Pizza e Pasta Italiana

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pizza e pasta italiana

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Avanzini Bruciatori

p. 53

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p. 39

Caseificio Sabelli

p. 65

Ceky Forni

p. 87

Centro Internazionale Della Pizza

p. 8

Cuppone

p. 49

DS Food - Dr Schar

p. 63

Eden Blu

p. 7

Etc Group Srl

p. 79

Eurochef

p. 27

Familia

p. 71

Ferrarelle

p. 67

Fiera Di Bolzano - Hotel

p. 72

Fiera Di Milano - Host

p. 38

Fiera Di Padova - Tecno & Food

p. 30

Fiera Di Rimini - Sigep

p. 44

SOMMARIO 6 EDITORIALE

di Giampiero Rorato

8 AZIENDE IN VETRINA 12 PIZZA NEWS

a cura di Patrizio Carrer

14

22 RISTORANTE DEL MESE Angelo Sabatelli, ristorante di charme di Giampiero Rorato

32 LE CUCINE DEGLI ALTRI

Fiera Di Rimini - Gluten Free Expo p. 90 Fiera Di Roma - Roma Da Gustare

p. 84

Fiera Di Vicenza - Mantova In

p. 52

Greci Specialità Alimentari

p. 59

Imperia la Monferrina

p. 83

Kuma Forni

p. 69

Lidia

p. 57

MAM Forni

p. 77

Margot

p. 21

Millberg

p. 41, 80

Molino Agugiaro e Figna

p. 29, 91

Molino DallaGiovanna Molino Pasini

p. 3 p. 85 p. 99

New Chef Service

p. 80

Novaltec

p. 53

Oem

p. 55

Pavesi Luciano

p. 66

Refrattari Pavesi Modena

p. 81

Refrattari Valoriani

p. 61

Rispo

p. 43

Sanfelici Franco

p. 25

SDS Gruppo

p. 34 p. 8

Sitta

p. 35

Smoki elettromeccanica

p. 73

Stilcasa Techfood

— Verso l'Expo di Milano di Giampiero Rorato

p. 2 p. 13, 17

di Caterina Vianello

36 OSSERVATORIO HOST

p. 9, 10 , 11, 82

Molino Polselli

Semar

in viaggio tra mezzeh e acqua di rose

p. 8

Lilly Codroipo

Molino Bigolin

— Syria:

18 L'INTERVISTA

— L’Italia che ci piace l’ottima pasta di Gragnano di Giampiero Rorato

—Il forno elettrico parte seconda di Patrizio Carrer


p. 5

40 LA STRAORDINARIA

54 IL VINO

80 NOVITÀ DALLE AZIENDE

STORIA DEL PANE

Vini di vignaioli eroici

— Millberg

— Nel sei-settecento i fornai sono spesso ricorsi a farine di cereali minori

di Virgilio Pronzati

— New Chef Service

60

82 DALLE AZIENDE

di Giampiero Rorato

45

LA BIRRA

LE FARINE

— Le farine di grano tenero in commercio Dott.ssa Alessia Pagotto

— Il secolo della birra

LE ACQUE

— Le acque minerali Di Laura Nascinben

86

— Si comincia

Di Laura Nascinben

64 IL BAR – L'elisir di China di Gianandrea Rorato

50

— Molino Pasini

70 QUESTIONE DI GUSTO – Alta e bassa ristorazione? Parole vecchie e superate? di Nives Piva

74 LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE — Impariamo a conservare di Dott.ssa Marisa Cammarano biologa Nutrizionista

92 –98 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI — Tutti i corsi per neo pizzaioli in Italia e all’estero


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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

I

l turismo, la ristorazione, le aziende di ospitalità dipendono in buona parte dall’andamento dell’economia e in Europa l’economia continua ad essere debole. La cosa è strana e quasi incomprensibile, dal momento che l’Europa ha in sé intelligenza, creatività, capacità operativa e risorse che la rendono, virtualmente, la maggior potenza economica del mondo. Mi riferisco all’Europa perché viviamo in Europa e siamo di fatto cittadini europei. Senza l’Europa le nostre industrie chiuderebbero, le spiagge sarebbero quasi deserte, il tenore di vita degli italiani sarebbe bassissimo. Fortunatamente, una prospettiva senza Europa non ha proprio senso, appartiene solo a delle frange antistoriche, incuranti del benessere della gente, del progresso e della stessa realtà. Il mondo

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXV - n.9 Ottobre 2014 Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Manuela Pelosin PUBBLICITÀ Manuela Pelosin, Patrizio Carrer, Caterina Orlandi, RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

cui si rivolge questa rivista – Ristoranti, Pizzerie, Alberghi, Operatori dell’agroalimentare – ha estremo bisogno di Europa, ma di un’Europa al servizio dei cittadini, con una dirigenza intelligente e illuminata, capace di sostenere l’economia generale e incrementare lo sviluppo, guardando al futuro e non essere solo al servizio dei bilanci e dei gruppi finanziari, capace di rimettere in moto il lavoro, la produzione, l’attività delle industrie, dell’artigianato, del commercio. Quindi un’Europa meno Germanocentrica, più attenta a ogni singolo Paese (attualmente sono 28 i Paesi dell’Unione Europea), specie a quelli che stanno vivendo situazioni difficili. A questa rivista interessano certo e molto la qualità dei prodotti alimentari che abbiamo a disposizione, come anche il Campionato Mondiale della Pizza, il Giropizza d’Europa, le Scuole per pizzaioli, per far crescere questi settori e migliorare la qualità delle proposte alimentari e, quindi, della vita, ma interessa anche che tutti possano lavorare, che chi lavora abbia salari corretti, che gli italiani tornino a sorridere e a divertirsi. In queste pagine diamo ogni mese notizie, informazioni, cultura; questo è il nostro contributo perché l’Italia sia sempre migliore e l’Europa un grande Paese dove tutti possano vivere in libertà, in sicurezza e in pace. www.giampierororato.blogspot.com

Progetto Grafico Manuel Rigo e Paola Dus — Mediagraf lab Digital Publishing Maura Trolese — Mediagraf lab In copertina illustrazione di Pierluigi Longo Stampa MEDIAGRAF spa Noventa (Pd) Comitato tecnico e redazionale Giovanna Allegra, Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Elsa Emanuela Cugola, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Gianluca Rorato, Federica Zanata, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli Affiliazioni internazionali Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.) Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone)

di Giampiero Rorato

Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Valeria Vairo (Buongiorno Italia). ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia – TEL 0421.83148 - FAX 0421.81007



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Nessuna come lei

Sai, la gente forse è troppo insoddisfatta. Si perde in congetture, in paure. Crede non esistano più farine che sappiano davvero di farine. Ma poi accade: si accorge di Lei. Sente quel profumo e sente quella materia. Sente che è Lei e che è diversa dalle altre. “Non cambierai e sempre sarai sincera”, i più grandi maestri pizzaioli ne sono certi.

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pizza e pasta italiana

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NEWS grano khorasan kamut®, licenza gratuita per le pizzerie.

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Mozzarella, la regina della pizza KAMUT®, marchio internazionale nella produzione delle farine di grano khorasan offre alle pizzerie la licenza gratuita di utilizzo dei propri prodotti. In linea con il trend di clienti che sempre di più richiedono alimenti con farine di grano khorasan KAMUT®, il marchio americano nato 25 anni fa, si propone alle pizzerie che vogliono soddisfare le esigenze dei propri avventori, ampliando così l’offerta dei propri menù. I locali interessati a produrre pizza di grano khorasan KAMUT® e ad inserire la KAMUT®Pizza nel loro menù possono richiedere e sottoscrivere un accordo di licenza gratuita all’uso del marchio KAMUT®. Questa autorizzazione, concessa da Kamut Enterprises of Europe, garantisce al consumatore che la pizza è composta con il 100% di farina a marchio KAMUT®, anche grazie a controlli periodici a cui è sottoposto ogni locale che fa parte della filiera KAMUT®, a garanzia di utilizzo e di commercializzazione di un prodotto garantito da un marchio internazionale.

Un risultato scontato per alcuni, ma una conferma per tutti i pizzaioli: la mozzarella è il formaggio ideale per la pizza. Secondo uno studio effettuato dall’Institute of Food Technologist dell’Università di Auckland, la mozzarella infatti è il latticino che per caratteristiche organolettiche sapore e grado di evaporazione si abbina meglio di qualsiasi altro formaggio alla pizza. Cheddar, Edam, Emmental, non hanno retto il confronto con bufale campane e fiordilatte. I ricercatori, utilizzando una macchina che unisce immagini con l'analisi quantificata, hanno studiato la composizione e consistenza dei vari formaggi e analizzato le performance di cottura della pizza con ognuno di questi, per capire le differenze ai fini dell'abbrustolimento e della cottura del formaggio, che deve diventare filante. Hanno così scoperto che l'elasticità, l'olio contenuto, l'umidità, l'attività dell'acqua e la temperatura di transizione sono tutti fattori che influenzano il colore uniforme dei formaggi.

trofeo caputo e napoli pizza village, tutti i numeri

Napoli Pizza Village bissa il successo dell’anno scorso, 500mila presenze ed oltre 100mila pizze distribuite. Più di 84 quintali di farina utilizzata, quasi 77 quintali di pomodoro, 100 quintali di mozzarella, 980 litri di olio d’oliva e più di 600 pizzaioli impegnati durante la kermesse partenopea. Per il 13° Campionato del Mondo del Pizzaiuolo – Trofeo Caputo, il pizzaiolo Valentino Libro della provincia di Napoli, si laurea campione, mentre per la categoria Pizza Classica la vincitrice è la giapponese Mayo Ota. Primo posto per la pizza senza glutine per Pietro Russo, mentre sul gradino più alto del podio della pizza in pala si posiziona il pizzaiolo Salvatore Lioniello. Per la categoria teglia vince Antonio Trivento, Eros Segato invece vince con la pizza più larga I N N O VAT I O e e Ciro Urzelli per il free style. Così il sindaco De Magistris sulla manifestazione “ Esprimo la mia più grande soddisfazione per il successo raggiunto dal Napoli Pizza Village. Anche questa edizione ha confermato come attraverso I N N O V A T la collaborazione fra pubblico e privato si possano ottenere risultati preziosi […]. La pizza, a giudicare dal successo dell'evento, dimostra ancora una volta di essere un alimento apprezzato, oltre che una vera e propria eccellenza della nostra terra”.


SMART FOOD CONCEPT

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VERSO L’EXPO

DI MILANO


speciale expo 2015

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A MILANO I RISULTATI E

LE

PROSPETTIVE

DELL’ALIMENTAZIONE PER I PROSSIMI DECENNI di Giampiero Rorato

In

questo nostro percorso di avvicinamento all’Expo di Milano 2015 desideriamo mettere in luce alcuni aspetti che riguardano il cibo, anche per capire meglio il senso e il valore che avrà per l’intera umanità la grande manifestazione milanese del prossimo anno. È cosa nota a tutti che la storia del cibo è la storia dell’uomo e che questa storia racconta il lungo difficile percorso compiuto dall’uomo per avvicinarsi

alla sufficienza alimentare. E sappiamo anche che, nonostante il mondo occidentale, così come il lontano Oriente e tanti altri Paesi del globo terrestre, abbiano raggiunto alti livelli di civiltà, la produzione di cibo è ancora carente in tanta parte del pianeta, con milioni di persone che continuano a morire a causa della mancanza di cibo. È stato dimostrato che il cibo annualmente prodotto nel nostro pianeta è pienamente in grado di sconfiggere la fame,

ma la sua distribuzione è molto squilibrata, con il mondo ricco che getta gran parte degli alimenti nei rifiuti e il mondo povero che vive al disotto del minimo indispensabile.


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Un po’ di storia

pizza e pasta italiana

SPECIALE EXPO 2015

Nell’antichità le popolazioni del globo che vivevano allo stato nomade, avevano poco cibo e scarsa varietà di alimenti. Raccoglievano i semi dei cerali che crescevano spontanei nelle praterie che attraversavano con le loro greggi, realizzavano delle polentine o dei pani senza lievito, producevano la birra, bevevano il latte di pecore e capre, cercavano miele nei favi selvatici, radici ed erbe mangerecce (e medicinali), uova nei nidi, s’impadronivano dei pesci che riuscivano a pescare e, quando potevano, cacciavano animali selvatici. Questo per le tribù nomadi più fortunate. In diverse aree si viveva abbastanza bene e lì la popolazione aumentava costringendo gruppi di famiglie a spostarsi cercando altri luoghi in cui vivere. Sappiamo che già in antico c’erano persone che vivevano bene – i re degli Assiri, dei Babilonesi, i faraoni dell’Egitto, ecc. e gli uomini potenti al loro servizio – ma erano poche, la maggioranza viveva nella povertà e le morti per fame, specie nei bambini, erano numerosissime.

illustrazioni

Pierluigi Longo Lo sviluppo alimentare è proceduto molto lentamente, a iniziare dalla “mezzaluna fertile”, avente come centro le pendici settentrionali del Caucaso (Georgia, Armenia, Azerbaigian), per scendere verso oriente fino al Golfo Persico, passando per la Mesopotamia (Iraq) e toccando la Persia (Iran). Verso occidente l’altra parte della mezzaluna passava per la Turchia orientale arrivando in Egitto attraversando la Siria, il Libano e la Palestina. In quest’area si è sviluppata l’agricoltura e la città di Gerico, in Israele, mostra nel “Tell es-Sultan”, la Collina del Principe, le rovine di quella che è stata definita “la città più antica del mondo”. E se antiche popolazioni nomadi hanno un giorno deciso di fermarsi in quell’area è perché avevano trovato che c’era acqua a sufficienza e la terra era produttiva e conveniva lavorarla come agricoltori piuttosto che sfruttarla come nomadi di passaggio. Comincia così l’agricoltura, che si svilupperà in Egitto, gran produttore di grano grazie alle annuali piene del Nilo, mentre la Grecia diventerà presto famosa nel Mediterraneo per la sua produzione di vino e di olio d’oliva.

L’AGRICOLTURA E IL COMMERCIO L’intero Mediterraneo e i Paesi bagnati dal “mare nostrum”, come lo definirono i Romani, trassero grandi benefici da quei primi sviluppi, in particolare la penisola italiana e la penisola iberica, con l’Italia che divenne, grazie a Roma, il vero centro dello sviluppo economico e civile dell’area euro mediterranea, mentre l’Egitto andava progressivamente decadendo. La civiltà di Roma e la sua capacità di produrre gran parte dei prodotti alimentari che servivano alla vita della città così come la sua ottima organizzazione commerciale che permise ai romani di importare frumento dall’Egitto e dalla Sicilia, olio dalla Grecia, maiali dalla pianura padana, carni conservate dalla Gallia, salsa

di pesce (garum) dalla Spagna, restano un esempio significativo di come gli uomini, se ben organizzati, sappiano risolvere i problemi causati dalla fame o dalla scarsità di materie prime alimentari. Nel corso dei secoli, anche molto vicino al nostro tempo, l’insipienza umana ha creato un’infinità di barriere doganali (che ai tempi dell’antica Roma non esistevano), precludendosi la possibilità di trasferire da un Paese all’altro del pianeta conoscenze, tecniche operative e prodotti alimentari, con la conseguenza davvero tragica e illogica che numerose popolazioni hanno sovrabbondanza di cibo mentre molte di più ne sono quasi prive.

NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIE PER LA VITA Ecco il grande tema che sarà oggetto di Expo Milano 2015: è possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile? Come sconfiggere la fame e le malattie da essa derivate? Sono interrogativi importanti e impegnativi cui si dovrà dare una risposta nel corso dei sei mesi nei quali sarà aperta l’Expo, dal 1 maggio al 31 ottobre del prossimo anno. È la prima volta che un Paese si mette alla testa di un movimento capace di coinvolgere il mondo intero per iniziare tutti assieme un percorso serio e realistico per combattere e debellare la fame da ogni angolo del nostro pianeta. Progetto ambizioso, certo, come ambiziosa è l’Italia che ha finalmente deciso di riprendere il proprio ruolo internazionale, non per la sua ricchezza o per la potenza dei suoi eserciti, ma per le sue idee e per i valori di solidarietà umana che sono alla base della vera civiltà.


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L’Italia che ci piace L’ottima pasta di Gragnano Nostra intervista esclusiva col direttore della Coop. Pastai Gragnanesi

Dott. Antonio Marchetti, la “Pasta di Gragnano” è un nome di assoluto valore a livello internazionale ed è uno dei preziosi gioielli dell’agroalimentare italiano. Può darci qualche notizia sulla cultura della pasta a Gragnano nel corso del tempo?

F

ra le belle e positive realtà del nostro Paese c’è la Cooperativa “Pastai Gragnanesi”, i cui prodotti sono sempre più apprezzati dai buongustai in Italia e all’estero. L’Italia ha bisogno di realtà come questa, orgoglio non solo del nostro Sud ma dell’intero Paese, esempio di intelligente laboriosità e lungimiranza, che contribuisce in modo forte a porre l’Italia ai vertici mondiali della gastronomia. Per meglio conoscere nella sua globalità questa straordinaria realtà ci siamo rivolti al dott. Antonio Marchetti, Presidente della Cooperativa dal 1985 al 2007 e attuale suo direttore e manager.

“La storia della PASTA italiana – ci dice il dott. Marchetti - non può prescindere dalla storia di Gragnano e delle sue “fabbriche di maccaroni” attive già a partire dal XVII° sec. grazie alla preesistenza di molini ad acqua, con meccanismo a macine orizzontali sovrapposte, dislocati lungo il corso del fiume Vernotico, alle pendici dei Monti Lattari e, soprattutto alla caratteristica ambientale del luogo, ideale per un’essiccazione naturale. I lunghi fili di pasta ottenuti per estrusione dell’impasto di farina di grano duro e acqua attraverso una trafila di bronzo mediante l’uso di un torchio a vite ( dal verbo maccare potrebbe derivare il nome generico di maccheroni) venivano “appesi” su canne lasciate appoggiate su scanni all’aperto, lungo l’asse est/ovest, percorso sia dal sole che dalle brezze che contribuivano, per un certo periodo dell’anno, alla loro perfetta essiccazione e quindi alla loro durabilità e alla loro vendita anche in luoghi lontani. Con lo sviluppo delle tecniche di produzione

e una progettazione urbanistica per lo sviluppo “industriale”, Gragnano contava, già all’inizio dell’’800, oltre 60 fabbriche di maccheroni. La rivoluzione industriale, soprattutto la possibilità di usare macchine a vapore, rivoluzionerà, man mano, le tecniche e gli attrezzi di produzione: dall’impastatrice meccanica al torchio idraulico, dalle presse continue alle trafile per l’estrusione dell’impasto, per arrivare alle apposite “camere” di essiccazione, riscaldate e ventilate, allestite all’interno del pastificio per produrre di più e durante tutto l’arco dell’anno. Tutti i formati di pasta di un certa forma e “spessore” (lasagne, mafaldine, conchiglioni, lumaconi, ecc.) ed in particolare quelli “bucati”, sia lunghi (bucatini, perciatielli, zite, zitoni, candele) che corti (cannelloni, paccheri, mezze maniche, occhi di lupo, ditaloni), sono diventati esclusivi dei cataloghi dei pastifici (oltre 400 censiti nel 1861) sorti nell’area vesuviana del golfo, da Gragnano fino alle porte di Napoli.”


l’intervista

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di Giampiero Rorato

Dott. Marchetti, lei è oggi il Direttore della Cooperativa Pastai Gragnanesi dopo esserne stato Presidente per oltre 25 anni. Le chiedo: quando è nata la Cooperativa, come è formata e come è organizzata?

“La Cooperativa Pastai Gragnanesi è stata costituita pochi giorni prima del terremoto del novembre 1980 che ha colpito in particolare la Campania e la Basilicata provocando numerose vittime e ingenti danni a fabbricati civili e industriali. Anche molti dei vecchi pastifici ancora in attività a Gragnano furono semidistrutti e costretti a interrompere l’attività fino alla loro “ricostruzione e ammodernamento”, resi possibili grazie ai provvedimenti della Legge 219 del 1981. Scopo sociale era quello di offrire, da parte di un gruppo di tecnici del settore e di giovani in cerca di occupazione, vista la crisi che si profilava per il “sistema pasta di Gragnano, servizi reali (manodopera specializzata, assistenza tecnica) ai tanti pastifici esistenti che stentavano a competere sul mercato con quelli più “industrializzati”, già modernizzatisi negli anni ‘50/’60. A causa degli eventi disastrosi, nel mentre si sa-

rebbe avviata anche la ricostruzione, con un ulteriore ammodernamento, dei pastifici più grandi, la Cooperativa decise di tentare un’attività produttiva in proprio, affittando un piccolo pastificio che non intendeva riprendere l’attività e che si era specializzato nella produzione di “paste di formato speciale” (lasagne, cannelloni, fusilli bucati lunghi, ecc.) a marchio proprio e conto terzi. L’impegno diretto dei 10 soci ha consentito, anche grazie alla fiducia del sistema cooperativistico, la ripresa dell’attività e il riscontro di un immediato gradimento del prodotto, sia da parte dei consumatori che da parte dei pastifici più grandi che ci girarono ben presto, per arricchire il loro catalogo, delle commesse soddisfacenti. Inoltre, grazie alla perizia tecnica ed esperienza di alcuni soci (un vecchio capo-pastaio e un esperto meccanico), si ripescarono alcuni formati di pasta ormai scompar-

si: uno di questi, il più importante, era il pacchero, questa sorta di un mezzo cannellone, la cui produzione si era persa a causa della difficoltà a farsi con i nuovi più moderni e più “veloci” impianti. A seguire, la Cooperativa fu ben presto riconosciuta, per i suoi prodotti di “catalogo speciale” e ancor di più per il suo marchio commerciale scelto, a suo tempo, per mancanza di discendenze da nomi storici dei pastifici esistenti che è, ancora oggi, semplicemente “Pasta di Gragnano”, non senza alcune preoccupazioni iniziali che si registravano alle domande dei clienti del tipo: chi è il Sig. Gragnano?. Crediamo di aver contribuito non poco proprio al rilancio del brand GRAGNANO se è vero, come è vero, che a distanza di oltre 20 anni si è arrivati, col concorso degli altri produttori (oggi siamo in 20), ad ottenere il marchio europeo IGP di protezione proprio per la “PASTA di GRAGNANO”.


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L’INTERVISTA

Signor Direttore, per concludere, nel ringraziarla per la sua gentile disponibilità, le chiedo ancora i numeri relativi alla produzione della pasta, i mercati dove è più presente, come è accolta dall’alta ristorazione e se ci sono dei progetti per una più ampia diffusione della Pasta di Gragnano.

Da quali tipologie di grani derivano le farine impiegate per produrre la pasta di Gragnano?

“Per legge, dalla 180 del 1967, il nome di pasta si può utilizzare solo per il prodotto che si ottiene dall’impasto di una farina dalle caratteristiche particolari (colore paglierino, consistenza vitrea, in quantità e qualità delle proteine, in particolare due, la gliadina e la glutenina, che danno origine al glutine che diventa come una rete a maglia elastica capace di contenere gli amidi) che si chiama semola e che si ottiene esclusivamente dalla macinazione del grano duro (dal grano tenero si ottiene solo la “farina”, lo sfarinato di colore bianco-latte simile a un borotalco, con poco glutine e che si può utilizzare per la produzione di paste, fresche o secche, solo con l’aggiunta di proteine apportate dalle uova che si devono aggiungere per l’impasto). Tra i tanti “grani duri” esistenti in Italia (oltre 230 varietà iscritte al Registro nel corso degli ultimi 70 anni) per caratteristica varietale e per caratteristiche pedoclimatiche dei luoghi di produzione,

la sfida in corso tra i produttori di pasta, soprattutto quelli “artigianali”, caratterizzati dall’utilizzo di tecniche di pastificazione meno spinte (impasto lento, estrusione con trafile di “bronzo”, essiccazione statica e lenta della pasta fresca-umida che non deve superare una certa temperatura in celle di essicazione ventilate con aria calda) è tutta giocata sulla qualità del grano duro. Da alcuni anni, infatti, si sta ricostituendo, non senza difficoltà, il sistema di filiera recuperando, nelle aree vocate, le varietà più adatte ad ottenere una qualità finale della pasta artigianale. Noi, al momento, produciamo “Pasta di Gragnano IGP” esclusivamente con semola di grano duro italiano e, preferibilmente, da una miscela di grani duri differenti per caratteristiche e fattori specifici di pastificazione (colore della semola, apporto proteico, elasticità del glutine, sapore caratterizzante, ecc.) per ottenere una pasta con un contenuto proteico almeno di un 14% in peso.”

La pasta di Gragnano è ovunque conosciuta come pasta “artigianale”. Può dirci perché, pur prodotta in notevole quantità, è definita “artigiana”?

“L’artigianale come valore attribuito alla pasta è da riferirsi a un metodo di produzione che si richiama alle tecniche di lavorazione pre-industriale, al ricorso alle tecniche più naturali che artificiali e che riguardano fasi delicate del processo di produzione della pasta: e qui vorrei sottolineare ancora che si sarebbe potuto iden-

tificare molto meglio “questo prodotto” con un nome di consuetudine più storica e tecnica, come “maccheroni”, invece che una denominazione legale come quello di “pasta” sancito dal DPR 9 febbraio 2001, n. 187, a identificare, di fatto, un altro procedimento che sicuramente ha portato ad un prodotto più “industriale”.

“Oggi a Gragnano sono in attività ben 18 pastifici per una produzione vendibile di circa 8.000 q.li al giorno: di questi, almeno 4 si possono definire, per le tecniche e le capacità produttive (che superano i 2000 q.li nelle 24 ore) pastifici industriali; tutti gli altri, pur differenziandosi per le capacità produttive (che vanno dai 20 ai 100 q.li al giorno), possono essere ancora definiti come “artigianali”. La pasta di Gragnano si può dire che è rinata verso la fine degli anni ’80 e che immediatamente ha trovato larghi consensi tra la ristorazione stellata di tutta Italia e alla riscoperta da parte dei tanti gourmet. L’interesse dimostrato dai media e dalle manifestazioni culturali e commerciali che girano attorno al cibo vero hanno aperto le porte di nuovi mercati di sbocco che sono ancora in via di ampliamento grazie all’innovazione e alle capacità produttive dei pastifici, sia per le qualità di prodotto percepibili, e quindi desiderate da consumatori di tutto il mondo, che per la caratterizzazione che si può ritrovare in una pasta di semola di grani duri coltivati in Italia ed utilizzati come “cru”, come necessità identitaria non solo culturale che è alla base della sua storia tutta italiana. Progetti per una più ampia diffusione della pasta di Gragnano sono quelli legati alla diffusione della dieta mediterranea e dei suoi valori salutistici, e non perché “dieta” salutistica locale scoperta alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, ma perché virtuoso e gioioso stile alimentare di un largo territorio italiano esportabile come valore materiale del nostro paese. W la pasta, quindi, o meglio ancora, viva i maccheroni!!”


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pizza e pasta

Angelo Sabatelli — Ristorante di Charme

di Giampiero Rorato


il ristorante del mese

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A Monopoli, in Puglia, la Masseria Spina è uno dei luoghi fascinosi dell’alta cucina italiana

Il Ristorante Angelo Sabatelli Ci piace raccontare la cucina di Angelo Sabatelli perché è l’espressione più concreta e sapiente di una Puglia che sta velocemente conquistando posizioni di vertice, diventando una delle prime regioni italiane per l’impegno e la bravura dei suoi cittadini che in questi ultimi anni hanno saputo raggiungere tanti primati. È pur vero che la natura è stata molto generosa, che il mare che la bagna è d’una bellezza strepitosa, che la sua agricoltura è fra le più interessanti dell’intero meridione europeo, che l’arte – soprattutto uno stupendo barocco – attira ammiratori da tutto il mondo, che il turismo è in continuo sviluppo e non solo per il mare ma per un territorio che è bellissimo, dal Gargano a Santa Maria di Leuca, in un susseguirsi di vigne, d’oliveti e distese di grano che danno vini d’assoluta eccellenza, un ottimo extravergine e frumenti e paste d’altissima qualità. La lunga costa bagnata dall’Adriatico e dallo Ionio, le tante assolate città di mare, ricche d’arte e di storia, una cucina fra le migliori dell’intero Mediterraneo sono attrazioni imperdibili per il turismo sia nazionale che internazionale, anche perché questa regione è, oltretutto, un importante punto d’incontro fra l’Europa, l’Italia e il Levante e l’Oriente, impreziosito da quel luogo sacro a tante popolazioni che è, a Bari, la bellissima Basilica di San Nicola.

Due anni or sono, l’ispettore della Guida Rossa che a Monopoli aveva visitato la “Masseria Spina”, uscendo dal ristorante scrisse sul suo taccuino una nota che poi riportò nella Guida dello scorso anno: “Straordinaria rivisitazione della cucina pugliese, Sabatelli è uno dei giovani cuochi più interessanti della regione, esalta i prodotti del territorio con tecnica e precisione sopraffine senza mai scendere nell’artificiosità, ma rimanendo fedele alla travolgente forza dei sapori meridionali.” Era la premessa della stella che sarebbe scesa su questo ristorante, ubicato in una scenografia da favola.

La Masseria di Angelo Sabatelli è nelle vicinanze della romana Via Traiana, nei locali di un antico complesso rurale fortificato, con un ampio cortile lastricato, le vecchie stalle, la cappella con motivi tardo barocchi, un frantoio seicentesco, una torre difensiva e una teatrale scala a doppia rampa. Attorno c’è Monopoli, Città dell’Olio di grandissimo interesse, ottenuto dalla cultivar Cima di Mola, una delle più antiche del Mediterraneo. Nei vigneti che si distendono a perdita d’occhio, si coltivano, fra gli altri vitigni, il Negroamaro che dà un vino notissimo e la Vittoria che regala splendide uve da tavola. Nella campagna si producono la Cicerchia della Murgia e la Patata Primaticcia di Polignano, le Cime di Rapa (chi non la conosce nel piatto con le orecchiette?), la Ciliegia Ferrovia, la Carne Podolica della Murgia e il Caciocavallo Silano.

È nel cuore di questo meraviglioso territorio che si trova il ristorante della Masseria Spina.


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pizza e pasta italiana

IL RISTORANTE DEL MESE

Lo Chef

La cucina di Angelo Sabatelli va scoperta con lo stesso amore con cui si entra in un grande museo per scoprire e godere le opere d’arte che contiene, perché così è la sua cucina, un concentrato di bellezza sostenuta da solidi valori gastronomici. L’esito attuale è figlio di una grande storia, perché Angelo ha maturato esperienze che gli hanno permesso di conquistare una straordinaria cultura professionale, aprendo muovi orizzonti al suo sapere, arricchito da un’ampia e seria visione internazionale, anche se le radici sono rimaste essenzialmente pugliesi e mediterranee. Prima di aprire il suo ristorante di Monopoli è stato, infatti, a Il Convivio di Roma (con annessa Stella Michelin), all’Hyatt Aryaduta di Jakarta, al Grand Hyatt di Hong Kong, al Ritz-Carlton di Shanghai, a Le Touessrok a Mauritius. Girare il mondo è fondamentale per un cuoco che voglia poi regalare emozioni nuove e sconosciute ai suoi ospiti e Sabatelli il mondo lo ha visto da importanti cucine, poi l’amore per la sua terra l’ha riportato a “casa”, nella sua Monopoli, alla Masseria Spina. Di Angelo hanno già scritto in molti e meritatamente per le sue ampie conoscenze cucinarie che si traducono quotidianamente in proposte capaci di regalare una molteplicità di godibilissime sensazioni gustative. Egli conosce le materie prime della sua Puglia, sia di terra che di mare e sa intrecciarle in una varietà di colori, sapori, gusti che incantano ogni giorno i suoi ospiti. Non per nulla è diventato uno degli emblemi veri e stimati della grande cucina italiana che si avvicina all’Expo Milano 2015 con la reale capacità di sbalordire e soddisfare i buongustai d’ogni continente.

Ristorante ANGELO SBATELLI CONTRADA SPINA, 437 MONOPOLI - BARI — www.angelosabatelliristorante.com



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pizza e pasta italiana

RISTORANTE DEL MESE Ricetta per 4 persone

240 g di Riso Carnaroli 2 Limoni non trattati 2 lt di Acqua (bollente) 150 g di Ricotta 15 g di Crema di latte 10 g di Parmigiano grattugiato 10 g di Olio Extravergine d’oliva 5 g di Succo di limone sale e pepe nero q.b. 20 g di Polvere di buccia di limone candito 100 g di Salmone affumicato

RISOTTO CON RICOTTA, LIMONE E SALMONE AFFUMICATO

Prendi il salmone, avvolgilo in pellicola e forma un salame e abbattilo a -20°c. Quando è ben ghiacciato grattugialo con un microplane su di una teglia rivestita con pellicola, rimetti a ghiacciare e quando risulta ben freddo conserva in un contenitore ermetico fino ad utilizzo. Riscalda la crema di latte, aggiungila alla ricotta e frullala fino a quando è ben liscia, conservare in frigo. Pela i limoni, metti la buccia con l’acqua e porta a bollore. Fa cuocere per 10 minuti, filtra e mantieni in caldo. Tosta il riso a secco e bagnalo con l’acqua profumata al limone, quindi porta a cottura (circa 15/18 minuti). Togli dal fuoco e manteca con la ricotta e l’olio e aggiusta di sale e pepe. Versa il riso in quattro piatti, spolvera con la polvere di limone, il salmone affumicato e manda in tavola.


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pizza e pasta italiana

RISTORANTE DEL MESE Ricetta per 4 persone

Coniglio alla “cacciatora” con doppio ristretto di peperone arrostito

Coniglio 400 g di Cosce di Coniglio (tagliate a cubetti), 50 g di Cipolla Rossa di Acquaviva Brasata (stracotta), Sale e Pepe q.b. In una bacinella metti il coniglio e la cipolla, amalgama bene, aggiusta di sale e pepe e metti in sacchetti da sottovuoto, chiudili alla massima pressione e forma una salame su un lato della busta (la terrina prenderà una forma ovale). Avvolgi in pellicola e fa cuocere a bassa temperatura a 60°C per 2 ore e 30 minuti. Abbatti, dividi i n 4 porzioni e rimetti in una busta da sottovuoto pulita, ponendo in frigo fino a utilizzo.

Altri ingredienti 30 Bacche di Lupo (ammollate nel brodo di peperone), 20 g di Germogli Misti e Fiori (timo, rucola, maggiorana, barbabietola, nasturzio), 5 g di Olive Disidratate (facoltative), 100 g di Fondo Bruno di Coniglio Rigenera la terrina di coniglio a 60°C per 8 minuti e falla rosolare da entrambi i lati. Riscalda le verdure. Riscalda il fondo bruno. Riscalda il brodo di peperone e metti in una salsiera. Sistema un pezzo di terrina per porzione, glassa con il fondo bruno, aggiungi le verdure e decora con i germogli e i fiori. Completa con un filetto di peperone disidratato (già condito con fior di sale) e servi. Versa il brodo ristretto davanti al cliente.

Brodo di peperoni 200 g di Peperoni Rossi, 10 g di Olio Extravergine di oliva, 2 g di Xanthana, Sale q.b. Lava, asciuga e pennella di olio i peperoni, infornali a 190°C per circa 20/25 minuti o fino a quando sono ben bruciati. Metti i peperoni in un contenitore a chiusura ermetica e falli raffreddare, dopodiché pelali ed elimina i semi, filtra il brodo che avrai ottenuto e versalo in una busta sottovuoto. Pesa i peperoni e aggiungi l’equivalente del loro peso di acqua minerale, metti il tutto nella busta sottovuoto con il brodo di peperone e sigilla. Metti a cuocere nel termocircolatore a 65°C per 6 ore. Filtra il brodo e fallo ridurre del 50% e legalo con la xanthana.

Cialde di peperone arrostito 200 g di Peperoni Rossi Arrostiti, Sale q.b. Prendi quattro filetti di peperone e falli disidratare. Frulla il resto fino a quando risulta molto fine (se occorre aggiungi un po’ di brodo di peperoni). Aggiusta di sale, stendi sui tappetini siliconati del disidratatore e fa asciugare per circa 2 ore a 60°C.

Verdure 100 g di Carote (in piccola brunoise), 100 g di Sedano (in piccola brunoise), 50 ml di Olio Extravergine di oliva, 1Foglia di Alloro (in fine julienne), 1 Spicchio d’Aglio, Sale q.b. In una padella fa dorare l’aglio, il sedano e le carote con l’olio, prima di togliere dal fuoco aggiungi l’alloro, aggiusta di sale e conserva in caldo.


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pizza e pasta italiana in queste

LA CUCINA DEGLI ALTRI

pagine

Resti di Palmira, antica cità a 200km da Damasco

: a i r i S In di Caterina Vianello

C

i sono paesi che rimangono a lungo nel cuore di un viaggiatore. I motivi sono molteplici, personalissimi e raramente hanno a che fare con gli elenchi ordinati dei luoghi da visitare proposti dalle guide. Si tratta di una combinazione di elementi – potremmo quasi definirli ingredienti – che si legano all’ospitalità incondizionata di un popolo, al carattere delle città, alla seduzione esercitata in egual misura dai mercati e dal patrimonio culturale. La Siria è stata, per chi scrive, uno di quei paesi. Ne parliamo purtroppo al passato: la guerra civile degli ultimi anni ha sconvolto e trasfigurato città, moschee e palazzi, trasformando uno degli stati più eleganti del Medio Oriente in uno scheletro privo di colore. Ecco quindi che questo breve viaggio nella cucina siriana vuole essere contemporaneamente un omaggio al paese, una dichiarazione d’amore incondizionato, una fotografia del passato mostrata a quanti non hanno ancora avuto l’occasione di conoscere la terra che ospita Damasco, Aleppo e Palmira, ed infine un profondo augurio per il futuro, affinché le ferite del conflitto possano al più presto essere rimarginate.

In viaggio


siria

In Siria un pasto non è mai soltanto una successione di portate: diventa, più compiutamente e profondamente, uno spazio di condivisione identitaria e culturale, in cui il cibo si fa veicolo di comunicazione. La convivialità raggiunge in Siria, come abbiamo già riscontrato in Giordania peraltro (non a caso molti piatti sono comuni e si ritrovano in entrambi i paesi), il suo senso più alto, sia nella vita quotidiana sia nella relazione con l’ospite straniero. Gli avvenimenti principali dell’esistenza, le feste e le tradizioni culturali e religiose sono scandite da ricette e preparazioni elaborate, così come l’arrivo di un ospite (meglio se straniero) è salutato con la preparazione generosa e ricca di piatti elaborati. Concorrenti e complementari sono le tradizioni gastronomiche di Aleppo e Damasco, più raffinata la prima, più legata alla tradizione la seconda, ma entrambe tuttavia rispettose della suddivisione delle portate: mezzeh (antipasti), piatti principali e dessert compongono così una tavola elegante, dai sapori compositi e mai sopra le righe. Andiamo con ordine allora, partendo dagli antipasti. Con la Giordania, la Siria condivide hummus (crema di ceci preparata con aglio, limone e tahina, pasta di sesamo),

tabbouleh (insalata di prezzemolo, cipolle, pomodori, olive e limone, accompagnati dal burghul), fattoush (un tabbouleh, più ricco preparato con sommacco, pomodori e crostini di pane fritto con pastella) e baba ghanoush (crema di melanzane); tipici siriani sono invece il mhammara (una crema a base di peperoni, noci, pane grattugiato e olio d’oliva), i fatayer (fagottini di pasta ripieni di carne o jibneh, il formaggio di pecora, o spinaci); il fetteh chamiyyeh, a base di pane raffermo o grigliato, fatto a pezzetti, su cui si dispongono pezzi di carne e legumi, completando poi con burro fuso, olio d’oliva, pinoli e pistacchi. Accompagnamento d’obbligo ai mezzeh è il khubz, il pane non lievitato usato per raccogliere salse e pietanze. Al momento della portata principale vi sembrerà di essere tornati in Giordania: con il vicino paese arabo infatti, la Siria condivide alcune ricette: ecco ritrovare allora i kebab di montone e pollo, i kofta (polpettine di agnello servite con pomodori, cipolle e spezie), il kubbeh (o kibbeh, carne di agnello o montone mista a semola di grano, spezie, pinoli - e noci nella variante damascena - fritta e accompagnata da una salsa di yogurt), e il maqlube, il complicatissimo

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riso “sottosopra”, bollito in un brodo speziato con ceci, cipolle e stinco di agnello disossato, pressato quindi in una ciotola profonda e capovolto.

Una pasticceria di Aleppo Teglia di "al mabroumeh", uno dei dolci tipici, prima di essere tagliato a porzioni

tra mezzeh e acqua di rose


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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI Eleganti, raffinati, profumati e curatissimi nelle forme e nelle varietà sono i dessert: vi consigliamo di provarne quanti più possibile. Cominciate dai baklava: nonostante li abbiate già gustati in Giordania, è consigliabile assaggiarli anche in Siria. La pasta fillo alternata a strati di pistacchi, mandorle o anacardi tostati e tritati, bagnata con zucchero sciolto in acqua e aromatizzato con acqua di rose o fiori d’arancio è proposta in una serie numerosa di forme, tra le quali vale la pena di citare l’asabih (dita di donna), l’aash el bulbul (nido dell’usignolo) e il kol wa shkor (mangia e ringrazia). Profumatissimo è il muhallabiyeh, budino di riso e latte aromatizzato con acqua di rose e pistacchi tritati; provate poi gli al-baraziq, biscotti zuccherati guarniti con semi di sesamo e pistacchi tritati, i karabijs (tipici di Aleppo), preparati con semola, farina e burro, farciti con noci e profumati all’acqua di rose o ai fiori d’arancio, cotti in forno o fritti nell’olio d’oliva e coperti di caramello liquido, gli al-ballouriyyeh, preparati con una pasta

accanto

Negozio di spezie sotto

Baba-ganoush, crema di melanzane

speciale (othmaliyyeh), farcita di pistacchi quindi cotti al forno, il qataïfs, una sorta di bignè a forma di cornetto, gli al-awwama, di forma rotonda e fritti nell’olio d’oliva e successivamente raffreddati con caramello liquido, gli al-mabroumeh, fatti con pasta farcita di pistacchi di forma cilindrica e ripassati nel caramello liquido. Se siete temerari, accompagnate il pasto con l’arak, il liquore aromatizzato all’anice. Per i dessert, invece, concedetevi una tazza di tè, in genere molto dolce e aromatizzato con menta o cardamomo, o di caffè, piuttosto forte e servito in piccole eleganti tazzine.

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Il Forno elettrico — parte seconda

Da 38 edizioni leader assoluto nel settore Ho.Re.Ca., foodservice, retail, GDO e hotellerie, Host si conferma il marketplace del business internazionale e di qualità. Un luogo di incontro esclusivo tra aziende produttrici leader di mercato e buyer top spender da tutto il mondo. Una manifestazione trasversale, dove tanti settori sinergici parlano di business con un linguaggio evoluto e competente. Un network permanente di contatti che in 5 giorni trovano la loro massima sintesi. Ancora una volta, sempre di più, anche nel 2015: il futuro inizia da Host.

Dal 23 al 27 ottobre 2015, Milano diventa la capitale dell’accoglienza professionale. 12 padiglioni complementari e sinergici per garantire la massimizzazione dell’investimento. Attenzioni che si estendono anche ai visitatori, guidati all’interno della fiera attraverso percorsi funzionali. Tutto per la massima soddisfazione di aziende e operatori professionali.

L’edizione 2015 di Host può contare su un ulteriore elemento di visibilità dato dalla concomitanza con Expo 2015, a pochi metri di distanza dai padiglioni. Oltre 20 milioni di visitatori attesi da tutto il mondo, per un evento che catalizzerà l’attenzione di governi, istituzioni e consumatori sul tema: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Tematiche condivise anche in Host, per una sinergia di eventi davvero unica.

L’

acquisto di un forno elettrico deve tenere conto di diversi fattori, dal volume di pizze che si prevede nel proprio ristorante, allo spazio disponibile nel locale, ai consumi che necessariamente devono essere ridotti. Di conseguenza è bene diffidare delle offerte troppo convenienti, molto meglio è affidarsi ad un’attrezzatura per la cottura che permetta di lavorare al meglio e senza eccessivi rischi. L’evoluzione tecnologica del forno elettrico corre di pari passo con le richieste dei pizzaioli che non si accontentano più di uno strumento di cottura, ma chiedono un vero e proprio aiuto al lavoro di tutti i giorni. Dai vecchi forni elettrici che spesso non si dimostravano all’altezza dei più prestigiosi e apprezzati forni a legna, si passa ad una nuova generazione di attrezzature elettroniche in grado di rispondere sia da un punto di vista di funzionalità che di estetica ai pizzaioli più esigenti. Un esempio di eccellenza è l’azienda genovese Morello Forni, specializzata nella produzione di attrezzature alimentate a legna, a gas e ad elettricità, che ha proposto la serie “FRV Evento”, connubio di praticità, consumi contenuti ed estetica tradizionale. Il valore aggiunto della serie “Evento” è dato inoltre dalla platea rotante e di un sistema di riscaldamento a convezione (cioè con una distribuzione uniforme del calore all’interno della camera), può arrivare ad una produzione oraria di 100 pizze. Il quadro di controllo a sfioramento “inteltouch” posto sotto la bocca del foro, permette inoltre di personalizzare diversi programmi di cottura.


osservatorio host

Il lavoro in pizzeria non può non prescindere dal rispetto dei tempi e dalla necessità di avere uno strumento in grado di rispondere a tutte le esigenze. Zanolli forni di Caselle di Sommacampagna (VR), interpreta queste necessità con forni elettrici di facile utilizzo e di grande qualità. La serie Citizen permette infatti di cuocere pizze tonde, pizze in pala e pizze in teglia, per arrivare fino alle versioni speciali in grado di raggiungere temperature di 450°, ideali per la cottura della pizza alla napoletana. La serie Synthesis, cioè i forni a tunnel ventilati, è invece un esempio calzante di ottimizzazione dei tempi e di temperatura di cottura, Zanolli infatti propone per questi forni il sistema di controllo energetico Stand By System, in grado di abbattere significativamente i costi in bolletta.

Host 2015 si preannuncia come una vetrina di eccellenza, dove i migliori marchi del Made in Italy verranno rappresentati, marchi storici e prestigiosi, come la f.lli Cuppone di Silea (TV) da più di 50 anni leader internazionale per i forni e le attrezzature. Una serie di successi della azienda trevigiana che coniuga alta qualità, design e bassi consumi, con il suo gioiello di punta: “Giotto” il forno elettrico con piano di cottura rotante, che ha letteralmente rivoluzionato il concetto di cottura su forno elettrico. Esteticamente “Giotto” presenta linee rotonde e morbide, rivestito in acciaio, e permette di cuocere 8 pizze tonde, limitando notevolmente la dispersione di calore, grazie sia all’azione del piano rotante che alla bocca del forno, di dimensioni ridotte rispetto agli standard di altre attrezzature. Inoltre, grazie al piano rotante, il lavoro del pizzaiolo si riduce notevolmente, non inficiando però sulla qualità delle pizze in uscita, che risultano sempre cotte in modo uniforme.

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pizza e pasta italiana

LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

XXXII

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di Giampiero Rorato

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a m m a Fi

L

a situazione geopolitica dell’Italia a partire dal Cinquecento era il risultato di complesse vicende storiche e soprattutto delle guerre e degli accordi internazionali. In quei secoli l’Austria, la Spagna, la Francia e l’Inghilterra erano potenze internazionali, mentre la penisola italiana era frantumata in stati e staterelli sempre più deboli o, comunque, incapaci di incidere sulla storia d’Europa del tempo o erano addirittura satelliti delle grandi potenze, Spagna e Austria soprattutto. La Repubblica di Venezia stava progressivamente impoverendosi e perdendo il suo ruolo di grande potenza marittima e commerciale, a vantaggio di Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra. Lo Stato della Chiesa era mantenuto in vita dagli interessi delle grandi potenze. I Savoia in Piemonte rappresentavano un cuscinetto fra Francia e Spagna dapprima e poi tra Francia e Austria che faceva comodo a questi stati. E come vivevano a quel tempo – dal 500 all’800 gli abitanti della penisola? A parte la solita nobiltà, sempre ossequiosa a chi comandava, non importa chi fosse, il popolo, quindi la stragrande maggioranza della popolazione, viveva nella povertà e molto spesso anche nella più totale indigenza. Alla situazione sociopolitica si aggiungevano, quasi annualmente, le calamità naturali che, per piogge eccessive, straripamento di fiumi e allagamento delle campagne o annate di siccità, riducevano al minimo i raccolti e sfociavano in situazioni di carestia. Per tutti questi motivi le produzioni agrarie subirono enormi contrazioni e, con quella del vino, diminuì di molto anche la produzione di frumento so-

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pizza e pasta italiana

LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

stituita da quella di mais. Con l'invenzione della stampa, dal 1600 in poi, si diffusero nuovi testi di economia agraria, che parlavano della coltivazione del frumento e dell'importanza che questo cereale rivestiva nella situazione economicosociale, e ciò anche perché per secoli l’economia derivante dall’agricoltura fu definita proprio “l'economia del pane e del vino”. L'agricoltura e la conseguente alimentazione della famiglia contadina e bracciantile (che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione) erano basate in primo luogo sulle coltivazioni di frumento (poi di mais) e di viti oltre che sul quasi esclusivo consumo dei rispettivi prodotti. Si può ben comprendere che in quella infelice situazione dell’Italia politicamente frammentata in tanti staterelli e in costante decadenza economica l’alimentazione rappresentava per il popolo un grave problema e il pane stesso era diventato il simbolo delle diverse condizioni sociali.

sopra

L'autore dell'epoca Francesco Griselini

il pane

U

n autore del tempo, Francesco Griselini, interessandosi di farina e di pane scrive che le diverse specie di farina usate allora dai fornai per fare il pane erano il puro fiore di farina per il pane richiesto dai signori; dopo il fiore c’era la farina bianca per il pane bianco richiesto dalla borghesia, cioè dai ricchi commercianti e dai professionisti (medici, avvocati, notai, ecc.); poi c’era il tritello, o la semola fina mescolata con questa ultima per confezionare il pane bigio-bianco per i contadini benestanti; c’era, infine la semola grossa, con una parte di farina bianca e di semola fina per il pane bigio per le classi più povere che lo acquistavano quando potevano. Griselini oltre a illustrare l’impiego della farina e della semola e delle loro miscele per ottenere i diversi tipi di pane dedica la sua attenzione ai metodi di panificazione e ai vari tipi e forme di pane realizzati dai fornai del suo tempo e scrive: dannosi da fornai diversi nomi al pane, secondo le figure che ad esso danno, le mescolanze delle farine e di altre materie ancora che talvolta impiegano e il diverso modo d’impastarlo: de’ quali non faremo parola, perché sono già molto comuni. Lo studioso cita poi i nomi di pani allora molto diffusi, soprattutto nelle classi povere e si scopre così che non c’erano solo i pani ottenuti da farina e frumento, poiché venivano pure prodotti il pane di Saggina, il Gran Turco, il pane di Avena, il pane d’Orzo, il pane di Segala. Tutti questi pani erano confezionati in forme rotonde. A proposito del lievito impiegato, Griselini scrive che è una pasta, che inforza, ma che non è arrivata ancora al suo ultimo grado di inforzatura, precisando che deve essere usato quando è pronto, altrimenti, se lo si lascia andare, comincia a muffare.

Dopo aver fatto cenno ai pani popolari Francesco Griselini descrive quelli più raffinati, il Mezzo Buffetto (nome usato allora soprattutto in area veneta) e il più raffinato Pan Buffetto e nomina ancora dei pani che, sull’onda dell’imperante moda d’oltralpe, hanno nomi francesi o così venivano chiamati nella società più snob di Venezia. Sotto il nome generico di Petit-Pan, troviamo il pane à la reine, il pane à la Sigovie, il pane cornuto, il pane da caffè, il pane in artichaus, una specie di pane al carciofo. Tutti questi pani vengono impastati anche con aggiunta di burro e hanno tempi diversi di cottura. Del Pan Bianchetto, chiamato dai francesi Pain Festin, un pane molto raffinato e squisito, diffuso allora in diverse parti d’Italia, soprattutto nelle capitali e nelle case di re, granduchi, duchi, ecc., Francesco Griselini dà anche la ricetta: Prendete un buon lievito di lievitatura di birra, e fatene il terzo della pasta, che dovete preparare. Quando sarà in pronto, pigliate del latte solamente intiepidito, e stemperate il vostro lievito con questo latte. Lavorate un poco la vostra pasta. Di poi prendete del burro e dell’uova, e aggiungeteli alla pasta. Questa non sia troppo tenera e molle; fatela alquanto soda, e rotonda. Lasciatela levare un poco, e poi dimenatela. Dimenate i piccioli pani i primi. Riscaldate il vostro forno dolcemente. Quando il forno è caldo, tagliate i vostri pani in S pur di sopra; indorateli con delle uova, ed infornateli. Quando avranno pigliato colore, lascierete, che finiscano di cuocere a forno aperto.



002/2013 BTCH13E

Approved Event


le farine

Le farine di grano tenero in commercio

Dott.ssa Alessia Pagotto Tecnologa alimentare

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pizza e pasta italiana

LE FARINE

Vi sarà sicuramente capitata tra le mani la scheda tecnica di una farina acquistata e avrete certamente notato che è ricca di tecnicismi e di nozioni specifiche che rimandano alla legislazione vigente. La loro comprensione non può prescindere dalle conoscenze di base, perciò in questo excursus si fa accenno alla materia prima e al processo produttivo analizzando gli aspetti caratterizzanti.

Com'è fatto il chicco di grano? La cariosside di frumento viene definita come un frutto secco indeiscente * saldato con il seme. Nel chicco si distinguono tre parti fondamentali: la crusca, l’endosperma e il germe. La parte interessata per la produzione di farina è l’ENDOSPERMA (o mandorla

farinosa), ricca in amido e in proteine (glutine). Il processo molitorio mira ad ottimizzare l’isolamento dell’endosperma amilifero evitando la contaminazione del germe e delle frazioni periferiche della cariosside. Nei normali processi industriali (fatto sal-

Il chicco da vicino 3

1 CRUSCA Rappresenta il 13% del peso del chicco. Involucro esterno costituito da cellulosa, proteine, vitamine e sostanze minerali.

1

2

FUNZIONE : protezione del seme.

2 GERME

3 ENDOSPERMA

Rapprensenta il 3% del peso del chicco. Contiene enzimi, proteine, vitamine, lipidi e sali minerali.

Rappresenta l’84% del peso del chicco. Parte interna ricca di amido e proteine.

Funzione: e’ il fulcro della nuova vita, dalla quale la pianta trarrà origine.

Funzione: costituisce la riserva della cariosside ed ha un ruolo essenziale perché fornisce nutrimento al germe.

vo il caso delle farine macinate a pietra) il GERME viene sempre eliminato, perché, essendo ricco in lipidi, è suscettibile di irrancidimento, condizionando la conservabilità del prodotto finito. La presenza di CRUSCA negli sfarinati è invece variabile. Dipende infatti dalla tipologia di farina che devono produrre, se 00, 0, 1, 2 o integrale. Ad ogni categoria corrisponde un ben preciso contenuto in ceneri, che non è altro che il quantitativo di particelle cruscali che residuano nel prodotto finito. Le regole che definiscono questo tipo di classificazione, sono riportate nel Decreto del Presidente della Repubblica n° 187 del 2001, Tabella 1. L’azione di separare la farina dalla crusca prende il nome di abburattamento e si esegue attraverso uno sistema di vagli (o buratto). Variando il tasso di abburattamento varia la composizione della farina, una resa elevata porta ad ottenere una farina più grezza, una bassa resa invece una farina più raffinata. È ora possibile comprendere la definizione riportata nel dpr n° 187 del 2001, che all’ art. 1 cita testualmente: 1. E’ denominato farina di grano tenero il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. 2. E’ denominato farina integrale di grano tenero il prodotto ottenuto dalla macinazione del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

* Per indeiscente si intende che a maturità non si apre per far uscire il seme.


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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 FEBBRAIO 2001, N. 187 FARINE DI FRUMENTO TENERO: TIPI E DENOMINAZIONI

TIPOLOGIE

max (%)

Farina di grano tenero

Farina integrale di grano tenero

CENERI

UMIDITÀ

PROTEINE

min (%)

max (%)

min(%)

00

14.5

0.55

9.00

0

14.5

0.65

11.00

1

14.5

0.80

12.00

2

14.5

0.95

12.00

14.5

1.30

1.70

12.00

QUALI SONO LE ALTRE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE ?

Tenore in umidità

La legislazione contempla questo parametro come riportato in Tabella 1. L’umidità dello sfarinato non deve superare il 14,50 per cento, ma è tollerata l'immissione al consumo di farine di grano tenero con tenore di umidità fino al 15,50 per cento, a condizione che sulla relativa etichetta figuri la dicitura “umidità massima 15,50 per cento". Un’ umidità superiore al 15,5% è considerata frode, oltre al fatto che l’elevata umidità limita la conservabilità dello sfarinato. Causa infatti sviluppo di ammuffimenti e e di agenti microbici, presenza di infestanti, perdita delle caratteristiche organolettiche ottimali, odore di stantio per irrancidimento, colore non uniforme, presenza di grumi. E’ per questa ragione che, oltre al controllo dell’umidità del prodotto finito effettuato dal molino, è fondamentale che l’utilizzatore conservi in maniera ottimale lo sfarinato in luogo fresco e asciutto.

Contenuto in ceneri

Il valore massimo di ceneri deve rientrare nella categoria di appartenenza conformemente alla denominazione legale del prodotto, come già contestualizzato.

Contenuto proteico

Sempre in Tabella 1 si nota che all’aumentare del contenuto in ceneri aumenta il contenuto minimo di proteine. L’incremento proteico è giustificato dal fatto che molte proteine sono presenti nella crusca.


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pizza e pasta italiana

Il processo produttivo

AL CO LA N RI F N E EZ FU TR IO SA AS NA PO M RT EN O TO

TR A

SP

O RT O

RI CE VI M EN PR TO E– GR PU AN LI TU O RA ST O CC AG GI PU O LI IN TU SI R LO A CO N D IZ IO M N AC AM IN EN AZ TO I FA O N RI E N A ST O CC A AG e ggi m GI ac unt O ro a

in d i m gr i ed cr ie o nt i

LE FARINE

È meglio macinare un unico grano o una varietà di grani? A seconda delle esigenze, si può scegliere se macinare una miscela di più grani con caratteristiche simili (per quanto riguarda contenuto proteico e parametri reologici) o macinare un’unica varietà di grano. Questa scelta è a discrezione del

molino ed è vincolata dal fatto di possedere una struttura adeguata. La macinazione di un’unica varietà può essere valida in caso in cui quel grano abbia performance particolari, oppure sia un prodotto che deriva da una zona specifica, in

tutti gli altri casi, conviene lavorare con una miscela di più grani per avere sempre un prodotto finito costante, minimizzando il rischio di difettosità dovute ad una sola varietà.

Perché vengono aggiunti degli ingredienti alle farine? Nelle farine convenzionali è possibile l’aggiunta di macro e micro ingredienti per migliorare o correggere le caratteristiche tecnologiche dello sfarinato ottenuto. Questi ingredienti, ammessi nelle farine convenzionali sono:

1.

Il glutine. Può essere aggiunto allo scopo di incrementare il valore proteico. Il contenuto in glutine è fondamentale perché è determinante per la formazione dell’impasto.

2. Acido ascorbico (E300). E’ aggiunto

allo scopo di aumentare la reticolazione del glutine, manifestando un aumento della resistenza dell’impasto e una diminuzione dell’estensibilità. La sua

presenza deve essere sempre dichiarata in etichetta.

3.

Complessi enzimatici. Gli enzimi sono dei catalizzatori di reazioni, ovvero aumentano la velocità delle reazioni chimiche. Gli enzimi più utilizzati sono: -amilasi: attaccano l’amido rendendo disponibili zuccheri fermentescibili che costituiscono un substrato per i lieviti. -proteasi: tagliano le catene proteiche conferendo all’impasto una maggiore estensibilità. -ossidasi: riducono l’estensibilità di un impasto.

-pentosanasi e cellulasi: idrolizzano pentosani e cellulasi modificando la consistenza dell’impasto. Non sono invece AMMESSI in Italia gli imbiancanti che invece sono ammessi in alcune legislazioni estere. Lo sbiancamento delle farine è una pratica vietata per due ragioni: innanzitutto necessita dell’utilizzo di sostanze ossidanti nocive (es. perossido di benzoile) per la salute del consumatore e, in secondo luogo, possono modificare l’aspetto delle farine facendo passare farine di tipo 0 come farine 00 facilitando le frodi.



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LE ACQUE MINERALI

Classificazione e caratteristiche Nel mese precedente abbiamo presentato a grandi linee l’acqua minerale, soffermandoci su quanto prevedono la normativa europea e quella italiana per le quali, per essere “minerale”, l’acqua deve essere di origine sotterranea e protetta, batteriologicamente pura all’origine, con una costanza di componenti, con effetti mai negativi semmai positivi per la salute umana e sempre imbottigliata all’origine in contenitori controllati e sicuri.

L'unicità di ogni acqua minerale

di Laura Nascinben

Ogni acqua minerale ha una propria storia idrogeologica, perché ogni acqua proviene da certi percorsi sotterranei diversi da ogni altro, acquista nel percorso delle componenti minerali in base alle aree attraversate, che la arricchiscono anche di una propria flora microbica e le danno particolari caratteristiche, per cui, alla fine, ogni acqua minerale ha proprietà, sapori e gusti peculiari e unici. L’acqua minerale che viene imbottigliata, dunque, è quella che esce dalla sorgente o è presa da giacimenti profondi, comunque protetti e incontaminati e non può essere trattata con interventi per eventualmente risanarla. L'acqua minerale, batteriologicamente pura e priva di inquinanti alla sorgente, imbottigliata in contenitori sicuri e igienici, arriva allora al consumatore così come sgorga alla fonte. E in più, come vedremo, con riconosciute virtù terapeutiche. Per essere considerata “minerale” e commercializzata con questa indicazione, l’acqua deve essere sottoposta a una serie di ben precisi esami che ne valutino tutte le caratteristiche, quindi ottenere il riconoscimento da parte del Ministero della Salute che valuta gli studi geologici, le analisi batteriologiche e chimico-fisiche nonché le sperimentazioni clinico-farmacologiche.


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Classificazione

I sali minerali

AB SM Nel mese scorso abbiamo ricordato che le acque possono essere “minimamente mineralizzate”, “oligominerali”, “medio minerali” e “ricche di sali minerali” e che queste distinzioni dipendono dalla quantità di mg di residuo fisso (sali minerali) presente nelle acque stesse (dopo evaporazione a 180°C). Poi ci sono altri parametri da tener conto e precisamente, la presenza di anidride carbonica (CO2) alla sorgente. Se non c’è l’acqua è chiamata “piatta”, se invece c’è allora l’acqua è definita “effervescente naturale”. E ci sono anche delle acque che alla sorgente risultano piatte alle quali viene “aggiunta anidride carbonica” e ciò va chiaramente indicato in etichetta. Altro elemento è il “pH” che è una scala di misura dell’acidità o basicità dell’acqua stessa. Se il “pH” è inferiore a 7 l’acqua risulta “acidula”, se invece è superiore a 7 l’acqua è “alcalina”. Le acque cui è stata aggiunta anidride carbonica sono in genere acidule, poiché il gas si dissolve nell’acque come acido carbonico.

Le acque minerali sono poi classificate anche in base alla quantità preponderante di uno dei sali minerali presenti, per cui si hanno acque: Bicarbonate — Solfate — Clorurate — Calciche Magnesiache — Fluorate — Ferruginose — Acidule Sodiche — Iposodiche Nel mese prossimo approfondiremo ciascuna di queste acque minerali, indicando la quantità del relativo sale minerale contenuto e gli effetti benefici che, bevendole, producono sul corpo umano. Ciascuna di queste acque, poi, oltre che essere consigliate dagli esperti per corretti abbinamenti gastronomici (proprio come si fa con il vino) sono indicate per curare particolari situazioni, come vedremo nel prossimo mese.


SECONDA EDIZIONE

1-4 Novembre 2014

Nome....................................................... Cognome.......................................................... Azienda................................................................... Ruolo................................................. Prodotti trattati................................................................................................................. Indirizzo............................................ Loc................................ Cap............ Prov............. Tel.................................. Fax................................... Mail.................................................... 速



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pizza e pasta italiana

IL VINO

Vini di Vignaioli Eroici

S

e il record dei vini partecipanti spetta al ventunesimo Concorso Internazionale dei Vini di Montagna, quest’edizione è da ricordare per la qualità dei campioni presentati. Dei 547 vini degustati e prodotti da 222 aziende, pochissimi quelli con lievi alterazioni o difetti. Un dato indicativo che conferma sia il rigore delle scelte che del livello qualitativo espresso dai produttori di ben dieci nazioni. Vini con spiccate caratteristiche varietali e del terroir che, prodotti in territori sicuramente vocati ma dalle caratteristiche orografiche estreme o difficili, non hanno riscontro con altri. Peculiarità, che rende unico questo concorso creato e organizzato dal Cervim (Centro di Ricerche, Studi, e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna) con la collaborazione della Regione Valle d’Aosta, dell’Associazione Vinea (Sierre-Svizzera), della Sezione AIS Valle d’Aosta e col patrocinio dell’OIV (Office International de le Vigne et du Vin).

22° Concorso Internazionale Vini di Montagna

di Virgilio Pronzati

Come sempre, l’Italia con 312 vini si conferma la nazione più rappresentata, seguita in questa edizione dalla Spagna che, con 101 vini è la nazione straniera con il maggior numero di campioni partecipanti. Poi nell’ordine, la Germania con 57, la Svizzera con 33, Francia e Portogallo con 15, Kazakistan novità assoluta con 6, Austria con 4, Slovenia con 3, ultima l’Armenia con 1. Per quanto riguarda il nostro Paese, la Valle d’Aosta si riconferma al primo posto con 77 vini, seconda la Lombardia con 59 vini, ma prima con 26 cantine, terzo il Trentino con 42, seguito da Sicilia con 30, Veneto con 29, Alto Adige con 19, Liguria con 16, Toscana, Campania e Abruzzo con 9, Calabria 6, Piemonte 4 e Friuli Venezia Giulia 2. Ben 158 i vini premiati, rispettivamente con 6 grandi medaglie d’oro, 78 medaglie d’oro e 74 medaglie d’argento.


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pizza e pasta italiana

IL VINO

Il medagliere - Spagna: 2 Gran Medaglie d’Oro, 14 Medaglie d’Oro e 20 Medaglie d’Argento; Portogallo: 2 Gran Medaglie d’Oro, 5 Medaglie d’Oro e 1 Medaglia d’Argento; Italia: 1 Gran Medaglia d’Oro, 35 Medaglie d’Oro e 34 Medaglie d’Argento; Svizzera: 1 Gran Medaglia d’Oro, 6 Medaglie d’Oro e 6 Medaglie d’Argento; Germania: 12 Medaglie d’Oro e 10 Medaglie d’Argento; Austria: 2 Medaglie d’Oro e 2 Medaglie d’Argento; Kazakistan: 2 Medaglie d’Oro; Francia: 1 Medaglia d’Oro e 1 Medaglia d’Argento; Slovenia: 1 Medaglia d’Oro.

accanto

I vini in concorso

Inoltre, ben 14 i riconoscimenti speciali assegnati, tra cui la novità di quest’anno con il premio “Donna Cervim 2014”, assegnato all’azienda di proprietà di una donna, il cui vino abbia ottenuto il miglior punteggio A giudicare i 547 campioni anonimi, venticinque degustatori internazionali, selezionati anno per anno, dall’organizzazione. Tre sedute d’assaggio con 5 diverse commissioni, di cui ognuna valutava circa 110 vini. Il loro giudizio complessivo sui vini degustati è stato oltremodo positivo, simile a quello della scorsa edizione. Come sempre molto curata l’ospitalità dell’Hotel Etoile du Nord di Sarre, sede delle degustazioni ed ancora del ristorante Enoteca Ad Forum di Aosta e del ristorante La Kiuva ad Arnad. A sottolineare il successo della manifestazione, l’affermazione del Presidente del Cervim Roberto Gaudio: “Non possiamo che felicitarci con il fatto che i produttori di vini di montagna e in forte pendenza continuino a manifestare forte interesse e fiducia nel Cervim, che da oltre 25 anni lavora, per attestare la qualità di questi prodotti elaborati in condizioni particolarmente difficili”

Il Cervim, Centro di Ricerca, Studi, Sostegno, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, presieduto da Roberto Gaudio e diretto da Gianluca Macchi con la segretaria Roberta Biondi, è un organismo internazionale creato nel 1987 sotto gli auspici dell’ O.I.V., l’Office International de la Vigne et du Vin, oggi Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, con lo specifico compito di promuovere e salvaguardare la viticoltura eroica. Il Centro, regolato dalla legge della Regione Autonoma Valle d’Aosta n. 17 del 18 agosto 2004, ha sede in Valle d’Aosta e opera da sempre promuovendo studi, ricerche e convegni e assicurando la sua presenza in tutte le sedi istituzionali e di settore ove si affrontano problematiche legate alla viticoltura, facendosi il garante degli interessi della Viticoltura di Montagna e in forte pendenza, nonché delle piccole isole. A questo scopo il Comitato Tecnico Scientifico ha definito i criteri identificativi della viticoltura rappresentata: La coltura della vite nelle zone di montagna, in forte pendenza o delle piccole isole presenta delle caratteristiche peculiari. Condizioni orografiche che creano impedimenti alla meccanizzazione. Vigneti dalle ridotte dimensioni, non sempre contigui e in molti casi con presenza di terrazzamenti. Aziende agricole dalle superfici aziendali contenute e a prevalenza d’imprenditorialità non a titolo principale. Necessità di grandi investimenti economici in caso di riformulazione di una viticoltura moderna. Condizioni climatiche non sempre ottimali (es. fabbisogni idrici). Tipologia differenziata di uve, con produzioni enologiche fuori dai modelli mondiali (prodotti di nicchia). Vigneti situati in aree geografiche ad alta valenza paesaggistica e turistica.



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pizza e pasta italiana

IL VINO

Le aziende italiane premiate: Il Premio Speciale Cervim 2014

Il Premio Cervim Futuro è stato as-

sopra

è stato vinto dall’Institut Agricol

segnato a Federico Marcoz de “La

Giudici al lavoro

Regional di Aosta. Il Gran Premio

Grotta de Tanteun e Marietta. Il Pre-

Cervim è stato conquistato dall’Az.

mio Cervim Bio 2014 è stato asse-

Agric. Sandro De Bruno per il Vene-

gnato al “Trentino Doc Gewurztra-

to IGT Passito “Campo delle Feste

miner Biovegan 2013 della cantina

2008”.

di Aldeno (TN).

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pizza e pasta italiana

Il secolo Della birra il xviii secolo vede il lancio definitivo dell’antica bevanda con il progressivo passaggio dall’alta alla bassa fermentazione

L

di Laura Nascinben

a Porter, come abbiamo visto nel precedente numero di questa rivista, ha dato origine in Inghilterra a un accelerato sviluppo dell’industria della birra e, quel che i produttori londinesi allora non potevano prevedere, come conseguenza della Porter si andò sviluppando anche la Pale ale, che diventerà, come vedremo nei prossimi mesi, uno dei principali stili di birra nel mondo. Per intanto ricordiamo che Pale ale è uno stile di birra originario della Gran Bretagna che si ottiene con l’impiego di un lievito ad alta fermentazione e prevalentemente con malto chiaro, infatti, la percentuale più alta di malti chiari ha come conseguenza un colore più chiaro della birra ottenuta. Il termine Pale ale è stato utilizzato fin dai primissimi anni del 1700 (esattamente dal 1703) per le birre a base di malti essiccati a carbone, metodo che ha prodotto un colore più chiaro rispetto alle altre birre popolari in quel periodo.

Non tutti i birrifici produttori di Pale ale usavano le medesime tecniche di produzione e le medesime quantità di luppolo e la conseguenza fu che si ebbe progressivamente una vasta gamma di gusti e di gradazioni alcoliche all’interno della grande famiglia delle birre Pale ale. In quegli anni l’Inghilterra era una superpotenza, Londra la capitale di un vasto impero sul quale “non tramontava mai il sole” e ciò che veniva fatto in Inghilterra veniva osservato e, spesso, copiato anche in altre nazioni. Perfino in Germania, anche allora supernazionalista, convinta di essere l’unica depositaria delle migliori tecniche per la produzione della birra, alcuni produttori si interessarono dapprima alla Porter, quindi al crescente successo che stava incontrando la Pale ale e le tecniche impiegate per produrla e, più tardi, nella stessa città di Plzeñ (Pilsen, in tedesco) si guardò alla nuova birra trovando ispirazione per produrre e tipicizzare al meglio la propria Lager.


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misure espresse in cm

MOD.

Misure interne volta

Misure esterne

Bocca

Peso kg

100 ø

100x100

140x150

54x28

1000

20

120 ø

120x120

160X170

55x28

1250

140 ø

140x140

180X190

55x28

120X160

120x160

160X210

140X160

140x160

140X180 180 ø

misure espresse in cm

Canna Capacità Fumaria pizze

MOD.

Misure interne volta

Misure esterne

Bocca

Peso kg

Canna Capacità Fumaria pizze

4/5

100 ø

100x100

116x130x h58

54x28

500

20

4/5

20

5/6

120 ø

120x120

136x150x h58

55x28

600

20

5/6

1500

20

8/9

140 ø

140x140

156x170x h60

55x28

750

20

8/9

55x28

1500

20

8/9

120X160

120x160

136x190x h58

55x28

750

20

8/9

180X210

55x28

1650

20

11/12

140X160

140x160

156x190x h60

55x28

850

20

11/12

140x180

180X230

55x28

1800

20-25

14/15

140X180

140x180

156x210x h60

55x28

1000

20-25

14/15

180x180

225X245

55x28

2100

20-25

17/19

180 ø

180x180

196x210x h66

55x28

1200

20-25

17/19

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misure espresse in cm

Misure MOD. int. volta

Misure esterne

Bocca

Peso kg

120 ø 120x120

160x170x h190 con base

45x22 a richiesta 54x22

1250

140 ø 140x140

180x190x h190 con base

45x22 a richiesta 54x22

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LA BIRRA

DALL’ALTA ALLA BASSA FERMENTAZIONE Scorrendo i documenti si ha la sensazione che il passaggio dalle alte alle basse fermentazioni sia stato molto lento e difficoltoso. Innanzi tutto nelle aree più a Nord, anche in Germania e in Polonia, oltre che in Inghilterra, si producevano delle birre ad alta fermentazione e ciò ebbe per lungo tempo molta influenza anche nelle aree più a Sud, come in Baviera e in Boemia, poi era abbastanza difficoltoso, con le tecnologie del tempo, produrre correttamente birra nei mesi estivi. Si tramanda, comunque, che dei monaci di un monastero in Baviera, facessero fermentare il loro mosto per la produzione della birra portandolo nelle grotte in montagna, ma quello che è ritenuto il primo documento scritto che dà testimonianza della tecnica produttiva a bassa fermentazione, redatto nel 1420 e conservato in un archivio di Monaco (di Baviera), non è per nulla chiaro e la sua interpretazione fa sorgere parecchi dubbi.

illustrazioni di Tommaso Vidus Rosin

Sempre in Baviera, nella cittadina di Nabburg, è stata trovata la seguente scritta: “Si era soliti utilizzare la fermentazione a caldo (cioè l’alta fermentazione), ma ci fu uno, nell’anno 1474, che provò per primo a utilizzare la fermentazione a freddo (cioè la bassa fermentazione) e conservare parte della birra prodotta per l’estate”. Anche in questo caso il rigore storico esigerebbe di conoscere l’autore dell’affermazione e l’epoca in cui è stata redatta, cosa che non è dato conoscere, ed è quindi da pensare che quella dichiarazione appartenga a tempi molto successivi al 1474, per cui la sua credibilità resta molto dubbia. Quello che è certo è che bisogna attendere il XVII secolo (cioè il 1600) perché la birra Lager, a bassa fermentazione, diventi la più diffusa sia in Baviera che in Boemia.

IL RITARDO DELLA BAVIERA Lo sviluppo delle attività produttive è strettamente dipendente dalla facilità delle comunicazioni. Come si sa la “prima rivoluzione industriale”, cioè il primo grande sviluppo delle attività industriali, è iniziato in Inghilterra, nelle città affacciate sul mare e provviste di ottimi porti, per la facilità dell’arrivo per nave delle materie prime e la vendita, sempre per nave, dei prodotti finiti. La Baviera, lontana dagli accessi al mare, piuttosto chiusa e autonoma anche all’interno della stessa Germania, fu investita molto tardi dallo sviluppo industriale e solo verso la metà dell’800, grazie all’utilizzo della forza motrice, aveva potuto sviluppare anche le tecnologie produttive della birra, dando impulso al lavoro dei birrai. Il ‘700 si può dunque considerare il secolo nel quale è avvenuto il vero passaggio dalle vecchie e consolidate tecniche di produzione della birra ad alta fermentazione, verso l’utilizzo della bassa fermentazione. E bisognerà poi attendere il secolo successivo, l’800, per veder esplodere appieno queste nuove tecniche che ci invitano immediatamente a guardare alla città di Plzeñ, in Boemia, per conoscere come la birra abbia saputo coinvolgere l’intera comunità cittadina che ha poi prodotto una birra da considerarsi un fondamentale punto di riferimento per la storia di questa bevanda.


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IL BAR

L’ELISIR DI CHINA Fino dai tempi dei garibaldini: “China Martini, come ai tempi d’oggidì”

di Gianandrea Rorato

L’

elisir di china è una preparazione officinale a base di estratti alcolici di corteccia di China calissaia, originariamente utilizzata, tra fine Settecento e metà Ottocento, ma anche dopo, come farmaco nella lotta alla malaria. La China calissaia è una pianta del genere Cinchona che cresce in Sud America, nelle Ande dal Venezuela alla Bolivia. Si tratta di alberi alti fino a 30 m., la cui parte usata è la corteccia, impiegata fin dal 16° secolo come febbrifugo. La corteccia, appena raccolta, è biancastra all’interno ma al contatto con l’aria assume rapidamente un colore rosso-bruno o giallo-bruno; si tiene prima al sole, poi si secca del tutto in essiccatoio a 70-80 °C.

accanto

Pianta di Cinchona



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lug —PIZZA ago E PASTA p.IL 38BAR 2012 ITALIANA

DALLA MEDICINA

pizza e pasta italiana STORIA

VIAGGIO

DEL PANE AL LIQUORE

L

a china (piĂš precisamente il “chininoâ€?) era usato per combattere la malaria, malattia che è stata praticamente sradicata dall’Italia e dall’Europa, ma ogni anno ci sono dai 10 30.000 europei e nordamericani reaial visitatore di assaporare i suoiche piatti a seguito diciaffagnone viaggi compiuti es’ammalano prodotti tipici, come il ed il in zone tropicali e subtropicali e quando mancava si suppliva chicchi diildove frumento pecorino toscanocon di Manciano, buglione vivono i parassiti del Plasmodium. d’agnello e lo sfratto digenere Pitigliano, il di Fagioabbrustoliti e intinti nell’aceto e l’ebreo, seppur umili Con la progressiva scomparsa dellada malo cannellino di Sorano, tutti piatti accondizioni, se aveva un servo e possedeva del pane, avelaria dall'Europa (o elixir) compagnare con i l’elisir vini tipici locali.di china va diritto al massimo rispetto. perseMaremma, la sua qualifica di medicinale per L’alta con i suoi tanti tesori stodivenire, dalla fine dell’800, un semplice Ăˆ interessante e rici, curioso allo stesso tempo notare che fra urbanistici, architettonici e gastronoamaro corroborante e digestivo. mici è da visitare senza fretta, godendo gli Ebrei era abitudine molto diffusa chiedere pane in Per ottenere i principi attivi esistenti appieno anche panorami mozzafi ato. Per prestito, che la donna sposata aveva diritto al pane cocorteccia questaottimi venivaagriturismi messa a malanella sosta ci sono molti e niugale e solo innecerare tempo di estrema miseria essa si impenel vinouno che,che grazie al contenuto di segnaliamo sappiamo interesgnava a vivere con il pane proprio, ma sapeva cheFattoera sisuo alcol, li assorbiva e con questo sistema sante per piĂš motivi: l’Agriturismo ottenne chinatoâ€?. dovere sorvegliare ladell’Orsa casail e“vino “non mangiare il pane della ria Maggiore (www.ursamaior. scienziati a Manciano, dove nel1820, loro gli Ristoro “Il l’obFipigriziaâ€? e che ilit)Successivamente, castigo divino sinel manifestava con francesi Joseph Caventou e Joseph Pelleschiottoâ€? sono disponibili i vini aziendali bligo, per le donne, di vendere il pane cotto da loro. tier identificarono e isolarono da accompagnare con un’ampiai principi selezione Non si può concludere questo sguardo fugacee, alla storia attivi presenti nella corteccia, contro la malaria, prepararono delle formule del pane in Palestina senza menzionare quello che può piĂš efficaci, per cui l’elisir la essere consideratofarmaceutiche il fatto centrale della storia umana, di china venne usato sempre meno come

nascita di GesĂš Cristo. Ebbene, come aveva profetizzato

antimalarico e, pian piano iniziò ad essere utilizzato come tonico, digestivo, eupeptico. A metĂ dell’Ottocento si hanno ancora i due usi: antimalarico e liquoristico ed è quest’ultimo che col passare degli anni ha la prevalenza, attualmente pressochĂŠ esclusiva, caratterizzato da una piĂš marcata presenza di alcol.

degli ottimi formaggi e salumi locali e carni alla brace. A Pitigliano c’è l’eccellente Michea (5,1) e come confermano cucina di Alessandro e Chiara nel loro ri-i Vangeli di Matteo di china è preparato storante (www.ceccottino. (2,6) elisir eIldiCeccottino Giovanni (7,42), con GesĂš, il figlio di Maria e miscela l’itinerario di estratti alcolici com), e una terminare all’Ottava Giuseppe, discendente di re Davide, nacque in una citdi corteccia di China calissaia Rima a Sorano (www.cantinaottavarima. che si trova a sua circaselezione dieci chilometri a sud di Geconlasoluzione acquosa it)tadina doveedulcorati Nicola con di zuccherina (sciroppo) e aromatizzanti rusalemme e che si chiama Betlemme. Il fatto sorprenprodotti tipici accoglie gli ospiti nella suo (arancio amaro, erbe officinali e altro). caratteristico ambiente ricavato nel tufo, dente è che il nome Betlemme, in lingua ebraica Beth In Italiaservendo sono diversi importanti promagari un bicchiere assenzio. Lehem,ciquesto significa casa deldipane, legando questo fondaduttori dibuona ottimo liquore e ne preInsomma esplorazione a tutti! L’Almentale alimento umano a un evento straordinario e sentiamo alcuni, conscrigno breve illustrazione ta Maremma è uno di tesori che misterioso, lae godere! nascita del figlio di Dio. Vi è dunque nel del loro liquore. merita scoprire Lo “Stabilimento Chimico Farmaceutico nome del luogo natale di GesĂš quasi un preannuncio Militareâ€?, con sede a Firenze, produce una del suo messaggio: ÂŤIo sono il pane della vita; chi viene serie di distillati e di liquori, fra cui un Elisir difame... Fabio Iacozzilli me ottenuto non avrĂ per piĂš il pane che io darò è la mia dida china, estrazione ae freddo carne per la vita del mondoÂť. da corteccia di china e scorza di arancio amaro invecchiato almenonel un anno in bottimese, il valore, reale Ma vedremo meglio, prossimo dierovere secondo la storica ricetta presente simbolico, del pane per il popolo ebraico, un valore nella Farmacopea Militare del 1877.

L’ELISIR DI CHINA

L’

che appartiene tutt’oggi a questo popolo.

38Ă“ (66(5( 3(5621$/,==$7$ 6,$ ,1 (67(7,&$ &+( ,1 &21%,1$=,21( &21 *,5$552672 2 9$5, $&(6625,

)251, $ /(*1$

3(5 3,==(5,( ( 3$1(77(5,( &26758=,21( $57,*,$1$/(

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IL BAR

a fianco

Corteccia di China Calissaia

La Farmacia degli Stemmi di Torino produce l'Elisir di China degli Stemmi, seguendo le antiche ricette degli esordi: contiene estratti fluidi di Cinchona calissaia preparati come descritto dalle prime farmacopee e viene prodotto con metodi che permettono, come si afferma nella presentazione del prodotto, di assaporare i gusti e gli aromi dell’Italia risorgimentale. La China Massagli, porta il nome dell’antica farmacia di Lucca dove il liquore venne prodotto sin dal 1855 e che si trova tuttora in Piazza San Michele. La "china Massagli" si richiama ancor oggi all’antico uso farmacologico e viene venduta come elisir nelle farmacie come un vero e proprio medicinale. La ricetta prevede una lunga macerazione di radici ed erbe aromatiche come cannella, noce moscata e chiodi di garofano. Naturalmente c’è la presenza della corteccia della "china".

A Fivizzano, in Lunigiana, il farmacista dott. Giuseppe Clementi, esperto botanico, realizzò nel 1884 la “China Clementi” impiegando la corteccia della Cinchona calissaia, cui aggiunse la Succirubra e diverse erbe aromatiche e officinali. I discendenti del farmacista ottocentesco continuano ancor oggi a produrla con la stessa ricetta elaborata dal proprio antenato e tanto gradita a Indro Montanelli. In questa pur breve rassegna non poteva mancare la Ferro-China Bisleri, creata sul finire dell’800, mescolando ampolle, dosatori ed alambicchi da un uomo geniale, Felice Bisleri. Prodotto che ha avuto e continua ad avere un gran successo, per le sue caratteristiche dissetanti, corroboranti, digestive e tante altro ancora.

Termino con uno dei prodotti a base di china più famosi, anche perché attualmente è di una azienda presente nel mondo, la Martini & Rossi, del Gruppo Bacardi. I meno giovani, coloro che hanno visto i “caroselli” della TV, ricordano con nostalgia Ernesto Calindri e Franco Volpi concludere la loro esilarante scenetta cantando. “Fino dai tempi dei garibaldini, China Martini… come ai tempi d’oggidì”. Questo nobile elisir è il felice risultato di un armonico complesso di erbe ed essenze aromatiche che si fondono per dare una piacevolissima sensazione dolce-amara. Non c’è dubbio che gli elisir di china che abbiamo ricordato, come altri presenti sul mercato, sono espressioni di quella genialità e capacità creativa che fanno dell’Italia uno dei primi Paesi del mondo.



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QUESTIONE DI GUSTO

Alta e Bassa

ristorazione?

Parole vecchie e superate?

di Nives Piva

rmai credo sia noto a tutti che i piatti che mangiamo – anche le pizze, naturalmente – sono buoni o cattivi, fatti bene o fatti male, equilibrati o squilibrati, confezionati con prodotti di grande qualità o di seconda o terza scelta. Quella che un tempo era chiamata “alta cucina” non aveva questo nome perché per gustarla si doveva salire ai piani alti di un palazzo, come succede a chi va alla Tour d’Argent a Parigi, ma perché i piatti erano confezionati con la migliore materia prima reperibile sul mercato, lungamente pensati e attentamente studiati, frutto di cotture giuste, equilibrati nei gusti e nei sapori, capaci di soddisfare anche le persone più esigenti. Il termine contrario “bassa cucina” non indica un ristorante sotto il livello stradale, come il Budda Bar, sempre a Parigi ed è un termine in verità mai usato, sostituito – sempre in contrapposizione ad “alta cucina” – da definizioni come “cucina casalinga”, “cucina di trattoria” e simili e, da un po’ di tempo anche, ma non si sa perché, da “cucina etnica”.

Attualmente, per quanto ho potuto vedere, viene definita “alta cucina” quella dei ristoranti stellati, quella dove il prezzo è molto alto, relegando tutte le altre cucine, spesso davvero ingiustamente, nella categoria delle “buone cucine” o delle “cucine normali”, con l’aggiunta di qualche altra specificazione, come “di trattoria”, “di paese”, “di tradizione” e simili.Riandando col pensiero a ristoranti che ho visitato negli ultimi anni, ritengo siano numerose quelle da considerarsi ottime cucine, come, per fare qualche esempio, “La Pergola” di Heinz Beck a Roma, “Dal Pescatore” della famiglia Santini a Runate di Canneto sull’Oglio; il vecchio “Gambero Rosso” gestito un tempo da Furio Pierangelini a San Vincenzo; il “Don Alfonso” della famiglia Iaccarino a Sant’Agata sui due Golfi; il “Miramonti l’Altro” dello chef Philippe Leveillé a Concesio, e altri dello stesso livello, poiché in tutti questi c’è un’accurata scelta della materia prima che deve essere di assoluta qualità e c’è una grande maturità professionale degli operatori di cucina che, in genere, hanno alle spalle importanti esperienze internazionali e hanno pure, molto spesso, una non comune intelligenza creativa.


questione di gusto

Con queste caratteristiche ci sono molti altri ristoranti italiani – quasi tutti gli stellati Michelin, ad esempio, tra i quali eccellono gli associati a “Le Soste” – ma anche numerosi ristoranti privi di stelle, poiché non sempre le stelle cadono nei posti giusti e, capita anche che sbaglino indirizzo.

La buona ristorazione italiana, come documenta da molti anni questa rivista, esiste e non teme confronti a livello internazionale, ma non userei più il termine “alta cucina” fidandomi dei giudizi e della suggestione delle guide o di quei guru che hanno le loro esclusive parrocchie (al di fuori delle quali, per loro, spesso c’è il nulla), perché seguendo solo quegli indirizzi si corre il rischio di penalizzare tanti altri eccellenti ristoranti sparsi lungo lo stivale e di privarci delle loro valide proposte.

SI RI CA ONA R CE SSI E NC O C

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Credo ci voglia, da chi cerca i ristoranti di qualità, umiltà e pazienza, senza stancarsi di cercare, visitando possibilmente più volte prima di esprimere giudizi. Resta però vero che per eccellere non basta un’ottima cucina, serve anche che l’ambiente sia molto ben curato e piacevole, che il servizio sia professionale – non sempre, purtroppo, il personale di sala conosce le lingue – che la cantina sia ben fornita e i vini serviti alla corretta temperatura. Ecco, anche il vino gioca un ruolo importante e a servirlo non è obbligatorio ci sia un cameriere vestito da sommelier, l’importante è che chi serve il vino conosca le caratteristiche del vino che serve e sappia servirlo bene nei bicchieri adatti e, ancora prima, che sappia suggerire, se richiesto, il vino adatto al piatto che arriva in tavola. Un tempo una ristorazione così veniva chiamata “alta ristorazione”, poi questa definizione è stata riservata a un numero ristretto di ristoranti, creando così un’élite ristorativa esaltata dai media – non sempre a ragione – trascurando altri ristoranti per nulla inferiori. Le “caste” sono sempre negative, anche nella ristorazione, anche nella pizzeria; come fa sorridere, per concludere, il termine di “pizza gourmet”, inventato dai soliti guru e rilasciato a pochissime scelte pizzerie appartenenti evidentemente alla parrocchia del guru, quando ormai le pizzerie che producono ottime pizze, proponendole a prezzi giusti, sono tantissime in tutta Italia.

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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

C

ontinuiamo a parlare di conserve alimentari prendendo in considerazione tutti gli aspetti che tale processo comporta. Si ricorre alle conserve perché tutti gli alimenti sono soggetti a processi naturali di degradazione e perdita delle loro caratteristiche nutrizionali. La necessità di dover bloccare questi processi degradativi per tempi più o meno lunghi ha portato allo sviluppo di nuove e sofisticate tecniche di lavorazione e trattamento degli alimenti. Le conoscenze acquisite in campo industriale possono essere applicate anche in campo domestico, con le dovute differenze, al fine di preservare la qualità igienica e le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti conservati.

IMPARIAMO A

CONSERVARE È noto che le conserve, se preparate in maniera non corretta, possono rappresentare un serio rischio per la salute del consumatore, in quanto l’eventuale innesco di meccanismi, del tutto naturali, può portare allo sviluppo di microrganismi patogeni e alla conseguente comparsa di malattie trasmesse dagli alimenti, tra cui la più temuta è, sicuramente, il botulismo. Il botulismo è una delle più note e temute malattie a trasmissione alimentare. Sebbene rara, si tratta di una malattia grave, i cui esiti possono essere fatali. Alla fine dell’Ottocento, in un prosciutto affumicato fu individuato l’agente responsabile di una malattia causata da un’intossicazione. Successivamente fu coniato il termine botulismo da un medico, che notò come varie epidemie di casi di intossicazione fossero associate al consumo di salsicce (dal latino botulus: salsiccia).

SE C O ND A PAR TE

Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista



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pizza e pasta italiana

LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

IL BOTULISMO è, infatti, una grave intossica-

zione alimentare causata da una tossina, prodotta dal batterio Clostridium botulinum, che provoca disturbi gastrointestinali e quadri neurologici di paralisi, che possono causare la morte del paziente per il blocco dei muscoli respiratori. I sintomi dell’intossicazione compaiono dopo 12-24 ore dall’ingestione della tossina botulinica contenuta in un alimento, in genere conserve preparate in casa o artigianalmente, senza il rispetto di misure igieniche “elementari”, che sono alla base della prevenzione di questa intossicazione, ma anche di altre tossinfezioni.

Ogni anno, in Italia, si verificano 20-30 casi di botulismo, per i quali sono necessari trattamenti in terapia intensiva, con respirazione assistita, e con la somministrazione di uno specifico siero antibotulinico. I casi di botulismo attribuibili al consumo di conserve domestiche rappresentano la stragrande maggioranza, mentre solo una piccola percentuale è associata a prodotti immessi in commercio da operatori del settore alimentare. Quindi i consumatori devono rendersi conto che sono responsabili dell’adeguata conservazione, manipolazione e cottura degli alimenti. Per questi motivi ho sentito la necessità di fornire ai nostri lettori indicazioni accurate per la corretta preparazione e conservazione di questi prodotti, con una particolare attenzione alla prevenzione del rischio di tale malattia. Accrescere la conoscenza delle regole che possono evitare la contaminazione degli alimenti con agenti patogeni, come il botulino, sia in chi prepara le conserve alimentari sia in chi le consuma, rappresenta il primo, fondamentale strumento per la prevenzione dei casi di tossinfezione in generale, e del botulismo in particolare. Se un occhio esperto riesce a discernere un frutto sano da uno alterato, non sempre i nostri organi di senso possono guidarci nell’accertamento dell’idoneità al consumo di una conserva casalinga, che può risultare tossica pur essendo apparentemente ottima.



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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE Nel consumo e nell’approccio ai prodotti alimentari spesso si contrappongono genuinità, naturalità e tipicità con tecnologia, sicurezza e innovazione, ma solo fondendo intimamente queste caratteristiche è possibile garantire la qualità. Le diverse componenti della qualità degli alimenti possono essere esaltate o compromesse nei vari passaggi del processo produttivo: dalla provenienza e scelta degli ingredienti, alla loro combinazione secondo una progettata formulazione, alle fasi di processo, conservazione e confezionamento, fino alle pratiche domestiche di

conservazione e di preparazione. Compito della moderna scienza e tecnologia alimentare è proprio quello di individuare le condizioni operative in grado di esaltare gli effetti positivi di un dato intervento tecnologico e nello stesso tempo contenere o ad azzerare quelli negativi. La scelta del cibo è legata più alle sue caratteristiche sensoriali, alla possibilità di venire incontro alle mutate esigenze della società moderna e globalizzata, alla capacità di evocare ricordi e rinsaldare tradizioni, alla possibilità di promuovere la salute, piuttosto che alle sue, spesso

sconosciute, proprietà nutrizionali. Dietro un buon piatto c’è di tutto: l’igiene, la sanità, la tecnologia e le tecniche di coltivazione ed anche la voglia di saperne di più per sentirlo non solo come un “prodotto”, ma come un qualcosa di cui appropriarsi. Anche nella preparazione domestica delle conserve e del cibo in generale è necessario pertanto un approccio “globale”, cioè attento alle radici e alle tradizioni ma che non prescinda dalle conoscenze tecnico-scientifiche dell’intera filiera produttiva.

Tutti gli alimenti, conservati e non, in tempi più o meno lunghi a seconda della loro natura o delle condizioni di conservazione sono destinati a subire processi alterativi imputabili ad agenti di natura diversa:

In tutti i casi gioca un ruolo da protagonista l’alto contenuto di acqua naturalmente presente negli alimenti. L’acqua non è essenziale soltanto per lo svolgimento delle funzioni vitali dell’uomo e degli animali, ma anche dei microrganismi. In assenza di acqua, tutte quelle reazioni chimiche che avvengono in un organismo e che ne permettono il corretto funzionamento, sarebbero bloccate. I microrganismi riescono a svolgere le loro funzioni degradative proprio utilizzando l’acqua contenuta negli alimenti, che nel gergo tecnico viene definita acqua libera, o meglio attività dell’acqua, e che però non corrisponde al contenuto totale di acqua di un alimento. La riduzione dell’attività dell’acqua può essere effettuata sottraendo la stessa dall’alimento allontanandola fisicamente, mediante evaporazione, essiccazione, ecc. oppure rendendola indisponibile, incatenando l’acqua totale con sostanze come lo zucchero o il sale da cucina. Per meglio comprendere il concetto di attività dell’acqua facciamo un esempio prendendo in considerazione due pesche. Una lasciamola tal quale e l’altra facciamola diventare una confettura. Quale dei due frutti si deteriorerà prima? Senza ombra di dubbio si deteriorerà prima il frutto lasciato tal quale. La motivazione risiede nel fatto che l’aggiunta di zucchero all’altro frutto, per farne una confettura, ha ridotto la disponibilità di acqua necessaria ai microrganismi naturalmente presenti nella pesca per svilupparsi e svolgere le loro funzioni vitali.

Oltre allo sviluppo microbico, il deterioramento degli alimenti può essere dovuto anche all’attività enzimatica. Il deterioramento enzimatico solitamente modifica le caratteristiche organolettiche dell’alimento in maniera tale che il prodotto non risulterà più idoneo al consumo umano. È infatti facile apprezzare nell’alimento deteriorato evidenti modificazioni del colore, dell’odore, della consistenza e del sapore. Questo tipo di alterazione, anche se nelle conserve viene fortemente rallentato, è comunque presente e non deve essere trascurato e dal momento che non è sempre facile capirne l’origine, per precauzione è meglio non assaggiare né consumare tali prodotti. I microrganismi responsabili del deterioramento delle conserve possono o meno produrre gas. Nel caso in cui la conserva sia stata alterata da microrganismi che producono gas, il contenitore risulterà deformato, oppure al momento dell’apertura sarà evidente la fuoriuscita di gas e, in taluni casi, anche di prodotto. Cosa più difficile è , invece, capire se una conserva è stata contaminata da microrganismi che non producono gas e che non determinano evidenti segni di deterioramento. Una situazione di questo genere non è frequente perché solitamente in un alimento o in una conserva si possono sviluppare specie microbiche differenti, con diverse caratteristiche. In ogni caso per difenderci dai microrganismi che non provocano alterazioni visibili, è necessario adottare corrette pratiche di preparazione. Solo in questo modo sarà possibile produrre a livello domestico prodotti sicuri...

• agenti biologici (microrganismi, insetti, animali);

• agenti chimici (enzimi);

• agenti fisici (calore, luce).

continua


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Le prossime Tappe

Giropizza d’Europa 2014-2015: si comincia!

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NOVEMBRE HORECAVA Amsterdam

14

GENNAIO SIGEP Rimini

19 GENNAIO

L’

undicesima edizione della competizione più ambita, il Giropizza d’Europa, sta per cominciare. Come già anticipato nello scorso numero le prime tappe sono già state stabilite e ci si potrà iscrivere da subito, la formula è invariata, basta compilare il modulo che trovate nella pagina a fianco o su internet (www.pizzaepastaitaliana. it), spedirlo via fax o mail e telefonare per confermare la partecipazione. La gara si svolge presentando il cavallo di battaglia della vostra pizzeria e portando tutti gli ingredienti da casa, un’attenta giuria valuterà gusto e cottura del vostro piatto e vi assegnerà un punteggio che andrà a compilare la classifica. Se

sarete tra i primi dieci classificati andrete di diritto alla finalissima ad Amburgo dove dovrete riproporre la stessa pizza per la sfida finale. Tutte le foto dei concorrenti di ogni tappa verranno pubblicate sull’applicazione digitale di Pizza e Pasta Italiana disponibile per tablet e smartphone, per avere sempre in tasca le emozioni della gara. Potrete mostrare ai vostri amici e clienti la vostra esibizione in ogni momento, la presentazione della vostra pizza e forse … la vittoria finale!

Vi aspettiamo come sempre numerosi per vivere intense sfide all’ultimo impasto, per vivere emozioni sempre nuove e fare tesoro di un’esperienza unica.

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GIROPIZZA D'EUROPA

Trofeo pizza in teglia a Roma Iscrizioni aperte:

Oltre alla tappa di Giropizza, alla fiera di Roma, RomadaGustare, martedì 11 novembre ci sarà spazio per un’altra gara, via libera alla fantasia della pizza alla romana. Come per la competizione del giorno prima il concorrente dovrà portare da casa tutti gli ingredienti per realizzare la sua specialità, non saranno ammesse le pizze dolci e le pizze ripiene. Al via del Giudice di Gara, il pizzaiolo preparerà la sua pizza, la cucinerà, la mostrerà alla

Giuria sul proprio piatto di presentazione (entro un tempo massimo di 30 minuti). Durante la gara il concorrente occuperà la propria postazione al forno e non potrà spostarsi finché la sua pizza non sarà pronta. La pizza verrà quindi tagliata a spicchi e data in assaggio alla Giuria che ne valuterà il gusto e la cottura. I posti sono limitati, si accetteranno solo iscrizioni telefoniche chiamando il nr. 0421 83148.

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE 2014-2015 COMPETITION FORM /FICHE DE PARTECIPATION

Da inviare almeno 20 giorni prima della data della tappa scelta e telefonare al numero 0421.83.148 per avere conferma dell'iscrizione avvenuta. Nome /Name /Nom .................................................................. Cognome /Surname /Prénom........................................................................... Tel. - Cell. /Phone number /Numero de telephone........................................................ E-mail.......................................................................... — Pizzeria /Name of the Pizzeria /Nom de Pizzeria............................................................................................................................................... Indirizzo /Address /Adresse................................................................................................................................................................................... Località /Town /Lieu............................................................................................................................................................................................... Cap /Post-code /Code Postal.......................................................................................... Provincia /District /Province.................................... Tel. /Phone number /Numero de telephone................................................................. E-mail...........................................................................

desidero partecipare alla tappa di /competition in / competition de ...................................................................................................................................................................................................................................

ricetta della pizza della casa /pizza recipe / pizza du chef Nome della pizza /Pizza name /Nom de Pizza .................................................................................................................................................... Ingredienti /Ingredients /Ingrédients ................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................

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La certificazione garantisce che lo svolgimento complessivo del corso è sottoposto a procedure di controllo da parte di un ente terzo, che verifica la corretta applicazione della tenuta dei corsi stessi, con l’obiettivo di rispondere alle aspettative del corsista. È quindi indice di qualità e serietà!

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Patrizio Carrer Manuela Pelosin

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