Campione Mondiale dei Pizzaioli più veloci. Giovanni di soli
29 anni ha imparto questa abilità lavorando sempre prevalentemente da solo dovendo soddisfare molti clienti velocemente, specie durante le stagioni estive in località molto frequentate di mare. Attualmente lavora a Fossalta Maggiore, vivace frazione del comune di Chiarano, presso la trattoria pizzeria Leon di proprietà di Gianluca Cecchetto e Tiziana Gava. Dall’esperienza del Campionato Mondiale della Pizza ha imparato molto, vedendo i colleghi più esperti e sperimentando con successo anche la professione di cuoco. Dopo la prestigiosa vittoria conquistata a Parma, Giovanni vuole aumentare i suoi saperi professionali e già in pizzeria utilizza prodotti di alta gamma, dalle farine agli impasti agli ingredienti per la farcitura. Il Concorso relativo alla Pizza più veloce consiste nell’allargare il più velocemente possibile n. 5 (cinque) dischi di pasta, forniti dall’Organizzazione, del peso di grammi 200 l’uno, al via del giudice di gara. Il disco dovrà coprire completamente le apposite retine di controllo di cm. 30 di diametro e Giovanni Vecchiesso è risultato il più bravo di tutti, fregiandosi del titolo di Campione Mondiale di specialità per il 2016.
La fiamma del gas dolce come la legna
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Il nuovo Drago Six a sei fiamme variabili si inserisce al top di gamma fra la più ampia offerta di bruciatori a gas atmosferici specifici per il riscaldamento dei forni, che fin dal 1960 si distinguono per le innovative qualità tecnico costruttive della Avanzini Bruciatori srl di Parma. Il Drago Six con la sua pratica manopola è la naturale evoluzione del Drago a due fiamme conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo perché è l’unico che sostituisce in modo superlativo il tradizionale riscaldamento a legna. Riassumendo le caratteristiche del Drago restano B AS SE E invariate in quanto è luminoso è invisibile è silenzioM O I IC G so è indistruttibile e garantisce il rendimento più elevato oggi in commercio come da prove di consumo effettuate presso la ns. clientela. Il Drago Six permette di impostare la temperatura di lavoro desiderata sulla centralina Drago Control ma oltre alla prima fiamma indipendente e regolabile che mantiene stabilmente il forno in temperatura, dà la possibilità al pizzaiolo di impostare la DE
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forza variabile delle sei fiamme per fare fronte alle
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mutevoli richieste di calore nell’arco della giornata lavorativa, semplicemente ruotando una manopola. Perché lo sappiamo che l’esperienza e l’occhio del pizzaiolo esperto riconosce la forza della fiamma necessaria al suo forno, in quel momento, per esaltare al massimo la cottura del proprio impasto, per offrire la pizza migliore alla propria clientela, ed il nuovo DRAGO
DRAGO CONTROL AUTOMATICO
SIX in questo non ha rivali.
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pizza e pasta italiana
SPONSOR CAMPIONATO
gli sponsor campionato mondiale della pizza 2016
Castelliforni
Per la prima volta l’azienda romana produttrice di forni elettrici Castelli partecipa come sponsor al Campionato del Mondiale della pizza. Il marchio Castelliforni è sinonimo di innovazione tecnologica e tradizione artigianale, concetti che esprimono efficacemente l’identità dell’azienda, specializzata nella produzione di forni professionali per pizzeria, e pasticceria. Valido esempio dell’eccellenza imprenditoriale italiana, con oltre cinquant’anni di attività ha acquisito un ruolo prestigioso nella produzione di forni, affermandosi sia in ambito nazionale che internazionale. Nasce a Roma negli anni ‘70, avviata dal fondatore Guido Castelli che, applicando la propria esperienza ed alcune valide soluzioni tecniche, riesce a realizzare il suo primo modello di forno, dando inizio ad una intensa storia professionale costellata di ambizioni, scelte impegnative e importanti traguardi, fino alla creazione di un’impresa solida, competitiva e con una di significativa capacità produttiva. La continuità dell’azienda è oggi garantita dalla guida dei figli che ormai da anni si impegnano a condurre, con la stessa serietà e passione, l’impresa paterna. L’intero ciclo della filiera produttiva si sviluppa all’interno dell’azienda, dalla progettazione alla costruzione, dall’assemblaggio al collaudo, fino all’installazione e all’assistenza tecnica. I materiali e la componentistica sono accuratamente selezionati e sottoposti a rigorosi controlli di conformità agli standard qualitativi.
Tutti i forni sono progettati per rispondere con alte prestazioni ai più diversi contesti operativi, garantendo nel tempo efficienza, robustezza e affidabilità. Ogni modello previsto nella produzione di serie può essere realizzato in dimensioni e con caratteristiche funzionali conformate alle specifiche necessità del cliente. Per offrire una risposta completa alle molteplici esigenze degli operatori, la gamma dei forni è integrata con un ampio assortimento selezionato di macchinari, attrezzature in acciaio inox, impianti professionali e soluzioni di arredamenti integrati per il food e la ristorazione. Le consistenti risorse investite dalla nostra azienda in ricerca ed innovazione sono finalizzate a mantenere elevato lo standard di qualità che contraddistingue ogni singolo forno prodotto nel nostro stabilimento, rendendolo unico ed inimitabile, capace di sostenere qualsiasi confronto, come peraltro ci viene testimoniato dal consenso di una clientela sempre più ampia e qualificata. Il titolare dell’azienda Castelliforni, Elio Castelli, dice sull’evento: “L’edizione 2016 del Campionato Mondiale della Pizza è stata un evento di grandissimo spessore, occasione irrinunciabile che ha messo in luce a livello internazionale i professionisti del settore della pizza, una categoria sempre più consolidata e in continua crescita all’interno del panorama del food. Per la nostra azienda è stato un vero piacere partecipare come sponsor tecnico dopo qualche anno di assenza, proprio per questo, più di altri, possiamo affermare che abbiamo avuto modo di constatare organizzazione, efficienza straordinaria e notevole partecipazione sia di concorrenti che di pubblico. Questa magnifica manifestazione ha offerto alla Castelliforni una buona occasione di visibilità, oltre ad una gradita opportunità di nuovi e vecchi incontri soddisfacendo pienamente le nostre aspettative”
sopra
Il titolare dell’azienda Elio Castelli con Heinz Beck
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QUANDO UN LAVORO DIVENTA UN CAPOLAVORO Quello del pizzaiolo è un lavoro fatto di gesti e tante piccole attenzioni che in GI.METAL seguiamo con scrupolo da trent’anni. La cura del pizzaiolo è la nostra passione, per questo progettiamo e realizziamo in Italia gli strumenti più efficienti, robusti ed ergonomici: questo è il nostro contributo perché la pizza continui a confermarsi un capolavoro del gusto riconosciuto in tutto il mondo.
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SPONSOR CAMPIONATO
PizzaMaster
Per il primo anno l’azienda di forni svedese partecipa come sponsor al Campionato Mondiale della pizza. Bakepartner è un azienda presente da ormai 20 anni sul mercato, con una quota di mercato in costante crescita. Nasce in Svezia nel 1992, paese in grado di garantire prodotti unici, affidabili, di assoluta qualità e robustezza senza tralasciare l’importanza del prezzo finale del prodotto. L’amministratore di Bakerspartner, Christer Andersson dice sull’evento:
Export Manager Pizzamaster Elisabeth Zickert con Heinz Beck
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Gi.Metal
Per la prima volta l’azienda toscana specialista nelle attrezzature e minuterie per la pizzeria ha preso parte come sponsor al Campionato Mondiale della pizza. La Gi.Metal produce ed idea l’intera gamma dei loro prodotti in Italia, con materiali nobili, leggere e di facile gestione. Oltre alla gamma di minuteria attorno alla pizza come pale, rotelle, caccia pizza l’azienda è specializzata anche in carrelli per la ristorazione. L’amministratore dell’azienda Marco D’Annibale dice sull’evento:
“Partecipare, per la prima volta, come sponsor al Campionato Mondiale della pizza a Parma è stata, per la nostra azienda, un’esperienza straordinaria: vedere riuniti ed incontrare i migliori professionisti del settore provenienti da ogni angolo d’Italia e da molti paesi stranieri, sentirli scambiare saluti calorosi ed esperienze e
non ultimo vederli utilizzare con soddisfazione i nostri forni, è stato veramente emozionante. A Parma si è potuto chiaramente percepire che la tradizione, l’innovazione e la creatività, camminano “mano nella nano”, senza prevaricare l’uno o l’altro, con l’unica finalità di soddisfare un mondo sempre più esigente in termini di qualità, materia prima, “allergie” e gusto. PizzaMaster partecipa a tante iniziative internazionali di alto livello ma qui abbiamo percepito, da parte sia degli organizzatori, sia degli altri sponsor, sia dei partecipanti, una cura ed un rispetto speciale per questo tesoro italiano; siamo quindi orgogliosi di contribuire nel diffondere questa cultura ed il mondo che le gravita attorno, in tutto il mondo.”
“Quest’anno Gi.Metal ha partecipato per la prima volta come sponsor del Campionato Mondiale della Pizza di Parma. Manifestazione di grande interesse che rappresenta una grande opportunità di visibilità per i pizzaioli che vogliono ottenere riconoscimenti, come per le aziende che producono prodotti intorno alla pizza, proprio come noi. Produciamo da 30 anni pale per pizza e accessori per il mondo Ho.Re.Ca. con passione e un’attenzione particolare alle esigenze dei pizzaioli a livello mondiale. Esigenze che sono cambiate nel corso del tempo e alle quali abbiamo cercato puntualmente di dare risposte, producendo accessori studiati per facilitare ciascun pizzaiolo, attraverso l’uso di prodotti di qualità che garantiscono un lavoro più efficiente e con il minimo sforzo. Il Campionato rappresenta uno spaccato di come il modo di “fare pizza” si sia evoluto nel corso degli anni, si sia raffinato, tanto che oggi la pizza è sinonimo di ricerca e alta cucina, con le sue alternative gourmet, gluten free, vegane ecc. Evoluzione che ha permesso di portare la cultura della vera pizza italiana al fuori dai confini nazionali, tanto che oggi è possibile mangiare un’ottima pizza italiana a New York come a Tokyo”. Marco D’Annibale, amministratore Gi.Metal con Heinz Beck
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SPONSOR CAMPIONATO
Bitburger
L’azienda tedesca Bitburger è stata per la prima volta sponsor al Campionato Mondiale della pizza. La Bitburger fu fondata nel 1817, ed è poi diventato uno dei maggiori produttori di birra privati della Germania. Tutte le sette generazioni che hanno gestito l’impresa di famiglia nel corso dei decenni hanno fatto affidamento sulla qualità e sull’innovazione per raggiungere una crescita continua e costante, senza dimenticare mai la passione e l’impegno a produrre la birra migliore. Sin dal 1516, anno in cui fu introdotto il Reinheitsgebot, legge tedesca per la purezza, in vigore nei birrifici della Germania per i secoli a venire, la birra tedesca è un prodotto naturale al 100%. Fattori determinanti per la qualità e il sapore di una birra sono una selezione attentissima degli ingredienti e la meticolosa cura nel processo di birrificazione. È questo il motivo per cui, ad esempio, il team per la qualità della Bitburger fa personalmente visita ai produttori nel periodo della raccolta per ispezionare il
luppolo utilizzato nella nostra birra premium. La maggior parte del luppolo amaro e aromatico di alta qualità utilizzato dalla Bitburger proviene dalla celebre regione dell’Hallertau in Baviera, la zona a monocoltura di luppolo più celebre al mondo. Nei prodotti Bitburger, inoltre, viene utilizzato il luppolo certificato, dal sapore unico, coltivato nella regione di Holsthum, nel distretto di Bitburg-Prüm, contiguo alla birreria. Soltanto questo può conferire alla Bitburger Premium Pils il suo sapore caratteristico e inconfondibile. L’export manager Martin Rederlecher dice sulla manifestazione: “La Bitburger è fiera di essere stata tra i main sponsor della kermesse unica nel suo genere in tutto il panorama mondiale; un evento che ha reso possibile a tutti i visitatori di ammirare dal vivo le creazioni dei concorrenti arrivati da ben 40 nazionie contribuire altresì con la loro professionalità a rendere il tutto una vetrina di prim’ordine per i nostri prodotti. Certi di voler collaborare ancora, arrivederci al 2017!”
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Export Manager Bitburger Paesi Mediterranei Martin Rederlecher con Heinz Beck
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Ritorna a Roma — Pabogel
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a gara che premia il migliore pizzaiolo d’Europa torna quest’anno a Roma, in occasione del salone internazionale dedicato all’accoglienza professionale. La manifestazione storicamente è aperta a tutti i pizzaioli di tutta Europa e come da tradizione ad aggiudicarsi il primo posto sarà il pizzaiolo che presenterà la migliore pizza fantasia rotonda, cotta su piano refrattario.
Tutti i pizzaioli partecipanti, cercheranno di rappresentare al meglio il mondo della pizza, visto che questo è un periodo cruciale, nel quale da un parte si sta tentando di far approvare la pizza come patrimonio dell’umanità e dall’altra dal punto di vista legislativo si è sulla buona strada per far approvare la professione di pizzaiolo.
Molti i premi speciali previsti per questa importante manifestazione oltre infatti al prestigioso riconoscimento va ricordato che i primi tre classificati accederanno di diritto alla Finalissima del Giropizza d’Europa 2017 e che ci sarà l’opportunità di utilizzare prodotti di altissimo livello e di qualità. Il regolamento della gara è disponibile sul sito www.pizzaepastaitaliana.it
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pizza e pasta italiana
Regolamento 1. Al Campionato Europeo della Pizza, organizzato da Pizza New Spa in collaborazione con la rivista “Pizza e Pasta Italiana”, possono partecipare tutti i pizzaioli/le appartenenti a qualsiasi Associazione di categoria, oppure a titolo personale o in rappresentanza della propria pizzeria che abbiano compiuto i 16 anni di età. Il concorrente iscritto non potrà prestare la propria collaborazione durante i giorni di gara e nell’area della manifestazione a favore di aziende sponsor. 2 La quota di iscrizione dovrà essere inviata tramite vaglia postale entro 2 giorni dall’iscrizione telefonica, pena l’annullamento della partecipazione, oppure tramite carta di credito. La quota di partecipazione corrisponde ad Euro 90,00 . Ogni iscrizione telefonica il cui pagamento sarà inviato in ritardo, sarà invalidata. In caso di mancata partecipazione, la quota d'iscrizione sarà restituita solo qualora ne venga data comunicazione all'Organizzazione 15 giorni prima dell'inizio della manifestazione. Non sono ammesse iscrizioni in loco presso lo stand nei giorni di manifestazione.
3. I concorrenti potranno indossare la divisa della propria associazione, o gruppo, oppure la divisa del proprio locale ma non potranno indossare marchi commerciali di qualsiasi genere o tipo ed insegne di aziende non presenti come sponsor al Campionato Europeo della Pizza. E’ comunque consigliato avere un copricapo ed una divisa adeguata. Potranno salire sul palco della premiazione solo i concorrenti in divisa da pizzaiolo privi di marchi commerciali di qualsiasi genere o tipo. 5. Il tema del Campionato Europeo della Pizza è "Pizza fantasia". Le pizze verranno giudicate da una Giuria qualificata in base a GUSTO e COTTURA. E’ ammessa alla valutazione dei giudici solo la pizza classica tonda al piatto, non dessert. 6. La gara si svolgerà su forni elettrici. 7. Ogni concorrente userà i propri prodotti. Un funzionario dell’Organizzazione sorveglierà affinché ciascun concorrente, finita la gara, tolga diligentemente dalla sala preparazione tutti i suoi
attrezzi, ingredienti e quant’altro di personale, e pulisca accuratamente lo spazio utilizzato. Chi non si atterrà a questa disposizione sarà squalificato senza possibilità di appello. 8. Al via del Giudice di Gara, il pizzaiolo preparerà la sua pizza, la cucinerà, la mostrerà alla Giuria sul proprio piatto di presentazione entro un tempo massimo di 15 minuti. Durante la gara il concorrente occuperà la propria postazione al forno e non potrà spostarsi finché la sua pizza non sarà pronta. La pizza verrà quindi tagliata a spicchi e data in assaggio alla Giuria. La pizza dovrà essere presentata direttamente dal concorrente, non sono ammessi aiutanti. Sarà possibile accompagnare la pizza con una bevanda appropriata ma sarà severamente vietato inserire utensili, posateria e quant’altro a preparazione dei tavoli delle giurie o offrire piccoli omaggi e ricordi alla Giuria, pena la squalifica. 9. I giudici attribuiranno alla pizza un punteggio che va da 1 a 100 rispettivamente per ciascuna delle qualità richieste, ovvero
Gusto e Cottura. I voti dati da ogni giudice verranno sommati e il totale matematico determinerà la posizione in classifica. 10. Il giudizio della Giuria è inappellabile. 11. L’Organizzazione si riserva di apportare eventuali modifiche di carattere logistico-organizzativo al fine di garantire al meglio lo svolgimento delle gare. 12. La classifica ed i punteggi saranno resi noti al pubblico al fine delle gare e tutti potranno chiedere di visionare la loro scheda di votazione, dopo la fine del Campionato, presso la sede dell’Organizzazione a Caorle (VE) - Italia. 13. L’Organizzazione si riserva in esclusiva i diritti pubblicitari e d’immagine riguardanti i partecipanti di ciascuna categoria di gare per un anno e l’utilizzo senza limiti del materiale fotografico, video e quant’altro senza nulla dovere ai partecipanti stessi.
...si riparte da Bochum in Germania. 2016 | 2017
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itorna la gara itinerante di pizza più famosa d’Europa, le gare sono tenute nelle più importanti fiere del settore, per cercare la migliore pizza della casa. Il Giropizza d’Europa parte dalla cittadina tedesca di Bochum, con il German Pizza Trophy, valido anche per la Finalissima del Giropizza 2016/12017, e proseguirà in Italia con la fiera Tecno&Food di Padova, il 21 di novembre. A vincere sarà la migliore “pizza della casa”, stesa farcita e cotta al momento, su forno elettrico. Non saranno ammes-
se pizze in teglia, focacce, pizze in pala, pizze ripiene, panzerotti, pizze fritte, pizze dolci. La valutazione della giuria si baserà sul gusto e sulla cottura della pizza, e terrà anche conto della capacità professionale nel tener pulita l’area di lavoro e del rispetto nei confronti degli altri partecipanti. Il rispetto tassativo dei tempi previsti ( 15 min di tempo per realizzare la pizza) e l’utilizzo approvato delle attrezzature messe a disposizione dello staff. Impasti ed ingredienti dovranno essere portati direttamente dal con-
corrente, compresi eventuali utensili extra, che lo stesso riterrà necessari. La partecipazione al Giropizza è esclusiva per pizzeria, per cui può partecipare un solo concorrente per punto vendita. E’ possibile iscriversi una sola volta all’edizione del Giropizza in corso e la mancata partecipazione ad una tappa – senza adeguato preavviso – comporta l’esclusione dalla competizione. Eventuali richieste di cambiamento della tappa precedentemente scelta saranno prese in considerazione dallo staff, solo se adeguatamente motivate per iscritto dal concorrente.
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COME ISCRIVERSI AL GIROPIZZA? Le iscrizioni come sempre vanno confermate telefonicamente, chiamando lo 0421 83148 ed inviando via fax – 0421 81007 - o via mail – redazione@pizzaepastaitaliana.it il coupon di iscrizione che si trova nel giornale. Il regolamento come sempre premia i primi 10 classificati di ogni tappa, che accederanno di diritto alla Finalissima.
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Per partecipare ad una tappa del Giropizza: Da inviare almeno 20 giorni prima della data della tappa scelta e telefonare al numero 0421.83.148 per avere conferma dell'iscrizione avvenuta. Nome /Name /Nom .................................................................. Cognome /Surname /Prénom........................................................................... Tel. - Cell. /Phone number /Numero de telephone........................................................ E-mail.......................................................................... — Pizzeria /Name of the Pizzeria /Nom de Pizzeria............................................................................................................................................... Indirizzo /Address /Adresse................................................................................................................................................................................... Località /Town /Lieu............................................................................................................................................................................................... Cap /Post-code /Code Postal.......................................................................................... Provincia /District /Province.................................... Tel. /Phone number /Numero de telephone................................................................. E-mail...........................................................................
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ricetta della pizza della casa /pizza recipe / pizza du chef Nome della pizza /Pizza name /Nom de Pizza .................................................................................................................................................... Ingredienti /Ingredients /Ingrédients ................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................
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ono aperte le iscrizioni per la prima edizione dell’European Gluten Free Pizza Trophy, la prima competizione europea di pizza senza glutine, organizzata dalla rivista Pizza e Pasta Italiana. La manifestazione si svolgerà a Rimini, lunedi 21 novembre, in occasione di Gluten Free Expo ( 19 – 22 novembre presso Rimini Fiera). La gara è aperta a tutti i pizzaioli d’Italia e di Europa. Per partecipare è sufficiente iscriversi chiamando il numero +39 0421 83148 oppure richiedere la domanda di partecipazione via mail a redazione@ pizzaepastaitaliana.it. Giunto alla 2° edizione, il trofeo europeo di Pizza senza Glutine, è riservato a tutti i pizzaioli che propongono nel proprio locale l’alternativa glutenfree. Tutti i pizzaioli sono invitati a partecipare, proponendo la propria pizza senza glutine, in ottemperanza con il regolamento della gara che sarà disponibile sul sito internet della rivista e scaricando l’applicazione digitale di Pizza e Pasta Italiana. La competizione è organizzata in collaborazione con Gluten Free Expo, il salone internazionale dedicato all’alimentazione
e ai servizi per la ristorazione senza glutine, e si pone l’obbiettivo di sensibilizzare gli operatori del settore nei confronti di questa intolleranza alimentare, e di proporre attraverso una competizione di cucina, soluzioni e innovazioni per i ristoranti e le pizzerie. Inoltre, dopo il successo della scorsa edizione, è confermata anche il premio speciale della giuria “F.lli Beretta”: lo storico salumificio lombardo metterà a disposizione salumi e insaccati gluten free per tutti i concorrenti in gara. Alla migliore pizza senza glutine con prodotti Beretta, verrà fornito un ulteriore premio speciale. Per info e regolamenti vi invitiamo a visitare il nostro sito www.pizzaepastaitaliana.it e ad iscrivervi al nostro servizio di newsletter, per tutti gli aggiornamenti sulla gara.
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Pomodoro sulla pizza: meglio crudo o cotto?? ancor meglio se cotto! Ma quale salsa al pomodoro non contiene un po’ di olio di oliva extravergine? Un’accoppiata vincente non solo di gusto ma anche di benessere. Infatti l’olio extravergine di oliva non solo facilita l’assorbimento del licopene, ma la vitamina E in esso contenuto ne potenzia l’azione anti-tumorale. Una pizza che non è solo buona ma fa anche bene! Scopri come dall’incontro tra il mondo della Culinary Nutrition e il mondo della pizza possa nascere un nuovo modo di fare la pizza, che diventa non solo buona ma anche
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Lo sapevi che, se la salsa di pomodoro viene precedentemente cotta prima di essere aggiunta alla pizza, può essere più efficace di una crema antirughe? Il responsabile è una sostanza contenuta nel pomodoro chiamata licopene, uno dei più potenti antiossidanti che combattono i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento. Ma non tutti i pomodori sono uguali! Infatti la cottura prolungata del pomodoro spezza il licopene in parti più piccole, e lo rende quindi maggiormente attivo, aumentando il suo potere antiossidante. Pomodoro sulla pizza si.. ma
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Corso Pizza e Benessere DA SETTEMBRE 2016
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Il corso si sviluppa in 3 moduli della durata di 3 giorni al mese. Le lezioni si terranno dalle 9.00 alle 18.00. modulo 1: Settembre 2016 Le caratteristiche della pizza del benessere: la Culinary Nutrition e la dieta mediterranea in evoluzione, focus sugli impasti: maggiore digeribilità e minore impatto glicemico. modulo 2: Ottobre 2016
I metodi per aumentare il contenuto di vitamine e ridurre il valore calorico della pizza. La farcitura: più vitamine, meno sale. modulo 3: Novembre 2016 Cotture sicure, antiossidanti e focus sul fritto: la pizza gourmet diventa antiaging
docenti Chiara Manzi: Culinary Nutritionist e Presidente di Art Joins Nutrition Academy, laureata in Nutrizione Umana e Dietetica presso l’Università di Navarra. È presidente dell’ASSIC, Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina. Fabio Sebastiani: Master Istruttore PFC della Scuola Italiana Pizzaioli il cui responsabile tecnico è Graziano Bertuzzo. Fabio Sebastiani è il primo istruttore della scuola ad aver completato il percorso Master in Culinary Nutrition. metodologia didattica
Il 50% delle ore è dedicato alla pratica in cucina. Il restante 50% è in aula per lo studio della nutrizione da applicare alla preparazione della pizza
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Come lo uso? Il lievito madre sarà uguale per qualsiasi prodotto intenderò produrre? Quale sarà la quantità adatta da utilizzare? Sostituisce completamente gli altri lieviti?
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Come lo conservo? Se lo produciamo o se troviamo chi ci dona un po’ di lievito naturale, dobbiamo però sapere in che modo condurlo e conservarlo, con che frequenza e modalità rinfrescarlo, con quali farine e secondo le modalità più adatte al prodotto finale che intendiamo realizzare, individuando e correggendone eventuali difetti.
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Come si produce? Apparentemente è semplice la preparazione di un nuovo lievito madre: basta impastare acqua con farina. Ottenere un buon lievito madre è tuttavia un processo complesso. Una corretta fermentazione è in grado di variare sensibilmente la qualità di un prodotto donando gusti e spunti olfattivi molto diversi. Il rischio di compromettere il lavoro di mesi è molto concreto per chi approccia per la prima volta la materia. Più facile è sicuramente lavorare un lievito recuperato da un collega, ma che gusto c’è?
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obiettivo del corso Formare e realizzare un nuovo concept di imprenditore pizzaiolo, che sappia porsi sul mercato con competenza tecnica e capacità organizzativa. Il metodo di insegnamento mira a coniugare spunti teorici ed applicazioni pratiche, in un’ottica di confronto con professionisti di fama nazionale ed internazionale.
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coordinamento e segreteria: Patrizio Carrer, Caterina Orlandi, Donatella Dorigo, Cristina Mandolin
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