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pizza e pasta italiana aprile | maggio
2020
la Tigella delizia modenese
di Caterina Vianello
C
i sono molti prodotti della tradizione gastronomica italiana le cui origini sono antichissime e che contemporaneamente sono difficili da circoscrivere ad un’area geografica definita, essendo – con piccole trasformazioni e variazioni – trasversali a molte regioni. A ciò si aggiunge poi il tentativo di risalire ad un’etimologia chiarificatrice, processo che si rivela spesso più articolato del previsto. Un buon esempio è rappresentato dalla tigella, eccellenza del modenese. Se può essere considerata una variante del pane-focaccia che ricorre in molte regioni e che è simile proprio nelle zone circostanti, dove si usano piada (provincia di Forlì) o testarolo e panigaccio (in Lunigiana), nel caso della tigella, la questione si complica prima di tutto per il nome, perché anche all’interno della medesima regione il prodotto è soggetto alla distinzione tra tigella o crescentina (in dialetto rispettivamente tigèla e cherscènta). In realtà si tratta della medesima specialità: la complicazione, in questo caso, all’origine poi della doppia terminologia deriva da uno scambio tra il prodotto in sé e lo strumento utilizzato per produrlo.