1 minute read

Se avanza la pizza, ci pensa Too Good To Go

Più si produce, più si consuma. Anche se l’equazione esatta dovrebbe essere “più si consuma, più si spreca”.

di Giusy Ferraina

Advertisement

Ovviamente parliamo di cibo e, quando parliamo di spreco alimentare, intendiamo quella parte di beni che vengono acquistati ma non consumati e che poi finiscono nella spazzatura.

Equesto “buttare nella spazzatura” risale la catena agroalimentare e si riflette su tutte le fasi: quella produttiva, quella distributiva e, infine, il consumo. Con il cibo sprecato vengono, infatti, gettate via anche risorse come acqua, fertilizzanti, suolo, combustibili fossili e fonti energetiche di ogni tipo, a cui si somma poi lo spreco economico e quello in termini di lavoro e risorse umane.

Un problema a livello globale perché, secondo i dati della FAO, le cifre nazionali sullo spreco sono molto elevate: ben 1/3 di ciò che si produce (un miliardo di tonnellate) non arriva a tavola, che tradotto in cifre parliamo di 15 miliardi di euro.

Ed è proprio alla fine della catena del cibo, nella fase di consumo sia domestico che ristorativo, che avvengono gli sprechi più consistenti dovuti a cattive abitudini di spesa, date di scadenza troppo rigide, inosservanza delle indicazioni in etichetta sulla corretta conservazione degli alimenti, promozioni che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario, tendenza a servire porzioni di cibo magari troppo abbondanti o ordinare troppo al ristorante guidati dalla gola piuttosto che dalla fame effettiva.

Dai dati dell’anno 2023 emersi dall’osservatorio Waste Watcher - che per la giornata contro lo spreco alimentare (5 febbraio) presenta ogni anno il proprio report - gettiamo in media 524,1 grammi pro capite a settimana, ovvero circa 75 grammi di cibo al giorno e 27,253 kg annui: che per fortuna risultano essere il 12% in meno rispetto alla medesima indagine del 2022 (595,3 grammi settimanali).

This article is from: