Pizza e Pasta Italiana

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n°7 LUG./AGO. '17




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lug —ago 2017

pizza e pasta italiana

AZIENDE Antico Molino Rosso

p. 2

As Group

p. 63

Barea

p. 39

CAD

p. 79

Caseificio Iovine

p. 11

Castelliforni

p. 9

Conserve Italia - Cirio

p. 67

Dr Schaer

p. 55

Eurochef

p.19

SOM 20 LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI:

Familia

p. 46

Farm Frites

p. 77

Forni Pavesi Rimini

p. 58

di Giampiero Rorato

Gi Metal

p. 91

Glutenfree Expo

p.59

8 PRIMA PAGINA

Host Milano

p. 95

Industria Alimentare Tanagrina

p. 25

La Torrente

p. 87

Latteria Montanari

p. 93

Lidia

p. 30

Linerit

p. 41

MAM - Eredi Malaguti

p. 33

Molino Agugiaro e Figna - 5 Stagioni p. 23-83 Molino Pasini

p. 7

Molino Piantoni

p. 15

Molino Polselli

p. 99

Molino Rachello

p. 61

Molino Scoppettuolo

p. 70

Moretti Forni

p. 69

New Plast

p. 78

Novaltec

p. 45

Pepsi

p. 89

Pizza New

p. 35

Prontofresco Greci

p. 100

Refrattari Pavesi Modena

p. 27

Refrattari Regello - Valoriani

p. 51

6 EDITORIALE

10 TROFEO CAPUTO 12 — Pizza, cultura e agricoltura

di Caterina Vianello

di Giampiero Rorato

28 LA SCIENZA DELL'ALIMENTAZIONE

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della cucina mediterranea

36 LA STORIA DELLA PIZZA

— Anche la pizza ricerca i grani storici italiani di Giampiero Rorato

— La Dieta

Sacar Forni

p. 75

San Gabriel

p. 57

Sanfelici

p. 21

Sitta

p. 31

Smoki

p. 47

di Giampiero Rorato

Ventidue

p. 71

p. 3

— Il riso, il gioiello

di Marisa Cammarano

Mediterranea, più esaltata che adottata: ma è proprio vero?

Rispo

L’oro rosso dell’Italia, alla scoperta delle varietà di Pomodoro

42 IL TURISMO:

Le vacanze estive degli italiani di Giampiero Rorato


MARIO 60 — SANA Il salone del biologico a Bologna

48

80 —I vincitori del Campionato Mondiale della Pizza 2017 Biagio Mottola, il campione 2017 della Pizza in Teglia

IL DOLCE:

di Caterina Orlandi

di Patrizio Carrer

Estate, tempo di granite di Patrizio Carrer

52 — Angelo Silvestrini, l'ambasciatore della pizza nel mondo di Caterina Orlandi

64

— La pizzeria

“ Da Ezio” di Dennis Lovatel di Patrizio Carrer

72 QUESTIONE

84 —I vincitori del Campionato Mondiale della Pizza 2017 Tancredi Parentignoti, il vincitore 2017 del Trofeo Heinz Beck, i primi piatti in pizzeria di Patrizio Carrer

88 — I partner della manifestazione: Castelli Forni, Lilly Codroipo, Latteria Montanari, GI Metal

DI GUSTO

— Conoscere per acquistare

56 di Caterina Orlandi

di Nives Piva

76 — Ritorna il Campionato Europeo della pizza

96 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI

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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

L'

estate è esplosa fin dalle ultime settimane di maggio aprendo le spiagge dei nostri mari a uno straordinario turismo balneare nel quale s’intrecciano tutte le lingue d’Europa. E in questi mesi si capisce molto bene cosa dovrebbe essere il Mediterraneo per l’Europa: il mare delle vacanze in territori d’inimmaginabile bellezza – Grecia, Italia, Spagna - ricchi di storia, di tesori archeologici, di preziosi musei, di paesaggi stupendi, di cucine da favola e di uomini e donne generosi e accoglienti. Ma da qualche tempo il Mediterraneo è anche, purtroppo, il mare attraversato da centinaia di miglia di persone – uomini, donne, bambini - in fuga dalla fame, dalla miseria, dalle guerre, dalle dittatura, dalla schiavitù e, per molti, è diventata e diventa la tomba. Noi vorremmo – e chi non lo vorrebbe? – che questi mesi regalassero al turismo internazionale che sceglie l’Italia un periodo di gioiosa serenità, lontano dai problemi quotidiani, capace di ritemprare il corpo e lo spirito. E vorremmo anche che rappresentassero un momento forte per la ristorazione delle aree turistiche, capace di riequilibrare i bilanci di tanti ristoratori e di tanti pizzaioli. Ma, anche se questo avviene, ci sono problemi di così grande rilevanza che siamo tutti costretti a riflettere su quanto sta avvenendo attorno a noi. Il mondo cambia velocemente e dobbiamo prepararci ad affrontare con idee nuove e nuovi strumenti il futuro nostro e dei nostri figli e nipoti. E credo che lo strumento più importante che abbiamo a disposizione e che ancora non abbiamo pienamente fatto nostro sia un’Europa forte, unita, autonoma. Ce lo hanno detti i “grandi” del mondo riuniti nella splendidissima Taormina, ce lo ha ripetuto il presidente degli USA invitando gli europei ad arrangiarsi. Se l’Europa si rende conto che unita è più forte, più capace di risolvere i suoi problemi, in grado di garantire maggior benessere ai propri cittadini possiamo guardare con fiducia al domani. Ed anche fermare nei Paesi d’origine le grandi migrazioni, per ridare al Mediterraneo il suo vero ruolo che è quello di un grande mare che unisce, mare di traffici e di commerci, mare del benessere e delle vacanze.

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura

COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Caterina Orlandi

edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXVIII - n.7 Luglio/Agosto 2017

AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada), Valeria Vairo (Buongiorno Italia).

Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ Patrizio Carrer, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin

ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA

REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo e Paola Dus

PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE

di Andrea Rubele

ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia

STAMPA MEDIAGRAF S.p.A.

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pizza e pasta italiana

PRIMA PAGINA di Patrizio Carrer

McCain lancia i nuovi appetizer per il food service

Accoglienza, in Italia più di 320 mila punti ristoro

Q

uesto andamento positivo nel mondo del fuoricasa è sostenuto anche dalla nascita di nuove occasioni di consumo. Anche il comportamento e le abitudini del consumatore moderno, sempre alla ricerca di nuovi momenti di condivisione ed “esperienza”, confermano l’evoluzione di uno scenario ricco di molteplici opportunità di business. E’ con grande piacere che McCain punta i riflettori sulla gamma Appetizer, che si arricchisce di ben cinque nuove referenze: i Mini Fagottini, avvolti in un rivestimento di pasta croccante, disponibili in due versioni: al Formaggio, con base di filante formaggio Gouda, saporito e stuzzicante Formaggio & Erbe, dal morbido cuore di crema di formaggio e gusto fresco e delicato, le Cheese Balls, giocose palline croccanti a base di formaggio dalla piacevole consistenza vellutata, i Bocconcini Pomodoro & Mozzarella, deliziosi snack croccanti a base di riso al pomodoro, con cuore di mozzarella filante e i Bocconcini di pollo & Chili dolce, a base di filetto di pollo che sorprendono al morso grazie al delizioso ripieno di salsa Chili dolce. I nuovi Appetizer McCain vanno ad arricchire il già esistente ventaglio di soluzioni che si declina nelle tre gamme: Cheese, Veggie e Meat Pickers’.

Arriva Bubala, la birra di bufala

È

stata presentata a Caserta "Bubala", la prima birra con siero di latte proveniente dalla lavorazione della Mozzarella di bufala campana Dop. L'evento si è tenuto nella "casa" dell'eccellenza campana, la sede del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop presso le Reali Cavallerizze della Reggia di Caserta. Bubala è una birra "milk stout style", ossia ad alta fermentazione alla quale viene aggiunto il lattosio. Nel caso di Bubala si è sfruttato il lattosio naturalmente presente nel siero di latte di bufala campana proveniente da caseifici aderenti al consorzio di tutela; la birra presenta un colore ebano e dalla schiuma compatta di color nocciola chiaro. Al naso si avvertono le note tostate tipiche dei malti scuri utilizzati, i sentori erbacei del luppolo rimangono sullo sfondo. Al gusto si avverte un bouquet complesso di sapori che vanno dalla nota maltata e tostata, derivante dalla base dei grani, ai sentori erbacei del luppolo. Sullo sfondo si percepisce la nota dolce e sapida del siero di latte di bufala. Deciso l'amaro sul finale.

C

on ben 325mila imprese che fatturano 51 miliardi di euro l'anno, l'Italia è prima al mondo per densità di punti ristoro e autentica ambasciatrice dello stile di vita italiano basato sul bello, ben fatto e buono, grazie ai valori di autenticità e rispetto delle tradizioni che esprime. E' questo il ruolo chiave dell'ospitalità italiana secondo i risultati della ricerca Ristorazione, lusso e territorio: Drivers dell'italian way of living, promossa da HostMilano, la rassegna di Fiera Milano leader mondiale nel settore Hospitality, e condotta da Magda Antonioli Direttrice del Master in Economia del Turismo dell'Università Bocconi, e Sara Bricchi, Ricercatrice MET Bocconi. Nel contesto europeo l'ospitalità italiana riveste un ruolo di primo piano. Con circa 51 miliardi di euro nel 2014, di cui il 40% riconducibile ai soli ristoranti, le imprese italiane rappresentano da sole quasi un settimo di tutto il fatturato del settore nella Ue-28 (375 miliardi) e più di un decimo di tutto il valore aggiunto (18 miliardi di euro su 152), il 37,4% dovuto ai ristoranti. La regione che concentra più ristoranti è la Lombardia (15,4%) seguita da Lazio (10,9%) e Campania (9,4%), podio che si ripete anche nello street food: guida la Lombardia (13,9%) tallonata sempre da Lazio (11,3%) e Campania (9,3%). Anche nel fuori casa, come nell'imprenditoria italiana in generale, dominano le pmi: il numero medio di dipendenti è 5,6 per un totale di 376 mila occupati. Secondo la ricerca, infine, Milano sarebbe la città con una concentrazione elevata di ristoranti di qualità.


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pizza e pasta italiana

Napoli Pizza Village e Campionato Mondiale dei Pizzaiuoli, i podi e i vincitori.

S.T.G. (Specialità Tradizional e Garantita) – Trofeo Caputo 1)Michele Leo (2285) Pizzeria Il Brigante - Venosa (qui in foto) 2)Franco D’Elia (2120) 3)Gennaro Piccolo (2100) Pizza Classica 1)Ivan De Leva (2340) 2)Antonio Mezzero (2180) 3)Giancarlo Schiano (2150) Pizza di Stagione 1)Angelo Ranieri (2280) 2)Seob Kim Kung (2125) 3)Attilio Albachiara (2110) Pizza in teglia 1)Vincenzo Gagliardi (2120) 2) Francesco Catapano (1820) 3)Claudio Bono (1780)

È

del Sud, un lucano di Venosa, il nuovo Campione del Mondo dei Pizzaiuoli. A lui è andato il riconoscimento più ambito, quello del Trofeo Caputo, quest’anno alla XVI edizione, che premia la migliore pizza S.T.G., Specialità Tradizionale Garantita. Michele Leo, 52 anni, un vita spesa in questo mestiere cercando sempre di migliorarsi. Ha iniziato come pizzaiolo in Germania, quando aveva solo 18 anni e lavorava in una pizzeria di Stoccarda, per poi tornare nella sua terra dove, circa dieci anni fa, ha aperto una pizzeria, “Il Brigante”, in provincia di Potenza. Si è sempre messo in gioco, partecipando a gare e competizioni, in Italia e all’estero, e portando a casa sempre ottimi risultati. “Oggi è il più bel giorno della mia vita” ha dichiarato “corono un sogno e dico grazie. Il mio impegno sarà quello di continuare nella ricerca dei prodotti puntando ai migliori del mio territorio, la Basilicata.” Al secondo posto si è qualificato Franco Delia, mentre sul terzo gradino del podio della categoria più prestigiosa, troviamo Gennaro Piccolo. Per Antimo Caputo, Ad del Mulino Caputo, il vero successo di

Pizza a Metro/Pala 1) Francesco De Ceglia (2205) 2) Claudio Misurata (2110) 3) Vincenzo Oliva (1990) questo campionato è la diffusione che ormai sta avvenendo in molte parti del mondo dell’arte napoletana della pizza. La maestria dei pizzaiuoli, la loro capacità di selezionare materie prime d’eccellenza e di utilizzare tecniche e saperi antichi sta diventando patrimonio di tantissimi Paesi. “E’ stato un lungo lavoro, direi anche molto impegnativo, condotto in tutti questi anni in sinergia con l’APN: Associazione Pizzaiuoli Napoletani, presieduta da Sergio Miccù, ma la nostra soddisfazione è che siamo riusciti a raggiungere un livello eccellente in molte pizzerie in tutto il globo. Uno degli obiettivi del Campionato e del “Napoli Pizza Village” è di suggerire ai consumatori e agli appassionati i criteri per saper riconoscere gli ingredienti di qualità, attraverso le ricette e i segreti dei grandi pizzaioli” Le gare si sono svolte in simultanea su 6 forni ai quali si sono alternati, nel corso di oltre 1200 competizione, i 600 partecipanti, per la prima volta, da quest’anno, tra le categorie di gara c’era anche la Pizza fritta; regina della specialità è stata incoronata la napoletana Teresa Iorio, già campionessa del mondo nel 2015.

Pizza senza Glutine 1)Salvatore LIoniello 82125) 2)Giuseppe Langella (2060) 3)Marco Quintili (2055) Pizza fritta 1)Teresa Iorio (2070) 2)Isabella De Cham (2045) 3)Pasquale Guedi (1990) Categoria juniores 1)Aniello Sorrentino (1985) 2)Antonio Fiore (1740) 3)Ciro Piccolo (1720) Pizza più larga 1)Eros Segato Pizza più veloce 1)Simone Fortunato Pizza free style 1)Francesco Canò Coppa Rossopomodoro 1)Gennaro Piccolo 2)Ferdinando Percoco 3)Giuseppe Salvatore



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Pizza, cultura e agricoltura LA RISTORAZIONE ITALIANA NON PUÒ PRESCINDERE DALL’AGRICOLTURA ITALIANA E DEVE ESSERE ALTA ESPRESSIONE DI CIVILTÀ. di Giampiero Rorato


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I

n Italia, tuttavia, si è ancora legati all’artigianalità, al pizzaiolo che ogni volta crea pizze originali, modificando le farce secondo le stagioni, il suo gusto e le richieste dei clienti. Abbiamo dedicato gran parte del numero di giugno al Campionato Mondiale della Pizza, l’evento in assoluto più importante per i pizzaioli d’ogni continente. E l’abbiamo presentato – e continuiamo anche in questo numero – per le tante stupende gare che si sono svolte e che hanno mostrato come la pizza, nata in Italia e perfezionatasi tra la fine dell’Ottocento e gli anni successivi alla seconda guerra mondiale, sia diventata ormai da tempo un patrimonio dell’intera umanità. Ma abbiamo, sempre nel numero di giugno, mostrato

l’altro aspetto molto importante, anche se a volte non sufficientemente capito e valorizzato, del Campionato del Mondo: il suo messaggio culturale. Non c’è dubbio che la pizza è certamente un ottimo alimento, ma è anche un elemento della nostra civiltà contemporanea perché da diversi decenni migliaia di pizzaioli attivi nel mondo stanno studiando grani, farine, impasti, farce non solo e non tanto per attirare clienti quanto per preparare questo piatto secondo i più seri dettami salutistici, oggi molto sentiti e richiesti dai consumatori. Credo che proprio la pizza sia il piatto che sta subendo più innovazione nella direzione di una alimentazione salutistica, cosa che spesso non avviene nella ristorazione d’élite dove più frequentemente si cerca di sbalordire il cliente, di emozionarlo per l’estetica del piatto, per i profumi, i gusti e i sapori, più che per il corretto equilibrio delle componenti nutritive: proteine, lipidi, glucidi e per il giusto apporto di vitamine e minerali. La crescente attenzione alle materie di base – farine, mozzarella, pomodoro, ortaggi di stagione, altri ingredienti – sta caratterizzando sempre più il mondo della pizza, ben al di là delle tante offerte dei rappresentanti di commercio, attraverso una ricerca personale di seri prodsuttori. E, proprio in relazione alle farine, i grandi mulini stanno da tempo rinnovando i propri prodotti, attingendo sempre più ai grani antichi e ai grani storici italiani e questo perché i pizzaioli stanno ormai chiedendo più farine da grani storici italiani. Rispondere a queste nuove richieste non è però facile. I grani storici italiani rappresentano una piccolissima percentuale del fabbisogno italiano, per cui, oltre a importare frumento da semina dall’estero, l’Italia importa circa il 60 per cento del grano da macinare per rispondere alle richieste dei mulini, dei pastifici, dei forni artigiani, ecc.


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pizza e pasta italiana

RIPENSARE L’AGRICOLTURA I dati relativi al 2016, secondo un recente rapporto Istat, ci dicono che in Italia il reddito agricolo è mediamente diminuito del 0,4 per cento rispetto all’anno precedente. In Italia è diminuito addirittura dell’8,3 per cento (in Danimarca addirittura del 24%), mentre è cresciuto in Romania (+29,1%), in Olanda (+8,0%), in Germania (+5,8%) e in Spagna (+4,4%). La performance dei vari comparti pone comunque l’Italia tra i primi tre paesi europei per produzione agricola e l’ortofrutticolo, il vitivinicolo e l’olivicolo costituiscono i principali settori dell’agricoltura italiana. Molto bene, dunque, per quanto riguarda la frutta, gli ortaggi, il vino e l’olio d’oliva, ma solo l’ortofrutta e il vino ci danno un saldo commerciale attivo. Di olio ne produciamo solo il 40% del fabbisogno interno, il resto ci arriva dall’estero, soprattutto dalla Spagna.

Anche per quanto riguarda i cereali, salvo il riso, dobbiamo comprarne enormi quantità dall’estero, per il frumento, infatti, all’Italia manca il 60 per cento del fabbisogno interno. Occorre dunque ripensare l’agricoltura, favorire una maggior produzione di frumento italiano storico: il costo di 100 g di pane confezionato con farina di grano storico italiano è leggermente superiore al costo del pane prodotto con frumento d’importazione, ma la qualità, la bontà, il benessere che regala all’organismo sono infinitamente superiori. Ecco settori dove una seria politica agricola italiana può intervenire: nell’aiutare soprattutto i giovani agricoltori a realizzare nuove aziende agricole nelle terre non utilizzate, producendo prodotti italiani di qualità, nel rispetto del paesaggio, del suolo e delle diverse vocazioni. Il fru-

mento, tipo Senatore Cappelli o Frassineto o Tuminia o Khorasan va coltivato dove il terreno è adatto, l’ulivo nelle colline, il nocciolo nelle aree vocate e così per altre produzioni, per garantire all’Italia non tanto l’autonomia produttiva – il commercio internazionale è fatto apposta per risolvere le carenze dei vari stati – ma la sicura qualità e bontà dei prodotti che servono per la nostra alimentazione. E proprio in questo sta una possibile e doverosa grande rinascita dell’agricoltura italiana, che ha già iniziato a mostrarsi in diverse zone d’Italia.


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La Dieta Mediterranea più esaltata che adottata: ma è proprio vero? Una

riflessione è

quanto mai necessaria

M

a è proprio vero che in Italia la dieta mediterranea è molto esaltata ma poco adottata? E un’altra domanda è doverosa: ma sappiamo tutti che cosa si intende per dieta mediterranea? Una definizione precisa non esiste, anche se in circolazione esistono molte tabelle, spesso pubblicate da aziende interessate. Sappiamo però che subito dopo l’ultima guerra mondiale, tra gli anni 50 e 60, l’epidemiologo e fisiologo statunitense Ancel Keys scoprì che gli abitanti di alcune aree mediterranee, in particolare l’Italia meridionale e la Grecia, si nutrivano di alimenti molto simili, in particolare ortaggi, legumi, frutta, pesce, carni bianche, pane e cereali. In pratica quelle popolazioni avevano a loro disposizione abbondanti alimenti di origine vegetale: frutta, verdura, ortaggi, pane e cereali (soprattutto integrali), patate, fagioli e altri legumi, noci, semi freschi, al naturale, di stagione, di origine locale; frutta fresca come dessert giornaliero; dolci contenenti zuccheri raffinati o miele poche volte la settimana; olio di oliva come principale fonte di grassi; latticini (principalmente formaggi e yogurt) consumati giornalmente in modestamoderata quantità; pesce e pollame consumato in quantità modesta-moderata; da zero a quattro uova la settimana; carni rosse in modesta quantità; vino consumato in quantità modesta-moderata, generalmente durante il pasto. Da allora è passato più di mezzo secolo, sono cambiati i costumi, la cultura, i rapporti con altre regioni e altre tradizioni, il tipo di lavoro, l’economia, i prodotti a disposizione, per cui anche le produzioni dell’Italia meridionale sono cambiate e alcuni prodotti sono diventi così importanti da entrare in altri mercati, come i vini, gli ortaggi, le frutta (si pensi agli agrumi), le mandorle di Avola, i pistacchi di Bronte, ecc.


di Giampiero Rorato


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pizza e pasta italiana

LA DIETA MEDITERRANEA

La dieta mediterranea oggi Quello che è rimasto delle indicazioni dell’americano Ancel Keys, degli olandesi Cornelis De Langel e Isidore Snapper, dello svedese Haqvin Malmros e della scrittrice inglese Elizabeth David sono dei principi alimentari, seguendo i quali si migliorano le aspettative di vita e si tengono lontane certe malattie come la cardiopatia ischemica, alcuni tipi di tumori, e altre malattie coronariche. Adattati all’oggi, i risultati degli insegnamenti di Ancel Keys e degli altri studiosi e diffusori della “dieta mediterranea” possono essere così indicati: non aver paura dei cereali (pasta riso pane) meglio se integrali; nutrirsi di frutta e verdura legate alla stagionalità; condire con dell’ottimo olio extravergine d’oliva e non con olio scadente e grassi di origine animale; mangiare più pesce che carne, mangiare latticini e formaggi moderatamente, evitando il più possibile le carni rosse e i salumi; bere pochi alcolici e comunque in modo moderato. Di prodotti disponibili ce n’è dunque in abbondanza, per cui è possibile nutrirsi rispettando queste indicazioni, al di là delle tante tabelle o diete di moda lanciate spesso da dei veri e propri furbastri. Resta comunque vero che i prodotti da far entrare in una dieta della salute devono essere sani, freschi e scelti in modo tale che l’organismo ricavi il massimo di benefici, quindi frutta e verdura devono variare, anche nei colori, per avere le vitamine e i minerali di cui il corpo ha bisogno. E va detto che da un po’ di tempo sta crescendo l’interesse per i prodotti sani, la frutta e la verdura di stagione, il pane del fornaio artigiano del paese o della borgata, l’olio extravergine prodotto in Italia con olive italiane, il formaggio di cui si conosce il produttore. E questo significa un ritorno ai prodotti del territorio e alla cucina della tradizione, naturalmente ingentilita, affinata, migliorata, comunque cucina di casa, come nei tempi passati, quando la maggioranza degli italiani viveva nei campi e dei prodotti della terra.

La pizza Fra i piatti più in linea con la dieta mediterranea c’è la pizza, per la ricchezza di cereali (la farina per il disco di pasta), meglio se integrali o comunque non farina tipo doppio zero, per la moderata presenza di latticini, la mozzarella (ma deve essere buona, seria, sana, di latte italiano e non di importazione cinese), per l’impiego degli ortaggi, a partire dal pomodoro (in molte parti si aggiungono ortaggi di stagione come radicchio d’inverno, asparagi a primavera, peperoni d’estate, ecc.), per la contenuta quantità di calorie. La pizza è il piatto italiano in assoluto più diffuso, per cui la dieta mediterranea si è diffusa ovunque, anche se non si conosce il nome di Ancel Keys e non c’è solo la pizza, poiché moltissime persone seguono normalmente una dieta (dieta significa modo di nutrirsi, non di digiunare) sana, secondo le linee della “dieta mediterranea”, attingendo a pane, pasta, riso, verdure dell’orto, formaggi magri, carni bianche e pesce, secondo i gusti e impiegano dell’ottimo olio extravergine come condimento. E anche questa è dieta mediterranea, come lo è la pizza.


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pizza e pasta italiana

LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Alla scoperta delle migliori varietà di Pomodoro l ’ o ro

L’

ro s s o

estate è la stagione che esalta e rende onore a uno degli ortaggi che rappresentano al meglio la cucina italiana e la sua storia. Parliamo del pomodoro, vero e proprio simbolo gastronomico e diventato quasi un’icona a tavola: un piatto di pasta al pomodoro o una pizza Margherita hanno ormai abbandonato la cucina e sono diventati dei modelli esportati in tutto il mondo, spesso con scarsa consapevolezza e abilità, in alcuni casi fortunati realizzati invece in modo eccellente.

d e l l ’ i ta l i a

Oltre ai tipi più noti – e purtroppo imitati, a danno del consumatore e dei produttori onesti - la penisola offre molte varietà quasi sconosciute: ecco allora una breve carrellata di uno dei prodotti di punta della nostra tradizione, che dall’America centrale ha saputo vincere un’iniziale diffidenza in Europa (era inizialmente una pianta ornamentale), trovando la sua dimora d’elezione nel Centro e nel Sud Italia, dove condizioni climatiche e caratteristiche del suolo hanno dato vita a veri e propri gioielli di gusto.

di Caterina Vianello


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LE ECCELLENZE

Pomodoro di San Marzano

AGROALIMENTARI

dell’Agro Sarnese-Nocerino dop Il nome deriva dal comune omonimo sul Sarno (Salerno) ma la coltivazione si estende su buona parte delle province di Salerno, Avellino e Napoli. È quello che si presta meglio alla produzione di pelati e concentrato. Anche se è ottimo consumato fresco o in conserva: il merito è della polpa, compatta e carnosa, poco acquosa e con pochi semi. Il colore è rosso uniforme, mentre la forma è inconfondibile, allungata e

a parallelepipedo. Anche in questo caso la combinazione di caratteristiche pedologiche e climatiche sono fondamentali: i terreni caldi del Vesuvio - dell’Agro Sarnese-Nocerino - molto profondi, soffici, con buona quantità di fosforo e potassio, la ricchezza d’acqua e la benefica influenza del mare che rende scarse le escursioni termiche, rendono unico il San Marzano, ormai simbolo stesso dell’industria conserviera italiana.

Pomodoro di Siccagno Presidio Slow Food, è prodotto nella valle del Belìce (provincie di Caltanissetta e Palermo). Estati caldissime e asciutte e inverni miti e terreni ricchi di potassio ne fanno un prodotto molto ricco sotto il profilo organolettico e nutrizionale. La forma è allungata con l’apice a punta, ed è molto saporito e dolce. In passato raccolta e trasformazione erano eventi che coinvolgevano tutta la famiglia: i pomodori si raccoglievano durante il giorno e si lavoravano a sera. Una parte era messa da parte come conserva, il resto era destinato a fare il concentrato: per fare l’astrattu si lasciava essiccare al sole la passata su tavole in legno (maìdde). I bambini si occupavano della rigirata (arriminata), cioè di mescolare continuamente, mentre al tramonto si faceva la “arricugghiuta”: si appallottolava cioè con le mani unte d’olio e si metteva in grandi orci o si conservava nella carta oleata.

Pomodoro di Pachino igp La zona di produzione comprende l’intero territorio comunale di Pachino e Portopalo di Capo Passero e parte dei territori di Noto (provincia di Siracusa) e Ispica (provincia di Ragusa). Un territorio caratterizzato da temperature elevate, la vicinanza al mare - capace di determinare una mitigazione del clima e una scarsa frequenza di gelate – oltre alla qualità dell’acqua di irrigazione, sono gli elementi che hanno permesso lo sviluppo delle peculiari qualità organolettiche del pomodoro siciliano. Polpa soda, cavità placentare piccola, elevato contenuto zuccherino sono le caratteristiche principali. E’ opportuno tuttavia fare un po’ di chiarezza per il bene dei consumatori: la denominazione “pomodoro di Pachino” si riferisce ai frutti coltivati nel territorio di riferimento. Se di solito si è portati a identificare il Pachino con il ciliegino, in realtà l’Igp comprende molte varietà: il costoluto, quello a grappolo e il tondo liscio. Se si tratta di una conferma relativa all’influenza territoriale sulla qualità del prodotto è anche una conoscenza in più che permette di scegliere in modo consapevole e di non farsi ingannare. Non tutti i ciliegini sono di Pachino, insomma, né il “Pachino” è solo il pomodoro ciliegino.


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LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Pomodoro del Piennolo dop Forma ovale e leggermente allungata, apice appuntito, forza di attaccatura al peduncolo e, su tutto, una buccia molto spessa e consistente: ecco il Pomodoro del Piennolo. Dal bel colore rosso vivo e dal sapore dolce, la sua bontà è merito anche in questo caso dalla ricchezza dei suoli del cono vesuviano, che ne determina pure l’alta concentrazione di zuccheri. La particolarità di questa varietà è la notevole capacità di conservazione, che ne ha determinato l’affermazione colturale: in passato, infatti, c’era la necessità di poter disporre nei mesi invernali di pomodoro allo stato fresco per poter preparare i piatti tradizionali. Peculiare è il modo di conservazione: i pomodori vengono legati a grappoli da conservare lungo l’inverno. Le prescrizioni in merito sono precise: i grappoli o “schiocche”, una volta raccolti, vengono sistemati su un filo di fibra vegetale, legato a cerchio, così da comporre un unico grande grappolo, o “piennolo”, del peso, a termine conservazione, compreso fra kg 1 e 5. I piennoli, così ottenuti, vanno tenuti sospesi da terra mediante ganci o su idonei supporti, in luogo asciutto e ventilato. Le famiglie vesuviane sono solite preparare la tradizionale e secolare conserva tipica detta “a pacchetelle”: il pomodoro, non pelato, viene tagliato longitudinalmente in metà o in spicchi (o “filetti”) e conservato in vaso di vetro.

Pomodoro Regina di Torre Canne L’area di produzione è quella di Fasano e Ostuni (provincia di Brindisi). Il nome deriva dalle caratteristiche del peduncolo, che crescendo assume la forma di una coroncina. Piccolo e tondeggiante, ha buccia piuttosto spessa, caratteristica dovuta all’acqua salmastra con la quale si irrigano gli orti vicini al mare. La coltivazione risale alla metà dell’800, quando sostituì il cotone: fino ad allora al pomodoro si riservava una minima parte dei terreni. Se la coltivazione del cotone è ormai scomparsa, di esso rima-

ne tuttavia traccia nell’uso di qualche pianta, che serve alla produzione di cordicelle per intrecciare le ramasole, i mazzi di pomodori da conserva. Una parte della produzione viene venduta fresca, il resto è riposto in cassette dove subisce un appassimento fino all’inizio di settembre, quando il cotone è pronto per la filatura. A questo punto i pomodorini, legati per il peduncolo con il filo di cotone a formare le ramasole, sono appesi alle volte delle masserie e si conservano fino alla fine del mese di aprile dell’anno successivo.

Pomodoro di Belmonte Caratteristica evidente di questo pomodoro calabrese sono le dimensioni, che possono superare il kg. Le colline che declinano verso il mare e che proteggono dal freddo e dal vento le colture, il clima mite e il sottosuolo ricco di sostanze nutritive, sono alcune caratteristiche del territorio che agevolano una coltura ormai radicata e che ha origine all’inizio del XX secolo. Dal colore tendente al rosato, si presenta in due diverse tipologie, il “Cuore di Bue” e il “Gigante”. Se il primo è già più noto, degno di nota è il secondo, che ha la forma tipica del pomodoro insalataro, con una pezzatura notevole arrivando a pesare anche a 1/1,5 kg.


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LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Pomodoro Costoluto

Pomodoro Camone Ha forma tondeggiante e colore rosso-arancio che vira al verde scuro in prossimità del picciolo. Introdotto a metà degli anni Ottanta nel sud della Sardegna per la sua resistenza ad alcune fitopatologie che attaccavano le coltivazioni di pomodoro in serra, il Camone è ora diffuso in varie regioni italiane, con punte di eccellenza appunto in Sardegna e in Piemonte, dove è tutelato e garantito dal sigillo Kamonio®. Il gusto è unico, caratterizzato da alto livello di acidità combinato a un elevato tenore in zuccheri: è destinato al consumo in insalata, capace di valorizzarne il sapore.

fiorentino o Grinzoso Coltivato in Toscana, deve il nome alle pareti delle costole che rientrano di molto all’interno del frutto. Può essere utilizzato sia in insalata che nella preparazione di sughi, previa scottatura e rimozione della pelle, che è piuttosto spessa. La polpa è soda, con pochi semi e poca acqua: omogenea e abbastanza consistente, è molto rossa, succosa, saporita e aromatica.

Pomodoro Spagnoletta Coltivato tra Gaeta e Formia, è caratterizzato da una forte sapidità dovuta all’acqua di irrigazione e dal terreno sabbioso su cui cresce. Ha forma costoluta o a spicchi, è piuttosto piccolo e acquoso, con un sapore agrodolce, che lo vede particolarmente indicato per il consumo in insalata. La sua delicatezza, la minor resa rispetto ad altre varietà, il maggiore scarto dovuto al fatto che tende a marcire facilmente e la progressiva scomparsa di un certo modo di coltivare la terra hanno determinato un progressivo declino nella coltivazione

dello Spagnoletta. Le piante venivano spesso interrate tra una vite e l’altra: il contadino faceva così manutenzione ad entrambe le specie senza lavoro ulteriore e raccoglieva i pomodori a maggio senza quindi interferire con la crescita e la cura delle viti stesse. Inoltre, data la precocità della varietà, il terreno veniva concimato con la cenere che si ricavava abbondante dalla legna arsa per riscaldare le case durante i periodi freddi. La superficie totale attualmente coltivata risulta di circa 5 ettari, distribuita in numerosi e piccolissimi orti familiari.



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la scienza dell'alimentazione

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IL RISO, L GIOIELLO DELLA CUCINA MEDITERRANEA proprietà nutrizionali e benefiche; facciamo chiarezza.

e origini del riso non sono certe, si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre quindicimila anni fa lungo le pendici dell'Himalaya. Fu durante l'Impero Persiano che il riso si propagò verso l'Asia occidentale e poi si estese in altre direzioni. Il mondo classico mediterraneo conobbe questo cereale dopo la conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno. Anche se tutt'oggi resta un mistero come il riso sia arrivato in Occidente, si presume che la "Porta del pepe" di Alessandria d'Egitto possa essere stata il suo varco d'accesso. Orazio ricorda che nel mondo romano questo costoso prodotto, veniva utilizzato a scopi medicinali e non alimentari, contro i problemi intestinali, le intossicazioni, o come prodotto di bellezza della pelle. Erano gli speziali a vendere il riso, assieme a droghe o prodotti esotici d'importazione. E' presumibile che nel '400 una qualche coltivazione di riso era presente in Sicilia, portato dagli Arabi, quindi nel napoletano, in Toscana, nelle zone umide e lungo i torrenti dell'Appennino, e poi in Valle Padana. Dopo la metà del secolo venne proposta una preparazione che rappresentava un tratto di unione fra l'uso medievale del riso sotto forma di farina e il suo uso moderno come pietanza a sé.

Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

Il riso veniva anche chiamato il "tesoro delle paludi", perché era in questo tipo di terreni che prosperava, necessitando nell'epoca della germinazione dell'acqua per difendersi dalle basse temperature notturne. A fine XV sec. la coltivazione risicola "sfondò" al nord Italia, ed esattamente in Lombardia e Piemonte, nell'area dell'attuale vercellese, dove le prime risaie (definite mare a quadretti), furono impiantate ad opera di Ludovico il Moro e di suo fratello Galeazzo Sforza, che pensarono di sfruttare le frequenti inondazioni del Po per questa coltura. Nel Cinquecento il riso entrò al pari del mais, nella schiera dei nuovi alimenti con i quali placare la fame contadina. Fu probabilmente a causa di questa "nuova" immagine di cibo povero, che il riso non trovò particolare attenzione nei ricettari delle corti cinquecentesche. Durante il XVII sec. la coltivazione del riso conobbe un'involuzione sopratutto a causa di polemiche sull'igiene ambientale. I medici accusavano questo cereale di portare la malaria (la cui vera colpevole era la zanzara), cosicché i coltivatori venivano obbligati a tenere le risaie a sei miglia dai centri abitati, pena multa e galera. Il riso, alimento di facile digeribilità, tornò poi di nuovo in auge nel Settecento, conquistando per la prima volta nuove aree di coltivazione, come risposta alle gravi difficoltà alimentari popolari. Durante l'Ottocento il governo piemontese e Cavour promossero studi per sussidiare il territorio vercellese d'acqua, tanto che verso gli ultimi decenni di quel secolo venne aperto anche un canale intestato allo statista.

Il riso, una graminacea del genere Orzya, è il cereale più diffuso del mondo, alimento base per miliardi di persone. Il riso può essere coltivato a temperature e ad ambienti diversi: su terreni asciutti, semisommersi o sommersi. La coltivazione del riso in acqua è possibile poiché la pianta possiede dei canalicoli che consentono di trasportare l'aria dalla parte emersa a quella sommersa. In Italia, la maggiore produttrice europea di riso, viene coltivato semisommerso per garantire una temperatura e una umidità costanti. Le zone dove la risicoltura è applicata più intensamente sono quelle di Vercelli, Novara, Pavia e tra Verona e Mantova. La semina avviene in primavera ed il raccolto a fine ottobre. Un tempo le mondine si occupavano di estirpare le piante estranee (mondatura), oggi si utilizzano diserbanti. Il prodotto della coltivazione è il risone o riso grezzo, che viene subito essiccato per evitare lo sviluppo di muffe causato dalla elevata umidità. Con la pulitura vengono eliminate dal risone le sostanze estranee (terra, sassi, semi, ecc.). Segue la sbramatura, con la quale viene eliminata la lolla, la parte esterna del chicco costituita da glume e glumelle. Il prodotto ottenuto è il riso integrale. Con la sbiancatura i chicchi di riso vengono limati con l'azione ripetuta di macchine apposite, con lo scopo di eliminare le parti più esterne (pericarpo, germe, endosperma, strato aleuronico). Durante questa fase i chicchi vengono selezionati, e quelli piccoli e difettosi vengono eliminati. Il prodotto può essere venduto come tale o trattato con talco e glucosio (brillatura), o con oli insapori e inodori (vasellina). Questi trattamenti sono prettamente estetici, dunque sono inutili.


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

Il riso è e resta un alimento sano e nutriente. Fra le principali proprietà del riso c’è sicuramente la sua digeribilità a cui si associa l’elevato assorbimento a livello intestinale dei nutrienti contenuti. La componente glucidica del riso presenta, inoltre, un effetto regolatore sulla flora intestinale, tant’è che il riso in bianco si utilizza come adiuvante nella terapia dei disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale. Il riso, inoltre, possiede un aminoacido essenziale, la lisina, e proteine di buona qualità. Quanto alla componente lipidica, contiene soprattutto acidi grassi essenziali. Ha molto potassio e poco sodio ed è quindi un alimento indicato in chi soffre di ipertensione arteriosa. Il riso è privo di glutine e può quindi essere consumato anche da chi soffre di celiachia. Aiuta a eliminare il gonfiore; se integrale, combatte la stitichezza e ha un indice glicemico più basso rispetto a quello della pasta. Le proprietà nutrizionali del riso non sono affatto da sottovalutare, anche perché questo cibo è ricco di nutrienti molto importanti per il nostro organismo. Più del 90% è costituito dai carboidrati; le proteine rappresentano circa il 7,5% ed i grassi l’1,3%. Piuttosto significativa è la presenza limitata delle proteine. Il valore biologico del riso è, comunque, un po’ più alto rispetto a quello garantito dalle proteine del grano. Per queste sue caratteristiche il riso può essere consumato anche da chi soffre di patologie a carico dei reni e di fenilchetonuria, inoltre è consigliato a chi è ammalato di gotta. Può essere considerato a tutti gli effetti un alimento rinfrescante e disintossicante, in grado di eliminare il gonfiore intestinale. Se si consuma quello integrale, che è più ricco di fibre, può costituire un valido stimolo per l’evacuazione delle feci, nonostante il fatto che in generale ha degli effetti astringenti. Il riso, inoltre, riesce a mantenere sotto controllo la pressione alta, in quanto è ricco di potassio, ma contiene poco sodio. Essendo un alimento altamente digeribile, non affatica lo stomaco, per cui può essere mangiato con tranquillità anche da chi soffre di sonnolenza dopo i pasti. Il riso ha un indice di sazietà medio-basso, anche se maggiore di quello della pasta poiché, assorbendo una quantità di acqua maggiore, sviluppa un volume e un peso maggiore a parità di calorie. Il riso si presenta in diverse forme, ognuna delle quali ha un preciso scopo nelle diverse preparazioni. E’ classificato per legge in comune, semifino, fino, superfino, in ordine crescente di grossezza dei chicchi e resistenza alla cottura. Esistono tantissime varietà di riso; solo in Italia quelle iscritte al registro nazionale sono più di 100, mentre quelle utilizzate su ampia scala, circa una trentina. In Italia attualmente abbiamo tre risi certificati: il Riso del Delta del Po DOP, il Riso di Baraggia DOP e il Riso Vialone Nano IGP.


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LA SCIENZA DELL'ALIMENTAZIONE

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ANCHE LA PIZZA RICERCA I GRANI STORICI ITALIANI LA STORIA DELLA PIZZA -10-


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A DIFESA D’UN’ALTA QUALITÀ E INCONFONDIBILE IDENTITÀ

N di Giampiero Rorato

ella storia della pizza che stiamo raccontando ci siamo soffermati per diversi mesi a indagare sui diversi tipi di cereali che sono stato impiegato nel corso del tempo e concludiamo questo aspetto fondamentale della nostra storia dando uno sguardo a quanto succede attualmente relativamente alla materia prima di base, che è il frumento. Le crescenti preoccupazioni per una globalizzazione selvaggia tendente a diffondere in tutto il mondo pochissime varietà di grano, le più produttive sotto il profilo della quantità, frutto di non conosciute elaborazioni nei sofisticati laboratori delle multinazionali, trascurando tutti i biotipi del passato, sta inducendo le istituzioni europee, ministeri nazionali, enti pubblici di settore e i grandi mulini a privilegiare alcune delle più interessanti fra le antiche varietà nazionali. E questo non solo per sottrarre il mondo del pane, della pasta, della pizza e dei dolci a una pericolosa e totale dipendenza dalle multinazionali, tese chiaramente al proprio tornaconto, ma per ridar vita a un più corretto rapporto uomo-natura e per la riappropriazione di una millenaria storia produttiva e alimentare che ha saputo sempre aggiornarsi, capace di rispondere correttamente alle esigenze nutritive della popolazione. Nel frumento, però, in Italia c’è da secoli una terribile carenza di grano, tale da spingere nella prima metà del secolo scorso il genetista Nazareno Strampelli a realizzare, attraverso sapienti incroci, delle varietà di grano migliori delle precedenti e molto più produttive e lo stesso capo del governo del tempo, Benito Mussolini a lanciare in Italia la ben nota “battaglia del grano”. Poi, nel 1940, venne la guerra, stupida e ingiustificata come la precedente, che, oltre a milioni di morti e immani distruzioni, provocò un doloroso abbandono delle campagne, dal momento che gli uomini validi furono chiamati alle armi e le donne in gran parte a supplirli nelle fabbriche belliche e per risolvere dalle retrovie i problemi della sussistenza alimentare dei belligeranti. Fu così che nell’immediato ultimo dopoguerra le grandi aziende americane produttrici di frumento da semina invasero anche l’Italia, dove comunque resistevano, come nel resto d’Europa, accanto a dei frumenti antichi, le varietà locali realizzate, per quanto riguarda l’Italia, dallo Strampelli.


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Poi l’invasione dilagò ovunque e, per avere un’idea, ricordiamo che nel 1985 il mercato mondiale del frumento da semina vedeva al primo posto Pioneer col 4,1 %, seguito da Sandoz (1,6%), Dekalb e Upjohan Asgrow (1,1%), mentre nel 2012 Monsanto (USA) risulta aver conquistato il 21,8 % del mercato mondiale del frumento da semina, seguito da Dupont Pioneer (USA) col 15,5% e da Syngenta (Svizzera) col 7,1%.. E si può affermare che gran parte del frumento seminato attualmente in Italia arriva dalle grandi società sopra citate. Ma ancora non basta perché l’Italia produce solo il 40% del frumento di cui ha bisogno, gran parte prodotto con frumento da semina importato, e il resto 60% è tutto importato, dagli USA, dal Canada, dalla Russia e, in piccola parte, anche da Paesi dell’Unione Europea.

IL SENATORE CAPPELLI ED ALTRI GRANI Abbiamo scritto più volte dello straordinario contributo di Nazareno Strampelli per il potenziamento della produzione di frumento in Italia, grazie ai suoi grani frutto di sapienti incroci, diffusi poi anche all’estero e addirittura in Cina. E fra quei grani il più noto è il Senatore Cappelli, un grano duro che, ulteriormente sviluppato, continua ad essere prodotto in Italia con ottimi risultati, tanto che importanti aziende produttrici di pasta ricorrono alla farina ottenuta da questo frumento. E in Italia, soprattutto al Sud, ci sono altri frumenti importantissimi che risalgono a tempi molto antichi, fra i quali c’è il Khorasan (Triticum turgidum, spp turanicum), prodotto in Puglia e Basilicata, che un’azienda di Bari vende col nome di Khorasan Santa Candida, come vende la farina, ottima per pane, pizza e dolci, come vende la pasta prodotta da aziende locali e messa in commercio col nome di Khorasan Santa Candida.

ALTRI GRANI STORICI Ed a questo punto va raccontato che da non molto tempo sono entrate in scena alcune aziende molitorie italiane che si premurano di far produrre da agricoltori convenzionati dei grani antichi o comunque storici “italiani”, che il nostro organismo riconosce e accetta da sempre per cui non provocano intolleranze o repulsioni. Nell’impegno di queste aziende per valorizzare e promuovere l’identità italiana, c’è la rivalutazione non solo dei frumenti più antichi ma anche di altri frumenti storici italiani, come il Gentil Rosso, il Saragolla, il Rieti e ancora il grano tenero Verna, di origine toscana, trascurato per molti decenni perché meno produttivo dei frumenti americani e riscoperto solo nel 1969 dall’Ente Toscano Frumenti e subito apprezzato anche perché caratterizzato da un contenuto proteico modesto (12% di proteine totali), quindi molto interessante per i soggetti con intolleranze alimentari. Altro frumento tenero italiano considerato storico è il Frassineto, diffuso fino all’inizio del Novecento in molte regioni del centro e del nord Italia. È una varietà vigorosa e, come la gran parte dei grani antichi, molto alta, anche oltre il metro e mezzo e per questo motivo ha tende all’allettamento e venne abbandonato con l’arrivo dei più bassi e produttivi grani d’oltreoceano. Fra i grani risalenti all’opera di Strampelli c’è il grano tenero Autonomia, ottenuto nel 1938 dall’incrocio fra Frassineto 404 per Mentana, mentre più recente è il grano tenero Abbondanza, ottenuto negli anni ’50 del secolo scorso Ci siamo limitati ad alcune citazioni e va detto che i genetisti italiani, operanti nei centri di ricerca delle Università e in altri Laboratori non si sono mai fermati e, dopo il lavoro di Nazareno Strampelli, hanno continuato le ricerche sulla scia del grande genetista di Castelraimondo (Macerata) e, mediante incroci, hanno ottenuto altre varietà attualmente rilanciate e richieste dai Mulini più attenti. Siamo ancora agli inizia, ma, intanto, anche nel mondo della pizza c’è la riscoperta di questi e altri frumenti “storici” che appartengono alla cultura agroalimentare dell’Italia e, come affermano gli studiosi che li hanno attentamente analizzati e valutati, sono sicuramente migliori e più funzionali alle necessità alimentari degli italiani rispetto alle varietà che nascono dalle sementi prodotte dalle grandi multinazionali.



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PIZZA CON POMODORI E SARDINE La ricetta di questo mese è stata realizzata con un impasto interamente fatto con una farina di 4 grani antichi nazionali. Questi grani hanno proprietà nutrizionali molto elevate, ma richiedono qualche attenzione in più in fase di preparazione della pizza. Per questo motivo è stata privilegiata la realizzazione manuale dell’ impasto. Per l’impasto: È stata utilizzata una farina composta da quattro varietà di grani antichi nazionali: Verna, Autonomia, Abbondanza e Frassineto. Per la realizzazione si è potato per una lavorazione a mano di un impasto tipo Poolish, 1 kg di farina, 1 lt di acqua, 1 grammo di lievito. Una prima fase di riposo dell’impasto per 3 ore-, Successivamente va aggiunta farina, poi ancora lievito e solo 20 grammi di sale – si tratta di una farina con grande quantità di Sali minerali, quindi per ottimizzare la lievitazione è preferibile ridurre la quantità di sale per lt d’acqua, in fine 20 grammi di olio evo. Per la farcitura: Sono state precendentemente preparate delle sardine fritte a bassa temperature, pomodri pelati con aggiughe, cipolla rossa di Tropea marinata con aceto di mele, patate lesse, mozzarella fiordilatte e Valeriana. La cottura è stata effettuata su forno elettrico, ad una temperatura di 350° per circa 4 minuti.



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Le vacanze degli in foto

Procida, una piccola isola italiana vicino Napoli


il turismo

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più che l’estero gli italiani preferiscono il nostro splendido mare

Il

estive italiani

mare, il mare: è sempre il mare il sogno estivo degli italiani, anche se non manca chi ama godere il fascino stupendo delle montagne, dalla valle d’Aosta alle Dolomiti e le tante località turistiche dell’Appennino e fino all’Aspromonte in Calabria. Il mare, come risulta da una recentissima inchiesta, è l’aspirazione più ambita, anche se le costo più ricercate sono attualmente quelle della Puglia. Se Gallipoli, Polignano a Mare, Lecce, il Gargano stanno attirando di anno in anno sempre più turisti è anche per merito di un entroterra ricco di fascino, con tesori culturali, archeologici, architettonici, storci, religiosi e gastronomici di grande valore e con città e paesi che, aspirando alla modernità, sono sempre più ben curati, abbelliti, ingentiliti, esaltando in tal modo i tesori che la storia è andata accumulando. Già la città di Lecce, col suo straordinario barocco è un richiamo imperdibile per chi, oltre a un mare azzurro e a un sole che abbrunisce la pelle, ricerca il bello che c’è in Italia. La Puglia, terra ricca di ulivi e di grani antichi, offre al visitatore attento mille cose stupende, fra cui le sue imperdibili Grotte di Castellana, i Trulli di Alberobello, centri storici interessanti, come Trani, Altamura, Canosa di Puglia, Bitonto, Molfetta, ecc. Nel Gargano ci sono, fra i tanti altri, gli interessanti centri balneari di Rodi Garganico, Pugnochiuso, Peschici e due luoghi straordinari per chi va in vacanza da quelle parti: San Giovanni Rotondo, centro di fama mondiale legato al nome di san Pio da Pietralcina, più noto come “padre Pio”, il santo taumaturgo le cui spoglie sono conservate nel tempio a lui dedicato e Monte Sant’Angelo, con l’antico Santuario di San Michele Arcangelo, ultima tappa in terraferma dei pellegrini medioevali diretti in Terra Santa.


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pizza e pasta italiana

IL TURISMO

Se la Puglia è diventata la regione con la più elevata crescita turistica – e abbiamo citato solo alcuni dei tanti luoghi di interesse turistico – al secondo posto per numero di turisti troviamo attualmente la Riviera romagnola, e il litorale venetofriulano. Dai Lidi ferraresi a Cattolica al confine con le Marche – regione questa bellissima anche nell’entroterra - è tutto un susseguirsi di ampie spiagge ormai conosciute nel mondo, con al centro Rimini, con le sue vestigia romane, il suo Gran Hotel amato da Fellini e la sua movida. Le spiagge romagnole sono ricercate dalle famiglie come anche dai giovani desiderosi di trascorrere notti divertenti, perché in questa regione c’è da sempre una grande attenzione al turismo e al benessere dei turisti. Anche il litorale veneto-friulano, dalle foci del Po a Muggia, con le spiagge di Chioggia, Sottomarina, Lido di Venezia, Cavallino-TrePorti, Jesolo (la top - ten del turismo italiano), Eraclea mare, Caorle, Bibione, Lignano, Grado e la costiera triestina e muggesana, fino al confine con la Slovenia, sono d’estate meta d’un turismo internazionale da record. Più raffinato il turismo marinaro in Liguria, regione ricca di spiaggette raccolte, dove il turismo non è solo mare ma tante escursioni nelle Prealpi d’attorno o addirittura nella vicina Francia e a Montecarlo.

di Giampiero Rorato

La Sicilia sta lentamente mostrando al turismo internazionale il suo immenso patrimonio di bellezze e se Taormina – il suo splendore è stato ammirato nel mondo intero in occasione del recente incontro dei Grandi del Mondo – resta una meta affascinante, attrazione straordinaria la sta esercitando in questi ultimi tempi San Vito Lo Capo, città di mare, certo, ma soprattutto città in cui s’incontrano civiltà, tradizioni, culture, gastronomie mediterranee come non si trova in nessun’altra parte. Tutte le coste siciliane sono straordinarie, con ai fianchi o alle spalle città molto belle: Catania, Messina, Siracusa, Palermo, ma anche Ragusa, Noto, Modica, Erice, Cefalù e ci sono in quest’isola tanti altri luoghi anche nascosti che merita conoscere. E le spiagge? Ne ricordiamo qualcuna, per dire che in Sicilia, una regione che ha accumulato e nel corso dei secoli ha fatto proprie tante culture: greca, romana, araba, normanna, spagnola, ecc., la natura ha regalato anche alle presenti generazioni luoghi d’assoluto incanto. Ecco allora, per limitarci a qualche nome, Cala Rossa nell’Isola di Favignana; poi l’Isola dei Conigli; Cala Capreria vicino a Trapani; l’Isola Bella non lontano da Taormina; le Fontane Bianche vicino a Siracusa; Mondello vicino a Palermo, ma girando attorno all’isola spiagge stupende se ne incontrano ovunque.

in foto

Riomaggiore, Cinque Terre Liguria


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ARRIVA DAPPERTUTTO

OTTIMO SUGLI ACCIAI

VETRI E SPECCHI

PULISCE LE FUGHE


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pizza e pasta italiana

IL TURISMO

Concludiamo questo viaggio ideale nei luoghi di mare preferiti dagli italiani in Sardegna. In quest’isola tutto è affascinante e, per moltissimi italiano, tutto da scoprire. Ricordo solo che la città di mare oggi più gettonata è Alghero, città murata visitata da Carlo V che diede a tutti i cittadini il titolo di cavaliere: todos Caballeros, così la leggenda. Alghero è una cittadina molto bella, con la sua parlata catalana, la sua cucina che fa innamorare, con i vini delle aziende d’attorno davvero straordinari. Tonino Arcadu, gran vignaiolo di Oliena, uno dei più rinomati produttori di Cannonau, non manca di ricordare che la Sardegna, proprio perché circondata dal mare, ha gelosamente conservato nei secoli e nei millenni tesori di bontà che ora mette a disposizione dei sempre più numerosi turisti, non tanto ai modaioli innamorati delle apparenze, ma a quanti ricercano il bello e il buono della Sardegna, dai nuraghi all’olio extravergine, dal pesce ai formaggi, dal corallo ai vini. L’attento turista queste eccellenze le trova tutte, come ne trova molte altre viaggiando per l’isola dal pane carasau, ai vari formaggi di pecora, ai dolci di origine araba, al miele, alla frutta, ai vini. Ecco perché gli italiani preferiscono le vacanze in Italia, perché sanno che in qualsiasi regione scelgano di andare trovano davvero e in abbondanza il bello e il buono che desiderano. C

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Estate, tempo di granite.


il dolce

di Patrizio Carrer

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a granita è uno dei prodotti più apprezzati e consumati durante il periodo estivo, le sue origini si perdono nella notte dei tempi e la tradizione vuole che siano stati gli arabi, durante la loro dominazione in Sicilia, a portare la ricetta dello sherbet, una sorta di bevanda preparata con il ghiaccio e essenze di rose o succhi di frutta. In particolare a Catania e nel resto della Sicilia, questa bevanda veniva preparata utilizzando la neve che d’inverno veniva raccolta sull’Etna, o sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi e stivata durante l’anno nelle “niviere”, strutture in pietra costruite sopra grotte o incavi artificiali. Ancora oggi, su alcuni monti, si possono trovare le buche usate per la conservazione del ghiaccio, rifinite con mattoncini o pietra. Con l’arrivo della bella stagione veniva prelevato il ghiaccio formatosi per essere poi grattato e ricoperto di sciroppi e aromi – metodo di preparazione quest’ultimo che sopravvive anche nella grattachecca romana -. Tra i nobili, con l’avvento delle calde temperature esti-

a destra

Granita e brioche, la classica colazione o merenda siciliana

ve, era consuetudine comprare la neve dell’Etna raccolta d’inverno dal “nevarolu”, e farla conservare in apposite “case neviere” in vista della stagione estiva. Durante il sedicesimo secolo, la ricetta dello sherbet, fu migliorata con l’utilizzo del sale come eutettico per poter congelare le preparazioni, in questo modo la neve veniva utilizzata, assieme appunto al sale come refrigerante. Il pozzetto, un contenitore di legno con all’interno un secchiello di zinco, sfruttava proprio la reazione chimica del ghiaccio e del sale, che venivano messi tra i due recipienti come un isolante termico per il freddo. Allo stesso tempo per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio troppo spessi, il ghiaccio veniva girato e mantenuto della densità corretta. Dallo sherbet (nome che richiama al moderno “sorbetto”, ma che poco ha a che fare con la granita siciliana), alla rattata si è arrivati alla granita moderna, che nel corso del ventesimo secolo è diventata di uso comune grazie alla diffusione della tecnologia del freddo -prima le gelatiere e poi i mantecatori – che ha pemesso di

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produrre quell’inconfondibile impasto cremoso, privo di aria e ricco di sapori. Il rito della granita è, tutt’oggi, vissuto dai siciliani come un momento di comunione e di relazioni sociali, una tradizione del gusto che affonda le sue radici nella dominazione araba, poi evolutasi, soprattutto nel versante orientale dell’Isola, in un raffinato e inimitabile prodotto dolciario che acquista, via via che si percorre la costa e nelle diverse province, determinate variazioni aromatiche. La granita siciliana deve avere una consistenza a fiocchi e al palato deve risultare impalpabile, essendo composta principalmente di acqua, zucchero e frutta. Tradizionalmente, la granita si accompagnava a pane fresco e croccante, con il tempo sostituita dalla tipica ‘brioscia‘ siciliana, fatta con pasta lievitata all’uovo e aromatizzata alla vaniglia o agli agrumi. A renderla riconoscibile sono la morbida “pellicina” di cui è ricoperta e la particolare forma, simile a quella di uno chignon: una base semisferica sormontata dal cosiddetto “tuppu”(dal francese tupè: i capelli raccolti sulla nuca). La brioche


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pizza e pasta italiana

IL DOLCE viene servita calda insieme alla granita, in cui può essere inzuppata. I gusti più diffusi e apprezzati delle granite sono mandorla il più classico e amato da tutti (spesso con una percentuale di mandorla amara, decisiva per l’intenso aroma), pistacchio di Bronte- ricco nel colore e soprattutto nel sapore-, caffè – ideale la mattina da accompagnare con il gusto alla mandorla, cioccolato – preparata con cacao magro da accompagnare con la granita alla mandorla o al pistacchio. E poi ancora al limone, ai gelsi, alla fragola e alla pesca.

qui sotto

Acireale ospita Nivarata, la manifestazione dedicata alle granite siciliane, con concorsi, laboratori e incontri con il pubblico

Nivarata, il festival dedicato alla Granita Siciliana Nivarata è il nome di una interessante manifestazione che si svolge a giugno ad Acireale, in provincia di Catania e dedicata interamente alla granita artiginale siciliana. L’evento, che quest’anno si è svolto nel week end dal 2 al 4 giugno ha dedicato ampio spazio sia alla storia di uno dei dessert più semplici ma apprezzati della cucina siciliana e mediterranea ma anche alle più moderne interpretazioni proposte dai maestri gelatieri e granitieri siciliani e non solo. Il festival di Acireale è quindi un doveroso omaggio alla cultura enogastronomica mediterranea, che affonda le sue radici in epoche lontane e che nonostante il passare dei secoli continua ad essere attuale e fortemente apprezzata dalla gente – e

non solo in Sicilia -. Nivarata ha attirato tanti turisti e visitatori, i quali hanno potuto assaggiare le più buone granite siciliane e rifarsi letterlamente gli occhi, con le composizioni proposte dai maestri granitieri che si contendevano I riconoscimenti per le migliori creazioni dell’anno. Particolarmente sentita la competizione dei Concorsi per i quali i concorrenti hanno dovuto far i conti con un nuovo criterio di valutazione della giuria specializzata, ovvero i valori nutrizionali degli ingredienti utilizzati. “Granita dell’anno. Il premio della giuria tecnica è andato a Fabio Marconi, ligure, con la granita “Fiori di maggio” (pesca, sciroppo di rosa Galliga, vaniglia, zucchero, acqua). La giuria popolare, invece, ha decretato vincitore Clemente Centamore, acese, con la granita “Canasta” (cacao, nocciola, mandorla, vaniglia, cannella, acqua, zucchero). Menzione speciale del premio Granita dell’anno a Giancarlo Losacco “per l’impegno nella ricerca del prodotto, per la biodiversità degli ingredienti e lo studio dell’accostamento degli stessi”.



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pizza e pasta italiana

A

ngelo Silvestini, classe 1967 è il pizzaiolo che dal 1987 gestisce il ristorante pizzeria “Nuovo Ronche” a Piavon di Oderzo, in provincia di Treviso.

Angelo Silvestrini, l

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m b a s c i at o r e n e l

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m o n d o di P. C.

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p i z z a


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Il locale che ha aperto I battenti nel 1973 grazie ai genitori di Angelo – Severino e Giuseppina – attualmente è una delle pizzerie più frequentate ed apprezzate della zona, sia per la qualità dei piatti proposti che per la qualità del servizio, che lo staff del “Nuovo Ronche” offre ai clienti. Il motore e l’anima di questo locale è Angelo Silvestrini, pizzaiolo di lungo corso, cresciuto nel locale gestito dai genitori, appassionato di pizza, ma anche di cucina e dei tanti prodotti che la marca trevigiana offre, dall’asparago bianco di Cimadolmo, ai salumi veneti come la Soppressa , fino al Radicchio Tardivo di Treviso IGP e la Casatella Dop, ogni prodotto viene esaltato , grazie ad una continua ricerca sul migliore abbinamento, sui migliori sapori da accostare. Una vera e propria esperienza sensoriale a base di pizza per conoscere sapori e profumi del territorio trevigiano.

sotto

L’interno della pizzeria “Nuovo Ronche” a Piavon di Oderzo (TV). Il locale conta 200 posti a sedere, ed è dotato di due forni a legna.

I numerosi clienti del “Nuovo Ronche” confermano l’impegno di Angelo Silvestrini in questo ambito, inoltre il locale festeggerà a settembre 30 anni di attività come pizzeria, un importante traguardo raggiunto da questo pizzaiolo veneto, ma che non è nuovo a vittorie e soddisfazioni personali. Angelo Silvestrini è istruttore della Scuola Italiana Pizzaioli da quasi 20 anni, ed ha alle spalle un palmares di premi e riconoscimenti ottenuti in tante competizioni di pizza. Si tratta di un elenco molto lungo di podi e premi vinti, in tante gare di abilità e cottura, dal primo posto nel 1999 al Campionato Italiano di Pizza Dessert, al primo posto nel 2010 durante il Pizza Expo di Las Vegas per la competezione di Stile Libero a Squadre, il primo posto a Bruxelles in occasione del European Union Pizza Trophy, e poi molti altri successi, senza contare la partecipazione ormai ventennale come giudice ai forni al Campionato Mondiale della Pizza.

L’esperienza e la competenza di Angelo Silvestrini sono molto apprezzati anche nelle più importanti fiere del settore Food and Beverage: da Vinitaly, dove il pizzaiolo di Piavon di Oderzo, ha animato l’arena della Pizza con degustazioni di pizza offerte dalla Scuola Italiana Pizzaioli, al salone internazionale NRA di Chicago, a cui la nostra rivista darà ampio spazio in queste pagine, a HotelEx a Shangai, un vero e proprio ambasciatore della pizza Italiana nel mondo.

Ad Angelo Silvestrini abbiamo chiesto di individuare alcune pizze che fossero rappresentative della sua linea e del suo amore per I prodotti del territorio e una ricetta che riassumesse il meglio di alcune eccellenze alimentari nazionali.


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r i c e t ta

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s i lv e s t r i n i

Sapori d'Italia Questa pizza è stata proposta da Angelo perchè racchiude tanti ingredienti diversi, provenienti da tutta Italia, una valorizzazione di eccellenze alimentare come le olive taggiasche, la mozzarella di Bufala Campana, I Carciofi del Salento e molto altro ancora.

— Impasto Poolish

— Farcitura

impasto preparato in due fasi

Prima fase 1 lt d’acqua, 1 kg di farina di tipo 1, 200 grammi di lievito madre liquido. Mettere l’acqua nell’impastatrice, aggiungere farina e lievito madre e impastare con l’impastatrice per 5 min, poi lasciare a riposo in un contenitore per 16/18 ore ad una temperatura controllata di 15 – 18 gradi. Seconda fase aggiungere al compost iniziale 800 gr di farina di tipo 1, poi 50 grammi di sale e 50 grammi di olio EVO, impastare di nuovo nell’impastatrice per 10/12 min.

Pelato San Marzano, Mozzarella Fiordilatte, Carciofi del Salento, Olive Taggiasche, Pangrattato, Pancetta croccante, Mozzarella di bufala campana DOP a ciuffi.


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Chicago L’evento americano che si è tenuto lo scorso maggio dal 20 al 23 nel capoluogo dello stato dell’Illinois, negli USA, ha segnato delle partecipazioni da record.

sopra da sinistra

Marianna Bonaventura – Prontofresco Greci, Lorenzo Guidi di Molino Agugiaro e Figna, Mark Hipskin di Pizza Master, Marco D’Annibale di Gi.Metal, Christer Andersen di Pizza e Master e Francesca Cristini di Gi.Metal.

di Caterina Orlandi

L’evento denominato National Restaurant Association (NRA) è il più importante degli USA per il comparto del professional equipment. Lo confermano sia la grande partecipazione internazionale che l’ampiezza degli spazi fieristici con espositori molto qualificati, tra cui top brand come McDonald’s, Domino’s, Aramark, Sysco, Starbuck’s, Sodexo e molti altri. Alla manifestazione di Chicago sono intervenute quest’anno aziende di 30 paesi, tra i quali Australia, Brasile, Canada, Cina, Germania, India, Turchia, Italia, Israele, Giappone, Messico, Russia, Spagna, Sud Africa, Tailandia, Turchia, Emirati Arabi e il Regno Unito. Anche la rivista Pizza e Pasta Italiana ha partecipato all’evento per la prima volta assieme a un pool di importanti aziende italiane e internazionali: Gi-Metal (capofila dell’iniziativa e presente da anni negli Usa con una propria filiale americana), Agugiaro &

Figna con il brand Le 5 Stagioni, Greci Prontofresco e Pizza Master che hanno condiviso assieme gli spazi per poter permettere ai visitatori di trovare in un unico stand tutto ciò che serve in una pizzeria: le attrezzature dall’inconfondibile colore blu, la farine italiane di qualità, toppings e creme rigorosamente Made in Italy e forni elettrici professionali ad alte prestazioni. Allo stand #6021 nella North Hall, grazie anche alla comprovata bravura e professionalità del Master Istruttore con percorso certificato della Scuola Italiana Pizzaioli, Angelo Silvestrini, sono state sfornate e fatte degustare moltissime pizze, dalla tonda classica alla pizza in pala (detta anche “pizza alla romana”): entrambi gli stili hanno incontrato l’apprezzamento da parte del pubblico presente ed anche molta curiosità da parte di esperti e professionisti del settore, grazie a nuovi e inediti abbinamenti, che spaziavano dal salato al dolce.

a sinistra

Angelo Silvestrini istruttore PFC della Scuola Italiana Pizzaioli, in trasferta al NRA di Chicago.


L’artigianale

“NOVITA’ 2017”


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pizza e pasta italiana

In questa occasione Pizza e Pasta Italiana ha incontrato molte aziende italiane amiche e partner di questa rivista presenti in fiera con le proprie iniziative come Marana Forni, Cuppone, Itallmill, Moretti Forni, Molino Denti, Morello Forni, Molino Caputo e altri ancora: da Manuel caffè a La Fiammante a Menù, da Molino Peila ad Acqua Ferrarelle e altri.

I molti visitatori, arrivati da tutto il mondo, per connettersi, fare acquisti e trovare nuove idee e proposte innovative hanno avuto la possibilità di trovare aziende produttrici, importatori e distributori proprio a NRA Show e di potersi confrontare direttamente. La prossima edizione di NRA Show si terrà sempre a Chicago (McCormick Place) dal 19 al 22 maggio del prossimo anno.

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sana

Bologna, —

a settembre il salone internazionale dell’alimentazione bio dal 8 al 11 settembre ritorna l’appuntamento annuale dedicato alla filiera produttiva e agli alimenti biologici: Sana, il salone internazionale dedicato del biologico e del naturale rinnova l’appuntamento con i visitatori per il 29esimo anno. il salone che si tiene nel capoluogo emiliano è diventato da anni il punto di riferimento per le aziende che producono e commercializzano nella filiera del settore biologico, un mercato in continua espansione che abbraccia settori trasversali, come la cura del corpo, l’abbigliamento e appunto l’alimentazione. Il settore alimentare biologico in italia coinvolge 55.433 gli operatori certificati (dati 2015), 42.546 dei quali produttori esclusivi (aziende agricole). a questi si aggiungono 6.104 preparatori esclusivi (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio), 6.524 produttori-preparatori (aziende agricole che svolgono anche attività di trasformazione) e 259 importatori. le superfici coltivate con metodo biologico in italia hanno raggiunto quota 1,4 milioni di ettari che, su base annua, si traducono in una crescita superiore al 5,4%. anche con riferimento ai consumi, i dati ismeanielsen relativi alle vendite nella distribuzione moderna (iper e supermercati, discount e libero servizio) per i prodotti confezionati segnano un +11%.



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pizza e pasta italiana

Novità importanti, ma anche importanti conferme e ritorni: molte le aziende di spicco del comparto che, tornate a sana nel 2016, parteciperanno ugualmente nel 2017; numeri significativi sul fronte delle conferme “storiche” e delle aziende che per la prima volta saranno presenti a sana. immancabili gli appuntamenti, entrambi al padiglione 16, con sana shop, dove i visitatori potranno testare e acquistare direttamente i prodotti esposti, e con il veganfest, l’iniziativa più importante a livello nazionale sul mondo vegan. Sana novità, lo spazio-vetrina all’interno del centro servizi, sarà motivo di grande interesse per i visitatori che potranno scoprire i nuovi prodotti, e le novità su quelli esistenti, presentati in fiera dalle aziende; confermata anche in questa edizione la possibilità di votare i prodotti preferiti. Torneranno Sana city e le numerose iniziative che coinvolgeranno la città, con la partecipazione diretta di ristoranti, bar ed esercizi commerciali.

un’agenda ricca di appuntamenti b2b, i numerosi workshop e seminari, inclusi quelli di Sana academy, e l’opportunità di incontrare buyer, produttori e professionisti del settore di caratura internazionale, contribuiranno a fare di sana il terreno ideale su cui coltivare le occasioni di sviluppo e networking che possono nascere da una realtà, quella del biologico e del naturale, in continua espansione.L’edizione 2016 ha coinvolto più di 800 aziende e occupando una superficie espositiva di 50mila metri quadrati. Interessante anche la presenza degli attori stranieri, con buyer internazionali in arrivo da 27 paesi. Sono stati circa 4.800 i partecipanti all’intenso programma culturale che si è articolato negli oltre 60 convegni, nei tre incontri dell’Academy e nei numerosi appuntamenti organizzati dalle aziende, dalle associazioni e dagli enti di categoria che hanno sviluppato le tematiche di maggiore attualità e interesse.


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pizza e pasta italiana

La pizzeria da Ezio — di Denis Lovatel — di P. C.


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enis Lovatel nasce nel 1975 e sin dall’età di 14 anni aiuta il padre in pizzeria nei week end e dopo diverse esperienze professionali sia nel mondo della moda che della ristorazione, nel 2009 Lovatel torna nel paese natale di Alano di Piave ( BL) per supportare il padre Ezio nella pizzeria di famiglia. In linea con la tradizione di famiglia, Denis Lovatel fa dell’impasto del padre un “brand” immediatamente riconoscibile e con delle caratteristiche visive e di sapidità ben precise: l’impasto risulta croccante e leggero e visivamente con tante alveolature. I topping invece sono preparati con ingredienti di alta qualità, che vengono – assieme all’abbinamento con l’impasto – ampiamente apprezzati dai clienti. Da una parte c’è il riconoscimento del pubblico, dall’altra invece le principali guide gastronomiche italiane – dal Gambero Rosso a Identità Golose e perfino L’Espresso – attribuiscono a Lovatel premi e riconoscimenti importanti, non da ultimo l’inserimento nella prestigiosa associazione CHIC (Charming Italian Chef) che raggruppa circa un centinaio di Chef stellati e non (italiani ed esteri) e solamente 5 pizzaioli.

Oggi Denis continua a lavorare assieme al padre, dedicandosi principalmente allo studio e alla ricerca di nuove combinazioni e ingredienti per le farciture, sviluppate con l'appoggio di un medico nutrizionista. Nel 2016 ha avviato il progetto Infusioni, in cui collabora con prestigiosi chef stellati nella realizzazione di una pizza gourmet da inserire in menu e da portare poi nei numerosi eventi di cui è protagonista. Il progetto gli ha permesso di collaborare anche con importanti chef internazionali, come il noto JP McMahon di Aniar Restaurant (Galway City - Irlanda), assieme al quale ha realizzato una pizza gourmet che dai sapori italo/irlandesi. Lo stesso progetto gli ha fatto portare a casa il premio come Miglior Pizza 2016 per il Gambero Rosso La pizza ad essere premiata è stata la prima del progetto, rigorosamente “made in Veneto”, elaborata grazie alla sinergia tra Denis Lovatel e lo chef Francesco Brutto di Undicesimo Vineria (Treviso), miglior chef emergente nord 2016.


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pizza e pasta italiana

"UNA PORTA PER IL PARADISO"

È

questo il nome scelto per la dodicesima pizza di In-Fusioni, che chiude le 12 collaborazioni d’eccellenza. In questo caso Denis Lovatel ha collaborato con lo Chef stellato Pietro Leeman, patron del Ristorante Joia di Milano, il cui punto di vista sulla cucina si basa sull’esaltazione della materia prima vegetariana, lo stile di vita sano, la ricerca della materia prima e gusto dei frutti della terra. Filosofia da

sempre condivisa con Denis Lovatel e applicata sia nella ricerca dell’impasto che nello studio delle farciture. La collaborazione è nata in seguito all’evento Che Pizza a Milano, manifestazione che ha coinvolto i 18 migliori pizzaioli d’Italia, dove Pietro Leeman ha conosciuto Denis Lovatel e si è da subito innamorato del suo impasto light, ritenendolo coerente e perfettamente adattabile al suo concetto di cucina.



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pizza e pasta italiana

BASE

R I C E T TA

di Denis Lovatel

— Biga

— Impasto

1kg farina “0” bio 440gr acqua 10gr lievito di birra

300gr biga 500gr farina “0” bio 250gr farina tipo “1” 250gr farina di Farro 650gr acqua 20gr sale 25gr olio evo

Preparare la Biga miscelando acqua miscelando tutti gli ingredienti per circa 2 minuti, all’occhio deve rimanere un composto “sfarinato”.

FARCITURA

Metterlo in un contenitore di plastica per circa 20-22 ore a temperatura di 18-20°.

di Pietro Leeman

• Crema di crescenza bianca e crema di crescenza allo zafferano. • Palline di carota e sesamo da appoggiare sopra (crema di carote, addensata con farina di ceci, fatta cuocere dolcemente, condita con aglio orsino e sesamo; • Pesto di Crescione in contrasto; • Verdure nobili cotte al vapore sopra (piattoni, fave, barba di frate fredda, asparagi, peperoni pelati e shitakè); • Cerfoglio, menta e finocchietto fresco) come guarnizione.

Trascorso tale tempo iniziamo l’impasto vero e proprio mettendo la farina e tutta l’acqua nell’impastatrice a spirale, impastare per qualche minuto e poi lasciare riposare il prodotto per circa 15 minuti in modo tale che la farina assorba bene l’acqua, aggiungere la biga e iniziare ad ammalgamarla per circa 5 minuti alla prima velocità. Aggiungere successivamente il sale e poi l’olio a filo impastando alla seconda velocità affinchè l’impasto risulti liscio ed omogeneo. Farlo riposare a banco per circa 20 minuti coperto da un panno umido, successivamente riporre la massa in frigo per circa 48 ore. Togliere dal frigo, preparare le palline di circa 200 gr e farle riposare a temperatura ambiente nelle apposite cassette per circa 3-4 ore prima della stesura della pizza.


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pizza e pasta italiana

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Molino Scoppettuolo Il Molino Scoppettuolo è un’azienda che, da sempre, è sinonimo di qualità. Essa è sita a pochi chilometri dai campi di grano dell’Ufita, della Baronia e dell’Alta Irpinia e rappresenta un’eccellenza nel campo della produzione di farine. Il processo produttivo si avvale di tecnologie altamente avanzate e automatizzate che controllano attentamente ogni fase di lavorazione. I grani vengono scelti con cura, miscelati e macinati in modo attento per non danneggiare le caratteristiche organolettiche del prodotto. L’impianto di macinazione è affiancato da laboratori che si occupano delle analisi merceologiche – chimico – fisiche dalla materia prima al prodotto finito, in essi vengono inoltre sperimentate nuove miscele di farina con lo scopo di offrire ai consumatori prodotti sicuri e pienamente soddisfacenti.

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QUESTIONE DI GUSTO

Conoscere per acquistare non si può acquistare a caso i prodotti alimentari o quelli che costano poco, ne va della nostra salute


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di Nives Piva

S

tiamo diventando sempre più esigenti, perché siamo sempre più consapevoli che la nostra salute e la nostra vitalità dipendono in buona parte da ciò che mangiamo. È pur vero che gli ambienti che frequentiamo possono influire positivamente o negativamente sulla salute – l’aria pulita, l’ossigeno d’alta montagna, le nebbie, lo smog, ecc. – ma il cibo conserva il suo primato in rapporto alla qualità della vita. Se si chiede ai più anziani come si mangiava nelle case di campagna fino a una cinquantina d’anni fa o poco più, rispondono che gran parte dei prodotti impiegati in cucina erano già in casa: nell’orto, nell’aia, nella stalla, nei campi. Dalle erbe spontanee agli ortaggi, legumi compresi; dalle uova alle carni dei tanti animali da cortile, compresi conigli, maiali, colombini; dal latte delle mucche al burro e al formaggio; dal grasso delle oche, a quello dei maiali, lardo compreso; dal mais e dal frumento per preparare polenta, pane, pasta e dolci, la quasi totalità dei prodotti era reperibile in casa. E c’era chi allevava pecore e capre, anche queste fonte di latte e di carne e, nel centro-sud d’Italia c’era anche abbondanza di buon olio d’oliva. In casa non c’erano il sale, le spezie, il caffè e pochissimo altro.

L’esplosione di trasmissioni TV, libri e riviste di cucina Da diversi decenni ormai tutto questo ben di Dio casalingo non c’è quasi più. Con la fine della mezzadria – anni 60 del secolo scorso - e il veloce abbandono dei campi dove è rimasta una minima percentuale della popolazione italiana, gli orti sono quasi scomparsi (sostituiti in piccolissima parte dagli “orti sociali” messi a disposizione dai comuni), non ci sono quasi più aie dove razzolano polli, galline, faraone, tacchini, anatre ed oche, e la stessa fine hanno fatto gli altri prodotti sia animali che vegetali.


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QUESTIONE DI GUSTO

Al loro posto ci sono le industrie, sia italiane che estere: allevamenti industriali con migliaia o decine di migliaia di polli, anatre, oche, faraone, tacchini, conigli, maiali; industrie conserviere che acquistano i loro prodotti, a cominciare dal pomodoro anche in Paesi lontani, in particolare dalla Cina e da altri Paesi orientali; buona parte della frutta arriva dal Sudafrica, dal Sudamerica e da altri luoghi lontanissimi, per cui è successo che nel giro di un paio di generazione le produzioni e i sistemi alimentari anche in Italia sono fortemente cambiati. Ma nel nostro DNA c’è ancora il sapore della cucina delle nonne e andiamo disperatamente alla ricerca di quei prodotti, di quei profumi, di quei sapori e ci attacchiamo alle tante trasmissioni culinarie delle reti televisive, acquistiamo riviste di cucina e ricettari vari, frequentiamo le migliaia di scuole di cucina per amatori sparse in tutta la penisola nella speranza di ricostruire per noi la cucina delle nostre nonne e bisnonne.

Il mondo è davvero cambiato Sperare e sognare è lecito e non è vietato neppure illudersi, ma la verità nuda e cruda ci dice che il mondo alimentare è davvero radicalmente cambiato. Ci sono

stati anni – gli anni 60-80 del secolo scorso – nei quali le campagne anche in Italia sono state bombardate dalla chimica, impregnando il terreno per cui è ancora problematico parlare di “prodotti biologici” e, soprattutto, recando gravi danni alla nostra salute. Per questo, grazie anche a movimenti salutistici di vario nome, abbiamo cominciato a renderci conto che non tutti gli alimenti che acquistiamo sono buoni e finalizzati al nostro star bene (molti servono principalmente ad arricchire le multinazionali e le grandi industrie alimentari). Non tutti, poiché molti arrivano dall’estero e non si sa come siano stati prodotti, se si è usato la chimica, se nelle carni – vedi gli USA – si è fatto ricorso a montagne di ormoni e ad aiuti della chimica; se sono stati modificati e/o rigenerati – vedi certi falsi oli venduti per extravergini d’oliva a pochissimi euro (il vero olio extravergine d’oliva italiano non costa meno di 9-10 euro il litro) – o comunque elaborati in avveniristici laboratori; se certi formaggi sono stati ottenuti da vero latte di vacca o da latti in polvere di incerta provenienza; se il pane che acquistiamo nei supermercato è stato prodotto da fornai italiani o fatto arrivare dai Balcani dove è stato confezionato mesi prima e congelato. E se abbiamo capito che il settore agroalimentare è cambiato sta a noi scegliere i prodotti buoni, che ci sono e non pochi. Per scegliere occorre conoscere, informarsi, leggere con attenzione le etichette e non è detto che dall’estero non arrivino cibi buoni, gustosi e utili alla nostra salute – vedi la quinoa dalle Ande sudamericane e altri semi similari – ma per acquistare anche questi prodotti occorre conoscerli per poi utilizzarli nel migliore dei modi. Il mondo cambia e dobbiamo capire che non tutto quello che troviamo negli scaffali dei supermercati fa bene alla nostra salute.



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Ritorna a Milano — Host 23 - 24 ottobre 2017

Regolamento Viene premiato il miglior pizzaiolo che prepara una pizza con impasti e ingredienti a scelta libera, purchè nel rispetto dei regolamenti previsti dalla manifestazione. Non saranno ammesse pizze in teglia, focacce, “panozzi”, pizze ripiene, pizze dolci, pizze in pala, saranno concesse solo pizze rotonde cotte su piano refrattario. I criteri di valutazione saranno la cottura e la scelta dei sapori proposti per la farcitura. Il tempo a disposizione per ogni pizzaiolo sarà di 15 minuti, per preparare, farcire, cuocere, presentare e far assaggiare la propria pizza.

Eventuali ritardi si tradurranno in penalità nella classifica finale. La presentazione della pizza non viene valutata, ma è permessa. l pizzaiolo dovrà presentarsi con un abbigliamento professionale, con la divisa del proprio locale o anonima. Non sono permessi loghi di aziende, sponsor o associazioni, estranei alla manifestazione, qualora il concorrente non avesse a disposizione una divisa, gli verrà fornita dall’organizzazione. La pizza dovrà essere preparata stesa, farcita e cotta in totale autonomia, davanti ai giudici, senza l’aiuto di nes-

Il salone internazionale dedicato all’accoglienza ospiterà ad ottobre il Campionato Europeo della Pizza. La manifestazione sarà incentrata sulla pizza e sui pizzaioli e si svolgerà nei giorni finali del salone Host (23 – 24 ottobre). La partecipazione all’evento è rivolta ai pizzaioli suno. Eventuali suggerimenti e aiuti saranno oggetto di richiamo da parte dello staff, e potrebbero essere oggetto di penalità o esclusione dalla gara. Nel rispetto degli altri partecipanti, l’area di lavoro dovrà essere sgomberata e tenuta in ordine, idem per il tavolo di giuria che per il laboratorio. Lo staff segnalerà eventuali comportamenti scorretti ai giudici, che potrebbero valutare negativamente la negligenza del concorrente. Le competizioni inizieranno tassativamente alle ore 10.30 del mattino di lunedì 23 ottobre e si concluderanno alle ore 14.30 di

martedì 24, eventuali ritardi se non adeguatamente motivati, potrebbero comportare la squalifica dalla gara. L’ordine di partecipazione alla gara, verrà deciso tramite sorteggio. L’Organizzazione si riserva comunque di apportare qualsivoglia modifica allo scopo di migliorare lo svolgimento della manifestazione stessa. Il giudizio della Giuria è definitivo ed inappellabile. Non sono ammesse prove video.


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pizza e pasta italiana

Iscrizioni e informazioni Le iscrizioni verranno effettuate a chiamando il numero + 39 0421 83148, oppure inviando una richiesta via mail all’indirizzo redazione@pizzaepastaitaliana.it fino ad esaurimento dei posti disponibili. Le giornate di gara saranno due, lunedì 23 e martedì 24 ottobre, sempre nella giornata di martedì verranno effettuate le premiazioni. La manifestazione si svolgerà all’interno del PADIGLIONE 1 di Host – stand V11 - Z12.


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pizza e pasta italiana

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Biagio Mottola, il Campione Mondiale di

In teglia


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o scorso 10 maggio un giovane pizzaiolo proveniente dalla Basilicata si aggiudicato alla 26° edizione del Campionato Mondiale della Pizza, il gradino più alto della gara di Pizza in Teglia. Biagio Mottola, classe 1988, è il volto giovane e vincente della Pizza in Teglia di quest’anno e porta nella sua “Antica Pizzeria del Corso” a Rapolla (PZ), il prestigioso riconoscimento mondiale. Biagio Mottola ha presentato la “Sfugliàt”, un omaggio ad un prodotto tipico della sua terra rivisto e riproposto per il Campionato Mondiale della Pizza. Partendo dalla base originale, il pizzaiolo di Rapolla ha presentato una Teglia utilizzando la tradizionale farcitura della focaccia“sfugliàt”: cipolla, acciughe, peperoni cruschi con scaglie di Cacioricotta. A questa preparazione ha aggiunto altri prodotti, cercando di offrire una panoramica di assaggi di prodotti del territorio: dalle patate lesse alla pancetta, dalla Zizzona di Battipaglia alla salsiccia stagionata.

Complimenti per la vittoria, il primo posto per la categoria Pizza in Teglia deve essere stato una grande soddisfazione. C’è qualcuno a cui vuole dedicare questo premio? A mio padre, che è stato il mio maestro a cui devo la passione per la pizza e la cucina. Per me si è trattato di una grande soddisfazione, anche perché qui a Rapolla – il paese dove lavoro e vivo – ho festeggiato con tutto il paese. Vivo in un comune di circa 4500 abitanti per cui una notizia del genere ha dato prestigio e lustro non solo a me ma a tutti i miei compaesani.

sopra

Biagio Mottola in gara e la pizza vincitrice

Ci può raccontare la sua esperienza professionale? Da quanti anni fa questo lavoro? “L’antica pizzeria del Corso” ha aperto nel 1974 e da allora non abbiamo mai smesso di preparare pizze e “sfugliàt”. Prima mio nonno, poi mio padre, mi hanno trasmesso questa grande passione per la cucina, fin da piccolo vedevo mio padre lavorare dietro al bancone, ho frequentato l’Istituto Alberghiero di Melfi, dove mi sono diplomato. La sua pizza propone ingredienti legati al suo territorio d’origine. Si tratta di una scelta casuale oppure c’è il desiderio di far conoscere a tutti gli ingredienti della sua zona? Per la ricetta della farcitura sono partito dalla tradizionale “sfugliàt” uno dei prodotti tipici del territorio del Vulture. Oltre ad avere importanti vini come l’Aglianico, la nostra zona offre salumi, formaggi e verdure di altissima qualità che meritano di essere riscoperti e valorizzati. La stessa “ sfugliàt” a cui mi sono ispirato per la pizza, è un marchio che abbiamo voluto registrare come tradizione del Vulture.


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pizza e pasta italiana

BIAGIO MOTTOLA, CAMPIONE DI PIZZA IN TEGLIA

La preparazione dell’impasto è fondamentale. Com’è stata realizzata la base? Come ogni ricetta di famiglia ci sono delle cose che devono rimanere segrete, però in linea di massima ho utilizzato Impasto semidiretto, con un panetto di pasta di riporto, ottenuto quindi da un impasto preparato prima con una lievitazione di circa 48 ore. In questa edizione del Campionato Mondiale della Pizza ci sono state delle pizze che l’hanno particolarmente colpita? Assolutamente sì, la pizza di Giorgio Sabbatini mi ha veramente colpito. Ho trovato molto interessante l’idea di inserire in una pizza 10 pomodori, da chef invece – Biagio è infatti anche Chef del ristorante l’Impero sempre a Rapolla– sono rimasto favorevolmente colpito dalla bravura dei cuochi de “I primi piatti in pizzeria”. Ci sono state anche delle pizze che proprio non ho capito, con farciture di frutti esotici che personalmente non avrei mai utilizzato in questo contesto. Quali sono le pizze che vanno per la maggiore nella sua pizzeria? Beh la “sfugliàt” è il nostro piatto più venduto, ma poin abbiamo anche calzoncini ripieni, teglie che serviamo al trancio, pizze e molti altre pizze con prodotti del nostro territorio, che vi invitiamo a scoprire e ad assaggiare.

a destra

Biagio Mottola al lavoro nella sua pizzeria e le proposte per il pubblico

sopra

il podio della Pizza in Teglia 2017


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Tancredi Parentignoti, il vincitore del

trofeo heinz beck


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Spaghetti verdi “Oltremare”, la ricetta proposta dal vincitore del trofeo “Heinz Beck - I primi piatti in pizzeria”

L

a città di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa ospita il vincitore del Trofeo Heinz Beck – I Primi Piatti in Pizzeria, Tancredi Parentignoti. La gara, pensata in onore dello chef 3 stelle Michelin, del ristorante la Pergola di Roma, premia non solo la bravura dello chef, ma anche la sua capacità di preparare dei primi piatti veloci – come d’altra parte è il servizio in un ristorante/pizzeria – e di qualità. Questa doppia valenza offre una chiave di lettura che si stacca sicuramente dalle classiche gare di cucina, ma che allo stesso tempo permette di far apprezzare la professionalità, la bravura e il tempismo degli chef che lavorano appunto nei ristoranti pizzeria. Tancredi Parentignoti è titolare del ristorante pizzeria “Tancredi” e ha guadagnato il punteggio più alto della giuria grazie agli “Spaghetti verdi Oltremare”, una ricetta che esalta alcuni dei prodotti tipici della Sicilia come i gamberi di Mazzara, ma anche il limone, i broccoli verdi, le cozze fresche, le vongole veraci e il pane fritto grattugiato. Il Curriculum vitae di questo chef è molto variegato molto variegato, ricco di esperienze... ricco di esperienze professionali e risultati significativi in diverse competizioni di cucina.

Complimenti per la bella vittoria. Ci può raccontare la sua esperienza professionale? Grazie, mi sono avvicinato al mondo della cucina intorno ai 20 anni, nel 1987 ho cominciato a gestire con i mei genitori un ristorante – pizzeria a Siracusa, e dopo alterne vicende ho aperto nel 1994 il mio ristorante pizzeria “Tancredi”. La cucina è per me una continua scoperta e cerco sempre di tenermi aggiornato, grazie poi alle partecipazioni alle gare e ai concorsi ho ottenuto diversi riconoscimenti professionali. Ho partecipato a 6 edizioni del Campionato Mondiale della Pizza e due anni fa ho vinto la gara Pizza a due – con il mio conterraneo Alfio Russo – e sempre nella stessa edizione mi sono aggiudicato il secondo posto nel Trofeo “Heinz Beck, i Primi Piatti in Pizzeria”. La sua è una ricetta che esalta i sapori del territorio, dai gamberi di Mazzara, al limone ecc, la Sicilia oltre ad essere ricca di storia è ricca anche di ottime tradizioni culinarie. E’ da queste tradizioni che ha creato la sua ricetta? Sì, mi sono ispirato a tre ricette di primi piatti del nostro territorio: la classica pasta con cozze e vongole, a cui ho aggiunto la ricetta del primo piatto con i gamberi di Mazzara, poi una crema di broccoli con la mollica di pane fritta e infine le scaglie di Limone di Siracusa. L’equilibrio tra questi sapori è stato quasi naturale, e sono riuscito a preparare un primo piatto che a mio avviso ben rappresenta i gusti della mia regione. Allo stesso tempo ho utilizzato ingredienti “poveri”, per tenere i costi di preparazione bassi.


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pizza e pasta italiana

Tancredi Parentignoti, CAMPIONE trofeo heinz beck

Oltre al piatto che ha vinto il trofeo Heinz Beck, i Primi in Pizzeria, che cosa può trovare l’avventore del ristorante pizzeria “ Tancredi”? Quali sono i piatti più apprezzati? E quelli consigliati dallo chef? Il ristorante è sito in collina a circa 650 metri sul livello del mare. Il cliente nel mio ristorante può trovare una grande varietà di prodotti, rispettosi soprattutto della stagione. D’inverno infatti ho a disposizione carni di ovino, bovino e in particolare la salsiccia di suino nero di Palazzolo - da pochissimo diventata presidio Slow food. D’estate invece offro anche pesce fresco, infatti il mare si trova solo a qualche decina di km dal ristorante e non è difficile avere pesce fresco di qualità. Durante la competizione ha avuto modo di vedere anche altri piatti? Se sì, ce n’è qualcuno che l’ha colpita per innovazione e fantasia? Sì mi ha colpito molto positivamente la ricetta del secondo classificato - Gennaro Vingiano del ristorante pizzeria Acqu’ e Sale di Antonino Esposito, a Sorrento-. Anche Christian Bosco, pur essendo così giovane ha ottenuto un piazzamento importante, il suo terzo posto è ampiamente meritato secondo me.

sopra

il podio del trofeo Heinz Beck i Primi Piatti in pizzeria, a sinistra Gennaro Vingiano, al centro Tancredi Parentignoti e a destra Christian Bosco a sinistra

Tancredi Partentignoti nel suo ristorante pizzeria “Tancredi” di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa



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pizza e pasta italiana

gli spons o r

Castelliforni, a disposizione dei professionisti

in foto

Elio Castelli con lo chef Heinz Beck

L’azienda romana specializzata in forni elettrici e attrezzature per la pizzeria ha partecipato al Campionato Mondiale della Pizza, come partner per le competizioni di Pizza alla Pala e Pizza in Teglia. Il contributo di Elio Castelli, titolare dell’azienda.

Anche quest’anno siamo stati orgogliosi di aver partecipato attivamente al successo del Campionato Mondiale di Pizza 2017 svoltosi a Parma, mettendo a disposizione dei pizzaioli professionisti riconosciuti a livello globale, i nostri forni per le competizioni di Pizza alla Pala ed in Teglia. Innovazione e tradizione artigianale sono i concetti che meglio esprimono l’identità del nostro marchio. Siamo una storica azienda italiana specializzata nella produzione di forni professionali per pizzeria, settore nel quale - in cinquant’anni di storia - abbiamo acquisito un ruolo di leader autorevole e prestigioso, sia in ambito nazionale che internazionale, rappresentando con la propria presenza nel mondo un orgoglioso esempio dell’eccellenza imprenditoriale italiana.

Ciascun modello previsto nella nostra produzione può essere realizzato con dimensioni, caratteristiche estetiche e funzionali “su misura” per rispondere alle specifiche necessità di ogni professionista. Nell’attuale scenario l’Azienda guarda con interesse e con stimolante entusiasmo ai nuovi scenari che si vanno delineando nel vasto settore della ristorazione, cogliendo positivamente la vitalità delle giovani generazioni di operatori che si inseriscono con brillanti iniziative in un mercato in costante evoluzione, sia italiano sia estero. “E’ proprio in un contesto importante come quello del Campionato di Parma” -dice Elio Castelli- “che abbiamo riconfermato le

aspettative che ci eravamo preposti, guardando con un occhio di riguardo, anche il mercato estero in forte espansione. La nostra presenza, ed i molteplici contatti avuti durante questa manifestazione, hanno incuriosito non poco, i professionisti attori di questo splendido mondo della Pizza”. Certi di continuare questa proficua collaborazione con il team organizzativo del Campionato Mondiale dI Pizza, Vi aspettiamo sempre più numerosi per provare i nostri forni in gara e le novità esposte nel nostro stand anche per il prossimo anno.


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pizza e pasta italiana

gli spons o r

Gi.Metal

Partner tecnico della manifestazione, Gimetal produce da oltre 30 anni gli attrezzi fondamentali per il lavoro del pizzaiolo: pale per pizza, minuteria per la preparazione, la cottura, il taglio, il servizio e il trasporto e carrelli tecnici per ristoranti, pasticcerie, hotel. La mission dell’azienda consiste nel lavorare al fianco di pizzaioli professionisti, capirne le esigenze, le problematiche legate al loro modo di lavorare e sviluppare soluzioni affinché possano lavorare meglio e in modo più veloce e produttivo. I valori che guidano le azioni dell’azienda e il suo comportamento nel mondo sono: - Qualità: ci adoperiamo per fare al meglio possibile quello che facciamo - Passione: dedichiamo le nostre energie per risultati non solo commerciali - Innovazione: cerchiamo di essere sempre al passo con i tempi.

Marco D’Annibale titolare dell’azienda

Ogni anno partecipiamo al Campionato Mondiale della Pizza con piacere ed entusiasmo. E’ un evento organizzato con la massima cura e attenzione ai dettagli, sempre più interessante e ben gestito di anno in anno. E’ un evento sentito e atteso con trepidazione soprattutto dai suoi principali protagonisti: i pizzaioli. E’ possibile leggergli la tensione in faccia fin dalle prime ore della mattina, in coda per l’iscrizione, con gli ingredienti portati da casa, l’abbigliamento sapientemente studiato, i segni scaramantici, le risate e il mix di dia-

letti e lingue straniere. Per Gi. Metal questo evento mondiale rappresenta una preziosa occasione di confronto e dialogo con i nostri utilizzatori principali, i pizzaioli, ma anche un modo per ritrovare amici e partner con cui collaboriamo da molti anni.

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Marco D’Annibale titolare di Gi.Metal, con lo chef Perbellini a sinistra

al centro lo chef Heinz Beck posa con lo staff di Gi.Metal al Campionato Mondiale della Pizza.



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lug—ago apr. 2017 2017

pizza e pasta italiana

gli spons o r

Latteria Montanari è stata partner del Campionato Mondiale della Pizza 2017, per la mozzarella per pizza.

L’azienda che ha partecipato per la prima volta alla manifestazione di Parma, ha sede a Villesse, in provincia di Gorizia e dal 1951 si occupa di produrre e commercializzare prodotti lattiero caseari, in particolare mozzarella per pizza e di recente due nuovi comparti, dedicati alla produzione di ricotta e panna fresca. Considerevoli investimenti sia nella struttura che sulle tecnologie produttive, hanno consentito a Latteria Montanari di raggiungere standard produttivi d’indiscussa eccellenza, concretizzatisi in una gamma di prodotti per pizza ad alta resa e dall’elevato rapporto qualità prezzo. Il dott. Roberto Cara, Amministratore delegato di Latteria Montanari

Il dieci maggio scorso si è conclusa per Latteria Montanari la prima esperienza quale Sponsor Ufficiale del Campionato Mondiale della pizza. Questa straordinaria esperienza che auspico possa essere l’inizio di una lunga serie, ha sicuramente rappresentato per noi una vetrina internazionale, in cui tutta la nostra Clientela si è potuta riconoscere. I peculiari investimenti tecnologici, hanno permesso a Latteria Montanari di raggiungere standard qualitativi di indiscussa eccellenza. Sono infatti migliaia le testimonianze di riscontro che attraverso i nostri Clienti raccogliamo sul territorio nazionale ed internazionale. A tutti loro va il nostro riconoscimento per il supporto e la fiducia che quotidianamente attraverso l’impiego dei nostri prodotti continuano a riservarci.

in alto

Roberto Cara di Latteria Montanari con lo chef Perbellini a sinistra in alto

il dott. Cara con lo chef Heinz Beck



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lug—ago apr. 2017 2017

pizza e pasta italiana

gli spons o r

Lilly Codroipo L’azienda friulana Lilly accompagna da sempre il Campionato Mondiale della Pizza, la storia di questa manifestazione è infatti legata a doppio filo con il marchio che produce le pale e le minuterie dall’inconfondibile manico giallo. Un marchio che è familiare ai pizzaioli di ogni parte del mondo e che da sempre è sinonimo e garanzia di qualità.

Matteo Margarit, titolare dell’azienda

Anche quest’anno eravamo presenti al Campionato Mondiale della pizza, svoltosi a parma l’8 9 e 10 giugno. Fin dalla prima edizione nel lontano 1985 a Porto Santa Margherita, siamo sempre stati presenti con le nostre attrezzature per pizzeria e ristorazione a quello che è il più importante evento a livello mondiale nel settore della pizza. Un evento per il quale i più brillanti e appassionati professionisti di tutto il mondo si preparano mesi e mesi prima, e sono proprio loro che in queste occasioni ci manifestano il loro apprezzamento per i nostri prodotti, riconoscendoci una qualità e

un livello superiore a tutti gli altri. Ed è proprio questo che ci fa essere orgoliosi del nostro lavoro e ci sprona a mantenere sempre alto il livello qualitativo e a consolidare il rapporto con questi professionisti. D’altronde come ha detto il titolare Margarit Matteo chiamato sul palco a premiare i primi classificati... “i migliori pizzaioli del mondo utilizzano le pale della Lilly Codroipo.”

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Matteo Margarit con la moglie Galdina, assieme allo chef Heinz Beck



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Il corso si sviluppa in 3 moduli della durata di 3 giorni al mese. Le lezioni si terranno dalle 9.00 alle 18.00.

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