Pizza e Pasta Italiana

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AL L ’IN T ERNO focus birra e abbinamenti sensoriali

n°3 MARZO 2017




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pizza e pasta italiana

AZIENDE

Antico Molino Rosso As group Cad - David Forni Castelli Forni Cibus Connect Cirio - Conserve Italia Cuppone Dr Schaer Effedue Eredi Malaguti Eurial Eurochef Farm Frites Familia Fiera di Milano, HOST Forni Pavesi Rimini Gi.Metal Greci Grandi Molini Italiani La Torrente Latterie Montanari Lidia Lilly Codroipo Liner McCain Molino Agugiaro & Figna Molino Bongiovanni Molino Dallagiovanna Molino Denti Molino Pasini Molino Piantoni Molino Pivetti Molino Polselli Moretti Forni Novaltec OEM Omega Distribuzione Parizza Pizza New SPA Pizza Master Rispo Surgelati Risolì RPM Sanfelici Conserve Sitta Smoky Elettromeccanica Tecnocrio TuttoFood Tuttopizza Velma Ventidue Vecogel

pag.85 pag. 89 pag.7 pag. 103 pag. 87 pag. 67 pag. 21 pag. 91 pag. 11 pag. 31 pag. 116 pag. 41 pag. 57 pag. 60 pag. 105 pag. 53 pag. 23 pag. 47 pag. 19 pag. 29 pag. 75 pag.110 pag. 93 pag. 33 pag. 96, 97 pag. 43, 107 pag. 2 pag. 80 pag. 99 pag. 12, 13 pag. 37 pag. 55 pag. 115 pag. 73 pag. 27 pag. 45 pag. 95 pag. 86 pag. 69 pag. 61 pag. 3 pag. 111 pag. 51 pag. 9 pag. 17 pag. 65 pag. 77 pag. 81 pag. 87 pag. 109 pag. 105 pag. 101

SOM 6 EDITORIALE

di Giampiero Rorato

8 PRIMA PAGINA 10 PIZZA NEWS 14 — Italia guarda avanti di Giampiero Rorato

28 FOCUS BIRRA

— Antonino Esposito: birra, pizza e passione di Patrizio Carrer

20 FOCUS BIRRA

— La birra e gli abbinamenti sensoriali

di Giampiero Rorato

24 FOCUS BIRRA

34 FOCUS BIRRA

— Unionbirrai: intervista a Simone Monetti di Alfonso Del Forno

38 FOCUS BIRRA

— Assobirra, i chiaroscuri del settore in Italia

— La ricerca dell'abbinamento (im)perfetto tra cibo e birra

di Caterina Orlandi

di Alfonso Del Forno


MARIO 48

88

FOCUS BIRRA

LA SCIENZA DELL'ALIMENTAZIONE

— I migliori abbinamenti Pizza e Birra secondo Simone Padoan di Patrizio Carrer

52 FOCUS BIRRA

62 LA STORIA DELLA PIZZA

— La merenda dei bambini

— E finalmente

dott.ssa Marisa Cammarano

arrivò il Farro

Biologa Nutrizionista

6^ parte

98

di Giampiero Rorato

QUESTIONE DI GUSTO

70 LE ECCELLENZE

ITALIANE

— Oltre Parma e San Daniele

— The Corner Roma di Caterina Orlandi

56

di Caterina Vianello

82

Fabbrica Pedavena

di D. M.

arte di acquistare alimenti di Nives Piva

108 — Giropizza d'Europa 2016/ 2017

FOCUS BIRRA

— La difficile

— Agricoltura e prodotti biologici di Giampiero Rorato

112 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI


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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

M

ai, a memoria d’uomo, come in questi ultimi tempi, una vasta area dell’Italia centrale è stata così a lungo martoriata da un incessante e tragico susseguirsi di terremoti, che hanno inghiottito persone innocenti, distrutto famiglie, sconvolto numerosi comuni, sommerso aziende agricole, artigiane, commerciali e industriali, impoverendo un ampio territorio tra Lazio, Abruzzo, Marche ed Umbria. Lo scriviamo perché nessuno deve dimenticare questa spaventosa tragedia che ha colpito l’Italia intera, semmai impegnarci tutti, dal Nord al Sud della penisola, a lavorare con maggior impegno perché cresca l’economia e nulla venga a mancare alle popolazioni così dolorosamente colpite. Mentre la vita continua, deve continuare, il nostro è un invito alla solidarietà che si manifesta se sappiamo mettere da parte insulse e sbagliate polemiche – lasciamole a certi pericolosi politicanti che nelle polemiche ci guazzano sempre volentieri – cercando piuttosto i rimedi per uscire tutti assieme da questo tunnel, perché la distruzione di interi paesi è una ferita che ha colpito tutti indistintamente gli italiani. Le istituzioni che ci rappresentano hanno saputo interpretare i sentimenti solidali degli italiani, ma non basta. Occorre moltiplicare gli sforzi per rendere l’Italia più sicura, più attraente, più vivibile in ogni angolo, anche nei paesi più piccoli e sconosciuti, anche nelle valli alpine e appenniniche più nascoste e dimenticate. Siamo orgogliosi del nostro Paese, ricco di storia, cultura, civiltà, bellezza e generosità, e siamo consapevoli che, sotto questi aspetti, è uno dei più importanti punti di riferimento per l’intera umanità. Comportiamoci dunque di conseguenza, basta lamentarci, come ha affermato di recente la presidente degli industriali di Treviso, ma rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci al lavoro, come sanno fare quanti operano nel mondo dell’ospitalità e della ristorazione, che col loro impegno e spesso con grandi sacrifici hanno reso questo settore uno dei più significativi e positivi del nostro Paese. Albergatori, ristoratori, pizzaioli, B&B, Agriturismi continueranno a farlo e uguale volontà e impegno deve essere in tutti gli italiani..

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura

COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Caterina Orlandi

edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXVIII - n.3 Marzo 2017

AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada), Valeria Vairo (Buongiorno Italia).

Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ Patrizio Carrer, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin

ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA

REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo e Paola Dus

PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE

di Sara Ciprandi

ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia

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PRIMA PAGINA di Patrizio Carrer

Sirha 2017, il salone di Lione supera le 200mila presenze

Grani Antichi e Grano Franto: le nuove farine Agugiaro&Figna.

G

rani antichi e grano franto, sono le due nuove farine proposte da Molino Agugiaro e Figna, per gli operatori del settore pizzeria. Le “ 5 stagioni” arricchiscono le loro linee di farine destinate ai pizzaioli con due nuove farine, sono caratterizzate da genuinità e alta digeribilità e fanno parte assieme a “nucleo Rustico”, alla linea “Storie di Farina”, ideali per la lavaorazione di tanti prodotti, dalla pasticceria, alla panificazione, dall’alta cucina e ovviamente alla pizza. Nello specifico, Grani Antichi è una speciale farina di tipo 2 macinata a pietra, all’apparenza rustica, che rappresenta un prodotto innovativo e dall’alta digeribilità, che conferma l’attenzione alla genuinità dei prodotti di Agugiaro&Figna Molini e la completa attenzione dell’azienda al pieno rispetto della filiera agricola. Una farina che affonda le radici nel passato racchiudendo dentro di sé tutti i sapori e i profumi riscoperti da un’attenta ricerca e di un accurato processo di selezione. L’aroma inconfondibile, che riporta a uno dei sapori più antichi del mondo, caratterizza anche Grano Franto. Si tratta di un mix che contiene anche lievito madre essiccato (rende il prodotto facilmente digeribile) e che conserva tutta la fragranza del chicco di grano, perché schiacciato e non ancora sottoposto al completo processo di macinazione.

208 Al via dal 6 al 12 marzo, la settimana della birra

T

ante le iniziative previste per la 7ma edizione della settimana della Birra Artigianale, manifestazionenazionale che promuove la diffusione delle bionde fatte dai mastri birrai di tutto lo stivale.I birrifici artigianali sono in crescita costante, e questa manifestazione raccoglie non solo i produttori ma ma anche i locali, i pub, i beershop e le associazioni di tutta Italia. L’iniziativa promuove il settore su tutto il territorio nazionale e sostiene il movimento con iniziative capaci di coinvolgere un gran numero di realtà diverse, rafforzandone l’identità e l’ascesa che il fenomeno birra sta vivendo, chiunque può aderire e può farlo gratuitamente, a condizione che organizzi un evento o che proponga una promozione a tema nei sette giorni indicati. Lo scorso anno sono state quasi 800 con 791 aderenti in tutta Italia (+31% rispetto al 2015), che hanno proposto 616 eventi (+33%) e 441 promozioni (+25%) - che nella stessa settimana prendono forma e offrono occasioni per conoscere o approfondire le produzioni brassicole. «Un grande brindisi collettivo che ha abbracciato tutta l’Italia, da nord a sud. La Settimana della birra artigianale - racconta Andrea Turco - continua a crescere e con lei un fermento e un entusiasmo davvero trascinanti”.

mila professionisti e 3mila espositori: due numeri che danno l’idea dell’affluenza al salone francese dedicato alla ristorazione, hotellerie, e alimentazione. Sirha, manifestazione biennale che si svolge nella cittadina francese, si è superata, aumentando del 10% i visitatori dell’edizione 2015. Il successo di Sirha parte prima di tutto dall’ampia presenza di espositori internazionali – circa 3000 – , tantissimi eventi che hanno riguardato la panificazione, la cucina, la pasticceria e ovviamente la ristorazione commerciale e collettiva. Il programma del Sirha 2017 è stato ancora più ricco grazie all’aggiunta di tre nuovi concorsi: il trofeo del Maître d’hôtel, il concorso dei Migliori giovani panificatori internazionali e il Global young chefs challenge, che si sono inseriti alla perfezione nelle giornate del Salone regalando ancora maggiore spessore ad una programmazione già rappresentativa di tutte le professioni del settore alimentare. Per la prima volta nella storia del concorso, gli Stati Uniti si sono aggiudicati la vittoria dopo 5 ore e 35 minuti di prove che hanno visto sfidarsi 24 Paesi selezionati per la grande finale del Bocuse d’or a Lione. Il Bocuse d’argento è stato assegnato alla Norvegia, mentre quello di bronzo all’Islanda. Ideata nel 1987 da Paul Bocuse, la più prestigiosa gara culinaria del mondo festeggia quest’anno il suo 30° anniversario.


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pizza e pasta italiana

pizza

NEWS “Vieterei l’ananas sulla pizza”, bufera sul presidente islandese (costretto a scusarsi) Il presidente islandes Guoni Johannesson si è scagliato contro la pizza all’ananas, durante la visita al liceo di Akureyri, città portuale affacciata su un fiordo nel Nord del Paese, mentre rispondeva alle domande degli alunni. Prima ha spiegato la sua visione su temi di attualità e poi svelato la sua fede calcistica («Tifo Manchester United»). Poi un ragazzo ha alzato la mano: «Le piace l’ananas sulla pizza?». Una domanda innocente, ma la risposta ha sollevato un’ondata di polemiche. Johannesson ha detto di essere «profondamente contrario» all’ananas sulla pizza. Ma si è spinto oltre: se ne avessi il potere, ha detto, proibirei l’accoppiata con un’apposita legge. Apriti cielo. L’hashtag #pineapplepizza ha subito scalato le classifiche di Twitter, spaccando la civilissima comunità social islandese

(ma non solo). Da una parte chi inneggiava a Johannesson come un eroe culinario, dall’altra chi lo accusava di «nazismo gastronomico». Tanto che è stato costretto a un chiarimento. «Non ho il potere di fare leggi che proibiscano alla gente di mettere l’ananas sulla pizza», ha scritto su Facebook. Buttandola poi in politica, con una spiegazione sui rischi del potere illimitato e senza contrappesi («Non vorrei essere nella posizione di chi può fare leggi che vietano quello che non gli piace. Non vorrei vivere in un Paese del genere»). Ma, sulla pizza, è rimasto irremovibile: «Consiglio quella con i frutti di mare».

Un Consorzio per tutelare la Burrata d’Andria Nasce ad Andria, in Puglia, il Consorzio per la tutela e la valorizzazione della Burrata di Andria Igp L'atto di fondazione si è svolto lo scorso 17 febbraio a porte aperte nella sala consiliare del Comune di Andria La nascita del consorzio è l'ultimo atto, in ordine di tempo, dell'Associazione produttori Burrata di Andria. L'associazione si costituì ad Andria nel 2010 grazie all'impegno di sei produttori: Caseificio Montrone spa, Sanguedolce srl, Caseificio Andriese 'Bontà genuina' srl della famiglia Perina di Barletta, Caseificio F.lli Simone srl, Caseificio F.lli Nuzzi snc di Nuzzi Salvatore & C. e Caseificio Michele Olanda. Dal lavoro di ricostruzione storica, la burrata risulta essere stata creata dall'andriese Lorenzo Bianchino per conservare e utilizzare la panna in eccesso, derivante dalla produzione della pasta filata. "Il consorzio nasce con l'obiettivo di salvaguardare l'origine della burrata - dichiara in una nota Nicola Cusmai, tecnologo alimentare e segretario dell'Associazione produttori Burrata di Andria - e di definire, grazie al disciplinare di produzione approvato da Ue, Mipaaf e Regione Puglia, standard di lavorazione, forma e caratteristiche fisicochimiche uniche e chiaramente identificabili dal consumatore.

La città della pizza, a Roma 31 marzo al 2 aprile La Città della Pizza nasce "per celebrare e promuovere il nuovo Rinascimento del prodotto italiano più amato nel mondo". Così Vinòforum, ideatore dell'evento in collaborazione con Ferrarelle, annuncia l'arrivo del nuovo format venerdì 31 marzo, sabato 1 e domenica 2 aprile, presso gli spazi dell'area Guido Reni District - in via Guido Reni, 7 a Roma. Una grande piazza in cui andrà in scena tutto il meglio dell'universo pizza. 40 tra i migliori pizzaioli della Penisola, da Nord a Sud passando per il Centro, dai maestri partenopei alla nouvelle vague casertana, dagli interpreti del fenomeno pizza gourmand alla scuola romana, per un

totale di circa 90 differenti pizze, suddivise nelle categorie "napoletana", "all'italiana", "da degustazione", "al taglio" e "fritta". A selezionarli i 5 autori della manifestazione: Emiliano De Venuti, ideatore e Ceo di Vinòforum, uno dei più importanti marchi italiani dedicati alla promozione enogastronomica; Luciano Pignataro, tra le firme del giornalismo agroalimentare italiano, appassionato di pizza e voce autorevole del settore; Luciana Squadrilli e Tania Mauri, giornaliste specializzate in gastronomia, autrici di iniziative editoriali sulla pizza; Stefano Callegari, pizzaiolo, tra i massimi esponenti su scala nazionale, invento-

re del già mitico Trapizzino. Immancabili gli abbinamenti con la birra artigianale firmata Baladin e le bollicine italiane del Consorzio di Tutela del Prosecco DOC, per scoprire l'immenso ventaglio di possibilità che offre la pizza in tutte le sue varianti.


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pizza e pasta italiana

LA NUOVA BRAND IDENITY DI MOLINO PASINI In occasione dell’appuntamento con Sigep Molino Pasini ha scelto di presentarsi al mondo con nuove vesti ed una serie di progetti ed eventi a 360°

• RESTYLING DEL LOGO

• SIGILLO DI QUALITÀ

• PRESENTAZIONE DEI NUOVI PRODOTTI

“Farina del mio sacco”. Il nuovo segno nasce sulla base dell’originale datato 1996 e ha come obiettivo quello di evidenziare la trasformazione e l’evoluzione che l’azienda ha perseguito nel corso di questi anni. Il marchio, tuttora contraddistinto da una forte connota­zione geometrica, si rinnova nei suoi elementi portanti. Non si presenta più come una sola spiga stilizzata, ma tre. Il tutto viene racchiuso in una circon­ferenza che fa da cornice ai valori ed alla filosofia che da sempre contraddi­stingue i prodotti Molino Pasini.

Molino Pasini ha creato un nuovo riferi­ mento di qualità per i suoi prodotti. Questo Sigillo di eccellenza va oltre le certi­ficazioni riconosciute all’azienda. Unico nel suo ge­ nere, il Sigillo Molino Pasini copre la confe­ zione, suggellando la qualità di ogni singolo sacco di farina. Il Sigillo rappresen­ta anche il nostro impegno a mantenere sempre i più alti standard qualitativi. Combinando esperienza, innovazione e progresso tecni­ co, il Sigillo Molino Pasini vuole coronare un prodotto ed un’intera filiera produttiva d’eccellenza. Noi rispettiamo la fiducia che ci accor­dano i nostri clienti e con questo Sigillo assicuriamo che le nostre farine potranno continuare ad essere apprezzate dalla nostra clientela.

“Il Maestro”, una miscela di farine tipo 1 per completare la gamma con una proposta ricercata, volta a riportare a tavola i sapori di un tempo. L’elevata idratazione dell’im­ pasto è una delle sue principali caratteristi­ che in grado di garantire estrema leggerez­ za ed alta digeribilità. Il tutto condito da un profumo ed un aroma unici ed antichi. A coronamento della linea Mix invece fa capolino il Mix Pizza al Farro, ideale per brevi e medie lievitazioni a temperatura ambiente.


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L’Italia guardi in avanti con coraggio di Giampiero Rorato


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Alberghi e ristoranti hanno bisogno di un Paese più dinamico e politiche più capaci di ascoltare le persone

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vasti mondi dell’ospitalità alberghiera e della ristorazione, nelle loro tante espressioni, sono impegnati giorno dopo giorno ad essere in sintonia con le richieste di una clientela sempre più internazionale, con le esigenze dei tempi che cambiano, con l’impiego crescente e ormai indispensabile dei social che esigono velocità di interventi e di risposte. In buona parte, questi mondi si sono attrezzati per svolgere in modo sempre più puntuale e professionale il proprio compito istituzionale, sapendo di essere colonne portanti dell’economia del Paese. Essi, inoltre, sono

la cartina di tornasole di uno stile di vita che è alta espressione di civiltà. Anche grazie all’attrazione e al servizio svolto dal mondo dell’ospitalità e della ristorazione – alberghi, B&B, residence, ristoranti, pizzerie, agriturismi, bar, ecc. – l’Italia è uno dei Paesi più visitati al mondo, ancora ricco di potenzialità che attendono solo di essere sviluppate (soprattutto al Sud e nelle isole). Questi mondi straordinari, dove non si contano le ore di lavoro, dove ci sono dedizione e impegno quotidiani, dove centinaia di migliaia di persone sanno che la loro


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vita dipende proprio dalla capacità delle strutture nelle quali operano a tenere alta l’attrazione d’una clientela non solo nazionale, hanno bisogno di un’Italia altrettanto impegnata a rinnovarsi specie a livello istituzionale e politico. Un recente referendum ha detto no al mondo politico, a quasi tutto il mondo politico, perché, pur impegnato a guardare al futuro, s’è dimostrato poco capace di interpretare le necessità reali e quotidiane della gente, a cominciare dal lavoro, dalla casa, da una vita dignitosa, anche se in questi anni molti problemi sono stati affrontati e diversi anche risolti. E per interpretare quanto successo all’inizio di dicembre abbiamo anche dovuto ascoltare una montagna di discorsi spesso irreali e incomprensibili e sono state spese paginate di parole inutili, spesso interessate, troppe volte poco sincere, anche intessute di inutili e vergognose contumelie rivolte agli avversari politici, trattati come fossero dei nemici.

Così non va, non può andare. C’è invece la necessità che si costruisca finalmente un rapporto vero, solido, sincero tra chi governa e chi è governato e tra i gruppi politici, solo allora ci sarà credibilità e si possono realizzare quelle innovazioni che restano assolutamente indispensabili all’Italia. E rinnovare lo chiedono proprio coloro che lavorano senza guardare l’orologio, ai quali, fra l’altro, vien meno la speranza e cresce l’indignazione quando leggono di stipendi milionari presi da manager che magari fan fallire le aziende loro affidate.

C’è veramente molto da cambiare nel nostro Paese, pur così bello, pur così ricco di patrimoni d’arte e di cultura.


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Non servono le urla di sguaiati politici che infastidiscono senza nulla risolvere, serve invece una migliore comprensione dei problemi veri che possono essere risolti ascoltando la gente, serve più impegno per costruire un’Europa dei popoli – sempre più indispensabile in tempi di globalizzazione – ridimensionando l’Europa dei burocrati. I nostri lettori sanno bene che molto è stato fatto in questi anni e che l’inizio, a metà del secolo scorso, dopo l’ultima grande guerra, di un cammino per unire gli Stati europei ha garantito già settant’anni di pace, l’abolizione delle frontiere con la possibilità di girare liberamente per l’Europa; lo sviluppo dell’Erasmus che ha permesso a decine di migliaia di giovani di studiare in altri Paesi europei, allargando il proprio orizzonte culturale; il rafforzamento delle economie che, altrimenti, sarebbero state, come affermano gli esperti, in balia dei più forti. Il cammino per arrivare alle mete desiderate è lungo, ma i ristoratori, i cuochi, i pizzaioli, gli albergatori e quanti altri sono a contatto col turismo internazionale sanno bene che non si può tornare indietro, che bisogna proseguire con serietà e intelligenza, perché lo esige la storia e lo esige l’economia, come dire le possibilità di vita per le generazioni future. E non si può neppure restare fermi mentre altri corrono, dobbiamo capirlo, e non serve dirlo agli operatori dell’ospitalità e della ristorazione che già lo sanno e lo vivono ogni giorno.

Lo devono sapere i politici d’ogni tipo, l’Italia appartiene all’Europa, non potrebbe vivere senza essere Europa, ma serve che chi da Bruxelles sovraintende alle attività politiche ed economiche del Vecchio Continente sappia che i primi da ascoltare e da servire sono i cittadini, garantendo corretti investimenti veri e non solo annunciati e quindi lavoro e vita dignitosa per tutti, accorciando le enormi e vergognose differenze di stipendi fra manager e lavoratori dipendenti. Il resto – il miglioramento delle infrastrutture; il controllo delle banche e dei bilanci statali; la politica agricola comune; il controllo dell’ambiente; ecc. – viene dopo o, comunque, deve essere in funzione del benessere vero di tutti i cittadini.

L’Italia, con i suoi straordinari prodotti agroalimentari e la sua meravigliosa ristorazione ha tutto per essere una grande protagonista del nostro tempo, purché i politici ascoltino, le istituzioni siano efficienti, la burocrazia cessi di pesare, ostacolare, frenare e aiuti seriamente a risolvere i comuni problemi. E sappiano le istituzioni – governate da partiti e da persone - che tutti noi siamo attenti a quanto succede, desiderosi di vedere in chi governa – dallo Stato ai comuni più piccoli – capacità di idee, lucidità mentale, intraprendenza, coraggio e, soprattutto capacità di servizio senza inaccettabili ambizioni di comando.


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FOCUS

pizza e pasta italiana

B IR R A

la Birra e gli abbinamenti sensoriali P

izza e Pasta Italiana in questo numero propone ai lettori un ampio focus sulla birra e i suoi abbinamenti sensoriali: della pizza alle carni, dai formaggi ai dolci, un omaggio alla prestigiosa storia di una bevanda che dagli antichi egizi fino ai giorni nostri è entrata a far parte della nostra quotidianità e che sempre di più viene apprezzata e consumata in tutta Italia. Siamo consapevoli che sarebbe stato impossibile sintetizzare in così poche pagine 3000 anni di storia, per questo motivo abbiamo scelto di raccontare la Birra attraverso l’esperienza e il contributo di chef, pizzaioli, imprenditori, associazioni di categoria ed esperti del settore. A loro abbiamo chiesto di raccontare le loro “storie di birra”, con suggerimenti, ricette, abbinamenti, tendenze e consumi. Proprio sul consumo di birra in Italia è opportuno fare una riflessione, secondo i dati di Assobirra – Associazione che raggruppa i produttori di Birra in Italia – gli italiani nel 2015 hanno consumato più birra rispetto all’anno precedente (

circa 30 lt a testa all’anno), ma si tratta di ben poca cosa rispetto alla media europea, dove i consumi si attestano su dati superiori, in più le limitazioni di orari e di somministrazione delle bevande alcoliche, hanno inciso non poco sui consumi fuori casa. D’altro canto i numeri lasciano presagire dati positivi per settore, in Italia ci sono circa 700 realtà che producono birra, diffuse in tutto il territorio da nord a sud. Per questo motivo non potevano mancare i contributi di personalità che valorizzano anche le birre del territorio locale, come Antonino Esposito con i microbirrifici campani, oppure solide realtà con una lunga tradizione birraia alle spalle – vedi Fabbrica di Pedavena-. Vi invitiamo quindi a leggere queste pagine e trovare magari gli spunti per proporre nel vostro locale o nella vostra pizzeria il migliore abbinamento con la birra.


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pizza e pasta italiana

B IR R A

C’

la Pizza e la Birra

è una bella storia che merita conoscere. Nell’immediato ultimo dopoguerra, attorno agli anni ’50 del secolo scorso, risolti i primi enormi problemi causati dal secondo tragico conflitto mondiale, la vita in Italia andò rapidamente riprendendo. Le grandi fabbriche del Nord, la Fiat, l’Alfa, l’Ansaldo e tante altre presenti in quello che era chiamato il “triangolo industriale”, Torino, Milano, Genova, cominciarono a richiamare migliaia di braccia dal Sud, trasformando i contadini meridionali in bravi operai dell’industria. Nel Nordest, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, data la divisone dell’Europa in due parti, quella occidentale libera e democratica e quella orientale sotto la ferrea dittatura dell’URSS, vennero costruite numerose caserme e gran parte dei ragazzi italiani vennero in queste aree ad assolvere il servizio di leva. Al seguito degli operai del Nordovest e dei giovani militare del Nordest arrivarono dal Sud, in particolare dalla Campania, centinaia di pizzaioli che aprirono le loro botteghe in tutte le località dove risiedevano gli operai e vicino alle caserme. Sfornare le pizze per quei provetti pizzaioli meridionali era facile ma quale bevanda abbinare? La regina Margherita, quando nel 1889 ordinò a Raffaele Esposito la pizza, l’abbinamento ideale fu allora con dell’ottimo vino locale, perché l’abbinamento ideale della pizza era il vino. Ma al Nord, quando aprirono le loro pizzerie, per poter servire il vino quegli intraprendenti pizzaioli dovevano ottenere il permesso di Pubblica Sicurezza, allora indispensabile per vendere alcolici, cioè bevande sopra gli 8° e la pratica era piuttosto lunga, esigeva un’accurata indagine sul richiedente e su eventuali suoi precedenti, per cui passavano i mesi e il permesso non arrivava. Ben diverso se avessero servito con la pizza una bevanda inferiore agli 8° e la birra si prestava benissimo a soddisfare questa esigenza e così la birra fece la sua comparsa nelle pizzerie del Nord Italia,

graditissima anche perché i ragazzi meridionali non erano abituati a bere vino e gli operai dovevano essere prudenti poiché il loro lavoro era pesante ed esigeva sempre vigile attenzione e abbondare col vino poteva essere pericoloso. Grazie dunque a una burocrazia pignola e abitualmente lenta, la birra cominciò a diffondersi sempre più, facendo crescere in modo verticale il suo consumo, mentre andava progressivamente diminuendo il consumo di vino. Questo per quanto riguarda la storia e va aggiunto che l’incontro pizza-birra è stato un incontro felice e ha permesso anche la nascita, in questi ultimi anni, di molti birrifici artigianali, creando nuove mode e un nuovo modo di bere. Non serve aggiungere che la birra è la bevanda regina delle pizzerie, anche se c’è chi preferisce abbinare la pizza col vino, spumante, frizzante o anche fermo, perché le possibilità di scelta sono davvero tante. I bravi pizzaioli hanno poi scoperto che, accanto alle birre tradizionali alla spina, è bene avere delle birre artigiane in bottiglia, perché chi ama questa bevanda, e sono tanti, desidera provarne di nuove, trovare quella che sposa meglio la pizza ordinata, goderne i sapori, le sfumature, la permanenza in bocca, l’amaro del luppolo e analizzare le sensazioni che questa nobile e antica bevanda sa regalare. Va poi aggiunto che in questi ultimi tempi la cultura della birra è enormemente cresciuta, sia perché esistono dei locali altamente specializzati dove il titolare è un grande esperto e ti racconta tutto della birra servita, a quale tradizione appartiene, come è andata modifi-

candosi nel corso del tempo, se è stata prodotta in un monastero o in un birrificio di questa o quella parte della Mitteleeuropa. È cultura, certo, una cultura del bere che obbliga il pizzaiolo ad avere un’altrettanta cultura del cibo che offre, della materia prima impiegata, del tipo di impasto, degli ingredienti delle farce, delle tecniche di cottura. Mondo splendido quella della pizza e la birra ne fa parte a pieno titolo, nelle sue tante varietà, nei suo diversi colori, sapori e gusti, perché ormai da tempo le pizzerie sono locali di ristorazione importanti, divenuti veri protagonisti in tutto il mondo, e non solo per giovani e famiglie.

di Giampiero Rorato



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Assobirra, i chiaroscuri del settore birra in Italia di C. P.

N

ata nel 1907, l’Associazione dei Birrai e dei Maltatori, riunisce le maggiori aziende che producono e commercializzano birra in Italia che complessivamente coprono più del 98% della produzione di birra nazionale rappresentando oltre il 75% della birra consumata in Italia, dando lavoro direttamente e con il suo indotto a 137mila persone. Proprio per il suo ruolo istituzionale e per le numerose attività promozionali

svolte in tutto il mondo, Assobirra è un punto di riferimento per quanto concerne di aspetti legislativi, giuridici e sindacali, ponendosi l’obiettivo di tutelare gli interessi dei propri associati. La redazione di Pizza e Pasta Italiana ha raccolto il prezioso contributo di Assobirra, cercando di sintetizzare in questo articolo quali sono i numeri delle bionde in Italia e quali le prospettive di crescita di chi commercializza e vende birre in tutta Italia.


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Q

La domanda interna

Il 2015 ha segnato un aumento dei consumi di birra fuori casa, però i dati delle importazioni di birra sono sempre molto più alti rispetto all’export, le ragioni di questa contraddizione sono molteplici, l’eccessiva pressione fiscale cui la birra è soggetta in Italia che sposta i consumi interni verso i prodotti a basso prezzo attirando le importazioni da altri Paesi comunitari i quali, grazie al principio del mutuo riconoscimento, beneficiano di un vantaggio competitivo derivante da una pressione fiscale ridotta rispetto ai nostri produttori. A causa della diminuita competitività dovuta all’aumento della pressione fiscale, la birra italiana sta perdendo quote di mercato interno. Nel 2015 solo il 63% della birra consumata nel nostro Paese è stata prodotta in impianti italiani: 2 punti percentuali in meno rispetto alla media del triennio 2012-

2014 e ben 4 punti percentuali in meno rispetto al 2007. Una minore pressione fiscale sulla birra, una maggiore politica economica atta a favorire i produttori, potrebbero essere le soluzioni per favorire produttori e distributori. Tuttavia sul settore continuano ad incombere ombre minacciose: per il terzo anno di fila l’occupazione è rimasta pressoché stazionaria, con 137 mila addetti fra diretti, indiretti e nell’indotto allargato; i consumi interni, pur tornando sopra la soglia dei 30 litri pro capite annui, non hanno ancora recuperato i valori del 2007, ultimo anno pre-crisi e soprattutto rimangono inchiodati all’ultimo posto fra quelli dei Paesi dell’Unione Europea. Le importazioni rimangono troppo alte, superando come nel 2015 i 7 milioni di ettolitri (3 volte in più rispetto alle esportazioni – fonte Assobirra).

Q

L’identikit del consumatore italiano

Il consumo medio di birra in Italia è salito, nel 2015 ogni italiano ha consumato in media più di 30 litri di birra all’anno, poca cosa rispetto alla media europea, che si assesta sui 70 litri, paesi storicamente produttori e consumatori di birra (Germania, Austria, Irlanda, dove le bionde sono le si attestano dagli 80 ai 140 litri pro capite). Il perché di questo consumo così ridotto non è solo da imputare ad una differenza culturale. La più grande crisi economica degli ultimi anni ha decisamente ridotto i consumi delle bevande alcoliche dal 2007, e lentamente la domanda interna sta risalendo la china. Si privilegiano in linea

di massima i consumi in casa: attualmente le bionde consumate al pub, in pizzeria o al ristorante sono pari al 41, 5% del totale, mentre il resto dei consumi vengono assorbiti dalla grande distribuzione. Qualitativamente vengono preferite le birre di fascia economica, generalmente più diffuse a discapito delle “premium” che hanno subito un’inflessione del 20%. Va aggiunto inoltre che le limitazioni a carattere locale sull’apertura e la chiusura dei locali e la loro conseguente somministrazione di bevande alcoliche hanno danneggiato negli ultimi anni i consumi non solo della birra, ma in generale degli alcolici in Italia.


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Le attività di Assobirra

A fronte di un settore che da ampi segni di vivacità – negli ultimi anni i produttori di birra hanno toccato quota 700 – vanno registrate diverse incognite, dalla mancanza di nuovi posti di lavoro al fatto che proprio la birra è l’unica bevanda alcolica da pasto a pagare delle tasse, nel 2015, la campagna “ Rivoglio la mia birra” ha posto l’accento proprio sulle accise a cui le bionde sono soggette e che di fatto aumentano il costo della birra per i consumatori, le iniziative che ne sono seguite hanno avuto ampio eco nella stampa e più di 120mila firme sono state raccolte per togliere definitivamente le tasse sulla birra. Da molti anni AssoBirra sviluppa campagne di consumo responsabile rivolte in particolare a specifiche categorie di soggetti, quali le persone che intendono mettersi alla guida, le future mamme ed i minorenni, coinvolgendo

anche testimonial d’eccezione come l’attrice Francesca Cavallin per la Campagna “Se aspetti un bambino l’alcool può attendere”.Nel 2016 va segnalata la presenza al Foodex di Tokio, prestigiosa vetrina internazionale mentre nel 2017 Assobirra sarà presente per il quarto anno consecutivo con una collettiva al Vinitaly.


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Antonino Esposito: birra, pizza e passione.

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ntonino Esposito non necessita di presentazioni, pizzaiolo campano affermato e apprezzato per il suo lavoro, volto familiare di Alice TV, titolare dei locali “Acqu’ e Sale” e “Ahum”, pizzerie di tendenza dove assaggiare piatti tradizionali e innovativi della cucina made in Sud. Abbiamo chiesto ad Antonino Esposito che ruolo svolge la birra nel menù dei suoi locali e ciò che è emerso è una cronaca appassionata raccontata da un cultore non solo di pizza, ma anche di cucina, di birra e di molto altro ancora.

di Patrizio Carrer

“Lei ha anticipato i tempi, proponendo degli abbinamenti di birra ad hoc per i suoi piatti. Qual è l’esigenza che l’ha spinta a proporre questi abbinamenti?”

Q

L’abbinamento va inteso come uno strumento per mangiare e bere meglio. Non tutte le pizze sono uguali dipende dagli ingredienti che si decide di utilizzare. Se si sceglie di gustare una pizza dagli ingredienti particolarmente aromatici o dal sapore importante come un provolone del Monaco, dopo qualche morso, il palato potrebbe stancarsi e non apprezzare al meglio quanto proposto, serve quindi qualcosa da bere che possa resettare il palato in modo che al morso successivo si possa apprezzare nuovamente la piacevolezza di ciò che offro ai miei clienti. Questo è un esempio eclatante ma anche una pizza margherita può esprimersi al meglio se accompagnata da qualcosa che smorzi l’acidità del pomodoro e magari ripulisca il palato dal fiordilatte sorrentino. Per valorizzare le mie pizze avevo bisogno, però, di abbinare qualcosa di altrettanta qualità ma anche molto versatile e la birra artigianale lo è e in alcuni casi anche più del vino. Anticipare i tempi è sempre una sfida ma possiamo tranquillamente dire di averla vinta.



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Intervista ad Antonino Esposito

“Quali sono le regole base per abbinare la birra al cibo? Per un piatto a base di carne per esempio? E per un dolce?

Senza mai perdere di vista la premessa di prima ossia che l’abbinamento serve a mangiare e bere meglio si possono seguire delle regole guida ma serve soprattutto tanto studio e sperimentazione. Lei mi chiede un abbinamento per la carne, io le rispondo ma questa carne di che tipo è? Di manzo, di maiale o è selvaggina? E poi come è cucinata? E’ un ragù o è alla brace? C’è quindi una lunga cottura nel pomodoro o ci sono le scottature della brace? E mille altre cose da tener presente. Non esiste la Birra per la carne ma esistono le Birre a seconda di come è costruito il piatto di carne, della cottura e degli altri ingredienti che compon-

gono il tutto. Una volta fatta una selezione di Birre a livello teorico poi bisogna provarlo nella pratica. A livello teorico per esempio possiamo dire che per un ragù servirà una Birra con una buona base maltata per il pomodoro, una buona struttura e un buon grado alcolico mi vengono in mente le Dopplebock. Per una bistecca di manzo alla brace opterei per una scura con una lieve nota affumicata. I dolci, soprattutto nel nostro territorio, sono un universo e quindi bisogna capire se sono con il cioccolato, con le creme, a cucchiaio ecc, quanto dolci sono e se fare un abbinamento per concordanza o contrasto.

“La Campania offre una vasta gamma di eccellenze alimentari, dal vino alla pasta, dalla mozzarella al pomodoro, ma la birra made in Campania come si colloca in questo contesto?”

La Birra Artigianale Campana rispetto alle altre eccellenze è solo nata dopo ma la partenza è di quelle che lasciano di stucco. I Birrai campani hanno

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avuto la lungimiranza di guardare cosa è accaduto negli altri settori e per questo motivo hanno evitato determinati errori e bruciati i tempi. Ne vedremo delle belle…Birre


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Intervista ad Antonino Esposito

“ Parliamo di abbinamento con la pizza, facciamo chiarezza: spesso si crede che 2 alimenti lievitati in abbinata, come appunto la birra e la pizza, possano arrecare disturbi e problemi nella digestione. Ma non è così…”

La premessa è che facciamo riferimento a Pizza e Birra Artigianale di qualità e prodotte nei migliori dei modi. Quindi parliamo di Pizza lievitata nei giusti tempi in relazione alle farine utilizzate e soprattutto prodotte con farine vere, di qualità. A monte deve esserci una conoscenza profonda di ogni tipo di lievito, per capire quale utilizzare e saperli lavorare. Regole d’arte esistono anche per la Birra Artigianale che non essendo pastorizzata e molto spesso rifermentata in

bottiglia, come il metodo classico degli spumanti ma senza sboccatura, ovviamente porta e deve portare all’interno di sè ancora lieviti. Qui poi entra in gioco l’abilità del birraio che sa come attenuare al massimo il fermentato e ridurre al minimo i lieviti all’interno della sua Birra. Non disturbano una lievitazione e una fermentazione insieme ma una lievitazione e una fermentazione fatta male e in quest’ultimo caso, credetemi, darebbero fastidio anche da sole senza abbinamento.

“Il mercato della birra offre tantissime alternative, cosa consiglia a chi vuole proporre una carta della birra nel proprio locale?”

Io per il mio locale ho avuto la fortuna di poter puntare sul Birrificio Sorrento a due passi da me. Un Birrificio che ha la mia stessa filosofia di qualità. Le loro Birre, come le mie Pizze, utilizzano ingredienti locali come i rinomati limoni di Sorrento, le arance o le noci. Il consiglio è di partire

Q

dal territorio e poi pian piano allargare l’offerta. Anche nei miei locali, l’Acqu’ e Sale e Ahum!, ho deciso di puntare su poche birre, ma intimamente legate al territorio. La cosa importante è proporre nel modo giusto la propria offerta ai clienti, preparandosi professionalmente.



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UnionBirrai intervista a Simone Monetti di Alfonso Del Forno

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nionBirrai è l’associazione che dal 2000, promuove la cultura della birra artigianale in Italia, presente in tutto il territorio italiano, Unionbirrai offre una fotografia del settore brassicolo artigianale, in cui emerge una grande vivacità e una diffusione capillare in tutto il territorio di attività ne abbiamo discusso con Simone Monetti, direttore di UnionBirrai e vi riportiamo il suo contributo.

Q

Gentile sig. Monetti, lei è direttore di UnionBirrai, associazione culturale che raccoglie i produttori di birra artigianale. Quali sono i vostri obiettivi? E come vi ponete nei confronti del mondo della ristorazione e della pizza?

Unionbirrai è una associazione che promuove la cultura della birra artigianale in Italia. Nata nel 2000, si è evoluta negli anni, con il mutare delle esigenze, per diventare oggi una associazione in cui cercano un dialogo i produttori, i degustatori, gli esercenti ed i consumatori finali. Dialoghiamo con esercenti della ristorazione e della pizza, al fine di creare un filo diretto tra il mondo della birra e quello della ristorazione. Tutte le info e le modalità di iscrizione su www.unionbirrai.it


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Q

Q

Il mondo della ristorazione e della pizza sono sempre più attenti ad offrire un’ampia selezione di birre. Cosa consiglierebbe ad un pizzaiolo o ad un ristoratore che vorrebbe ampliare la propria offerta di birre alla carta?

Di informarsi molto, provare direttamente i prodotti, di supportare i birrifici locali dando ampio spazio nelle carte, e di riservare uno spazio anche alle produzioni di altre regioni, magari con uno sguardo particolare verso le produzioni che raccontano i territori. E in caso di dubbi di rivolgersi a degli esperti per avere i giusti suggerimenti.

Q

Negli ultimi abbiamo assistito ad una nascita esponenziale di birrifici artigianali, microbirrifici, realtà che spesso nascono come un hobby ma che poi diventano una professione. Qual è lo stato attuale di queste realtà? C’è un censimento sui birrifici artigianali in Italia?

Nel 1996 i birrifici artigianali si contavano su una mano, ad oggi - tra birrifici e marchi registrati di beer firm - siamo ad oltre 1200. Il trend di crescita dimostra che questo settore è tra i più in crescita in ambito di nuove aperture, ma purtroppo non va di pari passo il trend dei consumi, che resta in Italia tra i più bassi d’Europa. La realtà brassicola italiana è comunque tra le più attive del mondo. L’Osservatorio ALTIS – UNIONBIRRAI, che prevede

ogni due anni un rapporto sui risultati della ricerca, rilevava nel 2015 risultati molto positivi: il settore è in espansione e l’attività di microbirrifici, brew pub e beer firm presenta una crescita costante e uno sviluppo positivo delle realtà produttive, che da semplici start-up diventano aziende strutturate pronte e assumere a tempo indeterminato i propri collaboratori. In futuro, inoltre, si prevede un carico di investimenti fino a 100 milioni di euro.

Abbiamo riscontrato attraverso la nostra rivista che in Italia sempre più pizzerie d’asporto per esempio, hanno una vetrina dedicata alle birre del territorio. Una tendenza finalizzata forse a promuovere le realtà locali a km zero. Cosa ne pensa?

Negli USA c’è un’iniziativa dedicata proprio al supporto dei birrifici locali, Support your local brewery, perché non farlo anche in Italia? Il nostro auspicio è proprio questo: che il consumo e la vendita di birra artigianale possa diventare normale in tutte le attività commerciali, promuovendo prima di tutto i tanti birrifici che sono presenti in tutte le regioni italiane.


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Unionbirrai organizza numerosi corsi, dalle degustazioni ma anche corsi per aprire un proprio birrificio e beershop. Quali sono gli step per diventare un beer tester?

Il percorso di formazione per diventare Unionbirrai Beer Taster prevede un I livello di 11 lezioni “Conoscere e degustare le birre” che consente l’apprendimento delle tecniche di degustazione, la conoscenza della geografia della birra, quindi della storia delle nazioni e dei loro stili di birra di riferimento, produzione, legislazione, abbinamento e servizio. Si prosegue con un II livello di 8 lezioni “Tecniche di degustazione”, in cui viene approfondita la degustazione tecnica, la formazione del panel, il riconoscimento di

pregi e difetti della birra, le differenze tra le modalità di produzione e l’influenza di queste e delle materie prime nell’analisi organolettica. Alla fine del II livello c’è un esame da sostenere. Superato l’esame si può accedere all’esame di abilitazione per Unionbirrai Beer Taster, che consente di entrare nel team di degustatori di Unionbirrai, diventare docente, membro dei panel e membro di giurie. Abbiamo anche master di approfondimento dedicati alla comunicazione, al servizio e all’abbinamento. Per coloro

che vogliono solo avvicinarsi al mondo delle birre, abbiamo attivi anche corsi brevi di 4/5 lezioni. Per avere tutte le informazioni sui corsi di degustazione è possibile scrivere a corsidegustazione@unionbirrai.com. I corsi si svolgono principalmente una volta a settimana, presso strutture che ci ospitano: pub, ma anche pizzerie e ristoranti. Possono essere rivolti ad un pubblico generico di appassionati o strutturati per esigenze specifiche, come la formazione del personale interno di servizio di una struttura ristorativa.

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e birre, protagoniste della convivialità, hanno spesso ricoperto un ruolo marginale nella ristorazione italiana, sia per la presenza storicamente radicata del vino, patrimonio dell’enogastronomia del nostro Paese, che per la scarsa conoscenza delle produzioni brassicole. Nei Paesi in cui le birre sono parte integrante della cultura enogastronomica, l’utilizzo di queste bevande nella ristorazione è la regola da sempre. In Italia, a poco più di vent’anni dalla nascita del movimento della birra artigianale, l’attenzione verso queste bevande sta diventando sempre più forte. Da qualche anno stanno facendo capolino le birre in accompagnamento al cibo, sia in casa che nella ristorazione. Questo fenomeno non è una moda, ma una semplice presa di coscienza da parte di consumatori e ristoratori, rispetto allo sconfinato panorama di aromi e gusti che esprimono le birre e la grande capacità di queste nell’accompagnare tutte le portate, dall’antipasto al dolce.

La ricerca (im)perfetto


dell’abbinamento tra cibo e birra

di Alfonso Del Forno


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abbinamento tra cibo e birra non è un’esperienza banale e può avere diversi approcci. Il primo è sicuramente quello legato alla tradizione dei territori di origine delle tipologie di birra esistenti sul mercato. Questo tipo di approccio avviene quando si desidera vivere le esperienze che hanno da sempre caratterizzato la cultura del cibo dei luoghi a cui ci si ispira. Un esempio di questo tipo di abbinamento è quello delle ostriche con le Stout, da sempre un binomio indissolubile in gran parte dei paesi dell’Europa settentrionale, con l’Irlanda in testa. Se da una parte questo abbinamento è dettato dalla facile reperibilità della birra e delle ostriche in quei luoghi, dall’altra, da un punto di vista tecnico, le caratteristiche dell’ostrica (sapidità, grassezza e succulenza) si sposano perfettamente con quelle della birra (secchezza finale, amaro da malti tostati e leggera acidità). Una seconda modalità per unire cibo e birra è legata alla stagionalità, quella che vede in campo le modifiche delle ricette in funzione del periodo dell’anno in cui vengono preparate: piatti leggeri e meno

strutturati, solitamente utilizzati nel periodo primaverile ed estivo, necessitano di birre leggere e di facile beva, mentre i piatti consumati nei mesi freddi, in genere più strutturati, sono abbinabili a birre complesse, alcoliche e con un corpo più elevato. Una terza strada è quella legata alle materie utilizzate dai microbirrifici artigianali per caratterizzare le proprie birre, fenomeno molto sentito in Italia. In genere queste materie prime sono tipiche delle zone limitrofe ai luoghi di produzione e spesso sono usate anche nella gastronomia degli stessi territori, cosa che diventa interessante quando i due prodotti sono consumati insieme. Il metodo di abbinamento che mi piace approfondire maggiormente è quello tecnico, dove vengono analizzati organoletticamente il cibo e la birra, evidenziando le caratteristiche gustative e tattili dell’uno e dell’altro, trovando le giuste combinazioni tra loro, in un gioco di concordanze e contrapposizioni che possono interpretare il gusto personale del consumatore, nell’esaltazione delle caratteristiche gusto-olfattive del binomio cibo-birra. In questo tipo di approccio è fondamentale saper individuare le caratteristiche del piatto, partendo dall’individuazione degli ingredienti che prevalgono rispetto agli altri e le sensazioni che li caratterizzano.


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Possiamo trovare due categorie di sensazioni, le morbide e le dure. Sono sensazioni morbide la grassezza, l’untuosità, la succulenza, la tendenza dolce e la dolcezza. Le sensazioni due sono invece la sapidità, la speziatura, l’aromaticità, la tendenza amara e la tendenza acida. Vediamo nel dettaglio come possiamo riconoscere queste sensazioni e in quale tipologia di ingredienti. La grassezza è percepita come pastosità al palato, con la formazione di una sorta di patina coprente tipica dei grassi solidi. Questa sensazione è individuata soprattutto nei formaggi e nei salumi, ma anche nel cioccolato. Spesso è accompagnata anche dalla tendenza dolce, di cui parlerò in seguito. L’untuosità è riconoscibile dalla scivolosità percepita in tutta la bocca ed è legata alla presenza di grasso allo stato liquido. La possiamo percepire in salse a base di olio come la maionese, nei piatti preparati con burro fuso e nelle fritture. La soglia di percezione è condizionata anche dalla presenza di altri ingredienti. La succulenza è individuabile per la presenza di liquidi in bocca. Questa può essere intrinseca quando il cibo ha una forte componente liquida, tipica della mozzarella di bufala o delle minestre, ma può essere anche indotta, quando la lunga masticazione di alcuni cibo induce la produzione di saliva. La tendenza dolce è percepita in tanti alimenti che al palato danno la sensa-

zione di dolce, pur non avendo zuccheri aggiunti al proprio interno. Tra questi troviamo molti ortaggi (carote, cipolline, zucca), la frutta, i cereali, i legumi, le carni succulente e alcuni pesci come gamberi e scampi. La dolcezza è riscontrabile nelle preparazioni alimentari in cui viene aggiunto zucchero, come dessert e dolci. La sapidità può essere individuata negli alimenti in cui viene inserito sale, sia prima che dopo la cottura, o in quelli in cui viene percepito per effetto della stagionatura, come salumi e formaggi. La speziatura viene percepita per effetto dell’uso di spezie o erbe aromatiche. Inoltre la si può riscontrare anche in salumi e formaggi, oltre che nei piatti finiti come il risotto allo zafferano. Molto spesso la speziatura è legata alla piccantezza. L’aromaticità è una caratteristica naturale in alcune materie prime come il pesce, i formaggi, i funghi e alcuni crostacei, ma può essere determinata anche dalla speziatura, come nel caso dello speck o del pesto alla genovese. La tendenza amara è una caratteristica intrinseca di alcuni alimenti come il radicchio trevigiano, il fegato e il tartufo. Può essere invece il prodotto dell’aggiunta di alcune spezie o erbe aromatiche, così come può essere effetto della cottura, come nel caso di piatti cucinati alla brace. La tendenza acida può avere diverse origini. Quella legata al mondo del latte


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può essere riscontrata nella mozzarella di bufala o nello stracchino, mentre è naturale in alcuni ortaggi come il pomodoro. A volte si presenta per effetto dell’utilizzo di agrumi e aceto nella preparazione dei piatti. Alla fine dell’analisi delle sensazioni percepite, viene fatta una sintesi del tutto e si stabilisce la struttura del piatto, che è tanto maggiore quante più sono le caratteristiche individuate. Altro dato da individuare è la persistenza gusto-olfattiva, paramento da paragonare a quello della birra. Prima di cominciare un vero e proprio tentativo di abbinamento, bisogna valutare proprio la struttura e la persistenza del piatto. Queste due caratteristiche devono trovare equivalenza nella birra, in cui andiamo a valutare il corpo, la complessità e la persistenza. Da questo momento in poi comincia il vero è proprio gioco dell’abbinamento, partendo da un fattore di cui bisogna tener conto. Noi tutti siamo dei “taster” diversi, con soglie di percezioni del gusto che cambiano da persona a persona, sia per fattori fisiologici che ambientali e territoriali, tenendo conto anche delle abitudini alimentari. Quindi nell’abbinamento possiamo creare delle strade che risultano il più possibile comuni per tutti, ma che possono portare percezioni diverse da soggetto a soggetto. Detto ciò, vediamo quali caratteristiche della birra dovremmo avere per creare un abbinamento (im)perfetto. Oltre a struttura e persistenza, anche la speziatura e l’aromaticità devono essere paragonabili tra cibo e birra, per evitare

che uno dei due prevalga sull’altro. Nel caso di piatti in cui risulti essere presente untuosità, proviamo ad abbinare una birra che presenti una buona effervescenza ed una leggera acidità (wiesse, blanche o saison). Nel caso di sapidità, tendenza amara, speziatura, piccantezza e tendenza acida, possiamo provare un abbinamento con birre a tendenza dolce (mild, bock, dubbel, scotch ale, doppelbock, quadrupel), che possono essere di gradazione e strutture diverse a seconda della complessità e struttura del piatto. Nel caso specifico della speziatura possiamo intrapredere due strade: quella della birra a tendenza dolce, se vogliamo abbassare la percezione della speziatura (o piccantezza), ma potremmo anche scegliere di esaltare questa caratteristica e quindi dobbiamo abbinare una birra


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che abbia un buon amaro finale. Nel caso della dolcezza, possiamo lavorare con birre a tendenza dolce che possano avere aromaticità e struttura molto simili a quelle del dessert. Ma facciamo quale esempio pratico per alcune portate. Partiamo dai formaggi. Prendiamo ad esempio una Mozzarella di Bufala, formaggio a pasta filata che si presenta succulento, a tendenza acida e con una buona grassezza. A questo prodotto possiamo abbinare una Weisse, birra ad alta fermentazione di origine bavarese che ha tra le sue caratteristiche quella di avere al gusto una dolcezza iniziale che tende ad una leggera acidità finale, con una buona frizzantezza, tutte caratteristiche che fanno di questa tipologia di birra un ottimo accompagnamento alla mozzarella. Nel caso di un formaggio stagionato, che esprime una buona grassezza, sapidità e piccantezza, troviamo un buon abbinamento con le Triple, birre della tradizione belga, dalle note fruttate al naso e al palato, un grado alcolico elevato, buona secchezza finale con il giusto grado di amaro. Queste caratteristiche riescono a contrastare quelle del formaggio stagionato ed equilibrano al palato le punte di

piccantezza dello stesso. Con un tagliere di salumi, in presenza di grasso, potremmo trovare interessante abbinare una birra dalla buona struttura, secchezza e alcolicità moderata, come nel caso delle Bock tedesce o le Dubbel belga. Nel caso di un secondo piatto di pesce, come la frittura di calamari e gamberi, dove troviamo sia untosità che aromaticità, un buon abbinamento può essere fatto con una saison, tipica birra belga dalle note speziate (pepato) dato dal lievito e dalla secchezza finale, utile per pulire il palato dall’unto della frittura. Se a fine pasto ci viene voglia di abbinare una birra ad un dolce, possiamo divertirci con una Stout o una Porter quando ci troviamo nel piatto una fetta di torta caprese o un tiramisù, oppure una Barley Wine con le paste di mandorla. Potremmo continuare con infinite combinazioni tra cibo e birra, trovando sempre la birra giusta per ogni piatto, dall’antipasto al dolce. Per dare ampio spazio a queste combinazioni, ho realizzato un progetto dal nome Birra in Tavola che si occupa esclusivamente di questo settore. Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito www.birraintavola.it o seguire il progetto sui vari social (facebook, instagram e twitter).

Buon abbinamento a tutti!



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I Tigli, i migliori abbinamenti di pizze e birra secondo Simone Padoan.

Il viaggio allo scoperta degli abbinamenti birra e pizza non poteva che continuare in uno dei locali piÚ conosciuti e apprezzati d’Italia:

di Giampiero Rorato


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a destra

Simone Padoan sotto

i Tigli burger

“I Tigli” a San Bonifacio in provincia di Verona, nella casa di Simone Padoan.

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uello dei Tigli è un vero e proprio laboratorio di ricerca su impasti, farciture e abbinamenti, dove la pizza incontra il piatto per gourmand, dando vita a creazioni originali e di alta qualità. Se la fusione tra pizza e cucina d’autore è uno dei punti focali del menù de “I Tigli”, la vista viene ampiamente appagata, sia nella presentazione curatissima dei piatti proposti, sia nell’estetica del locale, che rinnovato nel 2012, è arredato con un concetto di cucina “alla giapponese” cioè visibile al pubblico. Simone Padoan classe 1971 è originario di Verona. La sua esperienza tra lieviti, farine e pomodoro inizia a formarsi molto presto, quando, non ancora maggiorenne, va a lavorare nella pizzeria di proprietà di uno dei suoi 8 fratelli in cui rimane per sei anni. Nel 1994 decide di aprire una sua pizzeria, è così che nascono I Tigli a San Bonifacio, vicino a Verona. Quello che propone è la pizza della tradizione, salvo qualche rivisitazione sul menù. Il 1999 è l’anno della svolta, la nascita di sua figlia coincide con un desiderio di cambiamento. Da quel momento Simone Padoan inizia a sperimentare un nuovo concetto di pizza, lavora sulla materia prima, sulla panificazione con lievito madre. Dalla sua ricerca ha origine la pizza degustazione da condividere sul tavolo, la pizza a otto spicchi in cui ognuno è un piatto e un’esperienza gastronomica a sè. Nel 2012, la nuova filosofia di cucina si riflette anche sugli interni del locale. Il risto-

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FOCUS BIRRA

accanto

pizza con Mozzella di Bufala e Pomodoro Datterino sotto

Tigli Burger

rante viene rinnovato completamente: una cucina a vista come fulcro del locale, così come lo è il lievito naturale, e un chiaro legame con la natura e con l’importanza e la trasparenza del lavoro manuale: legno, pietra, fuoco. Nel 2015 i Tigli, attraverso 4 serate speciali, celebrano i primi 20 anni di una attività che ha sconvolto i canoni della pizza italiana, elevandola a piatto vero e proprio, ridando prestigio al mestiere di pizzaiolo. Nel ridisegnare I Tigli si è pensato ad ogni singolo elemento: il porfido, come pavimentazione che rievocasse le origini di quello che un tempo era un “cibo di strada”; la pietra gialla di Vicenza, a ricordare la crosta del pane, per il rivestimento del grande bancone; il legno degli arredi, con un netto richiamo ai ceppi da ardere utilizzati per il forno; la texture dei tavoli, che ricordasse la trama del canovaccio utilizzato per coprire l’impasto durante la lievitazione. Per la scelta della birra c’è da dire che a “I Tigli,” la carta delle birre offre abbinamenti inediti, con birre di birrifici artigianali che ormai sono diventati nomi noti e conosciuti nel panorama della ristorazione. Birrificio Italiano, Birra 32, Baladin, alcune birre di piccoli produttori vicino a Monaco e una selezione di Birre Lambic, (un po’ più estreme e azzardate ma che non deludono in abbinamento con pizze con carne e prosciutto crudo).

Gli abbinamenti Pizza e birra L’orientamento de “I Tigli” è quello solitamente di abbinare il vino alla pizza, tuttavia Simone Padovan ci ha proposto due classiche ricette del suo ristorante, con i relativi abbinamenti consigliati: la prima proposta di abbinamento è la Bufala con pomodoro datterino al basilico può essere abbinata ad una Pils fresca e di leggera beva, con luppolo erbaceo che va in contrasto con la dolcezza del pomodoro datterino. La Tigli burger (hamburger di manzo, provola affumicata, spinaci, pomodoro confit), invece, si potrebbe abbinare ad una Bock ambrata con sentori più balsamici e di leggero caramello.”



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Roma, a pochi metri dal Colosseo si trova the Corner, locale polifunzionale che anima il centro capitolino, il cui protagonista in cucina è il giovane chef Marco Martini. Sito nel cuore di Roma, The Corner si presenta con un’ampia terrazza, arredi curati e giovani, e un menù di eccellenze che abbina cocktail, primi piatti, birre e pizza. Marco Martini, chef di giovane età ( 30 anni) ma che ha già ottenuto la prima stella Michelin per il suo locale, rappresenta le migliori eccellenze della cucina romana, riviste in chiave moderna, per un pubblico esigente, ma allo stesso tempo desideroso di assaggiare i veri sapori di Roma.

a sinistra

Chef Marco Martini

The Corner, alla scoperta della cucina romana a due passi dal Colosseo. sotto

The corner-Roma


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p. 53 Un’esperienza che partita 16 anni fa con una lunga gavetta, tanta umiltà e perseveranza, ha portato Marco Martini a raggiungere importanti traguardi. Premiato come Chef emergente d’Italia 2013, una stella Michelin ottenuta per la prima volta nel 2009, a soli 24 anni e conquistata nuovamente nel 2014 nel suo nuovo ristorante romano.

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La sua cucina unisce ricerca, creatività e sapori di una volta, nel segno di materie prime di altissima qualità, dei sapori dell’orto e di un menù che strizza l’occhio anche a vegetariani e celiaci. Una ricerca confermata anche dalle parole dello chef

“Le materie prime sono fondamentali, ma è altrettanto importanti saperle lavorare per fare diventare un piatto povero un grande piatto” — “Ho maturato diverse esperienze nella mia professione, tutto estremamente, formative perché ritengo che ogni cucina abbia qualcosa da trasmettere e penso che ci sia bisogno sempre di imparare. La cucina è civiltà e tradizione ma soprattutto cultura e curiosità. Dopo tanta gavetta e ora che ho aperto The Corner con l’aiuto del mio staff che mi segue da diversi anni, posso dirmi soddisfatto, anche se la ricerca e la passione in questa professione non devono mai mancare”. Qual è il suo rapporto con la birra? E presente nella sua cucina? Dopo 13 anni di rugby e terzi tempi, posso dire tranquillamente che la birra ha sempre fatto parte della mia vita! C’è un piatto in particolare che secondo me la sposa alla perfezione: Tortello, mortadella, pizza bianca e pistacchi. In pratica, il racconto della “pizza e mortazza” della tradizione romana. L’occhio ci mette un po’ a capirla, ma il palato la riconosce subito. Anche se la pizza bianca è sotto forma di brodo e la sua croccantezza la ritroviamo nel tortello con le gemme di sale, ripieno di mortadella e pistacchi. L’abbinamento, va da sé, è con la birra.

sotto

Tortello, mortadella, pizza bianca e pistacchi, da abbinare ad una classica birra bionda leggera.


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“Una ricetta facile e gustosa per un picnic di primavera? — da abbinare a una birra, naturalmente…” “Provate una pasta fredda: una classica ricetta del giorno dopo, amica del frigorifero e dell’ambiente. Da condire con dadini di mortadella o prosciutto cotto, formaggio, pomodorini, olive e foglie di basilico fresco. Il trucco è cuocere bene la pasta senza commettere l’errore di raffreddarla sciacquandola sotto l’acqua o lasciandola a scuocere in pentola. Se il tempo di cottura indicato sulla confezione è di 14 minuti, la facciamo bollire per circa 10 minuti, poi la scoliamo e la trasferiamo in un insalatiera coprendola con una pellicola trasparente. Che completerà la cottura (gonfiandosi a campana) lasciando poi la pasta integra, buona e soprattutto al dente anche per il giorno dopo. Con questo piatto unico ci va una birra speziata e ravvivante come una Blanche”.

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LA FABBRICA DI PEDAVENA una storia lunga 120 anni

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i fondatori in una foto dell'epoca; insegna storica

a storia della Fabbrica di Pedavena parte da molto lontano, nata nel 1897 da tre fratelli, Luigi, Sante e Giovanni Luciani, originari di Canale d’Agordo (BL), che in quell’anno decidono di inaugurare uno stabilimento per la produzione della birra. L’azienda conosce fin da subito uno sviluppo eccezionale grazie al grande spirito imprenditoriale del gruppo fondatore e all’utilizzo di materie prime di elevata qualità: l’acqua oligominerale delle Dolomiti Bellunesi, il luppolo profumato e il lievito purissimo. Il sito è stato reso famoso nel corso degli anni per le produzioni di elevata qualità, ne sono testimonianza i numerosi premi vinti, e l’elevata competenza nella produzione di birre speciali, che però non bastano a scongiurare la chiusura dello stabilimento nel 2005. Quello che è successo dopo è storia nota: le raccolte firme e gli

di D. M.

appelli per riaprire la fabbrica nel cuore delle Dolomiti bellunesi, diventano realtà con l’acquisizione da parte del marchio Castello della fabbrica. Le birre della Fabbrica di Pedavena continuano ad essere prodotte esclusivamente con acqua oligominerale derivante dalle sorgenti dei monti Oliveto e Porcilla situate ai piedi delle vette feltrine, con materie prime di alta qualità secondo l'antica tradizione birraia. Il territorio delle Dolomiti genera e custodisce da millenni elementi preziosi: dalle alte rocce sgorga pura e fresca l’acqua, dalla terra e dalle sapienti mani degli agricoltori nasce, protetto dalle alte cime, l’orzo. E’ proprio nel territorio delle Dolomiti che nasce Birra Dolomiti. Birra Dolomiti, che già attraverso il nome sottolinea l’imprescindibile legame con il territorio di origine, è l’emblema di un progetto di filiera integrata.


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S la fabbrica di pedavena

Il progetto, nato nel 2006, è rivolto alla produzione di una birra prodotta nel rispetto dell’ambiente circostante e con l’utilizzo di materie prime locali. Le birre: la “Centenario”, non pastorizzata e non filtrata che si può bere solo nel ristorante adiacente la fabbrica, la Pedavena, la Dolomiti, la Dolomiti doppio malto, la Castello. In Italia tutti i marchi vengono commercializzati, mentre all’estero solo Castello e Dolomiti, strategia dovuta a precisi accordi strategici e commerciali. La birra Dolomiti, nata su iniziativa di diversi enti e aziende bellunesi e non (Comunità montana feltrina, parco delle Dolomiti, Slow Food) è un prodotto di gran vanto locale, poiché viene prodotta con l’acqua delle sorgenti dolomitiche e con una varietà d’orzo che ben si presta alla coltivazione invernale. Birra Dolomiti viene spillata in grande quantità dal ristorante omonimo adiacente alla fabbrica Pedavena con più di 700 posti a sedere all’interno, al coperto, e 500 nel giardino estivo. Un punto di aggregazione e di ristoro aperto dal 1999: dalle 10 del mattino alle 2 di notte con

ottanta dipendenti, dei quali 46 a tempo pieno e i rimanenti parti time: Un gruppo che mantiene alta la bandiera del made in Italy, all’insegna della qualità e di un posizionamento di mercato ad alti livelli; una birreria ristorante che “sfama e disseta” migliaia di avventori ogni mese grazie a birre di primissima qualità e a piatti fragranti e genuini, serviti da maestranze professionali e professioniste. I locali sono principalmente diffusi nel nord Italia, in provincia di Cremona, Modena, Milano, Belluno, Padova, Vicenza e Venezia ed offrono un menù ampio e diversificato dove è possibile assaggiare pizze, primi piatti, secondi a base di carne e non solo.

a lato

esterno della fabbrica sotto

la stanza centrale in basso

il ristorante


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Il valore aggiunto della cucina è dato dall’alta qualità dei prodotti, le pizze vengono prodotte da grano del territorio, caratterizzate da un’altissima digeribilità e un’alta idratazione, che ne esalta le caratteristiche delle farine grezze, non raffinate, ideali per essere accompagnate da una birra cruda, non pastorizzata. Il menù prevede sempre una proposta di pizze aggiornate con i prodotti freschi di stagione, la cui lavorazione viene svolta interamente in cucina, dove professionalità di grande esperienza e competenza trasformano con maestria le prelibatezze del nostro territorio in strepitose combinazione di sapori e consistenze. Il ristorante offre invece hamburger realizzati con carne di altissima qualità, italiani nella materia prima. Lo stinco, marinato nella birra e cotto sottovuoto a lungo, per mantenere la carne morbida, con tutti i suoi succulenti succhi; o il goulash, la cui personalità forte e speziata è esaltata da una cottura dolce e lenta. Tradizione e innovazione si incontrano anche nella pasticceria, con sorbetti stagionali e gelato realizzato con solo latte fresco, mantecato al momento, soffice, cremoso e dal gusto pulito in bocca; ma anche cestini di pastasfoglia con mela, uvetta, pinoli e una spuma di vaniglia Infine una dolce sorpresa: il Birramisù: un modo nuovo e originale di gustare il tiramisù, un’eccellenza del territorio famosa in tutto il mondo, realizzata utilizzando la birra Pedavena, con rispetto e fantasia. C

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LA STORIA DELLA PIZZA

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E FINALMENTE ARRIVÃ’ IL FARRO


la storia della pizza

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cco un cereale ricco di nutrienti, con alto contenuto di selenio che contrasta i radicali liberi

Nella lunga storia degli uomini e dell’arte panificatoria, dopo i millenni del nomadismo o della vita nelle caverne e nelle palafitte, durante i quali le attività svolte per la sopravvivenza erano la caccia, la pesca, la pastorizia e la raccolta di frutta selvatica, semi di cereali spontanei, radici, miele selvatico e poco altro, arriva l’agricoltura. E quei cereali selvatici, di cui le donne raccoglievano i semi, ora cominciano ad essere coltivati quando i nomadi si fermano e diventano stanziali. L’agricoltura inizia allora a svilupparsi e il primo luogo conosciuto è attorno alla città cananea di Gerico (cittadina della Palestina, Cisgiordania) e ciò avviene circa ottomila anni prima di Cristo, ma ci vorrà del tempo perché compaio anche il farro. Sappiamo, dagli antichi autori, che il farro era la base dell’alimentazione degli antichi popoli italici e, come attesta Valerio Flacco, scrittore della prima età imperiale, i Romani, prima di conoscere il frumento, usarono per la panificazione per oltre tre secoli il farro, al pari di altre popolazioni mediterranee e del Vicino Oriente. Gli scrittori romani che si interessarono di agricoltura, come Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) e Columella (4-70 d.C.) definiscono il farro il più resistente di tutti i cereali, il più resistente tanto al freddo, quanto al caldo e alla siccità. di Giampiero Rorato

Columella ne distingue quattro varietà: il far Clusinum (farro di Chiusi), bianco, brillante e più leggero di tutti; il far candidum , anche questo bianco ma più pesante del chiusino; il far vennuculum, di colore rossastro; e il far halicastrum, detto anche semen trimestre, perché matura in soli tre mesi. Il farro è stato dunque il cereale in assoluto più usato dai Romani, sia per preparare la puls (la polenta) molto più diffusa del pane, che per confezionare le mensae (a forma delle attuali pizze che fungevano da piatti), che ancora per il pane. Nel frattempo arrivò anche il frumento, ma il farro continuò a essere importante per tutto il Medioevo e abbiamo nei ricettari più antichi diverse ricette a base di farro: Farro con brodo di carne (Manoscritto urbinate latino del 1203), ricetta ripresa poi da diversi altri autori (farro con brodo de carne; menestre de farro; minestre di farro). Piatto questo importante e molto diffuso se lo ripropone nel 1518 anche Giovanni Rosselli, nel suo Epularoi: prendi una libbra e mezza di farro mondato, lavato e cotto a lungo in brodo di carne, meglio se di cappone, ma ammesso anche il brodo di piccione o di lepre e addensalo alla fine con tre tuorli d’uova diluiti con poco brodo raffreddato, quindi coloralo con zafferano e insaporiscilo con spezie, soprattutto pepe.


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Nei tempi moderni Le torte di farro I ricettari medioevali abbondano di ricette che presentano torte con l’impiego del farro. La ricetta più ripetuta è una torta con ripieno sostanzioso in cui il farro si accompagna a carni grasse, formaggio, uova e latte. Nel Libro per cuoco dell’Anonimo Veneziano della fine del XIV secolo la torta è a due sfoglie, farcita con un composto formato da 2 libbre di farro, 2 di lardo, “una quarta” di latte di capra o di pecora, 6 caci freschi e 10 uova. Si cuoce il farro nell’acqua bollente finché si rompe e “quando è ben roto, toy el lardo ben batuto al più che tu puoy; toy lo casso [formaggio] ben pesto e lo late che tu ay e le dite ove e meseda queste cosse”. La torta così preparata va posta nel testo – con fuoco sotto e brace sopra – e deve essere ben cotta. Quasi uguale la torta dell’Anonimo Padovano del 1497. Diversa la torta del cuoco Martino da Como (seconda metà del XV secolo), la cui torta è ad una sfoglia con ripieno formato da farro lessato in brodo grasso, scolato e raffreddato, mescolato a formaggio fresco pestato, formaggio vecchio grattato, pancetta di maiale (o tettina di vitella) “tanto chotta che quasi sia disfatta e ben battuta”, spezie, zucchero, 15 uova intere e zafferano; a metà cottura si sbriciolano in superficie delle lasagne ben asciutte e quando la torta è pronta si serve con zucchero e acqua rosata.

Il farro che noi conosciamo è il Triticum dicoccum, appartenente ai cosiddetti grani vestiti (come il riso), molto usato nell’alimentazione dell’Italia centrale e, recentemente, anche nel Nord Italia. Se in passato questo cereale era usato per preparare polentine e pane, poi per minestre, infine per torte medioevali e rinascimentali, in tempi più vicini la sua farina viene impiegata per preparare paste particolari (paste di farro) e frammisto alla farina di frumento, anche in panificazione. Da qualche tempo si sta seriamente riscoprendo il valore di questo cereale che viene prodotto e consumato di più rispetto a un recente passato. Come sapevano gli antichi, il farro si adatta bene ai terreni poveri e siccitosi e non richiede la somministrazione di concimi chimici, per cui può essere considerato un alimento biologico. Ha meno calorie rispetto al frumento, meno grassi, più fibra e un basso indice glicemico. È dunque un cereale in perfetta linea con le attuali tendenze della dietetica. Aggiungo che 100 g di farro contengono 335 Kcal, 67 g di carboidrati, 15 g di proteine, 2,7 g di zuccheri, 2,5 g di grassi, 6,8 g di fibra totale ed ha una buona quantità di sodio, potassio, fosforo, calcio e ferro, contiene inoltre selenio e acido fitico che contrastano l’azione dei radicali liberi, i maggiori responsabili dell’invecchiamento e di tutte le forme di degenerazione cellulare, per esempio i tumori. Attualmente il farro è usato in molte preparazioni, ancora poco in panificazione e nelle pizze, dove, per le sue ottime caratteristiche nutritive, meriterebbe d’essere maggiormente considerato.


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La ricetta della pizza con mix di farina di farro

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Mix di farina di farro acqua, sale, lievito, olio evo.

Procedimento: L’impasto è stato preparato con il metodo diretto, con un’idratazione al 60% e un procedimento di autolisi di circa 90 minuti. Una volta aggiunti 20 grammi di olio evo e 25 grammi di sale per kg di farina, mantenere la massa dell’impasto a riposo per circa 60 minuti. Una volta formate le palline e messe in cella di lievitazione a 28° con il 75% di umidità. Lasciare a lievitare per 4 ore, stendere la pallina, farcirla e cuocere su forno elettrico a 340°.

Ingredienti per la farcitura:

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Pomodoro, mozzarella fiordilatte, acciughe e olive di Gaeta.



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di Caterina Vianello

P

rosegue il nostro viaggio tra i prodotti di eccellenza del patrimonio gastronomico italiano. Questa volta il viaggio ci permetterà di spostarci tra più regioni, per parlare di salumi a marchio Dop e Igp, in particolare di quelli meno noti. Se infatti il Prosciutto di Parma Dop ed il Prosciutto San Daniele Dop, biglietti da visita rispettivamente di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, non hanno ormai bisogno di presentazioni tanta è la loro fama (e le corrispondenti imitazioni-falsificazioni di cui sono vittima), nella nostra penisola ci sono però tanti altri prodotti la cui storia merita di essere raccontata perché altrettanto rappresentativa dell’arte norcina italiana.



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LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Prosciutto di Sauris Igp

Prosciutto Veneto berico-euganeo Dop Dal Friuli il consiglio è quello di passare il confine e di dirigersi verso l’area pedemontana dei Colli Berici e dei Colli Euganei. Conosciuto come “Prosciutto di Montagnana”, città murata tra le meglio conservate del Veneto, il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo (questo il nome ufficiale) si caratterizza per una morbidezza alla vista, all’olfatto e al gusto. Rosato, morbido e dolce, è una delle eccellenze regionali.

Protetto dalle severe montagne della Carnia friulana e ricoperto da muffe che traggono origine proprio dal microclima particolare, il prosciutto di Sauris riunisce due tecniche di conservazione naturale. Quella sotto sale, conosciuta già dalle popolazioni locali e l’affumicatura, di origine germanica. Questa combinazione ha dato origine ad un salume delizioso, dal colore rosso scuso, bello sodo, con la parte grassa di un bel bianco candido. Il Prosciutto di Sauris è riconoscibile anche grazie al suo particolare profumo delicato e al gusto dolce con una garbata nota di affumicato.

Prosciutto di Carpegna Dop A Carpegna, provincia di Pesaro-Urbino, ci sono testimonianze che parlano di produzione di prosciutto che risalgono al 1400. Lavato con vino bianco, asciugato e aromatizzato con pepe, protetto con la sugnatura (strutto mescolato a farina e pepe), il prosciutto di Carpegna viene poi stagionato per un anno almeno. Si dice che sia il ponte tra i prosciutti dolci e quelli più sapidi (toscani o spagnoli). Molto persistente, è equilibrato. Vietato togliere la parte grassa, che dà dolcezza.



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LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Prosciutto Toscano Dop

Prosciutto di Modena Dop Il territorio di produzione è quello del bacino del Panaro. Forma a pera ha colore rosso vivo, sapore sapido ma non salato. Il profumo è dolce ma intenso. Frutto della “pcaria”, la pratica rinascimentale che utilizzava la carne del maiale per la fabbricazione degli insaccati, raggiunge già attorno al 1600 livelli qualitativi e quantitativi particolarmente apprezzabili. Nel 1547, infatti, sempre a Modena, i “lardaroli e salsicciai” sino ad allora assimilati ai “beccari”, si costituiscono in corporazione autonoma e la loro arte viene riconosciuta anche oltre i confini della città. Era apprezzato anche dai componenti delle fastose corti rinascimentali.

Perfetto accompagnamento del pane “sciocco”, cioè insipido, tipico della Toscana. Le ragioni del gusto pieno e deciso sono da ricercare nella diversità del microclima, più caldo che al nord e che costringe quindi ad usare un maggior quantitativo di sale. La salagione avviene a secco, con un composto di sale e pepe mescolati ad erbe aromatiche come salvia e rosmarino. Dopo circa sette giorni si lava con cura, si asciuga e si applica la sugna, composta da farina, sale, pepe e strutto. Stagionato dai 10 ai 12 mesi, arriva anche a 18, con un gusto più pieno e persistente. Le fette dovrebbero essere tagliate in modo abbastanza spesso, rivelando un colore rosso-rosato, consistenza compatta, profumo intenso e sapore piccante.

Prosciutto di Norcia Igp Punta di diamante della tradizione norcina umbra, le cui origini risalgono al XIII secolo, ha una lavorazione che comprende due salature, riposo per 2 mesi e mezzo, sugnatura e stagionatura, che da disciplinare non può essere inferiore a 12 mesi. Si tratta di un prosciutto crudo stagionato, prodotto nei comuni di Cascia, Monteleone di Spoleto, Norcia, Poggiodomo, Preci, in zone che siano poste ad un’altitudine di oltre 500 metri. Ha sapore non salato ma saporito, un aspetto magro-



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pizza e pasta italiana

LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI

Jambon de Bosses dop La patria è il comune valdostano di Saint-Rhémy-en-Bosses, che si trova a 1600 metri di altitudine. L’origine risale alla fine del XIV secolo. Le caratteristiche organolettiche erano definite anche dal tipo di alimentazione che i suini locali ricevevano nel passato: dopo la stalla, i maiali seguivano le vacche in alpeggio e mangiavano pastoni variegati, composti da cerali, siero di montagna e scarti della lavorazione della fontina. Si procedeva quindi alla macellazione, all’asportazione delle cosce e alla salatura. Avvolte in tela di juta e fatte stagionare per diciotto mesi, prima nel fienile poi in cantina, le cosce erano salate con una miscela di sale, aglio ed erbe aromatiche (salvia, rosmarino ed erbe locali) e stagionate per oltre un anno. E’ saporito ma non salato, molto profumato, con tendenze al selvatico.

Prosciutto amatriciano Igp La notorietà del Prosciutto Amatriciano può essere fatta risalire al Medioevo, quando gli insaccati venivano usati come merce di scambio, come se avessero già un valore commerciale, o considerati una tassa da pagare ai feudatari. Caratterizzato da un colore rosso/roseo con marezzature bianche, ha profumo gradevole, dolce ma intenso. Il sapore è sapido, ma non salato. Il Prosciutto Amatriciano prevede una tecnica di rifilatura particolarmente alta della coscia fresca, che distingue il prodotto dagli altri prosciutti stagionati meno scoperti conferendogli la classica forma tondeggiante “a pera.

Crudo di Cuneo Dop Rosso, morbido e compatto, dal sapore armonioso e dolce. Ecco il Crudo di Cuneo. La zona di produzione è caratterizzata da una secolare tradizione di allevamento suino e di lavorazione delle carni, nelle quali eccellevano conventi e abbazie. Frammenti di libri contabili del Monastero degli Agostiniani di Fossano – Cussanio, del 1630 circa, parlano della stagionatura dei prosciutti nella “stanza del paradiso”, della destinazione della “noce” (la parte nobile) alla tavola del vescovo e dell’abate; del “fiore” ai frati anziani. Nonostante la confisca dello

Stato, nel 1860, delle proprietà degli ordini religiosi la tradizione è proseguita e ne ha fatto uno dei prodotti di punta del Piemonte. La particolare dolcezza è data, oltre che dalla tecnica di lavorazione, anche dal microclima della zona di produzione, che va dal cuneese sino alle colline delle Langhe, del Monferrato astigiano e della collina torinese, caratterizzata da umidità costante e molto bassa. Le temperature medie, non particolarmente fredde d’inverno e non torride d’estate, sono particolarmente adatte alla stagionatura dei prodotti.


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di Giampiero Rorato

Un

Agricoltura e prodotti biologici problema

di grande

attualitĂ


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È

il latte e la carne di quegli animali non verrebbero convenzionalmente definiti “biologici”. In termine tecnico si potrebbe dire che è biologico ciò che cresce e sui sviluppa usufruendo di quello che offre la natura: i sali minerali contenuti nel terreno che alimentano le erbe e le piante che a loro volta alimentano gli animali, i cui prodotti – carni, latte, formaggi – sono alimento per gli esseri umani. Ma non ovunque è così, anzi. Nel mondo sviluppato – l’emisfero Nord e buona parte di quello Sud, come Australia, Nuova Zelanda, ma anche parte del Sud America, ecc. – nell’agricoltura viene impiegata una grande quantità di energia esterna o ausiliaria che proviene da processi industriali (industria chimica, estrattiva, meccanica, ecc.) e in questi casi l’agricoltura è definita “convenzionale”, o anche “non totalmente biologica”. Ma anche l’agricoltura biologica può usufruire di energia ausiliare proveniente da industrie come le precedenti, ma allora la materia impiegata deve essere di natura organica.

sempre più di moda parlare di biologico. Ma è solo moda? Il tema è molto interessante e merita d’essere trattato con attenzione, specie se ci si riferisce a prodotti agroalimentari. Come è ben noto, l’attività agricola - tutta l’attività agricola – riguarda un processo relativo a organismi sia vegetali che animali, cioè esseri viventi. In un processo naturale, prima che intervenisse l’opera dell’uomo, si è sempre trattato di realtà - erbe, piante, animali e loro prodotti – “naturalmente” biologiche. Come sappiamo, in molte parti del mondo erbe, piante e animali crescono secondo natura, senza essere alimentati da prodotti estranei, tipo concimi chimici per le piante, mangimi di incerta composizione per gli animali, per cui in questi casi i prodotti che si ricavano, erbe, radici, frutta, latte, carne, sono definiti “biologici”. Ma se chi vive in quei luoghi aggiungesse alle sostanze naturali dei prodotti estranei, come, per l’appunto, prodotti chimici, allora quelle erbe, le radici, la frutta,

i

problemi attuali I n diversi Paesi al posto di usare la dizione “agricoltura biologica”, si preferiscono altre dizioni come “agricoltura organica”, “agricoltura ecologica”, “agricoltura compatibile”. La verità è che nel mondo evoluto, dove per decenni si è fatto ampio impiego di prodotti chimici – nelle campagne degli USA irrorati anche con aerei ed elicotteri – i terreni sono impregnati di sostanze chimiche estranee alla natura del terreno e se anche da diversi anni molte aree sono immuni dalla chimica non è facile purificare in profondità la terra e, pur

diminuendo progressivamente o quasi scomparendo i residui chimici sui prodotti agroalimentari non è semplice poter definire quei prodotti “biologici”, anche se all’esame risultano senza residui chimici, perché dei cambiamenti sono avvenuti e avvengono magari impercettibilmente e non vengono rilevati. Molti agricoltori che hanno eliminato da anni la chimica, definiscono i loro prodotti come “ecocompatibili”, vale a dire tali da non inquinare la terra e garantire, se usati, una sana alimentazione per uomini ed animali. E questa è una bella e corretta definizione.


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Agricoltura e prodotti biologici

Verso

un’

ecocompatibilità intelligente

L’

agricoltura biologica più che una realtà – salvo molte eccezioni esistenti in luoghi privilegiati, cioè mai inquinati dalla chimica – è un percorso da compiere per trasformare il più possibile, come indica la Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica (International Federation of Organic Agricolture, IFOAM), le aziende agricole esistenti in un sistema autosufficiente, attingendo alle risorse locali, salvaguardando la fertilità naturale del terreno, eliminando ogni forma di inquinamento chimico, rispettando con sapienza l’ecosistema. Il percorso che attende l’agricoltura è ancora lungo, tuttavia ci sono già numerose aziende molto avanti nella scelta biologica, anche per la forte spinta che arriva dal mercato.


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LA MERENDA dei bambini

Insegniamo ai nostri figli a mangiare bene, eliminando i prodotti che fanno male. In commercio se ne sono ancora tanti Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista



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pizza e pasta italiana

LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

S

e osservassimo con più attenzione cosa tirano fuori dagli zaini i bambini, quando, in una scuola primaria, suona la campanella dell’intervallo, vedremmo sicuramente: barrette al cioccolato di varie forme, focacce extralarge, sacchetti di patatine ai gusti più strani, biscotti farciti, ricoperti o glassati. Raramente, con soddisfazione, qualche bimbo, tira fuori una banana o un mandarino e questi esempi sani si perdono, irrimediabilmente, tra le bombe caloriche dei compagni. Ci sarebbe da puntare il dito contro chi inserisce queste merende negli zaini: mamme, papà, nonni che per il desiderio di soddisfare le richieste dei bambini, si allontanano dalla consapevolezza che

sono altre le cose che vanno insegnate, e cioè, che a mangiare bene è importante cominciare fin da quando si è piccoli. E’ da piccoli che si forma il gusto, cioè si sceglie quello che piace. Se si impara o ci si abitua a mangiare cibo molto dolce, molto salato, molto grasso sarà molto probabile che si cercherà e si apprezzerà soprattutto quel cibo per il resto della vita. Lo sappiamo tutti, esperti, nutrizionisti ma anche i produttori di merendine. E questa è la potenzialità insita nei bambini: sono i consumatori del futuro, sono il prossimo target a cui le grandi aziende puntano. Ma, niente illusioni, non è infilando negli zaini frutta o carote a pezzetti che si può convertire un bambino.

"Raramente, con soddisfazione, qualche bimbo, tira fuori una banana o un mandarino" L’educazione alimentare parte anzitutto dal buon esempio; nessuno vi seguirà se per primo non mangiate una mela o un’arancia, ed è inutile eliminare dalla dispensa merendine e snack. Così si rischia di fare peggio: meglio insegnare ai propri figli a scegliere, variare, assaggiare cose nuove. A tavola non va demonizzato nessun alimento. Se si mangia in modo equilibrato a pranzo e a cena, ci si può concedere anche un dolcetto per la merenda. Ma che sia uno. Se la colazione è già stata piuttosto golosa, a metà mattina meglio scegliere un frutto o uno yogurt. Se invece c’è bisogno di un po’più di energia per affrontare l’ora di nuoto, ben venga qualche biscottino al cioccolato. Non è difficile insegnarlo ai bambini. Comprendono facilmente il concetto di piramide alimentare, con la frutta e la verdura alla base e i dolci in cima.


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

Se si fa merenda a metà mattina con una brioche, per lo spuntino del pomeriggio si deve scegliere uno yogurt, la frutta oppure cracker. La regola di una concessione al giorno al bambino, aiuta tutti: i genitori, che non avranno sensi di colpa e i bambini, che non si sentiranno frustrati, anzi, ogni giorno, insieme, si potrà decidere quando concedersi un dolce o altro. Il segreto, dunque, è variare. Se l’alimentazione quotidiana è equilibrata, si possono tranquillamente alternare merende più ricche ad altre più salubri; l’importante è calibrare tutto, tenendo conto anche degli impegni di studio o quelli sportivi dei bambini e, viceversa, delle giornate più tranquille e sedentarie. Se si vuol essere più scrupolosi, l’ideale sarebbe offrire o proporre merendine con il profilo nutrizionale migliori. Certo non c’è da aspettarsi miracoli, ma gli snack non sono tutti uguali: alcuni contengono troppo sale, altri troppi grassi saturi, altri ancora sono ricchi di zuccheri. Purtroppo è quasi impossibile trovare prodotti industriali con l’equilibrio perfetto tra nutrienti e ingredienti di qualità; si può però scegliere il male minore. Anziché dare per merenda un pacchetto di wafer alla nocciola con 8,4 di grassi saturi, si può proporre una brioss alla frutta con 0,5 a confezione.

"Il segreto, dunque, è variare. " Entrambe sono dolci, ma con un contenuto in grassi decisamente diverso in qualità e quantità: non a caso uno contiene olio di palma. E’ proprio l’olio di palma, ma non certo il solo, uno dei problemi legati alle merendine. Nel 2014 è diventato obbligatorio specificare in etichetta il tipo di grasso vegetale usato, e le domande che vengono poste a proposito della sua bontà o meno, se è cancerogeno, se la produzione nuoce all’ambiente, si sono amplificate, e nel dubbio si pensa bene di fare piazza pulita in dispensa di tutti i prodotti che lo contengono. La svolta salutista è però durata poco, nel momento in cui le mamme si sono rese conto che i prodotti liberi da questo olio sono una rarità. Come ci si può difendere? Anzitutto, informandosi. E’ vero l’olio di palma non fa bene alla salute. Lo si usa da decenni perché è solido e quindi rende gli alimenti cremosi o croccanti, senza influenzarne i sapori. Per questo motivo può sostituire i grassi idrogenati e il burro, troppo costoso per le industria alimentare. Purtroppo, proprio come quest’ultimo, l’olio di palma contiene molti grassi saturi. Se si assume in grandi quantità i rischi per cuore e circolazione ci sono,


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

e sono innegabili. Dal punto di vista nutrizionale ci sono altri oli altrettanti dannosi: tra questi l’olio di cocco; tuttavia sarà il nome con il suo richiamo alla frutta, ma questo olio (usato per le margarine e la produzione dolciaria industriale) generalmente non spaventa tanto. Eppure cento grammi di olio di cocco contengono quasi 87 g di grassi saturi, un vero disastro per la salute. Bisogna stare attenti anche ai prodotti che contengono molto burro; oltre ad avere la stessa quantità di grassi saturi dell’olio di palma, si deve anche pensare al colesterolo. Facile capire perché non si usi l’olio extravergine di oliva: ricco di monoinsaturi, grassi decisamente migliori per l’organismo, ricco di proprietà nutrizionali, ma per questo, troppo caro per le industrie alimentari e meno versatile. Oggi che, con l’obbligo dell’etichettatura, i grassi usati sono un po’ meno misteriosi, l’industria alimentare deve muoversi con più attenzione. Alcuni prodotti hanno cavalcato l’onda salutista facendo dell’assenza dell’olio di palma un vanto da mettere in evidenza sulle confezioni.

Anche nel campo della grande distribuzione ci si muove su vari fronti: alcuni marchi sono alla ricerca della certificazione ambientale per l’olio di palma e successivamente per studiare nuove ricette che lo sostituiscano definitivamente, altri hanno già sostituito l’olio di palma con un grasso dal profilo nutrizionale migliore, altri ancora non hanno nessuna strategia in merito. Nel frattempo, in attesa che vengano immessi sul mercato prodotti migliori dal punto di vista nutrizionale, insegnare ai bambini a mangiare bene, servirà sempre e comunque.

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Un nuovo “Twist” al menu con McCain McCain leader mondiale nella produzione e commercializzazione di patate surgelate continua il suo percorso di valorizzazione della categoria presentando una novità esclusiva: Rustic Twist sorprendenti spicchi di patate dalla forma accattivante e dall’aspetto rustico, valorizzate dalla buccia e avvolte in un rivestimento croccante. La forma originale saprà dare una svolta al menù del locale aggiungendo un “twist” distintivo degno della fantasia dei migliori chef. La presenza della buccia assicura inoltre un look naturale e genuino che esalta ancor di più il sapore della vera patata fresca e l’irresistibile croccantezza ne completa appieno la dimensione sensoriale. Ma quali possono essere gli abbinamenti più consigliati per Rustic Twist? Le sue forme sinuose e il taglio generoso le rendono perfette per accompagnare le ricette dei burger più ricercati, piatti a base di carne, ma anche come gustoso snack da condividere, valorizzato da note di formaggio, bacon e salse della casa. E in pizzeria? Rustic Twist sono le benvenute ideali da proporre al tavolo come contorno innovativo, ma si prestano molto bene anche da asporto, grazie allo speciale rivestimento croccante, frutto di una tecnologia migliorata, che assicura elevate performance a livello di tenuta del calore. Rustic Twist risalterà nell’offerta come un prodotto da gourmand, ma con la praticità di preparazione e la qualità che contraddistinguono da sempre tutti i prodotti McCain.

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QUESTIONE DI GUSTO

La difficile arte di acquistare alimenti di Nives Piva

Invasi da una martellante pubblicità e da enormi quantità di prodotti alimentari stranieri è sempre più difficile scegliere bene

“M

ala tempora currunt”, dicevano duemila anni fa i Romani, cioè corrono brutti tempi per chi, andando al supermercato, desidera acquistare prodotti alimentari sicuri, dal momento che una ossessionante pubblicità ci spinge verso prodotti di cui non conosciamo la vera natura – l’origine, la composizione, la tecnica di coltivazione, trasformazione, conservazione e trasporto, ecc. – e della miriade di prodotti esposti sugli scaffali non riusciamo quasi mai a leggere le etichette o perché abbiamo fretta o perché le parole sono talmente piccole da esigere tempo e grosse lenti, che chi va nei supermercati generalmente non ha.

Questa è un’esperienza che facciamo ogni volta che andiamo a fare la spesa e riguarda non solo le famiglie ma anche ristoratori, cuochi e pizzaioli, perché anche costoro devono acquistare prodotti alimentari per il loro lavoro. Questa rivista, soprattutto con gli articoli della dott.ssa Marisa Cammarano, sempre precisa e da leggere ogni volta con grande attenzione, perché c’è molto da imparare, la quale dà ogni mese delle indicazioni e dei suggerimenti utili, sia per conoscere ciò che offre in Italia il mercato alimentare, sia per acquistare prodotti sicuri sotto il profilo qualitativo e salutistico.


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QUESTIONE DI GUSTO

Fino a poco dopo la metà del secolo scorso le nostre nonne si fidavano principalmente dei prodotti raccolti nei campi attorno a casa, nel proprio orto e nella propria aia e ancora nella stalla di casa, per cui farina di frumento e di mais, erbe spontanee, legumi, ortaggi, zucche, carne di animali da cortile e di maiale, latte e formaggi erano prodotti in casa, quindi sani e generalmente sicuri sotto il profilo qualitativo e igienico-sanitario. Al negozio di vicinato, che erano allora una specie di supermercato in piccolo, le nonne acquistavano zucchero, olio d’oliva, di semi, caffè, sale, pepe, lievito, aromi per i dolci sempre fatti in casa e pochissimo d’altro.

Poi, fra gli anni 50 e 60 del secolo scorso il mondo ha conosciuto una rivoluzione che ha letteralmente cambiato il modo di vivere. In pochi anni in Italia il mondo agricolo in cui erano occupate l’80 per cento delle famiglie si è dissolto, trattenendo meno del 5 per cento delle famiglie e sono spariti gli orti, le aie, le stalle e si sono sviluppati in maniera esponenziale

i grandi centri commerciali dove oggi fanno la spesa praticamente tutti acquistando tutto quello che serve per l’alimentazione domestica come anche per le attività dei ristoranti e delle pizzerie. In verità, ristoratori, cuochi e pizzaioli si riforniscono per lo più, tramite appositi agenti, da industrie specializzate o da grossisti, fidandosi di loro, anche se un buon numero di cuochi e pizzaioli ama sperimentare al fine di scegliere i prodotti che ritengono migliori o più adatti al proprio lavoro.



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QUESTIONE DI GUSTO

Come muoversi in questa giungla? Per orientarsi correttamente in questa giungla non conviene in nessun caso fidarsi delle trasmissioni televisive, tipo “La prova del cuoco” o “Master chef” e simili, poiché quelle sono spettacoli veri e propri, anche piacevoli, ma non insegnano nulla, men che meno ci dicono quali tipi di prodotti usano, da dove arrivano, come sono coltivati o allevati, come sono stati trasformati e conservati, per cui non meritano alcuna fiducia. Sono spettacolo e come tale vanno visti, anche perché sono stati attentamente e sapientemente programmati per fare spettacolo e attirare spettatori e relativi sponsor. Ci sono anche delle trasmissioni interessanti, come “Geo & Geo” di Rai 3, dove si vede l’impegno della conduttrice Sveva Sagramola per aiutare gli spettatori a conoscere e approfondire le problematiche alimentari e quindi scegliere bene e trasformare poi correttamente in casa quei prodotti per avere una sana alimentazione. E ci sono anche delle riviste più attente ai consumatori che ai produttori e aiutano a conoscere meglio ciò che offre il mercato per cui si impara ad acquistare in maniera intelligente, oltre che conveniente.

I modi per non restare vittime della pubblicità e di prodotti poco sicuri esistono, ma si apprendono pian piano, giorno dopo giorno, con l’esperienza, imparando a leggere le etichette, a scegliere prodotti “italiani”, la cui materia prima deve essere italiana. Ci sono anche materie prime e prodotti esteri molto buoni: se uno acquista una bottiglia di Champagne di marca sa che è uno spumante sicuro e di pregio; se uno sceglie una pasta ottenuta da farina di Khorasan marca Kamut (nordamericana) o Santa Candida (italiana), sa che prende una pasta di assoluta qualità; se uno acquista prodotti del “Commercio equo e solidale”, sa esattamente da dove arrivano e come sono preparati (è tutto scritto e in modo chiaro in etichetta) e per di più aiuta piccole cooperative di agricoltori a mantenere dignitosamente le proprie famiglie senza essere succu-

bi delle multinazionali. I prodotti del commercio equo e solidale sono di filiera corta, saltano i vari intermediari, e costano il giusto e sono generalmente seri, sani e buoni. In conclusione, se alle famiglie consiglio di leggere le etichette prima di fare acquisti e di preferire i prodotti sicuramente italiani – es. l’olio extravergine d’oliva italiano al 100% non costa mai meno di 8-10 euro, se costa meno è di ignota origine e quindi poco fidabile – a ristoratori, cuochi e pizzaioli il consiglio è quello di accertarsi sempre dell’origine di quello che acquistano, di provare i vari prodotti e di acquistare solo quelli di cui si fidano non per sentito dire ma per averli personalmente studiati, provati e riprovati con esito soddisfacente sotto il profilo qualitativo.


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pizza e pasta italiana

Giropizza d’Europa 13° edizione - Exporivahotel 6 Febbraio 2017 - Riva del Garda Dal 4 al 7 febbraio scorso si è tenuta nella cittadina di Riva del Garda, la 42° edizione di Exporivahotel, la fiera riservata agli addetti ai lavori e dedicata al comparto dell’hotellerie e della ristorazione, anche Pizza e Pasta Italiana era presente ed ha organizzato eventi dedicati al mondo della pizza e la consueta tappa del Giropizza d’Europa, gara itinerante dedicata a tutti i pizzaioli europei. A questo evento

hanno partecipato ben 31 concorrenti; sicuramente degna di nota la presenza di un concorrente dalla Svezia che è giunto sulle Rive del Garda per sfidare i colleghi con la sua pizza e ce l’ha fatta, passando di diritto nei primi 10 classificati che poi si batteranno per il migliore d’Europa ad Amburgo nel contesto della fiera Internorga. Complimenti al vincitore Francesco Giuliani di Gattinara (VC)!

2016 | 2017

la gallery fotografica a pagina 110!

Golden sponsor del Giropizza: Molino Agugiaro e Figna, Prontofrescogreci Sponsor di tappa: Zanolli Forni, Latterie Montanari e Tovagliato Ventidue

Classifica CLASSIFICA

PUNTEGGIO

NOME E COGNOME

PIZZERIA

LOCALITÀ

1

811

GIULIANI FRANCESCO

Da zio Carmine

GATTINARA (VI)

2

737

MANFREDI SIMONE

Pizz'Economy

BORGO SAN DALMAZZO (CN)

3

723

BUSATO SIMONE

Al Genio

SAN GIORGIO DI VALDAGNO (VI)

3

723

PETTINATO LUIGI

Piazzetta Cordovega

LAZISE (VR)

4

702

CHIRICO PASQUALE

Alle Gru

PORTOGRUARO (VE)

5

695

MATARAZZO MARIO

Manuno

BRESCIA (BS)

5

695

VIOLA FABRIZIO

Fiore Blu

CAVEDAGO (TN)

6

691

MIOZZO STEFANO

Il Polo Positivo

CEREA (VR)

7

687

BOZAGHIAN AMIR

Vezzo

UMEA - SVEZIA (SW)

7

687

PARICELLI BRUNO

Valle dei Mulini

FUMANE (VR)

8

683

ZAKHMOUN ILHAM

La Conchiglia

BARDOLINO (VR)

9

676

GIORDANO CIRO

La Campanella

GAILINGEN - GERMANIA (GER)

10

675

BALESTRIERI SEBASTIANO

Cristallo

CANELLI (AT)

10

675

MANFREDI MATTIA

Europizza

BORGO SAN DALMAZZO (CN) la gallery fotografica a pagina 110!

Gli altri concorrenti in ordine alfabetico PUNTI NOME E COGNOME

661 655 652 647

Attianese Vincenzo Fabbrocino Raffaele Guerini Mirko Loguarcio Marco

596 635 661 634 671

Monaco Vito Nazir Lewis Giorgio Orlando Faustini Palmieri Francesco Segato Diego

612 643 667 635 632

Sottana Andrea Stagno Mario Vecchiesso Giovanni Zambroni Cristian Zaya Maurizio



p. 106

mar. 2017

pizza e pasta italiana

GIROPIZZA D'EUROPA

Tappa di Massa Carrara – Tirreno CT

2016 | 2017

Classifica Giropizza d’Europa 20 Febbraio 2017 - Marina di Carrara CLASSIFICA

PUNTEGGIO

NOME E COGNOME

PIZZERIA

LOCALITÀ

1

709

LAPOLLA GIUSEPPE

Pizzeria da Serafino

CANNIGIONE (OT)

2

709

MANFREDI DOMENICO

Europizza da Mimmo

BORGO SAN DALMAZZO (CN)

3

702

DE SILVESTRI FEDERICO

Pizzeria Focacceria Quattrocento MARZARA (VR)

4

675

LOMBARDO DANIELE

Pizzami

5

658

GAGLIARDI ALESSANDRO La Picea

LEVANTO (SP)

6

643

DI TELLA ANTONIO

Pizz. Bar All'angolo

MARINA DI CARRARA (MS)

7

639

FAVERO DANIEL

PizzeriaTrattoria Ometto

CARRARA (MS)

8

637

MAIORANO GIOVANNI

Il Tramonto

VIGLIANO BELLESE (BI)

9

635

FABBROCINO RAFFAELE

Il Vicolo Corto

BRESCIA - BS

10

630

MARIANI SONIA

Pizzer

CITTÀ DI CASTELLO (PG)

Dal 19 al 22 febbraio si è tenuta la storica esposizione Tirreno CT, che quest’anno ha segnato un punto positivo con record di espositori e visitatori. Il format di queste mostre, basato sull’incontro di domanda e offerta che si concretizza con reali transazioni commerciali, non limitandosi alla sola esposizione d’immagine, ha dato ottimi frutti anche per questa edizione. Stabiliti i nuovi record numerici: oltre 400 espositori in rappresentanza di più di 700 marchi commerciali e più di 56.000 visitatori provenienti da tutta Italia fanno di Tirreno CT e Balnearia uno dei più importanti eventi nazionali del settore ospitalità, turismo e ristorazione. Anche Pizza e Pasta Italiana era presente a questo evento con l’ultima tappa del Giropizza d’Europa prima della finale, ben 22 i partecipanti da tutti Italia, complimenti al vincitore dalla provincia di Olbia- Tempio, Giuseppe Lapolla! Golden sponsor del Giropizza: Molino Agugiaro e Figna, Prontofrescogreci Sponsor di tappa: OEM, Funetta, Horeca diffusione, Tovagliato Ventidue e Ristofast.

Ricordiamo che i primi dieci di ogni tappa passano di diritto alla Finalissima di Amburgo ad Internorga il 20 marzo assieme ai primi 3 classificati di German Pizza Trophy, svoltosi a settembre a Bochum.

MASSA (MS)

la gallery fotografica a pagina 110!

Gli altri concorrenti in ordine alfabetico PUNTI NOME E COGNOME - PIZZERIA - LOCALITÀ

567 510 600 525 624 550 619 585 620 565 481 626

Caliendo Raffaele - La Rusticanella del Borgo - Borgo a Mozzano (LU) Devoto Antonio Thomas - Antica Taverna Garibaldi - Levanto (SP) Fittipaldi Giuseppe - Pizza Flash - Valle Rosso (BI) Menna Giuseppe - Marechiaro - Marina di Carrara (MS) Parisi Vito Donato - Da Pulcinella - Dussenhofen (Svizzera) Pellini fabio - Rist. Pizz. San Lorenzo - Ghedi (BS) Pino Rocco - Pizzastop - Rapallo (GE) Rossi Luca - Antico Ponte - Cecina (LI) Rossino Filippo - Pizzeria Lupen - Locate (CO) Salvatori Simone - Il Nautilus - Carrara (MS) Signorini Jonathan - New Revolution 360 - Livorno (LI) Stagno mario - pizza aurora - boves (CN)


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mar. 2017

pizza e pasta italiana

GIROPIZZA D'EUROPA

Giropizza d’Europa 2016 - 2017 e premio “Miglior Abbinamento Pizza e Birra d’Italia” Rimini - BeerAttraction, 20 febbraio 2017

2016 | 2017

la gallery fotografica a pagina 110!

I primi 10 classificati che accedono alla Finalissima di Amburgo – Internorga 20 marzo 2017 CLASSIFICA

PUNTEGGIO

NOME E COGNOME

PIZZERIA

LOCALITÀ

1

735

COPPOLA LEONE

Vecchia Ottocento

GARIVATE (VA(

2

726

TORRE VALERIO LUCA

Torretta Pizza

AZZATE (VA)

3

701

DISPERSO FRANCESCO

Noè

TORINO (TO)

4

663

BONCI BENEDETTA

Nuovo Giardino

FOSSOMBRONE (PU)

5

659

CAPONE FRANCESCO

A Casa Tua

ROMA (RO)

6

657

VILLANI CARLO

Bella Napoli

BRESCIA

7

655

PALUMBO P. GIUSEPPE

Camping S. Francesco

DESENZANO (BS)

8

655

LOMBARDO PAOLO

Europizza 2

CARAGLIO (CN)

9

647

VIDALE NICOLÒ

Pizza e Passioni

RIMINI (RN)

10

643

MARINI FILIPPO

Nord Est

NORMA (LT)

28 partecipanti per la prima tappa del Giropizza all’interno della manifestazione BeerAttraction, oltre alla gara per la ricerca della migliore Pizza della Casa, si è svolto

il concorso per il miglior abbinamento Birra con Pizza. Partner della Manifestazione, Farine 5 Stagioni – Molino Agugiaro e Figna, Cirio, Velma Pastaline e Carimati arredamenti, in giuria Elmo Fiscon, Mario Signorile, Donatella Pronti e Marco Salmi.

Gli altri concorrenti in ordine alfabetico

Premio “ Miglior Abbinamento Pizza e Birra d’Italia” Luca Valerio Torre, di Azzate (VA) Pizzeria: Torretta Pizza -

PUNTI NOME E COGNOME - PIZZERIA - LOCALITÀ

543 562 615 628 594 602 579 614 546 592 540 605 590 546 627 637 550 569

Casale Massimo - La Pastorella - Brescia (BS) Costabile Davide - Benvenuti al Sud - Azzano Mella (BS) D'Amore Luca - Ciack Ci Pizza - Francavilla al Mare (CH) Di Caro Salvatore - Pizze..ttiamo - Favara (AG) Falcone Domenico - Tana del Bianco - Taranto (TA) Fronzi Foster - La Riva - Marotta (PU) Giallongo Giuseppe - Fuori Binario - Avola (SR) Giordano Francesco - Serenella - Brescia (BS) Giustozzi Andrea - Just and Pizza - Macerata (MC) Manfredi Ettore - Europizza - Caraglio (CN) Moccia Paolo - Da Orlando - Scandiano (RE) Morra Valentina - Casale il Girasole - Ostia Antica (Roma) Rametta Pietro - Da Salvo e Ornella - Avola (SR) Retamal Moncada - Joel Isaac - I Fritti di Giorgio - Acilia (Roma) Sottana Diego - Happy Pizza - Marcon (VE) Stagno Domenico - Le Petit Papillon - Cuneo (CN) Stella Cosimo - Pizzeria Da Stella - Canossa (RE) Villani Giuseppe - Pizzeria Pulcinella - Brescia


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mar. 2017

pizza e pasta italiana

GIROPIZZA D'EUROPA fotogallery

qui sotto

i vincitori del Giropizza di Marina di Carrara

Giropizza di Marina di Carrara

20 febbraio 2017

qui in alto

Tutti partecipanti alla tappa di Marina di Carrara

Giropizza di Riva del Garda 6 febbraio 2017

subito sotto

Il podio del Giropizza di Riva del Garda di Carrara

a sinistra

Tutti i partecipanti di Riva del Garda di Carrara

Giropizza di Rimini 20 febbraio 2017

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