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La parola ai pizzaioli Il “segnalatore”
Nome: Andrea
Cognome: Godi
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Pizzaiolo presso: 400 gradi
Indirizzo: Viale Porta d’Europa 65, Lecce
Raccontami di te e della tua storia professionale
La mia storia ha inizio un bel po’ di anni fa. Mio padre aveva una pizzeria d’asporto a Lecce, alla quale nel tempo ha aggiunto alcune sale. All’epoca lo stile era quello di una pizza sottile e croccante, riscuoteva un gran successo. In pizzeria ci lavoravano sia mia madre che mio padre; dunque, io ho praticamente vissuto la mia infanzia lì dentro. Cercavo di dare una mano ogni qualvolta potevo farlo, crescendo in mezzo alla farina. Al tempo non si trattava di passione ma di costrizione, più che altro. Ho frequentato l’Alberghiero e così, un po’ per caso, ho intrapreso la mia strada. Mi sono trovato a lavorare in alcuni ristorantipizzerie in cui facevo il cameriere e poi, all’improvviso, mi sono letteralmente trovato “sbattuto” nel vero e proprio ambiente pizzeria. Una sera mancava un aiuto-pizzaiolo, avevo solo 14 anni, mi hanno messo al suo posto e da quel momento non ho più cambiato. Nel frattempo, mio padre aveva venduto la pizzeria, così, già a 15 anni, ho iniziato a coltivare la passione per la pizza lontano dall’ambiente familiare.
A 16 anni ho partecipato al mio primo Campionato Mondiale della Pizza: mi sono qualificato anche molto bene al tempo, con grandissima soddisfazione. All’inizio ho fatto le stagioni; successivamente, dopo aver terminato la scuola, ho iniziato a lavorare in maniera continuativa.
È stato un percorso tutto in salita. Un tempo la pizza non era vista come lo è adesso, nell’ottica di un vero piatto, anche gourmet. Era vista semplicemente come un qualcosa “di accompagnamento” alla cucina. Io non ho mai voluto mollare. Ho continuato a studiare, a seguire corsi, a spostarmi per imparare sempre di più.
Un bel giorno ho deciso di andare a fare un corso in Associazione Verace Pizza Napoletana. A Lecce non se ne parlava proprio di pizza napoletana: esisteva solo quella sottile e croccante. Un’ottica diversa mi intrigava parecchio. Mi son fatto prestare dei soldi da mio padre e mi ci sono buttato. Seguendo quel corso mi si è aperto un mondo. È lì che ho capito lo stile di pizza che volevo fare.
Poi ho iniziato a lavorare in una pizzeria a Lecce: si faceva una pizza con cornicione alto che si poteva definire napoletana ma in realtà non era proprio così. Io cercavo di migliorarla sempre di più provando nuovi impasti, cambiando forno, lavorando sulle cotture. Nel giro di due-tre anni ho deciso di aprire la mia prima pizzeria con i pochissimi risparmi che avevo. Ero solo un ventiquattrenne, non avevo nemmeno l’impastatrice perché mancavano i soldi per comprarla. È stato difficile. Volevo fare la pizza napoletana ma la gente non sapeva neppure di cosa si parlasse. C’era la curiosità ma si andava molto a rilento. All’improvviso, dopo tre-quattro mesi di difficoltà, un successo incredibile, file interminabili fuori al locale. Fantastico.
Cercavo di migliorare continuamente il mio prodotto, giorno dopo giorno, facendo prove su prove e continuando a seguire nuovi corsi, anche sui vari stili di pizza.
Pian piano mi sono avvicinato al mio stile: cornicione alto ma tendente alla fragranza, alla croccantezza quasi. Un mix di stili che ho recepito nel corso degli anni, che ho provato, perfezionato, rendendolo identitario. Oggi la mia pizza non si trova da nessun’altra parte, ha delle caratteristiche ben precise. Nel tempo sono passato da un localino di 50 metri a uno di 300. Oggi copro 600 metri quadri.
In pratica è una pizza molto tradizionale, che rispecchia dei canoni ben precisi. Ogni stagione proponiamo un nuovo menù. Ogni mese un “fuori menù” composto da quattro pizze molto estrose, con altrettanti fritti, ci divertiamo su entrambi i fronti.
Per me la pizza è il più bel mezzo di condivisione. Non c’è nessuno al mondo che non mangi la pizza. È un qualcosa che unisce tutti. Ecco, per me è questo: condivisione convivialità, gioia… (sorride) è amore allo stato puro. Niente rappresenta l’amore più della pizza. Io credo in questo.
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È cambiato tutto sicuramente, ma, aumentando i volumi è aumentata anche la qualità. Investendo sulle attrezzature si è reso possibile arrivare a un prodotto eccellente ogni sera. Oggi con me ho 10 pizzaioli, ragazzi con i quali collaboro e che sono la benzina drenante di tutto. Io li coordino, sicuramente, ma sono loro la linfa vitale di tutto il progetto. Personalmente mi auguro che sempre più persone si avvicinino a questo mondo. Non è facile, ma è comunque la mia speranza più grande.
Dimmi, cos’è per te la pizza?
La mia pizza è fatta con un prefermento che la rende molto digeribile, tende alla fragranza, ha un cornicione molto alto e alveolato. Ho unito dei prodotti tipici campani – come la mozzarella di bufala – a delle vere e proprie chicche pugliesi.
Che pizza mi consiglieresti?
Ti consiglierei la Sud-Est, una delle pizze che abbiamo in carta in questo periodo.
È composta così: base bianca, mozzarella fiordilatte locale, capocollo di Martina Franca, crema di pere, mandorle croccanti e crackers di caciocavallo podolico. Esprime al meglio la stagionalità e la territorialità.
Ti segnalo Angelo D’Amico. È un collega della mia città che stimo e rispetto molto. Tra di noi non c’è invidia, il grande male di tanti professionisti, anzi, c’è voglia di confrontarsi e di crescere.